Guide Broni vol.2/12

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“ Oltrepò

di cantina in cantina ... alla scoperta dell’eccellenza ”

Vol. 2 - Broni

Santa Giuletta - Redavalle - Broni - Cigognola - Pietra de’ Giorgi Montalto Pavese - Rocca de’ Giorgi Lirio - Mornico Losana - Oliva Gessi - Corvino San Quirico Torricella Verzate - Santa Giuletta

LOMBARDIA

Guide

PAVIA e PROVINCIA

Mangiare Bere Dormire www.mabedo.it 2012



“ Oltrepò

di cantina in cantina ... alla scoperta dell’eccellenza ”

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Emanuela Marchiafava Assessore al Turismo della Provincia di Pavia

L’Oltrepò Pavese è una terra di antiche torri e castelli, di vigne e boschi secolari, di chiese, abbazie e borghi medievali, di produzioni tipiche di eccellenza, di rigeneranti terme e di scorci paesaggistici davvero unici. L’Oltrepò è l’unico territorio lombardo ad includere gli Appennini: le sue cime si incuneano tra il Piemonte alessandrino e l’Emilia piacentina, mentre l’estremità meridionale dista meno di 8 chilometri dal confine ligure. lI territorio, unico nel suo genere, comprende un’ottantina di Comuni, ognuno dei quali reca con sé un patrimonio storico artistico e culturale.


L’Oltrepò pavese è una terra con poca pianura, che si bagna direttamente nelle acque del Po e viene attraversata da innumerevoli torrenti, ma soprattutto è una terra di collina e, più a sud, montagna, che raggiunge la sua massima quota – oltre millesettecento metri - con il Monte Lesima e il Monte Chiappo, in alta Valle Staffora. L’Oltrepò è un territorio vario per caratteristiche paesaggistiche, con i primi rilievi collinari dalle dolci ondulazioni coltivate e i borghi medioevali sorti attorno ai numerosi castelli, con i colli più elevati ricchi di fitti boschi di querce e castagni e dolci vallate percorse da itinerari escursionistici di grande interesse, a piedi, in bicicletta e cavallo. Infine la montagna, le sue faggete splendide, i suoi pascoli d’altura, i suoi vasti panorami, che giungono sino al mare di Liguria. In bassa collina è fiorente Ia viticoltura e la produzione del vino: la viticoltura dell’Oltrepo’ si trova già citata dagli autori classici greci e romani (tra questi Plinio il Vecchio e Strabone), e successivamente da altri nel 1000 e 1500 e, ancora, in monografie edite nel 1800. Oggi l’Oltrepo’ è la seconda area del Paese per superficie dedicata al vino, con oltre sedicimila ettari, e costituisce un irrinunciabile importante fattore economico. Nella restante parte del territorio di alta collina e degli Appennini si coltivano frutta e ortaggi (dalle mele di Soriasco alle pesche di Volpedo fino al celeberrimo peperone di Voghera con la sua mostarda) e si produce miele: in questi ultimi anni anche il miele è diventato a pieno titolo un prodotto tipico. L’Associazione Apicoltori Pavesi garantisce l’integrità del miele vergine integrale, prodotto locale naturale che non subisce trattamenti termici, estratto mediante la sola centrifugazione.


Di antica tradizione è la produzione di formaggio (celebre il Nisso di Menconìco) e si allevano bovini, ovini, e cavalli. Tutti questi prodotti genuini, a partire dai famosissimi affettati, dal salame di Varzi alle coppe e pancette, arrivano poi sulle tavole squisitamente cucinati secondo ricette antiche e ricche di tradizioni. Fra i dolci non possiamo dimenticare le ciambelle (dette anche brasadè): ogni comune ne vanta l’invenzione e l’originalità della ricetta. La torta di mandorle è una specialità dell’Oltrepo, in particolare famosa quella di Varzi, mentre la torta San è tipica di Broni, creata in onore del Santo Patrono del paese, San Contardo, pellegrino padovano morto poi nel paese locale.


Inoltre, nei boschi del territorio, tra castagni, larici, querce e pini, si trovano porcini, ovuli e poi tartufi bianchi e neri. L’Oltrepò pavese è un prezioso scrigno che conserva ricchezze ambientali di grande pregio naturalistico e di ineguagliabile bellezza estetica: strette e solitarie valli scavate nelle arenarie e ammantate da lussureggianti boschi, di querce e castagni, una terra unica che conserva un patrimonio storico-architettonico invidiabile. Grazie alle sue bellezze naturali, al ricchissimo patrimonio artistico, architettonico e culturale, ma anche e soprattutto alle produzioni enogastronomiche d’eccellenza, questa parte fondamentale della provincia di Pavia può veramente essere il “traino” della rinascita economica del territorio, attraverso un turismo responsabile e sostenibile.


Fiorenzo Detti Presidente AIS Lombardia

Oltrepò Pavese Nella realtà vitivinicola italiana, che conta oltre 650.000 ettari a vigneto, la Lombardia, con una superficie vitata di circa 23.900 ettari, è al 10° posto. Una fetta importante di questa torta vitivinicola lombarda è rappresentata dal nostro Oltrepò Pavese, zona vocata per eccellenza che vanta una storia secolare per la produzione del vino, ricoprendo oltre la metà della superficie vitata di Lombardia.


Conosciuto anche come “Vecchio Piemonte”, è un cuneo di territorio lombardo in provincia di Pavia che si insinua fra l’Emilia e il Piemonte, confinando ai due estremi con le province di Alessandria e Piacenza. L’Oltrepò Pavese per le sue caratteristiche pedologiche, territoriali e climatiche, che ben si adattano alla coltura della vite, è considerata una zona ad alta vocazione viticola, con colline più adatte alla coltivazione di certi vitigni piuttosto che altri. L’Oltrepò Pavese nacque ufficialmente nel 1164, quando l’Imperatore Federico I concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i Consoli nelle località che, grosso modo, costituiscono l’attuale Provincia di Pavia.


Il territorio vitivinicolo si estende su 42 comuni situati nella fascia collinare, è composto essenzialmente da terreni argillosi e da rocce sedimentarie marine nella parte più bassa, mentre in alta collina il terreno è prevalentemente di origine gessosa. I vigneti mediamente non superano i 300/400 m e t r i d’altitudine, con un clima piuttosto asciutto d’inverno e ventilato in estate; le buone escursioni termiche dovute alle correnti ascensionali delle zone montane ne enfatizzano i profumi contribuendo alla qualità dell’uva. Le DOC dell’Oltrepò Pavese comprendono un numero significativo di tipologie di vini bianchi e rossi, iniziando dal tradizionale Bonarda, ottenuto dalla Croatina, vitigno autoctono e antichissimo, già citato nel 1192 con il nome di Bonarda di Rovescala; il nome della Croatina deriva da “cruata”, in dialetto oltrepadano, che significa “cravatta” - stava appunto ad indicare il vino della festa.


Altro vino storico dell’Oltrepò Pavese è il Barbera, ottenuto dal medesimo vitigno, che si presenta di un bel colore rubino intenso da giovane, virando con gli anni verso il granato acceso, freschezza e tannini sono la sua aspirina nel tempo. Il Buttafuoco è un’altra “chicca”, ottenuto solo nell’area delle “7 sorelle” una piccola e vocata zona di produzione che abbraccia i sette comuni di Broni, Stradella, Canneto Pavese, Castana, Montescano, Cigognola e Pietra de’ Giorgi. Il Buttafuoco viene ottenuto da vari vitigni dove Croatina e Barbera la fanno da padrone. Il nome pare che derivi dal dialettale “al buta me al fogh”, che significa “scalda come il fuoco”, in relazione al fatto che si tratta di un vino di carattere e corpo.


Un’altra etimologia del nome è connessa anche all’effigie adottata dal Club del Buttafuoco Storico, dove si narra che nella seconda metà dell’ ‘800, la Marina Imperiale austro-ungarica varò una nave a cui fu dato il nome di Buttafuoco in ricordo di una compagnia di marinai dislocati a Stradella per il traghettamento sul fiume Po, occupati a combattere contro l’esercito del Regno di Sardegna in Oltrepò. Vino dall’intenso colore rubino, complesso e penetrante al naso, robusto in bocca con ampie sfumature speziate, si lega elegantemente a piatti di struttura come cacciagione, carni rosse e formaggi stagionati. Un altro gioiello dell’Oltrepò Pavese è il Pinot nero, che oltre ad essere vinificato in purezza è anche alla base della produzione di molti vini spumanti. Coltivato nella zona di alta collina in terreni vocati e con buone escursioni termiche si ottengono uve e vini di elevata qualità.


Altro vino rosso molto intrigante e particolare è il Sangue di Giuda, prodotto solo nel quadrilatero dei comuni di Bosnasco, Cigognola, Montù Beccaria e Pietra de’ Giorgi, vino da meditazione o da dessert per la sua carezzevole dolcezza. E’ un vino penetrante di naso, fragrante e vinoso che sposa bene, tra gli altri, le paste frolle con confettura, delizioso se unito alle fragole o alle pesche. Concorrono alla produzione di vini Doc dell’Oltrepò Pavese anche alcuni vitigni a bacca rossa “autoctoni” utilizzati in percentuali minori, come l’Uva Rara, Ughetta (Vespolina). Non potevano mancare, come in molte altre realtà italiane, anche alcuni vitigni “alloctoni” come il Cabernet Sauvignon che rientra nella DOC Oltrepò Pavese.


In Oltrepò Pavese si producono, oltre ai rossi, anche ottimi vini bianchi come il Riesling, dove nei comuni con terreni gessosi spicca per la sua mineralità e freschezza. Contraddistinto da un bel colore paglierino con riflessi verdognoli in gioventù, accompagnati al naso da profumi mentolati e di mela renetta. E’ ideale con antipasti magri, primi piatti delicati, pesci e crostacei, carni bianche. Il Moscato, piacevolmente “salviato” al naso è un vino dolce dal bel colore giallo paglierino con sfumature dorate ottenuto dalla varietà Moscato Bianco, ottimo sui dolci a pasta lievita come pandoro e panettone, e quando non trascina troppi zuccheri, proviamolo sul salame di Varzi…ci stupirà sicuramente con piacevoli concordanze!


La Malvasia dall’aroma intenso e piacevolmente aromatico, con sentori floreali e fruttati che terminano in una elegante nota di mandorla, viene prodotta nelle versioni secca, dolce o spumante. Piacevole all’aperitivo oppure a tavola con piatti delicati, nella versione dolce accompagna dolci in genere o piccola pasticceria di credenza. Altri vitigni bianchi vengono vinificati con successo e rientrano nella DOC Oltrepò Pavese come Chardonnay, Cortese, Sauvignon e Pinot Grigio, dai quali si ottengono ottimi vini da aperitivo oppure da accostare a “tutto pasto” quando le caratteristiche del piatto permettono un “mariage d’amour” senza sovrastare il vino.


Dalla vendemmia 2007, l’Oltrepò Pavese ha ottenuto il riconoscimento della DOCG per la produzione degli spumanti “Metodo Classico” vinificati con la tradizionale rifermentazione in bottiglia nelle tipologie bianco e rosé (Cruasé) partendo dalle uve ammesse dal disciplinare di produzione che sono il Pinot Nero (minimo 70%) + Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio nella misura massima del restante 30%. Vini d’aperitivo per le migliori occasioni, da servire freschi, oppure da proporre accostati a piatti delicati dove la pienezza del vino, i profumi evoluti e le piacevoli “bollicine” potranno elegantemente fondersi in un tutt’uno con le caratteristiche del piatto ricordandoci anche uno scorcio di Oltrepò Pavese.


Alla fine di questa passeggiata attraverso i vigneti del “mio” Oltrepò Pavese mi congedo con una frase di Charlie Chaplin detta nel film “Luci alla ribalta” del 1952 (una buona annata!). Charlie Chaplin nei panni di Calvero, un famoso e acclamato clown, ormai vecchio e malato, al rientro da una visita medica dice alla sua compagna Terry: “Lo sai cosa mi ha detto il medico? Che non devo bere, perché mi fa male al fegato e al cuore! Ma questo alla mente, proprio non pensa?” Chiudo con questo aforisma proprio per ricordare a tutti che il vino è storia, il vino è cultura, il vino è salute, il vino è gioia! Impariamo a berlo consapevolmente! Ma beviamolo!!! Cin Cin Fiorenzo Detti Presidente Associazione Italiana Sommelier Regione Lombardia


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Davide Di Benedetto, Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie

Il verde Oltrepò La forma triangolare dell’Oltrepò Pavese, con la punta rivolta a sud, facilita l’analisi di un territorio variegato dal punto di vista agricolo e botanico. Il lato settentrionale, che costeggia il Po, presenta la tipicità agricola della pianura adiacente al fiume, continuando fino alle vicine colline in un contorno asciutto, diverso dalla restante provincia di Pavia.


Poi vi sono i rilievi collinari, la cui immagine è la prima che viene in mente pensando a questa zona; essi fanno da padrone per la maggior parte della superficie oltrepadana. Infine, la montagna: si arriva al vertice del “triangolo” ad un’altitudine di oltre 1700m sull’Appennino Ligure ove il paesaggio e la flora circostante cambiano nuovamente, facendoci sentire molto lontani dalla costa sud del Po, mentre siamo solo a pochi chilometri di distanza, in uno spazio in cui si concentrano natura, profumi e paesaggi mozzafiato. La vegetazione è diversa a seconda dei punti in cui ci troviamo e variegata in ogni periodo dell’anno.


