magazine n.24
PERSONAGGIO
Le prime tre, senza flash
Viaggio tra musica, immagine, luce e colore SOSTE GOLOSE
Dalla cucina di casa all’alta cucina italiana
I Castagni, la sfida e il regno dello Chef Enrico Gerli LOCATION PER EVENTI
Uno scorcio di storia immerso nel verde
Momenti da favola al Castello di San Gaudenzio EVENTI
Merano Wine Festival alla sua 25^ edizione
Monsupello porta alla ribalta l’Oltrepò Pavese
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editoriale
Anche in questo nuovo numero di MaBeDo Magazine ciò che emerge è innanzi tutto la qualità dei prodotti del nostro territorio e l’impegno che produttori, cuochi, enologi ci mettono ogni giorno per valorizzarla. L’Oltrepò trionfa al Merano Wine Festival grazie al Nature Monsupello, una vittoria ed un orgoglio che non è solo della famiglia Boatti ma è di tutti quelli che credono in questo territorio di grandi vini. Slow Food ci ricorda che abbiamo un patrimonio da salvaguardare e da far crescere ogni giorno di più, riscoprendo il valore della biodiversità, della tradizione e dei frutti della terra genuini. Ma le peculiarità del nostro paese non sono solo enogastronomiche, esistono luoghi, strade, città, castelli da conoscere e apprezzare in tutto il loro splendore, perchè la vera eccellenza è in ciò che scegliamo di sviluppare e di far crescere.
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sommario In copertina Platinum Award a Monsupello Nature
PERSONAGGIO
Le prime tre, senza flash
Viaggio tra musica, immagine, luce e colore
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MONDO DEL VINO
Monleale e i vigneti di Timorasso
Il Timorasso di Walter Massa
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MADE IN ITALY
A Ponte Nizza il Paradiso dei sapori autunnali
La casa del Fungo di Luca Menino
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SOSTE GOLOSE
Dalla cucina di casa all’alta cucina italiana
I Castagni, la sfida e il regno dello Chef Enrico Gerli
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OSPITALITÀ
Oltre un secolo di storia per il locale della famiglia Selvatico
Dove la tradizione incontra la passione per la buona cucina e per l’ospitalità
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LOCATION PER EVENTI
Uno scorcio di storia immerso nel verde
Momenti da favola al Castello di San Gaudenzio
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SERVIZI PER EVENTI
L’eccellenza del catering a Pavia
Bardelli Service rende ogni evento unico e indimenticabile
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EVENTI
Merano Wine Festival alla sua 25^ edizione
Monsupello porta alla ribalta l’Oltrepò Pavese Cantine aperte a San Martino alla Perla del Garda
Degustazione di bollicine con i sapori del territorio
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136 A Rivanazzano Terme, torna la Cena dell’Alleanza Slow Food
Piera Selvatico interpreta magistralmente le eccellenze del territorio
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MONDO DEI MOTORI
C’era una volta in America
Viaggio attraverso la storia dell’auto a stelle e strisce
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personaggio
Le prime tre, senza flash
Viaggio tra musica, immagine, luce e colore Testo e foto di Valeria Portinari
S
ono Valeria Portinari e sono una Designer. Mastico pane e design da quasi 10 anni; ho studiato prima alla NABA e poi al Politecnico di Milano. Sono ufficialmente laureata e specializzata in Interior Design ma ho collezionato vari tipi di esperienze di progettazione dal 2007 ad oggi: mostre, curatela, web management, social media communication, web design, graphic design, logo design… fino ad arrivare a saperne di tutto un po’. Tra tutte queste discipline, però, il mio cuore è stato rapito dalla fotografia. Ho iniziato un po’ tardi, non sono una di quelle che ha preso in mano una macchina fotografica analogica a 4 anni ed è rimasta folgorata. Ho cercato la mia strada seguendo diverse tappe. La fotografia mi ha sempre affascinato ma l’illuminazione, se così si può chiamare, è arrivata quando avevo ormai oltrepassato i 20. Amavo andare ai concerti e immortalare chi c’era sul palco per tenermi un ricordo, poi ho iniziato a far caso a ciò che appariva nelle immagini, alle luci, ai colori, al focus, e di conseguenza a volere di più: più nitidezza, più contrasto, più precisione. All’inizio fotografavo tra il pubblico, portando la mia Canon 350D con il 70-300mm ai live per scattare dal parterre in mezzo a teste e mani che ovviamente non stavano mai ferme. Così mi sono “fatta le ossa“: è stato un percorso di crescita, ho fatto la mia gavetta, ho fotografato anche quando non potevo, mi sono fatta imbucare nei backstage e ho fatto scatti anche solo per visibilità.
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Fedez Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Francesco Renga Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Emma Marrone Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Mario Biondi © Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
Nel 2012 mi si è presentata l’occasione di collaborare con una rivista di musica rock/metal, per fare foto ai metallari più disparati: con cantanti capelloni e sudati che mi urlavano a pochi centimetri dall’obiettivo e la transenna che accorciava sempre di più il pit per la gente che pogava. Esperienze uniche, che mi porterò dietro per la vita e che mi hanno “temprata“, se così si può dire. La musica che però suona meglio con le mie corde è il rock, il pop, il rap, l’elettronica e per questo motivo ho ampliato conoscenze ed orizzonti. Adesso posso mettere la passione al primo posto, posso mettermi in gioco e finora mi sono trovata sotto al palco di artisti come Fedez, Francesco Renga, Malika, Mario Biondi, Emma, Alex Britti, Max Gazzè, Pooh, Panic! At the Disco e l’immenso Ezio Bosso ma ho ancora una lista di artisti che spero prima o poi di riuscire ad immortalare.
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Ezio Bosso Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Pooh © Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
Ricevere un accredito è un privilegio, spesso anche un onore, perchè hai di fronte vere colonne portanti della musica italiana ed internazionale. Hai una prospettiva diversa dal resto degli spettatori e devi saper regalare loro, attraverso il tuo reportage, un ricordo nel quale potersi immedesimare, una grande responsabilità. Ogni report comincia con le fatidiche parole “le prime tre, senza flash”, ti metti al collo il pass, entri nel pit e da lì è una corsa contro il tempo per racchiudere tutto un concerto in pochi scatti, nei primi 10 minuti di live. Sul palco c’è chi non si muove, chi salta e corre, chi si presta con costumi e movenze scenografiche... e poi c’è chi, come Pau dei Negrita, che pensa bene di rovesciarti la birra in testa di proposito, solo per divertimento. Sotto palco si ride, si scherza, si fanno nuove amicizie, si lavora sodo, si suda ma soprattutto ci si diverte tanto. Io personalmente faccio le due cose che amo di più, ascoltare e fotografare musica, e spero di poterle fare per molto, molto tempo ancora.
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Max Gazzè Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Malika Ayane Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Uno degli scatti della mostra Light the Stage Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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Panic! At the Disco © Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
Fotografare mi mette in grado di vedere il mondo dalla mia prospettiva e di giocare con forme, luci, colori ed ambienti per regalare all’osservatore uno spunto per interpretare l’immagine anche a modo suo. Su questo tema ho realizzato tempo fa una mostra, intitolata Light the Stage, nella quale le foto esposte sono state scattate in un momento preciso di ogni concerto, quello in cui la luce “esplode” sul palco sottolineando le figure e mettendone in risalto alcuni dettagli. La storia di questi scatti, che è anche la mia storia fotografica, è fatta di luce e di attimi, di colore e di figure che lasciano spazio alla percezione e all’interpretazione: non serve conoscere il soggetto dello scatto, la protagonista è la musica stessa, l’attimo che si rivela ogni volta diverso agli occhi di chi guarda. Al di là della fotografia di live musicali, Il mio lavoro mi permette di fotografare anche eventi, architettura e design, spaziando dalle installazioni del Salone del Mobile ai ristoranti, dalle conferenze agli alberghi, dalle ricette ai personaggi cercando sempre uno spunto nuovo per dare ogni volta una connotazione diversa all’immagine. In questo senso, mi ritengo sempre di più un fotografo con l’occhio del designer e un designer con l’occhio del fotografo.
