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WINE&FOOD&FUN

. VERSO L’ALTO OLTREPÒ

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Ponte Nizza LE VALLI DEL VINO Montebello della Battaglia LE TERRE DEI RE Spessa Po CASTELLI E RISAIE: Gropello Cairoli #VINO Vino nuovo e vino novello DAL TAJADÙ Bentivoglio Porcello SOSTE GOLOSE Ristorante Pizzeria Charlot Az. Agr. Antonio Dellabianca UNO DI NOI Il Il fungo Porcino #SCOPRENDO Consorzio Tutela Vini a Golosaria

n.9





EDITORIALE

Anche questa settimana

il Tajadù

PvMagazine vi farà vi-

gamini dedica un articolo

aggiare per la nostra bel-

al porcello, mentre il nos-

la Provincia. Nelle Terre

tro esperto di vini Remo

dei Re, visitiamo Spessa

Pàntano ci spiega qualè

Po, sulle rive del fiume,

la differenza tra vino nu-

mentre in Lomellina fac-

ovo e vino novello. Una

ciamo sosta a Gropel-

chicca: il Consorzio Tu-

lo Cairoli.

D’obbligo

tela Vini Oltrepò Pa-

un’escursione in collina,

vese sarà presente a

nell’Alto Oltrepò, a Pon-

Golosaria. Un evento da

te Nizza e nelle Valli del

non perdere!

Valerio Ber-

Vino, a Montebello della Battaglia. Restiamo

Seguiteci

in zona per assaggiare il

www.mabedo.it e sul-

nostro fungo porcino.

la pagina facebook PV-

Se avete ancora fame,

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PVMagazine è realizzato con il patrocinio della Provincia di Pavia


SOMMARIO VERSO L’ALTO OLTREPÒ Ponte Nizza.

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LE VALLI DEL VINO Montebello della Battaglia.

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LE TERRE DEI RE Spessa Po.

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CASTELLI E RISAIE Gropello Cairoli.

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#VINO rubrica a cura di Remo Pàntano Non confondiamo il vino nuovo con il vino “novello”!

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DAL TAJADÙ rubrica a cura di Valerio Bergamini 56

Bentivoglio porcello!

SOSTE GOLOSE 64

Ristorante Pizzeria Charlot.

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Az. Agr. Antonio Dellabianca.

UNO DI NOI: i prodotti tipici 80

Il fungo Porcino.

#SCOPRENDO 86

Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò sarà a Golosaria.


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arcel Proust scriveva che “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” e,allora, questa volta vi invito a guardare con un diverso sguardo lungo il percorso che, partendo dalla bassa pavese, tocca la Lomellina fino ad arrivare all’alto Oltrepò. Partiamo da Spessa Po, un piccolo paese affacciato in riva al Po che conserva le caratteristiche di paesino agricolo, con i suoi cortili delimitati da case dove abitano ancora gli agricoltori: al centro c’è la piazza, con il bar, lo storico negozio di commestibili e la chiesa, situata oltre il giardino pubblico. Secondo gli storici, le origini di Spessa risalgono all’alto Medioevo; il nome deriva dalla natura golenale del terreno su cui sorse, ricca di acquitrini e fontane che alimentavano la vegetazione molto fitta. Dopo le bonifiche, i raccolti furono abbondanti, spessi, da cui il nome di Spissa o Spixa poi Spessa. Il paese appartenne per lungo tempo a diverse comunità religiose di Pavia; prima ai Canonici della chiesa di San Giovanni Domnarum -come risulta da un diploma del


1129- e poi ai Canonici di Santa Maria Gualtieri. Dalla bassa ai primi “gradini” dell’Oltrepò con Montebello della Battaglia, dove si trovava un insediamento romano, probabilmente una villa dipendente dalla vicina città di Clastidium (Casteggio). Nell’alto medioevo vi fu fondato un monastero benedettino dedicato ai santi Gervaso e Protaso, attorno al quale si andò formando il paese, che assunse presto notevole importanza. Nel 1164 fu assegnato da Federico Barbarossa alla città di Pavia. Nel 1175 gli eserciti della Lega Lombarda e di Federico si stavano per scontrare nei pressi di Montebello, ma si addivenne ad un momentaneo armistizio (pace di Montebello) che rinviava il confronto all’anno dopo a Legnano. Nel 1859 vi fu combattuta la celebre battaglia, preludio dell’unificazione d’Italia. In ricordo di ciò, nel 1958 il comune di Montebello ricevette il nome attuale. Un breve salto in Lomellina, fino a Gropello Cairoli, cittadina di origine gallica e romana, come testimoniano i numerosi ritrovamenti della zona. Il primo documento in cui si menziona Gropello Cairoli risale all’anno


