magazine n.25
MONDO DEL VINO
Il Tanni, la Ribolla Gialla, il Friulano e la Malvasia
Il Collio Goriziano e i vini della Tenuta Stella SOSTE GOLOSE
Tra creativitĂ e prodotti tipici, un angolo di alta cucina a Madesimo
Ristorante Il Cantinone EVENTI
Presentata a Milano la guida di AIS Lombardia
260 eccellenze lombarde per la Guida Viniplus 2017 MONDO DEI MOTORI
100 anni fa nasceva la Maserati
Parte da Voghera il mito del Tridente
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editoriale
Prima di augurarvi Buon Natale ed un Felicissimo Anno Nuovo, ecco l’ultimo numero di MaBeDo Magazine del 2016. Ancora una volta si parla di buon vino, buona cucina e di eventi che celebrano sempre di più la forza del nostro territorio, dei nostri prodotti e delle persone che lavorano con passione per comunicare tutta l’eccellenza lombarda ma soprattutto italiana. Vi salutiamo con l’augurio che il 2017 sia un anno ricco per tutti noi e voi, per i produttori, i ristoratori, per chi ama e sceglie ogni giorno la nostra città, il nostro Oltrepò, la nostra Lombardia, la nostra Italia. Continuate a seguirci anche il prossimo anno, qualcosa bolle in pentola, tante novità stanno prendendo forma e vi vogliamo accanto a noi per altri 365 giorni di soste golose, eventi, vino, location, ospitalità e molto molto altro. Buona lettura e buone feste a tutti voi!
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sommario In copertina la Guida Viniplus 2017
PERSONAGGIO
Dall’emozione all’opera d’arte
Le creazioni in legno di Salvatore Guida
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MONDO DEL VINO
Il Tanni, la Ribolla Gialla, il Friulano e la Malvasia
Il Collio Goriziano e i vini della Tenuta Stella
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SOSTE GOLOSE
Tra creatività e prodotti tipici, un angolo di alta cucina a Madesimo
Ristorante Il Cantinone
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EVENTI
Il Natale dei Cuochi “Al Castello” di Gambolò
33° Gran Galà dell’Associazione Cuochi Pavia Presentata a Milano la guida di AIS Lombardia
260 eccellenze lombarde per la Guida Viniplus 2017 Pranzo di lavoro in grande stile
Un viaggio attraverso i sapori di Florian Maison
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MONDO DEI MOTORI
100 anni fa nasceva la Maserati
Parte da Voghera il mito del Tridente
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personaggio
Dall’emozione all’opera d’arte
Le creazioni in legno di Salvatore Guida Testo di Valeria Portinari
S
iciliano di origine ma pavese di adozione, Salvatore Guida ha sempre avuto una forte passione per il legno e per il fai da te. A Pavia ha aperto anni fa un paradiso per gli amanti del bricolage, Casa Viva, e nel tempo ha coltivato sempre di più il suo amore per questa nobile materia prima fino a trasformarla in opere d’arte.
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L’addio
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L’infinito
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Falco
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Dama
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Beppe In ogni composizione esprime le proprie emozioni e sensazioni, modellando il legno per ricavarne la forma e farne uscire l’anima e la vita. Togliendo il superfluo con gli strumenti del mestiere Guida arriva man mano a plasmare i lineamenti di ciò che ha in mente, l’idea prende forma sempre di più fino a diventare percepibile e palpabile. Ogni opera è un percorso di contatto, coscienza, conoscenza ed identificazione che si esplica in un utilizzo di materie prime diverse tra loro, dal compensato al multistrato al medium density. Ogni materiale è un livello da assemblare e lavorare, che dialoga a suo modo con gli altri, svelando di volta in volta una consistenza, cromaticità e struttura uniche.
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Cavallo
Discostandosi dai suoi primi lavori, in cui il colore era più un’aggiunta alla forma, oggi i toni cromatici sono insiti nel legno stesso e scaturiscono durante la lavorazione così come i contorni e le ombre. Lo stile di Salvatore Guida è in continua evoluzione, come lo sono le sue emozioni dalle quali trae ispirazione per le proprie creazioni. La materia finemente lavorata permette all’artista di esprimersi attraverso la bellezza, il fascino ed il calore del legno.
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Compagni
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Sguardi
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mondo del vino
Il Tanni, la Ribolla Gialla, il Friulano e la Malvasia
Il Collio Goriziano e i vini della Tenuta Stella Testo di Valerio Bergamini
U
na stradina che, se non fosse per una spalmata di asfalto, potresti dirla una mulattiera, si snoda sinuosa tra anfiteatri di vigneti e ti conduce dolcemente, sempre più in alto, verso la località Sdencina poco distante da Scriò, un luogo da cui derivano le uve per uno dei vini più estrosi della cantina, che si trova sulla sommità di questo rilievo. È la Tenuta Stella, un’azienda “decantata” da prestigiose testate, dal Gambero Rosso a Boris Maskow, da Robert Parker a Marco Gatti e Paolo Massobrio. Proprio Gatti e Massobrio, per primi, hanno intuito le potenzialità della Tenuta Stella e dei suoi vini inserendoli, nel 2012, nella classifica de “I mille eccellenti vini d’Italia” (pubblicata nel libro, “L’Ascolto del Vino”). Inoltre, a Golosaria 2012, Tenuta Stella è stata annoverata tra le 35 cantine più meritevoli d’Italia, del 2012. Siamo a Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia, nella parte più alta del Collio. Appena sotto e tutt’intorno a questo fazzoletto di terra, una distesa di terrazzamenti si adagia sulle marne calcaree, proprio laddove un tempo c’era il mare. Se ti metti a scavare un po’ più a fondo, rischi d’imbatterti ancora in reperti fossili lasciati lì in seguito al ritiro delle acque marine. I colli sono il tratto caratteristico di questo territorio. Sono suggestivi ma ripidi e per allevare la vite in queste condizioni ci vuole un fisico bestiale, soprattutto d’estate, quando le temperature superano i 35 gradi. I vigneti di Stella sono volti a sud-est, il che permette loro di prendere il sole per gran parte della giornata. Di giorno, in estate, la calura avvolge con la sua veste ardente le bacche dell’uva scaldando la loro polposa anima e di notte la brezza del mare, lontano non più di trenta chilometri in linea d’aria, le rinfresca.
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I vigneti della Tenuta Stella a Scriò
Proprio questa escursione termica favorisce la maturazione di uve eccezionali con elevata sapidità. Guardando le vigne hai subito l’idea di una radicata tradizione vitivinicola. Generazioni di uomini hanno buttato sudore su questa terra e anche quelli che la lavorano oggi, ci mettono impegno, rispetto e attaccamento. I pali cui si aggrappano i tralci sono tutti di legno con diametri che arrivano anche a più di 15 centimetri. Gli ettari di questa azienda sono in tutto cinque, su terrazze, con sistemi di allevamento a Guyot, situati a 220-270 metri s.l.m.. La resa è bassa, non più di 40 quintali per ettaro e la resa in vino varia dal 65 al 75% a seconda delle tipologie d’uva. Le uve sono Ribolla Gialla, Malvasia Istriana, Friulano e Chardonnay. L’erba viene tagliata 2 volte l’anno e lasciata lì insieme alle foglie, quando la vite si spoglia. È concime. I grappoli si raccolgono manualmente verso fine agosto per la produzione di basi da spumantizzare. Le uve restanti, destinate alla produzione di vini fermi, vengono vendemmiate nella seconda metà di settembre, quando sono vellutate, gravide. Sono scartate quelle che presentano delle imperfezioni (che comunque non sono mai in quantitativi elevati) ma è una selezione assolutamente necessaria per preservare il frutto sano e sfruttarne al meglio la purezza.
