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Com’è nata la rubrica “Design in 400 parole”...
Silvia Censi
DaD, what’s DaD!
Venice in a bottle
Toyssimi
Steven Guarnaccia, l’illustratore di design
How “Design in 400 words” was born...
Silvia Censi
DaD, what’s DaD!
Venice in a bottle
Toyssimi
Steven Guarnaccia, design illustrator
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Un tavolo con i buchi
Un designer a tuttotondo, Stefano Giovannoni
Delineodesign
Giorgio Tartaro, chi intervista noi che intervistiamo?
A table with holes
A 360° degrees designer, Stefano Giovannoni
Delineodesign
Giorgio Tartaro, who interview us who interview?
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Karim Rashid, luce e colori
OTTAVIO Lo Smemorato
Michele De Lucchi, il legno e la luce
Karim Rashid, light and colors
OTTAVIO the forgetful
Michele De Lucchi, wood and light
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Foto di / Photo by Cinzia Munari
Com’è nata la rubrica “Design in 400 parole”... How “Design in 400 words” was born...
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Cinzia, non è che per caso avresti voglia di scrivere di design? Vorremmo inserire uno spazio dedicato al settore dal prossimo numero del mag. Che ne dici?” Beh, scrivere è una parola un po’ grossa, io sono un’appassionata di design, potrei però far parlare qualcuno sull’argomento. Il mondo del design non è bello, di più; è il mondo delle favole, è la fabbrica dei sogni, dove i grandi si divertono a inventare e costruire. I colori, le forme, l’armonia, la semplicità. I colori forti, decisi, ma a volte anche tenui e perché no dolci! Le forme arrotondate, appuntite, squadrate, lineari! L’armonia tra le forme e i colori, quasi da accarezzare! La semplicità di una retta o di un’ellisse. Il design, pura bellezza! È come se noi adulti tornassimo bambini, quei bambini che con le costruzioni tiravano su torri e le buttavano giù per ricostruire qualcosa che sembrava più grande, tipo un grattacielo altissimo che più alto non si poteva e con i buchi al posto delle finestre, o che costruivano astronavi con le code più elaborate del mondo al punto che veniva a mancare il rapporto di stabilità: erano talmente pesanti, le code, che non si reggeva più dritta la nave. E i mobili, ma quanti tavoli e sedie di Lego abbiamo costruito da sistemare nelle stanze tridimensionali a due pareti per creare “set cinematografici”. Già, i designer erano designer fin da bambini. Poi sono arrivati quei creativi che hanno detto: “e facciamo degli oggetti qualità/prezzo da poter fare entrare nelle case di tutti”. E così fu! Prendiamo le posate, prendiamo i cucchiai e torniamo all’armonia di cui sopra. Ecco avete mai utilizzato il cucchiaio Mami di Stefano Giovannoni per Alessi? Giovannoni deve aver disegnato questo oggetto pensando alla sensualità che avrebbe dovuto provare il commensale gustando il cibo da esso contenuto e alla delicatezza della forma e all’armonia del piacere di stare a tavola. Questo è Desgin. “Ok, d’accordo scrivo di design.” O almeno ci provo!
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Cinzia, would you like, by any chance, to write about design? We would like to insert a column dedicated to that topic from the next issue of our magazine. What do you say?”. Well, writing is a bit big word, I am a passionate with design, but I could make someone talk on the subject. The design world is more than beautiful, it is the world of fairy tales, the dream factory, where adults enjoy in inventing and building. Colors, shapes, harmony, simplicity. Strong colors, sharp, but sometimes tenuous and why not sweet! Rounded, pointed, square, linear shapes! The harmony between shapes and colors, almost to toy with! The simplicity of a line or an ellipse. Design is pure beauty! As if adults went back children, those children that with building blocks pulled up towers and threw them down to rebuild something that seemed larger, like a high skyscraper that could not be higher and with holes instead of windows. Or that built spaceships with the most elaborate tails of the world to the point that was lacking the stability ratio. Tails were so heavy that the ship could not stand upright anymore. Yet furniture, how many Lego tables and chairs have we built to set in two walls tridimensional rooms to create “movie sets”. Right, designers were designers from childhood. Then came those creative people who have said, “Let’s make quality/price objects to be set in the houses of everyone” And so it was! Let’s take silverware, let’s take spoons and we go back to the harmony above. So you never used the spoon Mami by Stefano Giovannoni for Alessi? Giovannoni must have designed this object thinking of sensuality that a tablemate should feel enjoying the food it contains and the delicacy of form and harmony of pleasure of staying at the table. This is Design. “Okay, okay I write about design”. At least I try!
Cinzia Munari
Cinzia Munari
Cinzia Munari è nata a Lodi, vive e lavora a Noceto, Parma. Grafica pubblicitaria, interior e set designer, si occupa di marketing, comunicazione e outfit; cura una rubrica dal titolo “Design in 400 Parole” per Fermoeditore.it – di cui ha il copyright –, e infine ha fondato insieme a un'amica il brand Moi.D di menfashion.
Cinzia Munari was born in Lodi (Italy), lives and works in Noceto, Parma. Graphic designer, interior and set designer, is concerned with marketing, communications and outfits; she writes the column "Design in 400 Words" – of which she has the copyright – for Fermoeditore.it; she founded with a friend the brand Moi.D menfashion.
In copertina: Il guerriero – urna cineraria, 2011 – progetto per miagalleria (foto di Andrea Piffari www.andreapiffari.com)
Cover: The warrior – Urn for ashes, 2011 – project for miagalleria (photo by Andrea Piffari www.andreapiffari.com) 7
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Polpette
Silvia Censi Silvia Censi
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onosco Silvia a un corso di cucina che si era tenuto nel ristorante di amici, non che io sia una donna da fornelli… tutt’altro. Non so ancora come, ma avevo realizzato, fisicamente, dei tortelli dalla pasta al ripieno, incredibile! E’ proprio come dice lo chef Gusteau in “Ratatouille”, film della Disney: “chiunque può cucinare”. Tornando alla nostra food-photographer, Silvia Censi, ho visto subito che le sue foto avevano qualcosa di particolare, emanavano calore, ti invitavano a guardarle dentro, la cura dei particolari, ogni cosa studiata nel minimo dettaglio al punto che ti trovi ad allungare la mano per prendere quello che vedi e col pensiero ti scopri a sognare di assaporare ciò che lei vuol farti vedere. Food photographer, perché food? Nella fotografia di food ho trovato il modo migliore per vivere e sviluppare le mie passioni: cucina e fotografia. Con il cibo ho la possibilità di sperimentare; di creare il soggetto della fotografia e modellarlo attraverso l’utilizzo della luce, di interpretare le texture e creare sensazioni. Ogni foto è come una piccola installazione che mi permette di esprimermi e, nel caso dei reportage, di creare storie. Penso sia un lavoro entusiasmante pieno di nuovi stimoli che portano a evolversi per migliorare, come una continua ricerca. Ricorrono spesso colori caldi nelle tue immagini... Questo è un controsenso che nemmeno io capisco fino in fondo. Ho sempre adorato i colori freddi e invece mi ritrovo a creare immagini calde. Se dovessi trovare una ragione direi che lo faccio per dare un aspetto ancora più confortante al cibo, come se volessi avvolgerlo in un’atmosfera evocativa. Chi cucina i piatti? Sono foodstylist di gran parte delle mie fotografie; mi occupo della ricetta e della preparazione del set in modo da gestire tutti gli aspetti dello scatto. Essendo maniaca del controllo questa è una delle cose che preferisco. Poi per lavoro capita di fotografare piatti preparati da chef e allora cambia completamente la prospettiva; la sfida è riuscire a gestire anche le situazioni “esterne”. Quando studi una foto c'è complicità tra te e chi ha realizzato il piatto? La complicità è essenziale e confrontarsi con chi prepara il piatto forse è la cosa più complicata. Bisogna cogliere l’idea di base della ricetta e interpretarla tenendo conto dei gusti dello chef e delle caratteristiche del piatto. Spesso in questo caso lo stile personale deve essere messo in secondo piano, il vero protagonista è il cibo con la sua matericità.