891, e riguarda la devoluzione del feudo da parte di Berengario I. Nel medioevo sorge il Castello, come baluardo di protezione dalle frequenti battaglie e dalle rapine condotte dalle soldataglie. Dopo il periodo dei Comuni diventa luogo di ritrovo del signorotto della zona e di allegre brigate, stanche del frastuono delle armi e degli ozi di città. Viene più volte riadattato, prima dai Visconti e poi dagli Sforza. E’ munito di ponte levatoio, di torri merlate e di una strada sotterranea. Il paese ha legato la propria storia ed il proprio nome ai fratelli Cairoli, patrioti del Risorgimento: con un decreto reale del febbraio 1888, assume appunto la denominazione di Gropello Cairoli, a ricordo di Benedetto Cairoli che a Napoli, il 17 novembre 1878, salvò la vita al re Umberto I, facendo scudo con il proprio corpo ad una pugnalata diretta al sovrano. Dalla Lomellina saliamo fino all’alto Oltrepò… Il comune di Ponte Nizza è uno dei più “giovani” di tutta la provincia di Pavia, perché è stato costituito solo nel 1928, unendo i comuni di Pizzocorno, Trebbiano Nizza, San Ponzo Semola e Decima. Da Ponte Nizza transitava la via del sale lombarda, percorsa


da colonne di muli che, percorrendo il fondo valle, raggiungevano Genova attraverso il passo del Giovà e il monte Antola. Questa zona, l’alto Oltrepò, è anche terra di funghi di ottima qualità: porcini, ovuli, gallinette (finferli) e chiodini dal profumo straordinario. Offre itinerari interessanti e piacevoli, che portano in luoghi rimasti incontaminati, dove è possibile raccoglierne di carnosi e profumati. In particolare sono ricercati i porcini e gli ovuli che, per il loro intenso profumo e per il sapore aromatico, costituiscono un elemento di punta nella cucina locale. Numerosi, infatti, sono i piatti della tradizione pavese a base di funghi freschi, spesso abbinati alla carne o a gustosi primi, come il risotto ai funghi porcini. Buon viaggio e… buon appetito!

Emanuela Marchiafava Assessore al Turismo – Provincia di Pavia


Verso l’Alto oltrepò

Ponte Nizza.

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o staff Mabedo, ormai sempre più innamorato di ciò che incontra sul suo cammino, continua il proprio viaggio e questa volta fa tappa a Ponte Nizza,il cui nome si riferisce alla presenza di un ponte sul torrente chiamato Nizza. Si tratta un piccolo-medio comune della Provincia di Pavia di circa 850 abitanti, nel cuore dell’Oltrepò Pavese. Un comune costituitosi nel 1928, unendo i comuni di Pizzocorno, che apparteneva alle terre del marchesato dei Malaspina ; Trebbiano, che appartenne al marchesato dei Malaspina fin dalla sua costituzione ; San Ponzo, donato dai re Ugo e Lotario al vescovo di Pavia nel 943,in unione alla “vicina di casa “ Cecima e, per appunto quest’ultima che nel 1956 riottenne l’autonomia. Ponte Nizza fa paese fa parte del territorio delle Quattro province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza), caratterizzato da usi e costumi comuni e da un importante repertorio di musiche e balli molto antichi. Strumento principe di questa zona è il piffero appenninico che accompagnato dalla fisarmonica, e un tempo dalla müsa. Le frazioni di ap-

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partenenza a questo centro sono: S. Alberto di Butrio, Trebbiano, Pizzocorno, San Ponzo. Primo cittadino, dallo scorso maggio 2014, è Celestino Pernigotti. A circa 260 metri dal livello del mare, Ponte Nizza è ancora oggi uno di quei pochi centri che conservano al meglio tradizioni, abitudini ed attività di un tempo e ne sono testimonianza i piccoli negozi e le piccole produzioni locali ancora attive ed operative.

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n perfetta fusione tra passato e futuro, tra antico e moderno, come lo confermano i campi coltivati a erba,granturco e frutteti, da un lato, che perfettamente si sposano con le nuove abitazioni, villette e condomini nati negli ultimi anni. La storia di Trebbiano e Pizzocorno è legata a quella della vicina Abbazia di Sant’Alberto di Butrio che, in epoca medioevale, possedeva beni, territori e feudi gestiti dai vari abati che si succedettero alla “guida” dell’Abbazia. In località Sant’Alberto di Butrio, frazione che vive principalmente di agricoltura, sorge l’Abbazia di S.Alberto, capolavoro artistico-architettonico, indicato come “la perla dell’Oltrepò”. A fare, infatti, da veri protagonisti di questo territorio sono i Borghi :Borgo di Pizzocorno, Borgo di Sant’Alberto, Borgo di San Ponzo,Borgo di Trebbiano e Borgo delle Moglie. Pizzocorno, con una popolazione di circa 300 anime, è una frazione di Ponte Nizza e sorge su un colle a m. 478 lungo la strada per l’abbazia di S. Alberto di Butrio e si narra, che al suo interno, sorgano non uno, ma due castelli.

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e vestigia del castello sorgono sul progetto detto dell’acquedotto e sono raggiungibili per sentiero che si stacca a sinistra delle ultime case della frazione, verso S. Alberto. Il sentiero è lastricato e viene chiamato “strada romana”, forse perché risale al tempo della colonizzazione romana. A circa 700 metri, invece, sorgono i resti dell’antica abbazia di S. Alberto di Butrio. Godette da subito di fama come centro di cultura e religione, ma, poi, verso la metà del 1500, quando il monastero fu unito all’abbazia di S. Bartolomeo in Strada, in Pavia, la sua importanza politico-religiosa andò gradualmente scemando. Un’ubicazione isolatissima sulla cui torre è stata eretto un modestissimo campanile nell’anno 1849. Se si parla di San Ponzo, si parla, di un “paesello” senza mura di cinta e senza castello, ma pieve. La chiesa attuale benché non sia più la primitiva, e come tante altre “rimessa a nuovo” negli ultimi anni,, presenta caratteri di molta antichità, ed è molto simile, soprattutto nelle mura esterne, a quella di S. Alberto.

