“ Oltrepò
di cantina in cantina ... alla scoperta dell’eccellenza ”
Vol. 4 - Voghera
Rivanazzano Terme - Salice Terme - Godiasco - Ponte Nizza - Val di Nizza Cecima - Bagnaria - Varzi - Santa Margherita di Staffora - Brallo di Pregola Monte Penice -Godiasco - Montesegale - Rocca Susella - Retorbido Codevilla - Torrazza Coste
LOMBARDIA
Guide
PAVIA e PROVINCIA
Mangiare Bere Dormire www.mabedo.it 2012
“Oltrepò
di cantina in cantina ... alla scoperta dell’eccellenza”
Vol. 4 - Voghera
Rivanazzano Terme - Salice Terme - Godiasco - Ponte Nizza Val di Nizza - Cecima - Bagnaria Varzi - Santa Margherita di Staffora - Brallo di Pregola - Monte Penice Godiasco - Montesegale - Rocca Susella - Retorbido -
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PAVIA e PROVINCIA
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Emanuela Marchiafava Assessore al Turismo della Provincia di Pavia
L’Oltrepò Pavese è una terra di antiche torri e castelli, di vigne e boschi secolari, di chiese, abbazie e borghi medievali, di produzioni tipiche di eccellenza, di rigeneranti terme e di scorci paesaggistici davvero unici. L’Oltrepò è l’unico territorio lombardo ad includere gli Appennini: le sue cime si incuneano tra il Piemonte alessandrino e l’Emilia piacentina, mentre l’estremità meridionale dista meno di 8 chilometri dal confine ligure. lI territorio, unico nel suo genere, comprende un’ottantina di Comuni, ognuno dei quali reca con sé un patrimonio storico artistico e culturale.
L’Oltrepò pavese è una terra con poca pianura, che si bagna direttamente nelle acque del Po e viene attraversata da innumerevoli torrenti, ma soprattutto è una terra di collina e, più a sud, montagna, che raggiunge la sua massima quota – oltre millesettecento metri - con il Monte Lesima e il Monte Chiappo, in alta Valle Staffora. L’Oltrepò è un territorio vario per caratteristiche paesaggistiche, con i primi rilievi collinari dalle dolci ondulazioni coltivate e i borghi medioevali sorti attorno ai numerosi castelli, con i colli più elevati ricchi di fitti boschi di querce e castagni e dolci vallate percorse da itinerari escursionistici di grande interesse, a piedi, in bicicletta e cavallo. Infine la montagna, le sue faggete splendide, i suoi pascoli d’altura, i suoi vasti panorami, che giungono sino al mare di Liguria. In bassa collina è fiorente Ia viticoltura e la produzione del vino: la viticoltura dell’Oltrepo’ si trova già citata dagli autori classici greci e romani (tra questi Plinio il Vecchio e Strabone), e successivamente da altri nel 1000 e 1500 e, ancora, in monografie edite nel 1800. Oggi l’Oltrepo’ è la seconda area del Paese per superficie dedicata al vino, con oltre sedicimila ettari, e costituisce un irrinunciabile importante fattore economico. Nella restante parte del territorio di alta collina e degli Appennini si coltivano frutta e ortaggi (dalle mele di Soriasco alle pesche di Volpedo fino al celeberrimo peperone di Voghera con la sua mostarda) e si produce miele: in questi ultimi anni anche il miele è diventato a pieno titolo un prodotto tipico. L’Associazione Apicoltori Pavesi garantisce l’integrità del miele vergine integrale, prodotto locale naturale che non subisce trattamenti termici, estratto mediante la sola centrifugazione.
Di antica tradizione è la produzione di formaggio (celebre il Nisso di Menconìco) e si allevano bovini, ovini, e cavalli. Tutti questi prodotti genuini, a partire dai famosissimi affettati, dal salame di Varzi alle coppe e pancette, arrivano poi sulle tavole squisitamente cucinati secondo ricette antiche e ricche di tradizioni. Fra i dolci non possiamo dimenticare le ciambelle (dette anche brasadè): ogni comune ne vanta l’invenzione e l’originalità della ricetta. La torta di mandorle è una specialità dell’Oltrepo, in particolare famosa quella di Varzi, mentre la torta San è tipica di Broni, creata in onore del Santo Patrono del paese, San Contardo, pellegrino padovano morto poi nel paese locale.
Inoltre, nei boschi del territorio, tra castagni, larici, querce e pini, si trovano porcini, ovuli e poi tartufi bianchi e neri. L’Oltrepò pavese è un prezioso scrigno che conserva ricchezze ambientali di grande pregio naturalistico e di ineguagliabile bellezza estetica: strette e solitarie valli scavate nelle arenarie e ammantate da lussureggianti boschi, di querce e castagni, una terra unica che conserva un patrimonio storico-architettonico invidiabile. Grazie alle sue bellezze naturali, al ricchissimo patrimonio artistico, architettonico e culturale, ma anche e soprattutto alle produzioni enogastronomiche d’eccellenza, questa parte fondamentale della provincia di Pavia può veramente essere il “traino” della rinascita economica del territorio, attraverso un turismo responsabile e sostenibile.
Fiorenzo Detti Presidente AIS Lombardia
Oltrepò Pavese Nella realtà vitivinicola italiana, che conta oltre 650.000 ettari a vigneto, la Lombardia, con una superficie vitata di circa 23.900 ettari, è al 10° posto. Una fetta importante di questa torta vitivinicola lombarda è rappresentata dal nostro Oltrepò Pavese, zona vocata per eccellenza che vanta una storia secolare per la produzione del vino, ricoprendo oltre la metà della superficie vitata di Lombardia.
Conosciuto anche come “Vecchio Piemonte”, è un cuneo di territorio lombardo in provincia di Pavia che si insinua fra l’Emilia e il Piemonte, confinando ai due estremi con le province di Alessandria e Piacenza. L’Oltrepò Pavese per le sue caratteristiche pedologiche, territoriali e climatiche, che ben si adattano alla coltura della vite, è considerata una zona ad alta vocazione viticola, con colline più adatte alla coltivazione di certi vitigni piuttosto che altri. L’Oltrepò Pavese nacque ufficialmente nel 1164, quando l’Imperatore Federico I concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i Consoli nelle località che, grosso modo, costituiscono l’attuale Provincia di Pavia.
Il territorio vitivinicolo si estende su 42 comuni situati nella fascia collinare, è composto essenzialmente da terreni argillosi e da rocce sedimentarie marine nella parte più bassa, mentre in alta collina il terreno è prevalentemente di origine gessosa. I vigneti mediamente non superano i 300/400 m e t r i d’altitudine, con un clima piuttosto asciutto d’inverno e ventilato in estate; le buone escursioni termiche dovute alle correnti ascensionali delle zone montane ne enfatizzano i profumi contribuendo alla qualità dell’uva. Le DOC dell’Oltrepò Pavese comprendono un numero significativo di tipologie di vini bianchi e rossi, iniziando dal tradizionale Bonarda, ottenuto dalla Croatina, vitigno autoctono e antichissimo, già citato nel 1192 con il nome di Bonarda di Rovescala; il nome della Croatina deriva da “cruata”, in dialetto oltrepadano, che significa “cravatta” - stava appunto ad indicare il vino della festa.
Altro vino storico dell’Oltrepò Pavese è il Barbera, ottenuto dal medesimo vitigno, che si presenta di un bel colore rubino intenso da giovane, virando con gli anni verso il granato acceso, freschezza e tannini sono la sua aspirina nel tempo. Il Buttafuoco è un’altra “chicca”, ottenuto solo nell’area delle “7 sorelle” una piccola e vocata zona di produzione che abbraccia i sette comuni di Broni, Stradella, Canneto Pavese, Castana, Montescano, Cigognola e Pietra de’ Giorgi. Il Buttafuoco viene ottenuto da vari vitigni dove Croatina e Barbera la fanno da padrone. Il nome pare che derivi dal dialettale “al buta me al fogh”, che significa “scalda come il fuoco”, in relazione al fatto che si tratta di un vino di carattere e corpo.
Un’altra etimologia del nome è connessa anche all’effigie adottata dal Club del Buttafuoco Storico, dove si narra che nella seconda metà dell’ ‘800, la Marina Imperiale austro-ungarica varò una nave a cui fu dato il nome di Buttafuoco in ricordo di una compagnia di marinai dislocati a Stradella per il traghettamento sul fiume Po, occupati a combattere contro l’esercito del Regno di Sardegna in Oltrepò. Vino dall’intenso colore rubino, complesso e penetrante al naso, robusto in bocca con ampie sfumature speziate, si lega elegantemente a piatti di struttura come cacciagione, carni rosse e formaggi stagionati. Un altro gioiello dell’Oltrepò Pavese è il Pinot nero, che oltre ad essere vinificato in purezza è anche alla base della produzione di molti vini spumanti. Coltivato nella zona di alta collina in terreni vocati e con buone escursioni termiche si ottengono uve e vini di elevata qualità.
Altro vino rosso molto intrigante e particolare è il Sangue di Giuda, prodotto solo nel quadrilatero dei comuni di Bosnasco, Cigognola, Montù Beccaria e Pietra de’ Giorgi, vino da meditazione o da dessert per la sua carezzevole dolcezza. E’ un vino penetrante di naso, fragrante e vinoso che sposa bene, tra gli altri, le paste frolle con confettura, delizioso se unito alle fragole o alle pesche. Concorrono alla produzione di vini Doc dell’Oltrepò Pavese anche alcuni vitigni a bacca rossa “autoctoni” utilizzati in percentuali minori, come l’Uva Rara, Ughetta (Vespolina). Non potevano mancare, come in molte altre realtà italiane, anche alcuni vitigni “alloctoni” come il Cabernet Sauvignon che rientra nella DOC Oltrepò Pavese.
In Oltrepò Pavese si producono, oltre ai rossi, anche ottimi vini bianchi come il Riesling, dove nei comuni con terreni gessosi spicca per la sua mineralità e freschezza. Contraddistinto da un bel colore paglierino con riflessi verdognoli in gioventù, accompagnati al naso da profumi mentolati e di mela renetta. E’ ideale con antipasti magri, primi piatti delicati, pesci e crostacei, carni bianche. Il Moscato, piacevolmente “salviato” al naso è un vino dolce dal bel colore giallo paglierino con sfumature dorate ottenuto dalla varietà Moscato Bianco, ottimo sui dolci a pasta lievita come pandoro e panettone, e quando non trascina troppi zuccheri, proviamolo sul salame di Varzi…ci stupirà sicuramente con piacevoli concordanze!
La Malvasia dall’aroma intenso e piacevolmente aromatico, con sentori floreali e fruttati che terminano in una elegante nota di mandorla, viene prodotta nelle versioni secca, dolce o spumante. Piacevole all’aperitivo oppure a tavola con piatti delicati, nella versione dolce accompagna dolci in genere o piccola pasticceria di credenza. Altri vitigni bianchi vengono vinificati con successo e rientrano nella DOC Oltrepò Pavese come Chardonnay, Cortese, Sauvignon e Pinot Grigio, dai quali si ottengono ottimi vini da aperitivo oppure da accostare a “tutto pasto” quando le caratteristiche del piatto permettono un “mariage d’amour” senza sovrastare il vino.
Dalla vendemmia 2007, l’Oltrepò Pavese ha ottenuto il riconoscimento della DOCG per la produzione degli spumanti “Metodo Classico” vinificati con la tradizionale rifermentazione in bottiglia nelle tipologie bianco e rosé (Cruasé) partendo dalle uve ammesse dal disciplinare di produzione che sono il Pinot Nero (minimo 70%) + Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio nella misura massima del restante 30%. Vini d’aperitivo per le migliori occasioni, da servire freschi, oppure da proporre accostati a piatti delicati dove la pienezza del vino, i profumi evoluti e le piacevoli “bollicine” potranno elegantemente fondersi in un tutt’uno con le caratteristiche del piatto ricordandoci anche uno scorcio di Oltrepò Pavese.
Alla fine di questa passeggiata attraverso i vigneti del “mio” Oltrepò Pavese mi congedo con una frase di Charlie Chaplin detta nel film “Luci alla ribalta” del 1952 (una buona annata!). Charlie Chaplin nei panni di Calvero, un famoso e acclamato clown, ormai vecchio e malato, al rientro da una visita medica dice alla sua compagna Terry: “Lo sai cosa mi ha detto il medico? Che non devo bere, perché mi fa male al fegato e al cuore! Ma questo alla mente, proprio non pensa?” Chiudo con questo aforisma proprio per ricordare a tutti che il vino è storia, il vino è cultura, il vino è salute, il vino è gioia! Impariamo a berlo consapevolmente! Ma beviamolo!!! Cin Cin Fiorenzo Detti Presidente Associazione Italiana Sommelier Regione Lombardia
Associazione Italiana Sommelier
REGIONE LOMBARDIA Cultura e comunicazione del vino per un consumo responsabile e moderato
Dal 1965 Per contattarci: AIS Lombardia Via PanďŹ lo Castaldi, 4 MILANO Tel. 02 29010107 sede@aislombardia.it Per iscriversi alla newsletter ed essere sempre aggiornati: www.aislombardia.it
Davide Di Benedetto, Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie
Il verde Oltrepò La forma triangolare dell’Oltrepò Pavese, con la punta rivolta a sud, facilita l’analisi di un territorio variegato dal punto di vista agricolo e botanico. Il lato settentrionale, che costeggia il Po, presenta la tipicità agricola della pianura adiacente al fiume, continuando fino alle vicine colline in un contorno asciutto, diverso dalla restante provincia di Pavia.
Poi vi sono i rilievi collinari, la cui immagine è la prima che viene in mente pensando a questa zona; essi fanno da padrone per la maggior parte della superficie oltrepadana. Infine, la montagna: si arriva al vertice del “triangolo” ad un’altitudine di oltre 1700m sull’Appennino Ligure ove il paesaggio e la flora circostante cambiano nuovamente, facendoci sentire molto lontani dalla costa sud del Po, mentre siamo solo a pochi chilometri di distanza, in uno spazio in cui si concentrano natura, profumi e paesaggi mozzafiato. La vegetazione è diversa a seconda dei punti in cui ci troviamo e variegata in ogni periodo dell’anno.
Nella fascia pianeggiante il territorio è molto ben coltivato sfruttando i punti di forza: troviamo perciò coltivazioni di Pioppi lungo la fascia fluviale, in grado di sopravvivere in terreni sabbiosi e di resistere alle esondazioni; poi cominciano immediatamente i seminativi che, anche se in una zona tipicamente asciutta hanno trovato spazio e successo, come ad esempio il frumento. Nel territorio si producono grani di qualità; sono quindi coltivati il frumento panificabile, quello di forza (per la produzione di farine per pane e biscotti), il grano duro, per le semole che serviranno per produrre la pasta; un altro cereale presente è il mais. Una minore superficie è pure dedicata alle coltivazioni di orzo, sorgo, barbabietola da zucchero e pomodoro da industria. Spesso tra i campi coltivati si notano distese di prati: sono coltivazioni pluriennali di erba medica, da cui si produce fieno utilizzato per l’alimentazione del bestiame locale o venduto in zone ad alta concentrazione zootecnica. Oltre alle specie coltivate, quelle che troviamo lungo i bordi delle strade o nei campi in veste di infestanti sono per la maggior parte graminacee (orzo selvatico o erba spiga, avena selvatica, coda di topo, e così via) ma non mancano erbe facilmente riconoscibili quali ad esempio la carota selvatica, l’assenzio selvatico, la fumaria, l’edera di terra, la veronica o “occhi della Madonna”, il soffione, la camomilla, il papavero…
Le colline dell’Oltrepò Pavese uniscono la pianura ai primi tratti dell’Appennino. La fortuna del territorio è dovuta alla coltivazione della vite; dalle uve si ottengono vini esportati e apprezzati in tutto il Mondo. La vegetazione primaverile, qui, sfoggia meravigliosi contrasti cromatici, come quello fra l’erba tenera e le viole, fra i “cucù” (Muscari) ed i gialli tulipani selvatici. Una curiosità è rappresentata dal fatto che l’Oltrepò è uno dei territori più ricchi di erbe selvatiche commestibili (infatti se ne contano circa 40 specie). Quest’abbondanza trova riscontro in numerose ricette locali della tradizione contadina le cui origini risalgono già alle prime civiltà mediterranee e che, attraverso la storia degli orti botanici, sono giunte fino a noi.
Un esempio è la valerianella o “gallinetta” che è una ricercata primizia per insalate, il “dente di cane” meglio noto come tarassaco, la malva per i decotti, ed i germogli di luppolo. Tra le specie arboree il paesaggio mostra l’imperversante robinia, dai cui fiori si può estrarre una bevanda dissetante, ciliegi selvatici, ippocastani, aceri campestri, sambuchi, biancospini, rovi e rose selvatiche, diversi generi e specie di ginestre, ma anche piante che abbelliscono ulteriormente il paesaggio contadino quali il caprifoglio, l’edera, la vitalba ed il luppolo selvatico. L’autunno collinare dei boschi cedui e dei vigneti, porta tonalità d’oro e di rame sulle fronde degli alberi.
Salendo d’altitudine scompaiono i vigneti sostituendosi ad alberi da frutto, boschi e pascoli. Vi sono vallate famose per la frutta quali mele, pere, pesche; inoltre si incontrano molti prati di foraggere per l’alimentazione zootecnica e per i pascoli. In altitudine media, la vegetazione che balza all’occhio, oltre a essere piacevole a vedersi, è preziosissima per la biodiversità: troviamo infatti piante officinali di colore blu, il fiordaliso, l’erba cornetta e altre leguminose di colori che variano dal giallo al viola ed il papavero selvatico. Nelle vallate appenniniche si osservano formazioni boschive sempre più vaste composte per lo più da castagni, cerri, aceri, larici e querce roverelle, frassini quali l’orniello, e il carpino nero. Qui, fra le erbe del sottobosco è possibile trovare le fragoline, orchidee spontanee e felci. Salendo di quota si trovano boschi composti da pino nero e pino silvestre, larici, faggi e abeti bianchi e rossi. Questi boschi rappresentano un’altra ricchezza per l’Oltrepò, fornendo funghi di diverse forme, colori e profumi, e i famosi tartufi bianchi e neri. Di fronte a tante suggestioni, non posso che invitarvi ad esplorare, a comprendere, e naturalmente a rispettare il verde Oltrepò, un luogo ricco di piacevoli sorprese.