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La “Ponca” del Collio
L’uso del metabisolfito è ridotto al minimo (di molto inferiore ai limiti imposti dal disciplinare biologico), perché se l’uva è sana e sai quello che finisce nelle vasche o nelle botti, non c’è bisogno di aggiungere tanti additivi. Niente pesticidi e concimi chimici e un uso chirurgico dei trattamenti in vigna. Questa scarna descrizione da già un’idea precisa della filosofia produttiva cui ci troviamo di fronte, che ha un punto fermo e intransigibile: la genuinità del vino. Questa è la chiave di tutto. E siccome, prima di tutto, per fare un vino genuino, ci vuole una terra genuina, ecco che la terra diventa il luogo da cui partire per fare un’agricoltura biologica o meglio, una viticoltura culturale. Un luogo nel quale il legame inscindibile con la vigna è espresso con un concetto che i francesi chiamano terroir. Il terroir definisce l’interazione tra più fattori, quali esposizione, clima, viti e terreno. E qui il terreno è il caratteristico “flysch” o “ponca” (nel gergo dialettale) tipica del Friuli orientale, risalente al periodo eocenico e di origine marina, frutto di una lenta sedimentazione e costituito da marna friabile (argilla calcarea) che tende facilmente a sgretolarsi sotto l’azione degli agenti atmosferici (pioggia e calore) e arenaria (roccia sedimentaria composta di granuli sabbiosi). Un suolo e un sottosuolo con una composizione geologica originata in seguito alle varie erosioni intervenute, ricco di magnesio, fosforo e potassio, adatto per produrre uve e, di conseguenza, vini con caratteristiche ideali per struttura e aromi. La vite per fare buoni frutti cerca proprio le condizioni più difficili e la qualità, prima che in cantina, si fa in collina e nelle colline più difficili.
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Con Angelo Boneschi, che è il responsabile marketing della Tenuta Stella, dal2011, abbiamo deciso di fare la degustazione dei vini di “Stella” alla Locanda Aurilia di Loreggia in provincia di Padova, al confine con la provincia di Treviso, di proprietà dei fratelli Osorio (cuoco) e Ferdinando (sommelier) De Marchi. Nella sala in cui è stato allestito il nostro tavolo aleggiano già i profumi provenienti dalla vicina cucina e le nostre papille gustative cominciano a secernere copiosa acquolina perché abbiamo vaghezza dell’entità dell’esperienza cui ci apprestiamo. Le bottiglie di Tanni, Malvasia, Ribolla Gialla e Friulano sono state messe in appositi cestelli refrigerati, sulla credenza al nostro fianco ed ognuna è già stata portata alla giusta temperatura di servizio che è molto vicina a quella di consumo perché ormai le danze stanno per incominciare. Osorio si prepara con savoir faire a recare i piatti in tavola e Ferdinando è impeccabile nel disporsi a servire i vini. Partiamo con un antipasto di Sarde in saòr con pinoli e ughetta. È una pietanza agrodolce che, per essere assaporata al meglio, va mangiata dopo alcuni giorni dalla sua preparazione, per far si che le tonalità di gusto e aroma si “affinino” nelle terrine in cui viene conservata. L’apparente semplicità della preparazione è smentita dalla persistenza organolettica che viene esaltata ogni volta che si porta il calice alla bocca. E, nel calice, come abbinamento quasi obbligato c’è la Ribolla Gialla Brut. Un Metodo Classico, 100% Ribolla Gialla, anno di produzione 2013, con un affinamento di sedici mesi sui lieviti. Uno spumante dal perlage elegante e dai profumi freschi e briosi che rimandano alla fragranza tipica della Ribolla, ai suoi aromi fruttati di pesca bianca e albicocca. Le note minerali che scalpitano nel bicchiere contribuiscono ad aggiungere vivacità a questo vino. In bocca si amplifica la freschezza e gli agrumi sgomitano per non farsi sopraffare dalla incipiente sapidità. La complessità e la sfaccettatura aromatica sono esaltate dalle fini bollicine in una deliziosa avvolgenza che allunga la persistenza gustativa. Come secondo antipasto ci viene servito il Pomodoro ramato farcito con salsa al basilico. Il pomodoro è stato spellato, svuotato della sua polpa e riempito con una farcitura di peperoni, zucchine e melanzane. Arriva in tavola in un largo piatto bianco, su un letto di vellutata salsa al basilico. Una tavolozza tricolore che, seppur semplice nella proposta degli ingredienti, si rivela di efficace impatto visivo e grande richiamo appetitoso.
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Le cinque “Stelle” della Tenuta Stella
Ferdinando lo ha abbinato al Tanni Pas Dosè, un Blanc de Blanc, 100% Chardonnay, con una permanenza sui lieviti di 36 mesi. Il Tanni che stiamo bevendo è della vendemmia 2011 e sboccato da pochi mesi. Si presenta in bollicine finissime, armoniose, abbondanti e cremose, con una luce brillante di rara intensità. È intrigante nei profumi che si mutano in vere e proprie emozioni olfattive riecheggianti il sottobosco, i fiori bianchi, le scorze di agrumi. È un vino di grande classe e stoffa, di estrema freschezza, con accenti aggraziati ed eleganti. Deglutisco questo fluido estasiato e rideglutisco sempre più soddisfatto ma non appagato e lo sento correre lentamente sul palato e progredire di carattere traducendosi in una lunga persistenza in bocca. Bollicine stupende! “Chapeau!”, direbbero i Francesi. Qui invece, per manifestare stupore e meraviglia, si dice “ostrega”. Non è per campanilismo ma io preferisco l’espressione veneta perché è più pregna di significati. E allora “ostrega”!!!, con un bel po’ di punti esclamativi.