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vDesign di Valeria Portinari info@valeriaportinari.it www.valeriaportinari.it
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Pubblico al Carroponte Š Valeria Portinari - tutti i diritti riservati
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mondo del vino
Monleale e i Vigneti di Timorasso
Il Timorasso di Walter Massa Testo di Valerio Bergamini
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eguir con gli occhi un airone e poi ritrovarsi a volare”. Le rime poetiche di Mogol-Battisti mi aiutano ad iniziare il racconto di un viaggio che intraprendo in compagnia di Paolo Passano(*), giovane chef della Bilaia ma nelle cui vene è già scorsa tanta vita di qualità. Ha una grande passione per il vino e non si ferma alla degustazione delle eccellenze enologiche ma va oltre. Vuole sapere come nascono, conoscere i produttori e la loro sensibilità per approfondirne tutti gli aspetti, compresi quelli legati al territorio che le genera. Oltre ad una grande competenza enoica conosce molto bene il nostro patrimonio gastronomico ed è il compagno ideale col quale condividere una emozionante esperienza. Partiamo insieme da Pavia, in sella alla mia Vespa, per andare a conoscere da vicino un prodotto straordinario di una zona straordinaria: il Timorasso dei Colli Tortonesi cui Walter Massa ha dato dignità culturale. È una mattina di nebbia tipica della brughiera battistiana, che però si dissolve ben presto alla comparsa di un bel sole che illumina il nostro cammino, foriero di vere emozioni. Mentre il sole delle Valli Tortonesi comincia a scaldare le nostre padane membra da lontano ci appaiono le vigne di Monleale, Barbera, Croatina ma soprattutto Timorasso. (*) Paolo Passano è nato a Genova il 18/11/1987. Si è laureato nel 2009 presso l’Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo dove ha ultimato anche il master biennale in “Promozione e Gestione del Patrimonio Gastronomico e Turistico”(2011).
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Giuseppe Pelizza da Volpedo, “La piazza di Volpedo”
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In questi circa 200 ettari di vigneto insistono i 25 ettari dei vigneti Massa, sorgente radicale da cui Walter attinge le uve per portare nel bicchiere dell’appassionato di tutti i continenti gli umori suoi, della sua terra e della cultura che gli appartiene. Il mio compagno di viaggio, come me, è consapevole della bontà di questo nettare e per elevarsi maggiormente nella sua comprensione, vuole conoscere di persona il suo straordinario fautore. Imposto sul navigatore la funzione “percorso turistico” e la nostra Vespa ci fa salire per numerosi tornanti, poi virare per una stradina tra le vigne, poi ritornare sulla strada maestra, infine attraversare un piccolo borgo di case. Appena fuori dall’abitato facciamo una curva ad U e ci sembra di ritornare ancora sulla strada che abbiamo appena percorso. È come nella canzone di Venditti: “Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano” e cominciamo a capire che il romantico progetto del nostro navigatore è quello di farci familiarizzare con questa terra e coi suoi abitanti che hanno le stesse facce della Fiumana di contadini in sciopero rappresentati con grande forza espressiva nel “Quarto Stato” da Giuseppe Pellizza, talmente attaccato alle sue origini al punto da aggiungere “da Volpedo” alla già rinomata firma. Passiamo proprio davanti alla casa studio progettata e voluta dal celeberrimo pittore divisionista, nel cui lucernaio, nelle mattine di sole, si riflette la timida ma possente vigna Bigolla, una tra le più cantate vigne di Barbera cui Walter ha affidato il compito di aiutarlo a capire le potenzialità del territorio e del suo talento. La strada che da Volpedo porta a Monleale Alto, dove c’è la cantina e, nel raggio di 1500 metri, le vigne dei Vigneti Massa, ha delle curve così belle che un motociclista le vorrebbe sempre trovare sotto le ruote. Alta è la tentazione di toglierci il casco perché, tra queste valli, ti vien proprio voglia di respirare i pollini e sentire l’odore della terra che si sparge nell’aria in una sinfonia senza fine. L’azienda di Walter è immersa nel territorio e nelle sue problematiche, ma sono i vigneti ad esserne il comune denominatore. L’azienda è condotta in maniera artigianale.
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A coadiuvarlo nella conduzione dell’azienda, oltre a 7 collaboratori fissi, ci sono mamma e sorella, ma soprattutto i 2 nipoti (Filippo e Edoardo, 16 anni) che amano aiutare a giocare lo zio. È cosi, con talento e passione che si dovrebbe sviluppare il mondo, ossia, con la nuova generazione che sta crescendo! L’azienda ha 25 ettari di vigneti in totale, con cui si producono annualmente circa 120.000 bottiglie, divise su 10 etichette di cui ben 4 vini bianchi ottenuti al 100% da Timorasso. La cantina è proprio all’ingresso del paese e a pochi passi dalla piazza. Walter è li, fuori, ad aspettarci. Ho letto tanti libri che parlano di lui e so che è un tipo schietto, che bada molto al sodo, caparbio ma pronto a rimettersi in discussione, anticonformista estremo, imprevedibile, appassionato, generoso, sornione, istrionico ed è un vignaiolo eccentrico, inquieto e geniale ma, adesso che lo vedo di persona, mi accorgo che del vignaiolo non ha nè la faccia nè il portamento, anzi, lo inquadrerei come un contadino di “Via della Spiga” grazie al quale molto presto, nel cuore storico di Milano, sarà dedicata una: “Via del grappolo”. Ha già sessant’anni suonati ma non lo diresti mai perché ne dimostra non più di cinquanta. È un Sagittario (è nato il 6 dicembre 1955) ascendente Sagittario, e discendente vergine, senza opposizione né contrapposizione! In sostanza, come dirà lui, un vero irriducibile, caparbio, testone, orgogliosamente legato alla terra e alla sua terra. Condividiamo insieme la stima e la passione per un grande vignaiolo dell’Oltrepo Pavese, Lino Maga, il Signor Barbacarlo, che lui considera un “Faro” del “Nuovo Pianeta Vino Italia”. Walter dice che non smetterà mai di riconoscere nei sacrifici di quest’uomo la chiave di svolta a livello nazionale del sistema vino e nella sua cocciutaggine, onestà, lealtà, cultura, il punto cardine da cui si è spalancata la strada rurale al “MADE IN ITALY”.
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Walter, il contadino di via del grappolo
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Il contadino di Via della Spiga è all’ingresso della cantina che ci sorride. Ha un sorriso di una forza sorprendente e speciale che conquista. Il portone è aperto e il mio sguardo e quello di Paolo non possono fare a meno di cogliere una ridondanza di strumenti, pompe, vasche, macchine di ogni tipo che a prima vista sembrano tutte nuove, sparse qua e là in perfetto disordine. Walter ci viene incontro con in mano una bottiglia di Sterpi, uno dei suoi cru più blasonati. Con la testa ci fa cenno di entrare: “Sono contento che siate venuti in Vespa. Vi avrei presentato volentieri il mio agronomo Valentino Rossi ma, al momento, non è qui! Con lui ho imparato che il vino si fa in derapata!”. Tira fuori non so da dove due bicchieri e versa una generosa dose di succo paglierino ad entrambi. Io chiudo gli occhi e deglutisco una cospicua sorsata di stupore enoico e penso che la vita è bella e compiango quelli che scelgono di privare le loro gole, le loro papille gustative financo i loro cuori e cervelli, di tanta meraviglia. (Mio padre, che era veneto, di Taglio di Po, soleva dire: “A chi che no ghe piàse el vin, che Dio ghe tòga anca l’acqua”!). Sento che sto raggiungendo livelli degustativi elevati e riapro gli occhi estasiato e disìoso di placare il mio desiderio con una nuova dose di Sterpi ma Walter ha già pronto nel bicchiere un altro dei suoi capolavori: il Costa del Vento del 2003. Riguardo la bottiglia per rileggere la data: è proprio del 2003. Come è possibile? Un vino bianco così longevo? Qui non siamo nel cuore della Borgogna, e questo non è un Mersault! Sono sconcertato e guardo verso Paolo anche lui incredulo ma estasiato. Porto il bicchiere al naso e lascio che le mie nari si impregnino dei preziosi aromi che mi arrivano fin sotto gli occhi e mi asciugano le ciglia dalle lacrime che mi son spuntate per la commozione del momento sublime. L’olfatto è delicato e riconduce a sentori fini e raffinati. Avvicino il calice alla bocca e sorseggio piano. Più il Costa mi sfiora le papille e più mi si amplifica la piacevolezza e il palato, irrorato da questa ragguardevole persistenza gustativa, si distende all’infinito. E più la meraviglia scende e si diffonde e più in questa meraviglia vorrei affogare. Chiudo nuovamente gli occhi e vedo uno zampillar di stelle e sento la dolce sinfonia delle colline e penso che è bello vivere e, laddove affogo, godo.