Davide Di Benedetto, Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie
Prefazione di Mabedo La FQCommunication, dopo aver pubblicato la guida sfogliabile sulla Via Francigena e dopo il successo che questa ha riscontrato, ha intrapreso una nuova avventura, realizzando un lavoro sull’Oltrepò Pavese. Il risultato è guida in quattro volumi che permetterà al turista di spostarsi “di cantina in cantina”. In bassa collina è infatti fiorente I’attività vitivinicola; inoltre non si può non associare il nome dell’Oltrepò a quello dei suoi ottimi vini. Il viaggiatore otterrà inoltre importanti suggerimenti al fine soggiornare in strutture adeguate, gustando ottimi piatti, esplorando paesi e cittadine, sconfinando volentieri laddove i vigneti lasciano il posto all’Appennino, in luoghi altrettanto suggestivi e ricchi di risorse. L’Oltrepò che FQCommunication propone è quello dell’eccellenza: piccole e grandi attività che operano in linea con la tradizione, o con genuina originalità, nel rispetto per valori autentici e con grande amore per la propria terra. Eccellenza che si può trovare anche nei piccoli-grandi resti di un passato antico, in manifestazioni di arte e cultura contemporanee, nel dato naturale e talvolta nelle strutture approntate dai Comuni al fine di offrire al pubblico adeguata accoglienza. Rendere quella che è l’essenza dell’Oltrepò Pavese non è impresa facile, ma la FQCommunication e il suo staff hanno impiegato le proprie energie per esprimere ciò che in prima persona provano per questo territorio, che il turismo non ha ancora adeguatamente scoperto: le ragazze protagoniste di questo itinerario amano l’Oltrepò e lo hanno esplorato in lungo e in largo. È per questo che invitano tutti i lettori a fare altrettanto!
La copertina della Guida Mabedo 2012 è illustrata da Marco Lodola, artista pavese notissimo per i lavori a olio e le sculture luminose, molte delle quali sono ispirate dal mondo della musica e dal mondo della danza. Le sue opere sono oggi presenti in tutto il mondo e recensite dai critici internazionali. Lodola ha esposto nel Padiglione Italia della 53° Biennale di Venezia, all’Expo internazionale di Shangai, ha rivisitato il logo per il traforo del MonteBianco. La poliedricità è un tratto caratteristico dell’arte di Lodola. Ha realizzato illustrazioni per copertine di numerosi romanzi e saggi, ha collaborato in campo musicale, con Max Pezzali, i Timoria e Omar Pedrini. Nel 2009 ha allestito a Milano, in piazza del Duomo, il Rock’n’Music Planet, primo museo del rock d’Europa, con 25 sculture che rappresentano altrettanti miti della musica contemporanea.
Marco Lodola ha realizzato scenografie per film, trasmissioni, concerti ed eventi: dalle olimpiadi invernali di Torino 2006 alla facciata del Teatro Ariston per il festival di Sanremo 2008. Sono firmate Lodola la scenografia di alcune puntate di XFactor, gli ambienti del film “Ti presento un amico” di Carlo Vanzina e “Maschi contro Femmine” di Fausto Brizzi. Lo scorso anno ha realizzato l’installazione “Citroen Full Electric”, una delle sculture per i 25 anni della griffe Giuliano Fujiwara e le scenografie per la sfilata A/I 2012 uomo della stilista inglese Vivienne Westwood. Nel 2012 ha partecipato alla 54esima Biennale di Venezia con “Cà Lodola”, la magnifica installazione luminosa posta alla Cà d’Oro, un progetto curato da Vittorio Sgarbi. Il logo ideato per noi da Marco Lodola rappresenta una tipologia particolare di paesaggio pavese, le cui linee portanti sono le vie di terra, le vie d’acqua e i territori che a esse si correlano, sui quali si intrecciano e si incontrano in un cromatismo di grande efficacia.
Del nostro territorio si propone quella fruizione lenta detta turismo di scoperta, che consente di godere degli aspetti naturalistici, storicoartistici e ambientali in modo nuovo. perchè guardati con occhi nuovi. Un procedere lento che regala il gusto delle piccole cose, il piacere di momenti importanti ma anche quella poesia del cibo che passa attraverso l’attenzione ad antichi sapori legati alla tradizioni della terra. Ed è lo stesso paesaggio di un’area geografica a diventare un particolare prodotto tipico, perchè solo lì la si ritrova con i suoi caratteri inconfondibili, con i suoi colori, con le sue trasformazioni, con le sue forme modellate dall’uomo nel corso dei secoli. Una tipicità paesaggistica che Marco Lodola ha tanto ben interpretato. A piccoli, grandi passi verso qualcuno o qualcosa, mete di un viaggio ma anche obiettivi di vita da raggiungere, il camminare lento diventa espressione di quel percorso interiore che ciascnuo di noi fa nell’incessante scorrere della vita. Nel logo ideato da Marco Lodola, le gambe piegate dall’incedere, a volte anche con fatica, stanno proprio a significare che si cammina con il corpo; ma ancor più si cammina con lo spirito.
Indice 36 66 100 122 140 178 198 220 234
Voghera Rivanazzano Terme Salice Terme Godiasco Ponte Nizza Val di Nizza Cecima Bagnaria Varzi
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Santa Margherita Staffora Brallo di Pregola Monte Penice Montesegale Rocca Susella Retorbido Codevilla Torrazza Coste
Voghera L
a nostra vacanza tra le eccellenze dell’Oltrepò pavese continua con un nuovo percorso e una nuova vallata, quella che parte dalla città di Voghera. Arriviamo con la nostra jeep la mattina di buon ora, e incontriamo alcuni dei tantissimi pendolari, studenti e lavoratori, che arrivano alla stazione di Voghera per recarsi sul posto di lavoro, verso Pavia o Milano. La stazione è inserita nel programma Centostazioni, una società del gruppo Ferrovie dello Stato nata per riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni italiane. Proseguiamo verso il centro storico e arriviamo nel cuore di Voghera, Piazza Duomo. Con molta probabilità proprio in questo punto sorse, in epoca neolitica e successivamente con la fondazione dei Celti, il primo antico insediamento urbano. La piazza è circondata da bellissimi palazzi storci, come Casa Nava (ricostruita nel 1903), con un porticato ad arcate ogivali e finestre ad archi a sesto acuto. Essa rappresenta come probabilmente dovevano presentarsi le abitazioni della piazza nel tardo Medioevo. Ci sono poi palazzo Beltrami e palazzo Gounela, sede del Municipio. La piazza ospita inoltre l’imponente Duomo, dedicato a San Lorenzo Martire.
Municipio di Voghera
Duomo di Voghera
L
a chiesa venne riedificata all’inizio del XVII secolo, ma solo alla fine del XIX venne terminata, secondo il progetto dell’architetto Carlo Macciachini. La facciata, vediamo, ha una particolarità: vi sono due spazi posti lateralmente, due cappelle, dedicate rispettivamente a Maria Bambina e al fonte battesimale. Entriamo. Il Duomo è a tre navate coronate al centro da un’imponente cupola affrescata, che ricorda quelle delle importanti chiese milanesi del primo Rinascimento. Particolarmente pregevole è la decorazione ad affresco raffigurante la Madonna del Soccorso opera del 1496 attribuita a Andrino di Edesia, custodita nell’altare seicentesco della Cappella del Soccorso. A memoria del santo patrono della città, San Bovo, è dedicato un bassorilievo vicino al portone destro. Vi sono anche i cosiddetti Tesori del Duomo, dove sono conservati i doni della contessa Luchina Dal Verme, realizzati in broccato d’oro, insieme a miniature e ad altri arredi. Dalla Piazza del Duomo prendiamo via Cavour e la attraversiamo tutta, sino a giungere in Piazza Castello, dove svetta il Castello di Voghera, opera di fortificazione di epoca viscontea (costruito per volere di Azzone Visconti nel 1335 e completato da Galeazzo II nel 1372), adibito a carcere fino al secolo scorso. Si tratta di uno dei più importanti castelli viscontei urbani della provincia di Pavia. Ha una pianta quadrangolare, un cortile interno circondato da portici con archi a sesto acuto e torri quadrate in corrispondenza dei quattro angoli.
P
asseggiando per gli eleganti e sobri viali della città, giungiamo alla Chiesa Rossa (così chiamata per il suo rivestimento in laterizio rosso), in Piazza della Liberazione. Fu edificata nel XII secolo e dedicata a Sant’Ilario, ma nei secoli ha subito molti restauri. Dal 1956 venne prescelta quale Tempio Sacrario della Cavalleria Italiana. Prima di ripartire Federica insiste per andare a vedere anche i resti del Ponte Romano. Questi riaffiorano dall’alveo del fiume Staffora, che attraversa il vogherese, e si trova davanti al quartiere Ponte Vecchio. Sono oggi visibili le rovine delle testate e di alcuni pilastri su cui poggiavano le arcate dell’antico ponte.
Castello Visconteo
A
Voghera segnaliamo due importanti ristoranti.
Il Gallo Rosso, locale storico presente a Voghera dal 1970, fondato da Enrico Vitagliano, situato nella piazza centrale di fronte al sagrato del Duomo, è considerata la pizzeria più antica della città. Oggi il locale è gestito dal figlio Giulio, che prosegue la tradizione del fondatore di qualità e serietà. Non solo vanta più di 60 tipi di pizza, ma ottima è anche la cucina genuina costituita da prodotti freschissimi e selezionati con cura . Il Locale è caratterizzato da tre arrivi settimanali di pesce, l’acquisto è curato personalmente dal titolare che si rifornisce direttamente da un piccolo produttore piemontese per quanto riguarda la carne. Buona la cantina di vini di tutta Italia selezionati da Giulio. Tutti i giorni a pranzo, ad eccezione del Sabato e Domenica, c’è la possibilità di degustare, a prezzo contenuto, il Menù alla carta del pranzo con la possibilità di scegliere tra tre antipasti, quattro primi e tre secondi che variano ogni due settimane. Il menù della sera, invece, varia ogni tre o quattro mesi. Il locale è adatto anche per servizi di piccole cerimonie e cene di lavoro. Con la bella stagione si può comodamente mangiare nel dehor che si affaccia sulla piazza Duomo. Gallo Rosso
Piazza Duomo, 20 Voghera 27058 - Pavia Telefono: 0383 647118 Cellulare: 348 8333516 Chiuso il Lunedì
Gallo Rosso
L’
Antica Trattoria Lombardia, che ci riporta alla genuinità e ai sapori tipici di un tempo. Il Locale ha una tradizione storica; pluripremiato dal Comune di Voghera e dalla Regione Lombardia. L’ambiente rustico e familiare evoca le atmosfere passate, tipiche della tradizione oltrepadana; il personale disponibile e allegro mette a proprio agio la clientela. La passione e la cura nella scelta dei piatti, permettono di far conoscere quanto offre la cucina italiana e pavese, terra ricca di sapori, partendo dagli antipasti con una vasta scelta di salumi genuini; i risotti, orgoglio della zona, vengono preparati al momento, come il “Risotto alla vogherese” con peperoni o il tipico risotto alla zucca; la pasta rigorosamente fatta in casa, è possibile gustare le “Piasarei e Fasò” o Ravioli ricotta, gorgonzola e noci; imbarazzo della scelta per i secondi, coi piatti a base di carne accompagnati da ottimi contorni e la possibilità di scegliere oltre trenta varietà formaggi; dolci della casa come strudel di mele, o il tiramisù. La Cantina è fornitissima, dai più grandi vini del panorama pavese, piemontese, senza dimenticare particolarità di altre regioni, ad esempio i vini trentini. A fine pasto si possono degustare grappe e distillati. Antica Trattoria Lombardia
Corso XXVII Marzo, 139 Via Ugo Bassi, 15 Voghera 27058 - Pavia Telefono: 0383646186 fax 0383250027 E-mail: info@ristorantelombardia.it Sito Web: www.ristorantelombardia.it Cucina Aperta dalle 12.00 alle 14.30 dalle19.30 alle 22.30
Antica Trattoria Lombardia
N
el frattempo Sara ne approfitta per una capatina alla show room di Dormilandia, nel tentativo di ovviare ai suoi problemi di sonno. Lì le spiegano che mal di schiena, stanchezza, tensioni muscolari e cervicali, ansia e stress, sono spesso ripercussioni di una cattiva qualità del riposo. Talvolta, durante il giorno siamo costretti a mantenere posture scorrette. Ecco perchè è necessario che la struttura letto, dove passiamo un terzo della nostra vita, possa garantire un sano e confortevole sostegno capace di rigenerare mente e corpo. Un supporto di buona qualità consente di addormentarsi più velocemente e mantenere più costante il ritmo del sonno. E’ necessario quindi che la struttura letto (rete-materasso-cuscino) sia ergonomica. La struttura letto ideale deve essere realizzata in funzione delle caratteristiche personali adattarsi perfettamente alla forma del corpo in tutte le posizioni assunte durante la notte.
D
ormilandia si occupa di produrre a Ponte Nizza una vasta gamma di articoli per il dormire e nel proprio Show Room di Voghera uno staff qualificato è a disposizione per aiutare la clientela a fornire la soluzione adatta per ogni esigenza. E’ possibile approfittare delle sale prova all’interno, per provare direttamente la qualità dei prodotti, come materassi ortopedici, anallergici, in lattice, ignifughi, reti ortopediche, doghe e guanciali. E’ anche rivenditore dei prodotti Tempur. Dormilandia fornische inoltre il settore medico ospedaliero, comunità ed alberghi con una serie di prodotti ignifughi seguendo le normative vigenti ed omologati dal Ministero Degli Interni.
Dormilandia Ponte Nizza Via Roma n 21/A Tel. 0383/545718 Fax 0383/540070 www.dormilandiasrl.com
Voghera Via Papa Giovanni XXIII n 24 Tel. 0383/212889
Rivanazzano Terme
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indomani mattina, dopo una sana colazione all’aria aperta della veranda, riprendiamo la jeep e il nostro percorso. La prossima tappa è Rivanazzano, che raggiungiamo percorrendo la strada provinciale. Subito la cittadina ci appare elegante ed ospitale. Percepiamo il clima ventilato e asciutto di questa zona, dato dalla sua posizione, ai piedi della collina e vicino allo Staffora. La storia racconta che Rivanazzano (il cui antico nome era Ripa di Nazzano) era cinta da mura fino al XVII secolo; frequenti furono gli scontri con Voghera per l’egemonia sulle acque dello Staffora. Successive furono le dominazioni dei Malaspina e dei Rovereto, marchesi di Genova, ancora proprietari di parte dell’edificio storico del Comune. Il palazzo si trova nella piazza Cornaggia e si presenta nel suo stile neogotico sul progetto dell’ingegnere vogherese Dionigi Pozzoli. E’ datato 1906 (fu originariamente costruito per ospitare il potere politico del paese). La facciata è rivestita da mattoni rossi e tutto il tetto è contornato da merlature a coda di rondine; al piano terra l’edificio è porticato, con archi a sesto acuto, di derivazione gotica, e presenta bifore al secondo piano. Nel corpo di fabbrica centrale vi è una balconata in sasso decorata, al di sopra della quale svetta la torre con l’orologio.
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ll’interno, nella sala consiliare, andiamo a vedere un antico affresco del cinquecento con la “Nostra Signora della Neve” ora trasportato su tela. Questo dipinto, che in origine si trovava in una vecchia chiesa poi incorporata del palazzo del Comune, era stata voluta dalla popolazione di Rivanazzano, per l’intercessione della Madonna, che li aveva liberati dalla peste. Ma Rivanazzano è un importantissimo centro turistico per la presenza delle sue terme. Qui il sottosuolo è infatti ricco di acque sulfuree e salso-bromo-iodiche che hanno proprietà terapeutiche e curative. Questo è stato il primo centro termale della Lombardia a ricevere la certificazione di qualità in base alla normativa UNI EN ISO 9002. Proprio per l’importanza di queste terme, gestite dal Comune e accreditate dal Sistema Sanitario Nazionale, l’amministrazione ha recentemente scelto di completare il nome del paese con Rivanazzano Terme. Noi ragazze non indugiamo e trascorriamo una piacevolissima mattinata termale, un’ottima cura per il corpo e per lo spirito.
Chiesa di San Germano
Torre pentagonale di Rivanazzano
“Castello” di Rivanazzano
Parco di Rivanazzano
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sciamo dallo stabilimento termale con un discreto appetito, così ci dirigiamo verso l’Agriturismo Chiericoni, con i suoi 20 ettari di terreno coltivabile. Questa azienda, a conduzione familiare, ha una piccola produzione di vino biologico DOC, Rosso Oltrepò (da una vite di origine siciliana), e il Bianco Cortese, tutti prodotti di nicchia. Ogni anno nel mese di aprile l’agriturismo organizza corsi di cucina di erbe spontanee in collaborazione con l’Associazione culturale Calyx, specializzata nell’organizzazione di escursioni ed eventi tra enogastronomia, natura e storia. Qui si produce anche frutta biologica, con ciliegie, pesche volpedo e albicocche, insieme a susine, uva da tavola, fichi, cachi e castagne.
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i sediamo a tavola, e scopriamo che la ristorazione contempla piatti cucinati con prodotti stagionali e tipici; la cucina è curata, l’ambiente accogliente e amichevole. La cascina è aperta con menu fisso tutti i venerdì, sabato sera e le domeniche per pranzo (in settimana solo su prenotazione) e vi aspetta per allegre cene con amici o per romantiche serate tra i vigneti.
Cascina Chiericoni
Rivanazzano (PV) Telefono: 0383 92957 E-mail: - info@cascinachiericoni.it - alberto.lucotti@alice.it www.cascinachiericoni.it
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oco dopo saliamo nella parte più elevata del colle di Nazzano, dove sorge la chiesa parrocchiale di Rivanazzano, consacrata a San Giovanni Battista. L’edificio fu costruito nel XIII secolo e riedificato nel 1825, dopo un grave incendio che distrusse la chiesa nel 1779. La struttura, su progetto dell’architetto genovese Brignone, si sviluppa in un’unica navata; la facciata neoclassica pare in contrasto con gli affreschi interni del 1921, opera del contemporaneo tortonese Mietta, che ornano il soffitto. Pregevole, nella cappella di destra dedicata a San Bartolomeo, una rappresentazione del patrono orante, del XVIII secolo.
