Il futuro dell'energia

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Il futuro dell'energia testi di Monika Psenner a cura di Fiera Bolzano


Fiere... di cui essere fieri KLIMAHOUSE Fiera internazionale per il risanamento e l’efficienza energetica in edilizia

BOLZANO | FIRENZE | COMO

KLIMAENERGY Fiera internazionale delle energie rinnovabili

KLIMAMOBILITY KLIMAINFISSO Fiera internazionale della filiera produttiva del serramento

www.fierabolzano.it | info@fierabolzano.it FIERA BOLZANO SpA Piazza Fiera, 1 I-39100 Bolzano Tel. +39 0471 516 000 | Fax +39 0471 516 111 2

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Salone internazionale della mobilità sostenibile


Fiere di cui essere Fieri L’attenzione internazionale rivolta ai temi energetici è da molti anni un argomento di grande interesse: i costi sempre più elevati della principale fonte di energia, il petrolio, e gli appelli per una maggiore tutela ambientale hanno spinto numerose aziende e privati cittadini a investire nella green economy e a prendere provvedimenti per far fronte alle necessità future. Precursore in Italia di questo trend, Fiera Bolzano ha dato voce in modo concreto alle richieste sempre più rilevanti di un vasto numero di attori del sistema economico italiano. Risale al 2005 la prima edizione di Klimahouse che si è sviluppata dal 2006 in maniera autonoma come fiera internazionale specializzata per l’efficienza energetica e il risanamento in edilizia. Forte di un know-how e di un’esperienza tipicamente altoatesina, Fiera Bolzano ha avviato un cammino di crescita alimentando sempre più l’attenzione verso questo mercato. Il forte impegno nella costruzione di una cultura energetica alternativa a quella del petrolio e il grande successo riscontrato da Klimahouse hanno spinto Fiera Bolzano a ‘esportare’ questa formula vincente nel centro e sud Italia con delle edizioni itineranti prima a Roma, poi a Bastia Umbra, poi a Bari e in Toscana e a Como. Un altro importante progetto intrapreso da Fiera Bolzano è Klimaenergy, fiera internazionale delle energie rinnovabili, orientata esclusivamente all’ampio ventaglio di opportunità energetiche alternative affiancata da Klimamobility, il salone dedicato alla mobilità sostenibile. Ultima nata tra le manifestazioni di Fiera Bolzano dedicate alla sostenibilità è Klimainfisso, il salone di Fiera Bolzano dedicato all’intera filiera produttiva di finestre, porte e facciate. Il territorio e il contesto regionale in cui nasce Fiera Bolzano gioca un ruolo fondamentale per la crescita e il successo delle manifestazioni. L’Alto Adige rappresenta, infatti, la regione italiana più all’avanguardia in tema di ecologia ed è da numerosi anni impegnata in prima linea sul fronte della tutela ambientale. Per questo Fiera Bolzano ha incaricato Monika Psenner, esperta in energia, di scrivere dei testi per poter offrire spunti interessanti a espositori e visitatori. Cristina Pucher Ufficio Stampa Fiera Bolzano

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impressum Editore Fiera Bolzano SpA 39100 Bolzano Piazza Fiera, 1 tel. +39 0471 516000 fax +39 0471 516111 Internet www.fierabolzano.it E-mail info@fierabolzano.it Direttore responsabile Reinhold Marsoner Redazione Monika Psenner Cristina Pucher Florian Schmittner Lito e Stampa Ferrari - Auer Grafica Michelangelo Graphic Art

SOMMARIO Introduzione..................................................................................................9 Fabbisogno energetico mondiale: situazione attuale e prospettive future..................................................................................... 11 Fonti energetiche fossili nel mondo............................................................17 Di quanto calerà ancora il prezzo del petrolio?......................................... 23 Il ruolo delle energie rinnovabili nel fabbisogno energetico mondiale.......................................................... 27 Produrre energia da gas naturale: un contributo “pulito” alla copertura del fabbisogno energetico?................................................ 35 Gas di scisto: una rivoluzione.....................................................................43 Il petrolio, un’importante risorsa dell’economia moderna.......................49 Quanto condizionano la nostra vita quotidiana i prodotti ottenuti dal petrolio?................................................................... 57 L’importanza sempre maggiore delle energie fossili non convenzionali....................................................................................... 63 Imposte su benzina, diesel e altri prodotti derivati dal petrolio: fonti di reddito speculative per lo Stato?....................................................71 Il successo del carbone.............................................................................. 75 La Russia: il gigante dell’energia................................................................81 La Cina in corsa per le risorse energetiche...............................................89 Si può rinunciare all’energia atomica?...................................................... 95 Qual è il ruolo delle compagnie petrolifere internazionali nel settore dell’energia?.............................................................................................. 101 Il mercato europeo del gas è in evoluzione..............................................107 La transizione energetica.......................................................................... 113

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Monika Psenner Monika Psenner è nata a San Cipriano/Tires. Ha conseguito il diploma di maturità presso il liceo classico a Bolzano dopodichè ha intrapreso lo studio in Scienze Economiche a Vienna ed Innsbruck. Dal 1977 al 2010 ha lavorato presso l’OPEC (Organization of the petroleum Exporting Countries) a Vienna. Attiva nel reparto ricerca, si è occupata di svolgere analisi di statistiche relative alle tematiche energia e macro-economia e di redigere bilanci energetici, alla base di decisioni della direzione ed input per modelli energetici. Oltre a ciò è stata responsabile della redazione di ricerche, relazioni e presentazioni in ambito energetico, per meeting tecnici e conferenze. Durante questo lungo periodo all’OPEC, Monika Psenner è riuscita a crearsi un ricco bagalio di conoscenze in ambito energetico. In questo opuscolo riportiamo una serie di articoli sul futuro dell’energia, scritti da Monika Psenner in esclusiva per Fiera Bolzano.

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5 - 7 marzo 2015 | Bolzano

2015

KLIMAINFISSO

UNICA

Fiera internazionale della filiera produttiva del serramento gio-sab: 9.00-18.00

Piattaforma informativa

AUTONOMA E INDIPENDENTE

Convegno Internazionale Dimostrazioni DI POSA DEL SERRAMENTO LOCATION

Alto Adige REGIONE DA SEMPRE SCHIERATA SUL FRONTE DELL’INNOVAZIONE 73,9% DEGLI OPERATORI

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Serramentisti

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Introduzione Gli articoli contenuti in questo opuscolo intendono fornire una panoramica della situazione energetica attuale e nel contempo dare alcune indicazioni sugli sviluppi futuri. Nei vari contributi s’illustrano il ruolo delle fonti energetiche – petrolio, gas, carbone – e il significato che il petrolio riveste per l’economia moderna. Si spiega l’importanza sempre maggiore delle energie rinnovabili nel mix energetico globale e il loro sviluppo anche in relazione agli obiettivi fissati dalla politica in difesa del clima. Si sottolinea, inoltre, l’aumento considerevole della produzione di fonti energetiche fossili non convenzionali – gas e oli di scisto – il cui impiego prolunga la disponibilità di energie fossili per numerosi decenni rallentando il passaggio ad un mondo di energie rinnovabili e pulite. Infine, si rimarca il ruolo particolare svolto dal gas, la fonte energetica fossile “più pulita”, e la sua funzione di “ponte” verso un futuro a zero emissioni di gas ad effetto serra e altre sostanze dannose per l’ambiente e pericolose per la salute, provocate dalla combustione di fonti energetiche fossili. Questa serie di articoli si conclude illustrando il progetto germanico “transizione energetica” il cui obiettivo è il passaggio ad un’economia basata su un’energia rinnovabile e denuclearizzata. 9


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Fabbisogno energetico mondiale: situazione attuale e prospettive future L’energia è il motore dell’economia moderna e sempre più condizione essenziale per sviluppo e benessere soprattutto in un mondo oramai globalizzato. I combustibili fossili costituiscono ancora la fonte principale garantendo oltre l’80% del fabbisogno energetico complessivo: 34% il petrolio, 26% il carbone e 22% il gas metano. Nel decennio scorso vi è stato un consistente rincaro del petrolio: da circa 25 dollari a barile si è passati a 100 e oltre. Il prezzo del petrolio ha subito, e in futuro continuerà a subire, significative oscillazioni; nell’ultimo periodo il suo prezzo si è mantenuto su livelli molto elevati. Gli esperti ritengono assai improbabile che il prezzo dell’oro nero scenda a quotazioni più accettabili. Nel mercato dell’energia, quest’andamento ha portato a cambiamenti consistenti: i combustibili fossili, il cui sfruttamento, in passato non era sinonimo di particolari guadagni, in questa condizione sono diventati redditizi. Le grandi aziende che operano in campo energetico investono in nuove forme di energia e in energie alternative. L’energia eolica e l’energia solare, ad esempio, hanno registrato importanti sviluppi (grafico 1). 11


Grafico 1 Prezzo del petrolio e fabbisogno di energia rinnovabile, 2000-2012 (US$/b) 120

(milioni toe) 2 50 200

consumo: energie rinnovabili

prezzo del petrolio

100 80

150

60 100

40

50

20

0 2000

0 2001

2002

2003

2004

2005

2006

Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2013;

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

toe = tonnellate di petrolio equivalente

Inoltre, l’elevato costo del petrolio ha generato un incremento nell’utilizzo di idrocarburi da fonti fossili non convenzionali tipo gas e petrolio di scisto e ha indotto lo sfruttamento di riserve di petrolio e gas nel Mar Artico. In proposito si pensi soprattutto alla “rivoluzione” del gas di scisto negli Stati Uniti: grazie all’impiego di nuove tecnologie questo sviluppo ha portato ad un boom di petrolio e gas come non si era mai registrato negli ultimi cento anni e a conseguenze importanti per i maggiori consumatori mondiali di energia. In base alle previsioni più recenti, fra qualche anno gli Stati Uniti non saranno più importatori di gas metano ma esportatori. Aumenterà considerevolmente anche la produzione di petrolio. Considerato che gli interessi strategici degli U.S.A. si sposteranno su altri livelli, sulla scena internazionale si assisterà ad un cambiamento imponente dell’assetto energetico internazionale. Il Medio-Oriente, tradizionale fornitore di energia perderà rilevanza almeno per gli Stati Uniti, mentre non si sa quale ruolo giocherà, in futuro, la produzione di gas di scisto in altre aree. Con queste prospettive la preoccupazione legata alla futura reperibilità di petrolio passa in secondo piano. Rivestono, invece, sempre fondamentale importanza le questioni legate alla sicurezza energetica poiché numerosi Paesi produttori di petrolio e di gas e quelli che fungono da corridoi di trasporto sono situati in aree politicamente instabili (ad esempio il Medio Oriente e l’Africa). Nonostante l’elevato costo dell’energia, il fabbisogno energetico aumenta soprattutto nei Paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo. La dipendenza da combustibili fossili, che in numerosi Paesi è in costante aumento, e la preoccupazione per l’inquinamento conseguente, fanno sì che il tema legato allo sviluppo del fabbisogno energetico futuro e al “mix energetico” sia di scottante attualità.

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tabella 1 Alcuni indicatori relativi al 2012 Fonte: Banca Mondiale. Abitanti (milioni)

Prodotto interno lordo pro capite in dollari USA

Autovetture ogni 1000 abitanti *

USA

314

52340

428

7.0

83

Giappone

128

47880

453

3.6

92

Eurozona

334

37884

470

3.5

76

Cina

1350

5720

57

1.4

52

India

1237

1580

18

0.6

32

Fabbisogno Grado di energetico primario urbanizzazione in % pro capite (t) della popolazione

* I dati si riferiscono all’anno 2011

Vi sarà sufficiente offerta a fronte di una domanda in costante crescita? Si riuscirà a diminuire drasticamente la dipendenza da combustibili fossili e ad aumentare la percentuale di energie rinnovabili in modo tale da ridurre l’inquinamento ambientale? Nella tabella in calce alcuni dati sul fabbisogno attuale di energia nel mondo ed una panoramica dello sviluppo nei prossimi decenni sulla base delle previsioni più recenti. I fattori più significativi che determinano il fabbisogno energetico sono l’aumento della popolazione da un lato e l’incremento economico dall’altro, nonché la crescente industrializzazione ed urbanizzazione nei Paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo. Tra il 2010 e il 2040 la popolazione mondiale passerà dagli attuali 7 a 9 miliardi di individui. Questo incremento avrà luogo esclusivamente nei Paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo. Nello stesso lasso di tempo l’economia nei Paesi non OCSE aumenterà del 4,4% mentre nei Paesi OCSE solo del 2%. Nei Paesi non OCSE vi è l’enorme esigenza di recuperare terreno nello sviluppo economico e nello standard vitale con conseguente, inevitabile incremento del fabbisogno di energia. Un dato particolarmente significativo: mentre negli Stati Uniti, 13


nell’Eurozona ed in Giappone si registrano tra le 428 e le 470 autovetture ogni 1000 abitanti, in Cina se ne registrano 57 e in India solo 18 (tabella 1). Nei Paesi non OCSE il fabbisogno energetico pro capite è considerevolmente inferiore rispetto ai Paesi OCSE. Se un americano consuma 7 tonnellate di energia l’anno, un indiano ne consuma solo 0,6. Grafico 2 Fabbisogno mondiale di energia (m/t) Fonte: ExxonMobile Energy Outlook 2014 (i dati si riferiscono al fabbisogno energetico primario) 20000 quota% 18000 quota% 16000 5375 30% 14000 4925 30% quota% 12000 3100 24% 10000 6825 38% 5600 34% 8000 4200 32% 6000 4000 5550 31% 5800 36% 5750 44% 2000 0 2010 2025 2040  OCSE  Non OCSE escluso Cina e India  Cina & India In base alle ultime previsioni tra il 2010 e il 2040 il fabbisogno energetico mondiale aumenterà del 35%. L’incremento di energia si registrerà solo nei Paesi emergenti Cina e India nonché nei Paesi in via di sviluppo quale conseguenza dell’incremento demografico, dell’impulso economico, dell’aumento d’industrializzazione, d’urbanizzazione e quindi del benessere. Nei Paesi non OCSE, invece, si prevede, entro il 2040, una leggera recessione a patto di incrementare l’efficienza energetica (grazie ad esempio alla produzione di autovetture a consumo ridotto di carburante).

Grafico 3

Quadro energetico a livello mondiale Fonte: ExxonMobile Energy Outlook 2014 (i dati si riferiscono al fabbisogno energetico primario) 2% 6%

2010

1%

9%

3%

2025

9% 34%

26%

6%

31%

24% 22%

2040

3%

3% 4% 8% 8%

31%

19% 24%

27%

 petrolio  gas  carbone  nucleare  biomassa  energia idrica  altre energie alternative Per quel che concerne l’utilizzo dei singoli combustibili fossili si profila questa situazione: l’impiego di petrolio, gas naturale e carbone passerà dall’82% nell’anno 2010 al 79% nel 2025 e al 77% nel 2040 anche se tali combustibili continueranno a coprire più di un terzo del fabbisogno mondiale. Se nel 2010 la quota di gas metano si attestava al 22%, nel 2025 si attesterà al 24% e nel 2040 al 27%; la quota del carbone che nel 2010 era del 26%, nel 2040 calerà al 19%; la quota percentuale del petrolio che nel 2010 era del 34, nel 2025 e nel 2040 sarà del 31. Il petrolio continuerà, comunque, ad essere la fon14


te energetica n° 1 in tutto il mondo. L’aumento di gas metano da una parte e la diminuzione dei carboni dall’altra sono da considerarsi un fatto positivo poiché la combustione di gas sprigiona quantità minori di biossido di carbonio e di altre sostanze nocive e rappresenta, quindi, alternativa più pulita a carboni e petroli. Le energie alternative (escluse energia idroelettrica e a biomassa) aumenteranno in maniera consistente ma, ciò nonostante, nel 2040 rappresenteranno solo un modesto 4% del quadro energetico mondiale. Prendendo in esame i singoli settori economici, il quadro che ne esce è molto differenziato. Dal 2010 al 2040 il fabbisogno energetico aumenterà del 28% nel settore privato e commerciale, del 35% nel settore industriale, mentre nel settore dei trasporti vi sarà un incremento del 42%. In quest’ultimo settore il petrolio continuerà a svolgere un ruolo fondamentale. Nel 2010 la quota percentuale del petrolio era di 95, nel 2040 continuerà ad essere di un considerevole 87. Le quote percentuali di gas e biocarburanti passeranno dal 4 dell’anno 2010 all’11 del 2040. Nel settore dell’elettricità nei prossimi decenni assisteremo a significativi cambiamenti in tutto il mondo. Una premessa: oggi come ieri 1,3 miliardi d’individui non dispongono di energia elettrica. In questo settore si prevedono i tassi di crescita più elevati: tra il 2010 e il 2040 il 90% a livello mondiale, il 163% nei Paesi non OCSE e solo il 23% nei Paesi OCSE. Nella produzione di energia vi sarà un elevatissimo aumento di energie alternative. Tra il 2010 e il 2040 l’aumento più significativo riguarderà l’energia eolica (540%), altre energie alternative (188%) e l’energia idrica (80%). Per quel che concerne i combustibili fossili, entro il 2025 il carbone continuerà ad aumentare leggermente per poi calare, mentre tra il 2010 e il 2040 il gas aumenterà in modo consistente (78%). Il petrolio, che nella produzione di elettricità s’impiega raramente, in futuro perderà di significato. In questo settore è evidente la tendenza a ricorrere a combustibili “puliti”. Tra il 2010 e il 2040 l’energia atomica aumenterà del 109% (grafico 4). grafico 4 Produzione di energia elettrica mondiale per fonte energetica Fonte: ExxonMobil Energy Outlook 2014 (mill. toe) altre energie alternative

2040

energia eolica energia idrica 2020

nucleare carbone gas

2010

petrolio 0

500

1000

1500

2000

2500

3000

In seguito allo sfruttamento d’idrocarburi da fonti fossili non convenzionali come il gas e il petrolio di scisto, si allontana la fine dell’“epoca dell’energia fossile” e con essa il timore per 15


la diminuzione delle riserve di petrolio disponibili. Gli investimenti in campo energetico sono ingenti a tal punto che alcuni esperti temono che eccessivi capitali vengano investiti in idrocarburi da fonti fossili non convenzionali a scapito d’investimenti in energie alternative. Considerato che il fabbisogno energetico futuro continuerà ad essere coperto principalmente da combustibili fossili, fino al 2025 le emissioni di CO 2 continueranno ad aumentare in tutto il mondo. In seguito ad un calo del fabbisogno energetico nei Paesi OCSE le emissioni di CO 2 saranno ridotte, mentre nei Paesi non OCSE aumenteranno in maniera consistente. Solo dopo si assisterà ad una riduzione di emissioni in tutto il mondo (grafico 5). Grafico 5 Emissioni di CO2 Fonte: ExxonMobil Energy Outlook 2014 (bilioni di tonnellate) 40 35 30 25 20

quota%

quota%

25,0 68%

26,6 73%

quota% 17,8 58%

15 10 5 0

12,8 42%

11,8 32%

2010

2025

9,7 27% 2040

 OCSE  Non OCSE Riassumendo si può affermare che entro il 2040 il fabbisogno energetico mondiale aumenterà del 35% a condizione che si riesca a migliorare radicalmente l’efficienza energetica. Anche nel 2040 saranno i combustibili fossili a soddisfare oltre tre quarti del fabbisogno energetico primario, anche se una parte consistente sarà coperta da idrocarburi di fonti fossili non convenzionali come il petrolio di scisto e il gas di scisto. Non si sa ancora quando, nel mondo, si potrà produrre energia senza ricorrere all’utilizzo di combustibili fossili. Il petrolio continuerà ad essere anche nel 2040 il combustibile fossile n°1 (31% del fabbisogno energetico complessivo) soprattutto grazie alla sua flessibilità. Il gas metano, il combustibile fossile più pulito, registrerà l’aumento maggiore (27%): nel 2040 farà scivolare il carbone al terzo posto (19%). Tra il 2010 e il 2040 le energie rinnovabili triplicheranno ma copriranno comunque un modesto 4% del fabbisogno energetico mondiale. La percentuale di energie alternative assumerà particolare importanza soprattutto nel settore della produzione di elettricità. Nei prossimi decenni in campo energetico non si verificherà alcuna svolta significativa, tuttavia, grazie ad un maggiore impiego di gas metano da una lato e all’aumento di energie alternative dall’altro, entro il 2025 le emissioni di CO 2 aumenteranno solo lievemente rispetto ai decenni passati; entro il 2040 possiamo auspicare un’inversione di tendenza con una leggera riduzione delle emissioni.

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Fonti energetiche fossili nel mondo Attualmente oltre l’80% dell’energia mondiale viene prodotta da fonti energetiche fossili: anche nei prossimi decenni petrolio, gas naturale e carbone rappresenteranno oltre il 75% dell’approvvigionamento mondiale. La grande importanza dei combustibili fossili per l’economia moderna e la durata limitata degli stessi giustificano l’immensa preoccupazione per la loro futura disponibilità. Le scorte di energia fossile si suddividono in riserve e risorse e sia nel primo che nel secondo caso si tratta di stime. Questo è il motivo per cui i dati pubblicati da varie istituzioni ed organizzazioni non sempre coincidono e per questo vengono corretti con una certa frequenza in base a calcoli sempre più precisi e a nuovi criteri. Per risorse energetiche s’intende l’insieme delle riserve di petrolio/gas naturale di cui si conosce l’esatta localizzazione ma che attualmente non è possibile sfruttare né economicamente né tecnicamente, nonché l’insieme di quelle quantità non ancora scoperte ma che si presume potrebbero giacere in una determinata area. Le riserve energetiche sono le quantità di petrolio/gas naturale di cui conosciamo l’esatta ubicazione e che sono economicamente sfruttabili con le attuali tecnologie. Si tratta di giacimenti per i quali nella maggior parte dei casi esiste un progetto di sfruttamento delle scorte. La trasformazione delle scorte di energia da risorse in riserve dipende da un lato dal progresso tecnologico e dall’altro dall’andamento dei prezzi dell’energia. Un esempio: l’esistenza del gas di scisto è nota da lunghissimo tempo ma il suo sfruttamento si è reso possibile solo grazie all’impiego di nuove tecnologie e solo in seguito agli elevati costi dell’energia questo gas è diventato economicamente appetibile. E’ ragionevole pensare che anche nel settore del petrolio e del gas naturale sarà possibile aumentare le riserve grazie a migliori tecniche di sfruttamento e ad ampliate conoscenze della struttura geologica del pianeta. La differenza tra petrolio/gas naturale convenzionale e non-convenzionale è determinata dal tipo di estrazione: nel primo caso si applicano tecniche di esplorazione, di utilizzo e trasporto classici, nel secondo si applicano tecnologie alternative, più impegnative e più costose. La distinzione tra petrolio convenzionale e non convenzionale non è sempre netta poiché, a lunga scadenza, è sempre più scontato il ricorso a tecnologie alternative e complesse.

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Petrolio Alla fine del 2012 le riserve mondiali di petrolio ammontavano quasi 1700 miliardi di barili (inclusi il petrolio ultra-pesante in Venezuela e le sabbie bituminose in Canada). Dieci Paesi di cui cinque in Medio Oriente rappresentano l’85% delle riserve mondiali di petrolio. Se si confronta l’attuale fabbisogno di petrolio con le riserve esistenti, si nota uno squilibrio per aree piuttosto importante. Se quasi la metà delle riserve, ovvero il 48%, giace in Medio Oriente, il 33% del petrolio viene utilizzato nella regione asiatica, seguita dal Nordamerica con un consumo pari al 26%, dall’Europa e dalla Comunità degli Stati Indipendenti pari al 21%. grafico 1 Paesi con le maggiori riserve di petrolio Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2013 aliquota percentuale (%) 17,8 15,9 10,4 9,4 9,0 6,1 5,9 5,2 2,9 2,2 15,2 100,0

miliardi di barili Venezuela 1/ Arabia Saudita Canada 2/ Iran Iraq Kuwait Emirati Arabi Uniti Russia Libia Nigeria Altri Paesi Mondo

298 266 174 157 150 102 98 87 48 37 253 1669

aliquota percentuale cumulativa % 17,8 33,8 44,2 53,6 62,6 68,7 74,5 79,7 82,6 84,8 100,0

1/ petrolio extra-pesante incluso 2/ sabbie bituminose incluse Riserve mondiali di petrolio (fine 2012) 8% 20%

Consumo mondiale di petrolio (2012) 4% 9% 21%

7%

13%

33%

48% 26% 3%

8%

 Nordamerica  Europa & Paesi CSI  Africa

 Sudamerica & America Centrale  Medio Oriente  Asia & Pacifico

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) il petrolio non convenzionale include queste categorie: petrolio extrapesante e bitumi (detti anche sabbie bituminose), gas di scisto (Light Tight Oil/LTO) e kerogene. In base alle stime dell’Agenzia IEA le risorse mondiali di petrolio convenzionale e non convenzionale ammontano a quasi 6000 miliardi di barili. Se si includesse il petrolio sintetico, che si ottiene da gas e carbone, la cifra aumenterebbe a quasi 8000 miliardi di barili.

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grafico 2 Costi di estrazione del petrolio Fonte: IEA World Energy Outlook 2013 costi di estrazione (2012 US$/barile) 120 100 80 60 40 20 1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

risorse rimanenti di petrolio tecnicamente recuperabili (miliardi di barili)  petrolio già estratto  Medio Oriente e Nordafrica  altro petrolio convenzionale  CO2 EOR

 non CO2 EOR  petrolio nell'Artico  petrolio extra pesante e sabbie bituminose  LTO (light tight oil)

 offshore-ultraprofondo  kerogene  GTL (gas to liquids)  CTL (coal to liquids)

Il grafico 2 evidenzia l’oscillazione dei costi di estrazione del petrolio in base alla regione, alla categoria (convenzionale, non-convenzionale) e alla tecnica di estrazione. In Medio Oriente e nel Nordafrica si registrano minori costi di estrazione, mentre nel resto del mondo i costi di estrazione del petrolio convenzionale sono decisamente più elevati. L’impiego di tecnologie più sofisticate per un migliore sfruttamento dei giacimenti (EOR-enhanced oil recovery), l’estrazione di petrolio in regioni difficilmente accessibili (giacimenti in acque ultraprofonde in Brasile ad esempio), oppure in regioni artiche portano a costi ancora più elevati. Estrarre petrolio di scisto, petrolio ultra-pesante e da sabbie bituminose costa ancora di più. Costi elevatissimi si registrano anche nell’estrazione di petrolio da olii di scisto e in vari, elaborati processi di trasformazione che a partire dal carbone (CTL) e dal gas naturale (GTL) portano alla produzione di molteplici varietà di combustibili liquidi tra cui il petrolio sintetico. Considerato l’attuale prezzo del petrolio, che si attesta intorno ai 100 dollari a barile, lo sfruttamento di una buona parte delle alternative riportate nel grafico risulta economicamente appetibile. Il prezzo del petrolio sarà soggetto, anche in futuro, ad oscillazioni. Tuttavia si può ipotizzare che lo stesso non scenderà più ai livelli registrati all’inizio del millennio poiché le risorse a basso costo di produzione continueranno a diminuire.

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Gas naturale Si stima che, alla fine del 2012, le riserve di gas naturale nel mondo ammontassero a 187 bilioni di metri cubi. Come già evidenziato per il petrolio, anche le riserve di gas naturale sono suddivise nelle varie aree in maniera molto irregolare. Le maggiori riserve giacciono in Iran, Russia e Qatar con una quota percentuale pari al 48,9%, ovvero quasi la metà di tutte le riserve mondiali. Prendendo in considerazione le varie aree, si nota che il 43% delle riserve di gas naturale giace in Medio Oriente, il 31% in Europa e nella Comunità di Stati Indipendenti laddove in Russia si registra la percentuale maggiore. L’Europa e la Comunità di Stati Indipendenti sono le aree in cui si registra il maggior fabbisogno di gas naturale (33%), seguite dal Nordamerica (27%) e dall’Asia (19%). grafico 3 Paesi con le maggiori riserve di gas naturale Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2013 aliquota percentuale (%) 18,0 17,6 13,4 9,3 4,5 4,4 3,3 3,0 2,8 2,4 21,4 100,0

bilioni di metri cubi Iran Russia Qatar Turkmenistan USA Arabia Saudita Emirati Arabi Uniti Venezuela Nigeria Algeria Altri Paesi Mondo

33,6 32,9 25,1 17,5 8,5 8,2 6,1 5,6 5,2 4,5 40,1 187,3

Riserve mondiali di gas naturale (fine 2012) 43%

aliquota percentuale cumulativa % 18,0 35,5 48,9 58,3 62,8 67,2 70,4 73,4 76,2 78,6 100,0

Consumo mondiale di gas naturale (2012) 4% 19% 12% 27%

8%

31%

8%

4%

33% 5%

6%

 Nordamerica  Europa & Paesi CSI  Africa

 Sudamerica & America Centrale  Medio Oriente  Asia & Pacifico

Secondo l’Agenzia IEA fanno parte dei gas non-convenzionali il gas di scisto, il gas di sabbie compatte (tight gas) e il gas metano (Coalbed Methan/CBM). Gli idrati di metano presenti in grandi quantità in tutto il pianeta appartengono ai gas non-convenzionali. Tuttavia nella maggior parte dei casi essi non vengono inclusi nelle stime delle risorse di gas non-convenzionali poiché la loro estrazione non sarà possibile in tempi prevedibili sia per ragioni di tipo tecnologico sia di tipo economico. Secondo l’Agenzia IEA le risorse di gas convenzionali e non-convenzionali si aggirano intorno agli 800 bilioni di metri cubi.

