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WINE&FOOD&FUN

. VERSO L’ALTO OLTREPÒ

Bagnaria LE VALLI DEL VINO Montescano LE TERRE DEI RE Pavia romana CASTELLI E RISAIE: Vigevano, il museo della scarpa #VINO Il Vino e il suo corretto consumo DAL TAJADÙ La pelle d’oca SOSTE GOLOSE Simo Restaurant Le Rubinie del Po UNO DI NOI La Certosa #SCOPRENDO Degustazione alla tenuta Mazzolino Matrimonio “ci piace” a Torre Fornello

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n.7





EDITORIALE

Un altro splendido viag-

di Vigevano. Per restare

gio nella nostra Provin-

in Lomellina, il nostro

cia seguendo gli itinerari

Tajadù

pensati dall’Assessorato

gamini, parla di oche,

al Turismo della Provin-

introducendo un prodotto

cia di Pavia. Dopo aver

gastronomico tipico della

visitato la bella Bagnar-

zona: il salame. E come

ia, ed esserci fermati a

non

degustare ottimi vini a

chetto di pane da man-

Montescano, seguendo

giare con la Certosa,

passo passo i consigli di

uno stracchino prodotto

Remo Pàntano, andia-

a due passi dal omonimo

mo alla scoperta dei resti

monastero pavese. E al-

romani di Pavia, molto

lora buon week end!

Valerio

staccare

un

Ber-

toc-

più visibili di quanto possiate pensare. Se siete

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non potete non visitare

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il Museo della Scarpa

Magazine.

PVMagazine è realizzato con il patrocinio della Provincia di Pavia


SOMMARIO VERSO L’ALTO OLTREPÒ Bagnaria.

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LE VALLI DEL VINO Montescano.

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LE TERRE DEI RE Pavia romana.

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CASTELLI E RISAIE Vigevano, il Museo della Scarpa.

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#VINO rubrica a cura di Remo Pàntano Il vino e il suo corretto consumo.

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DAL TAJADÙ rubrica a cura di Valerio Bergamini La pelle d’oca.

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SOSTE GOLOSE 64 70

Simo Restaurant. Le Rubinie del Po.

UNO DI NOI: i prodotti tipici 78

La Certosa.

#SCOPRENDO 84

Degustazione alla tenuta Mazzolino.

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Matrimonio “ci piace” a Torre Fornello.


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i siete mai chiesti cos’è la qualità della vita? A mio avviso, potrebbe essere il connubio fra la cultura e i piaceri della gola, il benessere e l’appagamento dei sensi, scoprendo anche luoghi nuovi attraverso la conoscenza del territorio, assaporandone i prodotti che appartengono alla cultura, alla storia e alle tradizioni locali. Un patrimonio straordinario, com’è quello della nostra provincia, arricchito da vini bianchi, rossi, e di formaggi a pasta molle… Iniziamo il percorso da Montescano, annoverato tra i piccoli comuni dell’Oltrepò Pavese. Il paese, che non raggiunge i 400 abitanti, si estende sulla riva sinistra del torrente Versa, tra il fondovalle, dove si trova la frazione Pozzolo, e le pendici collinari tra i comuni di Canneto Pavese e Castana. Il territorio è completamente coltivato a vigneti che producono rinomati vini D.O.C. quali Bonarda, Barbera, Buttafuoco, Sangue di Giuda, Rosso Oltrepò, Riesling e Pinot. Il nome del paese deriva da “Mons Tuscanus”, divenuto poi Monte Tuscano, che viene attestato per la prima volta nel 1099 e che deve forse la sua origine a un antico proprietario dell’Etruria. Dalla Valle Versa all’Alto Oltrepò, a incontrare il borgo di Bagnaria, che anticamente apparteneva al marchesato dei Malaspina. Nel XVIII secolo iniziò a far parte del territorio tortonese e nel 1801 fu unito