Le immagini sono tratte dal sito ufficiale www.silviacensi.com lagelidaanolina.blogspot.it Cinzia Munari
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met Silvia during a cooking course which was held in a friends’ restaurant, not that I'm a cooking-lover woman... not nearly. I do not know how yet, but I created some tortelli, physically making the pasta and the filling, amazing! It's just like chef Gusteau says in Disney's "Ratatouille": "anyone can cook". Returning to our food-photographer, Silvia Censi, I saw at once that her photographs had something special, they gave off warmth, inviting you to look closer, the attention to detail, everything studied in detail to the point that you find yourself reaching out to take what you see and you find yourself dreaming about savoring what she wants you to see. Food photographer, why food? In food photography I found the best way to experience and develop my passions: cooking and photography. With food I have the opportunity to experiment, to create the subject of the photograph and shape it with light, interpret the textures and create feelings. Each photo is like a small installation that allows me to express myself and, in the case of reportage, to create stories. I think it's a job full of exciting new ideas that lead to evolve, to improve, like a continue research. You often use warm colors in your images... This is a contradiction that I cannot fully understand myself. I've always loved cold colors and I find myself creating hot images instead. If I had to find a reason I would say that I do it to give it a more comforting look to the food, as if I wanted to wrap it in an evocative atmosphere. Who cooks the dishes? I am the foodstylist of a large part of my photographs, I take care of the recipe and the preparation of the set in order to manage all aspects of shooting. Since I am a control freak this is one of my favorite things. Then, it may happen to photograph dishes prepared by the chef and then it completely changes my perspective, the challenge is to be able to handle the “outside” situations. When you study the pictures there is a complicity between you and those who have made the dish? Complicity is essential and confronting those who prepare the dish is perhaps the most complicated thing. We must grasp the basic idea of the recipe and interpreting it by taking into account the tastes of the chef and the characteristics of the plate. Often in this case the personal style has to be upstaged, the real star is the food with its being materic. Images from official website www.silviacensi.com lagelidaanolina.blogspot.it Cinzia Munari
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Tartare
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Riso thai
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Il prezzo fa parte del progetto, 2007 / The price is part of the project, 2007 (photo by Andrea Piffari - www.andreapiffari.com)
DaD, what’s DaD! DaD, what’s DaD!
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n appassionato di design come me lo sa che andrà a scontrarsi sempre con qualcosa di nuovo, di stravagante e fuori dai parametri, anni fa i primi pezzi realizzati con il cartone ondulato, poi imbottiti con gym-ball, le sedie rivestite di formaggio olandese andato a male, ma rigorosamente chiuse in una teca perché come profumazione per l’ambiente, insomma! Succede che, per caso, partecipi a un evento e incontri tanta gente di questo mondo, ma conosci soprattutto persone curiose, persone che devi approfondire, tipo Giovanni Del Vecchio e il suo DaD Design a domicilio. LO STRANO è che vedi i suoi pezzi, originali nulla da dire, inizi a dire… “uhm, carini” e ti ritrovi, dopo un po’, a dire… “fantastici!”
design enthusiast like me knows that will always collide with something new, extravagant and out of range, years ago the first pieces made with corrugated cardboard, then stuffed with gym-ball, chairs covered in Dutch cheese went badly, but rigorously closed in a case because, as environment perfume, really! It happens that, by chance, you participate in an event and you meet so many people in this world, but especially you meet curious people, people you need to deepen, like Giovanni Del Vecchio and his DaD Design a Domicilio (Design at home). THE STRANGE is that you see his pieces, original, nothing to say, you start to say..."um, nice" and you find yourself, after a while, saying..."great!"
È il caso di dire… ma come nasce DAD? Tutto è nato da una scommessa. Una mia amica aveva un divano che non voleva più. Era il classico “mobile della nonna” perfettamente funzionante, con una struttura in ferro e con i cuscini smontabili. La mia amica sarebbe andata all'Ikea la settimana successiva a prenderne uno nuovo. Allora io gli ho proposto un affare: “Io ti modifico questo divano e te lo faccio piacere, ma con gli stessi soldi del divano Ikea, paghi il mio lavoro”. Lei accettò! Da quel momento io mi presento come “Designer a domicilio”. La mia amica ha accettato la mia scommessa, ma il divano Ikea lo ha comprato comunque :)
It is appropriate to say... how does DAD? It all started with a bet. A friend of mine had a sofa that he did not wanted anymore. It was the classic “Grandma's forniture" fully functional, with a steel structure and with removable cushions. My friend would have gone to Ikea the week after to take a new one. Then I have proposed a deal: "I will modify this sofa and I'll make you like it, but with the same money as Ikea sofa, you pay at my job." She accepted! From that moment I introduce myself as "Designer at Home". My friend has accepted my bet, but she bought Ikea sofa anyway :)
Nerooogle - incisione su marmo, 2007 - lapide di un sito internet engraving on marble, 2007 - tombstone of a website (photo by Elisabetta Amatori)
La mia casa museo / My home museum - via Fiorenzuola 1152 Cesena (FC) istallazione, 2007 / installation, 2007 (photo by Giovanni Delvecchio) 17
Quindi lavori con gli oggetti Non lavoro con gli oggetti, ma con le persone; il designer a domicilio non vuole lanciare una moda o uno stile, ma riceve soddisfazione direttamente dai suoi committenti. Non desidero creare nuovi oggetti per trovare persone che li comprino dall'altra parte del globo, ma cerco nuove persone per costruire oggetti che si adattino a loro. Il designer a domicilio svolge lo stesso compito di un arredatore o di un architetto che lavora fianco a fianco con la famiglia che gli fa costruire una casa: al posto di un intera casa però, si lavora con piccoli oggetti, ricordi, si cerca prima una relazione, si entra in empatia e poi si lavora con le proprie mani. Penso che sia il lavoro più bello che abbia mai sognato, ma è tutt'altro che semplice.
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So you work with objects I do not work with objects, but with people, designer at home does not want to launch a fashion or style, but directly receives satisfaction from his clients. I do not want to create new objects to find people who buy them on the other side of the globe, but I am looking for new people to build things that fit them. Designers at home plays the same role of an interior designer or an architect who works closely with the family that makes him build a house. Instead of a whole house, however, you are working with small objects, memories, trying first a respect, empathy, and then you get into working with their own hands. I think it's the best job I've ever dreamed of, but it is anything but simple.
Giovanni Del Vecchio ha conseguito il diploma di primo livello all'ISIA di Faenza durante una performance; titolo della tesi UNA TESI VERTICALE, relatore Giovanni Levanti. Si è diplomato a pieni voti nel 2008 con la tesi: ERA DESIGN, relatore Stefano Caggiano. È curatore e senior designer del collettivo RESIGN e DOROTHY GRAY metadesign-studio. E tanto altro ancora…
Giovanni Del Vecchio received his first degree at the ISIA in Faenza during a performance; title of thesis A VERTICAL THESIS, draftsman John Levanti. He graduated with honors in 2008 with thesis: ERA DESIGN, draftsman Stefano Caggiano. It is curator and senior designer of the collective RESIGN and DOROTHY GRAY metadesign-study. And much more...
giovannidelvecchio.tumblr.com
giovannidelvecchio.tumblr.com Cinzia Munari
Cinzia Munari
Hardware - piedistallo per computer antichi, 2009 pedestal for ancient computer, 2009 (photo by Andrea Piffari www.andreapiffari.com)
Il guerriero - urna cineraria, 2011 - progetto per miagalleria / The warrior - urn for ashes, 2011 project for miagalleria (photo by Andrea Piffari www.andreapiffari.com) 19
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Giuseppe Di Somma, Betty Boop, ph Petra – 1990
Un tavolo con i buchi A table with holes
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utti noi abbiamo letto Topolino anche solo una volta. Io avevo anche ottenuto delle medaglie di giovane esploratore con non ricordo quale concorso o raccolta punti, le conservo ancora con tutti i bei diplomini che mi mandavano a casa, però… … Però non ho mai consumato un pasto seduta a un tavolo a forma di formaggio con i buchi, e pensare che ci sono bambini che hanno la fortuna di poterlo fare perché un “eccentrico” signore, che di nome fa Giuseppe Di Somma e di lavoro fa il designer, lo ha realizzato tempo fa… Simpatico il tavolo formaggioso disneyano Chi guarda i miei lavori è trasportato nel “regno dell’impossibile plausibile”, come scrisse Walt Disney, e Betty Boop baristorante è un divertente omaggio al mondo del fumetto. Un sogno da grande produzione cinematografica, con tavoli a forma di giganteschi fiori coloratissimi e gustose fette di groviera. Il mio linguaggio fumettistico viene filtrato attraverso la cultura del design. Le forme si semplificano, i segni sono mega e il fumetto diventa parte dell’arredo. L’uso del colore è importante. Colori forti, decisi e contrastati, colori spiazzanti, coinvolgenti, in combinazioni che creano allegria e piacere, attraendo chi osserva e invitandolo a immergersi nel mondo della fantasia. I miei progetti spesso hanno una visione distorta da grandangolare, posti in uno scenario fantasmagorico d’azione e sentimento, di forme e colori, gioioso e giocoso, un’esperienza emozionante. È il mondo dell’infanzia, del fantastico, è la voglia di tornare bambini. Trovo sempre il modo di infondere d’ironia i miei lavori, per divertirmi e divertire. E le lampade da parete? “Inusuali”, le sue I box della collezione Switch.on-switch.off sono al confine tra il linguaggio dell’arte e quello del design. Sono “segnali domestici”, presenze che giocano con luce e colori mixando sogni, memorie e misticismo. Passando così da ammiccamenti ironici all’iconografia dell’arte contemporanea si arriva al recupero di “oggetti della memoria” e di “culto”. Il futuro è Visual, secondo lei? Oggi il visual è una disciplina complessa e propone lo spazio come area di comunicazione multisensoriale utilizzando un range di strumenti che va dalla fabbricazione di scenari fisici alla costruzione di realtà virtuali. Work in progress? La personale dei miei “autoritratti”. Giuseppe dai millevolti, un po’ di Diabolik e un po’ di Ethan Hunt in Mission Impossible, diventando così DisommiK. Giuseppe Di Somma, architetto, insegna Visual Merchandising e Visual Communication al Polimoda di Firenze.
