Le isole dell'avventura. La quarta parte del libro di Primaleone, Venezia, 1560

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U NIVERSITÀ

DEGLI

S TUDI

DI

V ERONA

FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

TESI DI LAUREA LE ISOLE DELL’AVVENTURA. LA QUARTA PARTE DEL LIBRO DI PRIMALEONE, VENEZIA, 1560

RELATORE: Prof.ssa Anna Bognolo

LAUREANDA: GIULIA MONTRESOR

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


I NDICE

Introduzione………………………………………………………………………………………… ……………………………..…p.5 Capitolo1. Il romanzo cavalleresco spagnolo…………………………………………………………..………….….p.7 1.1

L’origine

dei

libros

de

caballerías...................................................................................p.7 1.2

La

relazione

con

la

storia……………………………………………………………………………………....p.9 1.3

Il

corpus

dei

libros

de

caballerías.................................................................................p.10 1.4

Le

caratteristiche

narrative

tipiche

del

genere……………………………………………..……p.15 1.5

La

varietà

dei

libri

cavallereschi………………………………………………………………….………p.18 1.6

L’intertestualità

dei

libri

cavallereschi………………………………………………………………..p.19 1.7

La

fortuna

dell’industria

editoriale

veneziana………………………………………………….....p.21 1.8 Le continuazioni italiane dei libri cavallereschi spagnoli e il caso della Quarta parte

di

Primaleone…………………………………………………………………………………… ………………………..….p.22 2.

Le

Isole

e

il

romanzo

cavalleresco………………………………………………………………………………….… p.25

2


2.1

Le

isole

nella

letteratura

dell’antichità

e

del

Medioevo……………………………………....p.25 2.2

Le

isole

nella

letteratura

cavalleresca……………………………………………………………...….p.26 2.3

Il

valore

morale

dell’isola……………………………………………………………………………….….…p.27 2.4

Le

isole

dell’Amadís

de

Gaula.......................................................................................p.29 2.5

L’isola

nel

Don

Chisciotte…………………………………………………………………………..…..……..p.30 2.6

Le

isole

nella

Quarta

parte

di

parte

di

Primaleone………………………………………………..p.31 2.7

L’isola

Sirena………………………………………………………………………………………………… .….….p.33 2.7.1

L’Isola

intesa

come

rifugio

e

origine……………………………………………………..…p.33 2.7.2

Il

personaggio

di

Eurania,

fata

madrina

di

Darineo…………………………….……..p.37 2.8

L’isola

Galvana,

l’isola

abitata

dai

giganti……………………………………………………………..…p.41 2.8.1

L’isola

in

relazione

alla

mostruosità

e

all’alterità………………………………………p.41 2.8.2

I

giganti

Corcutto

e

Marione

Alfea

e

come

rappresentanti

del

conversione

al

paganesimo………….p.43 2.8.3

La

gigantessa

cristianesimo………………………….p.46

3

la

sua


2.9

L’isola

Sfortunata,

l’isola

abitata

dalle

mito

delle

amazzoni……………………………………………………..p.49 2.9.1

Uno

sguardo

al

amazzoni…………………………………………………………p.50 2.9.2

Il

mito

delle

amazzoni

durante

il

Rinascimento………………………………………..p.52 2.9.3 La conversione delle amazzoni e la sottomissione spontanea al sesso Maschile……………………………………………………………………………… …………………………..p.56 2.9.4 Il personaggio di Aliandra, fusione tra l’amazzone e la

“doncella

guerrera”……………………………………………………………………………… ……….p.61 3.

Scheda

de

La

quarta

parte

del

libro

di

Primaleone…………………………………………………………….p.65 3.1

Riassunto

dell’opera…………………………………………………………………………………………… ….p.65 3.2

Indice

dei

nomi………………………………………………………………………………………………… ….…p.91 Conclusioni………………………………………………………………………………………… …………………………………..p.121 Bibliografia………………………………………………………………………………………… ………………………………….p.123

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Introduzione

Fin dall’antichità esiste una stretta relazione tra la geografia e la letteratura. Le narrazioni, per i geografi antichi, erano sia una fonte d’ispirazione che una forma di rappresentazione. Tale relazione è particolarmente importante in Spagna durante il periodo delle grandi scoperte geografiche, quando le nuove frontiere spaziali diedero un nuovo slancio alla creazione letteraria. La letteratura cavalleresca spagnola del Rinascimento presta particolare attenzione ad un tipo di spazio geografico: l’isola. Il presente studio si propone di analizzare lo spazio insulare in un romanzo del Rinascimento in cui il protagonista si sposta da un’isola all’altra in cerca di avventure: si tratta della quarta continuazione originale del libro del Primaleone scritto da Mambrino Roseo da Fabriano a Venezia nel 1560. È importante analizzare la narrazione dal punto di vista degli spazi geografici che vi si articolano, perché questi non svolgono solo la funzione di mere ambientazioni, ma spesso assumono delle valenze simboliche e metaforiche importanti per capire, al di là della narrazione, le ideologie morali più nascoste che l’autore ci vuole implicitamente comunicare. Nell’analizzare le isole presenti nel testo, dobbiamo considerare che le simbologie legate agli spazi insulari hanno una lunga tradizione letteraria. Si pensi all’Odissea, in cui le isole incontrate da Ulisse si trasformano in vere e proprie allegorie didattiche, verso cui l’eroe viaggia per poi tornare alla sua Itaca arricchito di un bagaglio inestimabile di valori ed esperienze. Si pensi anche alla tradizione folklorica celtica dove l’isola come spazio ignoto, utopico e distante dalle leggi abituali e convenzionali, trova ampio riscontro come dimora dei defunti, o si pensi infine anche all’Antico Testamento, in cui si può leggere nella Genesi che il Giardino dell’Eden è situato su un’isola ad Oriente. Non c’è da stupirsi quindi se, nei romanzi cavallereschi spagnoli, le isole giocano un ruolo fondamentale; infatti il genere dei libros de caballerías trova le sue fonti d’ispirazione nella letteratura classica, in quella nordica del ciclo arturiano e nella Bibbia, dalla quale attinge inoltre un certo affascinato interesse per l’Oriente. Nel testo che inaugura il genere cavalleresco in Spagna, l’Amadís de Gaula, l’autore infatti include i viaggi marittimi del protagonista a partire dal terzo libro del ciclo e li incrementa quando l’ambientazione si sposta verso Oriente. 5


Avvalendomi quindi del riferimento a queste tradizioni, cercherò di analizzare il testo e di interpretare i significati delle isole presenti nella Quarta parte del libro di Primaleone, continuazione italiana del ciclo cavalleresco spagnolo di Primaleón, che si mostra coerente con le rappresentazioni geografiche presenti nei cicli iberici. Non esiste un’edizione moderna di questo testo, molto raro e conservato in scarsi esemplari in poche biblioteche. Mi sono avvalsa quindi dell’esemplare della Biblioteca Nacional de Madrid, riprodotto in supporto digitale leggendo le pagine originali del testo fotografate e digitalizzate su cd. La mia lettura e comprensione del testo originale del 1560 non è stata perciò né immediata né semplice. Il presente studio fa parte del “Progetto Mambrino”, programma di esplorazione del romanzo cavalleresco spagnolo che ebbe successo in Italia nel Cinquecento; una ricerca che si svolge all’università di Verona dal 2003 coinvolgendo studenti e laureandi nella lettura e di un corpus di libri completamente inesplorato, ma di grande diffusione nella sua epoca, costituito dalle traduzioni e continuazioni italiane del libros de caballerías spagnoli, come quelli del ciclo di Amadís e di Palmerín. L’intento di questo progetto, che prende a modello le Guías de Lectura prodotte per i romanzi spagnoli dal “Centro de Estudios Cervantinos” di Alcalá de Henares, è quello di fornire una raccolta di materiali prontamente consultabile da chiunque intenda avere agevolmente informazioni chiare sulle opere. Si fornisce quindi innanzitutto un accurato riassunto e un esaustivo indice dei nomi dei personaggi presenti nel racconto, che forma la seconda parte della tesi. La prima parte è invece costituita da uno studio di approfondimento su un tema a scelta, che nel mio caso è stato appunto quello del significato delle isole. Mi auguro di presentare adeguatamente un testo che non ha suscitato finora grande attenzione. Si tratta di un testo minore, ma nella sua epoca fu molto conosciuto. Per farlo affronterò nel primo capitolo lo sviluppo e le caratteristiche dei libros de caballerías castigliani, poi analizzerò, nel secondo capitolo, l’importanza simbolica delle ambientazioni insulari nel genere cavalleresco e in particolare nella Quarta parte del libro di Primaleone. Nella parte finale fornirò il riassunto dell’opera e un esaustivo Indice dei nomi dei personaggi presenti nella narrazione.

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CAPITOLO 1 Il romanzo cavalleresco spagnolo 1.1 L’origine dei libros de caballerías Il genere dei libros de caballerías ha le sue radici nel romanzo arturiano, al quale Chrétien de Troyes alla fine del XII secolo, nel nord della Francia, affidò alcuni tra i miti più famosi, come l’amore tra Ginevra e Lancillotto o la ricerca del santo Graal.Infatti, quella conosciuta come “materia di bretagna” composta dalle avventure di Re Artù, del mago Merlino e dei cavalieri della tavola rotonda, si diffuse durante il secolo XIII grazie alle due “prosificazioni” conosciute come Vulgata e Post-Vulgata che furono tradotte e reinterpretate nelle altre lingue della Románia occidentale: catalano, castigliano, gallego-portoghese, provenzale, italiano etc. Le origini dei libri di cavalleria spagnoli vanno poste nell’Amadís de Gaula, scritto agli inizi del XIV secolo, diffuso in Castiglia grazie a Garci Rodríguez de Montalvo nella versione conosciuta tutt’oggi pubblicata a Saragozza nel 1508. Un genere quindi che eredita vari testi di avventura cavallereschi che si succedettero durante il Medioevo, ma grazie a Montalvofu concepitocon una nuova proposta narrativa alla luce dello spirito del rinascimento spagnolo1. Con l’Amadís de Gaula si inaugura un nuovo genere letterario di “storie di fantasia” come le definisce l’autore nel prologo: ...otros hubo más baja suerte que escribieron, que no solamente edificaron sus obras sobre algún cimiento de verdad, mas ni sobre el rastro d’ella. Estos son los que compusieron las historias fengidas en que se hallan las cosas admirables fuera de la orden de natura, que más con nombre de patraña que de crónicas con mucha razón deben ser tenidas y llamadas...2

I libri di cavalleria spagnoli ebbero un successo incessante durante il XVI e il XVII secolo testimoniando i cambiamenti culturali, infiltrandosi nelle trasformazioni politiche ed economiche di un impero che in questo periodo raggiunse i più alti livelli di potere, ma che cadde anche in decadenza. Questo periodo storico viene chiamato in Spagna Siglos de 1 JOSÉ MANUEL LUCÍA MEGÍAS E EMILIO JOSÉ SALES DASÍ, Libros de caballerías castellanos (siglos XVI-XVII), Ed. Del Laberinto S.L., 1998, p.87

2 GARCI RODRÍGUEZ DE MONTALVO,Amadís de Gaula, Ed. Cátedra a cura di Juan Manuel Cacho Blecua,Madrid,1987, prologo.

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Oro, in riferimento sia all’oro proveniente dall’America, ma anche e soprattutto perché coincide con un’epoca dorata della letteratura. In questo ambiente culturale i romanzi cavallereschi vennero considerati delle vere e proprie opere d’intrattenimento. Proprio perché sono stati a lungo considerati letteratura oziosa e fantasiosa, non verisimile come la storiografia, i romanzi cavallereschi furono tralasciati a lungo dagli studiosi che, nella letteratura aurea del periodo, scelsero di occuparsi piuttosto di altri generi letterari, come la picaresca o il romanzo pastorale, più consoni ai canoni configuranti la prosa del periodo rinascimentale spagnolo. In realtà i libros de caballerías furono un genere molto importante: dalla pubblicazione dell’Amadís de Gaula di Garci Rodríguez de Montalvo, apparvero più di settanta titoli oltre agli adattamenti e traduzioni di testi catalani, portoghesi e italiani, alle reedizioni di alcuni titoli all’interno e all’esterno della penisola Iberica e alle traduzioni in altre lingue. Essi costituiscono quindi un corpus importante e inspiegabilmente sottovalutato da parte della moderna storiografia letteraria spagnola, per la quale il genere si riduce a poco più del Amadís de Gaula, Palmerín de Inglaterrae il Espejo de príncipes y Caballeros3. A differenza del romanzo pastorale o di quello picaresco, privilegiati dalla critica, quello cavalleresco fu poco considerato e per molto tempo fu ignorato il suo ingente corpus testuale, la sua posizione in relazione con gli altri generi letterari dell’epoca e la grande popolarità raggiunta. Senza dubbio la cavalleria costituiva, anche durante i secoli XVI e XVII, una forma di cultura, un poderoso sistema di ideali e una visione del mondo che questi libri seppero preservare, adattandosi ai gusti e alle aspettative della società del momento. La scarsa considerazione che c’è stata per loro deriva paradossalmente proprio dal loro essere oggetto di una produzione di massa per cui si sono visti screditati dagli studiosi. Infatti, solitamente, il credito di un’opera d’arte tende a variare in proporzione inversa al suo successo commerciale. Fortunatamente, a difesa dei romanzi cavallereschi si possono rileggere le parole del canonico di Toledo, personaggio del Quijote, che apprezzava le caratteristiche essenziali del genere: 3 MARÍA DEL CARMEN, MARÍN PINA, Páginas de sueños. Estudios sobre los libros de caballerías castellanos, Saragozza, Institución Fernando el Católico, 2011, p.20

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…con todo cuanto mal había dicho de tales libros, hallaba en ellos una cosa buena: que era el sujeto que ofrecían para que un buen entendimiento pudiese mostrarse en ellos, porque daban largo y espacioso campo por donde sin empacho alguno pudiese correr la pluma, descubriendo naufragios, tormentas, rencuentros y batallas; pintando un capitán valeroso con todas las partesque para ser tal se requieren, mostrándose prudente previniendo las astucias de sus enemigos, y elocuente orador persuadiendo o disuadiendo a sus soldados, maduro en el consejo, presto en lo determinado, tan valiente en el esperar como en el acometer; pintando ora un lamentable trágico suceso, ahora un alegre y no pensado acontecimiento; allì una hermosísima dama, honesta, discreta y recatada; aquí un caballero cristiano, valiente y comedido; acullá un desaforado bárbaro fanfarrón; acá un príncipe cortés, valeroso y bien mirado; representando bondad y lealtad de vasallos, grandezas y mercedes de señores. Ya puede mostrarse astrólogo, ya cosmógrafo exelente, ya músico, ya inteligente en las materia de estado, y tal vez le vendrá ocasión de mostrarse nigromante, si quisiere [...] Y, siendo esto hecho con apacibilidad de estilo y con ingeniosa invención, que tire lo más que fuere posible a la verdad, sin duda compondrá una tela de varios y hermosos lazos tejida, que, después de acabada, tal perfeción y hermosura muestre, que consiga el fin mejor que se pretende en los escritos, que es enseñar y deleitar juntamente, como ya tengo dicho. Porque la escritura desatada destos libros da lugar a que el autor pueda mostrarse épico, lírico, trágico, cómico, con todas aquellas partes que encierran en sí dulcísimas y agradables ciencias de la poesía y de la oratoria; que la épica también puede escribirse en prosa o en verso4.

1.2 La relazione con la storia Ritenuti generalmente falsi e fantasiosi, i libri di cavalleria sembrano vivere alle spalle della realtà, ma non è esattamente così. La fabula cavalleresca, con la sua invenzione poetica, nasconde sottili collegamenti con il loro momento storico, che noi lettori moderni, libro dopo libro, scopriamo in un appassionante gioco di decodificazione. Infatti i libri cavallereschi si possono considerare un genere letterario vincolato alla realtà storica di Castiglia e Aragona, durante i secoli XVI e XVII. Un genere che aveva, specialmente agli albori, una finalità chiaramente ideologica e propagandistica (come tanti altri generi diffusi e appoggiati dal potere), per cui era necessario mostrare in modo chiaro modelli di condotta e modelli politici in stretta relazione con i problemi di quei momenti storici. D’altro canto gli avvenimenti storici condizionarono la loro diffusione. Nell’epoca dei Re Cattolici si costituì una monarchia forte e poderosa. Infatti durante il loro regno ci furono dei momenti di trionfo come la riconquista di Granada nel 1492, la scoperta dell’America, la conquista del regno di Napoli (1501); ma anche altri momenti meno splendidi come l’espulsione degli ebrei, nel 1492. Inoltre durante il loro regno ebbero inizio tre processi che influirono sulla vita culturale e politica del XVI secolo. Innanzi tutto vi fu l’arrivo della stampa in Castiglia e Aragona, con le relative imposte fiscali emanate dalla corona che la convertirà presto in un’industria; in secondo luogo vi fu la costituzione della 4 MIGUEL DE CERVANTES, Don Quijote de la mancha I, Madrid, Castalia, 1997, p.618, cap.XLVII.

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lingua spagnola come lingua di cultura grazie alla Gramática Castellana (1492) di Nebrija; ed infine la nascita dell’Inquisizione avvenuta in Castiglia nel 1478. Ad ogni modo un evento storico che ebbe, più di altri, un enorme influsso sulla diffusione e il successo dei primi libros de caballerías fu la guerra intrapresa dai Re Cattolici in nord Africa che, successivamente alla caduta di Granada, si considerava una vera e propria crociata contro gli infedeli. Questo periodo di splendore spagnolo, si trasformò, passando attraverso il regno splendido e controverso di Carlo V, in un periodo di crisi e bancarotte sotto il regno di Filippo II. In tutto questo tempo, durante il secolo XVI, il genere cavalleresco prosperò e si definì progressivamente, sperimentando nuovi temi e forme. In realtà, però, la fine del Concilio di Trento con il recupero del potere centralizzato della Chiesa di Roma, rappresentò un duro colpo per gli stampatori spagnoli che furono soppiantati dall’industria fiamminga, francese e veneziana 5. Così in Spagna il genere cavalleresco continuò a diffondersi non più a stampa, ma per mezzo di manoscritti6. Quindi si può affermare che il mondo apparentemente immaginario dei romanzi cavallereschi è, in realtà, fortemente legato agli sviluppi degli eventi politici e sociali dell’epoca.

1.3 Il corpus dei libros de caballerías Come definire il genere cavalleresco? Prima di tutto è utile definire una “materia cavalleresca” più ampia, dove si includono opere di natura differente, come romances, storie cavalleresche brevi, poemi cavallereschi, narrativa cavalleresca spirituale, teatro di temi cavallereschi, opere accomunate da caratteristiche narrative, ideologiche ed editoriali simili7. La materia narrativa cavalleresca mostra le avventure e gli amori di una serie di personaggi appartenenti al ceto nobiliare. Le storie ruotano intorno a questi temi e vicende fondamentali e vengono organizzate su una struttura aperta che rende facile inserire le 5 JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS e EMILIO JOSÉ, SALES DASÍ, op.cit. pp.19-24

6 Ivi, pp.64-65

7 Ivi, pp.28-33, nelle cui pagine si può trovare un approfondimento per ogni tipo di opera di “materia cavalleresca” elencate.

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continuazioni e moltiplicare le avventure seguendo il modello dell’ entrelacement narrativo. L’eroe difende un modello ideologico di società aristocratica, difende i princîpi che permettono il mantenimento del suo potere; ciò nonostante, non dobbiamo dimenticare che la materia cavalleresca costituì anche una delle basi dell’editoria spagnola, dell’industria di produzione di massa e distribuzione di libri. Insomma le opere del genere cavalleresco si stamparono e si lessero accumunate da una serie di caratteristiche tipografiche, quindi esterne, precise, che facevano appello al grande pubblico. Come si è detto L’Amadís de Gaula, dà origine al genere, ma anche al suo disegno editoriale; infatti tutte le opere successive seguirono le sue caratteristiche “esterne”, per le quali i libri di cavalleria risultano inconfondibili: stampa in formato in-folio e caratteri gotici su due colonne. Solitamente sono libri molto estesi, contenenti dai 100 ai 300 fogli. Il formato in-folio è utilizzato abitualmente, all’epoca, per le edizioni di opere di grande estensione. Inoltre la disposizione del testo su due colonne, con l’iniziale decorata e le incisioni che adornano alcune pagine, avvicinano il libro stampato al manoscritto medievale. Queste caratteristiche dell’aspetto fisico dei libri cavallereschi spagnoli mostra una coerenza editoriale che si deve tenere presente per definire una caratterizzazione e una normalizzazione del genere. Inoltre bisogna ricordare che i romanzi cavallereschi venivano lanciati sul mercato in serie o cicli. Il ciclo più antico e più famoso è quello degli Amadís, composto da dodici volumi, eterogenei tra loro, scritti da autori differenti e con protagonisti i discendenti di Amadís de Gaula, libri che ottennero un grande successo e che crearono un pubblico fedele e affezionato. Francisco Vázquez si ispirò al ciclo di Amadís e immaginò altri eroi differenti, il ciclo dei Palmerín, e da qui nacquero le mille sfaccettature dell’eroe cavalleresco e un fecondo e infinito filone narrativo. Da quel momento, dopo la pubblicazione di Palmerín de Olivia (1511) e di Primaleón(1512), i vari titoli si succedettero a ritmo sfrenato, con varie serie composte da autori diversi8. Lo sviluppo e il successo del genere si lega indissolubilmente allo sviluppo della stampa e, grazie a questa, i libri cavallereschi diventarono uno dei maggiori successi editoriali del XVI secolo, con un alto margine di guadagno economico. Si può dire che diventarono un vero e proprio genere editoriale:associano infatti le caratteristiche interne, che permettono 8 MARÍA DEL CARMEN, MARÍN PINA, op.cit., p.26

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a più testi di definirsi come appartenenti ad un medesimo genere letterario, con quelle esterne che evidenziano dei vincoli (tipografici o iconografici) tra loro. In altre parole il genere editoriale si riferisce al lettore (in rapporto al testo) come al compratore (in rapporto al libro inteso come oggetto), grazie a determinate aspettative di ricezione, codificate e riconoscibili da tutti, che possono essere sfruttate dai librai e dagli editori per rendere più attraenti i prodotti9.

9 JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS, Antología de libros de caballerias castellanos, Alcalá de Henares, Centro de estudios Cervantinos, 2001, introduzione p.XIX

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Frontespizio del Primale贸n, Salamanca, 1512

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Prima carta del Primaleón, a cura di Francisco Delicado, Venezia, 1534 Infatti la stampa incentivò la lettura e con questa, un genere di letteratura per alimentarla, come la letteratura d’intrattenimento, di cui questi libri costituiscono uno dei più chiari esempi. Attenti ai gusti del pubblico e al guadagno, i tipografi, i librai e gli editori, assieme agli autori, tracciarono le tendenze letterarie orientando il gusto dei lettori; con l’aiuto della stampa fissarono il canone della letteratura durante i primi anni del XVI secolo e organizzarono il mercato. A questo commercio letterario presero parte scrittori delle più diverse condizioni, alcuni dotati di ingegno e altri meno creativi. Ad ogni modo, la domanda e il mercato letterario, sorto intorno a questi libri, portano con sé la professionalizzazione della scrittura e una progressiva e moderna coscienza della figura dell’autore. Assieme ai libri stampati, non si deve dimenticare la ventina di romanzi cavallereschi manoscritti ritrovati negli ultimi anni, fatto che ha obbligato la critica a ridiscutere la durata del genere, che sopravvisse dopo la pubblicazione delle due parti del Don Quijote. Infatti alla fine del secolo XVI il manoscritto diviene un mezzo frequente di diffusione del genere cavalleresco, mentre la crisi economica debilita la stampa spagnola alla fine del secolo. È evidente che il manoscritto non poteva competere con l’impatto del libro stampato, ma assicurò la sopravvivenza del genere e il ritrovamento di diverse copie di un medesimo titolo conferma la presenza della domanda in certi circoli cortigiani10. Possiamo quindi affermare di essere di fronte ad un unico genere narrativo che manterrà il suo vigore durante tutto il secolo XVI e oltre. Infatti ci stiamo muovendo in un arco temporale di centocinquant’anni, senza limiti di frontiera, perché i libros de caballerías si pubblicarono in tutte le città di Castiglia e Aragona come anche in Portogallo, Italia, nelle Fiandre e in Francia. Addirittura alcuni cicli ebbero continuazioni al di là della penisola Iberica, in altre lingue; all’interno di questo ampio arco temporale, siamo a conoscenza dell’esistenza di quasi ottanta opere diverse. Ma tali opere si possono considerare tutti simili fra loro? Ovviamente no. È impossibile che un genere che si copia e che si ripete fino alla sazietà possa sopravvivere per più di un secolo, con quasi ottanta titoli e un centinaio di edizioni, e migliaia di esemplari. È anche difficile definire l’evoluzione del genere, dato il volume del corpus testuale e la scarsa conoscenza che ancora abbiamo di alcuni testi. Sembra più facile tracciare una 10 MARÍA DEL CARMEN, MARÍN PINA, op.cit., p.33

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traiettoria editoriale, i momenti di auge, di crisi e ripresa del genere considerando le edizioni e ristampe dei titoli durante i secoli XVI e XVII. I libri pubblicati in questo periodo presentano importanti innovazioni tematiche e nelle tecniche narrative che aumentano durante il regno di Carlo V (1517-1556), il periodo che conta più esemplari in lingua castigliana. L’abdicazione di Carlo V in favore del figlio Filippo II coincide con l’inizio del declino editoriale della letteratura cavalleresca; infatti tra il 1556 e il 1598 si pubblicarono solamente sette o otto titoli, rispetto alla trentina di titoli pubblicati nel periodo precedente11. La politica di controllo esercitata dai Re Cattolici a partire dalla promulgazione della pragmatica del 1502, sulla stampa e vendita di libri, rimase in vigore fino al 1558, quando si intensificarono le misure adottate e si stabilì la censura per tutte le opere importate o che stavano per essere pubblicate. Tale pragmatica impedì anche vendita di libri proibiti dal Sant’Uffizio e sebbene i libri di cavalleria apparissero raramente negli Indici, tale vigilanza restrinse la concessione delle licenze e la pubblicazione di nuovi libri12. Tutti questi fattori, nonostante i cambiamenti del pubblico che da ceto nobiliare passò a quello borghese, determinarono un progressivo indebolimento del genere.

1.4 Le caratteristiche narrativetipiche del genere Oltre agli editori, che crearono il “genere editoriale”, gli autori, i critici e gli stessi lettori avevano una percezione chiara dei tratti distintivi del genere. Le opere che i contemporanei

percepivano

come

romanzi

cavallereschi

riuniscono

le

stesse

caratteristiche a partire dall’Amadís de Gaula. Nel prologo, gli autori presentano quasi sempre il loro libro come una traduzione di un’opera scritta in una lingua classica o straniera (latino, ebreo, tartaro, greco, arabo, 11 CARLOS ALVAR eJOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS, Libros de caballerias castellanos, Barcellona, Random House Mondadori, 2004, pp.13-14

12 Per un approfondimento rispetto alla “Pragmatica” rimando a PEDRO PASCUAL,«Las pragmáticas y la industria editorial Española en el reinado de Felipe II»in Revista Historia 16 N°300,Editorial Historia Viva S.L., Aprile, 2002, pp.403-425 e a SANDRA GARCÍA PÉREZ«Imprenta y censura en España desde el reinado de los Reyes Católicos a las cortes de Cádiz: un acercamiento a la legislación», in Boletín de la ANABAD, 1998, pp.197-204

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inglese etc.) ritrovata in circostanze particolari (ai piedi di un sepolcro di una chiesa, in una grotta, nella biblioteca degli imperatori greci etc.). In questo modo il vero autore inizia a raccontare, già a partire dal prologo,una storia già narrata da un altro autore o cronista, inaugurando così un nuovo e moderno gioco metaletterario, grazie al topos del libro ritrovato che si presenta sotto una patina di pseudo-storicità come “cronaca” o “storia”, termini che infatti appaiono in molti titoli di tali libri. L’autore dell’Amadís de Gaula Rodríguez de Montalvo assimila la finzione alla storiografia e così, per volontà imitativa, i libri posteriori si presentano come storiografici, fingendo di essere stati ritrovati in annali o cronache, a loro volta inventati, per dare veridicità al racconto. Solitamente le storie sono delle biografie cavalleresche nelle quali si racconta la vita dell’eroe, ambientate in un passato remoto, a volte vago e impreciso, e ubicate in paesi più o meno lontani. Il topos del libro ritrovato con la sua falsa traduzione crea un gioco di piani temporali in cui il tempo del narratore e quello del racconto sembrano contrastare. La lontananza, spaziale e temporale, crea un campo più libero per raccontare una storia inventata.13 In relazione ai precedenti classici e medievali, il protagonista del romanzo cavalleresco è sempre l’eroe che dà il titolo al libro ed è il cavaliere errante che appare nell’incisione del frontespizio. È sempre di sangue reale o nobile: allontanato dai veri genitori da bambino, per abbandono da parte della madre o perché rapito, viene educato da persone umili, o da nobili in altre corti. La sua attitudine all’uso delle armi, la sua capacità nello studio, il suo sdegno per i lavori manuali, come la sua bellezza ed educazione, rivelano la sua condizione aristocratica. Il richiamo alle origini, il desiderio di raggiungere la fama, la difesa del Cristianesimo o semplicemente la sua curiosità, lo portano a lanciarsi nell’avventura. Requisito indispensabile per iniziare la sua erranza cavalleresca, è ricevere l’investitura da parte di un cavaliere di alto rango, da parte di un re o di un imperatore. Dopo alcune avventure come cavaliere novello, l’eroe adotta un simbolo come emblema araldico, utile alla sua identificazione. Come cavaliere errante viaggia instancabilmente, solo o con uno scudiere, per Europa, Asia e per il nord Africa; i personaggi toccano Londra, Parigi, la Germania, Costantinopoli, Roma, Gerusalemme, la Persia, la Babilonia, la Spagna, oltre che ad una serie di isole, in parte immaginarie. Alla tradizionale geografia arturiana, si

13 MARÍA DEL CARMEN, MARÍN PINA, op.cit., pp.38-49

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aggiunge, a partire del ciclo di Palmerín, l’orizzonte orientale, con punto focale a Costantinopoli. Generalmente gli eroi viaggiano via terra a cavallo, sebbene siano frequenti i viaggi marittimi. Il loro errare e il loro agire cavalleresco hanno giustificazioni disparate: servire re, soccorrere persone bisognose (soprattutto donne e bambini), propagare la religione cattolica, partecipare a tornei, ritrovare i propri genitori, ma anche conoscere nuovi paesi e culture. Durante il suo errare, il protagonista si scontra con antagonisti incarnati da traditori, superbi e malvagi cavalieri, ma anche in perversi maghi e streghe, giganti pagani e in mostri. Tutti i racconti sono ambientati in un mondo fantastico, onirico, un mondo di meraviglie che, con l’avanzare del genere diviene sempre più inverosimile rispetto al mondo contemporaneo, e quindi, condannabile al giudizio della critica che sosteneva che i giovani spendevano male il loro tempo con simili letture 14. Naturalmente la fantasia non solo liberava l’immaginazione, ma insegnava; nei giganti e nei temibili mostri gli autori incarnavano il male, il peccato, contro il bene, rappresentato dal cavaliere, contro cui duellavano. Oltre ai significati impliciti, ad ogni modo, la fantasia, la magia e la meraviglia sono consustanziali nel genere15. Attraverso queste avventure, il cavaliere ottiene fama e onore. Nel suo vagare, l’eroe si perfeziona come un eccellente uomo d’ armi, ma anche come un buon cortigiano e amante. Come cortigiano, apprezza la conversazione, ha il senso dell’umorismo, suona degli strumenti, compone e recita versi e visita le corti per apprenderne le abitudini. Come amante, solitamente è leale nei confronti della sua dama. L’amore e le donne, in questi libri, svolgono un ruolo più importante di quello che si supponeva al principio, infatti non dobbiamo dimenticare che l’istituzione cavalleresca si concepisce per e a causa loro ed inoltre si deve considerare il fatto che le donne furono le lettrici più fedeli dei libri

14 Per un approfondimento alla critica contemporanea ai libri cavallereschi rimando a GLASEREDWARD, «Nuevos datos sobre la crítica de los libros de caballerías en los siglos XVI y XVII», in Anuario de estudios medievales 3, 1966, pp.393-410.

15 In relazione alla meraviglia nei testi cavallereschi rimando a ANNA BOGNOLO, La finzione rinnovata. Meraviglioso, corte e avventura nel romanzo cavalleresco del primo Cinquecento spagnolo, Pisa, Ed. ETS, 1997.

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cavallereschi16. Se nei primi libri la loro partecipazione è discreta, i personaggi femminili assumeranno sempre maggiore importanza e rilevanza in questo tipo di racconti dove aumentala partecipazione di donzelle erranti, Amazzoni, donne guerriere, insomma un modello di donna sempre più autonomo e indipendente. Ci sono, inoltre, molti personaggi secondari, con storie ed avventure proprie, che amplificano il racconto facendo di tali libri dei veri “colossi”. Solitamente gli studiosi prestano attenzione ad altri aspetti, trascurando quelli formali e strutturali. Quando si cerca di realizzare una lettura completa di un libro di cavalleria, ovviamente segmentata in sessioni ed episodi data la loro estensione, non è facile raggiungere una comprensione totalizzante del romanzo perché la storia principale, attraverso la tecnica del entrelacement, cresce in maniera esponenziale essendo interrotta da aneddoti, raccontati dagli stessi personaggi, o da descrizioni, per cui il filo della visione d’insieme si perde inesorabilmente.

1.5 La varietà dei libri cavallereschi Sebbene i romanzi cavallereschi siano modellati sulla stessa falsariga e ripetano i medesimi schemi, temi e forme stilistiche, ognuno di essi sviluppa caratteristiche originali che gli conferiscono una fisionomia propria, rompendo l’uniformità e marcando lo sviluppo e l’evoluzione del genere: i ruoli tipici del cavaliere, con le avventure, e della dama, con la trama amorosa, vanno sempre più mutando durante lo sviluppo del genere e questo succede anche con altre figure,come il gigante che diviene anche una figura positiva quando si converte al cristianesimo, mentre appaiono perfino amori omosessuali e dame lascive. Tutto questo a dimostrazione della grande capacità di adattamento e di trasformazione del genere cavalleresco che può essere considerato il precursore del romanzo moderno17. Nonostante la grande varietà delle trame, in base a tratti comuni si possono stilare delle ipotesi di raggruppamento. 16 CARLOS ALVAR eJOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS,op.cit., p.483

17 Ivi, pp.483-486

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In primo luogo si può definire un gruppo “idealista”; vi fanno parte le opere che propongono una narrativa simile a quella inaugurale,con la narrazione delle avventure belliche e amorose,che offrono una visione “ideale” del mondo cavalleresco. Solitamente hanno una struttura narrativa semplice di base folklorica, come quella delle fiabe, facilmente riconoscibile dal lettore e la loro finalità è quella di creare una storia fittizia permeata di didattismo a difesa di una determinata ideologia. All’interno di questo primo gruppo, si sviluppano, nei primi decenni del XVI secolo, testi ancora basati sul modello dell’Amadís de Gaula, ma con una maggiore attenzione al realismo e alla verisimiglianza della storia. Nella medesima epoca, un altro filone di opere dette “sperimentali” viene inaugurato da Feliciano de Silva (1514-1551):queste avranno il loro momento di auge nella seconda metà del XVI secolo e daranno vita ad un secondo gruppo di opere definite di “intrattenimento”. In questo secondo filone, le opere sono ideate per intrattenere il lettore più che per impartirgli insegnamenti morali. Questi testi sono caratterizzati dalla concatenazione di molte avventure, personaggi e scenari come il caso di Palmerín de Olivia e di Primaleón18. Alla luce delle diverse particolarità caratterizzanti tali raggruppamenti, in cui si possono suddividere tutti gli ottanta titoli cavallereschi pervenutici, non possiamo pensare che il genere che dura più di un secolo sia rimasto inalterato, uguale a se stesso.