20


Carbone Il carbone è la fonte di energia primaria maggiormente presente in natura. Le maggiori riserve mondiali di carbone giacciono negli Stati Uniti (27,6%), seguiti dalla Russia (18,2%), dalla Cina (13,3%), dall’Australia (8,9%) e dall’India (7%). Questi cinque Paesi dispongono dell’oltre 75% delle riserve mondiali di carbone che non sono concentrate, come avviene nel caso del petrolio e del gas naturale convenzionali, in determinate aree, ma sono distribuite in tutti e cinque i continenti. Con una quota percentuale pari a 70 l’Asia risulta essere il maggior consumatore di carbone con la Cina che, da sola, necessita di oltre il 50% del carbone mondiale. grafico 4 Paesi con le maggiori riserve di carbone Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2013 miliardi di tonnellate USA Russia Cina Australia India Germania Ucraina Kazakistan Sudafrica Colombia Altri Paesi Mondo

237,3 157,0 114,5 76,4 60,6 40,7 33,9 33,6 30,2 6,7 70,1 860,9

Riserve mondiali di carbone (fine 2012) 0,1% 4%

aliquota percentuale cumulativa % 27,6 45,8 59,1 68,0 75,0 79,7 83,7 87,6 91,1 91,9 100,0

Consumo mondiale di carbone (2012) 0,3%

35% 31%

aliquota percentuale (%) 27,6 18,2 13,3 8,9 7,0 4,7 3,9 3,9 3,5 0,8 8,1 100,0

3%

14% 1% 70% 12%

1%

29%

 Nordamerica  Europa & Paesi CSI  Africa

 Sudamerica & America Centrale  Medio Oriente  Asia & Pacifico

Attualmente il maggior fabbisogno di combustibili fossili è coperto dal petrolio (38%), dal carbone (34%) e dal gas (28%). Se si paragonano le riserve con le risorse, il quadro cambia completamente: rispetto a petrolio e gas naturale, il carbone ha sia le maggiori riserve che le maggiori risorse. Nelle riserve fossili mondiali la quota percentuale di carbone è pari al 58% mentre quella di petrolio e gas naturale è rispettivamente del 23% e 19%. Nelle risorse le quote percentuali di carbone, gas e petrolio sono rispettivamente del 91%, 6% e 3%. E’ interessante notare come il petrolio sia da un lato il combustibile maggiormente utilizzato, dall’altro abbia la minor quota percentuale di risorse (grafico 5). 21


grafico 5 Combustibili fossili: fabbisogno, riserve e risorse (aliquota percentuale) Fonte: Federal Institute for Geosciences and Resources - Germany (BGR) Fabbisogno, 2012

Riserve, fine 2012

38%

Risorse, fine 2012

23% 58%

34%

19%

28%

 petrolio

 gas naturale

3%

91%

6%

 carbone

L’Agenzia IEA calcola che la durata delle riserve, commisurata alla produzione attuale di petrolio, sia di 54 anni per il petrolio, di 61 per il gas naturale e di 142 per il carbone. Per quel che concerne le risorse, la durata del petrolio sarà di 178 anni, del gas naturale di 233 anni e del carbone di oltre 3.000 anni. Se le stime delle riserve e con esse il possibile futuro utilizzo sono considerate attendibili, le cifre che riguardano le risorse sono molto imprecise poiché non è possibile prevedere quanto delle risorse oggetto di stima si potrà effettivamente sfruttare e quindi annoverare tra le riserve. grafico 6 Riserve e risorse dei combustibili fossili - vita media residua (anni) Fonte: IEA World Energy Outlook 2013  risorse  riserve

178 54

petrolio

233

gas naturale

61 3050

carbone

142 0

500

1000

1500

2000

2500

3000

(anni) (I dati per il petrolio e gas si riferiscono all'anno 2012, i dati per il carbone si riferiscono all'anno 2011)

In sintesi si può affermare che, in base alle conoscenze attuali, in tutto il mondo esistono ancora riserve molto consistenti di combustibili fossili e che il carbone ha di gran lunga il potenziale maggiore. La percentuale di risorse che potrà essere effettivamente sfruttata anche in futuro dipenderà, invece, dal progresso tecnologico e dalle oscillazioni del prezzo dell’energia. In futuro, sostenibilità e consenso pubblico rivestiranno un ruolo significativo nello sfruttamento di combustibili fossili. Il petrolio è il combustibile fossile le cui riserve sono maggiormente sfruttate. Sembrano oramai tramontati i tempi in cui il petrolio era a buon mercato: le riserve con costi di produzione contenuti sono sempre meno e in tempi brevi destinate ad esaurirsi considerato il crescente fabbisogno. N.B.: i miliardi (10 9) corrispondono ai bilioni e i bilioni (10 12) corrispondono ai trilioni usati in area anglosassone.

22

3500


Di quanto calerà ancora il prezzo del petrolio? Dall’inizio di giugno 2014 fino all'inizio di gennaio 2015 il prezzo del petrolio è calato di circa il 50%. Gli operatori del settore hanno atteso con trepidazione la decisione del Ministro del petrolio dei Paesi OPEC se e come tagliarne la produzione per scongiurare un ulteriore calo dei prezzi. E invece, a sorpresa, il vertice del 27 novembre 2014 si è concluso con la decisione di lasciare invariata la produzione petrolifera. Già in sede di trattativa l’Arabia Saudita ed altri Paesi del Golfo aderenti all’OPEC avevano lasciato intendere che non avrebbero votato a favore di una riduzione della produzione di greggio. Altri Paesi OPEC – Venezuela, Iran e Iraq – premevano per un taglio della produzione poiché il prezzo basso del petrolio è la causa delle continue ripercussioni negative sulla loro già debole economia. Un’altra volta ancora si è capito che molteplici e differenti sono gli interessi dei singoli Paesi OPEC e che l’Arabia Saudita, il produttore di greggio più significativo tra tutti i Paesi OPEC, ha la maggior voce in capitolo. Arabia Saudita ed altri Paesi del Go lfo dispongono di sufficienti riserve monetarie per sopportare, a lungo, un minore prezzo del greggio. Per altri Paesi OPEC tra cui Iran, Iraq e Venezuela il persistere di minori entrate avrebbe ripercussioni estremamente negative: non riuscirebbero più a pareggiare i bilanci! grafico 1

dic 29, 2014

gen 05, 2015

dic 15, 2014

dic 22, 2014

dic 01, 2014

dic 08, 2014

nov 17, 2014

nov 24, 2014

nov 10, 2014

nov 03, 2014

ott 27, 2014

ott 13, 2014

ott 20, 2014

ott 06, 2014

set 29, 2014

40 set 15, 2014

40 set 22, 2014

50 set 08, 2014

50 set 01, 2014

60

ago 25, 2014

60

ago 11, 2014

70

ago 18, 2014

70

ago 04, 2014

80

lug 21, 2014

80

lug 28, 2014

90

lug 14, 2014

90

giu 30, 2014

100

lug 07, 2014

100

giu 16, 2014

110

giu 23, 2014

110

giu 02, 2014

120

giu 09, 2014

Andamento del prezzo del petrolio (Brent) giugno 2014 - gennaio 2015 (US$/barile) Fonte: US Energy Information Adminstration 120

Quali sono i motivi che hanno portato alla caduta dei prezzi del greggio e perché l’OPEC non fa nulla per contrastare il trend al ribasso? Il consistente calo è la conseguenza di una sovrapproduzione di greggio nei mercati mondiali. Negli anni passati gli Stati Uniti hanno aumentato notevolmente la produzione di petrolio per il 23


sempre maggiore apporto di olio di scisto. Nel periodo compreso tra gennaio 2005 e settembre 2014 la produzione è aumentata da 5,4 milioni di barili al giorno a 8,9 milioni di barili al giorno il che significa un incremento di oltre 3,4 barili al giorno. Se s’include anche l’aumento della produzione di NGL , occorre aggiungere ancora 1,3 milioni di barili al giorno. L’incremento di produzione ha diminuito notevolmente le importazioni americane di greggio. In base a varie stime, questo trend si manterrà tale pure negli anni a venire. Anche altri Paesi non-OPEC quali Canada e Brasile producono maggiori quantità di petrolio. grafico 2 USA: produzione di petrolio 2005-2014 (milioni di barili al giorno) Fonte: US Energy Information Adminstration 9 8 7 6 5 4

Set-14

Mag-14

Gen-14

Set-13

Mag-13

Gen-13

Set-12

Mag-12

Gen-12

Set-11

Mag-11

Gen-11

Set-10

Mag-10

Gen-10

Set-09

Mag-09

Gen-09

Set-08

Mag-08

Gen-08

Set-07

Mag-07

Gen-07

Set-06

Mag-06

Gen-06

Set-05

Mag-05

Gen-05

3

La debole crescita economica registrata soprattutto nell’Eurozona e i minori tassi di crescita nei Paesi emergenti quali la Cina hanno portato ad una minore richiesta di petrolio. Le stime del Fondo Monetario Internazionale, dell’OCSE o di altre rinomate istituzioni evidenziano che l’economia mondiale si riprenderà solo lentamente e quindi è assai improbabile, per il momento, un aumento del consumo di petrolio. A differenza di un tempo, l’OPEC o meglio l’Arabia Saudita non è più disposta a ridurre la produzione di petrolio ed a perdere quote di mercato: sembra invece intenzionata a ribadire che una consistente parte di piccoli produttori americani di petrolio di scisto debba limitarne la produzione in modo tale che cali l’offerta ed aumenti il prezzo del greggio. Nel corso di un’intervista, il Ministro saudita del petrolio ha affermato che il mercato finirà per stabilizzarsi rendendo superfluo tagliare le quote di produzione dell’OPEC: non è dato di sapere cosa intendesse esattamente. Gli analisti interpretano così il suo pensiero: l’Arabia Saudita parte dal presupposto che, a breve, sarà necessario ridurre notevolmente la produzione americana di petrolio di scisto. Alcuni analisti imputano la decisione dell’OPEC di non limitare la produzione di greggio ad un contesto anche geopolitico. Altri ritengono che il prezzo contenuto del petrolio avrà pesanti ripercussioni sulla Russia la cui economia dipende fortemente da petrolio e gas. Si fa sempre più largo la teoria secondo la quale, così facendo, si vuole indebolire l’Iran. 24


Se il prezzo del greggio continuerà a calare, cosa piuttosto probabile poiché nel primo trimestre del 2015 la domanda continuerà a diminuire, i produttori americani più piccoli di petrolio di scisto dovranno ripensare la propria attività. Negli Stati Uniti vi sono molte piccole società petrolifere attive nella produzione di petrolio di scisto: se il prezzo si manterrà su livelli bassi, esse non potranno più produrre per scarsa redditività al contrario delle grandi multinazionali che dispongono di risorse finanziarie sufficienti per poter continuare la produzione. Quanto dovrà calare effettivamente il prezzo del greggio per rendere scarsamente redditizia la produzione di petrolio di scisto? Non è semplice rispondere a questa domanda. In alcuni studi si ritiene che questo tipo di produzione sia conveniente anche a meno di 60 US$ a barile. L’ammontare dei costi di produzione del petrolio di scisto dipende dalla condizione geologica dei singoli giacimenti. Alcuni analisti affermano che in presenza di un calo del costo del greggio l’industria petrolifera farà di tutto per diminuire i costi della produzione di petrolio di scisto in modo tale da garantirne la redditività anche in caso di prezzi minimi del petrolio. Numerose sono le domande che per il momento non trovano risposta: nelle prossime settimane e nei prossimi mesi si vedrà come si svilupperà il prezzo del greggio. Non è dato di sapere se, in presenza di un’ulteriore caduta dei prezzi, nei prossimi mesi l’OPEC ci ripenserà ed effettuerà tagli alla produzione e se altri Paesi non-OPEC (Messico e Russia, ad esempio) la caleranno per portare il costo del greggio ad un livello più elevato. Alcuni analisti sono dell’avviso che a breve termine il prezzo del petrolio si attesterà intorno agli 80 US$ a barile. Attualmente è difficile prevedere a che livello di prezzo si posizionerà il petrolio una volta raggiunta una fase di stabilizzazione.

25


26


EOLICA solare geotermica

idrica

biomassa

Il ruolo delle energie rinnovabili nel fabbisogno energetico mondiale L’impiego di energie rinnovabili presenta numerosi potenziali vantaggi rispetto all’uso di combustibili fossili. Le fonti energetiche alternative rivestono un ruolo di fondamentale importanza soprattutto nella difesa del clima e dell’ambiente poiché contribuiscono a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e di altri inquinanti atmosferici. L’utilizzo in costante aumento di energie rinnovabili porta, tra l’altro, ad una notevole diversificazione del fabbisogno energetico e contribuisce a ridurre la dipendenza da combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone). Qual è la quota percentuale mondiale di energie rinnovabili nel fabbisogno energetico complessivo e quale sviluppo si prevede per il futuro?

27


Sono fonti energetiche rinnovabili l’energia idrica, l’energia solare1, l’energia eolica, l’energia geotermica, l’energia da biomassa2 e l’energia oceanica. grafico 1 Fabbisogno di energia primaria mondiale suddiviso per fonte: aliquota percentuale Fonte: IEA World Energy Outlook 2013 (New Policies Scenario) 100% 90% 80% 70%

1 10 2 5 21

2 10 3 6

3 10 3 6

3 10 3 6

11 3 6

carbone

22

23

23

24

gas

60%

4

50% 40%

31

petrolio

energia nucleare 30

29

28

27

energia idroelettrica

30% bioenergia

20% 10% 0%

29

2011

28

27

26

25

2020

2025

2030

2035

altre energie rinnovabili

Nell’anno 2011 la quota delle energie rinnovabili complessive nel fabbisogno energetico primario 3 mondiale ammontava al 13%: 10% bioenergia, 2% energia idrica e solo 1% altre energie rinnovabili. La considerevole quota di bioenergia è una conseguenza dell’elevato consumo di biomassa tradizionale nei Paesi in via di sviluppo. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ritiene che, nel 2035, la quota dell’energia rinnovabile salirà al 18%: questo dato, seppur modesto, evidenzia che è in corso la netta tendenza a preferire l’energia rinnovabile sostenibile a discapito dell’energia fossile (grafico 1). L’impiego di energie rinnovabili, energia idrica e bioenergia escluse, aumenterà, entro il 2035, ogni anno mediamente del 7,4%, mentre per petrolio e per carbone il tasso di crescita sarà rispettivamente dello 0,5 e 0,7%. Nei Paesi industrializzati (OCSE) quasi la metà dell’energia rinnovabile viene utilizzata nel settore della produzione di energia elettrica, mentre su scala mondiale il 53% è impiegato nei settori residenziale, commerciale e pubblico. Nei Paesi in via di sviluppo vi è un diffuso utilizzo di biomassa tradizionale. E’ probabile che, con il graduale aumento dello sviluppo economico, nei Paesi non OCSE la percentuale di utilizzo sarà simile a quello dei Paesi OCSE. 1 fotovoltaico, pannelli solari termici per la produzione di acqua calda e sistemi a concentrazione solare (CSP-Concentrating Solar Power) 2 Per biomassa o bioenergia s’intendono tutti i combustibili organici non fossili di origine vegetale o animale, impiegati quali fonti energetiche. La biomassa include combustili derivanti da legno, energia di scarto, biodiesel (ad es. colza) e bioetanolo (ad es. da canna da zucchero). Per biomassa tradizionale s’intende, legno, scarti di legno, carbone vegetale e residui agricoli tipo paglia utilizzati soprattutto in Paesi in via di sviluppo per cucinare e riscaldare. 3 Una fonte di energia viene definita primaria quando è presente in natura e quindi non deriva dalla trasformazione di nessun’altra forma di energia. Rientrano in questa classificazione l’energia solare, l’energia eolica, i combustibili (petrolio o gas naturale), l’energia nucleare. Si differenzia dalle fonti di energia secondaria in quanto queste ultime possono essere utilizzate solo in seguito ad una trasformazione (ad esempio in prodotti derivati dal petrolio). L’energia secondaria più importante è l’energia elettrica.

28


grafico 2 Energia rinnovabile: consumo per settore 2010 Fonte: IEA Renewables Information 2012 Mondo 4%

OCSE 0,2% 8%

11%

4% 2%

15% 49% 53%

26%

10%

18%

 settore residenziale, commerciale e pubblico  impianti di cogenerazione (elettricità e calore) e altri impianti termici  Industria  settore dell'elettricità  altro uso  trasporto *Uso dell'industria energetica e perdite dell'energia Negli anni passati vi è stato un considerevole incremento degli investimenti in energie rinnovabili; nel periodo dal 2005 al 2012 è stato registrato un tasso medio di crescita pari al 28%. Come si evince dal grafico n° 3, vi è una forte correlazione tra investimenti in energie rinnovabili e prezzo del petrolio. In seguito all’elevato costo di quest’ultimo l’utilizzo di energie rinnovabili è diventato più appetibile ed è aumentata la sua forza concorrenziale nei confronti dei combustibili fossili. Inoltre sono calati drasticamente i costi delle tecnologie impiegate, ad esempio, per la produzione di moduli fotovoltaici. La IEA ritiene che, nel 2012, le sovvenzioni mondiali per le energie rinnovabili ammontassero a 101 miliardi di dollari, mentre le sovvenzioni per le fonti energetiche fossili a 544 miliardi di dollari. grafico 3 Investimenti mondiali in energie rinnovabili Fonti: investimenti in energie rinnovabili - REN21 Renewables Global Status Report 2013 prezzo del petrolio - BP Statistical Review of the World Energy 2013 (US$ per barile) 120 prezzo del petrolio 100

(miliardi di dollari) 300 investimenti in energie rinnovabili

250

80

200

60

150

40

100

20

50

0

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

0

Negli anni passati energia solare ed eolica hanno fatto registrare i tassi di crescita più consistenti. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2012 l’uso del fotovoltaico è aumentato, a livello mondiale, in media del 60% l’anno, mentre nello stesso periodo la produzione di energia termosolare è 29


aumentata del 43%; nella produzione di energia da fonte eolica vi è stato un aumento medio annuo del 25%; buoni i tassi di crescita anche nell’impiego di pannelli solari per la produzione di acqua calda e nella produzione di biodiesel ed etanolo (grafico 4). grafico 4 Crescita media annua di energie rinnovabili e produzione di biocombustibili 2007-2012 Fonte: REN21 Renewables 2013 Global Report energia fotovoltaica

60%

impianti a concentrazione solare

43%

energia eolica

25%

produzione di biodiesel pannelli solari termici/ produzione di acqua calda produzione di bioetanolo

17% 15% 11%

energia geotermica

4%

energia idroelettrica

3,3% 0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

Le rinnovabili svolgono già oggi un ruolo significativo nel settore della produzione di energia. Nel 2012 la quota mondiale di energie alternative nel settore dell’elettricità era pari al 21% laddove l’energia idroelettrica rappresentava il 16%. Se si prendono in considerazione le energie rinnovabili senza energia idroelettrica, allora l’energia eolica figura al primo posto con il 52%, seguita dalla biomassa con il 31%, dall’energia solare con il 10% e dalla geotermia con il 7%. Le centrali ad energia oceanica utilizzano la forza delle onde marine per produrre energia elettrica: questo tipo di produzione è agli arbori ed infatti è rappresentata da un modestissimo 0,6% (grafico 5). grafico 5 Produzione di elettricità 2012 Fonte: EDF - Observatoire des energies renouvables: Worldwide electricity production from renewable energy sources 2013 suddivisa per fonte di energia

da fonti energetiche rinnovabili

da fonti energetiche rinnovabili (senza energia idroelettrica)

11%

31%

11%

16% 78%

68%

7%

52%

2% 2%

5%

 carbone, gas, petrolio  energia nucleare  energia idroelettrica  energie rinnovabili senza idroelettrica

7% 10%

 bioenergia  energia solare  energia eolica  energia geotermica

La IEA ritiene che, nel mercato dell’energia elettrica, la competitività delle energie alternative sia in continuo aumento in tutto il mondo, perciò anche nei prossimi anni e decenni si prevede un incremento importante dei tassi di crescita. Con tutta probabilità gli incrementi più consistenti verranno registrati nella produzione di energia elettrica da energia solare ed eolica. 30


grafico 6 Produzione mondiale di energia elettrica da fonti rinnovabili Fonte: IEA Renewable Energy Medium- Term Market Report 2013 TWh 8000 7000 6000

Crescita media 2012-2018 5.2%

energia geotermica & energia oceanica energia fotovoltaica & energia solare a concentrazione energia eolica bioenergia energia idroelettrica

24.9% 15.3%

5000

7.0%

4000 3000

3.2%

2000 1000 0

2006

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Prendendo in considerazione la quota delle energie rinnovabili nella produzione di energia elettrica nei vari Paesi e nelle diverse aree, si configura questo scenario: nel 2012, nel mondo, l’apporto delle energie rinnovabili senza energia idroelettrica era pari a 480 GigaWatt laddove 210 GW ovvero il 44% si riferiva all’Unione Europea mentre 128 GW ovvero il 27% agli Stati BRICS. Se si confrontano i singoli Stati, la Cina figura al primo posto (19%) seguita da Stati Uniti (18%) e Germania (15%). Fra i primi 6 Stati ve ne sono due emergenti a dimostrazione del fatto che nell’utilizzo delle energie rinnovabili i Paesi emergenti svolgono un ruolo di tutto rispetto. Sia la Cina che altri Paesi emergenti puntano molto sulle energie rinnovabili e promuovono consistenti incentivi per il loro sviluppo. Nei diversi Paesi l’utilizzo delle energie rinnovabili è distribuito in maniera non omogenea. Nella tabella n° 1 figurano i 5 Paesi con capacità maggiore: è interessante notare che la Cina, il più importante Paese emergente, occupa un posto di prim’ordine nell’uso delle energie rinnovabili. La Cina figura al primo posto anche nella capacità totale di energia rinnovabile compresa ed esclusa l’energia idroelettrica, mentre per quel che concerne il 31


totale pro capite è in testa la Germania. Per quel che riguarda l’energia eolica, il primo posto è occupato dalla Cina mentre per quel che concerne l’energia fotovoltaica dalla Germania. Nel settore delle rinnovabili guidano la classifica i Paesi emergenti Cina, India, Brasile e la Turchia accanto ai Paesi industrializzati. E’ interessante notare come l’energia solare sia utilizzata non solo in Paesi a sud dell’emisfero, ma anche in Paesi tipo Germania dove l’irraggiamento solare è ben diverso. La Cina non spicca solo per l’impiego di energie rinnovabili ma anche per la produzione di sistemi fotovoltaici e pannelli solari. grafico 7 Energie rinnovabili: capacità mondiale di produzione di elettricità* 2012 (gigawatt) 1/ BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica Fonte: REN21 Renewables 2013 Global Report * senza energia idroelettrica 480

Mondo 210

UE BRICS 1/

128 0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

Cina

500

90

USA

86 71

Germania Spagna

31 29

Italia 24

India 0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Alcuni esperti temono che i sostanziosi investimenti nell’industria del gas di scisto e in altre forme di energia fossile non convenzionali provochino la riduzione delle risorse finanziarie destinate allo sviluppo delle rinnovabili rallentandone la crescita. La crescente competitività delle rinnovabili rispetto alle energie fossili fa, invece, ben sperare nella loro capacità di conquistare sempre maggiori quote di mercato. In un rapporto pubblicato nel 2013, l’Organizzazione Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) spiega che già oggi, in determinate aree del mondo, nel settore della produzione di energia elettrica parte delle energie rinnovabili è già fortemente competitiva rispetto alle energie fossili: in zone non allacciate a reti elettriche ad esempio, dove gli impianti fotovoltaici contribuiranno ad aumentare, entro il 2020, la loro forza concorrenziale. Sebbene le rinnovabili siano, senza ombra di dubbio, più sostenibili rispetto ai combustibili fossili, gli ambientalisti temono che la costruzione di dighe per le centrali idriche possa danneggiare l’ecosistema di determinate aree. Nel contempo muovono critiche alla produzione di combustibili biologici: quest’ultima richiede, infatti, la trasformazione di vaste aree a coltivazione tradizionale in aree destinate a colture energetiche con conseguente aumento del costo dei cereali. 32


tabella 1 Energie rinnovabili: Paesi leader Capacità (fine 2012) Fonte: REN21- Renewables 2013 Global Status Report Totale di Totale di Totale di energia energia Energia energia rinnovabile rinnovabile geotermica rinnovabile Bioenergia (compresa pro capite (produzione di (senza energia l'energia (senza energia elettricità) idroelettrica) idroelettrica) idroelettrica) 1 Cina Cina Germania USA USA 2 USA

USA

Svezia

Brasile

Filippine

Energia idroelettrica

Energia solare termica (CSP)

Cina

Spagna

Brasile

USA

3 Brasile

Germania

Spagna

Cina

Indonesia

USA

Algeria

4 Canada

Spagna

Italia

Germania

Messico

Canada

Egitto/Marocco

5 Germania

Italia

Canada

Svezia

Italia

Russia

Australia

Energia fotovoltaica pro capite

Energia eolica

Pannelli solari termici

Pannelli solari termici pro capite

Energia geotermica

Germania

Cina

Cina

Cipro

USA

Energia fotovoltaica 1 Germania

Energia geotermicariscaldamento diretto Cina

2 Italia

Italia

USA

Germania

Israele

Cina

USA

3 USA

Belgio

Germania

Turchia

Austria

Svezia

Svezia

4 Cina

Rep. Ceca

Spagna

Brasile

Barbados

Germania

Turchia

5 Giappone

Grecia

India

India

Grecia

Giappone

Giappone/Islanda

La difesa del clima è uno dei punti più importanti nello sviluppo delle energie rinnovabili. Il loro sempre più diffuso utilizzo contribuisce alla sicurezza nell’approvvigionamento energetico e riduce la dipendenza da fonti energetiche fossili. A lungo termine si può senz’altro affermare che è indispensabile aumentare la produzione di energie alternative poiché le scorte di combustibili fossili sono destinate ad esaurirsi. La rapidità con cui la quota di energie rinnovabili aumenterà nel mix energetico, dipenderà dalle condizioni politiche e dalla disponibilità degli Stati a garantire i necessari incentivi. Gli obiettivi che la politica si prefiggerà a difesa del clima saranno parte determinante nello sviluppo delle energie rinnovabili così come i fattori economici tra cui l’andamento dei costi e il progresso tecnologico, il livello dei prezzi dei combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) e i costi delle emissioni di CO 2.