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ll of us have read Mickey Mouse even once. I had also earned medals as a young explorer but I cannot remember in which competition or collection points, I still have the diplomas that they sent me at home, but... But... I've never eaten a meal sitting at a table in the shape of cheese with holes, and consider that there are children who are lucky enough to do it because an "eccentric" Lord, whose name is Giuseppe Di Somma and work as a designer, made it long ago... So cute the cheesy Disney table Who looks at my work is carried in the "realm of the plausible impossible", as Walt Disney wrote and Betty Boop Bar restaurant is a fun tribute to the world of comics. A dream as a big film production, with tables in the shape of giant colorful flowers and tasty slices of Swiss cheese. My comic language is filtered through the culture of design. The forms are simplified, the signs are mega and the comic becomes part of the furniture. The use of color is important. Strong, bold and contrasting colors, unsettling, involving colors, in combinations that create happiness and pleasure, attracting the viewer and inviting him to plunge into the world of fantasy. My projects often have a distorted view from wide-angle lens, placed in a phantasmagoric scene of action and feeling, shapes and colors, joyful and playful, an exciting experience. It is the world of childhood, the fantastic, it is the desire to return as children. I always find a way to infuse irony in my work, to have fun and entertain. And the wall lamps? "Unusual", yours The boxes of the collection Switch.on-switch.off are on the border between language of art and design. They are "households signs" presences that play with light and color mixing dreams, memories, and mysticism. Going from the iconography of contemporary ironic winks you get to the recovery of "memory objects" and "worship". In your opinion the future is Visual? Today, Visual is a complex discipline and offers space as an area of multi-sensory communication using a range of tools ranging from the manufacture of physical scenarios for the construction of virtual realities. Work in progress? The personal of my "self". Giuseppe thousand faces, a little Diabolik and a bit of Ethan Hunt in Mission Impossible, becoming DisommiK. Giuseppe Di Somma, architect, teaches Visual Merchandising and Visual Communication at Polimoda in Florence. His website (and image source): www.giuseppedisomma.it
Il suo sito internet (da cui sono tratte le immagini di questo articolo): www.giuseppedisomma.it
Cinzia Munari 22
Cinzia Munari
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Giuseppe Di Somma, Box 06 24
Giuseppe Di Somma, Teras 25
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Merdolino
Un designer a tuttotondo, Stefano Giovannoni A 360째 degrees designer, Stefano Giovannoni
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vete visto Fruitscape? Per me è l’oggetto per eccellenza, così elegante, armonioso, è veramente l’oggetto di design più bello del secolo. Appoggiarvi un frutto è un rito, sembra quasi venga avvolto quando va ad adagiarsi in quello spazio studiato per lui. Un oggetto geniale pensato da un genio del design quale è l’architetto Stefano Giovannoni. Devo dire che ho un debole per gli oggetti firmati da Giovannoni e ogni volta, ancora adesso, che mi trovo in un designstore e prendo in mano un pezzo dicendo “questo è mio” stranamente dietro c’è la sua firma. Architetto, buona parte delle sue creazioni accenna a qualcosa di tondo, di morbido… Il mio focus non è mai stato il linguaggio ma la comunicazione. I miei oggetti spesso assumono forme organiche perchè utilizzo l'analogia con elementi naturali come strumento di comunicazione. Il mio intento era quello di trasferitre all'interno del progetto elementi figurativi che nel contesto design erano stati relegati dal movimento moderno in poi, nella sfera del kitsch. Il grande pubblico è sempre stato attratto dagli oggetti figurativi che compaiono in tutte le case della gente comune. Un mondo a colori il suo… Mi interessa che l'oggetto abbia un suo sex appeal e per questo il colore è un elemento determinante. Penso sia possibile pensare un oggetto attraverso il colore e darne così una prima definizione emozionale.
Girotondo, per Alessi 28
H
Have you seen Fruitscape? In my opinion it is the object par excellence, so elegant, harmonious, it really is the most beautiful design object of the century. To lean a fruit upon it is a ritual, it seems to be wrapped up when it goes to lie down in the space designed for it. A brilliant object thought by a genius of design which is the architect Stefano Giovannoni. I have to say that I am fond of items signed by Giovannoni and every time, even now, I am in a design store and I am picking up a piece saying "this is mine" strangely behind there is his signature. Architect, a good part of your creations hints at something round, soft ... My focus has never been language but communication. My items often assume organic forms because I use the analogy with natural elements as communication tool. My intent was to transfer within the project figurative elements which in the context of design were relegated from the modern movement onwards, in the realm of kitsch. The general public has always been attracted to figurative objects that appear in all the houses of ordinary people. A colorful world yours... I'm interested in that the object has its own sex appeal, and color is a determining factor. I think it's possible to think of an object through color and give a first emotional definition.
Fruit Mama, per Alessi 29
Kitchen Scaleimm
Duster
Come arriva all’utilizzo della plastica? La plastica è il materiale industriale per eccellenza, attraverso l'utilizzo della plastica puoi creare oggetti emozionali e sensoriali per una larga fascia di pubblico. La plastica permette di dare a un oggetto la massima flessibilità formale ma soprattutto concettuale, creare quindi oggetti veramente mediatici.
How do you get to use plastic? Plastic is the industrial material for excellence, using plastic you can create emotional and sensory objects for a wide range of audiences. The plastic allows you to give an object formal but also conceptual flexibility, then create really media objects.
Trovo, che con Alessi, lei abbia liberalizzato il design Il primo oggetto che ho disegnato per Alessi, il vassoio Girotondo, ha cambiato il DNA dell'azienda. Il suo grande successo commerciale ha battuto ogni record di vendite nel mondo del design, aprendo l'azienda a un target di consumo più ampio e meno elitario, che porterà subito dopo all'avvento dei prodotti in plastica. L'Alessi, attraverso questo processo, si trasformerà radicalmente: dall’azienda di edizioni degli anni Ottanta a un’azienda evoluta e capace di interagire soprattutto con il pubblico più giovane. Cinzia Munari
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I find that with Alessi, you have liberalized design The first object I designed for Alessi, Girotondo tray, changed the company's DNA. Its commercial success has broken all sales records in the design world, opening the company to a broader consumer and less elitist target, which will lead soon after to the advent of plastic products. Alessi, through this process, will be transformed radically. From the editions of the eighties to an evolved company capable of interacting especially with the younger crowd.