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E, ostrega, quasi per magia, compare in tavola il Risotto con frattaglie di pollo allevato a latte e miele. I polli padovani, sono allevati a terra, a soli cereali per almeno 150 giorni e negli ultimi 40 nutriti solo con latte e miele. Il risotto ha una esecuzione molto complessa. Si parte con la preparazione di un sugo stufando le parti piÚ consistenti delle frattaglie insieme a verdure di stagione e, verso fine cottura, vengono aggiunte le parti molli (fegati) aromatizzandole con aneto, alloro, timo, maggiorana, rosmarino, origano e altre erbe profumate. Anche il brodo per cuocere il riso viene fatto con rigaglie e verdure di stagione. I chicchi del riso si amalgamano perfettamente e cremosamente al composto di frattaglie e verdure grazie anche alla sapiente mantecatura fatta col Parmigiano stagionato, con l’aggiunta di un filo d’olio extra vergine dei Colli Euganei. Ci vuole un vino ad alta capienza che trovi cosÏ il perfetto accordo con un piatto di altrettanta maestria. Ferdinando ha deciso per la Ribolla Gialla Collio DOC, annata 2013, ottenuto da uve Ribolla Gialla in purezza, maturato per il 20% in barrique di primo passaggio, il 50% in barrique di secondo passaggio e il 30% in acciaio, per 9 mesi e affinato in bottiglia per un anno. Il colore è bello lucente e il mio naso, accalappiato da intense note minerali, che ben si fondano ad aromi di fiori di campo e frutti polposi, diventa velluto pregiato.
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In bocca spiccano le note varietali e rustiche della Ribolla con la loro schiettezza. È asciutto, di notevole freschezza e sapidità, con una leggera nota aspra tipica del vitigno. Un vino di carattere, lento a svelarsi, che sembra quasi celare il suo spirito ma poi, piano piano, mostra la sua personalità ed eleganza. Il risotto è finito ma nel bicchiere è rimasta ancora un po’ di Ribolla che centellino pensando al proverbio di queste parti che dice: “El bon vin, i schei e la bravura poco i dura”, ed io voglio farlo durare il più possibile, almeno fino a quando arriva il secondo. Ed eccolo: il Baccalà con polenta bianco perla. Il baccalà che abbiamo davanti è quello comunemente identificato come Stoccafisso (merluzzo essicato e non salato) cotto in tegame con l’aggiunta di sarde sotto sale, prezzemolo, latte, Parmigiano Reggiano e cipolle. Il piatto è noto come bacalà a la visentina (“bon de sera e de matìna”). Ferdinando ha deciso di abbinarci il Friulano Collio DOC, annata 2013, con uve 100% Friulano, maturato per 12 mesi in vasche di acciaio e poi affinato in bottiglia. Un vino fresco, avvolgente, complice, di una soavità matura, profonda, vivace. Solo sostanza, possenza e fragranza. Sopra tutti, gli aromi di pera, mela e pesca ben mature che nel finale lasciano il posto alla mandorla, tipica nel Friulano. In questo Friulano c’è l’anima vera di questo vitigno.
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La sua essenza e le note minerali caratteristiche del territorio, vengono fuori prepotentemente e aiutano a prolungare la freschezza, la lunghezza e la persistenza delle sensazioni. Solo un vino con queste caratteristiche poteva reggere il confronto con un piatto così opulento ed è un peccato doverlo chiamare Friulano. Se si fosse ancora chiamato col suo antico nome (cancellato da un vergognoso diktat europeo), alzando il calice avrei potuto dire: “Un buon Tocai (come questo) non si scorda mai!”. È giunto il momento del Carrello dei formaggi che è il fiore all’occhiello del ristorante. È dura ma non possiamo astenerci. Angelo ed io siamo formaggiari convinti, con una speciale passione per quelli piemontesi e individuiamo subito un piccolo paradiso: Bitto, Maccagno, Castelmagno, tome d’alpeggio. Ma c’è anche il Parmigiano Reggiano invecchiato 7 anni, il Caciocavallo Podolico Lucano, pecorini, primo sale, giuncate, erborinati (Stilton, zola, Roquefort). Un vero carrello da tempio gastronomico, tutta roba di prima qualità, perché per Osorio e Ferdinando la ricerca delle migliori specialità è un chiodo fisso. Chiudiamo questa degustazione in bellezza con due Malvasie Istriane Collio DOC, del 2012 e 2013. I vini sono tutti prodotti con uve Malvasia in purezza e, dopo la fermentazione in acciaio, sono maturate il 20% in barrique di primo passaggio, il 50% in barrique di secondo passaggio e il 30 % in acciaio, per 9 mesi. Con il Maccagno degustiamo (anzi, beviamo!) il 2012 che si presenta nel bicchiere giallo solare con sfumature dorate. Grande stoffa. All’olfatto, pregevoli le note di frutta matura, ananas e banana e aromi di fiori secchi che scorrono come in un fiume, sfociandoti in bocca e vibrando di densità e calore. Una nota di vaniglia sembra volersi appropriare di uno spazio più largo di quello che sarebbe giusto concedergli ma, alla fine, lo sfondo di legno si integra mirabilmente come una rapsodia, nella sinfonia di questa Malvasia. Ho fatto un po’ di rima ilare nel sottolineare quella che potrebbe essere recepita come una piccola imperfezione, perchè sono convinto che, come i difetti ci fanno innamorare delle persone, così possono anche legarci ad un gusto particolare. Stiamo parlando di un vino di una certa complessità con un suo ventaglio di gamme sensoriali atte a stimolarti letteralmente in tutti i “sensi”, con eleganza, bellezza e sorprendenza, dove la prendenza è la caratteristica più forte. Si può essere sorprendentemente affascinati anche da gamme non proprio perfette, come non lo era il naso di Cleopatra. L’annata 2013 è abbinata ad un Blue Stilton in cui il penicillium roqueforti ci ha dato dentro di brutto trasformando la pasta dura erborinata in un autentico capolavoro del gusto. Anche la nostra Malvasia non è da meno, presentandosi di un colore ambrato brillante che evoca l’oro satinato dei fondi oro nelle tavole del Beato Angelico.
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È al massimo dell’ opulenza e dell’ alcolicità con una complessità dirompente che culmina in una specie di viaggio sensoriale dentro un alveare con le sue fragranze di miele e cera d’api. Un miracolo della natura che si compie ogni volta che si manifesta nel bicchiere, con un carattere che cresce euforicamente ad ogni assaggio, parandoti davanti un caleidoscopio di emozioni sorprendenti. Penso al suonatore Jones che “dorme, dorme” su La collina di De Andrè e che “offrì la gola al vino e mai un pensiero non al denaro, non all’amore né al cielo” e mi sembra di sentirlo dire al mercante (di vino): “tu che lo vendi cosa ti compri di migliore?”. Siamo arrivati a metà pomeriggio con il senso più vero della condivisione a tavola e Angelo, adesso che non siamo più tesi nello sforzo degustativo, mi racconta della sua passione per i vini che è sempre stata parte integrante della sua vita.