alla provincia di Bobbio con la quale entrò nella provincia di Pavia. Nel 1929 Bagnaria venne unita a Varzi e dopo diciassette anni ritornò indipendente. A Bagnaria è possibile visitare il Santuario e la chiesa parrocchiale romanica dedicata a San Bartolomeo. Riscendiamo in pianura tornando a Pavia, alla scoperta del suo romanico… Punto di partenza può essere il Castello Visconteo, dove visitiamo i Museo Archeologico, al cui interno sono conservati i resti delle chiese gemelle di Santo Stefano e Santa Maria del Popolo, che sorgevano dove ora c’è il Duomo. Il percorso svolta a destra per raggiungere la splendida San Pietro in Ciel d’Oro, del dodicesimo secolo, famosa per la caratteristica facciata asimmetrica e per conservare la tomba di Sant’Agostino. Da lì, dopo aver attraversato Piazza Petrarca, subito a sinistra in via Malaspina scorgiamo i resti dell’abside della chiesa di San Zeno, mentre dall’altro lato un edificio moderno ne conserva la navata laterale. Da qui fino al maestoso Duomo nell’omonima piazza, e poi dritti lungo il percorso che ci porterà fino al Ticino attraversando l’antico quartiere Rovelecca, un tempo abitato da famiglie ebraiche. Poco più avanti si scorge la splendida San Teodoro, una chiesa completamente in mattoni che conserva un ricco patrimonio di affreschi, fra cui alcune celebri vedute di Pavia


dall’alto del Cinquecento. Da Pavia a Vigevano per visitare il Museo della Calzatura, la prima istituzione pubblica in Italia dedicata alla storia e all’evoluzione della scarpa. Collocato nella suggestiva sede del Castello Sforzesco, la sua funzione é quella di esprimere, attraverso la narrazione del prodotto, sia la storia sia l’economia di Vigevano. La tradizione calzaturiera vigevanese é antica, testimoniata da uno Statuto comunale risalente al 1392. Sono nati a Vigevano il primo calzaturificio a modello industriale nel 1866, la prima fabbrica italiana di macchine per calzature nel 1901 e le prime scarpe da tennis realizzate in gomma degli anni ‘20. La fama internazionale di capitale della calzatura risale tuttavia agli anni ‘50 e ‘60, quando le paia prodotte annualmente erano oltre ventuno milioni, di cui gran parte destinata all’esportazione. E’ contestuale a quest’epoca dorata la nascita del Museo, voluto dallo storico Luigi Barni e intitolato al suo primo sostenitore, l’imprenditore Pietro Bertolini. Ultimo “monumento” del nostro percorso, il formaggio Certosa… Sarà una crescenza o uno stracchino? Crescenza e stracchino sono entrambi formaggi a pasta molle prodotti nel Nord Italia (in particolare da noi in Lombardia). Spesso crescenza e stracchino sono considerati lo stesso prodotto, ma non è proprio così…. Il


nome Crescenza deriva dal latino “crescentia” che significa “accrescimento” o dal longobardo “carsenza”, che vuol dire “focaccia”. In entrambi i casi, è determinante la sua caratteristica di “crescere”, gonfiarsi, come il pane, se lasciata in un ambiente caldo. Il nome Stracchino deriva invece dalla parola lombarda “stracch”, cioè “stracche”, stanche, con riferimento alle mucche che a fine stagione tornavano dagli alpeggi a valle stanche per il lungo viaggio. In quel periodo il loro latte era particolarmente adatto a essere trasformato in questo formaggio a pasta molle. Spalmato sul pane o accompagnato ad altri piatti, questo formaggio è uno dei vanti del nostro territorio. Buon viaggio e… buon appetito!

Emanuela Marchiafava Assessore al Turismo – Provincia di Pavia


Verso l’Alto oltrepò

Bagnaria.

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ontinuando il nostro appassionante viaggio tra le colline della Valle Staffora, reduci dai ricchi meandri di Godiasco Salice Terme di cui vi abbiamo fatto partecipe la volta scorsa, salendo , troviamo un altro piccolo comune , Bagnaria, detta “ Bagnèra” in dialetto locale, forse dovuto al fatto che sino al 1863, il vecchio nome era Bagnara. Si tratta di un centro di circa 7OO abitanti, noto per le sue radici storiche e per le sue ricchezze enogastronomiche, composto da 10 frazioni: Casa Arcano, Casa Galeotti,Casa Massone, Livelli, Ponte Crenna, Spizzirò, Torretta , Mutti, Moglia e Coriola. Bagnaria, in origine parte della Marchesata dei Malaspina, passò successivamente al ramo dello Spino Fiorito. Ora nel cuore della Provincia di Pavia, non tutti sanno che

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in quegli anni , fu acquistata dai nobili Busseti di Tortona, e quando i feudi di valle Staffora, ormai sottomessi dai duchi di Milano, furono aggregati alle province del ducato, Bagnaria non toccò a Pavia, ma a Tortona e del Tortonese fece sempre parte fino all’inizio del XIX secolo.

