ILLECITO INTERNAZIONALE e CONTROLIMITI

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[In Studium Iuris, 2015/3 p. 267-276]

LA SENTENZA COSTITUZIONALE 238/2014: TRA ILLECITO INTERNAZIONALE E CONTROLIMITI di PIETRO FARAGUNA SOMMARIO: 1. Tra illecito e tutela dei diritti inviolabili. – 2. L’antefatto: Roma-Berlino-L’AiaRoma. – 3. “C’è ancora un giudice a firenze”: la sfida costituzionale all’immunità. – 4. La questione di legittimità costituzionale. – 5. Principi supremi e bilanciamento. – 6. E ora?

1. TRA ILLECITO E TUTELA DEI DIRITTI INVIOLABILI La sentenza n. 238 del 2014 sull’immunità degli agenti degli Stati esteri per crimini contro l’umanità farà certamente assai discutere e ha tutte le carte in regola per consolidarsi come una pietra miliare della giurisprudenza della Corte costituzionale. La portata dirompente della sentenza è nascosta dietro a una formula piuttosto ermetica. Con la pronuncia in questione la Corte infatti dichiara che la norma internazionale a cui l’ordinamento italiano si conforma, ai sensi dell’art. 10, comma 1, Cost., «non comprende l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile in relazione ad azioni di danni derivanti da crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, i quali risultano per ciò stesso non privi della necessaria tutela giurisdizionale effettiva»1. Con questa lunga perifrasi la Corte costituzionale spara per la seconda volta nella sua storia un colpo dalla pistola dei controlimiti, l’arma più potente del suo arsenale decisionale2. I cd. controlimiti sono 1

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Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.5 c.i.d. Per ritrovare l’unico precedente in cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma di legge riscontrando la violazione dei principi supremi dell’ordinamento bisogna risalire a Corte cost. sent. 18 del 1982, sulla quale vedi ex multis, R. NANIA, Il Concordato, i giudici, la Corte, in G. cost., 1982, 147 ss.; L. SPINELLI, Regime matrimoniale concordatario e principi della nostra Costituzione, in AA. VV. Dalle decisioni della Corte costituzionale alla revisione del Concordato, Milano 1986, 11 ss.; F.E. ADAMI, Considerazioni sulla sentenza 18 della Corte costituzionale, ivi, 23 ss.; A.

una categoria di fattura giurisprudenziale, sulla quale la dottrina si è abbondantemente soffermata, che rappresenta una sorta di ultimo baluardo giurisdizionale di tutela della Costituzione. Si tratta infatti di quei principi che non sono modificabili nemmeno mediante la procedura di revisione costituzionale e non possono essere derogati per dare applicazione a quelle norme che, in virtù della speciale copertura costituzionale offerta rispettivamente dagli artt. 7, 10 e 11 Cost. al diritto concordatario, internazionale consuetudinario e dell’Unione Europea, possono normalmente comportare la non applicazione delle norme interne, finanche costituzionali. La decisione in commento, con cui la Corte costituzionale sostanzialmente disobbedisce a una recente sentenza della Corte internazionale di giustizia (CIG) sul medesimo tema, è destinata ad avere larga ALBISETTI, Qualche considerazione sulla recente giurisprudenza costituzionale, Ivi, 50 ss.; G. DALLA TORRE, Principi supremi e ordine pubblico, in D. ecc., 1982, 401 ss.; P. BELLINI, Matrimonio concordatario e principio di eguaglianza, Ivi, 360 ss.; A. FINOCCHIARO, La competenza della Corte costituzionale rispetto alle leggi costituzionali e alle leggi di esecuzione dei trattati internazionali, in AA. VV., Scritti in onore di V. Crisafulli, Padova, vol. I, 345 ss. e ID., Ancora in tema di competenza della Corte costituzionale, di “principi supremi dell'ordinamento costituzionale”, di ordine pubblico italiano in rapporto alla giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio concordatario, in D. ecc., 429 ss.; S. LARICCIA, Qualcosa di nuovo, anzi d'antico nella giurisprudenza costituzionale sul matrimonio concordatario, in F. it., 1982, 1882 ss.; M. MANETTI, I principi costituzionali come principi supremi, in G.. cost., 1983, 1130 ss.


eco, ben al di fuori dei confini del territorio nazionale. Da subito le reazioni si sono moltiplicate, sia a [p. 268] livello governativo (il Governo tedesco ha fatto sapere che «valuterà la sentenza»3), che nel dibattito pubblico innanzitutto italiano e tedesco, oscillando tra l’entusiasmo4 e la condanna5. Anche oltreoceano la notizia è stata raccolta, e qualcuno ha interpretato la sentenza come un segnale di accreditamento di una certa diffidenza statunitense rispetto all’automatica applicazione del diritto internazionale nell’ordinamento interno6. 2. L’ANTEFATTO: L’AIA-ROMA

ROMA-BERLINO-

La sentenza in commento può definirsi “storica”, se non altro nella misura in cui gli eventi da cui origina fanno parte della storia, e precisamente della peggior storia d’Europa. Si tratta delle deportazioni di cittadini italiani costretti al lavoro forzato a servizio dell’industria bellica tedesca, avvenute in territorio italiano tra il 1943 e il 1945. La parentesi più strettamente giuridica da cui origina la pronuncia della Corte non ha radici così lontane, ma comunque impone di 3