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acciamo una visita al Castello di Nazzano, che si trova nei pressi della chiesa cinquecentesca di Rivanazzano, dedicata a San Germano, in una bellissima posizione panoramica (339 msl), proprio all’accesso della Valle Staffora. La vista abbraccia le colline e tutto il borgo di Nazzano, completamente circondato da boschi di piante autoctone. Il castello fu invece costruito intorno all’anno Mille dai Malaspina e successivamente potenziato da Gian Galeazzo Visconti nel 1360, poiché ne aveva compreso la particolare importanza strategica. Nel seicento passò alla famiglia dei Mezzabarba, che lo trasformò da semplice fortificazione, in un maniero. Infine, nel diciottesimo secolo, fu acquisito dagli attuali proprietari, i marchesi Rovereto. Oggi è conservato il corpo principale, a sud, con finestre a sesto acuto. Nell’angolo di sud ovest si nota una minuscola torre cilindrica, rastremata all’altezza della gronda. La facciata che dà sulla piazza della chiesa è caratterizzata da un alto archivolto ogivale cieco. Il castello ha subito radicali restauri e nel 1905 fu definitivamente destinato a dimora residenziale; oggi è monumento nazionale. La magia di questo castello ci riporta veramente indietro nel tempo, tanto che sembra di rivivere i tempi dello splendore del maniero.
Castello di Nazzano
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aria della collina e la passeggiata ci hanno messo fame! Sulla strada, poco distante dal castello facciamo tappa alla Cantina Nazzano, per un pranzo elegante e sofisticato. Entriamo nell’accogliente locale, dove ci aspettano, calorosi, i simpatici Giorgio Rocca e la sua bella signora Ruzhena, di origini russe. La coppia è sposata da dieci anni e ha in gestione la cantina da due anni. Giorgio, di origini liguri, ha una lunga esperienza nel campo dell’enogastronomia decennale, che parte da Portofino. La cucina che Giorgio e Ruzhena propongono alla Cantina Nazzano e’ di tradizione e di confine (confine perché siamo, appunto, al confine tra il Piemonte e la Liguria).
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ra le specialita’ culinarie, si possono scegliere risotti e pasta fatta in casa. Il piatto forte della casa è, però, il baccala’ stufato al limone con olive taggiasche e pomodorini secchi; ottima la tagliata su piastra. Tra i dolci, al cucchiaio, si possono assaggiare gli squisiti semifreddi. E’ possibile scegliere tra il menu alla carta e il menu di degustazione. Gli spazi della Cantina Nazzano sono, inoltre, perfetti per organizzare cerimonie , cresime , comunioni e battesimi, nel dehor esterno immerso nel verde . Vi è anche un terrazzino esterno con oltre quindici posti, coperto e con vista panoramica. Mensilmente, a seconda dei prodotti stagionali, il menù alla carta viene cambiato e si organizzano cene a tema.
La Cantina di Nazzano Via della Parrocchia 27055 Nazzano, Rivanazzano (PV) Telefono: 0383.91732 E-mail: giorgio.ruzhena@gmail.com
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opo poco risaliamo sulla nostra fidatissima jeep e facciamo una sosta alla Cascina Marconi. Arrivando da Rivanazzano alla grande rotonda di Salice Terme, sulla destra, è infatti situato il ristorante Cascina Marconi. Notiamo un ampio parcheggio, infatti scopriamo che il locale ha una vasta sala per cerimonie e meeting aziendali, con circa 120 posti a sedere. L’antica dimora ospita al suo interno un ristorante che è in grado di offrire menu personalizzati per ogni evento. Le sale della cascina interamente ristrutturate, possono essere allestite per ricevimenti nuziali o cene di gala, mentre nei periodi estivi, la parte esterna si presta per rinfreschi o grigliate. La sala più grande può ospitare qualsiasi evento come, compleanni, battesimi, pranzi e cene di lavoro. Lo staff di cascina Marconi è in grado di curare e di occuparsi di tutti i dettagli per l’organizzazione del vostro evento
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l titolare Antonino è lo chef che propone menù di carne alla griglia come tagliate di sottofiletto di manzo, grigliate miste e il venerdì e sabato sera vengono proposti piatti cotti nel forno a legna come la fiorentina la costata o il galletto marinato il filetto di manzo avvolto nello speck o il tomino avvolto nel lardo con miele e nocciole, una vera ghiottoneria. Nel periodo invernale oltre ai risotti, piatto forte di Antonino , possiamo mangiare il brasato, la trippa e il carrello dei bolliti. Locale è ampio, con un bellissimo dehor, ma il bello e il buono del luogo è come si mangia. Antonino propone carne grigliata e vanta i suoi risotti. Nei weekend si accende il forno a legna per cucinare filetto e tomino alla brace avvolto nel lardo o filetto di manzo avvolto nello speck. Il ristorante è aperto ogni giorno a pranzo con menu a prezzo fisso. Ristorante Cascina Marconi Via Diviani 2 Rivanazzano Terme (PV) Telefono: 333 6793835 - 333 4896700 E-mail: ristorante.cascinamarconi@gmail.com www.ristorantecascinamarconi.it
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opo l’apprezzata degustazione, ci avviamo verso Salice Terme. Ci troviamo ancora in una delle più conosciute e apprezzate città termali d’Italia. Furono gli antichi romani a scoprire, per primi, i benefici effetti dell’acqua “salsa” che generosamente sgorgava dal sottosuolo. Lo testimoniano gli importanti reperti archeologici risalenti al IV secolo che sono stati ritrovati in loco. Salice è il centro più dinamico e vitale della zona, ricco di eleganti locali. I giovani si riversano, soprattutto nelle serate d’estate, nella via centrale e nei tantissimi locali glamour di Salice. Elemento distintivo del luogo sono, però, le Terme. Le Terme di Salice hanno acque solfuree tra le più ricche di idrogeno solforato del Paese, e acque salso-bromo-jodiche, fonti con le quali è possibile preparare fanghi naturali fortemente mineralizzati. Si tratta di un centro termale storico, d’eccellenza, classificato dal Ministero della Salute al Primo Livello Super che vanta una tradizione decennale. Le Terme di Salice sono uno dei pochi stabilimenti d’Italia a disporre di due tipi di acque, la sulfurea e la salsobromojodica che coprono tutto il ventaglio di cure in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Grazie a questi due tipi di acque vengono curate con successo numerose patologie: inalazioni, aerosol, nebulizzazioni, insufflazioni endotimpaniche, humages, ma anche fanghi e bagni per l’artrosi, idromassaggi per flebopatie, cura idroponica per patologie gastroenteriche, bagni sulfurei per l’apparato dermatologico, reparto di fisioterapia in palestra o in vasca con acqua termale.
Terme di Salice
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icordiamo che ogni cittadino italiano ha diritto ad un ciclo di cure termali all’anno a carico del SSN, presentando agli uffici accettazione l’impegnativa del medico di base e pagando semplicemente il ticket. Effettuare un ciclo di cure termali permette di aumentare il livello di difese immunitarie e dona uno stato di benessere e salute a tutto il corpo. Un’equipe di medici termali sempre presente, supportati dall’ambulatorio polispecialistico, garantisce a tutti i nostri ospiti un servizio di qualità, efficienza e risultati. Le Terme di Salice dispongono inoltre del reparto pediatrico dedicato alle cure dei più piccoli. All’interno è possibile effettuare tutti i trattamenti curativi riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale per riniti, sinusite, faringite, bronchite e otite. Nel reparto Cure Inalatorie e del Respiro è possibile fare aerosol, inalazioni, humages, docce nasali, politzer e nebulizzazioni, sono le cure disponibili nel reparto pediatrico delle Terme di Salice, particolarmente indicate anche nei casi di allergie, sia perenni che stagionali. Sempre per i più piccini è stata creata una Playroom, uno spazio colorato a misura di bambino che consente di alternare le cure a momenti di gioco: dispone di una zona lettura e disegno, di una zona per le attività motorie e di un corner tv in cui rilassarsi con i cartoni animati. E’ gratuito ed è a disposizione anche per coloro che effettuano trattamenti termali o benessere alle Terme di Salice. Le due stanze di nebulizzazione sulfurea e bromosalsojodica, una dedicata agli adulti, l’altra per i bambini, permettono di respirare aria come se fossimo al mare! Entrando, sembra di essere immersi in una coltre di nebbia bianchissima ma altamente salutare per i nostri polmoni!
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articolarmente rilassante è la zona dedicata all’idromassaggio: vi sono una serie di stanzette singole con comodissime vasche idromassaggio, per una permanenza della durata di non più di una ventina di minuti. Alla piacevolissima acqua tiepida può essere aggiunto dello iodio, che rende la pelle più levigata. L’idromassaggio è consigliato per chi ha problemi vascolari, in particolare alle gambe. Segue la sezione dedicata ai massaggi fisoterapici (grazie alle esperte mani del personale sempre professionale) e dei fanghi. Questi vengono applicati ad una temperatura di 42 gradi centigradi. Le applicazioni vengono infatti sospese nel periodo estivo, a causa del caldo. I fanghi sono utilissimi per chi ha dolori e problemi alle articolazioni del corpo e si basa sul processo della transmineralizzazione. Imperdibile è anche la stanza del sale, che si presenta con un arredamento “da spiaggia”, con comodissime sdraio. Le pareti della stanza cambiano colore, secondo gli ultimi dettami della cromoterapia...davvero rilassante! Si possono trascorrere momenti benefici anche nella piscina termale, bellissima, con una balconata decorata con dettagli liberty che corre lungo il piano superiore. Sono presenti due vasche, una più grande e una piscina più piccola, con acque solfuree e bromosalsojodiche. E’ possibile, infine godere dei benefici delle vasche del percorso vascolare, dove si cammina in una vasca d’acque termali bromosalsojodiche, passando dal caldo al freddo e viceversa. Accanto si trova la vasca riabilitativa, dove i pazienti, seguiti in vasca da un’esperta fisioterapista, recuperano le abilità motorie. Anche questa piena d’acqua bromosalsojodica, per le sue proprietà antinfiammatorie.
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ccanto alle classiche cure termali, le Terme di Salice sono anche un’oasi di benessere per il relax e la cura del corpo, che esemplifica la doppia natura delle Terme: un perfetto connubio tra salute e benessere. In questa parte le Terme di Salice sono anche estetica e remise en forme. Numerose tipologie di massaggi per ogni desiderio, incluse numerose manualità dal mondo, altissima professionalità per trattamenti estetici di viso e corpo che spaziano da quelli tradizionali a trattamenti specifici tutti a base di acqua termale, da rituali con vino, cioccolato e frutti tropicali a tecnologie di ultima generazione per chi vuole rimettersi in forma e acquisire un aspetto fresco e luminoso. Si tratta davvero di un luogo ameno, con stanze dai colori tenui e suoni rilassanti, ottime per ritemprare il corpo e lo spirito, lontano dal rumore del frenetico mondo contemporaneo. Al piano interrato si trova l’immancabile zona vapori, con sauna e bagno turco, doccia tonificante ed emozonale. Adiacente a questi spazi si apre una bella zona relax con comodissime sdraio regolabili di raffinato design.
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e Terme di Salice hanno una loro linea di prodotti viso-corpo a base di acque solfuree e bromosalsojodiche, a seconda dell’azione specifica. I prodotti della linea sono distribuiti e venduti in tutta Italia, in moltissime profumerie e centri estetici, ma anche all’estero. E per i più golosi il Caffè delle Terme, accanto alle Terme, propone delizie per ogni stagione: superbe coppe gelato con frutta fresca, cocktail, rilassanti aperitivi e degustazioni di prodotti tipici…perché il benessere passa anche dal palato! E nelle sere estive musica dal vivo all’ombra dei profumati tigli.
Terme di Salice
Via delle Terme 22 Godiasco Salice Terme - Pavia Telefono: 0383 93046 | Fax. 0383 92534 / 0383 933710 E-mail: info@benesseretermedisalice.it | info@termedisalice.it www.termedisalice.it
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o stabilimento delle terme di Salice si trova in uno splendido parco all’interno della cittadina, dove Silvia e Sara decidono di fare un passeggiata rilassante, godendosi la frescura del viale alberato. Laura e le altre, golosissime, entrano nella celeberrima Sala dei Gelati, proprio nel centro di Salice, di fianco alla Fontana, simbolo della cittadina. Il locale storico, in auge dal 1927, si trasferì da Voghera a Salice nel 1950, dove divenne famoso grazie all’antica tradizione che ancora oggi vive grazie alla continua e attenta ricerca della qualità e l’utilizzo di ingredienti naturali. La Sala dei Gelati è veramente un nome, una storia, una tradizione golosa, antica e nobile, un punto di riferimento per i golosi più esigenti. Nell’eleganza della sala vengono serviti gelati e dolci fatti solo con ottimi ingredienti naturali, avanzata tecnologia di lavorazione e sapiente manodopera. Coppe gustose dai mille gusti naturali, genuini, ma che nulla tolgono al sapore!
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er cena, invece, Silvia e Sara si fermano alla famosa Stazione di Salice, nata dal recupero della vecchia stazione ferroviaria del paese. E’ un punto di arrivo e di partenza per un viaggio gastronomico che attraversa l’Italia, in un itinerario nel gusto che permette di esplorare e recuperare i sapori autentici di un tempo e incontrare le ricette più tipiche della tradizione. All’interno si trova anche uno spazio dedicato alla vendita, con una selezione di prodotti artigianali freschi. La Stazione si trova lungo l’antica Via del Sale, crocevia di viandanti, pellegrini e commercianti. Essa ha aperto nel 2004 dalla passione dei suoi gestori per i prodotti tipici e tradizionali. Il locale si pone come locanda, bottega e ristorante con menù alla carta. La cucina propone ricette legate alla tradizione culinaria locale e tipica del territorio, ma anche nuovi modi di leggere e di interpretare i cibi della storia del posto, in chiave moderna, fantasiosa e originale. La sala ha circa 60 posti a sedere ed è ideale per cerimonie ed eventi. Particolarmente ricercata è anche la “piccola cucina”, che organizza raffinati aperitivi a base di focaccine, ricchi taglieri, insalate dagli ingredienti ricercati e dagli accostamenti poco scontati, tutti preparati con i migliori prodotti della tradizione.
Stazione di Salice
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a Stazione di Salice è anche bottega: entrando si notano gli eleganti scaffali che propongono una particolare selezione di prodotti artigianali, scelti sulla base della qualità e per il loro legame con il territorio d’origine. Ottime le conserve salate, sughi e patè, dai gusti particolari e ricercati, provenienti dalla Liguria e Piemonte, Toscana e Sicilia. Sapori variegati, ideali per accompagnare le paste artigianali della Stazione di Salice, trafilate al bronzo. Si possono trovare anche formaggi, il salame di Varzi, che il commercio della Via del Sale ha di certo contribuito allo sviluppo e alla diffusione. Sublimi le conserve dolci, i mieli piemontesi e di Cervesina e le creme di gianduja provenienti sempre dal Piemonte. Fiore all’occhiello sono le confetture extra, vere e proprie prelibatezze in un assortimento d’accezione, ricavate dalla frutta di Volpedo. Infine, la locanda della Stazione di Salice che, nel rispetto della tradizione della sua antica natura, evoca ospitalità ed eleganza. Una perfetta sintesi tra gusto, storia ed eleganza.
Stazione di Salice
Via Diviani 5/7 27055 Rivanazzano loc. Salice Terme - Pavia Telefono: Tel. 0383 944501 | Fax 0383 934569 www.lastazionedisalice.it
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e altre ragazze vanno invece a cena al Ristorante la Ca’ Vegia, collocato in un vecchio casale dell’ ‘800 denominato Ca di Sas, che significa “La casa dei Sassi”. Qui si possono gustare piatti tipici come le lasagne al ragout bianco e tartufo nero estivo o il branzino in carta Fata, patate francesi, pomodorini ciliegia ed olive taggiasche. Gli ambienti sono particolarmente eleganti e raffinati, per una clientela particolarmente esclusiva, curato e con dettagli preziosi. Qui si possono trascorrere piacevoli serate estive immersi nel profumo dei gelsomini e nello charme del gradevole e discreto dehor; d’inverno sono gradevolissime le calde atmosfere delle sale interne, riscaldate dal romantico fuoco del camino, nelle storiche “grotte” di mattoni a vista e travi secolari.
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rascorriamo invece tutte insieme la serata al Golf & Country, immerso nel verde di Salice Terme; si tratta di un circolo sportivo modernamente attrezzato per offrire ai soci un luogo ideale per trascorre il proprio tempo libero all’insegna del benessere e del divertimento. Il Golf & Country è un complesso di spazi attigui, con il ristorante, la sala tv e lo shop sportivo. Vi è anche un’area sportiva con due campi da beach volley, un campo da calcetto con area baby e tre piscine inserite in un contesto di servizi completi: spazi per i bambini con personale per animazione e baby setting, bar e tavola fredda. Al Bar troviamo una svariata scelta di cocktail, alcolici o analcolici, classici o fantasiosi, come il “9 buche” l’aperitivo del golfista, preparato con Campari e succo d’arancia. Sono presenti poi due aree che chiudono a sud il percorso a nove buche del campo da golf.
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ll’interno ogni settimana vengono organizzate diverse attività, come le degustazioni dei prodotti dell’Oltrepò, i corsi estivi in piscina e quelli personalizzati di fitting. Il Golf & Country è anche l’ambientazione perfetta per ogni occasione, dal matrimonio al meeting aziendale, dal compleanno alla festa di laurea, la struttura dispone di aree attrezzate con i più moderni dispositivi per rispondere alle diverse esigenze di privati e imprese. A supporto dei vostri eventi al Salice Terme Golf&Country si propongono per i propri clienti della fascia business meeting attraverso la progettazione di formati specifici ed esclusivi che rispondono in modo mirato agli obiettivi di visibilità e incentive delle grandi aziende. Alla sera non mancano spettacoli, musica e intrattenimenti, per ballare tutta la notte a bordo piscina. Rientriamo tardissimo in albergo. Silvia e Lucia pernottano al President Hotel, un lussuosissimo hotel a quattro stelle ristrutturato nel 2009. Vi sono un grande centro congressi e un centro termale, le “Terme President Beauty & Fitness” (con acque salso – bromo – iodiche, sulfuree e fanghi mineralizzati) con piscina, tutto all’insegna dell’eleganza e del benessere. E’ presente anche un ottimo servizio ristorante, con una cucina curata che permette di gustare i piatti tipici lombardi e vini tipici dell’Oltrepò.