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Tenuta Stella Via Sdencina 1 34070 Dolegna del Collio (GO) Tel./Fax +39 0481 639895 Cell. +39 338 7875175 www.tenutastellacollio.it info@tenutastellacollio.it
Con un abbandono alla gioia, che solo il vino può dare, facciamo un ultimo brindisi alle passioni, alla vita, alle nostre donne e al vino che è sostanza e memoria, che si fa desiderare e seduce, si concede e rapisce. E unisce le persone. Usciamo dalla locanda e rimaniamo qualche minuto ad osservare la strada attraverso la quale fu trasportato, verso Padova, Sant’Antonio, ormai morente. Quel giorno (era il 13 giugno 1231) il Santo, che si trovava a Camposampiero, vicino a Padova, fu colto da grave malore. Resosi conto che gli restava poco da vivere, chiese di poter ritornare a Padova. Le sue condizioni erano talmente gravi che dovettero adagiarlo su un carro cui attaccarono una pariglia di buoi. Così, seguendo l’antico percorso dell’Aurelia, giunse nei pressi dell’Arcella ormai moribondo. Considerate le condizioni, un frate di nome Vinotto (che bel nome!), convinse il Santo e gli altri che lo accompagnavano a non proseguire oltre ma a sostare nel convento della Cella. Così il carro deviò verso l’antico monastero. Circa un’ora dopo il Santo spirava all’interno di una piccola cella nel convento dei frati, adiacente al monastero delle clarisse. Oggi i venti chilometri dell’antica strada romana sono chiamati la “via del Santo”. Antonio di Padova è il Santo per antonomasia e, mentre scrivo, guardo la sua statuetta lignea che ho sulla scrivania, col Bambin Gesù appollaiato sul suo braccio destro. Me l’ha lasciata in eredità mio padre, nativo di Taglio di Po, che del Santo era devotissimo e che, a sua volta, l’aveva avuta in eredità dal titolare dell’officina meccanica in cui lavorava, già all’età di 10 anni. Penso a quel 13 giugno, quando Antonio si è presentato al cospetto del suo Signore. Mi piace immaginare che in quel momento sia partita, come per incanto, “Knockin’ On Heaven’s Door” e che quell’uomo santo, morto all’età di 36 anni per i troppi digiuni e le mortificazioni, dopo aver raccolto l’ardente invito di Bob di bussare alle porte del cielo, sia stato subito accolto con un buon bicchiere di Friulano o di Malvasia. Uno di quelli che hanno una luminosa e iridescente Stella sulla bottiglia.
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Ultimissimi giorni per le Regalati un soggiorno gourmet, un weeken Da Bluvacanze ampia scelta di C . . perchè il Natale da Blu
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soste golose
Tra creativitĂ e prodotti tipici, un angolo di alta cucina a Madesimo
Ristorante Il Cantinone Testo di Valeria Portinari
Capriolo alle nespole - foto di Cristian Tam
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ra le montagne di Madesimo, in Valchiavenna, Stefano Masanti e la moglie Raffaella gestiscono il Cantinone, il ristorante dello Sport Hotel Alpina. Aperto nel 1975 da Mario Masanti, nonno di Stefano, il locale è stato inizialmente uno dei primi wine bar nel quale venivano serviti vini locali e salumi, talvolta anche pizzoccheri e brasati. Divenuto poi ristorante e pizzeria nelle mani del nonno materno, passa nel 1989 sotto la gestione di Stefano che dieci anni dopo, insieme alla futura moglie, decide di dedicarsi esclusivamente alla ristorazione creativa e di ispirazione territoriale, abbandonando definitivamente la pizzeria. Da allora il Cantinone ha ricevuto diversi riconoscimenti sulle guide più prestigiose del panorama enogastronomico italiano (Espresso e Gambero Rosso) nonchè una stella Michelin. Stefano e Raffaella si dedicano con passione all’hotel ed al ristorante durante i mesi invernali, mentre durante il resto dell’anno si occupano degli eventi della Vittorio Sattui Winery in California, l’uno come consulente per gli eventi e la produzione di salumi artigianali e pasticceria, e l’altra come catering manager e formazione del personale hospitality.
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Stefano Masanti e Raffaella Mazzina Masanti - foto di Lido Vannucchi
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Carpaccio di cervo - foto di Cristian Tam
Ravioli mascarpino e tartufo nero - foto di Cristian Tam
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Ciò permette a Stefano ed al suo team di sperimentare nuove ricette, apprendere nuove tecniche e trarre ispirazione per nuovi piatti e menù dai viaggi in giro per il mondo. Il Cantinone è un vero e proprio angolo gastronomico all’interno del turismo madesimino, nel quale dedicarsi al gusto autentico e genuino delle portate create giornalmente con i prodotti del territorio nell’ambito del progetto Valtellina in Tavola (di cui Stefano è l’ideatore) e dei fornitori selezionati a livello nazionale e internazionale. L’offerta degustativa del Cantinone è composta da 3 menù creativi a sorpresa anticipati ognuno da alcuni assaggi e seguiti da piccola pasticceria. La carta, composta da sei piatti, viene aggiornata settimanalmente. Mentre Stefano, lo chef, pone tutto il suo talento nelle ricette del ristorante, Raffaella, diplomata sommelier, si prende cura della cantina, selezionata ed originale, nella quale trovano spazio piccoli e piccolissimi produttori, biologici, biodinamici ma anche tradizionali. In sala e in hotel accoglie e coccola gli ospiti con attenzione e professionalità seguendo il marito Stefano, sempre carico di idee e nuovi spunti.
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Foto di Cristian Tam
Uno di questi è il laboratorio di brisaole tradizionali MA! Officina Gastronomica. Si tratta di un laboratorio di produzione di bresaola (detta localmente brisaola) con tagli pregiati di carni italiane ed europee ad un contenuto molto basso di sodio. La stagionatura viene concordata con il cliente ed il prodotto finale viene personalizzato con numero identificativo e certificato di identità che ne racconta la storia dall’allevamento all’acquisto. Stefano, grazie all’amore per la cucina e i prodotti tipici e graazie anche alla propria esperienza internazionale, ha reso quello che prima era il locale di famiglia un punto di riferimento per la gastronomia di altissima qualità.
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Ristorante il Cantinone Sport Hotel Alpina Via De Giacomi, 41 23024 Madesimo (SO) Tel. +39 0343 56120 www.sporthotelalpina.it www.ristorantecantinone.com info@sporthotelalpina.it
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eventi
Il Natale dei Cuochi “Al Castello” di Gambolò
33° Gran Galà dell’Associazione Cuochi Pavia Testo e foto di Valeria Portinari
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Mario Becciolini e Maurizio Toscanini
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ra il primo lunedì di dicembre, la nebbia spessa invadeva tutta la pianura e le strade erano quasi deserte ma a Gambolò, precisamente nel ristorante Al Castello, si è svolto il 33° Gran Galà dell’Associazione Cuochi Pavia. La serata, organizzata dall’Associazione, è stata diretta dal Presidente dell’Associazione Cuochi Pavia, Maestro di Cucina ed Executive Chef, Mario Becciolini affiancato dal Segretario dell’Associazione lo Chef Maurizio Toscanini. Più di 100 gli invitati che si sono riuniti nella grande sala dal soffitto a volta del ristorante, nella quale regnava un’atmosfera di festa, per una cena ed un brindisi in buona compagnia. Tra i partecipanti alla serata, anche tanti amici ristoratori, dalla sempre disponibilissima Piera Selvatico con la figlia Michela dell’Albergo Ristorante Selvatico di Rivanazzano Terme a Danilo Nembrini del ristorante La Pineta di Fortunago, Maurizio Marcone, direttore dell’Hotel Ristorante Castello di San Gaudenzio con il giovane chef Stefano Zucchella e molti altri.