Nella fascia pianeggiante il territorio è molto ben coltivato sfruttando i punti di forza: troviamo perciò coltivazioni di Pioppi lungo la fascia fluviale, in grado di sopravvivere in terreni sabbiosi e di resistere alle esondazioni; poi cominciano immediatamente i seminativi che, anche se in una zona tipicamente asciutta hanno trovato spazio e successo, come ad esempio il frumento. Nel territorio si producono grani di qualità; sono quindi coltivati il frumento panificabile, quello di forza (per la produzione di farine per pane e biscotti), il grano duro, per le semole che serviranno per produrre la pasta; un altro cereale presente è il mais. Una minore superficie è pure dedicata alle coltivazioni di orzo, sorgo, barbabietola da zucchero e pomodoro da industria. Spesso tra i campi coltivati si notano distese di prati: sono coltivazioni pluriennali di erba medica, da cui si produce fieno utilizzato per l’alimentazione del bestiame locale o venduto in zone ad alta concentrazione zootecnica. Oltre alle specie coltivate, quelle che troviamo lungo i bordi delle strade o nei campi in veste di infestanti sono per la maggior parte graminacee (orzo selvatico o erba spiga, avena selvatica, coda di topo, e così via) ma non mancano erbe facilmente riconoscibili quali ad esempio la carota selvatica, l’assenzio selvatico, la fumaria, l’edera di terra, la veronica o “occhi della Madonna”, il soffione, la camomilla, il papavero…



Le colline dell’Oltrepò Pavese uniscono la pianura ai primi tratti dell’Appennino. La fortuna del territorio è dovuta alla coltivazione della vite; dalle uve si ottengono vini esportati e apprezzati in tutto il Mondo. La vegetazione primaverile, qui, sfoggia meravigliosi contrasti cromatici, come quello fra l’erba tenera e le viole, fra i “cucù” (Muscari) ed i gialli tulipani selvatici. Una curiosità è rappresentata dal fatto che l’Oltrepò è uno dei territori più ricchi di erbe selvatiche commestibili (infatti se ne contano circa 40 specie). Quest’abbondanza trova riscontro in numerose ricette locali della tradizione contadina le cui origini risalgono già alle prime civiltà mediterranee e che, attraverso la storia degli orti botanici, sono giunte fino a noi.


Un esempio è la valerianella o “gallinetta” che è una ricercata primizia per insalate, il “dente di cane” meglio noto come tarassaco, la malva per i decotti, ed i germogli di luppolo. Tra le specie arboree il paesaggio mostra l’imperversante robinia, dai cui fiori si può estrarre una bevanda dissetante, ciliegi selvatici, ippocastani, aceri campestri, sambuchi, biancospini, rovi e rose selvatiche, diversi generi e specie di ginestre, ma anche piante che abbelliscono ulteriormente il paesaggio contadino quali il caprifoglio, l’edera, la vitalba ed il luppolo selvatico. L’autunno collinare dei boschi cedui e dei vigneti, porta tonalità d’oro e di rame sulle fronde degli alberi.


Salendo d’altitudine scompaiono i vigneti sostituendosi ad alberi da frutto, boschi e pascoli. Vi sono vallate famose per la frutta quali mele, pere, pesche; inoltre si incontrano molti prati di foraggere per l’alimentazione zootecnica e per i pascoli. In altitudine media, la vegetazione che balza all’occhio, oltre a essere piacevole a vedersi, è preziosissima per la biodiversità: troviamo infatti piante officinali di colore blu, il fiordaliso, l’erba cornetta e altre leguminose di colori che variano dal giallo al viola ed il papavero selvatico. Nelle vallate appenniniche si osservano formazioni boschive sempre più vaste composte per lo più da castagni, cerri, aceri, larici e querce roverelle, frassini quali l’orniello, e il carpino nero. Qui, fra le erbe del sottobosco è possibile trovare le fragoline, orchidee spontanee e felci. Salendo di quota si trovano boschi composti da pino nero e pino silvestre, larici, faggi e abeti bianchi e rossi. Questi boschi rappresentano un’altra ricchezza per l’Oltrepò, fornendo funghi di diverse forme, colori e profumi, e i famosi tartufi bianchi e neri. Di fronte a tante suggestioni, non posso che invitarvi ad esplorare, a comprendere, e naturalmente a rispettare il verde Oltrepò, un luogo ricco di piacevoli sorprese. Davide Di Benedetto, Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie



Prefazione di Mabedo La FQCommunication, dopo aver pubblicato la guida sfogliabile sulla Via Francigena e dopo il successo che questa ha riscontrato, ha intrapreso una nuova avventura, realizzando un lavoro sull’Oltrepò Pavese. Il risultato è guida in quattro volumi che permetterà al turista di spostarsi “di cantina in cantina”. In bassa collina è infatti fiorente I’attività vitivinicola; inoltre non si può non associare il nome dell’Oltrepò a quello dei suoi ottimi vini. Il viaggiatore otterrà inoltre importanti suggerimenti al fine soggiornare in strutture adeguate, gustando ottimi piatti, esplorando paesi e cittadine, sconfinando volentieri laddove i vigneti lasciano il posto all’Appennino, in luoghi altrettanto suggestivi e ricchi di risorse. L’Oltrepò che FQCommunication propone è quello dell’eccellenza: piccole e grandi attività che operano in linea con la tradizione, o con genuina originalità, nel rispetto per valori autentici e con grande amore per la propria terra. Eccellenza che si può trovare anche nei piccoli-grandi resti di un passato antico, in manifestazioni di arte e cultura contemporanee, nel dato naturale e talvolta nelle strutture approntate dai Comuni al fine di offrire al pubblico adeguata accoglienza. Rendere quella che è l’essenza dell’Oltrepò Pavese non è impresa facile, ma la FQCommunication e il suo staff hanno impiegato le proprie energie per esprimere ciò che in prima persona provano per questo territorio, che il turismo non ha ancora adeguatamente scoperto: le ragazze protagoniste di questo itinerario amano l’Oltrepò e lo hanno esplorato in lungo e in largo. È per questo che invitano tutti i lettori a fare altrettanto!



La copertina della Guida Mabedo 2012 è illustrata da Marco Lodola, artista pavese notissimo per i lavori a olio e le sculture luminose, molte delle quali sono ispirate dal mondo della musica e dal mondo della danza. Le sue opere sono oggi presenti in tutto il mondo e recensite dai critici internazionali. Lodola ha esposto nel Padiglione Italia della 53° Biennale di Venezia, all’Expo internazionale di Shangai, ha rivisitato il logo per il traforo del MonteBianco. La poliedricità è un tratto caratteristico dell’arte di Lodola. Ha realizzato illustrazioni per copertine di numerosi romanzi e saggi, ha collaborato in campo musicale, con Max Pezzali, i Timoria e Omar Pedrini. Nel 2009 ha allestito a Milano, in piazza del Duomo, il Rock’n’Music Planet, primo museo del rock d’Europa, con 25 sculture che rappresentano altrettanti miti della musica contemporanea.


Marco Lodola ha realizzato scenografie per film, trasmissioni, concerti ed eventi: dalle olimpiadi invernali di Torino 2006 alla facciata del Teatro Ariston per il festival di Sanremo 2008. Sono firmate Lodola la scenografia di alcune puntate di XFactor, gli ambienti del film “Ti presento un amico” di Carlo Vanzina e “Maschi contro Femmine” di Fausto Brizzi. Lo scorso anno ha realizzato l’installazione “Citroen Full Electric”, una delle sculture per i 25 anni della griffe Giuliano Fujiwara e le scenografie per la sfilata A/I 2012 uomo della stilista inglese Vivienne Westwood. Nel 2012 ha partecipato alla 54esima Biennale di Venezia con “Cà Lodola”, la magnifica installazione luminosa posta alla Cà d’Oro, un progetto curato da Vittorio Sgarbi. Il logo ideato per noi da Marco Lodola rappresenta una tipologia particolare di paesaggio pavese, le cui linee portanti sono le vie di terra, le vie d’acqua e i territori che a esse si correlano, sui quali si intrecciano e si incontrano in un cromatismo di grande efficacia.


Del nostro territorio si propone quella fruizione lenta detta turismo di scoperta, che consente di godere degli aspetti naturalistici, storicoartistici e ambientali in modo nuovo. perchè guardati con occhi nuovi. Un procedere lento che regala il gusto delle piccole cose, il piacere di momenti importanti ma anche quella poesia del cibo che passa attraverso l’attenzione ad antichi sapori legati alla tradizioni della terra. Ed è lo stesso paesaggio di un’area geografica a diventare un particolare prodotto tipico, perchè solo lì la si ritrova con i suoi caratteri inconfondibili, con i suoi colori, con le sue trasformazioni, con le sue forme modellate dall’uomo nel corso dei secoli. Una tipicità paesaggistica che Marco Lodola ha tanto ben interpretato. A piccoli, grandi passi verso qualcuno o qualcosa, mete di un viaggio ma anche obiettivi di vita da raggiungere, il camminare lento diventa espressione di quel percorso interiore che ciascnuo di noi fa nell’incessante scorrere della vita. Nel logo ideato da Marco Lodola, le gambe piegate dall’incedere, a volte anche con fatica, stanno proprio a significare che si cammina con il corpo; ma ancor più si cammina con lo spirito.



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Santa Giuletta Redavalle Broni Cigognola Pietra de’ Giorgi Rocca de’ Giorgi


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Lirio Mornico Losana Oliva Gessi Corvino San Quirico Torricella Verzate


Santa Giuletta Il nostro itinerario inizia da Santa Giuletta. Abitata già dalle popolazioni Liguri e dai Galli, è in seguito sede di un insediamento romano. In documenti databili attorno all’anno 1000, il suo territorio collinare risulta uno dei più vitati dell’Italia del Nord. L’abitato si dispone sia nella zona pianeggiante, detta “La Villa”, sia sulla sommità di una collina (“Castello”) dove è presente una villa settecentesca in stile neoclassico, che si impianta su un castello risalente al dodicesimo secolo. Dell’antico edificio si conservano soltanto i locali un tempo destinati a prigioni. Il complesso è stato più volte rimaneggiato e restaurato. Nello stesso luogo si trova inoltre la chiesa parrocchiale altomedievale di Santa Giuletta (chiusa per restauri), costruita nel 1200, all’interno della quale si conservano interessanti dipinti caravaggeschi. Essa è appunto dedicata alla martire greca Santa Giulitta. Secondo la versione più attendibile della vicenda del martirio, Giulitta era una vedova di ottima famiglia, che viveva ad Iconio, città dell’attuale Turchia, nell’epoca della persecuzione di Diocleziano nei confronti delle prime comunità cristiane. Convertitasi al cristianesimo, temeva per sé e per il figlioletto Quirico, di tre anni; preso il piccolo con sé, assieme a due ancelle, fuggì dalla città, ma fu scoperta, catturata e posta sotto tortura per ordine del governatore della Cilicia Alessandro, affinché accettasse di sacrificare agli dei.



Ma la donna non rinnegò la sua fede. Quirico, di fronte a tanto coraggio, pronunciò: «Sono cristiano anch’io!». A queste parole il governatore, che lo teneva sulle ginocchia, lo scagliò a terra uccidendolo. La madre non si scompose, e continuò a pregare; egli, irato, la consegnò al boia affinché fosse decapitata. I corpi furono recuperati dall’ancella di Giulitta sopravvissuta alle persecuzioni, e tenuti nascosti fino all’epoca costantiniana quando il loro culto poté essere apertamente divulgato. Sul territorio della “Villa” esiste inoltre la chiesa di San Colombano. Una Importante realtà di ambito vitivinicolo sul territorio è l’Azienda Agricola Podere San Giorgio con annesso agriturismo. Santa Giuletta, in passato era famosa a livello mondiale per la produzione di bambole, e in seguito di peluche e giocattoli in genere. C’erano circa venti fabbriche. Questa attività è purtroppo cessata. Così, il Comune, ha raccolto in un museo bambole, giocattoli, fotografie, calchi, utensili da lavoro, etichette, cataloghi delle varie epoche, dagli anni Trenta agli anni Ottanta del secolo scorso, con intento non solo turistico, ma anche storico-culturale e didattico (Museo della Bambola e del Giocattolo; Biblioteca comunale attrezzata per ricerche sull’argomento). Il 2 giugno 1896 nacque a Santa Giuletta Quirino Cristiani, disegnatore e regista di animazione, il quale realizzò il primo lungometraggio animato con sonoro della storia.


Chiesa di San Colombano


Chiesa di Santa Giuletta




Agriturismo Corte Montini


Dopo aver visitato Santa Giuletta ci fermiamo da Corte Montini che il giorno 10 marzo 2012, diventa maggiorenne e festeggia i 18 anni trascorsi dal 10 marzo del 1994. La professionalità, la passione e le spiccate capacità imprenditoriali dei suoi proprietari, Lella e Franco, hanno reso Corte Montini un’elegante e accogliente realtà dell’agriturismo in Oltrepò Pavese. La sala è stata ricavata dalla ristrutturazione dell’antica cascina degli Isimbardi. Ci fermiamo a cena dove il menù propone i ravioli al brasato fatti in casa…che bontà! Poi i secondi di carne…un piacere per il palato! Tutti i prodotti provengono dall’orto e dagli allevamenti dell’azienda stessa. Tutte le materie prime sono cucinate con un tocco di fantasia che rende ancora più invitanti i piatti già di per sé invitanti grazie al loro profumo che ci fa venire l’acquolina in bocca! Tutto questi prodotti sono serviti con i vini dell’azienda, che vengono presentati in sala con la simpatica e conveniente formula dei vini al carrello.


