MaBeDo Magazine n° 36 - Marzo 2108

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MAGAZINE n°36 MaBeDo MAGAZINE n°32

MAGAZINE

Magazine

WINE

SOSTE GOLOSE

MARCO MAGGI “Club Buttafuoco Storico”

CITTÀ D’ARTE

FEDERICO SGORBINI chef “Villa Naj”

LECCO


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EDITORIALE La primavera quest’anno si fa desiderare con le sue piogge e ci illude con giornate splendide, resta il fatto che e’ ormai arrivata! I vivai, i supermercati, i fioristi sono ricchi di piante, fiori primaverili pronti ad adornare i nostri giardini, balconi, a regalare agli occhi di chi li guarda colori e perfezioni geometriche magnifiche, incantevoli! E’ tempo di ripiegare e riporre la copertina che ci ha “coccolati” nelle serate più fredde, di eliminare dalla lista della spesa la cioccolata con panna e di programmare gite fuori porta, partecipazioni ad eventi, viaggi, di esplorare nuovi locali con menù creativi, “tradizionalmente attuali”. E’ il momento di sbocciare, di vivere all’aria aperta o di realizzare cene casalinghe seguendo le nostre proposte degustando l’ottimo vino “Buttafuoco Storico”. Questa settimana e’ prevista ancora pioggia… allora prendetevi una pausa, leggete il nostro “MaBeDo Magazine” e… preparatevi al vostro primo week end primaverile! Vi parleremo del nuovo presidente del “Club del Buttafuoco Storico” Marco Maggi, delle “opere d’arte” realizzate dallo Chef Federico Sgorbini che potrete assaporare nella splendida Villa Naj, accompagneremo gli amanti delle citta’ d’arte a Lecco, per chi desiderasse rilassarsi ascoltando il rumore delle onde del mare sotto i tiepidi raggi di sole, vi porteremo a Noli e… cosa ne pensate di una vacanza a Dubai? Oppure, venite con noi a Firenze al “Florance Cocktail” o se preferite il mondo dei motori al “Ferrari 312 spazzaneve”. MaBeDo vi augura una buona lettura e… buona primavera!

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SOMMARIO

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WINE

VIAGGI

4 - MARCO MAGGI neopresidente “Club Buttafuoco Storico”

54 -DUBAI

SOSTE GOLOSE

EVENTI

14 - “VILLA NAJ” - Chef FEDERICO SGORBINI

72 - “Florance Cocktail”

CITTÀ D’ARTE

MONDO DEI MOTORI

26 - LECCO

WEEKEND 38 - NOLI

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82 - RALLY DI MONTECARLO


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www.mabedo.it |

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MARCO MAGGI

Presidente del Buttafuoco Storico Testo di Cristina Dinatale Foto di Sara Giammona

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arco Maggi, titolare dell’Azienda Agricola Francesco Maggi, fondata dal nonno nel lontano 1940, e’ un giovane ragazzo di 38 anni, alto; molto alto. Un viso dall’espressione simpatica, gentile ed un sorriso rassicurante. Realista ed allo stesso tempo ottimista, aperto all’ascolto e propositivo. Il suo legame con il vino e’ caratterizzato da anni di esperienza nel settore; un legame profondo, viscerale, trasmesso di generazione in generazione. Anni di esperienza, di studio, dedizione, ricerca dell’annata migliore, di “segreti” tramandati di padre in figlio e che Marco vive da sempre, dalla nascita. Elementi di cui ha fatto tesoro e che hanno spinto i membri del consiglio di amministrazione ad eleggere Marco Maggi come nuovo presidente del Club del Buttafuoco Storico.

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E’ così che dal 5 febbraio, coadiuvato dal nuovo consiglio di amministrazione formato da Massimo Piovani, Davide Calvi, Umberto Quaquarini, Pierluigi Giorgi, Fabiano Giorgi e Giulio Fiamberti ( presidente uscente), Marco Maggi, e’ il nuovo presidente del Club del Buttafuoco Storico. Un club nato nel 1996 dall’idea e volontà di undici giovani viticoltori di collaborare alla realizzazione, promozione del vino Buttafuoco mantenendone intatte le caratteristiche storiche, selezionando con cura e attenzione le vigne ottenendo un vino fermo e quieto nella sua austerità. E’ con affetto ed orgoglio che noi di MaBeDo abbiamo avuto il piacere di intervistare il nuovo presidente: professionista, attento ricercatore, tradizionalista ed allo stesso tempo innovatore.


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Filippo Quaglini e Marco Maggi

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Il Presidente Marco Maggi con il Direttore Armando Colombi

Marco ci accompagna in un viaggio chiamato Oltrepo’ Pavese. Scopriamo panorami incantevoli fatti da dolci e morbide colline che conferiscono immediatamente un senso di pace agli occhi che osservano. La vegetazione è ricca, colorata, viva. Filari di vite, infinite distese di vigne caratterizzano questa splendida zona suggestiva in ogni stagione: misteriosa e malinconica in inverno con le sue gelate e le sue palpabili nebbie, vivace, luminosa, frizzante, florida nei mesi più caldi e irrimediabilmente romantica in autunno con i suoi colori caldi; sfumature di rossi, gialli, arancioni… una vera bomboniera a pochi chilometri dal grigiore frenetico della città coi suoi rumori metallici, i suoi clacson, il suo “tram tram” quotidiano, una bomboniera ancora poco conosciuta dal turismo. Ed è proprio questo uno dei principali obiettivi che Maggi è determinato a raggiungere: aumentare il flusso turistico in questa zona affascinante facendo conoscere non solo il territorio ma anche gli ottimi prodotti di qualità, i vini ma, soprattutto, attraverso il vino che meglio rappresenta la zona: il Buffafuoco.

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Promuovere il marchio, farlo conoscere ad un mercato più ampio, a livello nazionale ma anche internazionale. Gli ottimi risultati arrivano sempre dopo una faticosa salita: “ espandere il mercato di questo vino di qualita’ non e’ semplice; occorre prima ampliare il bacino di aziende facenti parte del Club Buttafuoco. Mi piacerebbe molto, inoltre, creare un consorzio del Buttafuoco così da creare una sinergia vincente con il nostro Club” sostiene orgoglioso il nuovo presidente. “Intendiamo far conoscere il territorio che vi ho raccontato attraverso un vino che lo rappresenti e che consenta all’Oltrepo di farsi conoscere dal turismo, non solo locale! Credo fermamente in questa possibilita’ e sono sicuro che accadrà, magari ci vorrà qualche anno, ma accadrà!” ci svela Marco con un sorriso ottimista sulle labbra che contraccambiamo con condivisa speranza.