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ortona, si sa, fa parte della provincia di Alessandria e questo fa intuire quanto la storia, le divisioni, ed anche il potere di chi governava in quegli anni, avesse mischiato le carte” . Solo nel 1801, Tortona fu staccata dal tortonese ed unita al Bobbiese integrandosi infine nel cuore della Provincia di Pavia. Pur trovandosi su una delle tre più importanti “vie del sale” anzi su quella più breve e più frequentata, Bagnaria, luogo strategico dal punto di vista militare, non ha mai assunto un ruolo altrettanto strategico dal punto di vista commerciale, fattore forse dovuto al fatto che Bagnaria, nei secoli in cui maggiore è stato il traffico commerciale, è rimasta sempre arroccata sul promontorio così come ancora oggi la vediamo (Bagnaria alta), racchiusa tra spesse mura e decentrata rispetto alla strada che passava laggiù in fondo ai propri piedi, quella stessa strada che saliva a Livelli per poi proseguire verso Sagliano (passando da Altre Case) per dirigersi a Varzi, centro che offriva ampie possibilità di ristoro per i carovanieri.


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ltre alla suddivisione politico-amministrativa sopra richiamata merita di essere ricordata anche la suddivisione operata dall’ISTAT , per “regioni agrarie”, che colloca il Comune di Bagnaria con quelli di Val di Nizza, Valverde, Romagnese, Brallo di Pregola, Zavattarello, Menconico e Santa Margherita Staffora nella “zona dell’alto Staffora” con una superfice complessiva di 289,38 Kmq. Abbandoniamo ora la ricostruzione storica di un tentativo per tornare a parlare di “mercato” in un periodo però a noi molto più vicino. In questo secolo, nella seconda metà degli anni settanta, l’Amministrazione comunale avverte l’esigenza di intervenire a sostegno dell’attività di frutticoltura (particolarmente attiva sul territorio comunale) promuovendo iniziative volte a favorire la commercializzazione del prodotto. Nel 1979 viene decisa la costruzione a lato della piazza municipale di un “mercato coperto” per la vendita diretta dei prodotti agricoli, “dal produttore al consumatore” senza più

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passaggi intermedi, e senza piÚ monopoli dei commercianti. Il mercato viene inaugurato dall’allora Assessore regionale all’agricoltura Ernesto Vercesi il giorno 24 ottobre 1982, un giorno importante per l’economia agricola del comune.

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ncora oggi il “mercato coperto” si distingue per la vendita di frutta di stagione e miele. Conosciuta appunto per la frutta, Bagnaria vanta una ricca e naturale produzione di susine, pesche, albicocche, prugne, ma soprattutto mele e ciliegie ed in onore di queste ultime, ogni anno si ripetono le tradizionali giornate ad esse dedicate: a giugno l’irrinunciabile sagra della ciliegia (generalmente la seconda domenica di giugno) e la giornata della mela, nel mese di ottobre. Ai giorni nostri, nonostante il periodo difficile soprattutto per i piccoli Comuni, Bagnaria risulta essere tra i centri più attivi sia dal punto di vista commerciale che turistico. Attraversando il paese infatti, ancora numerose sono le piccole attività ed i piccoli esercizi che operano. Un paese giovane anche in ambito amministrativo scegliendo come primo cittadino, nello scorso maggio 2014, un neo sindaco poco più che trentenne, Mattia Franza, segno di quanto Bagnaria abbia voglia ed intenzione di fare! Stefania Bertonazzi

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Le Valli del Vino

Montescano. 22


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ra le colline dell’Oltrepò Pavese, sorge la piccola città di Montescano, un “comune sparso” di antiche origini. La sua economia è basata principalmente sull’agricoltura. Il centro abitato si adagia ai piedi del Monte Pragana. Secondo la leggenda il nome Monte Scanus è dovuto alla posizione dell’antico borgo che sembra comodamente seduto su di esso (scanus, in dialetto lombardo scàgn, significa sedia).

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ircondato da vigneti, vanto e ricchezza di questa ridente località collinare, conserva intatto il volto dell’antico borgo medievale, in perfetta armonia con il paesaggio circostante, che non è contaminato dallo sviluppo edilizio. Sono incerte le sue origini e la sua evoluzione, ma la storia segue quella dell’Oltrepò Pavese. Da li passarono Liguri, Etruschi, Galli e Celti. Dopo il 222 a.C., iniziò il dominio dei Romani che completarono durante il II secolo la conquista dell’Oltrepò.Le invasioni barbariche, che seguirono allo sfacelo dell’Impero Romano, portarono alla distruzione di numeriosi centri e costrinsero le popolazioni della pianura a rifugiarsi sui colli vicini. Si fa cenno di questo luogo nel privilegio di Federico Barbarossa dell’ 8 agosto 1164 sotto il nome di Montoscanus. Non avendo un castello o altre fortificazioni, Montescano non prese parte alle vicende guerresche del Medio Evo, e ciò spiega la sua assenza dalle cronache e dai documenti di quel tempo.