Agriturismo Corte Montini - Ristorante


La famiglia Montini ha realizzato “La Vineria”, che è un locale assolutamente originale che propone serate di degustazione in un ambiente elegante ma molto accogliente, all’insegna della simpatia di Lella e Franco, una coppia affiatata! Nella “Vineria” si organizzano anche lezioni di vino tenute da esperti Sommelier. E’ arrivata l’ora di andare a letto, le stanze si trovano sopra la sala ristorazione; si tratta di sei camere accoglienti delle quali, cinque doppie più una singola. Dalla recente ristrutturazione sono state ricavate altre sette camere e due mini appartamenti nella dependance sul retro della sala ristorazione. Le camere sono molto accoglienti e confortevoli, tutte con bagno, tv satellitare, telefono, aria condizionata e una bellissima vista sul panorama agreste nel quale l’intera struttura è immersa. Lucia, Laura e Silvia si accomodano in uno dei due mini appartamenti, mentre Federica e Sara si accomodano in una delle camere doppie. Dopo la giornata impegnativa, si spegne la abat-jour e ci si abbandona tra le braccia di Morfeo. Ci svegliamo al mattino e dopo un’abbondante colazione salutiamo la simpatica Lella e suo marito Franco e li ringraziamo per la loro gentile ospitalità. Siamo certe che torneremo a trovarli. Agriturismo CORTE MONTINI

Via Emilia, 21 – 27046 Loc. Manzo, Santa Giuletta (PV) Tel. 0383/899382 – 899231 Fax: 0383/899381 E-mail: info@vinimontini.it Sito: www.vinimontini.it




Agriturismo Corte Montini




Le prime coltivazioni di questa azienda iniziano negli anni quaranta, con il padre del Signor Roberto, Giocondo. Con la coltura di piccoli vigneti inizia la storia dell’azienda. La passione per questo lavoro, insieme alla cura delle vigne, portano a prodotti sempre più apprezzati e di grande qualità. Oggi l’azienda si trova a Santa Giuletta, in località Castello. La natura del terreno e l’ottima esposizione, il microclima e l’altitudine di 250-300 metri sono condizioni fondamentali per un’eccellente produzione. Le uve, colte rigorosamente a mano, vengono subito vinificate della cantina, con macerazione delle bucce per le uve rosse, vinificazione a freddo con pressatura soffice e fermentazione a temperatura controllata per le uve bianche. I vini prodotti sono ottenuti da uva Barbera, Croatina, Uva Rara, Riesling Italico, Chardonnay, e Pinot Nero.


Azienda Agricola Lozza - Sala degustazioni


Le coltivazioni e le lavorazioni avvengono del modo tradizionale, nel completo rispetto dell’agricoltura biologica. Essa é sinonimo di un’agricoltura pulita, che elude l’uso di pesticidi, insetticidi, erbicidi. Anche la conservazione dei prodotti avviene nel pieno rispetto della natura, cercando di sostenere e valorizzare le risorse del territorio e l’ambiente circostante. Gli sforzi sono atti a migliorare la vita e la salute dell’uomo, ma sono fondamentali anche per ottenere prodotti genuini, sani e naturali. Ciò dà modo di riscoprire le antiche tradizioni, gli antichi profumi e sapori della terra, quelli veri, reali, che sovente vanno dimenticandosi. L’intera superficie dell’Azienda Agricola Lozza è certificata da Bois, ente che si occupa del controllo sulle produzioni biologiche autorizzato dal Ministero dell’Agricoltura. La cantina dell’azienda è aperta alle visite e alle degustazioni anche alla domenica, sempre su prenotazione. Inoltre è stata da poco aperta una nuova vinoteca, dove i proprietari ricevono gruppi di appassionati, o semplicemente chi ama il buon vino, in un ambiente accogliente ed elegante, in una location unica, circondata da colline di vigneti. Vengono organizzate degustazioni guidate di tutti i vini prodotti dall’azienda, come Bonarda, Barbera, Dolce Rebecca, Rosa Lucrezia, Monte Stellato, Castel Giocondo, la Cuvèe Regina Benedetta, dal perlage raffinato e dolce. Ricordate sempre di prenotare la vostra visita! Azienda Agricola Lozza Via Castello 1 27046 Santa Giuletta (PV) Telefono: 0383 899249 E-mail: info@lozzavini.it www.lozzavini.it



Redavalle L’attuale Redavalle discende da un antico centro che sorgeva un po’ più a est, San Martino in Strada, risalente all’epoca romana e dotato di un’omonima pieve dipendente dalla diocesi di Piacenza. Il pilastro in rovina che si vede uscendo dal paese in direzione Broni, in prossimità dell’incrocio con la strada che conduce a Pietra de’ Giorgi, fu fatto edificare dall’arciprete Primo Andrea Sterpi nel 1724 per commemorare la Pieve eretta probabilmente nel IX-X secolo, la quale per alcune centinaia di anni accorpò a sé parrocchie e popolazioni dei paesi limitrofi come Cigognola, Pietra de’ Giorgi, Barbianello, Mornico Losana e Santa Giuletta. Il potere della Pieve, dotata di strutture d’accoglienza per i viandanti ed i pellegrini che percorrevano la via Romera, col passare del tempo entrò tuttavia in crisi a causa delle pestilenze e dell’incuria dei reggenti, che portarono la chiesa alla decadenza; le celebrazioni si tenevano quindi in un oratorio ubicato nel centro abitato, dedicato a San Rocco; esso fu ampliato all’inizio del Settecento su progetto dell’architetto Veneroni.


All’interno di questa meravigliosa chiesa, la cui facciata moderna non rende merito allo spettacolo che si mostra davanti agli occhi del visitatore una volta varcatane la soglia, rivestono grande interesse l’antico organo proveniente dalla Diocesi di Pavia, giunto qui probabilmente dopo lo smantellamento di un’altra chiesa, la cantoria sulla quale sono state ritrovate decorazioni seicentesche e dotata lateralmente di due statue raffiguranti angeli di grandi dimensioni, da poco restaurati e non ancora esposti. La chiesa è dotata di un’ottima acustica, pertanto ben si presta ad ospitare eventi concertistici.


Redavalle



Via Bramante, 175 Pavia - tel 0382 032173


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Broni Probabilmente, Broni, ebbe origine attorno al 100 a.C., generandosi da un accampamento militare sistemato in posizione strategica accanto alla via Postumia, l’attuale via Emilia. Una piccola parte del centro abitato ci appare adagiato sui declivi della prima collina, mentre il resto è già in pianura. Sulle case della gente che vive in questi luoghi, veglia, verdeggiante e pacifico, il Monte San Contardo, evocando la storia del santo patrono, cui i bronesi sono devoti e del quale conservano gelosamente le spoglie. San Contardo, infatti, nobile appartenente al casato degli Estensi di Ferrara, mentre si dirigeva in pellegrinaggio a Santiago de Compostela dopo aver abbandonato ogni ricchezza, vide questo luogo, e chiese a Dio di poter morire proprio qui. Forse Dio lo ascoltò, accontentandolo prematuramente: Contardo fu presto colpito da un malore che gli impedì di proseguire il cammino, e morì a Broni nel 1249. La leggenda narra che alla morte del santo, tutte le campane iniziarono spontaneamente a suonare e sul suo corpo presero ad ardere piccole e luminose fiamme. È festeggiato il 16 di aprile, giorno della morte, e l’ultimo sabato di agosto, giorno della traslazione del corpo, quando il paese si riempie di giostrai e allegre bancarelle; un tempo, si distribuiva nelle case il pane benedetto di San Contardo; questo rito si tramanda ancora, pur restando limitato al contesto della Basilica e del Santuario al monte.


Monte San Contardo


La nostra visita inizia dalla piccola Piazza Libertà dove si erge il Monumento ai Caduti, realizzato dall’allora giovane scultore Titta (Battista) Ratti (1896-1992), attivo fra Milano e la Svizzera, il cui bozzetto fu scelto da una Commissione Giudicatrice nel 1924. Vogliamo goderci questo clima piacevole, e decidiamo, per quanto possibile, di spostarci a piedi. Percorrendo una via parallela alla principale, raggiungiamo poco dopo il parco pubblico di Villa Nuova Italia, ex Villa Maccabruni. Essa nacque come villa privata a fine Ottocento per poi divenire “Albergo Nuova Italia” nel 1920. Pochi anno dopo divenne Albergo Savoia. Il Secondo Conflitto Mondiale vide la struttura passare nelle mani dello Stato ed essere occupata dalla Sicherheit. È la ex-sede del Comune e ora ospita associazioni locali ed eventi. Altri palazzi storici bronesi sono l’elegante Villa Gallotti, ora sede della Fondazione Conte Franco Cella di Rivara, situata in via Emilia e nata come edificio destinato ad uso privato all’inizio del Novecento, per poi essere trasformata in Albergo dai Maccabruni e poi di nuovo in abitazione privata. Lungo la strada statale sorge invece Villa Tell. Ha delle caratteristiche che la rendono simile alle abitazioni di montagna. Lungi dall’essere un blocco unitario, si compone di varie parti edificate dalla famiglia Carbonetti, che aveva lasciato la Svizzera per stabilirsi qui nella seconda metà dell’Ottocento e alla quale dobbiamo forse far risalire il nome singolare, che ricorda quello dell’eroe svizzero.


Basilica di San Pietro Apostolo


Ci avviamo poi verso il centro paese, fermandoci in piazza Giuseppe Garibaldi, ad osservare la Basilica di San Pietro Apostolo. Essa, nei primissimi anni del Cinquecento, risultava ancora in costruzione. Non si esclude che l’edificio possa essere stato progettato da Donato Bramante; certamente fu portato a termine dai suoi allievi, i fratelli Bernardino ed Angelo Lonati. Ha una pianta a croce latina con tre navate e dieci cappelle laterali. Interessanti quella del S.S. Rosario, con opere seicentesche, stucchi dei pavesi Galesini e Rossi, affreschi di Bernardino Tassinari e una tela raffigurante la Battaglia di Lepanto attribuita al pittore Giuseppe del Sole, e la cappella dedicata a San Contardo affrescata nel 1663 con episodi tratti dalla vita del santo realizzati dal pittore varesino Giovan Battista Del Sole. Il corpo di Contardo fu collocato nell’arca lignea intagliata nel 1664 dal milanese Giovanni Battista Turcazzano. Sul lato lungo della piazza si erge dal 1857 Palazzo Arienti, edificio in stile moresco, sobrio ma con dettagli che rimandano all’architettura islamica, sede del Municipio. Ci avviamo verso la Chiesa di Santa Marta, che si trova a pochi passi dalla Basilica; fu eretta ad indicare il luogo in cui Contardo morì. All’interno si trovano le tele di Paolo Borroni (1749-1819), artista vogherese apprezzato da Napoleone, fra i cui soggetti compare anche il Santo. Un altro luogo di devozione si trova lungo la Via per Recoaro: è la cappella della Madonna del Rio Frate, di origine seicentesca. Essa subì dei rimaneggiamenti e fu infine interamente ricostruita nel 1912. Poco oltre, in località Recoaro di Broni, sorge un bell’edificio Liberty. A questo punto del nostro tour la salita al Monte San Contardo è d’obbligo.


Chiesa di Santa Marta


Noi abbiamo tempo e voglia di camminare, ma volendo, una parte del tragitto, si può fare in auto! Ripercorriamo le stazioni della Via Crucis; gli episodi sono rappresentati su pannelli in ceramica policroma: si tratta di opere del 1996 realizzate dallo scultore contemporaneo pavese Angelo Grilli. Il percorso ascensionale che permette di ripercorrere i momenti della Passione di Cristo, configura questo luogo come Sacro Monte. In cima ad esso si trova la cappella dedicata a San Contardo. Ma Broni non è solo devozione, è anche comicità: il paese, infatti, diede i natali all’attore dialettale Mario Salvaneschi noto come Lasarat, le cui interpretazioni esilaranti hanno fatto ridere generazioni di persone. A livello di vini, tipico di Broni è il Barbacarlo, prodotto esclusivamente dall’Azienda Agricola Lino Maga. Da segnalare è inoltre la presenza di Terre d’Oltrepò, realtà che fonde la Cantina Sociale di Casteggio e la Cantina Sociale di Broni che radunando circa 850 soci. Ridiscendiamo in paese, e abbiamo proprio bisogno di uno spuntino!


Monte San Contardo


Broni



Giungiamo presso la Pasticceria Rovati. All’interno del locale, arredato con cura e buongusto, ci accolgono i due fratelli pasticceri Mario, con la moglie Piera, e Antonio, con il figlio Nicola. Nata nel 1940, l’attività ha continuato a seguire negli anni le ricette della tradizione dolciaria di famiglia e dell’Oltrepò Pavese. La specialità della casa è la Torta di San Contardo, derivata dall’evoluzione del pane di San Contardo, la cui ricetta originaria risale al XIV secolo. L’impasto di mandorle, nocciole e pan di spagna, fu ricoperto di cioccolato fondente per conferirle un tocco moderno ad opera di Teresio Rovati. Una menzione meritano anche la Torta Sarina e la Torta Preferita.


La prima, una paradiso aromatizzata agli agrumi coperta con un sottile strato di crema e granella di nocciola, è stata dedicata a Peppino Contardo Sarina: nato a Broni nel 1884, fu un grande pittore, scultore e scenografo. La Preferita, torta di pasta frolla con marmellata di albicocca, ricoperta di sfoglia, è il dolce tipico di Broni. Siamo ormai affamate e ci fermiamo per un sostanzioso aperitivo accompagnato da salatini, pizze e focacce appena sfornati, e scegliendo fra un’accurata selezione di vini dell’Oltrepò. È anche possibile assaggiare gli ottimi pasticcini, gli invitanti gelati o gustare un buon caffè. Pasticceria F.lli Rovati s.a.s., via Togni 29, Broni (PV) Chiuso il martedì Tel. 0385 53591


Cigognola Ripresa l’auto, ci dirigiamo verso il territorio di Cigognola, Comune probabilmente abitato già in epoca romana, il cui nome farebbe pensare alla “sigogna”, carrucola usata per attingere acqua dai pozzi. Il borgo, abbarbicato su di un alto colle, e l’abitato che si sviluppa tutto intorno, anche nella valle del torrente Scuropasso, sono dominati da un bel castello la cui costruzione risale in parte al Cinquecento e in parte al Settecento. La torre quadrata che vediamo oggi, ispirata a quella di Stradella, è stata costruita in età contemporanea. La chiesa parrocchiale, caratteristico edificio dedicato a San Bernardo, fu costruita nel 1437 ad opera di Alessandro Scaramuzza Visconti. Era l’antica cappella del castello. Subì opere di ampliamento e restauro nel Settecento e nel Novecento. In passato, Cigognola era famosa per i bellissimi ricami realizzati a mano dalle donne del paese. Un dato curioso è rappresentato dalla presenza sul territorio comunale di una fonte di nome “Talanca” dalle proprietà ritenute non solo benefiche ma addirittura miracolose. Ciò che contraddistingue Cigognola è senz’altro la presenza di un bellissimo punto panoramico: partendo dalla piazza principale, attraversiamo il Parco delle Rimebranze lungo l’omonimo viale alberato.