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e altre ragazze si fermano all’Hotel Clementi, in auge da 1875, proprio di fronte alle Terme di Salice. L’hotel a quattro stelle organizza congressi e meeting in spazi attrezzati. Qui è presente un bellissimo centro benessere. La famiglia Stantinoli dell’Hotel Clementi gestisce anche lo storico Dancing La Buca di Salice Terme, molto apprezzato dagli amanti del ballo liscio. L’indomani mattina ci troviamo tutte per una rilassante mattinata alla Piscina “Il Lido”, convenzionata con l’Hotel Clementi. Gli ospiti possono entrare gratuitamente in piscina (escluso domenica, festivi ed attrezzature). Da segnalare anche il Ristorante il Guado che, dal 1911, offre ai suoi clienti menu tipici della cucina regionale lombarda, da accompagnare con ottimi vini locali e nazionali. Per ogni piatto del menù vengono utilizzati solo ingredienti di prima scelta, selezionati uno a uno con la massima attenzione per rendere unico ogni pranzo o cena. Ottimo per un gustoso pranzo è anche il ristorante Pio e Vale; per una birra con gli amici, invece, tappa irrinunciabile è l’Irish pub la Quercia...come riconoscerlo? Scorgete la folla che vi si accalca all’entrata!
Godiasco N
el primo pomeriggio ripartiamo alla volta di Godiasco, che raggiungiamo in una decina di minuti. Nella cittadina di fondazione prelatina vediamo i resti del Castello, di cui rimane la torre costituita da pietra e ciottoli di fiume oggi adibita ad abitazione. Questa, insieme alla torre circolare in via della Cerchia, faceva parte della cinta muraria del feudo datata XIII secolo. La posizione del centro urbano è situato dove passava la citata “Via del Sale” che collegava la Liguria e la Lombardia favorendone gli scambi commerciali. Nella piazza centrale si trova lo storico Palazzo Malaspina, costruito probabilmente sulle fondamenta di una rocca. La struttura della costruzione è massiccia, con una facciata poco decorata, sulla quale spicca un pregevole è portale in arenaria decorato con due cariatidi, risalente al XVI secolo, come tutto il palazzo. All’interno sono conservati ancora gli appartamenti nobili con saloni affrescati e il maestoso scalone d’onore in marmo. Nella parte retrostante si trova il giardino pensile che, sfruttando il naturale declivio, degrada verso la Valle Staffora.
Chiesa di Godiasco
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l castello si nascose anche il cardinale Alberoni, fuggito dalla Spagna nel 1719 e che vi rimase, protetto, finché poté raggiungere la nativa Piacenza. Nella stessa piazza sorge anche la chiesa parrocchiale di San Siro, dalla facciata in stile tardo gotico lombardo, con istanze romaniche. La chiesa attuale è stata eretta nel 1935 per volontà dell’avvocato Angelo Bernardo Alesina di Godiasco, sul progetto dell’architetto genovese Giuseppe Rosso. Essa sorge sull’area dell’antica corte rustica, dedicata a San Siro. La facciata è in laterizio rosso, aperta dalle tre entrate ad arco acuto; ognuna è sormontata da una lunetta decorata rispettivamente dalle effigi di Cristo Re, San Bernardo e San Siro, San Marziano. La struttura ha un bel campanile slanciato ed elegante. All’interno, particolarmente maestoso, sviluppato in tre navate, ammiriamo le belle vetrate colorate che rappresentano Santi, il Cristo, la Vergine e un cavaliere, uno dei donatori, che si inchina porgendo il modellino della chiesa, secondo l’iconografia tipica dell’epoca. Apprezziamo le opere in legno scolpito, che riproducono le attività artigianali del luogo, come una Via Crucis ed un pulpito decorato. Bellissimo il pavimento in marmo rosa e l’altare maggiore in marmi policromi.
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i dirigiamo poi in Località Cabanon, per visitare l’Azienda vitivinicola Cabanon, storica azienda che lavora dal 1909. Qui assaggiamo vini distillati, ottime grappe e spumanti. Particolarità dell’azienda è la falconeria, dove si possono vedere bellissimi rapaci addestrati. Il nostro viaggio prosegue con la visita dello splendido Castello di Montalfeo, che si trova sempre nel comune di Godiasco, a poca distanza dal centro abitato di Salice Terme, sulla rocca di avvistamento del Monte Alfeo. L’antica struttura, austera ed imponente, si compone da un corpo di fabbrica centrale, cui è addossata la grande torre. Nel cinquecento la fortezza apparteneva al marchesato dei Malaspina; dal duecento le sorti del castello si legarono ai Duchi di Milano. Entrate, scopriamo che il bellissimo salone centrale, decorato con soffitto a cassettoni e dalle pareti completamente affrescate con soggetti araldici e medievali e sale voltate sorrette da colonne. Dalla terrazza panoramica del castello è possibile ammirare lo splendido panorama che si apre sulla valle sottostante e il bel giardino all’italiana che degrada fino al poggio. La magica atmosfera della rocca la rende luogo ideale per meeting, banchetti e cerimonie.
Azienda Vitivinicola Cabanon
Antica Rocca di Montalfeo
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l catering che si occupa dei banchetti in molte bellissime location dell’Oltrepò è Ambrosia Banqueting. L’azienda è sul campo dal 1985. La loro cucina è fatta di piatti particolari e ricercati, usando prodotti freschi, salutari e, soprattutto, di qualità. Ogni minimo dettaglio è studiato e perfetto, il servizio impeccabile. L’azienda dedica una preparazione particolare, oltre che al menu, anche agli allestimenti per gli eventi, ricreando splendide scenografie con tovaglie di fiandra sui tavoli, cristalli e porcellane nel servizio. Componenti fondamentali sono le composizioni floreali (servizio extra), che rendono le location uniche. Ambrosia Banqueting organizza eventi per matrimoni, cerimonie e ricorrenze private, ma anche servizi di banqueting per numerose associazioni di categoria, clubs, e aziende in genere. Per i matrimoni, su richiesta degli sposi, si forniscono particolari servizi a corollario, come servizio di chaffeur con auto d’epoca o limousine, menu personalizzati, servizi fotografici e accompagnamenti musicali. Un’esperienza davvero da favola! Ambrosia Banqueting Salice Terme Telefono: 0383 91289 E-mail: info@ambrosiabanqueting.com www.ambrosiabanqueting.com
Ambrosia Banqueting
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rima di ripartire, Sara e Silvia passano alla Pasticceria Pini, un nome orami molto noto, situato nel centro di Godiasco. La pasticceria è gestita da un brillante pasticcere, Alberto Bertelegni, diplomatosi in una delle più prestigiose scuole alberghiere di Alassio a cui ormai, nonostante la giovane età, vengono affidate importanti commesse per cerimonie di ogni tipo, dalle più semplici legate alla tradizione, a quelle più raffinate quali ricevimenti, matrimoni e feste di gala. La pasticceria Pini, il cui nome è stato ereditato dalla gestione precedente, i da anni è diventata il riferimento non solo per gli abitanti, che ormai non possono più fare a meno delle specialità golose di Alberto, ma per tutte le località limitrofe (e non solo!). Già dalla vetrina è facile intuire la raffinatezza dei prodotti della pasticceria, dove l’eleganza dell’esposizione si sposa con la bontà delle creme e delle delizie proposte. Una volta in negozio, l’occhio è rapito da una carrellata di paste di ogni genere, semifreddi e mousse, i tipici Baci di Godiasco, la Veneziana, per poi finire con un sano e squisito gelato artigianale. Le torte esposte poi non lasciano dubbi: ve ne sono per ogni gusto, anche per quelli più esigenti. Alberto è sempre a disposizione per personalizzare ogni richiesta, dolci con foto, dediche e scritte di ogni tipo, basta solo chiedere! Non mancano poi eleganti composizioni fatte a mano, ideali per ogni tipo di regalo, come piatti di porcellana, centro tavola, cestini e statuette. Ognuna di esse, verrà poi “guarnita” e confezionata con le specialità della pasticceria.
Pasticceria Pini
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a anni sinonimo di eleganza e professionalità la Pasticceria Pini è stata, e continua ad essere, la soluzione scelta da chi vuole essere certo di non sbagliare nei momenti più importanti della propria vita. Alberto è li, sempre presente nel suo laboratorio che è diventata ormai la sua seconda casa ed è sempre con … “le mani in pasta”!
Pasticceria Gelateria Pini
Via Vittorio Emanuele, 44 Godiasco Salice Terme Telefono: 0383 940456 E-mail: info@pasticceriapini.it Sito Web: www.pasticceriapini.it
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i fermiamo per una breve sosta nella frazione di San Zaccaria, facilmente raggiungibile dalla strada che da Godiasco porta a Montesegale. Qui ci imbattiamo in una bella basilica romana, dedicata appunto a San Zaccaria, costruita tra il 1100 e il 1150, costruita probabilmente dai Padri Comacini. La struttura è tipicamente romanica, con una facciata a capanna, che presenta una curiosa alternanza cromatica del rosso del cotto e del bianco dell’arenaria in fasce orizzontali. La fronte è suddivisa in cinque parti in senso longitudinale dalle lesene; al centro ammiriamo un bel portale strombato, che conserva tracce di bassorilievi in arenaria con motivi vegetali. Il portale è sormontato da una bifora retta da due colonnine sempre in arenaria e, sopra, si aprono due oculi. L’interno ha perso molto del suo assetto romanico dopo i consistenti restauri degli anni settanta. Nella parte absidale si possono ancora notare interessanti rilievi romanici. Davvero un prezioso tesoro d’arte medievale!
Ponte Nizza R
iprendiamo la jeep e in breve arriviamo nel piccolo centro di Ponte Nizza, costituitosi comune nel 1928, mettendo insieme le piccole realtà di Pizzocorno, San Ponzo e Trebbiano. Ponte Nizza ci appare come un centro relativamente moderno, circondato da campi coltivati a granoturco, foraggio e frutteti. Anche la chiesa è un edificio recente, una costruzione in cemento armato e mattoni a vista, decorato con vetrate dai disegni allegorici. Rilevante a Ponte Nizza è la presenza degli Alpini, che hanno ricavato la loro sede al centro del paese, accanto all’edificio della vecchia stazione. Incontriamo qui il signor Giuseppe, alpino doc, che ci porta a vedere il monumento ai caduti che sorge nella piazzatta poco lontana, voluto e costruito fisicamente dal gruppo degli alpini di Ponte Nizza. Interrata, ai piedi del monumento, è stata posta una cassetta con all’interno la sabbia del Carso, in memoria della battaglia. La scritta recita: “Terra del Carso resa sacra dall’eroismo dei nostri soldati, Prima Guerra Mondiale 1915-1918”. Il monumento è costituito da pietra di Moglie, piccolo paese a un paio di chilometri da qui. Ricordiamo che Ponte Nizza diede i natali ad Italo Pietra, alpino, combattente, scrittore e giornalista.
Municipio di Ponte Nizza
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i spostiamo poi in località San Ponzo di Semola che, a differenza di Ponte Nizza, ha conservato il suo antico aspetto: è costruito tutto in pietra locale, l’arenaria, estratta dal vicino Rio Semola. La chiesa del paese è dedicata a San Ponzo, presenta una facciata in stile romanico ed un campanile a base quadrata. La parte originale dell’antico edificio potrebbe essere il presbiterio. In origine la cappella del battistero era ubicata esternamente rispetto alla chiesa e vi si accedeva attraverso un’entrata separata, ancora oggi ben visibile. La chiesa fu restaurata nel 1435 e in quell’occasione si persero gran parte delle strutture originarie. Decidiamo di addentrarci nei suggestivi boschi della vallata e, dopo una mezz’ora di cammino, arriviamo alle curiose Grotte di San Ponzo: si tratta di anfratti che l’acqua nel tempo ha scavato nella roccia, tanto da permettere la costruzione di una piccola chiesetta. Secondo la tradizione San Ponzo stesso, a cui il luogo è dedicato, visse proprio qui il suo cenobitismo. Tutta questa zona è di grande interesse archeologico, dove sono stati rinvenuti vari reperti archeologici legati alla storia degli insediamenti del territorio, dal Neolitico all’età romana. In quest’epoca, infatti, il luogo fu meta dei primi cristiani perseguitati, tra cui Ponzo stesso, soldato della legione Tebea, che prese dimora in una grotta e convertì molte persone. Le spoglie di Tebea, in seguito chiamato San Ponzo dal 1903 sono custoditi nella chiesa del paese. Le storie degli altri due piccoli centri, Trebbiano e Pizzocorno, costituiti da pochi gruppi di abitazioni, sono strettamente legate alla vicina Abbazia medievale di Sant’Alberto.
Grotta di San Ponzo
Eremo di Sant’Alberto di Butrio
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i spostiamo, così, verso l’imperdibile Eremo di Sant’Alberto di Butrio, situato a Butrio, una frazione di Ponte Nizza, circondato da verdi boschi di querce e che vive principalmente di agricoltura. Secondo la tradizione il monaco Alberto nel 1020 vagando proprio nelle terre tra la Valle Staffora e la Val di Nizza, decise di fermarsi in questi luoghi e di fondare il primo nucleo della futura chiesa. Inizialmente il monaco si rifugiò in caverne e ripari di fortuna nella Valletta del Borrione, dove oggi si può visitare una cappelletta dedicata al cenobita. Secondo la tradizione a quel tempo Alberto guarì il figlio muto del Marchese Casasco (Malaspina), signore del territorio, che miracolosamente riacquistò la parola. Riconoscente, il marchese edificò per il monaco una chiesa romanica dedicata alla Madonna; qui Alberto si trasferì insieme ad alcuni suoi seguaci che nel frattempo lo avevano seguito nel suo percorso ascetico. Col tempo si costituì una piccola comunità di monaci, che fondarono il primo nucleo del monastero di Sant’Alberto sulle vestigia di una vecchia fortificazione romana. Successivamente il marchese Malaspina donò al frate tutta la contea di Pizzocorno. Il monaco Alberto adottò subito la Regola Benedettina, secondo la regola di Cluny (ma mantenendo sempre lo spiccato aspetto cenobitico) e presto la sua predicazione, legata ad eventi miracolosi da Egli compiuti, richiamò schiere di fedeli al convento, all’Oratorio, allora, dedicato a Santa Maria. Dopo la morte di Alberto nel 1073, la chiesa fu dedicata al frate stesso santificato, ivi sepolto e la struttura passò alle dirette dipendenze del Papa.
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urante la seconda metà del X secolo l’aspetto esteriore dell’eremo si modificò e sorse il castello – monastero, con la torre quadrata, le mura e i bastioni visibili ancora oggi, il ponte levatoio e i fossati. Secondo la tradizione l’abbazia ospitò nella storia illustri personaggi ecclesiastici e non, tra i quali possiamo annoverare il fuggiasco Re d’Inghilterra Edoardo II Plantageneto nel 1320 (un documento del 1877 riporta che il re inglese morì e fu inizialmente sepolto qui), l’imperatore Federico Barbarossa nel 1167 e Dante Alighieri. Dopo questo significativo momento di splendore, verso la metà del XV secolo, l’abbazia iniziò un lento ed inesorabile periodo di declino con l’avvento degli abati commendatari (ecclesiastici o laici, che tenevano l’abbazia “in commendam”, vale a dire che ne per percepiscono i redditi e ne hanno giurisdizione se sono uomini di chiesa, ma non esercitano nessuna disciplina monastica). Nel 1516 Papa Leone X unì l’Eremo di Sant’Alberto con l’Abbazia si San Bartolomeo in Strada di Pavia; nel 1543 gli ultimi monaci che risiedevano all’eremo, gli Olivetani, lo lasciarono. Nel 1595 la chiesa di Sant’Alberto divenne parrocchia, ma l’abbazia trascorse molti anni nel degrado e nell’abbandono; alcune parti, come la torre, venne distrutta. All’inizio del XVII secolo, con l’avvento di Napoleone, l’eremo fu soppresso e passò nelle mani del governo. Solo all’inizio del Novecento l’Abbazia tornò ad occupare l’interesse delle amministrazioni e del clero, quando vennero riesumati i resti del corpo di Sant’Alberto, che furono allora deposti all’interno di una statua che si trova tutt’oggi all’interno della chiesa. Dagli anni Venti l’eremo fu affidato a Don Orione, che vi collocò gli eremiti della Divina Provvidenza.
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opo la prima guerra mondiale i monaci di Sant’Alberto vissero un periodo di estrema povertà, di lavori agricoli per potersi mantenere, mentre dopo la seconda guerra mondiale divenne una sorta di istituzione provvidenziale. L’abbazia oggi è costituita dalla chiesa di Santa Maria (del 1050), quella costruita dal monaco, e da tre piccoli oratori comunicanti, uno dedicato a Sant’Alberto, costruito dai monaci dopo la morte del Santo, formato da quattro piccole campate a volta, dov’è conservata la reliquia del santo, l’oratorio di Sant’Antonio, trecentesco e a pianta trapezoidale, e la cappella del Santissimo. Molte parti del complesso architettonico sono decorate con pregevoli pitture, ma in particolare nella cappella di Sant’Alberto ammiriamo i pregevoli affreschi datati 1484, con la Vergine tra Santi (tra cui Bartolomeo Malaspina), il Miracolo di Sant’Alberto alla Corte Papale e il ritratto di un imperatore (forse Sigismondo di Lussembergo). Questi sono stati di recente attribuiti alla scuola dei flli Manfredino e Francesco Boxilio di Castelnuovo Scrivia, ma al momento è più accreditata la versione secondo cui gli affreschi furono opera di un solo monaco che preferì restare nell’anonimato. Gli ultimi importanti restauri dell’edificio risalgono all’inizio degli anni Settanta. Insomma, un incontro davvero particolare con la storia, la religione, l’arte e il raccoglimento. Un luogo di meditazione, che sorge a 687 slm, su uno sperone calcareo che emerge dal fondo della valle, dove ci si può fermare a pensare, lontani dal caos della vita e dalla frenesia contemporanea.