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Il tavolo con Filippo Quaglini, Maurizio Marcone e Stefano Zucchella
Da sin. Maurizio Marcone, Michela e Piera Selvatico, Stefano Zucchella e Filippo Quaglini
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Giovanna Brazzola
Dopo una breve introduzione dello Chef Becciolini, si sono aperte ufficialmente le danze tra i sapori delle portate preparate da Carlo Caronia Angitta e dal suo preparatissimo staff. L’aperitivo a buffet con gnocco fritto, quiche lorraine alle verdure, focaccine e tanto altro ha permesso ai presenti di assaporare l’ottimo Roccapietra Brut 2011 di Cantina Scuropasso, apprezzato da tutti. Una volta preso posto ai tavoli, lo staff del ristorante ha fatto uscire i deliziosi antipasti: uno sformatino di zucca con fonduta e il cotechino in crosta con crema di finocchi, del quale molti dei presenti hanno chiesto il bis. Il risotto alle castagne e bonarda ha scaldato i palati affiancato dal Bonarda Oltrepò Pavese della Tenuta Quvestra, un’azienda giovane di Santa Maria della Versa, per poi lasciare spazio a delle ottime fettuccine di pasta fresca al cacao amaro al ragù bianco di coniglio. Il Great Ruby di Monsupello ha accompagnato invece il secondo piatto, lo scamone di vitello al forno in salsa di nocciole con contorno di patate al rosmarino.
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In questa pagina: i premiati Cordon Bleu, i premiati con il riconoscimento “Aldo Sacchi�, Carlo Romito con il Premio Bramante ed il riconoscimento a Carlo Caronia Angitta e allo staff del Ristorante Al Castello.
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La musica dal vivo ha fatto da sottofondo alla cena mentre tra una portata e l’altra Mario Becciolini e Maurizio Toscanini hanno intrattenuto i presenti con la consegna di alcuni importanti premi ai cuochi presenti. Il premio Bramante, riconoscimento dedicato ad un personaggio “amico” dei cuochi, è andato allo chef Carlo Romito; il premio alla carriera “Aldo Sacchi”, riconoscimento assegnato ai professionisti che nel corso degli anni ha dato lustro e grande professionalità nello svolgere il proprio lavoro, è stato conferito, tra gli altri, allo chef del Castello di San Gaudenzio, Mauro Ridolfi; il Cordon Bleu riconoscimento agli associati con più di cinque anni di appartenenza all’Associazione, è stato assegnato anche allo chef Stefano Zucchella, sempre del Castello di San Gaudenzio. Dopo il momento più intenso dell’assegnazione dei premi c’è stato invece quello più divertente della lotteria con tanti i premi vinti, dai dvd di video ricette, ai prodotti del nostro territorio fino alle ambite attrezzature da cucina.
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Maurizio Marcone ritira il premio per lo chef Mauro Ridolfi
Maurizio Toscanini, Mario Becciolini e Filippo Quaglini
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Becciolini e Toscanini con Mario Maffi
Alla serata hanno preso parte anche Paolo e Stefano Calvi, giornalisti di TelePavia, e l’enologo Mario Maffi, che ha intrattenuto i presenti illustrando le caratteristiche dei vini abbinati alle portate del menù. Una grande serata all’insegna della convivialità e della buona cucina, una festa per celebrare grandi nomi del panorama culinario pavese e la loro professionalità.
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Presentata a Milano la guida di AIS Lombardia
260 eccellenze lombarde per la Guida Viniplus 2017 Testo e foto di Valeria Portinari
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l 6 dicembre è stata presentata a Milano la prestigiosa Guida Viniplus 2017, la guida che raccoglie le eccellenze vinicole lombarde opera dell’Associazione Italiana Sommelier e patrocinata da Regione Lombardia. Giunta alla sua undicesima edizione, la guida racchiude 258 cantine recensite dai Degustatori, ognuna delle quali ha inviato un massimo di 4 bottiglie per la degustazione alla cieca secondo la metodologia AIS. 159 dei vini recensiti sono stati premiati con il punteggio le Quattro Rose Camune, mentre 50 etichette hanno ottenuto la Rosa Oro. La presentazione della Guida si è tenuta al 31° piano di Palazzo Pirelli a Milano, con una conferenza stampa durante la quale sono intervenuti il Vice Presidente di Regione Lombardia e Assessore alla Casa, Housing sociale, Expo 2015 e Internazionalizzazione delle Imprese, Fabrizio Sala, il Presidente di Ais Lombardia Fiorenzo Detti ed il Responsabile Degustatori Ais Lombardia, Luigi Bortolotti. Sala, che ha anche scritto una prefazione alla guida, in conferenza stampa ne ha sottolineato la fondamentale importanza per apprezzare le eccellenze vinicole lombarde, con le loro peculiarità, oltre a rimarcare il lavoro fatto dai sommelier per valorizzare e promuovere l’intero settore food&wine.
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L’intervento di Fabrizio Sala alla Conferenza Stampa
Durante la conferenza stampa è emersa grande soddisfazione per i risultati ottenuti dalla Guida 2017, per la costante crescita qualitativa dei campioni sottoposti e degustati nel corso degli anni. Grazie all’impegno dei Degustatori e l’intervento delle Istituzioni è stato possibile creare un’opera che potesse valorizzare la qualità vitivinicola del nostro territorio, per far conoscere i nostri prodotti e tutelare il patrimonio enogastronomico lombardo. La Guida Viniplus 2017 verrà distribuita agli oltre 5000 soci AIS e a circa 600 ristoranti di Lombardia per comunicare il vino regionale ed in questo modo farlo conoscere alle tante realtà presenti.
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Fiorenzo Detti, nel suo intervento ha parlato di impegno e gioco di squadra, per raggiungere un risultato di altissimo livello: “L’intervento delle istituzioni e il crescente interesse delle aziende nel partecipare a questo progetto responsabilizzano ancora di più il ruolo svolto dalla nostra Associazione: comunicare il lavoro e l’impegno nella ricerca della qualità delle tante realtà vitivinicole lombarde, attraverso la promozione dei loro prodotti e del nostro territorio, contribuire alla tutela e difesa del nostro patrimonio enogastronomico.” In conclusione è intervenuto anche Hosam Eldin Abou Eleyoun, delegato AIS Lombardia che è stato insignito della Benemerenza Civica di Milano insieme a tutta l’Associazione.
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L’intervento di Luigi Bortolotti alla Conferenza Stampa
Filippo Quaglini, Fabiano Giorgi e Cristina Cerri
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Elisa Cremonesi
Fiorenzo Detti
Hosam Eldin Abou Eleyoun
Diana Tihulca e Filippo Quaglini
Cristina Cerri, Fiorenzo Detti e Filippo Quaglini
Ottavia Giorgi di Vistarino, Filippo Quaglini e Cristina Cerri
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Fiorenzo Detti, Presidente AIS Lombardia, e Filippo Quaglini
Dopo la conferenza stampa, nel pomeriggio si è tenuto al Westin Palace Hotel il banco di assaggio con alcuni dei vini della guida, tra cui La Montina, Perla del Garda e molte etichette dell’Oltrepò Pavese. Dalle 16 in poi sono stati premiati i vincitori delle Rose Oro e delle Quattro Rose Camune. Grande successo quindi anche quest’anno per la Guida edita da Ais e per la grande giornata di incontri e promozione del vino Lombardo che rispecchia la crescita qualitativa costante delle aziende produttrici.