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Questa è la sintesi della prudente posizione assunta dal Governo federale tedesco, attraverso le dichiarazioni della portavoce del Ministero degli Affari Esteri Sawsan Chebli rese all’indomani della sentenza e reperibili al sito http://www.bundesregierung.de/Content/DE/Mitschri ft/Pressekonferenzen/2014/10/2014-10-24regpk.html. Vedi l’articolo di D. GALLO, Il diritto prevale sulla forza, in Il Manifesto, 23 ottobre 2014 (reperibile anche on-line, http://ilmanifesto.info/il-dirittoprevale-sulla-forza/). Vedi il commento molto critico di R. MÜLLER, Wir geben nichts, in FAZ, 25 ottobre 2014. L’ultima frase è assai eloquente: «Messaggio per Roma. Dobbiamo parlare. Ma non diamo niente» [T.d.A.]. Vedi il commenti di E. KONTOROVICH, Italy adopts Supreme Court’s view of ICJ authority, in Washington Post (28 ottobre 2014, reperibile anche on-line: http://www.washingtonpost.com/news/volokhconspiracy/wp/2014/10/28/italy-adopts-supremecourts-view-of-icj-authority/)

guardare indietro di circa un decennio. Anno 2004: la Corte di Cassazione inaugurava un nuovo corso giurisprudenziale. Pronunciandosi sul caso Ferrini negava l’immunità alla Germania e riconosceva la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano nel caso in cui lo Stato estero, pur nell’esercizio delle sue attività sovrane, avesse commesso atti configurabili quali crimini internazionali7. A seguito del nuovo indirizzo giurisprudenziale della Cassazione, si moltiplicavano davanti ai tribunali italiani le domande di risarcimento dei danni alla Repubblica federale di Germania (RFG) di cittadini italiani deportati dopo il 3 settembre 1943 e dei loro discendenti. A fronte di questo mutamento di indirizzo, e delle conseguenze che esso determinava, la Germania ricorreva alla CIG, sostenendo che il radicamento della giurisdizione civile dei giudici italiani integrasse una violazione dell’immunità degli Stati. La Germania chiedeva di accertare la violazione da parte italiana degli obblighi internazionali. La CIG, con sentenza del 3 febbraio 20128, dava ragione alla Germania. L’Italia aveva violato le norme internazionali sull’immunità degli Stati, e le posizioni del ricorrente tedesco venivano fatte proprie dalla CIG su tutta la linea (il caso riguardava infatti anche la giurisdizione del giudice italiano per dare esecuzione a simili condanne al risarcimento pronunciate da giudici greci, e l’ipoteca posta su beni immobili della RFG situati in territorio italiano a garanzia dell’esecuzione delle sentenza di condanna). In sintesi la CIG accertava l'esistenza della consuetudine internazionale che garantisce l'immunità dalla giurisdizione civile agli Stati esteri per atti commessi iure imperii, e negava che sul punto si fosse formata alcuna consuetudine derogatoria – prospettata invece dalla giurisprudenza italiana – che consentisse di negare l’immunità in questione in caso si trattasse azioni per il risarcimento di danni 7

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Cass., sez.. un. civ., 11 marzo 2004, 5044/2004, poi seguita da pronunce dello stesso tenore nel 2008 e nel 2011. Corte int. di giust., Germany v. Italy, sentenza del 3 febbraio 2012.


derivanti da crimini contro l'umanità e non vi fossero altri rimedi disponibili. Il ragionamento della CIG si fondava sulla distinzione tra la natura procedurale dell’immunità e la natura sostanziale della violazione del diritto internazionale. Nella ricostruzione della CIG, la gravità della violazione, e finanche la violazione di norme di diritto internazionale inderogabili (ius cogens) non potrebbe comunque incidere sul piano procedurale dell’immunità9. L’Italia era perciò chiamata a porre fine alla condotta illecita, e la CIG ordinava allo Stato soccombente di porre in essere tutte le misure necessarie affinché le decisioni delle Corti nazionali determinanti una violazione dell’immunità dello Stato tedesco cessassero di avere effetto, e affinché i danni arrecati venissero riparati. In buona sostanza: i giudici italiani [p. 269] avrebbero dovuto dichiarare il loro difetto di giurisdizione in tutti i casi analoghi a quello di cui alla sentenza Ferrini, e andava posto rimedio anche per le pronunce già eventualmente passate in giudicato. Nei mesi successivi la Corte di cassazione recepiva il messaggio della CIG per quanto di sua competenza, mutando il suo precedente orientamento10, e anche il legislatore faceva la sua parte, in sede di approvazione della legge 14 gennaio 2013, n. 5 («Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle NU sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni firmata a New York il 2 dicembre 2004 nonché norme di adeguamento 9

La CIG ritorna infine dal piano procedurale con cui risolve il caso di specie, a quello sostanziale concernente le pretese risarcitorie, invitando le parti a ricorrere a un negoziato bilaterale. Sul punto si tornerà più avanti, ma in questa sezione si riportano per completezza le parole della CIG: «[the Court] considers however that the claims arising from the treatment of the Italian military internees referred to in paragraph 99, together with other claims of Italian nationals which have allegedly not been settled — and which formed the basis for the Italian proceedings — could be the subject of further negotiation involving the two States concerned, with a view to resolving the issue», Corte int. giust., Germany v. Italy, sentenza del 3 febbraio 2012, § 104. 10 Vedi Cass., sez. I civ., 20 maggio 2011, n. 11163 e Cass., sez. un. civ., 21 febbraio 2013, n. 4284

nell’ordinamento interno»). L’art. 3 della l. 5/2013 dispone espressamente l’esclusione della giurisdizione italiana per i crimini di guerra commessi dal Terzo Reich per i procedimenti in corso, e dispone e disciplina la revocazione per le pronunce già passate in giudicato11. Nel gennaio 2014 l'orientamento inaugurato dalla Cassazione nel 2004 era di fronte a una Caporetto, sia sul versante giurisprudenziale che su quello legislativo. Oppure – per vederla con un altro spirito – dieci anni dopo aver tentato di stimolare un’evoluzione interpretativa del diritto internazionale in materia di immunità degli Stati, l’Italia si era diligentemente riallineata al diritto internazionale consuetudinario generalmente riconosciuto. Qui comincia però un’altra storia. 3. “C’È ANCORA UN GIUDICE A FIRENZE”: LA SFIDA COSTITUZIONALE ALL’IMMUNITÀ Si arriva infatti alle porte della pronuncia della Corte costituzionale, oggetto della nostra attenzione. L’occasione origina da alcune nuove azioni radicate presso il 11