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Io ho spiccato il volo e Paolo, pur inconfondibilmente attratto dal nettare che ha nel bicchiere ma ancora padrone di sé, mi richiama sulla terra, la stessa che ha alimentato le radici delle viti che riescono a produrre una tale eccellenza enoica. Walter ci fa cenno di seguirlo e lo seguiamo, come i topi dietro il pifferaio di Hamelin, mentre ci conduce su un terrazzo da cui ci mostra le vigne. Uno scorcio dal quale si intravede un anfiteatro naturale che si snoda sinuoso sotto i nostri occhi. E ci narra di essere nato in mezzo a queste vigne, nei Colli Tortonesi, che erano vitati per circa 8000 ettari, contro i poco più di 2000 di oggi. Una terra talmente ricca di uva, sia a bacca bianca che nera, da far diventare Tortona e il suo mercato, uno dei poli più importanti per il vino in Italia, fino alla fine degli anni Trenta, fino all’arrivo della fillossera quando, anche i Colli Tortonesi hanno subìto un contraccolpo economico che ha portato a sradicare le vigne per piantare alberi da frutto. E qui scorgiamo la prima velatura sui suoi occhi che ridono ma è solo una rapsodia perché si ravviva subito, rivelandoci che lui invece ha sempre creduto nella vite storicamente affiancata ad alberi di pesche, con i quali la sua famiglia e i suoi parenti avevano fondato il proprio benessere economico (“Cùn i pùmm e i pèrsi, i mè parènt j àn fài su ‘l condominio”). Il grande salto alla Fosbury, all’indietro ma che ha dato una grande spinta in avanti a questo territorio, coincide con l’intuizione di Walter di sradicare alberi di frutta per piantare vigne di Timorasso.
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Monleale
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E ritorniamo sui nostri passi entrando in casa. Ci sediamo al tavolo su cui sono allineate bottiglie di Derthona, Sterpi, Costa del Vento, Montecitorio. Walter stappa bottiglie una dietro l’altra come in una catena di montaggio, anzi di smontaggio. Non assaggiamo, beviamo perché i vini, se piacciono, vanno bevuti. È la volta del Montecitorio 2012 che ci conquista subito, al primo sorso. Mi viene in mente Alessandro il Conquistatore cantato da Vecchioni in Samarcanda: “…ridere, ridere, ridere ancora, ora la guerra paura non fa, brucian nel fuoco le divise la sera, brucia nella gola vino a sazietà..”. Paolo lo trova semplicemente irresistibile, di grande fragranza e finezza con sentori minerali che il naso assorbe e coccola a lungo. Sono d’accordo con lui, è di una durevolezza stupenda che si conferma al palato, tanto che non riesce ad appagarti e non vorresti smettere di berne. Così stupendamente irrorata, la gola manda inequivocabili messaggi a tutto il resto del corpo compresa la mente che, a volte non ha bisogno dell’atto biologico per sciogliersi in rigagnoli di piacere. Forse, accorgendosi del nostro apparente appagamento, Walter interviene parlando di diradamenti in vigna, diraspature, maturazioni su fecce nobili, utilizzo dei solfiti pari a zero nella vinificazione e conclude affermando: “Qualcuno potrebbe dire che la mineralità nei vini bianchi oggi è di moda. Io non l’ho cercata, ma solo trovata. Il vino è sempre frutto di un’interazione terra/uomo/vitigno. Ho assecondato le doti del vitigno, valorizzando il terroir. Se il Timorasso crescesse in Francia, sarebbe un oggetto di culto, come avviene per altre rarità enologiche”. Ci offre i vari cru nelle varie annate e, mentre degustiamo e non riusciamo a capacitarci per cotanta delizia, lui parla animatamente dei suoi vini dicendo che esistono due agricolture: “Una per far sopravvivere la gente e l’altra per farla godere” ed aggiunge: “Io ho deciso che volevo far godere la gente. Diversamente sarei fallito, sia intellettualmente che economicamente”. Se fosse lo slogan di una campagna elettorale avresti la vittoria già in tasca!
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Da qui Walter è partito per inseguire un sogno, magari disordinatamente e senza un progetto preciso ma fortemente motivato, con la sua grinta, la sua tenacia ma sempre col sorriso. Mentre la passione di Walter per il suo lavoro, il suo sogno, comincia a contagiarci ecco che improvvisamente cambia registro e comincia a parlare di musica. Io, quasi automaticamente, guardo Paolo e lui mi sorride e nei suoi occhi c’è l’incanto che quest’uomo riesce a creare intorno a sé. Dalla finestra vediamo l’airone che solca maestoso il cielo sopra le vigne di Timorasso e, anche lui ammaliato da queste terre, libera il suo canto. Rimaniamo lì a guardarlo ammaliati e poi guardiamo i filari da cui scaturisce il prezioso nettare e poi… ancora gli occhi verso “il cielo vicino e lontano” di dalliana memoria. Walter, però, ha in mente un altro Romagnolo altrettanto famoso, Vasco Rossi da Zocca, provincia di Modena, classe 1952 e recita a memoria una strofa di una delle sue canzoni più famose, Sally: “..la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia …”, sostenendo che è così anche il vino: “tutto un equilibrio sopra la follia”. E poi cita Francesco Guccini e la sua autobiografia musicale, “L’avvelenata”, cui ha persino dedicato una etichetta del suo Freisa. Intanto stappa l’ennesima bottiglia: un Martin prodotto in collaborazione con Franco Martinetti, un piemontese che tratta le uve Timorasso come fossero Nebbiolo, ottenendo un risultato strepitoso. All’assaggio sento che la mia gola, già irrorata dai nettari derthoniani, sterpiani ecc., si scompiglia perché è gelosa della bocca che per prima assapora quella passione dorata liquida e sono consapevole che d’ora innanzi avrò una dipendenza in più da soddisfare! Ma la cosa non mi turba, anzi d’un tratto la vita mi sembra ancora più bella! Il mio cuore è gonfio di violini che, tutti insieme, suonano la Rapsody in Blue di Gershwin che, se fosse stato su queste colline, l’avrebbe chiamata TimoRapsody. E, appena scema l’armonia degli archi, incalzano le chitarre elettriche della PFM: “Quanto verde tutto intorno e ancor più in là, sembra quasi un mare l’erba e leggero il mio pensiero vola e va, ho quasi paura che si perda”.