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itolare e patrono è S. Ponzo martire e la grotta di S. Ponzo ove il Santo viveva è divenuta luogo di culto e di venerazione. Si racconta che i devoti raccolgano gocce d’acqua che stillano dalla grotta attribuiendone virtù prodigiose, fra le quali quella di ottenere latte alle madri che ne abbisognano. Trebbiano, raggiungibile per strada asfaltata che si stacca dalla provinciale di Val di Nizza a circa tre chilometri e mezzo da Ponte Nizza, consta di diversi nuclei abitati ed appartenne anticamente al feudo dei Malaspina di Godiasco ed infine il Borgo delle Moglie. Di rinomata importanza è la Ferrovia della Voghera Varzi, oggi divenuta Museo e sede di associazioni di valorizzazione del territorio. Tra le feste folcloristiche ricordiamo il gruppo alpini che da sempre è protagonista di eventi e momenti di aggregazione. Tra le tipicità locali, i frutteti, con le loro mele, fanno da “patron”. Tutta la Valle Staffora, si sa, è ricca di boschi di castagne, i luoghi nei quali è possibile trovare le castagne. Nello specifico, in questo Comune, Ponte Nizza, le zone più battute dai cercatori di funghi e castagne sono quelle limitrofe all’eremo di Sant’Alberto e alle grotte di San Ponzo intorno alle quali si estendono boschi con alberi secolari. Molto attiva sul territo-


rio in termini di feste e Sagre, Ponte Nizza è conosciuta per i piccoli – grandi mercatini di prodotti tipici, feste autunnali ed a San Ponzo, ogni prima domenica di agosto, rassegna zootecnica di: bovini di razze autoctone italiane (varzese, cabannina, modenese ed altre), cavalli, asini, capre e pecore, conigli, polli, oche, tacchini. Ecc, con visita all’antico borgo di San Ponzo tra vecchie cantine e botteghe artigiane,cottura del pane nei forni a legna; esposizione di vecchi attrezzi agricoli, ricami, abiti e mobili antichi; bancarelle e stand per le vie del borgo. Il tutto bagnato da degustazione e banco assaggi di prodotti tipici locali con dimostrazioni di mietitura e trebbiatura del grano. A fare da cornice alla manifestazione le immancabili musiche e danze tradizionali delle Quattro Provincie. Ponte Nizza, quindi, un paese da conoscere e da vivere ! Un Paese a misura d’uomo per tutti i 12 mesi dell’anno! Stefania Bertonazzi

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Ristorante Le R

Loc. Ponte della Becca, Telefono: 03 Mail: info@ler www.lerubi


Mercoledì 12 novembre Sformatino di mille foglie in crema di funghi in salsa ai pistilli di zafferano con dress di gamberi Risottino ai finocchi e zenzero mantecato al cuore morbido di latte e gourmè di selvatico rivisitato Polenta di grano saraceno e mais rustico al bitto con maialino in salsa acida ventagli di ortaggi al vapore con pancetta croccante Budino di riso con fantasia di fragranza d’inverno Martedi 26 novembre Timballo di ricotta e carote al miele con riduzione di barolo e gourme di vegetali croccanti Raviolone imperiale su cavolo cappuccio e profumo di burro e animelle arrostite al sentore di bavere d’inverno Farcitello in volo con canto di cavoletti su grata di parmigiano in riduzione alla malvasia nera Tortino di riso in crema al moscato Martedì 3 dicembre Zuccotto salato con anima di cuore morbido al selvatico in salsa di provenze dei visconti in gourmè di tuberi rosolato in agro dolce Risotto fantasia dei tempi nobili con quaglia al cacio affumicato Liste di guancio con sapori rustici delle rive del Po’ Caciucco del fiume con crosta di pane aromatizzato Cuore morbido alla gianduia in crema di zabaione e ananas caramellata

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Le Valli del Vino

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Montebello della Battaglia.


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alli del vino, è itinerario che intende condurvi alla scoperta delle Valli dell’Oltrepò, celebri per le produzioni vitivinicole. VALLE VERSA: famosa e rinomata per la produzione di vini rossi e bianchi. Da Stradella, città delle fisarmoniche, a Montecalvo Versiggia, capitale internazionale della produzione di Pinot nero e sede del Museo del Cavatappi, sino a raggiungere Canevino, sull’antico sentiero di San Colombano. VALLE SCUROPASSO: incuneata tra la Valle Versa e la Valle Coppa troviamo i vigneti di Rocca de’ Giorgi, Montecalvo Versiggia, Montalto Pavese, Pietra de’ Giorgi. A fondo valle, dove si apre la pianura, si incontra Broni, sulla Via Emilia, uno dei centri più importanti dell’Oltrepò. VALLE COPPA: il centro principale è Casteggio, ricordiamo qui anche Montebello della Battaglia. Montebello della Battaglia è un comune collinare, di antica origine, che, accanto alle tradizionali attività agricole, ha sviluppato il tessuto industriale.