1.6 L’intertestualità dei libri cavallereschi I libri cavallereschi costituiscono dei veri e propri laboratori di scrittura, includono tecniche germinali come la percezione della realtà attraverso la verosimiglianza, creano nuove tipologie di personaggi e,grazie alla sperimentazione delle storie intercalate a quella principale, entrano in un dialogo permanente con altri generi. I libros de caballerías vanno considerati all’interno del sistema letterario spagnolo e devono essere messi in relazione con altre opere contemporanee. Convivono con La Celestina, con la traduzione de L’asino d’oro di Apuleio, con la poesia del cancionero, con i romanzi pastorali e con quelli bizantini, con il genere picaresco, con i dialoghi umanistici, e 18 JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS e EMILIO JOSÉ, SALES DASÍ, op.cit., pp.70-85

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da questa convivenza nacque un insieme di scambi che contribuì allo sviluppo della narrativa cavalleresca. Grazie alla permeabilità della prosa del XVI secolo, i generi si modificarono a vicenda; i libri cavallereschi cedettero e ricevettero materiali da tutte le modalità letterarie 19. Inizialmente il lettore ha l’impressione che i romanzi cavallereschi derivino totalmente dal romanzo arturiano, il che è vero per quanto riguarda il profilo eroico dei protagonisti, ma non dobbiamo dimenticare che Montalvo costituì un universo letterario con caratteristiche e particolarità proprie. Per esempio, per ciò che concerne la trama amorosa, alcuni romanzi cavallereschi spagnoli sembrano riprendere il modello dell’amor cortese italiano, con la venerazione della dama, mentre altri si rifanno ad una visione dell’amore sofferente e tragico molto simile alla visione degli autori dei cancioneros spagnoli. Alla luce dell’aspetto sentimentale, altre opere sembrano seguire il modello contemporaneo de La Celestina di Fernando de Rojas, con una visione più carnale dei rapporti amorosi. Anche con i romanzi bizantini la contaminazione reciproca avviene già nei primi libri, poiché opere come il Primaleón o Lisuarte de Grecia presentano viaggi marittimi e molti temi considerati propri della narrativa greca. Infatti gli autori dei libros de caballerías scoprirono il mondo antico come fonte d’ispirazione, come materia romanzesca e come risorsa stilistica. Gli autori cavallereschi ripresero, per le loro avventure, parte del materiale classico menzionando la materia troiana, per cui spesso, nei loro romanzi, si ritrovano divinità della mitologia greca e riferimenti a storie come quelle delle Amazzoni,del Minotauro, di Giasone, quella del vello d’oro, il giudizio di Paride, gli amori di Piramo e Tisbe. Inoltre alcuni testi si presentano come delle vere e proprie traduzioni dell’epica colta italiana, i cui massimi esponenti sonoL’Orlando Innamorato di Boiardo e L’Orlando furioso di Ariosto. In molti romanzi cavallereschi ritroviamo, inoltre, l’eco della narrativa pastorale, dove i protagonisti si travestono da pastori per ricevere amore dalle loro dame. I travestimenti, la galanteria e la conversazione dominano l’azione, con l’abbondanza di poesie intercalate20. 19 MARÍA DEL CARMEN, MARÍN PINA, op.cit., pp.59-68

20 JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS e EMILIO JOSÉ, SALES DASÍ, op.cit., pp.87-101

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Il desiderio di varietà con l’uso simultaneo di procedimenti ispirati da diversi generi letterari, caratterizza innegabilmente i romanzi cavallereschi nella ricca varia e permeabile prosa del secolo XVI. I libros de caballerías con la loro pluralità di materiali, incorporano la maggior parte della letteratura del momento. Grazie a questa varietà,risalta la singolarità di ogni opera senza infrangere le regole del genere né deludere le aspettative del pubblico; in tal modo i libros de caballerías riuscirono a restare apparentemente inalterati nel tempo, rispondendo anche al desiderio dei lettori bramosi di novità. In questo equilibrio tra tradizione e innovazione, si radica una buona parte del successo dei romanzi cavallereschi, un genere dinamico e innovativo e insieme fedele alle origini dell’Amadís de Gaula.

1.7 La fortuna dell’industria editoriale veneziana L’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg avvenne tra il 1448 e il 1454. In Italia la nuova tecnica di stampa si diffuse rapidamente, soprattutto a Venezia dove il primo stampatore, Giovanni di Spira, apparve nel 1469; la città a divenne in breve tempo il più importante centro europeo del libro a stampa. Perché proprio Venezia fu il centro nevralgico dell’editoria italiana rinascimentale?Perché ebbe molta importanza anche a livello europeo? Il libro veneto si impose a livello europeo, per la correttezza dei testi, per i prezzi contenuti e per i suoi pregi tecnici: l’eccellente qualità della carta, importata da Fabriano, l’eleganza dei caratteri, l’armonia compositiva della pagina, il pregio delle illustrazioni e una mirabile tecnica di rilegatura. Ma non solo i pregi della produzione tipografica resero Venezia così importante a livello editoriale; giocarono un ruolo importante anche la sua posizione geografica, crocevia di scambi commerciali e culturali, la radicata passione per l’arte e la grande libertà politica di cui godeva: infatti i fondamenti della cultura artistica dell’umanesimo furono prodotti nelle libere repubbliche e non promossi dal mecenatismo principesco21.

21 MARCO SANTORO, Storia del libro italiano: libro e società in Italia dal Quattrocento al nuovo millennio, Milano, Ed. Bibliografica, 2008, pp.79-80.

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Durante il XVI secolo, nella città lagunare, lavoravano moltissimi tipografi i quali pubblicarono circa ventimila edizioni, una produzione superiore a quella di qualsiasi altra città europea; si stima che all’epoca un libro su due fosse stato pubblicato proprio a Venezia dove erano attive 248 imprese tipografiche, editoriali e libraie. Se si pensa che la tiratura media di un titolo era di mille copie, nel corso del XVI secolo Venezia introdusse sul mercato qualcosa come 20-24 milioni di libri, esportandoli sia negli altri stati della penisola italiana, sia all’estero22. Quest’ultimo dato ci rende chiaro il peso considerevole dell’industria tipografica all’interno dell’economia della Repubblica Veneziana, il cui protagonista indiscusso fu Aldo Manuzioche dal1490pubblicò magnifiche edizioni di opere classiche e contemporanee di grande qualità e oltre ad essere considerato il più importante editore del capoluogo veneto, fu uno tra i tipografi più prolifici dell’epoca. L’editore che, però, si interessò maggiormente al genere dei libros de caballerías fu Michele Tramezzino, stampatore attivo dal 1539 al 1582, associato con il fratello Francesco, la cui tipica marca tipografica raffigura una Sibilla 23.Nell’azienda dei fratelli Tramezzino fu intensa la pratica delle traduzioni che divennero la vera chiave della sua fortuna imprenditoriale e testimonia chiaramente l’evoluzione dell’industria tipografica a Venezia; da una struttura di tipo famigliare si passa a un’organizzazione di tipo competitivo, attenta alle esigenze del pubblico e interessata al lucro 24che trova nei romanzi cavallereschi spagnoli un’ottima occasione di guadagno.

1.8 Le continuazioni italiane dei libri cavallereschi spagnoli e il caso della Quarta parte di Primaleone Durante il regno dei Re Cattolici e quello di Carlo V, assistiamo ad un interessante scambio interculturale e interlinguistico apportato dalle traduzioni dei libros de caballerías 22 Ivi, pp.160-161.

23 DE

ANGELISGIUSEPPE, voce “Michele Tramezzino” in Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Michele%20Tramezzino%20, consultato in novembre 2011.

24 Per un approfondimento riguardante la figura degli editori durante il XVI secolo e la loro evoluzione a livello economico rimando a: MARCO SANTORO, op. cit. e a EDOARDO BARBIERI, Guida al libro antico: conoscere e descrivere il libro tipografico, Firenze, Le Monnier, 2006.

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che ebbero un ruolo fondamentale nella fiorente industria editoriale veneziana. Infatti, i rapporti politici tra Italia e Spagna, stimolarono molto le traduzioni,che risultavano relativamente semplici; ed inoltre la scelta del genere cavalleresco, come oggetto di produzione, derivava soprattutto dalle caratteristiche dei suoi lettori i quali componevano, solitamente, un pubblico meno esigente, rispetto ad altri generi letterari, e quindi facile da accontentare, considerato il poco tempo a disposizione dei traduttori. Per tali motivi, l’industria tipografica veneziana diventò un centro importante per la narrativa cavalleresca e le traduzioni italiane di libros de caballerías compongono un corpus più esteso rispetto alle altre lingue europee. Non solo le traduzioni degli originali spagnoli svolsero un importante ruolo nell’editoria veneziana, ma anche le continuazioni italiane originali. Infatti gli editori veneziani, trovando il genere redditizio e non potendo più contare su nuovi titoli provenienti dalla Spagna, promossero la produzione di continuazioni italiane sull’esempio dei libri castigliani ampliando così i vari cicli cavallereschi25. Queste continuazioni coronarono le serie originali castigliane ed ebbero un tale successo che gli editori degli altri stati europei non esitarono a tradurre anche i libri italiani rendendoli indistinguibili da quelli spagnoli. Si pensi ad esempio all’originale italiano Sferamundi di Grecia (1558-68) che fu tradotto in francese, tedesco e olandese. Questo fenomeno è tra l’altro dovuto al periodo storico nel quale tali continuazioni nacquero nella nostra penisola; l’Italia è sempre stata considerata la culla del Rinascimento a cui l’Europa intera ha sempre prestato la più totale attenzione per ciò che concerne le arti visive e la letteratura, per cui non ci dobbiamo stupire se il successo internazionale del genere spagnolo si deve anche all’apporto editoriale italiano. Le traduzioni e le continuazioni originali dei libros de caballerías furono pubblicate da Michele Tramezzino e scritte da Mambrino Roseo da Fabriano, il quale godeva già di riconoscimenti letterari grazie ad un suo poemetto storico, L’assedio di Firenze. Le sue traduzioni italiane iniziarono nel 1544 con Palmerín de Olivia, e proseguirono fino alla traduzione del Palmerín de Inglaterra nel 1554;tutti i titoli tradotti da Mambrino Roseo godettero di ristampe fino ai primi trent’anni del seicento. Il fenomeno delle traduzioni è

25 Riguardo le continuazioni italiane dei libros de caballerías rimando a: ANNA BOGNOLO, «Il “Progetto Mambrino” per un’esplorazione delle traduzioni e continuazioni italiane dei libros de caballerías», Rivista di Filologia e Letteratura Ispaniche VI, 2003, pp.191-202.

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importante quantitativamente, si pensi che alcune edizioni originali spagnole non superarono numericamente le edizioni tradotte in italiano26. Nonostante questa grande quantità di testi prodotti a Venezia, oggi non esiste un corpus esaustivo delle traduzioni e continuazioni dei romanzi cavallereschi in nessuna biblioteca italiana. Inoltre l’analisi e lo studio di questo genere è un campo pressoché inesplorato, a dispetto del grande successo internazionale. Infatti non si deve dimenticare che a livello europeo fu il primo fenomeno di diffusione industriale di letteratura di finzione che rimase in auge per più di un secolo. Purtroppo non esistono edizioni moderne di tali testi, ma si possono consultare gli esemplari conservati da biblioteche riprodotti su supporti analogici. Grazie alle riproduzioni digitali degli esemplari conservati biblioteca Panizzi di Reggio Emilia e soprattutto quello dalla Biblioteca Nacional de Madrid, mi è stato possibile leggere e analizzare una delle continuazioni originali di Mambrino Roseo da Fabriano intitolata Quarta parte di Primaleone editata a Venezia da Michele Tramezzino nel 1560.

Descrizione della Quarta parte di Primaleone Si conservano del testo i seguenti esemplari: Faenza, Biblioteca Manfrediana, R 008 002 014 1 Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, Inventario CER 3470 Berlin, StaatsbibliothekzuBerlin, Xr 510 Madrid, Biblioteca Nacional de España, R/41164 Paris, BibliothèqueNationale de France, 8- BL- 29430 (2) Paris, BibliothèqueNationale de France, 8- BL- 29432 (4) Paris, BibliothèqueNationale de France, 8- NF- 4464 (2) Wien, ÖsterreichischeNationalbibliothek, Alt Prunk 40.M.40 Cambridge (MA), Harvard University Library,Houghton WKR 18.2.11 Di seguito si riporta la descrizione dell’esemplare conservato nella Biblioteca Nacional de Madrid.

26 BODY MORERA ENRIQUE, VITTORIA FOTI, «Edizioni italiane dei libros de caballerías nella Biblioteca Nacional de Madrid. Ciclo di Amadís de Gaula», Cuadernos de Filología Italiana, 14 (2007), 259-274.

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LA QUARTA PARTE / DEL LIBRO DI / PRIMALEONE/ NOVAMENTE RITROVATA / e aggiunta, tratta da gli antichi Annali/ de gli Imperadori di Grecia nella / lingua Italiana. / [marca] / Col privilegio del sommo Pontefice, e dell’Illustriß. / Senato Veneto per anni XX./

8°; cors. rom.; [12], 274 cc.; a8, b4, A-2L8, 2M2

Dedica [4r- 4v]: ALL’ILLUSTRE SI-/-GNORA LA SIGNORA / SILVIABOIARDA / Contessa di Scandiano/ [lettera in capite nello spazio di 5 righe: silografia; carattere romano nella dedica].

[1r-274r]: AGGIUNTA NOVA- / -MENTE RITROVATA NE-/-gli Annali de gli Imperatori Greci al/libro dello invitißimo cavalliere/PRIMALEONE figliuolo/dello Imperatore di Greci /Palmerino di Oliva,/Intitolata quarta parte del libro.

Colophon: [carta 274r]In Venetia per Michele Tramezino/ MDLX.

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CAPITOLO 2 Le Isole e il romanzo cavalleresco 2.1 Le isole nella letteratura dell’antichità e del Medioevo L’isola da sempre è considerata un luogo misterioso, illusorio e utopico. Fin dall’antichità nell’immaginario i luoghi insulari si collocavano ai margini delle leggi abituali. Potevano tracciare le frontiere dell’Aldilà o si contraddistinguevano per la loro natura edenica o potevano essere abitate da creature sovrannaturali che le rendevano magiche 27. L’isola come dimora di fate e giganti o rappresentativa dell’Altro Mondo ha origini nella cultura classica. L’Odissea ne è l’esempio più esplicativo: Omero situa su un’isola il gigante ciclope nel canto IX, la maga Circe nel canto X e l’oltretomba nel mezzo dell’oceano nel canto XI. La letteratura classica influenzerà la letteratura del ciclo bretone dalla quale, a sua volta, attingerà quella iberica. Le ambientazioni insulari appaiono in continuazione nei romanzi cavallereschi castigliani, ma secondo alcuni studiosi, non sono solo da considerare retaggio della cultura classica; con l’incremento del topos nei romanzi del XV-XVI secolo si ipotizza che la sempre più costante presenza di isole all’interno dei racconti cavallereschi sia da interpretare alla luce dell’influsso culturale apportato dalle contemporanee scoperte del Nuovo Mondo americano28. Infatti molti testi descrivono le proprietà aurifere e fantastiche delle isole, proprietà prettamente orientaleggianti secondo le credenze medievali 29, per poterle tacitamente collocare in quei luoghi lontani dove Colombo pensava di essere approdato. 27 HOWARD R. PATCH, The Other World According to Descriptions in Medieval Literature, trad. sp. di Hernández Campos Jorge, El Otro Mundo en la Literatura Medieval, Madrid, Ed. F.C.E., 1956.

28 Si veda ad esempio il testo di LEONARDO OLSCHKI, Storia letteraria delle scoperte geografiche: Studi e Ricerche, Firenze, Olschki, 1937 o per un discorso più generale che connette le nuove scoperte geografiche con la letteratura si veda PAUL ZUMTHOR, La Mesure du monde, trad. it. di Simonetta Varvaro, La misura del mondo, Bologna, Mulino, 1993

29 Rispetto all’immaginario medievale legato all’oriente, come luogo ricco e fantastico, in cui Colombo credeva di essere approdato, rimando a: ANNA BOGNOLO, «Geografia mitica e geografia moderna. Le amazzoni nella scoperta dell’America», Genova, Columbeis IV, 1990, pp.7-22, PAUL ZUMTHOR, La Mesure du monde, trad. it. di Simonetta Varvaro, La misura del mondo, Bologna, Mulino, 1993, p.258 e a RAFAEL MANUEL, MÉRIDA JIMÉNEZ, Damas, santas y pecadoras. Hijas medievales de Eva, Barcelona, Icaria, 2008, in particolare il capitolo intitolato Otras Amazonas.

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A tale proposito si deve considerare che viaggiare alla fine del Medioevo poteva avere differenti valenze e significati, ma l’impulso costante che si celava dietro ogni avventura era quello di trovare qualcosa di straordinario, ma lo si assimilava a quanto era intimamente già conosciuto. Da questo periodo, quindi, si stabilì un modello di escursione che assottigliava il confine tra geografia e letteratura, riferendosi in particolare all’immaginazione dei viaggiatori in cui il mistero, le visioni, le informazioni storiche e letterarie coincidevano con la visione delle isole scoperte. Tali isole, erano considerate dei veri e propri teatri in cui combattimenti, duelli, avventure, giganti, mostri, animali bizzarri venivano descritti in modo particolareggiato e realistico nei resoconti di viaggio.

2.2 Le isole nella letteratura cavalleresca Il grande successo che ebbe la letteratura di viaggio durante il XV e il XVI secolo implicò la sovrapposizione della letteratura e della realtà per cui lo spazio geografico nelle narrazioni produceva lo spazio della meraviglia che nei romanzi cavallereschi, in Spagna, si traduceva nell’insularità; qui il protagonista poteva scorgere i popoli più curiosi, gli animali più leggendari e i panorami più insoliti in linea con le aspettative degli spagnoli al principio del XVI secolo. Come scenario di avventure, quindi, l’isola era spesso abitata da giganti, creature mostruose o esseri malefici che la rendevano un luogo desolato e inospitale, ma poteva anche costituire la residenza ideale per fate, streghe o maghi incantatori. Si deve ricordare, inoltre, che nelle continue descrizioni delle isole, tra aggettivi mostruosi e negativi e altri favolosi e positivi, si sottolineava spesso la peculiarità edenica della loro natura, accompagnando il lettore nell’immagine di un paradiso terrestre. Ad ogni modo, le isole venivano ubicate dagli scrittori in modo impreciso, per alimentare ulteriormente la fantasia di un pubblico che credeva all’esistenza di spaventose ed idilliache realtà. La collocazione imprecisa delle isole trova un ampio spazio nel genere cavalleresco spagnolo, dove, dopo una descrizione topografica meravigliosa, l’isola diviene un luogo nel quale il cavaliere deve risolvere disordini sociali o morali, seguendo i canoni dominanti del genere. Per un’analisi appropriata di tale ambientazione, dove il tempo dell’avventura e la spazialità dell’isola sono di fondamentale importanza per la struttura del romanzo, dobbiamo prestare attenzione al contesto culturale in cui vengono rappresentati lo spazio e il tempo che possono produrre dei significati a livello politico, etico, poetico ecc.

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2.3 Il valore morale dell’isola Tali funzioni nella finzione letteraria sono ben rappresentate nei libros de caballerías nei quali si concepisce lo spazio come parte integrante della situazione, dell’avventura e della narrazione, privilegiando, in questo senso, gli ambienti insulari. Infatti l’elemento chiave che connette l’avventura con la spazialità è l’ignoto, l’altrove, l’aldilà che nei romanzi sono rappresentati dalle isole, che contengono in sé tutti gli elementi meravigliosi 30. I romanzi cavallereschi spagnoli, infatti, fondano la loro trama sull’impresa dell’eroe, che di solito viene svolta durante una ricerca in cui l’imprevedibilità è sovrana e in cui l’avventura è costituita da prove da superare. Tali prove procurano alla trama un senso di progresso, non solo spaziale, ma anche spirituale e morale fino al livello di perfezione che permetterà all’eroe di ristabilire l’ordine nella società. La lunga durata dell’avventura è spesso collegata all’imprevedibilità dell’isola che costituisce l’ordine essenziale del racconto, su cui si fonda tutta l’azione, perché la precarietà spaziale è intimamente connessa, a volte intesa come sinonimo di meraviglioso, trovando le sue origini nel folklore. Infatti, durante il tredicesimo secolo, l’ordine di cavalleria costituiva un’istituzione, lo stile di vita del cavaliere era considerato prestigioso e il personaggio entrò nell’immaginario popolare come mediatore tra il caos della vita sociale e l’ordine ideale giustificando così la dominazione dello spazio da lui percorso 31. Proprio per questo motivo, ritroviamo descritti nei romanzi i cinocefali, i ciclopi, le Amazzoni e altre popolazioni bizzarre in uno spazio molto distante dalla civiltà creando una connessione con la politica territoriale per cui è giusto conquistarne i territori per ristabilire l’ordine nei suoi abitanti. Lo spazio prediletto risulta essere quello dell’isola, ma si possono ritrovare anche foreste, giardini chiusi, terre sconosciute, tutti luoghi accomunati dalla loro opposizione alla corte che, come un magnete manda il cavaliere all’avventura per poi attendere il suo ritorno una volta conclusa. La differenza tra tali ambientazioni e la corte si esprime con l’antitesi tra natura e cultura, che si esemplifica tramite le dicotomie: spazio costruito e quello selvaggio, la città e la corte in opposizione con i luoghi primitivi e inabitati del mare, della foresta e del deserto, in cui le costruzioni come torri, palazzi e città vengono associate alla religiosità, 30 LEONARDO OLSCHKI, op. cit., introduzione.

31 PAUL ZUMTHOR, op. cit., pp.195-209.

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mentre le ambientazioni deserte denotano mancanza di luoghi di culto e quindi si identificano come pagane32. Con l’avanzare del genere cavalleresco, in cui dapprima le foreste denotavano il luogo più pericoloso ed ignoto, si cominciano ad indicare gli spazi insulari come i più misteriosi, probabilmente perché dal il quindicesimo secolo in poi, oltre alle nuove scoperte geografiche, la connotazione delle foreste come luoghi “selvaggi” venne meno, data la progressiva urbanizzazione del territorio; il mare rimase il più ignoto e inospitale dei paesaggi33. in questo periodo in cui le città cominciano ad occupare lo spazio della foresta rendendola un luogo lontano dal meraviglioso e dove l’immaginario medievale abbandona il meraviglioso in funzione di una nuova e necessaria razionalità, in cui l’umanità ripristina i concetti di ignoto e differenza con quelli di magia e spettacolo 34, la letteratura spagnola produce, attraverso ciò che Simone Pinet ha definito “l’arcipelago”, un’alternativa valida alle possibilità di finzione; le meraviglie erano ancora connesse agli spazi lontani. Infatti Garci Rodríguez de Montalvo nella stesura di Amadís de Gaula utilizzò, soprattutto a partire dal terzo libro in cui incrementa i viaggi marittimi del protagonista, il motivo dell’isola facendolo divenire il nucleo strutturale dei successivi romanzi cavallereschi castigliani. Non dobbiamo dimenticare anche che il protagonista fu abbandonato ancora in fasce in un fiume anticipando così il motivo acquatico che viene ripreso con la partenza del protagonista verso l’Oriente con i suoi spostamenti per mare 35. Ogni isola incontrata dal protagonista svolge un ruolo metaforico e simbolico importante per la comprensione non solo della trama, ma anche dei messaggi che l’autore vuole implicitamente

32 JAQUES LEGOFF, L’imaginaire médiéval, trad. it. di Anna Salmon Vivanti, L’immaginario medievale, Bari, Laterza, 1985, pp.50-51.

33 SIMONE PINET, Archipelagos: Insular Fictions from Chivalric Romance to the Novel, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2011, introduzione.

34 ANNA BOGNOLO, La finzione rinnovata. Meraviglioso, corte e avventura nel romanzo cavalleresco del primo Cinquecento spagnolo, Pisa, Ed. ETS, 1997.

35 RAFAEL MANUEL, MÉRIDA JIMÉNEZ, “Fuera de la orden de natura”: magias, milagros y maravillas en el «Amadís de Gaula», Kassel, Reichenberger, 2001, pp.277-314.

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comunicare36. Una volta stabilito che lo spazio è strutturale e fondamentale per lo sviluppo della narrazione cavalleresca, possiamo soffermarci sui tratti propriamente geografici e simbolici che diverranno modelli per i futuri testi del genere. Il significato intrinseco delle isole è stato oggetto dell’analisi di Simone Pinet (2011) che evidenzia i tratti semantici e metaforici di tre delle molte isole visitate da Amadís, le tre più significative per l’autrice: l’Ínsula Firme, l’Ínsula del Diablo e l’Ínsula No Fallada.

2.4 Le isole dell’Amadís de Gaula La prima è per Pinet il riflesso di un’idea politica utopica, che mostra dei parallelismi con i dibattiti contemporanei legati alle tematiche di nobiltà e cavalleria. L’autrice spiega che l’unione avvenuta sull’isola tra i due protagonisti Apolidón e Grimanesa rappresenta metonimicamente l’unione tra i regni di Costantinopoli e Roma. Inoltre l’isola codifica la produzione di uno spazio politico tramite un processo di gerarchizzazione in cui Amadís viene dichiarato il migliore cavaliere tra i presenti, dopo aver sostenuto delle prove, in modo assolutamente armonioso e concorde, indice di una politica ideale. L’Ínsula del Diablo invece denota un territorio malvagio e infernale, come d’altronde suggerisce lo stesso nome dell’isola. Tale luogo è abitato dall’Endriago, un mostro nato dall’incesto di due giganti. Ricordiamo che la figura dei giganti era popolare nel ciclo amadisiano, e nei romanzi cavallereschi in generale, simboleggiando i padroni feudali delle isole da loro abitate che si opponevano al cristianesimo. L’Endriago in questione però, non è un gigante, ma un mostro; il brutto aspetto di questa creatura denota la vittoria del caos e il peccato sull’ordine e l’armonia. Infatti la nascita di questa creatura deriva da un rapporto incestuoso tra una figlia gigantessa con il padre dopo l’omicidio della madre. A sua volta l’Endriago uccide i suoi genitori rendendo tutta l’isola permeata di peccati mortali e di idoli pagani. Con l’uccisione di questo mostro da parte di Amadís si ristabilisce l’ordine e il credo cristiano a cui seguiranno la costruzione di chiese e monasteri e un nuovo nome per l’isola, ora ribattezzata Ínsula de Santa María. Quest’avventura è la più spirituale e complicata per il protagonista che riconvertirà l’isola non solo dal punto di vista spirituale, ma anche politico restituendo il dominio del luogo all’imperatore di Costantinopoli. Quindi, 36 Infatti lo spazio descritto è funzionale secondo due punti di vista illustrati da Silvia Lastra Paz: lo spazio costituisce la struttura stessa del romanzo cavalleresco e inoltre tale spazio funziona per opposizioni, come per esempio lo spazio chiuso interno in opposizione a quello aperto esterno, lo spazio quotidiano e quello magico o ancora quello ordinato e civile contrapposto allo spazio informe e selvaggio, in SILVIA CRISTINA, LASTRA PAZ, «Tipología espacial en el Amadís de Gaula», Incipit, 14, 1994, pp.173-192.

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metaforicamente, l’isola rappresenta la lotta tra peccato e cristianesimo con la vittoria di quest’ultimo. L’ultima isola analizzata da Pinet è l’Ínsula No Fallada che rappresenta una questione ontologica per il protagonista. Infatti se qualcosa è stato perso, ciò implica l’idea di una ricerca dell’oggetto perduto, ma quando tale oggetto è un luogo che nessuno ha mai visto, la ricerca si trasforma in una domanda rispetto all’esistenza di tale spazio, in altre parole, una questione ontologica. Tale isola è ambigua e rappresenta un paradosso: ha un nome e delle leggi che la governano, il che denota la sua esistenza, ma se non è mai stata trovata come fa ad esistere? Secondo l’autrice, quest’isola ha origine nella filosofia dell’undicesimo secolo per cui il motivo dell’isola perduta era simbolo del dibattito sull’esistenza di Dio. Non bisogna dimenticare, però, che durante il quindicesimo e sedicesimo secolo le isole non scoperte, conosciute solo grazie a delle leggende, venivano costantemente rappresentate in cartografia come realmente esistenti, si veda il caso del Paradiso Terrestre, l’ubicazione dei popoli maledetti di Gog e Magog o il regno del Prete Gianni, mirabilmente illustrati da Alessandro Scafi 37. Ad ogni modo per Simone Pinet, quest’isola rappresenta le questioni storiche, filosofiche e letterarie legate all’intero arcipelago amadisiano, nel quale non conta la reale posizione geografica delle isole descritte, ma il significato ontologico, metaforico e simbolico di ognuna di esse.

2.5 L’isola nel Don Chisciotte Per sottolineare ulteriormente l’importanza del topos dell’isola, è interessante analizzare l’episodio dell’Ínsula Barataria presente nel Don Quijote di Cervantes. Come si sa l’autore, durante la stesura del suo capolavoro, esplorò tutti i luoghi comuni connessi ai romanzi cavallereschi spagnoli per creare una sorta di parodia del genere. Infatti all’interno del Don Quijote possiamo ritrovare la ripresa di molti motivi cari al genere, che l’autore utilizza in funzione delle necessità letterarie e poetiche a essi connesse. Nel caso dell’insularità nel Don Quijote, possiamo notare dei parallelismi con l’Amadís; infatti il Cavaliere della Triste Figura, per convincere Sancho Panza ad essere il suo scudiere, gli promette un’isola come ricompensa dei suoi fedeli servigi, cosa che accadeva anche nell’Amadís quando il protagonista affida l’Ínsula Firme al governo del suo scudiere Isanjo come ricompensa per 37 ALESSANDRO SCAFI, Il Paradiso in terra: mappe del giardino dell’Eden, Milano, Bruno Mondadori, 2007. 32


la sua fedeltà. La differenza, nei due casi, è che mentre l’Ínsula Firme viene descritta come un’isola a tutti gli effetti, quella Barataria perde la nozione geografica di terra circondata dal mare, per assumere la connotazione di un territorio da governare che Sancho non è ben capace di definire38. Infatti, nel racconto, Sancho Panza viene insignito dai duchi come governatore di un’ínsula fittizia dove si prendono gioco di lui. A conferma dell’incertezza morfologica del territorio del suo governo l’autore scrive, riferendosi al povero scudiere: “Sucedió, pues, que, no habiéndose alongado mucho de la ínsula de su gobierno, él nunca se puso a averiguar si era ínsula, ciudad, villa o lugar la que gobernaba”39. Poco dopo Sancho e il suo amico Ricote intavolano un dialogo ancora più esplicativo: -[…] un oficio dejé yo esta mañana de las manos [...]-, -Y ¿qué oficio es el que has dejado, Sancho?- preguntó Ricote. –He dejado de ser gobernador de una ínsula- respondió Sancho – y tal, que a buena fee que no hallen otra como ella a tres tirones. -¿Y dónde está esa ínsula?- preguntó Ricote. -¿Adónde?- respondió Sancho- Dos leguas de aquí, y se llama ínsula Barataria. –Calla Sancho- dijo Ricote –que las ínsulas están allá dentro de la mar; que no hay ínsulas en la tierra firme. –¿Cómo no?- replicó Sancho-Dígote, Ricote amigo, que esta mañana me partí della, y ayer estuve en ella gobernando a mi placer [...]40.

Comprendiamo così che la parola ínsula, già desueta al tempo di Cervantes, è intesa da Sancho non in senso geografico, ma solamente per la sua funzione politica, come un territorio da governare. Con Cervantes, come sostiene Pinet, il concetto di insularità arriva così al massimo grado di astrazione, epilogo degno per un topos fondamentale di un genere che proprio con il Don Quijote raggiunge il culmine e la fine41.

38 Si vedano i capitoli XLII-XLIII-XLIV-XLV-XLVII-XLIX-LI-LIII della II parte del Don Quijote de la Mancha.

39 MIGUEL DE CERVANTES, Don Quijote de la Mancha, Madrid, Castalia, 1997, vol II, cap.LIV, p.495.

40 Ivi, p.501.

41 Alcuni indicano il capolavoro di Cervantes come ultimo romanzo cavalleresco spagnolo, ma recenti scoperte ci obbligano a porre più avanti il tramonto del genere grazie al ritrovamento di testi manoscritti che, a dispetto del canale abituale della sua diffusione, cioè la stampa, ne testimoniano la sopravvivenza oltre la pubblicazione delle due parti del Don Quijote. Per un approfondimento rimando a: MARÍA DEL CARMEN, MARÍN PINA, Páginas de sueños. Estudios sobre los libros de caballerías castellanos, Saragozza, Institución Fernando el Católico, 2011, pp.22-34 e a JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS, Antología de libros de caballerias castellanos, Alcalá de Henares, Centro de Estudios Cervantinos, 2001, p.XXI.

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2.6 Le isole nella Quarta parte di parte di Primaleone Nel caso specifico del testo di Mambrino Roseo da Fabriano “Quarta parte di Primaleone”, il topos dell’isola è presente e di fondamentale importanza durante tutta la narrazione. Le isole nominate sono sette: l’Isola Serrata, l’Isola Sirena, l’Isola Galvana, l’Isola Salata, l’Isola Sfortunata, l’Isola Dei Due Regni e l’Isola Ricca. Ognuno di questi luoghi ha la sua importanza per quanto riguarda lo sviluppo della narrazione, ma anche per ciò che concerne la loro specifica simbologia. Parleremo ora brevemente delle Isole minori, l’Isola Serrata, l’Isola Salata, l’Isola dei Due Regni e l’Isola Ricca, per poi occuparci più approfonditamente delle tre isole più importanti. La prima isola che viene nominata durante il racconto è quella Serrata (capitolo due). Tale isola prende il nome del suo signore Il Cavaliere dell’Isola Serrata che appare anche nei testi precedenti del ciclo di Primaleón e di Palmerín. Tale personaggio è importante nel racconto non solo perché reca la traccia di riferimenti intertestuali di fondamentale rilevanza per le continuazioni del ciclo, ma anche per il valore che riveste il personaggio in sé durante il racconto. Il Cavaliere è un fedele amico del protagonista Darineo, conseguenza della lunga amicizia che lo lega al padre Primaleón e al nonno Palmerín, e dimostra di avere delle grandi capacità divinatorie in favore del protagonista. Come personaggio, quindi, sovrannaturale, secondo la tradizione, viene posto come sovrano di un’isola, ribadendo la singolarità che tale ambientazione marittima designa. L’Isola Salata invece ha un’altra funzione strutturale e narrativa: quella di sottolineare lo spazio nella sua distanza. Tale isola viene nominata nell’ottavo capitolo quando viene attraversata dal protagonista per arrivare all’isola Galvana. Su quest’isola non accade nulla per cui si può intuire che l’autore l’abbia inserita nel tragitto di Darineo per sottolineare la lontananza; infatti la incontriamo durante la prima avventura del protagonista e quindi durante la prima volta che si allontana dal suo focolare. A dimostrazione di tale ipotesi, si deve notare che per la prima e ultima volta nel testo, l’autore dichiara esplicitamente la distanza: quest’isola dista 50 leghe da quella di Sirena (casa del protagonista) e 30 leghe dall’Isola Galvana (luogo della prima avventura). Si può intuire, inoltre, che l’autore vuole sottolineare che, per il protagonista, la lontananza da casa è emozionante e nostalgica, dato che subito dopo la prima avventura ritorna a casa per raccontare l’accaduto a Eurania e a Sirena (prima e ultima volta che accade nel libro). 34


Successivamente, durante il capitolo ventuno, si incontra l’Isola Dei Due Regni. Tale isola costituisce il lascito del padre alla principessa Ariana la quale se ne vede privare ingiustamente da parte due orridi giganti che, come creature mostruose, prediligono vivere su di un’isola, seguendo la tradizione del genere. Inoltre notiamo che l’isola, essendo oggetto dell’eredità del re Belante, costituisce una vera e propria ricchezza. Infatti è molto comune associare le isole con l’opulenza e l’autore ribadisce tale caratterizzazione anche per l’Isola Ricca; come intuibile dal nome, l’isola è considerata una vera e propria fortuna e per questo viene data in dote al Cavaliere Quadrato al momento delle sue nozze con la principessa Oristella, figlia del Re d’Ircana (capitolo trentadue). Come abbiamo potuto osservare, tutte le isole nel racconto hanno una funzione strutturale e semantica, ma ve ne sono tre di particolare rilevanza che meritano una riflessione approfondita. Le tre isole in questione, che esaminerò ora, sono l’Isola Sirena, l’Isola Galvana e l’Isola Sfortunata.