Legge 14 gennaio 2013, n. 5, art. 3: «1. Ai fini di cui all'articolo 94, paragrafo 1, dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 e reso esecutivo dalla legge 17 agosto 1957, n. 848, quando la Corte internazionale di giustizia, con sentenza che ha definito un procedimento di cui è stato parte lo Stato italiano, ha escluso l'assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione civile, il giudice davanti al quale pende la controversia relativa alle stesse condotte rileva, d'ufficio e anche quando ha già emesso sentenza non definitiva passata in giudicato che ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione, il difetto di giurisdizione in qualunque stato e grado del processo. 2. Le sentenze passate in giudicato in contrasto con la sentenza della Corte internazionale di giustizia di cui al comma 1, anche se successivamente emesse, possono essere impugnate per revocazione, oltre che nei casi previsti dall'articolo 395 del codice di procedura civile, anche per difetto di giurisdizione civile e in tale caso non si applica l'articolo 396 del citato codice di procedura civile»


tribunale di Firenze, adito per ottenere la condanna della RFG al risarcimento dei danni patiti da tre cittadini italiani catturati in Italia dalle truppe tedesche e deportati in Germania tra il 1943 e il 1945. Secondo il quadro giuridico nuovamente delineatosi, il giudice fiorentino non avrebbe che potuto dichiarare il suo difetto di giurisdizione. Il tribunale di Firenze solleva invece questione di legittimità costituzionale. Non per sindacare l’interpretazione della CIG – ciò è più volte specificato nell’ordinanza di rimessione (d'altronde il mezzo sarebbe stato inidoneo allo scopo) – ma per valutare la compatibilità con la Costituzione del quadro risultante dalla conformazione dell’ordinamento italiano al diritto internazionale consuetudinario, per come interpretato dalla CIG. In tal modo il giudice fiorentino, sospendendo il giudizio davanti a sé, chiede alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale: 1) della norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell’art. 10 primo comma Cost., della consuetudine internazionale accertata dalla CIG, nella parte in cui nega la giurisdizione di cognizione nelle azioni risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi, iure imperii dal Terzo Reich, almeno in parte nello Stato del giudice adito; 2) della norma interna che recependo l’art. 94 dello Statuto dell’Onu, obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG quando essa ha stabilito l’obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nei casi di cui sopra; 3) dell’art. 1 della legge 5/2013 nella parte in cui specifica i medesimi obblighi mediante una disposizione di adattamento ordinario alla sentenza della CIG del 3 febbraio 2012. 4. LA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE Gli oggetti della questione di costituzionalità sono norme interne che recepiscono norme di carattere internazionale generale e pattizio. Il ragionamento della Corte costituzionale presuppone il principio di

separazione tra ordinamento interno e ordinamento internazionale. In base a tale premessa, le norme di diritto internazionale generale entrano nel nostro ordinamento per effetto del rinvio automatico di cui all’art. 10, comma 1, Cost. L’art. 10, comma 1, costituisce una clausola di adattamento automatico in virtù della quale si [p. 270] produce nell’ordinamento interno una norma di contenuto identico alla norma internazionale generale e di rango «equivalente a quello della Costituzione»12. Nel caso di specie, il primo frammento normativo sottoposto allo scrutinio della Corte è dunque la norma interna risultante dalla conformazione alla consuetudine internazionale, per come accertata dalla CIG, che attraverso lo scudo processuale dell’immunità priva il giudice nazionale della giurisdizione di cognizione anche per crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, relativi a fatti avvenuti nel territorio italiano. Si tratta del frammento normativo più difficile da “aggredire”. Il diritto internazionale consuetudinario entra infatti automaticamente nell’ordinamento italiano attraverso la porta dell’art. 10, comma 1, Cost. e da questo deriva la sua copertura costituzionale. In un precedente non molto recente la Corte costituzionale aveva avuto occasione di pronunciarsi su una questione simile, avente a oggetto l’immunità dalla giurisdizione civile degli agenti diplomatici13. Quella sentenza è alla base di una precisa eccezione di inammissibilità dell’Avvocatura dello Stato. In tale pronuncia la Corte aveva infatti affermato che «per quanto attiene alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute che venissero ad esistenza dopo l'entrata in vigore della Costituzione, [...] il meccanismo di adeguamento automatico 12

Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.1 c.i.d., dove si parla sotto il profilo contenutistico del «principio di conformità» e «si chiarisce che la norma interna risultante dal rinvio ha rango costituzionale». 13 Corte cost., sent. n. 48 del 1979, sulla quale ex multis cfr. L. CONDORELLI, Le immunità diplomatiche e i principi fondamentali della Costituzione, in G. Cost., 1979, 459 ss.


previsto dall'art. 10 Cost. non potrà in alcun modo consentire la violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento 14 costituzionale» . Da ciò l’Avvocatura dello Stato argomentava a contrario che le norme internazionali consuetudinarie venute a esistenza prima dell’entrata in vigore della Costituzione – come quella in esame – non sarebbero assoggettabili ad alcun controllo da parte della Corte costituzionale. L’argomento viene superato dalla Corte costituzionale, riprendendo addirittura dalla sentenza n. 1 del 1956 gli argomenti per affermare l’estensione del controllo di legittimità costituzionale a «tutte le leggi, gli atti e le norme le quali, pur provviste della stessa efficacia delle leggi formali, ordinarie e costituzionali, siano venute ad esistenza per vie diverse dal procedimento legislativo»15 posteriormente o anteriormente all’entrata in vigore della Costituzione repubblicana. Nel merito, quanto ai parametri della questione di legittimità costituzionale, questi vengono individuati dal giudice remittente negli artt. 2 e 24 Cost. L’immunità impedirebbe infatti l’accertamento giurisdizionale e la valutazione della pretesa di risarcimento dei danni derivanti dalle gravi violazioni dei diritti fondamentali subite dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità commessi da altro Stato iure imperii. Lo scudo dell’immunità violerebbe perciò l’insopprimibile garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti, di cui all’art. 24 Cost., principio supremo dell’ordinamento, e perciò (contro-)limite all’ingresso nell’ordinamento di qualunque norma, in qualunque modo prodotta, e qualunque ne sia la copertura costituzionale. A rendere più grave ancora la lesione vi sarebbe la natura delle posizioni giuridiche che gli attori del giudizio a quo non riescono a far valere in giudizio a causa dello scudo processuale dell’immunità. La lesione si propagherebbe infatti a danno dei diritti fondamentali della persona, passando dal piano processuale al piano sostanziale e determinando così una grave compromissione del “più fondamentale 14 15

Corte cost., sent. n. 48 del 1979, punto 3 c.i.d. Ibidem.

