NUMERO 480. NOVEMBRE 2021
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ARCHITECTURAL DIGEST
INTRO
102
Sommario
111
100 71
Galleria Fuori dal finestrino 72
La prima volta di Hannes Peer apre le porte del suo studio milanese e racconta la collaborazione con La Chance 74 Vuitton e le Artycapucines 7 6 Bitossi festeggia 100 anni
78
1 0 0 La Fondazione Morandini 1 0 2 Apre il Boijmans Depot
Distillare nostalgia
105
Colori, materiali, ricordi, suggestioni. Parlare di bellezza attraverso il design 80 82 84 86 89 96
1 1 8 Maotik, l’arte e La Prairie 1 2 1 Firenze ricomincia da qui 1 2 4 Una Bmw tutta elettrica
Bethan Laura Wood e Nilufar Un convento in Corsica Ceramiche per la tavola Un nuovo spazio a Milano Rolex e l'architettura Il Giappone di Grand Seiko
Louis e il lapislazzulo
129
Al Musée des Arts Décoratifs di Parigi la mostra di alta gioielleria di Cartier ispirata all’arte islamica
Acqua, donna, mappature, costruire, rinascita, sostenibilità
111
Lungo la linea del tempo L’epoca d’oro della decorazione d’interni parigina rivive all’hotel Saint James, rivisitato da Laura Gonzalez
98
Benvenuti in paradiso A Pietrasanta, il boutique hotel che mette insieme il meglio di un oliveto e una fattoria
52
Ispirazioni
141
40 anni di AD Italia I progetti, tutti italiani, che hanno cambiato la vita delle persone diventano un libro, firmato AD: Le 100 case più belle d’Italia
Matthieu Salvaing, Ossip, Paolo Vanoli
5 6 Editoriale 6 0 Agenda 6 6 Contributors
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ARCHITECTURAL DIGEST
INTRO
228
Sommario
286
254 Case 218
L’orizzonte dentro In un palazzo del ’700 il legame con le radici e il senso del mutamento si esprimono attraverso l’arte e il design 228
La luce di New York Lo sguardo su Manhattan, piante, pezzi unici nell’appartamento della modella Martha Hunt: rifugio, nido, studio 234
Questa è la mia terra Un ex caseificio è diventato il posto del cuore dell’architetto argentino Luis Laplace e del suo partner Christophe Comoy
244
268
Evoluzione dello spazio
Sotto la sequoia Vivere in mezzo al verde. Christophe Delcourt e Jérôme Aumont hanno scelto di abitare in una tenuta rurale in Normandia
Un grande appartamento sull’Esplanade des Invalides è la nuova casa della decoratrice Stéphanie Coutas
276 254
Paul Smith
Village people Un progetto seguito da Gisbert Pöppler nel Mitte di Berlino, fra luce e contrasti cromatici
Nella casa del designer britannico una dimostrazione di equilibrio: arte, moda, cianfrusaglie. E soprattutto biciclette
262
286
La via della seta
Sentieri felici
Nel sestiere di Cannaregio un appartamento racconta storie di viaggi, d’Oriente e di innamoramenti
Film dopo film, Kirsten Dunst ha messo insieme una collezione di arredi e oggetti nella sua casa di Los Angeles 2 9 7 English texts 3 0 4 Flashback
54
In copertina: L’uso fitto del colore nel living della casa di famiglia dell’architetto Lúcio Rosato, a Lanciano.
Cover di Helenio Barbetta/Living Inside. Stephen Kent Johnson, Robert Rieger, Laure Joliet
217
ARCHITECTURAL DIGEST
E D I TO R I A L E
Insieme Se c’è qualcosa che nel mondo di AD ha sempre profondamente unito tutti i Paesi, superandone confini e fusi orari, è stata senza dubbio l’insaziabile curiosità per le diverse forme artistiche. Ciò che ci ha sempre spinto è stato il desiderio di bellezza creativa, design, arte, architettura, la ricerca di giochi vincenti con materiali e proporzioni, insieme a un’innegabile volontà di scoperta, che per oltre 100 anni ci ha fatto aprire le porte di nuovi spazi abitativi incontrando donne e uomini di ogni tipo. E tanto più in un periodo come questo, caratterizzato da profondi cambiamenti, di cui anche il nostro lavoro ha risentito. Da questo momento sarà davvero entusiasmante poter perseguire la nostra passione per la scoperta facendo parte di un team che sta crescendo insieme oltre i confini nazionali e culturali, una prima assoluta nella storia della nostra casa editrice. «Cosa si intende per cultura?», ha chiesto una volta il giornalista austriaco Egon Friedell. «Cultura è ricchezza di problemi, e un periodo è tanto più
René Fietzek
illuminato quanto più riesce a trovare soluzioni». Per me, questo riassume molto bene un mondo (che comprende la cultura del vivere e dell’abitare) in cui c’è spazio per una pluralità di voci e problematiche che spingano a risposte non troppo semplici, ma soluzioni in grado di sorprendere, sfidare e piacere, anche dopo 3.000 anni di storia. AD ha sempre prestato molta attenzione all’espressione individuale della creatività all’interno di un Paese, una città, un appartamento, un singolo gesto. Perché tutto inizia in un luogo specifico con un individuo, per poi riflettersi nel resto del mondo. Questo non cambierà. Anzi. Non vedo l’ora di sviluppare questo modo di lavorare con un team europeo i cui principali esponenti sono presentati nelle pagine seguenti. È a loro che vanno i miei più sinceri ringraziamenti, rivolti anche a tutti coloro che lavorano con grande professionalità a questa nuova edizione di AD. Insieme - gemeinsam - juntos - ensemble, questo è il nostro principio guida. ○
Oliver Jahn
56
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CALORIFERI PER L'ARCHITETTURA
Deputy Global Editorial Director
Oliver Jahn Ar t Director Europe
Creative & Ar t Direction
Assistant Ar t Director
Inka Baron
Davies Costacurta
Daniela Sesenna
Digital Director Europe
Vicediret tore Digital
Editor-at-Large
Andreas Kühnlein
Alessandra Pellegrino
Francesca Santambrogio
Managing Editor
Caposer vizio
Eike Schrimm
Elena Dallorso
Visuals Europe
Content Integrity
Thomas Skroch (Lead), Isa Lim
Davide Bussi
Ar t Depar tment Europe
Grafica
Segreteria di redazione
Selina Lang, Viviana Tapia, Annika Eichkorn (Trainee), Ella Vargas (Trainee)
Michela Buzzoni
Silvia Stefani
Guido Tamino
HANNO COLLABORATO: Fiona Bornhöft, Elisabetta Caprotti, Federica Clari, Ulrich Clewing, Gareth Wyn Davies, Oscar Duboÿ, Sally Fuls, Marta Galli, Umberta Genta, Fanny Guénon des Mesnards, Marina Hemonet, Hannah Martin, Nicolas Milon, Ruben Modigliani, Laurence Mouillefarine, Arantxa Neyra, Gianmaria Padovani, Cédric Saint André Perrin, Valerie Präkelt, Leonie Rolinck, Mayer Rus, Laura Santambrogio, Maite Sebastia, Christian Simenc, Federica Tattoli, Michele Weiss TRADUZIONI: BBO Subtitulado, Stephen Piccolo, REVISIONE TESTI: Studio Diwa FOTOGRAFIE DI: Mattia Aquila, Alexis Armanet, Ramona Balaban, Helenio Barbetta, Giorgio Baroni, Santi Caleca, Tiziano Canu, Carlo Carossio, Olimpia Castellini Baldissera, Francesco Dolfo, Francois Halard, Stephen Kent Johnson, Laure Joliet, Massimo Listri, Nicolas Mathéus, Robert Rieger, Mathieu Salvaing, Daniel Schäfer, Paul Smith, Guido Taroni, Simon Upton ILLUSTRAZIONI DI: Pierre Brissaud
EDIZIONI CONDÉ NAST S.p.A Managing Director NATALIA GAMERO DEL CASTILLO Chief Operating Officer DOMENICO NOCCO Chief Revenue Officer FRANCESCA AIROLDI Vice President GIUSEPPE MONDANI, Consumer Marketing Director ALESSANDRO BELLONI Circulation Director ALBERTO CAVARA, HR Director CRISTINA LIPPI Production Director ENRICO ROTONDI, Financial Controller LUCA ROLDI Controller CRISTINA PONI, Digital Director ROBERTO ALBANI Digital CTO MARCO VIGANÒ, Enterprise CTO AURELIO FERRARI, Social Media Director ROBERTA CIANETTI, Head of Digital Marketing GAËLLE TOUWAIDE Head Data Marketing TERESA ROTUNDO, Head of Digital Video RACHELE WILLIG
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Advertising sales Sales & Marketing Advisor ROMANO RUOSI Fashion, Luxury, Beauty Sales Director, Vanity Fair & Vogue Lead MICHELA ERCOLINI Bizfitech, Cpg, Media/Entertainment & Auto Sales Director, GQ Italia & Wired Italia Lead LORIS VARO Home & Travel Sales Director, La Cucina Italiana, AD Italia e CN Traveller Italia Lead CARLO CLERICI Cnx Italia Director VALENTINA DI FRANCO, Account Strategy Director SILVIA CAVALLI Digital & Data Sales Director MASSIMO MIELE, Advertising Marketing Director RAFFAELLA BUDA Regional Sales Director ANTONELLA BASILE, Beauty Director MARCO RAVASI Fashion & International Director MATTIA MONDANI, Account Strategist/Brand Ambassador AD CRISTINA RONCAROLO Sede: 20123 Milano, piazzale Luigi Cadorna 5 - tel. 0285611 - fax 028055716 Padova, c/o Regus Padova Est, Sottopassaggio Mario Saggin 2 - tel. 0285611 - fax 028055716 Bologna, c/o Copernico, Via Altabella 17 - tel. 0285611 - fax 028055716 Roma, via C. Monteverdi 20, tel. 0684046415 - fax 068079249 Redazione: 20123 MILANO — Piazzale Cadorna 5 — Tel. 0285611 — Fax 0285612698
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Agenda
Who, how, what? Umberta Genta
Fondazione Merz, Torino
Asta di design, Bolaffi, Torino
Galleria Rossella Colombari, Milano
2 N OV E M B R E- 9 G E N N A I O Si arricchisce di tre nuove opere la mostra a cura di Mariano Boggia in corso presso la Fondazione Merz, Marisa e Mario Merz. La punta della matita può eseguire un sorpasso di coscienza, titolo evocativo di un pensiero espresso dal maestro dell’Arte Povera Mario Merz, che allude a quanto la pratica di artista sia una finestra su universi ignoti. Nell’esposizione si integrano i progetti di tre artisti viventi, il cui percorso si è intrecciato con la corrente dell’Arte Povera: il britannico Richard Long, esponente della Land Art, e gli artisti concettuali Giulio Paolini e Remo Salvadori.
1 6 N OV E M B R E Dalle iconiche poltrone di Gio Ponti a un raro lampadario di Ignazio Gardella realizzato per Azucena negli anni ’60: la casa d’aste torinese rinnova l’appuntamento autunnale con il meglio del design d’autore del ’900. Tra i top lots, affiancano grandi firme e manifatture d’eccellenza italiane e internazionali, le opere realizzate dagli autori da riscoprire, sempre più studiati dal collezionismo.
1 5 N OV E M B R E-1 5 D I C E M B R E
La prestigiosa galleria di via Maroncelli, cuore dell’eccellenza del design italiano e internazionale del ’900, accoglie la mostra Linee di Concetto, articolata sulle opere di Giulio Paolini, Zanine Caldas e Carlo Hauner, in dialogo con un’installazione dello stilista e artista Antonio Marras. La mostra celebra il quarantesimo compleanno della galleria presentando nei suoi spazi il libro 40 years of Galleria Colombari, un racconto autobiografico narrato in prima persona da Rossella Colombari. Discendente da una dinastia di importanti antiquari, negli anni ’80 Colombari intraprende l’attività di gallerista, affermandosi ben presto come una figura pionieristica nell’ambito del mercato del design del ’900, dedicandosi alla valorizzazione internazionale di designer come Carlo Mollino. Tra immagini tratte dall’archivio della galleria, aneddoti ed episodi raccontati da Colombari con tocchi di ironica introspezione, il libro è strutturato in cinque capitoli tematici.
Gio Ponti, poltrona parte di una coppia, circa 1960. Stima 3.000 5.000 euro. astebolaffi . it
Richard Long, Forte di Vinadio Circle (2001) fondazionemerz . org
Il volume è realizzato in collaborazione con Studio Vedet. galleriarossellacolombari . com
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Agenda
Artissima, Torino 5 -7 N O V E M B R E Dopo l’edizione ibrida del 2020, la fiera torinese d’arte contemporanea riapre al pubblico per la ventottesima edizione. Controtempo il tema della kermesse diretta da Ilaria Bonacossa, un titolo che ruba un termine al mondo musicale per indicare la capacità dell’arte di essere anticipatrice: del futuro, di nuove idee e prospettive. 89 le gallerie presenti, di cui 41 straniere, con un nuovo focus sugli spazi espositivi e le istituzioni indiani.
Edoardo Manzoni, Natura Morta, 2020. Legno, ferro, vetro, vernice. Galleria The Address, Brescia. artissima . art
I kakemono al MAO, Torino
Arte in Nuvola, Roma
12 NOVEMBRE-25 APRILE Un prezioso rotolo di carta o di tessuto che racchiude eleganti elementi dipinti o calligrafati: il kakemono è un genere di opera decorativa molto diffusa nell’arte orientale. Dalla Cina alla Corea, dal Vietnam al Giappone, i kakemono, “quadri mobili” meticolosamente dipinti da abili artisti, vengono appesi e lasciati fluttuare durante le occasioni speciali. Il MAO - Museo di Arte Orientale di Torino ne presenta 125 importanti esemplari, datati dal ’700 ai primi del ’900 e appartenenti alla collezione Claudio Perino. La mostra, Kakemono. Cinque secoli di pittura giapponese, è la prima esposizione in Italia specializzata in questa forma d’arte.
1 8 -2 1 N OV E M B R E Debutta negli scenografici spazi del centro congressi La Nuvola, progettato dall’architetto Massimiliano Fuksas, la fiera romana d’arte moderna e contemporanea ideata da Alessandro Nicosia. Curata da Adriana Polveroni in collaborazione con Valentina Ciarallo, l’appuntamento presenta la ricerca di cento gallerie italiane e straniere accompagnate da progetti speciali, ospiti d’eccezione, talk e un’area dedicata al mondo dell’editoria del settore.
Anello in ebano e oro How deep is your love di Alex Pinna, 2018. Babs Art Gallery, Milano. romaarteinnuvola . eu
EItō Jakuchū, Sette gru, c. 1755. Dipinto a inchiostro e colori su seta, 110,8 x 51 cm. maotorino . it
Fondazione Sozzani, Milano 7- 2 8 N O V E M B R E Incentrato sul tema della sostenibilità e sul rapporto tra uomo e ambiente, il Prix Pictet è tra i più importanti concorsi fotografici a livello mondiale. I progetti dei dodici finalisti vincitori dell’ottava edizione, esposti presso la Fondazione Sozzani, esplorano le tematiche del cambiamento climatico, i valori dell’identità e della famiglia nel continente africano e non solo, fino alla documentazione del conflitto in Iraq e Siria. Ogni progetto nasce dal tema della speranza, come ricorda il titolo di questa edizione del concorso, Hope, un tema suggerito dall’ex segretario generale dell’Onu e presidente onorario del Prix Pictet, Kofi Annan.
Alexia Webster, Street Studios, 2011-2018 © Alexia Webster, Prix Pictet. fondazionesozzani . org
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Agenda
Le stanze del vetro, Venezia
4 0 A N N I D I A D I TA L I A Era il maggio del 1981 quando AD uscì per la prima volta in edicola. Da allora ha continuato a pubblicare immagini e storie di interni che hanno cambiato e affermato un’estetica riconoscibile, diventata iconica, ad aprire porte, a fornire ispirazione, a testimoniare il cambiamento dei gusti e delle abitudini. Ora, 40 anni e tre direttori dopo (Ettore Mocchetti che l’ha fondato, Luca Dini, Emanuele Farneti), esce un libro che celebra la bellezza delle case italiane. Perché AD rappresenta il nostro modo di abitare e, soprattutto, di vivere.
2 1 N OV E M B R E-1 3 M A R ZO Colorato, fantasioso, ma anche incline all’essenziale: il design degli anni ’60 viaggia su molteplici frequenze. È così anche nell’arte del vetro, come dimostra la doppia mostra a cura di Marino Barovier, Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri alla Venini. Le colorate serie di animali e i vasi organici di Toni Zuccheri si fanno interpreti di un savoir-faire che sposa l’ironia; i vetri del finlandese Tapio Wirkkala, che con Venini collaborò dal ’66 al ’72, abbinano tecniche tradizionali a forme semplici, tipiche del gusto scandinavo per la funzionalità. Pezzi da collezione che rispecchiano le sensibilità di due grandi maestri, autori di un capitolo significativo della storia dell’arte vetraria muranese.
Disponibile in libreria e nei principali store on line. 304 pagine, 55 €
Fondazione Palazzo Magnani, Reggio Emilia 1 2 N OV E M B R E-1 6 G E N N A I O
Nelle sale quattrocentesche di Palazzo da Mosto, l’arte sposa la danza nel progetto inedito Orizzonti del corpo. Arte/Danza/Realtà Virtuale, presentato dalla Fondazione Palazzo Magnani insieme alla Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto. Le MicroDanze, brevi performance di pochi minuti ideate da coreografi emergenti e affermati per spazi ristretti e per una fruizione espositiva, interagiscono con 30 opere d’arte contemporanea, coinvolgendo i visitatori attraverso strumenti virtuali. Orizzonti del corpo unisce arti visive, performative e tecnologia in uno scambio continuo: l’arte, con le opere di tredici artisti contemporanei invitati negli spazi di Palazzo da Mosto; la danza, con le MicroDanze ideate da cinque coreografi internazionali; la tecnologia, con strumenti virtuali e immersivi che consentono ai visitatori di proiettarsi nelle performance per tutta la durata della mostra, innescando una nuova relazione con lo spazio.
Vasi della serie Bolle di Tapio Wirkkala per Venini, 1966-67.
FND Aterballetto, MicroDanze, Afterimage. Coreografia di Philippe Kratz.