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Vigneti Massa Piazza G. Capsoni, 10 Monleale (AL) Tel. +39 0131 80302 vignetimassa@libero.it
Poi il discorso, anzi il monologo di Walter, spazia dalla storia, alla poesia, alla politica per sfociare al motocross: “Erano i tempi in cui Tenco cantava Ciao amore ciao e non avevo alcuna intenzione di chiudermi in qualche ufficio. Per dieci anni ho cercato di placare i miei bollenti spiriti correndo in moto”. Ma la mia mente viene bruscamente riportata sulla terra, anzi sulla tavola, perché Walter sta aprendo l’ennesima bottiglia, un Costa del vento 2006 e ne versa un po’ nel bicchiere di Paolo e una cospicua dose nel mio. È un vino sontuoso, ricco, elegante! I profumi di frutta secca, mela matura, fiori, miele, acacia, nespola, cedro, sgomitano per arrivare per primi a deliziarmi e in bocca è lungo, persistente, sapido con un finale leggermente amarognolo. Se è vero che il vino fa sangue, questo fa un sangue prodigioso! È un’eccellenza della natura che puoi comprare ad un prezzo neanche tanto elevato. Paolo ed io staremmo ancora ore a farci incantare da quest’uomo e dai suoi vini ma la mia Vespa non ha il “guidatore automatico” e sarò io che dovrò condurla fino a Pavia cercando di non fare derapate. A valle ci aspetta il Po, il grande padre ubriacone, come lo chiamava affettuosamente ma rispettosamente Gioàn, per il suo corso zigzagante, simile alla camminata di un ebbro e dobbiamo cercare di arrivare sulle sue sponde prima che faccia buio. Peccato! So già che, appena inforcata la mia due ruote, mancherà sia a Paolo che a me questo vignaiolo, questo artigiano, questo contadino di Via del grappolo, il cui mestiere è legare insieme con passione il territorio, la vigna, il vino e chi lo beve.
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UnipolSai Assicurazioni S.p.A. dal 1963 è la Compagnia assicurativa multiramo del Gruppo Unipol, leader in Italia nei rami Danni. Fortemente attiva anche nei rami Vita, UnipolSai è la più grande rete agenziale d’Italia, tramite la quale offre una gamma completa di soluzioni assicurative per la mobilità, la casa, il lavoro, la protezione, il risparmio.
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made in Italy
A Ponte Nizza il Paradiso dei sapori autunnali
La casa del Fungo di Luca Menino Testo di Valeria Portinari
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a Casa del Fungo nasce nel 1984 a Ponte Nizza dalla passione del proprietario Luca Menino, un vero intenditore in questo campo. Qui potete trovare un vasto assortimento di funghi freschi, secchi e sott’olio; in particolare funghi porcini, chiodini, funghi di muschio, per soddisfare i desideri di tutti i clienti. Nel negozio di Luca Menino è possibile trovare anche il raffinato Tartufo nelle varietà nero e bianco sia fresco che nei suoi derivati come la crema, il sugo o l’olio tartufato.
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La Casa del Fungo Via Roma, 34 27050 Ponte Nizza (PV) Tel. +39 0383 549054
La specialità della Casa del Fungo è il Porcino testa nera in Olio d’Oliva, una vera prelibatezza per il palato. Tutti i prodotti dell’azienda sono sempre freschi e di qualità superiore, preparati e confezionati artigianalmente per offrire alla clientela solo l’autentico Made in Italy della Valle Staffora. Oltre ai buonissimi funghi per tutti i gusti e i palati, il negozio offre anche una vasta scelta di frutta e verdura conservata e diversi tipi di miele, da gustare con i prodotti tipici del nostro territorio. Nel periodo di Natale alla Casa del Fungo è possibile richiedere Confezioni Regalo e cesti, con la garanzia di portare in dono sempre prodotti genuini che saranno sicuramente apprezzati. Il negozio è aperto tutti i giorni tranne il lunedì e la domenica pomeriggio ed è davvero un paradiso per gli amanti dei funghi e dei tartufi. Vi invitiamo a gustare queste delizie della Valle Staffora, Luca vi aspetta con i suoi prodotti.
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soste golose
Dalla cucina di casa all’alta cucina italiana
I Castagni, la sfida e il regno dello Chef Enrico Gerli Testo di Valeria Portinari
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osa succede quando uno con la passione per la cucina, un diploma di sommelier ed una discreta bravura come cuoco casalingo, decide di mollare tutto ed intraprendere la pazza avventura di aprire un ristorante? Succede che, seppur con pochissima esperienza, Enrico Gerli riesce a diventare un rinomato chef e ad aprire il suo locale a Vigevano, un luogo dove, allora, non era ancora presente un’offerta ristorativa di alta qualità. Nasce così nel gennaio del 1989 il ristorante I Castagni, all’interno della cascina di famiglia, ristrutturata e arredata in modo raffinato, con mobili antichi e quadri alle pareti. Tre sale che insieme creano un’ambientazione carica di suggestioni, che si svelano poco a poco regalando agli ospiti un’atmosfera unica.
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Chef Enrico Gerli
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L’ambiente è uno spazio emozionale, di charme, di ispirazione francese, un luogo in cui sentirsi a casa e a proprio agio in cui regnano il calore e la convivialità, perfetto per degustare piatti e vini di altissima qualità. Dalla sua apertura, la fama de I Castagni è andata via via accrescendosi permettendogli di trasformarsi da ristorante noto nel vigevanese, a locale di classe famoso in Italia ed all’estero. A ciò hanno contribuito i giudizi positivi e costruttivi di ospiti e critici, la presenza sulle più rinomate guide gastronomiche come quella de il Gambero Rosso, fino al conferimento della Stella Michelin, portata orgogliosamente da ormai 18 anni. La cucina de I Castagni è legata alla tradizione del territorio, rivisitata con creatività ed estro dallo chef Gerli che non disdegna incursioni nella cucina regionale di pesce e nella cucina globale. La particolare attenzione per i prodotti del territorio come i fagioli dell’occhio di Gambolò, la cipolla di Breme, i pesci d’acqua dolce come lo storione e gli animali da cortile come oca o piccione, lo porta a valorizzarli all’interno dei piatti proposti a menu in una chiave nuova e raffinata.
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I sapori delicati delle materie prime cucinate con passione e professionalità , trovano ognuno l’abbinamento perfetto con le rinomate etichette italiane ed internazionali della fornitissima cantina. Ogni piatto viene esaltato dalla bottiglia piÚ adatta, consigliata con cura dallo staff. In sala, Luisa Gerli, la moglie di Enrico, dirige ogni cosa con attenzione e dedizione, per far si che ogni dettaglio sia sempre perfetto ed impeccabile, dall’allestimento alla soddisfazione delle richieste degli ospiti.
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Nonostante I Castagni sia nato come una sfida, Enrico Gerli ha saputo raggiungere il cuore dei suoi ospiti con i propri piatti, studiando da autodidatta e lavorando sempre di piÚ per arrivare ad essere annoverato tra gli chef dell’alta cucina italiana. Dalla passione per il vino e per la cucina ad una professione vera e propria, un percorso impegnativo ed ambizioso ma allo stesso tempo infinitamente appagante.
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I Castagni Via Ottobiano, 8/20 27029 Vigevano (PV) Tel +39 0381 42860 info@ristoranteicastagni.com www.ristoranteicastagni.com
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ospitalitĂ
Oltre un secolo di storia per il locale della famiglia Selvatico
Dove la tradizione incontra la passione per la buona cucina e per l’ospitalità Testo e foto di Valeria Portinari
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La storia dell’Albergo Ristorante Selvatico affonda le proprie radici nel 1912, quando per la prima volta la locanda aprì i battenti. Oggi, dopo più di un secolo e quattro generazioni più tardi, il Selvatico è una delle mete legate all’ospitalità d’eccellenza in Oltrepò Pavese, con la propria cucina tradizionale e le camere accoglienti. La struttura è una casa di campagna, di quelle tipiche di inizio novecento, ristrutturata e dotata di tutti i moderni comfort ed ospita l’albergo con le camere al primo piano, il ristorante, il wine bar Dahlia Selvatica e la grande sala ricevimenti al piano terra. Nella corte, il dehor viene sfruttato nei mesi più caldi per aperitivi e cene sotto le stelle.
