Mabedo Magazine 13

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magazine N.13

PERSONAGGIO

Arte e pittura, sogni e palloncini

Il FU*turismo di Lele PicĂ MONDO DEL VINO Il vino come paesaggio liquido e la simbiosi con il territorio

Arcipelago Muratori

LOCATION PER EVENTI Castello di Tagliolo

Una fortezza ricca di storia e tradizione EVENTI

Un incontro mondiale di cibo e cultura

Expo Milano 2015

MONDO DEI MOTORI Tra passato e presente

Un sogno chiamato Porsche



editoriale

D

ai palloncini di Lele Picà alle magie culinarie di Claudio Sadler, passando per i Castelli di Tagliolo e Montesegale, incantevoli borghi medievali che racchiudono perle vinicole e non solo. Dalla “via Lattea” di Beppino Occelli al Barbacarlo di Lino Maga per un viaggio all’insegna della tradizione e dei sapori genuini. Vi portiamo a scoprire le tenute dell’Arcipelago Muratori, per proseguire il viaggio tra i vitigni delle Cantine Lungarotti, fino a Cassino Po all’Enoteca Regionale della Lombardia, appena inaugurata. Un ottobre ricco di eventi: Wedding Day al Castello di San Gaudenzio, Scacco Matto di Buongusto a Pavia, degustazione del Timorasso a Cascina Montagnola e gran finale con Expo2015. Gli appassionati di motori potranno sognare con la storia della Porsche.

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sommario

PERSONAGGIO Arte e pittura, sogni e palloncini

Il FU*turismo di Lele Picà

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MONDO DEL VINO Il vino come paesaggio liquido e la simbiosi con il territorio

Arcipelago Muratori

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Il regno del Barbacarlo

Lino Maga

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Dai territori dell’Umbria, l’eccellenza vinicola nel mondo (e non solo)

Gruppo Lungarotti

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MADE IN ITALY Viaggio al centro della “Via Lattea“...

Dove nascono i formaggi di Beppino Occelli

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SOSTE GOLOSE L’Alta cucina italiana tra metodo, innovazione e creatività

Claudio Sadler

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LOCATION PER EVENTI A Cassino Po vanno in scena la qualità e l’autenticità lombarde

Enoteca Regionale della Lombardia in Oltrepò Pavese

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Castello di Tagliolo

Una fortezza ricca di storia e tradizione

78

Il Castello di Montesegale tra passato e presente

Arte, cultura e tipicità

88


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18 120 134 58 EVENTI Sapori, gioco e arte sotto la cupola Arnaboldi

Scacco matto di buongusto

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Wedding Day

Castello di San Gaudenzio

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Visita a Cascina Montagnola per assaporare il Timorasso

Aromi, profumi e prodotti tipici dei colli alessandrini

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Un incontro mondiale di cibo e cultura

Expo Milano 2015

120

MONDO DEI MOTORI Tra passato e presente

Un sogno chiamato Porsche

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personaggio

Arte e pittura, sogni e palloncini

Il FU*turismo di Lele Picà Testo di Valeria Portinari

A

rchitetto, artista e FU*turista, Lele Picà è sempre stato a contatto con l'arte, la pittura e il disegno fin da bambino. Come architetto si occupa di progettazione, di interni, ma anche di restauro; insegna poi Storia dell'Arte ai bambini delle scuole medie Maria Ausiliatrice e appena può si dedica alla pittura, la sua grande passione. Emerge nel 2012 la sua vena più artistica, che gli permette di creare quadri che nascono più come oggetti d'arredo che non come "tele" fini a loro stesse. Tra i primi lavori ci sono i Contenitori di Luce, quadri con una sorta di doppia vita: spenti hanno una loro identità che si trasforma completamente nel momento in cui si accendono. Come un colpo di scena, la luce fa emergere particolari che altrimenti non possono essere notati e che contribuiscono a raccontare una storia. Soggetto ricorrente in tutte le opere di Lele Picà è un uomo di spalle con un cappotto e un cappello, che rappresenta sia l'artista che l'osservatore. L'uomo non guarda verso il pubblico ma, al contrario, è rivolto nella sua stessa direzione, a guardare egli stesso gli altri elementi dipinti nel quadro. 6


Foto di Alessandro Devinu

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"Il palloncino è un sogno che bisogna tenere stretto tra le mani fino a quando non è realizzato.â€?


Lo spettatore così si può immedesimare in questo viaggiatore ritratto che spesso è accompagnato da altre persone (un altro uomo, una donna, un bambino...) o da oggetti, primi fra tutti i palloncini. Il palloncino simboleggia il sogno, un desiderio stretto tra le mani che vola via nel momento in cui viene realizzato. Un altro oggetto spesso raffigurato è l'ombrello, elemento di protezione del nostro viaggiatore. Sullo sfondo invece spesso l'architettura, precisa, monocromatica si contrappone alla natura, più vivace sia nelle forme che nei colori, che cerca di sovrastare le linee architettoniche con il suo impeto. Natura in contrasto all'opera dell'uomo mentre noi, insieme all'uomo con il cappello, siamo spettatori di questo scenario. Pavia, in particolare nel #PROGETTOOGNIGIORNOPANCHINABORGO, si è fatta spesso protagonista dei quadri di Picà. Circa un anno fa, Lele si è trovato a passeggiare accanto alla statua della Lavandaia e si è fermato ad osservare il Ponte e le luci della città. 9




Da quel giorno, quotidianamente alle 8 di sera, per un certo periodo di tempo, si è presentato in quel luogo con un palloncino ed un foglio da disegno, per fissare su carta le scene che si susseguivano di volta in volta: dai ragazzi di passaggio alle coppie di innamorati, dai curiosi agli amici che passavano a salutare quell'uomo seduto accanto alla Lavandaia e che gli lasciavano un dettaglio di loro stessi. Più di 100 disegni per più di 100 serate passate a guardarsi attorno, ad interagire con le persone, a conoscere i loro orari, le loro abitudini, a capire le problematiche di quel luogo tanto famoso ma così poco vissuto dai pavesi. Associata ad ogni disegno c'è anche una fotografia, in un parallelismo tra realtà e arte. Ogni disegno si porta dietro i cambiamenti atmosferici, la luce e le storie di tutti i passanti. In ognuno una donna è raffigurata in attesa di qualcosa e un palloncino viene lasciato andare fino a riempire, alla fine del progetto, il cielo di colori e di sogni realizzati, ricoprendo Pavia e il suo Ponte. L'ultimo giorno la donna incontra l'uomo col cappello. 12



Performance live Design Week 2015

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Lele Picà lelepica.tumblr.com manifestofu.tumblr.com

Lele Picà fa parte dei FU*turisti, un movimento artistico che dal 2012 si fa largo sulla scena artistica italiana. Attualmente i componenti sono tre, che operano in campi diversi tra loro ma complementari, legati da ideali artistici comuni. Assieme a Lele, che dipinge, ci sono Giammatteo, l'Avvocato FU*turista, che si occupa di teatro e fotometraggi e Alessandro, che lavora con la grafica e il sistema Braille creando paesaggi sintetici. Il FU*turismo (rigorosamente scritto con l'asterisco, per differenziarsi dal Futurismo del XX secolo) ricorda il concetto di movimento culturale che comprende diversi ambiti e arti, una corrente italiana per eccellenza. Il nome si compone di due parti, per creare un distacco dal Futurismo del 900: FU simboleggia il riconoscimento delle origini dell'arte, che al contrario, con Marinetti e gli altri esponenti, venivano negate; mentre Turismo racchiude l'idea di una persona sempre alla scoperta di qualcosa, capace di essere entusiasta e curiosa, come gli artisti che fanno un percorso itinerante per presentare le proprie opere. Non si tratta di una associazione ma di un Gruppo che promuove attività, mostre, performance ed eventi di artisti, anche esterni, in un'ottica di aggregazione spinta dal "voler fare", con particolare attenzione al non ripetersi negli allestimenti e nelle proposte, per la promozione e condivisione della cultura. In questo senso è molto importante l'integrazione della parte visiva con quella letteraria, per dare all'osservatore la giusta chiave di lettura delle opere, spesso accompagnata da performance live. Tra i progetti futuri di Lele Picà ci sono diversi eventi che spaziano dalle mostre alla televisione, passando per lo sport e i temi sociali, tra pittura, scultura e FU*turismo. 15




Il vino come paesaggio liquido e la simbiosi con il territorio

Arcipelago Muratori Testo di Valeria Portinari

Tenuta Giardini Arimei - Ischia

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mondo del vino

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Azienda Agricola Fratelli Muratori SS

Famiglia Muratori

L’

Arcipelago Muratori è il frutto dell’unione tra la passione per il vino della famiglia Muratori e la preparazione tecnica dell’Enologo Francesco Iacono. La filosofia di questo progetto si fonda sulla valorizzazione del concetto di terroir come espressione del rapporto interattivo fra vigna, ambiente e vignaiolo. L’Arcipelago è composto da quattro aree geografiche italiane molto diverse tra loro e con specifiche caratteristiche territoriali: 20

170 ettari di vigna ripartiti tra Lombardia, Toscana e Campania. In ognuno di questi luoghi viene coltivata una sola tipologia di uva in modo da esaltare le qualità dei diversi ambienti e racchiudere le peculiarità dei territori all’interno dei vini creando una sorta di paesaggio liquido. Il progetto Simbiotico prende vita da questi concetti e in particolare nasce da un percorso di ricerca scientifica per trovare soluzioni ai problemi attuali legati alla vitivinicoltura.