2.7 L’Isola Sirena Quest’isola rappresenta la “casa” del protagonista. Darineo, nato alla corte di Costantinopoli, dove sarebbe potuto morire a causa di una maga malvagia, viene allontanato ancora in fasce dalla corte e portato sull’Isola Sirena dove la Regina Eurania lo cresce come se fosse suo figlio accanto alla figlia naturale Sirena. Darineo non sa quali siano le sue vere origini, ma proprio nel momento in cui viene armato cavaliere scopre di essere un figlio “adottivo” per Eurania e di non avere vincoli di parentela con Sirena, divenuta sua promessa sposa. Per Darineo l’isola funge da magnete dal quale parte per le sue avventure e a cui farà ritorno una volta terminate, per sposare Sirena e diventare così il Re del luogo. La nostalgia di casa e della sua famiglia è chiaramente presente durante tutta la narrazione, a parte alcuni episodi dove la mente del protagonista viene offuscata da magici personaggi, e tutte le imprese compiute ampliano ulteriormente i territori del Regno di Sirena. L’isola quindi simboleggia la “casa”, l’origine e un rifugio, materiale e mentale per il protagonista.

2.7.1 L’Isola intesa come rifugio e origine 35


Una serie di astrazioni governa l’immaginario sulle isole dal Medioevo fino ai giorni nostri. Uno di tali paradigmi è quello che attribuisce all’isola il valore dell’“l’origine” connessa all’idea cristiana del Paradiso Terrestre situato, appunto, su di un’isola. I padri della Chiesa, nei primi secoli del dibattito attorno all’annoso problema dell’ubicazione dell’Eden sulla Terra, hanno sempre fatto affidamento alle descrizioni del Paradiso Terrestre che si trovano nella Bibbia: “[…] Poi, il Signore, piantò un giardino a oriente, nella regione di Eden e vi mise l’uomo che egli aveva plasmato. Fece spuntare dal suolo alberi di ogni specie: erano belli a vedersi e i loro frutti squisiti […] Nell’Eden scorreva un fiume che irrigava il giardino e poi si divideva in quattro corsi. Il primo corso si chiamava Pison e circondava tutta la regione di Avila dove vi è oro, e quell’oro è buono. […] Il secondo si chiama Ghicon e scorre intorno a tutta l’Etiopia. Il terzo si chiama Tigri e corre a oriente di Assur. Il quarto Eufrate.” (Genesi 2.2)

Il primo teologo influente dell’Occidente fu Agostino di Ippona (354-430) il quale riteneva, contro ogni dubbio, di poter affermare che il Paradiso Terrestre si trovava fisicamente sul nostro pianeta, in quanto convinto della verità letterale della Bibbia. Creò così i presupposti per poterlo situare in un luogo specifico e infatti tanti cartografi medievali lo rappresentarono sulle loro carte del mondo. Comprendiamo così l’influenza che ebbe il vescovo di Ippona con le sue spiegazioni circa la creazione del mondo, che produssero delle teorie geografiche sulla localizzazione dell’Eden che occuparono le menti di cartografi e teologi per secoli. Infatti dalle ipotesi agostiniane, molti studiosi iniziarono a preoccuparsi della precisa ubicazione dell’Eden sulla terra e seguendo il testo della Genesi erano certi di poterlo situare da qualche parte “in Oriente” 42 A testimonianza di tale tendenza, Leo Olschki ci descrive il mappamondo di Hereford risalente all’VIII secolo che “in contrasto colle carte nautiche e i planisferi contemporanei, non è orientato da Settentrione a Mezzogiorno, ma da Oriente a Occidente. Le regioni orientali sono figurate come le più prossime a Dio […] Quindi il Paradiso Terrestre risulta da un lato come punto d’orientamento di tutte le regioni della terra e dall’altro come la parte più prossima a Dio…”43. Nel XIII secolo il problema sull’esatta ubicazione del Paradiso Terrestre era ancora vivo e, anzi, non era più possibile mantenere l’indeterminatezza a riguardo. Infatti le teorie della filosofia aristotelica incoraggiarono gli studiosi cristiani ad adottare dei metodi il più possibile razionalistici. Di fronte alle esigenze della ragione, quindi, si diede 42 ALESSANDRO SCAFI, op. cit., pp.32-47.

43 LEONARDO OLSCHKI, op. cit., p.149. Il medesimo concetto viene esposto anche da ALESSANDRO SCAFI, op. cit., pp.72-73.

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molto credito ai resoconti di viaggi in Oriente che descrivevano l’abbondanza della vegetazione in certe regioni dell’India. Tali testimonianze confermarono l’esistenza di una regione simile alle descrizioni bibliche in Oriente e, trattandosi della dimora, origine di tutta l’umanità, l’Eden doveva essere una regione estesa, appunto, come l’India. Solitamente le false credenze degli uomini hanno vita breve, ma nel caso del Paradiso Terrestre il problema permaneva e si infittiva nei secoli, forse per timore di mettere in dubbio la parola di Dio. Infatti il dibattito medievale sulla geografia del paradiso durante il XV secolo riprese idee risalenti ai secoli precedenti: l’Eden era un luogo piacevole, da qualche parte in Oriente e, secondo le spiegazioni di Strabone del XII secolo, separato dal nostro mondo abitato da un vasto tratto di mare 44. Alla fine del Medioevo e all’inizio del Rinascimento si diede ancora credito all’idea che il Paradiso esistesse da qualche parte sulla terra, anche se in un altrove inaccessibile. La prova che tale atteggiamento nei confronti dell’Eden sopravvisse durante questo periodo ce la fornisce la letteratura di viaggio, satura di riferimenti edenici. Il brano più celebre a riguardo è quello di Cristoforo Colombo del 1492, durante il suo primo viaggio nel Nuovo Mondo, in cui, mentre stava approdando sulle coste dell’America del Sud, credeva essere arrivato al Paradiso Terrestre, come testimoniato dal giornale di bordo: Dize el Almirante que bien dimero los sacros theólogos y los sabios philósophos que el Paraíso Terrenal está en el fin de Oriente, porque es lugar temperadísimo. Así aquellas tierras que agora él avía descubierto, es –dize él- el fin de Oriente45.

Successivamente, durante il suo terzo viaggio del 1498, si trovò a navigare nelle acque abbondanti di un estuario che credeva essere proveniente da uno dei fiumi del Paradiso Terrestre46. Non c’è da stupirsi se Colombo, nella sue relazioni di viaggio, ricordava il Giardino dell’Eden; infatti lui pensava di aver raggiunto per via occidentale l’estremo Oriente, proprio dove la tradizione poneva il Paradiso Terrestre47.

44 ALESSANDRO SCAFI, op. cit., pp.140-163.

45 EMILIO JOSÉ, SALES DASÍ «California, las amazonas y la tradición troyana», Revista de Literatura Medieval, 10 (1998), pp. 147-148.

46 ALESSANDRO SCAFI, op. cit., pp.206-213.

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Nel corso del Cinquecento la certezza legata alla presenza del Paradiso sulla terra iniziò a tentennare. Si iniziò a pensare che l’Eden appartenesse ad un passato remoto e che quindi non fosse più possibile identificarlo. Questo passaggio, da un paradiso presente ad uno passato, si rispecchia nelle mappe dove, a partire dal 1500, diventò sempre più raro trovare segnato il Giardino delle Delizie. Forse tale cambiamento era anche dovuto alle innovazioni cartografiche date dalla riscoperta della geografia tolemaica. Claudio Tolomeo fu astronomo alla biblioteca di Alessandria durante il II secolo d.C., ma il suo trattato di geografia venne tradotto in latino solo agli inizi del Quattrocento per insinuarsi nei precetti della geografia rinascimentale e porre le basi della cartografia moderna. Infatti le grandi innovazioni apportate da questa geografia differiscono molto dalle norme medievali, in quanto nelle cartografie precedenti si trovavano situate al centro le città più importanti, come Gerusalemme, a scapito della verosimiglianza che invece era di fondamentale importanza nelle carte di nuova generazione, che adottavano per la prima volta anche concetti di longitudine e latitudine48. Alla luce dei fatti appena descritti, è inopinabile ipotizzare che nel periodo in cui Mambrino Roseo da Fabriano scrisse la sua “Quarta parte di Primaleone” (1560) le convinzioni sull’esistenza del Paradiso Terrestre risultassero pressoché estinte, ma a livello di suggestione letteraria, affidarsi a credenze radicate nella cultura rendeva il racconto più emozionante accrescendo l’empatia nei lettori. Inoltre l’isola intesa come origine dell’umanità non ha radici solo nelle Sacre Scritture cristiane, ma trova larga considerazione anche tra le fonti letterarie classiche e, soprattutto, nell’antica cultura celtica. “La barrera acuática es frecuente entre los griegos, pues entre ellos, la localización quizá más común del Otro Mundo está en una isla bienaventurada o un grupo de islas. Tal parece ser la idea implícita en la descripción de los Campos Elíseos que se hace en la Odisea” 49

47 ANNA BOGNOLO, Geografia…,cit., p.19.

48 Riguardo le innovazioni apportate in cartografia dalla geografia tolemaica si veda SIMONE PINET, op. cit., pp.29-74.

49 HOWARD R. PATCH, The Other World According to Descriptions in Medieval Literature, trad. sp. di Hernández Campos Jorge, El Otro Mundo en la Literatura Medieval, Madrid, Ed. F.C.E., 1956, p.25.

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Come scrive Howard R. Patch, ci sono molti riferimenti all’Altro Mondo tra i greci, tutti ambientati su di un’isola: Platone nel suo Crizia parla dell’isola di Atlantide, Plutarco parla di isole situate nell’Atlantico identificate con i Campi Elisi, Luciano in Storie Vere elenca in modo satirico alcune isole fittizie. L’importante non è entrare nel merito di tutte le rappresentazioni classiche delle isole, ma osservare che tutti gli autori le consideravano le dimore ideali per i defunti e che, comunque, nelle rappresentazioni dell’Altro Mondo non mancava quasi mai la barriera acquatica. A tale proposito si possono osservare delle caratteristiche comuni tra le idee classiche e celtiche per definire l’Aldilà: anche per i celti la dimora dei defunti era situata su un’isola. A partire dalle saghe celtiche, infatti, si possono ritrovare rappresentazioni ideali dell’Altro Mondo legate all’elemento acquatico, come ad esempio per ciò che riguarda il rito funebre durante il quale i defunti venivano posti su un’imbarcazione e lasciati alla mercé della corrente, la quale li avrebbe portati lontani, in mezzo al mare, per ricongiungersi all’acqua e all’Aldilà 50. Vi è quindi una grande somiglianza tra la cultura classica, nordica e cristiana, a proposito delle rappresentazioni dell’Altro Mondo, il mondo dei defunti, il mondo che origina la vita degli uomini che, una volta morti, li richiama a sé, su di un’isola. Infatti come abbiamo potuto vedere precedentemente, per tutto il Medioevo si situava il Paradiso Terrestre ad Oriente su di un’isola realmente esistente che addirittura veniva rappresentata nelle mappe dell’epoca. Ma c’è un elemento di sostanziale differenza tra la cultura nordica e quella cristiana: la presenza di un personaggio femminile. Nel racconto irlandese Il Viaggio di Bran risalente all’VIII secolo, il protagonista si imbarca per un viaggio nell’oltretomba dopo aver sognato una donna proveniente dall’Aldilà che lo sprona a partire. Durante il viaggio approda sull’isola delle donne in cui lui sosta per un lasso di tempo che gli sembra più breve di quello che in realtà era trascorso, durante il quale lui, assieme al suo equipaggio, si unisce carnalmente con le isolane 51. In un altro racconto l’elemento femminile è ancora più enfatizzato: nel Serglige Conculaind (VII-VIII sec.) una donna di nome Fann vive su un’isola, ma un giorno decide di apparire innanzi a Cú Chulainn per farlo innamorare di sé. Successivamente lui si reca all’isola Mag Mell, che 50 Ivi, p.69.

51 Ivi, pp.39-40.

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significa “la pianura delle delizie”, sulla quale trova un palazzo che ospita un centinaio di donne. Tali esempi ci dimostrano chiaramente l’idea celtica dell’Altro Mondo, descritto dallo stesso personaggio del racconto, come una terra abitata da donne 52. L’isola quindi rappresenta, in più culture, un’ambientazione che esemplifica l’origine, l’inizio, un luogo naturale in cui l’essere umano si può sentire a casa, una sorta di rifugio connesso, come ben esemplificano i testi celtici, alla femminilità, o meglio, alla maternità.

2.7.2 Il personaggio di Eurania, fata madrina di Darineo Eurania è la regina dell’isola Sirena. Una volta rimasta vedova, per devozione al marito, decide di non risposarsi e di dedicarsi anima e corpo all’apprendimento della magia a cui era particolarmente incline. Grazie agli acquisiti poteri divinatori, scopre che una maga malvagia ha intenzioni omicide nei confronti di un neonato alla corte di Costantinopoli; questo bimbo è niente meno che il primogenito dell’imperatore Primaleone e così Eurania decide di correre in suo aiuto. Allontanato dalla corte, Darineo non verrà a conoscenza delle sue vere origini e così non correrà più il pericolo di incontrare Moranda, la maga che lo voleva morto. Eurania si occupa del protagonista per tutta la narrazione. Infatti prima di partire per le più svariate avventure, Darineo riceve dalla sua fata madrina un anello in grado di proteggerlo da eventuali incantesimi e un’imbarcazione velocissima per i suoi spostamenti. Poco prima del ritorno a casa del Cavaliere Darineo, Eurania muore. L’isola, con la sua caratteristica atmosfera chiusa ad ignota, è sempre stata considerata, nella cultura celtica e bretone, la collocazione ideale per gli elementi sovrannaturali e soprattutto per ciò che concerne l’elemento femminile; tale visione influenzerà molto la letteratura cavalleresca iberica. Si deve osservare che all’interno della letteratura del ciclo arturiano, a cui la letteratura spagnola si riferisce, l’elemento magico è sempre connesso alla femminilità e il tema viene trattato con insistenza 53. Infatti solo in pochi casi si osservano personaggi maschili dotati di poteri sovrannaturali. 52 Ivi, p.50.

53 Per un esauriente approfondimento circa il tema delle fate, rimando all’ammirevole monografia di LAURENCE HARF-LANCNER, Les Fées au Moyen Age. Morgane et Mélusine. La naissance des Fées, trad. it. di Silvia Vacca, Morgana e Melusina: la nascita delle fate nel Medioevo, Torino, Einaudi, 1989.

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La tendenza a conferire virtù magiche ai personaggi di sesso femminile ha origini molto antiche. Alcuni studi antropologici rilevano che durante l’era preistorica sia stata la donna ad inventare l’agricoltura, per cui le tribù associavano la fertilità della terra alla fecondità della donna, il cui ciclo corrispondeva a quello lunare, fondamentale per i raccolti. Per tali motivi, già a partire dal mesolitico (9000-6000 a.C.) si conferivano alla donna proprietà magiche. La figura della fata vera e propria, però, è più recente. Secondo lo studio di Laurence Harf-Lancner, quando la cultura clericale conservava fedelmente gli attributi propri delle antiche Parche greco-romane, nell’immaginario collettivo prendeva forma una nuova figura, una “fata” padrona del destino degli uomini, ma anche legata al culto della fecondità e dell’abbondanza che nel secolo XII, in seguito all’affermarsi del gusto per la materia di Bretagna, irruppe nella cultura scritta. La nascita di tale figura si deve anche alla mitologia celtica in cui esistevano culti alle ninfe dell’acqua e dei boschi, testimoniati dagli evangelizzatori dei popoli germanici pagani durante il Medioevo 54. Infatti a partire dal XII secolo, quando la figura della fata entrò in letteratura, veniva spesso connessa all’elemento acquatico o connessa alla vegetazione. Un esempio lampante e significativo rispetto alla connessione tra la fata e l’elemento acquatico è incarnato dal personaggio della Dama del Lago, fata madrina di Lancillotto. Si può ipotizzare che Mambrino Roseo da Fabriano nel caratterizzare il personaggio di Eurania abbia attinto alle qualità di quest’ultima, infatti La Dama del Lago offre al suo protetto un anello per difenderlo dagli incantesimi, il medesimo potere dell’anello donato a Darineo da Eurania. Inoltre sia Lancillotto che Darineo vengono allontanati dal loro luogo di nascita dalle rispettive fate, o madri adottive, ancora neonati. Ciò che, però, ha più rilevanza è che sia la Dama del Lago che Eurania non sono esseri sovrannaturali, ma sono esseri mortali che hanno appreso l’arte della magia. Quest’ultima caratterizzazione è di fondamentale importanza per l’analisi dello sviluppo della figura della fata durante il Rinascimento, epoca a cui risale la Quarta parte di Primaleone. In tale periodo infatti, la razionalità prende il sopravvento sulla fantasia legata al mistero, all’ignoto e al sovrannaturale, e i personaggi letterari si adeguarono alle aspettative dei lettori. Mentre la fata medievale era un essere fantastico, esoterico e temibile, durante il Rinascimento divenne un essere umanizzato e il più possibile coerente con le leggi fisiche e naturali. Con l’avanzare del genere cavalleresco spagnolo, infatti, si assiste ad un processo di 54 CARLOS ALVAR, «Mujeres y hadas en la literatura medieval», Evolución narrativa e ideologica de la literatura caballeresca, Bilbao, Universidad del País Vasco, Ed.María Eugenia Lacarra, 1991, p.26.

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razionalizzazione del personaggio e, in funzione di questo, la fata diviene uno strumento utile alla trasmissione delle ideologie cristiane degli autori, trasformata in una sorta di allegoria didattico-morale55. Da ciò si evince che le fate non costituivano solamente dei personaggi d’intrattenimento, ma si svilupparono rispecchiando la società contemporanea. Un esempio concreto di questo passaggio viene incarnato dalla più celebre fata della letteratura cavalleresca spagnola: Urganda la Desconocida, presente nel ciclo dell’Amadís de Gaula. Tale personaggio ha un carattere ibrido, che incorpora in sé sia i tratti esoterici della fata medievale che i tratti caratteristici della maga rinascimentale. In accordo con la tradizione folklorica la sua sede è un’isola dalle reminescenze celtiche, l’Ínsula No Fallada, ma il carattere che la definisce più di ogni altro, con l’avanzare del ciclo letterario, è quello più razionale della maga madrina alla stregua della Dama del Lago. Lo sviluppo di tale personaggio, all’interno dei racconti di Montalvo, è inoltre testimoniato dalla spettacolarità delle sue apparizioni: se all’inizio appare in maniera ammaliante, misteriosa e in un contesto silvestre, con l’avanzare del ciclo le sue apparizioni diventano sempre più spettacolari e teatrali, sull’esempio dei momos e entremeses56. Infatti quando la magia subisce una sorta di umanizzazione e razionalizzazione, la sua funzione diviene ludica e spettacolare, intesa ad intrattenere un pubblico cortigiano e nei lettori la concezione del magico e meraviglioso si vede influenzata dall’intrusione dei prodigi della tecnica. Funge da testimone di questo passaggio la Nave Serpente di Urganda, una costruzione frutto del connubio tra il prodigio e la tecnica artificiale. Come già detto il carattere che prevale in Urganda è quello di benefattrice nei confronti di Amadís, comparabile al ruolo materno della Dama del Lago nei confronti de Lancillotto. Infatti per il protagonista, Urganda fungerà da vera e propria fata madrina, annunciandogli il destino, dandogli consigli e aiuto. Tale caratteristica di maga protettrice, successivamente, si evidenzierà maggiormente con Esplandián, figlio di Amadís, quando gli donerà la Nave Serpente, fondamentale per i suoi spostamenti e non solo; infatti tale imbarcazione è capiente e lussuosa, dotata di sale e cappella per ricevere gli ospiti e celebrare la cerimonia d’investitura di Esplandián. Il motivo dell’imbarcazione magica si estenderà all’interno del ciclo: oltre all’imbarcazione 55 A tale proposito si veda SUSANNA JA OK HÖNIG, «Algunas notas sobre las hadas, magas y sabias en las novelas de caballerías», De la literatura caballeresca al Quijote, Juan Manuel Cacho Blecua (coordinatore), a cura di Ana Carmen Bueno Serrano, Patricia Esteban Erlés, Karla Xiomara Luna Mariscal, Saragozza, Prensas Universitarias de Zaragoza, 2007, pp.283-299.

56 ANNA BOGNOLO, La finzione rinnovata…cit, pp.200-205.

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del Meraviglioso Serpente, vi saranno anche la Nave del Meraviglioso Carro dei Quattro Leoni e la Nave dello Stupendo Lavoro, detta anche dell’Alta Rocca. Non c’è da stupirsi quindi se Mambrino Roseo da Fabriano inserisce, tra i favori di Eurania, anche un’imbarcazione magica: questa ha la dote di viaggiare a velocità smisurata senza vele e senza timone e i due nani che la conducono hanno il potere di renderla invisibile. Anche la Nave del Gran Serpiente ha il potere di scomparire e l’imbarcazione di Alquifa, nel primo libro, è condotta da dei nani57. Si osserva quindi che per Mambrino Roseo il personaggio di Eurania si attiene ai modelli di maga precedenti, non solo per ciò che riguarda la sua dimora o le caratteristiche dei suoi incantesimi, ma soprattutto per il suo alto grado di umanizzazione, dato che durante il Rinascimento si osserva un graduale sfaldamento della magia in favore della tecnologia umana58. A livello strutturale e narrativo Eurania funge da deus ex machina all’interno del racconto, grazie alle sue previsioni che rendono la struttura del testo ricca di prolessi narrative, fungendo da alter ego del narratore. Non a caso, infatti dal momento in cui la maga non è più utile a Darineo, che ha compiuto tutte le imprese e sta rincasando, muore. Come l’autore sta terminando il racconto così lei termina di vivere. Inoltre la mortalità concreta della maga, benché sia dotata di poteri magici, indica ulteriormente il suo alto grado di umanizzazione. Tale tendenza razionalistica presuppone la modernizzazione del genere cavalleresco che spianerà la strada alla progressiva trasformazione anche degli altri generi letterari, per raggiungere la meta del romanzo moderno. Quindi l’isola Sirena rappresenta la casa del protagonista, il suo rifugio, la sua origine, in relazione con le tradizioni bibliche legate al Paradiso Terrestre. Inoltre il focolare rappresentato dall’isola trova perfetta interpretazione nella cultura celtica e nordica che sottolineano l’importanza dell’ambientazione insulare in connessione con la femminilità e quindi con la maternità e la magia incarnate perfettamente nel ruolo di Eurania.

57 ANNA BOGNOLO, «Di maliarde, profetesse e illusioniste. Le incantatrici dello Sferamundi di Grecia», in Ogni onda si rinnova: studi di ispanistica offerti da Giovanni Caravaggi, Como-Pavia, Ibis, 2011, p.494.

58 SUSANNA JA OK HÖNIG, op. cit., p.249. 43


2.8 L’isola Galvana, l’isola abitata dai giganti Su quest’isola si svolge la prima avventura di Darineo. Subito dopo essere stato armato cavaliere dal Re del Causaso, viene avvisato dalle donzelle al servizio di Amalantea, Regina del Caucaso, che il marito Gilandro stava correndo un grande pericolo sull’Isola Galvana; così Darineo corre in suo aiuto. Per giungere sull’isola si avvale del passaggio di due navi da pesca e l’autore ci fornisce i particolari riguardanti la distanza percorsa per giungere a destinazione. Una volta sbarcato sull’isola, Darineo rimane stupito dalla bellezza della vegetazione e viene avvisato del pericolo di due giganti, padroni dell’isola, che tenevano prigioniere due dame con l’intento di sposarle. Uno dei due giganti, inoltre, aveva fatto arrivare sull’isola il Re Gilandro del Caucaso con un inganno, per vendicarsi di alcuni fatti passati. Darineo dimostra il suo valore uccidendo i giganti salvando così il Re del Caucaso e liberando le donzelle prigioniere.

2.8.1 L’isola in relazione alla mostruosità e all’alterità L’isola, che sia lontana o vicina, è la rappresentazione della stranezza e della differenza, per cui i mostri venivano associati a tali luoghi fin dalle più antiche opere letterarie. La dipendenza del sovrannaturale con lo spazio marginale, determina la relazione di questo con lo spazio insulare, per cui i giganti o le fate, essendo personaggi sovrannaturali, solitamente abitano le isole. I libri cavallereschi spagnoli del XVI secolo contengono più isole abitate dai giganti rispetto a quelle abitate da maghe; infatti i giganti danno la possibilità al protagonista di provare il proprio valore e la propria forza, mentre le isole delle maghe servono unicamente a stabilire la loro residenza in un luogo illocalizzabile ed ignoto59. I giganti, come le altre figure sovrannaturali, sono personaggi secondari, connessi con la marginalità dell’isola60. Tale collocazione sottolinea la meraviglia in relazione al 59 M.ª LUZDIVINA, CUESTA TORRE , Las Ínsolas del Zifar y el Amadís, y otras islas de hadas y gigantes, in Fechos antiguos que los caballeros en armas passaron. Estudio sobre la ficción caballeresca, Lleida, a cura di Julián Acebrón Ruiz, Edicions da la Universitat de Lleida, 2001, pp.28.

60 IVI, pp.11-13. 44


personaggio come un qualcosa di singolare, la forma geografica stessa dell’isola indica una separazione e l’incomunicabilità di questa minima parte di terra rappresentata in cartografia, che ospita meraviglie in uno spazio ben definito e chiuso. Per tanto è in questo spazio che si può ambientare appieno l’avventura: le opposizioni che rappresenta l’isola rispetto allo spazio continentale, come la purezza e l’ibrido, la religione e il paganesimo o l’opposizione tra natura e cultura, erano ben presenti nell’immaginario popolare, e si dimostrano tramite la dicotomia dello spazio costruito in contrapposizione a quello selvaggio dove le costruzioni come torri, palazzi e città venivano associate alla religiosità, mentre le ambientazioni deserte denotavano mancanza di luoghi di culto e quindi si identificavano come pagane61. Per ciò che riguarda i popoli mostruosi, nel Medioevo essi erano messi in relazione ai luoghi più lontani e misteriosi. Principalmente, i popoli mostruosi rappresentavano ciò che era ostile e diverso dal mondo europeo. La fonte principale da cui attingere informazioni su tali popolazioni durante il Medioevo era il Liber Monstrorum, di un autore anonimo dell’VIII secolo, il quale collocava il luogo originario degli esseri mostruosi in Oriente. Si deve osservare, a proposito, che l’Occidente medievale ha avuto due fonti per il proprio immaginario: il mondo celtico da cui ha avuto origine il ciclo letterario arturiano, e l’Oriente, più precisamente l’India, che rappresentava il teatro ideale di meraviglie e mostruosità. Le terre situate oltre la Terra Santa, meta di pellegrinaggi, erano ignote all’uomo medievale e suscitavano curiosità e paura dando spazio all’immaginazione. L’Europa era abituata a ricevere dall’India merce di grande qualità e ricchezza, per cui nell’immaginario collettivo l’Asia doveva essere una terra di estrema opulenza; inoltre è qui che si credeva fosse situato il Paradiso Terrestre, è in Oriente che nacque il cristianesimo e da cui provenivano i Re Magi. L’Asia era considerata, quindi, una terra permeata di esotismo e le creature che la abitavano rispondevano a tale caratterizzazione. Era anche la terra di mostri come cinocefali, uomini con la testa di cane, uomini con i piedi rivolti indietro, gli sciapodi, uomini dotati di un solo piede con il quale si riparavano dal sole e dalla pioggia, i ciclopi, gli uomini senza testa e che hanno gli occhi sulle spalle, ma era anche la terra dei terribili popoli di Gog e Magog i quali sarebbero stati rinchiusi da Alessandro Magno dietro delle alte mura che romperanno alla fine dei tempi per invadere il mondo con l’Anticristo (Apocalisse 20.7-

61 JAQUES LEGOFF, op. cit.,pp.50-51. 45


8). Fu infatti Alessandro Magno (356-323 a.C.) con il suo viaggio a far conoscere all’Occidente questo mondo. Non solo, ma anche la mitica Lettera del Prete Gianni (1160 circa) il leggendario re e sacerdote dei popoli asiatici accrebbe la curiosità per questo luogo lontano descrivendo le più disparate stranezze a riguardo62. Durante l’epoca del risveglio razionale del Rinascimento, i mostri, come personaggi folklorici, sopravvissero nelle creazioni letterarie e, forse, qualche credenza sulla loro vera esistenza sopravviveva nelle menti dei lettori. Ad ogni modo nel periodo in cui Mambrino Roseo scrisse la sua continuazione di Primaleone, tali personaggi non erano più considerati verosimili, ma venivano utilizzati come strumenti didattici che, avendo la propria radice nella cultura popolare, potevano fare breccia nelle menti dei lettori ed insegnare, per via inversa, la retta ideologia morale. La motivazione per la creazione di tali mostri, infatti, è probabilmente di natura religiosa. Tali esseri sono stati creati da Dio per indicare all’uomo ciò che doveva o non doveva fare, ciò che doveva o non doveva essere. Per gli uomini, quindi, i mostri dovevano rappresentare un monito: per non perdersi nel peccato i fedeli non dovevano assomigliare a quelle terribili creature. Per far sì che tale metro di confronto potesse essere efficace, i mostri non dovevano apparire completamente differenti, ma dovevano mantenere degli elementi che li umanizzavano. Le deformazioni corporee dei giganti, con la loro grandezza smisurata, rappresentavano, quindi, un peccato mortale, il peccato di superbia nei confronti del cristianesimo che il cavaliere aveva il compito di eliminare in nome degli ideali cavallereschi e del credo cristiano.

2.8.2 I giganti Corcutto e Marione come rappresentanti del paganesimo A dispetto di chi, durante il XV e XVI secolo criticava il genere cavalleresco in Spagna intendendoli mere opere d’intrattenimento, recenti studi dimostrano che tali testi sono permeati di didattismo, grazie ai personaggi che, la maggior parte delle volte, incarnano degli ideali. Nel caso dei giganti, sull’esempio dell’Endriago amadisiano, la loro deformità fisica è indice di superbia, caratterizzazione totalmente contraria agli ideali cavallereschi. 62 Rispetto ai popoli mostruosi, soprattutto per ciò che si riferisce ai popoli di Gog e Magog e il regno del Prete Gianni, situati ad Oriente rimando a: ALESSANDRO SCAFI, op. cit., pp.79-107-116-117-118-119-120-169171-172-174-180, e a STEFANO ANDRES, Le amazzoni nell’immaginario occidentale. Il mito e la storia attraverso la letteratura, Pisa, ETS, 2001, pp.133-134.

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Inoltre essi combattevano apertamente in favore di idoli pagani 63. Infatti i giganti descritti nell’Amadís presentano una caratteristica che sarà consustanziale nei giganti dei libri di cavalleria successivi: l’idolatria. In altre parole il gigante rappresenta l’unione tra l’anticavalleresco e l’anticristiano. Probabilmente la motivazione di questa caratteristica dei giganti difensori del paganesimo ha origini storiche. Secondo M.ª Luzdivina, Cuesta Torre, l’evento storico che fece nascere l’associazione tra isole e abitanti pagani e giganteschi fu la conquista delle isole Canarie, dove, fin dall’antichità, si pensava che gli abitanti avessero misure corporee smisurate: […] durante el siglo XV se suscitó en el ámbito internacional un intenso debate entre “papalistas” y “antipapalistas” sobre los derechos de los pueblos y príncipes paganos que tuvo como centro la conquista de las Canarias. Los papalistas defendían que ningún estado o sociedad infiel o pagano podía poseer dominium legítimo que mereciera aceptación de parte de los cristianos. [...] Los juristas italianos que dictaminaron a petición de Eugenio IV sobre el caso de las Canarias declararon que el papa sólo podía autorizar una guerra en el caso de que los paganos no quisieran dejar entrar en dichos territorios a misioneros cristianos. Quizá ésta sea una de las razones por las que en los libros de caballerías reiteradamente se presenta a los gigantes dueños de islas no sólo como paganos, sino como feroces persecutores del cristianismo64.

Inoltre la rappresentazione dei giganti come creature pagane potrebbe anche riferirsi allo scontro con i musulmani per il dominio del Mediterraneo durante il regno dei Re Cattolici. Infatti i libri di cavalleria non erano solamente opere d’evasione, ma alcuni episodi in essi rappresentati, costituivano esempi della realtà storica e rispecchiavano le preoccupazioni politiche a essi connesse: la visione dei giganti come esseri pagani giustificava la conquista del loro territorio da parte dei cavalieri, propaganda efficace per le guerre contro i mori nelle isole del Mediterraneo. Lo spazio dell’isola, come luogo abitato dai giganti, rispondeva anche alle esigenze narrative del genere: i luoghi incantati o abitati da esseri mostruosi, esercitano una grande forza d’attrazione per i protagonisti secondo la logica che maggiore sarà il valore e il prestigio di un cavaliere, quanto più si allontana dalle frontiere del suo mondo cortigiano ad imporre l’etica cavalleresca e il credo cristiano. Proprio per tale ragione, la ricerca di avventure, motivo comune tra i libri di cavalleria castigliani, avviene in luoghi remoti e sconosciuti, come le isole, per affermare l’ordine e per subordinare il caos irrazionale 63 JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS, «Sobre Torres levantadas, palacios destruidos, ínsulas encantadas y doncellas seducidas: de los gigantes de los libros de caballerías al Quijote», Artifara, 2, 2003, http://www.artifara.com/rivista2/testi/gigantes.asp, consultato in ottobre 2011.

64 M.ª LUZDIVINA, CUESTA TORRE, op. cit., pp.30-31.

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rappresentato da tali luoghi. Quindi la distanza tra gli ideali cortigiani e i pagani, viene rappresentata con la distanza fisica dell’isola rispetto alla corte originaria del protagonista, come nel caso della Quarta parte di Primaleone dove, per la prima e ultima volta nel libro, l’autore esplicita dettagli riguardanti la distanza geografica percorsa dal cavaliere; infatti leggiamo che l’isola Galvana dista circa ottanta leghe dall’isola Sirena, da cui Darineo era partito. Anche Il carattere anticristiano dei giganti viene reso nel testo; quando il protagonista sbarca sull’isola, viene rassicurato da una dama circa il successo che avrebbe avuto durante il combattimento: […] combattere con quei giganti ad uno ad uno non dovesse temere, perciocché essendo traditori, e di mala razza, ne avrebbe egli ottenuto facilmente vittoria65.

Successivamente, durante l’incontro con Corcutto si legge: Corcutto in tanta rabbia, che lanciando spesso fumo dalla visiera dell’elmo, urlando e bestemmiando dava gran colpi senza mai cogliere il Cavaliere della Sirena66.