CLUB CONSORZIO BUTTAFUOCO STORICO Fr.ne Vigalone 106 - 27044 Canneto Pavese (PV) Tel. 0385 60154

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VILLA NAJ un Ristorante tradizionalmente attuale firmato

FEDERICO SGORBINI Testo e foto di Cristina Dinatale

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umori, macchine, vociare di persone che corrono frenetiche su quelle strade che si intersecano come formicai; persone sfuggenti con una meta comune. Lavorare, lavorare, formarsi, studiare, cadere, rialzarsi e ancora correre. A volte non si ha nemmeno il tempo di guardarsi in faccia. Teste chinate in un mondo di amicizie chiamate social. False o vere, non si sa ma adatte a quella frenesia che nasconde il contatto visivo, umano che richiede tempo; tempo che non si ha. Fortunatamente la vita non è solo questo. E’ troppo riduttiva tale descrizione della società attuale, il tempo per socializzare e dedicarci a ciò che si ama non ci è stato ancora del tutto negato. Per fortuna, possiamo essere corridori esperti durante il giorno ed amanti del relax quando la frenesia lascia spazio alla calma.

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Ecco che diventiamo amanti del vivere in totale libertà tutto ciò che ci piace. Ecco che diveniamo amanti del....“NEVER BE THE SAME”! E’ proprio questa la frase che Federico Sgorbini ha impresso indelebile nella sua pelle. Giovane, eclettico, creativo un po’ “folle” e soprattutto sempre desideroso di sperimentare, di esplorare, di scoprire gusti e sapori “tradizionalmente attuali”. Chef di soli 31 anni, ha portato una ventata di “wind of change” in questa terra di tradizioni ed ha iniziato una nuova avventura chiamata VILLA NAJ. Amante della buona cucina e delle emozioni che si sviluppano attorno ad una tavola imbandita, Federico decide di fare di questa sua passione, il proprio lavoro: regalare emozioni, esperienze sensoriali, ricordi.


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I primi passi nel mondo dell’alta cucina Federico li ha mossi sulle colline di Stradella come Sous Chef di Enrico Bartolini presso il ristorante Le Robinie di Montescano. Dall’Oltrepo è iniziato quindi un viaggio che gli ha permesso di lavorare al fianco di grandi Chef di fama nazionale e internazionale come Andrea Ribaldone, con il quale nel 2015 si è guadagnato l’ambita Stella Michelin al ristorante I Due Buoi ad Alessandria, e Brett Graham con il quale ha lavorato al ristorante The Ledbury a Londra, tra i migliori al mondo, attualmente al ventisettesimo posto della World 50 Best Restaurant List. Passando per Parigi, Venezia e la Toscana, dove per due anni ha diretto la cucina dell’Osteria Perillà per Enrico Bartolini, prima di diventare chef di Villa Naj ha lavorato anche al fianco di Simone Rugiati presso il Food Loft a Milano. Oggi, coadiuvato dagli chef Marsilio Ramo e Mauro Enoch, interpreta con passione e sapienza un menù creativo in continua evoluzione ispirato ad un territorio mutevole e affascinante come l’Oltrepò Pavese.

“Ravioli al sugo d’arrosto”

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“Risotto ai quattro formaggi dell’Oltrepò Pavese”

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Villa Naj e’ sita nel centro storico di Stradella, in provincia di Pavia. Una piccola porta nasconde e si apre su un parco verde dominato da magnolie il cui profumo inebria e si espande in tutto il dehor. Una scala porta in un’atmosfera ottocentesca, un tempo cantina, oggi bar e ristorante che si incontrano in una location suggestiva, curata nel dettaglio dal design minimal e moderno che si sposa a contrasto con ampie volte di mattoni a vista. I menù elaborati dallo Chef Federico Sgorbini sono vere e proprie opere d’arte, irrompenti, sublimi per occhi e palato, da ammirare ed assaporare per viverne l’essenza e la dissidenza; inutile citare la qualità e la freschezza delle materie prime utilizzate. Piatti abbinati a circa 330 etichette che come cartoline presentano il meglio dell’Oltrepò Pavese, dell’Italia e del mondo. Un viaggio sensoriale privo di confini chiamato Federico Sgorbini. Un viaggio sensoriale chiamato Villa Naj.

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VILLA NAJ Via Martiri Partigiani, 5, 27049 Stradella (PV) TEL. 0385 42126 www.najstradella.com

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MaBeDo Awards Guida ai sapori e piaceri di Pavia e provincia 2018 Pavia con la sua provincia, il suo clima bizzarro ed allo stesso tempo suggestivo… le sue tradizioni e l’ottimo cibo. Una città da conoscere e scoprire sia per chi la vive sia per chi, per la prima volta, decide di visitarla. Numerose le bellezze architettoniche, storico culturali, i locali ed i ristoranti dove potrete assaporare i buoni piatti della tradizione che profumano di storia, di storie e di tempo; un tempo passato “ridipinto” con sfumature innovative, attuali, creative. MaBeDo ha deciso di creare un “sentiero” ed accompagnarvi in questa sorpresa culinaria fatta di tappe sublimi, di piatti dal sapore esplosivo: “MaBeDo Awards Guida ai sapori e piaceri di Pavia e Provincia 2018”. Una guida che recensisce le migliori attività legate al mondo gourmet ed ospitalità; sei pagine arricchite di fotoreportage, vi racconteranno la storia, i piatti ed i vini ma soprattutto vi faranno vivere un’esperienza sensoriale che vi spingerà ad avvertire un desiderio. Il desiderio di percorrere il sentiero che abbiamo tracciato per voi. Se sei un operatore del settore e sei interessato a far parte della “MaBeDo Awards Guida ai sapori e piaceri di Pavia e Provincia 2018”, contattaci! La Guida sarà online dal 30 Marzo 2018 Tel. 0382 1543534 E-mail: mabedosrl@gmail.com

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LECCO Città d’arte di Silvia Brigada

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« Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia. » (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo I, 1840)

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a rubrica città d’arte di questo numero di Mabedo vi porterà alla scoperta di una città purtroppo poco conosciuta per le sue ricchezze culturali: Lecco … pronti a partire?

Celebre per i suoi scorci di manzoniana memoria, Lecco di affaccia sul lago di Como (ramo di Lecco) ed è facilmente raggiungibile da Milano e dalle principali città del Nord Italia. Lecco è uno dei centri urbani più antichi della Lombardia e la sua posizione privilegiata sul ramo del Lago regala panorami unici, tanto da ispirare da sempre registi, scrittori e musicisti.