Via Valli, 31 25030 Adro (BS) www.arcipelagomuratori.it


Un progetto volto alla riduzione dell’impatto ambientale sia in vigneto che in cantina, che si esplica nello sviluppo e utilizzo di metodi naturali orientati al rispetto dei suoli e tecniche innovative di coltura e vinificazione. Simbiotico deriva da simbiosi, dal greco sun (con) e bios (vita), che significa vita insieme, inteso come relazione tra due individui di specie diverse per beneficio reciproco.

Per l’Arcipelago ciò si traduce in un rapporto ottimale tra suoli, vigna, cantina e uomo per entrare sempre più in simbiosi con l’ambiente. Dalla terra al vino, i primi tre simbiotici sono un Franciacorta dalla Tenuta Villa Crespia, un Sangiovese in purezza dalla Tenuta Rubbia al Colle a Suvereto in Val di Cornia ed un “vino giallo” di Fiano in prevalenza dalla Tenuta Oppida Aminea nel Sannio beneventano.

Enologo Francesco Iacono

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A Villa Crespia, la conformazione particolare del territorio è diventata lo spunto per una nuova interpretazione del Franciacorta. I vigneti sono stati piantati in modo da rappresentare tutta la variabilità dell’ambiente in cui crescono per portare in cantina uve con una forte personalità, legata al luogo. La cantina è stata costruita per vinificare separatamente le uve cercando di lavorare tutto per caduta senza manipolazioni, rispettando pienamente la materia prima.

Tenuta Villa Crespia - Franciacorta

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La Tenuta Rubbia al Colle si trova, invece, nel cuore della Maremma Toscana, a Suvereto. Da qui nasce la viticoltura simbiotica ed è qui che il Sangiovese la fa da padrone, con le sue vigne immerse tra gli olivi ed i cipressi. La cantina ipogea si mimetizza nel paesaggio collinare ed offre spunti per nuove idee e progetti come il Barricoccio, una barrique di terracotta frutto di tanti studi e ricerche.

Barricoccio e Barrique

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Tenuta Rubbia al Colle - Suvereto

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Dalla Toscana alla Campania, terra vulcanica in cui trova spazio la Tenuta Oppida Aminea, nel Sannio Beneventano. Qui nascono i vini gialli, intensi non tanto nel colore ma nella loro espressione organolettica che rappresenta in ogni sua parte le caratteristiche del paesaggio, una terra fertile ma tenace allo stesso tempo. Tra i vini Campani troviamo la Falanghina, Fiano e Greco ma anche Coda di Volpe, Sanginella, Catalanesca, Pallagrello, Agostinella, Asprinio, tra gli altri.

Tenuta Oppidea Aminea - Sannio

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Ultima, ma non meno importante, la Tenuta Giardini Arimei di Ischia. Qui la conformazione vulcanica dell’isola ne fanno un parco termale naturale, che i Muratori hanno tradotto in viticoltura termale. Le cantine si trovano nella zona di Montecorvo, scavate nei massi delle frande dell’Epomeo, circondate da oltre 1000 metri lineari di parracine. Il vino prodotto qui risente della storia enologica dell’isola, con il riadattamento degli antichi palmenti alla vinificazione del Petra Brox e Giardini Arimei. Per apprezzare al meglio le peculiarità dall’Arcipelago, è possibile partecipare alle visite guidate organizzate alle cantine.

Tenuta Giardini Arimei - Ischia

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mondo del vino

Il regno del Barbacarlo

Lino Maga

Testo di Valerio Bergamini

M

ario Soldati, nel suo libro “Vino al vino” (Mondadori, 1969), in cui racconta i tre viaggi attraverso l’Italia alla ricerca dei vini genuini, afferma che il “Vino è la poesia della terra”. Per Lino Maga invece “Il vino è la terra”. Lino Maga è un vignaiolo di Cameliomagus un borgo collinare che, dalla fine dell’epoca medievale, ha cominciato a chiamarsi Broni. Oggi Broni è un paese di circa 9000 abitanti, in provincia di Pavia, presso lo sbocco della valle Scuropasso, nel cuore dell’Oltrepò. Oltre ad essre un vignaiolo Lino Maga è un contadino verace e strenuamente innamorato della sua terra. Ha le spalle forti, la faccia seria ed un intenso sfavillio nello sguardo, indossa il basco, anzi il purillo, calato sulla testa fin sopra le sopracciglia cispose e scure. Nato nel 1931, abita in via Mazzini 50, dove c’è l’enoteca storica del Barbacarlo, poco distante dalla casa in cui è nato e vissuto per un certo periodo un altro grande bronese, Tiziano Sclavi fumettista e creatore del celebre personaggio Dylan Dog. 30


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Lino Maga

L’enoteca è ammantata da un’atmosfera crepuscolare, dove il tempo sembra abbia smesso di scorrere, con bottiglie ovunque, sugli scaffali, sul pavimento, sul tavolo, sul ripiano del camino. Bottiglie di Montebuono, Ronchetto e Barbacarlo di tutte le annate e molte altre etichette sono lì a dichiarare un amore per il vino senza rivalità, soggezione o complesso d’inferiorità. Si tratta di un vero e proprio tempio pagano del Barbacarlo, tappezzato di libri, cimeli, fotografie, ritratti di personaggi importanti (Gianni Brera, Luigi Veronelli e tanti altri), ritagli di giornale, quadri, strani elettrodomestici, mazzi di carte da gioco, frasi scritte su fogli di cartone, insegne, tralci di viti secolari, attestati e riconoscimenti. Il tutto è disposto in modo casuale, fortuito, ma solo apparentemente disordinato. Il Barbacarlo è un vino scolpito nella pietra che prende il nome da una vigna. Siamo nel pieno concetto di cru tanto caro ai Francesi. I vitigni classici del luogo sono: Croatina, Uva Rara, Ughetta (nome locale della Vespolina), Barbera e altre varietà come la Moradella e la Freisa in piccola percentuale. Le nebbie e le brume che salgono dalla pianura e dal grande fiume accarezzano queste viti e, più fruttuosamente, quelle della collina Porrei ovvero di Barbacarlo, sulle quali i grappoli sono lasciati a maturare al limite estremo delle condizioni climatiche e solo allora raccolti. Nella produzione del Barbacarlo è minimo l’intervento della mano dell’uomo in cantina dove i procedimenti di vinificazione sono semplici e massima è la spontaneità della fermentazione. Di qui la variabilità delle produzioni: ogni anno viene prodotto un vino diverso perchè la natura prende il soppravvento e i suoi cicli non si ripetono mai in modo uguale. Lino Maga ha una passione inesauribile per la vite, la terra che la genera e il suo lavoro. Dice: “Tutti gli anni aspetto con ansia che venga il periodo della vendemmia per fare le ferie! “. Infatti per lui vendemmiare, accarezzare i grappoli d’uva prima di depositarli nelle ceste, annusarne la fragranza, è come andare in vacanza. Lino parla in modo semplice e genuino, come il suo vino, aggiungendovi un’aura di soffusa ironia. 33