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Ottavia Giorgi di Vistarino con il suo Pinot Nero 1865
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Vini La Montina
Laura Castellani con i vini Prime Alture e Rebollini
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Una anteprima Perla del Garda
Giovannella Fugazza con una bottiglia di Castello di Luzzano
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Diana Tihulca allo stand Finigeto
Filippo Quaglini, Maria Teresa Quaquarini e Valeria Radici Kent di Frecciarossa
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Marzia Cordini
Armando Colombi, direttore Consorzio Club del Buttafuoco Storico, l’enologo Teresio Nardi, Filippo Quaglini e Paolo Calvi di Telepavia
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ROSE ORO Oltrepò Pavese Metodo Classico Brut Tradition 2009 Anteo Oltrepò Pavese Rosso Riserva Cavariola 2012 Bruno Verdi Metodo Classico Pinot Nero Brut Oltre il Classico Nature Ca’ di Frara Buttafuoco Storico Vigna Montarzolo 2011 Calvi Oltrepò Pavese Barbera La Maga 2013 Castello di Cigognola Oltrepò Pavese Metoto Classico Pinot Nero Conte Vistarino 1865 2011 Conte Vistarino Oltrepò Pavese Bonarda Millennium 2013 Fratelli Agnes Oltrepò Pavese Pinot Nero Giorgio Odero 2013 Frecciarossa Metodo Classico Pinot Nero Dosaggio Zero Top Zero Giorgi Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Le Fracce 2012 Le Fracce Metodo Classico Pinot Nero Pas Dosè Nature Monsupello Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Brut Nature 2012 Picchi Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese Bricco Riva Bianca 2012 Picchioni Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Noir 2013 Tenuta Mazzolino Oltrepò Pavese Metodo Classico Vincenzo Comi 2008 Travaglino
QUATTRO ROSE CAMUNE Bonarda dell’oltrepò pavese gaggiarone vigne vecchie 2010 Alziati Annibale Oltrepò pavese metodo classico brut tradition 2009 Anteo Oltrepò pavese rosso riserva cavariola 2012 Bruno Verdi Oltrepò pavese metodo classico vergomberra 2011 Bruno Verdi Metodo classico pinot nero brut oltre il classico nature Ca’ di Frara Buttafuoco storico vigna montarzolo 2011 Calvi Oltrepò pavese barbera la maga 2013 Castello di Cigognola Bonarda dell’oltrepò pavese carlino 2015 Castello di Luzzano Oltrepò pavese buttafuoco storico vigna casa barnaba 2011 Colombi I vignaioli del buttafuoco storico 2012 Consorzio Club del Buttafuoco Storico Oltrepò pavese metodo classico pinot nero conte vistarino 1865 2011 Conte Vistarino Buttafuoco il cacciatore 2012 Fiamberti Giulio Pinot nero dell’oltrepò pavese riserva il nirò 2014 Finigeto Oltrepò pavese bonarda millennium 2013 Fratelli Anges Loghetto 2015 Fratelli Anges Oltrepò pavese pinot nero giorgio odero 2013 Frecciarossa Metodo classico pinot nero dosaggio zero top zero Giorgi Oltrepò pavese metodo classico pinot nero giorgi 1870 2012 Giorgi Oltrepò pavese buttafuoco vigna del garlenzo 2010 Giorgi Franco Oltrepò pavese metodo classico pinot nero pas dosé mariacristina 2010 I Gessi Brut maria antonietta cuvée dei 100 mesi Il Feudo Nico Oltrepò pavese riesling vigna martina 2015 Isimbarda Oltrepò pavese metodo classico pinot nero talento 2011 La Piotta Pinot nero dell’oltrepò pavese le fracce 2012 Le Fracce Buttafuoco dell’oltrepò pavese vigna borlano 2009 Marco Vercesi Oltrepò pavese barbera la strega, la gazza e il pioppo... 2007 Martilde Metodo classico pinot nero extra brut vesna nature Milanesi Stefano Metodo classico pinot nero pas dosé nature Monsupello Oltrepò pavese metodo classico pinot nero cruasé 2011Montagna Oltrepò pavese rosso riserva solarolo 2011 Montelio Oltrepò pavese metodo classico pinot nero brut nature 2012 Picchi Buttafuoco dell’oltrepò pavese bricco riva bianca 2012 Picchioni
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Oltrepò pavese metodo classico pinot nero dosaggio zero torti 2012 Pietro Torti Oltrepò pavese buttafuoco storico vigna pregana 2010 Quaquarini Oltrepò pavese metodo classico pinot nero cruasé 2011 Rebollini Bruno & C. Metodo classico pinot nero brut novè Rossetti & Scrivani Pinot nero dell’ oltrepò pavese noir 2013 Tenuta Mazzolino Provincia pavia moscato dalla vigna della signora anna 2012 Torrevilla Oltrepò pavese metodo classico vincenzo comi 2008 Travaglino Provincia di pavia rosso pezzalunga 2014 Vercesi del Castellazzo Provincia di pavia coppiere nero 2013 Vigne Olcru
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Pranzo di lavoro in grande stile
Un viaggio attraverso i sapori di Florian Maison Testo e foto di Valeria Portinari
È
una mattina di inizio dicembre e fuori non sembra neppure inverno, anzi: l’aria frizzante ed il sole timido fanno quasi pensare di essersi svegliati all’improvviso in un giorno di marzo. Decidiamo di recarci a Bergamo per conoscere di persona lo chef Umberto De Martino, già citato nel numero 23 del nostro Magazine, con il suo Relais e Ristorante Gourmet Florian Maison. Occhiali da sole, navigatore impostato e si parte verso San Paolo d’Argon. Il pranzo di lavoro di oggi si prospetta unico e davvero speciale. Al nostro arrivo veniamo accolti con calore e ricoperti di attenzioni per poi essere invitati al piano inferiore della struttura, dove si trova il Ristorante. Come vi abbiamo già raccontato in precedenza, Florian Maison è sia un delizioso Relais con tre ampie suite (la Suite Gourmand, la Suite Nota d’Incanto e la Suite Bois de Champagne) che un Ristorante raffinato ed elegante, affacciato sulla vallata bergamasca.
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Gambari Orange...