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2015

KLIMAENERGY 26 - 28 marzo 2015 | Bolzano

Fiera internazionale delle energie rinnovabili gio-ven: 9.00-18.00 | sab: 9.00-17.00

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www.klima-energy.it

34


Produrre energia da gas naturale: un contributo “pulito” alla copertura del fabbisogno energetico? Nel consumo energetico primario globale il gas naturale è, con una quota percentuale pari a 21, la fonte energetica più importante dopo petrolio e carbone. E’ considerato un combustibile fossile sostenibile e “pulito” poiché, in confronto a petrolio e carbone causa minori emissioni di biossido di carbonio CO 2 ed in fase di combustione rilascia minori quantità di sostanze nocive. Dalle varie previsioni si evince che, nei prossimi anni e decenni, la quota complessiva di gas naturale nel mix energetico globale continuerà ad aumentare. Se dal 2011 al 2035 petrolio e carbone registreranno a livello mondiale un tasso di crescita annuale medio rispettivamente dello 0,5 e 0,7%, il gas naturale registrerà un incremento dell’1,6%. In base alle stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la quota di gas nel fabbisogno energetico primario aumenterà dal 21% dell’anno 2011 al 24% nel 2035. grafico 1 Fabbisogno energetico mondiale: aliquota percentuale per fonte Fonte: IEA World Energy Outlook 2013 (New Policies Scenario) 2011

2035

info

1% 4%

10%

5%

29%

11%

3%

25%

crescita media annua 2011-2035 carbone 0,7

6%

petrolio 0,5

21% 24% 32%

gas 1,6 27%

energia nucleare

2,1

energia idroelettrica

2,2

bioenergia 1,5  carbone  gas  energia idroelettrica  altre energie rinnovabili

 petrolio  energia nucleare  bioenergia

rinnovabili 7,4 energia primaria totale

1,2

La forte crescita è dovuta all’eco-compatibilità del gas naturale, all’ampia disponibilità in tutto il mondo e alle consistenti riserve/risorse. In confronto a petrolio e carbone, il gas naturale è il combustibile che nel processo di combustione emette la minor quantità di biossido di carbonio (CO 2). Essendo quest’ultimo uno dei maggiori responsabili del surriscaldamento terrestre è assolutamente necessario intervenire per limitarne le quantità. Rispetto a petrolio e carbone, nel processo di combustione del gas naturale si producono anche minori emissioni di altre sostanze nocive tipo diossido di zolfo, particolato carbonioso ed altre particelle. Nel 2011 il carbone 35


ha emesso il maggior quantitativo di CO 2 (44%), seguito da petrolio (35%) e gas naturale (20%). Paragonato al gas, il carbone emette il doppio delle quantità di CO 2. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi fissati a livello politico per la difesa del clima, è dunque importante incrementare ulteriormente il consumo di gas naturale e diminuire quello legato a carbone e petrolio. grafico 2 Consumo mondiale di energia primaria ed emissioni di CO2 per fonte di energia 2011 Fonte: IEA CO 2 Emissions from Fuel Combustion (2013 Edition) consumo di energia primaria

32%

emissioni di CO2

35% 0%

20%

petrolio gas

21%

29%

18%

20%

44% 40%

60%

80%

carbone altre fonti energetiche

Il gas naturale è composto in massima parte da metano. Se in fase di estrazione il metano entra direttamente nell’atmosfera produce gas serra e contribuisce in maniera importante al mutamento del clima. Questo fenomeno si riscontra nel gas flaring, ad esempio, una pratica consistente nella combustione del gas che genera una fiamma sopra le torri petrolifere. Il gas in eccesso estratto insieme al petrolio, viene bruciato perché risulterebbe troppo costoso costruire infrastrutture adeguate per trasportarlo nei luoghi di consumo. Sebbene i Paesi che estraggono gas naturale tentino di utilizzare, per quanto possibile, il gas in eccesso, nel 2011 è stato incendiato ben il 3,6% del consumo mondiale di gas. La Russia e la Nigeria figurano tra i Paesi che dispongono delle maggiori quantità inutilizzate di gas che entra in atmosfera o viene incendiato.

gas „flaring“ A differenza del petrolio, nella produzione di energia la disponibilità di gas naturale non sarà limitata dallo stato delle scorte e da un fabbisogno che è in costante crescita. I successi dello sfruttamento dei giacimenti di gas naturale non convenzionali il gas di scisto soprattutto negli Stati Uniti ad esempio - hanno decisamente migliorato la situazione dell’offerta in tutto il mondo. Vi sono riserve di gas in tutti i continenti e in moltissimi Paesi anche se distribuite in maniera non omogenea.

36

1% 100%


Nella produzione di gas naturale al primo posto figurano gli Stati Uniti con una quota percentuale pari a 20, seguiti da Russia, Qatar, Iran e Canada. Gli Stati Uniti guidano la classifica anche nell’utilizzo con una quota percentuale pari a 20,9 davanti a Russia, Iran, Cina e Giappone. I cinque maggiori Paesi esportatori sono la Russia, il Qatar, la Norvegia, il Canada e l’Algeria. Per quel che concerne le importazioni al primo posto figura il Giappone con il 12% davanti a Germania, Stati Uniti, Italia e Corea del Sud (tabella 1). Grazie al costante aumento della produzione di gas di scisto, entro il 2020 gli Stati Uniti si trasformeranno da Paese importatore a Paese esportatore. tabella 1 Gas naturale: produzione, consumo, esportazioni ed importazion 2012 Fonte: Eni World Oil and Gas Review 2013 miliardi miliardi produzione di metri (%) consumo di metri (%) esportazione cubi cubi USA 665,9 19,6 USA 709,6 20,9 Russia Russia 642,9 19,0 Russia 461,5 13,6 Qatar Qatar 169,3 5,0 Iran 156,3 4,6 Norvegia Iran 159,6 4,7 Cina 141,9 4,2 Canada

miliardi di metri cubi 189,3 127,8 110,6 87,3

(%)

importazione

miliardi di metri cubi 121,6 87,7 86,7 66,2

(%)

Canada

154,8

4,6

Giappone

125,5

3,7

Algeria

51,9

5,1

Norvegia

116,8

3,4

99,6

2,9

Paesi Bassi

51,6

5,1

Cina

107,0

3,2

Canada Arabia Saudita

Giappone Germania USA Italia Corea del 51,1 Sud Regno Unito 50,6

92,7

2,7

USA

44,3

4,3

Francia

46,7

4,6

Arabia Saudita

92,7

2,7

Germania

80,9

2,4

Indonesia

38,7

3,8

Turchia

45,1

4,4

Algeria

81,6

2,4

79,1

2,3

36,1

3,5

Cina

38,3

3,8

Indonesia Totale Altri Paesi Mondo

79,8 2270,5 1122,0 3392,5

2,4 66,9 33,1 100,0

73,2 2020,1 1379,4 3399,5

2,2 59,4 40,6 100,0

28,9 766,5 255,5 1022,0

2,8 75,0 25,0 100,0

Spagna Totale Altri Paesi Mondo

36,3 630,3 386,6 1016,8

3,6 62,0 38,0 100,0

Regno Unito Italia Totale Altri Paesi Mondo

Turkmenistan Malesia Totale Altri Paesi Mondo

18,5 12,5 10,8 8,5

12,0 8,6 8,5 6,5 5,0 5,0

Il consumo di gas continuerà ad aumentare in tutte le aree in particolare nei Paesi non OCSE grazie ad una crescita economica importante e alla conseguente industrializzazione, all’aumento della richiesta di elettricità, allo sfruttamento di risorse locali. Tra il 2012 e il 2035 l’Asia registrerà l’incremento medio annuo maggiore (3,4%) in seguito all’aumento del consumo di energia in Cina e in India. Infatti, entro il 2035 in India l’utilizzo di gas triplicherà e in Cina addirittura quadruplicherà. Aumenti consistenti si verificheranno anche in Africa (3,2%), in Medio Oriente (3%), Sudamerica e in Centroamerica (2,8%). In Nordamerica, in Europa e nella Comunità degli Stati Indipendenti C.S.I. l’incremento dell’efficienza energetica e il modesto aumento della popolazione porteranno a tassi di crescita moderati: con tutta probabilità in media tra lo 0,8 e lo 0,9%.

37


grafico 3 Consumo mondiale di gas naturale per area geografica Fonte: BP World Energy Outlook 2014 * toe = tonnellate equivalenti di petrolio (milioni di toe*) 5000 4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 2012

crescita media annua: 2012-2035 3,4% 3,2% 3,0% 0,9% 2,8% 0,8%

2015

 Nordamerica  Sudamerica & America Centrale  Europa & paesi CSI

2020

2025

2030

2035

 Medio Oriente  Africa  Asia & Pacifico Se si prendono in considerazione i vari settori, il quadro si presenta in maniera molto differenziata. La crescita più consistente si registra nel settore dei trasporti con il 6,8% nel periodo compreso tra il 2012 e il 2035: il livello rimane, comunque, molto basso. Attualmente in tutto il mondo si stimano 17,7 milioni di autovetture alimentate a gas il che corrisponde alla modesta quota dell’1,7 di tutta la flotta dei veicoli esistenti al mondo che supera il miliardo. La IEA ritiene che questa percentuale potrebbe aumentare al 4,8% entro il 2035. Due terzi dei veicoli alimentati a gas circolano in Paesi non OCSE e sono utilizzati soprattutto in Asia e in America Latina. Nell’ambito dei Paesi OCSE un numero apprezzabile di veicoli alimentati a gas circola solo in Italia e in Corea del Sud. Attualmente è possibile realizzare dal gas prodotti tipo benzina, diesel e altri prodotti petroliferi nonostante il processo di lavorazione sia molto complicato e costoso. Ricercatori americani stanno lavorando ad un processo di produzione più economico. All’inizio di marzo 2014 la Shell ha lanciato sul mercato un nuovo olio motore ricavato dal gas. Queste invenzioni contribuiscono a diminuire la dipendenza dal petrolio e di conseguenza le emissioni di CO 2. Nel settore della produzione industriale ed elettrica nel periodo compreso tra il 2012 e il 2035 i tassi di crescita medi annuali ammontano rispettivamente all’1,9 e 1,8%; nell’industria chimica il gas funge da materia prima nella produzione, tra l’altro, di plastica, ammoniaca e concimi azotati. Il gas svolge un ruolo di primaria importanza anche nell’industria siderurgica. Il gas naturale utilizzato nella produzione di elettricità rilascia la metà delle emissioni rispetto al carbone e non produce emissioni di biossido di zolfo. A medio e lungo termine in tutti i Paesi OCSE il gas sostituirà il carbone nella produzione di energia elettrica. Le centrali a gas si distinguono per il loro elevato grado di efficienza e per l’elevato potenziale soprattutto se impiegate in combinazione con energie rinnovabili tipo l’eolica. Anche le centrali termoelettriche a ciclo combinato

38


raggiungono un elevatissimo grado di efficienza grazie al loro funzionamento che può essere fisicamente interpretato come l’accoppiamento di due centrali più semplici: una centrale a gas e una centrale termoelettrica tradizionale. grafico 4 Consumo mondiale di gas naturale suddiviso per settore Fonte: BP World Energy Outlook 2014 * toe = tonnellate equivalenti di petrolio (milioni di toe*)

crescita media annua: 2012-2035

5000 4500 4000

1,5%

3500 3000

1,9%

2500 2000 1500

1,8%

1000 500 0

6,8% 2012  trasporto

2015

2020

2025

 settore elettricità

 industria

2030

2035  altri settori

A differenza del petrolio, per il gas non vi è un mercato mondiale, ma solo mercati regionali che funzionano indipendentemente uno dall’altro. I tre mercati principali sono il Nordamerica, l’Europa e l’Asia. Negli anni passati nel mercato del gas degli Stati Uniti vi è stato un pesante crollo dei prezzi dovuto all’incremento della produzione di gas di scisto. Nel 2013 in Europa i prezzi del gas erano tre volte superiori a quelli degli Stati Uniti e in Giappone addirittura quattro volte più elevati. Il mercato americano è liberalizzato e i prezzi si basano sul suo andamento. In Europa e in Asia una parte consistente dei prezzi del gas è fissata in contratti di fornitura a lungo termine laddove i prezzi sono parzialmente abbinati al prezzo del petrolio. L’incremento degli scambi commerciali di gas naturale liquefatto (GNL) contribuisce ad una maggiore differenziazione, mentre a lungo nonché medio termine tale incremento porterà ad una globalizzazione del mercato del gas con conseguente costante diminuzione delle differenze di prezzo nei singoli mercati.

nave metaniera 39


Il gas naturale si trasporta attraverso gasdotti oppure, trasformato in gas naturale liquefatto (GNL), in speciali navi metaniere. Nel primo caso il gas mantiene il proprio stato nonostante la forte compressione cui è sottoposto per ridurne il volume ed aumentarne l’efficienza nel trasporto, mentre nel secondo caso viene raffreddato ad una temperatura di -164°C e liquefatto sotto pressione atmosferica in modo tale che il volume originario si riduca di un 600°. Trasportato in speciali container, una volta arrivato a destinazione, su piattaforme dedicate il gas viene riportato allo stato originario prima di essere immesso nei gasdotti di distribuzione. Attualmente il più grande esportatore di gas naturale liquefatto è il Qatar seguito dall’Australia e dalla Malesia. L’illustrazione n° 1 indica le principali reti di trasporto del gas naturale nel mondo. illustrazione 1 Principali reti di trasporto del gas naturale nel mondo 2013 (milliardi di metri cubi) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2013

USA Canada Messico Sudamerica e America Centrale Europa e paesi CSI Medio Oriente Africa Asia e Pacifico

pipeline GNL

Grazie alla costruzione di nuovi gasdotti e all’incremento del commercio di GNL, nei prossimi anni e decenni le importazioni e le esportazioni di gas aumenteranno in maniera determinante in tutte le aree del mondo. Consistenti aumenti verranno registrati in particolare nell’area asiatica: in Cina, ad esempio, entro il 2035 le importazioni triplicheranno. Si stima che, entro il 2030, le importazioni e le esportazioni aumenteranno in tutto il mondo mediamente del 3,7%, il commercio di GNL aumenterà del 4,3% mentre il gas trasportato in gasdotti del 3%. Nelle importazioni complessive di gas, nel 2011 la quota percentuale del GNL era pari a 26, nel 2012 è aumentata al 32 e nel 2035 si prevede raggiunga il 46.

40


grafico 5 Esportazioni mondiali di gas Fonte: BP Statistical Review of the World Energy & BP Energy Outlook 2013 miliardi di metri cubi 2500  pipeline  GNL (previsione) 2000 1500 1000 500

143 411

26% 74%

189 533

328

32%

706

68%

26% 74%

0

2001 2005 2012 Nei prossimi decenni il gas svolgerà un ruolo sempre più

966

46%

1134

54%

2035

importante nel fabbisogno energetico globale. Grazie alla disponibilità diffusa in tutto il mondo, alle consistenti scorte e ai costi molto competitivi il consumo di gas è destinato ad un aumento più elevato rispetto a quello di petrolio e carbone. La crescente tendenza nelle esportazioni di GNL migliorerà ulteriormente la flessibilità del mercato del gas e di conseguenza la competitività nei confronti di petrolio e carbone. Inoltre, grazie all’incremento del mercato di GNL, sarà maggiormente garantita la sicurezza nell’approvvigionamento energetico poiché diminuirà la dipendenza da quei pochi fornitori di gas presenti attualmente in Europa (importazioni dalla Russia). Rispetto a petrolio e carbone il gas naturale produce minori emissioni di CO 2 e nel processo di combustione la percentuale di altre sostanze nocive tipo biossido di zolfo e particolato carbonioso sono nettamente minori. Anche per questo motivo il gas svolge un ruolo determinante nel raggiungimento degli obiettivi che la politica si è prefissa nella difesa del clima. Il gas naturale viene considerato il mezzo con cui attuare la svolta nel settore energetico impiegando energie rinnovabili a discapito delle fonti energetiche fossili. 41


2015

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42


info 4

1

Gas di scisto: una rivoluzione Negli Stati Uniti la produzione di gas di scisto ha portato ad un drastico cambiamento nell’industria energetica con conseguenti ripercussioni in tutto il mondo dell’intero mercato dell’energia. Questa novità diminuisce di fatto le perplessità per il progressivo calo dei combustibili fossili. Quali sono state le premesse e le cause di questo sviluppo? Il gas di scisto sarà in grado di apportare dei cambiamenti nel mercato energetico anche fuori dagli Stati Uniti? Il gas di scisto è un idrocarburo definito non convenzionale

3

anche se è del tutto identico a quello tradizionale sia per formazione che composizione. Rispetto al gas comune, completamente differenti sono invece i giacimenti e la tecnologia necessaria per l’estrazione del gas di scisto che si trova in una roccia, solitamente un’argilla, poco permeabile o addirittura

2

del tutto impermeabile. Da un punto di vista tecnico la sua estrazione è molto più complessa e difficile rispetto a quella del gas convenzionale e i costi che ne derivano più elevati. Considerato che le riserve di gas naturale convenzionale sono destinate ad esaurirsi, qualche decennio fa aziende americane hanno cercato di sviluppare nuove tecniche di estrazione.

L'estrazione in 4 passi

La combinazione tra “horizontal drilling” (tecnica di perfora-

1. Costruzione di un pozzo verticale fino allo strato degli scisti bituminosi

zione orizzontale) e “hydraulic fracturing” ovvero “hydraulic fracking” (fratturazione idraulica delle rocce) ha causato una vera e propria rivoluzione che ha portato all’estrazione del gas di scisto. La sua presenza è spesso legata a giacimenti di gas convenzionali. Da alcuni decenni il continuo incremento dei costi di petrolio e gas ha finito per rendere conveniente economicamente l’estrazione di gas di scisto. Negli Stati Uniti, il rapido aumento della produzione di questo idrocarburo si è reso possibile grazie alla delibera presa nel 2005 dal Congresso; in sostanza si è permesso alle multinazionali petrolifere e del gas di ricorrere alla tecnica della fratturazione idraulica, tanto discussa in quanto sospettata di causare importanti danni ambientali.

2. La trivellazione diventa orizzontale attraversando la formazione delle rocce bituminose 3. Le fratture prodotte vengono al largate utilizzando dei getti d'acqua ad alta pressione (90%), con sabbia (9.5%) e agenti chimici (acidi, cloruri e sali 0.5%). permettendo così la fuori uscita del gas 4. Una vo lta terminata l'estrazione del gas la pressione viene abbassata e l'acqua sa le in superficie Fonte: Commissione Europea 2012 43


grafico 1 USA: produzione di gas e prezzo di gas Fonte: EIA / US Department of Energy (milioni di piedi cubi) 30

(US$/mmbtu) gas di scisto

gas convenzionale

10

prezzo del gas

9

25

8 7

20

6 5

15

4 10

3 2

5

2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

0

2000

1 0

Se nell’anno 2000 il gas di scisto rappresentava a malapena il 2% della produzione complessiva di gas degli Stati Uniti, nel 2012 la percentuale era già salita a 38. Grazie al costante aumento della sua produzione, nel 2009 gli Stati Uniti sono diventati il maggior produttore di gas al mondo davanti alla Russia: nei prossimi anni riusciranno non solo a coprire il proprio fabbisogno di gas naturale da fonti domestiche ma addirittura ad esportarlo. Il Ministero americano dell’energia (EIA/DOE) stima che nei prossimi decenni la produzione di gas di scisto continuerà ad aumentare e nel 2040 supererà il 50% della produzione complessiva di gas, mentre la produzione di gas convenzionale registrerà solo un lieve aumento (grafico 2). Negli Stati Uniti l’incremento della produzione di gas ha fatto scendere il prezzo da oltre 10 $/mmbtu1 nel 2008 a meno di 3 US$/mmbtu nel 2012; nel 2013 ammontava a 3,7 US$/mmbtu. E’ interessante notare che, negli U.S.A., dalla metà dello scorso decennio vi è stato un disaccoppiamento dei prezzi del gas dal prezzo del petrolio.

1

44

Nel mondo anglosassone i prezzi del gas sono espressi in BTU’s (british thermal units), mmbtu sta per milioni di btu


grafico 2 USA: produzione di gas naturale 2011-2040 Fonte: EIA/DOE Energy Outlook 2014 (bilioni di piedi cubi) 40 35

 gas convenzionale  gas di scisto

3 25 20 15 10 5 0

7,9 35,2%

13,3 45,8%

16,9 49,1%

19,8 52,8%

14,6 64,8%

15,8 54,2%

17,5 50,9%

17,7 47,2%

2011

2020

2030

2040

Negli Stati Uniti il mercato del gas è liberalizzato e il prezzo dipende dalla situazione del mercato. In Europa e in Giappone i prezzi sono molto più elevati poiché in gran parte sono collegati ai prezzi del petrolio e spesso fissati in contratti a lungo termine. Nel 2013 in Europa il gas costava più del triplo e in Giappone più del quadruplo che in America (grafico 3). In base alle previsioni, l’aumento della produzione di gas negli Stati Uniti e le conseguenti esportazioni di gas naturale liquefatto (LNG) in Europa e in Asia porterà, nei prossimi anni, anche in Europa e in Giappone ad un sensibile calo dei prezzi, mentre negli Stati Uniti ad un leggero aumento. A lunga scadenza le oscillazioni dei prezzi nelle tre aree economiche diminuiranno. Grazie all’incremento dell’offerta di gas naturale negli Stati Uniti, il carbone verrà man mano sostituito dal gas naturale soprattutto nel settore della produzione di elettricità. Ciò significa che vi sarà un calo di emissioni di biossido di carbonio e di altre sostanze nocive, calo utile al raggiungimento degli obiettivi che la politica si è prefissa nella difesa del clima. Diversi studi confermano che l’industria del gas di scisto influisce positivamente sull’economia degli U.S.A. e che in passato ha contribuito a creare numerosi, nuovi posti di lavoro. Se da un lato il settore energetico e i comparti industriali di riferimento – l’industria siderurgica ad esempio - hanno registrato un considerevole sviluppo, dall’altro i settori industriali ad elevatissimo consumo energetico – industria chimica, dell’acciaio, dell’alluminio e delle materie plastiche – hanno tratto enormi vantaggi dai prezzi contenuti del gas aumentando in tal modo la propria capacità concorrenziale verso altri Paesi. Il gas naturale è una materia prima fondamentale per l’industria chimica e per quella delle materie plastiche: grazie all’incremento dell’offerta di gas e ai costi contenuti, quest’ultimo settore registra una crescita consistente. I prezzi contenuti del gas sono di beneficio anche negli ambiti familiari e nei settori commerciali.

45


grafico 3 Andamento dei prezzi del gas e del petrolio Fonti: BP Statistical Review of the World Energy 2013, Worldbank-Commodity Prices 1/ Henry Hub (Louisiana) è il centro più importante della rete di distribuzione di gas naturale negli Stati Uniti (US$ / mmbtu) 20

Giappone GNL cif

18

Germania: prezzo gas medio cif

16

USA prezzo di gas - Henry Hub 1/

14

prezzo petrolio: paesi OCSE cif

12 10 8 6 4 2 0

2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

1990

In base alle stime del Ministero americano dell’energia (Energy Information Administration – EIA) le riserve mondiali di gas di scisto si attestano sui 7.795 bilioni di piedi cubi (220 bilioni di metri cubi): si tratta di giacimenti nei quali operare con mezzi tecnici attualmente a disposizione indipendentemente dal fatto che l’estrazione sia economicamente appetibile. Queste stime non riguardano tutti i giacimenti di gas di scisto inclusi quelli situati in Medio Oriente, in aree sperdute dell’Africa e in aree che si affacciano sul Mar Caspio. Sebbene essi siano presenti in tutti cinque i continenti e suddivisi tra i vari Paesi, sono sei gli Stati che si spartiscono molto più della metà del gas: Stati Uniti, Cina, Argentina, Algeria, Canada e Messico. Non è ancora chiaro in che misura i giacimenti di gas di scisto presenti in aree fuori dagli Stati Uniti possano essere sfruttati con ritorni economici convenienti: dipende da un lato dalla situazione geologica, dalle infrastrutture esistenti e dalle conoscenze tecniche di chi si occupa dell’estrazione, dall’altro dal grado di accettazione della popolazione e dalle condizioni politiche. Negli Stati Uniti i giacimenti sono situati in aree non popolate, mentre in Europa, ad esempio, le riserve di gas di scisto si trovano in regioni ad elevata densità abitativa. Attualmente in America e in Canada il gas di scisto viene estratto in quantità significative; la Cina e l’Australia ne producono quantità minori; in Argentina la produzione si trova ancora in fase di sperimentazione così come in altri Paesi tra cui Polonia, Gran Bretagna e Indonesia dove hanno luogo perforazioni di prova. Per quel che concerne la produzione futura di gas di scisto, la Cina si è posta obiettivi molto ambiziosi: da un lato la richiesta di energia continua ad aumentare, dall’altro per contrastare l’aumento dell’inquinamento ambientale si sostituisce l’impiego del carbone con quello sempre più diffuso di gas “pulito” soprattutto nel settore dell’elettricità. Anche in numerosi Paesi europei vi sono notevoli giacimenti di gas di scisto: stando alle conoscenze attuali, in Polonia e in 46


Francia si trovano quelli di maggior entità. Poiché ci sono buone ragioni per ritenere che l’estrazione di questo idrocarburo provochi significativi danni all’ambiente, l’Europa è ancora piuttosto scettica e in alcuni Paesi la tecnica del “fracking” è addirittura vietata. Alla fine di gennaio 2014 la Commissione Europea ha presentato un nuovo pacchetto in materia di clima ed energia per il 2030, nel quale apre a questa discussa tecnica “formulando dei principi minimi che gli Stati membri sono invitati a seguire per tener conto degli aspetti ambientali e sanitari e dare agli sfruttatori e agli investitori la necessaria prevedibilità”. Le associazioni ambientaliste hanno aspramente criticato la raccomandazione della Commissione Europea: “Invece di investire maggiormente in energie rinnovabili, occorrerebbe inchinarsi davanti alla lobby del gas di scisto”. tabella 1 Risorse mondiali di gas da scisto 2013 Fonte: US Energy Information (EIA-DOE), giugno 2013 bilioni di metri cubi

aliquota percentuale (%)

aliquota percentuale cumulativa %

USA

32,9

14,9

14,9

Cina

31,6

14,3

29,2

Argentina

22,7

10,3

39,5

Algeria

20,0

9,1

48,6

Canada

16,2

7,4

55,9

Messico

15,4

7,0

62,9

Australia

12,4

5,6

68,5

Sudafrica

11,0

5,0

73,5

Russia

8,1

3,7

77,2

Brasile

6,9

3,1

80,3

Altri Paesi

43,5

19,7

100,0

220,7

100,0

Mondo

Rischi ed opportunità dell’estrazione di gas di scisto Quali sono i pericoli dell’estrazione di gas di scisto per l’ambiente? Il tanto discusso processo di estrazione “fracking” consiste nel fratturare le rocce, sparando nei pozzi acqua mista a sabbia e sostanze chimiche. I detrattori considerano questa tecnica un grande pericolo per le falde acquifere e la criticano per l’elevatissimo consumo di acqua che non può più essere impiegata per altri scopi (ad esempio nelle numerose aree del mondo dove l’acqua scarseggia). Inoltre le tecniche di fratturazione idraulica del sedimento possono provocare micro-terremoti. Coloro che si esprimono a favore dell’estrazione del gas di scisto sostengono che, grazie all’enorme potenziale, in numerosi Paesi in un lontano futuro vi sarebbe ampia disponibilità di gas naturale. Quest’ultimo è considerato un’alternativa “pulita” al carbone e al petrolio, poiché il processo di combustione rilascia nell’atmosfera minori quantità di biossido di carbonio e di altre sostanze nocive. In attesa che il fabbisogno energetico 47


grafico 4 Risorse mondiali di gas da scisti bituminosi (shale gas) Fonti: US Energyi Information Administration (EIA) - Advanced Resources International Inc. (ARI)

 giacimenti di gas da scisti bituminosi con stime di risorse  giacimenti di gas da scisti bituminosi senza stime di risorse sia coperto interamente da fonti rinnovabili, il gas di scisto rappresenterebbe l’era di transizione. La dipendenza dei numerosi Paesi importatori di gas naturale dai pochi Paesi esportatori sarebbe ridotta ed aumentata la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Una maggiore offerta di gas naturale contribuirebbe, anche fuori dagli Stati Uniti, a ridurre i prezzi del gas con conseguenti benefici nei diversi settori economici laddove esso viene impiegato quale fonte energetica o come materia prima. Se e come l’estrazione di gas di scisto si espanderà in futuro in tutto il mondo dipende da vari fattori quali, ad esempio, il progresso tecnologico. Migliorare le tecniche di estrazione in modo tale da diminuire drasticamente i possibili danni ambientali potrebbe portare ad una maggiore accettabilità sociale anche in quei Paesi che finora si sono schierati contro il “fracking”. Le infrastrutture esistenti, il bagaglio di conoscenze tecniche e la densità abitativa svolgono un ruolo significativo così come l’aspetto politico e legale, premessa fondamentale affinché la produzione di gas di scisto si affermi anche fuori dai confini degli Stati Uniti e venga considerata determinante nell’offerta energetica. La crisi ucraina e i conseguenti mutamenti geopolitici potrebbero contribuire a promuovere la produzione di gas di scisto anche in Europa e a diminuire la dipendenza delle importazioni di gas dalla Russia.