Lungo la costa si trova il Porto della città, realizzato per volontà dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria e ancora oggi cuore commerciale della cittadina. Lecco è la città ideale se si ha intenzione di fare escursioni sul lago. Infatti, dal porto basta affittare un gommone o una barca e ci si può muovere lungo il lago.

Per chi visita Lecco è d’obbligo la bellissima passeggiata sul lago che si stende per diversi chilometri, accarezzando le sponde del lago.

Sicuramente vi si tengono tutto l’anno manifestazioni ed eventi sportivi, come canottaggio e regate.

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Sempre dal lungolago, presso Punta della Maddalena, potrete vedere la curiosa Statua di San Nicolò, patrono della città, che affiora dalle acque con i suoi 2 metri d’altezza, ricoperto da foglie d’oro. La scultura, realizzata nel 1955 dallo scultore Giacomo Luzzana, rappresenta il santo in abiti vescovili orientali, nel gesto di proteggere la città. Addentrandovi nell’elegante centro della città, tra monumenti e bellissimi palazzi storici, giungete nella centralissima Piazza XX Settembre, dove sorge il famoso il Palazzo delle Paure … un nome alquanto suggestivo!

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Il Palazzo delle Paure, costruito nel 1916 sui resti del vecchio edificio della dogana eretto nel 1905, venne edificato in un tratto delle vecchie mura per ospitare la sede della Camera del Commercio istituita da Napoleone, del catasto e delle imposte, lasciando al piano terra, un ampio e luminoso porticato in modo che dalla piazza del mercato (ora XX Settembre), si potesse vedere il golfo. Il palazzo di stile eclettico neo - medievale, è noto nel dialetto lecchese come “Palazz di pagur” poiché fu sede dell’Intendenza di finanza dove fino al 1964 gli abitanti si recavano a pagare le tasse, da qui l’appellativo di “Palazzo delle Paure”… insomma, mai nome fu più indicato!!! La Camera del Commercio venne soppressa dal governo fascista ed il palazzo, divenuto di proprietà dell’Unione Industriali, subì alcune modifiche e, con un ulteriore restauro terminato nel 2012 con la proprietà passata al comune, si è apprestato a divenire una nuova sede museale con l’allestimento della Galleria d’arte contemporanea oltre ad accogliere mostre temporanee di ogni genere. Al suo interno è presente anche l’Osservatorio alpinistico e, dal 2014, il palazzo ospita l’Ufficio informazione e accoglienza turistica di Lecco.

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Poco distante sorge la Basilica di San Nicolò, la principale struttura religiosa della città, dedicata al patrono dei naviganti; si trova in un ampio sagrato preceduto da una doppia scalinata in pietra grigia nei pressi di Piazza Mario Cermenati. Ha un impianto di tipo neoclassico, opera dell’Architetto Giuseppe Bovara nel suo ampliamento. Al suo interno custodisce arredi seicenteschi, una fonte battesimale del 1596 e parti romaniche del secolo XI. Di notevole prestigio è l’attiguo Campanile che si innalza al suo fianco: alto ben 96 metri poggia su un’antica torre medievale. È in stile neogotico di forma poligonale a cuspide. Chiamato comunemente Il matitone fu inaugurato la notte di Natale del 1904 ed è tuttora fra i dieci campanili più alti d’Italia. E’ possibile salire sul campanile di San Nicolò previa prenotazione al sito www.campaniledilecco. it. L’esperienza e la vista vale la salita … garantito!

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Da visitare anche la Torre Viscontea (o Torre Medievale): di origine trecentesca, è probabilmente l’edificio lecchese più antico ed è tutto ciò che rimane della cinta muraria a forma triangolare del castello della città abbattuto quest’ultimo da Giuseppe II nel 1782. Dopo la restaurazione del 1816, fu utilizzata come carcere e nel 1932, dopo un ulteriore restauro, fu affidata dallo Stato al Comune di Lecco per diventare il Museo del Risorgimento e della Resistenza della città prima e sede di mostre temporanee dei Musei Civici e dell’Assessorato Cultura del Comune di Lecco poi. Al piano terreno sono ancora visibili gli alloggi del corpo di guardia e alcune palle di cannone in pietra mentre al secondo e terzo piano è ospitato il Museo della Montagna e dell’Alpinismo lecchese.

1- Palazzo della Pilotta 2- Galleria Nazionale

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Nei pressi della stazione ferroviaria si trova il Vallo delle Mura, l’unica parte rimasta intatta dei Bastioni di Porta Nuova; l’originale cinta muraria, realizzata durante il XIV secolo a seguito della conquista di Lecco da parte di Azzone Visconti, fu soppressa da definitivamente sotto il dominio austriaco fra il 1782 e il 1784. Una parte del vallo è percorribile per mezzo di una scalinata. Sempre nel centro cittadino di Lecco si trova Palazzo Belgiojioso, eretto alla fine del XVIII secolo, oggi sede di ben tre musei: il Museo Archeologico, il Museo di Scienze Naturali e il Museo storico, nonché il Planetario. Un altro dei luoghi simbolo in città è il Santuario della Madonna della Vittoria, costruito per commemorare le vittime della Prima Guerra Mondiale.

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La città accoglie, doverosamente, anche il Monumento ad Alessandro Manzoni, opera dello scultore milanese Francesco Confalonieri; è stato inaugurato nel 1891 alla presenza di Giosuè Carducci nell’omonima piazza ove lo raffigura seduto nel suo scanno in atto meditativo mentre guarda assorto quel lago che fu la radice del suo amore lombardo.

Chi visita Lecco, infatti, non può esimersi dal visitare i cosiddetti luoghi manzoniani. Già, perché proprio questo territorio è stato d’ispirazione ad Alessandro Manzoni che ne ha fatto da sfondo all’opera I promessi sposi. Alcuni luoghi sono storici, come il convento di Fra Cristoforo a Pescarenico o il ponte Azzone Visconti, altri indicati dalla tradizione, come la presunta casa di Lucia Mondella nel quartiere di Olate, il tabernacolo dei Bravi, il Palazzotto di don Rodrigo, la casa del sarto a Chiuso e l’attigua Rocca dell’Innominato, o la stessa Villa Manzoni. Ma andiamo per ordine. Iniziamo dal Castello dell’Innominato (o Rocca dell’Innominato) risalente al XIV secolo e situato su un dirupo di un’altura naturale in una posizione dominante il Lago di Garlate, al confine con la località di Somasca. Fu da ispirazione nel romanzo de I promessi sposi come residenza del potente e malvagio personaggio dell’Innominato, figura associata a Francesco Bernardino Visconti. Della fortificazione, ormai ridotta ad un rudere, rimangono intatti il muro perimetrale quadrangolare, parte dei bastioni difensivi e alcune torri oltre alla Cappella di Sant’Ambrogio. Di particolare interesse è l’originale scalinata che collega il castello direttamente scavata nella roccia.