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icordiamo la personalità che ha reso onore al monastero negli anni recenti, Frate Ave Maria (alias Cesare Pisano), il monaco non vedente, che venne accolto da Don Orione tra gli Eremiti della Divina Provvidenza e inviato all’Eremo di Sant’Alberto di Butrio. Qui crebbe la sua santità e la sua fama; visse dal 1923 al 1964. Qui il monaco condusse una vita di preghiera e penitenza. Le sue reliquie si trovano in una cripta all’interno dell’eremo; qui è anche conservata la sua stanza, con gli originali effetti personali del monaco. Attualmente è venerabile e si attende la sua beatificazione. Il bellissimo e curatissimo chiostro dietro la chiesa, datato XIV secolo, con arcatelle binate e divise da colonnine chiuse tra pilastri, è un’oasi di pace, il luogo ideale per la riflessione e la preghiera. In fondo al chiostrino si può vedere la tomba di Edoardo II scavata nella roccia e posta sotto un arco in pietra, segno d’onore per i guerrieri nordici. Pregevole la torre che svetta tra le colline e qualche rudere del muraglione di cinta. Il monastero di Sant’Alberto non fu mai amplissimo e popoloso di monaci, come i coevi monasteri di Bobbio o di Montecassino, ma ebbe tuttavia una sua caratterizzazione, degna di essere annoverata nella storia.
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n zona Silvia e Lucia fanno una visita all’Azienda Agricola Oranami. Si trova a Pizzocorno sulle colline dell’Oltrepò Pavese, lungo l’antico percorso che collega il mar Ligure con la pianura Padana. L’azienda si trova inerpicata a mezza collina ai margini di una grande distesa di boschi di castagno e querce che si unisce alla zona di prati e di coltivazioni. L’azienda è condotta con il metodo di conduzione biologico fin dal 1987 ed Aderisce all’Associazione Biodinamica. Il ciclo biologico è assicurato dalla rotazione delle colture per l’alimentazione degli animali. Con la farina dei cereali coltivati in azienda vengono prodotti otto tipi di pane a lievitazione naturale e cotto nel forno a legna. Nell’azienda agricola non mancano gli animali: qui vengono accudite quindici vacche brun-alpine e una trentina di capre camosciate. Il latte di alta qualità viene trasformato in ottimi formaggi, a latte crudo per conservarne il sapore. Pregevoli sono le ricotte di latte vaccino, caprino, ovino e misto, così come i primosale, i tomini, i caprini e le tome semi-stagionate. I prodotti che caratterizzano l’Azienda Agricola Oranami sono, inoltre, il pizzocorno a pasta cruda e il montecorno a lavorazione presamica prodotto con latte vaccino, caprino e ovino. Azienda Agricola Oranami di Maurizio Tambornini Fraz. Pizzocorno,64 27050 - Ponte Nizza (PV) Telefono e Fax: 0383 542160 Cellulare: 335333909 E-Mail: oranami@ libero.it www.oranami.it
Azienda Agricola Oranami - I Pascoli
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ntanto le altre vanno a trovare il Signor Verardo Lino. L’azienda agricola si trova a San Ponzo, sulle colline di Ponte Nizza, nella Valle Staffora. LINO è uno dei pochi superstiti che alleva ancora la “VACCA VARZESE”, una razza in via di estinzione dal cui latte derivano i formaggi da lui prodotti. Ricordiamo che ogni anno la prima domenica di agosto viene celebrata a Ponte Nizza la festa dedicata a tale esemplare. Nell’azienda vengono allevati anche altri animali molto particolari, come la vacca cabannina, la mora romagnola, il coniglio grigio di Carmagnola e la gallina padovana. Lino lavora nel rispetto dell’ambiente, alimentando i propri animali esclusivamente con i prodotti coltivati da lui stesso. L’azienda è specializzata nella produzione di formaggi freschi o stagionati. Ricordiamo in primis il MONTAGNINO, una toma fatta con latte vaccino di vacca varzese e cabanina, e il MONTAGNINO MISTO, con latte vaccino caprino e ovino. La ricetta di questo formaggio deriva dall’antica tradizione della zona che Lino ha “recuperato” da una signora di 90 anni del paese. Gli altri prodotti sono ricotta primosale e caprini.
Azienda Agricola Lino Verardo San Ponzo Ponte Nizza (PV) Telefono: 0383 59548
Azienda Agricola Lino Verardo
Val di Nizza L
a prossima tappa è il piccolo centro di Valdinizza, tra i territori di Tortona e Bobbio, acquistata nel 1029 dal Marchese Ugo, appartenente alla famiglia degli Obertenghi. Da lui queste terre giunsero per asse ereditario al nipote Alberto, dal quale discesero i Malaspina. La storia di questo paesino si snoda attraverso le complesse vicessitudini familiari della nobile famiglia che, nelle successive suddivisioni ereditarie, prese il ramo degli Oramala per questa zona, successivamente di Godiasco, che a sua volta si suddivise in cinque rami, di cui una ebbe il controllo su Oramala e un’altra su Valverde. Questo territorio godette di grande autonomia durante tutto il XVII secolo, quando era compreso nel marchesato di Godiasco, essendo gestito con quello in regime consortile dalle varie ramificazioni dei Malaspina. Carina la sede del piccolo comune di Valdinizza, che presenta affreschi contemporanei. Nella zona incontriamo altri due comuni: Oramala e Sant’Abano, frazioni di Pontenizza (il primo dal 1817 e il secondo dal 1929), che sopravvissero all’abolizione del feudalesimo nel 1797. La parrocchia di Sant’Abano, nell’omonima frazione, venne eretta nel 1470; oggi è arcipretura dipendente dal vicariato di Bobbio.
Vista dalla Val di Nizza
Castello di Oramala
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a storia del territorio di Val di Nizza si incentra sull’antico Castello di Oramala, una delle più importanti fortezze dei Malaspina, che sorge a 750 m di altezza. Il Castello di Oramala è un fortilizio costruito nel X secolo dai marchesi, che vi insediarono uno dei più importanti marchesati dell’Italia settentrionale. Il borgo ai suoi piedi è tra i più belli d’Italia (non a caso fa parte del Club I Borghi più belli d’Italia). Il castello era possesso del ramo Obertengo. Passò nelle mani dei marchesi d’Este nel 1157, poi del Vescovo di Tortona nel 1164, ritornò ad Obizzo I per volontà del Barbarossa, a seguito delle valorose gesta di Oberto Obizzo, che scortò l’imperatore da Pontremoli in Germania. Secondo la tradizione durante quel viaggio il Barbarossa fu ospitato da Obizzo nel castello di Oramala. Da allora iniziò un florido periodo per il castello sotto il casato dei Malaspina. Da austero e rustico maniero, la fortificazione divenne ameno luogo di arte e poesia: giunsero al castello i trovatori provenzali alla corte di Marullo Malaspina, come Giraldo di Borneil, Uc de Saint Circ e Albert de Sisteron. Secondo voci, ma mai dimostrato, anche Dante avrebbe fatto una capatina al castello, citando ed elogiando il casato dei Malaspina nel VII Canto del Purgatorio, quando Dante incontra Corrado Malaspina. Nel 1474 la struttura venne pesantemente fortificata per volere di Manfredo Malaspina a causa di incombenti conflitti; da qui la corte intraprese un lungo periodo di declino. E’ attestato che il 28 settembre 1786 anche Goethe soggiornò ad Oramala, nella torre del castello.
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Malaspina tennero il castello sino al XVIII secolo, poi passò ai flli Panigazzi, attuali proprietari dal 1985, che intervennero con importanti lavori di restauro. Oggi del castello resta la torre risalente alla prima metà del Quattrocento e parte del corpo di fabbrica principale. Accanto al portale d’ingresso si trova una Cappella Gentilizia dedicata a Santa Eufemia (già esistente nel XIII secolo). Nell’ala nord è situato un locale sotterraneo dove si crede vi fossero le prigioni. Nel 2005 all’interno del castello è stato aperto al pubblico il Museo dell’arte contadina e degli attrezzi del ferro. (Visite al Castello di Oramala su prenotazione: 0383 – 541577 o 0383 – 78207, Dott. Luigi e Sergio Panigazzi). Si racconta che la torre sia abitata da un fantasma...e che vi sia una maledizione che aleggia sul maniero, secondo cui ogni venticinque anni ci sarà una vittima nei pressi o all’interno del castello.
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opo la visita al castello ci fermiamo tutte alla Cascina Serzego. La cascina si trova in un ambiente molto particolare, all’interno di una piccola valle circondata da boschi di castagno, frassino e rovere. Veniamo accolte da Christian, il proprietario, il quale ci spiega subito il significato dello strano nome del suo agriturismo: la valle è solcata da un esile fiumiciattolo di carattere torrentizio chiamato proprio Serzego, da cui l’attività ha preso il nome. Christian ci inforna che in questo ambiente ameno è possibile per i suoi visitatori vedere non di rado animali tipici, come daini, caprioli, cinghiali e lepri. L’azienda si estende oggi per circa 30 ettari, e si compone di diverse strutture, tra cui l’agriturismo, il fienile, i due magazzini, i pollai e la stalletta per l’allevamento semibrado dei vitelli e dei cavalli. L’agriturismo è a conduzione familiare, dove la famiglia Romagnese, giunta ormai alla terza generazione, propone una cucina all’insegna della tradizione e della tipicità culinaria del luogo, con piatti antichi, rivisitati e perfezionati con professionalità. Una volta accomodate a tavola, sotto il fresco porticato da cui si gode una splendida vista sulla valle circostante, assaggiamo gustosissime pietanze legate sia alla produzione aziendale, con piatti a base di verdura e carni, sia alla selvaggina (nella zona si pratica la caccia).
Cascina Serzego
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er farvi venire l’acquolina in bocca ricordiamo i buonissimi antipasti proposti, come il crostino di paté di coniglio, il cotechino in crosta, l’orzotto all’italiana e il tortino di spinaci su fonduta di parmigiano; tra i primi il risotto carciofi e maggiorana, le penne alla vogherese e le tagliatelle alla rapa, pesto e pomodorini freschi, proseguendo con coniglio all’arancia, pinoli e noci, finendo golosamente con un semifreddo pinoli e menta e soufflé di cioccolato e ribes. Stagionalmente e su prenotazione si preparano ottimi piatti a base di funghi e tartufo. Ottimi sono i grissini, il pane e le focacce fatti in casa, così come tutti i dolci della casa. Il tutto è sempre accompagnato dall’ottimo vino della casa, ma anche, per gli intenditori più raffinati, da nomi importanti come il Monsupello. Nulla qui viene modificato, nessun prodotto e nessun ingrediente elaborato artificialmente. All’interno del locale vi sono due sale, una piccola e intima e una più grande e spaziosa, entrambe riscaldate da un enorme camino per le serate invernali e dotate di ampie vetrate per poter ammirare lo splendido paesaggio antistante.
Cascina Serzego di Christian Romagnese Loc. Cascina Serzego 1 Val di Nizza 27050 - Pavia Telefono: 338 3262753 Fax: 0383 578282 E-mail: info@agriturismocascinaserzego.it
Cascina Serzego
Via Bramante, 175 Pavia - tel 0382 032173
Arredo Bagno Pavimenti Rivestimenti Progettazione interni Complementi arredo
www.internipercaso.it
Cecima R
iprendiamo il viaggio e arriviamo a Cecima. Il piccolo Comune faceva precedentemente parte di Ponte Nizza, ma nel 1956 Cecima ottenne l’autonomia. Siamo circondate da strette viette lastricate con i ciottoli del torrente Staffora e da un’ambientazione che sa di storia, che non ha perso il suo aspetto medievale originario. Al centro del paese, nella bella piazzatta, visitiamo la chiesa parrocchiale dei SS. Martino e Lazzaro, sorta su una precedente struttura del XII secolo e crollata a causa di continui franamenti nel XV secolo. La chiesa fu riedificata nel 1460 in stile tardo gotico lombardo, grazie al cardinale Jacopo Ammannati, allora vescovo di Pavia, feudatario e che fu signore di Cecima nel 1479. Della struttura originale oggi restano solo il campanile e parte della facciata con il grande rosone centrale in pietra, insieme al bellissimo portale in cotto. La facciata dell’edificio è suddivisa da semipilastri, nella tipica fattura romanica; un fregio in cotto a motivi floreali ed una decorazione ad archetti coronano la parte superiore destra.
A
nche il portale a sesto acuto ha decorazioni in cotto: nella prima cornice vi sono delle formelle che recano un motivo a teste antropomorfe, raffiguranti un giovane, una donna pettinata secondo la foggia quattrocentesca e un uomo anziano dal naso pronunciato. La seconda fascia è decorata con fiori, foglie e nomi vegetali; la terza con figure di giovani che colgono uva e tralci, emblematica per la storica tradizione vinicola del luogo. L’interno della chiesa è stato ricostruito in cemento armato e ancorato alla roccia per evitare altre frane. L’edificio religioso è suddiviso in tre navate e conserva importanti opere d’arte come, nella navata sinistra, un affresco cinquecentesco di ispirazione luinesca, del quale si distinguono ancora solamente una Madonna in trono con bambino, mentre non sono riconoscibili i Santi ai lati; è presente, inoltre, una Madonna con Bambino seicentesca con S. Giovanni Battista e Santa Caterina da Siena. Un altro affresco staccato è presente in sacrestia. Dal sagrato della chiesa si gode un’ottima vista: affacciandoci dalla balconata panoramica si scorge il Monte Penice e il torrente Staffora. Poco distante possiamo ancora ammirare i bastioni delle antiche mura, di cui oggi rimangono solo poche testimonianze, come i ruderi della cosiddetta Porta Soprana, demolita nel 1936, e il cosiddetto “Castelliere” di Guardamonte, un insediamento pre-romano scoperto nel 1951 sul Dorsale tra la Val Curone e la Val Staffora, una zona archeologica di grande rilevanza.
S
ulle colline di Cecima si trova l’importante il Planetario e Osservatorio di Cà del Monte, struttura inaugurata nel 2008 con lo scopo di studi e ricerche della volta celeste, ma anche di avvicinare alla conoscenza del cielo le scuole e il pubblico in genere. Per questo vengono organizzate interessanti visite guidate per tutti i livelli di preparazione e per tutte le età all’interno della struttura, dove non mancano esperienze di osservazione diretta. Vengono organizzate anche esperienze di osservazione combinate con passeggiate e trekking lungo i suggestivi percorsi collinari che si snodano sul territorio dove si sviluppa il planetario. La ricerca al momento si focalizza sullo studio del sole. Grazie alla curiosa struttura a cupole, sulle quali sono posizionate le strumentazioni per l’osservazione, il centro partecipa a diversi programmi di ricerca sia di ambito nazionale che internazionale. “Il telescopio da 400 mm è stato predisposto per ricerche astronomiche nel campo della fotometria stellare (RR Lyrae, T Tauri, stelle simbiotiche,…), ivi compresa la ricerca di pianeti extrasolari. La batteria di telescopi rifrattori verrà invece impiegata nel monitoraggio quotidiano del Sole nella luce dell’idrogeno e del calcio e per l’acquisizione di immagini ad alta risoluzione”.
Planetario e Osservatorio Astronomico di Ca’ del
Monte
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a struttura dell’osservatorio è inserita armoniosamente al fianco della collina, in un ambiente non ancora intaccato dalle luci dell’urbanizzazione, ideale quindi per l’osservazione notturna. Il planetario si compone di diversi ambienti: la cupola centrale del planetario, del diametro di 7,5 m e cinquanta posti a sedere (qui è presente un planetario digitale), e le due laterali, postazioni fisse, collocate nelle cupole laterali est e ovest (entrambe del diametro di 4 m), sono principalmente dedicate alla ricerca; sul retro rispetto alla facciata, si sviluppa l’ambiente del teatro. Questo spazio è dedicato alle attività aperte e guidate che coinvolgono il pubblico, in particolare le scuole. Nel teatro, che ospita oltre 200 posti a sedere per eventi astronomici e culturali ad ampio respiro (rappresentazioni teatrali, conferenze, concerti), è presente anche un maxischermo per la proiezione, tra le altre, di riprese dal vivo di oggetti celesti. La gestione didattico-scientifica della struttura è stata affidata all’Associazione Astrofili Tethys, promotrice del progetto nel 1997.
Agriturismo Ca’ del Monte
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a sera ci fermiamo a dormire all’Agriturismo Cà del Monte. Questo si trova in uno dei luoghi più suggestivi dell’Oltrepò pavese, in una zona ancora oggi rustica e tranquilla, un po’ fuori mano eppure facilmente raggiungibile da Milano e Genova, in poco più di un’ora d’auto. L’ a g r i t u rismo e’ circondato da prati e vasti boschi a 700 m di quota e si estende su un ampio altopiano, con una magnifica vista sull’infinita schiera di colline e monti dell’Appennino settentrionale. L’accurata ristrutturazione delle antiche costruzioni, con l’impiego di materiali originali, mantenendo rigorosamente i volumi e le geometrie esistenti, ha prodotto un confortevole spazio per la ristorazione e l’ospitalità di chi sa apprezzare silenzi, tranquillità e buon gusto: presupposto per vacanze distensive e tonificanti. La cucina è un sapiente equilibrio tra la creatività e la ricca tradizione del territorio (salumi, vini, funghi, tartufi) ed è basata essenzialmente sull’impiego di quanto prodotto negli orti del territorio, vigneti ed allevamenti.
L
e 10 camere doppie, sono ricavate in un edificio separato e ricreano la calda atmosfera delle tradizionali abitazioni del luogo. Numerose le possibilità di effettuare rilassanti passeggiate su sentieri accuratamente mantenuti e con segnavia, immersi nella quiete dei boschi che circondano l’azienda. Cà del Monte è sicuramente l’agriturismo ideale per trascorre momenti di massimo relax in completa tranquillità. Adatto a soggiorni più o meni lunghi e un luogo ameno e romantico. L’agriturismo è in grado di ospitare anche sino a 60 persone per cerimonie, meeting, congressi. Molti gli itinerari anche per gli amanti della mountain-bike e possibilità di compiere voli in parapendio e di praticare l’arrampicata sportiva sulle pareti arenacee attrezzate del Guardamonte, distante poche centinaia di metri. L’Agriturismo dispone di un’ampia sala polifunzionale, a disposizione sia dei clienti, sia per organizzare conferenze e altre manifestazioni pubbliche.