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u inserito prima nel feudo della Val Versa, poi in quello di Broni. Insieme all’Oltrepo fu teatro di diversi scontri: dalla battaglia di Pavia del 1525, alle battaglie a seguito dell’ avvento di Napoleone Bonaparte. Con la pace di Vienna del 1815, Montescano e il territorio oltrepadano ritornarono a far parte della Provincia di Voghera, nel Regno di Sardegna. Nel 1861, con la proclamazione del Regno d’Italia, entrò a far parte della Provincia di Pavia. Dal 1929 al 1948 il Comune di Montescano è stato soppresso ed il suo territorio inglobato dal Comune di Castana. Edificio di particolare rilievo architettonico, è la chiesa parrocchiale, costruita nel 1941 e intitolata alla Madonna di Caravaggio.Di notevole importanza l’Istituto scientifico Montescano, specializzato nell’ambito della Medicina Riabilitativa, per i pazienti affetti da patologie post-acute o croniche invalidanti, mediche e chirurgiche, di natura cardiovascolare, respiratoria e neuromotoria. Emma scognamiglio

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MenÚ del 25-26 ottobre Salumi misti di nostra produzione accompagnati da una sfiziosa focaccia fatta in casa Insalatina di borlotti e pancetta in aceto balsamico Panzerottini dorati ai funghi porcini Medaglioni di melanzana pomodoro e mozzarella Salamino cotto caldo Vitello tonnato Risotto carnaroli alla pasta di salame e bonarda Gnocchi di patate fatti in casa alla crema di zucca e gorgonzola Coppa di maiale arrosto con patate saltate Tagliata di manzo con insalata di verza Coppa di gelato alla crema con salsa ai frutti di bosco Caffè Euro 30 bevande incluse



Le Terre dei Re

Pavia romana.

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ulle sponde del Ticino, poco a nord dalla confluenza del Pò, i Romani fondarono la nostra Ticinum. L’importante impronta dello stile romanico emerge ad ogni angolo della città, anche nel più nascosto. La pianta a castrum, tipica degli accampamenti militari romani, dà origine ai due assi principali della città: il cardo e il decumano.

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l cardo è la strada che attraversa da nord a sud la città, che si interseca con il decumano, cioè la strada che attraversa la città da est a ovest.L’impostazione urbanistica romana è rimasta inalterata nei secoli, infatti ancora oggi il cardo e il decumano della città romana, rispettivamente Strada Nuova e Corso Cavour , sono ancora le principali vie di Pavia, ed importanti punti di riferimento. Lo sviluppo del resto della città si basava appunto sull’orientamento di questi due assi, che dividono la città in isolati di forma quadrata , dieci di essi si trovavano nel senso est-ovest e sei nel senso nord-sud.

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ormando cosÏ uno schema a scacchiera. Le costruzioni del periodo romano furono fortemente vincolate da questa impostazione, infatti tutti gli edifici del periodo romano, in particolare le innumerevoli e bellissime chiese, vennero edificate basandosi sull’orientamento del decumano. La bella Ticinum era racchiusa tra le possenti mura romane che ne delineavano il perimetro trapezoidale. Valentina Nardecchia

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Castelli e Risaie

Vigevano, il museo della scarpa.

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a Città di Vigevano è conosciuta in tutto mondo per esser la capitale internazionale della calzatura. Il suo successo nasce dopo il declino dell’industria tessile e un fortunato sviluppo del settore manifatturiero nei primi del ‘900, divenendo un distretto attrattivo e specializzato della scarpa. Tra gli anni ’50 e ’60, il distretto vigevanese produceva annualmente 21.000.000 paia di calzature, guadagnandosi fama mondiale. Oggi, a causa della congiuntura economica, l’industria calzaturiera non è più fiorente come un tempo ma da anni si racconta e si raccoglie questa “età dell’oro” nel Museo internazionale della calzatura.

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a raccolta dedicata a Piero Bertolini, sostenitore della collezione, conserva circa 400 calzature e un patrimonio complessivo di oltre 3000 pezzi. Collocato tra le mura del Castello Sforzesco, simbolo della Città ducale, il museo si struttura in aree tematiche e una galleria. Delle quattro sale espositive una è dedicata a Beatrice d’Este, moglie di Ludovico il Moro. La stanza della Duchessa dal giugno 2011 è interamente multimediale. Delle proiezioni raccontano la figura della duchessa di Milano introducendo il visitatore alla mostra con racconti e proiezioni, stupendo l’ospite con una pianella quattrocentesca, appartenuta alla nobildonna.