Per ribadire, inoltre, la superiorità morale del protagonista rispetto ai giganti, l’autore ci descrive le loro abitudini ingiuste come quella di obbligare le due donzelle, Luceria e Lidonia, a sposarli. Le due dame, sorelle, per cercare di sfuggire al loro crudele destino, stringono un patto con i giganti, Corcutto e Marione: questi devono attendere un anno prima dello sposalizio, sperando che durante quel lasso di tempo qualche nobile cavaliere sarebbe giunto sull’isola a salvarle. Questo stratagemma è identico a quello che leggiamo all’interno della narrazione del Lisuarte de Grecia (1526) di Juan Díaz, dove la donzella Litria ritarda di un anno le sue nozze col gigante Gudulfre, con la speranza che qualcuno si presenti a salvarla67. Quindi, oltre alla superbia e all’idolatria, anche il maltrattamento delle dame sembra essere un topos privilegiato nella caratterizzazione dei giganti nei libri cavallereschi. Corcutto e Marione non saranno gli unici giganti incontrati da Darineo durante il racconto. I giganti che successivamente vengono presentati sono i fratelli Porfirione lo Smisurato e 65 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO , Quarta parte di Primaleone, Venezia, Tramezzino, 1560, su supporto digitale esemplare R/41164, fornito dalla Biblioteca Nacional de Madrid.

66 Ivi, p. 33, enfasi mia.

67 JOSÉ MANUEL, LUCÍA MEGÍAS, «Sobre Torres levantadas…» cit.

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Taricone, non a caso, detto il Superbo, i quali, oltre ad aver sottratto alla principessa Ariana il possesso dell’isola dei Due Regni, si recano settimanalmente nei vicini regni di Terebinto e Gallotracia per prelevare numerose donzelle con l’intento di sfogare i loro appetiti carnali. I cavalieri sono sempre oltremodo gentili con le dame, secondo le leggi della cavalleria, quindi il maltrattamento delle donne da parte dei giganti è un chiaro indice del loro carattere anticavalleresco. Quindi, per le caratteristiche negative appartenenti a tali antagonisti, la superbia, l’idolatria e le abitudini anticavalleresche, i giganti rappresentano gli avversari privilegiati dell’eroe. Non solo, anche la loro forza smisurata, in proporzione alle loro dimensioni, fa sì che siano gli antagonisti più ricorrenti del genere. Infatti solitamente vengono descritti come abili cavalieri nell’uso delle armi, e le sfide vengono raccontate con abbondanza di particolari, prima che essi muoiano per mano del protagonista. Come si è detto, i cavalieri sembrano essere giustificati nel conquistare la terra appartenuta ai giganti, in quanto pagani, ma non sempre le sfide vedono la loro capitolazione e la loro uccisione. Molte volte ai giganti viene risparmiata la vita se abbracciano il credo cristiano, e questo è proprio il caso della gigantessa Alfea, sorella di Corcutto e Marione, la quale, essendo di sesso femminile, è un’occasione per mostrare la gentilezza dei cavalieri nei confronti delle donne.

2.8.3 La gigantessa Alfea e la sua conversione al cristianesimo Nei testi rinascimentali, i personaggi originariamente negativi possono assumere un ruolo positivo come conseguenza della loro conversione alla fede cristiana. È il caso della gigantessa Alfea, sorella degli infedeli Corcutto e Marione. Alfea, appresa la notizia della morte del fratello Corcutto, si arma e attacca il re Gilandro del Caucaso. Quest’ultimo non reagisce per il rispetto che porta al gentil sesso, inoltre considera la gigantessa di bella presenza. Nel frattempo dei cavalieri raggiungono il re e vedendo la gigantessa armata partono all’offensiva, ma vengono interrotti dalla richiesta del re Gilandro di risparmiare la vita ad Alfea che, commossa, abbandona le armi. A questo punto muore anche il fratello Marione per mano del Cavaliere della Sirena e Alfea decide di convertirsi alla fede cristiana per dare degna sepoltura ai fratelli. Ora l’isola è stata annessa ai possedimenti del regno di Sirena, ma Gilandro, provando compassione per la buona gigantessa, decide

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di investirla del titolo di vassalla del Regno di Sirena e la fa sposare con un prode cavaliere dalla cui unione nasceranno dei valorosi guerrieri. L’episodio, dimostra ancora una volta la gentilezza tipica dei cavalieri, e ci riporta alla questione dell’aspetto esteriore dei giganti: i mostri, con il loro brutto aspetto, denotano malvagità e peccaminosità, come nel caso fondamentale dell’Endriago, mentre l’aspetto gradevole denota bontà interiore. Come più volte ho osservato, i libri cavallereschi non si limitavano ad essere opere di superficiale intrattenimento, ma soprattutto nei personaggi si possono ritrovare degli elementi che richiamano i valori dell’epoca in cui tali libri furono scritti. Le descrizioni dei personaggi sono, com’era consueto nello stile narrativo, minimali, ma da un certo punto di vista molto eloquenti. I personaggi positivi come Eurania, Sirena, in nano Belviso, l’amazzone Aliandra e soprattutto Darineo sono dotati di una grande bellezza, mentre i personaggi negativi, come i giganti, vengono descritti come esseri orrendi. Tali descrizioni possono portarci a considerare una pseudo-scienza che durante il Rinascimento era tornata in voga dai tempi di Aristotele: la fisiognomica. La fisiognomica studia le correlazioni tra il carattere e l’aspetto fisico della persona. Deduce le caratteristiche psicologiche degli individui dal loro aspetto esteriore, in particolare dal viso. Il termine fu usato per la prima volta da Aristotele (Analytici primi, 2, 27, 70b), ma raggiunse grande diffusione durante il Rinascimento grazie ai trattati di G.B. Della Porta (Magiae naturalis libri XX, 1558 e De humana physiognomia, 1586). I testi più antichi riguardanti la fisiognomica cominciarono ad essere disponibili in lingua latina a partire dal XII secolo e più ancora nel secolo successivo. Questa parascienza si avvaleva di una serie di simbolizzazioni per decodificare i tratti del viso e, conseguentemente, quelli psicologici e caratteriali, che rimasero immutate per secoli. Per esempio, per ciò che riguarda l'anima, gli studi si basavano sulle caratteristiche corporee che più sembravano avvicinare l'uomo all'animale e così si cominciarono ad attribuire loro dei significati morali: il modo in cui una forma umana si avvicinava o allontanava a/da una forma animale, sembrava suscettibile di interpretazione morale. Più il corpo e, soprattutto il viso, si potevano identificare come simili a qualche animale, si asseriva che l’essere umano aveva un carattere ferino, e la sua tendenza alla criminalità era inscritta fatalmente nel corpo 68. Osservando il primo esempio di antagonista su cui si basano le caratterizzazioni dei giganti successivi, l’Endriago dell’Amadís de Gaula, nato dal rapporto incestuoso tra due 68 ZIEGLER

JOSEPH, MAGLI PATRIZIA, voce “Fisiognomica” in Enciclopedia http://www.treccani.it/enciclopedia/tag/fisiognomica, consultato in dicembre 2011.

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Treccani,


giganti, si osserva come la sua mostruosità derivi dall’ibridazione di vari animali nella conformazione del suo corpo: ha una parte umana, una di dragone, una di idra e l’altra di serpente. Sembra piuttosto illogico che due giganti, dalle sembianze umane, possano concepire un essere del genere. Probabilmente Montalvo voleva incarnare in questo essere la quintessenza del male e della peccaminosità e quindi, avvalendosi degli insegnamenti della fisiognomica, ha voluto creare un essere che non solo assomigliasse ad un animale, ma a più animali contemporaneamente. Come l’aspetto ferino dell’Endriago simboleggia la sua cattiveria, così, con l’avanzare del genere, tutti i personaggi di aspetto poco gradevole avranno un carattere malvagio e al contrario un bell’aspetto denoterà la bontà d’animo. Per ciò che riguarda il piacevole aspetto della gigantessa Alfea, possiamo leggere nell’opera: […] Ma la gigantessa sentito il gran rumore dei suoi, intese la mortalità che da due cavalieri se ne faceva, si come era di gran cuore e la disperazione della morte del fratello la faceva sicura, gridando dall’alto a Marione che tornasse a dietro, che eran nemici dentro, si corse ad armare di un forte scudo che aveva nella sua camera, e una smisurata spada che era stata del padre, la quale ella si come era forte e gagliarda, ben maneggiava e uscì nella sala dove trovò il cavaliere dall’arme verdi <Re Gilandro del Caucaso> […] tosto che la gigantessa vide venir verso di lui con tanta fierezza, le disse: -Signora ponete giù l’arme, ne vogliate che io diventi discortese in offendervi, che altrimenti, si come siamo in tempo di non poter usar cortesia, sarete offesa-. Era la gigantessa di bello e singolare aspetto, e aveva viso di mediocre bellezza, e molto disposta alla vita […]69.

Alfea, vedendo le premure che il re Gilandro le usava, decide di abbandonare le armi e di convertirsi alla fede cristiana, desiderio che la rende degna del suo aspetto e del suo gran cuore: […] divenne cristiana, e temendo di aver perduta l’isola, il Re con il consentimento del Cavaliere della Sirena, le lo donò e confermò facendosi ella vassalla della Regina della Sirena dal cui regno era questa isola molto lontana70

Nei primi libri cavallereschi spagnoli, era ovvio considerare giusta la morte dei giganti e l’appropriazione dei loro beni e territori, perché considerati pagani malvagi. Con l’avanzare del genere, invece, ci si preoccupava maggiormente della conversione al cristianesimo dei giganti, il che significava guadagnare spiritualmente delle anime, dopo aver vinto

69 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., pp.35-36, enfasi mia.

70 Ivi, p.38, enfasi mia.

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fisicamente sui loro corpi e sui loro possedimenti. Così il genere divenne una specie di propaganda contro il paganesimo i cui protagonisti fungevano da ferrei difensori della cristianità e promotori della conversione degli infedeli pagani. Il motivo della conversione si presenta talmente spesso nei testi, da divenire una convenzione legata al genere, un vero e proprio topos inscindibile dei testi dell’epoca e che si deve considerare riflesso del periodo storico. Il primo libro che fece della conversione il suo punto cardine è Las Sergas de Esplandián quinto libro del ciclo degli Amadís, il cui autore è Garci Rodríguez de Montalvo. La prima edizione del libro apparve a Siviglia nel giugno 1510, cioè verso la fine del regno dei Re Cattolici, anche se si ipotizza un’edizione previa datata 1496. Infatti nel libro si menzionano i Re Cattolici, il che ci fa supporre che il testo sia stato scritto prima della morte di Isabella la Cattolica avvenuta nel 1504 71. Nel testo traspare la volontà dell’autore di appoggiare l’impresa dei Re, per ottenere un Paese completamente cristiano. L’allusione a questa impresa di Fernando e Isabella è resa esplicita dalle parole di Urganda la Desconocida “esta sancta guerra que contra los infieles començada tienen”, con riferimento all’espulsione degli ebrei dal Paese e dalla riconquista di Granada (entrambe nel 1492). Sebbene le date dell’opera siano ipotetiche, ci fanno pensare al periodo storico che vede protagonisti i Re Cattolici. Con questo testo il cavaliere errante, Amadís, cede il testimone al cavaliere crociato, il figlio Esplandián, impegnato nella guerra santa. Quindi si può ipotizzare che Garci Rodríguez de Montalvo volle elogiare i suoi Re appoggiandone le imprese72. Mambrino Roseo da Fabriano, non poteva trascurare un topos così importante dei libri di cavalleria precedenti. Infatti la conversione non avviene solo per la bella gigantessa, ma verrà ripresa per un altro popolo pagano: le amazzoni.

2.9 L’isola Sfortunata, l’isola abitata dalle amazzoni

71 EMILIO JOSÉ, SALES DASÍ, Sergas de Esplandián (Sevilla, Garci Rodríguez de Montlvo, 1510). Guía de lectura, Alcalá de Henares, Centro de Estudios Cervantinos, 1999, introduzione.

72 MARÍA

DEL ROSARIO, VALENZUELA MUNGUÍA, «Conversión y lucha contra gigantes en Las Sergas de Esplandián», in Destiempos.com. Caballerías (dossier), eds. Lillian von der Walde Moheno; Mariel Reinoso I., México, Distrito Federal, Grupo Destiempos, Dicembre 2009 – Gennaio 2010, 23, pp. 369-378.

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È l’isola abitata dalle amazzoni. Tale ambientazione si può considerare la combinazione perfetta tra le due isole precedentemente analizzate: questo ambiente simboleggia l’alterità legata alla diversità e alla mostruosità che questa popolazione incarna, riferendosi all’origine del mito ellenico, ma allo stesso momento riprende le funzioni del luogo legato alla femminilità intesa come amore materno e protettivo, incarnato dall’amazzone Aliandra che successivamente analizzeremo. Questa è la prima isola che l’autore descrive con parole significative. Infatti quando Darineo, sulla sua imbarcazione speciale regalata da Eurania, scorge l’isola all’orizzonte, uno dei Nani alla guida della nave gli racconta: Questa è detta l’Isola Sfortunata, così chiamata, perché niuno vi arrivò mai che non fosse morto e è la cagione che l’Isola che è grande, come voi in lunghezza potete in parte vedere, è una delle <più> grandi e opulenta, che in questo mare si trovi e inespugnabile, che niun Principe per potente che sia al mondo saria bastante a prenderla. È abitata da bellicosissime donne, le quali si governano a Repubblica con tanti buoni ordini e buona giustizia fra loro, che non vi nasce mai sedizione nel governo di essa e perciocché è ricca e grassa di tutte le cose necessarie al viver umano, non accettan che vi venga forestiero alcun di sesso mescolino se non tanto quanto è bisogno per mantenere la generazione e sucession loro73.

L’isola è descritta con i termini più generosi finora incontrati. L’opulenza e la bellezza dell’isola vengono sottolineati parallelamente alla politica dell’isola stessa: le amazzoni vivono in una repubblica democratica e l’armonia che regna tra le abitanti si rispecchia nell’isola stessa in termini di vegetazione. Nonostante tale benevola descrizione della loro politica, quando Darineo libera queste donne dal giogo del Dragone che le assediava, le isolane lo eleggono a loro sovrano, ed egli instaura la monarchia, la religione cristiana e insegna loro la sottomissione agli uomini. Addirittura nomina un uomo come luogotenente in sua assenza. Tale atteggiamento arrendevole delle donne guerriere, nei confronti di un giovane uomo, è in contraddizione con il mito stesso delle amazzoni dell’antichità; ma vedremo ora come tale mito si era evoluto nella storia fino a raggiungere, nel Rinascimento, un tono più tenue simile a quello presente nel testo in esame.

2.9.1 Uno sguardo al mito delle amazzoni Il mito delle Amazzoni è sorto per la prima volta nella civiltà greca e, con l’avanzare dei secoli, è stato tramandato in modo sempre più complesso e ricco di nuovi particolari. Per la civiltà ellenica, molto maschilista, le amazzoni rappresentavano il caos, l’incivile e il barbaro perché costituivano una popolazione con ideali inversi a quelli fallocratici. Le 73 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., pp.47-48, enfasi mia.

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amazzoni invertivano i ruoli di genere, occupandosi delle faccende che per i greci erano considerate prettamente maschili come praticare l’arte della guerra, invadere i territori limitrofi; consumavano rapporti sessuali promiscui e preferivano partorire figlie femmine piuttosto che avere una discendenza maschile che, nella maggior parte dei racconti legati al mito, sopprimevano. Rifiutavano, inoltre le occupazioni prettamente femminili e non rimanevano segregate all’ambito domestico, come le donne greche usavano fare. La visione etnografica classica delle amazzoni esemplifica l’antica tendenza ellenica a voler analizzare le altre culture basandosi sui rapporti di somiglianza o differenza con la propria: i popoli stranieri erano considerati più positivamente più assomigliavano a quello greco 74. Il fatto che potesse esistere una popolazione totalmente femminile e, per giunta, bellicosa, rappresentava per i greci la più grande inversione di costumi che potesse esistere. Inoltre l’arma che le identificava era l’arco; infatti l’etimologia del nome stesso “amazzone”, secondo la maggior parte degli studiosi, significa “senza mammella” dall’usanza di cauterizzare il seno destro per poter maneggiare più agevolmente l’arma 75. L’arco era considerato dalla cultura ellenica come uno strumento inferiore rispetto alla lancia che implicava il ben più temibile confronto corpo a corpo, quindi anche a livello bellicoso, le amazzoni venivano rappresentate come degli esseri indegni e vili, incarnando tutti i disvalori dell’epoca. Non bisogna dimenticare però che l’arco era anche l’arma prediletta dei popoli orientali come gli Assiri e gli Sciti. Infatti, a partire dalle fonti tardo-antiche medievali, la popolazione delle amazzoni veniva collocata in Oriente. Gli autori medievali, situavano le amazzoni oltre i confini del mondo conosciuto, in particolare nelle vicinanze dell’India. Infatti in una rubrica del Liber Monstrorum, opera anonima alto medievale (VIII°sec.), appaiono le amazzoni, descritte come esseri mostruosi alla stregua dei cinocefali, antipodi, ciclopi e pigmei. La mostruosità che caratterizza queste donne è da ricercare all’interno della Lettera del Prete Gianni (1160 circa) dove si descrivono come vere e proprie dominatrici del mondo animale: nella lettera vengono descritti pesci aventi la forma di ogni specie animale che le donne cavalcavano come muli 76. Tale capacità di ammansire gli animali mostruosi e mitologici verrà ripresa come motivo terrificante ne Las Sergas de Esplandián 74 ALISON DALE TAUFER, From Amazon queen to female knight: the development of the woman warrior in the “Amadís cycle”, Minneapolis, University Microfilms International, 1988, pp.28-29.

75 STEFANO ANDRES, op. cit., pp.11-12.

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(1510) in cui Montalvo ci descrive la regina delle amazzoni Calafia accompagnata da dei feroci grifoni che si cibano di uomini. Questi animali mitologici fin dall’antichità venivano messi in relazione con le terre ricche di oro, come la terra delle amazzoni; infatti per gli scrittori greci tali animali avevano il compito di difendere i tesori dall’avarizia umana77. La mostruosità delle donne guerriere, probabilmente è da imputare anche e forse maggiormente alla tipica descrizione medievale che le definiva come esseri viziosi, crudeli, innaturali, con riferimento all’usanza di uccidere i figli maschi. Anche Mambrino Roseo, nella sua descrizione delle amazzoni non dimenticò di annotare questa loro consuetudine: La legge statuita fra loro è che debba <il cavaliere> provarsi in giostra con tutte e quattro quelle <Amazzoni> del porto ove capiti, perché possa giudicare se è il cavaliere così valente che meriti il congiungimento con loro per avere figliuole, perché son queste donne così altiere, che si sdegnano di aver conoscimento d’uomo per la successione che non sia valorosissimo in arme, acciocché le figliuole che ne nascano per allevarle, che i maschi non allevano, riescano valorose e franche78.

Tale uso all’interno della popolazione delle amazzoni, ebbe diffusione nell’immaginario medievale anche grazie all’opera Il Romanzo di Alessandro (III secolo d.C.) secondo il quale Alessandro Magno sconfisse definitivamente questo popolo. La loro consuetudine rispetto ai figli maschi si conosce anche grazie alla famosa Lettera del Prete Gianni (circa 1160) che situava le amazzoni su un’isola vicino a quella del Paradiso Terrestre 79. Questa ubicazione ribadiva la tendenza medievale di porre tale popolazione in India, che venne ripresa, inoltre, da Il Milione di Marco Polo (circa 1298) che collocava l’isola delle donne nell’Oceano Indiano, descrivendo come ricevevano le visite degli uomini tre mesi l’anno, per assicurare il perpetuarsi della popolazione, dalla cui unione, se nascevano figli maschi, commettevano un infanticidio80. 76 Ivi, p. 22.

77 EMILIO JOSÉ, SALES DASÍ, California...cit., p.154.

78 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., pp.48-49.

79 ALISON DALE TAUFER, op. cit., p.33.

80 LEONARDO OLSCHKI, op. cit., pp.31-32

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La collocazione delle amazzoni nelle terre Orientali, non fu solamente una tendenza dettata dall’ignoto di quei luoghi, ambientazione ideale per le popolazioni più bizzarre, ma è possibile trovare delle testimonianze più antiche rispetto all’ubicazione del loro territorio in Asia. Infatti sull’origine del mito delle amazzoni si trovano due ipotesi: la prima è di natura mitologica, che caratterizzava tale popolazione come discendente dagli Dei del pantheon olimpico; la seconda narra la loro origine in modo più razionale. Nelle Storie Filippiche di Giustino Trogo (I secolo a.C.) possiamo leggere che l’origine delle amazzoni deriva dal fatto che due Sciti, Plinio e Scolopito, vennero esiliati dalla propria patria e, assieme ad altri connazionali, arrivarono sulle coste meridionali del Mar Nero presso la foce del fiume Termodonte, conquistando la città di Temiscira. Gli esiliati sopravvissero rapinando i popoli circostanti fino al giorno in cui, tali popolazioni, li sterminarono perché erano stanchi delle continue scorrerie da parte loro. Le donne scite, rimaste senza i loro consorti, impararono l’uso della violenza costrette dall’istinto di sopravvivenza. Con l’avanzare del tempo, avendo acquisito dimestichezza con le armi, si vendicarono e sottomisero i popoli limitrofi 81. Questo è solo uno dei numerosi racconti scritti con l’intento di spiegare l’origine delle amazzoni, i quali sono tutti accumunati dalla particolare collocazione di queste tra i popoli dell’Asia, in particolare tra gli sciti composti da un gruppo di tribù originarie dell’Asia Centrale, appartenenti al ceppo iranico 82. Tale localizzazione della terra delle amazzoni, sarà la chiave per la nuova rivitalizzazione del mito durante il Rinascimento.

2.9.2 Il mito delle amazzoni durante il Rinascimento Durante il Rinascimento, più precisamente grazie alle nuove scoperte geografiche, il mito delle amazzoni riacquisì vigore nell’immaginario collettivo. Nei resoconti di viaggio nel Nuovo Mondo troviamo, infatti, molte testimonianze di persone che dichiarano di esser venute a conoscenza, direttamente o indirettamente, dell’esistenza delle amazzoni proprio in queste terre selvagge e sconosciute; le amazzoni avevano acquisito una nuova collocazione geografica. La causa che diede origine alla ricerca delle amazzoni nel nuovo 81 STEFANO ANDRES, op. cit., p.50

82 Ivi, p.57.

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continente è da imputare al giornale di bordo del primo viaggio di Cristoforo Colombo, che pensò di aver trovato l’isola da loro abitata: Dixéronle los indios que por aquella vía hallaría la isla Matinino, que diz que era poblada de mugeres sin hombres, lo cual el Almirante mucho quisiera por llevar diz que a los Reyes cinco o seis d’ellas. Pero dudava que los indios supiesen bien la derrota, y él no se podía detener por el peligro del agua que cogían las caravelas, mas diz que era cierto que las avía y que cierto tiempo del año venían los hombres a ellas de la dicha isla del Carib, que diz qu’estava d’ellas diez o doze leguas, y si parían niño enbiávanlo a la isla de los hombres, y si niña, dexávanla consigo83.

Dalle descrizioni qui riportate sembra proprio che si tratti di amazzoni, coincidenti con la tradizione. Come già detto, però, non dobbiamo dimenticare che, secondo la tradizione, il popolo delle amazzoni si trovava in Scizia, in Oriente, vicino al Paradiso Terrestre e ai popoli di Gog e Magog, dove Cristoforo Colombo era certo di essere approdato. Per lui l’esistenza delle amazzoni in Oriente non era da imputare al fascino del meraviglioso e dell’esotico o al “romanticismo insulare”, come lo definisce Olschki 84, dettato dai racconti letterari precedenti; no, lui era convinto della reale esistenza delle amazzoni in Oriente, come del Paradiso Terrestre e delle Sirene, ed era oltremodo convinto che Cuba dovesse essere Cipango85. Più tardi altri esploratori fomentarono la credenza del mito. Per esempio Antonio Pigafetta, il cronista ufficiale della circumnavigazione del mondo intrapresa da Ferdinando Magellano tra il 1519 e 1522, durante l’escursione nell’India settentrionale, descrisse giganti, pigmei, persone che dormivano all’interno delle proprie orecchie, e il popolo delle amazzoni, il quale viveva sull’isola Ocoloro a sud di Giava. Secondo il resoconto, tali donne venivano fecondate dal vento e se partorivano un maschio lo uccidevano, altrimenti, se era una bambina la allevavano 86. La collocazione dell’isola in Oriente è anche dovuta alle qualità aurifere del luogo che, per tradizione, apparteneva alle amazzoni. Fin dal Medioevo, provenivano dall’Asia i prodotti più ricchi e ricercati come le spezie, le pietre preziose e l’oro, così nell’immaginario comune tutti i popoli che 83 MÉRIDA JIMÉNEZ, RAFAEL M., Damas, santas y pecadoras..., cit., p.129.

84 LEONARDO OLSCHKI, op. cit., pp.38-39.

85 ANNA BOGNOLO, «Geografia mitica…», cit.,pp.18-19.

86 LEONARDO OLSCHKI, op. cit., pp.31-32 e ALISON DALE TAUFER, op. cit., p.37.

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provenivano da tali luoghi dovevano possederne a iosa. Infatti in alcuni racconti sulle amazzoni l’elemento aurifero è rilevante; ad esempio l’eroina Pentesilea era solita coprirsi il capo con un elmo d’oro e nel racconto bizantino di Digenis Akritas l’Amazzone Maximò era ricoperta da una ricca armatura dai fregi d’oro 87. Gli esploratori rinascimentali adattarono l’antico mito delle amazzoni ad altre culture. Il desiderio di trovare dell’oro portò le amazzoni e la loro ricchezza ad occupare preminentemente le loro narrazioni e non ci deve stupire se durante le prime escursioni nel suolo Americano per alcuni esploratori come Cortes “l’isola delle Amazzoni era situata in mezzo al Rio S. Lorenzo e qui si sarebbero trovati in abbondanza perle e oro” 88. La descrizione dell’Isola Sfortunata di Mambrino Roseo come l’isola “più fiorita e la più piacevole e grassa che oggi sia al mondo”89 riprende la caratterizzazione tradizionale che definisce le amazzoni come un popolo ricco e florido. Ad ogni modo bisogna ricordare che l’esplorazione spagnola che incuriosì maggiormente gli europei fu quella in terra brasiliana, datata 1540, guidata da Francisco Orellana e il frate Gaspar Carvajal, in cui si racconta di un incontro ravvicinato con le donne guerriere. Da tale incontro il fiume presso cui quelle donne vivevano fu ribattezzato Rio delle Amazzoni. Quest’ultimo non è l’unico toponimo la cui origine è da imputare al mito delle amazzoni; anche il toponimo “California” deve la sua nascita alla fortuna del mito e dei romanzi cavallereschi spagnoli, in particolare il quinto libro del ciclo amadisiano Las Sergas de Esplandián (1510) di Garci Rodríguez de Montalvo. L’inserimento delle amazzoni tra i personaggi dell’opera deriva dal cambio di ambientazione avvenuta a partire dagli ultimi libri del ciclo; infatti dalle ambientazioni nordiche della Gran Bretagna, l’azione si è spostata in Medio Oriente, terra tipicamente connessa alle amazzoni e con l’immissione di questi nuovi personaggi all’interno del ciclo, l’autore voleva senza dubbio creare un’atmosfera dal carattere esotico. Introduce questa popolazione descrivendo la loro

87 STEFANO ANDRES, op. cit., rispettivamente p. 20 e p. 126.

88 Ivi, p.155.

89 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., p.48.

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provenienza in un’isola a est dell’India, chiamata California, molto vicina al Paradiso Terrestre. Probabilmente la rivitalizzazione di tali motivi leggendari della tradizione medievale è dovuta alle recenti notizie che il consigliere di Medina de Campo ricevette circa le esplorazioni dell’ammiraglio genovese, Cristoforo Colombo. Probabilmente era giunto in Spagna il resoconto del primo viaggio nel Nuovo Mondo, il cui periplo portò Colombo ad asserire la veridicità riguardo l’esistenza delle amazzoni in un’isola molto vicina al Giardino dell’Eden. Se veramente le notizie provenienti dall’ammiraglio genovese influenzarono il racconto de Las Sergas de Esplandián ci troviamo di fronte il più eloquente esempio di interrelazione tra storia e letteratura; infatti secondo le parole annotate da Colombo riguardanti l’isola Matinino, questa è “la primera isla partiendo de España” come per Montalvo l’isola California è un’isola ad est dell’India, la cui collocazione equivale alle parole di Colombo se si parte dalla penisola Iberica in direzione Ovest. Inoltre leggiamo nella descrizione dell’autore medinense che le abitanti di California possedevano tutte le armi d’oro, perché non si conosceva nessun altro metallo sull’isola; inoltre non vi erano isolani di sesso maschile, tutte caratteristiche che possono stabilire uno stretto rapporto di somiglianza con le descrizioni apparse sul giornale di bordo di Colombo90. Sebbene alcuni studiosi sostengano che l’opera di Montalvo sia, appunto, conseguente alle cronache di viaggio riportate dall’ammiraglio genovese, non si devono trascurare delle fonti classiche e medievali che probabilmente entrambi questi uomini di cultura conoscevano. Infatti testi come Il Romanzo di Alessandro o il diffusissimo I Viaggi di Mandeville (1357-1371) trasmettevano il mito delle amazzoni non solamente come un retaggio della cultura classica colta, ma anche come un motivo del patrimonio folklorico che apparteneva alla popolazione comune91. Indipendentemente dall’origine delle amazzoni di Montalvo, è importante analizzare a livello letterario, il contributo che queste apportarono ai testi seguenti del genere cavalleresco. Si può quindi osservare che l’isola California è l’isola della regina Calafia, che si differenzia dalle amazzoni classiche. Calafia si reca a Costantinopoli, con il suo seguito di donne guerriere, non con l’intento di conquistare la città e di sottometterne il 90 EMILIO JOSÉ,SALES DASÍ, «California, las amazonas...», cit., p.149.

91 ANNA BOGNOLO, «Geografia mitica…», cit., p.11.

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popolo, ma per acquisire fama e gloria grazie alla propria eccellenza in combattimento. Questo fine riflette totalmente l’ideale cavalleresco: combattere per conquistare la fama e il rispetto e non per un utile materiale e personale è un atteggiamento tipico di tutti i cavalieri protagonisti dei romanzi iberici. Inoltre l’avventura di Calafia trova il suo epilogo positivo con le nozze e la conversione al cristianesimo. Le amazzoni di Montalvo non vengono descritte con i toni aspri tipici dei cataloghi teratologici del Medioevo, ma vengono connotate positivamente dall’autore, che tramite il cambiamento avvenuto in Calafia, dimostra la grandezza del Dio cristiano in linea con le aspettative dei Re Cattolici i quali consideravano i testi del periodo come una propaganda efficace ai loro scopi. Con questa nuova caratterizzazione delle amazzoni Montalvo inaugura una nuova figura nello scenario cavalleresco, un personaggio che si trova a metà strada tra le caratteristiche delle amazzoni tradizionali e le motivazioni legate agli ideali cavallereschi: il tipo della “donna guerriera”, i cui tratti tipici saranno l’adesione al patriarcato tramite il sacro vincolo del matrimonio e la conversione al cristianesimo.

2.9.3 La conversione delle amazzoni e la sottomissione spontanea al sesso maschile Come nel caso dei giganti, presenti ne Las Sergas de Esplandián, anche le amazzoni rappresentano un’alterità che il protagonista deve uniformare agli ideali cristiani per cui combatte. È interessante osservare che durante la narrazione della Quarta parte di Primaleone, nel momento in cui Darineo si trova sull’isola delle amazzoni, i riferimenti cristiani divengono numerosi. Il momento più eloquente è quello in cui il cavaliere si prepara ad affrontare il temibile dragone che si era insediato sull’isola Sfortunata minacciando la quiete delle sue abitanti: Darineo si confessò quella notte dei suoi peccati dal suo scudiero, non avendo altro sacerdote il quale faceva e diceva cose di grande compassione pregando il suo Signore a volersi torre di una si pericolosa impresa poiché nello imprenderla era un tentatore Iddio, ma egli a niun patto volle farlo, ma venuta la mattina, fatte le sue orazioni a Dio si armò con l’aiuto del suo scudiero92.

Successivamente la sconfitta del dragone, le amazzoni si sottomettono spontaneamente a Darineo, il quale insegna loro la religione e i valori cristiani:

92 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., p.60.

60


Poi che, signore, è a voi piaciuto che io accetti il dominio di quest’isola, io, mosso dal voler vostro, e non dal mio, l’ho accettato non con intenzione di aver di questo vostro regno utile alcuno, ma darne a voi, cercando di ampliar questo stato di religione, di viver politico e santo, e di gloria e di fama, togliendo via gli infami e inumani abusi che le vostre antiche madri vi introdussero di viver da voi stesse senza consorzio di uomini, i quali forse furon introdotti da loro o per voler vivere libere e sottoposte al voler di essi o a forse troppo rigoroso imperio che si aveva preso contra di voi. Molto mi giova di ragionar con voi alquanto sopra di questo, acciocché dalle ragioni che io son per mostrarvi, possiate conoscere la cecità vostra e lo scandalo che a i popoli circumvicini vostri avete dato, perché spero che conoscerete in modo gli errori vostri passati, che non solo non vi parerà duro di lasciarli, ma giungerete le mani al cielo di averli deposti, trovandovi le più liete e contente donne al mondo per molte ragioni. Dicovi prima che non è lodevole ne approvato il viver delle profane del mondo diverso dal vivere universale di tutti, perché secondo l’universale (ancora che paresse male) l’uomo è scusato, massimamente quando questa general vita è conforme a ragione, ma volere separarsi dai costumi universali per mostrar di essere l’uomo o più saggio degli altri o per acquistar fama di aver trovato nuova legge o costume, ne è reputato pazzo. Nelle divine leggi noi Cristiani condanniamo infami e degni di punizione coloro che lasciano le sante antiche costituzioni nostre universali […] Voi appartandovi dalla comune legge del congiungimento de gli uomini con matrimonio santo, così naturale oltre a l’esser divino e tanto necessario per la perpetuazione del mondo, avete nella vostra repubblica introdotta legge e costumi inumani contrari a tutte l’altre nazioni del mondo in starvene in questa isola separate dal consorzio dei maschi onde volendo perpetuare con la successione sete forzate ir procacciandovi con infamia il congiungimento loro […] L’uomo per il vivere quieto e dolce non può senza la compagnia della donna mediante il matrimonio santo stare al mondo, così la donna non può per medesime cagioni stare senza l’uomo, anzi vi dico che essendo la donna di sua natura fragile e inabile al portar le cure del mondo, più sente il peso delle fatiche umane che l’uomo di sua natura più robusto e più potente […] Da voi nascono figli illegittimi e non nati da legittimo matrimonio e voi rimanete infami esponendo la vostra pudicizia e verginità così care in donne e donzelle a si disonesto modo. Io potrei mostrarvi nella antica scrittura nostra che Iddio ordinò la creazion dei primi padri il matrimonio e il congiungimento della femmina col maschio per modo legittimo e senza peccato, ma ne avendo voi notizia solo vi dico quelle cose a questo proposito […] a voler aborrire questo vostro antico costume, dando a me autorità di permettere che introduca nuova legge salutifera all’anima al corpo e all’onor vostro della quale spero vi troverete in modo contente che benedirete il giorno e l’ora che io qui capitai93.