Giungiamo in alto e il cielo molto limpido ci permette di scorgere i paesi della pianura sottostante e le lontane città; soffia una piacevole brezza, anche se oggi è una giornata piuttosto calda! Nel 1967, tutta la popolazione di Cigognola contribuì alla costruzione della chiesa di Nostra Signora della Guardia, ubicata invece ai piedi della collina, per sciogliere il voto fatto in occasione del tornado che si abbatté sulla zona nel 1957. Lungo la strada statale, ai piedi delle colline, sorge un’antica e bella villa di proprietà dello stilista Giorgio Armani, un tempo appartenuta al Conte Cella. Per gli amanti della pesca sportiva è a disposizione il Laghetto di Cigognola, da poco tornato ad essere un’oasi naturale. Sul territorio comunale si trova l’azienda agricola Castello di Cigognola, di Gianmarco e Letizia Moratti, che produce vini pregiati quali i rossi “La Maga” e “Dodicidodici”. In frazione Vicomune si trova la chiesa di San Rocco già esistente nel 1518.



Cigognola


Lungo la strada che attraversa la Valle Scuropasso si trova il B&B I Girasoli di Colombera è una struttura recente, nata grazie all’entusiasmo con il quale Andrea e Monica, giovane coppia, sono riusciti a convincere la madre di lui Anna Villanova, ad impiegare in modo nuovo una parte della casa rimasta disabitata. La titolare, dal canto suo, afferma di essere assolutamente felice di averli ascoltati e si impegna moltissimo nel garantire un’atmosfera famigliare e accogliente, comfort, ordine e pulizia ai suoi ospiti. Questi, hanno a disposizione un’intera casa disposta su due piani e dotata di ingresso privato, salotto, cucina abitabile, due ampie camere da letto (una singola e una matrimoniale con terrazzo), un bel bagno con vasca e doccia. Il b&b fornisce alle famiglie con bimbi, qualora ne avessero necessità, fasciatoio e seggiolone. L’arredamento è ricco di pezzi in stile rustico, e di vecchi mobili di famiglia restaurati, che conferiscono all’ambiente calore, eleganza e semplicità insieme. Dalle finestre della struttura si può ammirare il castello di Cigognola, che sprigiona un fascino notevole anche durante le giornate nebbiose poiché sembra essere sospeso a mezz’aria. Molto grazioso è l’annesso giardino, attrezzato con giochi. Nella proprietà sono presenti alcuni animali da cortile: galline, conigli, maiali. Se avete animali domestici, qui saranno ben accetti. Bed & Breakfast “I Girasoli di Colombera” di Villanova Anna Località Colombera 17, Cigognola (PV) Tel./fax 0385 85420 Cell. 338 8575961


B&B I Girasoli di Colombera


Pietra de’ Giorgi Arriviamo nei pressi del Municipio di Pietra de’ Giorgi dove ci accoglie il Sindaco Gianmaria Testori. Ci racconta un po’ di storia e di curiosità sul suo Comune, risultato dalla fusione, avvenuta nel 1818, di tre territori fino ad allora indipendenti: Pecorara, Pietra e Predalino. La zona vanta comunque una storia molto antica. Il castello che domina sull’abitato, si fa risalire al 1012. L’emozione di trovarci di fronte ad un edificio che ha ad oggi 1000 anni, età che lo rende uno dei castelli più antichi dell’Oltrepò Pavese, è davvero grande! Pensate che nonostante la sua storia includa vari tentativi di assedio, nessuno riuscì mai ad espugnarlo. Nel Duecento fu scenario di aspre battaglie tra i guelfi, che si erano rifugiati qui, e i ghibellini; la torre quadrata, l’unica che si è conservata delle quattro edificate in origine, presenta delle merlature ghibelline binate, simbolo dell’unione tra le famiglie Beccaria e Giorgi. Una curiosità è rappresentata dal fatto che nel cortile è presente un pozzo profondo ben 75 metri. Il castello è di proprietà privata, quindi non è visitabile. Sappiate però che durante recenti restauri, nella torre, sono emerse delle decorazioni ad affresco. Il mistero che si è immediatamente creato attorno ad esse è dovuto alla scelta, per la raffigurazione, di un soggetto sacro, inusuale in un ambiente solitamente dedicato alla vita privata.



L’attuale palazzo municipale faceva parte del maniero essendo adibito ad abitazione del signore. In esso si possono ammirare le cantine; il locale è meglio noto col nome di “cantinone medioevale”. È dotato di bellissimi soffitti a volta; vi si tengono mostre, eventi ed è possibile affittarlo per feste private. La frazione Pecorara, dove si trovano due palazzi risalenti al XVIII secolo, appartenne principalmente ai Marchesi Bellisomi di Pavia. Affascinante è la storia tramandata dalla tradizione riguardo alle origini della chiesa parrocchiale di Castagnara, dedicata a Santa Maria Assunta. Membro dell’antica famiglia nobiliare degli Orsini, Meteliano, nel 1295, dopo una guerra che aveva visto contrapporsi Papa Bonifacio VIII alla sua famiglia e a quella dei Colonna, era fuggito da Roma nel 1295, e aveva scelto come rifugio le colline dell’Oltrepò, delle quali si era invaghito. Poco dopo il suo arrivo, l’unico figlio che aveva si ammalò gravemente. Meteliano, che era particolarmente devoto alla Madonna, pregando si incamminò verso il bosco di castagni che cresceva al di sotto del castello. Nel mentre, la voce della Madonna gli annunciò la guarigione del figlio. Infinitamente grato per il miracolo, le chiese cosa avrebbe potuto fare per ricambiare a tanta grazia così che ella rispose “Sarà necessario, o caro, che tu in questo medesimo luogo eriga una Chiesa”. Tornato a casa e trovato il figlio sano, il nobile fece subito tagliare i castagni laddove sarebbe sorta la chiesa e per indicare questo luogo sacro (benedetto nel 1300) piantò una croce. L’anno successivo furono iniziate le opere di costruzione. L’ubicazione della parrocchiale è considerata la prova che il fatto accadde realmente; sorge infatti in un luogo troppo isolato dai centri abitati, Pietra e Pecorara, risultando scomoda per i fedeli.


Oratorio della Beata Vergine Addolorata


Nella parete esterna della Chiesa di Castagnara sono inseriti due busti; un altro busto si trova nel muro esterno dell’Ossario; nel campanile è inserita una lapide funeraria di un legionario della XIII legione. Indubbiamente questi esemplari sono di origine romana, risalgono infatti al I secolo d.C. I busti potrebbero provenire da qualche antico sepolcro della famiglia Orsini. La chiesa di Castagnara fu dotata nel 1578 della Cappella di S. Antonio Abate, come conseguenza di un voto fatto dai fedeli in occasione della pestilenza che aveva colpito duramente la Parrocchia nel 1574 e ne aveva sterminato la popolazione. S. Antonio Abate è così diventato il Patrono di Pietra de’ Giorgi. Il campanile di fine Seicento, progettato da Giovanni Battista Cassano detto Cassanino probabilmente fu innestato su quello vecchio. Ma pochi anni più tardi, nel 1712, iniziarono i lavori di costruzione della Chiesa attuale, di dimensioni maggiori, ultimata nel 1731 con la realizzazione della facciata. Una curiosità: la costruzione fu parzialmente finanziata col denaro rinvenuto fra le rovine del vicino castello di Predalino. La somma, che era stata nascosta sotto alla predella dell’altare di Sant’Antonio, non fu trovata dai soldati Germani che giunsero qui nel 1706 mentre andavano in aiuto di Torino assediata dai Gallispani, e ciò fece gridare al miracolo, tanto che si decise di impiegarla per costruire una nuova chiesa su quella semidistrutta durante l’assalto. Nel 1926 furono realizzati gli affreschi ad opera di Rodolfo Gambini, pittore molto attivo nella nostra zona, che qui diede vita ad uno dei suoi maggiori capolavori. Negli anni ‘30 durante i lavori che hanno riguardato la pavimentazione è stata scoperta ai piedi del Presbiterio la sepoltura della famiglia Orsini.


Chiesa di Castagnara


Accanto alla Chiesa di Castagnara è possibile osservare l’Oratorio della Beata Vergine Addolorata edificato nel Seicento ed utilizzato come Chiesa ausiliaria alla Parrocchiale, la quale era diventata troppo piccola per il gran numero di fedeli. Sul finire degli anni settanta, prima di essere restaurato, l’Oratorio si trovava in pessime condizioni; per colpa di un incendio e delle infiltrazioni d’acqua era infatti crollata la stupenda volta che ricordava quella di S. Sofia a Istanbul. Meteliano edificò inoltre l’ormai scomparso maniero di Predalino (parte del quale si conservò fino al Settecento), non lontano dal sito in cui si trova la parrocchiale, dove si stabilì. Dell’edificio resta traccia nella denominazione moderna della località, ossia Castellone. In località Scorzoletta è stato edificato negli anni ’40-‘50 il Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso. Al suo interno è possibile ammirare un mosaico raffigurante la Beata Vergine del Soccorso. Sul territorio di Pietra de’ Giorgi si trovano le prestigiose Cantine Vistarino.



Pietra de’ Giorgi



L’Azienda Dellabianca ha origine alla fine del 1800 con nonno Ernesto; l’attività prosegue con papà Nino ed ora con il figlio Antonio. L’economia dell’Azienda (la cui superficie vitata misura circa 4 ettari) è basata sulla monocoltura della vite per la quale i terreni argilloso calcarei della zona sono habitat ideale. La diversa tipologia dei terreni fa si che croatina, uva rara, pinot nero, riesling italico e moscato trovino il terreno più adatto. La produzione dell’uva è oggetto di particolari cure ed attenzioni così da privilegiare la qualità sulla quantità. Il vino è prodotto ancora secondo l’antica tradizione senza disdegnare la moderna tecnologia. Oltre ai vini tipici della nostra zona, ossia bonarda, barbera, riesling, è possibile trovare alcuni prodotti di nicchia: pinot vinificato in rosato, uva rara in purezza, riesling vinificato dopo breve surmaturazione in vigna ed altro che vi invitiamo a scoprire…


È possibile, previ accordi con il proprietario, visitare i vigneti durante i vari cicli vegetativi così da apprezzare appieno il prodotto finale e degustare i nostri vini nell’ampia sala degustazione che si affaccia sulle colline e sulla pianura Padana. La sala, circa 50 posti a sedere, può essere utilizzata anche per eventi. Adiacente alla cantina si trova il B&B, recentemente ristrutturato e dotato di tre ampie camere tutte con bagno privato. Un vasto giardino consente agli ospiti di trascorrere qualche ora di relax nella quiete della campagna. Azienda Agricola Antonio Dellabianca – B&B Gli Acini Località Canova 20 Pietra dè Giorgi , 27040 - PV Cantina aperta anche nei giorni festivi. Tel 0385 – 85291; 0385 284171 Cell 339 2758449 ; 338 5070564 e-mail: dellabianca.antonio@libero.it www.antoniodellabianca.it


Azienda Agricola Dellabianca



B&B gli Acini



Per questo itinerario, scegliamo di scendere e continuare lungo la strada che percorre la vallata, spostandoci in direzione Rocca de’ Giorgi. Nel tragitto incontriamo l’Agriturismo Carolina, che si trova al limitare del territorio di Montalto (v. Vol. 3). In esso convivono perfettamente buona cucina e arte, infatti il ristorante ospita le opere del pittore Malvern, marito della proprietaria Maria Rosa, nonché artista che espose alla 49^ Biennale di Venezia, e di altri maestri contemporanei. È proprio il caso di dire che qui si può stare “A tavola con … ARTE!”. Qui possiamo trovare le specialità culinarie artigianali della tradizione oltrepadana come salumi nostrani, carni bovine, ovine, suine ed avicole prodotte in azienda. Ad accoglierci è proprio la signora Maria Rosa, e vicino a lei il suo meraviglioso gallo domestico. All’Agriturismo Carolina entriamo subito in un ambiente familiare e a stretto contatto con la natura. L’ampio parco verde, le galline che sono libere di razzolare nell’aia insieme a capre, oche, conigli e pavoni fanno di questo luogo “un’ oasi naturalistica” dove ci rilassiamo e facciamo anche qualche foto in compagnia di questi simpatici animali! La fame però è tanta e quindi ci accomodiamo nella sala dove c’è un super menù che ci aspetta! Iniziamo con degli affettati misti accompagnati dal gnocco fritto … che bontà! Passiamo ai primi, la scelta è tra ravioli di stufato, tortelloni di magro, gnocchi di patate, tortellini e i risotti; questi ultimi variano in base agli ingredienti di stagione. Oggi ci propongono quello con le fragole, che noi tutte assaggiamo. Ma venendo in altri periodi o un altro giorno, è possibile gustarlo con le verdure, con i piopparelli freschi o con altri funghi, e pure con lo spumante!