lestanzedelvetro . org
palazzomagnani . it
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Celeste Lombardi
Le 100 case più belle d’Italia
ARCHITECTURAL DIGEST
INTRO
Contributors
Inka Baron
Sapeva di avere a che fare con un buon amico: AD Spagna aveva nominato Luis Laplace miglior architetto dell’anno in occasione dei Design Awards. «Quale modo migliore per celebrarlo se non con una visita nel suo rifugio personale a Minorca?». La Head of Editorial Content di AD Spagna è rimasta colpita dalla grande passione dell’argentino per l’handicraft minorchino. Nella sua villa si respira la tradizione popolare in un’atmosfera sospesa. Pag. 234
Le è sembrato di galoppare «a passo sfrenato in uno splendido scenario» durante la preparazione concettuale del nuovo AD. «Creare un terreno comune, ma preservare le identità», obiettivo che Inka, come Art Director Europe, ha perseguito con il suo team confrontando e selezionando i layout delle edizioni italiana, spagnola, francese e tedesca trasformandoli in un “Best of AD”. Quattro edizioni di AD nate da un’unica fonte di ispirazione. A partire da Pag. 1
Sally Fuls Da anni apprezza l’architetto berlinese Gisbert Pöppler. Ma quando ha visitato il suo ultimo progetto, ha dichiarato: «Brillante! Lui e il suo team si sono completamente reinventati». Il che vale anche per lei, come Head of Editorial Content di AD Germania, perché: «Questo è il primo AD europeo. Le riunioni di redazione si svolgono tra Milano, Parigi, Madrid e Monaco di Baviera. Gli argomenti sono emersi da tutti i partecipanti nonostante il tempo non giocasse a nostro favore!». Pag. 254
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Alessandra Pellegrino Non riesce a stare ferma per molto. «Sono costantemente alla ricerca del bello», afferma il vicedirettore Digital di AD Italia. «Sarà forse perché sono nata a Roma, città che di fatto è un grande museo a cielo aperto». Oggi vive a Milano. In questo numero ci racconta la storia di un palazzetto del XVIII secolo che ha scoperto a Lanciano. «Dove le pareti dipinte con pigmenti naturali sembrano respirare e gli angeli affrescati sul soffitto osservare silenziosi». Pag. 218
Ritratti: Sergio Martinez; Ösel; Cosimo Buccolieri; blende11
Maite Sebastia
Milano, Corso Venezia 14 - Tel. +39 02 76 26 02 30
ARCHITECTURAL DIGEST
INTRO
Marina Hemonet
Andreas Kühnlein
Elena Dallorso
È figlia in tutti i sensi di una grande città. Ma: «Quando non sono a Parigi sono attratta dalla natura, dalle foreste o dalle scogliere della Normandia». Una regione che anche Christophe Delcourt ha sempre amato. Questo mese vi presentiamo l’edificio che sta trasformando palazzina per palazzina nel suo rifugio ideale. «È stata proprio questa ricerca dell’ideale», dice Marina, Head of Editorial Content di AD Francia, «a guidarci e ispirarci nella prima edizione di un AD europeo». Pag. 268
Deve avere una macchina del tempo, perché le sue giornate sono di 28 ore! Non c’è altra spiegazione sul come il nuovo Digital Director Europe possa gestire tutto quello che fa. Pianificare la strategia online, passare (e scrivere) i pezzi, preparare presentazioni e incontri. Inoltre, senza tener conto dei contrattempi quotidiani, il sito web si è spostato su un nuovo sistema operativo con un look completamente rinnovato. La sua strategia? «Pensare ad AD in un modo nuovo». ad-magazin.de
Nata vicino al mare, cresciuta all’ombra del Colosseo, vive a Milano e sogna di avere, un giorno, una casa a Venezia. Come Senior Editor di AD Italia, è andata così a visitare Elisabeth Regnault de la Mothe, che ha ristrutturato un palazzetto a Cannaregio. «Per un momento ho immaginato anch’io, con lei, cosa sarebbe successo se il disegno ritrovato dietro un muro fosse stato davvero di Dürer. Perché penso che l’aspetto più prezioso di una casa siano le storie che può raccontare». Pag. 262
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Ritratti: Dorothea Bethke
Contributors
Mobile Delfo 76 finitura Avena, lavabo Tino e specchio Oval box finitura Corallo design Andrea Parisio, Giuseppe Pezzano. Sanitari Smile 53 finitura Avena
ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Tre geniali creativi, un archivio che si visita come un museo e una mostra che racconta il gusto di un’epoca scintillante. Un’architettura che ridà vita all’antico e i nuovi indirizzi a Parigi e a Firenze. Gli appuntamenti del mese da non perdere, nel segno della creatività
GALLERIA
P R I M A PA G I N A
Fuori dal finestrino
Petrò Gilberti
testo
Umberta Genta
Halley, noto per le sue pitture geometriche articolate sulla combinazione di colori brillanti. Con le sue sequenze di cromie fluorescenti dipinte sui pilastri dell’autorimessa, Halley trasforma lo spazio in Columns in 10 Colors, un’installazione permanente visitabile in auto, che si inserisce in un progetto di Bellearti volto alla creazione, nei prossimi anni, di una vera e propria Pinacoteca Drive-In, nonché alla valorizzazione degli spazi pubblici di Brescia, Capitale della cultura del 2023. galleriaminini . it ○
L’idea è nata a maggio dello scorso anno, nel vivo delle restrizioni pandemiche: si può fruire dell’arte senza entrare in contatto con le persone? Come sarebbe ammirare un’opera dal sedile della propria automobile? È così che l’Associazione Bellearti, fondata nel 2019 a Brescia e presieduta dal gallerista Massimo Minini, aveva dato vita a una mostra site-specific all’interno del garage sotterraneo dell’Agenzia Generali Brescia Castello. Un esperimento che si arricchisce di una nuova voce, quella dell’artista americano Peter
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
LA PRIMA VOLTA DI HANNES Doppia anteprima. Hannes Peer apre al pubblico le porte del suo studio milanese e mette in mostra il risultato della collaborazione con La Chance testo
Valerie Präkelt
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Nathalie Krag, La Chance
Sperimentale, eclettico, eccellente: Hannes Peer rappresenta come nessun altro la nuova generazione dei designer italiani. Lo scorso settembre al Supersalone, l’evento speciale del Salone del Mobile di Milano, il brillante architetto e interior designer (nella foto in basso), che ha già riscosso grande successo con mobili e altri oggetti d’arredo, è certamente stato l’uomo del momento. Nella sua esposizione, ospitata da Alcova, ha stupito con divani bouclé per SEM Milano e lampadari da oltre una tonnellata. L’allestimento è ora disponibile anche in versione ridotta nello spazio del designer altoatesino, per la prima volta aperto al pubblico. Nelle stanze dello studio, che Peer considera la sua seconda casa, viene esposta la collaborazione con l’azienda francese La Chance:un tavolo da pranzo (nella foto al centro) e una coppia composta da sedia e chaise-longue realizzate in marmo (nella foto in alto). Le varianti Verde Alpi, Bianco Carrara e Fior di Pesco sono fatte per durare in eterno e il rivestimento di Lelièvre Paris è, senza dubbio, il pezzo forte delle sedute. ○
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Louis Vuitton presenta la terza edizione della collezione Artycapucines
Fiona Bornhöft
Art à porter
Silhouette trapezoidale, due cerchi scintillanti e le immancabili iniziali LV. Capucines, il cui nome è un omaggio alla sede di Louis Vuitton in rue Neuve-des-Capucines a Parigi, è un’icona della maison fin dal suo lancio nel 2013. E con la collaborazione di diversi artisti sono state realizzate le Artycapucines. «Ho visto la borsa come un oggetto, quasi come una retrospettiva del mio lavoro», spiega il tedesco Gregor Hildebrandt (in basso a destra), conosciuto per la tecnica rip-off e la passione per i dischi in vinile. La sua Artycapucines in bianco e nero ha l’interno rosa brillante. Donna Huanca (in alto a sinistra), invece, si ispira alle curve femminili tratteggiandole in blu e bianco, con diverse tecniche di ricamo. Le sei nuove Artycapucines sono disponibili in edizione li○ mitata di 200 pezzi nei negozi LV da fine ottobre. louisvuit ton . com
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Grand Repos & Ottoman Antonio Citterio, 2011 Acquista una Repos o Grand Repos e riceverai un Ottoman o una Panchina in regalo* Vai su www.vitra.com/find-vitra per trovare i rivenditori aderenti all’iniziativa Vitra è distribuita in Italia da Molteni&C
GALLERIA
BITOSSI festeggia 100 anni e inaugura l’Archivio Museo Bitossi nella sede di Montelupo Fiorentino (Firenze). Progettato negli ex spazi
produttivi da Luca Cipelletti (AR.CH.IT), il museo conserva la memoria di architettura industriale e mette in scena gli oltre 7 mila pezzi dell’archivio: inclusi gli iconici Rimini Blu di Aldo Londi, storico direttore creativo, le creazioni di Ettore Sottsass per Memphis e di designer di ogni epoca – portfolio irripetibile, che mostra l’evoluzione di tecnica e gusto. fondazionevit torianobitossi . it - marta galli
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Foto Delfino Sisto Legnani e Agnese Bedini
ARCHITECTURAL DIGEST
ARCHITECTURAL DIGEST
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Distillare nostalgia testo
Ruben Modigliani
Colori, materiali, ricordi, suggestioni. Parlare di bellezza attraverso il design
Filippo Carandini è un progettista atipico. Fiorentino trapiantato a Milano via Londra, con laurea alla Central Saint Martins, spiega il suo approccio al design: «Creo forme semplicissime, i miei oggetti sono una scusa per far vedere accostamenti di colori e materiali. Il punto di partenza è spesso il ricordo di una tela rinascimentale moderna, che distillo in qualcosa di astratto. Non omaggi al passato». Dopo aver lavorato per aziende (Baleri Italia) e studi (Palomba Serafini Associati), si mette in proprio. Nel 2017, il punto di svolta: il trasferimento in Russia, folgorato da un tramonto a Mosca. E poi la Siberia. «Luoghi lontanissimi. Ho provato grande nostalgia del bello, le ho dato forma disegnando mobili». Sono nati così, dal 2020, pezzi dove spesso c’è un suo intervento: come nella libreria Gòrgone, con ante dipinte a mano e poi laccate extralucide. Una traccia d’arte, un filo da seguire. filippocarandini . it ○
Effetto pittorico per la libreria Gòrgone, vista alla galleria Nilufar durante la Milano Design Week dello scorso settembre, con ante dipinte a mano da Carandini. a sinistra Mobile contenitore Cabinet 01 fotografato nella casa milanese del designer. sot to Filippo Carandini, classe 1981.
Mattia Iotti, Filippo Carandini (2)
sopra
ARCHITECTURAL DIGEST
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Federica Tattoli
GALLERIA
Bethan Laura Wood crea alla galleria Nilufar una stanza sospesa nel tempo che parla alle donne e ne esprime l’essenza
Un pomeriggio di fine agosto, in una Milano semi-vuota e assolata, incontro Bethan Laura Wood in via della Spiga, mentre sovrintende all’allestimento di Ornate, la mostra che celebra il suo sodalizio con Nilufar Gallery e Nina Yashar. Dieci anni di progetti condivisi, mostre e incredibili pezzi di design. Ornate è un dialogo tra le due donne in cui, accanto a nuovi pezzi di Bethan Laura Wood, si accostano opere storiche selezionate da Yashar, a creare un ambiente raccolto, intimo, a dar vita a «una stanza tutta per sé» di woolfiana memoria. Questo accade in un periodo in cui, noi tutti, abbiamo profondamente vissuto
il nostro ambiente domestico, in una sospensione temporale. I nuovi pezzi prendono spunto dall’Art Nouveau, dal British Aesthetic Movement, concentrandosi sul boudoir e gli oggetti che lo abitano. Bethan Laura Wood sintetizza così la genesi del lavoro: «Ornate è collegata all’idea del boudoir. Mi sono resa conto che, quando guardavo alla mostra e ai suoi pezzi, ciò che constatavo è che Nina e io siamo donne. Mi piace considerare che tutto sia rinchiuso in una stanza al femminile, e il nome di quel luogo è boudoir. La donna che lo abita, però, è una donna contemporanea. Boudoir è un nome che suscita
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contraddizioni, non è solo una stanza per piumini da cipria e profumi, è una stanza per riflettere ed esprimersi. Mi piace molto aver adornato quella stanza di dettagli, minuzie e particolari. Le maniglie, per esempio, sono come gioielli, oggetti effimeri che solitamente vengono associati alla femminilità, ne sottolineano l’identità, il suo status e la sua indipendenza». Un boudoir 2.0 che racchiude dieci anni di collaborazione tra due grandi donne del design internazionale. ○
@Nilufar Gallery, via della Spiga 32 – Milano fino al 27 novembre 2021
Ritratto di Bethan Laura Wood © Mark Cocksedge. Foto Emanuele Tortora (4); Angus Mills
Femminile 2.0
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
COME PRIMA, PIô DI PRIMA
a sinistra Il convento di Saint-François, in Corsica. In primo piano, l’ampliamento in rame e la sua rete di mashrabiya. in basso Sotto le volte, il rame utilizzato per l’ampliamento rivela la pietra e cattura la luce che si diffonde all’interno.
In Corsica un antico convento in rovina guadagna un ampliamento in rame. Con audacia e rispetto del passato
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Thibaut Dini/Amelia Tavella Architectes
L’architetta Amelia Tavella, autrice, con Rudy Ricciotti, del progetto del conservatorio Henri Tomasi di Ajaccio, ha completato la ristrutturazione e l’ampliamento del convento Saint-François a Santa Lucia di Tallano. L’edificio, costruito nel 1480 e classificato come monumento storico, era parzialmente in rovina. La natura si era impossessata dell’interno e si era insinuata tra le rocce, riparando però la struttura dall’erosione e dal crollo. Nella facciata era persino cresciuto un albero di fichi. L’architetta ha conservato le rovine e sostituito la parte mancante con una costruzione in rame. Poiché Amelia Tavella, al pari di un’archeologa, non rimuove ma amplia e costruisce sull’edificio originale. «La ristrutturazione si è allineata alla volumetria originale. Imitando, ho riprodotto la silhouette dell’edificio preesistente». Il rame, nobile e abbagliante nel vero senso della parola, rivela la pietra ruiniforme, ne celebra la poesia e le si avvicina grazie alla sua propensione a catturare la luce, che le mashrabiya diffondono verso l’interno come le vetrate di una chiesa. ○
Nicolas Milon
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P H : Zo ë G h e r t n e r
ARCO BY A . & P.G. CA ST I G L I O N I
1962
F LO S .C OM
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PIATTO FORTE
Leonie Rolinck
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1. Cheese! Omar Sosa disegna per Raawii ciotole colorate, vasi e caraffe. raawii . de 2. La collezione Housewives di La DoubleJ porta in tavola motivi grafici. ladoublej . com 3. Nell’esclusivo hotel La Mamounia di Marrakech si cena con il servizio da tavola L’Italien par Jean-Georges. ma mounia . com 4. Trame celebra la cultura calabrese riprendendo la tradizione delle grottesche “Ta ra ta ta”, meravigliose maschere apotropaiche contro gli influssi maligni. trameparis . com
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1 David Luraschi, 2 La DoubleJ, 3 Ayoub Seknaji, 4 Mattia Parodi
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ARCHITECTURAL DIGEST
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A Milano un hub dedicato alla progettazione e al design ospita il meglio della produzione italiana e internazionale
A più voci Elena Dallorso
Da più di 50 anni diffondono la cultura del design di qualità, prima progettando mobili artigianali a Messina, poi vendendo il meglio del panorama italiano e internazionale anche sulla piattaforma digitale mohd.it. Adesso, una doppia apertura milanese, con l’occasione della Design Week: in via Turati e in via Macchi con Officina Milano, un open space
multifunzionale di 500 metri quadrati che è stato allestito da Studiopepe con il progetto “Botanica Collettiva”. Illuminata da luce naturale e riempita di piante (e di farfalle), Officina Milano è il luogo in cui i brand internazionali sono presenti come parti di un interno organico, di un’unica voce, in cui sono valorizzate la diversità e la pluralità di espressione. mohd . it ○
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Silvia Rivoltella
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Area dining: tavolo NVL Table (MDF Italia), sedute Lazybones (Baxter), lampadario Pollux (Quasar). sot to , dall ’ alto Area lounge: divano Togo (Ligne Roset), lampada da tavolo Gatto (Flos) e lampada da terra Nastro (Tooy). La materioteca. a sinistra
Pierpaolo Ferrari, 2021
artemide.com
Vine Light BIG - Bjarke Ingels Group
ARCHITECTURAL DIGEST
Thomas Chéné/© Rolex/© Rolex
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Valerie Präkelt
Mariam e il maestro Un’architetta nigerina e David Adjaye si sono incontrati grazie al progetto di mentoring di Rolex. Ora i due collaborano a un centro culturale in Niger
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ARCHITECTURAL DIGEST
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«L’Africa occidentale è stata progettata a immagine e somiglianza dell’Europa. Ma tutto ciò è un controsenso. Io voglio costruire un Niger diverso» Mariam Kamara
Thomas Chéné/© Rolex/© Rolex
Nel bel mezzo del Sahara, David Adjaye e Mariam Kamara rimangono bloccati in una tempesta di sabbia. Il cielo è scuro e una miriade di microscopici granelli iniziano a turbinare nell’aria. È il gennaio del 2019 e in quel momento Mariam si chiede cosa diavolo le sia venuto in mente di invitare il suo mentore proprio lì, nel deserto del suo Paese natale, il Niger. Due anni e mezzo dopo, a 3.680 chilometri di distanza in linea d’aria, i due, diventati nel frattempo una coppia affiatata, si ritrovano a ridere sull’episodio durante un pranzo alla Fondazione Cini a Venezia. David siede accanto a Mariam, beve un tè verde mentre ricorda quanto sia stato istruttivo e benefico quel viaggio in Niger che gli ha permesso di comprendere le idee di Mariam. L’affermato architetto sostiene la più giovane collega nell’ambito della collaborazione artistica di Rolex, Mentor and Protégé Art Initiative, dal 2018. Il programma di tutoraggio dura circa due anni, ma tra Adjaye e Kamara, oltre a una stretta e duratura collaborazione, è nata una vera amicizia. «Abbiamo iniziato subito con il progetto di costruzione di un centro culturale a Niamey», racconta Kamara, che si trova a Venezia proprio per presentare questo lavoro al padiglione Rolex della 17ma Biennale di Architettura, negli storici Giardini. Come spiega Adjaye nei programmi di tutoraggio può accadere che il mentore guardi l’allievo “dall’alto in basso”, «ma non avevo nessuna intenzione di mettere il mio marchio su Mariam, a me interessava conoscere il suo modo di pensare, volevo aiutarla a progettare secondo il suo modo di essere».
a destra , dall ’ alto
Il modello architettonico dello studio di Kamara, Atelier Masōmī, a Niamey, fondato nel 2014, dove ha progettato il centro culturale poco distante dal fiume Niger e (sotto) l’area edificabile. pagina precedente Tutor e allieva visitano il mercato progettato da Mariam Kamara a Dandaji, in Niger.
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«Studiare architettura significa studiare tanta teoria, ma il mondo ha bisogno di soluzioni. A cosa serve costruire la torre più alta del mondo se poi da qualche parte la gente soffre la povertà?» David Adjaye
Così l’architetto britannico, di origini ghanesi, la invita a proporre qualcosa in cui potesse identificarsi. Mariam in effetti ambiva da molto tempo a un incarico pro bono da parte dell’amministrazione comunale della capitale nigerina: «Niamey è stata divisa dal fiume durante la colonizzazione francese, e ancora oggi i quartieri ricchi sono separati da quelli poveri». Per questo, secondo l’architetta, classe 1979, francese di nascita, il centro culturale potrebbe fare da trait d’union tra i diversi strati della popolazione; oltre a una galleria, a un teatro e a una sala ricreativa, il centro ospiterebbe infatti anche la prima biblioteca aperta della città. «Non avrei mai sperato di poter realizzare tutto questo grazie al programma di Rolex», commenta Kamara, che, prima di studiare architettura lavorava come sviluppatrice software a Seattle. Per rientrare nell’iniziativa di mentoring infatti non è possibile candidarsi ma si riceve una proposta e poi un invito a un colloquio: «Quando sono stata chiamata ho pensato: un’ora con David Adjaye? Fantastico! Mi ero imbattuta in un suo libro nel primo semestre di architettura, all’università, ma non lo conoscevo, così ho cercato il suo nome su internet e ho visto un architetto nero, africano come me». Mentre parla Mariam si anima e trasmette tutta la grande energia attraverso la luce dei suoi occhi. «Non riuscivo a credere che esistesse una persona
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Stéphane Rodriguez Delavega/© Rolex
a sinistra Il padiglione Rolex – partner dal 2014 – alla 17ma Biennale di Architettura di Venezia che quest’anno è intitolata How will we live together? ed è aperta fino al 21 novembre. Mariam Kamara presenta i bozzetti per il centro culturale di Niamey.
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come David, è stato molto incoraggiante sapere che al mondo c’è posto anche per noi, come per tutti», afferma guardando il collega, che fissa la sua tazza di tè per nascondere po’ d’imbarazzo. «Lui non commenta mai i miei complimenti», chiarisce, sorridendo. David non la interrompe né la corregge, semplicemente la ascolta con attenzione mentre parla. «Penso di essere diventata architetta per vergogna», dice lei, «sono sempre stata sensibile riguardo al posto che occupiamo noi africani nel mondo. Il colonialismo ancora oggi influenza profondamente le nostre vite, ma io mi rifiuto di essere considerata una cittadina di seconda, terza, quarta o addirittura quinta classe. Semplicemente mi rifiuto! Punto». E subito la supporta Adjaye: «Alla base del lavoro di Mariam c’è un grande desiderio di trasformazione, questo è l’aspetto
che ci accomuna». «Ho pensato anche di studiare scienze politiche», continua lei, «ma il desiderio di diventare architetta era più grande». Ormai sono trascorsi dieci anni da quando si è laureata e oggi Mariam Kamara vive con il marito e la figlia tra Boston e Niamey. Ma il suo futuro professionale resta in Niger: «Qualcuno potrebbe pensare che un’architetta africana si senta più realizzata se riesce a progettare edifici in Occidente. Ma è davvero così? A me non è mai interessato». ○ Dal 2002 Rolex Mentor and Protégé sostiene il talento dei giovani nelle arti figurative, cinema, letteratura, musica, danza, teatro e architettura. Tra i mentori di quest’ultima disciplina Álvaro Siza, Kazuyo Sejima, Peter Zumthor e David Chipperfield. I giovani selezionati partecipano a un programma di collaborazione con un maestro.
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Reto Albertalli/© Rolex; Stéphane Rodriguez Delavega/© Rolex
sopra Per ridurre al minimo l’impatto ambientale del centro culturale Mariam Kamara si affida alle risorse del Niger come l’argilla e il terriccio, che utilizza per raccogliere l’acqua piovana destinata all’edificio. L’idea della biblioteca nasce del desiderio espresso dai cittadini di Niamey durante i workshop tenuti da Kamara. in basso Un ritratto dell’architetta.
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PAT T E R N
Muri di carta
Sono le trame di luce dello shōji, il sottile pannello di carta sovrapposta all’esile intelaiatura di legno, tipico arredo nipponico, a ispirare i quadranti Elegance di Grand Seiko. Prodotta con le fibre del gelso e lavorata tradizionalmente a mano, l’antica carta washi diventa così un pattern unico e tridimensionale che si armonizza con la forma classica della cassa. Una superficie stilizzata, perfetta, capace di diffondere luce ed eleganza. Le pareti traslucide shōji illuminano la boutique Grand Seiko a Parigi.
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JAPANESE SHADES Precisione, bellezza, rigore: l’architettura tradizionale del Sol Levante è il trait d’union delle nuove referenze Grand Seiko testo
Micol Bozino-Resmini
“Asakage”è la luce calda del mattino.“Yukage” è l’ombra aranciata del crepuscolo nei paesaggi giapponesi. Sfumature sofisticate riflesse nei nuovi Grand Seiko Elegance SBGW267 e SBGW269, referenze esclusive per l’Europa. Il quadrante bombé è impreziosito dalla trama washi,la texture di carta d’arredo. La cassa in acciaio lucida da 38,5 mm con vetro zaffiro protegge il movimento a carica manuale con tre giorni di autonomia a piena carica, visibile sul lato fondello. ○
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Gogan by Patricia Urquiola, 2019
ad Designwork – photo Alessandro Paderni set coordinator Marco Viola
Moroso Udine MilanoLondon New York Gent Zürich moroso.it @morosofficial
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A Pietrasanta, lo chef-imprenditore francese Alain Cirelli presenta la sua versione di giardino dell’Eden. Mettendo insieme il meglio di un palazzo, un oliveto e una fattoria eco-responsabile
Benvenuti in paradiso testo
Andreas Kühnlein
il meglio di un lusso “rustico”, che si concretizza nell’utilizzo di materiali naturali, tra cui il marmo, la terracotta, la ceramica, il cocciopesto romano e il ferro battuto. Il tutto coniugato con un elegante design italiano di metà Novecento, arazzi dell’artista marocchino Khalil Minka, opere d’arte dalla vasta collezione dei proprietari e i numerosi agrumi che l’architetto paesaggista Jean Mus ha piantato nel suo giardino. A proposito di frutta: il Paradis viene rifornito dalla vicina fattoria eco-responsabile dell’hotel. E no, nessuno verrà buttato fuori se coglie un frutto dall’albero. paradispietrasantahotel . com ○
Tra le venerabili mura di questo antico palazzo a Pietrasanta, in Toscana, aleggia un senso di savoir-vivre da quando lo chef e imprenditore francese Alain Cirelli ha dato a Benjamin Macaire, Thibaut Julien e Victor Jauvin dello studio Point3architecture di Parigi il compito di trasformare la struttura in un affascinante boutique hotel. Nelle dodici camere, gli ospiti potranno godersi
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Filippo Bamberghi
da sinistra Ogni camera del boutique hotel Paradis Pietrasanta ha una diversa palette di colori. In alto a sinistra, la Volterra Suite con la lampada Taccia di Achille e Pier Giacomo Castiglioni (Flos). Sulla terrazza accanto ci si rilassa all’ombra degli aranci.