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Montebello si trovava un insediamento romano, probabilmente una villa dipendente dalla vicina città di Clastidium (Casteggio). Nell’alto medioevo vi fu fondato un monastero benedettino dedicato ai santi Gervasio e Protasio, attorno al quale si andò formando il paese, che assunse presto notevole importanza. Il monastero ricevette ampie donazioni nei secoli seguenti, divenendo il maggior possidente locale. La sua storia è stata caratterizzata, fin da tempi piuttosto antichi, da continui scontri. Dopo essere stato sotto l’influenza dei vescovi di Piacenza, nella seconda metà del XII secolo fu assegnato, da Federico Barbarossa, a Pavia, determinando non pochi contrasti tra le due città. A queste lotte seguirono quelle tra il Barbarossa e la famosa lega lombarda, e proprio nel suo castello, nel 1175, fu firmata una tregua tra l’imperatore e i comuni aderenti alla lega. Divenuto feudo dei Langosco, passò in seguito ai Visconti, i quali nel 1412 l’assegnarono ai Beccaria, che ne conservarono il possesso fino alla fine del XVI secolo. Questi passaggi di proprietà continuarono anche nel corso del ‘600 tra nobili spagnoli. Tra gli eventi successivi vanno ricordate

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le due battaglie dell’800 che l’hanno reso famoso: la prima, del 9 giugno 1800, segnò la sconfitta delle truppe austriache ad opera di quelle napoleoniche; la seconda, del 20 maggio 1859, vide una nuova vittoria sugli austriaci, questa volta ad opera dell’esercito franco-piemontese. In ricordo di ciò, nel 1958 il comune di Montebello ricevette il nome attuale. Tra i monumenti, oltre ai resti dell’antico castello, vanno citati la chiesa parrocchiale dei Santi Gervasio e Protasio e il monumento-ossario che ricorda la battaglia del 1859.

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Montebello della Battaglia,sul promontorio occidentale, troviamo anche Palazzo Bellisomi, un antica dimora seicentesca appartenuta ai marchesi omonimi di Pavia. Il caratteristico colore “rosso Genovese” le dona un fascino particolare rendendola unica nel suo genere. Dal suo belvedere, ricco di querce e cedri secolari, si domina tutta la pianura dell’Oltrepo pavese fino a Pavia. Il palazzo rispetta ancora il disegno dell’architetto Francesco Croce, già progettista delle guglie del duomo di Milano, che lo ristrutturò nel 1743. Le sale interne sono arricchite da finestre bifore, da soffitti con lunghe travi in legno e pavimenti in cotto lombardo. Nel 1600, Agostino Bellisomi, nobile pavese, acquista tramite asta giudiziaria, una casa di villeggiatura con annesso un oratorio, dei fabbricati rustici e molti terreni a Montebello. Nel 1698, alla morte del capitano Agostino, celibe, la proprietà è da questi lasciata in eredità al marchese Pio, figlio di suo fratello Annibale e feudatario di Frascarolo. Pio Bellisomi muore nel 1726 lasciando erede il figlio Gaetano, appena diciassettenne. Questo giovane marchese è una persona di vasta cultura. Viaggia molto, visita diverse capitali

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europee e soggiorna parecchio tempo a Parigi dove sposa la nobile Maria Teresa Corselle de Percy, nipote del maresciallo di Francia, Vauban. Nel 1743 decide di costruire l’attuale villa , sull’area della vecchia casa di campagna. Incarica il famoso architetto Francesco Croce di redigere il progetto e subito iniziano i lavori, ma la guerra di successione austriaca ed il conseguente passaggio dell’Oltrepò Pavese dal Ducato di Milano al Regno Sabaudo, ne rallentano l’esecuzione e soltanto nel 1747 essi saranno portati a termine. Contemporaneamente, purtroppo, l’eclettico marchese muore a soli 37 anni. Il primogenito Pio eredita la tenuta e alla sua morte, nel 1813, periodo durante il quale il Codice Napoleonico aveva abolito il “maggiorasco”, inizia una lenta parabola discendente: il patrimonio famigliare sarà diviso, con atto notarile del 2/11/1813, fra cinque fratelli e due sorelle.

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a villa di Montebello va in eredità al quartogenito Giuseppe ed alla sua morte, al figlio Luigi. Era questi un “pezzo d’uomo” di quasi 2 metri di statura ed a Montebello, dove fu sindaco per 25 anni, bonariamente era chiamato “al Marchison”. Esistono ancora alcune sue foto scattate attorno al 1860. Morì il 3 giugno 1893 e poté usufruire del privilegio di sepoltura nella chiesetta della sua villa. Il figlio, marchese Giuseppe (don Peppino) dovette vendere l’avita dimora al termine della 1° guerra mondiale. Egli morirà nel novembre del 1920, estinguendo la linea maschile dell’antichissimo casato pavese. Al “Palazzo” entrava il nuovo proprietario sig. Bertollo, un ricco commerciante che vi abiterà fino al termine della 2° guerra mondiale, anche se la villa già da parecchi anni era passata in proprietà alla società Immobiliare Della Torre. Negli anni ‘950 il titolare di questa società, sig. Zamara, genovese, la restaurò e vi trascorse periodi di villeggiatura. Dalla seconda metà degli anni ‘70 la villa è proprietà della società Libarna Gas, la quale parzialmente l’adibisce ad uffici. Emma Scognamiglio