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A portare avanti la storia e la tradizione del Ristorante ci sono le tre donne di casa: Piera Spalla Selvatico e le figlie Francesca e Michela. Con loro, Sergio Daglia, il marito di Francesca, e tutto lo staff sempre impeccabile e pronto a soddisfare ogni desiderio degli ospiti. Piera, in cucina, prepara i piatti con le ricette della tradizione, portando il territorio in tavola e curando ogni pietanza con attenzione, a partire dalle materie prime di altissima qualità, scelte nell’orto di famiglia o da produttori e fornitori locali. Michela si dedica alla preparazione di pani e dolci freschi, attingendo dalla manualità acquisita durante gli studi artistici per creare piatti che deliziano gli occhi come il palato. Sergio è il sommelier di casa Selvatico, consiglia gli abbinamenti più adatti alle ricette di Piera, scegliendo tra le etichette oltrepadane ma non solo della fornitissima cantina, e con Francesca dirige la sala.
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Il menù è quindi stagionale, ricco di spunti legati alla tradizione ed al territorio, con una particolare attenzione alla valorizzazione di alcuni prodotti dei Presidi Slow Food. In questo modo il Ristorante Selvatico contribuisce a sostenere i piccoli produttori custodi della biodiversità, impiegando ogni giorno in cucina questi prodotti. Non mancano le cene a tema, come quella dell’Alleanza o quella dedicata al tartufo bianco, e gli aperitivi del venerdì sera, un appuntamento portato avanti dall’estate che ha avuto e sta continuando ad avere un grande successo grazie anche alla maestria di Sergio Daglia nel preparare lo Spritz Pavese, uno speciale aperitivo a base di sambuco e vino rosato dell’Oltrepò.
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Selvatico non è solo ristorante ma anche albergo, con le camere doppie o matrimoniali arredate con cura utilizzando mobili d’epoca e dettagli romantici che contribuiscono concorrono a ricreare un’atmosfera di ispirazione provenzale che si ritrova poi anche nelle sale del wine bar Dahlia Selvatica. I colori pastello, i cuscini e gli accessori appesi alle pareti contribuiscono a dare un sapore genuino e familiare agli ambienti, ed a mettere completamente a proprio agio l’ospite come se fosse a casa propria.
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Ogni ambiente riflette la passione e la dedizione con cui la famiglia Selvatico porta avanti l’attività da anni, impegnandosi ad offrire ai propri ospiti la più alta qualità possibile ed un ottimo motivo per tornare. Piera Selvatico è una donna di carattere, legata alle tradizioni, che vuol far rivivere e conoscere attraverso la propria cucina, una cucina che la rispecchia in ogni aspetto e dalla quale emergono la sua forza, la determinazione ma allo stesso tempo anche il calore e la cordialità.
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Ristorante Selvatico Via Silvio Pellico, 19 27055 Rivanazzano (PV) Tel. +39 0383 944720 - 944724 info@albergoselvatico.com www.albergoselvatico.com
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a l a g e R i t a l a g Re Gioia a a d lo a g e r e e id
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Casteggio
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Per tutto il mese di Dicembre PROMO collant: acquistando tre pezzi, i terzo lo paghi la METÀ - Oroblù, Philippe Matignon, Max Mara e molto altro 10-11 / 17-18 / 24 dicembre aperto tutto il giorno PROMO -20% sui pigiami
GIOIA via Gramsci, 5/7 27045 Casteggio (PV) – Lombardia Tel. 340 5105091 Orari di apertura: 09.30 – 12.30 / 15.30 – 19.30 Domenica 09.00 – 12.30 - Lunedì chiuso Con MaBeDo Card: sconto del 10%
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location per eventi
Uno scorcio di storia immerso nel verde
Momenti da favola al Castello di San Gaudenzio Testo e foto di Valeria Portinari
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San Gaudenzio, una frazione di Cervesina, nascosto tra gli alberi del parco, si erge la fortezza del 1400 con le sue possenti torri e la pianta quadrata, tipica degli edifici dell’epoca Visconti. Il Castello è stato proprietà di nobili famiglie come i Ferrari, i Beccaria, i Taverna e i Trotti, per poi passare nelle mani dell’alta borghesia ed arrivare agli attuali proprietari, la famiglia Bergaglio. Oggi ospita un hotel ed un rinomato ristorante, oltre che sale ricevimenti e sale conferenze, un solarium con piscina riscaldata ed una palestra. Ristrutturate e dotate di tutti i più moderni comfort, le 45 camere dell’hotel sono suddivise tra il primo piano del Castello, nella quale si trova anche la Suite, e la parte più recente, che si affaccia direttamente sul giardino interno all’inglese. Gli arredi delle stanze sono finemente curati in ogni dettaglio, dalla carta da parati ai mobili che rimandano agli interni cinque-seicenteschi, per far rivivere agli ospiti l’atmosfera ricca di fascino di questa location d’eccellenza.
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Al piano superiore del Castello si trova appunto la suite, ricavata dall’antica camera da letto padronale, nella quale ha alloggiato nel 2003 Sua Maestà Re Carlo di Svezia e dove nel 1815 ebbe i natali Severino Grattoni, l’ingegnere che ha progettato il traforo del Frejus. Gli ambienti del Castello, sapientemente portati al loro antico splendore, consentono un tuffo nel passato e nella storia, lasciando spazio all’immaginazione dei tempi in cui la fortezza era nel pieno del suo massimo fulgore medievale. Le sei ampie sale d’autore ospitano eventi di ogni tipo, da quelli aziendali a quelli privati, dalle manifestazioni culturali alle presentazioni di lavoro, e sono dotate delle più avanzate tecnologie di proiezione, supporti audio e video, internet wifi oltre che la possibilità di usufruire anche dei servizi d’ufficio come fax, fotocopie, lavagne e telefoni. La preparazione di ogni meeting viene seguita in ogni dettaglio dallo staff per garantire un’esperienza sempre di altissimo livello.
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Nel rustico del Castello si trovano le sale del ristorante, luminose ed ariose, con travi a vista e camini di arenaria, perfette per banchetti e ricevimenti, sempre allestite con cura e attenzione utilizzando tovaglie pregiate, porcellane e argenti. La cucina è raffinata e di altissima qualità proposta in un menù stagionale sempre aggiornato con le migliori materie prime del territorio. Sempre nel rustico, all’ultimo piano, la piscina coperta e il solarium costituiscono un piccolo paradiso di relax e benessere, sia nei mesi caldi che in quelli freddi. Per la salute del corpo, è possibile sfruttare anche la piccola ma attrezzatissima palestra a disposizione degli ospiti. È possibile anche rilassarsi nel parco antistante la fortezza, fatto di alberi secolari tra i quali si intravedono la pergola, che in primavera si colora delle foglie dei rampicanti, ed il tempietto di colonne tuscaniche, un luogo romantico dal sentore bucolico nel quale immergersi per leggere un buon libro all’aria aperta o godersi la frescura delle fronde.
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Il Castello di San Gaudenzio è la location perfetta per il matrimonio. Il giorno più bello diventa ancora più speciale grazie alla magia di questo luogo fiabesco e ricercato. Ogni dettaglio della giornata può essere pianificato e seguito passo passo con lo staff del Castello, sempre professionale e qualificato: dalla musica alla scelta dei fiori, dal servizio fotografico alla sala per il ricevimento, è possibile personalizzare tutti i particolari secondo i desideri degli sposi, per far sì che l’evento sia davvero indimenticabile. Al Castello è anche possibile celebrare sia il rito religioso nella chiesetta di San Gaudenzio, intima e deliziosa, annessa al parco, sia quello civile, nelle sale interne allestite per l’occasione.
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Dal parco alle camere, dalle sale da ricevimento all’area benessere, il Castello di San Gaudenzio è un gioiello di ospitalità di altissimo livello nel quale si respira un’atmosfera esclusiva e raffinata e dove è possibile organizzare al meglio il proprio evento, che sia esso un matrimonio, un congresso, un pranzo di lavoro, una cena di gala, un avvenimento culturale o un soggiorno in pieno relax.