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elle successive aree sono esposte le piÚ variegate calzature provenienti da tutto il mondo. Si contano le geta giapponesi, modelli cinesi, nordici e africani, a simboleggiare come la calzatura, vari nel mondo e si adatti alla cultura e alle esigenze storiche. Non mancano reperti degni di nota come le pantofole papali o le scarpe dal tacco a spillo che hanno contraddistinto epoche e generazioni. All’occhio del visitatore balzano i modelli di Christian Dior, Donna Karan, Guccio Gucci, Coco Chanel. In galleria sono inoltre esposte modelli di stile e design creati con vari materiali. Marco Ariatta

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#VINO

Il vino e il suo corretto consumo, pregiudizi e luoghi comuni da sfatare.

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sentirli parlare, a tavola, in pizzeria o al ristorante, con gli amici, sembrano tutti sommelier, poi seguendo i discorsi, vengono fuori molte inesattezze e diversi luoghi comuni. Un cultore del vino deve conoscerne almeno le nozioni fondamentali, per apprezzare con gusto questa meravigliosa bevanda. Degustare significa saper valutare le caratteristiche di un vino ed essere anche in grado di descriverle, non è certamente bere senza ritegno. Chi sa riconoscere le qualità del vino e tiene alla propria salute, beve con moderazione ed è selettivo nella scelta delle tipologie.

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i si sente sovente domandare se sia meglio il vino rosso piuttosto di quello bianco che spesso è accusato di causare il mal di testa. Ebbene si può confermare che il vino rosso possiede proprietà molto interessanti per l’apporto di sostanze benefiche all’organismo umano, specialmente considerando gli antiossidanti, ciò non toglie che anche il vino bianco contenga elementi utili. Per quanto concerne l’emicrania, provocata secondo alcuni dal vino bianco, ci sarebbero diverse distinzioni da fare, innanzitutto quale cibo si abbina e in quale stato di conservazione è, quali ingredienti vi sono, la tolleranza dell’organismo a questi elementi.

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l vino, bianco o rosso che sia è sempre consigliabile accompagnarlo al cibo, quindi da evitare l’aperitivo a digiuno, quei calici di “spumante” gelato in compagnia, senza misura, aumentano la quantità di alcol ingerito e poi sommato al resto, durante un pranzo o una cena, diventa difficile da smaltire e può dare corso alla reazione allergica dell’organismo che correttamente ci avverte dell’esagerazione, con il classico mal di testa. Altro dubbio frequente è la possibilità di bere, durante un incontro conviviale vini di diversa tipologia, bianchi, rossi, giovani, invecchiati, dolci e spumanti. “Mischiare” vini diversi, come erroneamente si definisce la proposta del vino più adatto al cibo, è invece una scelta consigliabile, bere il vino più confacente alla pietanza servita, naturalmente rispettando la moderata quantità, è espressione di cultura enogastronomica ed è una scelta legata all’appagamento dei sensi.

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n vino di gradazione media, dodici gradi, quindi del 12% in alcol, come scritto in etichetta, significa che è costituito da 120 millilitri di alcol, proveniente dalla fermentazione alcolica, disciolti in un litro di liquido, perciò in una bottiglia normale di vino, dal contenuto di 750 millilitri, abbiamo novanta millilitri di alcol o meglio, in peso, 72 grammi di alcol puro. In base al suggerimento fornito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quantità da non superare è di 40 grammi di alcol il giorno, per un soggetto di sesso maschile e 20 grammi se di sesso femminile, a questo punto dovremmo limitarci a bere non più di mezzo litro, di vino di dodici gradi alcolici al giorno, perciò se ci limitiamo, potremmo tranquillamente bere, a pranzo un calice di vino bianco con un primo piatto delicato, un calice di rosso giovane con del pollo o coniglio, la sera un calice di spumante con un antipasto, un calice di rosato con una pasta al sugo di pomodoro e in fine un rosso, magari anche invecchiato, con un arrosto o con del formaggio. Remo Pàntano