Nota: i miliardi (10 9) corrispondono ai bilioni in uso nell’area anglosassone e i bilioni (10 12) corrispondono ai trilioni in uso sempre nell’area anglosassone.

48


Il petrolio, un’importante risorsa dell’economia moderna Con una percentuale del 31% rilevata nel 2011, il petrolio detiene la quota maggiore nel mix energetico e grazie al suo ampio spettro di utilizzo svolge un ruolo dominante nell’economia moderna. Sarà così anche in futuro? O è in atto un lento cambiamento? La rapida ascesa del petrolio iniziò alla fine della seconda Guerra Mondiale. Fino a quel momento il maggior combustibile fossile era il carbone. L’invenzione del motore a scoppio e la scoperta di vasti giacimenti di petrolio in Medio Oriente gettarono le basi per un impiego diffuso in tutto il mondo. L’importanza geopolitica del petrolio svolse un ruolo significativo già nelle Prima e nella Seconda Guerra Mondiale e ha portato in tempi più recenti a sempre più frequenti instabilità politiche (nel 1990 invasione in Kuwait e nel 2003 in Iraq). grafico 1 Consumo globale di petrolio 1965-2013 Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2014 (milioni di barili al giorno) 2008-09 crisi economico-finanziaria

100

 OCSE

90

 non-OCSE secondo shock petrolifero 1979/80

80

primo shock petrolifero 1973/74

70 60 50 40 30 20 10 -

2013

2011

2009

2007

2005

2003

2001

1999

1997

1995

1993

1991

1989

1987

1985

1983

1981

1979

1977

1975

1973

1971

1969

1967

1965

Il consumo di petrolio aumentò da 10 milioni di barili al giorno nel 1950 a oltre 30 milioni di barili al giorno nel 1965. Il motivo di questo repentino incremento è da ricondurre ad un’eccedenza nell’offerta e al prezzo contenuto del combustibile fossile. Dopo la fine della seconda Guerra Mondiale il prezzo del petrolio rimase stabile e addirittura calò. Dal 1965 al 2013 il consumo mondiale di petrolio è più che triplicato passando da 30 milioni di barili al giorno a oltre 91 milioni. Dopo il 1974 e il 1979 vi fu un calo considerevole nei consumi dovuti ad una diminuzione dell’offerta da un lato e da significativi aumenti di prezzo dall’altra che portarono ad un’importante recessione. Lo stesso avvenne nel 2008 e nel 2009 in seguito alla crisi finanziaria e alla grave congiuntura.

49


La crescita demografica e l’aumento delle entrate rappresentano i due maggiori fattori che influenzano la richiesta di energia, motivo per cui nei Paesi OCSE e non-OCSE si sono registrati sviluppi contrastanti. Dal 2008 nei Paesi OCSE il consumo di petrolio è calato. La quota dei Paesi OCSE nel consumo complessivo è passato dal 75% nell’anno 1965 al 49,9% nell’anno 2013, mentre la quota dei Paesi non-OCSE è passata nello stesso periodo dal 25% al 50,1%. Con una quota percentuale di oltre 50, nel 2013, per la prima volta, il consumo di petrolio dei Paesi non-OCSE ha superato il consumo di petrolio dei Paesi OCSE. In base a studi dell’americana EIA – Energy Information Administration – nel settembre 2013 la Cina ha importato, per la prima volta, quantità maggiori di petrolio rispetto agli Stati Uniti. grafico 2 Andamento del prezzo di petrolio 1960-2013 Fonti: BP Statistical Review of the World Energy 2013, US Energy Information Administration (EIA) (US$/barile) 120

100

forte crescita della domanda petrolifera in Cina, guerra in Iraq, dollaro debole, capacità inutilizzate scarse, tagli di produzione OPEC

80

60

rivoluzione iraniana

40

guerra del golfo

embargo arabo

20

crisi economico finanziaria

11 settembre 2001

2012

2010

2008

2006

2004

2002

2000

1998

1996

1992

1990

1988

1986

1984

1982

1980

1978

1976

1974

1972

1970

1968

1964

1962

1960

1994

crisi asiatica 1997-98

0

Considerato che il petrolio svolge, nell’economia, un ruolo significativo, va da sé che anche l’andamento del suo prezzo sia di fondamentale importanza. Una consistente parte di petrolio viene estratta in aree politicamente instabili, motivo per cui il suo costo è influenzato non solo da fattori di mercato ma anche e soprattutto dagli eventi geopolitici. Fino al 1973 il prezzo del greggio era molto contenuto e veniva fissato dalle società petrolifere. Nell’anno 1973 si registrò un calo significativo dovuto all’embargo degli Stati Arabi. L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, meglio conosciuta come OPEC e fondata nel 1960 a Bagdad, decise, alla fine del 1973, di quadruplicare il prezzo del greggio. Da quel momento l’OPEC svolse un ruolo più o meno importante nell’andamento dei prezzi.

50


Nel 1979-1980 la rivoluzione iraniana e in seguito la guerra tra Iran e Iraq causò un altro importante aumento del prezzo che però non tenne a lungo: dopo il 1973 le estrazioni di petrolio in varie aree tra cui il Mare del Nord divennero economicamente redditizie e furono la causa di un eccesso di offerta con conseguente crollo dei prezzi. Nel 1986 il prezzo del greggio raggiunse i minimi storici ed i Paesi dell’OPEC furono costretti a calare sensibilmente la propria produzione. Per contrastare il calo e mantenere un determinato livello, l’OPEC stabilì delle quote di estrazione per i Paesi membri, che potevano aumentare o diminuire in base all’andamento del mercato. La regolamentazione delle quote, tuttora in vigore, non ha sempre avuto successo poiché non tutti Paesi hanno rispettato le quote assegnate. tabella 1 Petrolio: produzione, consumo, esportazioni e importazioni 2012. Fonte: Eni World Oil and Gas Review 2013 1000 produzione 1/ barili al giorno

%

consumo

Arabia Saudita

11584

13,3

USA

Russia

10734

12,4

USA

9149

10,5

Cina

4175

Canada

1000 barili al giorno

%

1000 esportazioni 2/ barili al giorno

%

1000 importazioni 2/ barili al giorno

%

18907

21,1

Arabia Saudta

9136

13,4

USA

11179

16,3

Cina

9600

10,7

Russia

7071

10,4

Cina

6441

9,4

Giappone

4729

5,3

UAE 3/

3024

4,4

Giappone

4995

7,3

4,8

India

3651

4,1

Canada

3022

4,4

India

4157

6,1

3770

4,3

Russia

3271

3,6

USA

2878

4,2

Corea del Sud

3500

5,1

Iran

3541

4,1

Brasile

3016

3,4

Nigeria

2699

4,0

Paesi Bassi

3114

4,5

UAE 3/

3539

4,1

Arabia Saudita

3012

3,4

Kuwait

2580

3,9

Singapore

2504

3,6

Iraq

3031

3,5

Germania

2338

2,6

Iraq

2532

3,7

Germania

2502

3,6

Kuwait

2959

3,4

Canada

2327

2,6

Venezuela

2205

3,2

Francia

2048

3,0

Messico

2920

3,4

Corea del Sud

2768

3,1

Paesi Bassi

2149

3,2

Regno Unito

1806

2,6

53619

59,7

Totale

37396

55,0

Totale

4246

61,5

Altri Paesi

30616

45,0

Altri Paesi

26395

38,5

OPEC

29988

44,1

Mondo

68012 100,0

Mondo

68641 100,0

Totale

55402 63,8

Totale

Altri Paesi

31493 36,2

Altri Paesi

3618

40,3

OPEC 4/

37527 43,2

OPEC

8591

9,6

Mondo

86895 1000

Mondo

89799 100,0

1/ Comprende liquidi di gas naturale e condensati 2/ Comprende petrolio e prodotti petroliferi. Le esportazioni e le importazioni dei Paesi Bassi e di Singapore sono molto alte a causa dei grandi centri di raffinazione 3/ Emirati Arabi Uniti 4/ Paesi membri dell'OPEC: Algeria, Angola, Ecuador,Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Venezuela Durante la Guerra del Golfo del 1990 e dopo l’11 settembre 2001 si registrarono aumenti consistenti seppur di durata limitata. Il prezzo del greggio calò anche in occasione della crisi finanziaria asiatica del 1997-1998. Dopo il 2003, il rapido incremento dei costi del petrolio, che si arrestò brevemente solo durante la crisi finanziaria e la grande recessione del 2008-2009, è da ricondurre ad una combinazione di fattori: il significativo aumento del consumo di greggio in Asia, soprattutto in Cina, la guerra Iraq-Iran, la debolezza del dollaro, le capacità produttive limitate dei Paesi OPEC. Numerosi esperti imputano il 51


consistente aumento del prezzo del greggio e le sue oscillazioni alle sempre maggiori speculazioni dei mercati a termine (futures markets). Sebbene l’influenza che i vari fattori esercitano sul prezzo del petrolio non sia quantificabile, si può senz’altro affermare che lo stesso non si determina solamente in base a domanda ed offerta. Nella cosiddetta “era del petrolio” non si è mai registrato un periodo così lungo nel quale i prezzi del petrolio hanno mantenuto livelli molto alti come avvenuto nella metà del decennio scorso. Sebbene tra il 2012 e il 2013 il costo del greggio fosse leggermente diminuito e che anche per il 2014 e il 2015 si preveda un ulteriore, leggero calo, le previsioni parlano di aumenti a prescindere da come si svilupperà la situazione in Medio Oriente. E’ ragionevole pensare che a medio e lungo termine il prezzo del petrolio non scenderà più ai livelli registrati all’inizio del 21° secolo anche in considerazione della scarsità dei giacimenti da cui estrarre a costi contenuti. I costi elevati hanno portato ad aumentare l’estrazione di idrocarburi da fonti fossili non convenzionali tra cui scisti, argille bituminose e petrolio in acque ultra-profonde, il cui costo oscilla tra i 60 e i 100 US$. La maggior parte delle riserve di petrolio esistenti ha costi di estrazione molto elevati ragion per cui i prezzi contenuti non riuscirebbero più a coprirli. grafico 3 Consumo petrolifero mondiale per tipo di energia: aliquota percentuale (%) Fonte: IEA World Energy Outlook 2013 (New Policies Scenario) 1990 12,7

6,0

2011

25,4

13,2

5,2

2025 28,9

6,2

2035

15,5 27,2

22,5

19,0 21,3 36,8

 carbone

 petrolio

31,4

17,6

25,5

23,7

26,8

6,4

28,6

 gas

 energia nucleare

 energia idroelettrica e altre energie rinnovabili

L’Arabia Saudita e la Russia sono i maggiori Paesi produttori di petrolio seguiti dagli Stati Uniti. Tra i dieci maggiori Paesi estrattori di petrolio cinque sono membri dell’OPEC. Nel 2012 la quota complessiva dell’OPEC nella produzione mondiale di petrolio si attestava al 43% mentre nelle esportazioni di petrolio e prodotti petroliferi la quota era del 44%. Se si prendono in esame solo le esportazioni di petrolio senza prodotti petroliferi, la quota dell’OPEC ammonta al 60%. Nel 2012 il maggior esportatore fu l’Arabia Saudita seguita dalla Russia e dagli Emirati Arabi Uniti. Per quel che concerne l’utilizzo e le importazioni al primo posto figurano gli Stati Uniti davanti a Cina e Giappone.

52


Gli incrementi dei costi negli anni Settanta portarono ad una diminuzione delle quote di mercato di petrolio nel mix energetico: dal 45% nel 1975 al 36,8% nel 1990. Nel 2011 la quota si attestava al 31,4% pur mantenendo la maggioranza nel marketing mix. Negli anni passati l’ulteriore perdita di quote di mercato fu imputata all’incremento dei costi del petrolio, alla forte crescita di gas naturale e di altre fonti energetiche. Rinomate istituzioni concordano nel ritenere che la quota di petrolio nel marketing mix diminuirà drasticamente anche in futuro, mentre gas ed energie rinnovabili continueranno a migliorare la propria quota di mercato. Agenzie internazionali dell’energia prevedono che la quota di petrolio nel consumo energetico mondiale calerà, nel 2035, al 26,8%. grafico 4 Consumo petrolifero mondiale per regione Fonte: BP World Energy Outlook 2013 6000

5000

(milioni di tonnellate) Nordamerica

Sudamerica & America Centrale

Europa e Paesi CSI

Medio Oriente

Africa

Asia e Pacifico

4000

3000

2000

1000

0

1990

1995

2000

2005

2010

2012

2015

2020

2025

2030

2035

Nei Paesi non-OCSE il consumo del petrolio continuerà ad aumentare. Grazie all’alta densità della popolazione, Cina ed India svolgeranno un ruolo d’importanza strategica, mentre nei Paesi OCSE proseguirà la tendenza alla diminuzione, già in atto da alcuni anni. I motivi sono principalmente due: l’incremento del coefficiente energetico1 nell’utilizzo, la diversificazione delle fonti energetiche, l’aumento della domanda di energie pulite e rinnovabili per diminuire le emissioni di CO 2 e raggiungere così gli obiettivi fissati dalla politica in tema di difesa del clima.

1 La quantità di energia necessaria a creare un’unità PIL (Prodotto Interno Lordo) si definisce “intensità di energia” e determina l’efficienza energetica. Nella maggior parte dei Paesi l’intensità energetica continua a diminuire. Da un punto di vista storico si assiste ad un andamento in continua osservazione. L’intensità energetica aumenta se i Paesi vengono industrializzati e la quota dell’industria ad intenso fabbisogno energetico aumenta nel PIL in modo più consistente che in altri settori. Solitamente quest’industria raggiunge il massimo livello quando anche la quota del settore industriale raggiunge il massimo livello nel PIL. Inoltre la caratteristica dell’industria cambia nel senso che non è più un’industria pesante e ad elevato fabbisogno energetico, ma si trasforma in industria leggera ad alto valore aggiunto. In tal modo l’industria diventa più efficiente nel consumo energetico.

53


Le decisioni prese dalla politica in tema di energia per ridurre le emissioni di CO 2 dimostrano man mano la propria efficacia. L’incremento nel consumo verrà frenato dall’aumento dei prezzi del greggio avvenuto negli anni passati e dalla continua, sistematica diminuzione delle sovvenzioni destinate ai prodotti petroliferi nei Paesi non-OCSE. Inoltre, negli anni passati, le riserve di gas naturale sono notevolmente aumentate grazie allo sfruttamento di nuove scorte. Tutto ciò indurrà, in futuro, numerosi settori a preferire il gas naturale al petrolio. grafico 5 Consumo petrolifero mondiale per settore Fonte: BP World Energy Outlook 2003 6000 (milioni di tonnellate) trasporto

5000

elettricità

industria

altri settori

4000 3000 2000 1000 0

1990

1995

2000

2005

2010

2012

2015

2020

2025

2030

2035

Nei Paesi OCSE la domanda diminuirà in tutti i settori. Se in tutto il mondo, nel settore dei trasporti, il consumo di petrolio registra consistenti aumenti, negli altri settori l’incremento è solo impercettibile o addirittura diminuisce sostituito da altre fonti energetiche più economiche. Particolarmente consistente è la quota nel settore dell’elettricità. Nel settore industriale si prevedono aumenti moderati poiché attualmente nel comparto petrolchimico e in altri non legati all’energia sostituire il petrolio con altre fonti energetiche è possibile solo in minima parte. Nel settore dei trasporti il petrolio è la fonte energetica dominante. I costi elevati hanno portato ad un aumento di efficienza dei veicoli. Con oltre il 50% questo settore vanta la maggior quota nel consumo di petrolio seguito dal settore industriale con il 30%. Anche in futuro entrambi questi settori continueranno ad avanzare notevoli richieste di petrolio. L’energia impiegata nel settore dei trasporti verrà dominata dal petrolio sebbene vi sarà un rallentamento della crescita dovuto all’impiego sempre più diffuso di combustibili biologi nonché al miglioramento dell’efficienza dei motori. A lunga scadenza nel settore dei trasporti l’utilizzo di veicoli alimentati a gas, di veicoli elettrici e di auto ibride elettriche plug-in nonché di veicoli su rotaia porterà ad un calo del consumo di petrolio.

54


grafico 6 Volume mondiale di vetture Fonte: BP Energy Outlook 2035 - January 2014 flotta mondiale di veicoli grado di motorizzazione 2,5

miliardi

800

vetture per 1000 inhabitanti

USA

 non-OCSE  OCSE

consumo: settore trasporto 3

miliardi tonnellate equivalente petrolio

 non-OCSE  OCSE

Germania

2,0

600

Japan

2

1,5 400

China

1,0 1 200

0,5

0,0 1965

2000

2035

0 1965

India

2000

2035

0 1965

2000

2035

La flotta mondiale di veicoli aumenterà da 1,1 miliardi nel 2012 a 2,3 miliardi nel 2035 sebbene l’aumento interesserà soprattutto nei Paesi non-OCSE. La percentuale di motorizzazione aumenterà principalmente in Cina e in India: nel 2013 in Cina si contavano 74 veicoli per 1000 abitanti, in India solo 34. In base alle stime della società britannica BP nel 2035 in Cina circoleranno 370 veicoli ogni mille abitanti, in India circa 110. Nei Paesi OCSE la percentuale di motorizzazione si arresterà intorno a 600-800 veicoli ogni 1000 abitanti. L’utilizzo dei biocarburanti e il miglioramento dell’efficienza dei motori porteranno ad un calo del consumo di petrolio. Il petrolio continuerà ad essere, anche nei prossimi decenni, la maggior risorsa energetica e ad influenzare pesantemente l’economia. La sua quota nel mix energetico continuerà, però, a diminuire e dopo il 2035 non svolgerà più un ruolo decisivo. A lunga scadenza, nel settore dell’elettricità il petrolio svolgerà solo un ruolo di secondaria importanza, nel settore commerciale, domestico ed industriale vi sarà un sempre maggior impiego di altre fonti energetiche. Il petrolio primeggerà solo nel settore dei trasporti poiché sostituirlo con altre fonti energetiche - biocarburanti o gas ad esempio - è un processo molto lento. Considerato che le scorte di petrolio a buon mercato sono sempre più ridotte, gli idrocarburi da fonti fossili non convenzionali – olio di scisto, petrolio di acque ultra-profonde, petrolio ultra-pesante e sabbie bituminose – rappresenteranno una quota sempre più elevata nell’estrazione del greggio.

55


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Quanto condizionano la nostra vita quotidiana i prodotti ottenuti dal petrolio? Dal petrolio non si ottengono solo benzina, diesel, gasolio e asfalto; il petrolio è anche la materia prima più importante nelle industrie petrolchimica e chimica. Nella vita quotidiana facciamo largo uso di svariati prodotti ottenuti dal petrolio e spesso non ne siamo assolutamente consapevoli. Come fare a sostituirlo nella sua funzione di fonte energetica? E come sostituire i prodotti da esso derivati nell’industria chimica? Ben oltre due terzi del petrolio sono utilizzati per alimentare gli impianti di riscaldamento, impiegati come combustibili per autovetture, aerei, navi, il resto è lavorato come materia prima o come prodotto intermedio nell’industria petrolchimica laddove si producono materie prime chimiche. Nel 20° e nel 21° secolo le innumerevoli possibilità d’impiego hanno trasformato il petrolio nella fonte energetica più importante e in un bene commerciale molto appetibile. L’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo) ha stimato che nel 2012 le esportazioni mondiali di petrolio e di prodotti petroliferi hanno superato il 15% dell’export complessivo.

La composizione e la qualità del greggio variano a seconda dei giacimenti così come la consistenza e il colore. A livello mondiale vi sono vari tipi di petrolio che si differenziano per composizione, varietà e possibilità d’impiego. Nel commercio mondiale di petrolio vi sono alcune varietà di riferimento denominate benchmark che si distinguono nei prezzi in base alla qualità. La varietà Brent si trova principalmente nel mercato europeo mentre la WTI (West Texas Intermediate) nel mercato americano e la Dubai nei mercati del Golfo Persico/ Arabico. I prezzi delle rimanenti varietà grezze sono determinati dall’aumento o dal ribasso di questi benchmark. Varietà più leggere di petrolio – WTI e Brent ad esempio – sono costose poiché da esse si ottengono prodotti di elevata qualità e di conseguenza più cari, mentre le varietà di petrolio pesanti hanno un prezzo più contenuto. 57


Per ottenere una vasta gamma di prodotti pregevoli non è possibile utilizzare il greggio senza distillarlo e raffinarlo Per ottenere un prodotto finale – LPG, benzina, diesel, combustibile – nelle raffinerie il petrolio deve essere sottoposto a processi chimici e fisici. La sua trasformazione avviene attraverso tre importanti processi: la distillazione, la conversione e il reforming. Nella prima fase, la distillazione, il petrolio viene frazionato in varie parti a diverse temperature di ebollizione in modo da ottenere gas liquido (LPG), benzina e gasolio, basi per lubrificanti, bitumi e una serie di derivati. L’illustrazione n° 1 mostra lo schema di un processo di distillazione. Poiché i prodotti ottenuti in questo modo non soddisfano le richieste di mercato, è necessario procedere con numerosi altri complessi processi di raffinazione quali la conversione, il “reforming”, la desolforazione ecc. illustrazione 1 Fonte: BP - Erdöl bewegt die Welt

Raffineria di petrolio GPL

distillazione atmosferica fornace

benzina leggera/nafta benzina pesante kerosene gasolio/ olio da riscaldamento olio combustibile pesante

petrolio grezzo

olio lubrificante paraffina asfalto Le raffinerie debbono adeguarsi costantemente alle mutevoli condizioni di mercato. Infatti, se da un lato cambia la richiesta di prodotti, dall’altro si emanano sempre nuove direttive sulla composizione dei prodotti petroliferi che devono rispettare i vincoli di tutela ambientale. Nei decenni scorsi vi è stato uno spostamento d’interesse verso i prodotti petroliferi cosiddetti “leggeri” a scapito di prodotti petroliferi cosiddetti “pesanti”, spostamento che ha causato un calo della quota di oli combustibili pesanti dal 16% del 1995 al 10% dell’anno 2012 ed un aumento della quota percentuale di LPG e nafta, diesel e gasolio per riscaldamento. 58


grafico 1 Consumo mondiale dei prodotti petroliferi (quota percentuale) Fonte: Eni World Oil and Gas Review 2013 1995

2012

10%

14%

14% 24%

17%

35%

13%

10%

24%

39%

 GPL/nafta  benzina  gasolio/olio da riscaldamento  olio combustibile pesante  altri prodotti L’industria petrolchimica è un ramo della chimica che si occupa della trasformazione del petrolio e del gas metano in prodotti chimici e di reazioni chimiche per la loro produzione. Le principali materie prime dell’industria petrolifera sono benzina e prodotti semi-lavorati: per questo motivo gli stabilimenti petrolchimici e le raffinerie lavorano a strettissimo contatto. illustrazione 2

petrolio

raffineria di petrolio

industria petrolchimica

industria chimica

prodotti finali

Il 10% circa dei prodotti ottenuti dal petrolio confluisce nell’industria petrolchimica come materia prima e costituisce la base per la produzione di una vasta gamma di composti. Le paraffine e le cere sono utilizzate nell’industria chimica e farmaceutica, per impregnare le superfici e per produrre candele; gli oli bianchi costituiscono le basi nell’industria farmaceutica; dall’olefina si ottengono fibre sintetiche e materie plastiche; gli aromi sono usati come solubili ed utilizzati in numerosi processi dell’industria chimica. Il petrolio è materia prima per fibre sintetiche nell’industria tessile, per materie plastiche, pellicole, tubi, piatti di plastica, caucciù sintetico, polistirolo per imballaggi e per l’edilizia, lacche, colori, concimi, antiparassitari, detersivi e detergenti, prodotti intermedi per l’industria farmaceutica e cosmetica (lacche e shampoo). Nell’industria chimica si utilizzano anche zolfi ottenuti dal processo di desolforizzazione di combustibili e carburanti. Il 90% circa dei prodotti chimici – plastica in testa - si ottiene dal petrolio e solo in minima parte dal gas. Paragonati a materiali naturali tipo legno o metallo essi sono più leggeri e meno delicati e fanno oramai parte integrante della nostra vita quotidiana. Le numerose possibilità di utilizzo hanno fatto sì che nella società industriale del 20° e 21° secolo il petrolio non sia diventato solo una delle fonti energetiche più importanti, ma anche uno dei beni commerciali più significativi. Non è possibile lavorare altre materie prime in maniera così semplice e varia.

59


Uno spaccato di prodotti ottenuti dal petrolio, confezionati in industrie petrolchimiche e plastiche Fonte: BP - Erdöl bewegt die Welt

Sebbene le riserve di petrolio abbiano registrato un notevole incremento grazie all’estrazione di greggio non-convenzionale, il petrolio resta, comunque, una materia prima limitata. Nel mondo moderno il variegato impiego di prodotti ottenuti dal petrolio fa sì che si possa pensare ad un mondo senza petrolio solo al termine di un lento processo di trasformazione. Numerosi esperti ritengono che il petrolio sia troppo costoso per essere usato come combustibile per riscaldamento oppure nel settore dei trasporti. Sono convinti invece che questo idrocarburo sia molto prezioso soprattutto per l’industria chimica. Quali sono le alternative? Nel settore energetico il petrolio può essere sostituito da gas e carbone le cui riserve sono di ampia portata1 oppure da fonti energetiche alternative. La multinazionale Shell, ad esempio, ha sviluppato un olio motore lanciato sul mercato nel 2014, prodotto dal gas. Le riserve limitate di energie fossili e le problematiche legate al clima richiedono, a lunga scadenza, l’impiego di materie prime alternative ottenute da biomassa2 . La biomassa viene già utilizzata nell’industria chimica laddove s’impiegano materie prime da biomassa vegetale (vedi grafico 2). Dalla biomassa si ottiene un numero sempre maggiore di prodotti intermedi e finali. Processi produttivi basati sul biologico con colza, mais o paglia permettono di ottenere nuovi prodotti: plastiche, oli idraulici, colori, lacche.

1 La portata indica per quanto tempo ancora vi sarà disponibilità di una determinata materia prima. 2 Grassi, oli, zucchero, lieviti, cellulosa, prodotti ad esempio da colza, mais, girasole, zucchero di canna, semi di soia, patate, legno ecc.

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grafico 2 materie prime usate nell'industria chimica in Germania Fonte: Associazione tedesca dell'industria chimica, Frankfurt 2009 carbone 2%

materie rinnovabili 10%

gas 8%

petrolio 80%

Alla fin fine sarà la politica energetica mondiale ad influenzare in maniera determinante il passaggio dal petrolio al gas naturale e al carbone, nonché il ritorno generale alle energie fossili nella produzione di prodotti chimici. Nell’industria chimica occorrerà vincere le numerose sfide della tecnologia prima di poter constatare l’effettiva applicazione di materie prime rinnovabili a sostituzione di petrolio e parzialmente anche di gas naturale nella realizzazione dei diversi prodotti. Stando così le cose si può senz’altro affermare che, nell’industria chimica, occorrerà attendere ancora molto tempo prima di assistere ad un effettivo passaggio dai combustibili fossili alle materie prime rinnovabili.