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Hotel Castello di San Gaudenzio Via Mulino, Loc. San Gaudenzio 27050 Cervesina (PV) Tel. +39 0383 3331 info@hcsg.it www.hcsg.it
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servizi per eventi
L’eccellenza del catering a Pavia
Bardelli Service rende ogni evento unico e indimenticabile Testo di Valeria Portinari
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ardelli Service offre un servizio di catering, banqueting e ristorazione a domicilio per ogni tipo di evento e di location. Dai matrimoni agli eventi aziendali o istituzionali, fino ad eventi privati come feste di laurea o di compleanno, Bardelli Service ha una soluzione personalizzata per soddisfare i desideri dei propri clienti. La società nasce nel 1998 per volontà dei due soci, Andrea e Adelio, che si dedicano da allora con passione e dedizione alla cura di ogni dettaglio per far sì che ogni avvenimento sia perfetto in ogni suo aspetto. Andrea si occupa in particolare della parte di allestimento, organizzazione e gestione della sala e delle pubbliche relazioni mentre Adelio, nel suo ruolo di chef, è impegnato personalmente in tutta la parte gastronomica, dalla scelta delle materie prime sempre di altissima qualità all’organizzazione e direzione della cucina affiancato dal suo preparatissimo staff.
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I menù sono completamente personalizzabili, in base alle scelte dei clienti ed alle loro esigenze, e spaziano tra le ricette di cucina classica italiana cucinate direttamente in loco, facendo uso di ingredienti di primissima qualità, per creare piatti raffinati ed esclusivi. All’interno del particolare menù è compresa la torta nuziale preparata da una prestigiosa pasticceria. Caratterizzabili sono anche gli allestimenti delle location, con tovagliato in vari tessuti e colori e argenteria, finiture e dettagli curati con attenzione per rendere ogni luogo e ogni momento sempre magico. Il personale in divisa è sempre impeccabile, elegante e preparato, per soddisfare ogni richiesta con professionalità e impegno. Ad ogni evento realizzato da Bardelli Banqueting è sempre garantita la presenza in prima persona di almeno uno dei soci, per assicurare la perfetta riuscita di ogni momento.
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Per rendere ogni matrimonio davvero speciale ed indimenticabile, Bardelli Service offre un servizio di consulenza agli sposi, che vengono seguiti passo dopo passo da un team di professionisti con lo scopo di definire nei minimi particolari tutti gli aspetti dell’evento affinchè sia unico e memorabile. L’azienda è in grado di interpretare al meglio il gusto dei propri clienti proponendo anche la location più adatta ad ogni contesto e desiderio, dalle più prestigiose come castelli o ville d’epoca, ad ambientazioni più alternative o particolari, in tutta la Lombardia.
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Come già accennato, oltre ai matrimoni, Bardelli Service è in grado di seguire i propri clienti anche per eventi aziendali, convention, business lunch e cene di gala. A Pavia si occupa di tutti gli eventi istituzionali, curando nel dettaglio ogni elemento che li renda prestigiosi e importanti. Nello showroom di Corso Mazzini, lo staff di Bardelli Service, con la propria esperienza vi accoglierà per una consulenza personalizzata, per una prova menù e per affrontare tutti i dettagli del vostro evento in modo da realizzare insieme a voi un momento perfetto che ricorderete per tutta la vita, garantendo sempre la massima professionalità, elevata qualità, eccellenza ed un servizio sempre impeccabile.
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Bardelli Service Banqueting Corso Mazzini, 6 - 27100 Pavia Tel. +39 0382 186 7310 cell. 338 8402948 - 347 0573352 info@bardellicatering.com www.bardellicatering.com Facebook: Bardelli Service Snc
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MaBeDo Card 2015
MaBeDo Card è la preziosa carta sconti che ti accompagna nei tuoi acquisti, aiutandoti a risparmiare nelle attività convenzionate in tutta Italia: dai ristoranti agli agriturismi, dall’abbigliamento agli articoli regalo, dalle strutture turistiche ai tour operator e tanto altro ancora. Diventa Partner del circuito MaBeDo e offri anche tu uno sconto ai titolari di MaBeDo Card. Unisciti a noi, abbiamo entrambi un obiettivo comune: aumentare la clientela e battere la concorrenza. Per info mabedo@mabedo.it.
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eventi
Merano Wine Festival alla sua 25^ edizione
Monsupello porta alla ribalta l’Oltrepò Pavese Testo di Valeria Portinari
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Il Merano Wine Festival, alla sua venticinquesima edizione, è una delle fiere nazionali più importanti d’Italia; il tratto distintivo di questa fiera di settore è la qualità superiore che distingue i vini presentati. Per accedervi, ogni azienda produttrice è chiamata ad inviare un massimo di cinque vini, che vengono degustati e valutati da una giuria specializzata di sommelier e di esperti. I vini che passano la selezione sono quelli che superano gli 80 punti e di questi viene in seguito fatta una ulteriore selezione tra i produttori che hanno almeno due vini già premiati in precedenza alla manifestazione. Al via venerdì 4 novembre con Bio&Dynamica, una selezione di vini biologici e biodinamici, alla quale ha avuto seguito la Cena di Gala mentre sabato, domenica e lunedì sono state le tre giornate dedicate alla selezione dei premiati. Martedì 7, ultimo giorno di manifestazione, è stata invece dedicata interamente alla Champagne Catwalk, una passeggiata tra le selezionate bollicine francesi alla presenza di produttori o rappresentanti.
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Nella Gourmet Arena, parallelamente all’evento MWF, Culinaria ha ospitato circa 100 aziende selezionate tra artigiani del gusto, birrifici, distillati e liquori, con prelibatezze regionali italiane come culatello, formaggi, salumi, dolci, panettoni, e tartufi. Il Merano Award Rosso, Gold e Platinum è il marchio di qualità con il quale vengono insigniti ogni anno i vini degustati da The Wine Hunter, la giuria. Delle oltre 4000 etichette solo 22 hanno ricevuto il bollino Platinum, con un punteggio di oltre 95 punti, il massimo, 257 hanno vinto l’Award Gold e 1500 il bollino Rosso. Per la prima volta nel 2016 sono stati distribuiti anche i premi Merano Culinaria alle eccellenze gastronomiche selezionate e degustate, con tre fasce di punteggio corrispondenti ai tre bollini.
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Helmuth Köcher, Marco Bertelegni, Laura Boatti e Pierangelo Boatti
Tra i vincitori del Platinum Award spicca in particolare un nome, quello dell’Azienda Agricola Monsupello, che con il Nature è entrato nella rosa dei 22 vini a punteggio più elevato mentre con il Classese Millesimato ha ottenuto più di 86 punti guadagnando anche il bollino rosso. Un grande successo per questa azienda che, alla sua terza partecipazione alla prestigiosa manifestazione, è entrata a far parte della rosa degli spumanti più importanti d’Italia, e può vantare di aver portato in alto il nome dell’Oltrepò Pavese mettendone in rilievo la grande qualità spumantistica e del Pinot Nero Nature.
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L’Oltrepò Pavese, in precedenza, non è mai stato molto presente al Merano Wine Festival perchè finora le aziende avevano dimostrato poca fiducia investendo poco in questa manifestazione, portando di conseguenza un’ombra su questo territorio così ricco di eccellenze ma allo stesso tempo carente di iniziativa. Durante questa edizione di MWF, grazie a Helmuth Köcher si è constatata anche un’inversione di pensiero sulla reputazione dell’Oltrepò Pavese. Se tempo fa il patron della manifestazione era scettico sul fatto che fosse un territorio di grandi vini, oggi ha avuto la prova del contrario. Il Premio dato a Mosupello è simbolicamente rivolto a tutto il territorio oltrepadano in quanto è riuscito a piazzarsi con grandi meriti sopra a territori come la Franciacorta o le langhe.
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Marco Bertelegni, tutto lo staff Monsupello e la famiglia Boatti si dicono estremamente orgogliosi della partecipazione al Merano Wine Festival insieme a grandi nomi dell’enologia italiana, non solo per la qualità e qualificazione della manifestazione e per la curatela impeccabile, ma anche per il bacino di pubblico che l’evento coinvolge, portando un grande flusso di stranieri soprattutto del nord europa e di italiani provenienti da tutta la penisola, che possono conoscere ed apprezzare le nostre eccellenze enologiche. La manifestazione, rivolta a professionisti del settore wine & food e a tutti gli appassionati, ha avuto un grande successo anche grazie alle iniziative organizzate durante le giornate, dalle degustazioni di vini e prodotti tipici alle verticali, dagli showcooking ad una rassegna cinematografica sul vino, rendendo il Merano Wine Festival sempre di piÚ un evento di grande rilevanza enogastronomica e culturale.