Siamo cinque ragazze di buona forchetta e quindi non vediamo l’ora di gustare gli arrosti con contorno per poi terminare con i dolci della casa! Tutto ciò è accompagnato dai vini dell’Oltrepò, forniti dai produttori locali. Infine, un buon caffè con crema della nonna e una grappa per tutte! Salutiamo la simpaticissima Maria Rosa, è stato un vero piacere conoscerla e conoscere l’agriturismo Carolina! Agriturismo Carolina

Loc.Palazzina – 27040 Montalto Pavese (PV) Aperti il sabato e la domenica e festivi. Dal lunedì al venerdì su prenotazione. Sito: www.agriturismocarolina.it Tel.: 0385/51095



Viale Campari, 74 27100 Pavia 340.5081741 www.74cafe.com


Rocca de’ Giorgi Proseguendo per la stessa strada e mantenendoci a sinistra all’unico bivio che incontriamo, arriviamo a Rocca de’ Giorgi, un piccolissimo Comune che si trova nella valle del torrente Scuropasso e sui colli circostanti. Sede di un’antica pieve della diocesi di Piacenza, vide molte volte modificato il proprio nome. Quando, nel 1164, per volontà di Federico Barbarossa, fu indicata tra i luoghi dell’Oltrepò sottoposti al dominio di Pavia, si chiamava infatti Rocca di Aimerico, rimandando all’antico signore sotto il cui dominio furono probabilmente realizzate le opere di fortificazione già esistenti nell’Alto Medioevo. Nel passaggio alla signoria pavese dei Campeggi, il suo nome divenne Rocca Campesana; passò in seguito sotto il dominio dei Sannazzaro, e per matrimonio a Fiorello Beccaria, che ricostruì la Rocca, da quel momento detta Rocca di Messer Fiorello, o Roccafirella. Nell’ambito del dominio dei Beccaria, giunse al ramo dei Montebello, appartenendo al feudo di Montecalvo. In seguito all’estinzione dei Beccaria avvenuta nel 1629, fu acquistata dai conti Giorgi di Vistarino (anche feudatari di Pietra de’ Giorgi), dai quali col tempo prese il nuovo nome. I loro discendenti sono tuttora i maggiori proprietari del Comune.



La loro azienda agricola ha sede accanto al Municipio di Rocca presso la meravigliosa Villa Fornace, chiamata così poiché il suo nucleo più antico fu edificato nel 1700 sulle fondamenta di un’antica fornace di mattoni (le ali laterali della struttura sono infatti ottocentesche). La villa, in perfetto stato di conservazione, è chiusa al pubblico e destinata tuttora ad abitazione, ma sappiate che si distingue per la ricchezza e per lo stile dei suoi interni: vi sono arredi d’epoca, volte stuccate, splendide decorazioni ad affresco e pavimenti originali, una cappella, una biblioteca, la sala da tè e moltissime altre stanze fra cui un maestoso salone d’onore. È dotata di un ampio parco progettato da Achille Majnoni (1855-1935), architetto personale di Umberto I di Savoia. Dalla strada possiamo scorgere accanto alla villa la serra o orangerie edificata all’inizio del Novecento. Oltre ai Savoia, la tenuta fu visitata anche dai membri della famiglia reale inglese. I due colli ai lati della valle sono dominati rispettivamente dalla chiesa di San Michele Arcangelo e dalle rovine della rocca. Saliamo un momento fino a superare la rocca trecentesca, in modo da poterla ammirare dall’alto. È un edificio a pianta quadrangolare del quale rimangono intatte solo le mura perimetrali, la cui torre di epoca successiva si staglia sul verde di prati e boschi. Fa parte dei possedimenti della Tenuta Vistarino. Ci allontaniamo a malincuore da questo luogo affascinante e senza tempo, ma ritorniamo giù, e al bivio svoltiamo a destra, risalendo il colle, curiose di vedere la Chiesa di San Michele Arcangelo.


È una struttura di piccole dimensioni, a navata unica. Gli affreschi del soffitto e quello raffigurante San Michele che uccide il drago, in corrispondenza dell’altare in pietra dedicato al santo e dominato da una statua di quest’ultimo, furono realizzati all’inizio del Novecento dal pittore Rodolfo Gambini, attivo nell’Italia nordoccidentale e in Sardegna, il quale lavorò, in Oltrepò, anche a Rivanazzano, a Borgoratto Mormorolo e a Montecalvo Versiggia. Incontriamo il sindaco Angelo Villani che ci segnala la presenza, sul territorio comunale, della Casa del Bosco in Collina, un’attività che fa parte dell’Associazione di Promozione Sociale Logoi e che organizza centri estivi e corsi. Ci parla inoltre di un progetto in corso di realizzazione che consiste nel dotare il Comune di cinque aree di sosta anche attrezzate per pic-nic e per lo svago dei più piccoli, ognuna delle quali avrà il nome di un vitigno tipico della zona di cui alcuni tabelloni racconteranno la storia. Ottima idea! Ci salutiamo e proseguiamo il nostro viaggio.


La Rocca





Proprio accanto alla chiesa sorge l’Azienda Agricola Anteo, di cui sono titolari Piero Cribellati e la sorella Antonella. Curiosa è l’origine del nome. Anteo, figlio di Gea (la Terra) che sfidava alla lotta e vinceva ogni avversario perché riceveva sempre nuova forza dal contatto con la madre. Analogamente, si ritiene che l’azienda riceva la propria forza dalla terra di proprietà, circa 30 ettari a Rocca de’ Giorgi: sicuramente il più vocato “cru” di Pinot Nero dell’ Oltrepò’ Pavese, non a caso proprio qui vennero messe a dimora nell’800 le prime piantine provenienti dalla Francia. Siamo a 380 metri d’altezza: un’oasi naturale non contaminata dove la vite viene allevata con grande rispetto della natura. Si produce uva di pregio raccolta manualmente e trasformata in vino da un sapiente connubio tra natura, tradizione e la tecnologia più “pulita” in una suggestiva cantina a volte interrata nella collina. La sua vocazione è il Metodo Classico con quattro preziose gemme millesimate: Nature Écru, Riserva Del Poeta, Anteo Rose’ e Brut Tradition Docg.


Nel 2011 ecco Cruase’ Docg “naturalmente rosa” e, nel 2012, Sabrage (piacevole metodo classico da mescere in allegria dopo l’apertura con la sciabola tipica degli Ussari napoleonici). Si producono anche spumanti metodo “Martinotti“ e “Vini di Ricerca Varietale”, tutte realizzazioni di avanguardia qualitativa in cui predomina il Pinot Nero. Il legame col territorio si evidenzia poi nei “Cru della Tradizione”, per un recupero, appunto, della tradizione dell’Oltrepò’ Pavese. Sarete i benvenuti nel bel locale di ricevimento e potrete ammirare il suggestivo paesaggio, la stupenda cantina e degustare i prodotti con un’ospitalità che non dimenticherete.

Azienda Agricola Anteo

Località Chiesa, Rocca de’ Giorgi (PV) Tel. 0385 99073 Fax 0385 951814 E-mail info@anteovini.it

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Lirio Adagiata sulla cima di un piccolo colle, Lirio è tranquilla, silenziosa e senza tempo. Decidiamo di visitarla a piedi attraverso un itinerario fatto di testimonianze di fede, di storia, di quei racconti che non si leggono sui libri, spostandoci tra viuzze, vecchie corti e fienili, fermandoci per una pausa presso le aziende locali. Partiamo quindi dalla Chiesa parrocchiale dedicata a San Paolo, che domina sull’abitato, importante per il paese, tanto che in alcuni documenti antichi, questo è ricordato come “Lirio di San Paolo” o “San Paolo di Lirio”. Le prime testimonianze dell’esistenza di Lirio rimanderebbero all’epoca romana: importante a questo proposito sarebbe una lapide sepolcrale marmorea scoperta sul territorio comunale negli anni Settanta dell’Ottocento. In età medievale Lirio fece parte del piacentino Comitato di Auce; in seguito, nell’Undicesimo secolo, appartenne al monastero pavese di Santa Maria delle Caccie. Nel 1164 fu confermata da Federico Barbarossa fra i luoghi sottoposti a Pavia; fu inclusa nel feudo di Montalto, e fu possedimento parte dei Beccaria e parte dei Belcredi. Nel Trecento subì l’occupazione da parte del condottiero visconteo John Hawkwood (Giovanni Acuto).



Nel 1415 venne confiscata e assegnata agli Aicardi (poi Visconti - Scaramuzza), che lo cedettero nel 1477 a Manfredi signore di Faenza. Nel 1536 una parte del territorio fu infeudata agli Arrigoni, dalla cui famiglia fu donata nel 1658 al Collegio Castiglioni di Pavia, cui rimase fino all’abolizione del feudalesimo. L’altra parte tornò in possesso dei Belcredi e, nel secolo XVIII, passò dal feudo di Montalto a quello di Montecalvo. Anche questa proprietà rimase in essere fino al 1797. La chiesa fu costruita nel Seicento in sostituzione di un oratorio fatiscente ubicato “a Occidente”, in un luogo non ben identificato. Al suo interno è custodito un antico Battistero; troviamo inoltre le statue di San Luigi, del Sacro Cuore, di Sant’Antonio da Padava, della Madonna e di Santa Teresa. Il Santo Patrono è rappresentato sulla volta (l’opera ha come soggetto la vocazione di San Paolo avvenuta in seguito ad una caduta da cavallo) e nel grande dipinto che sovrasta l’altare. Di pregio sono anche il crocifisso collocato sulla parete di destra e il confessionale ligneo.



Accanto alla chiesa si trovano i resti dell’antico castello, rintracciabili nel muro che corre lungo la strada che conduce alla chiesa, al di sotto della piazza e del palazzo municipale, e in una parete appartenuta alla torre, con segni di finestrature archivoltate, addossata alla chiesa, nella piazzetta sopraelevata. Nel raggiungerlo passiamo accanto ad un quadro rappresentante la Madonna della Guardia, collocato in passato dall’allora parroco Don Michele sulla parete esterna della chiesa. Poi, ci sparpagliamo, e girando attorno al borgo scorgiamo angoli davvero caratteristici. Lucia scatta moltissime foto: come tutte noi è affascinata dalle piccole case, dalle loro finestrelle e porticine, dagli angoli fioriti e dalle cascine in sassi, dalle stradine strettissime e ombreggiate. L’unica costruzione un po’ più “ambiziosa” è l’Ottocentesca Casa Cavagna, con un corpo centrale affiancato da due “torrette”. Non lontano dal borgo, ma in luogo isolato, in un bosco nei pressi delle vecchie cave, si trova la Madonna dei Vigneti, circondata da ginestre. Quest’ultima, come quella che si trova in una nicchia all’angolo di una casa in Via Roma, presso l’incrocio con Via 24 Maggio, è stata posta qui dalla famiglia Casarini più di trent’anni or sono. Svoltiamo in quella strada. Passiamo davanti ad un grazioso altarino dedicato a Sant’Antonio, eretto dai proprietari dell’abitazione annessa, per una grazia ricevuta. Giungiamo infine alla Cappella della Madonna del Rosario, rimodernata e ampliata ad inizio Novecento, immersa nel verde dei vigneti. Fu costruita per in-


Madonna dei Vigneti





A una signora anziana, venuta qui per fare una passeggiata, chiediamo di raccontarci qualche curiosità su Lirio. Ci svela che il paese, un tempo, era famoso per l’esistenza di una varietà autoctona di pere, ora andata perduta; i frutti erano chiamati “pér büs”. Ci dice inoltre che la rivolta del pane del 1628, quella narrata dal Manzoni ne “I Promessi Sposi”, secondo fonti attendibili sarebbe scoppiata a Lirio, per poi sfociare in un secondo tempo nella grande protesta che vide protagonista, come è ricordato nei libri di storia, la città di Milano. Dopo una breve passeggiata fra i vigneti, lungo una strada sterrata panoramica, torniamo in via Roma e proseguiamo in direzione Montalto fino a raggiungere un incrocio; lì prendiamo la strada che scende a sinistra, fino ad incontrare un’edicola in mattoni, dall’aspetto molto curato, ospitante una statua della Madonna. Il nostro cammino di fede termina qui. Torniamo indietro riguadagnando il centro. Prendiamo una bibita al bar dell’Osteria del Gnocco Fritto all’interno della quale è esposto un brano della scrittrice montaldese Fabrizia Scipioni, “moglie dell’oste”; in esso l’autrice si rivolge a Lirio, attraverso quella che possiamo considerare una vera e propria dichiarazione d’amore verso il paese.



Cappella della Madonna del Rosario


Federica, appunti alla mano, recita la leggenda liriese de Il testamento della strega: “Si narra che a Lirio una vecchia donna tenuta in conto di strega, ammalatasi gravemente ed entrata in agonia, in tale stato perdurava da vari giorni senza poter morire e continuando a ripetere a lass, a lass (lascio, lascio), intendendo legare a qualcuno la sua eredità. I vicini di casa, che per sentimento di umanità, benché con ripugnanza, l’assistevano nell’intento di alleviarne le sofferenze, tolsero alcune tegole dal tetto del tugurio per lasciar entrare aria. La vecchia continuava a ripetere a lass, a lass, guardando ora questo, ora quello, ma nessuno voleva accettarne l’eredità; ed allora essa chiese che le si portasse la scopa, ed allungando il braccio, indicandola, esclamò: a lass a tì (lascio a te) e spirò. Si vide allora la scopa ballare pazzamente per la casa, mentre gli astanti si affrettavano ad allontanarsi, facendosi il segno della croce”. Al di là della leggenda, Lirio ebbe realmente fra i suoi abitanti una strega, condannata al rogo dal Tribunale dell’Inquisizione: si tratta dell’“ossessa” che compare in un affresco della Basilica di San Pietro Apostolo in Broni. Lirio è anche ricordata dagli appassionati di UFO, nonché da giornali e riviste dell’epoca, per l’apparizione di alcuni umanoidi dall’aspetto luminoso ed evanescente, avvenuta il 10 luglio 1993 sotto agli occhi di un contadino del posto, una persona seria ed affidabile, che si trovava nei vigneti. Il terreno nei pressi dell’avvenimento, fu trovato bruciato in vari punti, come accertarono i carabinieri chiamati per un sopralluogo. Anche l’Aeronautica di Piacenza sorvolò subito la zona. Una cosa molto simile accadde lo stesso giorno ad una coppia di agricoltori che stava lavorando nel proprio frutteto in Valle Schizzola (Borgo Priolo).