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Tappa obbligatoria dell’itinerario manzoniano è Villa Manzoni: In stile neoclassico, era la residenza paterna di Alessandro Manzoni e si trova nel quartiere del Caleotto. Qui Alessandro Manzoni visse la sua infanzia, adolescenza e prima giovinezza come lui stesso scrive nell’introduzione del romanzo Fermo e Lucia; oggi ospita al suo interno il Civico museo manzoniano e la Pinacoteca comunale. Fanno parte del percorso anche la Cappella dell’Assunta all’interno del cortile d’onore cinto dal porticato dove riposano le spoglie del padre del poeta Don Pietro Manzoni e le cantine con una ghiacciaia e due torchi originali di metà Ottocento. Gli ambienti del piano terra sono rimasti con gli arredamenti originali del 1818, quando lo scrittore vendette la villa alla famiglia Scola. Nelle varie sale ospita dipinti, stampe, documenti, i costumi realizzati per la versione televisiva del romanzo e la culla dello stesso Manzoni. Il percorso dedicato allo scrittore prosegue con uno dei monumenti più antichi di Lecco: il Ponte Azzone Visconti, detto anche Ponte Vecchio, edificato nel 1338. In origine era stato eretto per collegare la via di comunicazione lungo il fiume Adda da Milano verso la Valtellina, esattamente nel punto “il lago cessa e l’Adda ricomincia”, come si legge nei Promessi Sposi del Manzoni. Oggi lo si può vedere maestoso e costituito da una lunga serie di arcate.


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Attraversando il ponte, si giunge sulle sponde del piccolo quartiere di Pescarenico, dove aveva sede il convento di Fra Cristoforo e dove si può ancora entrare nella chiesa dei Santi Materno e Lucia. L’abitato di Pescarenico, che è la culla del romanzo, viene descritta dal Manzoni con queste parole: «Il sole non era ancor tutto apparso sull’orizzonte, quando padre Cristoforo uscì dal suo convento di Pescarenico, per salire alla casetta dove era aspettato. È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare. » (Alessandro Manzoni, Promessi Sposi, capitolo IV, 1840) O ancora: «È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare. » (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. 4)

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Da qui ci si sposta poi nel paesino di Olate e di Acquate, il primo luogo della nascita della promessa sposa e il secondo il paese dove si sposò. E, se tutti questi riferimenti letterari vi hanno messo appetito, non lasciate Lecco senza prima aver degustato la sua cucina tipica, frutto dell’incontro tra tradizioni di lago e di montagna, con prodotti quale la polenta, il pescato di lago, i formaggi e la selvaggina.


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NOLI

un weekend nel più bel borgo marinaro della Liguria di Silvia Brigada

“[Noli] morde le torri rosse a vedetta, lustra l’acciottolato dei portici tozzi e bui”. Camillo Sbarbaro

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oche ore d’auto da Milano o da Torino, e si arriva in uno dei borghi più belli d’Italia, una perla di arte medievale e di natura:

Noli.

Noi approfittiamo di un primo weekend di sole e ci inoltriamo alla scoperta di questo piccolo borgo marinaro dove, molti di voi (e di noi) hanno sicuramente trascorso le lunghe vacanze estive da bambini. Noli ci accoglie con le sue acque trasparenti e i colori delle cittadine di mare, tra il profumo di salsedine e il garrito dei gabbiani. Durante il viaggio ci documentiamo, e scopriamo che Noli, situata in provincia di Savona e da cui dista una ventina di chilometri, sorge sulla costa ligure della Riviera di Ponente più precisamente all’interno di un’insenatura tra Spotorno, Finale Ligure e Vezzi Portio. Il toponimo “Noli” deriva dal precedente “Naboli”, attestato a partire dall’anno Mille; questo nome potrebbe derivare sia dal termine greco “Neapolis” che significa letteralmente “città nuova”, che dal toponimo romano “ad Navalia”.

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La città iniziò a svilupparsi stabilmente in epoca romana (il promontorio di Capo Noli fu per primo colonizzato dai Romani che vi costruiscono un cantiere navale), diventando municipio e, successivamente, diventando dominio dei Longobardi in età medievale. Gli stessi la distrussero nell’anno 641. Ricostruita in prossimità del mare, la nuova Noli fu dominio di Carlo Magno ed una volta caduta la dinastia carolingia venne inserita nei possedimenti della Marca Aleramica e della famiglia Del Carretto, legata al ramo di Savona. Da allora (precisamente dal 1192, quando Noli si dichiarò libero Comune, sino al 1797) Noli iniziò la sua affermazione come importantissimo centro marinaro, caratterizzato da una flotta navale capace di rivaleggiare con le più importanti d’Italia e di ottenere importanti privilegi sia politici che commerciali. Arrivati, ci fermiamo per un’abbondante colazione al Chiosco del molo … una meraviglia di gusto direttamente sul mare, con vista su tutta l’insenatura di Noli!!

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Una volta rifocillati iniziamo una visita del borgo. Le curiosità e le testimonianze storiche sono tantissime! Ci inoltriamo nel centro storico, caratterizzato dai famosi portici in pietra, viette strette e carruggi molto suggestivi dove perdersi, tra bellezza e panni stesi! Iniziamo il nostro giro da Porta di Piazza, l’ingresso principale posto sulla seconda cinta muraria (XII-XIII sec.). Noli, come molte delle città medievali liguri, era protetta da una cinta muraria difensiva. Nella piazza sorge il palazzo Comunale che fu il centro della vita politica ed economica della Repubblica. Rimaneggiato nei secoli, oggi si presenta con una facciata medievale decorata da una meridiana. Accanto si erge, con la sua merlatura a coda di rondine, la torre del Comune (XIII sec.), posta su un basamento in pietra verde locale. Di poco inferiore, 35 metri, la Torre del Comune oggi mostra un bell’orologio sulle quattro facce, le cui ore vengono battute dalla campana che risiede nella cella terminale della torre; la campana ha anche il compito di chiamare le sedute del Consiglio Comunale.