Alla razionalità ha sempre contrapposto la spiritualità, la fantasia, l’istinto, la passione e una grande volontà di fare ciò in cui crede. Lino appartiene all’esclusivo club dei grandi profeti del vino come Bartolo Mascarello del Barolo del cuore, Giovanni Battista Columbu della Malvasia di Bosa, Josko Gravner della Ribolla in anfore interrate, Pino Ratto del Dolcetto “Gli Scarsi”, Stefano Bellotti il Pasolini degli agricoltori, Salvatore Murana del passito “Creato” e Walter Massa il “Partigiano” del Timorasso. Come tanti del suo calibro, egli ha aperto nuove strade e rotto equilibri, diventando lui stesso il suo vino. Un vino senza tempo, anomalo, puro, che stupisce i soloni della moderna enologia con la sua arcaicità. Una bevanda che sarebbe sicuramente piaciuta a Guido Gozzano che fa dire al suo Analfabeta: ”Berrei, inconscio di sapori scaltri, un puro vino dentro il mio bicchiere”. Un prodotto vinificato in vecchie o addirittura vecchissime botti di rovere dedicate ognuna a persone care legate alla famiglia Maga e svinato già nella primavera successiva alla vendemmia e subito imbottigliato con la luna buona. È per questo che si porta dietro la possibilità di una rifermentazione in bottiglia visto che, essendo ancora in evoluzione, può non averla ancora svolta completamente. Lino Maga fa parte di quella minoranza sempre più esigua di viticoltori che, con nobiltà d’animo e passione, difende il vino non lavorato, genuino e instabile. È infatti riuscito a progredire nel suo mestiere senza rinunciare al passato anzi indicando la tradizione come modello per il vino del futuro. La Provincia Pavese, che nel 1931 si chiamava il Popolo di Pavia, pubblicava, il 24 agosto di quell’anno, proprio il giorno della nascita di Lino, un articolo dal titolo “Intervista con l’uomo che andrà alla luna”. Era un titolo emblematico e propiziatorio, ma l’articolista non sapeva ancora che era appena nato un astronauta che avrebbe viaggiato nello spazio enologico con una navicella in grado di raggiungere le più alte sfere. Molti anni più tardi l’uomo andrà veramente sulla luna e porterà nello spazio tre bottiglie di Sassicaia. Sono sicuro che se i Venusiani avessero la possibilità di assaggiare il Barbacarlo non esiterebbero a prendere un‘astronave per venire a Broni. 34


Lino Maga Via Mazzini Giuseppe, 50 27043 Broni (PV) 0385 51212

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Dai territori dell’Umbria, l’eccellenza vinicola nel mondo (e non solo)

Gruppo Lungarotti Testo di Valeria Portinari

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mondo del vino

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S

e si dovesse riassumere la filosofia del Gruppo Lungarotti in tre parole sarebbero Vino, Cultura e Ospitalità. La rete di valori e di attività del gruppo si basano sull’innovazione, il rispetto del territorio, la salvaguardia del paesaggio e il risparmio energetico. Il Gruppo Lungarotti ha una storia di mezzo secolo alle spalle, che inizia precisamente nel 1962 quando Giorgio Lungarotti trasforma la sua azienda agricola in azienda vinicola. Siamo nel cuore dell’Umbria, più precisamente a Torgiano (Perugia). Oggi il gruppo è guidato da Chiara Lungarotti e dalla sorella Teresa e le Cantine Lungarotti sono diventate testimonial del terroir umbro a livello internazionale. Dai 250 ettari di vigneto (tra la tenuta di Torgiano e di Montefalco) nascono i vini più importanti della Cantina, primo fra tutti il Rubesco, Rosso di Torgiano Doc, che deve il suo nome alla parola latina ‘rubescere’ ovvero arrossire, ed è l’etichetta Lungarotti più diffusa nel mondo. Dalla Doc alla Docg con il Rubesco Riserva Vigna Monticchio, una versione più pregiata del Rubesco con un invecchiamento medio di 5 anni. 38


Chiara Lungarotti

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Da sin. Chiara Lungarotti, Maria Grazia Marchetti Lungarotti, Teresa Severini

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Un altro vino molto importante della tenuta di Torgiano è il Torre di Giano, Umbria Bianco Igt., fresco e fruttato prodotto esclusivamente da mosto fiore. Oltre ai vini storici, come Torre di Giano Vigna il Pino, Bianco di Torgiano Doc, la cantina produce anche l’etichetta Brezza, un vino fresco adatto a un pubblico giovane. Sono del 2015 le new entry U Bianco e l’U Rosso, due vini moderni e sempre adatti a palati giovani. Della tenuta Montefalco è un altro vino storico dell’azienda, il Sagrantino di Montefalco Docg, vino di grande carattere e di ottima bevibilità prodotto con Sagrantino in purezza, vitigno autoctono umbro tra i più antichi. Lungarotti non è solo vino. I 12 ettari di oliveti forniscono olio extra vergine Dop Umbria Colli Martani e olio extra vergine Cantico, mentre nella balsameria di Torgiano ogni anno vengono prodotte 2000 ampolle di aceto balsamico, un gourmet che nasce dal mosto di uva bianca invecchiato 10 anni. Le grappe del marchio sono la Grappa Riserva di Sagrantino, invecchiata in barrique, e la Grappa Rubesco, bianca giovane. 42


Cantine Giorgio Lungarotti S.r.l. Viale G. Lungarotti, 2 06089 Torgiano (PG) 075 988661 lungarotti@lungarotti.it www.lungarotti.it

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Le Tre Vaselle

Museo del Vino (MUVIT)

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Museo del Vino (MUVIT)

Dal 1987 Lungarotti si occupa anche di promozione e diffusione di saperi, arti e cultura del vino e dell’olio. Per volere di Giorgio e Maria Grazia Marchetti Lungarotti è stata creata la Fondazione Lungarotti Onlus. A Torgiano, in particolare, la Fondazione si occupa della gestione e delle attività del Museo del Vino (MUVIT) e del Museo dell’Olivo e dell’Olio (MOO) e della curatela di mostre, eventi e pubblicazioni. Per quanto riguarda il turismo e l’ospitalità, il brand Lungarotti ha un’offerta ricettiva che comprende il resort a 5 stelle Le Tre Vaselle e l’Agriturismo Poggio delle Vigne, tra i vigneti del Rubesco. Il resort è situato all’interno delle mura di Torgiano ed è dotato di una Spa, tra le prime in Italia, in cui è praticata la vinoterapia. Come non menzionare anche l’U Winebar, il locale ricavato all’interno della vecchia Fornace di Torgiano, che offre la possibilità di gustare l’ottima cucina del territorio assaporando i vini della cantina. 45



MaBeDo Card 2015

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Viaggio al centro della “Via Lattea“...

Dove nascono i formaggi di Beppino Occelli

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made in Italy

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Beppino Occelli

L

a “via lattea” nasce dalle Langhe e giunge a Valcasotto, un piccolo borgo di montagna vicino a Pamparato. Un posto magico in cui riscoprire il valore del silenzio e dell’accoglienza. Immerso nel verde e nella quiete, lontano dal caos cittadino e industriale, è il luogo ideale per godersi una piacevole sosta, trascorrere un weekend o vivere una vacanza rigenerante. È un vero paradiso per gli appassionati di trekking o mountain bike, per chi ama passeggiare nei boschi o tra stupendi sentieri, a piedi o a cavallo. In questo luogo la stagionatura del formaggio ha una lunga tradizione di quasi un secolo. Qui Beppino Occelli ha creato un vero e proprio “Borgo del Gusto”, crocevia di tradizioni, natura, sapori e tranquillità. Nel buio delle cantine di stagionatura, il tempo lavora insieme all’aria e all’acqua, per portare a piena maturazione i formaggi, mentre esperti stagionatori rivoltano periodicamente le forme, le scrutano, le accarezzano, le massaggiano fino al giorno in cui saranno pronte per essere portate in tavola. 50


Successivamente le forme migliori vengono trasferite in cantine più piccole per l’affinatura. Sono lunghi mesi in cui lo speciale microclima ed il contatto con ben 12 legni diversi favoriscono lo sviluppo delle muffe nobili. Il sapore finale del formaggio viene così esaltato e diventa unico. Dietro ogni formaggio c’è un universo da raccontare, siamo rimasti affascinati dalla storia del formaggio Valcasotto, il formaggio del Re, a forma quadrata, fatto con latte crudo di vacca, secondo una ricetta antica recuperata e reinterpretata da Beppino Occelli. Nei pressi del borgo c’è una casa di caccia dei Savoia, la Grangia Reale di Valcasotto. I reali concedevano ai contadini locali di usufruire degli alpeggi e dei pascoli estivi di loro proprietà; a fine estate, come segno di gratitudine, ricevevano in dono questo formaggio, “il papà” della Raschera. La passione per le tradizioni casearie locali, abbinata alla grande creatività di Occelli, gli hanno permesso di produrre un’ampia varietà di formaggi molto apprezzata dai gourmet di tutto il mondo.