Cinzia Munari
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Delineodesign Delineodesign
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"I prefer to design for the future with intelligence, consistency and enthusiasm." Giampaolo Allocco, founder of Delineodesign
“Preferisco progettare per il futuro con intelligenza, coerenza ed entusiasmo”. Giampaolo Allocco, fondatore di DELINEODESIGN
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È vero, è decisamente meglio lavorare sul futuro che essere star di un momento che scivola via… ed è questa la filosofia di Giampaolo Allocco. DELINEODESIGN è industrial design, certo Giampaolo e il suo staff disegnano lampade, sedute, complementi d’arredo come tutti, “pensano” accessori per il mondo dello sport, ma soprattutto hanno fatto sposare il design con il mondo dei disabili, con quella parte di mondo che a causa di incidenti si ritrova a dover usare qualcosa di particolare per muoversi. E le idee che realizzano per Progeo sono tecnologicamente futuribili! DD è industrial design vero e proprio Assolutamente si. Ma vorrei anche precisare che è tutto frutto di una formazione per certi versi casuale e per altri ricercata. Ho cominciato come garzone in una stamperia e sono arrivato a ricoprire incarichi manageriali ben retribuiti. Poi ho deciso di lasciare tutto per rimettermi a studiare e inseguire il design. Forse sono sempre stato un progettista, ho quindi seguito la mia sorte. Oggi ho una vita professionale meravigliosa che mi regala una varietà di momenti di grande intensità sotto il profilo umano ed esperienziale. Non tornerei mai indietro. Dedicare idee alla disabilità, un argomento forte, non indifferente e non da tutti… Non è così difficile se hai un approccio totalmente opposto al pensiero comune. Io tratto i paraplegici che incontro e quelli con cui lavoro, come normali esseri umani perché così è. Pretendo il raggiungimento dei risultati e degli obiettivi anche se stanno seduti. A volte mi fa arrabbiare il loro senso di rivalsa nei confronti della vita (ma come posso non comprenderli?). Perciò quando serve, li prendo anche in giro e sdrammatizzo le situazioni. Ti svelo un segreto: a 26 anni, a seguito di un intervento sono rimasto seduto molto tempo in una carrozzina “della mutua” che somigliava a un carro armato: in qui giorni mi sono promesso che prima o poi avrei messo mano in questo mondo. La scelta di una tranquilla cittadina di provincia come location. Ho scelto fin da subito di aprire l’ufficio a Montebelluna in quanto Distretto Mondiale dello Sport System. È riconosciuto nel mondo ed è frequentato da manager anglosassoni del Nord Europa. Stare qui è come trovarsi in una grande piazza imprenditoriale. Certamente (per il design) soffro la carenza di attività culturale di una certa qualità, ma oggi (con senno di poi) ritengo sia stata una scelta ben ponderata perché non ha modificato la mia vita, i miei affetti, il mio equilibrio. Raggiunta la maturità professionale, oggi dico che avere base qui (pur viaggiando l’Europa per lavoro) è stato fondamentale per il raggiungimento di un’identità molto precisa: il designer dello sport. Ecco perché ho deciso di costruirci anche una sede d’avanguardia per la mia attività.
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t's true, it's definitely better to work on the future than being a star of a time that slips away... and this is the philosophy of Giampaolo Allocco. Delineodesign is industrial design, of course Giampaolo and his staff draw lamps, chairs, furniture like everyone else, "think" accessories for the world of sports, but mostly they did marry design with the world of disabled, with that part of world that due to accidents finds itself having to use something special to move. And the ideas that make for Progeo are technologically futuristic! DD is real industrial design Absolutely. But I would also point out that it is all result of a training sometimes random and other sought after. I started as an apprentice in a printing house and proceeded to fill well-paid managerial positions. Then I decided to leave everything to get back to study and pursue design. Maybe I've always been a planner, so I followed my fate. Today I have a wonderful professional life that gives me a variety of moments of great intensity from the human and experiential. I would never go back. Dedicating ideas to disability, a strong argument, not indifferent and not for all... It is not so difficult if you have a totally opposite approach to common thinking. I treat paraplegics I meet and those I work with, like normal human beings because it is so. I expect achievement of results and objectives even if they are seated. Sometimes it makes me angry their sense of revenge towards life (but how can not I understand them?). Therefore, when necessary, I take them out and about and also play down situations. I'll tell you a secret: when I was 26, after an operation I sat for a long time in a "mutual" wheelchair that resembled a tank. In those days I promised myself that sooner or later I would have laid a hand on this world. The choice of a quiet provincial town as a location. I chose from the beginning to open an office in Montebelluna as a World District of Sports System. It is worldwide recognized and is frequented by English-speaking manager of Northern Europe. Staying here is like being in a big entrepreneurship square. Of course (for design) I suffer from a lack of cultural activity of a certain quality, but today (with hindsight) I think it was a well thought-out choice because it has changed my life, my affections, my balance. Reached a professional maturity, today I say that having base here (while traveling Europe for work) was critical to the achievement of a very clear identity: the sport designer. That's why I decided to build an avant-garde home for my business too. www.delineodesign.it
www.delineodesign.it Cinzia Munari 34
Cinzia Munari 35
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Zero lamp by Karim Rashid
Karim Rashid, luce e colori Karim Rashid, light and colors
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quello che crea è solare, ti mette di buon umore. Facciamo due chiacchere con lui e sentiamo cosa pensa della luce…
Karim Rashid e la luce. La luce è effimera, la luce è flessibile, la luce crea umore, la luce può essere dolce o inquietante, è caos e ordine, è bella e brutale. La luce è l’essenziale, è immateriale. Amo la luce, amo disegnare con la luce, creare forme con la luce.
Cosa “sogna” quando disegna una lampada, come nasce l’idea? Come designer siamo dei creatori di forme culturali. Ho sempre creduto che dovremmo rendere informe la forma. Mi piace il design che va oltre i confini della forma “fredda”, quello più sensuale e che va oltre la dottrina modernista della “beinahe nichts” (il “quasi nulla” di Mies Van Der Rohe). Il minimalismo classico sembra muoversi verso un minimalismo più sensuale dove gli oggetti comunicano, coinvolgono e ispirano. Io credo che gli oggetti semplici e “umani” diano un senso alla nostra vita, la completino. Mi parli di Nafir. Nafir è l'immaginazione pura e semplice. Ho iniziato a fare i primi schizzi pensando alla luce come complemento al suono. Per 20 anni sono stato affascinato dall'idea delle superfici piane e a come trasformarle creando forme fluide. Così originalmente, ho pensato a una superficie tirata verso l'alto in vari punti arrivando a darle le sembianze di una tromba. Ho voluto creare una lampada che nello stesso tempo sembrasse una scultura, bella alla vista anche a luci spente e con una diffusione luminosa particolare grazie al LED. Inoltre ho voluto una famiglia di lampadele cui forme potessero essere raggruppate organicamente per creare un panorama di fantasia tra luce e forma.
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nternationally renowned designer, Karim Rashid made of pastel colors his brand recognition, everything he creates is solar, it puts you in a good mood. Let's have a chat with him and hear what he thinks about light...
Karim Rashid and the light. Light is so ephemeral. Light is so flexible, light creates mood, light can be flattering or disturbing, light is chaos and order, light is beautiful and brutal. Light is essential. Light is immaterial. I love light, I love to design with light, I love to shape space with light, I love to give light form. What do you "dream" when you draw a lamp, how born idea? As designers we are cultural shapers. And I always believed that we should inform form. I like design that traverses the boundaries of the associative and touches on the sensual, one that goes beyond the modernist doctrine of “beinahe nichts” (“almost nothing”, Mies Van Der Rohe). Minimalism seems to be shifting to a more sensual minimalism, or Sensualism where objects communicate, engage, and inspire, yet remain fairly minimal a posteriori. I believe that simple yet human objects give meaning and memory sacred to our lives. Talk me about NAFIR The state between liquid plastic and solid material object a state of endlessness, it is a continual ephemeral experience a physical bliss. NAFIR is imagination pure and simple. I started to do the first sketches thinking of light as a complement to sound. For twenty years I have been fascinated by idea of flat surfaces wich become transformed and create fluid shapes. So originally, I thought of a surface pulled upwards at various point: transformed like this, the surface assumed organic, fluid shapes, similar to those of a trumped. What I wanted was a lamp wich was also a little like a sculpture, lovely even when the lights were off, and that it also was functional because of the LED. I also wanted a family of lamps whose shapes could be occasionally grouped to create a fantasy panorama comprised of light and shape.
Scarpa / Shoe by Karim Rashid 40
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Mr. Rashid, come mai questa particolare scelta dell’uso di colori soft per le sue creazioni? Amo i colori techno, ma allo stesso modo i pastelli. I colori che posseggono una certa energia ed una folgorante vibrazione mi hanno sempre affascinato, perché sanno riflettere le tinte dell’era digitale in cui viviamo. Abbiamo a disposizione un’ampissima gamma di colori: è sì necessario utilizzarli in modo corretto, ma ciò che più conta è utilizzarli e basta! E’ stato creato un mondo grigio, a tinte fosche e pervaso dalla banalità. Da questa confusione che ci presenta la vita possiamo però anche ravvisarne la sua bellezza: la vastità della diversità e la possibilità tra numerose scelte. Amo il colore e non mi spaventa in nessun modo – io lo spargo come un farebbe un pittore: è un modo per trasmettere emozione attraverso gli oggetti fisici che pervadono gli spazi dove viviamo, per motivare l’espressione, per ispirare, per far riflettere e per lasciare un segno nell’evanescente memoria di tutti.