Agriturismo CA’ DEL MONTE
Località Cà del Monte - 27050 Cecima Telefono 0383.549062 E-mail: info@cadelmonte.it www.cadelmonte.it
Agriturismo Ca’ del Monte
L’
indomani mattina Silvia e Federica passiamo per qualche acquisto di prodotti tipici al salumificio artigianale Thogan Porri, aperto dal 1967. Da sempre la famiglia di origini contadine produce salumi, prima nel comune di Valverde (prima in casa Zanellino, poi dal 1988 in Casa d’Agosto, frazioni di valverde), con la presenza esperta della nonna Maria. La qualità dei prodotti e la loro freschezza portarono ad una richiesta sempre maggiore da parte dei clienti, che nel frattempo erano aumentati. Così nel 2001 la famiglia decide di trasferire l’attività qui a Cecima in Località casa Cucchi, con un laboratorio più ampio e moderno. I prodotti sono genuini e sani, frutto della meticolosa fedeltà alla tradizione contadina. Particolare attenzione viene data alla scelta delle carni provenienti solo da suini maturi, nati e allevati nel Nord Italia. La lavorazione è completamente artigianale e nei prodotti non vi è nessuna aggiunta di additivi chimici. Grazie al particolare microclima della zona, durante la stagionatura i salumi acquistano un particolare profumo e il sapore particolare che li caratterizza. Qui, oltre al salame di Varzi D.O.P. vengono venduti la coppa Oltrepò pavese, il lardo stagionato Valle Staffora, la pancetta contadina.
S.S. del Penice tra Salice Terme e Varzi località Casa Cucchi - Cecima (PV) tel. e fax 0383 59335 www.salamedivarzidop.it
“il Salame di Varzi D.O.P.” Le origini del Salame di Varzi si fanno risalire all’epoca longobarda, quando questo prodotto rispose alle esigenze di conservabilità, trasporto e nutrizionali di quelle popolazioni; gli stessi Longobardi incentivarono l’allevamento dei suini nella Pianura Padana ricca di boschi ghiandiferi. Pare, inoltre, che la regina Teodolinda inviasse, nella giusta stagione, due norcini di sua fiducia nella zona di Varzi, per insaccare questa prelibatezza che veniva poi offerta agli ospiti della propria corte. Notizie più precise si hanno a partire dal XIII sec. allorché durante il dominio dei Malaspina, feudatari di tutta la Valle Staffora, il Salame di Varzi trova un posto di primo piano sulle loro ricche tavole. Il Salame divenne nel tempo un alimento essenziale e tradizionale nelle semplici dispense dei contadini che nel maiale trovarono una risorsa primaria per il loro sostenta-
mento arrivando a produrlo con pezzature e stagionature differenti al fine di ottenere un prodotto disponibile durante tutto l’anno. Negli anni ‘20 del secolo scorso venne costituito il primo Consorzio di Tutela del Salame di Varzi al quale ne seguirono altri sino all’ultimo, costituito nel 1984, ancora oggi attivo nel valorizzare questo pregiatissimo Salame. Nel 1989, infine, il Salame di Varzi ottiene, unico in Italia, la D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata). In seguito, nel 1996, ottiene la D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta), marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito dalla Comunità Europea a quegli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono prodotti.
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dal martedì al sabato 8,30 - 12,30 e 14,30 - 19,00 • domenica 9,00 - 12,30 e 15,00 - 19,00
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enuta l’ora di pranzo, il gruppo si ferma al famoso Ristorante il Sacrestano. Il locale, inaugurato nel 1995, é ampio e accogliente, elegante pur nella semplicità della sua conduzione familiare. Qui incontrano Patrizia, la titolare, che propone il menù spiegando che ogni piatto è fatto in casa, frutto dell’esperienza dello chef, che è anche suo marito e socio. Il Sacrestano è noto per la sua cucina di pesce, per i ravioli di branzino al di gamberi e i tagliolini di erba cipollina all’astice. Qui non si trascura neppure la cucina tradizionale, con piatti come il brasato di pernice al barolo, tutte portate proposte a seconda della stagione.
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i aggiungano i malfatti di zucca allo speck e i ravioli ripieni di fonduta al tartufo nero delle nostre colline. Ottimi anche i gratinati di capesante, cozze, scampi e gamberi. La scelta dei vini è ampia, indirizzata sia a quelli del territorio che a livello nazionale. Infine Patrizia ci induce in tentazione elencandoci i dolci: la coppetta del sacrestano, con pan di spagna crema pasticcera, e la mousse al gianduja, la bavarese alla vaniglia con crema di fragole o il semifreddo al croccante. Il ristorante è situato poco prima di Ponte Nizza sulla statale che da Salice Terme porta a Varzi, la cosiddetta Via del Sale. Ristorante Il Sacrestano Localita’ casa ponte, 2 27050 - Cecima (PV) Telefono: 0383.59135
Bagnaria N
el pomeriggio il nostro giro dell’Oltrepò fa tappa a paese di Bagnaria. Questo piccolo paesino di quasi settecento abitanti ha un carattere importante: fa parte dell’Associazione Nazionale delle Città delle Ciliegie e ogni anno, nel mese di giugno, il comune organizza la famosa Sagra delle Ciliegie, dove si può assaggiare il risotto con le ciliegie. Ad ottobre, invece, organizzano la Festa della Mela.
Bagnaria
N
on possiamo esimerci, proprio qui, da una visita ad un’azienda di frutticoltori per una scorpacciata di ciliegie. Così facciamo una visita all’Azienda Agricola Daniele Brignoli, frutticoltori dal 1950. Inizialmente coltivatori di cereali e foraggi, dagli anni cinquanta la famiglia Brignoli ha iniziato a specializzarsi in frutticoltura, che è oggi l’attività principale dell’azienda. Dalle semplici colture curate dalle esperte mani del nonno di Daniele, oggi vi sono estesi campi coltivati a frutteti allevati secondo le moderne tecniche. La qualità dei prodotti è data di certo dal clima della zona, dall’altitudine e dalle caratteristiche del terreno, ma anche dalla grande passione che Daniele, così come il nonno, mette nella sua attività.
Oggi la superficie dedicata alla coltivazione di frutta è di 15 ettari circa. L’azienda ha due spazi dedicati alla vendita diretta, uno presso la sede dell’azienda a Bagnaria, l’altro sulla strada provinciale. Si possono trovare squisite ciliegie, albicocche, pesche, susine, mele (Golde, Stark, Renetta, Gold Pink, Fiji, Frescona, Pomella, ecc.), pere (Abate, Decana, Martin, ecc.), nespole e cotogne. Si può infine assaggiare l’ultima creazione di Daniele, il “Succo di mela 100%”, derivante dalla sola spremitura di mele scelte…ottimo! Azienda Agricola Daniele Brignoli Loc.Serravalle, 9 Bagnaria 27050 - Pavia Telefono: 0383 572095 E-mail: brignoli.daniele@gmail.it www.brignolidaniele.it
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toricamente anche Bagnaria faceva parte del marchesato dei Malasapina fino all’investitura imperiale del 1164, quando passò al ramo dello Spino Fiorito e successivamente ad un’ulteriore suddivisione della famiglia nei tre rami di Varzi, Godiasco e Pizzocorno (a quest’ultimo toccò anche Bagnaria). Nel 1413 la dominazione della famiglia si interruppe a causa dell’assassinio di tutti i membri del castello di Olivola in Lunigiana. I loro beni furono, quindi, suddivisi e Bagnaria fu acquistata dai nobili Busseti di Tortona. Nel momento in cui i feudi della Valle Staffora, allora ormai sottomessi ai duchi di Milano, furono aggregati alle province del ducato, Bagnaria fu affidata alla Provincia di Tortona, fino al XIX secolo. Nel 1485 il feudo di Bagnaria passò ai Fieschi di Genova, successivamente ai principi Doria. Particolarità di questa zona è che, durante le varie dominazioni, godette sempre di una totale autonomia giudiziaria e fiscale, presentandosi come una sorta di staterello indipendente. Il feudo imperiale fu abolito nel 1801 da Napoleone; passò dal Tortonese alla Provincia di Bobbio. Nel 1859 entrò nella Provincia di Pavia e solo nel 1946 ottenne l’autonomia comunale. Venendo dalla parte bassa del paese, attraversiamo la porta d’ingresso del borgo murato, molto caratteristica, di cui un lato è addossato a un’abitazione e l’altro è aperto. L’arco d’uscita è a tutto sesto, con intradosso e cornice in mattoni.
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Bagnaria, piccolo borgo medievale con le case in pietra, visitiamo alcuni monumenti ecclesiastici, come la Chiesa di San Bartolomeo Apostolo dell’XI secolo e con la facciata in stile tardo – gotico, tripartito in altezza da tre lesene e coperta da un tetto a capanna spezzata. L’ingresso, con un grande portale di legno, è sormontato da un arco a sesto acuto. Alla chiesa è addossato una coeva torre campanaria. All’interno l’edificio è a tre navate, con il presbiterio leggermente sopraelevato e l’abside semicircolare. Nel 1946, grazie a studi ingegneristici e storico-artistici che sono stati condotti in occasione degli ultimi restauri, sono riaffiorate parti di affreschi nascosti dagli intonaci sulla parete destra, con Sant’Alberto e San Carlo Borromeo. La decorazione di tutto l’interno della chiesa, le figure di Santi e Sante, è stata eseguita dal pittore Domenico Fossati. A ridosso della chiesa parrocchiale si trovano i ruderi del castello Fieschi – Doria di Bagnaria (X secolo), di cui oggi si possono vedere ancora due pianori, uno dalla forma quadrilatera, l’altro a nord, nella parte più alta dell’abitato, da considerarsi, con ogni probabilità, i resti della torre di avvistamento. Visitiamo anche la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, che presenta un pronao coperto da archi a tutto sesto e sostenuto da due pilastri quadrangolari. Il piccolo edificio sacro, immerso nel verde delle colline, risale al XVIII secolo. Segnaliamo anche Palazzo Malaspina e l’Oratorio di San Rocco, e la serie di piccoli santuari situati fuori dal centro abitato, come l’Oratorio della Madonna di Caravaggio, l’Oratorio della Madonna della Neve e l’Oratorio della Madonna Pellegrina.
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rima di riprendere il cammino, restiamo a Bagnaria per cena ed entriamo nel Ristorante pizzeria Jerry’s. Il locale è aperto dal 2 maggio 1998 e ad accoglierci c’è Alessandro, proprietario e chef. Il ristorante è stato recentemente ristrutturato: la grande sala e il bar presentano arredi freschi e nuovi. La sala può accogliere novanta posti, mentre la terrazza 70. Qui da poco è stato approntato un elegante dehor (usato anche nei periodi invernali), dove si organizzano feste e cerimonie su prenotazione. Non mancano serate danzanti in musica organizzate dal locale. E’ presente una piccola sala giochi. La specialità della cucina di Alessandro è la focaccia di Recco, ottima e vero fiore all’occhiello del locale, proposta anche con altre diverse varianti.
Oltre alle pizze, la cucina serve piatti tipici della zona, come ravioli di brasato (rigorosamente fatti in casa!), risotto ai funghi, salame di Varzi (rigorosamente artigianale e di alta qualitĂ ) e pancetta. Il ristorante cucina poi le specialitĂ di pesce, in particolare gli spaghetti allo scoglio sono davvero gustosi, insieme alle grigliate di pesce e al fritto misto. Vengono poi serviti vini della zona e piatti dolci fatti in casa, come la millefoglie con crema e fragole.
Ristorante pizzeria Jerry’s Via 1 maggio, 1 27050 - Bagnaria (PV) Telefono: 0383.572257
Varzi D
opo questa buona cena, ci dirigiamo alla volta di Varzi. Varzi, che si trova lungo la Via del Sale, sorse in posizione strategica. Fu capitale del marchesato dei Malaspina. Il borgo medievale è simbolo del suo potere economico nel Medioevo; esso si riconosce perché dominato dalla presenza di due torri, sotto le quali si aprono le porte dell’abitato. Oggi è sede della Comunità Montana ed è il borgo più numeroso dei comuni della zona. Passeggiamo per le vie del caratteristico borgo medievale, dove le antiche abitazioni in pietra, dalle piccolissime porte e finestre, hanno tutte i caratteristici portici dove un tempo si passava con carri e cavalli. Il paese è un continuo saliscendi di viette; la principale collega le due antiche porte d’entrata dell’abitato, una ad est, l’altra ad ovest. Varzi ha una triplice cinta muraria, di cui oggi rimangono visibili i resti, e un castello, costruiti dopo il 1275, quando il paese divenne autonomo dalla famiglia Malaspina. Il castello, oggi Palazzo Odetti, si affaccia del centro del paese, nella piazza principale. Della struttura originaria resta l’imponente torrione quadrangolare in pietra locale. La faccia che da sulla piazza risale invece al XVIII, tanto che possiamo scorgere elementi barocchi sul portale di sinistra. Il complesso si sviluppa attorno a due cortiletti, uno dei quali si raggiunge passando sotto l’arco con sormontato dallo stemma dei Malaspina.
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arzi conserva due belle chiese barocche del XII secolo: la Chiesa dei Rossi e la Chiesa dei Bianchi. La Chiesa (oratorio) dei Rossi risale al 1636. All’interno, vi è la statua lignea dell’Angelo Custode, del 1684, realizzata da Antonio Perico da Milano e indorata da Ambrogio Giussano da Pavia. Altre opere di particolare pregio sono il coro in legno di noce e un bellissimo “letturino”. Questa chiesa è l’orgoglio dei varzesi. Ha un’architettura nel contempo originale e tradizionale-locale. La compagnia dei Battuti di Varzi e l’Arciconfraternita del Gonfalone di Roma, nel 1636 decisero di costruire un loro oratorio, avendo fino a quel momento a disposizione solo dei locali periodicamente allagati dallo Staffora: ultimato nel 1646, questo edificio, detto Chiesa dei Bianchi, è tanto caratteristico da non avere eguali nella zona dell’Appennino settentrionale. Il nome particolare di queste due chiese dipende dalle confraternite ad esse legate. Il Tempio della Fraternità di Cella ubicato nell’omonima frazione di Varzi, è una chiesa molto speciale poiché costruita con le rovine degli edifici distrutti dalla Seconda Guerra Mondiale in diversi Stati. Da segnalare anche la Casa del Partigiano arroccata sul punto più alto di un promontorio dal quale il partigiano Primula Rossa dominava la valle e da cui si mosse per la liberazione di Varzi. Nell’ambito dell’arte contemporanea, tre sono le personalità che vivono ed operano in questo luogo: Luigi Bergamini, Kiki Ravera e Walther Castellazzi. Importante è l’impegno dell’Associazione Varzi Viva.
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a qui non trovate solo cultura! Il paese è famoso in tutto il mondo per un prodotto tipico, in particolare, il Salame di Varzi, prelibato insaccato DOP di carne suina a grana grossa. Il centro è inoltre celebre per i grandi festeggiamenti che vi si tengono in occasione del Carnevale. A Varzi ci fermiamo a dormire all’Hotel Corona, elegante e accogliente; oltre al servizio camere ha una grande sala ristorante dove il cuoco Andrea prepara piatti tipici della tradizione. La location è ottima anche per l’organizzazione di cerimonie e matrimoni. La mattina seguente restiamo a Varzi per un po’ di shopping enogastronomico. Sulla strada verso Voghera si trova la Chiesa dei Cappuccini, in stile romanico, e probabilmente fu la prima pieve edificata nella Valle Staffora. La chiesa fu costruita poco dopo la morte di San Germano poiché, secondo la tradizione, Varzi ospitò il corpo del Santo durante la traslazione da Ravenna, dove era morto, alla nativa Auxerre.
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ell’VIII secolo d.C. la pieve di Varzi entrò a far parte della Diocesi di Piacenza e, dal 1160, dipese dal monastero di San Colombano di Bobbio. La struttura della chiesa iniziò a configurarsi come la vediamo oggi dal 1300. La sua peculiarità è la bellissima facciata in cotto nella parte superiore e a fasce di pietra locale, di diverso colore, nella parte inferiore; la facciata è aperta da un grande portale strombato a colonne e ornato da un importante portale. All’interno vi sono i dipinti dei fratelli Baxilio, l’altare barocco che incornicia la pala con la Madonna della Neve, S. Francesco e San Lorenzo da Brindisi, la tela di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, di fine ‘500, e il dipinto raffigurante San Felice da Cantalice, forse realizzato da una delle figlie del Moncalvo. Dopo un periodo di grave abbandono, nel 1623 la chiesa fu abitata dai frati Cappuccini che edificarono accanto alla chiesa un monastero. I frati condussero la loro vita di preghiera qui sino al 1802, quando i francesi soppressero l’ordine monastico e il monastero fu dato in affitto ai contadini come abitazione e la chiesa, sconsacrata, fu usata come magazzino e ricovero degli attrezzi. Solo nel 1903 i Cappuccini ripresero possesso della struttura ecclesiastica. Grazie ai significativi restauri degli anni settanta, è oggi possibile apprezzare e godere dell’antico splendore altomedievale della chiesa.
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i fermiamo al Salumificio La Scaletta. L’attività fu fondata nel 1951 da Garabello Bonaventura, detto Arturo, con una piccola produzione sviluppatasi negli anni successivi grazie ai figli Alberto ed Ezio, che nel 2000, dal piccolo laboratorio di via Porta Nuova, si spostò nella nuova struttura nella località Ponte dei Sospiri dove è tuttora ubicata. Nonostante il notevole ampliamento dell’attività viene mantenuto “un assoluto rigore” nella produzione e stagionatura dei salumi. Infatti orgoglio dei titolari sono le cantine dove vengono fatti stagionare i salumi e nella nuova struttura queste riproducono l’ambiente di quelle di una volta. Nel 2011 le antiche cantine di via Porta nuova sono state completamente ristrutturate perché la stagionatura fosse più lenta e naturale e il risultato “un prodotto di eccellenza”. Quando si parla di salame suino come prodotto di genuina qualità, viene spontaneo pensare a Varzi. Questo piccolo paese, immerso nella natura ancora quasi incontaminata della Valle Stàffora offre, oltre che aspetti paesaggistici di indubbia suggestione e monumenti di rilevanza storica, la possibilità di assaggiare il frutto di una cultura contadina giunta fino ai giorni nostri grazie a secoli di rigoroso perfezionamento.