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Ricordiamo la famosa Tuma dla Paja, già premiata a New York quale migliore formaggio con l’Oscar del Fancy Food, fino al rarissimo Escarun, considerato unanimemente uno straordinario esempio dell’arte casearia italiana. Tra le specialità più esclusive nominiamo il Cusiè, che matura e si affina per lungo tempo nelle fresche e antiche cantine di Valcasotto, per costituire la Gran Riserva di Beppino Occelli. Si lavora inoltre per ottenere nuove e raffinate specialità: si tratta di gusti che portano ad abbinamenti di sapore curiosi e sorprendenti. Tra questi citiamo l’Occelli al Barolo (Miglior Formaggio “Ubriaco”, Slow Food), a pasta dura da latte di vacca e capra, affinato nelle vinacce arricchite con vino Barolo Docg, che trasferisce al prodotto la complessità dei suoi profumi, rendendolo un grande formaggio da degustazione e meditazione. 52


Menzione speciale anche per l’Occelli con Frutta e Grappa di Moscato, un formaggio eccezionale prodotto con latte di pecora e vacca. Beppino Occelli lo ha creato nel 2011 - in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia - unendo il suo formaggio piemontese alla frutta candita siciliana e alla grappa di Moscato, che ne arricchiscono ulteriormente il quadro organolettico. Come non citare infine l’Occelli in foglie di Castagno un formaggio a pasta dura stagionato per circa un anno e mezzo. Le forme sono poi affinate in foglie di castagno che le trasformano e le arricchiscono di un gusto marcato ed intenso. Non possiamo poi non menzionare anche il burro, definito “Il più buono del mondo” dalla rivista Wine Spectator e “Miglior Burro d’Europa” da The Guardian. Un prodotto unico, fatto con le panne migliori scremate da latte rigorosamente italiano. Ogni panetto viene ancora oggi lavorato a mano, come una volta, con i tradizionali calchi che mettono in rilievo i simboli della montagna evocando le più genuine tradizioni casearie e contadine. Occelli Agrinatura S.r.l. Regione Scarrone, 2 12060 Farigliano (CN) 0173 746411 www.occelli.it info@occelli.it

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Occelli non è solo prodotti caseari, infatti a Valcasotto Beppino ha recuperato l’antico mulino napoleonico di Pamparato (1804) in cui le tre pietre tradizionalmente macinavano le farine di mais 8 file, grano saraceno e castagne. Chi vuole immergersi nella natura e nella quiete del Borgo per più giorni, può pernottare in una delle 8 camere doppie di cui dispone La Locanda del Mulino, finemente arredate, con vista sul borgo e sulle montagne mozzafiato circostanti. Inoltre vi è anche il ristorante, con ampi locali e una terrazza, dove i buongustai possono trovare ristoro, assaporando i piatti del territorio a base di materie prime genuine. Qui, la signora Alessandra, con il prezioso aiuto del marito, si prende cura degli ospiti con estrema professionalità, portando in tavola la variegatissima gamma di formaggi di Beppino Occelli, abbinata a tutte le ricchezze naturali della Valle. Il formaggio non è solo un alimento: è storia, arte, cultura, è un modo per stare in compagnia, condividere un’emozione e un’esperienza sensoriale. Il nostro viaggio del gusto con Beppino Occelli non poteva concludersi in modo migliore.

Locanda Del Mulino Regione Scarrone, 2 12060 Farigliano (CN) 0174 351007 locandadelmulino@valcasotto.it www.valcasotto.it

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soste golose

L’Alta cucina italiana tra metodo, innovazione e creatività

Claudio Sadler Testo di Valeria Portinari

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laudio Sadler è milanese di nascita ma la sua carriera nella Ristorazione comincia a Pavia, quando apre la Locanda Vecchia Pavia. Il debutto a Milano ha invece luogo nel 1986, quando apre l’Osteria di Porta Cicca in Ripa di Porta Ticinese, dove, nel 1991, viene insignito della sua prima Stella Michelin. Nel 1995 il locale si trasferisce in via Troilo, sempre nella zona dei Navigli, dove rimane per 11 anni e riceve la seconda Stella Michelin (2002). L’attività del ristorante viene presto affiancata da altri impegni: nel 1992 è tra i fondatori di Jeunes Restaurateurs d’Europe (JRE), l’associazione che riunisce giovani e talentuosi chef di tutta Europa. Oltre agli incarichi di consulente gastronomico, diventa anche Presidente dei ristoratori milanesi e nel 2012 dell’Associazione Le Soste. La carriera dello Chef è costellata dall’uscita di sei grandi libri di ricette mentre il 2014 è l’anno di pubblicazione di un libro monografico dedicato al pesce, edito da Italian Gourmet, per un pubblico professionale. 58


Claudio Sadler

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Ristorante Sadler

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Riccio di mare con spuma di cavolfiore Dal libro “Pesce”, Ed. Italian gourmet (2014)

Un’altra grande parte dell’attività dello chef è volta all’insegnamento. Dal 2002, creando Q.B. centro di cucina enogastronomico, organizza corsi per professionisti e appassionati, affiancato da altri insegnanti. Nel 2007, in via Ascanio Sforza 77, Claudio Sadler apre il suo Ristorante stellato dedicato all’Alta cucina italiana. L’ambiente è elegante, moderno e leggero, con una particolare attenzione al cliente ed all’accoglienza. I piatti sono poi affiancati da una carta vini vasta e selezionata che propone i migliori vini italiani e francesi. Accanto al Ristorante Sadler ha trovato spazio anche Chic’n Quick Trattoria Moderna, un locale dedicato a una ristorazione più informale e dinamica ma che porta comunque lo stile del grande chef. Se si dovesse definire la filosofia culinaria di Claudio Sadler in poche semplici parole si potrebbe dire “Cucina moderna in evoluzione”. La cucina dello chef è infatti caratterizzata da una costante ricerca di armonia, semplicità e leggerezza, in un equilibrio tra tradizione della cucina regionale e creatività. 63


“Buono, bello, moderno e leggero sono gli obiettivi che mi spingono a sfruttare le mie conoscenze e la mia creatività. Mi piace definire la mia cucina ‘moderna in evoluzione’, perché la considero un contributo al rinnovamento. Infatti, non mi piace cucinare soltanto piatti tradizionali, ma anche quelli moderni: due estremi che, se sapientemente dosati dall’estro e dalla sensibilità artistica, possono regalare gusti unici e innovativi pur mantenendo il rispetto per la tradizione” - dichiara Claudio Sadler. “Lo considero un modo per salvaguardare il patrimonio culinario nazionale accompagnandolo nella contemporaneità; in altre parole parto dalle radici della cucina nostrana e “trasgredisco” in qualche modo le regole per ottenere un risultato più accattivante.” Il percorso che porta alla realizzazione di un piatto è molto lungo e complesso: le ricette dello chef nascono a tavolino con disegni a pastelli che consentono di studiare il corretto bilanciamento della cromaticità degli ingredienti. Solo in un secondo momento i piatti vengono portati in cucina ed inseriti all’interno del menu. Questo approccio allo stesso tempo metodico e aperto all’innovazione associato ad una selezione e lavorazione delle più pregiate materie prime con talento e creatività, fanno di Claudio Sadler uno chef di fama internazionale.

Ristorante Sadler Via Ascanio Sforza, 77 20141 Milano 02 58104451 www.sadler.it/ristorantesadler sadler@sadler.it

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Alici impanate alla milanese

Dal libro “Pesce”, Ed. Italian gourmet (2014)

Cannoncini di polpo al gelsomino

Dal libro “Pesce”, Ed. Italian gourmet (2014)

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soste golose

A Cassino Po vanno in scena la qualità e l’autenticità lombarde

Enoteca Regionale della Lombardia in Oltrepò Pavese Testo e foto di Valeria Portinari

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Cassino Po, appena fuori Broni, ha inaugurato l'Enoteca Regionale della Lombardia in Oltrepò Pavese, all'interno di un cascinale ristrutturato. La storia di questa proprietà lo vuole prima convento, nel 1600, e poi cascina dai cui ambienti sono stati ricavati gli spazi della nuova Enoteca, che si sviluppa su tre piani. Al piano terreno la sala degustazioni con esposizione dei prodotti, al primo la sala conferenze e al secondo il ristorante.

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Enoteca Regionale della Lombardia Via Cassino Po, 2 27043 Broni (PV) 331 7552085 www.enotecaregionaledellalombardia.it info@enotecaregionaledellalombardia.it

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L'Enoteca Regionale raccoglie i migliori vini e prodotti lombardi, in una selezione di eccellenza di etichette e tipicità . I vini vengono venduti a bottiglia a prezzo di cantina e possono ovviamente anche essere degustati in Enoteca a rotazione settimanale abbinati a menu di volta in volta differenti. Tra le etichette troviamo Giorgi, Travaglino, Finigeto, Molinari, Torre degli Alberi, Conte Vistarino, Anteo, Bertè & Cordini, Ferghettina, La Montina, Consorzio Valtenesi, Gaggiarone di Alziati Annibale. 73


I vini possono essere degustati in abbinamento a piatti tipici della tradizione o rivisitazioni delle ricette lombarde, creati con prodotti Dop, Igp o biologici. Di grande interesse sono ad esempio il tagliere di Salami (Varzi, Mantovano, Mortara), di Salumi di Collina (Bresaola della Valtellina, Salamini di Cinghiale della Valchiavenna, Coppa Marinata nel Barbera dell'alta Valle Staffora) oppure di formaggi di capra delle prime colline dell'Oltrepò (Tomini, Tronchetti, 74

Primosale, Caciotte, Tome, Ricotta). Il menu varia ogni venti-trenta giorni per mantenere un'offerta di prodotti in base alla stagionalità. Oltre alle degustazioni, l'Enoteca offre anche la possibilità di organizzare eventi e conferenze. Dal 10 ottobre l’Enoteca è aperta a tutti coloro che vogliono assaggiare e assaporare i particolari accostamenti proposti, in una cornice perfetta per rappresentare la cultura del territorio dell’Oltrepò e della Lombardia.