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Cantine Aperte a San Martino alla Perla del Garda
Degustazione di bollicine con i sapori del territorio
Testo e foto di Valeria Portinari
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Lonato del Garda si festeggia San Martino con una giornata di Cantine Aperte. Domenica 13 novembre lo Staff MaBeDo ha partecipato a questa piacevole iniziativa, cogliendo l’occasione per passare del tempo presso la cantina Perla del Garda, una cantina già nota ai nostri lettori per la sua partecipazione a Bollicine in Castello 2016. Giovanna Prandini, la proprietaria, ci ha accolto a braccia aperte con tutto il suo team, guidandoci all’interno della sua Cantina e della degustazione. Dalle 10 alle 18 è stato infatti possibile per tutti gli ospiti, visitare la bellissima cantina guidati da un esperto e degustare i vini Perla del Garda abbinati a prodotti tipici del territorio. Dalle 17, invece, è partito il viaggio alla scoperta degli ottimi spumanti: all’assaggio il Lugana spumante Settimo Cielo, lo Chardonnay millesimato 2008 e lo Chardonnay Castel Guelfo millesimato 2007.
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Durante la visita abbiamo potuto apprezzare la meravigliosa cantina, un perfetto connubio di classicità e modernità nella quale non manca uno spunto artistico. Nelle grandi sale circolari sono infatti presenti anche cicli e motocicli d’epoca, restaurati e rimessi a nuovo, a testimonianza di una passione per queste vetture che fanno una grandissima scena con l’architettura e l’atmosfera degli interni. Durante la degustazione, Giovanna Prandini, Presidentessa della Strada dei Vini e dei Sapori del Garda e delegata regionale per l’Associazione Nazionale “Le Donne del Vino”, ha illustrato ai presenti con grande entusiasmo e professionalità tutte le qualità delle bollicine che si stavano assaporando, permettendo ad ogni ospite di apprezzare appieno le peculiarità di ogni singola bottiglia. Una giornata di grande interesse e cultura, un appuntamento autunnale promosso dal Movimento Turismo del Vino, che ha permesso a tantissimi appassionati winelovers la gioia di degustare i vini di Perla del Garda in abbinamento a prodotti di stagione di alta qualità.
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Filippo Quaglini e Giovanna Prandini
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A Rivanazzano Terme, torna la Cena dell’Alleanza Slow Food
Piera Selvatico interpreta magistralmente le eccellenze del territorio Testo e foto di Valeria Portinari
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enerdì 25 novembre è andata in scena la Cena dell’Alleanza Slow Food presso il Ristorante Selvatico di Rivanazzano Terme. Armati di macchina fotografica e con tanta curiosità verso gli incredibili piatti di Piera Spalla Selvatico, lo staff MaBeDo ha raggiunto il ristorante per prendere parte alla grande serata. Tra i partecipanti ovviamente c’era Teresio Nardi, fiduciario e referente Terra Madre di Slow Food Oltrepò Pavese e Gianluca Re, Referente Arca del gusto e Presìdi, che durante la serata hanno illustrato ai presenti le caratteristiche dei prodotti Slow Food utilizzati da Piera Selvatico all’interno delle ricette proposte ed i vini in abbinamento scelti per ogni piatto, oltre a Manuela Marazzi, moglie di Fabio Marazzi di Cantina Scuropasso che ha messo a disposizione due dei suoi incredibili vini.
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Filippo Quaglini e Manuela Marazzi
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Renata Di Caccamo
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Dopo un aperitivo di benvenuto a base di stuzzichini, salame di Varzi e una deliziosa frittura di verdure, accompagnate dall’ottimo Pinot Nero Brut Cruasé Roccapietra di Cantina Scuropasso abbiamo preso posto al tavolo in attesa di iniziare la Cena dell’Alleanza. Una Torta di Zucca Berrettina di Lungavilla e Cipolla di Breme ha aperto in grande stile la cena: il sapore delicato della zucca e della cipolla ripiena è stato esaltato dalle salse di broccoli e barbabietole, usate per decorare il piatto con la celeberrima chiocciola, simbolo di Slow Food. A seguire, le deliziose Crespelle di Peperone di Voghera farcite con Fagioli di Cotrone al profumo di rosmarino e parmigiano di Vacca Bianca Modenese hanno lasciato tutti piacevolmente stupiti mentre il Torello di Razza Varzese in fricandò, una carne tenerissima e saporita, ha lasciato poi spazio al dessert. Michela Selvatico, l’artefice dei dolci della casa, ha dato il suo meglio anche questa volta con un insuperabile Canestrino di riso Vialone Nano Grumolo delle Abbadesse con castagne di Sant’Alberto su salsa di Pomella Genovese, una mela piccola e dolce della quale abbiamo potuto apprezzare ogni sfumatura. In abbinamento al dolce, il Moscato della Cantina Scuropasso.
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I piacevoli intermezzi di Nardi e Re hanno fatto luce sulla storia di questi prodotti e sul loro utilizzo all’interno della nostra cucina tradizionale: è importante impegnarsi per aiutare i produttori a crescere e far conoscere le eccellenze del nostro paese che non sono più purtroppo così diffuse come un tempo. Piera Selvatico fa parte dei Cuochi dell’Alleanza, quei cuochi che si impegnano ad utilizzare alcuni prodotti dei Presidi Slow Food all’interno dei propri menù. La serata è trascorsa gradevolmente tra eccellenze e ottima compagnia. Un ringraziamento speciale va alla famiglia Selvatico e a tutto lo staff del ristorante che come sempre ci ha riservato un’accoglienza calorosissima ed una qualità sempre impeccabile.
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Teresio Nardi
Gianluca Re
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Piera Spalla Selvatico
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Filippo Quaglini con lo staff del Selvatico
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MaBeDo Card è una preziosa carta sconti che accompagna chi la possiede negli acquisti e che permette di risparmiare nelle attività convenzionate in tutta Italia. Il circuito MaBeDo Card è costituito da un insieme di strutture operanti sul territorio nazionale, principalmente dedicate all’enogastronomia, al tempo libero, al turismo, allo shopping e ai servizi. Ogni struttura ha una propria convenzione che consente al titolare della Card di ottenere lo sconto concordato con MaBeDo alla presentazione della tessera.