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L’importanza sempre maggiore delle energie fossili non convenzionali In seguito all’incremento della produzione di gas di scisto negli Stati Uniti, nei decenni passati le riviste specializzate hanno posto in gran risalto le fonti energetiche fossili nonconvenzionali. Di che energie fossili si tratta? Quale ruolo svolgono e svolgeranno in futuro nel fabbisogno energetico mondiale? Il continuo incremento dei costi, il costante aumento del consumo energetico e lo sviluppo delle tecniche di estrazione hanno contribuito, negli scorsi decenni, ad intensificare lo sfruttamento sempre più intenso di energie fossili non-convenzionali. Queste energie si differenziano da quelle convenzionali non per composizione, ma per tipo di giacimento e per metodo di estrazione. Se per estrarre le energie fossili convenzionali si applicano metodi classici, nel caso di energie fossili nonconvenzionali s’impiegano tecnologie innovative, in parte molto complesse e molto costose. Non esiste un’unica definizione di petrolio o gas naturale non-convenzionali, ma piuttosto un’interpretazione del termine con il quale s’identificano tutti quei giacimenti sfruttabili con tecnologie molto complesse. In questo modo ogni tanto si definiscono non-convenzionali anche quei giacimenti posti al di sotto di determinate profondità marine oppure in determinate aree (nell’Artico ad esempio). Il limite tra energie fossili convenzionali e non-convenzionali non è sempre chiaro e può cambiare nel corso del tempo. Pertanto, dopo anni di applicazione, metodi di estrazione non-convenzionali possono trasformarsi in metodi convenzionali. In quest’articolo si adotta la definizione dell’Istituto Federale Tedesco per le Geoscienze e le Risorse Naturali (Bundesanstalt für Geowissenschaften und Rohstoffe – BGR). tabella 1 Fonti fossili non-convenzionali Fonte: Bundesanstalt für Geowissenschaften und Rohstoffe (BGR) Hannover PETROLIO

GAS

petrolio extra pesante (extraheavy oil)

tight gas

sabbie bituminose (bitumen)

gas di scisto (shale gas)

petrolio di scisto / tight oil

coalbed methane

scisto bituminoso / kerogene

aquifer gas idrati di gas (gas hydrate)

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Se nelle riserve1 predomina la quota di petrolio e gas naturale convenzionali, nelle risorse 2 la quota maggiore (il 63%) è rappresentata da energie fossili non-convenzionali. E’ probabile che, in futuro, le risorse saranno definite riserve grazie al miglioramento delle tecnologie e che l’andamento del costo di petrolio e gas inciderà sulla convenienza economica dello sfruttamento di tali risorse. Attualmente, parziali, grandi riserve e risorse di petrolio e di gas non-convenzionali si trovano in numerose aree del mondo ma la maggior parte di questi idrocarburi viene estratta nell’America del Nord e nell’America del Sud: sabbie bituminose in Canada, oli extrapesanti in Venezuela, oli e gas di scisti nonché gas da sabbie compatte negli Stati Uniti e in misura minore anche in Canada. grafico 1 Riserve e risorse convenzionali e non-convenzionali del petrolio e gas 2012 Fonte: Bundesanstalt für Geowissenschaften und Rohstoffe (BGR) Hannover Risorse

Riserve

13% 37%

63% 87%

 petrolio e gas convenzionale  petrolio e gas non-convenzionale Sabbie bituminose Le sabbie bituminose sono una combinazione di bitume, acqua, sabbia e argilla, laddove la quota percentuale di peso tra bitume e sabbia varia e si attesta intorno al ca. 12%. I grani di sabbia sono ricoperti da una sottile pellicola a sua volta ricoperta da bitumi viscosi. Nei giacimenti le sabbie bituminose non essendo mobili non sono estraibili. Per estrarre petrolio da sabbie bituminose s’impiegano due differenti tecniche: a cielo aperto e sotterranea. La maggior parte delle estrazioni avviene attraverso perforazione. In procedimenti complessi, la sabbia bituminosa viene lavata con acqua bollente mescolata a sostanze chimiche per separare il bitume e ricavare petrolio. In uno stabilimento cosiddetto “upgrader”3 il bitume viene trasformato in petrolio sintetico. Mediamente occorrono due tonnellate di sabbie bituminose per ottenere un barile (159 litri) di greggio.

1 Si definiscono riserve quelle quantità di petrolio/gas naturale di cui si conosce l’esatta localizzazione e che sono economicamente sfruttabili con le attuali tecnologie. 2 Le risorse sono le quantità di petrolio/gas naturale la cui ubicazione è nota ma che non sono ancora convenientemente sfruttabili con le tecnologie a disposizione dell’Uomo, ovvero quantità non ancora scoperte ma che i geologi attribuiscono ad una determinata area. 3 Un “upgrader” è uno stabilimento in cui si lavorano sabbie bituminose o petrolio ultrapesante per renderlo più fluido e poterlo così trasportare attraverso oleodotti nelle raffinerie dove verrà lavorato.

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Miniera di sabbie bituminose in Canada I più vasti giacimenti di sabbie bituminose si trovano nel nord della regione canadese Alberta che conta circa 140.000 chilometri quadrati di miniere, il doppio della superficie dell’Irlanda. L’estrazione di petrolio da sabbie bituminose ha luogo attualmente solo in Canada dove si iniziò a perforare negli anni Sessanta. L’estrazione di petrolio da sabbie bituminose è assai contestata poiché l’impatto ambientale è molto alto: consumi energetici elevati, emissioni di CO 2 e di metano rilasciate in quantità sconsiderate, desertificazioni ed inquinamento di enormi porzioni di terreno, uso spropositato di acqua. Petrolio ultra-pesante (extraheavy oil) Per petrolio ultra-pesante s’intende un tipo di greggio di altissima densità (10 API4) ed elevata viscosità 5 . Il petrolio ultrapesante è simile ai bitumi delle sabbie ma più liquido e quindi più facilmente estraibile a costi contenuti e soprattutto a minor impatto ambientale.

Il petrolio ultra-pesante è molto viscoso e richiede pertanto speciali tecnologie di estrazione I più vasti giacimenti di petrolio ultra-pesante si trovano in Venezuela nella regione dell’Orinoco dove, negli anni Ottanta, si 4 La densità del petrolio si misura in gradi API. Più alto è il grado API minore è la densità e più leggero il greggio. I petroli più leggeri sono più costosi perché da essi si ottengono prodotti più pregiati: benzina e diesel ad esempio. La varietà brent che si trova nel mare del Nord ha un grado API pari a 38, mentre il petrolio ultra-pesante venezuelano un grado API pari a 10 e meno. 5 La viscosità esprime la maggior o minore facilità di scorrimento di uno strato liquido. Più alta è la viscosità meno fluido è il petrolio.

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diede il via alle estrazioni. Per lavorarlo prima e raffinarlo poi occorrono gli stessi stabilimenti nei quali si lavorano le sabbie bituminose. Spesso il petrolio ultra-pesante viene mescolato con nafta o altri prodotti leggeri per renderlo più viscoso e poterlo, così, raffinare più facilmente. Il Venezuela è il Paese con le maggiori riserve di petrolio al mondo grazie allo sfruttamento delle ingenti riserve di petrolio ultra-pesante. Piccole quantità si trovano anche in altri Paesi: Cina, Azerbaigian e Gran Bretagna. Oli e gas di scisto

L’estrazione di oli e gas di scisto si è resa possibile grazie alla perforazione orizzontale controllata e alla fratturazione Il petrolio e il gas di scisto si trovano in rocce dense e poco permeabili: arenarie, carbonati o pietre argillose. In numerosi Paesi vi sono vaste riserve e risorse. Grazie alla combinazione di due tecnologie – la perforazione orizzontale (horizontal drilling) e alla fratturazione idraulica (hydraulic fracturing o fracking) – verso la fine del 20° secolo è stato possibile estrarre gas e petrolio di scisto. Attualmente sia gli Stati Uniti sia il Canada forniscono petrolio e gas di scisto in quantità commerciali, mentre in Cina, Australia, Argentina, Gran Bretagna e in alcuni altri Paesi hanno luogo perforazioni di prova in attesa che nei prossimi anni si arrivi anche in queste aree al commercio dei due scisti. Sebbene il metodo di estrazione con fratturazione idraulica sia molto contestato per il forte impatto ambientale (inquinamento della falda acquifera ad esempio), pare proprio che anche fuori dai confini del Nordamerica l’estrazione di petrolio e gas di scisto sia inarrestabile. Tutte le maggiori aziende internazionali si dedicano con impegno a questo tipo di produzione ed un numero sempre maggiore di Paesi rilascia alle multinazionali del petrolio le necessarie concessioni per l’estrazione. C’è da sperare che le tecnologie siano sempre più perfezionate in modo tale da escludere, o quanto meno da rendere minimi, possibili danni ambientali. 66


Tight gas Il gas da sabbie compatte si trova per lo più in pietre arenarie o calcaree a permeabilità ridotta ed appartiene ai gas non convenzionali poiché si ottiene estraendolo solo con l’ausilio di speciali tecnologie. Questo idrocarburo si estrae da molti anni tramite fratturazione idraulica. I giacimenti si trovano ad una profondità di 4.000 metri, dunque ad una profondità decisamente maggior rispetto al gas di scisto, ragion per cui il rischio di una contaminazione della falda acquifera non è così elevato. Scisti bituminosi (kerogene)

Pietra contenente scisti bituminosi Gli scisti bituminosi, da non confondere con gli oli di scisto, sono rocce madri che non sono mai state sepolte a profondità sufficienti alla generazione di idrocarburi. Nonostante giacimenti di scisti bituminosi si trovino in numerosi Paesi, tre quarti delle risorse conosciute del pianeta giacciono negli Stati Uniti. Con l’ausilio di un trattamento termico, dagli scisti bituminosi si estrae il cosiddetto olio di scisto. Il procedimento è molto complesso e richiede un elevatissimo consumo di energia. In alcuni Paesi, da oltre 160 anni si estraggono e si lavorano scisti bituminosi in quantità minime. Attualmente solo in Estonia, nel bacino di Leningrado, nella Cina meridionale e in Brasile si estraggono scisti bituminosi. Gli esperti ritengono che occorra ancora molto tempo prima di poter utilizzare un metodo di produzione poco costoso e soprattutto sostenibile da punto di vista energetico. Gas metano (coalbed-methan) Gas metano è un termine generico con cui si indicano tutti quei gas che si trovano comunemente insieme al carbone. Sebbene la conoscenza di questo idrocarburo corra parallelamente a quella del carbone solo recentemente sono state sviluppate le necessarie tecnologie per il suo utilizzo quale fonte energetica. La sua estrazione è, a dire il vero, piuttosto limitata nonostante la tendenza sia in crescita. Gli Stati Uniti dominano il mercato con una quota pari all’80%; in altri Paesi – Canada, Australia, Germania, Cina ecc. – l’estrazione di gas metano è in aumento. Per estrarre questo idrocarburo s’impiegano ingenti quantità di acqua pompate a grandi pressioni che, al termine della trivellazione, fanno letteralmente schizzare il gas in superficie. A parte l’enorme dispendio di acqua, l’acqua pompata può contenere sostante velenose che potrebbero danneggiare pesantemente l’ambiente. 67


Gas in acquifero Con questo termine si indica il gas metano sciolto in acqua. Generalmente la solubilità del metano, che è molto bassa, si alza man mano che aumenta la profondità e di conseguenza la pressione. I giacimenti di gas in acquifero sono potenzialmente sfruttabili in acque bollenti sotto pressioni eccezionalmente elevate. Sebbene in tutto il mondo vi siano vastissimi giacimenti, questo gas non viene estratto poiché attualmente la sua estrazione è considerata non conveniente da un punto di vista economico. Paragonato ad altri giacimenti di gas naturale non-convenzionale, il gas in acquifero possiede il potenziale economico più basso. Gli idrati di gas

Gli idrati di gas sono composti cristallini simili al ghiaccio che contengo molecole di acqua e si formano a basse temperature e ad alte pressioni. Negli anni passati sono stati scoperti enormi giacimenti di idrati di gas in quasi tutti i fondali oceanici del Pianeta e nelle aree continentali interessate da permafrost ma le attuali tecnologie non sono ancora in grado di prelevarlo. Gli scienziati sono all’opera fin dall’inizio degli anni Settanta negli Stati Uniti, in Canada, Giappone e Cina poiché gli idrati di gas potrebbero, in futuro, rappresentare un’interessante fonte energetica. Alcuni ricercatori ritengono che gli idrati del gas potrebbero coprir il fabbisogno energetico globale per decenni se solo si riuscissero a sfruttare i vasti giacimenti presenti sulla Terra! E invece non si sa se e quando si svilupperanno le relative tecnologie per l’estrazione e con quali conseguenze ad esempio per l’ecosistema dei fondali marini. I petroli sintetici Ogni tanto i cosiddetti petroli sintetici e relativi derivati vengono annoverati tra le energie fossili non-convenzionali. Si tratta di combustibili liquidi derivati da gas (G-t-L), carbone (C-t-L) o biomassa. Per produrre combustibili o oli sintetici da carbone o gas si applica il cosiddetto processo Fischer-Tropsch, inventato in Germania nel lontano 1925 ed utilizzato per la liquefazione del carbone. Durante il secondo conflitto mondiale questo combustibile veniva prodotto dal carbone per l’industria bellica nazista. Il petrolio a buon mercato proveniente dal Medio Oriente rese questo processo produttivo poco redditizio. Il processo Fischer-Tropsch fu ripreso e sviluppato dall’azienda 68


sudafricana SASOL poiché in quel Paese, all’epoca era molto difficile acquistare sufficienti quantità di petrolio a causa della politica imposta dall’apartheid. Nel 1955 entrò in funzione il primo impianto di liquefazione del carbone, altri ne seguirono e sono tutt’ora in funzione. La multinazionale Royal Dutch Shell dispone della tecnologia necessaria a produrre gas da combustibili liquidi (G-t-L). Nel Qatar e in Malesia, Paesi che dispongono di ingenti riserve di gas, sono in funzione impianti analoghi. La produzione di combustibili cosiddetti sintetici richiede, da un lato, un enorme dispendio di energia e per questo è considerata molto inquinante, dall’altro implica costi assai elevati. Attualmente non si sa se, in futuro, questo tipo di impianti prenderanno piede anche in altri Paesi. In numerosi altri Paesi vi sono impianti per la produzione di combustibili sintetici tipo diesel da biomassa (colza, paglia ecc..). Gli esperti ritengono che questi impianti potrebbero essere utilizzati per una produzione su larga scala e soprattutto nel rispetto dell’ambiente. L’estrazione di petrolio non-convenzionale e gas continua ad aumentare in tutto il mondo e nel mix energetico globale assume un ruolo sempre più importante. La produzione di energie fossili non-convenzionali ha fatto sì che le riserve e risorse di petrolio e gas siano aumentate in maniera significativa. Nel mondo, i giacimenti di petrolio e gas non-convenzionali sono più numerosi dei giacimenti convenzionali e riducono la dipendenza da alcuni (pochi) Paesi ed aree. Per quel che concerne il fabbisogno energetico mondiale, il potenziale è sufficiente per molto tempo ancora grazie alle riserve e alle risorse fossili convenzionali. Se per una parte di giacimenti vi sono le tecnologie necessarie all’estrazione, per l’altra parte non si dispone ancora di adeguati metodi di estrazione. L’estrazione della maggior parte di energie fossili non-convenzionali avviene in vari modi ed è spesso ad elevato impatto ambientale poiché la produzione richiede, da un lato, un ingente quantità di energia e dall’altro metodi che danneggiano l’ambiente. Inoltre gli esperti temono che le grandi compagnie petrolifere e del gas investano massicciamente in energie fossili non-convenzionai destinando quantità veramente minime di risorse alle fonti energetiche rinnovabili e sostenibili con conseguente fallimento degli obiettivi fissati dalla politica in difesa del clima. In conclusione, la grande sfida lanciata alla politica impone un’attenta riflessione su costi e benefici e nel contempo obbliga a gettare le premesse per un futuro approvvigionamento energetico sostenibile.

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70


Imposte su benzina, diesel e altri prodotti derivati dal petrolio: fonti di reddito speculative per lo Stato? Il prezzo del petrolio, in costante aumento dalla metĂ dello scorso decennio, ha fatto segnare numeri da record dei costi di benzina, diesel e gasolio da riscaldamento. Come si compongono questi prezzi? Quali sono le ripercussioni dei costi del greggio sul prodotto finale? Chi ci guadagna? I prezzi del combustibile e del gasolio da riscaldamento destinati al consumatore finale si basano su tre significativi fattori: il prezzo d’acquisto del greggio, le imposte e i costi accessori comprensivi di trasporto, stoccaggio, raffinazione, distribuzione, agi aziendali dei distributori e utili. Gli esperti del settore ritengono che i costi aziendali di un distributore vengano coperti nel momento in cui si registra un avanzo di circa cinque cent al litro. In molti casi però questo valore non viene raggiunto cosicchĂŠ molti distributori sono costretti a lottare per garantirsi la sopravvivenza economica.

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grafico 1 Prezzi e tasse della benzina nei Paesi OCSE 2014 Fonte: International Energy Agency (IEA) – Energy Prices and Taxes 2nd Quarter 2014 (US $ / litro)

2,6

prezzi senza tasse

2,4

tasse

2,2

1,48

1,42

0,98 Belgio

1,45

0,92 Svezia

1,28

0,82 Regno Unito

1,34

0,92 Portogallo

1,22

0,90

1,35

0,87

Irlanda

1,27

0,88 Francia

Germania

1,32

0,95 Slovacchia

1,20

1,18

0,87 Slovenia

1,20

1,04

0,95

1,12

0,94

Svizzera

0,97

0,98 0,86 Austria

Spagna

0,97

0,94 0,89 Ungheria

0,95 0,85 Repubblica Ceca

0,77

0,89

0,87

0,90 Corea del Sud

1,00

0,87 Polonia

0,91

0,87

0,92 Giappone

Lussemburgo

0,86

0,87 Cile

0,87

0,91 Australia

0,36

0,62

0,81 Canada

0,13

0,66

0,80 Messico

1,0

0,14

1,2

0,47

0,76 USA

1,4

Nuova Zelanda

1,6

1,23

1,8

1,44

2,0

0,86

0,93

0,99

0,99

Italia

Norvegia

Turchia

0,98 Danimarca

Paesi Bassi

0,91 Grecia

0,4

0,86

0,6

Finlandia

0,8

0,0

Estonia

0,2

Nel grafico 1 si paragonano i prezzi con le imposte che i consumatori finali dei Paesi OCSE hanno dovuto pagare nel primo quadrimestre 2014 per la benzina super senza piombo. Se i prezzi al netto delle imposte variano solo leggermente da Paese a Paese, per quel che concerne le imposte la differenza di prezzo varia in maniera consistente a seconda del Paese. In circa due terzi dei Paesi – Europa in testa - le imposte incidono sul prezzo per oltre il 50%. Negli Stati Uniti l’incidenza è di uno scarso 15%, in Giappone del 40% e in alcuni Paesi Europei supera il 60%. La Turchia è lo Stato che applica le maggiori imposte sulla benzina, seguita da Norvegia, Italia e Paesi Bassi. Nell’Unione Europea la percentuale d’incidenza delle imposte sulla benzina si attesta mediamente intorno al 57% mentre sul diesel al 51%. Per facilitare il confronto, i prezzi della benzina sono sempre indicati in dollari USA. Le oscillazioni dei cambi monetari possono influenzare i prezzi praticati al consumatore finale nei singoli Stati. Il prezzo del greggio viene quasi sempre fissato in dollari USA: in quei Paesi nei quali la valuta si rivaluta o si svaluta nei confronti del dollaro, il costo della benzina subisce delle oscillazioni. 72


grafico 2 Composizione del prezzo della benzina in vari paesi 2012 Fonte: OPEC Italia

1,26 $ (59%)

Giappone

0,63 $ (41%)

0,14 $ (14%) 0

0.5

1.0

USA 1.5

2.0

2.5

 prezzo del petrolio  costi: trasporto, raffineria, stoccaggi, distribuzione , marketing & profitto  tasse Nel grafico 2 si confrontano le componenti del prezzo della benzina nei vari Paesi. Se in Europa (in Italia ad esempio) e in Giappone il prezzo del greggio si mantiene sugli stessi livelli, negli Stati Uniti è molto più basso. Per quel che riguarda la quota percentuale delle imposte, le differenze sono notevoli. Se il prezzo del petrolio aumenta, ci guadagnano non solo i Paesi produttori (OPEC e altri) ma anche le multinazionali tipo ExxonMobil, Chevron, Shell, BP ecc.. Se è vero che i Paesi europei riescono a trarre enormi profitti dai prodotti petroliferi, è anche vero che il Giappone non è da meno. Anche in Europa le imposte variano da Stato a Stato poiché ognuno di essi applica imposte di varie natura su benzina e altri prodotti e distingue tra imposte variabili e fisse. Le variabili sono riscosse in quota percentuale calcolata sul prezzo (ad esempio l’I.V.A.), mentre le fisse non dipendono dal costo. Se il prezzo del greggio aumenta, aumentano anche i prezzi dei prodotti petroliferi e con essi anche le imposte variabili con conseguente incremento delle entrate dei Paesi consumatori. Per non gravare sul consumatore finale, in passato alcuni Paesi hanno abbassato le imposte sulla benzina ma mai in modo tale da pareggiare l’aumento dei costi dovuto all’incremento dei prezzi del petrolio. tabella 1 Percentuale delle entrate fiscali generate dalle imposte sui prodotti petroliferi sul totale del gettito fiscale 2012 Fonte: EUROPIA Annual Report 2012 Bulgaria Estonia Lettonia Lituania Romania Slovenia Slovakia Repubblica Ceca Polonia Ungheria Grecia Lussemburgo Cypro Portogallo

% 13,7 12,3 11,9 10,8 10,8 10,2 9,7 9,1 9,0 8,9 8,3 8,3 7,3 7,1

Irlandia Spagna Regno Unito Italia Malta Austria Svezia Germania Paesi Bassi Finlandia Belgio Francia Danimarca Media UE

% 7,0 6,4 6,3 5,9 5,9 4,9 4,7 4,6 4,5 4,4 4,1 3,6 3,1 7,0

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Come si evince dalla tabella 1, le entrate fiscali generate dalle imposte sui prodotti petroliferi sono notevoli. Nella media UE si attestano al 7% sul totale. E’ evidente come negli Stati dell’Europa dell’Est e nella Penisola Balcanica la percentuale sia assai elevata e come in altri Paesi con reddito pro-capite basso tale percentuale sia più alta rispetto a Paesi più ricchi. In base a stime dell’OPEC i Paesi OCSE traggono profitti maggiori dall’aumento del prezzo del greggio rispetto ai Paesi produttori (grafico 3). Dal 2008 al 2012 i Paesi dell’OPEC hanno incassato 4.888 miliardi di dollari USA, mentre nello stesso periodo le entrate fiscali nei Paesi OCSE sono state pari a 5.553 miliardi di dollari USA. Nel predetto periodo i soli Paesi del G71 hanno incassato imposte pari a 3.772 miliardi di dollari USA. Nonostante questi calcoli siano basati su stime approssimative, risulta comunque evidente l’entità delle entrate fiscali da prodotti petroliferi registrate nei Paesi consumatori. grafico 3 Entrate fiscali del petrolio dei paesi OCSE rispetto alle entrate generate del petrolio dei paesi OPEC, 2008-2012 Fonte: OPEC (miliardi di USD) 6000 5000

5553 4888

1781 (resto OCSE)

4000 3000 2000

3772 (Paesi G7)

1000 0

OCSE

OPEC I Paesi consumatori potrebbero diminuire il prezzo di benzina, diesel e gasolio da riscaldamento modificando le rispettive imposte, ma i singoli Stati optano per scelte diverse. Infatti, nel rispetto della politica a difesa dell’ambiente e per tener fede agli obiettivi fissati in materia di tutela del clima, si tende a non diminuire le imposte sui prodotti petroliferi in modo tale da contenere il consumo ed incentivare l’utilizzo di prodotti più efficienti. In un’epoca di grave crisi economica è, comunque, abbastanza improbabile che le entrate fiscali vengano diminuite. Pertanto, anche in futuro i consumatori dovranno fare i conti con prezzi elevati di benzina, diesel e gas da riscaldamento. Nota: i miliardi (10 9) corrispondono ai bilioni in uso nei Paesi anglosassoni.

1 Paesi del G7: USA, Canada, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia

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Il successo del carbone Fino al Dopoguerra il carbone era, in tutto il mondo, la fonte energetica più importante e tale rimase fintanto che il petrolio non assunse un ruolo predominante. Attualmente nel panorama mondiale del fabbisogno energetico, il carbone figura al secondo posto con una quota pari a quasi il 30%. Paragonato a petrolio e gas naturale, il carbone rilascia le maggiori quantità di sostanze nocive e secondo le autorità internazionali dell’energia è responsabile per circa il 40% dell’inquinamento mondiale da CO2. Qui di seguito illustriamo le cause e azzardiamo qualche previsione. Dal 1965 all’inizio del nuovo millennio il consumo mondiale di carbone ha registrato una battuta d’arresto ovvero solo esigui tassi di crescita, mentre negli ultimi dieci anni l’incremento è stato notevole sebbene esclusivamente nei Paesi non-OCSE. Nei Paesi OCSE il consumo di carbone è calato, dal 2003, dello 0,8%, mentre nei Paesi non OCSE è aumentato mediamente del 6,6%. I Paesi in cui si registrano le maggiori quote d’incremento sono soprattutto Cina e India con rispettivamente l’8,8 e il 7,5%. I Paesi emergenti, che dispongono di consistenti riserve di carbone, necessitano di sempre maggior energia a basso costo per far funzionare fabbriche ed industrie siderurgiche ed infatti sia alla Cina che all’India si deve il 90% dell’aumento del consumo di carbone. Entrambi i Paesi coprono il proprio fabbisogno energetico principalmente con questo combustibile fossile, molto meno con energie rinnovabili e centrali atomiche. 75


grafico 1 Consumo mondiale di carbone 1965-2013 Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 (milioni di tonnellate di equivalente petrolio) 4500

 OCSE

 NON OCSE

4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 2013

2011

2009

2007

2005

2003

2001

1999

1997

1995

1993

1991

1989

1987

1985

1983

1981

1979

1977

1975

1973

1971

1969

1967

1965

Fattori responsabili del consistente incremento del carbone: - nella produzione di energia il carbone è decisamente più economico del gas. Le autorità internazionali dell’energia ritengono che i costi per la combustione del carbone si aggirino, in Europa, intorno a 3-3,5 cent per kilowatt ora. L’elettricità ottenuta da gas naturale provoca la metà delle emissioni di CO 2 ma costa il doppio. Negli Stati Uniti, grazie al forte aumento della produzione di gas di scisto, il gas a basso costo sostituisce parzialmente il carbone, mentre il Governo studia misure per diminuire il suo impiego e contrastare così le emissioni di CO 2. Il carbone di provenienza americana viene così esportato in Asia facendo diminuire sempre più il suo prezzo. Inoltre, importanti Paesi consumatori - Australia, Indonesia, Russia e Colombia - hanno ampliato notevolmente le proprie capacità mentre in Cina si registra un’eccedenza nell’offerta nonostante il costante aumento della richiesta con conseguente ulteriore flessione dei prezzi. - Una gran parte di riserve di petrolio e di gas naturale si concentra in pochi Paesi situati in aree parzialmente instabili dal punto di vista geopolitico, mentre le riserve di carbone sono distribuite su tutto il Pianeta: oltre 70 Paesi dispongono di giacimenti considerevoli di carbone e in molti casi sono in grado di coprire il proprio fabbisogno in via autonoma. - Paragonate a petrolio e gas naturale, le riserve di carbone sono presenti in misura consistente ed attualmente sfruttabili economicamente ancora per alcune centinaia di anni. 76


Le percentuali elencate qui di seguito confermano il significativo ruolo che il carbone svolge a livello mondiale considerato che: rappresenta il 30% del mix energetico globale, figura al primo posto con oltre il 40% nella produzione di energia elettrica, l’industria siderurgica vi dipende per il 70%. Il carbone è utilizzato quale combustibile per produrre elettricità e per il riscaldamento, mentre il coke11 è usato nella produzione siderurgica. Il 13% circa della produzione mondiale di carbone è utilizzata per produrre acciaio: non c’è dunque da meravigliarsi se i grossi produttori mondiali di acciaio – Cina, Giappone, USA, India e Russia – registrano un consumo elevato di carbone. Grazie al processo di liquefazione è possibile estrarre dal carbone anche petrolio sintetico. Tale processo fu sviluppato nella Seconda Guerra Mondiale in Germania ma poiché si tratta di un processo molto costoso, attualmente è utilizzato solo in alcuni Paesi (Sudafrica e Cina ad esempio). Il carbone è impiegato in minima parte anche come materia prima per realizzare prodotti chimici. In Cina, dove si trovano ingenti riserve di carbone, si sperimentano costantemente sistemi atti ad ottimizzare i costi relativi ai cosiddetti processi di raffinazione (liquefazione e carbone quale materia prima per l’industria chimica) e a sviluppare le tecnologie. tabella 1 Carbone: riserve, produzione e consumo 2013 Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2014 riserve

miliardi di tonnellate USA 237.295 Russia 157.010 Cina 114.500 Ausztralia 76.400 India 60.600 Germania 40.548 Ucraina 33.873

quota percentuale %

produzione

Mtep 1/ quota percentuale %

consumo

Mtep 1/ quota percentuale %

26,6 17,6 12,8 8,6 6,8 4,5 3,8

Cina USA Australia Indonesia India Russia Sudafrica

1840 501 269 259 229 165 145

47,4 12,9 6,9 6,7 5,9 4,3 3,7

1925,3 455,7 324,3 128,6 93,5 88,2 81,9

50,3 11,9 8,5 3,4 2,4 2,3 2,1

Kazakhstan Sudafrica Indonesia Totale Altri Paesi Mondo

33.600

3,8

58

1,5

81,3

2,1

30.156 28.017 811.999 79.532 891531

3,4 3,1 91,1 8,9 100,0

Kazakhstan Polonia Colombia Totale Altri Paesi Mondo

Cina USA India Giappone Russia Sudafrica Corea del Sud Germania

58 56 3579 303 3881

1,5 1,4 92,2 7,8 100,0

Polonia Indonesia Totale Altri Paesi Mondo

56,1 54,4 3289,2 537,5 3827

1,5 1,4 86,0 14,0 100,0

1/ Mtep = milioni di tonnellate equivalenti di petrolio Nota: i dati includono carbone e lignite La tabella 1 riporta alcuni dati sulle riserve di carbone presenti sul Pianeta, sulla produzione e sul consumo. Per quel che concerne le riserve, gli Stati Uniti figurano al primo posto seguiti da Russia e Cina. Questi tre Paesi dispongono di oltre il 57% delle riserve mondiali di carbone; se si considerano anche Australia, India e Germania rispettivamente al 3°, 4° e 5° posto, allora si arriva al 77% ovvero ad oltre tre quarti delle riserve mondiali. Impossibile non notare il ruolo dominante svolto dalla Cina che figura al primo posto sia nella produzione 1 Da varietà molto pregiate di carbone in impianti chiamati cokerie si estrae il coke che, impiegato negli altiforni, si usa per produrre acciaio.