Da questo discorso, fatto dal Cavaliere Della Sirena, Darineo, si possono evincere alcuni elementi fondamentali a dimostrazione delle tendenza letteraria rinascimentale di subordinazione delle amazzoni all’ideologia patriarcale e cristiana osservando una sorta di “femminilizzazione” del mito classico. Un primo punto del discorso, meritevole di attenzione, è quello in cui Darineo asserisce di non voler trarre un utile dal regno appena donatogli dalle isolane, ma le aiuta a “civilizzarsi” per pura filantropia. Più di una volta, durante la sua permanenza sull’isola Sfortunata, il cavaliere ribadisce uno dei valori basilari dell’ordine cavalleresco: la gentilezza nei confronti del gentil sesso. Infatti durante la sfida in una giostra, a cui Darineo si sottopone per osservare la legge della repubblica delle amazzoni, dichiara che “i cavalieri aveano in tutto per tutto a usar cortesia a donne e donzelle” e “che Dio sa

93 Ivi, pp.68-72, enfasi mia.

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quanto mi spiaccia il danno alle donne e donzelle, le quali io di continuo onoro e osservo”94. Sarà proprio questa immensa cortesia usata nei loro confronti che farà di Darineo una persona stimata tra le isolane, oltre ad essere la caratteristica che farà innamorare di lui l’amazzone Aliandra, di cui tra poco tratteremo. Il secondo punto da analizzare è che, in questo discorso, si ribadisce più volte la differenza della cultura delle amazzoni rispetto al “vivere universale di tutti”. Fin dall’antica tradizione greca, le amazzoni, alla stregua dei popoli barbari, dovevano essere conquistate e distrutte perché minavano i valori greci rifiutandosi di conformarsi agli standard di civilizzazione ellenici. I concetti legati alla superiorità e all’inferiorità delle razze costituiscono un punto importante per la filosofia e per i rapporti interculturali del Mondo Occidentale. I popoli barbari vengono rappresentati come ingenui, primitivi e irrazionali, l’uomo civilizzato, invece, è sofisticato, razionale e intellettuale. La percezione di se stesso come superiore giustifica il suo desiderio di dominazione dei popoli percepiti come “incivili”. Nella storia Occidentale, l’amazzone è sempre stata considerata l’antitesi della civiltà, caratterizzata come un essere assetato di sangue, promiscua, irrazionale e caotica, simboleggiando l’inferiorità morale dei popoli non cristiani.

Verso la fine del testo citato, bisogna notare come Darineo osservi esplicitamente che queste donne erano all’oscuro dei dettami della religione cristiana. Questo punto è molto importante per il trattamento che il protagonista riserva agl’infedeli. Sull’esempio di Montalvo, Darineo tratta senza pietà gli infedeli giganti perché conoscendo la fede cristiana la rifiutano, anzi in molti racconti del ciclo amadisiano i giganti si ritengono dei veri e propri nemici del cristianesimo; invece le amazzoni vengono trattate con più riguardo, come mostra il caso di Calafia ne Las Sergas de Esplandián, perché il loro paganesimo non è dovuto ad una scelta, ma all’ignoranza rispetto al credo cristiano. Questa caratteristica rispetto al trattamento delle infedeli amazzoni da parte del cavaliere, può essere spiegato alla luce delle ricerche di Allison Dale Taufer. Secondo la studiosa le amazzoni durante l’antichità ellenica costituivano una metafora rappresentante un modo di vivere barbaro che quindi, per via inversa, consentiva l’insegnamento della civiltà. Ciò che era socialmente simile ai popoli delle amazzoni poteva essere conquistato, dominato e annichilito perché distante dall’unica forma di civiltà conosciuta: la società greca. Durante il 94 Ivi, p. 51 e p. 53.

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Rinascimento l’amazzone rispecchiava ancora lo stato d’inciviltà. Gli esploratori spagnoli usavano l’immagine dell’amazzone per capire e dare un senso alle loro spedizioni. Come accadde per i Greci, tali donne procurarono agli Spagnoli un modello in base al quale capire le culture indigene così distanti dai modelli di società europei. Le molte storie pervenuteci, riguardanti gli avvistamenti delle amazzoni nel Nuovo Mondo, riflettono l’idea che gli europei ebbero sulle popolazioni indigene: il loro differente ordine sociale, le inconsuete pratiche sessuali e soprattutto il loro possesso di materiali preziosi come l’oro. Le amazzoni nei libri di cavalleria del XVI secolo furono ben accettate dalla Chiesa, forse perché in Spagna stava prendendo piede una controversia legata alla conversione degli indiani durante questo periodo. Autori come Montalvo, Silva e Luján, i quali trattarono il mito delle amazzoni nei loro libri cavallereschi, ruppero la tradizione greca per cui tali donne meritavano di essere debellate, facendole convertire al cristianesimo. Questo atteggiamento è in linea, secondo Taufer, con la legge reale emanata nel 1501 dal governatore Nicolas Ovando per la quale gli Spagnoli dovevano cercare di convertire gli indigeni al credo cristiano senza l’uso della violenza. Inoltre nel 1512 la legge di Burgos ordinò agli Spagnoli di costruire delle chiese nel Nuovo Mondo, dove insegnare la dottrina e battezzare i bambini. Tale tolleranza riservata agli infedeli americani era dovuta alla loro ignoranza del cristianesimo: non potevano essere considerati degli infedeli alla stregua dei musulmani e degli ebrei che rifiutarono esplicitamente di abbracciare la fede cristiana. La medesima tolleranza si riflette nelle maniere usate dai cavalieri nei confronti delle amazzoni95. Nella narrazione inoltre, si possono osservare delle caratteristiche nelle descrizioni delle amazzoni simili alle descrizioni degl’indigeni americani. In molti testi si parla di una religione pagana e politeista delle amazzoni senza un’ulteriore specificazione, come per gli indiani: gli europei infatti ignoravano quali dei adorassero, sapevano solo che non erano monoteisti. Tale imprecisa caratterizzazione della religione del popolo delle amazzoni si trova in più punti anche nel testo di Mambrino: Rendete grazie agli Iddii Signore, che ieri per le mani del più valente cavaliere del mondo ci ha quest’Isola liberata dal cruel Dragone […] Concludendo che aveva tanto il cavaliere fatto che meritava di esser annumerato nel numero dei loro Iddii96.

95 ALISON DALE TAUFER, op. cit., capitolo V.

96 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., p.65.

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Poi, durante il discorso che inaugura il suo nuovo regno sull’isola, Darineo sottolinea l’importanza della “pudicizia e verginità così care in donne e donzelle” che le amazzoni perdevano in modo non cristiano, senza un previo vincolo matrimoniale. La principale differenza tra l’onore maschile e quello femminile nei romanzi cavallereschi, che rispecchiano l’ideologia sociale dell’epoca, sta nell’importanza della castità sessuale 97. Molti uomini nei romanzi cavallereschi, e Darineo è uno di questi, sono notoriamente dei dongiovanni, ma la loro condotta sessuale non influenza il loro onore come guerrieri, mentre la castità determina chiaramente l’onore femminile 98. Tra i tratti descrittivi di queste dame, in connessione alla verginità e alla pudicizia, in più punti nel testo osserviamo che esse nonostante la loro bellicosità, risplendono di incredibile bellezza: Stupito Darineo diceva esser gran peccato che si belle e delicate mani si usassero a maneggiar arme e sparger sangue, ne si saziava di rimirarle e esaminarle tutte. Molto si meravigliava di veder donne si ben formate e disposte e di bei visi e con tanta gentil crianza.99

Come

nel

caso

delle

gigantessa Alfea,

precedentemente

analizzato,

secondo

l’interpretazione della fisiognomica, la bella presenza di queste donne annuncia la loro successiva conversione al cristianesimo. In realtà, fin dalla nascita del mito delle amazzoni, queste donne sono sempre state descritte come bellissime e vergini, ma mai sottomesse all’assolutismo maschile della società ellenica e medievale. Infatti, fin dall’antichità, le Amazzoni venivano rappresentate come devote agli dei Ares e Artemide. Per ciò che riguarda Ares, il tratto distintivo è la loro devozione all’arte della guerra, per ciò che concerne Artemide, la loro devozione riguarda la loro verginità, rispecchiando lo stato sessuale della dea, simbolo di indipendenza femminile. Mantenersi illibate più a lungo possibile avrebbe significato avere uno stato di natura intatto, a cui non ha mai fatto violenza alcuna forza estranea, affermando e rivendicando l’ideale di indipendenza assoluta100. A conferma del loro attaccamento alla verginità, si deve ricordare la loro capacità di avvicinare e ammansire le fiere più temibili, caratteristica che secondo il 97 M. ISABEL, ROMERO TABARES, La mujer casada y la amazona: un modelo femenino renacentista en la obra de Luján, Siviglia, Universidad de Sevilla, 1998, p.154 e 172.

98 ALISON DALE TAUFER, op. cit., p.233.

99 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., p.57 e 65.

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folklore medievale veniva associata allo stato verginale di queste donne che, solo così potevano farsi avvicinare dagli animali101. Durante il Rinascimento, invece, la donna amazzone subisce una trasformazione caratteriale in accordo con la bellezza che viene loro conferita, simbolo di bontà, dolcezza e disponibilità all’ubbidienza, in altre parole di sottomissione nei confronti dell’uomo. Nella storia Occidentale, i concetti di superiorità ed inferiorità non sono solo stati applicati a livello razziale, ma anche dal punto di vista di genere. L’uomo ha costruito una gerarchia di opposizioni che giustifica la sua supremazia: l’uomo non è donna, come la cultura non è natura e come la legge cavalleresca si oppone al caos da debellare. Le donne, assegnate al polo opposto in tale gerarchia binaria, divenne il simbolo di tutto ciò che non è maschio e quindi inferiore. Dove l’uomo è attivo, lei è passiva, dove lui è intellettuale, lei è fisicità. L’abilità, la forza e il coraggio vengono associate alla virilità, mentre la debolezza, la timidezza e la dolcezza alla femminilità. Il mito delle amazzoni metteva in crisi l’equilibrio di questo paradigma con la loro caratterizzazione di donne abili nell’uso delle armi, forzute, coraggiose e agili. Esse vivevano in una ginocrazia matriarcale, indipendenti dal controllo dell’uomo, conquistando i popoli e territori vicini. Anche se erano sempre descritte come bellissime e desiderabili, esse rifiutavano la dominazione maschile e il ruolo passivo. Nella letteratura Occidentale tradizionale si è spesso descritto il popolo delle amazzoni in modo ambivalente: le amazzoni sono sia fisicamente desiderabili che minacciose nel loro comportamento. La loro libertà dal controllo dell’uomo e la loro appropriazione delle attività tradizionalmente maschili, sfidano la civiltà patriarcale e l’ordine sociale stesso 102. La tensione prodotta da tale ambivalenza è risolta con la presentazione finale delle amazzoni sottomesse all’eroe maschile, soluzione che nel testo in esame viene identificata con la vicenda dell’amazzone Aliandra. Tale personaggio si può definire “donna guerriera”, personaggio originario del ciclo amadisiano, che ben esemplifica il passaggio dal carattere dalle amazzoni più classiche, orgogliose e misantrope, alla virgo bellatrix, la donna

100 STEFANO ANDRES, op. cit., pp.40-41.

101 ALISON DALE TAUFER, op. cit., p.160.

102 IVI, p.57.

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guerriera che incarna sia i valori cavallereschi che i valori prettamente femminili di docilità dettati dall’amore.

2.9.4 Il personaggio di Aliandra, fusione tra l’amazzone e la “doncella guerrera” Dalla prima apparizione delle amazzoni all’interno dei romanzi cavallereschi spagnoli ne Las Sergas de Esplandián (1510), si può osservare come le donne guerriere appaiano sempre più spesso nei testi successivi: nel Primaleón (1512), Don Duardos combatte con un cavaliere che si rivela essere una donna, nell’anonimo Don Polindos del 1526 appare la mora Felices che, innamorata del protagonista, veste gli abiti del cavaliere o nel nono libro del ciclo amadisiano di Feliciano de Silva (1530) si legge dell’innamorata Gradafilea che si arma per il suo uomo. Il libro che, però, più degli altri ha definito le caratteristiche della virgo bellatrix come una donna che decide di travestirsi da cavaliere e di comportarsi come tale per amore, è Crónica del muy valiente y esforzado caballero Platir del 1533. Questo testo ci offre lo sviluppo più completo ed innovativo del tema della donna guerriera tramite il personaggio di Florinda che si trasforma in una donna bellicosa per liberare il suo amato Platir dalla prigionia in cui era costretto. L’innovazione è dovuta al fatto che Florinda, una volta armata, diviene la protagonista della narrazione e non un semplice personaggio secondario come le sue antecedenti103. Nel caso di Aliandra dobbiamo sottolineare che non si deve considerare una vera e propria virgo bellatrix, ma nemmeno un’amazzone nel senso classico del termine. Lei non veste i panni del cavaliere per non farsi riconoscere come donna e soprattutto, non si arma per la prima volta per amore di un uomo, come la virgo bellatrix, perché lei è nata in una tribù di amazzoni praticando da sempre l’arte della guerra. Tuttavia non si può nemmeno considerare un’amazzone classica perché è sensibile all’amore e a causa di questo sentimento decide di seguire l’amato durante sue avventure. Possiamo quindi definire Aliandra come il personaggio che simboleggia lo sviluppo più esauriente del mito delle amazzoni in chiave rinascimentale e propagandistico che si avvicina molto alla figura

103 MARÍA

DEL CARMEN, MARÍN PINA, «La aproximación al tema de la virgo bellatrix en los libros de caballerías españoles», Criticón, 45, 1989, p.89.

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dell’innamorata virgo bellatrix, figura accettata senza nessun ombra di dubbio dai lettori rinascimentali. Infatti è durante il Rinascimento che le amazzoni divengono più femminili e quindi sensibili all’amore. Questo, come già detto, è il caso di Aliandra che per amore decide di seguire Darineo durante le sue avventure: Era in questa compagnia la bella donzella che aveva con Darineo prima dell’altre giostrato, chiamata Aliandra figliuola di una delle senatrici del magistrato che era delle più nobili e più stimate. Era di meravigliosa bellezza, molto allegra, e una delle disposte donzelle che fosse fra loro, oltre l’esser valorosa in arme. Costei dal giorno che ricevve quella gran cortesia dal Cavaliere della Sirena <durante il combattimento in giostra> si affezionò a lui tanto che continuando in quello amore e tuttavia più esaminando la gentilezza del Cavaliere venne ad accendersi tanto nell’amor suo, che se ne sentiva tutta infiammata104.

Il grande amore di Aliandra nei confronti di Darineo, da questo punto in poi, diviene il filo conduttore del racconto sino al suo epilogo. La novità più importante che tale amore apporta alla narrazione è la collaborazione di Aliandra nelle future imprese del cavaliere: <Aliandra> disse, Signor mio, il dono che mi avete promesso è che mi concediate che io possa venirmene con voi ovunque andate almeno per qualche tempo, e dicovi che se questo mio desiderio contraddirete, contraddirete anco la mia vita, perché quando voi qua tornaste, non mi troverete viva105.

Aliandra, così, incarna la fusione tra l’amazzone più tipica e la donna guerriera, una figura quindi di origine selvaggia e bellicosa che per amore e per la nuova fede cristiana diviene una perfetta cortigiana, dotata di grandi capacità guerriere e di alti valori morali. Durante le loro avventure, tutti coloro che incontrano il Cavaliere della Sirena accompagnato da Aliandra, ipotizzano che quest’ultima sia anch’essa un cavaliere. Infatti lei veste un’armatura come Darineo ed è armata di una spada. Quando corrono ad aiutare delle donzelle in pericolo, non è raro che si innamorino di Aliandra credendola un uomo, come nel caso della principessa Ariana e della nobile Clariana. Inoltre il narratore descrive la sua potenza nelle armi alla pari di quella di Darineo; infatti i due collaborano negli incontri armati con perfetta armonia e nel caso del gigante Porfirione, sarà lei ad infliggergli il colpo di grazia. Grazie al suo successo nel ruolo di cavaliere, Aliandra sembra, a prima vista, incarnare la sfida ai tradizionali ruoli di genere, ma in realtà ha poco in comune con la considerazione delle amazzoni circa il patriarcato. Le donne guerriere, 104 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., p.58.

105 Ivi, p.73.

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come è divenuta Aliandra, non rappresentano la negazione delle norme patriarcali di genere e potere, ma una conferma di queste norme incarnando la sintesi dei concetti maschili e femminili legati all’onore della condotta sessuale e sociale. Mentre l’onore maschile è determinato principalmente dall’abilità in battaglia, l’onore femminile è basato sulla castità o nell’abilità nel mantenere le sembianze di una donna casta 106. Al contrario dell’antica amazzone, che rappresentava la tensione tra i generi, la nuova donna guerriera convalida lo stato sociale auspicato dal cavaliere attraverso l’accettazione e all’adesione alla castità sessuale legata all’onore femminile, mentre simultaneamente ricerca il successo nel contesto d’azione maschile. Aliandra, infatti, combatte e si muove secondo le convenzioni dell’ordine cavalleresco, ma quando si sveste della sua armatura dimostra la sua femminilità e la sua incredibile bellezza: Venuta la sera smontarono presso un ruscello di acqua e quivi avendo cenato, venne il Cavaliere della Sirena in grande afflizione di animo per la perdita della donzella e Aliandra che non lo poteva veder star melanconico, sapendo quanto si compiaceva di vederla vestita in abito di donna, si tolse l’arme da dosso […] Il Cavaliere della Sirena si tolse alquanto del suo melanconico pensiero vedendola così vestita107.

Dalla citazione si evince quanto Aliandra sia accomodante nei confronti del suo amato cavaliere. Proseguendo nelle pagine del testo, addirittura si legge che accetterà un amore clandestino da Darineo durante il capitolo settantadue (Mambrino definisce l’atto come “Aliandra fu contentata”), anche se consapevole che il cavaliere era il promesso sposo di un’altra donna. Dalla loro unione nascerà il figlio Dariandro e il cavaliere Darineo, divenuto Re dell’Isola Sirena, farà sposare Aliandra con un gran duca per accomodare la sua gravidanza. L’amazzone Aliandra è stata così conquistata sentimentalmente, fisicamente e anche nel suo orgoglio. Darineo simboleggia la glorificazione dell’uomo in grado di conquistare l’amazzone ripristinando l’ordine sociale patriarcale tramite la sua “civilizzazione” 108. Infatti 106 Come nel caso del testo in esame, la vedova Crasilda, dopo aver consumato più rapporti con Darineo, rimane gravida. Per non dare scandalo Crasilda si confiderà con la maga della Regina Polinda che con un incantesimo renderà la sua gravidanza invisibile agli occhi degli altri.

107 MAMBRINO ROSEO DA FABRIANO, op. cit., p.131.

108 ALISON DALE TAUFER, op. cit., p.96.

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nei panni di donna guerriera, Aliandra riceve riconoscimenti per le sue coraggiose gesta e la sua cortesia in battaglia e come donzella, guadagna l’ammirazione per la sua bellezza e castità. La donna guerriera partecipa pienamente nella sfera d’azione maschile attraverso le gesta cavalleresche, ma la sua adesione alla castità sessuale e la sua volontà di sottomettersi all’autorità patriarcale attraverso il matrimonio, definiscono il suo onore di donna. Accettando il patriarcato, il cristianesimo e il loro controllo sulla sessualità femminile, la donna guerriera non minaccia l’ordine sociale, lo convalida. Per tali ragioni viene celebrata all’interno dei romanzi cavallereschi rinascimentali.

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CAPITOLO 3 Scheda de La quarta parte del libro di Primaleone

3.1 Riassunto dell’opera

Introduzione, il ritrovamento del testo originale

[1] Questo libro intitolato Quarta parte di Primaleone, che va aggiunto al libro di Primaleone, è la trascrizione di carte trovate negli annali degli imperatori di Grecia. La fine del Primaleone non combacia, infatti, con il libro seguente di Platir. Chi li ha tradotti ha ignorato alcuni fogli e trascritto in modo errato alcuni nomi, perché dopo la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, la memoria degli imperatori greci e delle imprese dei loro nobili cavalieri era caduta nell’oblio. Per nostra fortuna gli annali si sono conservati e la memoria di Palmerino e dei suoi successori ci è pervenuta. Ma le storie sono state trascritte in modo frammentario e confuso, soprattutto nella parte finale del terzo libro di Primaleone, dove si trovano anacronismi ed equivoci che si risolveranno con questa Quarta parte.

Le origini di Darineo, il suo allontanamento dalla corte natale e da chi viene allevato

[2] L’imperatore Primaleone e sua moglie Gridonia hanno quattro figli. Il primo, chiamato Darineo, fino ai sei mesi è affetto da un’infermità che fa temere per la sua vita. Un giorno, mentre l’imperatrice lo accudisce nella culla, appare nella stanza un vecchio che, spargendo in aria una polvere magica, intontisce l’imperatrice e le sue donzelle e, indisturbato, porta via il bambino, discolpandosi e assicurando di fare tutto per il suo bene. L’affranta imperatrice Gridonia viene consolata dai parenti: si pensa che il rapimento sia opera di un mago amico, il Cavaliere dell’Isola Serrata. Il giorno seguente, infatti appare una vecchia, che spiega che l’infermità di Darineo era dovuta al sortilegio di una maga che lo voleva morto: per salvarlo e guarirlo doveva essere tenuto lontano dall’impero e non si 70


doveva più menzionarlo. [3] Nelle regioni della Tartaria viveva una nobile regina, di nome Eurania, signora dell’Isola Sirena che aveva una figlia di incredibile bellezza chiamata Sirena la Bella. Il marito era morto prematuramente, ma Eurania, ancora giovane e bella, non si era risposata. Fin da giovane aveva appreso l’arte della magia e, per colmare il vuoto della sua vedovanza, si applicava molto agli studi, tanto che con costanza e perseveranza aveva raggiunto livelli di perfezione. Così un giorno, consultando nei libri l’oroscopo di Darineo, Eurania aveva scoperto che il bimbo sarebbe diventato un prode cavaliere, se non fosse stato per gli influssi malefici di una maga. Questa, di nome Moranda, aveva previsto che Darineo sarebbe stato un nemico della sua famiglia provocando indirettamente il suicidio di sua figlia e aveva deciso di confezionare un unguento letale per compiere l’infanticidio. Con un incantesimo Eurania aveva cercato di evitare che la maga toccasse l’infante con quel malefico olio, ma Moranda, spargendolo sui panni in cui era avvolto, gli aveva pregiudicato la salute. Per questo la regina aveva mandato il vecchio a prendere Darineo per portarlo nel suo regno, raccomandando ai genitori di non nominarlo mai per non destare i sospetti di Moranda 109. Nella sua Isola la regina guarisce il bimbo e lo alleva accanto alla figlia Sirena maggiore di due anni. Darineo, che viene chiamato “il Donzel della Sirena”, diventa sempre più bello e forte e già all’età di dieci anni supera i suoi maestri nell’arte delle armi. Anche Sirena diventa sempre più bella e dolce. I due giovani credevano di essere fratelli perché la regina non aveva mai svelato loro il segreto circa l’origine di Darineo.

Darineo innamorato della presunta sorella

[4] Crescendo i due giovani si vogliono sempre più bene e non riescono più a stare l’uno senza l’altro. Quando Sirena compie quattordici anni e Darineo dodici, lei comincia a temere di provare qualcosa di più di un amore fraterno. Anche lui si sente innamorato della presunta sorella, così cade in una grande tristezza e la evita per non destare sospetti. Sirena, che soffre per le sue mancate visite, lo convoca grazie alla sua fidata cameriera Lodemia, ma il ragazzo in sua presenza si sente mancare. Lodemia comprende le pene di 109 L’autore a tale proposito esplicita che “Questo è il motivo per cui nel libro di Platir non si parla mai del fratello maggiore Darineo”. Questo artificio letterario è utile per conferire alla trama quella coerenza cui anela l’autore nel primo capitolo del libro. Aggiunge anche che tutta la storia era conosciuta dai greci come “La storia di Darineo” e che lui preferì chiamarla “Quarta parte di Primaleone” per evitare l’interposizione di altri libri.

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entrambi i giovani e decide di svelare a Sirena che Darineo non è suo fratello, anche se ne ignora il lignaggio. Sirena è sollevata e la regina sua madre ne è lieta e finge di non sapere nulla. [5] Darineo, sofferente, cerca di dichiararsi ma non ci riesce per timore di disgustare Sirena con un sentimento incestuoso. Un giorno, dopo tanto patire, decide di confessarle il suo amore ma in sua presenza è turbato dalla tristezza. Sirena, con le lacrime agli occhi, lo prega di spiegarsi. In quel momento sopraggiunge Lodemia, a cui Eurania, giudicando giunto il momento, aveva dato il permesso di scoprire la verità. Lodemia, appartatasi con Darineo, gli svela che non è fratello di Sirena e gli narra come fosse stato raccolto da Eurania. Il dì seguente Sirena vede Darineo di splendido umore e quando chiede di sapere il motivo di tale cambiamento egli le confessa tutto il suo amore e le chiede di essere il suo cavaliere. Eurania constata soddisfatta che tutto si sta evolvendo secondo i suoi piani.

L’investitura cavalleresca di Darineo e come riceve la prima richiesta di aiuto

[6] Il giorno seguente Darineo si inginocchia dinnanzi alla regina supplicandola di concedergli di ricevere l’ordine di cavalleria. Così la regina Eurania progetta subito di condurlo nel regno del Caucaso per far si che il re Gilandro lo armi cavaliere. Il giorno precedente alla partenza, nel palazzo appare una donzella accompagnata da un bel nano. I due portano uno scrigno chiedendo di poter parlare con il Donzel della Sirena da parte di un amico. Arrivato Darineo, accompagnato da tutti i cortigiani, la donzella rivela essere una servitrice del Cavaliere dell’Isola Serrata il quale dispone di aspettare nel loro regno il re del Caucaso perché entro otto giorni sarebbe arrivato per insignire Darineo del titolo di cavaliere. Per tale ragione manda a Darineo delle armi di ottima qualità tra le quali però manca una spada che avrebbe ricevuto solo a titolo ottenuto ed inoltre gli ordina di agire da quel momento in poi solo sotto il consiglio della regina Eurania, altrimenti sarebbe morto o caduto nel disonore. Così dicendo la fanciulla svanisce col nano lasciando lo scrigno con le armi. Subito Darineo lo apre scoprendo le armi più belle che avesse mai visto: sono tutte verdi piene di sirene smaltate d’oro e appena le prova gli sembrano fatte su misura per lui. Allo scadere dell’ottavo giorno, come previsto, arriva il re del Caucaso accompagnato dal suo scudiere e da una fanciulla che aveva chiesto il suo aiuto. [7] Il giorno seguente dopo una messa solenne il re Gilandro investe del sacro ordine di 72


cavalleria Darineo recitando delle parole che turbarono la Regina Eurania: infatti il re asserisce che il Donzel della Sirena è molto simile al “Principe del mondo” riferendosi all’imperatore Palmerino. Fortunatamente Gilandro non sapeva nulla sul passato di Darineo, aveva solo notato tale somiglianza. Dopo molti festeggiamenti il re si corica presto in previsione della sua tempestiva partenza il giorno successivo. All’alba tutti sono svegli per udire la santa messa assieme al re, quando arriva alla corte un Vecchio cavaliere con una ricchissima spada dichiarando alla regina Eurania di venire dalla Bretagna alla ricerca di un cavaliere in grado di prendere quell’arma incantata che portava sul fianco. Il Vecchio aveva già visitato tutte le corti d’Europa e Africa, ma nessun cavaliere era mai riuscito nell’impresa, quindi se in quella corte qualcuno fosse stato in grado di togliere la spada dal suo fianco, in cambio il Vecchio avrebbe potuto chiedere un favore. Dopo i tentativi degli altri cavalieri solo Darineo riesce a togliere la cintura con l’arma al Vecchio il quale si complimenta regalandogli la spada e chiedendo in cambio di accompagnarlo in un’avventura durante la quale avrebbe potuto conoscere dei nobili parenti. Prima della partenza, una donzella mandata dalla regina Amalantea del Caucaso, moglie del re Gilandro, avvisa Darineo che la dama, che in quei giorni aveva accompagnato il re, era d’accordo con il gigante Corcutto di condurlo sull’isola Galvana dove quest’ultimo l’avrebbe ucciso. Amalantea aveva udito tale notizia da un mago e subito aveva mandato le sue dame di corte in corte nel tentativo di avvisarlo. Darineo vuole subito andare ad aiutare il re e quindi chiede al Vecchio cavaliere di attendere per la sua avventura, il quale accetta di aspettare a patto di seguirlo nel frattempo sull’isola dei giganti. Prima di partire, Darineo riceve in dono da Sirena un anello, datole precedentemente dalla madre Eurania, che l’avrebbe reso immune da ogni incantesimo.

Darineo soccorre il re Gilandro del Caucaso contro i giganti dell’isola Galvana

[8] Durante il tragitto verso l’isola dei giganti, Darineo chiede al Vecchio di raccontagli l’avventura che avrebbe dovuto affrontare per tener fede alla sua promessa e così quest’ultimo comincia a raccontare che nel regno di Parigi abita una bellissima fanciulla di nome Riccarda che aveva imparato dal padre, servitore del re di Francia, ad intagliare il legno. Un giorno il duca Martago di Bretagna, arrivando a Parigi, se ne innamora chiedendole in dono uno scudo di altissima fattura da lei intagliato per porlo in un luogo 73


dove tutti avrebbero potuto ammirare la beltà che l’aveva fatto innamorare; infatti aveva fatto innalzare un pilastro nella piazza del palazzo reale al quale l’aveva appeso, lanciando una sfida a tutti i cavalieri che avrebbero tentato d’impossessarsene. Così il duca ancora per sei mesi avrebbe abitato a Parigi pur di sostenere la sua impresa con grande dispiacere della duchessa Laurina di Bretagna alla quale il duca, in passato, aveva dato l’impressione di volerla sposare. Lei era certa dell’imminente proposta di matrimonio a tal punto che aveva inoltrato la notizia in tutto il suo regno, ma venendo a conoscenza dell’amore che il duca nutre per Riccarda ha preparato un rimedio, assieme ad un’amica maga, per far tornare il duca in Bretagna facendolo innamorare nuovamente di lei. Per tale motivo aveva mandato il Vecchio cavaliere con la spada incantata a cercare, di corte in corte, qualcuno in grado di sottrargli quell’arma dal fianco. A colui che ci fosse riuscito il Vecchio avrebbe potuto chiedere in dono di essere accompagnato dal duca per sconfiggerlo in un duello; infatti se il duca fosse risultato vinto, avrebbe lasciato l’impresa tornandosene in Bretagna. Dopo aver udito la storia, Darineo assieme al Vecchio cavaliere, giungono alla riva del mare dove trovano un peschereccio. Darineo chiede al padrone dell’imbarcazione di accompagnarli all’isola Salata dove si trovava già da un paio di giorni il Cavaliere delle Armi Verdi (che è il re Gilandro). Giunti sull’isola riprendono a cavalcare giungendo all’altra riva in cui trovano un’altra imbarcazione che li scorta fino all’Isola Galvana distante trenta leghe. Qui il padrone della barca gli spiega che l’isola è di due tra i più temibili giganti mai esistiti, Corcutto e Marione che tenevano prigioniere nel castello due bellissime dame. Udito il racconto il Cavaliere della Sirena assieme al cavaliere Vecchio, cavalca verso il castello. Lungo la strada incontrano una donzella e un vecchio. La donzella vedendolo lo ferma per avvisarlo del pericolo che in quell’isola correvano i cavalieri. Darineo risponde che già conosceva la storia e che per l’appunto si stava recando al castello per sottrarre le due dame dall’arroganza di quei giganti. La donzella è entusiasta nell’udire quelle parole e si propone di accompagnarlo per potergli raccontare ulteriori dettagli sulla storia e inoltre lo sprona a cavalcare più velocemente; infatti proprio in quel momento il Cavaliere dalle Armi Verdi stava già combattendo contro uno dei giganti. Quando Darineo chiede spiegazioni alla donzella, lei racconta che la sua signora, la duchessa Luceria signora di molte terre, era venuta sull’isola accompagnata dalla sua bellissima sorella, ma erano state rapite dai due giganti che si erano innamorati di loro chiedendole in sposa. Le due donne avevano accettato la loro proposta a patto che avessero atteso un anno prima della cerimonia con la speranza che nel frattempo qualcuno sarebbe arrivato in loro soccorso. Poi la donzella aggiunge che il gigante 74


Corcutto, in passato, si era invaghito della regina Amalantea del Caucaso, per cui aveva tentato di uccidere il re Gilandro con la speranza di poterla prendere in moglie e così dicendo arrivano al Castello. [9] Il re del Caucaso che era giunto al castello seguendo i consigli della donzella che l’aveva condotto con l’inganno per ordine del gigante Corcutto, chiama il gigante Marione che in quel momento si trova senza il fratello. Marione esce per la battaglia mentre Luceria, assieme alla sorella Lidonia, guardano il combattimento dalla finestra pregando per il Cavaliere delle Armi Verdi (senza conoscere la sua vera identità). Infatti il cavaliere aveva colpito Marione e sembrava avesse la vittoria in pugno, quando il gigante reagisce decapitandogli il cavallo. L’animale esanime cade a terra bloccando sotto il suo peso il re che, non potendo difendersi, si arrende. Proprio in quel momento appare innanzi al castello il Cavaliere della Sirena con la sua compagnia. Le due dame scorgono dalla finestra che accanto a lui c’è anche la loro donzella e se ne rallegrano moltissimo. Nel frattempo il gigante Marione dispone di rinchiudere il Cavaliere delle Armi Verdi nella più terribile delle carceri come punizione per le ferite recategli. Lidonia, astutamente, consiglia al gigante di trattare meglio il suo nemico perché aveva dimostrato di essere valoroso. Così il gigante, seguendo il consiglio, lo fa rinchiudere in una delle stanze più alte e più comode del castello assieme ad un altro cavaliere che nei giorni passati aveva subito la stessa sorte. Nel frattempo il Cavaliere della Sirena chiama il gigante per combattere e sopraggiunge Corcutto che gli domanda subito il motivo della sfida. Darineo risponde che se avesse vinto voleva che si liberassero il Cavaliere delle Armi Verdi e le due donne e il gigante indignato comincia subito a colpirlo. Nel frattempo Marione è a letto ferito e la sorella gigantessa, di nome Alfea, osserva la battaglia del fratello maggiore; Lidonia può così recarsi indisturbata nella stanza dove si trovano il Cavaliere delle Armi Verdi e l’altro cavaliere ferito. Quest’ultimo in realtà è il conte di Rivoli, molto amato da Lidonia, che si era recato sull’isola esclusivamente per liberare la sua amata. Entrata nella stanza spiega loro l’andamento della battaglia tra Cavaliere a lei estraneo e Corcutto e li libera portando loro le armi. Intanto il combattimento stava proseguendo ormai da due ore, così la gigantessa corre a chiamare Marione perché andasse ad aiutare il fratello in difficoltà e mentre questo si prepara per l’incontro gli giunge la notizia che il cavaliere aveva ucciso, decapitandolo, suo fratello Corcutto. [10] Subito Marione esce per vendicare la morte del fratello e la gigantessa in lacrime osserva tutto da una finestra. Nel frattempo il re Gilandro e il conte liberano dalle carceri tutti i prigionieri, quasi tutti cavalieri, che si procurano subito delle armi. Il fracasso provocato da tutto quel tumulto attira l’attenzione della gigantessa che si procura uno scudo e un’immensa spada. Così armata, la 75


gigantessa si dirige verso il Cavaliere delle Armi Verdi che non voleva colpirla in quanto era una fanciulla e di bell’aspetto, mentre lei, disperata per la morte del fratello, in uno scatto d’ira gli sferra un colpo potentissimo. I cavalieri liberati, vedendo la gigantessa colpire il loro salvatore, si dispongono per attaccarla quando il re grida loro di fermarsi. Grazie a questo benevolo gesto, l’ira della gigantessa si placa e così abbandona le armi pregando il Cavaliere delle Armi Verdi di fermare il duello che si stava tenendo tra il Cavaliere della Sirena e suo fratello Marione. Uscito il re Gilandro per fermare l’incontro vede il gigante cadere a terra, morto. Il Cavaliere della Sirena si scusa con il re per non aver risparmiato la vita del gigante, ma non era stato avvisato per tempo e così dicendo si toglie l’elmo. Re Gilandro lo riconosce subito e si compiace di averlo investito dell’ordine di cavaliere, nonostante la giovane età. Così entrano nel castello dove tutti accolgono Darineo con immensa gioia e dove Lidonia medica le sue ferite. Successivamente la gigantessa fa seppellire con onore i defunti fratelli.