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DAL TAJADÙ

La pelle d’oca. 56


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l fenomeno della pelle d’oca si verifica quando i fasci muscolari che si trovano alla base di ogni pelo cutaneo (i cosiddetti muscoli erettori del pelo) si contraggono facendogli prendere una posizione eretta. In tal modo la nostra pelle assume l’aspetto di quella di un’oca spennata. Il sintomo può verificarsi in risposta a diverse sollecitazioni ma quella che ci interessa di più è la nostra risposta ad una forte emozione come quella che si prova nell’appagare i peccati di gola. A volte i peccati di gola possono essere mortali! Nella Divina Commedia, Dante sprofonda i golosi nel terzo cerchio dell’Inferno, descrivendoli immersi nel fango e sferzati da un’interminabile pioggia fetida. Erano altri tempi! Oggi, agli albori del terzo millennio, la golosità è diventata un ingrediente non secondario per insaporire tutte le stagioni della vita. L’Alighieri condannava aspramente la “dannosa colpa della gola”, considerandola un errore contro la morale. Noi possiamo intenderla al massimo come un disordine alimentare o un’infrazione ai canoni estetici.

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e resisti ai peccati di gola, potrai magari sentirti più felice ma ti perdi una fetta di vita dal sapore inestimabile. Mentre spalmiamo del foie gras su una bella fetta di pane, immaginiamo subito che possa trasformarsi in un cospicuo rinforzo del nostro rotolino dell’amore ma il piacere che ne ricaviamo è immensamente più appagante della soddisfazione per il filo di pancetta in meno che ne avremmo privandocene. Senza parlare della frustrazione che la resistenza ai richiami delle sirene porta sempre con sè. Pensiamo ad Ulisse che,al suo ritorno ad Itaca, fece una strage laddove bastava una tiratina d’orecchi! Oppure al dipinto di Annibale Carracci, intitolato Ercole al Bivio in cui, il grande pittore bolognese, raffigura l’eroe mitico, dubbioso nella scelta tra la Voluttà, rappresentata da una seducente figura femminile che, in abiti discinti, gli indica l’allettante via del piacere e la Virtù che, invece, gli mostra un tortuoso sentiero. Il mito ci ha tramandato un Ercole glorioso, ma se osserviamo bene l’opera del Carracci ci accorgiamo che l’eroe sta guardando scontrosamente la paladina virtuosa e se fosse toccato a lui decidere, anzichè al fato, non avrebbe avuto dubbi. Quindi spalmiamo e godiamo, che magari il foie gras smettono definitivamente di produrlo e potremmo pentirci amaramente di essercene privati.

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nche la nostra coscienza può star tranquilla perché questa specialità alimentare non è appannaggio di novelli gourmet goderecci e spregiudicati ma ha radici molto antiche. Il primo che cominciò a rimpinzare le oche per ingrossare il loro fegato fu Metello Scipione. Un antico Romano che legò il suo nome al primo foie gras della storia, facendolo diventare una delle pietanze più ricercate dell’antica Roma nota col nome di “ficatum”, perchè Metello ingrassava le sue oche con un pastone di fichi. Sia Seneca che Plinio però fanno risalire l’idea di ingozzare le oche a Marco Gavio Apicio, un gastronomo vissuto intorno al 20 d C., che morì suicida per paura di morire di fame dopo aver dilapidato tutte le sue sostanze in banchetti (durante i quali serviva agli ospiti, oltre al pasticcio di fegato d’oca, intingoli di creste tagliate a volatili ancora vivi, manicaretti a base di tallone di cammelli


ed enormi murene allevate con la carne degli schiavi, sacrificati all’uopo). Chi dei due, se Metello o Apicio, sia stato il primo fautore del foie gras non è dato sapere,ma entrambi hanno contribuito alla sua grande fama tramandatasi fino ai giorni nostri. Oggigiorno il foie gras (sia d’oca che d’anatra) viene prodotto quasi esclusivamente nel Périgord, una regione della Francia ai piedi del Massiccio Centrale, in Israele e in Lomellina, precisamente a Mortara, dove Gioachino Palestro ha creato la Corte dell’Oca, un’area gastronomica in cui l’oca è regina. Ma questo sarà oggetto del prossimo articolo. Valerio Bergamini

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Soste Golose

Simo Restaurant.

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ome apriamo la porta d’ingresso del ristorante Da Simo a Stradella via Cavour 26, una avvolgente musica di sottofondo ci accoglie e tutto intorno a noi è piacevolmente rilassante. Simone Cucchiarelli, il proprietario che ci accoglie sorridente con tanta carica e simpatia, Deborah,sua moglie dolce e garbata ,che si occupa della cucina ,perfetta nella sua divisa rendono il clima familiare, accogliente e genuino.