Salumificio La Scaletta
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l salame di Varzi, ci spiegano i proprietari, è caratterizzato da un impasto a grana grossa ottenuto con l’utilizzo di tutte le parti del maiale - in particolare le più pregiate – insaccato e sapientemente stagionato, a media stagionatura. Questo salame, ottimo se accompagnato con un buon miccone croccante, vanta la sue origini dall’arrivo in questa terra dei Longobardi che introdussero una tecnica per la conservazione delle carni conosciuta a loro ma sconosciuta agli abitanti del posto. Il salame è stato poi esaltato e custodito dalla nobiltà dei Marchesi Malaspina. Il Salame di Varzi ottiene nel 1989 la D.O.C. (primo insaccato in Italia) e successivamente, nel 1996, la D.O.P. Al salumificio la Scaletta troviamo anche coppe, salsicce, pancette rustiche con cotenna, pancette rustiche agliate, pancette tese, cotechini, salame cotto, ecc. Questi salumi sono completamente privi di caseinati e glutine per cui sono indicati anche per diete particolari.
“La Scaletta” S.n.C. di Garabello Ezio & Alberto Loc. Ponte dei Sospiri 10 Varzi - Pavia Tel. 0383 545 691 - Fax 0383 540175 www.lascalettasalamedivarzi.com E-mail: info@lascalettasalamedivarzi.com la_scaletta@libero.it
La Bottega del Pastaio
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assiamo anche alla La Bottega del pastaio, situata proprio nel vecchio borgo di Varzi, sotto i caratteristici portici del paese. L’attività è cominciata nel 1989 come produzione di pasta fresca. Negli anni si è poi evoluta e ampliata anche come salumeria ed enoteca, insieme alla produzione e vendita di prodotti di punta come ravioli al brasato, malfatti e la torta di riso. Questo dolce, in particolare, ha una rilevanza storica, poiché è la stessa ricetta della torta che consumavano i mulattieri che portavano il sale da Genova verso la Pianura Padana. Questi facevano sosta a Varzi e qui facevano scorta per il viaggio di questa specialità, sostentamento necessario per il lungo viaggio. Questo piatto tipico del paese, secondo la tradizione, viene proposto al solstizio d’estate, il 21 giugno. La Bottega del Pastaio ha un altro punto vendita ubicato a Pontenizza.
La Bottega del Pastaio Via Porta Nuova, 35 27057 Varzi (PV) Telefono: 0383 53146
Santa Margherita Staffora Riprendiamo la nostra gita per l’Oltrepò e, dopo un tragitto di una ventina di minuti, arriviamo a Santa Margherita Staffora. Il piccolo paesino è conosciuto dagli amanti dello sport per i suoi impianti sciistici, ma è davvero ricco anche di storia e tradizione. Tutto qui è completamente avvolto nel silenzio della natura, che permette splendide passeggiate ed escursioni nel territorio. Qui è stato costituito l’ecomuseo “Il grano in erba”, che comprende i comuni di Santa Margherita Staffora e di Menconico. L’istituzione è nata per conservare la tradizione di questi territori, luoghi di passaggio verso il mare per commercianti, nobili e pellegrini, immerso nelle montagne. In queste aree si possono riscoprire antichi mulini (come il Mulino Pellegro, in Località Pellegro) ancora in funzione, la Fornace Romana e il Museo Contadino.
Le valli di Santa Margherita Staffora
Brallo di Pregola
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i spostiamo in località Brallo di Pregola, importante perché comprende la cima più alta della Lombardia, il Monte Lesima (1724 m). La zona si trova in un particolare tratto dell’Appennino, che è chiamato “delle quattro province”, poiché tocca le province di Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza. Queste terre anticamente erano abitate dalle tribù liguri, e la storia narra che furono proprio queste popolazioni a fornire guide e aiuti ad Annibale, durante la Seconda guerra Punica. C’è ancora un sentiero sui monti chiamato “La strada di Annibale”. Di grande rilevanza storica, il Castello dei Marchesi Malaspina, situato sulla rupe di Pregola, costruito nel Medioevo. Oggi, sfortunatamente, il castello non esiste più a causa di un devastante incendio del XVII secolo, e al suo posto fu eretta l’attuale casaforte, che sorge nei prati ai limiti del borgo. La natura incontaminata fa da sfondo a bellissime passeggiate che attraversano i boschi delle colline: un ottimo modo per trascorrere il pomeriggio tutti insieme.
La Chiesa di Pregola
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icino, visitiamo l’Oratorio dei santi Gervasio e Protasio, ubicato a Someglio, una piccola frazione di Brallo di Pregola. L’edificio risale al XII secolo e fu sede di una Pieve che comprendeva le parrocchie di Colleri, Cencerate e Pregola. La chiesa presenta un bel campanile romanico in pietra locale molto ben conservato. L’edificio fu voluto dai Malaspina, che lo utilizzarono anche come torre di avvistamento. Anche il complesso centrale della chiesa è in pietra locale, come la torre; l’interno è a navata unica, coperta da volta a botte e tre nicchie ad arco. Il pavimento è in sasso e l’altare maggiore sempre nella tipica pietra.
Monte Penice D
opo la salutare escursione, noi ragazze risaliamo sulla jeep per raggiungere il Monte Penice (1460 m) da cui si gode un panorama davvero unico, che da su diverse vallate, su Bobbio, sull’Appennino Ligure e sulle terre ancora facenti parte della Pianura Padana. La sommità del monte è raggiungibile dalla strada ultimata nel 1927 e progettata dal canonico Carlo Muzio. Sempre in auto (ma si può fare anche una bella passeggiata in salita), andiamo a visitare, il Santuario di Santa Maria, posto in cima, che risale al VII secolo, ma la chiesetta attuale al XVII secolo. Si può salire fino al Santuario anche percorrendo l’antico sentiero medievale che sale da Bobbio passando per la Moglia e San Cristoforo, nella Valle del Carlone. Qui si trovano anche gli imponenti ripetitori televisivi e telefonici (tra cui quello storico della RAI). Da sempre il Penice è meta di orde di motociclisti nel periodo estivo (nel piazzale è stata posta la statua di San Colombano, nominato protettore dei motociclisti); d’inverno molti amanti dello sci si riversano qui, dove in tempi recenti sono stati approntati impianti per gli sport invernali (in località Passo del Penice). Il Passo del Penice è il valico dell’Appennino Ligure che mette in comunicazione la Valle Staffora con la Val Trebbia. Qui ci fermiamo al Ristorante Lo Scarpone per una sosta fugace, prima di riprendere il nostro giro.
Santuario di Santa Maria
Montesegale R
itorniamo a Salice Terme, un po’ stanche dall’intensa giornata. Trascorriamo ancora qui la notte: tutte ci concediamo una lunga dormita! La mattina siamo nuovamente in marcia. Ripassando per Godiasco, ci fermiamo ora in un nuovo paesino immerso nell’Oltrepò, Montesegale. Si tratta di un Comune appartenente alla Comunità Montana dell’Oltrepo Pavese, costituito da numerosi piccoli centri distribuiti sul fondovalle e sui due versanti della Valle Ardivestra. Abitata da poco più di trecento persone, Montesegale fu fondato nell’XI secolo; fu prima territorio interessato dal dominio del Vescovo di Tortona, poi sottoposto al dominio pavese nel 1219, per volontà di Federico II. Fu successivamente infeudato dai conti Palatini di Lomello (un ramo dei Gambarana). La loro Signoria durò sino al 1797 con la fine del feudalesimo. Montesegale oggi fa parte anche dell’Associazione Borghi Autentici d’Italia.
Sede del Comune di Montesegale
Castello di Montesegale
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ncor prima di giungere al paese, ci appare chiaro l’elemento distintivo del luogo, architettonicamente e storicamente: il bellissimo Castello di Montesegale, ubicato alla sommità di un colle a presidio della valle. Il castello è immerso nel verde della ricca vegetazione boschiva. Si accede al complesso fortificato passando per la piazzatta di fronte alla piccola chiesa dedicata ai santi Cosima e Damiano , del XVII secolo, oltrepassando un caratteristico portale. Esso risale al XII secolo e si presenta in tutta la sua imponente struttura che domina tutta la vallata sottostante. Oggi il castello è costituito da un insieme di cortili e di corpi di fabbrica di epoche diverse, alcuni ristrutturati: le maggiori alterazioni avvennero nel seicento, ma nell’insieme mantiene la sua impronta tipicamente medievale. Tutto il complesso si trova all’interno della cinta muraria fortificata con torri quadrate e mura merlate. Nella parte più alta si trova un terrapieno bastionato dal quale si erge una rocchetta e una torre (probabilmente la parte più antica). Di rilievo il portale del castello e il pozzo del cortiletto della rocca, che ha un curioso cappello-pinnacolo, che fa da cariatide all’architrave di una delle campate del porticato esistente. Storicamente questo castello ebbe un peso notevole nelle vicende storiche locali. La rocca e l’abitato dal 1164, quando Federico Barbarossa la consegnò al controllo di Pavia, appartenne quasi sempre ai Gambarana, i quali approntarono pesanti interventi di restauro durante il XVIII secolo. Nel 1415 fu espugnata dal Conte di Carmagnola, capitano di ventura assoldato dai Visconti, osteggiati dai signori di Montesegale.
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ornò più tardi ai Gambarana, che lo detennero sino all’estinzione della casata. Verso la metà dell’ottocento fu ceduto ai Becredi e, nel 1918, acquistato dalla famiglia Gambarotta. Ancora oggi è proprietà privata, adibita ad abitazione. All’interno del castello oggi è ospitato il Museo d’Arte Contemporanea (per visite e per conoscere le mostre o gli eventi in corso contattare il Comune): Silvia e Federica non possono fare a meno di farvi una lunga visita! Oltre al museo all’interno vi è anche un teatro, ricavato in un terrapieno. Nel complesso si trova, inoltre, l’Oratorio di Sant’Andrea, eretto in uno dei torrioni di difesa del cartello e che, secondo la leggenda, sarebbe infestato dai fantasmi dei villeggianti morti per i soprusi dei conti. Ricordiamo che il paese di Montesegale è uno dei soci fondatori, insieme ad altri 21 comuni in tutta Italia, dell’Associazione Nazionale Città del Pane, costituita nel 2002. Fanno parte dell’associazione tutti i paesi che, come Montesegale, hanno saputo conservare le proprie tradizioni di panificazione; l’obiettivo di tutti i soci è la promozione e la tutela di questo patrimonio tipico, della cultura del pane e del territorio, nella misura in cui “offrire e condividere un pezzo di pane è uno dei simboli più semplici e autentici dell’accoglienza”.
Rocca Susella L
a nostra fidata jeep ci porta alla prossima tappa del tour, il paese di Rocca Susella. Rocca Susella è un piccolissimo comune di poco più di 200 abitanti, appartenente alla Comunità montana dell’Oltrepò Pavese, ma molto carino. Il paese, di antica fondazione, alla fine del duecento faceva parte del feudo che dipendeva giurisdizionalmente dalla Mensa vescovile di Tortona e ne era feudatario Giovanni Ruino della Rocca. Anticamente era detta Rocha de Axixellae ed anche Castrum Saxillae e poi Rocha Saxillae, nome dalle origini liguri. Verso la metà del XV secolo fece parte del feudo dei Fortunago; nel 1753 ne divenne feudatario Gerolamo Gambarana e fino al 1905 la parte meridionale dell’attuale territorio, compresa Susella, apparteneva al vicino comune di Montesegale. Ci spostiamo poi in Frazione Susella, dove vediamo la chiesa di San Pietro, che risulta elencata tra le dipendenze della pieve di San Zaccaria fin dal XVI secolo. Accanto all’edificio religioso, il monumento ai caduti.
Chiesa di San Pietro
Paesaggio da Rocca Susella
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ucia comincia a lamentare un certo appetito, così facciamo tutte insieme tappa alla famosa Osteria del Giarone. Appena entrati, è come essere ospiti da amici. Il locale è intimo e l’atmosfera è famigliare. Anima e personaggio singolare dell’attività è la signora Cesira, la quale sostiene di applicare con i clienti una tecnica particolare, la “Cesira Terapia”, consistente proprio nel far sentire il cliente completamente a suo agio. La scelta del menù non è programmata, varia a seconda dei prodotti acquistati in giornata e rigorosamente da piccole aziende agricole della zona. Il menu è costituito da antipasto composto da un mix di affettati, formaggi, torte salate e frittatine; due primi, il secondo con contorno; dolce caffè e ammazza caffè. È tutto fatto in casa dalle confetture di radicchio e arancia, che assaggiamo con i formaggi, alla pasta. Le specialità sono i risotti che possiamo degustare al limone, alle fragole, ai lamponi, al melone, alle prugne, ai fichi e al luppolo selvatico e ortiche. Particolari sono i malfatti con la menta. La scelta dei vini come delle materie prime è orientata verso quelli della zona. E brava la nostra Cesira!
Il Giarone Di Cesira Nicora E C S.a.s. V. Loc. Giarone, 3 27052 Rocca Susella Tel.: 0383 940519
Osteria del Giarone
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i è fatto tardi e decidiamo di fermarci a dormire all’Agriturismo Cà du Re. L’agriturismo è gestito dalla Famiglia Savini e si propone in una location davvero particolare. Secondo la tradizione questa cascina, “la ca’ du re”, era la casa del “re”, per via di un abitante di Chiusani che veniva proprio soprannominato così. Mantenendo il nome storico, la cascina è stata completamente ristrutturata.
Qui ritroviamo un ambiente familiare e confortevole dove la gola, la tradizione e il rinnovamento vanno di pari di passo, in un percorso gastronomico che profuma di famiglia, senza mai essere scontato. La cucina, gestita dalla signora Franca Fortini, di origine romagnola, insieme allo chef Mauro, nativo dell’Oltrepò, recupera le tradizioni del proprio passato fondendo queste due tradizioni. Il menù viene rinnovato ogni due settimane, utilizzando prodotti di stagione della terra. Vengono proposti, ad esempio, i taglierini al prosciutto e limone o il filetto di maiale marinato alle erbe fini del loro orto.
Cà du Re dispone anche di due camere curate in tutti i dettagli, situate in una costruzione adiacente a quella del ristorante chiamata Cà Giuditta. Dispongono di tutti i comfort, tra cui anche vasca idromassaggio, camino e terrazzo con una splendida vista sulle colline dell’Oltrepò Pavese.
Agriturismo Cà du Re Frazione Chiusani 35,
comune di Rocca Susella, 27052, PAVIA Telefono: 0383.941968 Cell: 348.8102358 Email: info@cadure.it www.cadure.it
Retorbido I
l giorno seguente ripartiamo alla volta di Retorbido, che raggiungiamo in una decina di minuti. Inizialmente dal 972 era possedimento del monastero di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, donato dal re Liutprando. Fu aggregato successivamente al feudo di Voghera. Nel quattrocento passò alle famiglie dei Robecco e Dal Verme. Nel centro del paese possiamo vedere davanti a Palazzo Pallavicini la chiesa della Natività di Maria, iniziata nel XVIII secolo. La facciata è in stile neoclassico, anche se si tratta invece di uno stile romantico rielaborato, come si usava nell’ottocento. La fronte presenta anche elementi in stile Liberty, con un portale principale, sormontato da una lunetta e, ai lati, due angeli in bassorilievo. L’interno è suddiviso in tre navate, all’incrocio del corpo longitudinale con il breve transetto si erge la cupola con le decorazioni di Carlo Morgani (1946). La chiesa è illuminata da due finestroni decorati con le scene della vita di Sant’Andrea e di San Rocco, del 1980. Bella la parte pittorica con le “Virtù Cardinali” nella cupola e le “Virtù Teologali” nel presbiterio. Vi è un particolare altare settecentesco in marmo; di fianco una notevole “Natività” dipinta su tela con motivi stilistici settecenteschi. Notevole l’altare maggiore decorata con marmi policromi sul quale incombe un tronetto a colonnette posto sopra il tabernacolo con portello in rame.
Chiesa della NativitĂ di Maria
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acciamo una visita anche alla chiesa di Sant’Andrea, la chiesa parrocchiale antica di Retorbido (fino al seicento), che sorge sulla via che porta alla frazione di Spinosa. Situata accanto al fiume Rile, è la chiesa più antica della zona, tanto che ne abbiamo una prima testimonianza nel 348 d.C. Si arriva all’edificio religioso da un lungo piazzale ricavato dall’antico cimitero; la chiesa romanica è stata successivamente rimaneggiata nel cinquecento. Nella parte absidale sorge il campanile, anch’esso in mattoni come il restante rivestimento. L’interno ha una navata unica, vi è un coro ligneo seicentesco, sormontato da un affresco eseguito del Legnani nel 1853 e che rappresenta la Vergine tra i Santi Andrea e Martino. Al centro della chiesa ammiriamo l’altare in marmo grigio, sopra al quale è posto un tempietto a tre colonne; belli i quadretti della Via Crucis realizzati da don Pollarolo nel 1982. Questa chiesa è stata completamente ristrutturata nel 1983 e riaperta al culto. Da segnalare anche il piccolo Oratorio di San Rocco (XVII secolo), il Palazzo settecentesco Durazzo Pallavicini in stile neoclassico e le Fonti di Retorbido. Queste si trovano lungo la strada che, passando attraverso la cascina Migliavacca, conduce a Rivanazzano. Le fonti sono completamente circondate dal verde collinare. Tre sono i tipi di acqua curativa che sgorgano qui, quella magnesiaca, solforosa e ferruginosa.