Ciò che il re Gilandro decide per il destino dell’isola Gavlana e il temporaneo ritorno di Darineo all’isola Sirena

[11] La gigantessa si prende cura del re ancora ferito perché aveva apprezzato il suo sforzo di fermare il combattimento tra Darineo e Marione. Gilandro la vuole proteggere a sua volta assecondando la sua volontà di convertirsi alla religione cristiana e fa sì che non perda il possesso dell’isola nominandola vassalla della regina Eurania, inoltre la fa sposare con un prode cavaliere da cui avrà dei figli i quali diventeranno arditi combattenti110. Il re Gilandro fa sposare anche la bella Lidonia con il duca di Rivoli. Nel frattempo Darineo parte, non potendo più aspettare di compiere l’impresa contro il duca di Bretagna, quindi torna all’isola Sirena assieme al Vecchio cavaliere dove sono accolti con una grande festa e dove il Vecchio narra le ardimentose imprese di Darineo alla regina e alla figlia Sirena le quali si rallegrano nel ricevere la notizia che la gigantessa Alfea, sotto il consenso del re Gilandro, era diventata vassalla e feudataria del regno di Sirena, ampliando così i loro possedimenti terrieri. Poi la regina si apparta con Darineo per raccomandargli di non recarsi in nessun altro luogo d’Europa se non la Francia guidato dal 110 Qui l’autore scrive a proposito di tali cavalieri “…nel secondo libro di Flortir saran ricordati, che sempre seguiron poi le bandiere del Re della Sirena e dei suoi successori”.

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Vecchio, altrimenti avrebbe rischiato di perdere la vita, soprattutto nei pressi del regno di Grecia.

Darineo duella contro il duca Martago per tener fede alla promessa fatta al vecchio cavaliere Bretone

[12] Il cavaliere, il suo scudiere e il Vecchio si avviano di gran carriera per non trovare occasioni di distrazione dalla loro meta: il duca di Bretagna col suo scudo. Dopo otto giorni di cammino arrivano alla riva del mare dove li attendeva una nave con a bordo due nani, amici fidati di Eurania. Saliti a bordo, tutti si stupiscono della velocità incredibile di quell’imbarcazione, infatti solo dopo tre giorni di navigazione, arrivano al porto di Cales e il giorno successivo arrivano cavalcando a Parigi dove il Cavaliere della Sirena si arma e si dirige verso il duca nella piazza reale. Qui Darineo tocca lo scudo e si prepara per il duello. Giunge subito la notizia al re Arnedo di Francia dell’arrivo di questo sconosciuto cavaliere e, insieme alla regina Politia e alle sue figlie, si accosta alla finestra per vedere l’incontro. Tutti i cittadini si riuniscono per assistere al duello tra i quali si trova anche la bella Riccarda. I due cavalieri iniziano a colpirsi con le loro lance fino a che il duca cade malamente da cavallo perdendo l’incontro. Garino, il figlio del re, è molto felice nel veder battuto il suo rivale in amore, perché anch’esso è innamorato di Riccarda, e invita Darineo al palazzo reale. Nel frattempo il duca, riprendendosi dall’incontro, si avvia verso la Bretagna dove lo stava attendendo Laurina per convolare a nozze. Anche il cavaliere Vecchio, vedendo partire il duca, si incammina verso la Bretagna dopo aver ringraziato molto il Cavaliere della Sirena. Il re Arnedo accoglie con grande gioia Darineo il quale si dirige a baciare le mani della regina che subito ipotizza si tratti di un cavaliere di sangue nobile dal suo ineccepibile comportamento e osservandolo con più attenzione nota anche una certa somiglianza con il viso di suo padre, l’imperatore Palmerino.

Darineo fa innamorare la bella Riccarda e quel che lei pianifica dopo la sua partenza dal regno di Francia verso l’isola Sfortunata

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[13] Nei giorni successivi Garino racconta a Darineo del suo amore per Riccarda e della sua incredibile bellezza destando in Darineo la curiosità di conoscerla e con grande piacere Garino manda un suo scudiere da Robino, padre di Riccarda, per avvisarlo della visita del cavaliere. Quando arrivano Garino li presenta e i due cominciano subito a parlare innamorandosi a vicenda. Darineo, per rimanere leale alla sua Sirena, decide di sopprimere il suo sentimento allontanandosi dal regno. Il re e la regina, prima della sua partenza, lo chiamano in un luogo appartato per conoscere la sua identità: infatti in Politia si stava insinuando sempre più il dubbio che il Cavaliere della Sirena fosse in realtà uno dei figli di Primaleone e quindi nipote dell’imperatore Palmerino, suo padre. Darineo racconta di essere figlio della regina Eurania signora dell’isola Sirena e con un po’ di dispiacere i regnanti lo salutano credendo fosse quella la verità sulle sue origini. Così Darineo si incammina verso il porto di Cales dove lo attendono i nani con la loro imbarcazione. [14] Riccarda rimane molto afflitta dalla partenza del Cavaliere della Sirena, a tal punto che non ha più appetito. Robino notando il drastico cambiamento della figlia le domanda il motivo di tanta tristezza promettendole che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rivederla felice e così lei gli confessa il suo amore per il Cavaliere della Sirena. Lui prova compassione per la figlia e decide di aiutarla. Riccarda così propone al padre di cercare il cavaliere per il mondo travestiti da pellegrini. Lui accetta la sua proposta dicendo che avrebbero portato con loro l’arpa di lei e la sua lira fermandosi di corte in corte a suonare con la speranza di ritrovare il Cavaliere della Sirena. Nel frattempo Darineo giunge al porto di Cales e salito sull’imbarcazione dei nani partono con tale velocità che nuovamente il cavaliere si stupisce che senza remi e senza vele un’imbarcazione potesse navigare così rapidamente. Dopo tre giorni di tragitto i nani scorgono un’isola e raccontano a Darineo che tale isola viene chiamata Sfortunata perché è molto pericolosa. È un’isola bella e opulenta perché abitata da delle donne guerriere le quali avevano installato una repubblica che le faceva vivere in modo ricco e armonioso, ma non avrebbero permesso a nessun forestiero maschio di entrarvi. Infatti vi sono quattromila guardiane le quali, se avessero scoperto qualcuno approdare, l’avrebbero fatto combattere in giostra con le quattro guerriere più temute. Se lo sventurato avesse provato il suo valore con le armi gli avrebbero permesso di generare con loro delle figlie, perché solo i più abili nelle armi potevano avere tale onore. Se al contrario lo sventurato avesse perso, lo avrebbero dato in pasto al dragone che abita sull’isola. I nani poi aggiungo che se il cavaliere vincesse e si rifiutasse di giacere con le guerriere, comunque l’avrebbero dato in pasto al dragone. Con 78


tali leggi loro si governano a meraviglia, infatti l’Isola è una tra le più ricche e belle dei dintorni, l’unico elemento di disturbo è il dragone che distrugge le piantagioni e mangia il bestiame: il rimedio trovato dalle abitanti è quello di procurargli il pasto sacrificando quelle di loro che venivano trovate compiere un delitto o dandogli i sfortunati cavalieri. I nani continuano il loro racconto dicendo che le guerriere, volendo liberarsi del dragone, si erano rivolte ad un mago il quale aveva predetto che solo un nobile e gentile cavaliere che sarebbe arrivato sull’isola entro due anni lo avrebbe ucciso. Così le donne avevano deciso di modificare le loro leggi: se un cavaliere le avesse vinte in giostra e non avesse voluto conoscerle carnalmente, poteva optare per l’uccisione del dragone. Udita la storia Darineo vuole subito cimentarsi in quest’avventura.

Darineo sbarca sull’Isola delle amazzoni per abbattere il dragone e la ricompensa che riceve

[15] I nani sono servitori di Eurania i quali erano incaricati di accompagnare il cavaliere per le avventure che in realtà Eurania voleva per lui e, ovviamente, non dovevano per nessun motivo portarlo nei pressi di Costantinopoli dove avrebbe seriamente rischiato la vita. Così i nani lo conducono all’isola come se fosse stata trovata sul tragitto per caso e resa la nave invisibile grazie alla polvere magica, attraccano al porto per far sbarcare il cavaliere, mentre loro e il suo scudiere lo aspettano a bordo. Appena Darineo viene avvistato, le guerriere lo raggiungono per fargli osservare la loro legge. Vengono chiamate le sei donne del senato come giudici degli incontri e con loro sono portate le lance. Così al suono della tromba le quattro amazzoni predestinate sfidano ad una ad una il cavaliere il quale, per cortesia verso il gentil sesso, non vuole ferire, ma comunque le sconfigge tutte facendole cadere da cavallo. Così le matrone del senato dispongono che il cavaliere deve rimanere quattro mesi sull’isola per giacere con le guerriere vinte. Darineo, che durante i quattro combattimenti si era dimostrato estremamente rispettoso, domanda loro la cortesia di poter essere raggiunto sull’isola dal suo scudiere. Le donne accettano di buon grado perché tutte ormai si erano invaghite dei suoi modi gentili e della sua bellezza. Così, recuperato il suo scudiere, li fanno accomodare nelle stanze del palazzo principale. [16] Il giorno seguente tutte le donne si radunano per ascoltare la decisione del cavaliere circa il compimento della loro legge e Darineo spiega di esser arrivato sull’isola con il desiderio di 79


liberarle dall’assedio del dragone. Le donne si stupiscono molto della sua decisione e provano pietà per lui, infatti, dopo essersi consultate tra loro, gli comunicano che, considerata la cortesia che aveva dimostrato arrivando sull’Isola proprio per aiutarle, lo assolvono da tutti gli obblighi della loro legge considerando la lotta contro il dragone troppo pericolosa per la sua vita. Darineo risponde loro che per il suo onore non poteva rinunciare ad una simile impresa e a quel punto un’anziana del consiglio ricorda a tutte la predizione del mago: infatti un cavaliere avrebbe liberato l’isola dal dragone e tutto faceva supporre essere proprio il Cavaliere della Sirena questo eroe da tutte aspettato da anni. Così il giorno seguente il cavaliere, accompagnato da molte guerriere, si incammina verso la Montagna Odiosa dove dimora la temibile bestia. Durante il tragitto tutta la compagnia viene ospitata a pranzare in una città e in quest’occasione Darineo conosce meglio la prima guerriera, la più giovane, che aveva battuto in giostra, Aliandra figlia della più stimata senatrice del magistrato. Lei da quando era stata battuta in combattimento dal cavaliere, che le aveva usato molta cortesia, si era perdutamente innamorata di lui e ora si propone per affiancarlo nella lotta contro il dragone. Darineo le risponde che per onore non poteva permettere che rischiasse la vita per lui, così lei rinuncia alla sua iniziativa continuando ad ammirare il cavaliere per la sua grande saggezza e cortesia. [17] Verso sera giungono nei pressi della Montagna Odiosa e quella notte il Cavaliere della Sirena confessa i suoi peccati allo scudiere perché stava temendo per la sua stessa vita. Giunto il momento dello scontro, Darineo prega tutte le donne di allontanarsi, ma Aliandra si nasconde poco distante in compagnia dello scudiere per osservare l’incontro. Darineo, fatto il segno della croce, si avvicina all’entrata della grotta e il dragone non tarda ad uscire. Dopo un lungo combattimento il cavaliere riesce ad ucciderlo ferendolo con la sua spada, malgrado fosse stato egli stesso stato ferito. [18] Alcune amazzoni erano state di guardia sui loro cavalli scorgendo da lontano tutta la vicenda. Appena vedono il dragone ucciso e il cavaliere ancora vivo, lo raggiungono per soccorrerlo e portarlo in un vicino castello per la convalescenza. La notizia della morte della bestia viene subito divulgata per tutta l’isola e le matrone del senato danno inizio a grandi festeggiamenti. [19] Darineo rimane convalescente per altri dieci giorni sempre affiancato dalla bella Aliandra. Un giorno tra le matrone si tiene un gran consiglio durante il quale decidono di firmare un decreto per offrire il governo dell’isola al Cavaliere della Sirena. Con tale decreto si trova d’accordo soprattutto la madre di Aliandra che spera di maritare sua figlia con il signore dell’isola essendo a conoscenza dell’amore che prova per lui. Presentata la proposta, Darineo accetta mutando le leggi ora in vigore: vieta l’uccisione degli uomini e obbliga le 80


santificazioni delle unioni tramite il sacro vincolo del matrimonio. [20] Le amazzoni accettano le nuove disposizioni dettate dal loro nuovo sovrano e, divulgata la notizia tra i popoli circostanti, si presentano molti uomini per prenderle in sposa e dei chierici dal regno di Armenia per educarle alla religione cristiana. Il nuovo re Darineo ordina che tutte le suddite vestano con abiti lunghi e femminili e che i chierici insegnino loro la sottomissione agli uomini, che le battezzino e che costruiscano chiese e monasteri per quelle di loro che avessero voluto prendere i voti monacali. Così disposte le cose, per Darineo giunge il tempo di partire per nuove avventure, ma prima di andarsene insignisce un nobile cavaliere di Circassia del titolo di luogotenente dell’Isola. Tale cavaliere di nome Corverio, era arrivato sull’isola in passato e vi era rimasto perché innamorato dell’amazzone Corinna. Così per Darineo era finito il tempo della sua permanenza sull’Isola con sommo dispiacere di tutte le donne, soprattutto di Aliandra che chiede in dono al Cavaliere della Sirena di poterlo accompagnare durante le sue avventure, almeno per un periodo. Darineo non può rifiutare considerando quanto lei lo aveva servito con amore durante la sua permanenza sull’Isola, e così si incamminano insieme verso l’imbarcazione dei nani.

Darineo e la nuova compagna Aliandra sconfiggono i giganti nel regno di Gallotracia e Terebinto

[21] L’imbarcazione dei nani salpa e Darineo e Aliandra si disarmano. Vestita in modo femminile Aliandra è bellissima e i due nani non riescono a smettere di ammirarla, soprattutto il nano Belviso che si propone di servirla per tutta la vita con sommo piacere di lei. Il quarto giorno di navigazione scorgono della terra ferma all’orizzonte, è il regno di Gallotracia. Belviso che non vuole stare senza la sua dama, sbarca assieme a lei, al cavaliere e agli scudieri lasciando la nave nelle buone mani del suo compagno. Cavalcano indisturbati per due giorni verso la città principale e quella sera arrivano in un piccolo borgo dove vengono ospitati da un cavaliere attempato che tristemente racconta la sventura che assedia quei luoghi. Il re Belante aveva avuto due figli maschi ai quali aveva lasciato in eredità rispettivamente il regno di Gallotracia e il regno di Terebinto, divisi da un piccolo braccio di mare nel quale c’è un’isola chiamata Dei Due Regni, lasciata alla figlia Ariana. Un giorno la tranquillità di quei luoghi viene devastata dall’arrivo di due temibili fratelli giganti, Porfirione Lo Smisurato e Taricone Il Superbo che si erano insediati 81


nell’isola di Ariana. I due fratelli regnanti non potevano nulla contro la loro forza e crudeltà e per placarne la sdegnosa indole avevano proposto loro un accordo: per soddisfare la loro sfrenata libidine entrambi i sovrani ogni settimana dovevano consegnare ai giganti tre ragazze. Questi giganti violavano con tale impeto le donzelle che nessuna di loro era mai sopravvissuta. La tristezza del loro anfitrione derivava dal fatto che quella settimana toccava lui sacrificare una delle figlie e Darineo si propone per risolvere quella tragica situazione. [22] La notizia dell’arrivo dell’ormai famoso Cavaliere della Sirena per uccidere il gigante Porfirione, viene divulgata in tutto il regno di Gallotracia i cui abitanti si sentono onorati della presenza di questo prode eroe, compreso il re Alario il quale invita Aliandra e Darineo a palazzo. [23] Il giorno seguente al parlamento il re, Darineo e Aliandra pianificano un agguato al gigante. Così il re fa rinforzare le armi del Cavaliere della Sirena e la regina, dopo aver pregato per la sua vita in tutte le chiese circostanti, gli dona una collana che, essendo una reliquia benedetta, aveva il potere di far stagnare il sangue delle ferite ricevute in battaglia. Così Darineo, Aliandra, i ministri del re e le donzelle predestinate al sacrificio, si dirigono presso la riva del mare dove il gigante attracca per ritirare il suo consueto tributo umano. Avvistata l’enorme nave, Darineo e Aliandra si nascondono come d’accordo e non appena Porfirione sbarca, il Cavaliere lo raggiunge sul suo cavallo armato più che mai. Nel frattempo Aliandra si occupa dei cavalieri del gigante che volevano portare le sfortunate donzelle sulla loro nave. Darineo cade dopo aver atterrato il gigante che riceve il colpo di grazia da Aliandra, la quale poi si precipita a soccorrere il suo amato Darineo che fortunatamente è solo svenuto. Tutti i presenti non soccorrono il cavaliere per paura di venir puniti dal fratello del gigante, Taricone, il quale sarebbe presto venuto a conoscenza della scomparsa di Porfirione. [24] Il giorno seguente il re ordina ai suoi cavalieri di tenersi pronti all’arrivo del vendicativo fratello di Porfirione, mentre lui e la regina vanno a far visita ai due cavalieri vincitori, donando metà del suo regno a Darineo. Nel frattempo il gigante Taricone, messo a conoscenza dei tragici avvenimenti che avevano portato alla morte del fratello, non perde tempo e ordina a cinquanta dei suoi cavalieri di salpare con lui alla volta del regno di Gallotracia per rendere giustizia alle spoglie del fratello. Il re, il Cavaliere della Sirena, Aliandra e la regina escono dal castello scortati da più di cento cavalieri e dalle dame del regno, ma nel tragitto verso la città principale li attende l’agguato di Taricone con i suoi uomini. [25] I nemici escono d’improvviso dal loro nascondiglio e assaltano i cavalieri del re. Darineo dopo aver sconfitto parecchi cavalieri nemici uccide il gigante. [26] Dopo questa vittoria sopraggiunge il nano Belviso che con un unguento miracoloso cura i temerari combattenti. 82


Portati il Cavaliere e l’amazzone Aliandra in un luogo tranquillo per riposare, vengono a ringraziarli dell’impresa il re del vicino regno di Terebinto con la sorella Ariana la quale rimane molto colpita dalla giovane età e dalla bellezza dei cavalieri e si affeziona ad Aliandra, credendola un uomo. Il giorno seguente, quando Darineo e Aliandra si riprendono totalmente dalle loro ferite, il re di Terebinto li prega di imbarcarsi assieme alla volta del suo regno per un banchetto in loro onore. [27] Il re,Darineo, Aliandra e la principessa Ariana giungono al palazzo reale dove li attende una donzella che chiede al Cavaliere della Sirena se il giorno seguente l’avrebbe seguita per affrontare una temibile avventura. Ovviamente Darineo accetta, ma proprio in quel momento arriva anche un cavaliere forestiero che con aria superba si presenta come un cavaliere del gigante Orbalasto, cugino dei defunti Porfirione e Taricone, il quale è adirato non solo per la prematura morte dei suoi parenti causata dal cavaliere Darineo, ma anche perché prepotentemente si è già occupata l’isola Dei Due Regni che gli sarebbe pervenuta per via ereditaria, considerando i cugini i legittimi proprietari. A quel punto il cavaliere del gigante gli comunica le due alternative concessegli dal suo padrone: o Darineo chiede perdono lasciandogli l’isola, così che il gigante gli avrebbe concesso la grazia reputandolo un degno avversario, o l’avrebbe sfidato in un duello. Darineo risponde prontamente che la morte dei suoi cugini è meritata a causa della loro tirannide e che l’isola era stata da loro occupata sottraendola alla principessa Ariana, vera ereditaria di quel luogo, e che quindi accettava la sfida. [28] Il dì seguente Darineo si prepara a ricevere il gigante Orbalasto il quale arriva accompagnato da venticinque uomini armati. Inizia così il duello durante il quale Darineo sconfigge il gigante riportando delle lievi ferite prontamente medicate da Belviso.

Darineo e Aliandra seguono la donzella che aveva chiesto il loro aiuto e ciò che avviene durante il tragitto

[29] Dopo alcuni giorni di riposo Darineo saluta il re di Terebinto e la sorella Ariana e si mette in viaggio assieme ad Aliandra, a Belviso seguendo la donzella a cui aveva fatto la promessa di aiutarla. Durante il tragitto Il Cavaliere della Sirena decide di nascondere l’insegna della sua armatura, che ormai tutti riconoscevano, con un manto verde con la speranza di passare inosservato. Infatti da qui verrà riconosciuto come il Cavaliere Verde. 83


Dopo dieci giorni di cammino incontrano per la strada un nano che galoppava veloce sul suo ronzino. Questo nano li avvisa di non proseguire perché più avanti delle donne su due carrozze erano appena state attaccate da dei selvaggi che, proprio in quel momento, stavano uccidendo i cavalieri arrivati in loro difesa e ne mangiavano i cadaveri. Darineo decide di proseguire per quel sentiero e andare ad aiutare le povere donzelle in pericolo. La compagnia lo segue e giunti dai selvaggi il Cavaliere Verde e Aliandra li uccidono salvando le donne in pericolo nelle carrozze. [30] Le donzelle escono tutte dalle carrozze e tra loro ci sono la principessa Cleandra e la sorella Clariana figlie del re di Samoterra che si stavano recando alla città di Ormunda per il matrimonio del loro cugino, principe di Ormunda. Queste chiedono loro di poterle accompagnare, e li pregano di partecipare al torneo della città organizzato per le nozze del principe. Il Cavaliere Verde prima di accettare chiede consenso alla donzella per la quale stavano viaggiando che accetta di attendere. A quel punto Darineo e Aliandra si tolgono gli elmi e le due sorelle vedendo la loro incredibile bellezza se ne innamorano: Cleandra di Darineo e Clariana di Aliandra (ovviamente credendola un uomo). Così proseguono alla volta della città di Ormunda, ma arrivati nei pressi di un ponte quattro cavalieri bloccano loro il passaggio. [31] Uno scudiere si avvicina alle carrozze e rivolgendosi a Darineo e a Aliandra propone una giostra, per diletto, da parte dei quattro cavalieri poco distanti. Darineo chiede ad Aliandra di non partecipare perché ha ancora per una ferita alla testa dall’ultimo incontro e a malincuore lei lo lascia solo ad affrontare quegli uomini. A uno a uno i cavalieri vengono battuti dal solo Cavaliere Verde: il primo sfidante è Claronio il Giostrante, ritenuto tra i cavalieri più abili della zona, il secondo è Hermofilo il Buono, entrambi cugini degli ultimi due cavalieri, i fratelli figli del re Tigilafe, Orante e Calvano. Dopo aver ricevuto gli onori dalle dame e dai cavalieri sconfitti, Darineo con tutta la compagnia riprendono il viaggio e verso sera arrivano alla meta: la città di Ormunda.

Il torneo in onore del re di Ormunda

[32] Arrivati in città le donzelle si dirigono subito a salutare in nuovo re, loro cugino, e la novella sposa e subito millantano le prodezze cavalieri, Darineo e Aliandra, facendoli invitare a cena nel palazzo reale dai sovrani. Arrivato il giorno delle giostre in onore del re tutti i partecipanti vestivano dei colori della loro fazione; per esempio i venticinque cavalieri 84


detti “mantenitori”, nominati per stabilire che la bellezza delle donne della corte era superiore a quella delle dame forestiere, vestono con i colori della regina e le sue dame. Darineo e Aliandra fanno parte di un’altra fazione per accontentare la richiesta della principessa Cleandra la quale dona loro delle gioie di grande valore come portafortuna. I mantenitori per due ore avevano il primato nelle giostre, ma nel momento in cui entrano i cavalieri delle armi azzurre si trovano in difficoltà e Darineo e la compagna decidono di chiedere alla principessa il permesso di giostrare nella fazione dei mantenitori. Così scendono in campo battendo quei temibili cavalieri e Cleandra e Clariana li invitano a ricevere una ricompensa nel loro regno natio. A questo punto la donzella che aveva chiesto aiuto al Cavaliere della Sirena dice alle due fanciulle che la sua avventura non poteva più tardare a compiersi e quindi le prega di lasciarli proseguire per il loro cammino. Così Darineo e Aliandra si incamminano seguendo la fanciulla che, vedendoli un po’ tristi per aver lasciato quelle gentili principesse, ed essendo la loro meta distante, decide di raccontare il motivo che l’ha spinta a chiedere aiuto al Cavaliere della Sirena. Lei viene dal regno di Ircana dove serve la regina Polinda il cui padre in passato era ansioso di maritare le figlie trovandosi sul punto di morte. Ricevuta la notizia dell’imminente matrimonio, Polinda aveva fatto visita ad una amica maga la quale le aveva predetto che sarebbe arrivato un nobile cavaliere a prenderla in sposa e che quindi non doveva avere fretta nel maritarsi. Nel frattempo il padre si era già deciso di congiungere le figlie con due nobili fratelli; Saladio il Forte e il più giovane Cavaliere Quadrato. Subito Polinda aveva avvisato il padre che non si sentiva pronta per sposarsi e così nel frattempo il re aveva fatto sposare la sorella minore con il Cavaliere Quadrato dandogli in dote l’isola Ricca. Purtroppo il re non aveva vissuto abbastanza per vedere il matrimonio della figlia maggiore che aveva ereditato il regno da nubile governandolo secondo i consigli del cognato Quadrato. Quest’ultimo le aveva consigliato di sposare il fratello Saladio e seguire così il volere di suo padre e al rifiuto di Polinda, Quadrato l’aveva minacciata di cacciarla dal suo stesso regno. Polinda così si era rivolta ancora all’amica maga che le aveva detto di attendere ancora un anno entro il quale due cavalieri, uno dei quali suo futuro marito, sarebbero arrivati a sfidare Quadrato e Saladio. Così Polinda aveva mandato la fanciulla a cercare il cavaliere il cui simbolo era una sirena, come predetto dalla maga, che sarebbe arrivato ad aiutarla fiancheggiando il suo futuro consorte.

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Durante il tragitto verso il regno di Ircana, la compagnia sosta nella misteriosa valle delle Fraudi

[34*] Continuano il loro cammino, Darineo, Aliandra Belviso e gli scudieri, seguendo la donzella e arrivata la sera si sistemano tutti vicino ad una fontana per passare la notte. Al loro risveglio non trovano più la donzella e scioccati cominciano le ricerche. Ad un certo punto tutti odono chiaramente voci, latrati di cani e musica di strumenti musicali provenire da un sontuoso palazzo che ad un tratto scompare. Tutti, ancora più stupiti, non si perdono d’animo e continuano la ricerca della sfortunata fanciulla seguitando ad udire voci e suoni senza incontrare nessuno. Tutta la compagnia ha timore di essere sotto effetto di qualche incantesimo, ma allo stesso tempo non riescono a smettere di cavalcare e così seguitano fino a sera quando il nano Belviso invita la compagnia a sostare per la notte. Il Cavaliere della Sirena è molto turbato e così Aliandra decide di vestire i suoi abiti femminili per distrarlo dall’accaduto, chiedendo a Belviso di vegliare su di lei che, così disarmata, teme di essere rapita come la donzella di Ircana. [35] Al loro risveglio Aliandra è scomparsa. Il dolore affligge moltissimo Darineo e maggiormente il nano che vuole togliersi la vita. Darineo lo dissuade dandogli la forza per cominciare le ricerche di un mago che avrebbe loro indicato dove ritrovare le donzelle. Così si avvicinano ad un edificio per chiedere informazioni, ma nonostante l’abitazione sia ricca e curata non vi sono né porte né finestre, solo alcuni pertugi non sufficientemente grandi per gli esseri umani. Darineo inizia a chiamare e dalle fessure escono alcune scimmie che con dei cenni fanno capire al cavaliere a Belviso di cercare nella casa successiva. Questa seconda abitazione era dotata di aperture ancora più minute e infatti si affaccia subito un bel pappagallo che li avvisa che quella casa era abitata solo da barbagianni, allocchi, civette e altri uccelli notturni. La compagnia sconsolata prosegue nelle ricerche quando si accorgono di aver perso anche il nano. Il Cavaliere della Sirena e gli scudieri così cominciano a galoppare più velocemente temendo la stessa sorte fino a che, finalmente, vedono in lontananza una fanciulla su un cavallo. Darineo le si avvicina chiedendole cortesemente di indicargli un luogo dove trovare un mago che potesse aiutarlo nel ritrovare le persone scomparse. La donzella si dimostra molto gentile e gli spiega che quella valle, appena lasciata alle sue spalle, era chiamata “delle Fraudi” dove, durante l’ultimo anno, erano sparite misteriosamente molte persone. In quel momento il cavaliere ricorda l’anello magico regalatogli da Eurania che probabilmente lo stava proteggendo. Poi 86


la fanciulla asserisce di provenire dal regno di Ircana nel quale conosce una maga che ha il potere di aiutarlo e si offre di accompagnarlo.

Darineo prosegue alla volta del regno di Ircana sostando per la notte dalla vedova Crasilda e ciò che accade ripreso il viaggio

[36] La donzella, lungo il cammino, scopre che Darineo è il cavaliere atteso dalla regina Polinda e per quella notte lo fa accomodare in casa di una nobile e bellissima vedova della quale Darineo si invaghisce. Mentre stanno tutti cenando in quella sontuosa abitazione, sopraggiunge uno scudiere della vedova per recapitare un messaggio da parte di Canano signor delle tre Castella il quale minaccia la vedova di volerla sposare entro tre giorni anche a costo di costringerla con la violenza e Darineo decide di aiutarla. [37] Quella notte né la vedova Crasilda, né Darineo riescono ad addormentarsi essendo presi da reciproci pensieri amorosi. Il giorno seguente Crasilda decide di partire con Darineo, gli scudieri e due dame di compagnia, alla volta del castello per non far attendere ulteriormente alla Regina. Durante una sosta per il pranzo vedono in lontananza avvicinarsi dei cavalieri; erano Canano con altri cinque uomini armati. [38] Darineo uccide Canano e altri tre uomini, mentre due fuggono per la paura, ma nello scontro rimane ferito ad una spalla amorevolmente curata da Crasilda che fa crescere in lui pensieri amorosi che subito cerca di soffocare per lealtà nei confronti di Sirena. [39] Durante la notte sistemano delle tende, ma mentre gli altri dormono, gli scudieri di guardia sentono degli strani rumori provenire dal bosco. All’improvviso si avvicina all’accampamento un serpente grandissimo e vorace spaventando gli scudieri che subito corrono a svegliare Darineo. Nel frattempo le dame scappano al riparo nel bosco, gli scudieri scappano al lato opposto e Crasilda corre alla tenda del cavaliere svenendo appena lo vede combattere contro quella bestia. Una volta uccisa la serpe Darineo soccorre Crasilda la quale, svegliandosi, lo abbraccia con tanto amore che per lui è impossibile resisterle; dalla loro unione nascerà una stupenda bambina chiamata Divina Sinella.

Darineo investe cavaliere un ragazzo 87


[40] Ripreso il viaggio vengono ospitati da un vecchio cavaliere e da sua moglie in un castello vicino a quello di Polinda. A questo punto arriva una lettera per Darineo da parte della maga della regina che lo prega di sostare in quel palazzo per qualche giorno, infatti, poco dopo, si presenta alla porta un giovane il quale spiega a Darineo di essere arrivato al castello per trovare il famoso Cavaliere della Sirena e ricevere da lui l’investitura all’ordine di cavalleria. Darineo, venendo a conoscenza delle nobili origini del giovane, accetta di soddisfare il suo desiderio nominandolo cavaliere.

L’arrivo al castello della regina Polinda e la sfida contro i cavalieri nemici

[42*] Il Cavaliere della Sirena, assieme al cavaliere novello e a tutta la compagnia, lasciano il castello del vecchio cavaliere e si incamminano verso quello della regina Polinda. Intanto la Maga spiega a Polinda che il cavaliere novello dalle armi bianche era il suo futuro consorte e si raccomanda di onorare al meglio il Cavaliere della Sirena che ormai tutto il mondo conosce. [43] Al loro incontro, dopo parecchi convenevoli, discutono sul duello contro Saladio e Quadrato che si sarebbe tenuto il giorno successivo nella città di Giffa. [44] Intanto la regina manda dei messaggeri al palazzo dei fratelli avversari per avvisarli del duello che si terrà il dì seguente. Saladio e Quadrato sono molto abili con le armi e non temono la sfida. [45] Quella sera la regina e il novello cavaliere passeggiano in giardino dove quest’ultimo le chiede di poter essere il suo cavaliere. Polinda accetta volentieri e felice nel vedere come tutto si sta evolvendo secondo i piani della sua amica maga, e vuole quindi sapere l’identità del giovane. Quest’ultimo si presenta come Ormando, figlio del re Gilandro del Caucaso e della regina Amalantea, ma chiede alla sua amata di non svelare a nessuno il segreto delle sue nobili origini. Nel frattempo Crasilda raggiunge il Cavaliere della Sirena mostrandogli un piccola porta nel giardino dove lei lo attende quella notte per dare libero sfogo ai loro desideri fino al mattino, quando Darineo si deve preparare per il duello. [46] Giunti a Giffa Saladio e Quadrato, i giudici, la regina e i membri del magistrato, decidono di posticipare l’incontro di tre giorni per dare l’opportunità 88


ai nobili circostanti di raggiungere la città. [47] Giunto il momento dell’incontro, entrano nell’arena i cavalieri della regina e tutti i presenti si meravigliano oltremodo nel vedere l’insegna della Sirena del più famoso cavaliere del mondo. [48] Durante l’incontro il principe Ormando uccide Saladio e il Cavaliere della Sirena uccide il cavaliere Quadrato dopo una lunga ed estenuante battaglia. [49] La regina subito si occupa di consolare la sorella Oristella appena rimasta vedova.

La battaglia per riscattare i possedimenti terrieri della vedova Oristella

[50] Ritirandosi al palazzo per recuperare le forze, Ormando consiglia alla sua amata di riscattare i possedimenti terrieri di Quadrato per conto della vedova Oristella. Seguendo il consiglio, Polinda ordina ad un conte di riscattare, per conto della sorella, il contado di Arano, ma quest’ultimo, una volta arrivato, scopre che un nipote dei fratelli appena venuti a mancare, di nome Orinello, con l’appoggio del potente re di Tana si era già impossessato del territorio. Avuta notizia dell’accaduto Polinda e la sorella Oristella sono disperate e così Darineo, con la volontà di alleviare il dolore di Oristella già sofferente per la morte del marito, decide di aiutarla partendo di persona alla volta del contado di Arano, seguito da tremila cavalieri e da tremila pedoni di Polinda. Grazie a questo gentile gesto, Oristella si innamora di Darineo. [51] Ormando si propone di seguire Darineo, ma egli lo invita a restare accanto a Polinda e alla sorella. Quella sera Polinda e il principe del Caucaso si promettono amore eterno alla presenza dell’amica maga sposandosi in segreto; dalla loro unione nascerà un maschio che da adulto diventerà un prode cavaliere e re del Mondo, come scriveranno gli storici. [52] Darineo nel frattempo combatte contro il capitano Gorbano del re di Tana e i suoi seimila pedoni e cinquemila cavalieri. Una volta ucciso Gorbano, il Cavaliere della Sirena manda a chiedere rinforzi alla regina, perché molti dei suoi uomini sono morti e altri rimanevano a controllare i territori conquistati. Inoltre Darineo intuisce che il popolo ama di più la vedova Oristella di Orinello, e così chiede che la fanciulla lo raggiunga al campo per essere vista dagli avversari. Ricevuta la lettera a corte, Oristella si illude che quella richiesta fosse un modo per Darineo di averla al suo fianco e Crasilda si propone per accompagnarla. Polinda decide di convolare a nozze in modo ufficiale per poter seguire il suo sposo in aiuto di Darineo. [53] La compagnia composta dal re e la regina di Ircana, le due vedove Oristella e Crasilda, la 89


maga e i rinforzi, partono per raggiungere il Cavaliere della Sirena al campo di battaglia. Sapendo che anche l’esercito nemico si stava avvicinando al campo, il re decide di far sostare le dame in un luogo sicuro mentre lui raggiunge Darineo e il loro esercito sul campo. Nel frattempo anche Orinello conduce l’esercito del re della Tana sul campo capeggiato dal valoroso Cavaliere Selvaggio, così chiamato perché da cavaliere errante il suo simbolo è un selvaggio, il cui vero nome è Marchese della Torscia signor di molte terre. Quest’ultimo è affiancato dal temibile Cavaliere dalla Stella il quale decide di entrare in battaglia proprio perché desidera ardentemente combattere contro il famoso Cavaliere della Sirena. [54] Le dame vengono regolarmente aggiornate sull’andamento dello scontro e spaventate chiedono il parare alla loro lungimirante amica maga. Questa avvisa le donne che la battaglia sarebbe finita nel migliore dei modi e che la vedovanza di Crasilda e di Oristella sarebbe terminata in modo inaspettato. Nel frattempo il re Ormando d’Ircana divide il suo esercito in quattro schiere, come quello nemico, e così disposti gli eserciti inizia l’aspra battaglia nella quale perdono la vita molti cavalieri compreso Orinello, ucciso per mano del Cavaliere della Sirena. [55] La battaglia prosegue con un corpo a corpo tra il Cavaliere della Sirena e il Cavaliere Selvaggio. Il principe Darineo aveva colpito molte volte il nemico, ma considerandolo un abile avversario decide di risparmiargli la vita e lo accompagna di persona nel suo padiglione per riprendersi dalle ferite. Nel frattempo il re Ormando è impegnato contro il Cavaliere dalla Stella, anche quest’ultimo battuto con onore dal re che gli risparmia la vita. Nel frattempo cala la notte e tutti i sopravissuti nemici si rifugiano nella vicina città di Dela portando con loro delle reliquie.