I would like to know why you choose particular soft colors for all your creations… I love techno colors but as well pastels. Colors that have a vibrancy and energy of our digital world have always appealed to me because these colors speaks about our digital age. There are really millions of colors so it is most imorant to use color well but it is most important to use color! We have created a very gray banal world. The beauty of this farrago in life is the broad diversity and choice of everything. I love color and I am not afraid of it – I use it in a painterly way as a way of driving emotion though our physical object's our spaces, to expression motivate, to inspire, and question, to challenge, and touch or evanescent public memory. www.karimrashid.com
www.karimrashid.com Cinzia Munari
Cinzia Munari
Nafir lamp by Karim Rashid for Axo Light
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Nearco lamp, Artemide - by Karim Rashid
Bottiglia / bottle by Karim Rashid
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Gruppo Oc(h)io - logo / Group Oc(h)io - logo
Ottavio lo smemorato Ottavio the forgetful
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In caso vi servisse un oggetto di design da inserire nella camera dei bimbi vorrei presentarvi “OTTAVIO Lo Smemorato”, prototipo in esposizione alla kermesse SHARING DESIGN, contenitore di eventi all’interno della Fabbrica del Vapore organizzato da Milano Makers all’ultimo Salone del Mobile. OTTAVIO è una specie di tappeto “rara”, di quei tappeti che stanno a terra, certo! ma che si trasformano in quello che vuoi tu, tu bambinoadulto. Vuoi un coccodrillo? Zac! E ti ritrovi un coccodrillo. Vuoi un coniglio? Zacchete! E si trasforma in un simpatico coniglietto e poi oggi è giallo, domani è blu, dopodomani è a pallini e il giorno dopo ancora è a righe.
OTTAVIO is a “rare” kind of carpet, those carpets which are on the floor, of course! But which turn in what you want, you child-adult. Would you like a crocodile? Zac! And you find a crocodile. Do you want a rabbit? Zac! It turns into a cute bunny and then today is yellow, tomorrow is blue, the next day is dotted and the day after striped.
Partiamo dall’inizio… su invito della coppia vincente del design internazionale Guerriero/Mendini della “non-scuola TAM TAM” mi ritrovo catapultata nel mondo del design, come dire, operativo e non quello del quale faccio parte scrivendone o visionando pezzi altrui. In poche parole “Cinzia mettiti al lavoro e inventata qualcosa di socialmente utile-non-utile”. Fortunatamente sono circondata da persone diverse tra loro, ma che sono in sintonia grazie alla visione “surreale” del mondo che le circonda. Quindi è bastata una telefonata e via che il progetto ha preso pian piano forma. Gli stage che si sono susseguiti avevano come punto d’incontro sempre casa mia, centro strategico a metà strada fra Milano e Bologna, e soprattutto dove la tavola era sempre imbandita con i prodotti del territorio dei quali non rimaneva traccia a fine serata.
Let’s start from the beginning… invited by the winning team of international design Guerriero/Mendini of the ”non-school TAM TAM” I found myself catapulted into the world of, so called, operating design and not that of which I am part by writing about or viewing other people’s pieces. In few words, “Cinzia, work and invent something socially useful-not-useful”. Fortunately, I am surrounded by different people, but who are in tune with the “surreal” vision of the world that surrounds them. So it took a phone call and the project took shape slowly. The developing stages always had my house as a meeting point, the strategic center halfway between Milan and Bologna, and especially where the table was always laden with products of the territory of which no trace was left at the end of the evening.
A proposito il nostro nome è GRUPPO OC(h)IO. “Ocio” sta a significare: attenti, siamo arrivati anche noi!
About our name, GROUP OC(h)IO. “Ocio” stands for: beware, we are here too!
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n case you need a design object to be inserted in the children room I would like to introduce to you “OTTAVIO Lo Smemorato” (OTTAVIO the forgetful), prototype on display at SHARING DESIGN, container of events in Fabbrica del Vapore organized by Milano Makers at the last Salone del Mobile.
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Due impressioni sul Gruppo e su Ottavio da alcuni di noi.
Two impressions on the Group and on Ottavio by some of us.
Stefano D’Aniello, architetto “Gruppo Oc(h)io” – si parla, si ride, si pensa e si gioca. Poi si progetta, si realizza e si prova. “Ottavio” – oggetto ludico ma non troppo. Ti ci puoi stendere e addormentare ma anche avvolgere, trasformare e giocare, da solo e in compagnia.
Stefano D’Aniello, architect “Group Oc(h)io” – we talk, we laugh, we think and we play. Then we design, manufacture and test. “Ottavio” – playful object but not too much. There you can stretch out and sleep but also wrap, turn up and play, alone and in company.
Roberto Munari, architetto “Gruppo Oc(h)io” – misto, buono, stravagante, vario, ottimo, fuori tempo, letterale, colorato, divertente, sonnolento, veloce, leggero, occhialuto, vegano, toscano, lombardo, puntuale e vaporoso. “Ottavio” – pieghevole mai rigido, colorato mai neutro, divertente ma fermo, a terra ma mai abbattuto, semplice ma intrigante, inerte… ma è solo un’impressione.
Roberto Munari, architect “Group OC(h)IO” – mixed, good, quirky, diverse, great, out of time, literally, colorful, fun, sleepy, fast, lightweight, bespectacled, vegan, tuscany, lombardy, punctual and fluffy. “Ottavio” – foldable never rigid, colored never neutral, funny but still, grounded but not knocked down, simple but intriguing, inert… but it’s just an impression.
Paolo Schianchi, docente di Total Design e Comunicazione, direttore creativo SpazioFMG e Floornature.com “Gruppo Oc(h)io” – il gruppo guarda alla contemporaneità multidisciplinare, la nuova borderline del design d’autore: provenienze diverse, competenze differenziate e meltin pot culturale. “Ottavio” – rilegge le forme per non essere mai statico. Un oggetto per il nomadismo del pensiero. Posso essere qui, ma proiettato altrove. Esso è un gioco ispirato ai bambini per ritrovarsi adulti creativi. Gli altri componenti: Alessio Gropponi, artigiano della pelle – Alessandro Manferdini, artigiano della pelle – Filippo Manni e Eugenia Rami, fotografi – e per finire Cinzia Munari, comunicazione, grafica e marketing nonché autrice di Design in 400 parole.
Paolo Schianchi, professor of Total Design and Communication, Creative Director SpazioFMG and Floornature.com “Group Oc(h)io” – the group looks to multidisciplinary contemporary age, the new borderline of author design: different backgrounds, different skills and cultural melting pot. “Ottavio” – reads the shapes to never be static. An object for thought nomadism. I can be here, but projected elsewhere. It is a game inspired by children to find ourselves creative adults. The other components: Alessio Gropponi, leather craftsman – Alessandro Manferdini, leather craftsman – Filippo Manni and Eugenia Rami, photographers – and finally Cinzia Munari, communication, graphic design and marketing and author of Design in 400 words. Download the brochure (PDF)
Scarica la presentazione in PDF Cinzia Munari
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Michele De Lucchi, con/with Marcello Biffi, Francesco Faccin, Giuseppe Filippini, Cappella di San Giacomo / S. Giacomo 50 Chapel – Privato / Private, Auerberg, Fischbachau (Germania/Germany), 2010 - 2012. Ph. Thomas Koller
Michele De Lucchi, il legno e la luce Michele De Lucchi, wood and light
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l legno grande alleato di De Lucchi. Sembra che lei entri in armonia con questo materiale naturale e lo manipoli. È così? Il legno mi piace più di qualsiasi altro materiale proprio perché viene dalla terra e nasce dalla natura. L’architettura deve sempre mantenere un legame con ciò che la circonda e spesso la materia aiuta a farlo. La bellezza del legno deriva anche dal fatto che più si lavora, più si adopera e si conosce e più nascono nella testa possibili invenzioni e modi di trattarlo. Insomma non si è mai finito di progettare il legno. Nelle sue realizzazioni il vetro gioca con la luce naturale. Grandi vetrate che danno la sensazione di vivere direttamente l’esterno… Il vetro è un altro materiale che esiste per far dialogare lo spazio artificiale dell’uomo con quello naturale del paesaggio. Nell’organizzazione dello spazio di un interno la percezione del contesto è fondamentale perché l’uomo continui a sentirsene parte. Una delle mie ultime opere, la cappella di San Giacomo ad Auerberg in Germania, è un piccolo interno completamente chiuso in sé stesso, dove solo la luce filtra dalla finestrelle in legno. Qui lo scorcio sul paesaggio è riservato a un oculo vetrato sul muro di fondo, da cui è visibile la croce piantata nel campo che circonda la cappella.