dei principi fondamentali” della Carta costituzionale: la dignità umana. La Corte non ha difficoltà ad accogliere la ricostruzione del giudice a quo, sia sotto il profilo della qualificazione dell’art. 24 Cost. come principio supremo16, che sotto il profilo del legame tra art. 24 Cost. e art. 2 Cost., facendo emergere da questa connessione una comprensione unitaria, sullo sfondo della quale vi è il principio sostanziale della dignità umana. Il diritto alla tutela giurisdizionale è infatti quello che nella giurisprudenza costituzionale è stato con maggior frequenza elevato alla stregua di principio supremo. Ed è il parametro che fonda l’unica sentenza di accoglimento di una norma di legge dotata di copertura costituzionale, la cui legittimità costituzionale può perciò essere valutata soltanto alla stregua dei principi supremi dell’ordinamento17. La Corte esclude innanzitutto la possibilità di [p. 271] avventurarsi in qualsivoglia peripezia interpretativa sul terreno del diritto internazionale. Così come il giudice remittente aveva evitato di entrare nel merito dell’interpretazione resa dalla CIG della norma internazionale sull’immunità per atti iure imperii, la Corte costituzionale riconosce che, sul piano del diritto internazionale, l’interpretazione da parte della CIG della norma consuetudinaria sull’immunità in questione «è un’interpretazione particolarmente qualificata, che non consente un sindacato da parte di amministrazioni e/o giudici nazionali»18, ivi compresa la stessa Corte costituzionale. In ciò la Corte si richiama al principio affermato nelle sentenza n. 348 e 349 del 2007 con riguardo all’interpretazione delle norme della CEDU 16

Il diritto alla tutela giurisdizionale compare come parametro in tutti i segmenti della giurisprudenza della Corte sui principi supremi. Lo si trova nella giurisprudenza sui controlimiti concordatari (Corte cost., sent. n. 18 del 1982), comunitari (sent. n. 232 del 1989) e – come in questo caso – internazionali (sent. n. 48 del 1979), nonché nella giurisprudenza sui limiti alla revisione costituzionale (sent. n. 1146 del 1988). 17 Corte cost., sent. n. 18 del 1982. 18 Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.1 c.i.d.


resa dalla Corte di Strasburgo19. Il controllo di costituzionalità ha perciò ad oggetto la norma che scaturisce dall’interpretazione della CIG, la cui legittimità costituzionale è da valutarsi alla stregua dei «principi qualificanti e irrinunciabili dell’assetto costituzionale dello Stato» che «sovraintendono alla tutela dei diritti fondamentali della persona»20. In tal caso, e perciò ai soli fini della valutazione di compatibilità costituzionale nell’ordinamento interno, può spettare alla sola Corte costituzionale valutare che sia garantita l’intangibilità dei principi fondamentali dell’ordinamento interno. Ebbene, il giudizio della Corte quanto a questa verifica è negativo: «nella specie, la norma consuetudinaria internazionale sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, con la portata definita dalla CIG, nella parte in cui esclude la giurisdizione del giudice a conoscere delle richieste di risarcimento dei danni delle vittime di crimini contro l’umanità e di gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona, determina il sacrificio totale del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti delle suddette vittime: il che è peraltro riconosciuto dalla stessa CIG, che rinvia la soluzione della questione, sul piano internazionale, ad eventuali nuovi negoziati, individuando nella sede diplomatica l’unica sede utile (punto 104 della sentenza del 3 febbraio 2012)»21. La conseguenza di ciò è che quella conformazione al diritto internazionale generalmente riconosciuto che si realizza normalmente tramite l’art. 10, comma 1, Cost., in questo caso eccezionalmente non avviene, perché il verificarsi del contrasto con i principi supremi dell’ordinamento «esclude l’operatività del rinvio alla norma 22 internazionale» . La porta dell’art. 10, comma 1, Cost., generalmente ben aperta al 19

Corte cost., sentt. nn. 348 e 349 del 2007, sulla quali vedi ex multis C. SALAZAR - A. SPADARO (a cura di), Riflessioni sulle sentenze 348 e 349 /2007 della Corte costituzionale, Milano 2009. 20 Ibidem. 21 Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.4 c.i.d. 22 Corte cost.. sent. n. 311 del 2009, ripresa dalla sentenza qui esaminata

diritto internazionale consuetudinario, si chiude quando a voler entrare siano norme che contrastano con i principi supremi dell’ordinamento. Il rinvio pertanto può farsi selettivo, con un’interruzione momentanea del «trasformatore permanente»23 di cui all’art. 10, comma 1, Cost.. Ed è la Corte costituzionale a fare la selezione all’ingresso. E quando, come in questo caso, la porta si chiude, significa che l’ordinamento non si conforma a quelle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute che contrastano con i principi supremi. Per dirla con le parole della Corte – le stesse ermetiche parole con cui si è aperto questo commento – la norma internazionale a cui l’ordinamento italiano si conforma «non comprende l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile in relazione ad azioni di danni derivanti da crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, i quali risultano per ciò stesso non privi della necessaria tutela giurisdizionale effettiva»24. La prima delle tre questioni, dunque, non è fondata. La Corte, con quello che ai non addetti ai lavori potrebbe sembrare un gioco di prestigio, non dichiara l’illegittimità costituzionale della norma in contrasto con i principi supremi, proprio perché in virtù di quel conflitto la norma non entra nell’ordinamento. Non appena ne viene accertato il conflitto con i principi supremi, la norma “sparisce” dall’ordinamento italiano e non ne può perciò essere dichiarata l’illegittimità costituzionale25. 23

L’espressione risale a T. PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Padova 1959 ed è dallo stesso pronunciata nella seduta della Commissione per la Costituzione, seduta plenaria, 24 gennaio 1947. 24 Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.5 c.i.d. 25 Partendo proprio da quell’impostazione, vi sono in effetti ragioni per desumere, a differenza di quanto avvenuto, che «la Corte avrebbe dovuto forse dichiarare la questione inammissibile per mancanza dell’oggetto»: così S. LIETO, Il diritto al giudice e l’immunità giurisdizionale degli Stati nella sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2014, in forumcostituzionale.it (6 novembre 2014) e nello stesso senso S. LEONE, Sul dispositivo della sentenza n. 238 del 2014: una soluzione preordinata ad accentrare il sindacato sulle consuetudini internazionali presso Palazzo della Consulta, in