L’incontro tra le vedove e i cavalieri battuti il cui amore ristabilisce la pace nel regno

[56] Subito il Cavaliere della Sirena manda un messaggero dalle dame per avvisarle che la battaglia era finita e sprona Oristella a presentarsi ai suoi nuovi sudditi di Arano. Aggiunge che i due valorosi cavalieri feriti, Selvaggio e dalla Stella, le avrebbero raggiunte per ricevere le cure rispettivamente da Oristella e Crasilda, mentre il re assieme al Cavaliere della Sirena si sarebbero recati alla città di Dela dove i nemici si erano rifugiati con delle preziose reliquie. Stando così le cose la regina fa accomodare i due cavalieri feriti in un palazzo per ricevere le cure e nel frattempo, assieme a tutta la corte, si incammina verso il campo di battaglia. [57] Durante il tragitto si fermano nel palazzo dove i 90


cavalieri Selvaggio e Dalla Stella sono convalescenti. Qui, seguendo le richieste di Darineo, Oristella si occupa del Cavaliere Selvaggio che si innamora della sua cortesia, e il Cavaliere dalla Stella viene accudito da Crasilda la quale non accetta il suo amore per il Cavaliere della Sirena. La regina, comprese le intenzioni dei cavalieri, si compiace che Selvaggio voglia sposare la sorella perché, essendo parente del re della Tana, la loro unione avrebbe sicuramente placato le tensioni tra i regni e non di meno apprezzava un lieto fine tra Crasilda e il Cavaliere dalla Stella in quando sarebbe divenuto un valoroso vassallo del regno di Ircana. [58] Polinda parla con la sorella consigliandole di assecondare l’amore del Cavaliere Selvaggio avendo ricevuto notizia dalla sua amica Maga del fatto che il Cavaliere della Sirena era già impegnato con una bellissima principessa. [59] Improvvisamente il Cavaliere della Sirena prova affanno per tornare dalla sua amata; infatti per tutto il tempo in cui era stato al servizio della regina Polinda, la Maga lo aveva incantato per dimenticarsi della sua Sirena così da concentrarsi nell’impresa. Darineo comprende allora di aver tradito la sua Sirena con Crasilda. La Maga poi gli confida che sebbene la vedova fosse incinta, aveva fatto un incantesimo sulla vista delle persone perché non lo notassero e inoltre aveva dissuaso Crasilda a volersi sposare con lui, per congiungersi con il Cavaliere dalla Stella. [60] Oristella decide di appalesare i sentimenti che nutre per il Cavaliere Selvaggio e quest’ultimo la chiede in moglie con il consenso del re Ormando e il Cavaliere della Sirena. Prima della cerimonia il Cavaliere Selvaggio si impegna a stabilire la pace tra il regno di Ircana e quello di Tana. [61] Il medesimo giorno in cui il re di Tana firma la pace con Ormando, il Cavaliere Selvaggio sposa Oristella e Crasilda sposa il Cavaliere dalla Stella. [62] Terminati i festeggiamenti dei matrimoni, il Cavaliere Selvaggio prega Darineo di far visita al re di Tana che desidera conoscerlo. Così si recano assieme alla corte di Tana dove il Cavaliere della Sirena gode di molti elogi111 e partecipa alle giostre per intrattenere i suoi ammiratori. Dopo di che si congeda dalla corte assieme al Cavaliere Selvaggio.

Darineo parte per recuperare i suoi compagni dalla valle delle Fraudi e rivedere la sua amata Sirena

111 Nel testo si legge a proposito: “Chi volesse hora distesamente narrare le gran carezze e grate accoglienze che al Cavalier della Sirena si fece in questa corte (che il tutto particolarmente racconta l’original istoria) sarebbe un non mai finir”. Questo è un commento esplicito dell’autore per ribadire la verisimiglianza del racconto.

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[63] Darineo torna al regno di Ircana per congedarsi, ma prima di partire per tornare da Sirena, chiede alla Maga di Ircana il rimedio per salvare i suoi amici dall’incantesimo della valle delle Fraudi. Questa, prima si svelargli il rimedio, lo informa che la regina Eurania è morta durante la sua assenza e che se avesse ulteriormente ritardato il suo ritorno avrebbe perso anche Sirena. Triste per questa notizia, si avvia verso la valle delle Fraudi in compagnia dei due scudieri e munito di un libro, datogli dalla Maga, in cui poteva leggere il rimedio per far tornare Aliandra, Belviso e la donzella di Polinda.

L’avventura di Riccarda che travestita da musicista giunge all’isola della regina Sirena e ciò che le accade per servila

[64] Nel frattempo la bella Riccarda assieme al padre, travestiti da pellegrini, erano andati di corte in corte alla ricerca del Cavaliere della Sirena. Seguendo le indicazioni della gente che conosceva le imprese del Cavaliere, arrivano fino all’isola Sirena immaginando che ci fosse un collegamento tra l’insegna di Darineo e il nome della nuova regina Sirena. Tutti gli isolani, vedendoli arrivare, chiedono a Sirena di farli suonare a corte. Sirena è troppo afflitta dalla morte della madre e per le scarse notizie che possiede sul suo amato per potersi divertire con della buona musica. Riccarda, che da tutti era considerata un uomo, va a far visita alla regina e la convince ad ascoltare della musica che l’avrebbe rallegrata. Così Riccarda col padre Robino suonano in modo magistrale una stupenda canzone d’amore, talmente emozionante che la bella Sirena ipotizza essere dedicata a qualcuno che il donzello musicista amava e chiede spiegazioni. Riccarda allora si apparta con Sirena per svelarle che in realtà è così travestita per cercare in tutte le corti il cavaliere che le aveva rubato il cuore. [65] Continuando a parlare, Riccarda dice alla regina che non conosceva il nome proprio del cavaliere, ma solo che veniva chiamato Cavaliere della Sirena per l’insegna che portava. Sirena capisce che si trattava del suo Darineo e senza destare sospetti sul loro amore continua ad ascoltare Riccarda la quale racconta che una negromante le aveva detto che il suo amore non poteva essere ricambiato dal cavaliere 92


perché quest’ultimo ama un’altra donna. Sirena si sente sollevata nel conoscere la lealtà del suo amato e chiede a Riccarda di fermarsi alla sua corte. Durante la notte Riccarda, ripensando alla giornata, aveva capito che la regina è la donna amata dal Cavaliere della Sirena e così il giorno seguente la prega di poter diventare loro servitrice per godere comunque della compagnia di Darineo. Sirena, assecondando la richiesta, le chiede di raggiungere il cavaliere, che si trovava nel regno di Ircana, per portargli una lettera e spronarlo a tornare all’Isola al più presto a causa delle continue minacce di guerra che stava ricevendo dai popoli limitrofi. [66] Riccarda parte accompagnata dal padre e da uno scudiere e lungo il tragitto si fermano presso una fontana per riposare. In quel momento un cavaliere si avvicina a loro e senza smettere di guardare la bella Riccarda si posa ad un albero. Nel medesimo istante si avvicina una carrozza scortata da molti cavalieri e così Riccarda decide di allontanarsi dalla fontana per non disturbare i nuovi visitatori, quando dalla carrozza esce la principessa del regno di Trabana. La principessa gradisce molto la presenza di Riccarda e la invita a restare qualche giorno nel suo palazzo, inoltre vedendo gli strumenti sui palafreni le chiede di suonare qualcosa. Riccarda suona molto volentieri e finito il suo canto il cavaliere all’albero cade perdendo i sensi. Tutti scoppiano a ridere, tranne Riccarda che sospetta di aver acceso i sentimenti in questo sconosciuto. All’improvviso si odono dei terribili rumori provenire dalla foresta circostante. [67] Appaiono due leoni che sbranano due cavalieri della scorta della principessa facendo fuggire tutti gli altri. Le dame sono spaventate pensando di essere rimaste in balia di quelle bestie, ma fortunatamente giunge a soccorrerle il cavaliere dell’albero, conosciuto come il Cavaliere Dall’arme Dorate, che con fatica uccide i leoni riportando una ferita. Dopo i molti elogi da parte di Riccarda e della Principessa, quest’ultima lo invita al suo palazzo per ricevere delle cure mediche. [68] Giunti al palazzo reale, il re non poteva smettere di elogiare il coraggio del cavaliere e la bellezza di Riccarda. Dopo cena la principessa e Riccarda fanno visita al cavaliere convalescente il quale si dichiara a Riccarda che non accetta la sua proposta perché al servizio di Sirena e Darineo. Lui non si scoraggia e le dice di voler andar con lei a conoscere il cavaliere che stava servendo per poter ottenere il permesso di starle accanto. Riccarda si commuove alle parole di vero amore del cavaliere e decide di farsi accompagnare a destinazione. [69] Dopo vari giorni di cammino, Riccarda chiede al Cavaliere dall’Arme Dorate la sua vera identità e quest’ultimo risponde essere l’Infante Don Galverio, figlio del re dell’India Minore accrescendo così l’interesse della fanciulla nei suoi confronti.

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Darineo giunge alla valle delle Fraudi per liberare i suoi amici e poi raggiunge l’isola Sirena

[70] Nel frattempo Darineo aveva galoppato fino alla valle delle Fraudi. Qui una nobile signora, riconoscendo l’effige sulle sue armi, lo invita nel suo castello per passare la notte e continuando a parlare scopre che quel prode cavaliere voleva metter fine alla maledizione della valle e così il giorno successivo, accompagnata dalle sue donzelle, segue Darineo nell’impresa. Dopo tre giorni di cammino giungono all’imboccatura della valle. [71] Darineo estrae il libro regalatogli dalla Maga d’Ircana dove legge nella prima pagina di indossare l’anello contro gli incantesimi, regalatogli da Eurania, nel dito della mano destra a contatto con la spada. Il negromante, padrone della valle, intuisce il pericolo che corre il suo incantesimo contro il Cavaliere della Sirena, e così manda uno dei più forti giganti al mondo in difesa del suo territorio. Il combattimento tra i due dura molto e il mago decide di mandare in aiuto del gigante due enormi orsi. Darineo, che tiene la spada con la mano dove porta l’anello, è in grado di spezzare l’armatura del gigante e, con questa, la sua carne. Abbattuto il gigante, il cavaliere uccide gli orsi rimanendo illeso. Successivamente si posa su un tronco spezzato per riprendere le forze e poter leggere la seconda pagina del libro che prevede uno scontro con dei grifoni. Rischiando la vita Darineo riesce ad uccidere i quattro grifoni spingendosi sempre più all’interno della valle. Qui legge la terza pagina del libro che gli ordina di abbattere un alto e grande albero per poter prendere le chiavi incastrate tra i suoi rami. L’albero è straordinariamente grande e ogni qual volta il cavaliere lo percuote, dall’alto cadono dei pomi enormi. Dopo vari tentativi e riparandosi con il suo scudo, Darineo recupera le chiavi del palazzo e legge nel libro che avrebbe dovuto abbattere il drago di guardia all’edificio. Il mago della valle constatando che il cavaliere aveva già superato tre prove grazie ad un anello e un libro magico, decide all’istante di cambiare i suoi piani. Fa raggiungere Darineo da delle bellissime fanciulle le quali gli chiedono di non far cessare l’incantesimo della valle perché lì si sentivano felici. Il cavaliere, notando la sincerità delle donne, fa chiamare il mago di nome Ruffo, il quale gli è molto grato per non voler distruggere l’incanto della valle, Darineo però gli chiede di rendere più gentile l’incantesimo. Così la valle delle Fraudi si trasformerà nella valle dell’Allegrezza e dell’Amore. [72] Il mago Ruffo, leggendo i suoi magici libri, capisce che Darineo è il protetto della regina Eurania morta per salvaguardarlo dal suo temibile destino, in cui presto sarebbe comunque incorso, avvicinandosi al regno di Grecia. Nel 94


frattempo arriva l’amazzone Aliandra che abbraccia Darineo, il quale sente amore per lei, indotto dal mago, perché dalla loro unione sarebbe nato un cavaliere salvifico per il destino del padre e del mondo intero. Poi sopraggiungono il nano Belviso e la donzella della regina Polinda tutti felici di rivedere il loro salvatore. La donzella viene ospitata dalla nobile signora con la quale il giorno successivo si sarebbe recata al regno di Ircana, mentre il resto della compagnia viene ospitata nel palazzo del mago Ruffo dove quella notte si consuma l’amore tra Darineo e Aliandra112. Dopo tre giorni di permanenza nel castello, il mago Ruffo comunica dei pronostici a Darineo: dice che non doveva sentirsi rammaricato per quel che era successo con Aliandra, perché era avvenuto per il suo bene e per quello del mondo intero, poi gli dice di non indugiare nel tornare dalla sua principessa e di onorare la coppia che avrebbe incontrato lungo il tragitto perché questi gli sarebbero stati utili; infatti una volta tornato nel regno di Sirena avrebbe incaricato il Cavaliere dall’Arme Dorate e la sua signora del governo dell’isola durante una sua lunga assenza per ritrovare il regno nel quale era nato. Dopo di che il mago, come promesso, modera il suo incantesimo e la compagnia si incammina verso il regno di Sirena. [Ultimo] Dopo quattro giorni di cammino incontrano il Cavaliere dall’Arme Dorate con Riccarda la quale, appena lo riconosce, scende emozionata da cavallo per salutarlo e consegnargli la lettera da parte di Sirena. Darineo stupito nel vederla così lontana da Parigi, le chiede spiegazioni e lei gli narra tutte le sue vicende da pellegrina per ritrovarlo. Darineo si emoziona e le promette di farla sposare con quel nobile cavaliere che l’accompagnava. Subito riprendono il loro tragitto per giungere all’Isola Sirena dove si celebrano nel medesimo momento le nozze tra Riccarda e il Cavaliere dall’Arme Dorate e, finalmente, tra Darineo e la sua amata Sirena. Giunge il momento in cui Aliandra dà alla luce il figlio chiamandolo Dariandro, e il nuovo re Darineo la concede in sposa ad un ricco duca contiguo al suo regno. Poi, seguendo il consiglio di Ruffo, nomina governatore il cavaliere congiunto a Riccarda. Passano sei mesi e un giorno in cui il re Darineo va a caccia con la Regina, vengono rapiti da una nuvola e portati in un luogo di cui si narrerà nel seguente libro.

112 Si legge a proposito nel testo “Aliandra rimase di donzella donna, essendo quella notte gravida di un fanciullo, che, come di lui dirassi al suo tempo, uguagliò in bellezza il padre e la madre, e in valore non ebbe pari a suo giorni, ne superiore ne gli antichi, e in quei che vennero poi per lunga etade, e di questo parlerassi nel secondo libro di Darineo che è posto in ordine seguendo questo all’aggiunta ritrovata del libro chiamato Platir terzo genito del glorioso imperador Primaleone, quello che liberò il padre e la Reina Sirena del lungo incantamento, come in esso si vede e che pel suo alto valore furon tutti quei regni aggiunti al regno dell’Isola della Sirena con la Tartaria insieme”.

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*La numerazione dei capitoli qui riportata è fedele a quella del testo dove, inavvertitamente, non si segue una numerazione progressiva.

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3.2 Indice dei Nomi

Aliandra [16]: È la prima delle amazzoni battuta in giostra da Darineo sull’isola Sfortunata. Figlia della più stimata senatrice del magistrato, s’innamora perdutamente del cavaliere e dopo l’incontro di questo contro il dragone lo medica con devozione. Nel momento in cui il Cavaliere della Sirena parte dall’isola in cerca di nuove avventure lei gli chiede di poterlo accompagnare e così s’imbarcano insieme sulla nave dei due nani. Sull’imbarcazione il nano Belviso si propone come suo servitore per la vita e lei accetta l’offerta di buon grado. Arrivati al Regno di Gallotracia assieme al nano e a Darineo viene ospitata da un cavaliere Attempato che racconta loro le sventure subite dalla sua famiglia a causa della tirannia del gigante Porfirione che avrebbe violentato a morte una delle sue figlie. Lei accettata di sfidare il gigante e assieme a Darineo si reca al palazzo reale dove, alla presenza del re, decidono le strategie per abbattere il nemico il giorno successivo. Mentre Darineo duella contro il gigante, Aliandra si occupa di sconfiggere i cavalieri di Porfirione mentre importunano le sventurate ragazze destinate al sacrificio. Dopo averli tutti abbattuti infligge il colpo di grazia a Porfirione per poi soccorrere Darineo, supino e sanguinante. Ripresa dalle sue ferite parte assieme a Darineo e al re e alla regina di Gallotracia per la città principale dove il gigante Taricone li attende con i suoi uomini in un’imboscata. Combatte valorosamente contro i cavalieri nemici riportando delle gravi ferite risanate dal magico unguento del suo fedele servitore Belviso. Durante un periodo di riposo vengono a ringraziarla per l’impresa il re del regno di Terebinto e la sorella Ariana che si invaghisce di lei credendola un uomo e invitandola ad un banchetto in onore della sconfitta dei giganti. Durante i festeggiamenti una fanciulla chiede aiuto al Cavaliere della Sirena che accetta di venirle in soccorso e nel medesimo istante viene anche sfidato dal gigante Orbalasto, cugino dei precedenti giganti defunti. Dopo aver assistito all’incontro tra Darineo e il gigante Orbalasto, con la vittoria del primo, si congeda dai regnanti e si incammina assieme al Cavaliere della Sirena e a Belviso verso la meta indicata dalla donzella che aveva chiesto il loro aiuto. Durante il tragitto un nano viene loro incontro avvisandoli del pericolo che correvano su quella strada perché dei selvaggi stavano uccidendo e mangiando i cavalieri di alcune dame rinchiuse nelle loro carrozze. Darineo va in loro soccorso e Aliandra lo affianca uccidendo i selvaggi cannibali. Tra le donzelle liberate c’è la principessa Clariana che si innamora di Aliandra credendola un uomo, così le chiede di scortarla fino a destinazione alla città di Ormunda e di partecipare al torneo in onore del 97


cugino, re della città. Aliandra accetta assieme a Darineo, ma durante il tragitto quattro cavalieri bloccano loro il passaggio. Tali cavalieri propongono loro una giostra, ma Darineo e la principessa Clariana insistono perché Aliandra non partecipi avendo ancora una ferita in testa dall’ultimo incontro e dopo la vincita di Darineo ripartono per Ormunda arrivandovi quella sera dove si preparano per il torneo. Aliandra e il Cavaliere della Sirena risultano i vincitori indiscussi, ma si vedono costretti ad allontanarsi subito dal regno per seguire la donzella a cui Darineo aveva promesso soccorso dirigendosi verso il regno di Ircana. Durante il tragitto la fanciulla scompare senza lasciare traccia, in una vallata misteriosa; infatti tutta la compagnia si sente vittima di un incantesimo per il fatto che odono voci, ma non incontrano anima viva e scorgono un grande palazzo che scompare all’improvviso. Quando si coricano per passare la notte Aliandra vede il suo amato Darineo molto turbato così decide di vestire abiti femminili per distrarlo, sotto la supervisione di Belviso che fedelmente veglia su di lei disarmata. La mattina seguente tutti scoprono che anche Aliandra è scomparsa. Trascorso molto tempo in quella valle sotto l’incantesimo del Mago Ruffo, viene finalmente liberata dal suo amato Darineo e quella stessa notte consumano il loro amore dal quale nascerà un cavaliere salvifico per il padre e per il mondo intero. Poi parte assieme al Cavaliere Darineo e a Belviso alla volta del Regno di Sirena. Giungono a destinazione e dopo qualche tempo dà alla luce il figlio chiamandolo Dariandro e il nuovo re del regno di Sirena, Darineo, la fa sposare con un gran Duca.

Belviso [21]: È uno dei due Nani che conducono l’imbarcazione magica di Eurania. Invaghitosi dell’amazzone Aliandra le promette di servirla a vita e sbarca, assieme a lei e a Darineo, nel Regno di Gallotracia. Dopo il duro combattimento di Darineo e Aliandra contro il gigante Taricone, guarisce le loro ferite con un magico unguento. Successivamente s’incammina con Aliandra e Darineo verso l’avventura per aiutare la povera fanciulla venuta a chiedere soccorso al Cavaliere della Sirena, ma sul tragitto alcuni selvaggi cannibali assaltano le carrozze di alcune donzelle prontamente salvate da Darineo e Aliandra. A questo punto Aliandra riceve una ferita alla testa che amorevolmente viene curata dal fedele Belviso consentendole di partecipare al torneo organizzato nella città di Ormunda. Concluse le giostre Belviso segue Aliandra e Darineo alla volta del regno di Ircana guidati dalla fanciulla che aveva chiesto aiuto al Cavaliere della Sirena, ma durante il tragitto questa scompare misteriosamente. Dopo molte ricerche tutta la compagnia si corica per la notte e lui fa da guardia ad Aliandra che per quella notte decide di vestire abiti 98


femminili. Al risveglio scopre che anche Aliandra è sparita e durante le sue ricerche sparisce misteriosamente a sua volta. Finalmente viene liberato dall’incantesimo da Darineo e parte con lui e la bella Aliandra alla volta del Regno di Sirena.

Calvano [31]: È l’ultimo dei quattro cavalieri ad essere battuto in giostra da Darineo lungo il tragitto per il regno di Ormunda. Inoltre è figlio del re Tigilafe e fratello minore di Orante oltre ad essere cugino di Claronio il Giostrante e di Hermofilo il Buono.

Cavalier dell’Isola Serrata [2]: È un amico dell’imperatore Primaleone oltre ad essere un nobile cavaliere. Tramite una donzella manda in dono delle armi a Darineo in previsione della sua imminente investitura all’ordine cavalleresco, inoltre predice le sorti di Darineo e la sua amata Sirena.

Cavaliere della Sirena [6]:→ Darineo

Cavaliere delle Armi Verdi [8]: →Re Gilandro del Caucaso

Cavaliere di Orbalasto [27]: È al servizio del gigante Orbalasto. Durante un banchetto nel palazzo reale di Terebinto, comunica a Darineo la sfida lanciatagli dal suo padrone.

Cavaliere Quadrato [32]: È un nobile che viene scelto dal re di Ircana come sposo per sua figlia minore dandogli in dote l’Isola Ricca. Inoltre è fratello minore di Saladio che per volere del re avrebbe dovuto sposare Polinda, la figlia maggiore, la quale si oppone ereditando il regno d’Ircana ancora nubile. Quadrato così diviene il consigliere di Polinda e insiste perché sposi suo fratello maggiore, come deciso dal re, fino al punto che la minaccia di essere esiliata dal suo stesso regno. Il giorno dello scontro con Ormando e il Cavaliere della Sirena, viene ucciso da quest’ultimo.

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Cavaliere Verde [29] → Darineo

Cavalieri di Porfirione [23]: Giunti nel regno di Gallotracia assieme al loro padrone, importunano le ragazze destinate al sacrificio così vengono abbattuti uno ad uno da Aliandra giunta in soccorso delle sfortunate donzelle.

Cavalieri di Taricone [24:] Si imbarcano con il loro padrone alla volta del regno di Gallotracia per vendicare la morte di Porfirione. Nascosti in attesa di attuare un’imboscata vengono poi battuti tutti dai cavalieri del re aiutati anche da Darineo e Aliandra. Clariana [30]: Sorella di Cleandra e figlia del Re di Samoterra. Mentre si stava recando alla città di Ormunda per le nozze del cugino, dei cannibali selvaggi bloccano la sua carrozza. Salvata dal Cavaliere Verde e Aliandra si innamora di quest’ultima credendola un uomo. Darineo e Aliandra decidono di scortarla a destinazione, assieme alla sorella, e di partecipare al torneo della città. Durante il tragitto vengono fermati da quattro cavalieri che sfidano il Cavaliere Verde e Aliandra in giostra. Lei insiste perché Aliandra non partecipi avendo ancora una ferita dall’ultimo incontro, e quest’ultima segue il consiglio facendo sì che Clariana si innamori ancora di più di lei, presunto cavaliere. Giunti alla città di Ormunda quella stessa sera insite per includere anche Aliandra nel torneo essendo completamente guarita dalla ferita. Infatti Aliandra ne esce vincitrice e Clariana vorrebbe condurre il suo presunto cavaliere dal padre per fargli un dono, ma si vede costretta a congedarsi perché Aliandra deve proseguire con Darineo verso l’avventura della donzella che pazientemente aveva atteso la fine del torneo.

Claronio il Giostrante [31]: È il primo dei quattro cavalieri ad essere battuto in giostra da Darineo sulla strada di Ormunda. Inoltre è cugino di Orante e Calvano.

Cleandra [30]: Figlia del Re di Samoterra e sorella di Clariana, si stava recando alla città di Ormunda per le nozze di suo cugino, principe della città, quando la sua carrozza viene assalita da dei selvaggi cannibali. Salvata dal Cavaliere Verde se ne innamora chiedendogli di poterla accompagnare alla meta e partecipare al torneo in onore del re, 100


suo cugino. Arrivati alla città di Ormunda elogia Darineo dinnanzi a tutta la corte per l’avventura dei selvaggi e insiste per includerlo nella giostra che si sarebbe tenuta in quei giorni. Durante il torneo Darineo ne esce il vincitore indiscusso e lei lo sprona a seguirla nel suo regno per ricevere un dono dal padre. In quel momento Darinda, che aveva atteso il compimento della giostra per condurre Darineo verso la sua avventura, si ribella a tale richiesta costringendo Cleandra a congedarsi dal suo amato cavaliere addolcita dalla promessa di una sua futura visita.

Conte di Rivoli [9]: È Innamorato di Lidonia e appena viene a conoscenza del suo rapimento da parte dei giganti, parte alla volta dell’Isola Galvana per liberarla. Combattendo contro Corcutto risulta sconfitto e confinato in una stanza del castello in cui successivamente sarà rinchiuso anche il Cavaliere delle Armi Verdi. Liberato da Lidonia aiuta il Cavaliere delle Armi Verdi nella scarcerazione di tutti i cavalieri rinchiusi nelle prigioni del castello. Dopo l’uccisione dei giganti da parte di Darineo, sposa la sua amata con la benedizione del Cavaliere delle Armi Verdi che scopre essere in realtà il famoso re Gilandro del Caucaso.

Corverio [20]: È un nobile cavaliere di Circassia che Darineo insignisce del titolo di luogotenente dell’Isola Sfortunata. Innamorato dell’amazzone Corinna la sposa grazie alle nuove leggi dettate dal Cavaliere della Sirena.

Darinda, una Donzella al servizio di Polinda [27]: Mentre si tiene il banchetto in onore di Aliandra e Darineo nel palazzo reale di Terebinto, chiede a quest’ultimo il dono di cimentarsi in una pericolosa avventura, ma deve prima attendere che si concluda il suo duello contro il gigante Orbalasto. Finito il duello tra Darineo e il gigante con la vittoria del primo, sprona il cavaliere a seguirla. Durante il tragitto un nano li avvisa che proseguendo su quella strada, avrebbero incontrato dei selvaggi cannibali che avevano intenzione di banchettare con delle donzelle rinchiuse in due carrozze. Darineo e Aliandra corrono a soccorrere le sventurate donzelle così Darinda si vede costretta ad aspettare ulteriormente il soccorso del Cavaliere della Sirena che decide di scortare le dame a destinazione e partecipare ad un torneo nella città di Ormunda. Una volta finito il torneo sprona Darineo e 101


Aliandra a seguirla, finalmente, verso la sua avventura. Durante il tragitto verso il regno di Ircana, racconta la sua storia e il motivo della sua richiesta di aiuto. Infatti lei è una dama al servizio della Regina Polinda che dopo aver ascoltato le previsioni di una Maga l’ha mandata a cercare il Cavaliere della Sirena che avrebbe aiutato il suo futuro marito a battere a duello i prepotenti cavalieri Saladio e Quadrato che minacciano di allontanarla dal suo stesso regno. Proseguendo per il loro lungo tragitto sostano per la notte in una vallata dove misteriosamente Darinda scompare senza lasciare traccia. Finalmente viene liberata dall’incanto della valle da Darineo e venuta a sapere che nel frattempo il cavaliere aveva servito la sua regina, viene ospitata da una nobile signora per tornare il giorno successivo al Regno d’Ircana.

Darineo, Cavaliere della Sirena [2]: È il primogenito di Primaleone, nato con un’infermità causata della maga Moranda e salvato da Eurania, Regina dell’Isola Sirena, la quale lo alleva accanto a Sirena, sua figlia naturale e quindi presunta sorella di Darineo. Saputo di non avere legami di sangue con Sirena le confessa di essere innamorato diventando suo cavaliere appena riceve la nomina dal re Gilandro del Caucaso. Quello stesso giorno riesce a prendere una spada incantata dal fianco di un vecchio cavaliere che, in dono, gli chiede di accompagnarlo a Parigi per sfidare il duca Martago. Infatti il vecchio è al servizio dalla duchessa Laurina di Bretagna che desidera sposare il duca, ma per farlo tornare da lei deve trovare qualcuno in grado di batterlo a duello. Darineo accetta di seguire il Vecchio Cavaliere, ma in quell’istante una donzella al servizio della regina Amalantea del Caucaso lo avvisa che il re Gilandro era stato portato con l’inganno sull’Isola Galvana per volere del gigante Corcutto. Dopo essersi congedato da Sirena e da Eurania, che gli dona un anello magico, si reca assieme al Vecchio Cavaliere sull’Isola in aiuto del re Gilandro e giunto al castello sfida Corcutto uccidendolo. Successivamente sfida e uccide il gigante Marione guadagnandosi gli elogi del re del Caucaso delle due dame che erano rinchiuse nel castello prigioniere. Guarito dalle ferite torna col Vecchio Cavaliere all’Isola Sirena per poi ripartire, su una nave guidata da due nani, amici di Eurania, verso il Regno di Francia dove lo attende il duello contro il duca. Raggiunta la piazza reale sconfigge Martago, con grande gioia del re Arnedo di Francia e della moglie Politia che lo ospitano nel loro palazzo notando una certa somiglianza con l’Imperatore Palmerino d’Olivia. Mentre alloggia presso la corte, Garino, figlio del Re Arnedo, continua a descrivergli la bellezza di Riccarda e così Darineo decide di farle visita iniziando ad innamorarsi di lei, ma la sua lealtà nei confronti 102


di Sirena lo spinge ad abbandonare la corte e tornare dai nani che lo stavano attendendo con la loro imbarcazione per ricondurlo all’Isola Sirena. Durante il tragitto i nani gli raccontano la storia dell’Isola Sfortunata, abitata da delle amazzoni e assediata da un dragone, e con il desiderio di cimentarsi nell’uccisione di tale bestia si fa scortare sull’Isola. Qui si cimenta nella lotta in giostra contro quattro amazzoni e dopo averle battute si guadagna il rispetto di tutte le abitanti che acconsentono di accompagnarlo alla Montagna Odiosa dove dimora il dragone da abbattere. Darineo riesce ad uccidere la fiera, ma riporta delle gravi ferite che vengono curate dall’amazzone Aliandra perdutamente innamorata di lui. Le isolane in segno di riconoscenza, gli offrono il governo dell’Isola e così Darineo riesce a mutare le loro leggi crudeli nei confronti degli uomini e a convertirle alla fede cristiana. Quando giunge per lui il momento di partire dall’Isola, lasciata nelle mani del suo luogotenente, accetta di farsi accompagnare per un lasso di tempo dalla sua devota amica Aliandra e così si imbarcano insieme sulla nave dei nani. Dopo quattro giorni di navigazione arrivano nel Regno di Gallotracia assediato da due giganti che violentano a morte le giovani sacrificate in seguito ad un accordo con il re Alario di Gallotracia. Darineo e Aliandra, udita la tragica storia di un Vecchio Cavaliere costretto a sacrificare una delle sue figlie, si preparano per uccidere i giganti. Quando il gigante Porfirione arriva nel regno per riscuotere il suo solito tributo di belle ragazze, a sorpresa Darineo si presenta per sfidarlo. Durante il duello Aliandra si occupa di sconfiggere i cavalieri del gigante che con prepotenza volevano portare le ragazze sulla loro nave e Darineo atterra il gigante amputandogli una gamba. Sfortunatamente Porfirione cadendo ferisce sul capo il cavaliere che cade tramortito e viene accudito da Aliandra. Il giorno seguente il re di Gallotracia gli dona metà del suo regno e lo mette al corrente che sarebbe presto arrivato il gigante Taricone a vendicare la morte del fratello. Guarito dalle sue ferite si mette in marcia con i regnanti, Aliandra e un centinaio di cavalieri alla volta della città principale sul cui tragitto Taricone si prepara per un agguato. Cinquanta cavalieri nemici escono dal nascondiglio per combattere contro i cavalieri del re e così Darineo e Aliandra partecipano ai combattimenti difendendo i regnanti. Dopo aver ucciso numerosi cavalieri Darineo combatte contro il gigante in un lungo duello che finisce con la decapitazione di Taricone e conseguente vittoria del Cavaliere della Sirena che, ferito gravemente, riceve le cure del nano Belviso dotato di un salvifico unguento. Durante un periodo di meritato riposo, vengono a ringraziarlo per le sue nobili gesta il re del regno di Terebinto con la sorella Ariana, reale erede dell’Isola occupata dai giganti, invitandolo nel loro regno per ricevere gli onori del popolo. Mentre tutti banchettavano al palazzo reale di Terebinto, una donzella 103