In your works glass plays with natural light. Large windows that give the feeling of living directly outside... Glass is another material that exists to create a dialogue between man artificial space and natural landscape. The organization of space in an interior perception of the context is crucial because the man continues to feel himself as a part of it. One of my latest works, the chapel of St. James in Auerberg in Germany, is a small inside, fully enclosed in itself, where only the light filters through the little windows in wood. Here the glimpse of the landscape is restricted to a glass oculus on the back wall, from which is visible a cross planted in the area surrounding the chapel.
Legno e luce mi fanno pensare all’ingresso della Biblioteca civica di Lodi, per me un’opera d’arte. Come coniugare spazi immensi con la funzionalità di un servizio per la comunità non lasciando nulla al caso? La risposta è nel progetto di adeguamento architettonico, dove una biblioteca è oggi intesa come luogo di consultazione e del prestito librario ma anche come momento di aggregazione sociale. Nel rispetto dei vincoli architettonici sono state messe in comunicazione le celle di quella che era la dimora dei Padri Oratoriani in modo da garantire l’orientamento del visitatore. Per la fruizione dell’interno dell’edificio è stato creato un percorso ad anello. Le funzioni di biblioteca e di centro civico sono state separate e destinate a due aree differenti. Il nuovo portale in legno e vetro collega via Solferino con corso Umberto, arricchendo la Biblioteca della valenza di luogo di transito all’interno della città.
Wood and light make me think of the entrance of the Public Library of Lodi, for me a work of art. How to combine immense spaces with the functionality of a service to the community not leaving anything to chance? The answer is in the design of architectural adaptation, where a library is now understood as a place of consultation and book loaning but also as a social gathering. In compliance with the architectural constraints have been put in communication the cells of what was once the home of the Oratorian Fathers in order to ensure the orientation of the visitor. For the use of the interior of the building has been created a loop. The functions of the library and civic center were separated and allocated into two different areas. The new portal in wood and glass connects via Solferino with Corso Umberto, enriching the Library of the value of a place of transit within the city.
Parlando di luce, come non pensare a Tolomeo, così attuale “nonostante l’età”. Un grande successo che continua nel tempo Dico sempre ai miei studenti di copiare questa lampada senza paura di essere criticati. La Tolomeo stessa è copiata dalla Naska Loris, dalla Tizio, dall’Anglepoise e da tutte le più efficienti lampade a braccio che sono nate prima della mia.
Speaking of light, why not to think of Ptolemy, so current, "despite his age", a great success that continues over time I always tell my students to copy this lamp without fear of being criticized. The same data by Ptolemy is copied from Naska Loris, from Tom, from Anglepoise and all the more efficient lamps arm who were born before me.
Info: www.amdl.it
Info: www.amdl.it Cinzia Munari
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ood is De Lucchi great ally. It seems that you come into harmony with this natural material and handle it. It is like that? I like wood more than any other material because it comes from the earth and it is born from nature. The architecture must always maintain a link with its surroundings and often the material helps to do so. The beauty of the wood comes from the fact that the more you work it, the more you handle and know it and the more the head creates possible inventions and ways to treat it. So you never finish designing wood.
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Michele De Lucchi, con/with Filippo Pagliani, Sezgin Aksu, Brigid Byrne, Geert Koster, Aya Matsukaze, Ristrutturazione del centro informazioni/Restoration of the information centre – Enel Produzione, Entracque (Italia/Italy), 1998 - 1999. Ph. Gabriele Basilico
Michele De Lucchi, con/with Alberto Bianchi, Giorgi Khmaladze, Marcello Biffi, Ponte della pace / Bridge of peace, Old City Rehabilitation and Development Fund, Tbilisi (Georgia), 2009 - 2010. Ph. Gia Chkhatarashvili
Michele De Lucchi, con/with Angelo Micheli, Giovanni Battista Mercurio, Laura Parolin, Lorenzo Fattorel, Biblioteca di Storia dell'Arte e restauro della Manica Lunga, Fondazione Cini, Venezia (Italia), Isola di S. Giorgio, 2005 - 2009/Library of Art History and restoration of the Manica Lunga, Cini Foundation, Venice (Italy), Island of S. Giorgio, 2005 - 2009. Ph. Alessandra Chemollo
Michele De Lucchi, con/with Philippe Nigro, Sgabello e colonna appendiabiti Bisonte, Produzione Privata, 2005. Collezione Fuori dal Mondo / Stool and column hanger Bison, Private Production, 2005. Outside the World Collection. Ph. Michele De Lucchi
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asseggi tranquillamente, a Venezia, e tutto a un tratto ti blocchi e torni indietro, torni indietro come se qualcosa ti stesse chiamando, una sorta di messaggio subliminale durante la camminata… qualche passo e ti ritrovi davanti a quella vetrina bianca che a quanto pare la tua mente ha già immagazzinato, sarà forse quell’arcobaleno sullo sfondo, quelle strisce colorate, gialle, blu, verdi, rosse. Entri. Entri in questo piccolo negozietto bianco dove spiccano i colori, ti avvicini a loro, sono chiusi in bottigliette di vetro e dentro loro sono forti, decisi. I colori. Chi ci racconta dell’iniziativa è Francesca, titolare con Luca, che con una bottiglietta in mano spiega il perché di quel contenuto. L’idea è simile a quella della sabbia racchiusa in bottiglia, ma loro, le bottiglie, le hanno riempite di schegge di vetri di Murano, da qui il nome della bottega “Venice in a Bottle”. Ecco cosa mi ha bloccata… armonie di colore che si creano quando la luce si scontra con loro. Tutto questo nel cuore di Venezia a due passi dai Giardini e dall’Arsenale, passaggi cardine della Biennale. In questo piccolo spazio Francesca e Luca intendono stimolare artisti contemporanei ad avvicinarsi in modo diverso al vetro, a questo materiale tradizionalmente lavorato dagli artigiani con forme ereditare dal passato.
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ou walk placidly, you're in Venice, when you stop dead on your track and come back, as if something were calling you, some sort of subliminal message in your walk... a few steps and you're before that white shop window which, as it seems, is already stamped in your mind, maybe it's for the rainbow on the backgrond, those bright stripes in yellow, blue, red. You get in. You come into this little white shop dotted with color, you approach these color spots closed in some glass bottles and you see they are strong and bright. These colors. Francesca explains to us the meaning of the bottles and what's inside them. She's the shop owner, along with Luca and is carrying a small bottle in his hands. The idea comes from colored bottles sands but they filled the bottles with Murano glass shards, and this also explains the name of the shop Venice in a Bottle. This is what lured me... the balanced color shades the light produces when it passes through the shards. All this is in downtown Venice near the Giardini and the Arsenale, icons of the Biennale. In this little space, Francesca e Luca want to stimulate contemporary artists to see glass from a different point of view, this material usually shaped by artisans using past designs.
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Qui hanno inoltre deciso di creare una rete di professionisti che assistono gli artisti per la promozione delle loro opere in vetro, VeniceArtFactory, che Francesca ci illustra: “VeniceArtFactory è un gruppo eterogeneo di professionisti che per anni hanno lavorato in modo autonomo nell’ambito della consulenza artistica per la produzione di opere d’arte in vetro, nel management di eventi e mostre d’arte, nella curatela, nella progettazione e che ora hanno deciso di lavorare insieme per offrire ad artisti, gallerie, istituzioni quanti più servizi integrati possibili nella città di Venezia. VeniceArtFactory si occupa di consulenza artistica e di produzione per tutti coloro che vogliono produrre delle opere d’arte in vetro di Murano ma che non sono a conoscenza delle numerose tecniche a disposizione, delle diverse competenze dei maestri vetrai, delle specializzazioni di ciascuna fornace e delle dinamiche economiche”. Ecco un valore aggiunto alla già grande offerta di questa città ricca d’arte e di angoli sempre nuovi da scoprire, come questo piccolo spazio espositivo che non passa inosservato, un posto curioso al Sestiere Catello, un piccolo mondo di polvere di vetro intrappolata nel vetro. Francesca e Luca hanno curato nei minimi particolari il packaging e le label: così come per il logo, non hanno lasciato nulla al caso.