[p. 272] Le rimanenti due questioni – aventi a oggetto le norme interne che, recependo l’art. 94 dello Statuto dell’Onu, obbligano il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG quando essa ha stabilito l’obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nei casi in esame – vengono dichiarate fondate sulla base degli stessi argomenti che hanno portato la Corte a escludere la conformazione dell’ordinamento alla norma internazionale nel caso di specie. Per tutti e tre gli oggetti della questione di legittimità, la Corte costituzionale si prodiga a puntellare l’estensione degli effetti della pronuncia, potenzialmente dirompente: si legge infatti che «è comunque con esclusivo e specifico riguardo al contenuto della sentenza della CIG [...] limitatamente alla parte in cui vincola lo Stato italiano [...] a conformarsi alla sentenza del 3 febbraio 2012 della CIG»26 che viene dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge di esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite e della norma di adattamento ordinario alla sentenza del giudice internazionale di cui alla legge n. 5 del 2013.

perentorietà di un giudizio non certo leggero, sembra porre qualche giunto, utile a far fronte a future possibile dilatazioni del quadro giuridico di riferimento. In linea generale la Corte costituzionale afferma infatti che il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale può subire delle limitazioni, ma tali limitazioni devono essere giustificate «da un interesse pubblico riconoscibile come potenzialmente preminente su un principio, quale quello dell’art. 24 Cost., annoverato tra i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale (sentenza n. 18 del 1982)»27. I principi supremi non sono il frutto di una concezione assolutistica dei diritti. I “diritti illimitabili” contrastano con la natura più profonda del costituzionalismo, e perciò in un ordinamento ordinato ai principi del costituzionalismo non posso semplicemente darsi28. Per quanto i principi possano essere fondamentali, supremi, incomprimibili... per essi valgono ancora le dinamiche del bilanciamento29. Bilanciamento che è sempre caso per caso30. Ed infatti la Corte afferma che la norma la quale – servendo un interesse 27

Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.4 c.i.d. Su questo aspetto della sentenza si sofferma A. RUGGERI, La Corte aziona l’arma dei “controlimiti”, in giurcost.org (17 novembre 2014), 9, il quale sembra però ammettere che dal bilanciamento sia a priori esclusa la (sola) dignità umana. 29 D’altra parte «la possibilità della verifica di compatibilità resta intatta comunque, anche tra norme – come nella specie – entrambe di rango costituzionale, il bilanciamento rientrando tra “le ordinarie operazioni cui questa Corte è chiamata in tutti i giudizi di sua competenza” (sentenza n. 236 del 2011)»: Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.1 c.i.d. 30 Sulla distinzione tra bilanciamento “caso per caso” e bilanciamento definitorio (che stabilisce una regola del conflitto che vale anche per i casi futuri) si vedano ex plurimis, R. BIN, Diritti e argomenti, Milano 1992, 65 ss. e G. PINO, Diritti e interpretazione, Bologna 2010, 187 ss. Per le prime apparizioni nella letteratura americana del concetto di definitional balancing si segnalano almeno: N. B. NIMMER, The Right to Speak from Time to Time, in California Law Review, 56, 1968, Vol. 56, 935 ss.; T.A. ALEINIKOFF, Constitutional Law in the Age of Balancing, in Yale Law Journal, 96, 1987, Vol. 96, 94 ss; e L.H. TRIBE, American Constitutional Law, New York 1978, 582 ss. 28

5. PRINCIPI SUPREMI BILANCIAMENTO

E

La Corte ha dunque stabilito che il diritto alla tutela giurisdizionale – principio supremo dell’ordinamento posto a presidio di diritti fondamentali – prevale sempre sull’immunità degli Stati esteri nell’esercizio di atti iure imperii? Non proprio. La Corte, pur nella Quad. costituz., 4, 2014 (di prossima pubblicazione) la quale osserva che «la Corte propende per un’altra soluzione, operando uno scrutinio su una norma mai entrata nell’ordinamento, e al contempo – proprio per questa ragione –, dichiarando infondata la questione». La medesima critica viene mossa da A. RUGGERI, La Corte aziona l’arma dei “controlimiti” e, facendo un uso alquanto singolare delle categorie processuali, sbarra le porte all’ingresso in ambito interno di norma internazionale consuetudinaria (a margine di Corte cost. n. 238 del 2014), in giurcost.org (17 novembre 2014), 2-3. 26 Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 4.1 c.i.d.


pubblico preminente – stabilisce limiti al diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale «deve garantire una rigorosa valutazione di tale interesse alla stregua delle esigenze del caso concreto»31. Il punto, dunque, è che in questo caso non si può giustificare una limitazione dei diritti fondamentali in questione. La Corte infatti afferma che nella specie «la norma consuetudinaria internazionale sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, con la portata definita dalla CIG, nella parte in cui esclude la giurisdizione del giudice a conoscere delle richieste di risarcimento dei danni delle vittime di crimini contro l’umanità e di gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona, determina il sacrificio totale del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti delle suddette vittime: il che è peraltro riconosciuto dalla stessa CIG, che rinvia la soluzione della questione, sul piano internazionale, ad eventuali nuovi negoziati, individuando nella sede diplomatica l’unica sede utile (punto 104 della sentenza del 3 febbraio 2012). Né si ravvisa, nell’ambito dell’ordinamento costituzionale, un interesse pubblico tale da risultare preminente al punto da giustificare il sacrificio del diritto alla [p. 273] tutela giurisdizionale di diritti fondamentali (artt. 2 e 24 Cost.), lesi da condotte riconosciute quali crimini gravi»32. La Corte pone perciò dei paletti, probabilmente consapevole della conseguenze potenzialmente dirompenti che potrebbero derivare da un’applicazione disinvolta delle sue argomentazioni. Nel caso di specie, ci sono almeno tre fattori che pesano nel bilanciamento operato dalla Corte costituzionale a favore del diritto alla tutela giurisdizionale e a scapito della norma di diritto internazionale consuetudinario: a) i comportamenti sono stati espressamente ritenuti e qualificati illegittimi; b) sono lesivi di diritti inviolabili e c) sono sprovvisti di rimedi giurisdizionali. L’immunità degli Stati esteri nel diritto internazionale non è, infatti, di per sé incompatibile con i principi supremi, ma lo 31 32

Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.1 c.i.d. Ivi, punto 3.4 c.i.d.

diventa nel caso di specie, perché riguarda «comportamenti che non attengono all’esercizio tipico della potestà di governo, ma sono espressamente ritenuti e qualificati illegittimi, in quanto lesivi di diritti inviolabili, come riconosciuto, nel caso in esame, dalla stessa CIG e, dinanzi ad essa, dalla RFG (supra, punto 3.1.), ma ciò nonostante sprovvisti di rimedi giurisdizionali, come pure è attestato nella sentenza della CIG»33. La Corte si avventura però anche un po’ oltre, dedicando alcune considerazioni nel merito dell’immunità nell’ordinamento internazionale. In astratto restano ferme le premesse per cui l’interpretazione della CIG essendo «particolarmente qualificata», non «consente un sindacato da parte di amministrazioni e/o giudici nazionali, ivi compresa questa Corte»34. Ma poi, in concreto, seppure riferendosi alla sola «immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione del giudice italiano consentita dagli artt. 2 e 24 Cost.»35 la Corte entra nel merito dell’interpretazione della CIG e, sostanzialmente, la sindaca (e nemmeno troppo indirettamente). Afferma, infatti, che «l’immunità dalla giurisdizione degli altri Stati, se ha un senso, logico prima ancora che giuridico, comunque tale da giustificare, sul piano costituzionale, il sacrificio del principio della tutela giurisdizionale dei diritti inviolabili garantito dalla Costituzione, deve collegarsi – nella sostanza e non solo nella forma – con la funzione sovrana dello Stato straniero, con l’esercizio tipico della sua potestà di governo»36. In sostanza, la concezione di immunità degli Stati ammessi dal controllo della Corte all’ingresso dell’ordinamento italiano, è soltanto quella che «protegge la funzione, non anche comportamenti che non attengono all’esercizio tipico della potestà di governo»37, come – ad avviso della Corte costituzionale – si verifica in questo caso. 33

Ibidem. Corte cost., sent. n. 238 del 2014, punto 3.1 c.i.d. 35 Ivi, punto 3.4 c.i.d. 36 Ibidem. 37 Ibidem. 34


6. E ORA? Ora, dunque, vittoria? Giustizia è fatta? Gli orrendi crimini commessi dai nazisti sul territorio italiano potranno finalmente trovare una qualche forma di riparazione, seppure ovviamente limitata alle categorie del diritto e alla sede civile? Le cose non sembrano stare proprio così. Quale sarà il seguito della vicenda – o meglio delle vicende innescate dalla sentenza che qui si commenta – si potrà capirlo soltanto con il passare del tempo. La pronuncia della Corte costituzionale integra senza dubbio un illecito internazionale per l’Italia. Nell’ordinamento internazionale non conta infatti da dove derivi l’illecito, quale fonte abbia, quale finalità persegua e se consista in un’obiezione costituzionalmente qualificata. La CIG si era già pronunciata sul caso di specie, e non c’è ragione di ritenere che muti il suo orientamento. In questo quadro la sentenza dei giudici di Palazzo della Consulta ha il tenore di un’esplicita “disobbedienza civile”. Dall’altro lato la Corte costituzionale mette il giudice civile italiano nelle condizioni di radicare la sua giurisdizione, per perseguire un altro illecito (le deportazioni alla base di tutta la questione). Stessa vicenda: due illeciti, due ordinamenti diversi. Dalla pronuncia della Corte si aprono due ipotesi parallele. Laddove questa pare aver finalmente riaperto la via della giustizia a chi da decenni la reclamava (gli attori dei giudizi a quibus), apre un’altra posizione di ingiustizia, disattendendo apertamente una sentenza della Corte internazionale di giustizia (CIG) che dava ragione alla Germania. Le due strade portano in direzioni molto diverse, e non perfettamente prevedibili, ma certamente continuano e sono lunghe. Il barometro sembra però mostrare cattivo tempo all’orizzonte di entrambe le rotte. Su quella dell’illecito internazionale, esiti più o meno catastrofici sono ipotizzabili senza eccessivi sforzi di fantasia. La Germania è nelle condizioni di ricorrere al Consiglio di Sicurezza «il quale ha facoltà, ove lo ritenga

necessario, di fare raccomandazioni o di decidere [p.274] circa le misure da prendere perché la sentenza abbia esecuzione» (art. 94, comma 2, Statuto ONU). E facendo uno sforzo di immaginazione ulteriore si potrebbe prospettare il ricorso a contromisure da parte della Germania, a fronte della deliberata violazione da parte dell’Italia dell’obbligo internazionale di adeguarsi alle sentenze della CIG. Prospettive, queste, certamente non rassicuranti per l’Italia, né per la comunità internazionale nel suo complesso. Se invece prendiamo la prospettiva degli attori nei giudizi a quibus, è del tutto lecito immaginarsi che questi pretendano di veder finalmente realizzate le proprie pretese risarcitorie, ed è altrettanto lecito supporre che la Germania – sentenza della CIG alla mano – si rifiuti di pagare38. Si aprono così scenari non meno catastrofici: dalla strada già battuta dell’ipoteca posta su un bene di proprietà della RFG come Villa Vigoni (ipoteca riconosciuta anch’essa come illecito internazionale dalla CIG), se ne potrebbero aggiungere altre, che portino all’apposizione di simili garanzie su beni tedeschi situati in Italia, fino a ipotizzare il non molto confortevole orizzonte dell’ipoteca delle sedi diplomatiche tedesche e del patrimonio connesso, giungendo così alla violazione di un’altra consuetudine consolidata a tutela della sovranità degli Stati39. In nome della tutela dei diritti fondamentali e contro i crimini di guerra l’ordinamento ha già fatto trenta, perché non potrebbe fare trentuno? Che il futuro veda il ricorso della Germania al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’adozione di contromisure, o l’ipoteca di sedi diplomatiche e beni di proprietà della RFG, il seguito “giudiziale” delle parallele storie di illeciti non sembra condurre a niente di buono. Dove voleva dunque arrivare la Corte costituzionale? È da escludersi che alla base 38