77


(47%) sia nel consumo (50%). Gli Stati Uniti seguono con quote percentuali decisamente inferiori: il 13% nella produzione e il 12% nel consumo mondiali. In Cina l’economia in rapida ascesa necessita di ingenti quantità di energia che il Paese può soddisfare grazie alle grandi riserve di carbone sfruttabili quali fonti energetiche di prima qualità di cui dispone. Nel 2013 in Cina la quota del carbone nel fabbisogno energetico globale ammontava al 67%. Per ridurre il forte inquinamento atmosferico la Cina tenta di ricorrere ad altre fonti energetiche tipo gas naturale ed energie alternative, ma finora con scarso successo. Negli anni passati le esportazioni e le importazioni di carbone sono aumentate in maniera notevole proporzionalmente al suo consumo. I maggiori Paesi esportatori sono Indonesia, Australia, Russia, Stati Uniti, Colombia, Sudafrica e Canada. Per quel che concerne le importazioni la Cina figura al primo posto seguita da Giappone, India, Corea del Sud, Taiwan, Germania e Gran Bretagna. Le esportazioni di carbone sono più del triplo rispetto a quelle di carbone coke. tabella 2 I più grandi Paesi esportatori e importatori di carbone 2012 Fonte: World Coal Association (milioni di tonnellate) esportazioni

importazioni

Indonesia

383

Cina

Australia

301

Giappone

184

Russia

134

India

160

USA

114

Corea del Sud

125

Colombia

82

Taiwan

64

Sudafrica

74

Germania

45

Canada

35

Regno Unito

45

289

Quali le ripercussioni sui prezzi? A differenza del petrolio, l’85% del carbone viene utilizzato laddove viene estratto. Considerato che vi sono svariate qualità di carbone i prezzi variano in base alla qualità, all’ubicazione geografica e alla compatibilità. Il carbone viene impiegato nelle centrali, per il riscaldamento, nella produzione di acciaio e di ferro: in questi ultimi due settori è più caro perché è qualitativamente migliore.

grafico 2

Prezzo del carbone e del petrolio Fonte: World Bank - commodity price data Il prezzo del petrolio si riferisce a Brent, il prezzo del carbone si riferisce al carbone australiano (US$/barile) (US$/tonnellata) 120

140

petrolio

carbone 120

100

100

80

80 60 60 40

40

20

20

0

0 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 1989 1988 1987 1986 1985 1984 1983 1982 1981 1980

78


Generalmente il prezzo dipende dal potere calorifico delle singole varietà. Se si paragona l’andamento del costo del petrolio con quello del carbone, a lunga scadenza la tendenza è identica nonostante dal 2011 il costo del carbone sia drasticamente calato rispetto a quello di petrolio e gas naturale (vedi grafico 2). Le cause sono da imputare all’eccedenza dell’offerta. Cosa si prevede in futuro nella produzione di carbone? Riuscirà questo combustibile fossile a mantenere la propria posizione nel mix energetico mondiale nonostante il bilancio negativo in tema di difesa clima? In base alle stime, anche nei prossimi anni il carbone figurerà al secondo posto dopo il petrolio ma la quota percentuale passerà da quasi il 30% nel 2011 al 25,5% nel 2035. Nelle varie aree il consumo di carbone avrà andamenti differenti. Con tutta probabilità nei Paesi OCSE vi sarà un ulteriore calo, mentre nei Paesi asiatici (soprattutto Cina e India) il consumo continuerà ad aumentare. grafico 3 Consumo energetico mondiale per tipo di energia: quota percentuale (%) Fonte: IEA World Energy Outlook 2013 (New Policies Scenario) 1990

6,0

2011

12,7 25,4

28,9 21,3

36,8  carbone

 gas

25,5

6,4

22,5

 energia nucleare

17,6

27,2

6,2

28,6

31,4  petrolio

2035

15,5

13,2

5,2

19,0

2025

23,7

26,8

 energia idroelettrica e altre energie rinnovabili

La Cina, attualmente il maggior produttore, consumatore ed importatore al mondo di carbone, continuerà a svolgere, anche in futuro un ruolo predominante nel settore. Dopo una prima fase di forte industrializzazione la Cina si sta orientando verso le attività di servizio. Grazie a questo cambiamento e al miglioramento dell’efficienza, dopo il 2030, vi sarà un rallentamento del consumo di carbone. Attualmente il Paese tenta di utilizzare anche altre fonti energetiche tipo gas naturale, energie rinnovabili ed energia atomica per limitare almeno in parte le conseguenze nefaste causate dall’emissione di sostanze nocive. Nella produzione di energia elettrica il carbone svolgerà un ruolo predominante anche in futuro ma perderà l’elevata quota del 40%, mentre gas naturale, energie alternative ed energia atomica potenzieranno le proprie percentuali. Lo sviluppo del consumo di carbone dipenderà, in futuro, anche da come i singoli Stati riusciranno a raggiungere gli obiettivi che la politica ha fissato in difesa del clima. Per raggiungere questi obiettivi il consumo di carbone dovrebbe diminuire negli anni e nei decenni futuri: per il momento non è dato di sapere in che termini ciò sarà possibile.

79


80


Museo dell'Energia a Mosca

La Russia: il gigante dell’energia La Russia domina i mercati energetici globali e, per l’Europa, è uno dei più importanti fornitori di gas e petrolio. Lo scoppio della crisi con l’Ucraina ha evidenziato il significativo ruolo della Russia quale fornitore di energia al vecchio continente. Quanto sono importanti gas e petrolio russi per l’Europa e quale posto occupa la Russia nell’offerta energetica mondiale? Vi sono delle alternative alla dipendenza dell’Europa dal gas russo? La Russia, il Paese più esteso al mondo per quel che concerne la superficie, dispone di immensi giacimenti di petrolio, gas e carbone che si trovano nelle regioni degli Urali/Volga, del nord-ovest del Paese, nel nord del Caucaso, nella Siberia occidentale ed orientale nonché nell’estremo oriente. Con tutta probabilità vasti giacimenti di petrolio e gas si trovano anche nelle regioni artiche sebbene l’esplorazione del sottosuolo in quelle zone sia solo agli arbori. Attualmente l’estrazione di petrolio e di gas si concentra soprattutto nella Siberia occidentale e nelle regioni degli Urali/Volga. La rapidissima espansione dei mercati asiatici e la conseguente richiesta di energia nonché l’applicazione di nuove tecnologie porteranno, a media e lunga 81


scadenza, ad un significativo potenziamento dell’estrazione di petrolio e gas in Siberia orientale, nell’estremo oriente russo nonché nelle regioni artiche. La Russia dispone anche di vasti giacimenti di gas e petrolio di scisto la cui estrazione non è ancora iniziata.

grafico 1 Produzione di petrolio e gas in Russia per regione (2013) Fonte: US Energy Information Administration Siberia occidentale regione Ural-Wolga Siberia orientale Nord Ovest & Artide Estremo Oriente Caucaso settentrionale 7 6 5 4 3 2 1 0 Petrolio - milioni di barili al giorno

0

5 10 15 20 25 Gas - bilioni di piedi cubi

Nella classifica dei Paesi in cui vi sono i maggiori giacimenti di gas e carbone al mondo la Russia figura al 2° posto, mentre si piazza all’8° per quel che concerne i giacimenti di petrolio. Se riuscirà a sfruttare le risorse di petrolio e gas naturale presenti nelle regioni artiche, le riserve del Paese potrebbero aumentare in maniera considerevole. Se si prendono in considerazione petrolio e gas insieme, allora la Russia diventa il maggiore esportatore al mondo di energie fossili con un volume annuale di 7,5 milioni di barili di petrolio al giorno e 230 miliardi di metri tabella 1

cubi di gas all’anno.

I 10 Paesi principali con le più grandi riserve fossili (fine 2013) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2014 Petrolio Gas Carbone miliardi bilioni di miliardi di (%) (%) (%) di barili metri cubi tonnellate Venezuela 1/ 298,3 17,7 Iran 33,8 18,2 USA 237,3 26,6 Arabia Saudita 265,9 15,8 Russia 31,3 16,8 Russia 157,0 17,6 Canada 2/ 174,3 10,3 Qatar 24,7 13,3 Cina 114,5 12,8 Iran 157,0 9,3 Turkmenistan 17,5 9,4 Australia 76,4 8,6 Iraq 150,0 8,9 USA 9,3 5,0 India 60,6 6,8 Kuwait 101,5 6,0 Arabia Saudita 8,2 4,4 Germania 40,5 4,5 EAU 3/ 97,8 5,8 UAE 3/ 6,1 3,3 Ucraina 33,9 3,8 Russia 93,0 5,5 Venezuela 5,6 3,0 Kazakhstan 33,6 3,8 Libia 48,5 2,9 Nigeria 5,1 2,7 Sudafrica 30,2 3,4 USA 44,2 2,6 Algeria 4,5 2,4 Indonesia 28,0 3,1 Altri Paesi 257 15,2 Altri Paesi 39,7 21,4 Altri Paesi 79,5 8,9 Mondo 1688 100,0 Mondo 185,7 100,0 Mondo 891,5 100,0 1/ petrolio extra pesante incluso 2/ petrolio ottenuto dalle sabbie bituminose di progetti in fase sviluppo incluso 3/Emirati Arabi Uniti 82


L’economia russa dipende fortemente dalle esportazioni di gas e petrolio: le entrate che derivano da questi due combustibili fossili rappresentano il 50% del bilancio e quasi il 70% delle entrate da esportazioni. Grazie alla forte dipendenza dalle esportazioni di energia, le oscillazioni dei prezzi dell’energia influenzano pesantemente l’economia della Russia. grafico 2 Nel 2013 le entrate dovute alle esportazioni di petrolio e gas rappresentavano l'68% del totale dei proventi delle esportazioni russe Fonte: US Energy Information Administration July 2014 Russia: 2013 (miliardi di US $) $ 300 $ 200

68%

$ 100 $0

$ 109

21% prodotti petroliferi

$ 73

14% gas

$ 174

33% petrolio

petrolio e gas

$ 171

32%

altri prodotti

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica l’industria del petrolio e del gas venne privatizzata, mentre nei decenni successivi una parte considerevole fu nuovamente statalizzata. Oltre alla Rosneft, la maggiore società petrolifera russa, ve ne sono alcune private tipo Lukoil e Novatek. La multinazionale GAZPROM domina l’industria del gas, produce circa il 75% del gas russo e ha il monopolio delle esportazioni. Il governo progetta di liberalizzare gradualmente il mercato del gas soprattutto per quel che concerne le esportazioni di GNL1. Le aziende straniere incontrano spesso moltissime difficoltà a collaborare con le aziende russe. Un importante accordo di collaborazione è stato siglato tra la Rosneft e la ExxonMobil per l’estrazione di petrolio e gas nell’area artica del mare di Barents: la Rosneft, non disponendo delle necessarie tecnologie per estrarre petrolio e gas nelle regioni artiche, si è vista costretta a ricorrere al know-how di aziende estere. grafico 3 Russia: consumo per tipo di combustibile 2013 (quota percentuale) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014

carbone 13% gas 53% petrolio 22%

energia nucleare 6% energia idroelettrica 6% energia rinnovabile 0,1%

1 GNL sta per gas naturale liquido (in inglese LNG liquified natural gas). Il gas naturale standard viene raffreddato ad una temperatura da 164 a 161° (da 109 a 112 K) in modo tale da ridurne il volume specifico di circa 600 volte. Il GNL presenta enormi vantaggi soprattutto nel trasporto e nello stoccaggio.

83


Oltre la metà del consumo energetico russo è coperto da gas, il 22% da petrolio, il 13% da carbone, il 6% da energia idroelettrica e nucleare. A differenza di altre regioni e Paesi del mondo, la percentuale delle energie rinnovabili è insignificante (0,1%). Grazie ai prezzi contenuti dell’energia praticati ad imprese e consumatori privati, in passato non si è ritenuto di dover aumentare l’efficienza energetica e tanto meno di incentivare le energie rinnovabili quale alternativa alle fossili. Attualmente, con i prezzi dell’energia che continuano ad aumentare, i consumatori iniziano a comprendere l’importanza di incrementare l’efficienza energetica e di investire nelle rinnovabili. Con il risparmio derivante vi sarebbero maggiori quantità di petrolio e gas da destinare all’esportazione. Il Ministero russo dell’energia ritiene che fino al 2020 vi sarebbe un enorme potenziale di risparmio pari a circa il 40-50% del fabbisogno energetico primario del 2010. Nel 2013 la Russia produceva il 13% del petrolio mondiale e figurava il secondo maggiore produttore petrolifero dopo l’Arabia Saudita. La Russia è, dopo gli Stati Uniti, il maggiore produttore mondiale di gas con una quota pari al 18% della produzione mondiale. Sebbene disponga pure di enormi giacimenti di carbone il Paese produce solo minime quantità di questo combustibile fossile ovvero il 4,3% della produzione mondiale. Il volume dell’export di petrolio e soprattutto di gas fa della Russia uno dei maggiori protagonisti dei mercati energetici del Pianeta. grafico 4 Russia: quota percentuale della produzione mondiale di petrolio e gas 2013 Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 petrolio

gas

Russia 13%

Russia 18%

grafico 5 Russia: esportazioni di gas per Paese (%) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 Taiwan Paesi Bassi Grecia Corea del Sud Finlandia Austria Slovacchia Altri Paesi della C.S.I. Ungheria Repubblica Ceca Francia Polonia altri paesi Europei Giappone Belgio Bielorussia Italia Ucraina Turchia Germania

Europa 60%

Ucraina 11% Turchia 12%

8,0% 11,0% 11,1% 11,6% 17,7%

0 84

Taiwan 0.04 Corea del Sud 1% Giappone 5% alti Paesi aderenti alla C.S.I. 3% Bielorussia 8%

0,04% 0,9% 1,1% 1,1% 1,6% 2,3% 2,4% 2,5% 2,6% 3,2% 3,6% 4,3% 4,4% 5,2% 5,4%

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20


Nel 2013 la Russia è stata il maggior esportatore di gas al mondo grazie a 225,5 miliardi di metri cubi ovvero ad una quota pari al 22% nelle esportazioni mondiali di gas. A seguire il Qatar con il 12%. Nel 2013 circa il 60% del gas è stato esportato in Europa orientale ed occidentale attraverso gasdotti, il 22% in Ucraina, in Bielorussia e in altri Paesi aderenti alla C.S.I. 2 , il 12% in Turchia. Solo il 6% è stato trasportato come GNL in Giappone, Corea del Sud e Taiwan poiché la Russia dispone di un solo impianto per la liquefazione del gas sull’isola Sachalin nell’estremo oriente del Paese. Per intensificare il commercio di GNL sono in progetto altri impianti che sorgeranno, tra l’altro, sulla penisola Jamal in Siberia occidentale e a Vladivostok. gasdotti gasdotti in fase di progettazione Paesi UE Russia

Russia

Gasdotti esistenti o in fase di progettazione dalla Russia all’Europa Data la posizione geografica è evidente che l’Europa Orientale, l’Europa Occidentale e i Paesi aderenti alla C.S.I. sono i naturali destinatari del gas russo che viene facilmente trasportato nei vari Paesi grazie ad una rete di metanodotti divenuta sempre più capillare nel corso degli anni. Gran parte delle forniture russe attraversano l’Ucraina che è così diventata importante terra di transito del gas russo verso l’Europa. Per quei Paesi che soddisfano gran parte del proprio fabbisogno acquistando gas dalla Russia questa forte dipendenza può rappresentare un rischio da non sottovalutare memori di quanto già avvenuto negli anni 2005/2006 e 2007/2008 quando tra Russia ed Ucraina scoppiò una vera e propria guerra dei prezzi. 2 C.S.I. sta per Comunità degli Stati Indipendenti sorti all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia (1993), Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan.

85


La crisi attuale dell’Ucraina è causa di una nuova escalation. La Russia è estremamente interessata a costruire il metanodotto “South Stream”, attualmente in fase di progettazione, che dal mar Nero dovrebbe giungere in Europea passando per i Balcani evitando di entrare in Ucraina. Per il momento l’Unione Europa ha congelato il progetto “South Stream”. La costruzione di questo gasdotto si trova, comunque, in fase molto avanzata e sarebbe un bene sia per l’UE sia per la Russia se fosse portato a termine. tabella 2 Europa: dipendenza del gas importato dalla Russia (miliardi di metri cubi) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 importazioni dipendenza importazioni di gas dalla del gas totali di gas Russia russo (%) Austria 5,1 6,8 76 Belgio 12,3 32,8 38 Germania 39,8 95,8 42 Finlandia 3,5 3,5 100 Francia 8,1 39,2 21 Grecia 2,4 3,0 79 Regno Unito 0,0 51,2 0 Irlanda 0,0 4,9 0 Italia 24,9 57,1 44 Paesi Bassi 2,1 21,5 10 Polonia 9,6 11,4 84 Slovacchia 5,3 5,3 100 Spagna 0,0 30,2 0 Repubblica Ceca 7,2 11,0 65 Turchia 26,2 44,3 59 Ungheria 5,9 5,9 100 altri Paesi 10,0 24,4 41 Europei Totale Europa 162,5 448,4 36 Bielorussia

18,1

Ucraina 25,1 altri Paesi 5,6 aderenti alla C.S.I.

18,1

100

26,9

93

11,4

49

La tabella 2 evidenzia un quadro assai articolato della dipendenza dei Paesi europei dalle importazioni di gas dalla Russia. Paesi come la Finlandia, la Slovacchia e l’Ungheria vi dipendono al 100%, mentre Irlanda, Spagna e Gran Bretagna non effettuano alcuna importazione; tre quarti e più delle importazioni di Polonia, Grecia e Austria avvengono dalla Russia. Nel 2013 l’Europa ha importato, dalla Russia, mediamente il 36% del proprio fabbisogno di gas. Quali alternative ha l’Europa se nel prossimo inverno la crisi ucraina dovesse portare a difficoltà di approvvigionamento? Attualmente su tutti i mercati del mondo vi è ampia offerta di gas. L’Europa potrebbe acquistare GNL (gas naturale liquido) da vari Paesi anche se ad un prezzo decisamente più elevato3 . I rapporti dei Paesi europei riferiscono che i depositi sono pieni e in grado di fronteggiare situazioni eccezionali. Poiché l’economia russa dipende fortemente dalle esportazioni di energia, è piuttosto improbabile che la Russia blocchi le forniture di gas all’Europa. 3 Il prezzo del GNL include i costi di fluidificazione, di trasporto nei serbatoi e i costi alle stazioni di arrivo dove deve essere nuovamente trasformato in stato gassoso prima di essere inviato ai metanodotti.

86


A lunga scadenza è lecito ritenere che la crisi ucraina indurrà il vecchio continente a diversificare in maniera consistente le fonti di approvvigionamento di gas. grafico 6 Russia: esportazioni di petrolio – principali destinatari delle esportazioni 2012 Fonte: Global Trade Atlas, US Energy Information Administration (EIA) (migliaia di barili al giorno) Ungheria Bulgaria Regno Unito Spagna Francia Italia Giappone Lituania Svezia Finlandia Bielorussia Polonia Cina Paesi Bassi Germania 0

100

200

300

400

500

600

700

800

L’Europa è un mercato importante anche per il petrolio russo. La Germania è il maggior importatore, seguita dai Paesi Bassi e dalla Cina. Diversamente dal gas, nelle importazioni di petrolio vi è una maggiore diversificazione dei Paesi importatori e di conseguenza nessuna forte dipendenza. Inoltre, nel caso del petrolio è molto più facile rivolgersi ad altri Paesi esportatori poiché il commercio è molto più flessibile considerato che avviene senza l’ausilio di gasdotti o speciali container per GNL.

Piattaforma galleggiante per trivellazioni marine della West Alpha nel Mare di Kara 87


Nonostante le sanzioni, nell’agosto 2014 la società petrolifera statale russa Rosneft e la multinazionale americana ExxonMobil hanno dato il via, insieme, a perforazioni di prova nel Mare di Kara, una porzione meridionale del Mar Glaciale Artico. Non sappiamo se le nuove, aspre sanzioni riusciranno a bloccare questo progetto. Vi è un sufficiente numero di Paesi che dispongono di un adeguato potenziale di esportazioni a condizione che si realizzino le necessarie infrastrutture: i metanodotti e gli impianti di fluidificazione del gas nei Paesi esportatori, stazioni di rifornimento di metano allo stato liquido (GNL) nei Paesi importatori. Il Qatar, l’Iran e l’Azerbaigian dispongono di enormi riserve di gas e sarebbero in grado di contribuire adeguatamente a soddisfare la richiesta europea di gas. Anche la Nigeria dispone di vaste risorse e da quando gli Stati Uniti non importano più metano, il Paese è alla ricerca di nuovi acquirenti. La costruzione di metanodotti richiederebbe parecchi anni mentre la fornitura di metano allo stato liquido (GLN) potrebbe aver luogo via nave in tempi brevi a patto che, come già detto, il Paese importatore si sia dotato degli impianti di fluidificazione e delle stazioni di rifornimento. Nonostante le instabilità geopolitiche conseguenti alla crisi ucraina, la Russia continuerà ad essere, per l’Europa, un significativo fornitore di petrolio e gas. Sia il vecchio continente sia la Russia traggono enormi vantaggi dalla posizione geografica, dai buoni rapporti instaurati nei decenni passati e dagli stretti rapporti commerciali intrecciati nel corso del tempo: non sarà così facile comprometterli con continue discussioni geopolitiche. La logica conseguenza della crisi con l’Ucraina indurrà la Russia a cercare di penetrare sempre nuovi mercati come già avvenuto in Cina con la quale il Paese ha recentemente siglato un importante accordo di fornitura di gas. Dal canto suo l’Europa dovrà impegnarsi a ridurre la propria dipendenza dall’importazione di gas naturale russo. 88


La Cina in corsa per le risorse energetiche 1,4 miliardi di persone circa fanno della Cina il Paese più popolato al mondo e il maggior consumatore e produttore mondiale di energia grazie ad un’economia in rapidissima crescita. Il costante incremento del benessere ha trasformato la Cina in uno dei protagonisti indiscussi sulla scena dei mercati energetici mondiali provocando, nel contempo, un sempre crescente fabbisogno di energia. Quali sono le strategie future del Paese per far fronte alle richieste e soprattutto per ridurre le colossali quantità di emissioni di CO2? Nei decenni passati, l’economia cinese in rapida ascesa ha portato ad un costante aumento del reddito pro-capite. Negli scorsi 15 anni la forte crescita dell’industrializzazione ha praticamente triplicato il consumo energetico primario1 del Paese che nel 2010 ha sorpassato gli Stati Uniti quale maggiore consumatore di energia. Se nel 2012 si registravano 80 autovetture ogni 1000 abitanti, si prevede che nel 2035 vi saranno 380 autovetture ogni 1000 abitanti: un dato eloquente sulla potenziale, futura crescita del settore energetico.

grafico 1

Cina: prodotto interno lordo (PIL) pro capite e consumo energetico Fonte: Fondo monetario internazionale, BP Statistical Review of the World Energy June 2014 MTOE = milioni di tonnellate di petrolio equivalente (US $) 8000 PIL pro capite consumo di energia primaria 7000

(MTOE) 3000 2500

6000 2000

5000 4000

1500

3000

1000

2000 500

1000 0

0 2012

2010

2008

2006

2004

2002

2000

1998

1996

1994

1992

1990

1988

1986

1984

1982

1980

1 Per consumo primario d’energia s’intende il consumo di fonti energetiche reperibili in natura: petrolio, carbone, gas naturale, uranio nonché energie rinnovabili. Attraverso vari processi, l’energia primaria viene trasformata in energia utile cioè energia finale. Un esempio: la produzione di energia elettrica e di calore da fonti energetiche primarie quali legno, carbone o gas.

89


Il grafico indica il rapido sviluppo del settore energetico cinese nei decenni trascorsi e riporta una previsione di consumo. Se nel 1990 la quota della Cina nel consumo energetico mondiale era pari ad un modesto 8,2%, nel 2010 la quota saliva a quasi il 20%: la BP prevede che, nel 2035, il Paese rappresenterà oltre un quarto del consumo mondiale. Il Paese consumerà il doppio dell’energia degli Stati Uniti e deterrà una quota pari all’80% del consumo energetico globale di tutti i Paesi OCSE. grafico 2 Consumo globale di energia per regione Fonte: BP Energy Outlook 2035, January 2014 (MTOE) 20000  OCSE  Cina  India  Altri Paesi 18000 10000 14000 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 1990 2000 2010 2020 2025 2030

2035

Nel consumo energetico mondiale, nel 2013 la Cina figurava al 1° posto con una quota percentuale pari a 22. Il Paese è anche il maggior consumatore al mondo di carbone e di energia idrica e figura nell’ordine: al secondo posto dietro agli Stati Uniti per consumo di petrolio ed energie rinnovabili, al quarto posto per consumo di gas, al quinto per produzione di elettricità da energia atomica (vedasi tabella 1). L’aumento costante del consumo di petrolio ha fatto sì che, per la prima volta, nel 2014 la Cina superasse gli Stati Uniti nelle importazioni nette di greggio. Il Paese è anche il maggior produttore, consumatore ed importatore al mondo di carbone: circa il 50% del consumo mondiale si registra in Cina, il maggior responsabile della più elevata quantità di CO 2 rilasciata nell’atmosfera (vedasi grafico 2). Il rapido aumento dell’industrializzazione e lo sviluppo dell’economia cinese hanno fatto sì che attualmente la Cina figuri al primo posto anche nel settore della produzione di elettricità, quadruplicata tra il 2000 e il 2013. Nel consumo energetico globale il carbone detiene la quota maggiore con il 67%; segue il petrolio con il 18%, l’energia idroelettrica con il 7%, il gas con il 5%, l’energia rinnovabile e l’energia atomica con rispettivamente il 2 e l’1%. Questo sbilanciamento a favore del carbone ha ripercussioni drammatiche per quel che riguarda le emissioni di CO 2: infatti la Cina è responsabile delle maggiori quantità mondiali di biossido di carbonio provocate dal consumo energetico e rilasciate nell’atmosfera. In alcune aree industriali cinesi le conseguenze sulla salute sono drammatiche, ragion per cui in futuro il Paese tenterà di ridurre la quota percentuale del carbone nel mix energetico e in generale delle fonti energetiche fossili. Per raggiungere questi obiettivi la Cina investe ingenti capitali in energie rinnovabili e progetta numerose, nuove centrali nucle90


ari che sorgeranno nei prossimi anni e decenni. Considerato che il Paese dispone di enormi riserve di gas di scisto, il settore del gas verrà rafforzato grazie al contributo delle compagnie petrolifere internazionali: in confronto a carbone e petrolio, il gas rilascia una quantità minore di CO 2. Ciononostante con tutta probabilità anche in futuro la maggior parte del consumo energetico complessivo sarà però rappresentato dal carbone. tabella 1 Consumo energetico per fonte di energia: i 5 paesi maggiori consumatori nel 2013 (milioni di tonnellate di petrolio equivalente) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 petrolio gas carbone energia nucleare energia idroelettrica USA 831 USA 671 Cina 1925 USA 188 Cina Cina

507 Russia

372 USA

Giappone

209 Iran

146 India

India Russia Totale mondiale

456 Francia

96 Canada

324 Russia 39 Brasile Corea 175 Cina 145 Giappone 129 31 USA del Sud 153 Giappone 105 Russia 94 Cina 25 Russia Totale Totale Totale 4185 mondiale 3020 mondiale 3827 mondiale 563 Totale mondiale Quota della Cina nel consumo energetico globale 12,1

4,8

50,3

4,4

energia rinnovabile 206 USA

consumo totale di energia 59 Cina 2852

89 Cina

43 USA

87 Germania

30 Russia

699

62 Spagna

17 India

595

41 Brasile 856 Totale mondiale (%) 24,1

2266

13 Giappone 474 Totale 279 mondiale 12730 15,4

22,4

grafico 3 Cina: consumo per tipo di combustibile 2013 (quota percentuale) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 gas 5% petrolio 18%

energia rinnovabile 2% energia idroelettrica 7% energia nucleare 1%

carbone 67%

Sebbene la Cina disponga di ingenti riserve oltre che di carbone anche di petrolio, è costretta ad importarne oltre 4 milioni di barili al giorno per poter soddisfare il proprio fabbisogno. Le due maggiori compagnie petrolifere e del gas cinesi, la China National Petroleum Company (CNPC) e la China Petroleum and Chemical Corporation (SINOPEC), rientrano nella rosa delle 10 maggiori compagnie petrolifere mondiali. Entrambe si dedicano ai settori “Upstream” (esplorazione ed estrazione di petrolio e gas) e “Downstream” (raffinazione, marketing e distribuzione di prodotti petroliferi e di gas). Oltre a queste due compagnie ve ne sono molte altre non meno importanti che operano nel settore dell’energia.