Nocciolando... la “tonda gentile�
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Paccheri ripieni di baccalà mantecato in salsa mediterranea
Dopo un aperitivo di benvenuto fatto di lollipop di parmigiano e altri stuzzichini ed un’entrè composta da polpettone di baccalà con salsa ai peperoni, rotolino di salmone e polipo con salsa di limone candito, il nostro pranzo si apre con il Gambari Orange... cotto e crudo di Gambero Rosso con burrata all’arancia e gelatina di Campari. Curiosi di assaggiare questo piatto, rimaniamo piacevolmente colpiti dal mix di sapori delicati ma allo stesso tempo dal carattere deciso. I Paccheri ripieni di baccalà mantecato in salsa mediterranea ci riportano con i piedi sulla terra dopo aver fantasticato sulle note agrodolci dell’antipasto e, dopo un bicchiere di Fiano di Avellino, ecco che arriva un’altra delicata portata a farci sognare. Si tratta di un Filetto di Branzino cotto sulla pelle con radicchio rosso tardivo ed essenza di speck, una vera prelibatezza per il palato che vi consigliamo di provare assolutamente! Abbinato al branzino, un altro bianco dal profumo delicato, il Cor De Chasse di Bava.
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Filetto di Branzino cotto sulla pelle con radicchio rosso tardivo ed essenza di speck
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Prima del dolce, il sorbetto al frutto della passione ci rinfresca le papille, per gustare al meglio NOCCIOLANDO, la “tonda gentile”, un dessert composto da 3 tipi di nocciola in tre consistenze diverse con un moscato per chiudere in grande stile. Il menù di mare proposto dallo Chef è stato impeccabile in ogni dettaglio e in ogni sapore e, unito alla disponibilità, professionalità e simpatia di tutto lo staff del Florian Maison ha reso la nostra pausa pranzo lavorativa un momento davvero piacevole. Noi torneremo sicuramente molto presto in questo gioiello di ospitalità immerso nel verde e vi suggeriamo caldamente di far visita al Florian Maison, magari durante un weekend nel quale potrete dedicarvi pienamente al gusto e rilassarvi in una delle tre suite a disposizione, nella quiete più totale, coccolati dal preparatissimo staff. Complimenti ad Umberto De Martino, alla moglie Monia e a tutto il personale in cucina ed in sala per l’impegno e la passione che si evidenzia in ogni dettaglio.
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Lo staff al completo con lo chef Umberto De Martino
Umberto De Martino e Filippo Quaglini
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MaBeDo Card è una preziosa carta sconti che accompagna chi la possiede negli acquisti e che permette di risparmiare nelle attività convenzionate in tutta Italia. Il circuito MaBeDo Card è costituito da un insieme di strutture operanti sul territorio nazionale, principalmente dedicate all’enogastronomia, al tempo libero, al turismo, allo shopping e ai servizi. Ogni struttura ha una propria convenzione che consente al titolare della Card di ottenere lo sconto concordato con MaBeDo alla presentazione della tessera.
ALCUNE DELLE NOSTRE STRUTTURE CONVENZIONATE Agriturismi Agriturismo La Sorgente Castello di Luzzano Agriturismo Il Fienile Agriturismo Hermione Aziende Vinicole Cantina Scuropasso Ca’ di Frara Giorgi Vini La Parrocchiale Cascina Montagnola Molinari Vini Castello di Luzzano Az. Agr. Quaquarini Az. Agr. Finigeto Az. Agr. Monsupello Az. Agr. Rebollini Bruno & C. Azi. Agr. Anteo La Costaiola Bar e Caffetterie Pasticceria Bordoni Time Out Cafè Bar Cerere Cafè Il Ponte
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Benessere MaxFa Diffusion Stile&Bellezza Nuova Immagine New Style Acconciature Il Ricciolo by Monica Al mistero del capello by Tina Acconciature Sara Acconciature Gigi&Alessia Enoteche Oh...Perbacco Enoteca Regionale della Lombardia Enoteca Scooter Moda Wine All CRU Enoteca Gastronomia Paolino Hotel, B&B Le Stanze del Cardinale Galleria Arnaboldi Albergo Ristorante Selvatico Hotel Castello di San Gaudenzio Le Dimore La Locanda di Calvignano Ristoranti e Pizzerie Locanda del Carmine
Ristorante Pizzeria Quattro Ristorante Vigna del Pero Trattoria La Pesa Il Boss de le Balze Ostaria da’l Gondolièr Osteria del Naviglio Albergo Ristorante Selvatico Trattoria Da Lina La Locanda di Calvignano Locanda Vecchia Pavia al Mulino Hotel Castello di San Gaudenzio Ristorante Pizzeria Charlot Le Rubinie del Po Ristorante Pizzeria Palinuro Bierhaus – Ristorante bavarese Moya Japanese Restaurant
Ghezzi Car S.r.l. Scotti S.r.l. Winterass Assicurazioni e Investimenti Rilauto Maripa Omi Autolavaggio Axel Shopping Gioia Sport 3000 Ghelfi Paolo Rovati D’acqua e di vento Contrasti Illuminazione
Produttori Az. Agr. La Coccinella Servizi Agenzia Viaggi Bluvacanze Bardelli Service Banqueting Vittoria Banqueting Impresa Edile Merli Ratt Service Tecnoteam Studio Medico Marco Nugara Carrozzeria Novauto Autotrasporti De Giovanni Luigi
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mondo dei motori
100 anni fa nasceva la Maserati
Parte da Voghera il mito del Tridente Testo di Piero Ventura
L
o sport è elemento determinante nella vicenda Maserati. Quando i fratelli Maserati crearono la società, l’attività era quella di auroriparazioni, ma nel 1926 fu presentata la prima Maserati: la Tipo 26, vettura da competizione che cominciò un’intensa attività agonistica piena di successi che creò l’identità sportiva della marca. È accaduto poco più di cento anni fa, esattamente il 1° dicembre 1914, quando a Bologna, per iniziativa di tre fratelli vogheresi: Alfieri, Ettore e Ernesto Maserati, nasce la Società anonima Officine Alfieri Maserati, specializzata nell’assistenza e nell’elaborazione delle Isotta Fraschini. Dunque, una delle dinastie motoristiche più famose d’Italia, quella dei Maserati appunto, ha origini oltrepadane. In Effetti, il capofamiglia, Rodolfo Maserati proviene da Rottofreno, località Vignazza, nel piacentino. Rodolfo trova un buon posto nelle Regie Ferrovie a Voghera, già al tempo un importante snodo ferroviario. Li, sposa Carolina Losi. Dal matrimonio tra Rodolfo Maserati e Carolina Losi nascono sette figli maschi. I fratelli Maserati vengono alla luce tutti a Voghera: Carlo, il primogenito, nasce nel 1881, Bindo nel 1883 (è poi il primo ad avventurarsi nel mondo dell’automobile, lavorando per l’Isotta Fraschini) e Alfieri nel 1885; quest’ultimo muore prematuramente, tuttavia, pochi mesi dopo la sua scomparsa, il suo nome viene dato al figlio successivo, nato nel 1887; nel 1890 viene alla luce Mario, nel 1894 Ettore e, nel 1898, Ernesto. A parte Mario, che troverà nelle arti figurative il proprio campo d’espressione (Studia pittura a Brera, Milano e a Parma. È suo il manifesto delle candele d’ accensione dei fratelli, é sua l’invenzione del marchio del Tridente, ispirandosi alla statua bolognese del Nettuno.