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1 - Castello Oldofedri 2- Suggestivo particolare del Torbiere del Sebino

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Passeggiando per il borgo appare chiaramente come le torri rosse in laterizio siano l’emblema più significativo della Noli medievale. Noli e le sue torri … una lunga storia! La tradizione dice che ve ne fossero ben 72 mentre oggi ne sopravvivono solo quattro, che ancora si staccano sopra le abitazioni. Le altre torri sono state integrate in edifici di epoca successiva, dopo essere state mozzate per riutilizzare il materiale ricavato a favore dell’esecuzione di nuove costruzioni. Dal municipio, si passa sotto i due grandi archi da dove, percorrendo a levante una passeggiata coperta, si arriva in piazza Dante. Questa via porticata detta Loggia della Repubblica è coeva al palazzo comunale (XIV-XV sec.) con il mantenimento a tutt’oggi dell’antico ciottolato. Alcune lapidi sotto la loggia testimoniano il passaggio delle diverse personalità, tra i quali, Dante Alighieri, con citazione di Noli nel Purgatorio della Divina Commedia, Cristoforo Colombo il 31 maggio del 1476 in partenza per il Portogallo e Giordano Bruno nel 1576.

In piazza Dante sorge la torre della Marina (XIII sec.) che nel 1673 fu donata dai nolesi ad Agostino Viale, inviato del doge, per aver impedito al duca di Savoia di impadronirsi del borgo. Accanto alla torre, si trova il signorile palazzo Viale-Salvarezza (fine XVII sec.). Percorriamo via Transylvania (il nome in realtà non è riferito, almeno non direttamente, alla regione della Romania ben nota per l'opera letteraria ottocentesca dello 2 scrittore irlandese Bram Stoker. Si tratta invece del ricordo di un evento bellico, avvenuto al largo di Noli nel 1917, dove fu affondata la nave britannica di trasporto truppe "Transylvania" da parte di un sommergibile tedesco), che termina con la torre di Papone (XIII-XIV sec.), posta appena fuori della prima cinta muraria e collegata al camminamento delle mura che scendono dal castello. Intoccata seppur ridotta, la Torre Papone è l'unico caso a Noli di una torre che non venne mai destinata ad abitazione, forse per la sua posizione periferica, e quindi non subì alcun tipo di modificazione interna durante la sua esistenza.

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Qui vi teneva armi e munizioni la Repubblica, che con la ferrata Porta Papona chiudeva l’accesso al Monte Ursino, il cui castello era l’estremo rifugio della popolazione in caso di attacco nemico. Decidiamo di raggiungere il castello, che domina dall’alto il borgo di Noli. La passeggiata per il castello è in salita, ma assolutamente piacevole: il percorso si snoda tra le mura del castello, da cui si gode una bellissima vista sul mare! Il Castello dei marchesi Del Carretto (XII-XIV sec.) è sopravvissuto nella forma assunta dopo i rifacimenti genovesi del 1522, con le fortificazioni e il poderoso maschio racchiuso in un recinto poligonale. Aggrappato alle pendici del Monte Ursino si nota il palazzo Vescovile, oggi trasformato in albergo. Costruito in varie epoche, conserva tracce di affreschi, iscrizioni, pitture e ambienti che vanno dal XV sec. al 1770, quando fu portato alla forma attuale. Accanto sorge la chiesa di Nostra Signora delle Grazie, costruita agli inizi del Seicento e restaurata nel 1769.

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Scendendo da via Vescovado per piazza Chiappella, si arriva all’oratorio di Sant’Anna, costruzione del 1771 con la facciata incompiuta, dal cui sagrato si ha una bella veduta d’insieme del castello e delle mura. Proseguendo a destra per via Colombo, ricca di edifici medievali (come casa Maglio al n. 17) e di torri mozzate, si arriva alla trecentesca porta di San Giovanni sormontata dall’omonima torre coronata da merli. Varcata la Porta verso la città, si scorgono tutti e quattro gli angoli della torre del Canto (sec. XIII), così chiamata perché posta all’angolo di più strade. La più alta, con 38 metri, è la Torre del Canto ha una particolarità: a differenza delle altre torri, che hanno base quadrata, questa ha base trapezoidale. Giunti in piazza, ci si trova di fronte la chiesa di San Pietro, cattedrale dal 1572, costruita su base romanica in blocchi di pietra grigia (XII-XIII sec.) ma rifatta in epoca barocca.

Notevoli il pulpito e l’altare maggiore di marmo intarsiato (1679), e l’altare più piccolo che in realtà è un meraviglioso sarcofago romano o barbarico, rilavorato nel XV sec., nonché il polittico di inizio Cinquecento dietro l’altare. Nella piazzetta attigua si trova casa Repetto, bella dimora medievale del sec. XIV. Attraversando il quartiere della Giudecca, si osservano resti di palazzotti e case-torri, costruiti in mattoni su grosse basi di pietra verde. Interrompiamo la nostra visita al borgo e torniamo sul lungomare per un meritato e succulento pranzo a base di pesce al ristorante dello storico stabilimento balneare Baianita. Dal 1895 lo stabilimento si affaccia sul golfo di Noli; rinnovato completamente nelle strutture e negli spazi, offre la possibilità ad ogni cliente di trovare il soggiorno ideale in base ai gusti, le possibilità e le esigenze.

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Rifocillati, ripartiamo alla volta del bellissimo ponte di pietra, detto anche Ponte del Diavolo, sul Torrente Sant’Antonio, da cui si raggiunge la bellissima Chiesa di San Paragorio, con le sue linee bianco-rosate e il portico quattrocentesco fiancheggiato da tombe medievali. Cattedrale dal 1239 al 1572, è uno dei monumenti più importanti della regione; sorge fuori da centro abitato del borgo. L’impianto romanico (XI sec.) si è sviluppato su una chiesa paleocristiana o altomedievale e presenta all’interno tre navate con absidi semicircolari dalle pareti affrescate nel sec. XV. Degno di nota è il crocifisso ligneo in stile bizantino del XII sec., noto come “Volto Santo”, da cui si sprigiona il mistero dell’Oriente e delle ignote mani che l’hanno scolpito. Sotto il presbiterio rialzato, si apre una suggestiva cripta dove la luce è chiusa in una sfera di silenzio che solo il mare vicino può infrangere. Gli scavi effettuati tra gli anni 1970 e 1975 (ma che continuano ancora oggi) hanno rivelato i resti di un’antica necropoli, con il ritrovamento di due sarcofagi in pietra di Finale, e una vasca battesimale ottagonale databile tra il VI e VII secolo.