A pochissima distanza dal piccolo centro del paese, si trova l’attività del sig. Franco Casarini, che si distingue per la produzione e la vendita di ottimi salami e carni. Gli animali sono allevati in azienda, ed in primavera-estate le vacche e i vitelli sono condotti nei pascoli di proprietà, che si trovano sull’Appennino ad una quota di 1700 metri s.l.d.m. Sara, che come tutte noi è amante degli animali, ma che a differenza nostra è vegetariana, condivide appieno questo metodo di allevamento. I prodotti di cui si nutrono gli animali, ossia cereali e fieno, sono anch’essi prodotti in azienda. Anche la macellazione e la lavorazione delle carni avvengono qui. L’attività ha preso avvio nel 1979. La qualità dei prodotti offerti è il risultato di tutti questi anni di lavoro e impegno, e di sensibilità nei confronti delle esigenze del cliente, che soprattutto in questi ultimi anni, è portato a scegliere alimenti sempre più sani e controllati. Il signor Casarini ha iniziato a lavorare come macellaio all’età di quattordici anni, apprendendo tutti i segreti di un mestiere che certo non lascia spazio all’improvvisazione, richiedendo una certa maestria. E i risultati, in termini di gusto e consistenza della carne, si sentono! Azienda Agricola Casarini Franco Via Roma 2, Lirio (PV) Tel e fax. 0385 85529 Cell. 338 7340109 o 338 4756617 Aperto mercoledì e sabato tutto il giorno.



Azienda Casarini Franco - Vacche al Pascolo



L’attuale giovane Sindaco di Lirio, Alessio Cagnoni, possiede un’azienda agricola nata negli anni Sessanta. Nei trentatré ettari di vigneti, che si estendono oltre che sul territorio di Lirio, anche su quelli di Pietra De’ Giorgi, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Stradella, Cigognola, le uve prodotte sono Pinot, Riesling, Barbera, Bonarda, Croatina, Moscato.


Azienda Agricola di Alessio Cagnoni


L’azienda vinicola di Fabio Lanati si sviluppa negli anni ‘70 a partire dall’azienda agricola di famiglia nata all’inizio del Novecento. Attualmente è gestita da Fabio Lanati, che si dedica personalmente ai vigneti, alla vinificazione, alle vendite e alle consegne, spingendosi in gran parte della Lombardia settentrionale e si distingue per la produzione di ottimi vini quali Barbera, Croatina e Riesling. Arrivate, ci viene offerto un calice di quest’ultimo vino, accompagnato da ottime bruschette. Così ci godiamo il calar del sole sedute ad un tavolo apparecchiato in mezzo al giardino. La signora Ada ci spiega che il vino prodotto in questo versante di una delle colline liriesi è decisamente diverso da quello prodotto nell’altra collina, risultando più amabile. Un’ottima cosa per il turista, il visitatore, l’amante del vino, è quindi il fatto che nello stesso territorio possa trovare diversi stimoli in termini di gusto. Azienda Agricola Lanati Fabio,

Vendita diretta vini I.G.T. Frazione Molino Sacrista 11, Lirio (PV) Tel. 0385 85508 Chiamare ore pasti



Salutiamo la famiglia Lanati e ci spostiamo pochi metri più in alto per recarci presso l’Azienda Agricola Penati. L’attività che qui viene svolta consiste semplicemente nella coltivazione dei vigneti, non essendoci una cantina per la produzione in proprio del vino. La bella villa che domina la proprietà fu costruita dai nonni dell’attuale proprietario. Nonostante i nipoti abbiano cambiato lavoro, divenendo industriali, hanno mantenuto il legame con l’azienda di famiglia cercando di mantenerla attiva. Si sono sempre adoperati per il Comune di Lirio, specialmente per i lavori di ristrutturazione della chiesa del paese, dove è presente una targa commemorativa a loro dedicata. I Penati hanno legami di parentela con i Malaspina e con l’ex Sindaco di Milano Letizia Moratti. In azienda si trovano vigneti di barbera, bonarda, pinot nero, riesling e moscato. È una zona molto tranquilla, che invita a rilassarsi, dove i turisti non di rado si fermano ad ammirare la villa. A malincuore, con la mente ancora piena di storie, racconti e scorci caratteristici, lasciamo Lirio. Visitare questo luogo è stata un’esperienza indimenticabile.

Azienda Agricola Penati Roberto Via Casa Paglia 7, Lirio (PV) Tel. 0385 284037


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Mornico Losana Risaliamo in paese, proseguiamo in direzione Montalto fino a trovare una stradina sulla destra. Svoltiamo e in fondo giriamo a destra per imboccare una bellissima strada panoramica, che collega Montalto a Mornico Losana e a Pietra de’ Giorgi, e dalla quale si vedono ben quattro castelli. Finalmente arriviamo a Mornico, che insieme a Oliva Gessi, Corvino San Quirico e Torricella Verzate forma l’Unione dei Comuni Lombarda dell’Oltrepò Centrale. Ci sono buoni motivi per pensare che abbia origini molto antiche, essendosi probabilmente sviluppata a partire da un insediamento celtico. I Galli, discesi dalle Alpi nel I secolo a.C. andarono infatti ad occupare quei territori che non appartenevano ai Liguri, i quali si erano stabiliti nella Pianura Padana. Da Mornico, lungo il corso del torrente Rile Verzate, che scorre attraverso il territorio comunale in frazione Losana, sarebbe passato Annibale col suo esercito, per portare a termine poco dopo una manovra di accerchiamento dei romani a Casteggio. Ma il ritrovamento più antico sul territorio, un vaso di terracotta contenente diverse monete d’argento, rimanda all’epoca romana, e più precisamente al 150 d.C. Nel 397 d.C. sotto il dominio dell’Imperatore Teodosio, il villaggio entra a far parte della giurisdizione dell’Aemilia e di conseguenza sotto l’influenza civile ed ecclesiastica di Piacenza.





Nel 1164 appare fra i luoghi che Federico Barbarossa riconferma sottoposti alla giurisdizione di Pavia. Nel 1255 risulta già dipendere dal feudo di Montalto, in mano alla famiglia Belcredi, e ne segue le sorti, passando dapprima agli Strozzi, poi ai Taverna, e successivamente ritornando ai Belcredi. Questi ultimi, nel Settecento, assumono il titolo di Marchesi di Mornico. Sulla nostra sinistra si apre Piazza Libertà. Notiamo immediatamente la presenza solenne del Monumento ai Caduti, realizzato su progetto dello scultore genovese Achille Canessa e inaugurato il 7 di ottobre del 1923. La statua in bronzo del milite si erge su un basamento in pietra nera. Il Municipio, risalente al 1881, presenta inglobata nella parte sinistra della facciata una lastra di marmo recante un’epigrafe dedicata al Signor Giuseppe De Filippi, scomparso nel 1894, antenato della nota presentatrice televisiva Maria De Filippi; egli, nell’Ottocento, risollevò l’agricoltura mornichese introducendo importanti innovazioni in campo vitivinicolo; inoltre fu tra i soci fondatori della locale Banca Popolare Cooperativa nel 1883, chiusa nel 1935. Il palazzo ospita la Biblioteca dell’Unione dei Comuni Lombarda dell’Oltrepò Centrale. Il lato orientale della piazza è delimitato dalla chiesa dedicata ai SS. Cosma e Damiano, divisa in tre navate, risalente alla seconda metà del secolo XVI. Al suo interno si possono osservare l’altare maggiore in marmi policromi del secolo XVIII, il coro ligneo in noce, del Seicento, la mensa in marmo giallo di Siena, gli affreschi contemporanei della volta e delle lunette, realizzati nel 1981 dal pittore bergamasco Claudio Nanni; uno di essi raffigura alcuni giovani vendemmiatori guidati dal Beato Luigi Orione.


Arco di Casacana


In un fabbricato annesso alla pittoresca villa Gioia, che si erge a destra del municipio, si trova invece il Museo Contadino. Non fatevi ingannare dal nome, non troverete solo zappe e strumenti per il lavoro nei campi, ma un’importante collezione di oggetti curiosi della vita quotidiana, sia casalinga che professionale, di un tempo, alcuni anche provenienti dall’estero. Il Sig. Gioia ci fa da guida e ci mostra cose sorprendenti che non immaginavamo potessero esistere e far parte della vita dei nostri genitori, nonni e avi (aperto su richiesta. Contattare gli uffici comunali al numero 0383 892523). Una grande novità, che ci viene presentata dal Sindaco Pierluigi Ferrari, è rappresentata da una serie di itinerari che prendono il nome di “Passeggiare a Mornico Losana”, illustrati da un apposito tabellone collocato in piazza. Seguendoli, si potrà vivere una giornata all’aria aperta, ammirando tutte le bellezze storico-artistiche, naturalistiche e le risorse enogastronomiche del territorio, anche sconfinando nei paesi limitrofi. Nei pressi della piazza si trova inoltre il laboratorio dell’artista Miriam Di Fiore, che utilizza il vetro per creare opere meravigliose seguendo una tecnica da lei stessa ideata, tecnica che insegna a numerosi allievi che ogni anno la raggiungono da ogni parte del mondo (www.miriamdifiore. com). Fra questi vi è stata anche l’artista guatemalteca Elsie Wunderlich che continua ancora a frequentare il paese e a rappresentarlo nei suoi quadri. Poco oltre Villa Gioia, sorge un’altra elegante abitazione, che risale anch’essa al primo Novecento. È proprio la Villa di famiglia dei De Filippi: qui, Maria visse da bambina; tuttora, lei e il fratello Giuseppe, la custodiscono gelosamente. Se volete dormire a Mornico Losana potete soggiornare presso Villa Arabella.


Museo Contadino


Ci dirigiamo verso il bellissimo oratorio di San Rocco, piccolo edificio ottagonale dedicato al santo pellegrino guaritore degli appestati, vissuto nel XIV secolo. Recentissimamente, al suo interno, essendo priva di apparato decorativo antico o moderno, sono stati realizzati vivaci dipinti per opera di pittori e decoratori locali.



Attraverso una ripida stradina, superato l’antico arco di Casacana, saliamo al castello di Mornico Losana. La sua edificazione è certamente avvenuta dopo la costruzione del castello di Montalto, del quale rappresentava uno degli avamposti. La prima prova attendibile della sua esistenza risale a 1350 quando, in un rogito, appare collegato al nome della famiglia Belcredi, insediatasi a Montalto nel XIII secolo e, da allora, ramificatasi notevolmente. Nei secoli ha subito vari rimaneggiamenti, tanto che, da fortilizio in pietra locale, ha assunto nell’Ottocento l’attuale aspetto goticizzante che lo caratterizza tuttora, ricco di loggette, archi e merlature. Di proprietà privata, viene messo gentilmente a disposizione del Comune per lo svolgimento di eventi di qualità come mostre d’arte e serate musicali. Per tutto il resto del tempo, è una meravigliosa location per matrimoni, meeting, congressi ed altri eventi, ma anche il set ideale per servizi fotografici, spot e riprese cinematografiche. Varcando il cancello d’ingresso, incorniciato da un arco a sesto acuto, viviamo la sensazione di entrare in un’altra epoca; risaliamo il ripido viale che conduce all’edificio ammirando sulla nostra sinistra scorci suggestivi sulle colline retrostanti il maniero. Attraverso un passaggio più stretto, abbiamo accesso al cortile e ai giardini. A quel punto, davanti a noi, si apre una visione a dir poco fiabesca. L’atmosfera è romantica, e dal’alto di questo colle, dal quale si gode di un panorama mozzafiato, si respirano una pace e un silenzio, rotto solo dai rumori della natura, tipici della campagna. Il grande parco, la splendida piscina, pergolati e gazebo, candidi tavolini in ferro battuto, tutto, ma proprio tutto, ci fa pensare di vivere in un sogno.


Castello di Mornico


Ci raccontano che i matrimoni al castello sono numerosissimi, essendoci anche la possibilità di celebrare il rito civile in loco. Inoltre sono messi a disposizione degli sposi o dei clienti numerosi servizi aggiuntivi: wedding planner, allestimento degli spazi o del set, catering e wedding cake, open bar, servizi fotografici e riprese video, musica anche con dj, realizzazione di partecipazioni e inviti, ma anche addobbi floreali, bomboniere, auto da cerimonia, consulenza immagine, siti web per gli sposi; non mancano inoltre servizio hostess e babysitting, la navetta di collegamento dal parcheggio al castello, che non dispone di spazi per lasciare le auto: le strade per arrivarvi sono infatti quelle strette e ripide del borgo alto di Mornico. La location dispone . Il Castello di Mornico è partner ufficiale Residenze d’Epoca, ciò significa che ha affrontato e superato rigorosi controlli di qualità. Presupposto indispensabile per ottenere questo riconoscimento, è il fatto che alla struttura sia stato attribuito un certo valore storico-artistico, ma soprattutto che, per la sua gestione, abbia saputo e sappia essere all’altezza delle aspettative del cliente. Prima di lasciare questo luogo per proseguire il nostro itinerario, ci vengono date importanti anticipazioni sull’introduzione di una novità significativa: da settembre 2012 saranno disponibili quattro bellissime suite, di cui una ideale per i neo-sposi; si tratterà di ambienti assolutamente eleganti e raffinati ma nel contempo molto intimi e accoglienti. Mornico S.r.l.

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Castello di Mornico



È ora di cena e ci dividiamo: due di noi vanno a “Il Feudo Nico”, una struttura comprendente cantina e ristorante, che offre al visitatore sia una vasta selezione di ottimi vini, sia la possibilità di gustare un buon pasto al ristorante, in dehor con vista sulla vallata di Mornico o nell’ampia sala interna, dominata da una grande vetrata panoramica. Abbiamo modo di gustare i piatti della cucina tipica oltrepadana: iniziamo con un antipasto di salumi della zona, fra cui assaggiamo la pancetta con cotenna (presso il ristorante si trova infatti la sede sociale dell’Ordine della pancetta con Cotenna dell’Oltrepò Pavese), continuiamo con un bel piatto di agnolotti; altri primi che qui si possono trovare sono le crespelle e il prelibato risotto con la pasta di salame; continuiamo con arrosto di vitello e tagliata; come selvaggina, presso il ristorante, si possono gustare anche cinghiale e capriolo.