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Marcello Morandini è il rigore calvinista del bianco e del nero, che con il grigio (usato con parsimonia) sono i cardini di tutta la sua produzione artistica. Ma è anche fluidità di pensiero: quadri che diventano tappeti o tessuti, sedute/scultura. «L’arte è infinita, va in ogni direzione», spiega. La Fondazione che porta il suo nome è a Varese, in una villa primo Novecento (sotto, una sala con l’opera 661 A, 2017). La mano di Marcello Morandini si vede anche nel restauro dell’edificio, rispettoso ma aperto alla modernità: la cornice nera che abbraccia un soffitto affrescato, il monolite (sempre nero) che attraversa il palazzo in altezza nel vano della scala. Un progetto totale. . ○ fondazionemarcellomorandini com
S C U LT U R A F U N Z I O N A L E
L’arte diventa design Per Morandini «Il piacere parallelo della forma è quello dell’uso». Così nascono oggetti come la sedia Bine (1991, Sawaya & Moroni).
G E O M E T R I A A P P L I C ATA
Prodotti, multipli, pezzi unici
TEMA E VARIAZIONI Una villa Liberty nel centro di Varese raccoglie il lavoro di Marcello Morandini, artista (e designer) innamorato della geometria e dell’essenzialità testo
«La musica è fatta di nero e di bianco, e così la letteratura. Due (non) colori con cui si può far capire tutto» Marcello Morandini
Ruben Modigliani
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Michele Sereni, Paolo Vanoli (2)
Nella veranda, tappeto Piano Piano (2017, Galerie-F Edition) e divani disegnati per De Sede. Sul fondo, scultura 525 in legno laccato (2008).
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Elena Dallorso
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Inaugura a Rotterdam il primo deposito d’arte dove i visitatori possono ammirare il 100% delle opere, non l’8%
Galleria continua esposte per mancanza di spazio. Grazie alla costruzione (firmata dallo studio di architettura olandese MVRDV) del primo deposito d’arte al mondo accessibile al pubblico, sarà ora visibile in un unico luogo, il Museumpark, l’intera collezione. ○
Ossip
sopra Il Depot Boijmans è rivestito da 1.664 pannelli a specchio. sot to , da sinistra Il ristorante Renilde e due scatti degli interni.
Ci sono voluti 4 anni di lavori e tre mesi di trasloco da cinque magazzini per riallestire nel nuovo Depot Boijmans Van Beuningen di Rotterdam circa 63 mila opere d’arte, quelle che delle 151 mila che costituiscono il patrimonio del museo non vengono
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Louis e il lapislazzulo Il MAD di Parigi mette in mostra l’interesse del più grande dei fratelli Cartier per i gioielli dell’arte islamica. Una passione costante della maison dall’inizio del XX secolo a oggi testo
Laurence Mouillefarine
Piastrelle in ceramica. Damasco, Siria, 1550-1600. Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento di Arte Islamica, lascito Chandon de Briailles, 1955. © Musée du Louvre, Dist. RMN-Grand Palais/Claire Tabbagh/Collections Numériques; Nils Herrmann ou Vincent Wulveryck, Cartier Collection. © Cartier; Vincent Wulveryck, Collection Cartier © Cartier; © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre)/Mathieu Rabeau
da sinistra
Portasigarette in oro, platino, lapislazzuli, turchesi, diamanti. Cartier, Parigi, 1930.
La mostra che si apre al MAD, il Museo delle Arti Decorative di Parigi, esplora l’influenza che ebbe l’arte islamica sui gioielli di Cartier all’inizio del XX secolo. Ma perché nacque questa mania del Medio Oriente? Per varie ragioni... Nel 1903, a Parigi, una vasta retrospettiva sulle arti musulmane rivelò al pubblico occidentale un’estetica poco conosciuta. A partire dal 1907, l’Iran fu scosso da una crisi sociale e politica. Immediatamente, apparvero sul mercato parigino antichità che avevano lasciato il Paese. Diventarono la specialità di commercianti armeni, tra i quali alcuni lavoravano in rue de la Paix. Louis Cartier, loro vicino, il maggiore dei tre fratelli a capo della società, era un collezionista esperto. Si appassionò, tra l’altro, alle miniature persiane e moghul, così come alle rilegature. E mise la sua ricca biblioteca a disposizione dei suoi disegnatori, che ne trassero una miriade di idee, in particolare il geniale Charles Jacqueau. Nella mostra può essere rivissuto direttamente il processo creativo (in un momento in cui non si discuteva ancora
Collana in platino, diamanti, smeraldo, motivo centrale 8,8 cm. Cartier, Londra, ordine del 1932. sopra
Ciotola con nuvole Tchi in ceramica, Iran, Tabriz, XV secolo. Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento di Arte Islamica. Archivio del Museo delle Arti Decorative, donazione Jules Maciet, 1907. a destra
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GALLERIA
di appropriazione culturale): in una stessa vetrina sono presentate una tavola ornamenti orientali, il progetto del gioiello che questa suscitò e la sua realizzazione. Un altro evento che travolse il mondo della moda furono i Balletti Russi e la Shéhérazade messa in scena al teatro degli Champs-Élysées nel 1909: i grandiosi allestimenti, l’erotismo della coreografia di Michel Fokine, Nijinski che ballava come uno schiavo sensuale... La gente impazzì per Le mille e una notte. Il testo persiano, tradotto da Joseph Charles Mardrus, riapparve in molteplici edizioni. Le donne mettevano piume nelle acconciature e indossavano braccialetti bazuband. I disegni astratti dell’Islam – gli scenari dei Balletti Russi, firmati da Léon Bakst, in particolare, splendenti di colori – infiammavano la gioielleria, dove venne introdotta la policromia. Cartier, audace, fu il primo a mischiare il blu degli zaffiri e il verde dello smeraldo, ad associare alle pietre preziose il turchese che arrivava dall’Iran o il lapislazzulo afghano: il suo famoso “motivo pavone”. L’influenza dell’arte orientale si manifesta nelle colorazioni e nei motivi. I disegni astratti dell’Islam si ripetono secondo un ordine sapiente per ravvivare ceramiche, rivestimenti, tessuti che “tappezzano” i nécessaire e i portasigarette di Cartier. Questa geometria sarebbe diventata il linguaggio della modernità che ben presto avrebbe caratterizzato l’Art Déco. Nella stessa epoca, nel 1911, in Gran Bretagna, si preparavano i durbar di Delhi, festeggiamenti stravaganti durante i quali re Giorgio V e la regina Mary vennero incoronati imperatori d’India. Jacques Cartier, il più giovane dei fratelli che dirigeva la filiale di Londra, si recò in India il più velocemente possibile ed entrò in contatto con i maragià. Da questo viaggio il gioielliere riportò delle gemme incise, tecnica tipica della gioielleria moghul. Rubini, smeraldi e zaffiri formarono le collane e i braccialetti multicolori che la maison chiamerà Tutti Frutti. Un regalo per gli occhi. ○
in alto , a sinistra Pannello di rivestimento in mosaico di ceramica, Iran, fine XIV–XV secolo. Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento di Arte Islamica, Archivio del Museo delle Arti Decorative.
in alto , a destra
Progetto di portacipria a matita di grafite, inchiostro di china e tempera su carta trasparente. Cartier, Parigi, circa 1920. Diadema in platino, acciaio brunito, diamanti, rubini. Cartier, Parigi, ordine del 1914. al centro
Cartier e le arti dell’Islam. Alle fonti della modernità, MAD - Museo delle Arti Decorative, rue de Rivoli 107, 75002 Parigi, fino al 20 febbraio 2022. madparis . fr
Mortaio in bronzo, Iran, XI-XII secolo. Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento di Arte Islamica, Archivio del Museo delle Arti Decorative, donazione Jules Maciet, 1904. a destra
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©2010 Musée du Louvre/Raphaël Chipault; Archives Cartier Paris © Cartier; Vincent Wulveryck, Cartier Collection © Cartier; © Musée du Louvre, Dist. RMN Grand Palais/Hervé Lewandowski
ARCHITECTURAL DIGEST
XS, R80, CORNER, M SPACE, TREND WARDROBE
AD × LONGHI
Il ritmo della qualità sartoriale contemporanea Il sistema Bravery, progettato da Ben Wu, si compone di elementi di seduta che pur conservando uno spiccato rigore formale, seguono linee curve e avvolgenti.
È un linguaggio stilistico ispirato alla musica quello usato da Ben Wu per i nuovi pezzi che completano la collezione RHYTHM ’21 di Longhi. Come un direttore d’orchestra, il designer combina arredi unici e dal forte carattere sartoriale creando un senso di armonia e ritmo nell’ambiente, trasformato in una melodia ben strutturata. Un lifestyle di lusso, quello proposto, fatto di semplicità sposata a raffinatezza dei materiali, cura dei dettagli, eleganza delle forme. Senza mai tradire inventiva e innovazione e quel saper fare aziendale nell’unire materiali diversi come marmo, pelle, metallo e tessuto. Nel divano Bravery, l’inserto in metallo che avvolge l’angolo alla base diventa elemento distintivo in un insieme ‘a conchiglia’ fatto di volumi morbidi, proporzioni contenute e linee sinuose e dove un unico cuscino fa da schienale e bracciolo. Un sistema di elementi di seduta lineari e
Nella collezione RHYTHM ’21 disegnata da Ben Wu per Longhi, ogni elemento d’arredo è pensato come note di uno spartito, in armonia e dialogo con lo spazio circostante curvi che risolve in modo brillante anche la progettazione di spazi domestici di dimensioni ridotte. L’accostamento ai tavolini Levity e Balance consente, poi, di realizzare composizioni aperte e informali: il primo gioca con i contrasti tra il metallo - disponibile in ben 10 diverse finiture, tra cui Nichel satinato, Brown sfumato lucido, oro Black Rose - e il marmo Bianco Carrara con bordo sagomato; il secondo ha gambe realizzate con stampo esclusivo Longhi rivestite in pelle e arricchite da piedini in metallo che sorreggono il piano in marmo spesso 20 cm. Esplora invece i temi della simmetria, dell’equilibrio e della bellezza la famiglia di contenitori Concord. Sviluppata in orizzontale, in due altezze e due lunghezze, ha una linea pura ed essenziale alla quale fa da contrappeso la scelta di materiali sofisticati e di pregio, come la pelle scamosciata,
Sono realizzati con materiali nobili i nuovi elementi della collezione RHYTHM ’21, come il tavolo Journey in pelle, metallo e marmo, abbinato alle sedute Harmony sempre in pelle, e il cabinet Concord in legno di Eucalipto termotrattato e nella particolare essenza Erable dalle suggestive venature.
il marmo, il legno di Eucalipto termotrattato, e la particolare essenza Erable (acero) dalle superfici longitudinali sericee radiali, con venature che creano una tessitura specchiata variabile e finemente ondulata. Anche la ‘sedia’ è rivisitata secondo nuovi canoni estetici in Harmony, rivestita interamente in pelle pregiata. In perfetto abbinamento al tavolo Journey, capolavoro di manifattura grazie alle gambe in vetroresina rivestite esternamente in pelle e internamente in metallo, al sottopiano in pelle e al piano in marmo racchiuso da un bordo perimetrale in metallo.
ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Lungo la linea del tempo L’epoca d’oro della decorazione d’interni parigina rivive nei colori e nei materiali all’hotel Saint James, rivisitato da Laura Gonzalez Fanny Guénon des Mesnards Matthieu Salvaing
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Al primo piano del Saint James Paris, il pattern dei tappeti progettati dagli Ateliers Pinton dialoga con la scala d’ispirazione neoclassica. a destra Laura Gonzalez, eclettica interior decorator, reinterpreta in un mix perfettamente riuscito gli spazi interni in continuità con quelli esterni. sopra
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«Volevo creare una dimora con tocchi Art Déco, qualche riferimento al XIX secolo e tanti oggetti antichi» Laura Gonzalez
In una camera dai colori caldi, tappezzeria di ispirazione giapponese White Blossom (Iksel) e tappeto della Manufacture Pinton. pagina successiva , in alto I minibar, rivestiti in legno, sono in stile «James Bond», dice Laura Gonzalez. in basso in una camera con letto a baldacchino, carta da parati White Blossom (Iksel) e i drappi Le Manach in toile de Tours.
a sinistra
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Sin dai primi schizzi la visione di Laura Gonzalez era quella di una residenza senza tempo, l’immagine unica di un castello-hotel nel cuore di Parigi con camere in fila e volumi da far girare la testa (come i soffitti delle stanze, alti 3 metri e ottanta). «Volevo creare una dimora che reinventasse i codici parigini con tocchi Art Déco, qualche riferimento al XIX secolo e tanti oggetti antichi», continua, raccontandoci come per lei i momenti di isolamento dovuti al lockdown siano stati scanditi da aste online e riunioni di cantiere in modalità virtuale. Con il desiderio di «riportare in primo piano l’architettura dell’edificio», Laura Gonzalez ne svela i segreti finora camuffati sotto i cassoni, i fregi e gli archi a volta che vengono scoperti e acquistano una nuova luce, mentre il soffitto a cupola della hall ha un motivo decorativo realizzato dall’Atelier Roma. «Volevo un affresco che sembrasse lì da sempre e che si rifacesse ai mosaici di ispirazione neoclassica».
U N ’ O D E A L L’A R T I G I A N AT O
Per realizzare questo progetto, i cui lavori sono iniziati nel luglio 2020, Laura Gonzalez si è circondata di diversi collaboratori di talento. «Abbiamo cercato di lavorare soprattutto con artigiani francesi», citando il feltro sulle pareti e la toile de Tours di Pierre Frey, tessuta interamente su misura nel Nord della Francia, i tappeti e le moquette progettati dagli Ateliers Pinton nello stile di Villa Kérylos, i lampadari in gesso firmati Patrick Dangel e le ceramiche di Jean Roger, con cui collabora da sette anni. Dalle applique ai vasi e ai coprivasi, tutti intatti, i 90 pezzi fatti a mano nell’atelier di place des Vosges hanno richiesto dai cinque ai sei mesi di lavoro ininterrotto da parte di due artigiani, spiega François Roger, nipote del fondatore che ha ereditato l’azienda di famiglia. Con l’intento di far rivivere l’epoca d’oro degli interni parigini, Laura Gonzalez dà spazio ad alcune cineserie, come i vasi di porcellana e i panorami Iksel. →
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Nella camera dai toni solari, la carta da parati Wisteria in Landscape (Iksel) incontra i tessuti Le Manach in toile de Tours (Pierre Frey). L’applique e il vaso sono di Jean Roger. in basso Nel ristorante Bellefeuille pareti rivestite con il parato Imperial Garden (Iksel).
Anche nel ristorante, la carta da parati Imperial Garden si sviluppa con un motivo all-over e immerge gli ospiti in uno scenario orientaleggiante (Yves Saint Laurent e Pierre Bergé avevano scelto un modello simile per il loro appartamento in rue de Babylone). I 5.000 metri quadrati che circondano il palazzo – una rarità a Parigi – sono stati valorizzati dal paesaggista Xavier de Chirac. L’allievo di Louis Benech, dal quale ha imparato a «sentire l’anima dei luoghi», ha costruito un paesaggio fatto di «piante scultoree per dialogare con la maestosa architettura dell’edificio». Tassi d’Irlanda, ortensie bianche, azalee e rododendri compongono «un giardino romantico, poetico e senza tempo», in cui i modelli classici incontrano associazioni spontanee, come il binomio solanum-rose piantato ai piedi di un acero giapponese. Insieme a Laura Gonzalez, hanno deciso di sostituire l’acciottolato del vialetto esterno con la ghiaia, che accentua la sensazione di trovarsi davanti a una tenuta di campagna. L’ultimo capitolo della ristrutturazione del Saint James dovrebbe concludersi alla fine dell’anno, quando l’ultimo piano rivelerà una serie di camere, tutte aperte su una veranda con soffitto in vetro. «È incantevole», conclude Laura Gonzalez prima di salutarci davanti alla fontana. ○
Saint James Paris, place du Chancelier Adenauer 5, Parigi, saint-james-paris.com
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Per chi ama il benessere e la raffinatezza un materasso Simmons è di casa. Lo straordinario comfort e l’incomparabile fascino assicurano un riposo impareggiabile. La cura meticolosa dei dettagli, la scelta dei materiali più nobili e la manifattura artigianale più scrupolosa, esclusivamente made in Italy, sono gli elementi caratterizzanti dell’indiscussa qualità Simmons. Perchè i materassi non sono tutti uguali e per dormire bene c’è bisogno di Simmons.
Simmons. Nient’altro.
I materassi Simmons li trovate presso i BetterSleepLAB di: Milano, Via Aselli 9 - Lissone (MB), Via Bramante da Urbino 9 - Chieri (TO), Corso Torino 78 - Firenze, Via F. Baracca 199h - Roma, Via Tuscolana 225 - Roma, Via Gregorio VII 482 - Simmons Store Milano, Corso Italia 22 e presso i Rivenditori Autorizzati Simmons simmons.it 800-250407
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Quelli della notte Sense of Blue, ovvero l’arte di Maotik e la scienza di La Prairie, insieme con un obiettivo: immergerci nel blu più profondo testo
Mathieu Le Sourd, conosciuto come Maotik, è una figura di spicco nell’arte digitale, specializzato in installazioni interattive e visual generativi. in alto L’installazione ad Art Basel 2021. sopra
Alessandra Pellegrino
«La notte è un’esperienza multisensoriale, un momento magico, in cui l’oscurità guida l’immaginazione», spiega il digital artist francese Maotik. Così, mentre avanzo nella sua installazione Sense of Blue – svelata ad Art Basel 2021 e realizzata in collaborazione con La Prairie –, i sensi si amplificano grazie a sensori di movimento, proiezioni video e algoritmi digitali che ricreano le diverse fasi notturne.
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«Grazie al sistema di luci impiegato nell’intera area e al materiale riflettente del pavimento, il pubblico ha la sensazione di essere trasportato in un altro luogo, quello della notte blu cobalto», spiega. L’opera immersiva dà voce al lancio di Skin Caviar Nighttime Oil – una nuova creazione nell’iconica collezione di La Prairie – e pone la notte al centro di un ○ avanzato rituale di bellezza.
Cabinets, sofa and coffee table Shanghai - Designer Maurizio Manzoni
cantori.it
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RICOMINCIO DA QUI Mostre colte e di grande richiamo, nuovi alberghi, esperimenti di recupero urbano creativo: Firenze, città-museo, investe sul presente. E così costruisce il suo futuro testo
Ruben Modigliani
AT T R AV E R S O I L T E M P O
Jeff Koons a Palazzo Strozzi Jeff Koons. Shine, fino al 30.01.2022, mostra il lavoro dell’artista dagli anni ’70 a oggi. In foto, Gazing Ball (Rubens Tiger Hunt), 2015.
L A B O R AT O R I O A P E R T O
Manifattura Tabacchi
Dario Garofalo, © Jeff Koons, Leonardo Morfini
Gli spazi di questa ex architettura industriale sono anche un centro di creazione artistica (in foto, Micromegàsuoni di Iper-Collettivo).
Questo autunno, a Firenze, l’arte contemporanea ha un ruolo di rilievo. A Palazzo Strozzi la grande retrospettiva dedicata a Jeff Koons mostra il lavoro dell’artista dagli anni ’70 fino a oggi. Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio ospitano due installazioni di Francesco Vezzoli, la britannica Jenny Saville è protagonista di una mostra-itinerario che coinvolge cinque musei. «Firenze oggi non è più attrattiva solo in quanto culla del Rinascimento, ma anche come città aperta all’arte contemporanea», spiega Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. «E si dimostra capace di sfatare la sua immagine di città di campanili: anzi, sta prendendo forma un’idea
di museo diffuso, capace di indirizzare il turismo anche verso luoghi ingiustamente definiti minori». Si delineano nuovi epicentri: uno di questi è proprio l’area attorno al Museo Novecento e alla basilica di Santa Maria Novella. Qui ci sono hotel come The Place Firenze, raffinatissimo e pensato come una casa, o come il primo 25hours Hotel in Italia, con interni che Paola Navone ha curato seguendo un tema, la Divina Commedia. Il risultato è onirico e pop: camere rosso Inferno con broccati e velluti; oppure bianche Paradiso, eteree. E un ristorante pieno di piante come un giardino dell’Eden. «È un luogo pieno di meraviglia, dove
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O LT R E L A C A R T O L I N A
Golden View Marmo per il bancone all’ingresso, parquet, vetro: design essenziale (e vista sul Ponte Vecchio) per un ristorante di ricerca.
Rosso all over per una delle camere Inferno del 25hours Hotel di Firenze, col progetto di interni curato da Paola Navone pensando alla Divina Commedia. Per gli arredi, pezzi realizzati su disegno o di recupero. in basso Il front desk dell’albergo, realizzato con valigie vintage (installazione di Patrick Bailly). pagina precedente Dettaglio di Cinema Paradiso, la sala proiezioni dell’hotel. sopra
come la Manifattura Tabacchi, a progettare nuovi luoghi per residenze ed esposizioni artistiche come la Torre di Novoli, un tempo fabbrica Fiat. E a chi dice che la città è colma di arte del passato e che non c’è spazio per la nuova, rivendico l’altezza e l’emozione di questa sfida». Un programma coraggioso. E interessante. ○ palazzostrozzi . org ;
SENTIRSI A CASA
The Place Firenze Stanze con camino e angoli di verde in questo albergo concepito come una casa privata e affacciato su Santa Maria Novella.