Fabrizio Morandi Lisi

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Ristorante Pavese dal 1951

Le Rubinie del Po

GRADITA LA PRENOTAZIONE

Località Ponte della Becca, 1 Linarolo (PV) tel 0382 587039 info@lerubiniedelpo.it - www.lerubiniedelpo.it CHIUSO IL LUNEDì



Castello di Tagliolo

Una fortezza ricca di storia e tradizione Testo di Valeria Portinari

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location per eventi

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el cuore dell’Alto Monferrato, in provincia di Alessandria, si trova il Castello di Tagliolo, una fortezza medievale che domina sul territorio circostante. La storia del Castello è davvero affascinante: le prime notizie risalgono al X secolo, epoca della costruzione della Torre Saracena che tuttora fa parte della fortezza, mentre una seconda parte è stata invece costruita nel 1350. Dopo aver conosciuto diversi feudatari, tra i quali anche i Doria, nel 1498 il Castello entra in possesso della Famiglia Gentile. Nel 1750 a seguito del matrimonio tra Teresa Gentile e Costantino Pinelli, il feduo passa definitivamente alla famiglia Pinelli Gentile, i quali diventano Marchesi di Tagliolo, trasformandosi da fortezza militare a dimora. Tagliolo ha una forte tradizione vinicola che affonda le sue radici ancora prima del XV secolo ed è tutt’ora l’attività principale della famiglia Pinelli Gentile. Le cantine dell’Azienda Agricola Castello di Tagliolo sono tra le più prestigiorse dell’Alto Monferrato ed i vini sono ottenuti da uve selezionate coltivate in 20 ettari di vitigni nel territorio del comune di Tagliolo. 80


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Il vitigno più importante è quello del Dolcetto d’Ovada. Il Barbera del Monferrato e il Cortese dell’Alto Monferrato sono tra i rinomati vini a denominazione di origine controllata della zona, mentre tra i vini propri del Castello troviamo anche la Castagnola, il Metodo Classico, il Gentile, lo Spumante Brut del Castello, il Bianco ed il Rosso Nobile, l’In...chino, prodotti all’interno delle cantine secolari e invecchiati in antiche botti di rovere di Slavonia. Il Castello di Tagliolo è anche ospitalità: nell’ultimo decennio hanno trovato spazio altre attività come eventi e feste, matrimoni e pranzi di gala. La sala interna può ospitare fino a 150 posti a sedere ed è disponibile tutto l’anno. Il borgo medievale adiacente al Castello è stato ristrutturato completamente per ricavarne delle guest house, ognuna con cucina e giardino privato. Grazie ad un’ospitalità genuina, i turisti possono dunque immergersi completamente nella realtà del Castello, pur mantenendo la propria indipendenza. Gli ospiti delle guest house hanno diverse opportunità di svago, infatti nel soggiorno è compresa anche la visita ad una parte del Castello ed alle Cantine, con possibilità di degustazione dei vini dell’Azienda. 85


Il Castello inoltre è situato all’interno del Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, paesaggio ideale per escursioni e passeggiate a contatto con la natura. Molto vicina è anche la Riviera di Ponente e la città di Genova, per chi ama il mare e desidera stare più a contatto con la vita cittadina. Per chi invece non soggiorna nelle guest house del Castello, c’è la possibilità in piccoli gruppi, su prenotazione, di organizzare visite guidate con degustazione dei vini delle Cantine accompagnati da ottimi piatti realizzati con prodotti tipici e genuini della zona a km 0. La specialità del Castello sono gli agnolotti serviti in ciotola con il Dolcetto d’Ovada. Tra i prodotti creati dalla famiglia Pinelli Gentile ci sono anche l’olio e il sorbetto al Gentile che viene servito soprattutto durante i mesi estivi. 86

Azienda Agricola Castello di Tagliolo

Via Castello, 1 15050 Tagliolo Monferrato ( 0143 89195 www.castelloditagliolo.com castelloditagliolo@libero.i


(AL)

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location per eventi

Il Castello di Montesegale tra passato e presente

Arte, cultura e tipicità Testo di Carlo Ferrari

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ui a Montesegale, tra le verdi colline dell’Oltrepò pavese, si respira aria di Medioevo. Il castello risale al XII secolo e domina il paese e le sue 21 frazioni, piccole contrade ancora protagoniste, come e più che a Siena, di rivalità e sfide. Il Medioevo c’è nel paesaggio, ancora incontaminato, figlio del “non sviluppo” di questo territorio, nel torrente Ardivestra che scende spesso impetuoso a valle oggi come allora, quando il castello ospitava quattrocento fanti e duecento cavalieri, nel 1322, gli anni del suo massimo splendore. La storia che conta del borgo comincia ben prima di Federico Barbarossa, ma certo è che l’imperatore concesse a Pavia questi territori ai conti palatini. Successivamente a un ramo dei conti palatini, la famiglia Gambarana, spettò il castello che, con alterne fortune rimase di proprietà dei discendenti di questa nobile casata fino alla fine dell’800, per arrivare poi dopo numerosi passaggi di proprietà all’imprenditore Ruggiero Jannuzzelli che ne ha fatto la sua residenza riportandolo con importanti lavori di restauro all’antico splendore. Dall’alto del castello la vista spazia a 360 gradi dominando verdi colline, campi coltivati e terreni adibiti a frumento che riportano al nome originale del paese: in passato il territorio era seminato con piante graminacee tra cui la segale da cui deriverebbe il nome del comune. 88


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La presenza di un castello così ricco di storia ha positivamente influenzato il comune aggiungendo alla ricchezza del paesaggio una tradizione d’arte incomparabile: mostre, premi, rassegne, soggiorni di pittori, scultori, convegni e opere rimaste a segnare il territorio. Una “traccia d’artista” è il Dolce far nulla, opera del pittore Omar Hassan: una panchina dipinta dal giovane artista e collocata in un punto dal panorama straordinario, allo scopo di celebrare La Natura che domina così i 1.500 ettari del territorio e che ha un’altitudine variabile tra i 200 ed i 600 metri. Montesegale infatti, ha una solida tradizione di incontri con autori e personaggi della cultura e dell’arte. In una antica casa incastonata nelle mura del castello, infatti, abitava Raffaele de Grada, uno dei più importanti storici dell’arte del Novecento, il quale ha richiamato a Montesegale personaggi della politica e della cultura. Una presenza che si è sempre intrecciata con quella del proprietario del castello, Ruggiero Jannuzzelli, imprenditore e mecenate. Nel castello di Montesegale trova sede il Museo d’arte contemporanea: tre grandi gallerie all’interno delle quali sono state allestite negli anni mostre e incontri con i più grandi maestri dell’arte contemporanea italiana e straniera. Al castello hanno lavorato e soggiornato negli anni: Boris Mardesic, Giulian Schnabel, Salvatore Fiume, Guido Razzi, lo scultore Mario Robaudi, filosofi e teologi. 91


Nonostante tutto questo fervore culturale, la tranquillità e il paesaggio a 80 chilometri da Milano sono il punto di forza di Montesegale: dolci colline, colori caldi del frumento contrapposti a tutte le tonalità di verde, appezzamenti con squadrature talmente perfette da sembrare pezze di velluto. Persino l’atmosfera che caratterizza l’inverno ha il suo fascino. Frutta, salumi, miele e pane sono i prodotti tipici. Nel territorio si trovano ancora alcuni allevamenti di maiali destinati alla macellazione e alla produzione del salame e laboratori artigianali del salame di Varzi D.O.P. A Montesegale, infatti, ha sede uno dei migliori laboratori artigiani del salame di Varzi: il salumificio Magrotti. Nel paese è un’istituzione per l’altissima qualità dei suoi prodotti. Nasce negli anni ’50 dall’iniziativa di Rita e di Gino che dopo aver aperto un negozietto avviarono l’attività con una bottega di 10 metri quadrati. La bottega della Sig.ra Rita, grazie al figlio Piero si è trasformata in un salumificio d’élite cha ha avviato collaborazioni e ricerche con l’Università di Parma. 92