Bisogna comunque tenere conto del fatto che il repertorio varia in base alla stagione e alla disponibilità di carni; ad esempio il momento migliore per assaggiare la carne suina è rappresentato dai mesi di gennaio-febbraio, ossia nel periodo della macellazione. Concludiamo con una bella fetta di crostata alla marmellata. Ad ogni portata viene abbinato un vino della casa fra cui segnaliamo il Cruasé Maria Antonietta, il Cabernet Sauvignon Vigna Ronchi, lo strutturato Edoardo, il passito rosso Thaliarcus, che insieme agli altri vini si possono acquistare presso la cantina. Il proprietario ci spiega che qui si possono festeggiare matrimoni, cresime, comunioni, feste private, (i coperti sono 80) o vi si può tenere una cena di lavoro e serate a tema. Il ristorante è spesso frequentato da importanti personaggi pubblici fra cui calciatori, politici e gente del mondo dello spettacolo. Il Feudo Nico di Madama Edoardo

via San Rocco 63, 27040 Mornico Losana (PV) Tel/fax 0383 892452 info@ilfeudonico.it Aperto su prenotazione


Le altre tre di noi vanno a cena ai Sapori d’Oltrepò. E… se dopo brunch, lunch, happy hours e altre … modernità ritornassimo alle origini? È questo il motto del ristorante. Ci arriviamo scendendo la via che conduce in frazione Losana. Presso la struttura, circondata da un bel frutteto di proprietà, gustiamo ottimi piatti fatti in casa. Le ricette, talvolta arricchite con un tocco di creatività, appartengono sia alla cucina tradizionale locale, sia a quella tipica del piacentino, poiché la signora Giusy, moglie dello storico proprietario Danilo De Filippi, è originaria di quella zona. Ed è proprio il proprietario in persona a parlarci con grande efficacia del suo ristorante: “Da quando abbiamo aperto, 25 anni fa, l’impegno mio e di mia moglie nei confronti di Voi clienti è questo: non proporremo mai fragole e meloni a Natale, o abbinamenti strani per stupirvi, o additivi chimici che vanno tanto di moda. Per noi il pesce veloce del Baltico con pasticcio di mais rimarrà sempre polenta e merluzzo. I piatti tipici che seguono la giusta evoluzione delle stagioni, con particolare riguardo alla dieta e al gusto, derivano in gran parte da ingredienti presi direttamente dall’azienda agricola di famiglia anche se non siamo un agriturismo: in campagna si può cucinare senza etichette. Il locale non è sfarzoso né elegante, ma sobrio e pulito. Non si fanno matrimoni né grandi cerimonie. La cura del piatto e del cliente ha bisogno di tempo e mal si coniuga con le grandi aggregazioni. Vi chiediamo quindi la prenotazione e la disponibilità ad essere nostri graditi ospiti”. Ristorante Sapori d’Oltrepò di De Filippi Danilo Mornico Losana (PV) Via Roma 15 Aperto il sabato e la domenica solo su prenotazione Tel. 0383 892570 Cell. 333 3694752


Ristorante Sapori d’Oltrepò


L’indomani ci dedichiamo con piacere a visitare attività e cantine. Nella piazza principale del paese si trova l’unico punto di produzione e vendita delle famose ciambelle di Mornico Losana. La famiglia Calvi inizia a produrle intorno alla metà degli anni Cinquanta, quando una signora originaria di Mornico che si era trasferita a Milano, la domenica mattina, prendeva la corriera e tornava qui a trovare i parenti, richiedendo alla signora Clelia ciambelle fatte solo con il burro da cucina come base. Le ciambelle, tipiche dell’Oltrepò, dove sono meglio note con il nome dialettale di brasadé, nacquero nelle cascine come alimento alternativo al pane. Nessun produttore di ciambelle le fa uguali ad un altro perché basta introdurre varianti anche minime per trasformarne consistenza, sapore e forma. La tradizione, qui, si è tramandata a Mario e Giovanni, ad Ottavio, figlio di quest’ultimo, e proseguirà con le giovani Benedetta e Simona. Grande attenzione è prestata agli ingredienti, ossia farina di frumento 00, zucchero, burro, uova fresche, sale, lievito, che vengono reperiti esclusivamente sul territorio. Questo riduce l’impatto ambientale del prodotto e ne garantisce una maggiore tracciabilità.


Per la cottura delle ciambelle ci si avvale di tecniche moderne, ma il procedimento di preparazione è rimasto quello artigianale, prevedendo l’unico ausilio di una macchina impastatrice. Le ciambelle di Mornico Losana sono adatte ad essere gustate in ogni momento della giornata essendo ottime in abbinamento ad una tazza di caffelatte, ad un bicchiere di moscato dell’Oltrepò, ad una tazza di tè. Nel 2007 hanno ottenuto la Denominazione Comunale di Origine (De.C.O.). F.lli Calvi di Calvi Ottavio & C. s.n.c. P.zza Libertà 17/19, Mornico Losana Tel. 0383 896357 Acquistabili anche on-line su: www.ciambelledimornicolosana.it E-mail info@ciambelledimornicolosana.it


In via Olmazzo sorge l’azienda agricola di Torti Maurizio, che ci accoglie assieme alla figlia Sara. Essa nasce nel 1987, ma deriva dalle precedenti esperienze del nonno paterno prima, come coltivatore, e del padre poi, sia come coltivatore che come vinificatore e imbottigliatore. L’azienda, che si estende per quattordici ettari, è stata in passato ed è ancora oggi a conduzione famigliare. Le proprietà sono ubicate nel territorio di Mornico Losana e Oliva Gessi. La produzione annua è di circa 50.000 bottiglie; in parte, inoltre, il vino è destinato ad essere venduto sfuso. Attualmente il proprietario sta allestendo l’impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica destinata a cantina e abitazione. Vengono prodotti i vini tipici dell’Oltrepò Pavese, sia a Denominazione di Origine Controllata (DOC), che a Indicazione Geografica Tipica (IGT).


Fra i rossi segnaliamo: Barbera, Bonarda, Croatina e infine Cabernet Sauvignon. Per i bianchi si spazia dal Riesling, allo Chardonnay, al Pinot Nero, al dolce Moscato. Immancabile il morbido e intenso Rosato. Siete convinti che nelle grandi occasioni, sia che si tratti di un aperitivo, sia che si tratti di una cena raffinata a base di pesce, non ci sia nulla di meglio che un calice di spumante? Allora stappate un’elegante bottiglia di Pinot Brut, servito a 8°C, oppure utilizzatelo come base per i vostri cocktails e ‌ buon divertimento! Azienda Agricola Torti

Via Olmazzo 18, Mornico Losana Tel. 0383 892533 Fax 0383 892014 E-mail: torti-maurizio@libero.it


Ci fermiamo a pochi passi di distanza, dove si trova l’Azienda Agricola “I De Filippi di Losana”. Ci accolgono in cantina la signora Silvana, i figli Michele e Gabriele. Questi ultimi hanno seguito la secolare tradizione di famiglia nella coltivazione dei vigneti e nella produzione del vino tipico dell’Oltrepò Pavese. L’azienda si distingue per la vinificazione di Pinot Nero Rosé e di Bonarda, a cui si affiancano anche Barbera, Riesling, Chardonnay, Moscato. Si applicano sistemi di gestione del terreno a basso impatto ambientale. La cura del prodotto avviene seguendo le tradizioni ma con un’attrezzatura di cantina moderna ed efficiente.

Azienda Agricola ”I Defilippi di Losana” di Defilippi Michele Vendita vini anche a domicilio Fraz. Losana 19 Tel. 0383 892303 Fax 0383 809849 E-mail az.idefilippi@gmail.com Per la degustazione dei nostri vini occorre contattare direttamente l’azienda.


Azienda Agricola “I Defilippi di Losana� Vigneti


Poco più avanti, sulla sinistra lungo la strada che stavamo percorrendo, si trova l’Azienda Agricola di Bellinzona Roberto, dove facciamo subito un’altra sosta. In un clima allegro e cordiale, ci accolgono il proprietario, la moglie Barbara e i tre figli. Questa realtà, a conduzione familiare, è nata negli anni Settanta per opera del signor Bruno, padre dell’attuale proprietario. I vigneti si trovano in posizione incantevole, alcuni dei quali in una località amena chiamata Casone, raggiungibile solo percorrendo una lunga strada sterrata. Gli ottimi vini IGT prodotti sono i rossi Barbera e Bonarda, nonché il Cabernet Sauvignon; fra i bianchi, figurano Riesling, Pinot Nero e Moscato. Molto originali le etichette, riconoscibili anche grazie alla presenza della silhouette del cane bassotto nano, simpatica mascotte dell’azienda agricola, reale e fedele guardiano di casa. Azienda Agricola Bellinzona Roberto Frazione Losana 27, Mornico Losana (PV) Tel. 0383 892290


Azienda Agricola Bellinzona Roberto - Vigneti


Lungo la via che attraversa Frazione Losana, troviamo sempre sulla destra l’Azienda Agricola Cascina Gnocco, realtà esistente dal 1923, da sempre di proprietà della famiglia Cuneo. La sua storia inizia con Carlo, trisavolo del proprietario attuale, il signor Domenico detto Nino, che ad oggi si avvale della preziosa collaborazione del figlio Fabio. Il commercio decollò negli anni Cinquanta, e si espanse fino al superamento dei confini italiani alla volta di Europa ed America. Dei quindici ettari attualmente coltivati a vite, apprendiamo che due sono impiegati per la coltivazione dell’uva mornasca (meglio nota nella zona come uva di Mornico). Si tratta di una varietà autoctona, le cui origini risalgono probabilmente alla fine del XIX secolo, che, per il metodo di coltivazione, forniva in abbondanza un vino discretamente buono ed economico (tanto che gli anziani del paese lo soprannominarono “paga debit” ossia “salda debiti”). Questo vino, tuttavia, fu soggetto ad un forte calo di popolarità con l’evoluzione dei gusti e del mercato: i vitigni furono sradicati e sostituiti con Croatina, Barbera, Pinot, Cabernet Sauvignon ... Sui pochi filari risparmiati, crebbe un’uva che, raccolta in ritardo durante un’annata dalla resa scarsa, presentava delle caratteristiche totalmente differenti da quelle osservate durante le abbondanti vendemmie precedenti.


Fu così che nacque l’idea di vinificare in purezza l’uva di Mornico, ottenendo un prodotto di grande qualità e valore, un vino rosso unico sia nei sapori che nei profumi, di nome Orione. Nome importante, dedicato all’omonimo giovane parroco di paese, che con grande spirito imprenditoriale, fondò nel 1898 la prima casa agricola a Mornico Losana, probabilmente dando anche i natali all’uva di Mornico. A Cascina Gnocco vengono inoltre prodotti e commercializzati il Rosso Riserva “Donna Cecilia”, “Nerone”, il Barbera e il Bonarda, e il Metodo Classico Rosé.

Az. Agr. Cascina Gnocco di Domenico Cuneo Frazione Losana 20, Mornico Losana Tel. 0383 892280 Fax 0383 892296 E-mail info@cascinagnocco.it


Alcune di noi interrompono il tour delle aziende per conoscere la famiglia Franzini, proprietaria dell’Azienda Agricola Cascina Coraggioso, sita nell’omonima frazione mornichese. Ivano ci accompagna in casa e subito siamo accolte con cordialità dalla mamma, e dal profumo che si sente capiamo che nel forno sta cuocendo una buonissima torta fatta in casa. I due ci raccontano che alcune scolaresche hanno visitato la loro fattoria per vedere e conoscere gli animali che ospita: vitelli, galline, anatre, oche, faraone, maiali, un pavone, conigli, un tacchino, oltre a due cagnolini praticamente identici di nome Pippo e Zaira e a un gatto per niente contento di dare confidenza. Se, trovandovi da queste parti volete passare a conoscere la famiglia e a vedere la fattoria, chiamate il numero 0383 892545.



Piscina di Mornico Losana



Oliva Gessi Oliva Gessi è un piccolo paradiso rurale, un “luogo soleggiato”. Quest’ultimo sarebbe infatti il significato della prima parte del suo nome secondo quanto riportato da alcune fonti, mentre la seconda parte si riferisce alla presenza, protrattasi fino al Novecento, dell’attività estrattiva di gesso. Nel lontano 5 giugno 1873 vi nacque San Luigi Versiglia, martirizzato in Cina il 25 febbraio 1930. Assieme al compagno di sventure Don Caravario, il Santo sacrificò con coraggio la propria vita per salvare tre giovani donne che viaggiavano nel loro gruppo, mentre si recavano in missione nel Lin-Chow. Fu canonizzato a Roma nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II. La sua casa natale, un modesto edificio risalente al 1832, è stata trasformata in museo, ed è ubicata nel centro storico del paese. Sulla facciata, in alto a destra, nel 1930, è stata sistemata una lapide marmorea, sormontata da un medaglione bronzeo con l’effige di Mons. Versiglia. Questo intervento si deve al parroco dell’epoca Don Olderico Guerra. Un arco secolare in mattoni, incorniciando la via che attraversa il paese, collega l’abitazione alle antiche mura del castello, che sorgeva in luogo dell’attuale Palazzo Guasti. Proseguendo su quella stessa strada si giunge dopo poco ad un piazzale.



Attorno ad esso si trova, oltre al Municipio, il Teatro Parrocchiale De Filippi, il più grande d’Europa in rapporto al numero degli abitanti, recentemente sottoposto a significative opere di restauro; qui, fra l’altro, si esibisce il gruppo teatrale dialettale G74, nato negli anni Settanta per opera di un gruppo di giovani olivesi con lo scopo di sostenere le missioni in Africa di Don Alfredo Ferrari, e attualmente portato avanti da una nuova generazione di attori, le cui esibizioni sono richieste in molti paesi della zona; è presente, inoltre, un bel punto panoramico circondato da aiuole fiorite e, naturalmente, la chiesa dedicata a San Martino Vescovo. In facciata, in un dipinto degli anni Ottanta realizzato da Virginio Santini, è rappresentato il santo titolare a cavallo mentre dona parte del suo mantello ad un povero. All’interno, le decorazioni sono anch’esse novecentesche, come l’affresco della volta che ha come soggetto la Madonna della Cintura, patrona del paese e il catino affrescato con la “Gloria di San Martino”. Sono invece esempi più antichi tre affreschi che si trovano lungo la navata, risalenti al XVIII secolo: “Il battesimo di Gesù al Giordano”, “San Francesco che riceve le stimmate” e il “Martirio di San Pietro da Verona”. Nell’edificio si conserva inoltre la statua seicentesca della Madonna della Cintura. Interessante anche il fonte battesimale poggiante su una colonnina probabilmente di età romana. La chiesa, di origini molto antiche (è citata per la prima volta in una bolla pontificia del 1185 e rifatta entro il 1682, volge le spalle al palazzo comunale. Di fronte alla bella facciata, è stata realizzata una scalinata, la cosiddetta “Salita dei Martiri”, inaugurata nel 2005 dal Cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e dedicata ai Santi Luigi Versiglia e Callisto Caravario.