Sede municipale di Retorbido
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rima di ripartire facciamo tappa alla Birreria - Ristorante Gergovia, che ha iniziato la propria attività a conduzione famigliare dal mese di giugno 2009. Il locale si trova in via Guerra 8, proprio di fronte alla ex cantina sociale. Qui incontriamo Claudio, il Lupo. Ci racconta che qui vengono proposti ricercati tagli di bovino: costate, fiorentine, filetto e roast-beef, cucinati alla piastra senza nessuna contaminazione, per apprezzare il vero sapore della carne di qualità. A seconda della disponibilità e della stagione dell’anno, la tipologia di carne può variare tra limousine, piemontese e irlandese. Nelle serate di venerdì è possibile mangiare il pollo allo spiedo, tenero e magistralmente cucinato. Propongono inoltre primi tradizionali di cucina casalinga di produzione propria, opera della dedizione di mamma Emiliana. Da non trascurare la vasta scelta di birre, rigorosamente non industriali: TRAPPISTE, PILS, DUNKEL, WEISSE in bottiglia o alla spina. Non manca il vino, e la scelta cade sull’ AZIENDA AGRICOLA GHIA. IL LUPO e tutto il suo gruppo si dicono sempre pronti a rispondere ad ogni domanda posta dai clienti. Birreria Gergovia
Via Guerra 8, Retorbido (PV) Telefono: 0383 374482 Cellulare: 338 4849925 www.birreriagergovia.it
Birreria Gergovia
R
etorbido accoglie, proprio all’inizio del paese, la scultura del famoso artista pavese Marco Lodola. Posta nel dicembre 2011, l’opera è giunta qui su iniziativa dell’avvocato Agostino Guardamagna. Essa rappresenta il Re Alboino il quale, secondo la leggenda, proprio a Retorbido conobbe il giullare Bertoldo, personaggio simbolo del paese. L’opera di sera è completamente illuminata, secondo lo stile di Lodola. Anche di fronte alla chiesa della Natività di Maria, nel centro di Retorbido, si trova una scultura bronzea rappresentante il giullare Bertoldo, simbolo storico del paese. Raggiungiamo Borgo Priolo, vicinissimo, e passiamo la notte a la Torrazzetta. (vedi Volume 3).
Re Alboino di Marco Lodola
Codevilla G
iungiamo l’indomani mattina a Codevilla. Il paese risale all’epoca romana, situato in una delle due strade che collegavano Tortona e Casteggio. Codevilla si trova ai piedi delle colline dell’Oltrepò e si estende parte in pianura e parte in collina. Oltre alla tradizione rurale che accompagna storicamente il centro, la località si distingue per la presenza di importanti opere d’arte. Di alta rilevanza la Chiesa di San Bernardo in Codevilla, del XVI secolo; apprezzabile la facciata neoclassica datata 1933 dell’architetto Carlo Codebue, sulla quale domina un grande pronao con sei colonne di granito rosa con capitelli e il tipico timpano centrale, sopra una bellissima vetrata che raffigura San Bernardo. Si tratta di un grande edificio, a navata unica, dedicato al Santo patrono dei codevillesi. Alla chiesa è addossato un grande campanile edificato nel 1843. Tra le bellezze da segnalare all’interno dell’edificio, l’altare barocco in marmo policromo, una “Madonna del Rosario” in legno dipinto del settecento di scuola genovese e la “Vergine Immacolata” in marmo bianco del Seicento, di autore ignoto. Sopra l’altare maggiore, è presente una lunetta che rappresenta la Vergine in trono e il gruppo del Rosario, con Santa Caterina e San Domenico, opere di Dario Grandi.
C
i spostiamo a Mondondone, una delle frazioni di Codevilla, per ammirarne la chiesa, votata a San Bartolomeo. Le primissime notizie dell’edificio risalgono al 1408; il piccolo oratorio, semplice e a navata unica, è immerso in una bellissima distesa di faggi, ginepri e ginestre. Apprezzabile l’affresco sull’altare con la Vergine, rappresentata con i capelli sciolti e dalle mani giunte (purtroppo rimaneggiata nel tempo). Importante il castello di Mondondone, risalente a una data compresa fra il 996 e il 1029. Dopo l’importanza avuta dal castello e dalla sua corte in epoca medievale, l’edificio trascorse un periodo di declino. Nel XIX secolo, invece, trascorse una nuova epoca di grande vitalità grazie a diverse famiglie abbienti che da Voghera si recavano al castello in villeggiatura. Tra queste vi fu anche la famiglia Negri, che ospitò lo scrittore De Amicis, il quale, secondo la tradizione, conobbe qui la vicenda della piccola vedetta lombarda, trasformato poi in racconto nel celeberrimo “Cuore”. Oggi purtroppo resta poco delle vecchie glorie del passato, e del castello possiamo apprezzarne i resti. Da segnalare anche la Pieve e la Rocchetta di San Martino, insieme alle Fontane Sulfuree di Garlazzolo che fino alla metà del secolo scorso erano la meta prediletta delle gite domenicali di tutto il vogherese.
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er gli amanti dell’arte contemporanea, importantissima la Pinacoteca Negrotto Cambiaso (in Piazza Umberto I, presso il Municipio), collezione dedicata all’artista Maria Maddalena Rossi. Al suo interno vi sono quadri di alcuni maestri del novecento quali Guttuso, Sassu, Mucchi, Mafai, Afro e Caroll. Nella stessa piazza si trova il Palazzo Negrotto Cambiaso, abitato per molti anni dalla famiglia Lucchelli, dall’aspetto elegante, con alcuni elementi romantici, come la torretta merlata. Lungo la strada per Garlazzolo, segnaliamo anche Palazzo Rovida, costruito dai conti nel XVII secolo, una maestosa struttura barocca.
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ederica ci propone di fare una visita all’Azienda Casarinivini, che si trova nel comune di Codevilla lungo la strada che da Pavia porta a Salice Terme; circondata da splendide colline ricoperte di vigneti, l’azienda è stata fondata da Stefano Casarini, il quale dopo anni di lavoro nelle vigne e in cantina, ha deciso di mettere in pratica tutta l’esperienza maturata, intraprendendo un ambizioso progetto: far esprimere le grandi potenzialità delle uve dell’Oltrepò Pavese, creando vini di qualità, lontani dalle mode e rispettosi del territorio d’origine. I vini prodotti da Casarinivini sono fermi, frizzanti e spumanti, rossi, bianchi e rosè, imbottigliati e sfusi, tra cui Bonarda, Barbera, Pinot, Riesling, Moscato e Sangue di Giuda. Oggi l’azienda produce e commercializza circa 400.000 litri di vino all’anno, si avvale di moderne tecnologie che le permettono di ottenere vini d’alta qualità, pur rispettando i canoni della tradizione. Da Casarinivini, oltre ad acquistare gli ottimi vini, vi è un particolare locale dove si possono consumare pranzi, cene e soprattutto merende con numerosi prodotti tipici dell’Oltrepò e non solo: salame tipico di Varzi; salumi piacentini come mariola, coppa , pancetta, culaccia e stolghino di culatello, formaggi caprini, pecorini e vaccini accompagnati da chutney e composte, miele nostrano e pasticceria secca del “Sciur Garo”. I prodotti tipici sono disponibili anche per pregiate confezioni regalo che verranno create direttamente a piacere del cliente. Casarinivini ha voluto selezionare per i suoi clienti questi particolari prodotti di qualità, proprio perché da qui il gusto non trova confini !! Casarinivini S.P.Bressana-Salice 27050 Codevilla - Pavia E-mail: info@casarinivini.com Telefono: 0383.73682 www.casarinivini.com
Casarinivini
Casarinivini
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ilvia si ferma invece all’Azienda vitivinicola Torrevilla. I proprietari raccontano a Silvia l’importante storia dell’azienda: nel 1907 nasce la Cantina sociale di Torrazza Coste; nel 1931 nasce la Cantina Sociale di Codevilla; nel 1970 avviene la fusione fra le due cantine dando origine alla Cantina sociale di Torrazza Coste e Codevilla. Agli inizi degli anni ottanta viene impressa una svolta qualitativa alla produzione con l’esecuzione di un piano di ristrutturazione e sviluppo tecnologico. Viene creato il marchio TORREVILLA che dal 1990 diventa ragione sociale. Negli anni novanta si continua il programma di investimenti in campo tecnologico e commerciale, viene avviato il progetto Uve di Qualità in collaborazione con l’Istituto di Viticoltura dell’Università di Milano ed assunto un Tecnico responsabile della gestione dei vigneti appartenenti alle aziende associate. All’inizio degli anni duemila viene impressa un’ulteriore accelerazione verso l’incremento produttivo di vini in bottiglia. Viene potenziato il settore commerciale attraverso l’assunzione di nuovi agenti di vendita dando incremento al sistema distributivo mediante l’inserimento dei vini e spumanti nel canale della Grande Distribuzione: tra il 2003 ed il 2010 il numero di bottiglie vendute passa da uno ad oltre tre milioni di pezzi. Oggi TORREVILLA rappresenta per l’Oltrepò un “marchio” molto noto che si distingue per la serietà aziendale e la qualità dei propri prodotti.
Azienda vitivinicola Torrevilla
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l 2011, anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, viene celebrato da TORREVILLA con la presentazione del Rosso d.o.c. Oltrepò Riserva, un vino importante, ottenuto da pregiatissime uve barbera, croatina e pinot nero denominato GinestroCaprera. Tale vino è un omaggio a Giuseppe Garibaldi ed ai Marchesi Anna e Giorgio Pallavicino Trivulzio, allora proprietari della tenuta di Genestrello, luogo che ha ospitato l’Eroe dei due mondi e dove, tra le tante cose, egli ha avuto modo di apprezzare il buon vino prodotto nella tenuta (ora associata a TORREVILLA), diventandone tanto estimatore al punto di voler realizzare nella Sua Caprera un vigneto con le marze dell’uva di Genestrello.
Azienda vitivinicola Torrevilla - Vigneti
Torrazza Coste L
a nostra prossima tappa è un paesino poco distante, Torrazza Coste. Prima del paese ammiriamo dalla nostra jeep i suggestivi e così chiamati Orridi di Sant’Antonino, delle pareti naturali di marna argillosa dai vari colori, che svettano a picco su profondissime fenditure del suolo. I periodi estivi, cioè quando c’è maggiore siccità, sono ideali per ammirarli. Prima di arrivare al paese ci fermiamo per una visita alla piccola chiesa di Sant’Antonino, che si raggiunge dalla strada provinciale di val Schizzola. L’edificio sacro, il più antico di Torrazza Coste e di tutta la Diocesi di Tortona, è datato 1006, e contiene un importante Cristo morto del cinquecento, un antico organo del 1809 e un pagliotto dell’altare maggiore del 1695, della Compagnia del SS. Sacramento (confraternita attiva ancora oggi all’interno della parrocchia). La dedicazione a Sant’Antonino ricorda il soldato romano della legione Tebea, sfuggito miracolosamente all’eccidio della sua legione ordinata dall’imperatore Massimiliano; Sant’Antonino subì successivamente il martirio nel 304 d.C. nel villaggio di Travo, nei pressi di Piacenza. Prima della sua morte, nel 1031, il Vescovo di Piacenza Sigfrido inviò reliquie del Santo a diverse parrocchie nel piacentino e anche a Torrazza Coste, dove, peraltro, il culto di Sant’Antonino si era già da tempo sviluppato.
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er la costruzione della chiesa attuale furono utilizzati materiali di reimpiego di una chiesa preesistente, distrutta alla fine del XVI secolo. Il nuovo edificio, concluso nel 1584, è di stile romanico, a una navata unica e presenta, sopra l’unico portale d’ingresso, un bell’affresco raffigurante il Santo. Entrando nella chiesa, sulla sinistra, si osserva il battistero e più avanti, in piccole cappelle, vi sono due altari, una dedicata a Sant’Antonio da Padova, l’altro alla Vergine Immacolata. Nel presbiterio si può ammirare un altare in marmo bianco datato 1906. Annesso al corpo della chiesa, sul lato nord, si trova il tozzo campanile alto 14 metri. La piccola chiesa ha però subito nei secoli gravi danni strutturali, causati soprattutto dalle frane, tanto da necessitare di una significativa ristrutturazione dal 2000 al 2005. Il parroco ci spiega che la grande croce che è posta sul muro della facciata non è solo un ornamento, ma è la chiave strutturale che regge tutto l’edificio. Dietro la croce partono infatti delle chiavi strutturali lunghe 18 metri che entrano nell’edificio e che sostengono la struttura della chiesa. Arriviamo a Torrazza Coste, con i suoi magnifici vigneti. Questo paese, di religiosità silenziosa ma intensamente vissuta, ci presenta la sua chiesa del 1625 dedicata a San Carlo Borromeo, patrono del paese, e dalle decorazioni interne barocche. Il campanile, recentemente restaurato, svetta sulla collina, ed è visibile da lontano, a chi arriva dalla vallata.
Chiesa di San Carlo Borromeo
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oiché a tutte è salita un po’ di fame, Sara e Lucia provano la cucina dell’Osteria del Campanile. Aperta dal 1975, consolidata attività familiare, dal 2000 si trasforma in enoteca con ristorante. Ed è proprio per questa caratteristica del locale, non è un ristorante bensì un’ Enoteca. Immersa nel verde dell’Oltrepò Pavese, l’Osteria del Campanile fa sognare, richiamando antiche e semplici atmosfere di un tempo passato. L’ambiente è caldo, accogliente e familiare, soprattutto grazie alla cordialità e disponibilità del personale. Il menù offre piatti tipici legati alla tradizione dell’Oltrepò, dalla bassa Lombardia alla Liguria, accompagnati da ottimi vini.
Osteria del Campanile Via Cadelazzi 1 Torrazza Coste - Pavia Telefono: 0383 77393 Cellulare: 347 8452526 E-mail: manolo @osteriadelcampanile.it www.osteriadelcamapnile.it
Osteria del Campanile
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ilvia, Laura e Federica, invece, decidono di fermarsi presso una famosa azienda agricola locale, quella del signor Michele Ghia. La sua azienda si trova in località Molino Giarelli, sempre nel comune di Torrazza Coste. Per arrivarci, ci basta imboccare la strada che porta in Val Schizzola, raggiungibile sia da Torrazza Coste, che da Montebello della Battaglia e Casteggio. Arrivate, incontriamo il signor Michele, il padrone di casa, il quale ci informa che la sua azienda è a conduzione familiare ed esiste da più di un secolo. Michele coltiva qui vitigni di croatina e uva bianca, con cui viene prodotta la sua specialità, “la bonarda” (60% croatina, 30% barbera, 10% uva rara), cavallo di battaglia dell’azienda. Per quanto riguarda i vini bianchi, qui si producono Riesling italico, Pinot nero, Cortese e Moscato. Dopo una buona degustazione di vini, ci vengono proposti alcuni frutti di stagione, colti direttamente dai frutteti dell’azienda: albicocche e susine dolcissime soddisfano a pieno il palato di tutte noi! L’azienda fa vendita diretta di tutti i loro prodotti.
Azienda Agricola Ghia Michele Via Schizzola 87, 27050 Torrazza Coste (PV) Telefono 0383/364197 Mobile 338/8591172 ghiamichele@interfree.it
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roprio Michele (Az. Agr. GHIA) ci suggerisce una visita all’Oratorio della Madonna di Pontasso. E’ situato in una zona boschiva, un po’ da scoprire, ma ne vale la pena. L’oratorio sorse nel VI secolo ed è dedicato alla Beata vergine Maria. La leggenda vuole che durante l’assedio di Pavia (569 – 572) un giovane guerriero longobardo, il conte Asso o Azzo, si era spinto sulle colline della zona per cacciare. Essendosi smarrito, chiese la grazia alla Vergine per ritrovare la via del ritorno. Una volta pronunciato quel voto gli apparve la Madonna che gli indicò la strada giusta per uscire dal bosco. La facciata è in mattoni rossi e, sopra la porta d’ingresso, di vede una lapide in marmo bianco con lo stemma gentilizio che ricorda il marchese Negrotto Cambiaso di Codevilla. All’interno il coro è completamente ricoperto da affreschi di inestimabile valore, databili dal XIII secolo, come L’Annunciazione, l’Offerente (lato nord) e la volta con l’affresco di Dio Padre. Sono tutte opere dello stesso pittore, che operò anche al Santuario di Sant’Alberto di Butrio. Vi sono anche alcuni stemmi databili X secolo. Entrando, sulla parete di sinistra, si trova l’affresco di una figura inginocchiata tra santi, probabilmente il nobile Beccaria, committente degli affreschi della cappella. Purtroppo oggi la chiesa non versa in buone condizioni di conservazione, ma la sua importanza storico-artistica le ha fatto acquistare il titolo di monumento nazionale.
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ul territorio di Torrazza Coste si trova il Centro di Ricerca, Formazione e Servizi della Vite e del Vino Riccagioia. Si tratta di una società consortile per azioni, costituita nel 2011, e nata da un progetto che Regione Lombardia ed ERSAF (Ente per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste) che hanno voluto coinvolgere enti pubblici e società private. I servizi offerti sono rivolti sia a soddisfare le esigenze di agricoltori, tecnici, vivaisti, ditte ed enti dei settori viticolo ed enologico, sia al mondo della ricerca, delle università e centri lombardi di ricerca e formazione. Il complesso dispone di una serie di laboratori specializzati per analisi di vini, terreni e materiali vegetali; è dotato di una moderna cantina e di vigneti didattici, di un nucleo di premoltiplicazione per la produzione e la vendita di materiale viticolo e di un polo formativo atto ad ospitare corsi, convegni, manifestazioni ed eventi. Questa realtà d’eccellenza, che opera sia a livello regionale che nazionale, ha sede in una meravigliosa dimora storica immersa nel verde e recentemente ristrutturata Il presidente è il Dott. Carlo Alberto Panont.
Societa’ RICCAGIOIA
Via Riccagioia, 48 27050 TORRAZZA COSTE (PV) Telefono: 0383 377520 Fax: 0383 377532 E-mail: info@riccagioia.it PEC: riccagioia@legalmail.it www.riccagioia.it
SocietĂ Riccagioia
“Oltrepò
di cantina in cantina ... alla scoperta dell’eccellenza”
Vol. 4 - Voghera
Rivanazzano Terme - Salice Terme - Godiasco - Ponte Nizza - Cecima Bagnaria Varzi - Santa Margherita di Staffora - Brallo di Pregola - Monte Penice Godiasco - Montesegale - Rocca Susella - Retorbido Codevilla - Torrazza Coste
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