25 hours - hotels . com ;
theplacefirenze . com ; museonovecento . it ; goldenview . it ; manifat turatabacchi . com
Dario Garofalo (3), Pietro Savorelli
le suggestioni dantesche si moltiplicano in una travolgente esuberanza di particolari. Con un obiettivo: coinvolgere gli ospiti in un’esperienza indimenticabile», dice la progettista. C’è una nuova atmosfera anche nei luoghi di massimo turismo: come Golden View, ristorante dal design impeccabile affacciato sul Ponte Vecchio, dove i protagonisti sono filiera corta, ricerca gastronomica, grandi vini. L’esatto opposto del locale mordi-e-fuggi. Un clima di rinnovamento che Tommaso Sacchi, ex assessore alla cultura (ora a Milano), moda, design e relazioni internazionali, commenta così: «Stiamo vivendo giorni intensi sul fronte dell’arte: Saville, Vezzoli, Koons. E poi Tabit Rida alle Murate, Daniela De Lorenzo e Chiara Bettazzi al Museo Marino Marini. È stata l’edizione zero della Florence Art Week, evento che vorrei ripetere ogni anno. Questa è una città in cui è in corso un profondo investimento sul contemporaneo, che ha portato anche a rinnovare e destinare alla produzione culturale spazi dismessi
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testo
GALLERIA
T R AV E L E X P E R I E N C E
COLONNA SONORA
Il lusso e la grinta
Suonala ancora, Hans
L’ambiente della nuova i4 è premium, spazioso e versatile, con vetri a isolamento acustico, preriscaldamento, sedili racing e volante sportivo di serie che trasformano il viaggio in un’esperienza.
Debutta sulla i4 il grande schermo curvo con doppio display digitale, per infotainment e controllo. Il sound del motore elettrico porta la firma di Hans Zimmer, compositore hollywoodiano.
Michele Weiss
Green style Con i4 Bmw lancia la berlina del futuro. Linee sportive, interni supertecnologici, motore elettrico con accelerazione da supercar e autonomia di oltre 500 km
sopra La nuova berlina elettrica di Bmw, la i4 M50. Il basso impatto ecologico riguarda ogni aspetto, anche i componenti, per i quali sono stati impiegati materie prime secondarie, materiali naturali e riciclati. Anche le celle della batteria sono prodotte utilizzando al 100% energia green.
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Tutto in una. Per realizzare la nuova berlina elettrica i4 M50, Bmw ha concentrato all’ennesima potenza in un unico modello anima green, sportività e comfort. In pratica: nuovo telaio, linee racing coupé aggressive e doppio propulsore elettrico che eroga fino a 544 Cv per un formidabile 0-100 km/h in meno di 4 secondi. La batteria ad alta capacità (83,9 kWh) garantisce oltre 500 km di autonomia (590 sulla gemella meno potente, la eDrive40) e ricarica ultrarapida. Nuovi anche gli interni, ovviamente supertecnologici e dominati dal grande display curvo, che integra in un unico elemento strumentazione e infotainment all’avanguardia. ○
Capetown Stripe
AD × LIEBHERR
Nel calore della casa, il clima perfetto per i vini pregiati
È con la giusta temperatura di conservazione che profumi e sapori del vino vengono esaltati e si rivelano al palato ad ogni degustazione. Le annate più pregiate sono al sicuro custodite all’interno delle cantine integrabili Liebherr, temperate o climatizzate, disponibili in diverse dimensioni e capacità per soddisfare ogni tipo di esigenza. Un’estrema flessibilità è offerta dalla gamma di cantine temperate Vinidor che mettono a disposizione due zone di temperatura regolabili in modo indipendente tra +5 °C e + 20 °C, e permettono di preparare per la degustazione contemporaneamente vini rossi maturi, vini bianchi fermi o champagne. La lunga conservazione, a favore di un processo di invecchiamento ottimale, è invece garantita dalle cantine climatizzate GrandCru e Vinotek. Qui, la temperatura è uniforme in tutto il vano e può essere impostata tra +5 °C e +20 °C. Si prestano anche alla conservazione di grandi quantità di bottiglie di vino bianco o rosso alla rispettiva temperatura di degustazione. Tutti i modelli offrono prestazioni altissime, tecniche ed estetiche. A cominciare dall’estrema silenziosità, grazie al compressore installato su speciali supporti ammortizzati, che permette una presenza discreta delle cantine Liebherr negli ambienti. Un filtro ai carboni attivi preserva la qualità ottimale dell’aria all’interno delle apparecchiature, proteggendo i tappi delle bottiglie da muffe e batteri e il vino dagli odori circostanti che possono influenzarne sensibilmente il gusto. Visibilità e chiarezza di interazione sono poi studiati nel dettaglio per una fruizione fluida e immediata. L’innovativo comando ElectronicTouch con
Elegantemente integrate negli elementi d’arredo, la cantina temperata Vinidor (a sinistra) e quella climatizzata GrandCru (a destra) offrono le condizioni climatiche ideali per la conservazione delle collezioni di vini.
Altamente performanti, le cantine integrabili Liebherr mantengono la giusta temperatura di conservazione e di servizio delle etichette più prestigiose display LCD digitale consente la facile selezione della temperatura e il suo mantenimento. L’illuminazione a LED, presente in ogni zona e inseribile separatamente, è regolabile in intensità per un’ottimale presentazione dei vini che possono essere illuminati così anche per molto tempo senza deteriorarsi grazie ad una luce che non sviluppa calore e non emette raggi UV. La mensola di presentazione, reclinabile, può ospitare fino a 6 bottiglie. Ideale per mettere in mostra le etichette più pregiate e per mantenere le bottiglie già aperte nella giusta posizione. Il tutto risulta elegantemente visibile attraverso la porta in vetro fumé che garantisce protezione dai raggi UV.
ARCHITECTURAL DIGEST
EMERGERE
Durante la Design Week ToiletPaper, in collaborazione con Desigual, ha installato il gigantesco murale Be Water, a firma di Maurizio Cattelan e del fotografo Pierpaolo Ferrari, sulla parete della storica Piscina Cozzi di Milano. L’installazione esalta l’imponenza dello spazio fondendosi con l’architettura intorno al velario.
GALLERIA
In profondità
Un raggio di sole a Venezia
Il vaso in ceramica Lungamente sommersi di Coralla Maiuri sembra emergere dagli abissi, dove i coralli hanno cominciato a colonizzare la superficie. Su Artemest.
ISPIR AZIONI: AC Q UA
Universo liquido a cura di
Ha collaborato Giovanni D’Odorico Borsoni. Fondazione Antonio e Carmela Calderara per Fantini. Alberto Zanetti per ToiletPaper
testi
Francesca Santambrogio
Elena Dallorso
Il tessuto Cameo della collezione Imago di Fortuny, in puro cotone stampato a mano secondo la tradizione della tessitura, si ispira ai riflessi del sole sull’acqua della laguna.
Nei colori, nei riflessi, nei riferimenti e nelle suggestioni. Idee che rimandano alla fluidità della materia e al mondo subacqueo
«L’acqua non oppone resistenza. L’acqua scorre. Quando immergi una mano nell’acqua senti solo una carezza» M a r ga r e t At wo o d
Mare solido
SULLE RIVE
Pare fatta di gocce d’acqua cristallizzata la collezione di tavoli, sedie, panche, lettini A’mare che Jacopo Foggini ha realizzato in policarbonato puro per Edra. Un gioco di parole che evoca, in napoletano, la parola amore e la destinazione di questi arredi outdoor.
L’avventura di Fantini e dei suoi rubinetti-gioiello è narrata nel libro Report from the Waterfront: il legame con il Lago d’Orta, i prodotti d’alta gamma, i designer e i fotografi. Con l’acqua come fil rouge.
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ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
«Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza»
IL SENSO DI INDIA PER IL COLORE
La prima monografia dedicata a India Mahdavi, pubblicata da Chronicle Books con la direzione artistica di Studio Achermann, raccoglie immagini, disegni, schizzi e modelli di alcuni dei suoi progetti, oltre a una sezione di foto dei suoi viaggi. Con un’attenzione al colore e ai dettagli.
Rita LeviMontalcini
L’altra metà Here we are!, fino al 6 marzo 2022 al Vitra Design Museum, racconta il design femminile degli ultimi 120 anni attraverso le voci e le opere di 80 donne. Sullo sfondo, la lotta per la parità dei diritti.
ISPIRAZIONI: DONNA
Molto più che quote rosa
Glamourous Sixties Ispirandosi agli anni ’60, Monica Armani ha disegnato per B&B Italia i tavoli Allure O’ e la poltroncina Flair O’. Eleganti e timeless.
Saper vedere oltre Col patrocinio della Fundación BBVA, al Guggenheim Bilbao è in mostra, fino al 27 febbraio 2022, Donne dell’astrazione: le opere di 100 artiste che hanno scritto la storia dell’astrattismo nel XX secolo.
DEA MADRE
Realizzata dalla Falegnameria Pisu in sughero sardo pressato e non trattato come i tradizionali bankitu de ortigu, la collezione di tavoli Accanta disegnati per Pretziada da Maddalena Casadei è un fortissimo richiamo alla terra, all’artigianalità e alla sostenibilità.
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Guggenheim Bilbao ©Judy Chicago
Creatrici, designer, artiste, collezioniste: i mondi del progetto e quello della creatività danno finalmente spazio a nuove voci
ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
«La carta geografica, insomma, anche se statica, presuppone un’idea narrativa, è concepita in funzione d’un itinerario, è un’Odissea» V I A G G I O I N I TA L I A
Italo Calvino
Camminare sulle acque
Riflessi celebra il Made in Italy con tre stampe dedicate a Milano, Roma e Napoli: osservate da un satellite, le mappe delle tre città sono state fotografate e poi riportate sullo schienale della poltroncina Sofia.
Tessuti a mano in plastica riciclata da artigiani, i tappeti della collezione Plastic Rivers nascono dalla collaborazione tra Álvaro Catalán de Ocón e l’azienda GAN Rugs. Al di là del messaggio etico, sono oggetti per ornare gli spazi. Alla Galleria Rossana Orlandi.
I S P I R A Z I O N I : M A P P AT U R E
Sì, partire Si chiama Fly away la carta da parati di Francesca Zoboli per Wall&decò, un invito al viaggio. Disponibile su supporto CWC in vinile, e su supporto eco riciclabile al 100%.
Lezione di geografia Valicare i confini ideali e pensare ad ambienti che si dilatano, raccontando il nostro mondo attraverso i luoghi e le persone che li abitano
P I A N E TA FR AGILE
Nel segno di Niemeyer Il riferimento è al Modernismo brasiliano: la famiglia di arredi Brasilia disegnata da Marcio Kogan/studio mk27 per Minotti ha un’estetica Mid-Century e materiali giustapposti, a creare ambienti oltre le mode.
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Le sculture State of the World di Mathieu Lehanneur sono una collezione di lavori in alluminio anodizzato che rappresentano la popolazione di oltre 140 Paesi del mondo. Potenti, primitive, tangibili.
ARCHITECTURAL DIGEST
DIECI ANNI INSIEME
Con Ensemble Mutina celebra dieci anni di collaborazione con Ronan ed Erwan Bouroullec: dalle riedizioni di Pico e Rombini, alle nuove collezioni Punto e Bloc, fino al progetto inedito con il materiale Pico Bois, in cui il pattern è declinato su un parquet.
GALLERIA
«La Costruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere» Le Corbusier
Mezzo secolo di colore Compie 50 anni il divano Mah Jong di Roche Bobois, nato dall’incontro di Philippe Roche e Hans Hopfer. E festeggia con vestiti nuovi, ideati da Kenzo Takada, Jean Paul Gaultier o MissoniHome.
ISPIRAZIONI: COSTRUIRE
La Petal Lamp nasce dalla collaborazione tra Carl Hansen & Søn e la designer Rikke Frost: «Mi sono ispirata agli archi e alle colonne architettoniche, affascinata dai giochi di luce attraverso un arco e una curva».
Alfabeto interno Assemblare, giustapporre, incastrare materiali e idee. Per progettare oggetti e spazi che ci accolgano e ci servano domani. Cominciando oggi
C O M E L AV O R E R E M O
USM e Adeyaka BCN, in collaborazione con la Fundació Mies van der Rohe di Barcellona, presentano la seconda edizione del concorso aperto ad architetti, designer e studenti, che riflette sugli spazi di lavoro ideali. La location è il Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe, allestito con i mobili di USM.
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Dzek presenta la collezione di moduli d’arredo in piastrelle ExCinere di Formafantasma Verdigris Landscapes for the Post Normal Domestic. I pezzi sono lettere da combinare per creare un linguaggio unico.
Marcela Grassi per USM, © Nick Ballon, courtesy of Dzek
Sculture
Immaginare l’insieme
LUXURY HOME LINEN SINCE 1978
ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
«Le condizioni per la creatività si devono intrecciare: bisogna concentrarsi. Accettare conflitti e tensioni. Rinascere ogni giorno.Provare un senso di sé»
Quattro idee di modernità
COME TRASCORRE IL TEMPO
Negli spazi di Dimoregallery è stata allestita la celebrazione di tre epoche del design: Past, con una selezione di opere del Razionalismo italiano; Present, con un video-evento di presentazione della nuova collezione; e Future, una retrospettiva sul designer Claudio Salocchi.
Erich Fromm
Il progetto ArchivioUniFor di UniFor parte dalla riedizione di quattro pezzi storici (fine anni ’80 - inizio ’90) di Aldo Rossi: la poltrona Parigi, la libreria Cartesio, il tavolo Consiglio e la sedia Museo.
I S P I R A Z I O N I : R I N A S C I TA
Il gioco delle possibilità
Novecento milanese
Reinterpretazioni, riedizioni, celebrazioni: progetti, oggetti, mostre che raccontano la vita in progress di ciò che con gli anni acquista valore
Il nuovo re di Francia Pieces of Style è la boiserie modulare che Philippe Starck ha progettato con Bottega Ghianda, interpretando con sensibilità contemporanea i pannelli scolpiti con cui Luigi XIV e XV ornavano i castelli.
A CENA CON BODIL
Cassina riedita il Serving Cart di Bodil Kjær, che nel 1963 lo progettò per poter partecipare alle conversazioni a tavola mentre cucinava. Con ripiani e scomparti per trasportare posate, stoviglie, pentole.
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Alberto Strada per UniFor, Silvia Rivoltella per Dimoregallery
Anima domestica ed eleganza discreta nella nuova collezione di piastrelle in grès porcellanato Monoscopio, la prima collaborazione tra Dainelli Studio e Ceramica Bardelli. Effetto granigliato e contemporaneo, con un “fuori onda” che assomiglia alla schermata che si vedeva sui televisori di fine anni Cinquanta.
ARCHITECTURAL DIGEST
GALLERIA
Il vantaggio di abitare in una casa intelligente Benefici ecologici e psicologici: il Report 2021 LG ThinQ® Smart Home, fornendo un’analisi delle abitudini e degli stili di vita degli abitanti di case intelligenti negli Usa, rivela anche che la tecnologia sta trasformando la nostra routine quotidiana indipendentemente dalla conoscenza tecnologica e dall’età. TV, lavatrici, condizionatori e frigoriferi intelligenti fanno risparmiare energia e si adattano ai diversi stili di vita, permettendo agli utenti di risparmiare energia.
ISPIR AZIONI: #ADIMAGINE
Smart home
«Essere felici a casa è il massimo risultato dell’ambizione» Samuel Johnson
Qual è la casa del futuro? Dagli elettrodomestici ai materiali, due esempi virtuosi che cambiano le nostre abitudini. Già oggi
Saper produrre in modo responsabile, trasparente ed etico
I prodotti Florim sono realizzati per oltre il 90% con materie prime naturali di altissima qualità e nascono da un processo produttivo sostenibile fino al 100%. Tutela dell’ambiente, risparmio energetico e, non ultimo, l’impegno a operare in maniera sostenibile da un punto di vista ecologico e sociale hanno dato all’azienda (la prima industria ceramica al mondo) il riconoscimento di Società Benefit.
sopra , da sinistra Due immagini della collezione Sensi of casa dolce casa di Matteo Thun & Partners per Florim, realizzata con oltre il 90% di materie prime naturali e fino al 42% di materiali riciclati in formati e spessori diversi. Un pavimento White Fossil e un rivestimento per la piscina White Dust.
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Il forno professionale usato dai più grandi chef del mondo ridisegnato per la tua casa.
unoxcasa.com
Il libro Le 100 case più belle d’Italia è disponibile in libreria e nei principali store on line
I progetti, tutti italiani, che hanno cambiato la vita delle persone e creato spazi di idee, di gusto, di memoria, oggi diventano anche un libro, firmato AD: Le 100 case più belle d’Italia. Ne pubblichiamo qui un estratto: quaranta case per festeggiare i primi quarant’anni della nostra rivista
40 ANNI DI AD ITALIA testo
ricerca iconografica
Gianmaria Padovani
Federica Clari
AD N. 79 Dicembre 1987 Piacenza
Celato nel seicentesco Palazzo Minoia, l’originale appartamento-galleria del collezionista Achille Armani ha un décor interamente costruito sul filo della passione del proprietario: preziosi tappeti Kazakh e Karabakh caucasici, Bukhara ed Ersari del Turkestan e Gansu cinesi ne rivestono pavimenti e pareti. Ricreando le atmosfere ombrose e ovattate di una tenda mongola.
Massimo Listri
AD N. 89 Ottobre 1988 Moltrasio, Como
Villa Fontanelle è stata la residenza lacustre di Gianni Versace, che si occupò personalmente del restauro avvalendosi di maestranze locali per il ripristino di mosaici e stucchi, e dell’aiuto di sir Roy Strong per il rifacimento del giardino. L’impronta dello stilista è affidata all’arredo, realizzato pezzo per pezzo nell’amato neoclassico, impreziosito da reperti archeologici.
È una ristrutturazione nel segno dell’invenzione scenografica quella dell’appartamento al piano nobile di un palazzo del XVI secolo progettato dal Bramante. L’interior designer ha scorporato e pulito gli spazi per poi ricreare, con affreschi contemporanei ispirati al gusto cinque e seicentesco, nuove decorazioni che rimandano ai palazzi signorili di quelle epoche.
Massimo Listri
AD N. 130 Marzo 1992 Milano
Raffreddare e Congelare
Un’abitazione dall’arredo originale e multiforme, risultato del continuo apporto di preziosi complementi di ogni luogo ed epoca. Mobili, dipinti e oggetti della dimora di Massimo Listri, per molti anni fotografo di AD, e della sua compagna Marianna Gagliardi, interior designer, sono la rappresentazione plastica di una vita alla ricerca della bellezza.
Massimo Listri
AD N. 165 Febbraio 1995 Firenze
D e s i g n | Pa l a t i n a by ovre.design
Architecture. A new interpretation of the wallpaper experience
Recuperata da un lungo declino con un intervento che ne esalta il Dna aristocratico e il vissuto contadino, Villa Mezzabarba trova la propria cifra nella linearità e nella luce. Pareti rigorosamente bianche e oggetti di semplicità quasi povera, come schede di erbari del ’700 e semplici candelabri in legno, contribuiscono alla creazione di un’atmosfera di rigore monastico.
Giorgio Baroni
AD N. 165 Febbraio 1995 Borgarello, Pavia
Immagina di avere un frigorifero con il miglior sistema di raffreddamento e uno spazio del 45% maggiore rispetto a un combinato standard. Il nuovo Himalaya 75 cm ti permette di conservare più alimenti e di preservarne la freschezza più a lungo. Difficile desiderare di più.
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La nostalgia per il passato emerge in ogni lavoro del designer Roberto Peregalli. È così anche per il suo appartamento privato dalla pianta irregolare in un palazzo d’ispirazione bramantesca. Il décor privilegia le suggestioni ottocentesche, con mobili come una console siciliana in stile neoetrusco e pitture murali di Olimpia Hruska, Irene Groudinsky e Natasha Carcano.
Massimo Listri
AD N. 176 Gennaio 1996 Milano
ZUP DESIGN - PH: SIMONE CASETTA
SAUNA + HAMMAM + DOCCIA
L’amore per se stessi. L’amore per il proprio corpo. BodyLove mette i sensi al centro dell’attenzione: i profumi del legno assumono la consistenza di sapori, i materiali accarezzano la pelle mentre lo sguardo vaga per le superfici, sature di sfumature naturali. Design: Rodolfo Dordoni Michele Angelini
www.effe.it
Arditamente classica, ma al contempo moderna e con un’anima mediterranea. È l’identikit dell’abitazione di Donatella Versace. Nelle meravigliose prospettive dei locali, importanti pezzi d’antiquariato dialogano con i tessuti del marchio di famiglia, contrappuntati da quadri neoclassici e librerie in mogano ornate da medaglioni in biscuit de Sèvres.
Massimo Listri
AD N. 177 Febbraio 1996 Milano
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Villa Chigi al Cetinale fu commissionata nel 1680 a Carlo Fontana, allievo del Bernini. Recuperata nel 1978, i nuovi proprietari l’hanno decorata con gusto anglosassone. Nel giardino, le siepi di tasso e bosso sono inframmezzate a rose e limoni. All’interno, mobili toscani, papier peint francesi e opere quattrocentesche si accostano ad arredi inglesi.
Massimo Listri
AD N. 192 Maggio 1997 Sovicille, Siena
HOME DIVISION dialmabrown.it
CONTRACT DIVISION contractdialmabrown.it
L’estro creativo di Renzo Mongiardino risolve acutamente il restauro di un sottotetto mansardato. Inventando una volta a botte ispirata a una tempera russa ottocentesca, l’architetto crea un ambiente di sapore pietroburghese cui si accostano mirabilmente mobili del XVII e XIX secolo e la collezione di bronzi e orologi settecenteschi del proprietario.
Massimo Listri
AD N. 212 Gennaio 1999 Milano
Model: Eli Daliri @elidalirii-Design by: @amirbahador.co
Graphic: @scampuddupiera-Photo by: @di.storto
Home & Accessories
shop.belmorecollection.com Belmore interiors: Via Montanapoleone 8, Milano. Phone: +39 0282953528 Email: bahador@belmore collection.com belmorecollectionofficial
Belmore Collection Milano
Showroom: Corso Magenta 31, Milano. Phone: +39 3332111033 Email: belmore.piera@gmail.com Belmore Collection
Giallo oro e rosso cardinalizio definiscono l’appartamento di Egon von Fürstenberg. Ricavato in un palazzo settecentesco, lo stilista ne ha curato personalmente l’arredamento, scegliendo o disegnando tutti i tessuti. Negli accoglienti ambienti, ritratti di suoi antenati blasonati e piccole collezioni di oggetti raccolti nei frequenti viaggi.