91


grafico 4 Emissioni globali di CO2 collegate all'energia Fonte: US Energy Information Administration – International Energy Outlook 2013 (milioni di tonnellate) 50000  Cina  USA  India  Altri Paesi non OCSE  Altri Paesi OCSE 45000 40000 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 0 2010

2015

2020

2025

2030

2035

Grafico 5 Cina: importazioni di petrolio per Paese di origine 2011 (quota percentuale) Fonte: US Energy Information Administration, Country Analysis Briefs China Feb.2014 Russia 8%

Oman 7%

Iraq 5%

Sudan - 5% Venezuela - 5% Kazakistan - 4%

Iran - 11%

Kuwait - 4% Angola - 12%

Emirati Arabi Uniti - 3% Brasile - 3%

Arabia Saudita 20%

Altri Paesi 11%

Congo - 2%

Grafico 6 Cina: importazioni di GNL per paese di origine 2011 (quota percentuale) Fonte: US Energy Information Administration, Country Analysis Briefs China - Feb. 2014

Australia 30% Altri Paesi - 2% Egitto - 2% Russia - 2% Trinidad - 2%

Indonesia 17% Nigeria 6% Yemen 7%

92

Malesia 13%

Qatar 19%

2040


In caso di attività particolarmente complicate - esplorazioni in acque profonde o estrazioni di gas di scisto - hanno accesso al settore energetico anche compagnie petrolifere internazionali. Le maggiori compagnie petrolifere cinesi partecipano a progetti inerenti i settori del petrolio e del gas in molti Paesi esteri ed hanno avviato rapporti strategici di collaborazione con compagnie petrolifere internazionali per acquisire il necessario know-how. Grazie alle ingenti riserve di denaro (le riserve cinesi in valuta hanno raggiunto a metà del 2014 la cifra record di 3,9 bilioni di dollari USA), la Cina possiede partecipazioni in aziende energetiche estere. Gasdotto „Power of Siberia“ dalla Russia verso la Cina

completamento del gasdotto previsto: 2019

lunghezza del gasdotto: 4000 km CINA

CINA gasdotto Altai 1/ Power of Siberia

Giacimenti di petrolio e gas naturale

gasdotti già costruiti gasdotti in previsione

1/ Gasdotto progettato dalla Siberia occidentale alla Cina nord-occidentale. Al suo posto verrà costruito il gasdotto „Power of Siberia“.

Per soddisfare il fabbisogno e per ridurre al minimo i rischi legati alla geopolitica, la Cina ha sempre cercato di diversificare il più possibile le importazioni di greggio: nel grafico 5 è evidente che il Paese importa petrolio da diversi Stati esteri. Inoltre le compagnie petrolifere nazionali CNPC e SINOPEC hanno partecipazioni nelle estrazioni in numerosi Paesi fornitori di petrolio alla Cina. La Cina importa il gas da Paesi centroasiatici: Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan e gas naturale liquefatto (GNL) da vari Paesi asiatici, dal Medioriente, dall’Africa, dall’Europa e dal Sudamerica. In seguito alla crisi ucraina, nel maggio scorso la Russia ha stipulato, dopo numerosi tentativi mai andati a buon fine, un contratto di fornitura di gas con la Cina. La società russa GAZPROM fornirà alla Cina 38 miliardi di metri cubi di gas l’anno per trent’anni: il gas verrà estratto nei giacimenti della Siberia orientale e portato in Cina attraverso gasdotti. Il gasdotto “Power of Siberia” avrà una lunghezza di 4000 km ed una capacità fino a 60 miliardi di metri cubi l’anno. Si apprende da fonti ufficiali che il gasdotto sarà pronto nel 2019 e per quella data prenderanno il via le forniture di gas. Il contratto è il più consistente mai stipulato da GAZPROM e rappresenterà una pietra miliare nella fornitura di gas alla Cina. 93


La Cina a Expo Milano 2015

Per coprire il fabbisogno in continuo aumento di prodotti petroliferi e per stare al passo con le tendenze del mercato, la Cina ha potenziato e modernizzato le proprie raffinerie. Nel 2013 la capacità di raffinazione cinese si aggirava intorno ai 12,5 milioni di barili al giorno: con queste quantità il Paese è riuscito a coprire il proprio fabbisogno e ad esportare prodotti petroliferi. Se negli anni passati in Europa molte raffinerie sono state chiuse perché obsolete, per un evidente calo delle richieste e per scarsa redditività, in Cina il settore registra un incremento senza precedenti.

grafico 7

Cina: sviluppo della capacità di raffinazione 1980-2013 Fonte: BP Statistical Review of the World Energy June 2014 (milioni di barili al giorno) 14 12 10 8 6 4 2

2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

1990

1989

1988

1987

1986

1985

1984

1983

1982

1981

1980

0

La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale prevedono che l’economia della Cina crescerà in maniera consistente e con essa il consumo di energia; le due massime istituzioni prevedono anche che il Paese continuerà a rafforzare il proprio ruolo nei mercati energetici mondiali. In tema di politica energetica, la Cina è assolutamente consapevole di doversi impegnare molto seriamente per diminuire il consumo di carbone a favore delle energie pulite (gas naturale, energie rinnovabili, energia atomica), per aumentare l’efficienza energetica e soprattutto per ridurre l’inquinamento ambientale sempre più grave. Non si sa ancora entro quale data il Paese riuscirà a raggiungere questi obiettivi e a ridurre le elevatissime emissioni di CO 2.

94


Si può rinunciare all’energia atomica? La catastrofe del 2011 nella centrale nucleare di Fukushima in Giappone ha acceso nuove, ampie discussioni sulla pericolosità dell’energia nucleare. All’indomani di questa catastrofe alcuni Paesi tra cui la Germania hanno deciso di bloccare l’ampliamento dei propri programmi sul nucleare e di procedere gradualmente alla chiusura delle centrali. Attualmente nel fabbisogno energetico globale la quota dell’energia atomica è pari a circa 15%: una cifra destinata a calare o ad aumentare? grafico 1 Centrali nucleari nel mondo - 1954-2013 Fonte: Agenzia internationale per l'energia atomica (IAEA) Gigwatt

Numero

400 350 300

500 capacità

450

numero di centrali nucleari

400 350

250

300

200

250

150

200

100

150 100 50

0

0

1954 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012

50

L’uso civile dell’energia atomica prodotta nelle centrali nucleari iniziò verso la metà degli anni Cinquanta. Nel 1957 venne fondata L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) allo scopo di promuovere l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare. Nei decenni successivi in vari Paesi industrializzati si costruirono numerose centrali atomiche nelle quali la capacità dei reattori aumentò rapidamente. All’inizio degli anni Settanta nacquero in tutto il mondo movimenti anti-nucleare poiché numerosi cittadini rifiutavano l’energia atomica impauriti dai rischi derivanti dall’uso civile della stessa. Le due gravi crisi petrolifere degli anni Settanta, responsabili del drammatico aumento dei prezzi del greggio, contribuirono ad aumentare la popolarità dell’energia nucleare sebbene il petrolio svolgesse 95


ieri (come oggi) un ruolo secondario nella produzione di elettricità. Gli incidenti avvenuti nel 1979 nella centrale di Three Mile Island negli Stati Uniti, nel 1986 a Cernobyl e nel 2011 a Fukushima hanno dimostrato che i pericoli e rischi per la popolazione e l’ambiente non sono frutto di fantasie. Dalla fine degli anni Ottanta il processo di ampliamento e/o riorganizzazione dell’energia nucleare è stato decisamente rallentato: in seguito ai ridotti tassi di crescita e allo spegnimento dei reattori soprattutto dopo il disastro di Fukushima, nel 2013 nel mondo si contavano 434 centrali nucleari con una capacità di 372 GW1. grafico 2 Centrali nucleari attive nel mondo 2013: 434 Fonte: Agenzia internationale per l'energia atomica (IAEA) USA Francia Giappone Russia Corea del Sud Cina India Canada Regno Unito Ucraina Svezia Germania Belgio Spagna Repubblica Ceca Svizzera Finlandia Ungheria Slovacchia Argentina Pakistan Brasile Bulgaria Messico Romania Sudafrica Armenia Iran Paesi Bassi Slovenia 0 20 40 60 80 100 (numero) Gli Stati Uniti figurano al primo posto con 100 centrali, al secondo la Francia con circa 60 e al terzo il Giappone con 50; seguono la Russia, la Corea del Sud, la Cina e l’India. Sebbene nel grafico i primi tre siano Paesi OCSE, risulta evidente che Paesi emergenti quali Russia, Cina e India occupano posizioni di tutto rispetto. Impossibile non notare poi che Paesi che dispongono di enormi riserve e risorse di energie fossili e rinnovabili quali Russia, Brasile, Messico e Iran preferiscono ricorrere all’energia nucleare.

1 IAEA – International Atomic Energy Agency, Nuclear Power Reactors in the World 2014 edition

96


grafico 3 Centrali nucleari in costruzione: 71 Fonte: Agenzia internationale per l'energia atomica (IAEA) 29

Cina Russia India USA Corea del Sud Emirati Arabi Uniti Ucraina Slovacchia Pakistan Giappone Francia Finlandia Brasile Bielorussia Argentina

10 6 5 5 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1

0 5 10 15 20 25 30 35 71 le centrali attualmente in costruzione: la Cina figura al primo posto con 27 nuove realizzazioni, seguita da Russia, Corea del Sud, India e Stati Uniti. Nei Paesi dell’Europa occidentale, invece, ve ne sono in costruzione pochissime. Dopo l’incidente di Fukushima, molti Paesi europei hanno cambiato mentalità, ma a livello mondiale l’energia atomica è in crescita. Oltre alle 71 centrali in costruzione ve ne sono circa 100 in fase di progettazione e/o autorizzazione. Anche in questo caso la Cina è in pole position seguita da Russia, Stati Uniti e India. grafico 4 Quota dell'energia nucleare nella produzione di elettricità mondiale Fonte: ExxonMobil 2014 - The Outlook for Energy: A View to 2040 2010

45%

2025

2040 20%

16%

15%1 6% 4%

7%

10%

2%

7% 41%

6%

7% 26%

24%

 petrolio  energia nucleare

33%

3%

 gas  energia idroelettrica

28%

 carbone  altre energie rinnovabili

Nel 2010 l’energia atomica rappresentava il 15% della produzione mondiale di elettricità. La ExxonMobil prevede che, nel 2025, la quota aumenterà al 16% e nel 2040 al 20%. Stime di altre aziende/organizzazioni prevedono più o meno le stesse cifre. Il confronto tra Paesi OCSE e Paesi non-OCSE evidenzia una situazione non omogenea. tabella 1 Quota dell'energia nucleare nella produzione di elettricità Fonte: ExxonMobil 2014 - The Outlook for Energy: A View to 2040 2010

2025

2040

OCSE

26%

28%

32%

Non-OCSE

5%

8%

15%

La quota percentuale è e sarà decisamente più elevata nei Paesi OCSE. Nei Paesi emergenti – Cina, Russia e India – la crescita è più marcata: il 5% del 2010 aumenterà al 15% nel 2040.

97


Qual è, nei vari Paesi, il peso dell’energia atomica nella produzione di elettricità? Il grafico 5 riporta un quadro molto differenziato. Complessivamente al mondo vi sono 31 Paesi che ricorrono all’energia atomica per produrre elettricità; la quota percentuale di utilizzo varia in maniera consistente da Paese a Paese. La Francia è in testa con il 70%, seguita dal Belgio e dalla Slovacchia con circa il 50%, dall’Ucraina e dalla Svezia con oltre il 40%. L’energia nucleare ha un’elevata quota percentuale nella produzione di elettricità principalmente nei Paesi europei. L’uranio è la materia prima impiegata nella produzione di energia atomica e al pari dei combustibili fossili la sua reperibilità non è eterna. Il BGR (Bundesanstalt für Geowissenschaften und Rohstoffe, Hannover) calcola che le riserve attuali di uranio si attestino intorno ai 2,16 milioni di tonnellate. Il 98% di tali riserve è distribuito soltanto in 11 Paesi. L’Australia è il Paese che dispone delle riserve maggiori, seguito dal Canada, Kazakistan, Brasile e Cina. In questi 5 Stati vi è l’84% delle riserve globali; se si prendono in considerazione anche la Russia, il Sudafrica, il Niger, gli Stati Uniti, la Namibia e l’Ucraina, la percentuale sale al 98%. Le risorse stimate di uranio (ovvero le scorte che né l’economia né la tecnologia riescono ancora a sfruttare) ammontano a 13 milioni di tonnellate. L’illustrazione che segue illustra la distribuzione delle riserve e delle risorse di uranio nel mondo. Riserve e risorse mondiali di uranio Fonte: Bundesanstalt für Gewissenschaften und Rohstoffe (BGR) Hannover - Energiebericht MT = milioni di tonnellate URANIO

produzione cumulativa

risorse

riserve

in Mt

risorse 13,0 Mt riserve 2,6 Mt produzione 0,06 Mt

La produzione di uranio è nelle mani di uno sparuto numero di multinazionali: nel 2012 solo 8 grandi imprese hanno incentivato l’82% della produzione mondiale di questo elemento. Per quel che concerne l’impiego, se la maggior parte dell’uranio

98


è utilizzata da pochissimi Paesi, oltre la metà praticamente in soli tre Stati: Stati Uniti, Francia e Cina. Nel mondo le trattative sull’uranio vertono principalmente su contratti di fornitura a lunga scadenza. La catastrofe che ha avuto luogo nella centrale atomica di Fukushima, l’uscita della Germania dai programmi del nucleare e l’arresto del potenziamento dello stesso in Italia, Svizzera e Belgio, non hanno frenato, negli anni passati, il costante aumento della produzione mondiale di uranio. I maggiori produttori mondiali sono il Kazakistan, il Canada e l’Australia con una quota pari al 63%. In Canada vi è il maggior giacimento, il McArthur River che copre il 13% della produzione globale. Da un punto di vista geologico, il BGR ritiene che vi sia uranio a sufficienza per i prossimi decenni. E’ ragionevole pensare che a media e lunga scadenza assisteremo ad un ampliamento dei giacimenti di questo elemento grazie all’intensificarsi delle attività di esplorazione. grafico 5 Quota dell'energia nucleare nella produzione di elettricità per Paese (fine 2013) Fonte: Agenzia internationale per l'energia atomica (IAEA)

Francia

73,3%

Belgio

52,1%

Slovacchia

51,7% 50,7%

Ungheria 43,6%

Ucraina

42,7%

Svezia 36,4%

Svizzera

35,9%

Repubblica Ceca

33,6%

Slovenia

33,3%

Finlandia

30,7%

Bulgaria

29,2%

Armenia

27,6%

Corea del Sud 19,8%

Romania Spagna

19,7%

USA

19,4%

Taiwan

19,1% 18,3%

Regno Unito

17,5%

Russia Canada

16,0%

Germania

15,4% 5,7%

Sudafrica Messico

4,6%

Pakistan

4,4%

Argentina

4,4%

India

3,5%

Paesi Bassi

2,8%

Brasile

2,8%

Cina

2,1%

Giappone

1,7%

Iran

1,5%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

99


L’energia atomica ha successo non solo in Asia e in Medio Oriente, ma anche nell’America del Nord e del Sud dove si progettano nuove centrali nucleari. Da quando la riduzione di emissioni di CO 2 è stata inserita nelle agende della politica, la lobby del nucleare e i sostenitori delle centrali atomiche difendono l’energia nucleare adducendo che sia più economica e che il suo impatto ambientale sia positivo poiché nelle varie fasi di produzione non si generano emissioni di CO 2. Considerato poi che vi è ampia disponibilità di uranio, essi ribadiscono l’elevatissima certezza di approvvigionamento. Coloro che sono totalmente contrari all’energia nucleare contestano, invece, il fatto che l’uranio sia economico e addirittura pulito. Infatti essi ritengono che la tesi in base alla quale l’uranio è più economico non sia sostenibile poiché non è possibile calcolare i costi di smantellamento delle centrali nucleari e i costi in caso di incidenti. Non è nemmeno possibile fare un confronto con altre fonti energetiche poiché non è ancora stato chiarito il problema dello smaltimento definitivo delle scorie e dunque non è possibile quantificare una parte essenziale dei costi. Ingenti investimenti in energia atomica rallenterebbero i necessari investimenti in efficienza energetica e in energie rinnovabili. La lista degli argomenti a favore e contrari all’energia nucleare è lunga… Si può rinunciare all’energia nucleare? La risposta è di natura politica, economica e differente da uno Stato all’altro. Se Paesi come la Germania sono riusciti ad uscire dai programmi del nucleare, altri Paesi potrebbero seguirne l’esempio e farcela anche rinunciando a questo tipo di fonte energetica. Molti studi hanno confermato che è possibile coprire il fabbisogno mondiale di elettricità rinunciando all’energia nucleare se solo la politica chiarisse alcuni punti tra cui le linee guida per aumentare l’efficienza energetica ed incentivasse gli investimenti in energie rinnovabili. Maggiore è la dipendenza di un Paese dall’energia nucleare, più difficile risulta uscire dai programmi e comunque il tempo richiesto è molto lungo. I Paesi che dipendono fortemente dall’energia nucleare dispongono, spesso, di tecnologie avanzatissime per costruire centrali che utilizzano non solo in casa ma che vendono anche ad altri Paesi. Uscire dal nucleare porterebbe grossi svantaggi economici considerato che si renderebbe necessario smantellare, nel Paese, importanti settori economici ad alta intensità di capitale con conseguente trasferimento delle tecnologie, danno alle esportazioni e perdita di posti di lavoro. Uscire dal nucleare a livello globale potrebbe essere possibile a lunga scadenza, ma è improbabile che ciò avverrà. Attualmente è ragionevole pensare che, come si evince dalle varie stime, la quota del nucleare nella produzione di energia continuerà ad aumentare in tutto il mondo.

100


Qual è il ruolo delle compagnie petrolifere internazionali nel settore dell’energia? Per lunghi periodi del 20° secolo i mercati del petrolio sono stati monopolio esclusivo di alcune, poche, compagnie petrolifere. Quest’egemonia è cessata solo negli anni Settanta allorché fu nazionalizzata l’industria petrolifera, sorsero compagnie petrolifere nazionali nei più importanti Paesi produttori e fu fondata l’OPEC1. La ripresa economica delle compagnie petrolifere nazionali in alcuni significativi Paesi consumatori di greggio come la Francia (la CFP fu privatizzata più tardi e trasformata in TOTAL SA) e l’Italia (Eni) contribuì altresì a spezzare l’egemonia delle varie multinazionali. Nonostante ciò ancora oggi esse sono da considerarsi le maggiori e più potenti industrie del Pianeta. Quale ruolo svolgono attualmente nel settore dell’energia? Alla fine del 19° secolo negli Stati Uniti e all’inizio del 20° in Medio Oriente quando per la prima volta il petrolio venne estratto per fini commerciali, nacquero le prime compagnie petrolifere internazionali (IOCs). Exxon, Mobil, Shell e BP operavano già all’epoca nel settore petrolifero anche se parzialmente e sotto altri nomi. Il greggio è una delle materie prime più importanti e maggiormente utilizzate sia come carburante nel settore dei trasporti sia come combustibile per la produzione di calore o come materia grezza nell’industria chimica: ne deriva che quello dell’industria petrolifera e del gas è uno dei settori economici più significativi e soprattutto ad elevatissimo impiego di capitale. Quando s’iniziò a produrre su scala commerciale alcune, poche compagnie dominavano l’industria 1 L’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, fu fondata nel 1960 a Bagdad con l’intento di dare maggior voce al Paesi produttori e difendere i loro interessi.

101


petrolifera. Disponevano di riserve, rispondevano dell’esplorazione, dell’estrazione, dello stoccaggio e della distribuzione, possedevano i container che trasportavano il greggio in tutto il mondo, vendevano i prodotti derivati dal petrolio (benzina, diesel, oli combustibili ecc.), decidevano il prezzo. Ai Paesi in cui si trovavano i giacimenti di petrolio si versava solo una determinata quota d’imposta per il greggio estratto, quota che veniva fissata all’unanimità dalle compagnie petroliere internazionali. I capi delle sette principali compagnie petrolifere denominate “le Sette Sorelle”2 si riunirono nel 1928 e nell’accordo di Achnacarry decisero di spartirsi le zone di produzione senza coinvolgere governi e popolazioni delle aree interessate del Medio Oriente. Da quel momento in poi e fino alla metà degli anni Settanta queste industrie dominarono il mercato petrolifero. La denominazione “Sette Sorelle” fu inventata da Enrico Mattei 3 , manager dell’Eni. Oggi ne esistono ancora quattro - ExxonMobil, Chevron, Royal Dutch Shell e BP – che continuano ad essere tra le maggiori e più potenti industrie : infatti figurano tra le venti più importanti industrie al mondo (vedi tabella 4).

ExxonMobil, Chevron, Shell, BP esistevano già prima del 1900 anche se in parte sotto altro nome. Queste quattro multinazionali insieme a Total e ConocoPhillips sono chiamate spesso “super majors”; oltre a queste vi sono molte compagnie internazionali e nazionali quali Aramco (Arabia Saudita), CNPC e SINOPEC (Cina), Gazprom (Russia), Eni (Italia) e tante altre ancora che svolgono un ruolo significativo nel settore del greggio. L’OPEC 4 fu fondata a Bagdad nel 1960 con l’intento di affermare la piena sovranità dei Paesi membri sui giacimenti di petrolio. Nel primo decennio dalla sua fondazione l’OPEC non ebbe alcun peso: la situazione cambiò drasticamente negli anni Settanta quando i Paesi membri statalizzarono l’industria petrolifera e quando, nel 1973, per la prima volta intervenirono per definire il prezzo del greggio. Negli anni Settanta vi fu un’ondata di nazionalizzazioni e di espropri nei Paesi ricchi di petrolio del Medio Oriente e in altre aree. Nel contempo sorsero compagnie petrolifere nazionali che, in parte, assunsero l’attività delle compagnie petrolifere internazionali (IOCs). A quel punto vi fu un decisivo cambiamento in tutto il settore 2 Nel gruppo figuravano queste sette compagnie: la Anglo-Persian Oil Company (ora BP); Gulf Oil, Standard Oil of California (SoCal), Texaco (ora Chevron); Royal Dutch Shell; Standard Oil of New Jersey (Esso) and Standard Oil Company of New York (Socony) (ora ExxonMobil). 3 Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Enrico Mattei riorganizzò e ampliò la compagnia petrolifera italiana Eni. Fu in grado di trattare significative concessioni in Medio Oriente e di sottoscrivere un importante accordo commerciale con la Russia, che contribuì ad indebolire l’egemonia delle “Sette Sorelle”. Con grande disappunto delle stesse, Mattei concesse ai Paesi produttori una quota maggiore di profitto nella produzione di petrolio. 4 4 I Paesi fondatori dell’OPEC furono: l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Iraq, il Kuwait e il Venezuela cui si aggiunsero, in un secondo tempo, l’Algeria, l’Angola, la Nigeria, la Libia, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e l’Ecuador.