Castello di Montesegale Montesegale (PV) www.comune.montesegale.pv.it

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Il Comune ha anche intrapreso la tutela di alcuni prodotti tipici del territorio, assegnando la DECO, denominazione comunale, dopo aver allestito in anni successivi due convegni sul tema del paesaggio e dei prodotti. Si tratta del “Pansegale”, pane ottenuto dall’impasto di farine di segale e frumento con uva passa, fichi e noci. Sempre in materia di pane (ricordiamo che Montesegale è socio fondatore dell’Associazione città del pane) il secondo dei cinque prodotti Deco è la “ Trêsa”, pane di pasta dura ottenuto attraverso una lavorazione manuale e una lievitazione lenta su assi di legno. Tra i salumi spicca la “Mundiôla” una specie di coppa magra ottenuta dai muscoli cervicali del suino che forniscono particolare delicatezza all’insaccato e il “Salàam da cöta” classico della cucina invernale, insaccato con cotenne in budello bovino. Si consuma dopo una lenta cottura in acqua salata. L’ultimo prodotto ad avere ottenuto la DECO è la “Torta di mandorle di Montesegale”, antica ricetta di cent’anni fa, che veniva preparata per la festa patronale della frazione Languzzano e che è stata riscoperta di recente. Montesegale rientra tra i 19 comuni che fanno parte della Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese e tra i 15 comuni che possono produrre il salame D.o.p. di Varzi. Membro dell’Associazione Borghi Autentici d’Italia (Montesegale è primo Borgo Autentico Certificato d’Italia) da anni si impegna in attività culturali tese a valorizzare il territorio e le sue peculiarità storiche, naturalistiche, enogastronomiche e imprenditoriali. Montesegale si ispira ad un concetto di sviluppo sostenibile che vede al centro la comunità dei cittadini inseriti in un paesaggio sociale e fisico particolare, vera risorsa del Comune. 95


“Il progetto “Montesegale Borgo d’arte e di Cultura” nasce dall’esigenza di animare la vita del Comune attraverso una serie di attività ed eventi coordinati per valorizzare il patrimonio culturale e naturalistico e le potenzialità, anche turistiche, del territorio. L’Amministrazione per preservare e comunicare i valori dell’intera comunità ha individuato tematiche specifiche sulle quali incentrare un complesso di eventi ed interventi volti sia alla cittadinanza sia al turismo per incentivare la rinascita comunale, attraverso processi decisionali partecipati, politiche di crescita sostenibile, momenti di approfondimento culturale. La Fiera di San Damiano, è l’evento principale del piccolo borgo e si tiene tutti gli anni la quarta domenica di settembre. Nello splendido scenario del castello di Montesegale, tutti gli anni viene riproposta la rievocazione storica contenente spaccati di vita dell’epoca ed eventi specifici su libero adattamento di documenti storici, come per esempio la cerimonia dell’investitura del conte Gambarana. Il castello di Montesegale è il teatro naturale e l’attore principale dell’evento. Questa Fiera è divenuta il veicolo privilegiato per promuovere - a livello turistico e culturale - le eccellenze dell’Oltrepò Pavese. La rievocazione storica ha riportato alla luce i passaggi più importanti della storia di Montesegale, attraverso un lavoro sia di ricerca delle fonti storiche che di valorizzazione della memoria locale. Tra le attività che vengono poste in essere: l’esposizione e la vendita dei prodotti tipici enogastronomici, le sedute di degustazione del salame di Varzi DOP e dei vini DOC e DOCG (in collaborazione rispettivamente con il Consorzio di tutela del salame di Varzi DOP ed il Consorzio di tutela dei vini Oltrepò Pavese), la sfilata del corteo storico, lo spettacolo degli sbandieratori. Il medioevo in festa rivive con i cantastorie, giochi e mestieri dell’epoca, esibizioni di giocolieri, balestrieri e spadaccini, i laboratori teatrali per ragazzi e bambini, spettacoli itineranti, i laboratori artistici e di decorazione, la disfida degli arcieri alla corte dei Gambarana con l’A.S.D. Arcieri Ardivestra, il concorso fotografico “scattinfiera” e molto altro ancora… 96

Fiera di San Damiano


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www.contevistarino.it


eventi

Sapori, gioco e arte sotto la cupola Arnaboldi

Scacco matto di buongusto Testo di Simona Rapparelli

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Foto di Anna Daverio

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mmagina una grande scacchiera sul pavimento della stupenda cornice di Cupola Arnaboldi, nel centro Pavia, fatta di immagini, colori, fantasia e pennellate di passione. Aggiungi il mondo del food, del gusto e del prodotto tipico pavese. Unisci questi ingredienti, dai una shackerata veloce e sorprenditi: ecco servito “Scacco Matto di Buongusto”, iniziativa organizzata nella giornata di sabato 24 ottobre, che ha visto protagonisti indiscussi i sapori del territorio pavese, ma anche l’arte che sposa il buon cibo e il buon vino e la tradizione dell’Oltrepò e del pavese, coi suoi deliziosi fiori all’occhiello. Nato dalla mente dell’artista pavese Andrea Iucu, l’evento è stato realizzato in collaborazione e con il sostegno dell'Assessorato al Commercio e del Duc (Distretto Urbano del Commercio) del Comune di Pavia. L’idea che sta alla base dell’intera iniziativa è quella di diffondere l'arte, l'amore per il cibo e di divertire il visitatore, in un matrimonio fascinoso sia per il palato che per gli occhi. Ci sono gli scacchisti, che hanno potuto giocare sia su normali scacchiere messe a disposizione dagli organizzatori che su un campo di gioco formato in totale da 64 caselle, per la ragguardevole dimensione di due metri e mezzo per lato. 102



ARTISTI SULLA

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DAVIDE CORNARA GIULIA ZACCHETTI MAYADA NAZHA CAROLA DRASSIO FABRIZIO MOLINARIO MAURO BARONI FEDERICO BARBIERI LUCA TAGLIABUE ROSA TALARICO RODRIGO BLANCO STEFANO BROCCA NADIA BURONI MAURIZIO QUARTIROLI LELE ZONCADA GIOVANNA BIANCHI JOE MELANDRA FRANCESCO IUCULANO BIANCA LODOLA GLORIA BROCCHETTA FULVIO MARTINI CLAUDIA VERDICCHIO FIORENZA ORSEOLI CHIARA SPELTA MANUELA CUCCHI DARIO SGARZINI GIOVANNA FR FRANTZ GAUVINIERE DAVIDE FERRO DAVIDE MASSACRA MARIA DI MICELI GIANLUCA ROSSI MATTEO REPOSI


SCACCHIERA

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GIANNI CELLA VITTORIO PRINA PUPI PERATI GIUSEPPE FARUGGELLO FRANCO MARINARO LAURA VENGHI ARIS MARAKIS IUCU MARCELLA MILANI ANDREA BRUSCHI GIULIA SIMONETTI PIERGIORGIO DE PAOLI NANA OKTOPUS ROSSANA FALCONE LUCA CARCANO PANAGIOTA VIKTORATOU SIMONE VERDI LUIGI PACCHIARINI ADRIANA ZONCADA PETER CAIRATI GIULIA FERRO GUIDO MALAGURI DIEGO BOIOCCHI (MOHO) ANNA DAVERIO VIOLA CAPPELLETTI RICCARDO CORCIOLANI LUDOVICO SIOMONE LUCIANA CASATTI MARIALUISA CONSERVA ANNARITA MICHELI DAVIDE BAROGGI ELEONORA PESARESI

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Foto di Viola Cappelletti

La particolarità di questa scacchiera è che ogni casella è costituita da un’opera d’arte: chicchi del riso nostrano, simbolo del pavese; la città di Pavia con il suo ponte coperto e la cupola del Duomo (originale per esempio l’opera dell’artista Manuela Cucchi che vede un calice di vino e una bottiglia sovrapposte alla Cattedrale). Ci sono l’uva e le mele, i vitigni e i campi coltivati che colorano le colline, i pesci di fiume e i salumi, i formaggi e le deliziose Offelle di Parona, che nella visione artistica di Fulvio Martini si colorano di nuove sfumature per far risaltare al meglio l’armoniosa forma del biscotto ritratto su sfondo nero. Nella scacchiera ci sono altre bellezze del territorio: una bella fanciulla di giallo vestita, seduta tra l’erba sulle rive del fiume azzurro, che guarda lontano all’orizzonte e tiene tra le mani una melagrana con accanto un cestino di vimini colmo di bontà pavesi tipiche dell’autunno. Tra le opere c’è posto anche per il buono: salame di Varzi, castagne e un magnifico grappolo di uva nera. Non è tutto, al termine dell’evento, ogni quadrato (fotografia o dipinto) che compone l’artistica scacchiera è stato esposto in 64 bar e negozi del centro storico di Pavia: un premio d’arte pura destinato ad una lotteria benefica, il cui ricavato verrà completamente devoluto in beneficenza. Il cibo è quindi diventato ispirazione ma anche veicolo per conoscersi: tanti gli artisti non pavesi che hanno partecipato al progetto e che hanno accettato i mettersi in gioco illustrando una (buona) realtà che non conoscevano e da cui si sono lasciati affascinare… In attesa del prossimo incontro artistico tra cibo e arte. 107


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eventi

Wedding Day

Castello di San Gaudenzio Testo di Valeria Portinari

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rande successo per il Wedding Day organizzato il 25 ottobre al Castello di San Gaudenzio dal direttore Maurizio Marcone. Pi첫 di un centinaio le persone invitate che hanno avuto occasione di visitare la location e confrontarsi con gli "addetti ai lavori" per l'organizzazione delle nozze.