Vedi F. FONTANELLI, I know it’s wrong but I just can’t do right: First impressions on judgment no. 238 of 2014 of the Italian Constitutional Court, in Verfassungsblog.de (29 ottobre 2014) . 39 L’ipotesi è prospettata in linea teorica ancora da F. FONTANELLI, loc. ult. cit.


della pronuncia possa esserci un principio astratto di giustizia. Che le truppe tedesche abbiano commesso odiose atrocità nel territorio italiano, tra il 1943 e il 1945, non è mai stato un punto controverso. In tempi recenti i due Stati, con una dichiarazione congiunta, riconoscevano «pienamente le gravissime sofferenze inferte agli italiani in particolare nelle stragi e agli ex-internati militari italiani»40. Escluso perciò che il fine ultimo della impegnativa decisione della Corte possa essere una simbolica riaffermazione dei torti subiti, sembrano potersi ipotizzare due diversi obiettivi. Uno molto ampio, l’altro molto concreto. Quello molto concreto: l’effettiva ristorazione dei danni. Per i motivi sopra citati non sembra però molto verosimile che ciò avvenga seguendo la strada giurisdizionale (ri)aperta dalla sentenza della Corte. Non pare affatto probabile che gli attori abbiano oggi tante più possibilità di ieri di veder pagato il loro risarcimento41. L’obiettivo più ampio potrebbe essere quello di innescare una modifica della consuetudine internazionale in materia. In tal direzione sembra condurre il riferimento della Corte costituzionale a lontani precedenti in materia di immunità internazionale, quando la giurisprudenza italiana e la giurisprudenza belga (cosiddetta tesi “italo/belga”) portarono la comunità internazionale a mutare in senso restrittivo l’interpretazione fino a quel tempo 40

Dichiarazione Congiunta sul vertice italo-tedesco a Trieste, 18 novembre 2008, il testo è reperibile sul sito dell’ambasciata della RFT a Roma (http://www.rom.diplo.de/contentblob/4050040/Date n/370214/hist_konf_dic_congiunta_pdf.pdf). È interessante proseguire nella lettura della dichiarazione, laddove si legge che «l'Italia rispetta la decisione tedesca di rivolgersi alla Corte Internazionale di Giustizia per una pronuncia sul principio dell'immunità dello Stato. L'Italia, anche come parte contraente, come la Germania, della Convenzione Europea sulla composizione pacifica delle controversie del 1957, e come Paese che fa del rispetto del diritto internazionale un cardine della propria condotta, considera che la pronuncia della Corte Internazionale sull'immunità dello Stato sia utile al chiarimento di una complessa questione». 41 Nello stesso senso cfr. A. RUGGERI, La Corte aziona l’arma dei “controlimiti”, in giurcost.org (17 novembre 2014), 10-11.

vigente dell’immunità internazionale42. Se questo era l’obiettivo (e in tal caso, ispirandosi alla prassi recente del Bundesverfassungsgericht, bene avrebbe fatto la Corte a corredare immediatamente la sentenza di una traduzione ufficiale in lingua inglese) le possibilità di riuscire nell’impresa sembrano limitate. Il mezzo è in generale inidoneo allo scopo43, ma soprattutto la scelta della tempistica pare assai poco fortunata. Sembra assai difficile che la sentenza della Corte costituzionale possa condurre altri soggetti della comunità internazionale a seguirla sulla [p. 275] sua strada44, posto che in senso contrario si sono recentemente pronunciate sia la CIG che la Corte EDU45, e che in tali sentenze si opera una ricognizione della prassi che mostra lo splendido isolamento della tesi “italiana”. Che l’obiettivo della Corte non sia stato invece quello di (ri)affermare la sua prerogativa a dire l’«ultima parola»46? L’aspetto, nel bilancio motivazionale della decisione, sembra effettivamente trovare 42

Nella stessa direzione riconosce che la citazione del lontano precedente sia «un segnale chiaro sulla portata sostanziale della scelta della Corte» A. GUAZZAROTTI, Il paradosso della ricognizione delle consuetudini internazionali. Note minime a Corte cost. n. 238 del 2014, in forumcostituzionale.it (5 novembre 2014) 43 È la stessa Corte costituzionale ad ammetterlo, nella misura in cui lascia «agli organi internazionali la ricognizione della prassi ai fini della rilevazione delle norme consuetudinarie e della loro evoluzione», punto 3.3 c.i.d. 44 Sembra essere più ottimista, nella parte in cui riconosce che «il bersaglio della Corte costituzionale italiana è del tutto inedito e alquanto ambizioso: è la comunità internazionale degli Stati», L. GRADONI, Corte costituzionale italiana e Corte internazionale di giustizia in rotta di collisione sull’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile, in SIDIBlog – Blog della Società italiana di diritto internazionale, http://www.sidi-isil.org/ (27 ottobre 2014). 45 Corte EDU - sezione IV, Jones and other v. UK, 14 gennaio 2014. 46 In questo senso E. LAMARQUE, Le relazioni tra l’ordinamento nazionale, sovranazionale e internazionale nella tutela dei diritti, in D. Pubbl., 2013, 805 la quale si riferisce alla questione di legittimità costituzionale, allora già promossa dal giudice fiorentino, ma non ancora decisa dalla Corte.


molto spazio. La sentenza offre infatti una compilazione «apprezzabilmente “didattica”»47 della storia giurisdizionale dei controlimiti, mettendo ordine nella confusione lessicale e concettuale che finora aveva contraddistinto la trattazione giurisprudenziale della categoria. La Corte afferma in buona sostanza che esiste un nucleo duro dell’ordinamento costituzionale, e riunisce sotto a un unico ombrello concettuale gli esiti di frammentati segmenti di una giurisprudenza che dal 1970 a oggi ha spaziato dai limiti alla revisione costituzionale48 ai controlimiti “comunitari”49, “concordatari”50 e “internazionali”. Ma vi è motivo di dubitare che da questa sistemazione concettuale possa automaticamente seguire la pretesa di poter affermare l’ultima parola sulle questioni contese. Per i motivi menzionati poco sopra è assai difficile pensare che questa sentenza chiuda la vicenda, ed anzi è suscettibile di (ri-)aprire due strade parallele: quella dell’illecito internazionale e quella del risarcimento del danno nell’ordinamento interno. Entrambe strade che difficilmente potranno di per sé portare alla soddisfazione di alcuno. C’è quindi un’ultima prospettiva da considerare quanto ai possibili esiti della pronuncia della Corte costituzionale. La sentenza n. 238 potrebbe essere un ruvido incentivo a procedere a una soluzione extragiudiziale della vertenza. In fondo si tratta della strada che aveva già indicato la stessa CIG, auspicando l’apertura di un negoziato bilaterale. E non va dimenticato che tale auspicio rappresentava un tenue invito a risolvere un serio problema risarcitorio.