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Una visita molto interessante … che ci ha messo un certo appetito! Facciamo tappa alla storica gelateria Pappus, che ha fatto la gioia di molte generazioni (la mia ci certo!!!) e procediamo per la bellissima passeggiata litoranea fino al promontorio di Capo Noli. Oggi, come un tempo, Noli deve buona parte del proprio benessere alle proprie stazioni balneari: lunghe spiagge dall’acqua cristallina che hanno fatto vincere a Noli per tanti anni la Bandiera Blu per il suo mare incontaminato. Lungo la passeggiata, in particolare alla Spiaggia dei pescatori, si possono vedere i pescatori che tornano in porto al mattino carichi di pesce fresco proveniente dal golfo; una sorta di pescheria all’aperto permette loro di vendere il pesce direttamente ai consumatori.

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Anche la nostra cena sarà a base di pesce: una cena fantastica in uno dei locali storici e più conosciuti di Noli: il Ristorante da Ines, proprio davanti al duomo. Usciamo più che soddisfatti dall’ottimo fritto del golfo! Pernottiamo presso l’Hotel Miramare, dove rientriamo, stanchi ma appagati, dopo una bella passeggiata in riva al mare. L’indomani ci concediamo una rilassante mattinata al mare, godendoci la brezza primaverile e il primo sole della stagione. Ci regaliamo anche un meritato aperitivo al Bar Sirito, nel cuore del borgo. Dopo un giro di rito tra i negozietti locali, ci fermiamo al ristorante La Baracchetta, negli omonimi bagni, dove non ci facciamo mancare piatti a base di pesce e un’ottima focaccia ligure.


Per il pomeriggio, accogliamo il suggerimento di un canuto pescatore, che ci consiglia di raggiungere la Spiaggia delle Sirene, a pochi chilometri da Noli, nel comune di Bergeggi. Arriviamo in auto e troviamo la piccola apertura che dalla strada porta alla spiaggia attraverso una lunga scalinata a picco sul mare … ma vi garantiamo che ne vale la pena! La piccola spiaggia scura, con piccoli sassolini levigati, conduce a un mare cristallino, chiuso in questa piccola insenatura. La spiaggia è libera, ma c’è la possibilità di affittare sdraio e ombrelloni. Lungo la spiaggia si possono raggiungere a piedi o a nuoto piccole calette molto carine; affittando in loco un pedalò, in breve si raggiunge l’isoletta di Bergeggi, riserva naturale protetta (non potete attraccare, ma fare il bagno al largo nelle sue vicinanze è un’esperienza unica!). La spiaggia ospita anche un bar-ristorante aperto anche la sera, dove ci fermiamo per cena e che ci serve freschissimo pescato del giorno!

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DUBAI

di Titti Migliavacca

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ubai è un Emirato facente parte dello Stato “ Emirati Arabi Uniti” . Ha circa 3.000.000 abitanti di cui soltanto il 2% autoctoni. Il resto della popolazione è costituito da un lato di immigrati ad alto tasso di scolarità e specializzazione provenienti dal mondo occidentale e Medio Orientale e dall’altro da immigrati provenienti da aree depresse che forniscono manodopera non qualificata e rappresentano la maggior forza lavoro. È il più popoloso dei sette Emirati. Arrivando a Dubai si comprende già dai primi passi in aeroporto che la città è appariscente, costruita in grande con un’aria vagamente surreale e molto moderna . Si fatica a capire di essere nel cuore del deserto arabico , si crede di essere stati catapultati a Manhattan oppure Hong Kong oppure ancora a Shangai …

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L’architettura è audace, quasi esasperata, il cielo azzurrissimo colmo di gru che stanno a significare torri in costruzione, il sole e il mare caldi anche in inverno immergono i visitatori in quell’atmosfera di quasi sospensione dalla vita dei comuni mortali. Credere che Dubai sia stata un piccolo villaggio di case con cortili in gesso e corallo, costruite dai commercianti persiani e capanne in foglie di palma rifugio per beduini e pescatori di perle è arduo. Eppure i beduini della famiglia Al Maktoum che vivevano del poco che il deserto aveva da offrire nel 1833 si insediarono alla foce di quello che oggi si chiama Dubai Creek, allora un piccolo fangoso porto naturale adatto alle snelle imbarcazioni “ Dhow” utilizzate dai pescatori per trasportare le merci nel Golfo.


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La famiglia Maktoum divenne potente e governò la città. Quando nel 1894 alcune città Persiane alzarono le tasse portuali, lo sceicco Maktoum bin Hasher dichiarò la città porto franco, e da lì Dubai iniziò la sua ascesa commerciale internazionale rivelandosi capace di attrarre commercianti Arabi e Persiani; divenne un vero e proprio paradiso fiscale e la popolazione aumentò rapidamente. Fu tuttavia durante gli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso che, con la scoperta dei giacimenti di petrolio, con la acquisita indipendenza degli Emirati Arabi che Dubai spiccò il volo e divenne gradualmente ma velocemente una delle metropoli più vive dell’epoca contemporanea. La religione di “stato” è Islamica, ma il clima è di assoluta e reale tolleranza nei confronti di qualsiasi razza , religione, orientamento. La città è oggi una delle principali mete turistiche internazionali, avendo negli ultimi decenni investito principalmente in colossali strutture di gran lusso che non hanno eguali in altre parti del Pianeta. Esempi eclatanti sono le Dubai Palm Islands che, costruite artificialmente, hanno dato vita a 60 km di costa extra.

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La spettacolarità dei grattacieli è unica. Nella città si sperimentano costruzioni architettonicamente e tecnologicamente all’avanguardia. Forse il più noto grattacielo di Dubai è il Burj Al Arab ( Torre degli Arabi). È un capolavoro di ingegneria e di visione architettonica ispirato al vento e alle vele delle Abra . Costruito dal 1994 al 1999 è il risultato del lavoro di un gruppo di architetti incaricati di progettare il migliore albergo del mondo per lo sceicco Mohammed bin Rashid al Maktoum. È alto 321 metri e dotato di eliporto.

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Burj Khalifa sorpassa ogni limite ed aspettativa la Torre più alta del mondo che svetta nel cielo di Dubai con I suoi quasi 830 metri di altezza. La costruzione iniziò nel 2004 e l’inaugurazione avvenne nel 2010. Inizialmente si sarebbe dovuto chiamare Burj Dubai, tuttavia la costruzione poté essere ultimata grazie all’intervento del governatore di Abu Dabi e presidente degli Emirati Arabi Uniti Khalifa bin Zayed Al Nahyan che concesse in prestito al governo di Dubai decine di miliardi di dollari. La sua forma rimanda all’architettura islamica e ricorda un minareto unitamente alla simmetria del fiore del deserto Hymenocallis. Dalla terrazza del 124° piano si può ammirare lo spettacolo mozzafiato di Dubai a 360°. Da lì Dubai sembra un giocattolo nel deserto e la vista spazia dalle Palm Islands alle isole The World.