102


petrolifero. Le multinazionali non poterono più determinare, autonomamente, il prezzo del greggio e disporre delle reserve poichè queste vennero gestite dai Paesi nei quali si trovavano e che essi consideravano un patrimonio proprio. Per vari motivi i Paesi produttori di petrolio modificarono gli accordi in vigore fino a quel momento con le compagnie petrolifere internazionali (IOCs) (“concession agreements”). Tanto per iniziare pretesero di concordare quantità e prezzo del petrolio estratto nei giacimenti ubicati nei loro territori, dopodichè, negli anni Settanta ed Ottanta, allorquando vi fu un incremento decisivo dei prezzi del greggio, reclamarono quote adeguate. I cosiddetti “concession agreements”, il cui potere di trattativa era nelle mani dei soli investitori (le compagnie petrolifere internazionali IOCs), furono sostituiti da nuove forme contrattuali nell’ambito delle quali le IOCs furono costrette a collaborare con le compagnie petrolifere nazionali (NOCs). NOCs e IOCs divennero partner con pari dignità. Si svilupparono quattro tipi di contratti 5 tra investitori (IOCs) e Paesi produttori (NOCs) in vigore ancora oggi. Il potere di trattativa dei Paesi produttori è tanto maggiore quanto maggiori sono le riserve di petrolio, la relativa produzione e le esportazioni dei singoli Paesi. grafico 1 La quota percentuale delle compagnie petrolifere nazionali (NOCs) e internazionali (IOCs) nell'industria del petrolio e gas globale Fonte: EIG-Petroleum Intelligence Weekly (PIW) Ranking of the world's top 50 oil companies, November 2013. I dati si riferiscono all'anno 2012. (%) 100 90

 compagnie nazionali (NOCs)

 compagnie internazionali (IOCs)

80 70 60 50 40 30 20 10 0

produzione di petrolio

produzione di gas

riserve di petrolio

riserve di gas

vendita di capacità di prodotti raffinaizione petroliferi (distillazione)

Lo spazio di negoziazione dipende dal tipo di know-how di cui dispongono le NOCS e dalle risorse finanziarie del Paese. Gli investimenti nel settore petrolifero e del gas sono ad elevato capitale: numerosi Paesi che non dispongono delle necessarie risorse finanziarie sono costretti a ricorrere agli investimenti delle Compagnie petrolifere internazionali (IOCs). Inoltre, molto spesso, per estrarre petrolio e gas serve un know-how tecnico specifico che possiedono solo le multinazionali. Anche in questo caso, è necessario collaborare con le IOCs. Da quando il gas ha acquisito un ruolo significativo nel settore energetico, le multinazionali sono largamente rappresentate anche in questo settore. Se fino agli anni Settanta la maggior parte della produzione petroliera mondiale era nelle mani delle multinazionali, attual5 “modern concession contracts”, “production sharing agreements”, “joint ventures” and “service agreements”

103


mente la loro quota di produzione si attesta intorno al 20%; è leggermente più elevata nella produzione di gas. Nella produzione petrolifera mondiale la quota maggiore è nelle mani delle compagnie petrolifere nazionali (NOCs) nei Paesi esportatori di greggio. Le compagnie internazionali (IOCs) dispongono del 5% circa delle reserve mondiali di petrolio e di gas. Nella vendita di prodotti petroliferi la quota delle compagnie petrolifere internazionali (IOC’S) si attesta sempre intorno al 30%, mentre nel settore della raffinazione è del 20% circa.

tabella 1

Le più grandi società petrolifere nel mondo Saudi Aramco

NIOC

ExxonMobil

CNPC

Arabia Saudita

Iran

USA

Cina

PDVSA

BP

Venezuela Regno Unito

Royal Dutch Shell Gazprom

Paesi Bassi

Russia

Chevron

Total

USA

Francia

Fonte: EIG- Petroleum Intelligence Weekly (PIW) Ranking of the world‘s top 50 oil companies, November 2013. I dati si referiscono all‘anno 2013. Per paragonare le compagnie petrolifere sono stati presi in considerazione i seguenti settori dell‘industria petrolifera: produzione di petrolio e gas, riserve di petrolio e gas, vendite di prodotti petroliferi, capacità di raffinazione. Le compagnie petrolifere si suddividono sostanzialmente in due gruppi: nel primo vi sono industrie private quotate in borsa, nel secondo compagnie controllate dallo Stato. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna le compagnie petrolifere sono sempre state di natura privata e quotate in borsa, mentre nell’Europa continentale sono rimaste sotto il controllo statale fino agli anni Ottanta e Novanta e privatizzate solo negli ultimi decenni (la Total in Francia, ad esempio, e l’Eni in Italia). Al contrario, nei Paesi esportatori di greggio le compagnie petrolifere sottostanno al controllo dello Stato (la Aramco in Arabia Saudita, la PDVSA in Venezuela). Tra le 10 maggiori compagnie petrolifere mondiali, figurano anche compagnie nazionali dei Paesi esportatori di greggio (ad esempio la saudita Aramco), compagnie statali di significativi Paesi consumatori (ad esempio la CNPC cinese) e le grandi multinazionali. Paragonata al periodo anteriore agli anni Settanta, quando il settore era dominato esclusivamente dalle multinazionali, la struttura del mercato petrolifero è radicalmente mutata. Tra i primi cinque produttori di petrolio quattro sono compagnie petrolifere nazionali di Paesi esportatori di greggio: al primo posto figura la compagnia nazionale Saudi Aramco con una capacità produttiva pari a quasi 10 milioni di barili al giorno, seguita dalla compagnia iraniana NIOC con 3,7 milioni di barili al giorno. E’ interessante notare che tra i maggiori produttori petroliferi figura pure la CNPC, una compagnia nazionale cinese. La Cina, Paese ad elevatissimo fabbisogno energetico, produce oltre 4 milioni di barili di petrolio al giorno in casa propria e si assicura quote di produzione attraverso partecipazioni in vari Paesi. Per quel che concerne la produzione di gas, al primo posto figura la Russia che vanta la compagnia statale Gazprom in grado di produrre 47 milioni di piedi cubi al giorno; al secondo posto figura l’iraniana NIOC, al terzo la statunitense ExxonMobil. 104


tabella 2 Fonte: EIG- Petroleum Intelligence Weekly (PIW) Ranking of the world‘s top 50 oil companies, November 2013. I dati si riferiscono all'anno 2012 I principali produttori di petrolio I principali produttori di gas nome

paese

1000 barili/giorno

Saudi Aramco

Arabia Saudita

9.988

nome

paese

Gazprom

Russia

milioni di piedi cubi/giorno 47.050

NIOC

Iran

3.680

NIOC

Iran

15.486

KPC

Kuwait

3.145

ExxonMobil

USA

12.322

CNPC

Cina

3.050

Saudi Aramco

Arabia Saudita

10.700

INOC *

Iraq

2.942

QP

Qatar

9.880

* INOC non esiste più, è usata come proxi per la holding statale del petrolio

Per quel che riguarda la vendita di prodotti petroliferi, guidano la classifica, come sempre, le multinazionali petrolifere che occupano i primi quattro posti su cinque. Al quarto posto figura la compagnia cinese Sinopec. Nel settore della raffineria il quadro è assai differenziato. In pole position si trova la ExxonMobil con una capacità di raffinazione6 pari a oltre 5 milioni di barili al giorno seguita dalle due compagnie cinesi Sinopec e CNPC. La Shell figura al quarto posto prima della compagnia petrolifera statale venezuelana PDV. Riassumendo si può senz’altro affermare che le compagnie nazionali dei Paesi esportatori svolgono un ruolo assai significativo nella produzione di petrolio e gas mentre le multinazionali continuano a svolgere un ruolo predominante nella vendita di prodotti petroliferi e nel settore della raffineria. Non è da sottovalutare l’importanza crescente delle compagnie cinesi nella produzione di petrolio, nella vendita di prodotti derivati e soprattutto nel settore della raffineria. Il successo delle multinazionali nel settore energetico è da ricondurre alla loro lunga esperienza e alla parziale mancanza di concorrenza del loro bagaglio tecnologico che le rende insostituibili in progetti arditi: ad esempio nell’estrazione di petrolio e di gas in regioni artiche oppure in acque ultraprofonde. Le multinazionali sono inoltre in grado di fare investimenti importanti grazie alle enormi reserve finanziarie di cui dispongono, investimenti impossibili per numerose compagnie petrolifere nazionali. I colossi stranieri continuano a svolgere un ruolo predominante nel settore energetico anche grazie all’ampio ventaglio di attività che comprende, tra l’altro, l’estrazione dei combustibili fossili non convenzionali tra cui gas e olio di scisto. Comprovate le loro capacità anche nel settore della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie. Lo stesso dicasi per le industrie petrolchimiche e chimiche: il processo di trasformazione del gas in gas liquido e la produzione di benzina o diesel da gas sono opera della Shell. Per quel che concerne le energie rinnovabili, le multinazionali petrolifere e del gas hanno effettuato enormi investimenti anche in questo settore.

6 La capacità di raffinazione si basa sulla capacità di distillazione.

105


tabella 3 Le principali compagnie nel settore di vendita di prodotti petroliferi nome Royal Dutch Shell

paese

6.235

Le prinicpali compagnie petroliferi nel settore di raffinazione milioni di piedi nome paese cubi/giorno ExxonMobil USA 5.375

1000 barili/giorno

Paesi Bassi

ExxonMobil

USA

6.174

Sinopec

Cina

5.239

BP

Regno Unito

5.657

CNPC

Cina

4.421

Sinopec

Cina

3.548

Royal Dutch Shell Paesi Bassi

3.360

Total

Francia

3.403

PDV

2.822

Venezuela

F onte: EIG- Petroleum Intelligence Weekly (PIW) Ranking of the world‘s top 50 oil companies, November 2013. I dati si riferiscono all'anno 2012

Per concludere si può senz’altro affermare che i colossi stranieri continuano a svolgere un ruolo molto importante sia nel settore petrolifero sia in quello del gas e con tutta probabilità il loro ruolo sarà tale anche in futuro. tabella 4 Le 10 imprese più grandi del mondo 2013 impresa 1

Walmart

2 Royal Dutch Shell

USA Paesi Bassi Regno Unito

settore

entrate

retail

$ 476,3 bilioni

petrolio/gas

$ 459,6 bilioni

3 Sinoppec

Cina

petrolio/gas

$ 457,2 bilioni

4 China National Petroleum Corporation

Cina

petrolio/gas

$ 432,0 bilioni

5 ExxonMobil

USA

petrolio/gas

$ 407,7 bilioni

6 BP

Regno Unito

petrolio/gas

$ 396,2 bilioni

7 State Grid Corporation of China

Cina

settore elettrico

$ 333,4 bilioni

8 Volkswagen

Germania

settore auto

$ 261,5 bilioni

9 Toyota

Giappone

settore auto

$ 256,5 bilioni

10 Glencore

Svizzera

materie prime

$ 232,7 bilioni

Fonte: Fortune Magazin 7 Juli 2014

106

Paese


Il mercato europeo del gas è in evoluzione In Europa il gas svolge un ruolo assai importante dato che copre quasi un quarto del fabbisogno energetico complessivo. In alcuni Paesi europei, Italia o Gran Bretagna ad esempio, il fabbisogno di gas ammonta addirittura rispettivamente al 36 e al 33%. Il fatto che l’Europa detenga una quota pari ad oltre il 40% delle importazioni mondiali di gas spiega perché i prezzi di questo combustibile fossile siano di fondamentale importanza per l’economia europea da un lato e per i consumatori del settore privato dall’altro. Già alla fine del 1990 l’Unione Europea aveva creato le condizioni giuridiche per liberalizzare il mercato del gas anche nell’intento di mantenere concorrenziale l’economia europea e di garantire al consumatore finale prezzi più contenuti. Quali sono le conseguenze di questo processo di liberalizzazione e quali altri fattori hanno contribuito a far sì che, negli anni passati, si giungesse a significativi cambiamenti nella determinazione del prezzo del gas? grafico 1 Europa: consumo di energia primaria per fonte 2013 (quota percentuale %) Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2014 6,2 7,0 35,3

11,0

16,9

23,6  petrolio  gas  carbone

 energia nucleare  energia idrolelettrica  energia rinnovabile

Già dall’inizio degli anni Settanta, in Europa la produzione interna non riusciva a stare al passo con il consumo di gas ragion per cui il Vecchio Continente si vide costretto ad importarlo. Da allora le importazioni sono costantemente aumentate e con esse la discussione sulla dipendenza dall’import e sulla sicurezza dell’energia poiché la maggior parte del gas importato giunge da pochissimi Paesi. Solo in seguito alla crisi economica del 2009 si è registrato un leggero calo dei consumi e di conseguenza delle importazioni (vedasi grafici 2 e 3).

107


grafico 2 Europa: produzione e consumo di gas Fonte: Agenzia Internazionale per l'Energia (milioni di metri cubi) 600000 consumo

produzione

500000 400000 300000 200000 100000

2013

2011

2009

2007

2005

2003

2001

1999

1997

1995

1993

1991

1989

1987

1985

1983

1981

1979

1977

1975

1973

1971

0

Sebbene negli anni scorsi vi sia stato un forte incremento d’importazioni di GNL la maggior parte del gas viene importato in Europa attraverso gasdotti. Con una quota pari al 32,7% nell’anno 2013 la Russia è il Paese che ne esporta la parte più consistente, seguita dalla Norvegia con il 20,2%, i Paesi Bassi con l’11,6% e l’Algeria con il 6,6%. Per quel che concerne le importazioni di GLN, la percentuale è dell’11,7% mentre la quota di importazioni attraverso gasdotti da altri Paesi si attesta al 17,2%. Sebbene sia aumentato il numero dei Paesi, l’Europa continua ad essere molto dipendente da alcuni, pochi grandi Paesi esportatori, in testa a tutti la Russia. Dagli anni Settanta e fino ad oggi i prezzi del gas sono stati fissati in contratti a lungo termine tra Paesi esportatori e grandi aziende importatrici di gas attive soprattutto nel settore dell’elettricità e dell’energia: ENI ed ENEL in Italia, GDF Suez in Francia, E.ON e RWE in Germania. Considerato che i profitti derivanti dai prezzi del gas dovevano contribuire a finanziare lo sfruttamento dei giacimenti, si firmarono contratti a lungo termine (25-35 anni). Inoltre, la determinazione dei prezzi doveva garantire alle compagnie che estraevano il gas adeguati profitti mantenendone comunque un livello di concorrenza con altre fonti di energia. Negli anni Settanta le maggiori fonti energetiche erano rappresentate dai prodotti petroliferi - olio pesante e combustibile leggero - motivo per cui si decise di indicizzare i prezzi del gas ai prezzi del petrolio. Questo sistema è stato mantenuto fino ad oggi sebbene da qualche anno il prezzo del gas sia determinato anche dal mercato spot. Nel frattempo il carbone, e non più i prodotti petroliferi, è diventato un prodotto concorrenziale del gas soprattutto nel settore della produzione di energia elettrica ragion per cui molti analisti ritengono sia più opportuno indicizzare i prezzi del gas a quelli del petrolio.

108


grafico 3 Europa: importazioni di gas 1990-2013 Fonte: Agenzia Internazionle per l'Energia (milioni di metri cubi) 500000  Algeria

 Paesi Bassi  Norvegia

450000

quota percentuale 2013

 Russia  Altri Paesi  GNL

11,7 %

400000 17,2 %

350000 300000 250000

32,7 %

200000 150000

20,2 %

100000 11,6 %

50000

2013

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

1990

2012

6,6 %

0

grafico 4 Prezzi del gas per regione e prezzo del petrolio (US$/mmbtu)

(US$/barile)

20

120 Giappone: prezzo GNL

16

100

Germania: prezzo medio all’importazione 1/

12

80

UK: prezzo spot NBP 2/

60

US: prezzo spot Henry Hub 3/

8

40

prezzo petrolio

1/ prezzo di gas indicizzato sui prezzi del petrolio 2/ Il prezzo NBP é basato sulla offerta e sulla domanda Fonte: BP Statistical Review of the World Energy 2014 3/ Henry Hub é il piu importante gas hub negli Stati Uniti

2014*

2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

0 1998

0 1997

20

1996

4

* prezzo medio Gen. - Ott.

A differenza del petrolio non vi è un mercato globale del gas ma mercati regionali laddove i maggiori mercati sono americano, europeo, asiatico e soprattutto giapponese. La mancanza di un mercato globale è da imputare al fatto che trasportare gas non è semplice tanto quanto trasportare petrolio. Il gas viene trasportato soprattutto in gasdotti regionali, anche se il trasporto di GNL in container è aumentato notevolmente e continuerà ad aumentare anche in futuro portando a medio e a lungo termine verso la globalizzazione dei mercati. La determinazione nei prezzi varia molto da regione a regione. Fino alla metà del decennio scorso negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone i prezzi registravano un andamento simile e seguivano la tendenza dei prezzi del petrolio. Dopodiché vi fu uno sviluppo divergente dei prezzi nelle varie regioni (vedasi grafico 4). L’aumento della produzione del gas di scisto negli 109


Stati Uniti provocò un drastico calo dei prezzi che non furono più indicizzati ai prezzi del petrolio. Il mercato americano del gas è completamente liberalizzato e i prezzi si determinano in base alle sue condizioni facendo riferimento alla domanda e all’offerta. Negli Stati Uniti il gas costa circa la metà rispetto all’Europa e non raggiunge nemmeno lontanamente il prezzo del GNL in vigore in Giappone. L’incremento dei prezzi del petrolio ha portato, negli ultimi dieci anni, ad un importante aumento dei prezzi anche del gas, prezzi che erano indicizzati al petrolio. Illustrazione 1 Europa: I maggiori hub del gas e relativi flussi d’importazione

Norvegia

NBP

ZBR Paesi Bassi

GASPL Russia

TTF NCG

PEGN

CEGH

PEGS

Importazione GNL: Qatar, Algeria, Oman, Nigeria, Egitto etc.

PSV

Algeria

Libia

Il processo di liberalizzazione del mercato del gas ebbe inizio già verso il 1990 in Gran Bretagna. Nel 1996 fu fondata la NBP (National Balancing Point) un “gas hub” presso il quale si scambia gas in base a domanda ed offerta. Nello scorso decennio in vari Paesi europei si istituirono altri hub. Gli hub dell’Europa nordoccidentale sono collegati tra di loro tramite gasdotti che rendono possibile lo scambio. Il commercio del gas presso gli hub europei è aumentato notevolmente negli anni passati. Al primo posto figura l’inglese NBP seguita dall’olandese TTF. In seguito al calo della richiesta, nel 2013 vi fu una diminuzione del volume trattato. In base ai dati attuali, nel 2014 si assisterà, con tutta probabilità, ad un incremento nei maggiori hub europei. 110


grafico 5 Volumi stimati di gas scambiato sugli hub europei Fonte: GDF Suez Trading TWh 35000 30000 25000 20000

 CEGH  PEGs  PSV  NCG  Gaspool  TTF  Zeebrugge  NBP

15000 10000 5000 0 2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

Il prezzo determinato negli hub si riferisce a domanda e offerta. In seguito alla rivoluzione del gas di scisto, negli Stati Uniti la produzione del gas subì un’impennata e i prezzi diminuirono. Inoltre il GNL, che originariamente doveva essere esportato negli Stati Uniti, venne invece esportato in Europa a prezzi di mercato decisamente più bassi rispetto a quelli fissati per contratto. In seguito alla crisi economica, in Europa si registrò un calo nell’impiego di gas con conseguente impatto sui prezzi fissati negli hub. In sintesi, i prezzi determinati negli hub e nei contratti erano sempre più divergenti. I grandi importatori di gas subirono pesanti conseguenze finanziarie poiché dovevano continuare a vendere il gas ai prezzi di mercato. In verità essi cercarono di rinegoziare i contratti con i Paesi esportatori nell’intento di scorporare i prezzi del gas da quelli del petrolio e prendendo invece come base i prezzi del mercato per determinare i costi. grafico 6 Andamento dei prezzi di gas europei: 2005-2013 Fonte: IGU - Wholesale Gas Price Survey 2014 OPE= prezzo di gas indicizzati sul prezzo di petrolio GOG = prezzi basati sul rapporto tra domanda ed offerta 90% 90% Totale Europa Europa Europa 100% nord-occidentale mediterranea 80% 80% 70%

70%

60%

60%

50%

50%

40%

40%

30%

30%

20%

20%

10%

10%

0%

OPE

0%

GOG  2005

 2007

80%

60%

40%

20%

OPE  2009

0%

GOG  2010

 2012

OPE

GOG

 2013 111


Anche l’Unione Europea fece pressione affinché i prezzi del gas diventassero più concorrenziali rafforzando l’economia europea e garantendo ai consumatori finali costi più bassi nei settori dell’elettricità e del riscaldamento. Grazie a prezzi più contenuti, le aziende americane attive in settori ad alto consumo energetico – siderurgico e chimico ad esempio – erano enormemente più avvantaggiate rispetto alle aziende europee. Inoltre, i contenuti costi del carbone nel settore della produzione elettrica esercitarono un’elevata concorrenza sui prezzi del gas. Le compagnie olandesi del gas e la norvegese Statoil furono le prime disposte a rinegoziare i contratti di fornitura del gas e a ridefinire quelli in essere per evitare che i prezzi del petrolio fossero presi a riferimento solo parzialmente o addirittura per niente in sede di determinazione dei prezzi del gas. Nel frattempo anche la Russia ha rinegoziato alcuni contratti ed accettato che i prezzi del mercato costituissero la base per fissare i prezzi del gas o che, almeno, venissero proposti prezzi più bassi . Come si evince dal grafico 6, la quota dei prezzi del gas basati sul rapporto tra domanda ed offerta sono aumentati da circa 15% nell’anno 2005 a oltre 50% nell’anno 2013 mentre la quota dei prezzi indicizzati al prezzo del petrolio è passata da oltre il 75% nell’anno 2005 a meno del 50%. Nell’Europa nordoccidentale i prezzi di mercato svolgono, con ca. l’80%, un ruolo molto più significativo rispetto ai Paesi mediterranei poiché nel nord la liberalizzazione dei mercati del gas è molto più avanzata e gli hub del gas sono più forti rispetto al sud. In questa sede è bene ricordare che il prezzo di mercato del gas non deve essere sempre più basso di quello contrattuale indicizzato al prezzo del petrolio. In tempi in cui i prezzi del petrolio sono molto bassi il prezzo del mercato può essere più alto di quello contrattuale (vedasi grafico 4). E’ probabile che in futuro si stipulerà un maggior numero di contratti sulla base dei prezzi di mercato sebbene molti analisti ritengano che una parte del gas importato continuerà ad essere oggetto di contratti stipulati a lungo termine e con riferimento al prezzo del petrolio o forse anche del carbone. I contratti a lungo termine offrono sicurezza maggiore alle ditte importatrici e permettono ai Paesi esportatori una pianificazione a lungo termine. Un punto importante che dovrebbe essere maggiormente preso in considerazione nei contratti di fornitura del gas è la garanzia di una maggiore flessibilità dei prezzi considerando la situazione della domanda e dell’offerta nel mercato del gas.

112


La transizione energetica Da qualche anno i media parlano sempre più spesso di “transizione energetica”. Il termine equivalente “Energiewende” in lingua tedesca è entrato a far parte addirittura del patrimonio linguistico inglese: rinomate testate giornalistiche al pari del New York Times e dell’Economist vi ricorrono quando debbono illustrare l’ambizioso progetto germanico di adottare un sistema economico basato sulle energie rinnovabili non nucleari. Quali sono in Germania gli obiettivi di tale transizione, quali le sfide e gli ostacoli una volta realizzato il progetto? La transizione energetica consiste nel passaggio dai combustibili fossili e nucleari alle fonti rinnovabili con l’obiettivo, in Germania, di produrre energia entro il 2050 principalmente da fonti rigenerative: energia eolica ed idrica, energia solare, geotermia o risorse rinnovabili. Inoltre, grazie ad un impiego virtuoso ed efficiente dell’energia ridurre il consumo energetico. Una motivazione molto forte che sta alla base della transizione energetica è legata alle questioni ambientali, ai problemi sociali sempre più pressanti e conseguenza dell’impiego di fonti energetiche fossili e nucleari. Le prime hanno un forte impatto ambientale poiché la loro combustione è una delle cause del surriscaldamento globale; per quanto riguarda le seconde, resta irrisolta la questione delle scorie mentre è reale il pericolo che esse rappresentano per la popolazione in caso di incidenti in centrali nucleari (leggasi Fukushima). 113


Energie Rinnovabili

energia idroelettrica

energia solare

energia eolica

energia geotermica

energia oceanica

energia da biomasse

bioenergia Da un punto di vista energetico-economico, la limitata reperibilitĂ nel tempo delle fonti energetiche fossili e nucleari (alcuni decenni o secoli, dipende dalla fonte) svolge un ruolo assai importante. La tendenza di passare dalle fonti energetiche fossili alle energie rinnovabili si registra oramai in numerosi Paesi del mondo; la Germania, sostenendo la transizione energetica, si è prefissa un obiettivo radicale molto ambizioso cui si guarda con spiccato interesse trattandosi della maggiore potenza economica all’interno dell’Unione Europea e di una delle cinque maggiori potenze economiche a livello mondiale.

114


tabella 1 Status quo e obiettivi quantitativi della " Energiewende" Fonte: Zweiter Monitoring Bericht: "Energie der Zukunft" Bundesministerium für Wirtschaft und Energie März 2014 Categoria

2011

2012

-25,6%

-24,7%

2050 2020

2030

2040

2050

almeno

almeno

almeno

almeno

-40%

-55%

-70%

-80% bis -95%

almeno 50% (2025: 40-50%) 30%

almeno 65% (2035: 55-60%) 45%

Emissioni di CO2 Emissioni CO2 (rispetto al livello del 1990) Energie rinnovabili quota nel consumo di elettricità

20,4%

23,6%

almeno 35%

quota nel consumo di energia

11,5%

12,4%

18%

-5,4%

-4,3%

-20%

-50%

-1,8%

-1,9%

-10%

-25%

17,0%

17,3%

25%

Efficienza consumo di energia primaria (rispetto al livello del 2008) consumo lordo di elettricità (rispetto al livello del 2008) quota della produzione di elettricità: generazione combinata di calore e elettricità

almeno 80% 60%

1.7% all'anno 1.1% all'anno 2.1% all'anno (2008-2011) (2008-2012) (2008-2050)

produttività energetica Edifici fabbisogno di energia primaria

-

-

-

circa -80%

fabbisogno termico

-

-

-20%

-

circa 1%

circa 1%

-0,7%

-0,6%

-10%

6547

10078

1 milione

tasso di risanamento degli edifici Settore die trasporti consumo energetico (rispetto al livello del 2005) numero di veicoli elettrici

raddoppio del 2% all'anno -40% 6 milioni

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Perché proprio la Germania insiste con tale determinazione nel passare dai combustibili fossili e dall’energia nucleare alle energie rinnovabili? A differenza di altri Paesi europei, in Germania - dove vi è un forte movimento antinucleare - da moltissimo tempo la politica appoggia senza mezzi termini le fonti rinnovabili. Il partito dei Verdi è rappresentato in Parlamento dalla metà degli anni Ottanta appoggiando numerose leggi ambientali anche in materia di approvvigionamento energetico. La Germania persegue con molta ambizione i propri obiettivi in tema di politica del clima per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra così come fissato nel protocollo di Kyoto. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se larga parte della popolazione tedesca è favorevole alla transizione energetica1.

1 Redefining the Energiewende: New German Government Coalition Issues. A Roadmap for the Nation’s Most Ambitious Domestic Energy Reform-Georgetown International Environmental Law Review. Feb. 14, 2014

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grafico 1 Germania: quota di energia rinnovabile nel consumo di elettricità Fonte: Agora Energiewende April 2014 Das deutsche Energiewende Paradox: Ursachen und Herausforderungen, (%) 30 25 20 15 10 5

Con la transizione energetica la Germania si prefigge, entro il 2050, di ridurre dell’80-90% rispetto al 1990 le emissioni di gas ad effetto serra e di abbandonare l’energia nucleare entro il 2022. La quota delle rinnovabili dovrà aumentare costantemente: la quota del fabbisogno energetico lordo dovrà essere almeno del 35% nel 2020 e almeno dell’80% nel 2050. La quota del consumo energetico lordo dovrà essere del 18% nel 2020 e del 60% del 2050. Per quel che concerne l’aumento dell’efficienza energetica, l’obiettivo è di ridurre del 20% il consumo energetico primario entro il 2020 e del 50% entro il 2050 rispetto al consumo energetico primario dell’anno 2008. Sono previsti forti risparmi anche nei settori delle costruzioni e dei trasporti in modo tale da ridurre il consumo energetico primario del 20% entro il 2020 e dell’80% entro il 2050. Finora la transizione energetica ha avuto luogo soprattutto nel settore dell’elettricità. Dal più recente rapporto di monitoraggio del governo federale si evince che il passaggio alle energie rinnovabili avviene in modo regolare; al contrario, non hanno avuto luogo la tanto attesa riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ed i previsti miglioramenti nell’efficienza energetica . Obiettivo della transizione energetica è trasformare l’economia in un’economia concorrenziale e “decarbonizzata”. Il successo di questo processo di trasformazione dipende anche dalla competitività dei prezzi dell’energia. Studi recenti hanno evidenziato che la transizione energetica necessita di riforme urgenti che mantengano competitiva l’economia della Germania. I prezzi dell’energia elettrica sono tra i più elevati al mondo e negli anni passati sono aumentati del 60% in seguito alla forte incentivazione delle energie rinnovabili, mentre negli Stati Uniti e in Cina sono aumentati di uno scarso 10%. Per l’industria tedesca gli svantaggi sono enormi considerato che i prezzi dell’energia svolgono un ruolo centrale soprattutto in settori ad elevatissimo fabbisogno energetico quali quello chimico, edile e siderurgico. L’economia tedesca è fortemente dipendente dall’export e vanta un settore di produzione molto sviluppato. Nel 2013 le esportazioni rappresentavano il 51% del PIL contro il 26% della Cina e il 13% degli Stati Uniti.

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2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

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grafico 2 Germania: produzione di elettrictà per fonte di energia 2013 Fonte: Statistisches Bundesamt

 lignite  energia nucleare  carbone  gas  prodotti petroliferi  energie rinnovabili  altri

 energia eolica  biomassa  rifiuti domestici  energia idroelettrica  energia fotovoltaica

Il settore produttivo è uno dei più avanzati nei grandi Paesi industrializzati grazie al 21% del PIL. Tutto ciò conferma quanto sia importante per l’economia tedesca mantenere un’elevata capacità concorrenziale. Diversi studi dimostrano che la transizione energetica così come si presenta oggi danneggerebbe pesantemente la competitività dell’economia tedesca. Secondo uno studio della IHS Inc., in Germania i costi dell’energia elettrica sono aumentati considerevolmente in seguito al massiccio sfruttamento delle energie alternative. L’incremento di emissioni di CO 2 è dovuto all’uscita dal programma del nucleare e al considerevole utilizzo delle centrali a carbone: tutto ciò ha portato ad una situazione paradossale poiché l’obiettivo è proprio la riduzione di gas ad effetto serra. Un significativo passo verso questo traguardo è quello che prevede un maggiore uso di gas nel mix energetico per mantenere la capacità concorrenziale dell’economia tedesca da un lato e raggiungere gli obiettivi fissati dalla transizione energetica dall’altro. Per questo motivo sarebbe opportuno ripensare lo sfruttamento del gas locale compreso il gas di scisto, che farebbe diminuire i costi dell’energia elettrica e le emissioni di gas ad effetto serra grazie al passaggio dalle centrali a carbone a quelle a gas . Il gas, il combustibile fossile più pulito, responsabile di emissioni ad effetto serra in misura decisamente inferiore rispetto a carbone e petrolio, potrebbe assumere la funzione di “ponte” per ridurre man mano le emissioni e per far sì che l’approvvigionamento energetico si basi su fonti e rinnovabili pulite. Nonostante una serie di riforme necessarie e numerosi problemi ancora irrisolti, in Germania la transizione energetica è un’iniziativa globale. Il Paese svolge un ruolo significativo nel complesso ed ambizioso progetto di modificare le abitudini nell’approvvigionamento energetico abbandonando lentamente le fonti energetiche fossili e i combustibili nucleari in virtù di energie rinnovabili sostenibili. 117




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