Debole invito non raccolto dalle parti in causa, e in particolare dalla RFG. Dopo la sentenza della Corte costituzionale quello potrebbe sembrare ancora l’unico tavolo dove la questione può davvero trovare una soluzione effettiva. C’è però motivo di dubitare che la sentenza possa davvero aiutare a percorrere con successo quella strada. È ben possibile che i Governi dei due paesi siano ora indotti a riprendere in mano la questione. Ma se pure trovassero un accordo, questo dovrebbe certamente prevedere la rinuncia a qualunque pretesa risarcitoria ulteriore, dello Stato e dei singoli. Ma una tal clausola priverebbe i cittadini del diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale51. E sarebbe perciò incostituzionale, in quanto lesiva di un principio supremo dell’ordinamento. Ogni cittadino avrebbe perciò comunque il diritto di agire per il risarcimento del danno. Questa sola circostanza rende le condizioni per la conclusione di un accordo di tal fatta assai difficili. È perciò assai difficile prevedere come continuerà la vicenda, e sembrano potersi scorgere nella pronuncia della Corte diversi profili criticabili, sia dal punto di vista del diritto internazionale, che dal punto di vista del diritto costituzionale. Dall’altra parte la sentenza rimette in qualche modo in moto quella macchina di interpretazione, valutazione e vera e propria produzione del diritto che nel 2012 si era fermata alla stazione della Corte internazionale di giustizia, in un punto che molti avevano ritenuto assai poco felice. Se questo potrà definirsi un pregio della sentenza della Corte costituzionale lo si potrà valutare soltanto a distanza di tempo.

47

Così la definisce P. PASSAGLIA, Una sentenza (auspicabilmente) storica: la Corte limita l’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione civile, in diritticomparati.it (28 ottobre 2014). 48 Corte cost., sent. n. 1146 del 1988. 49 La giurisprudenza sul punto è ormai molto consistente, ex multis si vedano Corte cost., sentt. nn. 183 del 1973, 170 del 1984, 232 del 2989, 168 del 1991 e 284 del 2007. 50 La pronuncia più significativa è senz’altro Corte cost., sent. n. 18 del 1982, ma in tema di “controlimiti concordatari” vedi già sentt. nn. 30, 31 e 32 del 1970.

51

Nello stesso senso da subito vi è stato chi ha notato come «un accordo del genere non possa certo paralizzare l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello alla tutela giurisdizionale (solennemente affermato dalla sent. 238, di cui costituisce il fulcro [...]), neppure da parte di chi decidesse di beneficiarne»: così P. DE SENA, Spunti di riflessione sulla sentenza 238/2014 della Corte costituzionale, in in SIDIBlog – Blog della Società italiana di diritto internazionale, http://www.sidi-isil.org/ (30 ottobre 2014).


[bibliografia essenziale] Per approfondire, oltre ai riferimenti in nota, si segnalano: G. D’AGNONE, Immunità degli Stati stranieri e garanzia costituzionale dell’accesso al giudice: conflitto reale?, [p. 276] in Quad. costituz., 2014, 639 ss.; T. RUSSO, Immunità dalla giurisdizione per atti di Stati stranieri. La c.d. ‘immunity review’, Napoli 2012; P. GAETA, Immunity of States and State Officials: a Major Stumbling Block to Judicial Scrutiny?, in A. CASSESE, Realizing Utopia: the Future of International Law, Oxford 2012; E. CANNIZZARO - B.I. BONAFÉ, Of Rights and Remedies: Sovereign Immunity and Fundamental Human Rights, in From Bilateralism to Community Interest: Essays in Honour of Judge Bruno Simma, Oxford 2011, 825-842; A. ATTERITANO, Stati stranieri (immunità giurisdizionale degli), in Enc. dir., Annali, IV, Milano 2011, 1127-1147; E. CIMIOTTA, Immunità personali dei capi di stato dalla giurisdizione della Corte penale internazionale e responsabilità statale per gravi illeciti internazionali, in R. d. int., 2011, 1083-1175; H. FOX, The law of state immunity, Oxford-New York 2008; N. RONZITTI - G. VENTURINI, Le immunità giurisdizionali degli stati e degli altri enti internazionali, Padova 2008; A. BARDUSCO - M. CARTABIA - M. FRULLI - G.E. VIGEVANI (a cura di), Immunità

costituzionali e crimini internazionali, Milano 2008; C. MARTINELLI, Le immunità costituzionali nell'ordinamento italiano e nel diritto comparato: recenti sviluppi e nuove prospettive, Milano 2008; N. RONZITTI - G. VENTURINI (a cura di), Le immunità giurisdizionali degli stati e degli altri enti internazionali, Padova 2008; H. FOX, The Law of State Immunity, II ed., Oxford 2008; R. VAN ALEBEEK, The Immunity of States and Their Officials in International Criminal Law and International Human Rights Law, Oxford 2008; M. FRULLI, Immunità e crimini internazionali. L'esercizio della giurisdizione penale e civile nei confronti degli organi statali sospettati di gravi crimini internazionali, Torino 2007; M. FRULLI, Immunità e crimini internazionali: l’esercizio della giurisdizione penale e civile nei confronti degli organi statali sospettati di gravi crimini internazionali, Torino 2007; M. IOVANE, Stato straniero (Immunità dall’esecuzione dello), in Enc. giur., Roma 2001, 1 ss.; P. DE SENA, Diritto internazionale e immunità funzionale degli organi statali, Milano 1996; P. DE SENA, Diritto internazionale e immunità funzionale degli organi statali, Milano 1996; L. SBOLCI, Immunità giurisdizionale degli Stati stranieri, in D. disc. pubbl., VIII, 1993, 118 ss.;


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