They also decided to create here a meeting point for a group of experts who help artists promote their glasses, VeniceArtFactory, and this is how Francesca explains the project: “VeniceArtFactory is a mixed group of freelance experts who've been working in the glass art promoting field, in event management, as curators, and who now want to work together to offer as many services as possible to artists, galleries, public institutions in Venice. VeniceArtFactory offers its expertise to artists who want to create using Murano glasses but who may not be aware of the many available techniques, of the artisans' know-how, of the specialization of the many different furnaces and of selling techniques”. Here it is yet another value point of this city which is already offering so much to the art environment and which is filled with interesting and new places to visit, just like this small gallery you really cannot miss, an odd place in Sestiere Catello, a small world made of glass dust trapped in glass bottles. Francesca and Luca coordinated every aspect of packaging and labelling: they coordinated everything, right to the logo.
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osa fanno 100 bambini e 100 designer insieme? Costruiscono giocattoli, semplice! “Eravamo tre amici al bar… la quarta, poi, arrivò”. “Pazza Idea” diranno i molti, ma sembra che il progetto non sia tanto pazzerello perché in molti ci credono e lo voglion far viaggiare. Chissà perché dietro queste idee incredibilmente creative c’è sempre la Non-Scuola Tam Tam, con Alessandro Guerriero che questa volta sostiene l’iniziativa de il Vespaio, laboratorio creativo per la comunicazione socialmente utile e la progettazione di merchandising customizzato a basso impatto ambientale fondato da un gruppo di giovani che puntano tutto sul riciclo e… Toyssimi ce lo racconta Alessandro Garlandini. Buongiorno Alessandro, è il caso di chiedere come nasce, da chi nasce e perché nasce Toyssimi? Toyssimi nasce dal sorriso di un bambino, dai disegni super colorati di una bimba, da una barca fatta di foglie e legnetti che sfida la legge di Archimede nella fontana di un parchetto. Un pomeriggio eravamo in tre in un bar di Milano, Alessandro Guerriero, Sebastiano Ercoli e Alessandro Garlandini; abbiamo iniziato a pensare di far progettare dei giocattoli ai bambini con i designer e sono subito venute fuori mille idee e spunti. Ci siamo immaginati un bambino che si annoia in un letto di un ospedale e un designer che arriva con una valigiona di quelle che sai che contiene un tesoro; il designer apre la valigia e rovescia sul tavolo pezzetti di legno, scarti di produzione, scampoli di tessuto. Insieme giocano e creano un giocattolo con questi materiali strampalati. Il tema piace a tutti e infatti si è subito aggiunta Linda Ferrari che aveva anche lei in mente un progetto simile. Così abbiamo iniziato a coinvolgere ospedali, case famiglia e scuole, dove ci sono tanti bambini che hanno voglia di far galoppare la loro immaginazione. Abbiamo trovato porte assolutamente aperte e subito l’Istituto Ortopedico Gaetano Pini e la Scuola Dadà ci hanno detto di sì. Ora stiamo prendendo accordi con altre strutture. Come hanno risposto i designer all'iniziativa? Anche la comunità dei designer e degli artisti sta rispondendo molto positivamente e abbiamo già tanti nomi più o meno affermati che vogliono partecipare. L’obiettivo è di coinvolgere 100 designer e anche di più. Alcuni designer in giro per l’Italia addirittura vorrebbero coinvolgere strutture e designer locali e gestire dei laboratori autonomamente. …quindi sarà un progetto esportabile/itinerante? Assolutamente sì, stanno già nascendo delle “filiali” in Sicilia e a Parma; ci piacerebbe invadere tutt’Italia. La mostra che raccoglierà i giocattoli realizzati dai bambini e dai designer sarà itinerante e potrà essere allestita in spazi museali, negli ospedali e nelle scuole che hanno aderito.
Hello Alessandro, is due to ask how was born, from who was born and why was born Toyssimi? Toyssimi arises from the smile of a child, from the super colorful drawings of a girl, from a boat made of leaves and sticks that defies the law of Archimedes in the fountain of a little park. One afternoon we were three in a bar in Milan, Alessandro Guerriero, Sebastiano Ercoli and Alessandro Garlandini; we started thinking to design toys for children with designers and immediately came out of a thousand ideas and suggestions. We imagined a child who is bored in a hospital bed and a designer that comes with a huge suitcase of those that you know contains a treasure; the designer opens the suitcase and tip over on the table pieces of wood, production waste, scraps of fabric. Together they create a toy and play with these bizarre materials. The theme appeals to everyone and immediately Linda Ferrari added that she also had in mind a similar project. Therefore, we started to involve hospitals, foster homes and schools, where many children want their imagination to run wild. We found the doors completely open and immediately Gaetano Pini Orthopaedic Institute and Dadà School said yes. Now we are arranging with other facilities. How did designers respond to the initiative? The community of designers and artists are responding very positively and we already have many names more or less established that want to participate. The goal is to involve 100 designers and more. Some designers around Italy would even involve structures and local designers and manage laboratories by themselves. Then... it will be an exportable/traveling project? Absolutely, some "branches" are already born in Sicily and Parma; we would love to invade the whole Italy. The exhibition, collecting the toys made by children and designers, will be traveling and staged in museum spaces, hospitals and schools that have joined. www.tam-tam-tam.org www.ilvespaio.eu Facebook
www.tam-tam-tam.org www.ilvespaio.eu Pagina Facebook Cinzia Munari 64
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hat 100 children and 100 designers do together? Simple, they build toys! "We were three friends at the bar... the fourth, then came". "Fool idea" many will say, but it seems that the project is not as crazy as many of us believe in it, and they want to let it travel. For some reason behind these incredibly creative ideas, there is always the Non-school Tam Tam, with Alessandro Guerriero who this time supports the initiative of Il Vespaio (The Hornet's Nest), a creative workshop for socially useful communication and designing of environmentally customized merchandising founded by a group of young people that aim for recycling and... Alessandro Garlandini tells us about Toyssimi.
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all images Š copyright Marco Galli
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Steven Guarnaccia, l’illustratore di design Steven Guarnaccia, design illustrator
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n personaggio coloratissimo che si flette alll’indietro per fotografare una vetrina di… libri! Sono libri per bambini, no… sono per adulti, mah! Di sicuro sono libri di design, o meglio, sono libri di fiabe rivisitate con gusto, con buongusto. Li fotografa perché sono sue creazioni, suoi lavori.
Ma cosa porta un illustratore di fama internazionale a zonzo per le strade di Parma? C’è una mostra a Palazzo Pigorini (fino al 13 gennaio 2015, vi consiglio di visitarla e portate i bambini, se ne avete), intitolata Sfogliare Stanze, e proprio qui sfogliando stanza per stanza incontri Steven Guarnaccia che, tranquillamente, si sofferma a raccontare il suo lavoro, la sua collaborazione con l’editore Corraini, a persone che a modo loro sono quotidianamente artisti. Riccioli d’oro e i tre orsi è la prima di una serie di tre fiabe, che si spera arriveranno a essere quattro a breve, dove la bambina protagonista della storia viene definita da Guarnaccia “un’esperta di design” perché seleziona sedie e letti, ne verifica la comodità, stabilisce cosa sarà utilizzato o meno. Ma perché Guarnaccia ha deciso di rivedere queste fiabe? Secondo l’illustratore i bambini devono sapere che dietro una sedia, come dietro un armadio, c’è qualcuno che lo ha disegnato e poi lo ha costruito o lo ha fatto costruire; e perché non farlo con oggetti che ci circondano quotidianamente? I bambini sono curiosi e proporre loro fiabe “storiche” in veste moderna o comunque diversa li porta a fare domande del tipo “ma perché appoggi la schiena a una scala in quella sedia!” (Mackintosh Hill House).
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colorful character that flexes backwards to photograph a showcase of... books! They are children's books, no... they are for adults, mah! They sure are design books, or rather, are storybooks revisited with taste, with good taste. Photographing them because they are his creations, his works.
But what brings an internationally renowned illustrator for a stroll on the streets of Parma? There is an exhibition in Palazzo Pigorini (until January 13th, 2015, I suggest you to do it and bring the kids, if you have), entitled Browse Rooms, and right here browsing room by room you meet Steven Guarnaccia that, quietly, pauses to tell about his job, his collaboration with the publisher Corraini, to people who are in their own way every day artists. Goldilocks and the Three Bears is the first in a series of three fairy tales, which hopefully will come shortly to be four, where the child protagonist of the story is defined by Guarnaccia "design expert" because she selects chairs and beds, verifies the convenience, sets out what will be used or not. But why Guarnaccia decided to review these fairy tales? According to the illustrator children must know that behind a chair, as behind a cabinet, there is someone who has designed and then built it or he make it build; and why not do it with objects that surround us every day? Children are curious and propose their "historical" fairy tales in a modern way or otherwise different that leads them to ask questions like "but why you lean your back to a ladder in that chair!" (Mackintosh Hill House).