Massimo Listri
AD N. 215 Aprile 1999 Roma
Pareti bianche e pavimenti neri sono la palette di “non colori” dell’attico di un edificio anni Sessanta progettato da Achille Castiglioni. Un divertissement che la designer Gabriella Giamminola, proprietaria dell’appartamento, asseconda con complementi d’arredo negli stessi toni: divani bianchi, sedie e tavolini neri e specchi giocano con la luce che filtra dalle vetrate.
Tiziano Canu
AD N. 257 Ottobre 2002 Como
LUTEZIA Stainless Steel / Bronze Design Jean-Michel Wilmotte Made in Italy
HEADQUARTERS Via Brenta, 8 - Pove del Grappa - IT
CEA MILANO Via Brera, 9 - Milano - IT
CEA GHENT Kleindokkaai, 20 - Ghent - BE
ceadesign.it
L’appartamento è delimitato da due imponenti porte-scultura in lamiera ritorta dell’artista-artigiano Michele Festa. Elementi che determinano la sintassi architettonica e decorativa degli ambienti. Le pareti, dipinte con tempera bianca, fanno da quinta a complementi d’arredo stilizzati: mobili anni ’50 e ’60 contrappuntati da arte primitiva africana e pezzi moderni.
Gianni Basso/Vega Mg
AD N. 261 Febbraio 2003 Milano
La residenza affacciata sui lungarni è il pied-à-terre di un raffinato viaggiatore amante dell’India. Seguendo il filo di questa passione, la ristrutturazione si ispira al gusto e allo stile europei di metà Ottocento, l’epoca delle grandi esposizioni universali di Parigi e Londra, quando l’Europa riscopre l’Oriente sintetizzando una nuova estetica a esso ispirata.
Massimo Listri
AD N. 270 Novembre 2003 Firenze
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Una dimora arredata sul filo dell’amore per gli stili Direttorio e Impero, in cui rifulgono le dorature di console e tripodi, contrappuntate da statuaria e oggetti che, partendo dal Sei e Settecento, arrivano agli inizi del XIX secolo, vero nucleo della ricerca del proprietario. Che cristallizza la propria passione in un’antologia museale dalla composizione radiosa e leggera.
Massimo Listri
AD N. 272 Gennaio 2004 Milano
Il proprietario, appassionato di arte e design contemporanei con una predilezione per l’Eclettismo e il Postmoderno, affida ad Alessandro Mendini il décor dell’abitazione su tre piani. Il designer crea una progressione cromatica degli ambienti, dal giallo sole del piano terra al verde del terzo piano, giocando ad affiancare arredi e dettagli curvi ad altri ortogonali.
Massimo Listri
AD N. 273 Febbraio 2004 San Felice a Cancello, Caserta
PH: Riccardo_Munarin
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La dimora, che la tradizione vuole ultima residenza di re Alboino, ha un arredo giocato sul binario cromatico del bianco-nero e accosta pezzi antichi, come le stilizzate maschere africane primitive e gli austeri bauli cinesi settecenteschi, a elementi moderni, come poltrone di corna anni ’70 e quadri di Cagnaccio di San Pietro.
Massimo Listri
AD N. 287 Aprile 2005 Pavia
Composta dalle ville Olivetta, Bianca, La Vigna e Cisterna, costruite alla fine del XIX secolo, la proprietà di Dolce e Gabbana vede il loro estro scatenarsi negli ambienti, poiché rigidi vincoli impediscono modifiche esterne. Gli stilisti si affidano a David Chipperfield per il progetto, a Giorgio Fornari per il décor e a Ferruccio Laviani per i mobili su misura.
François Halard/Trunk Archive
AD N. 298 Marzo 2006 Portofino, Genova
Nello storico Palazzo Capra Querini, 500 metri quadrati si trasformano in un cinquecentesco “loft” firmato Aldo Cibic. Per ovviare alle immense proporzioni delle stanze con soffitti alti anche otto metri, gli ambienti sono ridimensionati da arredi proporzionati, come l’enorme libreria-armadio e un proiettore di immagini fisse che riqualifica una vasta parete.
Tiziano Canu
AD N. 306 Novembre 2006 Vicenza
Ripercorri la storia in alcuni degli hotel più antichi e suggestivi d’Europa. Lasciati ispirare da servizi unici e inaspettati. Vivi un’esperienza extra-ordinaria.
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L’appartamento su due livelli nell’edificio che ospitava il Teatro Gianduja è lo spazio espositivo della collezione di opere novecentesche della proprietaria. Il progettista lo disegna in questa funzione, creando una struttura luminosa, lineare e uniforme in cui creazioni di artisti come Mario Arlati e Luigi Mainolfi interagiscono con le belle vedute sulla città.
Carlo Carossio
AD N. 329 Ottobre 2008 Torino
Con un doppio affaccio sul Canal Grande e un tranquillo giardino interno, l’abitazione al piano nobile di Palazzo Alverà è oggetto di un intervento che lavora in sottrazione da parte del proprietario, designer. Che riveste i pavimenti in pioppo, inserisce tavoli di propria creazione, accostando vecchio al nuovo e raffinato al rustico.
Mario Ciampi
AD N. 331 Dicembre 2008 Venezia
CELEBRATING 120 YEARS OF THE FINEST SLEEP
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Le pareti senza spigoli dell’immenso appartamento (1.100 mq) all’interno di Palazzo Trevisan-Mion ne fanno una grotta misteriosa che pare composta di magma bianco, in realtà marmorino veneziano, plasmato su reticoli metallici. Bianche di giorno, le luci led le rendono iridescenti di notte. La casa, con cinema, sala biliardo e bar, è il sunto della mente visionaria di Romi Osti.
Giorgio Baroni
AD N. 335 Aprile 2009 Padova
La libertà di condividere sistemi di accesso che aprono a una nuova tranquillità. È solo quando sai di essere sicuro che ti senti davvero libero di muoverti. Per questo ISEO ti apre a una nuova tranquillità: quella di scegliere sistemi di accesso affidabili, flessibili ed evoluti, che permettono a tutta la tua famiglia di vivere meglio.
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A due passi da piazza Plebiscito, l’antiquario Stefano Cavedagna reinventa gli spazi domestici di una dimora seicentesca appannata dal tempo. La sua raccolta incentrata sul Settecento napoletano determina il leitmotiv stilistico dell’intervento che contempla l’artista contemporaneo David Tremlett, autore del wall drawing policromo nella sala principale.
Massimo Listri
AD N. 341 Ottobre 2009 Napoli
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Il casale dal nucleo duecentesco, affiancato da una chiesetta del XVII secolo, è oggetto di un recupero che all’esterno lascia inalterati i segni del tempo. Dentro, l’intervento svuota i volumi ripulendoli con un décor minimalista. Living, sala da pranzo, di lettura, cucina e office sono ridisegnati in una sorprendente enfilade modulare grazie alle porte-parete a scomparsa.
Massimo Listri
AD N. 370 Marzo 2012 Crete Senesi, Siena
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Ricavato in un piccolo quartiere commerciale della periferia novecentesca meneghina, la casa-studio di Fabio Novembre è caratterizzata dal largo uso di vetro e materiali trasparenti e traslucenti. Gli ambienti sono costellati di sedute, oggetti e complementi firmati dallo stesso designer leccese, oltreché da suoi colleghi come Maarten Baas, Tom Dixon, Mendini.
Massimo Listri
AD N. 371 Aprile 2012 Milano
Nel ripensare gli inserti di gusto anni ’70 accostati all’originario stile Liberty-Déco di un appartamento in un palazzo tardo-ottocentesco, i designer risolvono il contrasto grazie a un compromesso stilistico di gusto contemporaneo che miscela coerentemente i due linguaggi in un riuscito gioco di assimilazione formale.
Massimo Listri
AD N. 371 Aprile 2012 Milano
Quinte monolitiche creano una dimora lunare, uno stage irripetibile che quasi non comunica verso gli esterni, come a voler concentrare l’attenzione sul padrone di casa e chi lo circonda. La residenza sperimentale progettata da Tiziana Serretta ha armadiature, cucine e scaffali realizzati in materiali estemporanei come la resina, leggeri e facili da trasportare.
Massimo Listri
AD N. 371 Aprile 2012 Milano
L’edificio trecentesco sulla via Francigena, anticamente torre d’avvistamento, è oggetto di un recupero filologico, con arredi non posteriori all’800 e la palette dei colori originali delle pareti – azzurro, verde e giallo pallido – che è ricostruita dai campioni ritrovati sotto gli intonaci sedimentati. Pianelle e travi sono sbiancate a calce, come da tradizione contadina.
Massimo Listri
AD N. 376 Settembre 2012 Chianti,Toscana
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Il grande rustico di fine ’800 è riportato all’origine con un restauro conservativo che ridefinisce gli spazi. Sulla memoria storica della dimora si innestano i ricordi del proprietario, che la dissemina di collezioni e oggetti ricercati, trasformandola in una Wunderkammer popolata di tavole anatomiche, bucrani, statue, animali impagliati e oggetti di design.
Giorgio Baroni
AD N. 376 Settembre 2012 Mogliano Veneto,Treviso
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La residenza dello stilista Francesco Scognamiglio è contraddistinta dalla triade cromatica bianco-nero-oro che segna le sue collezioni. Il décor insegue un’allure del già vissuto, leggera e sognante. Nelle stanze dai parquet lucidi, rade di mobili, tra stravaganze, dipinti e porcellane neoclassici, molti ex voto e oggetti sacri che rimandano a Pompei, amata città d’origine.
Massimo Listri
AD N. 383 Aprile 2013 Milano
Il restauro dell’appartamento nell’edificio anni ’30 di via Mozart siglato da Aldo Andreani e Piero Portaluppi, autore dell’antistante Villa Necchi, vede un décor degli interni rivisitato con un intervento marcatamente déco, cui si accostano inserti pop anni Sessanta, collezioni di vetri veneziani del Novecento, sculture in bronzo, marmo e gesso e pregiati arredi anni Trenta.
Massimo Listri
AD N. 390 Novembre 2013 Milano
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Casa degli Atellani ha una storia che si incrocia a quella di Leonardo da Vinci. Nel 1922 l’intervento di Piero Portaluppi rivede profondamente l’edificio. Nuovi volumi, colonne, acciaio, porte imponenti, finestre spostate, pavimenti in seminato: la magione si riempie di colori e marmi per un ammodernamento che la rivoluziona, riuscendo a mantenerne la leggerezza.
Olimpia Castellini Baldissera, Massimo Listri
AD N. 405 Febbraio 2015 Milano
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Artigiani veneziani, guidati dal progetto che mira alla coerenza filologica originale, operano il restauro del piano nobile del palazzo gotico con affaccio sul Canal Grande dalle leggiadre polifore. Ricostruita la primitiva distribuzione, organizzata attorno al vasto portego centrale, la dimora trova un décor coerente grazie a pezzi di arredo di Alta Epoca e Barocco italiani.
La risistemazione dell’appartamento al sesto piano di Casa Rustici, capolavoro razionalista firmato da Terragni, la riporta all’aspetto originale. L’entrata è un cilindro pavimentato in marmo giallo. La zona notte e quella giorno sono suddivise in due edifici diversi, collegati da un ponte coperto con finestre a nastro, vero topos dell’architetto lombardo.
Santi Caleca
AD N. 407 Aprile 2015 Milano
Calathea the art of tile
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L’intervento ridisegna l’edificio di 600 mq su tre piani in zona Bellosguardo inseguendo un rimando colto al modernismo rurale della scuola fiorentina del Dopoguerra e all’attenzione maniacale per il dettaglio di Carlo Scarpa. L’arredamento sintetizza in un eclettismo raffinato ispirazioni cinesi, pezzi di design storico dagli anni ’40 sul fil rouge del gusto anni ’60.
Andrea Ferrari
AD N. 460 Gennaio 2020 Firenze
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La chiesa sconsacrata ed ex vetreria artistica di San Pietro Martire si trasforma in uno spazio polifunzionale. Davanti alla pala – una Trasfigurazione del ’700 – il salotto/studio è addobbato con pezzi vintage, prototipi di design rinnovati con tessuti Lyria e un grande tavolo di acciaio acidato. Di Lyria anche i velluti rossi che fanno da porta tra la navata e l’ex sacrestia.
Giorgio Baroni
AD N. 461 Febbraio 2020 Bologna
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Le stanze dei 250 mq nel palazzo del ’700 nel centro storico di Milano sono quanto di più lontano dal minimalismo e dai complementi di catalogo. Hanno pareti monocromatiche, come la cucina tutta nera o la sala da pranzo ottanio – con un tavolo in foglia d’oro sormontato dal lampadario Barovier&Toso –, e sono decorate con caminiere, busti di Apollo e vasi cinesi.
Mattia Aquila
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Al piano nobile di un palazzo seicentesco, il proprietario espone la propria collezione d’arte contemporanea nella dimora riportata alle originarie atmosfere veneziane. Al mood contribuiscono quadri e mobili che, insieme ai tessuti, echeggiano il mondo di Fortuny. Presente anche una marcata vena di gusto francese: la sala da pranzo è in stile napoleonico.
Matthieu Salvaing
AD N. 462 Marzo 2020 Venezia
In cima a una collina nell’Oltrepò Pavese, l’architettura severa di un castello fa da guscio a sontuosi interni firmati da Mongiardino. Storie e stili si sovrappongono in un horror vacui colto e leggero che trasforma la costruzione militare grazie a carte da parati geometriche e flamboyant, pavimenti in maiolica, sontuose boiserie e manifesti di inizio Novecento.
Carlo Piro
AD N. 469 Novembre 2020 Cigognola, Pavia
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Una stufa compact in soli 36 centimetri di profondità, design e tecnologia nel sistema di apertura elettronico. Uno stile inconfondibile per chi desidera l’atmosfera del calore e l a b e l l e z z a d i u n p e z z o u n i c o. F o r m e c h e s i a d a t t a n o a d a m b i e n t i d o v e s p a z i o e d e s t e t i c a s i f o n d o n o a r m o n i c a m e n t e.
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Al piano terra di Palazzo Bentivoglio, l’appartamento in decadenza è oggetto di un restauro meraviglioso e imponente. Porte e infissi originali, come pure gli affreschi del 1810 di Felice Giani, Gaetano Bertolani e Luigi Cini tornano alla vita per diventare il prezioso contenitore di una collezione d’arte contemporanea di una coppia di imprenditori.
Francesco Dolfo, Guido Taroni
AD N. 470 Dicembre 2020 Bologna
AD N. 471 Gennaio 2021 Milano
Negli ambienti colorati con nuance anni ’20 e ’30, cabinet trompe-l’œil si accostano a lampadari in bronzo stile Impero, ritratti di famiglia e sedie Direttorio. Il bell’appartamento di Brera trasmette una calma borghese con qualche tocco eccentrico. Come la grande testuggine delle Seychelles che testimonia l’amore del padrone di casa per la tassidermia.
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ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
Alexis Armanet
CASE
In questo numero AD visita un antico palazzo in Abruzzo, un appartamento newyorkese, una finca minorchina, un luminoso spazio parigino, un “villaggio” sui tetti di Berlino, un palazzetto nel cuore di Venezia, una casa rurale in Normandia, il rifugio londinese di Paul Smith e la villa di Kirsten Dunst a Los Angeles
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Lanciano
L’orizzonte dentro In un palazzo del ’700 il legame con le radici e il senso del presente e del mutamento continuo si esprimono attraverso l’arte, il design e il colore
testo
Alessandra Pellegrino
foto
Helenio Barbetta
Living Inside
Divano in legno di pino di Russia della serie Mobili nella valle di Mario Ceroli (Poltronova). Alla parete: dai territori di Narciso, installazione di Lúcio Rosato, sequenza 1>16, acrilico verde con supporti in abete.
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
sopra Nella stanza blu, comodini in mogano e marmo, disegno di Ermano Flacco. a destra Interruzione circolare sferica, scultura in acciaio ottonato di Carmelo Cappello. a sinistra Nell’androne di ingresso, pavimento in pietra nera della Maiella e inserti di lastre di marmo colorato. Lampada Kuros in ferro, disegno di Lúcio Rosato. Opera in legno e plexiglas di Paolo Spoltore. Scultura in alluminio e ottone di Angelo Colangelo.
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CASE
a sinistra , dall ’ alto L’architetto Lúcio Rosato. Il vano-scala con il ballatoio. a destra Tavolo in noce fine ’800. Panton Chair (Vitra). Lampade Brera e Taccia di Achille Castiglioni (Flos).
Tornare alle origini. Esattamente lì, da dove si era partiti ripercorrendo i vicoli dell’infanzia. E lasciarsi trasportare dai rintocchi delle campane delle chiese che scandiscono il tempo in questo suggestivo borgo medievale. Siamo in uno dei rioni storici di Lanciano, in provincia di Chieti. Su corso Roma – la strada principale che taglia in due il quartiere, anticamente detta strada del Popolo – sorge il Palazzetto, casa di famiglia dell’architetto Lúcio Rosato: «È il paese originario di mio padre, dove sono nato prima che ci trasferissimo a Pescara». Costruita all’inizio del ’700, la casa si sviluppa su circa 350 metri quadrati distribuiti su tre livelli e presenta la classica pianta quadrata con corte interna. «Quando siamo entrati, nel 1992, era disabitata da decenni e, nonostante le diverse ristrutturazioni, i preziosi pavimenti originali a mattoni rossi (completamente anneriti dal tempo) erano rimasti intatti. Li ho notati subito: l’olio di lino (e di gomito) li ha fatti tornare all’antico splendore», racconta Lúcio, che ha riprogettato il palazzo e realizzato molte delle opere d’arte distribuite nelle quattordici stanze. Formatosi sotto la guida artistica di Ettore Spalletti e Franco Summa, Rosato realizza installazioni concettuali e architetture permanenti, viaggiando sempre sul confine tra la concretezza del pensiero e l’astrazione della materia. «Nel disegnare ho tolto, recuperando l’essenziale, affidando una funzione a ogni singola stanza. Mangiare, dormire, prendere il tè». Colpisce l’uso fitto del colore, fondamentale nella creazione di “orizzonti verticali”: il giallo in cucina, il blu in camera da letto, il rosso in soggiorno. Sono pigmenti puri, per questo «al tatto le pareti sembrano di stoffa, hanno una porosità. Reagiscono, catturano la vita». E poi c’è il bianco. «Lo amo perché, come nel silenzio, tutto può ancora accadere», confessa Rosato, che ha puntato molto sul calore e sull’intimità di una →
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«Nel disegnare ho tolto, recuperando l’essenziale, affidando una funzione a ogni singola stanza. Mangiare, dormire, prendere il tè» L ú c i o R o s a t o
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
Il soffitto della stanza bianca detta “dei divani” o “dell’odalisca” decorato con carte e tele dipinte a mano, 1850 ca. Divano Harry di Antonio Citterio (B&B Italia). Vaso in ceramica di Serafino Mattucci. Sul tavolino, miamadremare, sasso in ceramica smaltata n. 19 (dalla sequenza 1>23) di Lúcio Rosato. A parete, lampada Q8 (Martinelli Luce). Oceano, acrilico su carta di Rosato («omaggio a zio Pierino che nel 1913 attraversava l’oceano»).
sopra
a sinistra
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CASE
a sinistra , dall ’ alto Nella stanza da bagno, lavabo anni ’60 su elemento in marmo. Doppia funzione per la testata del letto-cabina armadio disegnata da Rosato. a destra Nella cucina gialla, antiche sedute di abete intagliato.
dimora che manca di orizzonti, fatta com’è di stanze che affacciano l’una nell’altra. Al secondo piano c’è un’eccezione. È la camera blu, la “stanza di Tonia” (la mamma) che esce dalla pianta quadrata e va ad aprirsi verso un vicolo laterale. «Mi sono lasciato guidare dall’affresco sul soffitto: il mantello cobalto degli angeli ha definito il colore, la forma del dipinto ha ispirato la grande testata ovale in ciliegio, che quasi ci si specchia dentro. Ha anche la doppia funzione di cabina armadio e disimpegno». I decori sui soffitti alti oltre 4 metri non sono le uniche opere d’arte. «Questo palazzo è una specie di gigantesco deposito. Mio padre – che come mia madre era uno scrittore e un poeta (grande amico di Ennio Flaiano, ndr) – è stato anche un collezionista. Dalla sua galleria di Pescara arrivano dipinti e sculture di artisti abruzzesi del secolo scorso». Dai bisnonni ebanisti Lúcio ha ereditato i mobili intagliati. E poi ci sono le lampade di Castiglioni, i lavori anni ’60 di Alfredo Del Greco, le ceramiche di Serafino Mattucci... «Mi ripeto spesso che gli oggetti sono ostacoli, mentre ciò che definisco “una cosa” riesce a costruire relazioni, come insegna Remo Bodei in La vita delle cose». Tra queste “cose” ci sono le sue creazioni personali come i suoi pannelli Dai territori di Narciso, «cartoni che hanno viaggiato» sui quali l’acrilico verde predispone ad accogliere altro, in un mutamento continuo. «D’altronde il cambiamento è intrinseco alla mia idea di presente. Chi l’ha detto che per salvaguardare non possiamo modificare? Il concetto di identità è anche quello di evoluzione», prosegue. «La mia casa è sempre diversa, si modifica ogni giorno, influenzata com’è dalla luce, dagli umori e dai desideri di chi la abita. Mi accompagna e mi sostiene, trasformandosi con me. Perché, alla fine, è questo ciò che un architetto deve fare: rendere la vita delle persone più autentica». ○
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New York
La luce di New York Lo sguardo allungato su Manhattan, molte piante, pezzi unici nell’appartamento della modella Martha Hunt: rifugio, nido, studio. Pronto a cambiare ancora, come la vita. E come l’amore testo
Hannah Martin
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Dorcia Kelley
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Stephen Kent Johnson
CASE
a sinistra Sul divano c’è il cagnolino di Martha, Coco; lampada di Carmen D'Apollonio, divani realizzati su misura.