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MenÚ del week end 8-9 novembre Salumi misti di nostra produzione accompagnati da una sfiziosa focaccia fatta in casa Carpaccio di manzo con verdurine julienne Cipolline in agrodolce Peperoni con acciuga e fontina Crostino di polenta con salsiccia e funghi Salamino cotto caldo Tagliatelle fatte in casa al ragÚ Tortelli ricotta e spinaci al burro e salvia Arrosto di manzo con patate al forno Stinco di maiale al forno con finocchi gratinati Dolce della casa Caffè



Le Terre dei Re

Spessa Po.

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e “Terre dei re” è un itinerario per condurvi, attraverso i luoghi di Pavia, capitale del Regno dei Longobardi, alla riscoperta della loro arte attraverso il reimpiego dei loro materiali monumentali nelle età storiche successive. Il viaggio parte dunque da Pavia, seguendo il Po, sino a Santa Cristina, passando per i castelli di Belgioioso e Chignolo Po, per le antichissime sorgenti termali di Miradolo Terme, per Corteolona, San Zenone, Spessa Po ed Arena Po.

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pessa è un piccolo paese agricolo di pianura sulla riva sinistra del Po, con abitazioni e cascine sparse a grappolo nella campagna e una piazza che costituisce il centro di riferimento per i cittadini. Sembra che il nome del paese derivi dai raccolti rigogliosi (spessi) ottenuti in seguito alle opere di bonifica dei suoi terreni golenali un tempo acquitrinosi. Il territorio, comprende anche le località di San Zenone e Sostegno. Il grande ponte di collegamento tra Spessa ed Arena Po, un tempo si trovava a circa 15 chilometri a valle di Pavia, collocato tra Portalbera e Sostegno. Nel 1912 fu trasportato qualche chilometro a valle ed ancorato a rive più sicure tra Spessa ed Arena Po. Era lungo circa 800 metri ed era costruito in chiatte di legno, sostituite poi da altre in cemento. Restò in funzione fino al 1973, anno in cui fu realizzato il nuovo ponte in cemento armato.

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primi insediamenti nella zona, anticamente chiamata Spissa o Spixa, con probabile riferimento alla natura del terreno, molto duro e difficile da dissodare, prima della bonifica, risalgono ad epoca precedente all’occupazione romana. Sicuramente già esistente nell’altomedioevo, il borgo sorse su uno sperone di terra formato da qualche mutamento del corso del Po, costituendo un punto naturale per il guado del fiume. Dopo essere appartenuta ad alcune chiese pavesi, pervenne nel corso del Medioevo ai Beccaria di Montebello e ai Fiamberti. Nel Trecento fu annessa al territorio di San Colombano al Lambro e nel secolo successivo al feudo di Belgioioso, di cui seguì le vicende. A metà del XV secolo, a seguito dello smembramento delle terre di Belgioioso, fu assegnata al potente segretario del duca Francesco Sforza, Cicco Simonetta, la cui morte nel 1480 segnò l’inizio della progressiva decadenza del feudo. Tra i monumenti meritano di essere citati il castello, trasformato in abitazione e rimaneggiato nel XVIII secolo, e la chiesa parrocchiale, ricostruita agli inizi del XX secolo e dedicata dapprima a San Cassiano e successivamente a Sant’Agostino. Emma Scognamiglio

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Castelli e Risaie

Gropello Cairoli.

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dare origine al toponimo di Gropello Cairoli sono state la sua posizione geografica e la sua densa storia risorgimentale. Edificato su di un dosso, in latino grupellum, dominante la valle alluvionale del Ticino e del Terdoppio, il primo insediamento Ligure, sviluppato poi dai Celti e dai Romani, resta una rara testimonianza in Europa di strassendorf.

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a prima citazione della comunità viene fatta risalire in un documento datato 891 per la cessione del feudo a Certo Sangone. I terreni vengono passati nei secoli nelle mani dei conti Rovescala a quelle dei Beccaria, i quali persero il dominio dopo la conquistata di Galeazzo Maria Sforza. Del castello trecentesco rimangono solo due ale e la torre angolare. Al termine del feudalesimo i Taverna, all’epoca proprietari del castello e della sua tenuta, vendettero i beni a un chirurgo pavese, Carlo Cairoli padre dei celebri fratelli. Nel 1888 il Comune, in omaggio agli eroi garibaldini e a Benedetto ( unico lomellino capo del governo), aggiunse alla propria denominazione il cognome dell’illustra famiglia. Oltre a villa Cairoli, il borgo possiede due interessanti chiese. La parrocchiale dedicata a San Giorgio, dotata di una facciata in cotto e San Rocco edificata su un preesistente edificio sacro del XV sec. L’economia locale resta prevalentemente agricola e legata alle coltivazioni cerealicole nonostante la presenza di alcune aziende chimico metalmeccaniche.