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Dopo un aperitivo ricco di prelibate stuzzicherie di ogni genere, accompagnati dalle bollicine Cuvèe Eleonora Giorgi dei F.lli Giorgi, le giovani coppie hanno potuto assaporare il menu proposto dal Castello. Un bis di ottimi primi e secondi che hanno solleticato i palati degli ospiti. Vino rosso dell'occasione, l'Augurio della Cantina Cabanon, selezionato appositamente per i matrimoni da Elena Cabanon.

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Castello di San Gaudenzio Loc. San Gaudenzio 27050 Cervesina (PV) 0383 3331 www.castellosangaudenzio.com info@castellosangaudenzio.com

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Immancabile la visita al Castello e ai luoghi di celebrazione sia del rito religioso che di quello civile. All'esterno, una carrozza esposta all'entrata per ricordarne ai futuri sposi la possibilità di noleggio per un matrimonio in grande stile.

“Boutique del fiore” di Viola Vincenza - Cervesina “Gatti bomboniere” - Cervesina Per la musica Giorgio Macellari - Voghera Fotografa Giovanna Corti

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eventi

Visita a Cascina Montagnola per assaporare il Timorasso

Aromi, profumi e prodotti tipici dei colli alessandrini Testo di Valeria Portinari

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abato 31 ottobre, a Viguzzolo (AL), Donatella Giannotti ha aperto le porte di Cascina Montagnola per la degustazione del Timorasso, un vino bianco molto pregiato a produzione limitata. Originato da un vitigno autoctono dei colli tortonesi, questo vino è molto adatto all'invecchiamento, arrivando anche a 15 anni, ed è una tipologia poco commerciale. Ogni annata ha caratteristiche molto diverse dalle altre: sono importanti l'andamento della stagione e della vendemmia, che influiscono sugli aromi e i profumi, creando un vino intrigante e fantasioso. Queste qualità sono state apprezzate durante la degustazione, affiancate da prodotti tipici locali che ne esaltavano il gusto, in un incontro conviviale in cui il protagonista non è stato solo l'ottimo vino ma anche le persone che lo hanno assaggiato. Uno dei tratti distintivi di Cascina Montagnola è proprio l'accoglienza e la particolare atmosfera che si crea durante una degustazione, che fa venire voglia di tornare a ripetere l'esperienza. I prodotti dell'Azienda Vinicola rispecchiano completamente il modo di essere e la filosofia dei titolari, in un'ottica di genuinità e naturalezza che si riflette in ogni fase della coltura dell'uva e produzione del vino. 116


Cascina Montagnola Strada Montagnola Inferiore, 1 15058 Viguzzolo (AL) 348 0742701 www.cascinamontagnola.com info@cascinamontagnola.com

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Donatella Giannotti e Filippo Quaglini

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Palazzo Italia

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eventi

Un incontro mondiale di cibo e cultura

Expo Milano 2015 Testo e foto di Valeria Portinari

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i è conclusa sabato 31 ottobre, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l'Esposizione Universale 2015 a Milano. Un'area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri per 145 paesi, organizzazioni internazionali e sponsor, che hanno accolto i 21,5 milioni di visitatori che da maggio ad ottobre si sono avvicendati all'interno di Expo2015. Un tema vastissimo come quello di Nutrire il Pianeta, energia per la vita. C'è stato chi ha visto tutti i padiglioni, chi ne ha approfittato per assaggiare le prelibatezze degli altri paesi e chi ha partecipato a parate, feste, concerti, serate a tema. Qualcuno lo ha snobbato, altri si sono affezionati così tanto all'atmosfera che non avrebbero mai voluto vederlo chiudere; in un modo o nell'altro tutti lo abbiamo amato o odiato. Alcuni paesi hanno avuto più successo di altri all'interno della manifestazione, è il caso del Giappone, con il suo record di 10 ore di coda per entrare a visitarlo ed assistere alla cerimonia del tè, immersi in un gioco di luci e proiezioni; o del Brasile, il preferito dai più giovani che si sono divertiti a saltare sulla rete sospesa a mezz'aria.

Albero della Vita

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Pad. Kuwait

Preso d'assalto anche Palazzo Italia, la cui coda interminabile si sviluppava lungo il Cardo, davanti all'Albero della Vita e agli altri padiglioni italiani. Ogni giorno la parata di Foody (la mascotte di Expo2015) ha intrattenuto grandi e piccoli con musica, balli e personaggi animati, in un'atmosfera sempre calda e giocosa che faceva da intervallo tra un padiglione e l'altro. Passeggiando sul Decumano si aveva la sensazione di far parte di un piccolo centro abitato in cui si susseguivano luoghi di intrattenimento e di condivisione. Si poteva mangiare cibo tipicamente italiano e poi provare l'hamburger di coccodrillo al padiglione dello Zimbawe o le chips di banana platano a quello di Haiti; assaggiare il vero street food americano fatto di hot dogs, hamburger e panini all'astice, comprare la classica baguette francese oppure prenotare un tavolo al ristorante Giapponese, per assaporare il prelibatissimo pesce palla. 122


Pad. Emirati Arabi Uniti

Pad. Gran Bretagna

Pad. Francia

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Pad. Azerbaijan

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Pad. Cina

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Pad. Spagna Pad. Kuwait

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Pad. Vanke Pad. Gran Bretagna

Un'occasione unica per fare il giro del mondo (o quasi) e scoprire usi, costumi, prodotti e piatti tipici di ogni paese senza dimenticare l'architettura dei padiglioni e gli allestimenti scenografici degli interni. Al padiglione del Belgio il tema centrale era quello dell'ecosostenibilità , con una esposizione di metodi alternativi di produzione alimentare, uno fra tutti l'acquaponica. L'Austria ci ha portato nel microclima di un bosco austriaco, una scenografia naturale fatta di piante e vapore. Splendido il padiglione Gran Bretagna, con lo scopo di far riflettere sull'importanza dell’impatto che la produzione e il consumo di cibo hanno sulla vita delle persone. Centrale il tema delle api e del viaggio che intraprendono attraverso i campi per poi tornare all'alveare, una gigantesca cupola di metallo che accoglieva i visitatori al suo interno. E poi la Francia con i suoi prodotti tipici riconoscibili in tutto il mondo; la Spagna, che ci racconta la propria evoluzione nei processi produttivi mantenendo forte la combinazione tra tradizione e innovazione. 127


Pad. Kuwait

Pad.USA

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Pad. Russia Pad.Kazakhstan

Pad.Spagna

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Pad. Iran

Dall'Europa alla Russia per scoprire come questo paese sia fondamentale per l'approvvigionamento alimentare del mondo e quale sia stata l'importanza di alcune scoperte scientifiche per lo sviluppo dell'agricoltura. Alla fine del percorso, la terrazza sopra il Decumano e gli altri padiglioni permetteva di apprezzare Expo2015 anche da una diversa prospettiva. Chi ha avuto poco tempo per visitare i padiglioni ha potuto comunque godere della loro bellezza esteriore: tra le architetture più belle quella della Cina, Messico, Vanke, Emirati Arabi, Kuwait, Azerbaijan, Vietnam. Luci e colori hanno fatto da padrone durante le serate animate soprattutto dai giovani che hanno scelto il biglietto serale ridotto. Ultimo ma non meno importante, l'Albero della Vita, che è stato il più fotografato e condiviso per la bellezza della sua forma, delle sue luci e dei suoi spettacoli che hanno scandito quasi ogni ora del giorno, da maggio ad ottobre. Milano è stata capitale del mondo per sei mesi e noi con lei abbiamo potuto incontrare altre culture, tradizioni, usi e costumi alimentari e non, in un continuo scambio di saperi e sapori, mossi dalla curiosità e dalla voglia di conoscere ciò che non possiamo toccare con mano ogni giorno, ma che comunque ci appartiene a livello globale. 130