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ALCUNE DELLE NOSTRE STRUTTURE CONVENZIONATE Agriturismi Agriturismo La Sorgente Castello di Luzzano Agriturismo Il Fienile Agriturismo Hermione Aziende Vinicole Cantina Scuropasso Ca’ di Frara Giorgi Vini La Parrocchiale Cascina Montagnola Molinari Vini Castello di Luzzano Az. Agr. Quaquarini Az. Agr. Finigeto Az. Agr. Monsupello Az. Agr. Rebollini Bruno & C. Azi. Agr. Anteo La Costaiola Bar e Caffetterie Pasticceria Bordoni Time Out Cafè Bar Cerere Cafè Il Ponte
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Ristoranti e Pizzerie Ristorante Pizzeria Quattro Ristorante Vigna del Pero Trattoria La Pesa Il Boss de le Balze Ostaria da’l Gondolièr Osteria del Naviglio Albergo Ristorante Selvatico Trattoria Da Lina La Locanda di Calvignano Locanda Vecchia Pavia al Mulino Hotel Castello di San Gaudenzio Ristorante Pizzeria Charlot Le Rubinie del Po Ristorante Pizzeria Palinuro Bierhaus – Ristorante bavarese Moya Japanese Restaurant
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mondo dei motori
C’era una volta in America
Viaggio attraverso la storia dell’auto a stelle e strisce Testo di Piero Ventura
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l Salone di Los Angeles, nome originale “Los Angeles Auto Show”, è un salone a cadenza annuale che si tiene a fine Novembre, primi di Dicembre presso il Los Angeles Convention Center. Nato poco meno di 110 anni fa, precisamente nel 1907, nonostante l’ovvia concorrenza con il NAIAS di Detroit, riscontra ogni anno una buona affluenza ed un discreto numero di novità mondiali, principalmente americane. Cadillac ad esempio, è presente al Salone di Los Angeles con diverse vetture dell’attuale gamma, ma anche con il concept presentato durante la scorsa estate, la Cadillac Escalade. La Ford. Poi, ci sono le prove generali di SUV globale per General Motors, che dedica al suo marchio di lusso Buick novità anche per l’Europa. La svolta “green” dell’automobile statunitense passa anch’essa per la California, da sempre lo stato più attento alle tematiche ambientali e palcoscenico per il secondo debutto commerciale importante per l’auto ecologica a stelle e strisce. Dopo la Chrysler Pacifica Hybrid, il Salone di Los Angeles arriva in contemporanea al debutto sul mercato anche della Chevrolet Bolt EV. La protagonista assoluta dello stand Chrysler è invece la Pacifica Hybrid, che dopo una lunga attesa arriva finalmente in vendita sul mercato statunitense proprio in concomitanza con la rassegna californiana. Ma marche come: Auburn, Cord, Deusemberg, Packard, Stutz, Marmon, Pierce-Arrow, Nash ecc che negli anni ’30 avevano fatto grande l’automobile americana, quale fine hanno fatto?
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Stutz 1930
Packard deluxe eight del 1931
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Gli Anni Trenta si aprono negli Stati Uniti all’insegna della spaventosa crisi economica culminata con il crollo della Borsa di Wall Street che ridusse sul lastrico milioni di persone e costrinse alla chiusura centinaia di grandi e piccole imprese. La crisi del ’29 fu vissuta dagli americani come un trauma collettivo perché fece crollare la loro fiducia nel sistema produttivo capitalistico, tanto da considerare con sospetto la tecnologia accusata di ridurre i posti di lavoro. In questa situazione drammatica la produzione automobilistica fu uno dei settori più colpiti. È però singolare il fatto che nonostante le vendite fossero calate del 75%, l’ammontare totale delle tasse di circolazione riscosse registrò solo una flessione del 10% indicativa del fatto che l’automobile era orma così radicata nella vita americana che nessuno poteva farne a meno anche se non poteva permettersi di comprarne una nuova. Alla fine degli Anni Venti i costruttori indipendenti erano quasi completamente scomparsi e il settore automobilistico americano era nelle mani di tre grandi gruppi, Ford, Chrysler e General Motors, che avevano fatalmente assorbito marchi antichi e prestigiosi condannati dalla spietata legge della produzione di massa.
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La tendenza generale nella produzione di questi grandi gruppi americani in questo periodo fu di dare una precisa priorità alle qualità meccaniche e di durata, mentre negli anni d’oro antecedenti la crisi la bellezza delle carrozzerie era uno degli argomenti principali per decretare il successo di un modello, ora la ricerca dell’economia e dell’efficienza portarono a macchine tutto sommato piuttosto simili una all’altra in quanto frutto di soluzioni stilistiche comuni dettate dalle esigenze produttive. Il loro valore era però nascosto all’interno della loro meccanica e molte di esse anticipavano già caratteristiche che saranno proprie a tutte le vetture successive. La sospensione elastica del motore Plymouth del 1931, il dispositivo di avviamento a freddo di Oldsmobile e Packard del 1932, il servofreno, la sospensione anteriore a ruote indipendenti del 1934, gli sbrinatori incorporati del 1936, il comando del cambio sul volante del 1937, l’impianto di condizionamento d’aria sulla Nash del 1938, sono tutte caratteristiche che non hanno nulla a che vedere con l’estetica ma sono sintomatiche della scelta verso la ricerca del comfort di guida che resta una delle caratteristiche principali della concezione americana dell’automobile. Sfortunatamente gli anni Trenta segnarono anche il canto del cigno per molte gloriose marche che chiusero l’attività magari con un ultimo modello prestigioso, quasi a voler dare un ultimo e involontario addio alla bellezza sacrificata sull’altare del pragmatismo. Il caso più tipico è forse quello dell’Auburn che insieme alla Deusenmberg e alla Cord costituiva la prestigiosa triade messa insieme dal grande Erret Lobban Cord. Travolta dalla crisi la Casa tentò un ultimo rilancio della sua immagine sportiva con uno “speedster” a 8 cilindri in linea di 4575 cc. Sovralimentato con un compressore comandato da un inedito sistema epicicloidale che lo rendeva capace di 150 CV.
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Marmon-Sixteen del 1931
Marmon modello 144 del 1933
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Oldsmobile Archives 1934
Pierce-Arrow-845-V12-Sliver Arrow 1935
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1935 Duesenberg SJ Special
La vettura venne disegnata da Gordon Buehring con una linea anticonvenzionale dalla tipica coda a branca che oggi stupisce per eleganza, aggressività e sportività che riesce a dare. Oltre che bella, la nuova Auburn era anche veloce perché riusciva a raggiungere i 160 Km/h. Costruito in soli 500 esemplari dal 1935 al 1936 questo splendido “speedster” venduto a 2.225 dollari non riuscì però a risolvere le sorti della Casa che nel 1937 chiuse i battenti. Con lei scomparvero anche le leggendarie Deusenberg che produsse alcune tra le più belle vetture mai realizzate nella storia dell’automobile e la Cord che poteva vantare la prima trazione anteriore americana prodotta in serie, oltre a modelli di assoluta originalità come la 812 8V di 4500 cc. del 1937. Fra le altre vittime della crisi ricordiamo la Franklin che affrontò la sfida con una grossa e prestigiosa vettura a 12 cilindri a V sovralimentata di 6522 cc, la Airman Twelve venduta a 3.885 dollari nel 1932 ma che dovette chiudere due anni più tardi.
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Auburn 1935
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Auburn 1936
Stessa sorte subì la Stutz la cui Bearcat DV-32 con un 8 cilindri in linea da 156 CV era una delle vetture più veloci dell’epoca: costava però 3.190 dollari di solo telaio e finì per scomparire nel 1935. Due anni prima era scomparsa anche la Marmon il cui fiore all’occhiello era la Sixteen dotata di un modernissimo motore con monoblocco di alluminio di 8042 cc, 200 CV della quale vennero venduti solamente 500 esemplari in tre anni. La Pierce-Arrow, che nel 1933 aveva lanciato la famosa Silver Arrow aerodinamica, sopravvisse fino al 1938. Si salvò invece la Packard che seppe produrre delle vetture utilitarie più adatte al periodo come la “120” venduta a 1000 dollari nel 1935, che però ne offuscò la marca di grande marca. Altre dovettero convertire del tutto o in parte la propria produzione come la Reo che produsse autocarri fino al 1936, la Hupmobile che abbinò parti staccate di automobili agli articoli per cucina e la Nash che si trovò a costruire anche frigoriferi.
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Duesenberg-SJN - 1936
Cord 1938
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Ford
Gli anni Trenta che si erano aperti con una grande crisi economica e si chiudevano alla vigilia di una nuova crisi, questa volta politico militare, vanno visti insomma come un lungo periodo di transizione per l’industria automobilistica americana. Dalla crudele ma necessaria selezione che aveva eliminato costruttori capaci di dare contributi anche geniali all’evoluzione dell’automobile ma fatalmente esclusi dallo sviluppo di nuove e piÚ complesse esigenze dei processi produttivi e nelle strategie di mercato, uscirono rafforzate le grandi aziende che costituirono la base per lo sviluppo della motorizzazione nel dopoguerra.
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Uno sviluppo che il tragico conflitto mondiale riuscĂŹ solo a ritardare di qualche anno ma che era ormai destinato a ripresentarsi in tutto il suo inarrestabile progredire con dimensioni divenute ormai planetarie.
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