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n occasione della festa patronale, si svolge la Fiera di Primavera e la mostra-mercato di attrezzi agricoli, dove è possibile scoprire il prodotto tipico: il Biscotto “Il Cairoli”. Prodotto da quattro forni del paese è creato con farina di riso, frumento, mais, zucchero, uova, lievito e poche gocce di limone per ricordare la spedizione di Garibaldi in Sicilia. Nell’anno dei 150anni dell’Unità Italiana, il Comune è stato elevato a Città per i suoi meriti storici. Marco Ariatta

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#VINO

Non confondiamo il vino nuovo con il vino “novello�!

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otevole è la differenza, tra il vino nuovo e il “Vino novello”, giusto per diffondere una corretta informazione, il vino nuovo, quello dell’annata di produzione in corso, ad esempio la vendemmia duemilaquattordici, viene pronto da bere, sarà maturo, la primavera prossima, mentre il “vino novello” di quest’anno, è già buono da gustare in queste prime settimane di Novembre, come del resto è stabilito anche dal decreto ministeriale del Dicastero delle Politiche Agricole. Il “Vino Novello” è prodotto grazie ad una metodologia detta “Macerazione carbonica”, lo stesso tipo di vinificazione che si utilizza per la produzione del Beaujolais Nouveau in Francia.

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ale particolare sistema consiste nel porre i grappoli interi, senza dirasparli, senza togliere la parte vegetale che trattiene gli acini, all’interno di un serbatoio, di un tino, meglio di acciaio ma volendo anche di legno, con l’aggiunta di anidride carbonica, oltre a quella che si forma naturalmente. Si genera cosÏ una particolare fermentazione che genera un vino pronto in anticipo, ricco di quei caratteri molto piacevoli, rappresentati da spiccate note di frutta fresca e matura, una notevole fragranza e il caratteristico profumo e sapore del vino appena prodotto.

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l “Vino novello” non è adatto all’invecchiamento e si consiglia di berlo entro il mese di Novembre o ai primi di Dicembre, accompagnandolo, come molti consigliano, alla frutta di stagione e alle castagne, mentre agli appassionati e veri cultori della buona cucina, piace accostarlo al salame di Varzi con la “Micca” appena sfornata, agli agnolotti, al risotto con i funghi porcini freschi, alla “Büseca” oppure con i “Uselin scapà” e, in mancanza d’altro, è buono da bere sgranocchiando i “Brassadè”! Remo Pàntano

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DAL TAJADĂ™

Bentivoglio porcello!

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ello scorso numero di PV Magazine abbiamo parlato del sanguinaccio, un prodotto del maiale poco conosciuto ma che ha antiche origini. È risaputo che del maiale non si butta via niente e quindi nemmeno il suo sangue, con il quale appunto si fa il sanguinaccio. Un vecchio detto popolare recita “ al purscè lè bòn tùtt, dal mùs al bùs” , di facile interpretazione anche per chi non mastica molto il dialetto.

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on la carne di maiale si sono sfamate molte generazioni e, ancora oggi , dei 109 milioni di tonnellate di carne consumata nel mondo, ben il 37 % è di suino. Nella pianura padana ci sono più maiali che uomini e questo ormai da più di duemila anni. Lo accertano i ritrovamenti di moltissimi scheletri di maiali nel mantovano ( scavi del Forcello, presso Bagnolo di San Vito, VI-V sec. a.C.), gran parte dei quali privi delle zampe posteriori, ad indicare che già gli Etruschi conoscevano e apprezzavano il prosciutto. Nella nostra Pianura “transitano” ogni anno più di un milione e mezzo di purscè ( porci, in dialetto)che vengono trasformati in eccellenze gastronomiche tra le più prelibate.

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asti pensare al salame Crudo di Varzi, alla Mortadella di Bologna, al Prosciutto crudo di Parma, alla Pancetta piacentina, al Culatello di Zibello, alla Bondiola poggese , alla Bresaola della Valtellina, ai Cacciatorini veneti, al Sanguinaccio (o marzapane ) della zona del Pavese-Oltrepò, al Salà m dlà duja ( salame sottograsso ) lomellino, alla Coppa piacentina, alla Cervellata milanese, alla Luganega veneta, alla Salama ferrarese, alla Spalla cotta tipica di San Secondo Parmense, citata anche da Giuseppe Verdi ( in alcune sue lettere indirizzate ad amici, in cui dava anche consigli su come cucinarla). Valerio Bergamini

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Soste Golose

Ristorante Pizzeria Charlot.

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harlot, il vagabondo che, seppur non proferendo parola, ha allietato tante nostre serate davanti alla tv, strappandoci un sorriso. Quale miglior personaggio a cui dedicar un locale nello splendido paesino di Santa Giuletta, nell’Oltrepò Pavese. Il ristorante pizzeria Charlot è gestito dalla famiglia Venturi che, con tanta passione e dedizione, ha deciso di mettersi in gioco nel campo della ristorazione. Fantasia, professionalità e conoscenza delle materie prime, hanno fatto sì che l’avventura di Charlot vada avanti da oltre 20 anni.