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DUBAI MALL Il Burj Khalifa è inserito nella baluginante struttura del Dubai Mall, il più grande centro commerciale del Pianeta. Si può stare all’interno del Mall per una settimana e ogni giorno si scoprono cose o iniziative nuove. Il Dubai Mall ospita uno spettacolare Acquario e Zoo Sottomarino La cascata con i pescatori di perle …

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LE FONTANE DANZANTI Il laghetto del Dubai Mall offre ai visitatori lo spettacolo delle fontane danzanti , ogni giorno dalle 16,00 alle 22,00 ad intervalli di mezz’ora le fontane danzano seguendo la musica di varie melodie famose tra le quali anche quella portata alla ribalta da A. Bocelli “ Con te partirò”

MALL DEGLI EMIRATI Il Mall of the Emirates, aperto nel Settembre 2005, situato nel cuore della Dubai Moderna con I suoi 223,000 metri quadrati offre shopping, divertimento e intrattenimento compresa una pista da sci.

SKI DUBAI Il Mall of the Emirates, aperto nel Settembre 2005, situato nel cuore della Dubai Moderna con I suoi 223,000 metri quadrati offre shopping, divertimento e intrattenimento compresa una pista da sci.

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ISOLE ARTIFICIALI THE WORLD Arcipelago di isole artificiali disposte in modo da formare il planisfero terrestre visto dall’alto, concepito dallo sceicco Mohamed bin Rashid al Maktoum. LA CITTA’ VECCHIA Dubai è in realtà due città in una, divise dal Dubai Creek . Il Creek è un braccio di mare lungo circa 14 km che divide la città vecchia in due e che ha permesso la nascita della città e il suo sviluppo economico. Per attraversare il Dubai Creek si usano ancora oggi le Abra barche tradizionali in legno. Deira si trova a nord e Bur Dubai a sud. Entrambe le zone ospitano architetture tradizionali e animati suq.

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IL SUQ DELLE SPEZIE L SUQ DELL’ORO CURIOSITA’ Gli indirizzi di strada non vengono utilizzati a Dubai. La gente si riferisce alle strade principali con il loro nome, ma le vie più piccole e numerate rimangono in larga parte anonime. Le indicazioni sono piuttosto curiose come ‘Si trova nella villa bianca, vicino al grande albero, di fronte all’Avari Hotel’, “ dietro al supermercato sopra la farmacia”. Dubai è certamente molto più di quanto ho raccontato … ecco perché vale la pena visitarla!

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FLORENCE COCKTAIL WEEK torna a Firenze dal 30 aprile al 6 maggio 2018 Ricca di eventi e di novitĂ la terza edizione della kermesse dedicata al bere responsabile e di qualitĂ

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opo il successo delle passate edizioni, Florence Cocktail Week torna a Firenze da lunedì 30 aprile a domenica 6 Maggio 2018. Sette giorni ideati e organizzati da Paola Mencarelli e Lorenzo Nigro per dar risalto alla qualità della miscelazione fiorentina, con incontri, appuntamenti, masterclass, night shift ed eventi rivolti ad un pubblico di professionisti ed appassionati, con il coinvolgimento di ospiti italiani ed internazionali.

Una grande emozione ha aperto questa edizione. Il Comune di Firenze ci ha concesso il Patrocinio - racconta sorridente Paola Mencarelli, direttrice artistica e fondatrice di Florence Cocktail Week – E’ un riconoscimento importante, la città si è accorta di noi affermando così la qualità del nostro lavoro. E’ uno step significativo, che ci permette di arrivare ancora più motivati a questa terza edizione - aggiunge Lorenzo Nigro - che sarà ricca di idee e proposte pensate per chi ama il mondo del bere miscelato e intende approfondirne le tematiche o approcciarsi per la prima volta.

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MaBeDo Card 2015

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Un tuffo nel passato

FERRARI 312 “Spazzaneve” di Piero Ventura

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Arturo Merzario al volante della 312 B3

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egli ultimi giorni di febbraio e nei primi di marzo, la neve é stata mattatrice su tutta la Penisola. In verità, lo é stata ne più ne meno come lo é stata in passato, quando a questi eventi naturali per la stagione invernale, i media ancora non prestavano così tanta attenzione, a volte superflua. Anzi, era una ragione in più, per godere del calore dell’amicizia, magari davanti al camino, gustando prodotti tipici di cui la nostra terra é ricca. Ma non facciamoci avvincere da tutto questo e spicchiamo un balzo addietro fino agli anni ‘70. Tralasciamo il meteo e parliamo di Formula 1, di cui possiamo garantiche che non é stato certamente suggerito da cattive condizioni climatiche lo sviluppo di una monoposto Ferrari che nel tempo fu identificata con il nome di “Spazzaneve”. Nella storia delle competizioni ci sono stati modelli di vetture che da soli hanno fatto grande un Costruttore, altri invece, sono stati un vero fallimento, ma ce n’è stato uno in particolare, che non è stato ne l’uno ne l’altro, ma semplicemente un incompreso percussore dei tempi: la Ferrari “Spazzaneve”.

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Tutti gli appassionati della storia del “Cavallino” ricorderanno la Ferrari 312B3 impegnata nel Campionato del mondo 1973. Era pilotata da Jacky Ickx e da Arturo Merzario. Poi, la 312B3/010 , portata all’esordio da Jacky Ickx nel Gran Premio di Spagna 1973, utilizzata in 7 Gp del 1973, definitivamente convertita nella Ferrari 312 B3-74, usata nel mondiale 1974 da Niki Lauda. Quindi la 312B3/011, portata all’esordio da Arturo Merzario nel Gran Premio di Montecarlo 1973 utilizzata in 4 Gp del 1973, poi anch’essa convertita nella Ferrari 312 B3-74 ed usata nel mondiale 1974 da Clay Regazzoni, e ancora la 312B3/012, portata all’esordio da Merzario nel Gran Premio di Francia 1973, utilizzata in 4 Gp del 1973, e come le altre convertita nella Ferrari 312 B3-74 usata nel mondiale 1974 da Niki Lauda. E via tra sviluppi e modifiche fino alla 312 T con la quale Lauda conquistò i titoli mondiali del 1975 e 1977. Ma quella stessa sigla: “312 B3”, era stata in precedenza attribuita a un progetto radicalmente diverso, nato proprio quarant’anni fa, nel 1972: la cosiddetta “Spazzaneve”.