Pad. Belgio

Pad. Kuwait

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winte

Assicurazioni &


erass

& Investimenti


mondo dei motori Tra passato e presente

Un sogno chiamato Porsche Testo di Piero Ventura

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hi da ragazzo non ha sognato almeno una volta di essere alla guida di una bella e potente Porsche, alzi la mano. Modelli rimasti poi nella memoria crescendo, dimenticati quando l’evoluzione tecnica li ha sostituiti con nuove creazioni al passo con i tempi. Quegli stessi tempi a cui anche noi ci siamo messi al passo, infatti, le nostre auto di oggi rappresentano l’esigenza quotidiana in funzione del lavoro o della famiglia. I più fortunati la Porsche magari ce l’hanno, bella, lucente e scattante di ultima generazione come la nuova 911 Carrera dal motore completamente rinnovato, con sovralimentazione biturbo da 370 cavalli e, nella versione S, 420 cavalli. In entrambi i casi 20 in più della precedente versione, con un regime massimo di 7.500 giri/min. Le prestazioni di guida della nuova 911 sono convincenti: la Coupé con cambio a doppia frizione e pacchetto Sport Chrono effettua lo sprint da 0 a 100 km/h in 4,2 secondi, ed è quindi più veloce di due decimi di secondo rispetto al modello precedente. La 911 Carrera S assolve il compito in soli 3,9 secondi (anche in questo caso in meno 0,2 secondi). Esternamente, la 911 Carrera mostra molti ritocchi estetici: dai nuovi fari con luce diurna a quattro punti alle maniglie porta prive di guscio, fino al cofano posteriore di nuova configurazione con lamelle verticali e nuove luci posteriori, fra le quali spiccano le caratteristiche luci stop a quattro punti. Nell’abitacolo, il nuovo Porsche Communication Management, presente di serie, con schermo multitouch, offre infine una gamma di funzioni notevolmente ampliata e comandi semplificati. 134


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Vettura indubbiamente fantastica, che quasi si guida da sola. Nonostante ciò, anche nella mente dei più fortunati, rimane la Porsche dei nostri sogni di gioventù, si, quei sogni e quelle Porsche degli anni ’50, ‘60 e ’70 che vanno dalla 356 alla 911. Preziosi gioielli che hanno radici di forgiatura a Gmünd in Kärnten. Gmünd in Kärnten è una piccola, graziosa cittadina della Carinzia, in Austria, adagiata a poco più di 700 metri d’altitudine in una posizione soleggiata fra le valli Maltatal e Liesertal. Nella primavera del 1948, un rombo esce dalle pareti di legno d’una vecchia segheria, si spande fra baite e fattorie e rimbalza fra le sponde dei fiumi Malta e Lieser riempiendo d’echi la quiete della valle. Quei rombi sono una musica nuova, per Gmünd e per il mondo dell’automobile: nella ex segheria sono nati un nuovo costruttore, Porsche, e una nuova auto: la 356, la prima che porta il nome del grande progettista Ferdinand Porsche. Nato nel 1875, è stato senz’altro uno dei più grandi geni dell’automobile; concepì però le sue migliori creature nella prima metà del secolo scorso: in quel periodo egli progettò infatti alcuni modelli ormai entrati nella leggenda tra i quali ricordiamo la Austro-Daimler Prinz Heinrich, la Mercedes-Benz 38/250, la Auto Union Grand Prix a 16 cilindri e la Volkswagen. A Porsche va anche attribuita la paternità del carro armato Tiger, della Cisitalia Grand Prix e della Austro-Daimler Sascha. Durante la Seconda Guerra Mondiale, lavorò alla progettazione di veicoli militari per l’esercito nazista: per questa ragione, dopo la sconfitta della Germania, fu internato in Francia per due anni. Durante questa prigionia, Porsche collaborò come consulente alla progettazione della Renault 4 CV a motore posteriore. Appena fu autorizzato a lasciare la Francia, si stabili a Gmünd, in Austria, dove, con l’aiuto del figlio Ferry e di Karl Rabe, realizzò il primo modello sport marcato con il suo nome, la Porsche 356: per questa automobile utilizzò il motore Volkswagen a 4 cilindri orizzontali contrapposti di 1086 cc opportunamente elaborato. Da allora fino ai primi mesi del 1950 i rombi si moltiplicano e diventano suoni familiari alle stradine fra i pascoli, al castello del conte Lodron, alla vecchia rocca, alle antiche chiesette e alla bella piazza della cittadina. 137


Dopo la 356/1, la prima roadster completata l’8 giugno 1948, esce dalla segheria la 356/2, una coupé con la carrozzeria d’alluminio disegnata da Ervin Komenda come la roadster ed eseguita da Friederich Weber, battilastra proveniente dalla Austro Daimler. A questa seguono tre 356 coupé nel 1948, 25 nel 1949 e 18 nel 1950, tutte battute a mano da Weber e dai suoi aiutanti utilizzando un mascherone di legno, un ceppo, un martello e un cannello ossiacetilenico. Parallelamente alle coupé escono da Gmünd diversi telai con improvvisati sedili di legno, che attraversano la Carinzia verso la Svizzera, a Thun, dove il carrozziere Beutler li veste con carrozzerie spider, sostituito più tardi da Kastenhofer di Vienna. A Gmünd vennero costruiti 50 esemplari della Tipo 356, tutti vestiti con carrozzeria spider in lega di alluminio. In Austria, però, vi era una cronica carenza di materiali, di componentistica e di personale qualificato: di conseguenza, Porsche preferì trasferirsi in Germania, a Stoccarda-Zuffenhausen. Oggi Gmünd possiede un piccolo museo della Porsche, il “Porsche Automuseum Helmut Pfeifhofer”, situato nei pressi della ex segheria in cui Ferdinand Porsche iniziò a costruire le sue automobili dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nella nuova fabbrica, la Tipo 356 a motore posteriore fu prodotta in varie versioni di carrozzeria (coupé, cabriolet, trasformabile e speedster) e con diversi motori, di cilindrata compresa tra i 1096 e 1966 cmc. Nel 1965 la Tipo 356 fu rimpiazzata dalla Porsche 912, equipaggiata con un motore in lega leggera a 4 cilindri orizzontali contrapposti di 1582 cc. La 912 rimase in produzione sino al 1969. Il primo motore di progettazione completamente Porsche, siglato Tipo 547, e disegnato da Ernst Fuhrmann, entrò in produzione nel 1953, un anno dopo la morte di Ferdinand Porsche, avvenuta nel 1952: questo propulsore trovò la sua prima applicazione in una automobile con un innovativo telaio a traliccio vestito da una stupenda carrozzeria spider in lega leggera sviluppata nella galleria del vento del l’università di Stoccarda. Questo modello, denominato Tipo 550 Spider, apparve, ancora allo stadio di prototipo, al Salone di Parigi del 1953. 138


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Successivamente ne vennero completati 15 esemplari da competizione, ma fu solo verso la fine del 1954 che ne venne avviata la produzione in serie, che raggiunse i 75 esemplari. Invece, la famosa Porsche 911, con motore a 6 cilindri orizzontali contrapposti ad albero a camme in testa e cilindrata di 1991 cc, fece la sua prima apparizione nel 1964; dal 1969, questo modello fu offerto anche con motori di maggior cilindrata, che arrivarono sino a 2993 cc. Nel periodo 1972-1975, la 911 venne costruita anche nella versione ‘Carrera’, il cui motore, sempre a 6 cilindri orizzontali contrapposti, aveva una cilindrata di 2687 cc e una potenza di 260 CV. Macchine memorabili, ricche di storia, piacevoli da guidare, capaci di trasmettere emozioni ancora oggi e appunto per questo tutt’ora molto apprezzate dagli appassionati del marchio di Stoccarda, che magari sognano di possederne una. Allora, come concretizzarli questi sogni? Semplice, basta lanciarsi alla ricerca di una vecchia Porsche da restaurare. Occorre però fare attenzione perché il restauro di un’auto d’epoca è un operazione complessa, specialmente per chi, come molti è alla prima esperienza. Per fare un restauro su Porsche non ci si può appoggiare al meccanico “sotto casa”, il motore Porsche 6 cilindri non è certo un motore estremamente complesso, ma se non lo si conosce approfonditamente si va incontro a vaste perdite d’olio e malfunzionamenti vari. Per ovviare a tutto ciò bisogna affidarsi a professionisti seri che curino tutte le fasi del restauro. Ecco alcuni restauratori specializzati: VINTAGE TOYS Stradella di Collecchio – PARMA; PORSCHEMANIA LIVORNO; PORSCHE OLDTIMER SERVICE MODENA; RETROMOBILE Landriano – PAVIA; CABRINI FACTORY Casalbuttano – CREMONA; BIASETTI Pilastro di Langhirano – PARMA; 356 SPEEDSTER SPECIALIST Casnigo – BERGAMO; LAMBORAUTO-2 TORINO; ERMANNO CATTANEO Località Trino-VERCELLI. Non ultima la storica Carrozzeria CORATO a VICENZA in cui il Maestro Alonso Corato, è riuscito con passione ed esperienza, a rimettere su strada diverse vetture che hanno fatto la storia dell’automobilismo. 141


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