«Ho mandato a Giancarlo Valle immagini di cose che avevo e di cose che adoro. Le ceramiche erano una parte importante» Martha Hunt
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Nella camera da letto principale, comodini Eny Lee Parker, applique italiane anni Cinquanta e letto rivestito in velluto di lana mohair. in questa pagina
pagina accanto , in alto Divano su disegno di Giancarlo Valle; applique di Jordan McDonald e quadri di Daisy Parris. in basso Sedie vintage (Göran Malmvall).
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
a sinistra La modella e brand ambassador di Bulgari Martha Hunt nella sua casa di New York. Divano vintage di Mario Bellini (B&B Italia), vaso (Eny Lee Parker) e lampada Akari (Isamu Noguchi).
«Questi rappresentano un po' le mie sensazioni riguardo al 2020», dice Martha Hunt riferendosi ai dipinti astratti di Daisy Parris alle pareti del suo appartamento di New York. «Sono davvero intensi». L’atmosfera a casa della top model, che ha trascorso molte mattinate raggomitolata sul divano con il suo cagnolino Coco, è serena. Da quel punto di vista privilegiato, con Lower Manhattan incorniciato dalle finestre ad angolo, ha attraversato gran parte della pandemia. I suoi meccanismi di protezione? Fare della sua casa un nido. E molte piante. Una novità per la Hunt, sempre in giro, che la scorsa estate è stata anche nominata brand ambassador di Bulgari. Da quando si è trasferita a New York dalla Carolina del Nord, nel 2007, ricorda: «Ho vissuto ovunque. E ho sempre avuto una valigia pronta per partire se mi chiamavano all’ultimo minuto». Quattro anni fa ha optato per le strade acciottolate di Tribeca dopo aver vissuto a Red Hook, Williamsburg, Chinatown, Lower East Side e varie zone del Village. Lei e il suo fidanzato, il fotografo Jason McDonald, avevano scelto un appartamento con due camere da letto e avevano iniziato ad arredarlo. Ma durante una visita allo studio di Giancarlo Valle è scattato qualcosa. «Mi è piaciuto il fatto che avesse un punto di vista unico», ricorda parlando del designer di AD100, conosciuto tramite l’amico comune Jason Wu. «All’inizio sono andata da lui per delle sedie e da lì è cominciato tutto». Stanza per stanza, Valle ha fatto la sua magia: aprendo una parete, ideando una planimetria e concependo pezzi unici, da un mobile ovale per la televisione in una tonalità rosso scuro a scaffali alla Donald Judd in rame verde-gris. «Il progetto è diventato una sorta di banco di prova per lo studio», racconta lui. «Gli ho mandato immagini di cose che avevo e di cose che adoro»,
«Mi è piaciuto il fatto che la casa avesse un punto di vista unico» Martha Hunt
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ricorda la Hunt. «Le ceramiche erano una parte importante». La sua collezione comprendeva vasi di John Born, un vaso per piante di Eny Lee Parker e una lampada da terra di Carmen D’Apollonio. «Quest’ultima», fa notare, «sembra abbia la scoliosi», una condizione che la accompagna dall’adolescenza e sulla quale ora fa azione di sensibilizzazione. «Forse questo è inconsciamente il motivo per cui l’ho scelta». Valle ha aggiunto al mix opere di Matt Merkel Hess e un tavolo su misura in bronzo e ceramica creato in collaborazione con Natalie Weinberger. Quando la Hunt ha richiesto un trattamento a base di calce per le pareti della sua camera da letto («Migliora la qualità dell'aria ed è molto ecologico»), Valli ha scelto una tonalità salvia che si intona al divano di Mario Bellini color zucca. E quando lei ha suggerito un divano semicircolare nello studio, Valle ha proposto due disegni a forma di J in bouclé ruvido in una sfumatura avorio che, appoggiati alle pareti di gesso di Kamp Studios, danno la sensazione di essere seduti su una nuvola. Questo stesso spazio, con la sua parete di armadi illuminati e di cassetti pieni di gioielli e borse, era originariamente destinato a essere il camerino della Hunt. Ma, quando i lavori e gli eventi sono rallentati durante la pandemia, lei e Valle l’hanno trasformato in un accogliente luogo di ritrovo. L’appartamento è poi diventato una sorta di set personale, uno sfondo per servizi fotografici e campagne Instagram, come quella che ha realizzato lo scorso febbraio per il Tribeca Film Festival sponsorizzato da Bulgari. Questo vero e proprio nido si è rivelato beneaugurale per la Hunt e McDonald, che sono in attesa del loro primo figlio. E infatti, aggiunge lei: «Credo proprio che qui dovremo anche mettere una culla». ○
Questa è la mia terra
Maite Sebastia styling Erika Schäfer foto Daniel Schäfer testo
Fotos: Ramona Balaban/Living Inside
Mahón, Minorca
Un ex caseificio abbandonato nell’isola più riservata delle Baleari è diventato il rifugio dell’architetto argentino Luis Laplace e del suo partner Christophe Comoy. Artigianato locale, rispetto della tradizione e un design pulito e raffinato hanno messo in luce le potenzialità di questa architettura rurale, profondamente connessa alla natura circostante
sopra Per la terrazza della camera degli ospiti, sedie in ferro battuto anni ’60, La Place Antiques.
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
Nel living, poltrone in vetroresina e tessuto Kvadrat anni ’70, tavolino anni ’50 (Roger Capron), lampada da terra in ferro anni ’60 (Henri Vion per Atelier Marolles), lampada a sospensione laccata anni ’70 (Hermian Sneyders De Vogel), scultura in legno del 1790 e piatti in terracotta, tutto di La Place Antiques. Sgabello Antics Antigüedades, tappeto Antonia Molina. a destra Nella veranda, sedie Sika-Design, lampada in fibra vegetale Tine K Home, bicchieri Sika-Design, stoviglie Serax.
sopra
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ARCHITECTURAL DIGEST
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sopra L’ingresso di Santa Magdalena con le piante di gaura. a sinistra In cucina, tavolo italiano in legno laccato e noce verniciato anni ’40, sedia in rattan, vasi con decorazioni in maiolica e smalti anni ’50 (Gustave Reynaud), mappa vintage di Minorca e scultura di testa di pecora in gesso, tutto di La Place Antiques. Lampade da parete in gesso Made by Tinja. Tendine con pattern personalizzato da Luis Laplace Bujosa Texil, accessori Antics Antigüedades e Frederic Wessel.
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CASE
Nella stanza degli ospiti, poltrone in plastica anni ’70 (Vico Magistretti per Artemide), sofà in legno di faggio e tessuto Bujosa anni ’40 (Fritz Hansen), coffee table in legno massello anni ’70, lampada da terra anni ’50 (Atelier Marolles), cornici e accessori in ceramica, tutto di La Place Antiques. Sgabelli Sika-Design. Lampada a sospensione in fibra vegetale Tine K Home. Tappeto in fibra di sisal di Antonia Molina.
a sinistra
Quando il progettista argentino Luis Laplace ha visitato per la prima volta Minorca si è subito innamorato dell’architettura spontanea del luogo. Il suo primo lavoro è stata la residenza minorchina dei galleristi svizzeri Manuela Hauser e Iwan Wirth, mentre insieme ideavano l’apertura della nuova sede espositiva di Hauser & Wirth, nell’ex ospedale militare del porto di Mahón di Isla del Rey, un progetto che ha la firma di Laplace e che ha proiettato l’isola al centro del mappamondo. «In modo del tutto consequenziale, abbiamo finito per comprare una bellissima finca abbandonata dove un tempo si facevano formaggi », racconta l’architetto. «Cercavo qualcosa di tranquillo, di spazioso e ho trovato questo paradiso. Quelli che come noi arrivano a Minorca da fuori, rimangono incantati dal suo stile di vita e lo rispettano. Ho capito che era il posto che cercavo». Suo marito, Christophe Comoy, è appassionato di giardinaggio e agricoltura e il potenziale della casa in rovina, conosciuta da tutti come Santa Magdalena, è stato subito chiaro. «La gente di qui abbandona la campagna per andare in città, ma chi viene da fuori vede subito la bellezza di questo posto». Le colonne irregolari, gli strati di calce che hanno resistito alla prova del tempo... tutto ciò che ha colpito Laplace è il carattere istintivo della costruzione: «È uno stile che ti aspetti di trovare in luoghi meno ospitali, ma trattandosi di Europa non avrei immaginato un’architettura così naturale». Il carattere locale è imbevuto di dettagli spontanei, di cui gli artigiani sono protagonisti inconfondibili. «Mi piace trovare questi portali sorretti da due colonne completamente diverse, che si innalzano in modo quasi innocente, direi forse più umano e spontaneo». → 241
CASE
a sinistra , dall ’ alto
Attorno alla piscina, lettini Sika-Design e fioriere in cemento anni ’60 La Place Antiques. Nella sala da bagno, tavolino Antics Antigüedades. a destra Nella cucina, tavolo Sika-Design e sedie in ferro anni ’60 La Place Antiques. Lampada in rattan Madam Stoltz e accessori Antics Antigüedades e Frederic Wessel.
Per questo, durante i lavori di ristrutturazione, l’architetto ha collaborato con artigiani e progettisti del posto per apprendere le tecniche tradizionali. Gli hanno insegnato per esempio gli antichi cicli della lavorazione della calce e a recuperare le forme tradizionali del paesaggio locale. «Ogni minorchino ricorda la propria madre o la propria nonna tinteggiare intere case a calce: si pulivano gli ambienti imbiancando. Lo trovo molto affascinante. Qui l’architettura ha un posto importante nella vita delle famiglie, quegli strati di pittura che si accumulano negli anni sulle pareti mettono in risalto il gesto architettonico ed è proprio quando si sfaldano che producono un effetto unico. Splendido». L’esperienza ha dato a Laplace la capacità di riconoscere gli spazi importanti nella disposizione di una casa e a Santa Magdalena la natura gioca un ruolo primario: il porticato d’accesso, in inverno, raccoglie prospetticamente il calore del tramonto formando una galleria che a sua volta protegge dal vento; mentre l’altro lato della casa, d’uso soprattutto in estate, è costruito intorno alle ombre naturali della vegetazione. All’interno della villa si respira l’eredità culturale dell’architetto argentino e il suo rispetto per la cultura locale. I mobili si alternano rievocando le sue origini, ma anche quelle dell’isola, così come l’essenza del suo lavoro di architetto a Parigi. «Molti mobili sono realizzati da artigiani minorchini, ma la nostra generazione si caratterizza per le influenze internazionali. Mi sento argentino, ma quando sono a Minorca voglio essere minorchino, sento che è questa la mia terra. Non sono mai straniero nei luoghi che scelgo». ○
Evoluzione dello spazio
testo
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produzione
Cédric Saint André Perrin
foto
Nicolas Mathéus
Grandi finestre per portare in casa la luce e pareti modulari per adattarsi alle sue esigenze. La decoratrice Stéphanie Coutas ha ideato per la sua casa un’architettura fluida che le assomiglia
Parigi Nella sala da pranzo: tavolo in rovere con base in alpaca e sedute in alluminio di Stéphanie Coutas, centrotavola Faye Toogood. Sulla parete, opere di Tadashi Kawamata (galleria Kamel Mennour) e scultura tribale congolese di fine XIX secolo (galleria Lucas Ratton). A sinistra, scultura di Christian Caulas.
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
«Cercavo un ambiente tranquillo, elegante... Una sorta di bozzolo in cui rigenerarmi» Stéphanie Coutas
sopra Stéphanie Coutas è seduta sul davanzale che dà sul balcone. a destra In cucina, pensili, panca e tavolo in rovere, le basi sono in marmo. Tutto è su progetto di Stéphanie Coutas. Sgabelli in grès smaltato di Marc Albert. Sul piano di lavoro, una scultura di Michel Rico.
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Nel soggiorno: sopra il caminetto, opera di Fabrice Hyber, applique in corda di Christian Astuguevieille. Davanti al divano, tavolino in marmo e bronzo di Stéphanie Coutas, e poltrona Guillerme et Chambron. Sulla stele, scultura di Simone Pheulpin (Galerie Parisienne). Tappeto Leleu.
CASE
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
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in questa pagina Nello studio, davanti alla parete decorata dal bassorilievo dell’artista Lookas, scrivania di Charlotte Perriand e Pierre Jeanneret (Maison Dumas), sedia Leda di Salvador Dalí (BD Barcelona), tavolino di Pierre Chapo e lampadario a sospensione in gesso di Pierre Augustin Rose.
pagina accanto , da sinistra Il bagno si estende nella camera da letto con un inserto di marmo sul pavimento. Su entrambi i lati della doccia, mobili a colonna. In cucina, sopra il tavolo e la panca in rovere, un dipinto di Wang Yan Cheng. Sul piano di lavoro, scultura di Michel Rico.
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CASE
Le finestre del soggiorno si affacciano sui prati bordeggiati dai tigli dell’Esplanade des Invalides. Subito la vista si posa sulla facciata di Jules Hardouin-Mansart e il suo rigoroso classicismo. Ma questo appartamento ha una personalità propria e riflette l’universo stilistico della sua proprietaria, la decoratrice Stéphanie Coutas. «Cercavo un ambiente luminoso, tranquillo, elegante... Una sorta di bozzolo in cui rigenerarmi in quest’epoca complicata. Nel corso della mia vita adulta ho dovuto trasferirmi una decina di volte, più o meno ogni cinque anni. Le case accompagnano nelle diverse fasi, costruttive o dolorose... Vivendo sola con mio figlio, ho sentito il bisogno di un luogo che rispecchiasse il mio modo di vivere. Non esco molto la sera, quindi il piccolo studio funge da “cinema in casa”, ma può anche diventare una camera per gli ospiti. Gli spazi sono modulari». Le porte scorrevoli permettono di separare lo studio, il bagno, la camera da letto o il guardaroba. L’ambiente aperto, di 224 metri quadrati, trasmette fluidità accentuata da elementi architettonici curvi che si intersecano. Gli archi asimmetrici intorno alle porte e gli inserti in pietra lavica del parquet Versailles scandiscono lo spazio e diffondono forza e leggerezza. «Per installare l’isolamento acustico, l’attrezzatura sonora e le tecnologie connesse, abbiamo buttato giù tutto e riprogettato». L’illuminazione valorizza la collezione d’arte acquisita dalla proprietaria nel corso degli anni: «Le sculture dell’artista contemporaneo giapponese Tadashi Kawamata, che affiancano una maschera africana nella sala da pranzo, sono le uniche opere che ho acquistato per questo appartamento. Il dipinto di Fabrice Hyber sopra il caminetto mi accompagna da oltre quindici anni. La scultura in bronzo di Michel Rico, che raffigura persone che si tengono per mano, mi è stata regalata da alcuni amici per i miei 40 anni. La pietra del tempio di Angkor richiama la mia infanzia trascorsa in Asia». Oltre alla passione per l’arte, Stéphanie Coutas nutre un profondo interesse per il savoir-faire degli artigiani. La sua agenzia, fondata nel 2005, collabora con i migliori fabbri, pittori, decoratori e marmisti su progetti per residenze private, hotel e ristoranti. L’appartamento testimonia il lavoro del suo staff. Il bassorilievo di un paesaggio boschivo nello studio, la libreria scultorea o le linee spezzate delle cornici delle porte nel soggiorno sono delle vere e proprie prodezze tecniche. L’interesse per le texture emerge dai mobili lussuosi con accenti grezzi, dalle sedie in bronzo patinato o dal tavolo da pranzo la cui base è ornata di paglia in estate e di pelliccia in inverno: «Ho scelto di evolvere in un luogo sereno, in contrasto con la mia vita professionale più complessa». ○
Nella camera da letto, la testata in pelle, rovere e ottone patinato, i due pouf e la libreria sono progettati da Stéphanie Coutas. Sulla parete, un ritratto africano acquistato da Christie’s. Copriletto di Métaphores, cuscini in pelle di Moore & Giles.
a sinistra
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«So esattamente che cosa sta cercando». Di fronte all’affermazione di uno degli architetti che aveva preso in considerazione, il proprietario di questo attico rimane sorpreso: «Davvero?». Ma se non sapeva nemmeno lui che cosa voleva! Così ha continuato a cercare, e alla fine ha trovato Gisbert Pöppler. Da quel momento hanno proseguito insieme, innamorati dello stesso progetto. Con il suo team, l’architetto e interior designer ha ideato un villaggio sopra i tetti di Berlino. Un insediamento concepito come un appartamento, che mette insieme precisione e generosità, che ha il fascino degli anni Sessanta pur essendo proiettato nel futuro, che è accogliente e allo stesso tempo pieno di luce. Esattamente quello che cercava il padrone di casa, come hanno dimostrato i primi incontri con Pöppler: «Quando il cliente rimanda il momento del saluto, è perché l’appuntamento è andato bene» Sally Fuls foto Robert Rieger testo
Berlino
Village people
ARCHITECTURAL DIGEST
CASE
«Volevamo dimostrare che una struttura di vetrate su tre lati fosse possibile», afferma Gisbert Pöppler. Quattro anni fa, l’interior designer con il suo team, primo fra tutti l’architetto Remo Lotano, ha rilevato nel Mitte di Berlino un edificio in mattoni, un ex ufficio assicurativo nel settore della sanità per riconvertirlo in unità abitative, una sorta di villaggio sui tetti di Berlino. Il progetto, battezzato proprio “The Village”, è stato completato poco prima dell’inizio della pandemia. Per prima cosa è stata cancellata la planimetria esistente per «aprire completamente la scatola». E per creare ulteriore spazio per “box” o “case” più piccole che il team ha mappato sui 160 metri quadrati. Attraversando l’appartamento ci si imbatte in pareti laccate di rosso, in teak, in calcare organogeno, rivestimenti in cui la parte esterna è più isolante rispetto a quella interna. «Il concept ha offerto molta libertà creativa», afferma Pöppler. E Lotano aggiunge: «C’è un forte legame con l’ambiente. Le “scatole” nell’attico a vetrate sono come stanze di una città, quasi un piccolo insediamento». I futuri residenti diventeranno parte del sogno di Pöppler e → dei suoi collaboratori, creativi e apprezzati.
pagine precedenti Entrando nell’attico (l’ingresso è a sinistra dietro la parete in teak), ci si trova nell’open office del padrone di casa. Tavolo Eiermann (Modulor), lampada Objective di Jean Nouvel (Artemide) e sedia da ufficio Vitra.
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in alto , da sinistra Dal guardaroba alla sala da pranzo, quasi tutti i soffitti dell’appartamento sono dipinti nei toni del melanzana scuro, a far da contrasto con i pannelli rosso orientale. Per il soffitto del soggiorno è stato scelto un rivestimento in acciaio Eden. sopra Poltrona Junior di Pöppler, tavolo Azucena, tappeto Cogolin.
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«Il soffitto scuro infonde sicurezza, come un cielo caldo. E questo appartamento ha così tanta luce. Non ne ha bisogno di più» G i s b e r t P š p p l e r
CASE
La cucina è un progetto di Gisbert Pöppler (nella foto qui sopra) e del suo team. Gli armadi a muro con lavorazione in vimini fanno da sfondo ai pannelli Silestone, ai frontali in Polyrey e agli eleganti dettagli in rovere.
a sinistra
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CASE
Se il cliente familiarizza con il progetto,lo sposa completamente. «Significa che conosce l’interior design più di quanto ne sappia io!». Pöppler ride e spiega come abbia consigliato ai futuri proprietari il couturier di tappeti Cogolin a Parigi. «Quando uno di loro ha visto il tappeto Bérard, non riusciva più a toglierselo dalla testa e ora è in soggiorno». Durante la realizzazione di questo progetto, Pöppler ha voluto dipingere i soffitti dell’appartamento nei toni del melanzana scuro, quasi nero. «Se non lo avessimo fatto ci saremmo allontanati dall’obiettivo». Il buio unisce e rende la casa accogliente, una parola che un architetto in realtà non dovrebbe mai pronunciare. Ti senti protetto e quando fuori è grigio, l’ambiente all’interno diventa caldo. Un effetto che per i proprietari si è rivelato essere l’unico vero problema: «Stiamo parlando di due ottimi padroni di casa, molto socievoli e che amano cucinare, i loro ospiti non vogliono più andarsene!». Ma Pöppler ha trovato una soluzione anche a questo: per chi viene in visita – e non accenna a togliere le tende – ho previsto una camera (o meglio una scatoletta). Da utilizzare «solamente in caso di emergenza, sia chiaro». ○
a destra Una parete lucida rosso orientale fa da contrasto ai pannelli in calcare organogeno di origine italiana con motivi in rilievo; il pavimento è in rovere biondo.
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Venezia
La via
seta
Living Inside
della
Il soggiorno: divano Extrasoft di Piero Lissoni (Living Divani), coffee table birmano, libreria su misura, ombrello tradizionale birmano trasformato in paralume, scrivania su disegno di Marc Regnault de la Mothe.
Elena Dallorso foto Ramona Elena Balaban testo
Nel sestiere di Cannaregio un appartamento in un palazzetto gotico racconta storie di viaggi, d’Oriente e di innamoramenti. Come quello che ha attirato sulla Laguna l’architetta che lo ha restaurato
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CASE
«L’Oriente, l’esotico, sono nel nostro Dna. Io stessa sono nata in Tunisia. I veri veneziani sono quelli che scelgono di esserlo» Elisabeth Regnault de la Mothe
sopra , da sinistra
La camera da letto con il letto a baldacchino cinese e un ombrello birmano trasformato in paralume. Un’antica credenza e lampada francesi. Dipinto (un regalo) di un artista sconosciuto.