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enuinità e freschezza delle materie prime sono sempre state le parole d’ordine, vengono infatti utilizzati solo ingredienti di stagione e di prima scelta. Le pizze sono rigorosamente cotte nel forno a legna e, tra le specialità da gustare, primeggiano i piatti di pesce freschissimo. Il menù vanta una scelta di piatti prelibati quali: tartare di gamberi rossi di Mazara del Vallo con sale delle Hawaii, e gamberoni blu della Nova Caledonia con sale al limone; Passatina di ceci bio con capesante del Nord America, noci di Macadamia e vincotto d’uva; Polipo alla piastra con patate viola; Granchio del Sud America con datterino siciliano, ceci bio e capperi croccanti di Pantelleria.

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Il Ristorante Pizzeria Charlot è adatto a una divertente serata tra amici o per un appuntamento romantico, dispone di ampie sale climatizzate, in un ambiente simpatico e colorato. Per chiudere in bellezza ogni ogni pasto, un’ampia selezione di dolci, frutta, caffè e digestivi. Ad accompagnare le pietanze, una ricca lista vini che sapranno esaltarne al meglio i sapori.

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Ristorante Pizzeria Charlot

Via Emilia 68/70 - 27046 Santa Giuletta (PV) Telefono: 0383 899000 Mail: ristorantepizzeriacharlot@gmail.com www.ristorantepizzeriacharlot.com

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Per ampliamento della rete vendita, MaBeDo cerca

- Agenti e venditori per spazi pubblicitari per le zone: Lomellina, Oltrepò e Basso Pavese

- Promotori del territorio

Inviare CV a mabedo@mabedo.it



Soste Golose

Az. Agr. Antonio Dellabianca.

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’Azienda Agricola Antonio Dellabianca sorge sulle colline dell’Oltrepo Pavese, nel comune di Pietra de’ Giorgi, dalla fine del 1800, quando nonno Ernesto inizia l’antica tradizione della lavorazione della vite, una lunga storia di impegno e passione che passerà poi nelle mani di papà Nino, arrivando fino ad oggi col figlio Antonio. L’economia dell’Azienda è basata sulla monocoltura della vite, che sfrutta i terreni argilloso-calcarei e la ricchezza assolutamente unica della posizione dei vigneti, esposti a sud e sud-ovest. Le vigne si estendono per quattro ettari e le varie tipologie di terreno permettono di ottenere molteplici varietà di vini. Croatina, uva rara, pinot nero, riesling italico e moscato trovano qui l’habitat più adatto.

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a raccolta delle uve è essenzialmente manuale e il vino è prodotto secondo l’antica tradizione artigianale, supportata allo stesso tempo dalle moderne tecnologie: un mix che permette di coniugare da una parte una cura e un’attenzione profonda per la qualità, dall’altra l’innovazione e la ricerca continua dell’eccellenza di generazione in generazione. Il risultato è un prodotto le cui caratteristiche organolettiche rispecchiano il vitigno di provenienza e il terreno ove viene coltivato. Il processo di affinamento avviene per i vini base in vasi vinari tradizionali (cemento, vetroresina, acciaio) mentre l’utilizzo delle barrique consente un armonioso affinamento dei vini più importanti.Oltre ai vini tipici della zona, come bonarda, barbera e riesling, è possibile trovare alcune referenze di nicchia: pinot vinificato in rosato, uva rara in purezza, riesling vinificato dopo breve surmaturazione


in vigna. Questa vasta gamma di vini offre ai sensi le note tanniche del Barbera, la morbidezza del Barbera barricato, il sentore di frutta rossa del Bonarda, la corposità del Buttafuoco, la morbidezza speziata del Buttafuoco barricato, la freschezza dello Chardonnay, le strutture esotiche del Magia, la dolcezza del Moscato, il brio del Riesling Italico, l’aroma di fragola e frutta rossa del Sangue di Giuda, la persistenza del Sassi di Luna, la sensazione avvolgente del Velluto.

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er vivere poi a 360 gradi un momento rilassante e rigenerante, l’azienda offre anche un piccolo e raccolto Bed & Breakfast, con una vista sul panorama delle colline e della pianura Padana. Tre ampie camere con bagno privato, di recente ristrutturazione, possono dare ospitalità a 6-9 persone. La mattina una ricca e gustosa colazione viene servita in una saletta dedicata, mentre un comodo salotto con televisione è a isposizione degli ospiti. Vi è inoltre possibilità di parcheggio interno. Il B&B è immerso in un vasto giardino capace di offrire un’atmosfera di totale relax a contatto con la natura.Il B&B rappresenta poi un punto di partenza per scoprire una serie di percorsi sia su asfalto che sterrati, dove è possibile passeggiare a piedi o in mountain bike alla scoperta di colli e valli.


Az. Agr. Antonio Dellabianca

Piazza Case Nuove, 20 - 27040 Pietra De’ Giorgi (PV) Telefono: 0385 85291-0385 284171-338 5070564-339 2758449 Mail: info@antoniodellabianca.it www.antoniodellabianca.it

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Uno di noi: i prodotti tipici

Il fungo Porcino.

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l Porcino, una delle qualità di funghi più pregiata ed altrettanto conosciuta ed apprezzata dei nostri palati.La denominazione Porcino è l’esatta traduzione del termine ‘Suillus’ con cui gli antichi romani chiamavano questo fungo ed identifica alcune specie di funghi appartenenti al genere ‘Boletus’, più precisamente al ‘Boletus edulis’. I funghi porchini sono veramente inconfondibili, le loro forme e i loro colori non lasciano spazio per alcun dubbio! È molto semplice riconoscerli mentre li si cerca nel sottobosco...hanno un cappello molto carnoso a forma circolare che può raggiungere un diametro di circa 30 cm, di un castano-bruno con molte altre sfumature che dipendono dal luogo di provenienza.