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I Tre Porcellini è il secondo della serie. Dal design all’architettura il passo è breve e Guarnaccia ingaggia per questa fiaba tre costruttori di case: Le Corbusier, Frank Lloyd Wright e Frank O. Gehry. Direi niente male! Ci sono la Glass House, la casa di Gehry e la Fallingwater e un lupo cattivo nel quale l’illustratore vede Philippe Starck. Anche qui le domande dei bambini sono “ma come sono vestiti questi porcellini!”, “ma che case, mica sono di paglia!”, spiegare ai bimbi i disegni di Guarnaccia è portarli in un viaggio interplanetario, “ma dove sono queste case! su Marte! ma sono finte, quella è tutta storta!”
The Three Little Pigs is the second of the series. From design to architecture is a short step and Guarnaccia hires for this fairytale three manufacturers of houses: Le Corbusier, Frank Lloyd Wright and Frank O. Gehry. I would say not bad! There are the Glass House, the home of Gehry and Fallingwater and a big bad wolf in which the illustrator sees Philippe Starck. Again, these are questions of children "but how are dressed these pigs!", "But what a house, it is not made of straw!", to explain to the children Guarnaccia's drawings is taking them on a interplanetary journey, "but where are these houses! on Mars! but they are fake, that is crooked!"
Beh, se abiti in una casa dall’architettura ben definita con mobili di design non puoi non essere un fashionist. E quindi nella tua libreria devi avere, anche se non hai bambini, Cenerentola, il terzo e per ora ultimo libro della serie. Dunque, qui Cenerentola si sbizzarrisce, o meglio è il nostro disegnatore che viaggia negli atelier più fashion del mondo: usa un’aspirapolvere al posto dello spazzettone per pulire quell’infinito pavimento, nella prova dell’abito indossa un Yamamoto sfoggiato da David Bowie in un tour nel 1973 o un Alexander McQueen, perde un sandalo di Miuccia Prada alla mezzanotte… più fashion di così! A proposito, la nostra Cinderella è raffigurata da Guarnaccia come Twiggy, la prima modella androgina dell’era Warhol’s Factory. Certo e che dire della fatina? Karl Lagerfeld.
Well, if you live in a house with well-defined architecture with design furniture you would not be a fashionist. And then in your library you should have, even if you have no children, Cinderella, the third and final book in the series for now. So, here Cinderella indulges herself, or rather is our designer who travels the world's most fashion ateliers. She uses a vacuum cleaner instead of that brush to clean the infinite floor, in the fitting of wearing she wears a Yamamoto sported by David Bowie in a tour in 1973 or Alexander McQueen, loses a sandal Miuccia Prada at midnight ... more fashionable than that! By the way, our Cinderella is portrayed by Guarnaccia as Twiggy, the first androgynous model of Warhol's Factory era. Sure, and what about the fairy? Karl Lagerfeld. www.stevenguarnaccia.com
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Cinzia Munari
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Giorgio Tartaro, chi intervista noi che intervistiamo? Giorgio Tartaro, who interview us who interview?
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li addetti ai lavori conoscono Giorgio Tartaro fin dagli inizi della sua carriera, ma gli appassionati di design “della porta accanto” si avvicinano alla sua persona professionale seguendo i suoi format in tv. La semplicità con cui porta questa disciplina nelle nostre abitazioni ha fatto sì che tutti potessero trasformare qualche angolo della propria casa in un angolo speciale.
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nsiders know Giorgio Tartaro since the beginning of his career, but "next door" design enthusiasts approach his professional career following his Tv shows. The simplicity he uses to bring this discipline in our homes helped everyone turn some corner of their home in a special corner.
Una tesi su Enzo Mari, come mai una laurea in lettere e non architettura? Lettere a indirizzo artistico, dopo qualche esame a Fisica. Una tesi che partiva dal percorso progettuale di Mari dall’arte al design come progetto politico. La scelta del suo lavoro, indirettamente da una frase di Argan: il design come arte del ventesimo secolo.
A thesis on Enzo Mari, why a degree in literature and not architecture? Art oriented Letters, after a short period in the Physics department. A thesis that started from the design process of Mari from art to design as a political project. The choice of his work, indirectly, by a sentence of Argan: design as the twentieth century art.
Come arriva al giornalismo dedicato al design? Collaborando con Mari e lo studio ad alcuni progetti, ho incontrato l’allora direttore di Modo. Dopo molte insistenze mi accolse nella redazione del giornale, e da lì Domus, Rai come autore e tante altre collaborazioni. Vent’anni da freelance, tranne una breve parentesi a Domus.
How did you get to design journalism ? Collaborating with Mari and studying a number of projects, I met the director of Modo. After many persuasions he accepted me in the newspaper, and from there Domus, Rai as an author and many other collaborations. Twenty years as a freelance , except for a short time with Domus.
Il design in tv, una porta aperta a tutti... In Tv ci avevo lavorato come autore, in Rai, al programma Lezioni di design. La grande lezione divulgativa di Ugo Gregoretti mi ha indicato una strada per parlare di progetto in Tv. Merito all’editore di Leonardo che mi ha permesso di realizzare quasi 2000 puntate in vari format.
Design on Tv, an open door to all... I had worked as a Tv author, in Rai, for the format Design Lessons (Lezioni di Design). Ugo Gregoretti's great people oriented lesson showed me a way to talk about projects on Tv. Credit to the editor of Leonardo, who has allowed me to produce almost 2000 episodes in various formats.
Che progetti ha in "cantiere"? Sempre il video, il web come piattaforma (archimovie.tv). Oltre a consulenze di comunicazione per varie aziende, anche sui social, il linguaggio video resta nel mio cuore, sviluppato con le dinamiche del web. E continuo a fare Tv per network del digitale terrestre.
What's in your "pipeline"? Again the video, web as a platform (archimovie.tv). In addition to communication consulting for various companies, on social as well, video language still remains in my heart, developed with web dynamics. And I continue to make TV for the digital terrestrial networks.
Giorgio Tartaro, giornalista, storico del design, docente universitario, vive e lavora a Milano. Nel 1995 inizia l’attività giornalistica come redattore di Modo (fino al 1997), redattore di BOX dal 1999, redattore di Domus (2000-2001). Dal maggio 2002 è direttore di BOX (Edizioni Fiera Milano). Collabora con D La Repubblica, con l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani per le voci “Architettura e Design”. Editorialista per le riviste Il Progetto, DIID, collabora con Editoriale Domus. Autore televisivo di Lezioni di Design (1998-1999), Mosaico, programma culturale per le scuole di Rai Educational (1999-2000) e per il canale tematico Leonardo Sitcom TV Tele+ (2000-2001). Cura, in video, una rubrica fissa sul design per Alice, Sky (All’interno del format “Casa Alice”).
Giorgio Tartaro, journalist, design historian, university professor, lives and works in Milan. In 1995 he began his journalistic activities as editor of Modo (up to 1997), editor of BOX since 1999, editor of Domus (2000-2001). Since May 2002 he has been director of BOX (Edizioni Fiera Milano). He collaborates with D La Repubblica, with the Institute of Treccani Encyclopedia for "Architecture and Design" section. Columnist for magazines like Il progetto, DIID, he collaborates with Editoriale Domus. TV author for Lessons of Design (1998-1999), Mosaico, school cultural format by Rai Educational (1999-2000) and the thematic channel Leonardo Sitcom TV Tele+ (2000-2001). In video, he supervises a regular column about design for Alice, Sky (In "Alice's House").
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Dal 2007 è direttore editoriale di Leonardo, SKY 418, Case & Stili, Living, Design.book, A2, A2 Brand, Tendenze casa. Da settembre 2008 a maggio 2013 è stato Direttore editoriale di Case & Stili, magazine legato al canale TV Leonardo, Sky. Da giugno 2003 è responsabile didattico della Scuola Politecnica di Design di Milano e condirettore del master di Interior design in collaborazione con il Politecnico di Milano.
From 2007 he has been editorial director for Leonardo, SKY 418, Homes & Lifestyles, Living, Design.book, A2, A2 Brand, Trends home. From September 2008 to May 2013 he was editorial director of Homes & Lifestyles, a magazine linked to Leonardo TV channel, Sky. From June 2003 he has been didactic responsible for Scuola Politecnica di Design in Milan and co-director of the Master of Interior Design in collaboration with Politecnico di Milano.
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Fermomag, il magazine online di fermoeditore Via Cairoli, 15 . 43121 Parma Tel: +39.0521.977384 - Fax: +39.0521.4463726 email: info@fermoeditore.it - www.fermoeditore.it
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