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La cucina di Veneta Cucine, che si apre sul soggiorno, con la lampada Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Le piastrelle decorate sono tunisine. Pavimenti in terrazzo veneziano originali.
a destra
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CASE
Il nome dello studio di architettura che Elisabeth Regnault de la Mothe ha aperto, anni fa, nella città in cui era andata a studiare e di cui si era innamorata, si è rivelato profetico: “Vivere Venezia”. Per lei, che in Laguna ha messo radici, vivere Venezia significa sceglierne ogni giorno il ritmo calmo, la socialità facile – si va a piedi, si incontra gente continuamente, senza appuntamento –, l’esorbitante eredità culturale, da conservare, curare, valorizzare. Il lungo restauro del palazzetto gotico ai margini del Ghetto, verso Sant’Alvise a Cannaregio, si inserisce in questa filosofia: «La struttura è quella degli edifici dell’epoca, un solo piano più il sottotetto. Ma era conciato male, la connotazione architettonica nascosta da decine di interventi successivi, in cui gli spazi erano stati suddivisi per ottenere più stanze. Perfino gli archi trilobati delle finestre erano stati occultati. Noi abbiamo tentato di riportarlo alla grazia originale, almeno per quanto riguarda l’appartamento in cui mio figlio Marc, che lavora per l’Onu, torna ogni volta che vuole sentirsi “a casa”». Nel restauro conservativo i pavimenti in terrazzo sono stati salvati, i soffitti, abbassati dal cartongesso, hanno recuperato altezza e travi («e perfino un disegno a carboncino che per un po’ abbiamo sperato avesse lasciato Dürer, che nel XVI secolo ha vissuto in questo sestiere», dice Elisabeth), un camino, la cui canna fumaria era visibile solo all’esterno, è stato ritrovato all’interno di un muro. Veneziano anche l’intonaco delle pareti, bordeaux come certi velluti Bevilacqua, Rubelli o Fortuny, che crea una superficie brillante con l’illusione di profondità e consistenza. E veneziana è l’attrazione per l’Oriente che il proprietario ha trasmesso alla casa, attraverso una serie di oggetti che ha acquistato durante le sue lunghe missioni all’estero: un letto a baldacchino cinese, un vaso birmano a forma di pagoda per offerte rituali (hsùn-ok), degli ombrelli tradizionali birmani trasformati in lampade, un coffee table, sempre birmano, nel soggiorno. «L’esotico è nel nostro Dna», commenta Elisabeth. «Io stessa sono nata in Tunisia». Di queste origini c’è traccia nelle piastrelle che rivestono i muri della cucina e del bagno. Arredi contemporanei che dialogano con i pezzi storici ed etnici – un divano Extrasoft di Piero Lissoni (Living Divani), una lampada Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni (Flos), una cucina minimalista ed efficiente (Veneta Cucine) – si inseriscono in questo interno così profondamente veneziano, diventandone parte. Perché «i veri veneziani sono quelli che scelgono di esserlo». ○
Elisabeth Regnault de la Mothe. a sinistra Vista del soggiorno verso la cucina. Tavolo e sedie da pranzo antiche. Credenza francese con due lampade d’epoca e un dipinto di artista sconosciuto. Lampada Arco (Flos). s ot to
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Sotto la sequoia
Oscar Duboÿ produzione Sarah de Beaumont foto Alexis Armanet testo
Vivere in mezzo al verde. Un desiderio che ha spinto l’architetto d’interni Christophe Delcourt e il fondatore del brand Collection Particulière, Jérôme Aumont, a comprare una tenuta in Normandia. Cominciando a restaurare la dépendance in rovina, è finita che hanno scelto di abitare proprio lì
Normandia
Nel salone divano Fao, tavolo basso Lob e tappeto (tutto Christophe Delcourt). Sul tavolo calice Nupe di Luca Erba (Collection Particulière). Sedia di Jean Touret (Galleria Desprez Bréhéret) e console Teo, fermalibri Slo e vasi Bos (Christophe Delcourt). Quadro fotografico di Denis Darzacq.
a sinistra
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CASE
s ot to Nella cucina, sul piano dell’isola, piatti, ciotola in ceramica e piatto di pietra, tutto KH Würtz; vaso Studio Floris Wubben. pagina accanto Nella tenuta di 50 ettari la natura prende il sopravvento: i cavalli sono da sempre una passione dell’architetto Christophe Delcourt.
Il richiamo alla natura era sempre più forte e la casa dei fine settimana, a Honfleur, non bastava più. Così Christophe Delcourt e Jérôme Aumont non si sono lasciati scappare i 50 ettari di questa tenuta normanna, ben sapendo che, una volta conclusa la vendita, sarebbe stato ancora tutto da fare poiché alcuni edifici erano a rischio di crolli, in particolare quella lunga dépendance, un po’ abitazione, un po’ granaio e un po’ scuderia, da cui sono partiti i grandi lavori di ristrutturazione. Christophe Delcourt racconta nel dettaglio i danni: «Era una struttura a traliccio classica e il muro si stava sgretolando. C’erano parti risalenti agli anni ’80 ma nulla da salvaguardare, a parte quel bel camino che da solo meritava la casa. Il posto era stato usato anche come magazzino per il fieno e il pavimento era ancora in terra battuta, fatto che rendeva la struttura poco stabile. I muri esterni sono stati rivestiti con legno di pino trattato, poi mantenuto identico anche nella casa. Il punto era riuscire a preservare l’identità e lo stile regionale dell’edificio senza però privarci della possibilità di dargli anche la nostra impronta». Jérôme Aumont ricorda: «Tutti ci consigliavano di radere al suolo ciò che restava e ricominciare da zero, ma invece la nostra idea è stata quella di salvare un patrimonio che comprende la casa padronale, una cappella, una fattoria e le bellissime scuderie. In breve, è diventato un progetto di vita». Per la casa principale bisognerà aspettare. Ora il focus è rivolto a questa dépendance: si è rinunciato alla precedente divisione degli ambienti per unire 150 metri quadrati in un’unica area da cui ripartire e creare un primo elemento centrale, il salone, e da lì la camera da letto, una grande cucina aperta con il camino, la sala da pranzo e, dall’altro lato, il bagno e una camera più piccola. Questo ha permesso di segmentare l’insieme ed evitare così quella sensazione di fluttuazione che il soffitto alto otto metri avrebbero potuto generare. Il luogo funge anche da spazio di sperimentazione per ogni novità che entra a far parte del catalogo Collection
Particulière, la marca fondata da Jérôme Aumont sette anni fa. «Una specie di pagina bianca per la collezione», aggiunge Delcourt. Tutt’intorno, si respira la natura: gli alberi, tra cui un’impressionante sequoia, e i cavalli, la passione di Christophe Delcourt, a cui pensa di dare seguito con un progetto di addestramento. Come dice Aumont è una “simbiosi totale”: «Volevamo vivere in mezzo alla natura. La campagna è libertà totale, una continua scoperta dell’avvicendarsi delle stagioni, dei colori e delle tonalità. È così che la casa si fonde nel paesaggio, alle mutevoli sfumature di luce, esprimendo tutto il suo potenziale mimetico». ○
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«L’edificio era stato usato anche come magazzino per il fieno, il pavimento era in terra battuta e la struttura pericolante. Non c’era nulla da salvaguardare, a parte il bellissimo camino» Christophe Delcourt
sopra , da sinistra Nella camera, testiera (Collezione Delcourt), tavolino supplementare Rosae di Álvaro Goula e Pablo Figuera (Collection Particulière), lampada Tambour in terracotta di Guy Bareff (Galleria Desprez Bréhéret), lenzuola (Society Limonta). Sul fondo, lampada Torch di Dan Yeffet (Collection Particulière).
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Christophe Delcourt e Jérôme Aumont seduti sul divano Fao (Christophe Delcourt). pagina accanto Davanti al camino di pietra poltrona Pia (Christophe Delcourt) e tavolino Terra di Luca Erba (Collection Particulière). A destra, vasi Bos (Christophe Delcourt), fiori (Muse Montmartre). Tappeto di Faye Toogood (cc-tapis).
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CASE
La casa è rivestita in legno, intorno la lussureggiante vegetazione della Normandia. pagina accanto Anche la cucina è rivestita in pino. Attorno all’isola, sedie Lum (Christophe Delcourt per Collection Particulière), stoviglie (KH Würtz), vaso (Studio Floris Wubben). sopra
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PAU LSM ITH Londra
Nella casa del designer britannico una dimostrazione pratica di che cosa voglia dire equilibrio: arte, moda, cianfrusaglie. E soprattutto biciclette testo
Gareth Wyn Davies
foto
Simon Upton
A Londra, fra quadri, stampe, disegni, il designer inglese Paul Smith racconta della sua passione per l’arte, lo stile, le cartoline.
«A prima vista tutto sembra perfettamente in ordine, assolutamente in stile Paul Smith»
ARCHITECTURAL DIGEST
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sopra
La luce del cortile illumina lo studio di Pauline, che si trova in quella che una volta era la stalla. Atmosfera rigorosamente maschile per la “stanza jet lag”, con l’appendiabiti di Jacques Adnet.
a sinistra
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Sir Paul sarebbe un pessimo agente immobiliare. Quando gli abbiamo chiesto qual è la sua stanza preferita, ha risposto senza esitazione: «Non la cucina! A nessuno di noi piace. È troppo buia!».
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«Questo», afferma Sir Paul Smith, «è il motivo per cui Pauline non entra più in questa stanza. La infastidisce. È troppo caotica per lei. È semplicemente troppo». Pauline è, naturalmente, sua moglie, la donna a cui riconosce il merito di averlo aiutato a essere l’uomo e il brand Paul Smith; con “questo” si riferisce allo studio nel quartier generale dell’azienda a Londra. Durante il lockdown, era possibile trovarlo qui per la maggior parte del tempo, a lavorare da solo sulle collezioni in un edificio che normalmente ospita 180 dipendenti. Ed è dove siamo costretti a incontrarci su Zoom: non è male però, il rifugio di un uomo dice molto del suo carattere, anche se è diverso della casa che abita. A prima vista tutto sembra perfettamente in ordine, assolutamente in stile Paul Smith: alle sue spalle c’è l’installazione che si ritrova anche negli oltre 100 negozi in tutto il mondo; qui troviamo un lavoro di Dame Laura Knight, un disegno a penna e inchiostro di Cecil Beaton e uno schizzo di Yves Saint Laurent. Ma ruotando la videocamera appaiono migliaia di libri e riviste, ninnoli, cianfrusaglie e giocattoli, accessori per biciclette in quantità da riempire un museo. Senza contare le biciclette: «Diciassette. Cinque in questa stanza e dodici di là», dice, indicando un’anticamera. Mormoro qualcosa di poco educato sul fatto che assomigli a uno di quei documentari sugli accumulatori seriali, e bisogna rendere merito a Sir Paul che sceglie di cogliere la battuta invece di premere il pulsante “Termina riunione”. Ovunque si osserva la sua genialità. Con orgoglio, dice che gli architetti David Chipperfield e John Pawson, entrambi minimalisti, hanno visitato lo studio e «non hanno avuto un infarto». Forse non Pawson e Chipperfield, ma che dire di Pauline Denyer, che come dice suo marito è una persona «a suo agio nel silenzio»? Basti pensare che la loro bella casa da più di trent’anni – un edificio che risale alla metà dell’Ottocento nella parte occidentale di Londra –, è assolutamente tranquilla e non contaminata dal caos e dal “troppo” che tanto la disturbano. Negli arredi rivela quanto l’artista apprezzi la calma, la forma, l’economia di linee e non è una coincidenza dato che comprarono la casa negli anni ʼ80, non appena Pauline lasciò l’azienda (che ha festeggiato il cinquantesimo anniversario lo scorso anno) per studiare Storia dell’arte e dell’architettura e dipingere, prima alla Byam Shaw e poi alla Slade School of Fine Art. I punti di interesse, ora come allora, sono fin troppo evidenti: uno studio luminoso in quella che era la stalla, proporzioni favolose → 281
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Un angolo dello studio di Pauline. Sono gli anni con il pittore Euan Uglow alla Slade, accademia di belle arti a Londra, che spiegano la passione per la tecnica del filo a piombo, una delle sue preferite. a sinistra Accanto alla collezione di cartoline sul camino, un dipinto di Herbert Ashwin Budd.
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«Riviste, giocattoli, biciclette. Paul Smith è un incorreggibile collezionista.Alcuni oggetti finiscono nelle sue boutique, altri nel suo studio»
e, almeno sui piani principali, «gloriose, enormi» finestre con le imposte. Sir Paul fa finta di aprirne una, e chiede, come in un quiz a premi: «Come si chiamano?». «Finestre a ghigliottina!». «Giusto, ghigliottina», sorride in modo malizioso. «La cosa bella è che la casa è praticamente la stessa, è sempre stata così», afferma. «Molti chiamano un interior designer ed è tutto super. Per noi seguire i nostri gusti è stato un processo graduale». Nessuno dei due è particolarmente incline al “super”, soprattutto se vuol dire acquistare un numero sempre crescente di case nel vicinato. Hanno visto il tavolino con le opere di Line Vautrin sobbalzare a causa dei lavori, quando a Londra è scoppiata la moda delle “case Iceberg”. Quindi possono affermare che non saranno mai tentati dalla possibilità di scavare in profondità. «Siamo comunque su una collina e spesso scherziamo dicendo che non dovremmo stampare troppa carta intestata, probabilmente stiamo scivolando verso il basso e dovremo cambiare indirizzo. Da anni il problema è che si acquistano case solo per trasformarle in denaro». E così lui e Pauline continuano a resistere alle mode – con ironia, forse, visto il suo stile –, a una cucina moderna, ma certo non all’arte britannica. Le pareti bianche o comunque chiare sono la tela perfetta per le opere che hanno collezionato negli anni, molti pezzi del dopoguerra acquistati dall’ex mercante d’arte Edward Crawshaw, altri degli anni ʼ70 - un intero piano è dedicato a David Hockney, Patrick Procktor, Peter Blake e Derek Boshier. «La capacità di mescolare le cose in modo interessante è più merito di Pauline. Credo che il nostro stile sia sempre stato molto bohémien e insieme molto contemporaneo, come una sedia moderna accanto a una classica. Ma la casa riflette davvero il suo stile, mentre i negozi il mio, che è molto eclettico». Se è vero che si fa fatica a trovare angoli che gridano Paul Smith (tanto per cominciare non ci sono righe e l’unica bicicletta è all’ingresso), il suo tocco è comunque inconfondibile. «Pauline ha messo del suo in tutta la casa, io nella mia stanza», dice ridendo. «È un riflesso del fatto che sono molto innamorato delle cose, che siano di valore, belle o kitsch». Tra tutte, è la composizione tridimensionale di cartoline sulla mensola del camino che racconta meglio il suo carattere e la sua sensibilità. «Le scrivo come ringraziamento. Di conseguenza, ne ricevo molte. Il fatto è che semplicemente non sopporto di buttarle via». paulsmith . com ○ 284
Una grande passione dello stilista, quasi un’ossessione: le biciclette. Qui la Mercian che Sir Paul ha progettato per un’esposizione in Giappone. a sinistra , dall ’ alto Sopra la sedia in stile neoclassico dorata è appeso un ritratto dello psicoanalista e artista Hephzibah Rendle-Short. Il tavolo rotondo in stile Impero ha graffiti incisi sulla superficie con un temperino, sopra un ritratto di bambino realizzato da William Coldstream. Alle pareti, in bagno, la carta Hummingbirds di Cole & Son.
Sentieri felici Mayer Rus styling Colin King foto Laure Joliet
Film dopo film, Kirsten Dunst ha messo insieme una collezione di arredi e oggetti che, nella sua casa di Los Angeles, raccontano la sua vita. E quella di chi ama
Los Angeles
Capelli by Laini Reeves per A. Spiegelman Mgmt. Makeup by Pati Dubroff con Chanel per Forward Artists
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«Mi piace la combinazione di femminile e maschile. Mi piacciono le cose che hanno un’età e una storia, tutto ciò che scatena una connessione emotiva»
Tra le molte storie che convergono nella idiosincratica casa di Los Angeles di Kirsten Dunst, una delle più avvincenti è quella del rapporto tra l’attrice e l’interior designer Jane Hallworth. Le due si sono conosciute poco più di venti anni fa, quando la Dunst aveva solo 18 anni e la Hallworth, appena arrivata in California dopo aver frequentato l’università in Inghilterra, aiutava le sue sorelle, Nina e Clare, che erano le stylist dell’attrice. Qualche anno dopo, quando la Hallworth stava cominciando ad affermarsi nel mondo dell’interior design, la star si rivolse proprio alla sua amica per aiutarla a progettare la sua prima vera dimora a Los Angeles, una casa sul lago in stile scandinavo, incastonata fra le colline di Hollywood. «Non ero particolarmente interessata ai vestiti e alle automobili, ma ero entusiasta della mia casa», ricorda la Dunst. «Jane mi ha proprio fatto da mentore su tutto ciò che ruota intorno all’interior design». Nessuno potrebbe desiderare un’allieva più curiosa e riconoscente. «Kirsten ha lavorato con i migliori costumisti e scenografi del mondo, quindi ha un occhio straordinario. Si lascia ispirare dalle cose belle, riesce a riconoscere la poesia che c’è in esse. Per lei, non è una questione di stile, ma proprio del richiamo della casa», racconta la Hallworth. «Per quel primo progetto, non abbiamo acquistato molto, ma siamo riuscite a stare alla larga da tutto ciò che è banale». Infatti, molti degli oggetti di valore di quella collaborazione iniziale, come un set di sedie di Gio Ponti in acciaio con rivestimento in pelle verde acqua e un lampadario di cristallo a forma di nave della Maison Baguès, hanno trovato posto, quasi due decenni dopo, nell’attuale dimora della Dunst, un ranch
Kirsten Dunst
degli anni Trenta nella valle di San Fernando, dove l’attrice vive con il suo compagno, il collega Jesse Plemons, e i loro due figli, Ennis di 3 anni e il piccolo James. «Mi sento davvero una ragazza della Valley. Qui è tutto più tranquillo che dall’altra parte della collina», afferma la Dunst con fare pratico, ignorando lo snobismo del mercato immobiliare di Los Angeles. Dopo aver affrontato gli aspetti più tecnici della ristrutturazione, come il rinforzo strutturale e l’installazione di nuove finestre che ben si integrano con la nuova architettura, la Dunst e la Hallworth hanno scelto mobili e oggetti legati alle tappe fondamentali della vita e della carriera dell’attrice. «Quello è stato un acquisto fatto durante le riprese di Spider-Man», dice la Dunst, indicando un’armoniosa poltrona Wingback di Frits Henningsen. «Il ritratto di Maria Antonietta di Elizabeth Peyton, come potete immaginare, è un ricordo del set di Marie Antoinette», continua l’attrice, riferendosi al suo ruolo da protagonista nel biopic del 2006 per la regia di Sofia Coppola. Molti dei cimeli e delle curiosità più originali della casa hanno un legame con la famiglia della Dunst. Gli antichi modelli di navi che presidiano il soggiorno e la sala da pranzo, per esempio, sono stati fabbricati da suo nonno, mentre l’antica corona di piume bianche che si trova nella camera è stata realizzata dalla prozia dell’attrice nella sua fattoria in Minnesota. L’ultima aggiunta alla collezione è un pezzo di legno di scarto dipinto dal giovane Ennis, che la Hallworth ha suggerito di appendere sopra il divano. Appollaiato sulla →
In sala da pranzo, plafoniera vintage Josef Frank (Svenskt Tenn) sul tavolo da pranzo del New England della Galerie Half con sedie di Gio Ponti. pagine precedenti Kirsten Dunst, in abito vintage e accessori di Lily et Cie. Fashion stylist Nina e Clare Hallworth. In cucina, paraspruzzi in maiolica (Compass Stone). Nella veranda, sedie da pranzo in rovere degli anni ’60 circondano il tavolo italiano del XVIII secolo.
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sopr a In cucina, piastrelle color melanzana (Waterworks), pavimento in terracotta del XIX secolo (Chateau Domingue), paraspruzzi in maiolica (Compass Stone), scaffale (Nickey Kehoe) e sgabello Pierre Jeanneret (Galerie Half).
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Per la stanza dei bambini carta da parati a soggetto fiabesco nei toni del verde (Lake August), lampada a sospensione vintage (Erik Höglund), tende a pacchetto in velluto (Hollywood at Home), cesta in rattan a forma di gufo.
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«Kirsten ha lavorato con i migliori costumisti e scenografi del mondo, quindi ha un occhio straordinario. Si lascia ispirare dalle cose belle, riesce a riconoscere la poesia che c’è in esse» Jane Hallworth
In sala, seduta danese anni ’50 Wingback di Frits Henningsen, lampadario (Blackman Cruz), poltrone Club di Erik Karlström (Lief), sedia Clam di Philip Arctander (JF Chen), divano Line (Thomas Lavino). Dipinto di Elizabeth Peyton.