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i colore bianco con sfumature gialle è la parte sotto il cappello nel fungo giovane, che con il passare del tempo si modifica, le sue sfumature cominciano a tendere verso un colore verdastro.I porcini hanno un gambo molto robusto, piuttosto ingrossato verso la base di colore biancastro. Nella nostra provincia, in modo particolare nella bellissima zona dell’Oltrepò Pavese, nei boschi di querce e di castagno e nelle zone di montagna, sono luoghi incontaminati che fanno da habitat naturale per i funghi, ove è possibile raccoglierli. I funghi Porcini sono un prodotto molto importante che è entrato a far parte della tradizione gastronomica, valorizzando la cucina locale. Valentina Nardecchia


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I produttori della prima area vitata di Lombardiasi racconteranno a professionisti e “winelovers”

Oltrepò Pavese a Golosaria con Bonarda, Pinot nero e una storia da Expo

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ilano, 3 novembre 2014 - Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese sarà a Golosaria Milano, rassegna di cultura e gusto in scena dal 15 al 17 novembre allo spazio Superstudiopiù (via Tortona 27), per invitare appassionati e opinion maker a riscoprire le ridenti colline da cui nasce il 65% del vino di Lombardia. «In vista di Expo 2015 vogliamo animare un dialogo nuovo con professionisti del canale horeca e winelovers della nostra metropoli - spiega il direttore del Consorzio, Emanuele Bottiroli -. Siamo consci del fatto che gli sforzi dei nostri produttori e delle nostre cooperative, in campo e in


cantina, vadano proiettati all’esterno, valorizzati e comunicati. Contro proposte e carte dei vini fotocopia si deve rilanciare il dialogo con chi le scrive. Molti stereotipi sbagliati ci accompagnano, ma al riassaggio lasciamo sempre un buon ricordo. Le nostre colline da cartolina, oggi, puntano su qualità e accoglienza». Si riparte da Golosaria con bollicine di Pinot nero e Bonarda. La missione consortile è tutelare e promuovere una delle prime cinque storiche Denominazioni d’Italia per numero di ettari vitati: 13mila 500. Sulle colline oltrepadane i vitigni più rappresentativi sono: Croatina, Barbera, Pinot nero, Riesling e Moscato. Il vino bandiera è il «Cruasé», marchio collettivo riservato ai soci che identifica le bollicine Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG rosé da uve Pinot nero; il vino della tradizione è il Bonarda, la cui produzione tocca i 20 milioni di bottiglie. Il bianco più caratteristico è il Riesling; il rosso più internazionale è il Pinot nero mentre quello dal nome più evocativo è il Buttafuoco.

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focus del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese erano e restano due: tutti i colori del Pinot nero, con un accento sulla spumantistica Metodo Classico e Metodo Charmat; il Bonarda, un evergreen da bere in ogni momento dell’anno per creare calore e allegria, un prodotto che sorprende per piacevolezza e versatilità. La viticoltura nell’Oltrepò Pavese è antichissima e i primi documenti scritti risalgono a Plinio e a Strabone che nel 40 a.C., passando con una legione romana, scrisse «vino buono, popolo ospitale e botti in legno molto grandi». I 13.500 ettari vitati dell’Oltrepò Pavese corrispondono alla superficie occupata da 18.900 campi da cal-


cio della dimensione dello Stadio Olimpico. Mettendo in fila i 54 milioni di piante di vite d’Oltrepò (a distanza di 1 metro come sono solitamente disposte nel filare) si potrebbe fare 1,3 volte il giro del mondo. Storia, identità e vocazione che sono un valore assoluto per l’intera Italia del vino: non è un caso se il 18 ottobre 2013 i vitivinicoltori oltrepadani sono stati beneficiari di un’emissione filatelica nazionale dedicata al vino-portabandiera del territorio: l’Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG (denominazione d’origine controllata e garantita) base Pinot nero. C’è un francobollo della serie “made in Italy” che racconta al mondo il Metodo Classico dell’Oltrepò Pavese. «Raccontare»: le nuove generazioni di vitivinicoltori del territorio vogliono far questo, con impegno e nuovi investimenti per rendere la qualità assoluta anche qualità percepita.

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Menù del 8-9 novembre Aperitivo della casa CoAperitivo della casa con stuzzichino Salame, coppa e pancetta Crostino con lardo Sott’olio Marinata di lonza al pepe rosa Polpettine di carni bianche in carpione Fagottino croccante al caprino con ristretto al bonarda Salamino cotto con purea di zucca Risotto allo spumante con castelmagno e nocciole Tagliolini al tartufo Ravioli al sugo di stufato Filettino di maiale in sfoglia al crudo di Parma Patate al forno Carpaccio tiepido di vitellone al sale con erbe aromatiche Misticanza di stagione Dessert Caffè e vini Montini € 30 bevande incluse Agriturismo Corte Montini Via Edoardo Montini 1, Fraz. Manzo Santa Giuletta (Pv) Tel. 0383/899382 - Fax 0383/899837



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