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Lancia Lambda
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Alfieri Maserati
Bindo, Ernesto e Ettore Maserati
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Maserati Tipo 26 Targa Florio 1926 Alfieri Maserati
È un valido pittore. Nel 1969 una delle sue mostre a Voghera viene inaugurata da Sandro Pertini). Con l’inizio del Primo conflitto mondiale, lo slancio dei Maserati è automaticamente frenato. Terminata la guerra le Officine Alfieri Maserati si riorganizzano: nuova sede in località Ponte Vecchio, sempre a Bologna e nonostante un’attività ormai ben avviata cova il sogno del progetto di un’automobile tutta dei Maserati. Alfieri, spirito volitivo e intraprendente, parte con un progetto tutto suo: telaio Isotta Fraschini, motore aeronautico Hispano Suiza (8 cilindri, 10.000 di cilindrata). Con questa macchina si iscrive nelle gare più prestigiose dell’epoca: Circuito del Mugello, Susa Moncenisio, Aosta - Gran San Bernardo, cogliendo successi e visibilità straordinari che lo lanciano in poco tempo alla ribalta della scena motoristica. È la torinese Diatto, a farsi avanti per approfittare della bravura dei Maserati: affidando loro la preparazione dei modelli da corsa e nel 1924, per cercare di presentarsi alle competizioni in possesso di un prodotto valido e competitivo, commissionando la progettazione ex novo di una nuova auto, motore incluso. I Maserati (Alfieri, Ettore ed Ernesto) progettano così un nuovo motore 8 cilindri in linea, compressore centrifugo, due litri di cilindrata, pistoni in elektron (una lega di magnesio) e testa bialbero. Montato su un telaio Diatto. La nuova vettura fa il suo esordio alla Parma – Poggio di Berceto dell’11 maggio ’24 con alla guida lo stesso Alfieri, il quale si impone nella classe fino a 3 litri. Una vittoria che regala gioia e fama. Va subito detto che la fama conquistata dai fratelli Maserati è dovuta a due ben precise motivazioni: la prima è rappresentata dalla tenacia e dal piacere del sacrificio sul lavoro: “tiravano di lima”, come si dice, dodici ore al giorno, anche di domenica, in officina oppure sulle strade polverose per provare le vetture appena create, solo a Natale e a Pasqua riposavano, mai fatto ferie.
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Maserati 26B
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Maserati 26B Posto di guida
Maserati Tipo 26 pedaliera
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Per problemi economici, Diatto è costretta a rinunciare alla collaborazione e progetti con i Maserati, ma per questi ultimi, tutto il bagaglio di esperienza ineguagliabile accumulato, sono da stimolo per continuare lo sviluppo e ricavarne una nuova macchina, questa volta tutta loro. Convinto di quell’idea (un’auto da corsa rappresenta il punto più alto di espressione della tecnica automobilistica) Alfieri Maserati si dedica anima e corpo alla progettazione. Ispirandosi alle Diatto da Grand Prix, ne riprende il telaio, con uguale passo e carreggiata, ma deve mettere mano al motore per ridurre la cilindrata da 2 a 1,5 litri secondo le nuove regole della formula. L’obbiettivo è il completamento della macchina per un importante appuntamento: la Targa Florio. Il 14 aprile 1926 la prima vettura dell’avventura ufficiale della Maserati come costruttore, denominata “Tipo 26” come l’anno in cui è venuta al mondo. Il motore è un otto cilindri in linea di 1078,6 cm³. Il rapporto di compressioni 5,5:1, mentre la potenza erogata è di 110 CV a 5000-6000 giri al minuto. Le sospensioni a balestra con ammortizzatori a frizione; Accensione singola con magnete Scintilla, l’alimentazione é composta da due compressori tipo Roots ed un carburatore tipo “Weber ASS” a monte degli stessi. La distribuzione è a due valvole per cilindro disposte a 90° con doppio albero a camme in testa. La carrozzeria biposto in alluminio su telaio formato da due longheroni con traverse in profilati d’acciaio, freni a tamburo sulle quattro ruote con comando meccanico, sterzo a vite senza fine, cambio a quattro rapporti più retromarcia, mentre la velocità massima tocca i 185 km/h. La nuova macchina é completata per i primi test e il successivo 25 aprile, meno di due settimane dopo, Alfieri si presenta al via della Targa Florio. Gara durissima, frequentata dalla crème de la crème dell’automobilismo sportivo (Minoia, Baconin Borzacchini, Balestrero, Diego de Sterlich, Costantini, Robert Benoist e altri ancora) al volante di altrettante vetture molto competitive (oltre a un esercito di Bugatti, anche Alfa Romeo, Delage, Peugeot, OM ecc). Partono in 34. Vince Meo Costantini con la Bugatti 35. E all’ottavo posto, prima di categoria, una nuova automobile, con un Tridente sulla calandra, guidata da un uomo che in quel progetto ha messo tutto sé stesso. E c’è riuscito! È nato il mito del Tridente. Da quel giorno ad oggi la Maserati ha sempre rappresentato una parte importante della storia e della cultura dell’automobile sportiva.
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Maserati tipo 26 Scarico
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Marchio Maserati
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Nel 1927 i Maserati presentano la Tipo B, nel ’29 è la volta della 26 MM, realizzata appositamente per affrontare la 1000 Miglia, nel 1929 appare la Maserati “Tipo 26C” è l’automobile più performante in circolazione, mentre la “Tipo 26M”, nata nel 1930 viene considerata una delle migliori auto al mondo. Grazie a questi riconoscimenti le vendite delle vetture Maserati aumentarono rapidamente. Purtroppo la crisi economica del 1929 colpisce duramente anche la Maserati, ma grazie alla qualità delle vetture prodotte l’azienda rimane in piedi, nonostante la concorrenza delle Alfa Romeo e delle Bugatti. La morte di Alfieri, nel 1932, non scoraggia i fratelli Maserati: Bindo, lasciata la Isotta Fraschini, e si unisce Ernesto ed Ettore per continuare la grande impresa iniziata dal fratello Alfieri. L’attività agonistica della Maserati continua intensissima e ancora piena di successi, fin’oltre il 1933, anno in cui arriva Tazio Nuvolari che dà anche un decisivo contributo tecnico, specialmente nel perfezionamento del telaio e nell’adeguamento di questo alle caratteristiche del nuovo motore. Nel 1937 i fratelli Maserati, pur senza trovarsi in difficoltà finanziarie, cedono le azioni dell’azienda ad una famiglia modenese, gli Orsi, e la Maserati viene trasferita da Bologna a Modena, dove i fratelli Maserati continueranno ad essere i responsabili tecnici fino al 1948. Dopo gare avvincenti, avventure rocambolesche, passaggi di proprietà, le grandi novità per la Maserati arrivano nel 1993, quando Fiat Auto acquisisce il pacchetto azionario dell’azienda modenese per poi cederlo integramente alla Ferrari il 1 luglio 1997. In Maserati, viene avviata una profonda modernizzazione che la porta ad essere nuovamente leader mondiale nel settore delle vetture sportive.
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Maserati 26B
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mab
mangiare
Buon N e Felice Ann
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e bere dormire
Natale e no Nuovo!
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