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d i piatti proposti nel ricco menù non sono certo da meno: si va dagli antipasti (acciughe del Mar Cantabrico,burro e crostino di pane toscano, sformatino di finferli con fonduta di taleggio )ai primi piatti(fettuccine porcini e gamberi, risotto scampi e mela verde) ai secondi di carne o pesce( maialino da latte croccante e funghi trifolati, tagliata di tonno e insalatina di germogli) dessert(cheese cake ai cioccolati) solo per citarne alcuni. Il rapporto qualità prezzo è stupefacente, come pure la possibilità di fare delle convenzioni per gli abituè.

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imone mette qui a frutto l’esperienza maturata prima da Cracco, poi da Trussardi alla Scala oltre che le sue doti naturali di grande comunicativa. Grande successo hanno le serate dello chef Rubio: una volta al mese il famoso chef viene a cucinare in questo locale ed è talmente tanta la richiesta che Simone deve fare una pre vendita oltre la normale prenotazione. Tutto esaurito!!! Simone ha così deciso di tenere aperto il locale anche a mezzogiorno offrendo la stessa varietà di piatti del menu della sera oltre il piatto unico€10,il toastSIMO €6, il bigSIMO €8, panino con porchetta€6, acqua coperto e caffè inclusi. Il ristorante da SIMO vi aspetta. E, siatene certi, rimarrete entusiasti come noi. Graziella Dezza


Simo Resturant

via Cavour, 26 - 27049 Stradella (Pv) Telefono: 0385 43983 - 333 9546754 Mail: simonecucchiarelli@live.it www.simorestaurant.it

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Soste Golose

Ristorante Le Rubinie del Po.

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el 1951 un piccolo capanno di tronchi di rubinia, oggi un accogliente ristorante.Dai pescolini fritti a raffinata cucina, nel rispetto delle tradizioni locali. Dove Po e Ticino confluiscono, sotto il Ponte della Becca, Edo ti accoglierà in un ambiente caldo e famigliare con il sottofondo dolce dell’acqua. Gusta un pranzo o una cena nelle calde sale interne o sulla terrazza con una suggestiva vista sul fiume. Tappa imperdibile per famiglie, amici, coppiette e per tutti quelli che amano la buona cucina.

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rande assortimento di piatti che soddisferanno e sazieranno ogni tua voglia. Da non perdere la torta di mele: classica ma sorprendente . La cantina offre un’ ampia scelta a seconda delle pietanze, sia bianchi che rossi, alcuni anche molto invecchiati e pregiati. Fatevi consigliare il miglior abbinamento. Non perdete l’ occasione di assaggiare grappe e distillati di grande qualità .

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iscopri i sapori della tradizione fluviale lombarda, tra salumi propri, risotti saltati, gnocchi, tagliatelle, ravioloni, stracotti, rane, lumache trifolate e grigliate di fiume, tutto rigorosamente fatto in casa e cucinato nel migliore dei modi per esaltarne i sapori. Emma Scognamiglio

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Ristorante Le Rubinie del Po

Loc. Ponte della Becca, 1- 27011 Linarolo (PV) Telefono: 0382 587039 Mail: info@lerubiniedelpo.it www.lerubiniedelpo.it

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Uno di noi: i prodotti tipici

La Certosa.

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a Galbani ha origine nel 1882 dal caseificio di Davide ed Egidio Galbani, in provincia di Lecco. Agli anni Venti risale l’acquisizione degli stabilimenti di Certosa di Pavia, locati tra la Stazione ferroviaria ed il monumento cistercense di Certosa, da cui la crescenza prende il nome. Visto il successo del prodotto, Galbani produrrà anche un formato piccolo che diventerà il famoso Certosino, lo “stracchino Speciale”. Nel dopoguerra, il formaggio Certosa viene reso memorabile grazie al Carosello e a personaggi famosi come Paolo Panelli, Ugo Tognazzi e Jonny Dorelli con il celebre slogan “Certo...Certosino!”, la risposta giusta alla crescente domanda di genuinità e qualità.

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egli anni ‘80 prende il nome di crescenza e successivamente scompare il nome Certosino, lasciando “Certosa” l’unico marchio Galbani sinonimo di crescenza. Il nome Crescenza deriva dal latino “crescentia” che significa “accrescimento” o dal longobardo “carsenza”, che vuol dire “focaccia”. In entrambi i casi, è determinante la sua caratteristica di “crescere”, gonfiarsi come il pane, se lasciata in un ambiente caldo. Certosa è la Crescenza, conosciuta e apprezzata da sempre, fatta con buon latte, senza conservanti, dal sapore delicato e dalla consistenza cremosa. La Stracremosa è la Certosa ancora più morbida, dal gusto ricco e avvolgente. Certosa Light ha tutto il gusto e la cremosità di Certosa ma con il 50% di grassi in meno, preparata con latte parzialmente scremato. Emma Scognamiglio

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#Scoprendo

Degustazione alla Tenuta Mazzolino.