Una curiosità: nello stemma di Oliva Gessi ci sono delle croci. Ciò deriva dall’antica usanza di mettere delle crocette di cera fuori da determinati edifici come invocazione contro le scorrerie. La tradizione è fatta continuare attraverso la “Processione delle Crocette”, durante la quale queste ultime vengono poste ai quattro angoli di Palazzo Guasti. Dopo aver pranzato al sacco visitiamo due aziende vitivinicole.



Oliva Gessi


La Tenuta di Oliva si estende per 190 ettari. Il cuore dell’Azienda è rappresentato da Palazzo Guasti, elegante edificio circondato da meravigliosi rustici ottocenteschi. Nei 30 ettari di vigneti, creati secondo i dettami tradizionali, e condotti con cure appropriate, secondo criteri di basso impatto ambientale, si coltivano uve pregiate di cui il 10% è destinato alla vinificazione diretta, che avviene anch’essa secondo metodologie tradizionali. Ne risultano prodotti quantitativamente limitati e di alta qualità, ossia i vini DOC Pinot Nero “Tauler”, Bonarda Vivace, Riesling Italico “Vigna Quarti”, Bonarda “Castellà”, invecchiato 12 mesi in botte di rovere, e il Rosso “Rompicollo”.

Azienda Agricola Tenuta di Oliva Via Centro 5 Oliva Gessi (PV) Tel./fax 0383 876153 E-mail tenuta.oliva@libero.it


Azienda Agricola Tenuta di Oliva


L’Azienda Agricola Scovenna è stata fondata nel 1878 dal bisavolo dell’attuale proprietario, il signor Paolo, che l’ha resa una moderna impresa vitivinicola votata al rispetto dei principi di eco-compatibilità, attraverso l’impiego di tecniche di coltura a basso impatto ambientale: minore produzione per una maggiore qualità del prodotto, in modo tale che quest’ultimo conservi in sé le caratteristiche di una volta. Nelle cantine, all’interno dei serbatoi in acciaio inox, avviene la fermentazione a temperatura controllata e ciò permette di evitare l’uso di prodotti chimici. Ottimi vini DOC fermi sono Barbera, Bonarda fra i rossi, Pinot Nero, Chardonnay, Riesling Italico fra i bianchi. Di origine controllata anche il dolce Moscato. Fra gli affinati in barrique troviamo Bonarda e Chardonnay. Per palati ancor più raffinati, non manca lo Spumante Brut Metodo Classico. Il prodotto che si distingue per particolarità, è il Moscato Passito, presentato in eleganti bottiglie. Azienda Agricola Paolo Scovenna

Frazione Rosso 13, 27050 Oliva Gessi (PV) Tel. 0383 892322 Sito www.vini-scovenna.it E-mail info@vini-scovenna.it



Corvino San Quirico Corvino San Quirico, i cui gruppi di case si dispongono sia in pianura che sui colli, riprende in parte il nome del titolare della Chiesa Parrocchiale, Quirico. Figlioletto di Giulitta, fu ucciso assieme alla madre in seguito alle persecuzioni dei cristiani perpetrate in Grecia nel IV secolo d.C., divenendo il più giovane martire della storia. La prima parte del toponimo, quella più antica, con la quale il luogo era conosciuto prima dell’Ottocento, potrebbe ricondurre ad un antico personaggio di nome Corvino. Una cosa che salta all’occhio è il fatto che la Chiesa Parrocchiale e il Municipio sorgano in un punto isolato, anche se centrale rispetto al modo in cui si dispongono le aree abitate sul territorio comunale. Il secondo è però posteriore alla chiesa, essendo stato edificato a fine Ottocento. Davanti alla chiesa parrocchiale si può osservare un cippo posto qui in memoria di Don Felice Ciparelli ucciso in chiesa da un milite nel 1944. Poco più in alto è sito il Castello, che nell’aspetto attuale ha assunto le caratteristiche di un maniero. Una costruzione antica è la colombaia o “casa forte”, ubicata al principio della salita che va al castello.


L’Oratorio della Beata Vergine della Neve, fu edificato nel 1825 a titolo di ringraziamento, poiché il paese era stato protetto dal colera. Si trova anch’esso nella zona collinare del Comune, in una frazione che si chiama appunto Oratorio. L’estesa frazione che prende il nome di Fumo è molto antica, infatti risale al 1198; sorse lungo l’antica via Romera, arteria di intenso passaggio. In questa località era presente soltanto un piccolo oratorio, ma in seguito ad una donazione privata, venne eretto il Santuario dedicato alla Madonna di Caravaggio su disegno dell’architetto genovese Bruzzo, che si ispirò alla Basilica di San Vincenzo in Prato di Milano. La chiesa fu inaugurata dal Vescovo Monsignor Melchiori nel 1938, alla presenza di Don Orione. Importante sul territorio la presenza dell’Azienda Agricola Tenuta Mazzolino. Una realtà d’eccellenza è inoltre rappresentata dallo Studio di Lilia e Luigi Casarini “Vetro è Arte” (www.studiocasarini.com), che realizza vetrate artistiche per case private, chiese, cattedrali e non solo. Nella bottega lavorano anche artisti di grande fama alla realizzazione delle loro opere.


Castello di Corvino San Quirico



Castello di Corvino San Quirico



Oratorio del


lla Madonna della Neve di Corvino San Quirico



A Belgioioso, a 15 km da Pavia e 35 da Milano, Casa Mary offre agli ospiti la scelta fra tre residenze, circondate da un ampio giardino. Le stanze sono luminose, dotate di televisore e ogni comfort. L’ambiente è sereno, tranquillo, caloroso e famigliare. Ogni giorno fitness, attività ricreative, progetti di gruppo, informatica e multimedialità.

Casa Mary Comunity via XXV Aprile 29 - 27011 Belgioioso tel e fax 0382 973869 cell. 333 402188 e-mail casamary@alice.it associazione@casamarygroup.it www.casamarygroup.it casamarybelgioioso.blogspot.com


Torricella Verzate Giungiamo nel territorio di Torricella, paese antico e insieme moderno, con splendide distese di vigneti, eleganti ville d’epoca, affascinanti rustici, vecchie case, ma anche con un nuovo centro commerciale, accanto al quale, in una zona a prato, sono collocate due opere in marmo dell’artista contemporaneo egiziano Medhat Shafik. Addentrandoci nella valle del torrente Verzate la prima cosa che notiamo è il Santuario della Passione. Il complesso si impone sul borgo sottostante, parzialmente circondato da un bosco di alberi secolari. La chiesa, dedicata alla Natività della Vergine e poggiante sulla pietra viva, fu costruita in pochi anni, ossia fra il 1764 e il 1770. Essa sarebbe quindi il frutto di una buona disponibilità finanziaria nonché dell’atteggiamento collaborativo e disinteressato mostrato dalla popolazione nel partecipare ai lavori; non trascurabile fu inoltre l’apporto di materiale risultante dallo smantellamento delle antiche fortificazioni che erano state edificate a difesa della via Francigena, ed entro le quali si trovava già un’antica cappella; questo luogo era collegato alla presenza dei Cavalieri Templari. Ancor oggi si conservano i resti della Torre Saracena, la cui presenza ha dato il nome al paese.



Torricella Verzate - Santuario della Passione



Di fronte alla chiesa si dispongono in maniera simmetrica le 14 stazioni, o cappellette, della Via Crucis. Anch’esse furono edificate fra il 1776 e il 1780, per volontà di Don Filippo Montagna e connotano questo luogo come Sacro Monte. Queste cappellette Incorniciano su tre lati l’area occupata dalla scalinata che conduce alla chiesa e dal prato sottostante. Di grande valore artistico e sorprendentemente espressive sono le rappresentazioni in esse contenute: 52 statue in terracotta policroma e figure a bassorilievo che emergono dal fondale dipinto. Furono realizzate in gesso e ceramica dall’artista comasco Pietro Ferroni, la cui attività è attestata tra fine Settecento e inizio Ottocento. Il santuario continua a vivere i suoi momenti di fede anche attraverso l’opera di scultori contemporanei, come Sergio Alberti, che ha restaurato le statue delle cappelle in parte distrutte negli anni Settanta a seguito di un atto di vandalismo. Nel perimetro lungo il quale si dispongono le cappelle esisteva un’antica chiesa detta “delle anime purganti” ora trasformata in memoriale dei caduti sul lavoro, dove si trovano una croce in bronzo di Sergio Alberti, e una donna addolorata in cotto del maestro Dario Aguzzi, anch’egli artista di età contemporanea. All’interno della chiesa riveste notevole importanza il dipinto con la Natività della Vergine, collocato dietro all’altare in posizione centrale; lo stesso tema ricorre anche nel rilievo osservabile in facciata, sopra al portone d’ingresso. L’altare è anche più antico dell’edificio che lo ospita e proviene da una chiesa benedettina soppressa. Nella vecchia sagrestia, trasformata in cappella feriale, è stata collocata un tela raffigurante una Natività di pregevole fattura probabilmente realizzata fra il XVI e il XVII secolo.



Torricella Verzate - Via Crucis



All’interno della cripta, testimonianza dell’esistenza della cappella antica e accessibile dalla canonica, è collocata una statua lignea della Madonna ritrovata all’interno della chiesa e recentemente restaurata. Al 1876 risalgono la Cappella della Flagellazione voluta dal parroco di allora Don Persi, e la Scala Santa (entrambe sul lato meridionale del Santuario). Quest’ultima, che in origine era aperta, ha come modello quella di San Giovanni in Laterano, portata dalla regina Elena, madre di Costantino, dalla Palestina a Roma. Le Scale Sante richiamano quella salita da Gesù mentre veniva condotto sanguinante, dopo essere stato flagellato, alla presenza di Ponzio Pilato e condannato alla crocifissione. Nel 1877 Papa Pio IX concesse l’indulgenza a chiunque avesse percorso in ginocchio tutti i 28 gradini che la compongono. L’Alberti lascia nel santuario la Croce del Giubileo, costituita da formelle in bronzo (sul retro della chiesa). L’antica Via dei Sette Dolori della Vergine, sentiero che dalla torre saracena scende fino a valle, è stata arricchita con sette formelle in cotto sempre dello stesso autore.



Giunti al limitare del territorio di Torricella Verzate, ci fermiamo a visitare l’azienda Monsupello. È un’esperienza emozionante, che ci permette non solo di ripercorrere le fasi creative di ogni vino qui prodotto, ma anche di rivivere a ritroso la storia della famiglia, nonché dell’edificio stesso che ospita le cantine, sviluppatosi progressivamente attorno ad un antico nucleo storico, un ambiente caratterizzato dal fascino dei mattoni in cotto. A fare da cicerone è l’enologo Marco Bertelegni, che ci guida attraverso i grandi locali con grande competenza e passione. L’azienda agricola, che prende il nome dal fondo su cui sorge la cantina, è una realtà prestigiosa che si sviluppa su una superficie di 50 ettari, con terreni in prima fascia collinare siti nei Comuni di Torricella Verzate, Oliva Gessi, Casteggio, Redavalle e Pietra de’ Giorgi. Figura importantissima nella sua lunga storia, iniziata nel lontano 1893, personalità di indubbio carisma, vero e proprio punto di riferimento per l’intero Oltrepò Pavese, è stato Carlo Boatti. Questi l’ha guidata fino al 2010, anno della sua scomparsa, portandola al successo nazionale ed internazionale. L’azienda è stata premiata nei più prestigiosi concorsi enologici ed ha conseguito per dieci anni un importantissimo riconoscimento, ossia i “Tre bicchieri” sulla Guida dei Migliori Vini d’Italia Gambero Rosso. Gli ottimi risultati in termini di qualità del prodotto finito sono ottenuti attraverso un atteggiamento di massimo rispetto, rivolto innanzitutto alla vite, coltivata ad alte densità di impianto con potature corte e inerbimento, in modo tale da mantenere un buon equilibrio vegetativo e produttivo. Cure speciali sono inoltre riservate all’uva, raccolta a mano in cassette.


Monsupello


La vinificazione, poi, avviene in un struttura all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, e prevede lavorazioni soffici e l’uso di tecniche di inertizzazione atte a conservare nel vino sapori e colori autentici. Infine, è rivolta la massima attenzione all’estetica e all’eleganza della bottiglia. Il tutto, naturalmente, è rivolto ad ottenere i migliori risultati in termini di soddisfazione del cliente, il quale, per la varietà di vini qui prodotti, troverà certamente il sapore che più si adatta al proprio palato. Celeberrimi e apprezzati sono I Germogli, Pinot Nero vinificato in bianco o in rosa, e il Nature, un Pinot Nero Metodo Classico non dosato, che degustiamo al termine della visita, quando ci accoglie in casa la Sig.ra Carla Dallera Boatti, socia fondatrice de “Le Donne del Vino”, che attualmente gestisce l’azienda insieme ai figli Pierangelo e Laura. Il sapore è ottimo, e racchiude in sé tutta la cura e l’amore che questa famiglia, da oltre un secolo, dedica al vino. Un altro prestigioso prodotto, che merita di essere segnalato, è il Rosso Podere La Borla, uvaggio di Barbera, Croatina e Pinot Nero, che già negli anni Settanta veniva commercializzato in America. Monsupello Eredi di Boatti Carlo Società Agricola Via San Lazzaro 5, 27050 Torricella Verzate (PV) Tel. +39 0383 896043 Fax +39 0383 896391 www.monsupello.it E-mail: monsupello@monsupello.it


Monsupello - Vigneti








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