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Arturo Merzario La monoposto Ferrari per il Campionato mondiale di Formula 1 1973 ebbe una genesi travagliata: pur essendo stato uno dei progetti più infelici della casa di Maranello, come avete potuto leggere, fu caratterizzata da ben quattro versioni nel corso della stagione iniziale. La prima monoposto denominata B3 e progettata dall’ingegnere Mauro Forghieri fu presentata nell’agosto 1972. Era già in regola con le nuove norme che sarebbero entrate in vigore il 1º Maggio 1973 e che prevedevano, tra l’altro, l’obbligo delle strutture deformabili sulle fiancate per cui la larghezza della monoposto passò a 140 cm. La monoposto presentava una parte frontale assolutamente originale, tanto che venne soprannominata “spazzaneve”. I radiatori, sdoppiati, erano piazzati in linea con la tangente posteriore delle ruote anteriori e prendevano aria dalle due grosse prese NACA (NACA scoop o NACA Inlet) sul muso, una soluzione sviluppata dalla statunitense NACA National Advisory Committee for Aeronautics, che generava una bassa resistenza aerodinamica.

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1 La Ferrari 312 B3

Guardarla oggi è senza dubbio una vettura dal fascino incontenibile che emana profumo e poesia delle corse di un tempo. Ma all’epoca fu un destriero che non corse mai, non fu partecipe di epiche sfide, nessuno la scelse. Troppo difficile da domare, eppure fu il punto di svolta verso la F1 moderna; la chiamavano appunto: “Spazzaneve” per la conformazione del suo caratteristico spoiler anteriore che ricordava appunto i mezzi antineve. Era la seconda metà del 1972, in quel periodo Enzo Ferrari accusava qualche problema di salute che lo tennero lontano dalla fabbrica per alcuni mesi. A portare avanti “Maranello” c’erano gli uomini inviati da Fiat, mentre Mauro Forghieri progettista della non tanto fortunata 312 B2, era stato esiliato all’Ufficio Studi Avanzati a Fiorano. Si dedicava al futuro e aveva un chiodo fisso in fatto di aerodinamica.

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Partendo dal presupposto che le allora vetture Sport avevano una deportanza, cioè, il carico dell’aria che spinge le auto verso il basso migliorandone la tenuta di strada, molto più elevata rispetto alla F1, pensò alla realizzazione di un prototipo, poi conosciuto universalmente come “Spazzaneve”, per il muso larghissimo, con un grande alettone deportante che si raccordava alla scocca, ugualmente larga, che incorporava i radiatori. Una monoposto che in molti definirono un’inutile follia, invece, permise di capire l’importanza dell’effetto suolo. La 312 B3 fu costruita con un passo molto corto di appena 2380 millimetri, ma fin dal primo test in pista si capì, che proprio a causa delle misure così ridotte, la monoposto soffriva di un fastidioso beccheggio sui curvoni costringendo il pilota a continue correzioni e questo accadeva anche in rettilineo sui circuiti veloci


Piero Ventura con la Ferrari 312 B3

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Il caratteristico muso a spazzaneve

abitacolo 312

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I radiatori sdoppiati

La B3 proseguì il suo sviluppo a Fiorano e sul circuito di Misano Adriatico con Arturo Merzario. In quest’ultima occasione, alla presenza di Enzo Ferrari, vennero effettuate svariate modifiche d’assetto mirate a migliorarne la guidabilità. La “Spazzaneve” risultò più docile, ma quel beccheggio che la rendeva nervosa e difficile da guidare non scomparve mai. Forghieri affermò che si trattava di una vettura sperimentale di ricerca avanzata, costruita per provare soluzioni nuove. All’epoca, invece, la stampa enfatizzò che la “spazzaneve” dovesse addirittura debuttare in gara già al Gran Premio d’Italia 1972, in settembre, quale 3° di vettura di Maranello guidata da Arturo Merzario. Ma a Monza Ferrari schierò le 312B2 progettate nel ‘71. Scarsi risultati e le tante chiacchiere attorno a quella “brutta” vettura infastidirono non poco i vertici Ferrari. Nonostante ciò, Forghieri voleva mantenersi su questa linea di sviluppo, mentre gli uomini Fiat capeggiati da Stefano Colombo, avrebbero preferito optare per una monoposto a passo più lungo. Prevalse la seconda e Forghieri fu trasferito a altri incarichi.

Fu che, Mauro Forghieri, in quel frangente, non godeva più di totale fiducia nell’ambiente della squadra e con Ferrari che aveva altro a cui pensare, la mancanza di risultati da troppi anni non giocò a favore dell’ingegnere modenese. Alla fine, cedendo alle pressioni dei dirigenti mandati da Torino e di influenti persone interne, la “spazzaneve” venne messa in pensione e Ferrari avallò la decisione che il progettista non venisse coinvolto nel progetto definitivo della F1 che avrebbe gareggiato nel campionato del 1973. La “Spazzaneve” fu progetto sperimentale o vettura vera? Probabilmente fu entrambe le cose, le lotte interne e le incertezze al vertice della Scuderia affossarono la pur interessante prima B3. Fu una delusione, ma quei principi tecnici due anni dopo divennero vincenti e segnarono l’inizio della rinascita tecnica Ferrari degli anni ‘70.

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Convogliatori d’aria

La “spazzaneve” può anche essere considerata la prima vettura di F1 dell’epoca moderna che cercava di ottenere l’effetto suolo, sia pur in modo opposto a quello della rivoluzionaria Lotus 78 che sarebbe apparsa qualche anno più tardi. Il suo “musetto” caratteristico faceva sì che sotto la vettura passasse meno aria creando una piccola depressione. La “Spazzaneve” venne riposta in un angolo del Reparto Corse della Ferrari fino al 1975 quando fu completamente revisionata per andare ad arricchire la scuderia di un collezionista giapponese. Tornò in Italia nel 1993. Scheda Tecnica: Motore – Ferrarri 12 cilindri Boxer a V di 180° a 4 tempi - Alesaggio Corsa 80x49,6- Cilindrata: 2991,801cc - Potenza max 485 Cv a 12.600 giri - Alimentazione: Iniezione indiretta Lucas - Telaio: Traliccio tubolare in acciaio con pannelli di rinforzo in lega leggera - Freni: disco auto ventilati - Peso a secco 540 kg.

spaccato B3 Spazzaneve

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Pubbliredazionale N°36 Marzo 2018 Realizzato da MaBeDo S.r.l. Responsabile: Filippo Quaglini Direttore Editoriale: Filippo Quaglini Grafica: Sara Giammona Redattori: Silvia Brigada, Cristina Dinatale, Titti Migliavacca, Piero Ventura Web Manager: Sara Giammona Web Hosting: Zeus Telematica Tutti i diritti riservati, la riproduzione totale o parziale è vietata in qualsiasi forma.


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