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n una tiepida domenica di fine ottobre siamo andati alla tenuta Mazzolino a Corvino San Quirico invitati a degustare i loro stupendi vini, perle dell’Oltrepò Pavese. È Stefania Longo che ci accoglie all’ingresso con la sua consueta simpatia e cordialità illustrandoci il programma della giornata. Accanto ai vini ci vengono offerte, formaggi, salumi e fuori, nello splendido parco, dove sono allestiti tavolini e sedie,

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il profumo di caldarroste ci prende. Impossibile resistere!! Ecco ora la visita guidata nel tesoro della tenuta: la cantina. Insieme ad un gruppo di altre persone scendiamo gli antichi scalini e Paolo Guieu, enologo, ci illustra tutti i segreti della preparazione e conservazione del vino, la sua storia e sempre di pi첫 ci appassioniamo e sempre di pi첫 rimaniamo affascinati da questo luogo. Ancora qualche assaggio, ancora qualche chiacchiera e poi dobbiamo salutare e ringraziare la Tenuta Mazzolino. Graziella Dezza

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#Scoprendo

Matrimonio “ci piace” a Torre Fornello.

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ella meravigliosa cornice della sua azienda di Torre Fornello, Enrico Sgorbati ci accoglie con calore e simpatia per partecipare all’eccezionale evento “Matrimonio ci piace, “crea il tuo giorno più bello insieme ai nostri professionisti, manifestazione dedicata completamente agli sposi.


È una calda domenica di fine ottobre e tutto contribuisce a rendere il luogo magico e unico. Gli stand dedicati agli sposi, sistemati all’interno, sono molto ben curati e l’impatto visivo e’emozionante e coinvolgente. Si va dall’agenzia viaggi Le Tre Caravelle a truccatrici ed estetiste che si impegnano nelle dimostrazioni, dal gruppo musicale Fabri e Isa al cantante Simone Speranzani,dagli allestimenti floreali della Boutique dei Fiori di Castel San Giovanni a Lory la golosa pasticceria,da

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Mimi e Coco animatori fino al catering “la Corte dei Gioia” di Nilde Cassinelli. Sopraffine e raffinate preparazioni sono esposte da vedere e gustare: torte calde salate, stuzzichini vari presentati in modo unico ed originale e serviti con professionalità ed eleganza. Alle 16:00 inizia la sfilata di abiti da cerimonia e da sposi; in una atmosfera frizzante si alternano sulla passerella tanti abiti indossati da bravissime indossatrici che catturano l’attenzione e il plauso di tutto il numerosissimo pubblico.Un vero successo!!! Segue verso le 17:00


il taglio della torta nuziale che possiamo gustare seduti comodamente nello splendido giardino, da cui si gode la vista di un panorama mozzafiato. Degna di nota una magnifica chiesetta consacrata che fa parte della proprietĂ , utilizzabile per qualsiasi funzione, mantenuta in perfetto stato, splendido esempio di chiesa privata. Migliore location non poteva esserci per questo evento, grazie Enrico, grazie a tutti i partecipanti per la splendida giornata. Graziella Dezza

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www.mabedo.it Pubbliredazionale Tutti i diritti riservati, la riproduzione totale o parziale è vietata in qualsiasi forma Realizzato da Fq Communication di Filippo Quaglini Immagini di MaBeDo Grafica: Federica Ferrari Webmaster: Zeus Telematica Pavia


Menù del 25-26 ottobre Aperitivo della casa Coppa, pancetta e salame Crostino con lardo Sott’olio Insalatina di pollo con crema al rafano e chicchi di uva rosé Acciughe prezzemolate Torta salata al radicchio e provola fumé Polentina con fonduta Salamino cotto con salsa verde Risotto allo spumante e cuori di carciofo Tagliolini all’uovo con scaglie di tartufo nero Gnocchetti di patate e zucca con funghi porcini Lombata di maiale al passito e uvetta con patate al forno Cappello del prete stufato al bonarda con Polentina morbida Dessert Caffè e vini Montini € 30 bevande incluse Agriturismo Corte Montini Via Edoardo Montini 1, Fraz. Manzo Santa Giuletta (Pv) Tel. 0383/899382 - Fax 0383/899837



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