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L’architettura del paesaggio è stata progettata dallo studio di landscape design di Los Angeles Terremoto. Le chaise-longue a bordo piscina sono di Eco Outdoor, i tavolini a forma di ceppo sono di Angel City Lumber. sopra
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CASE
Nella camera da letto principale, panca rustica (Nickey Kehoe), sedie a dondolo (Kaare Klint). Antico tappeto Sultanabad. Mobile (BDDW) e lampadario di cristallo degli anni ʼ30 (Blackman Cruz). Per le tende, tessuto Tibor (Thomas Lavin). a sinistra
scultura, c’è un piccolo uccello di legno regalato all’attrice da Jane Campion, la regista de Il potere del cane, film che racconta una storia di amore e crudeltà ambientata nel Montana degli anni Venti, in cui la Dunst recita insieme a Benedict Cumberbatch e Jesse Plemons. Anche se la Dunst ammette di essere lei a prendere l’iniziativa quando si tratta di architettura d’interni («Jesse era single e così ho portato l’interior design nella sua vita», dice ridendo), la presenza di Plemons è assolutamente tangibile. Ogni stanza della casa contiene oggetti che ricordano il Texas, dove è nato. Numerose chitarre, due pianoforti (uno Steinway e un Wurlitzer, il suo preferito) e un antico organo da salotto che si dice essere appartenuto a Brian Wilson dei Beach Boys, dicono della passione dell’attore per la musica. «C’è un pizzico del gusto cowboy di Jesse mescolato al senso estetico più glamour di Kirsten. Abbiamo dovuto lavorare sull’equilibrio per ottenere il giusto effetto», fa notare la Hallworth. Questa miscellanea prende vita nel soggiorno, dove un ampio lampadario di rame che ricorda lo sperone di uno stivale presiede un insieme di raffinati arredi opera di artisti come Philip Arctander e Jacques Adnet. Anche in cucina – declinata nei toni del melanzana e del ruggine –, il motivo delle antiche piastrelle di maiolica che compongono il paraspruzzi richiama il pattern della bandana di un cowboy. «Mi piace la combinazione di femminile e maschile. Mi piacciono le cose che hanno un’età e un passato, tutto ciò che scatena una connessione emotiva», afferma la Dunst parlando delle sue preferenze decorative. «La nostra casa è il luogo di ritrovo per pranzare, bere, nuotare, fare musica. Il bar è sempre pieno di amici. Vogliamo che qui tutti si divertano». Alla domanda se lei e Plemons abbiano intenzione di rinnovare, in futuro, la loro casa già così piacevolmente accogliente, la Dunst smentisce: «Non direi... ma sono sicura che Ja○ ne ci sta già pensando». 295
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ENGLISH TEXTS
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The light of NewYork A view of Manhattan, lots of plants and one-of-a-kind creations, in the flat of the model Martha Hunt Words Hannah Martin — Photos Stephen Kent Johnson
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The horizon inside In a building from the 1700s, past, present and continuous change are embodied by art, design and color
Helenio Barbetta/Living Inside, Stephen Kent Johnson
Words Alessandra Pellegrino — Photos Helenio Barbetta
In one of the historic quarters of Lanciano, province of Chieti, on Corso Roma – the main street – stands the Palazzetto, the family home of architect Lúcio Rosato. Built in the early 1700s, the house offers about 350 sqm of space on three levels, with a classic square layout around an internal courtyard. He has redesigned the building and created many of the works of art seen in its 14 rooms. «I have worked by subtraction, getting back to basics», Rosato says. His use of color is striking: yellow in the kitchen, blue in the bedroom, red in the living area. And then there is white. «It is like silence, a place where anything can happen», he muses. The blue bedroom on the second floor is an exception to the rule of intimacy, opening onto a side street in a dwelling without striking outward perspectives. «Here I was guided by the ceiling fresco: the cobalt cloaks of the angels set the tone, and the form of the painting suggested the large oval headboard in cherry». There are other works of art. «My father was a collector, so there are paintings and sculptures which came here from his gallery in Pescara». The décor features lamps by Castiglioni, works from the 1960s by Alfredo Del Greco, ceramics by Serafino Mattucci... «I often think that objects are obstacles, while what I call “things” are able to construct relationships». These “things” include his personal creations, like the panels titled Dai territori di Narciso, «cartoons that have traveled» on which the green acrylic paint seems to welcome a state of continuous change. «My house is always different, it changes day by day, influenced by light, moods and desires. It accompanies me and sustains me. Because, in the end, this is the job of the architect: to make life more authentic».
The model Martha Hunt, brand ambassador of Bulgari, and her fiancé, photographer Jason McDonald, had already chosen a two-bedroom flat in Tribeca four years ago, and had begun to decorate it. But then, during a visit to the studio of Giancarlo Valle, something clicked. Speaking of the designer of AD100, Hunt says «at first I went to him for chairs, and then it all began». Room after room, Valle performed his magic: opening a wall, creating a layout, inventing one-offs, from an oval TV cabinet in dark red to Donald Judd-type shelves in verdigris copper. «I sent him images of things I had and things I adore», Hunt recalls. «The ceramics were very important». Her collection included vases by John Born, a flowerpot by Eny Lee Parker, a floor lamp by Carmen D’Apollonio. «The lamp looks like it has scoliosis», Martha points out, a condition that has been with her since her teen years, about which she works to raise awareness. «Maybe that’s why I chose it». Valle added works by Matt Merkel Hess and a custom table in bronze and ceramic created in collaboration with Natalie Weinberger. When Hunt requested a lime-base coating for the walls of her bedroom («it improves air quality»), Valle chose a sage green hue to go with the pumpkin-color sofa by Mario Bellini. She suggested a semi-circular sofa for the studio, and Valle came up with two J-shaped designs in rough bouclé, placing their ivory tone against the plaster walls by Kamp Studios, triggering the sensation of being seated on a cloud. The apartment has become a sort of personal set, a backdrop for photo shoots and Instagram campaigns, like the one created in February for the Tribeca Film Festival, sponsored by Bulgari.
«I was guided by the ceiling fresco: the cobalt cloaks of the angels set the tone,and the form of the painting suggested the large oval headboard in cherry»
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The entrance hall of the Palazzetto in Lanciano, with its floor made of black Maiella stone. Vintage chairs in the dining room of the New York house.
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This is my land This vernacular construction has become the refuge in Minorca of the Argentine architect Luis Laplace Words Maite Sebastia — Photos Daniel Schäfer
When the Argentine architect Luis Laplace visited the island of Minorca, he fell in love with the spontaneous local architecture. First came the Swiss gallerists Manuela Hauser and Iwan Wirth, who commissioned him to design their residence here, while creating a reference point for art and architecture: the former military hospital of Isla del Rey now contains the Mediterranean headquarters of Hauser & Wirth. The architect continues: «I was looking for a calm place, more space, and I found this paradise». Laplace and his partner Christophe Comoy, an avid gardener, soon grasped the potential of this ruin, known as Santa Magdalena. The irregular columns, the layers of lime that have stood the test of time. What impressed them most was the gestural quality of this native construction. The local character is full of spontaneous details. «I like these portals with two different columns, which are almost innocent, crafted, more human». During the project Laplace worked with many local artisans, learning about ancestral techniques. At Santa Magdalena, nature plays a crucial role: in the winter, the porch gathers warmth and protects against the wind; for summer, the other side of the house is built around the natural shade of the vegetation. The interiors reflect the background of the architect and his respect for the local culture.
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Evolution of space A large apartment on Esplanade des Invalides is the new home of the decorator Stéphanie Coutas Words Cédric Saint André — Photos Nicolas Mathéus
70s platic chairs by Vico Magistretti for Artemide in the guest room of Luis Laplace’s finca in Minorca. The kitchen in Stéphanie Coutas’ parisian apartment. All the furniture, with marble bases, is designed by her.
The windows in the living room face the linden-lined lawns of Esplanade des Invalides. The gaze alights on the façade by Jules Hardouin-Mansart with its rigorous classicism. But this flat has its own personality, reflecting the style of its owner, the decorator Stéphanie Coutas. «I was looking for a luminous, quiet, elegant setting, a regenerating haven. I live here with my son, and the house reflects my lifestyle. I seldom go out in the evening, so the small studio is like a “home cinema”, though it can also be used as a guestroom». Sliding doors separate the studio, bathroom, bedroom and closet.
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When they are open, the space of 224 sqm conveys a sense of fluidity. Asymmetrical arches around the doors and inserts of volcanic stone in the Versailles parquet set a forceful but light pace. To install soundproofing and technological features, everything has been knocked down and redesigned. The lighting brings out the best in the owner’s art collection: «The sculptures by the Japanese contemporary artist Tadashi Kawamata, next to an African mask in the dining room, are the only works purchased specifically for this flat. The painting by Fabrice Hyber has been with me for over 15 years. The bronze sculpture by Michel Rico was a birthday gift from friends». Besides her passion for art, Stéphanie Coutas is fascinated by fine craftsmanship. Her agency founded in 2005 collaborates with the best metalworkers, painters and decorators, working on private residences, hotels and restaurants. The apartment is a showcase for their skills.
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Village people A remarkable apartment in Berlin based on the idea of a domestic village Words Sally Fuls — Photos Robert Rieger
Four years ago, the interior designer Gisbert Pöppler, together with his team, especially the architect Remo Lotano, began the conversion in Berlin-Mitte of a brick building, designing an entire village. The project, in fact, was christened “The Village“ and completed shortly before the start of the pandemic. First of all they erased the existing layout, “to completely open the box” and to make more room for the small boxes, or “houses”, which the team mapped out in an area of 160 square meters. Anywhere you turn, you see a wall. One in red lacquer, one in teak, another in Muschelkalk (shell-bearing limestone). «The overall concept gave us great creative freedom!», Pöppler says. And Lotano adds: «It is connected to the context. The boxes in the glass attic are like parts of a city, a small settlement». The future residents became part of the dream of Pöppler and his team. During the construction of the project, Pöppler had the idea of painting the ceilings of the apartment in an eggplant hue, almost a shade of black. «If we had failed to do wo, we would have lost track of our objective. The dark color makes the apartment welcoming and cozy – a word that architects, actually, should never utter. But you do feel protected, and when the weather outside is gray and cloudy the space inside seems to get warmer». This effect has implied the only true problem of the house: the guests never want to leave!
Daniel Schäfer, Nicolas Mathéus
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L’Hotel Esplanade Tergesteo accoglie i propri ospiti con lo stile e l’eleganza che lo contraddistinguono da sempre. Scegliete di vivere una luxury experience immergendovi nelle acque termali dell’esclusiva White Pool, comunicante con l’indoor pool, o rilassatevi di fronte allo scoppiettio della legna nel camino, o ancora, ammirate i Colli Euganei dalla spa panoramica, il tutto in completa pace e armonia. Concedetevi il lusso di deliziare il vostro palato con le proposte gourmet, di coccolare il vostro corpo con rituali wellness & beauty e di vivere l’ambiente unico e di design delle inedite suite. Hotel Esplanade Tergesteo, un unico luogo, molte emozioni. esplanadetergesteo.it
0498911777 Montegrotto Terme
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The silk road In the Cannaregio zone, an apartment in a Gothic building tells stories of travels and love Words Elena Dallorso — Photos Ramona Balaban
The architecture studio opened years ago by Elisabeth Regnault de la Mothe in Venice has a prophetic name: “Vivere Venezia”. Having fallen in love with the city, living in Venice implies a calm pace and easy social contact along with an extraordinary cultural heritage to be conserved. The lengthy restoration of a Gothic building at the edge of the Ghetto, towards Sant’Alvise in Cannaregio, fits into this philosophy: «The structure is that of the period in which it was built, one level plus attic. It was in bad condition, its architectural character concealed by dozens of interventions, split to make more rooms. Even the trilobed arches of the windows had been hidden. We have tried to restore it to its original beauty». The terrazzo floors have been saved, the plasterboard suspended ceilings removed, revealing high ceilings and beams. A fireplace, whose chimney was visible from the outside, was discovered deep inside a wall. The Venetian character can also be seen in the plaster finish of the walls, in a velvety shade of bordeaux. The city’s relationship with the Orient is reflected in a series of objects purchased during long trips abroad: a Chinese canopy bed, a Burmese vase, traditional parasols as lamps, a coffee table – also from Burma – in the living room. Other traces include the tiles covering the walls of the kitchen and the bathroom. Contemporary furniture establishes a dialogue with historical and ethnic pieces – an Extrasoft sofa by Piero Lissoni (Living Divani), an Arco lamp by Achille & Pier Giacomo Castiglioni (Flos), an efficient, minimalist kitchen (Veneta Cucine). All these items are inserted in a profoundly Venetian interior, and become part of it. Because «the true Venetians are those who choose that identity».
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Under the sequoia The living room of the house in Venice, with antique dining table and chairs and the Arco lamp (Flos). Bicycles are Paul Smith’s great passion (almost an obsession). Here is the Mercian that he designed for an exhibition in Japan.
The interior designer Christophe Delcourt and the founder of Collection Particulière, Jérôme Aumont, purchased an estate in Normandy Words Oscar Duboÿ — Photos Alexis Armanet
The urge to live in a natural setting was strong, and the weekend house at Honfleur would no longer suffice. So Christophe Delcourt and Jérôme Aumont snapped up
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this estate of 50 hectares in Normandy. They knew some of the buildings were on the verge of collapse, especially the long annex, a cross between a house, a barn and a stable. Christophe Delcourt talks about the ruins: «It was a classic truss structure, and the walls were falling apart. Certain portions dated back to the 1980s, but there was nothing to salvage other than a lovely fireplace. The place had been used as a barn, its floor still in packed earth, which made the structure unstable. The outer walls were clad in treated pine, identical to the internal finishes. The point was to preserve the regional style of the building while setting our own tone». Jérôme work on the main house will have to wait. The focus is now on this annex: the previous layout has been opened up, making the 150 sqm of floorspace into a single area, in which to create a central living room, a bedroom, a large open kitchen with fireplace, a dining room and – on the other side – a bathroom with a smaller bedroom. This organization has orderly segments, countering the dizzying 8-meter ceilings. It is a perfect setting for experimenting with all the new creations of the Collection Particulière catalogue, the brand founded by Aumont seven years ago. Nature is everywhere: trees, including an impressive sequoia, and horses, a true passion for Delcourt. As Aumont says, it is a case of “total symbiosis”: «The house blends into the landscape, asserting all of its potential for natural camouflage».
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Paul Smith In the home of the British fashion designer, a practical demonstration of balance Words Gareth Wyn Davies — Photos Simon Upton
As opposed to the density of his London headquarters, which we saw during a Zoom call in which he gave us glimpses of lots of bicycles, works of art, toys and accessories, the home of Sir Paul Smith and his wife Pauline Denyer is absolutely quiet and peaceful. They have lived here for over 30 years, in a building dating back to the mid-1800s in western London. Pauline is an artist, and the furnishings reveal her taste for calm, form, clean lines. Highlights include a luminous studio that was once a stable, the fabulous proportions and «glorious, enormous» windows, as Smith says. «The best part is that the house is practically the same as it was», he remarks. «Many people call in an interior designer and everything is great. But for us, following our own tastes made decorating a gradual process». The couple continue to avoid passing fashions, as Pauline ironically explains, avoiding a modern kitchen
Ramona Balaban/Living Inside, Simon Upton
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AD × SPAZIO A A ognuno il suo. Tre professionisti hanno perfettamente integrato nel proprio core business questo modo di dire. Anzi ci hanno fondato l’intera filosofia di Spazio A, studio tecnico di progettazione architettonica, ingegneria, landscape design e lighting design, con sede ad Andria. Un luogo, fisico e non, dove le competenze del singolo si incontrano a favore di un nuovo modo di progettare fatto di condivisione, dove ognuno seguendo un pezzo del progetto apporta le proprie conoscenze, consapevole che il know how non è un valore assoluto, ma uno ‘strumento’ che progredisce ad ogni nuova consegna. Perché “ogni cliente è diverso e porta con sé un’idea progettuale costruita sulle proprie ambizioni”, racconta Riccardo Attimonelli, architetto e socio. Continuare ad imparare quindi è fondamentale per lo studio, seguendo le evoluzioni di un settore che corre veloce nella direzione dell’eco sostenibilità dei materiali, del risparmio energetico e della ricerca di soluzioni abitative che non impattano sull’ambiente. La vision è proprio quella di migliorare facendosi portavoce della rivoluzione sostenibile
Dare forma alle idee con la giusta competenza
I progetti, nazionali e internazionali, realizzati da Spazio A e dal suo team nascono dall’incontro delle diverse e specifiche conoscenze e dall’attenzione all’ascolto. A destra, Villa Ascosa, Trani. Sotto, tra i soci fondatori, da sinistra i progettisti Riccardo Attimonelli, Antonio Fusiello e Michele Tota.
Lo studio di ingegneria e architettura Spazio A è un luogo aperto a contaminazioni per far emergere talenti e risultato. Nel cuore della città di Andria
nel settore edilizio, e non è casuale la scelta del nome che inserisce la lettera A come indicatore di principio di evoluzione. Sempre alla ricerca dell'inclusività, Spazio A fornisce anche servizi di diagnostica, progettazione e verifica strutturale, consulenza immobiliare, redazione di pratiche amministrative e attestazione di prestazione energetica grazie alla collaborazione con un team solido e variegato di professionisti, arricchito da giovani talenti del territorio. L’ascolto è il pilastro: “prima di partire con qualsiasi progettazione i nostri clienti entrano a far parte del nostro team – continua Attimonelli -. Con loro condividiamo la nostra conoscenza dei materiali perché possano apprezzarne la resa, le soluzioni strutturali perché possano constatarne l’essenzialità, le proposte d’arredo perché possano vederne l’originalità. Motiviamo ogni scelta, perché dietro ogni scelta c’è un motivo concreto, reale, cucito sul cliente, che non contempla il nostro gusto personale”.
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but certainly not overlooking British art. The walls in white or pale tones are perfect to display the creations that have collected over the years, including an entire floor set aside for David Hockney, Patrick Procktor, Peter Blake and Derek Boshier. «The ability to mix things in an interesting way belongs mostly to Pauline. I think our style has always been simultaneously bohemian and contemporary. But the house truly reflects her style, while the stores reflect mine, which is very eclectic». Few corners in the house seem to reflect the familiar Paul Smith image, but his touch is still unmistakable.
PUBLISHED BY CONDÉ NAST Chief Executive Officer Roger Lynch Global Chief Revenue Officer & President, U.S. Revenue Pamela Drucker Mann Global Chief Content Officer Anna Wintour President, Condé Nast Entertainment Agnes Chu Chief Financial Officer Jackie Marks Chief Marketing Officer Deirdre Findlay Chief People Officer Stan Duncan Chief Communications Officer Danielle Carrig Chief of Staff Elizabeth Minshaw Chief Product & Technology Officer Sanjay Bhakta Chief Data Officer Karthic Bala Chief Client Officer Jamie Jouning Chief Content Operations Officer Christiane Mack CHAIRMAN OF THE BOARD
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Happy trails Film after film, Kirsten Dunst has assembled a collection of objects that tell her life story Words Mayer Rus — Photos Laure Joliet
Among the many stories behind Kirsten Dunst’s unique house in Los Angeles, there is the tale of the relationship between the actress and the interior designer Jane Hallworth. They met 20 years ago, when Dunst was just 18 and Hallworth had just arrived in California. A few years later Hallworth was gaining acclaim in the world of interiors, and Dunst asked her to design her first real house in LA, a lakeside dwelling in Scandinavian style in the Hollywood hills. «I wasn’t interested in clothes or cars, but I was enthusiastic about my home», Dunst recalls. «Jane has been my mentor in this sense». Many of the objects from that initial collaboration, like the steel chairs by Gio Ponti covered in aqua green leather, and the crystal chandelier in the form of a ship by Maison Baguès, have found a place – nearly two decades later – in Dunst’s current abode, a ranch house from the 1930s in San Fernando Valley, where the actress lives with her partner Jesse Plemons and their two children. After tackling the technical aspects of the renovation, Dunst and Hallworth chose furnishings connected with fundamental life phases of the actress. The Wingback chair by Frits Henningsen was purchased during the shooting of Spider-Man, while the portrait by Elizabeth Peyton is a memory of the set of Marie Antoinette. «There is a bit of Jesse’s cowboy taste, mixed with the glamorous aesthetic of Kirsten. We had to work on that balance to achieve the desired effect», Hallworth points out. This miscellany comes to life in the living area, where a large copper chandelier like a spur on a boot looms over a variety of refined furnishings by great artistic talents like Philip Arctander and Jacques Adnet.
Traduzione per AD Italia a cura di Transiting sas
Jonathan Newhouse
WORLDWIDE EDITIONS France: AD, AD Collector, GQ, Vanity Fair, Vogue, Vogue Collections, Vogue Hommes Germany: AD, Glamour, GQ, GQ Style, Vogue India: AD, Condé Nast Traveller, GQ, Vogue Italy: AD, Condé Nast Traveller, Experience Is, GQ, La Cucina Italiana,
L’Uomo Vogue, Vanity Fair, Vogue, Wired Japan: GQ, Rumor Me, Vogue, Vogue Girl, Vogue Wedding, Wired Mexico and Latin America: AD Mexico and Latin America, Condé Nast College
Américas, Glamour Mexico and Latin America, GQ Mexico and Latin America, Vogue Mexico and Latin America Spain: AD, Condé Nast College Spain, Condé Nast Traveler, Glamour, GQ, Vanity Fair, Vogue, Vogue Niños, Vogue Novias Taiwan: GQ, Vogue United Kingdom: London: HQ, Condé Nast College of Fashion and Design, Vogue Business; Britain: Condé Nast Johansens, Condé Nast Traveller, Glamour, GQ, GQ Style, House & Garden, Tatler, The World of Interiors, Vanity Fair, Vogue, Wired United States: Allure, Architectural Digest, Ars Technica, basically, Bon Appétit, Clever, Condé Nast Traveler, epicurious, Glamour, GQ, GQ Style, healthyish, HIVE, La Cucina Italiana, LOVE, Pitchfork, Self, Teen Vogue, them., The New Yorker, The Scene, Vanity Fair, Vogue, Wired PUBLISHED UNDER JOINT VENTURE Brazil: Casa Vogue, Glamour, GQ, Vogue Russia: AD, Glamour, Glamour Style Book, GQ, GQ Style, Tatler, Vogue
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ACCERTAMENTI DIFFUSIONE STAMPA CERTIFICATO N. 8697 DEL 25-05-2020
FL ASHBACK
Una grande casa bianca su più livelli, accanto a una spiaggia tropicale. Sappiamo poco di più su questo lavoro. Tranne il fatto che Pierre Brissaud lo disegnò nel 1937 per la copertina di gennaio di House & Garden Anche se Pierre Brissaud (1885-1964) iniziò la sua carriera come disegnatore di moda per la rivista Gazette du Bon Ton e come illustratore di libri (compresa l’edizione speciale illustrata del centenario di Madame Bovary), i suoi eleganti pochoir (stencil) art déco catturarono presto l’interesse di altri mondi. Oltre a partecipare al Salon des Indépendants o al Salon d’Automne, dal 1920 fu un collaboratore fisso di Condé Nast, firmò copertine di culto per Vanity Fair, Vogue e House & Garden, ritraendo squisiti cappellini, abiti Belle Époque e scene borghesi e intime (come questa), in cui i personaggi si godono il sole, ignari di ciò che accade attorno a loro. - arantxa neyra Il prossimo numero di AD sarà in edicola il 3 dicembre
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Illustrazione Pierre Brissaud
In una BOLLA
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