gli chiede in dono di intraprendere per lei una faticosa avventura che Darineo accetta, ma proprio in quel momento un cavaliere al servizio del gigante Orbalasto, cugino di Porfirione e Taricone, gli comunica che entro tre giorni sarebbe stato raggiunto dal suo padrone per vendicare la morte dei suoi parenti. Il giorno previsto arriva il gigante Orbalasto pronto per il duello e Darineo lo uccide per poi partire in aiuto della donzella. Durante il tragitto assieme alla donzella, Aliandra e a Belviso, Darineo decide di coprire l’insegna della sua armatura per non essere riconoscibile. La copre con un manto verde per cui verrà conosciuto come il Cavaliere Verde. Per strada un nano galoppa velocemente incontro alla compagnia per avvisarli di alcuni cannibali selvaggi che poco più avanti avevano fermato due carrozze di donzelle e stavano uccidendo e mangiando i cavalieri corsi in loro aiuto. Darineo affiancato da Aliandra decide di salvare quelle povere sventurate uccidendo i selvaggi. Tra le donzelle liberate si presentano le principesse Cleandra e Clariana che chiedono a lui e a Aliandra di scortale a destinazione nella città di Ormunda il cui principe, loro cugino, stava per sposarsi e di partecipare al torneo organizzato per l’occasione. Durante il tragitto quattro cavalieri bloccano loro il passaggio. Dopo aver accettato l’invito dei quattro ad una sfida in giostra, insiste perché Aliandra non partecipi, essendo ancora ferita dall’ultimo incontro, e così, da solo, sconfigge uno ad uno i cavalieri. Dopo aver ricevuto gli elogi per la vittoria da parte delle dame, riprendono il viaggio arrivando quella sera nella città di Ormunda. Dopo tre giorni hanno luogo le giostre in onore del nuovo re che vedono come protagonisti indiscussi Darineo e Aliandra ricevendo dei doni e gli onori di tutti i presenti. Finito il torneo, Darinda, la donzella a cui Darineo aveva promesso il suo aiuto, lo sprona a mantenere la parola data e così il Cavaliere della Sirena si allontana dal regno, dalle belle Cleandra e Clariana e dai regnanti i quali gli donano un prezioso smeraldo. Così partono alla volta del regno di Ircana dove la regina Polinda ha bisogno dell’aiuto del Cavaliere della Sirena perché, come predetto da una maga, avrebbe aiutato il suo futuro sposo nel sconfiggere i prepotenti Saladio il Forte e il Cavaliere Quadrato che la vogliono allontanare dal suo stesso regno. Quella notte la compagnia sosta in una bellissima vallata, ma al loro risveglio la fanciulla di Ircana è sparita senza lasciare traccia. Darineo e gli altri la cercano senza sosta notando qualcosa di strano nella valle: odono voci e suoni senza incontrare nessuno e vedono un sontuoso palazzo che all’improvviso scompare. Temendo di essere vittima di qualche incantesimo, Darineo è molto preoccupato e così per quella notte Aliandra veste i suoi abiti femminili per distrarlo. Il giorno successivo era sparita anche quest’ultima e preso dalla tristezza Darineo inizia a cercarla per tutta la valle in compagnia di Belviso e degli scudieri. Si avvicina a delle case 104


per chiedere se qualcuno sapesse indicargli un mago che potesse aiutarlo a ritrovare le sue compagne, ma gli edifici erano abitati da degli animali che non lo aiutano affatto. Ancora più stranito ricomincia a galoppare quando si accorge che pure il nano Belviso è sparito. Preso dal panico comincia a galoppare più velocemente temendo la stessa sorte, quando incontra una fanciulla a cavallo, la quale gli spiega che la valle era detta “delle Fraudi” perché nell’ultimo anno erano sparite molte persone. Così dicendo Darineo si ricorda dell’anello magico regalatogli da Eurania che probabilmente l’aveva protetto dall’incantesimo della valle. Poi la fanciulla decide di aiutarlo a recuperare i suoi compagni scomparsi portandolo da un’amica Maga del regno di Ircana e così, parlando, la fanciulla scopre che Darineo è il cavaliere che la regina Polinda stava attendendo. Per passare la notte la ragazza lo porta da una nobile e bella vedova la quale viene minacciata da un cavaliere chiamato Canano signore delle tre Castella che la pretende in moglie, così Darineo decide di aiutarla. Quella notte il cavaliere fa fatica ad addormentarsi perché distratto da pensieri amorosi nei confronti della vedova Crasilda e il giorno successivo partono assieme alla volta del castello di Polinda, ma nel tragitto li raggiungono Canano con altri cinque uomini armati. Darineo uccide Canano riportando una ferita alla spalla che viene curata da Crasilda per cui nutre dei sentimenti che cerca di soffocare per amore della sua Sirena. Poi riprendono il loro cammino. Per la notte si accampano, avendo come guardie gli scudieri, ma nel cuore della notte Darineo viene svegliato da una serpe immensa. Gli scudieri e le dame di Crasilda fuggono al riparo mentre la vedova sviene dalla paura. Una volta uccisa quella bestia Darineo soccorre la vedova Crasilda che riprendendo i sensi lo abbraccia con tale amore che per lui è impossibile resisterle; dalla loro unione nascerà una splendida bimba di nome Divina Sinella. Recuperata il resto della compagnia proseguono il loro tragitto. Poco distante dal castello della regina Polinda, vengono ospitati da un vecchio cavaliere dove Darineo riceve una lettera da parte della Maga, amica di Polinda, con la richiesta di sostare per qualche altro giorno in quel luogo. Poco dopo infatti si presenta alla porta del castello un giovane ragazzo il quale desidera ricevere l’ordine di cavalleria dal famoso Cavaliere della Sirena. Darineo ne è entusiasta e lo investe di tale titolo il giorno successivo. Finita la cerimonia Darineo, assieme al cavaliere novello (che presto sposerà la regina Polinda) e il resto della compagnia, si recano dalla regina con la quale discutono circa il duello contro Saladio e Quadrato. Il giorno dell’incontro tutti i presenti lo riconoscono Darineo, essendo divenuto il più famoso cavaliere del mondo, e dopo un lungo combattimento uccide il cavaliere Quadrato, mentre il cavaliere novello, Ormando, uccide Saladio. Così nel regno si ristabiliscono i territori, ma 105


un nipote arrogante dei due fratelli morti, aveva preso possesso del Contado di Arano che sarebbe spettato di diritto alla vedova di Quadrato, Oristella sorella di Polinda. Così il Cavaliere della Sirena decide di aiutarla recandosi di persona in quel luogo accompagnato da tremila fanti e tremila pedoni e Oristella, dopo questo generoso gesto, si innamora perdutamente di lui. Durante la battaglia il Cavaliere della Sirena perde molti uomini e invia una richiesta per avere rinforzi e la presenza di Oristella per questioni strategiche, ma quest’ultima interpreta la richiesta come una prova d’amore. Il giorno dello scontro Darineo batte a duello il Cavaliere Selvaggio al quale decide di risparmiare la vita essendo un valido nemico e lo scorta personalmente al suo padiglione per essere curato dalle molte ferite ricevute. Una volta vinta la battaglia decide assieme al nuovo re d’Ircana, Ormando, di espugnare i nemici dalla città di Dela dove si erano rifugiati. Lo scontro è un successo e improvvisamente Darineo sente un forte affanno per la sua bella Sirena. La Maga amica di Polinda, che nel frattempo l’ha raggiunto con tutta la compagnia della corte di Ircana, gli spiega che è a causa di un suo incantesimo se fino a quel momento non si era ricordato di Sirena. Infatti da quando si era posto al servizio di Polinda non aveva più pensato alla sua principessa ed è per questo che l’aveva tradita con Crasilda. La Maga gli spiega inoltre che ha dissuaso la vedova a volerlo per marito, optando per il Cavaliere della Stella spiegando che la sua gravidanza sarebbe rimesta celata agli occhi della gente grazie ad un ulteriore incantesimo. Quindi si celebrano i matrimoni tra Oristella e il Cavaliere Selvaggio e quello tra Crasilda e il Cavaliere dalla Stella, ripristinando così la pace tra il Regno d’Ircana e quello di Tana. Dopo le cerimonie nuziali, il Cavaliere Selvaggio accompagna Darineo al palazzo di Tana dove il re e tutti gli abitanti desiderano conoscerlo e dopo questa visita, Darineo si congeda da tutti per tornare da Sirena, ma prima chiede un rimedio alla Maga per gli amici scomparsi nella Valle delle Fraudi. La Maga gli dona un libro in cui avrebbe trovato il modo di liberarli e inoltre lo avvisa che durante la sua assenza Eurania era morta e che se non fosse arrivato presto all’Isola Sirena avrebbe perso anche la sua amata. Triste per la notizia parte e, arrivato nei pressi della Valle delle Fraudi, viene ospitato per la notte da una nobile signora che lo mette al corrente del pericolo che si corre in quella valle incantata. Darineo le spiega che era giunto in quei luoghi proprio per salvare i suoi amici. La signora è entusiasta di sentire che quel famoso cavaliere voleva porre fine alla maledizione della valle e decide di seguirlo assieme alle sue dame. Dopo tre giorni di tragitto si trovano al capo della valle dove Darineo consulta il libro nel quale si prevedono quattro temibili prove per annullare l’incantesimo. Superate abilmente le prime tre prove il negromante che detiene la valle chiede a Darineo di non 106


spezzare l’incantesimo in quanto, in quel luogo ameno, tutti si sentono sinceramente felici. Il Cavaliere della Sirena accetta a patto che l’incantesimo diventi più moderato ribattezzando la Valle delle Fraudi con il nome “La Valle dell’Alegrezza e dell’Amore”. A quel punto rivede la bella Aliandra, per cui prova un intenso sentimento amoroso indotto dal mago. Inoltre rivede il nano Belviso e la donzella di Polinda la quale viene ospitata dalla signora che aveva seguito il cavaliere nell’impresa. Darineo e gli altri vengono ospitati nel palazzo del mago Ruffo, detentore della valle, dove quella notte Darineo ha un rapporto con Aliandra dal quale nascerà un cavaliere salvifico per il destino del padre e del mondo intero. Prima della loro partenza, alla volta del Regno di Sirena, il Mago pronostica loro l’immediato futuro. Dopo quattro giorni di cammino, come predetto dal Mago, incontrano Riccarda accompagnata dal Cavaliere dall’Arme Dorate. Darineo viene a conoscenza delle avventure della donna per ritrovarlo e commosso decide di farla sposare con il cavaliere che l’accompagna. Cavalcano poi senza sosta verso il Regno di Sirena dove si celebrano le nozze tra Riccarda e il Cavaliere dall’Arme Dorate assieme a quelle tra Darineo e la sua Sirena. Dopo la nascita del figlio Dariandro, il nuovo re dell’isola Sirena Darineo fa sposare Aliandra con un gran duca e, come predetto dal Mago, insignisce il Cavaliere dall’Arme Dorate del titolo di governatore dell’Isola. Dopo sei mesi Darineo va con la moglie a caccia e vengono rapiti da una misteriosa nube in cielo.

Donzella accompagnata da un bel Nano [6]: Sono mandati del Cavaliere dell’Isola Serrata per portare in dono a Darineo le armi e per comunicare delle profezie.

Duca Martago [8]: Recatosi a Parigi si innamora di Riccarda la quale gli regala uno scudo che lui difende da molti cavalieri. Il duca in passato aveva fatto innamorare la duchessa Laurina di Bretagna illudendola di volerla in moglie. Laurina, saputo che il duca nel frattempo si è innamorato di Riccarda, assieme ad una maga cerca un rimedio per farlo tornare in Bretagna e farlo nuovamente innamorare di lei. Sfidato dal Cavaliere della Sirena, è battuto e così torna in Bretagna e sposa Laurina.

Duchessa Laurina di Bretagna [8]: Innamorata del duca Martago si era illusa che quest’ultimo l’avrebbe presto sposata, ma venuta a conoscenza del sentimento che lui 107


prova per Riccarda cerca un modo per farlo tornare da lei in Bretagna. Grazie ad un’amica maga trova un rimedio:infatti il duca viene battuto a duello da Darineo tornando così in Bretagna prendendola in moglie.

Duchessa Luceria signora di molte terre [8]: Trovandosi di passaggio sull’Isola Galvana si imbatte nel gigante Corcutto che si innamora di lei e la rinchiude nel castello con sua sorella Lidonia. Lei accetta forzatamente di sposare il gigante a patto che attenda un anno prima della cerimonia. Così facendo spera che in quell’arco di tempo qualcuno la salvi. Infatti viene salvata con l’uccisione dei giganti dal Cavaliere della Sirena.

Due Nani [12]: Amici di Eurania, scortano con un’imbarcazione magica Darineo e il Vecchio Cavaliere alla volta di Parigi. Conclusa l’avventura a Parigi aspettano Darineo per riportarlo sull’Isola Sirena, ma nel tragitto gli raccontano la storia dell’Isola Sfortunata abitata da delle amazzoni e assecondando la volontà del cavaliere, lo portando sull’Isola in cui tenterà di uccidere il drago che assedia quei luoghi. Dopo questa avventura partono alla volta del regno di Gallotracia.

Eurania [3]: È la regina dell’Isola Sirena. Rimasta vedova si applica molto nell’arte della magia grazie alla quale pronostica l’infausto destino del primogenito dell’imperatore di Costantinopoli, Primaleone, Darineo. Salva il bimbo ancora in fasce e lo alleva come un figlio accanto alla figlia naturale Sirena la Bella. Una volta che Darineo viene investito dell’ordine di cavalleria gli fa avere, tramite la figlia Sirena, un anello magico che l’avrebbe protetto da ogni incanto. Quando il Cavaliere della Sirena torna dall’Isola Galvana, lo raccomanda di non recarsi per nessun motivo nei pressi del regno di Grecia e così lo fa scortare da due amici nani che con una barca magica lo accompagnano nei suoi spostamenti. Durante la lunga assenza del Cavaliere della Sirena Eurania perde la vita.

Garino [12]: È il figlio del Re Arnedo e della Regina Politia. Innamorato di Riccarda ammira le prodezze di Darineo e si congratula con lui per aver battuto a duello il suo rivale

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in amore, il duca Martago. Infatti si affeziona molto al Cavaliere della Sirena e gli presenta Riccarda. Gigante Corcutto [8]: Fratello maggiore del gigante Marione, si innamora della duchessa Luceria Signora di molte terre che imprigiona nel suo castello, assieme alla sorella, in attesa del matrimonio. Precedentemente si era innamorato della Signora del Caucaso Amalantea e volendola in moglie aveva cercato di uccidere il re Gilandro suo marito. Sfidato dal Cavaliere della Sirena, muore decapitato.

Gigante Marione [8]: Fratello minore del gigante Corcutto si innamora della bella sorella della duchessa Luceria, Lidonia, che rinchiude nel castello in attesa del matrimonio. Sfidato dal Cavaliere delle Armi Verdi risulta ferito, ma vincendo il duello rinchiude il cavaliere in una stanza del castello dove già aveva rinchiuso il duca di Rivoli. Dopo la morte del fratello maggiore sfida il Cavaliere della Sirena per vendicarlo, ma muore a sua volta per mano di questo prode cavaliere.

Gigante Orbalasto [27]: Cugino dei defunti Porfirione e Taricone, manda un suo servitore a comunicare al Cavaliere della Sirena che entro tre giorni l’avrebbe sfidato per vendicare la morte prematura dei suoi parenti e per aver occupato l’Isola Dei Due Regni che riteneva sua per diritto ereditario. Durante l’incontro viene ucciso da Darineo.

Gigantessa Alfea [9]: Sorella dei giganti Corcutto e Marione. Dopo la morte di Corcutto vuole vendicarlo armandosi contro il Cavaliere delle Armi Verdi, ma quest’ultimo la persuade ad abbandonare le armi e lei si rassegna anche all’inesorabile morte del fratello Marione. Successivamente si converte alla religione cristiana e, nominata vassalla del Regno di Sirena dal Re Gilandro, si sposa con un cavaliere da cui avrà dei valorosi figlioli.

Hermofilo il Buono [31]: È il secondo dei quattro cavalieri ad essere sconfitto in giostra da Darineo sul tragitto per il regno di Ormunda ed è cugino di Orante e Calvano.

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I selvaggi cannibali [29]: Poco lontano dal regno di Terebinto fermano due carrozze in cui viaggiano delle fanciulle. Appena dei cavalieri corrono in loro aiuto i selvaggi li uccidono e li mangiano. Successivamente vengono abbattuti da Darineo e Aliandra.

Il Vecchio Cavaliere [7]: Mandato dalla contessa Laurina, si reca di corte in corte a cercare qualcuno che gli sottragga la spada incantata che porta sul fianco e a chi avesse compiuto tale impresa avrebbe chiesto di accompagnarlo a sconfiggere il duca Martago a Parigi. Darineo è all’altezza della prova e accetta di accompagnarlo, così intraprendono insieme il viaggio passando anche dall’Isola Galvana, dimora di due temibili giganti. Dopo che Darineo uccide i giganti, tornano assieme all’Isola Sirena dove il Vecchio si affretta a raccontare le valorose imprese del cavaliere a Sirena e a Eurania per poi partire alla volta del regno di Francia dove Darineo vince la sfida contro il duca. A questo punto il vecchio cavaliere torna nella sua terra d’origine: la Bretagna.

Imperatore Palmerino [2]: È il nonno di Darineo e padre di Primaleone.

Imperatore Primaleone [2]: È il padre di Darineo che per ordine di Eurania non dovrà nominare il nome del figlio per tutto il periodo della sua assenza.

Imperatrice Gridonia [2]: È la madre di Darineo, alla quale il figlio è stato sottratto da un vecchio mentre era vittima di un incantesimo. Per ordine di Eurania non dovrà nominare il nome del figlio per tutto il periodo della sua assenza.

Lidonia [8]: Accompagnando sull’Isola Galvana la sorella si imbatte nel gigante Marione che si innamora di lei e la rinchiude nel castello. Seguendo l’esempio della sorella accetta di sposare il gigante a patto che avesse atteso un anno prima delle nozze, sperando che arrivasse qualcuno nel frattempo a soccorrerla. Innamorata del duca di Rivoli, approfitta del tumulto causato dal duello tra il Cavaliere della Sirena e Corcutto per liberarlo assieme al Cavaliere delle Armi Verdi. Morti i giganti per mano di Darineo è libera di sposare, sotto la protezione del Re Gilandro, il suo amato duca di Rivoli. 110


Lo scudiere del Cavaliere della Sirena [12]: D’ora in avanti accompagna Darineo in tutte le sue avventure.

Lodemia [4]: È la cameriera di fiducia di Sirena grazie alla quale i due innamorati (Sirena e Darineo) scoprono di non essere fratelli di sangue.

Madre di Aliandra [19]: Venuta a conoscenza dell’amore di sua figlia per il Cavaliere della Sirena convince il magistrato a donargli il governo dell’Isola Sfortunata con la speranza che un giorno Darineo sposi Aliandra.

Maga amica di Laurina [8]: Trova un rimedio alle pene d’amore della duchessa Laurina mandando un vecchio cavaliere a cercare qualcuno che lo aiutasse a sconfiggere il duca Martago per farlo tornare in Bretagna. Ha munito Il vecchio cavaliere di una spada speciale che pochi sarebbero riusciti a prendere dal suo fianco e chi l’avesse fatto l’avrebbe accompagnato a sfidare il duca a Parigi.

Marchese di Torscia→Cavaliere Selvaggio

Moranda [3]: È la perfida maga che cerca di uccidere il piccolo Darineo, rendendolo infermo.

Orante [31]: È il terzo cavaliere ad essere sconfitto da Darineo in giostra sulla strada per Ormunda, figlio del re Tigilafe è fratello maggiore di Calvano e cugino di Claronio il Giostrante e di Hermofilo il Buono.

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Oristella [32]: Figlia minore del re di Ircana, sposa per volere del padre il cavaliere Quadrato. Il giorno del duello suo marito viene ucciso dal Cavaliere della Sirena e lei è disperata, soprattutto perché scopre che il nipote del suo defunto marito le ha sottratto il Contado di Arano che le sarebbe pervenuto per via ereditaria. A questo punto viene aiutata da Darineo che la fa innamorare perdutamente. Durante la battaglia territoriale, capeggiata dal Cavaliere della Sirena, quest’ultimo invia a palazzo la specifica richiesta di essere raggiunto da Oristella per questioni strategiche, ma lei si illude che sia un gesto di amore per poterla avere al suo fianco. Quando si avvicina al campo di battaglia assieme alla sorella e a Crasilda, segue il consiglio del re di non avvicinarsi ulteriormente per la sua incolumità e di attendere la fine della battaglia prima di proseguire. Quando ha inizio lo scontro ascolta le previsioni della Maga la quale pronostica positivamente l’esito della battaglia e le dice che la sua vedovanza terminerà in modo del tutto inaspettato. A battaglia conclusa, infatti, viene portato il Cavaliere Selvaggio in un palazzo per ricevere le debite cure mediche sotto la supervisione di Oristella. Il cavaliere si innamora subito di lei con grande gioia di Polinda; infatti essendo il Cavaliere Selvaggio parente del re di Tana un eventuale matrimonio tra i due porterebbe pace e prosperità in entrambi i regni. Oristella così si convince a ricambiare l’amore del cavaliere venendo inoltre a conoscenza che Darineo è già al servizio di una nobile principessa. Prima delle nozze il suo promesso sposo si impegna a ristabilire la pace tra il Regno di Ircana e quello di Tana, infatti appena il re di Tana firma l’accordo di pace con Ormando ha luogo il matrimonio celebrato assieme a quello tra Crasilda e il Cavaliere dalla Stella.

Padrone della barca 1 [8]: Accompagna Darineo e il Vecchio Cavaliere fino all’Isola Salata.

Padrone della barca 2 [8]: Accompagna Darineo e il Vecchio Cavaliere fino all’Isola Galvana e spiega la storia del giganti a Darineo mettendolo al corrente del pericolo.

Platir [2]: È il quarto e ultimo figlio di Primaleone, fratello minore di Darineo.

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Polinda, regina di Ircana[32]: Figlia maggiore del re di Ircana consulta un’amica Maga che le consiglia di aspettare a prendere marito. Il padre decide di maritarla con Saladio il Forte, ma lei prolunga l’attesa seguendo il consiglio della chiaroveggente e alla morte del padre eredita il regno che governa con l’aiuto del cognato Quadrato, fratello minore di Saladio. Quest’ultimo insiste perché si sposi col fratello e la minaccia di esiliarla dal suo stesso regno. Lei torna dall’amica Maga la quale le predice che entro un anno un cavaliere, il cui simbolo è una sirena, e il suo futuro marito sfideranno e vinceranno contro i prepotenti Saladio e Quadrato. Così Polinda manda subito una sua fanciulla a cercare il Cavaliere della Sirena. Quando per la prima volta incontra Darineo, si emoziona molto, ma ancor di più quando vede il suo futuro sposo: un novello cavaliere investito all’ordine da Darineo. Discute con loro sul duello contro Saladio e Quadrato che si tiene il giorno successivo e quella sera, passeggiando nel parco, il novello cavaliere le confessa il suo amore e lei lo accetta come cavaliere chiedendogli la sua identità; scopre così che il giovane è Ormando, figlio del re Gilandro del Caucaso e di Amalantea. Il giorno successivo decide, assieme ai giudici e ai magistrati di tardare di tre giorni l’incontro, e regala al suo amato cavaliere una reliquia che l’avrebbe protetto. Durante il duello, il Cavaliere della Sirena uccide Quadrato e il suo amato uccide Saladio dimostrando il suo valore. Lei, sempre più innamorata, vuole al più presto convolare a nozze, ma un conte da lei mandato a riscattare i territori per conto di sua sorella, rimasta vedova, scopre che un nipote dei defunti fratelli, con l’arroganza, si era già impossessato del contado di Arano. Il Cavaliere della Sirena si reca di persona nel contado e Polinda lo fa seguire da tremila fanti e tremila pedoni. Nel frattempo sposa il principe del Caucaso segretamente, dalla cui unione nascerà un prode cavaliere. Successivamente perviene una richiesta da parte di Darineo di ricevere rinforzi. Non sopportando l’idea di dividersi dal suo amato, lo sposa ufficialmente e lo segue nell’impresa. Arrivata nei pressi del campo di battaglia, accompagnata dalla sorella Oristella, Crasilda e l’amica Maga, il marito le ordina di non proseguire per la sua incolumità e le chiede di aspettare un suo messaggio prima di avvicinarsi ulteriormente. Quando la battaglia ha inizio, chiede un pronostico all’amica Maga la quale la tranquillizza con delle previsioni positive, infatti lo scontro termina nel migliore dei modi. Due valorosi cavalieri, a cui Darineo e il re Ormando hanno risparmiato la vita, vengono condotti in un palazzo dove vengono curati da Crasilda e Oristella. Polinda si compiace nel vedere come uno dei due cavalieri, detto Selvaggio, si sia innamorato di sua sorella e quindi la sprona a ricambiare il suo amore considerando che si tratta di un parente del re di Tana; infatti il loro amore avrebbe condotto i regni alla pace 113


perpetua. Appena i cavalieri guariscono, Polinda, assieme alla compagnia, raggiunge il campo di battaglia dove suo marito Ormando e il Cavaliere della Sirena vogliono espugnare i nemici nella città di Dela, con grande successo.

Porfirione Lo Smisurato[21]: Fratello del gigante Taricone assedia il Regno di Gallotracia. Stipula un accordo con i Re Alario di Gallotracia per avere ogni settimana delle ragazze sulle quali sfogare i suoi appetiti carnali. Il giorno in cui si reca nel regno per il suo consueto tributo, viene sfidato dal Cavaliere della Sirena che gli amputa una gamba. Cadendo riesce a colpire gravemente Darineo sul capo, ma successivamente riceve il colpo di grazia da Aliandra.

Principe di Ormunda [30]: Indice un torneo in onore delle sue nozze. Elogia molto Darineo appena viene a conoscenza dell’avventura dei selvaggi e alla fine delle giostre gli regala uno smeraldo preziosissimo perché entrato in contatto con numerose reliquie.

Principessa Ariana [26]: Sorella dei re dei regni di Gallotracia e Terebinto, è l’erede ufficiale dell’Isola Dei Due Regni lasciatale dal padre il re Belante. Recatasi col fratello a ringraziare i cavalieri per aver liberato i loro territori dai due temibili giganti, si invaghisce di Aliandra credendola un uomo. Una volta che il Gigante Orbalasto viene ucciso da Darineo, torna ad essere la legittima proprietaria dell’Isola dei Due Regni.

Re Alario di Gallotracia [22]: Figlio del re Belante e sovrano dell’ereditato Regno di Gallotracia, stringe un patto con il gigante Porfirione per placare la sua sete di sangue: ogni settimana sacrifica delle ragazze per i suoi appetiti carnali. All’arrivo del Cavaliere della Sirena discutono circa il modo di abbattere Porfirione pianificando un agguato. Darineo uccide il gigante e il re Alario gli dona metà del suo regno come ricompensa. Dopo alcuni giorni di riposo del cavaliere, teme che arrivi il gigante Taricone per vendicare la morte del fratello, così prepara un centinaio dei suoi cavalieri e accompagnato dalla moglie, Darineo e Aliandra si incammina verso la città principale sul cui tragitto li

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attendeva, infatti, Taricone. Dopo un lungo combattimento tra i suoi cavalieri e quelli nemici con successivo scontro tra il gigante e Darineo, ne esce illeso e riconoscente.

Re Arnedo [12]: È il re del regno di Francia, genero dell’Imperatore Palmerino, accoglie Darineo a corte dopo averlo osservato duellare con il Duca Martago di Bretagna.

Re Belante [21]: Re dei Regni di Gallotracia e Terebinto. Alla sua morte divide i due regni dandoli in eredità ai suoi due figli e lascia alla figlia Ariana l’Isola Dei Due Regni.

Re di Ircana [32]: Padre della principessa Polinda e di Oristella. Decide di maritare le figlie con i due nobili, Saladio e Quadrato. Polinda preferisce aspettare così nel frattempo sposa la figlia minore con Quadrato dandogli in dote l’Isola Ricca. Prima che la figlia maggiore si sposi muore lasciando il regno nelle sue mani.

Re di Terebinto [26]: Figlio del Re Belante ed erede del regno di Terebinto. Venuto a conoscenza della morte del gigante Taricone, che aveva assediato il suo regno, si reca con la sorella Ariana nel Regno di Gallotracia per ringraziare Darineo e invitarlo nel suo palazzo per un banchetto in suo onore. Durante tale banchetto un cavaliere del gigante Orbalasto viene ad annunciare la sfida del suo padrone al Cavaliere della Sirena. Una volta concluso l’incontro saluta dispiaciuto Darineo e tutta la sua compagnia.

Re Gilandro del Caucaso [6]: È amico di Eurania ed investe Darineo dell’ordine di cavalleria. Con lo pseudonimo del Cavaliere delle Armi Verdi, si reca sull’Isola Galvana seguendo il consiglio di una fanciulla che lo inganna d’accordo con il gigante Corcutto. Arrivato al castello sfida Marione perdendo, così viene rinchiuso in una stanza del castello dove conosce il duca di Rivoli. Liberato da Lidonia si preoccupa subito di scarcerare i prigionieri del castello destando la rabbia della gigantessa Alfea che cerca di colpirlo con una spada. Lui riesce a persuaderla a lasciare le armi e cerca di porre fine all’incontro tra Marione e il Cavaliere della Sirena, ma arriva troppo tardi: il cavaliere aveva già ucciso il gigante e solo allora riconosce che quel cavaliere è Darineo. Si compiace molto di aver 115


conferito ad un sì prode ragazzo l’investitura e, ancora convalescente sull’Isola, fa convertire la gigantessa alla religione cristiana e la investe del nome di vassalla del Regno di Sirena, facendola anche sposare con un buon cavaliere. Fa sposare pure Lidonia con il duca di Rivoli. Inoltre Gilandro è il padre del cavaliere Ormando, marito della Regina Polinda di Ircana.

Regina Amalantea del Caucaso [8]: Moglie del Re Gilandro. In passato il gigante Corcutto si era innamorato di lei e per questo aveva cercato di uccidere suo marito. Venuta a conoscenza dell’inganno che il marito stava subendo da una fanciulla in accordo con il gigante, manda le sue dame ad avvisarlo del pericolo. Una di queste avvisa Darineo che prontamente si prepara per aiutarlo. Inoltre Amalantea è madre di Ormando, marito della regina Polinda di Ircana.

Regina di Apollonia [2]: È la madre dell’imperatrice Gridonia e quindi nonna di Darineo.

Regina di Gallotracia [22]: È la moglie del Re Alario di Gallotracia. Appena viene a conoscenza dell’identità di Darineo e della sua volontà di uccidere il gigante Porfirione, prega per lui e gli dona una reliquia utile a diminuire la perdita di sangue dovuta ad eventuali ferite.

Regina Politia [12]: È la figlia di Palmerino di Olivia e moglie del Re Arnedo di Francia. Nota immediatamente una certa somiglianza tra Darineo e suo padre e infatti, prima della partenza di Darineo, gli chiede delucidazioni sulla sua identità. Quest’ultimo risponde di essere il figlio della Regina Eurania e Politia, credendo fosse questa la realtà sulle sue origini, lo saluta con un po’ di dispiacere.

Riccarda [8]: È una nobildonna di Parigi. Fa innamorare il Duca Martago di Bretagna il quale sconfigge molti cavalieri nel difendere uno scudo da lei regalatogli. Appena il Duca viene sconfitto dal Cavaliere della Sirena, Garino gliela presenta. Appena Darineo parte da Parigi, lei entra in una profonda tristezza perché si è follemente innamorata di lui e insieme 116


a suo padre decide di travestirsi da pellegrino musicista e cercarlo per tutte le corti. Così dopo aver viaggiato per tutta Europa e Asia, si reca all’Isola Sirena, pensando ci fosse una connessione tra questa e l’insegna che il cavaliere portava. Arrivata alla corte suona una canzone d’amore, per la quale la nuova regina Sirena chiede spiegazioni. Così si apparta con lei per svelarle di essere una donna travestita da pellegrino per cercare il cavaliere che l’ha fatta innamorare. Riccarda capisce che la regina Sirena è la promessa sposa di Darineo e così le chiede il permesso di diventare loro servitrice per godere comunque della sua presenza. Sirena accetta chiedendole di raggiungere subito il Cavaliere della Sirena nel regno di Ircana per consegnargli una lettera e per spronarlo a tornare presto sull’Isola a causa delle continue minacce di guerra dei popoli limitrofi. Lungo il tragitto Riccarda si ferma, assieme al padre e allo scudiere, presso una fontana per riposare quando giunge un cavaliere che si posa ad un albero continuando a guardarla. Nel medesimo istante sopraggiunge anche una carrozza con a bordo la principessa di Trabana con la quale si intrattiene in una piacevole conversazione. La principessa le chiede di suonare qualcosa e proprio mentre intona un canto, il cavaliere all’albero sviene dall’emozione. Ad un tratto si sentono dei terribili rumori provenire dalla foresta circostante da cui escono due leoni che uccidono i cavalieri della principessa, ma vengono prontamente abbattuti dal cavaliere dell’albero, che viene chiamato il Cavaliere dall’Arme Dorate, il quale riporta una ferita che viene curata al palazzo di Trabana. Qui il cavaliere dichiara il suo amore a Riccarda e lei non accetta perché è al servizio di Sirena e del suo cavaliere. Lui non si dà per vinto e la prega di poterla accompagnare dal cavaliere per chiedere il permesso di starle accanto. Riccarda si commuove per queste parole e accetta di farsi accompagnare e dopo alcuni giorni di cammino, scopre che il Cavaliere dall’Arme Dorate è in realtà l’Infante Don Galverio figlio del re dell’India Minore. Finalmente incontra il Cavaliere della Sirena che, udendo la sua commovente storia per ritrovarlo, decide di farla sposare col Cavaliere dall’Arme Dorate il medesimo giorno in cui si celebrano le nozze tra lui e Sirena, inoltre la insignisce, assieme al marito, del titolo di governatrice del Regno di Sirena.

Robino [13]: È il padre di Riccarda. Decide di aiutare la figlia a ritrovare l’amato Cavaliere della Sirena viaggiando di corte in corte travestito da pellegrino musicista. Infatti dopo aver viaggiato per tutt’Europa e Asia, si reca con la figlia all’Isola Sirena, intuendo una connessione tra questa e l’insegna portata dal cavaliere. Poi accompagna la figlia verso il 117


regno d’Ircana, seguendo la volontà di Sirena, per raggiungere il Darineo e durante il tragitto si fermano presso una fontana, dove conoscono la principessa di Trabana e il Cavaliere dall’Arme Dorate che si innamora di Riccarda. Ad un tratto escono due leoni dalla foresta circostante che uccidono due dei cavalieri della principessa i quali vengono abbattuti dal Cavaliere dall’Arme Dorate, il quale riporta una ferita che viene curata al palazzo di Trabana. Una volta ripartiti trovano il Cavaliere della Sirena che fa sposare sua figlia Riccarda con il Cavaliere dall’Arme Dorate.

Saladio il Forte [32]: È un nobile che viene scelto dal re di Ircana come sposo per la figlia maggiore Polinda. Questa si fa attendere così, nel frattempo, suo fratello minore, Quadrato, sposa la sorella minore di Polinda. Alla morte del re, Quadrato minaccia Polinda di essere cacciata dal suo stesso regno se non si decide a sposare Saladio, ma il giorno dell’incontro contro il Cavaliere della Sirena e Ormando viene ucciso da quest’ultimo.

Scudiere di Aliandra [19]: Di qui in poi seguirà e affiancherà Aliandra per tutto il racconto.

Sirena la Bella [3]: È figlia di Eurania, e promessa sposa di Darineo. Alla morte della madre, eredita il comando dell’Isola dove un giorno giungono due abili musicisti, uno dei quali le confida essere una donna, Riccarda di Parigi, così travestita per andare di corte in corte, con il padre, alla ricerca del cavaliere che l’ha fatta perdutamente innamorare. Continuando a parlare capisce essere il suo Darineo il cavaliere amato da Riccarda e così Sirena si confida spiegandole tutto il loro passato. Dopo aver assecondato il volere di Riccarda facendola diventare una sua dama di corte, la invia verso il regno d’Ircana per portare a Darineo una lettera e per spronarlo a tornare in fretta a causa delle minacce di guerra che stava ricevendo. Finalmente la raggiunge il suo amato e si sposano il medesimo giorno di Riccarda e il Cavaliere dall’Arme Dorate. Dopo sei mesi va a caccia con suo marito Darineo e vengono rapiti da una misteriosa nube.

Taricone Il Superbo [21]: È il fratello del gigante Porfirione. Assedia il Regno di Terebinto il cui re sacrifica ai suoi appetiti sessuali delle ragazze ogni settimana. Quando viene a 118


conoscenza della morte del fratello prepara un’imboscata per il Cavaliere della Sirena e dopo un estenuante combattimento, soccombe alla forza di questo che lo uccide decapitandolo. Un Cavaliere Attempato [21]: Ospita Darineo, Aliandra, Belviso e gli scudieri nella sua casa nel Regno di Gallotracia. Racconta ai suoi ospiti che è costretto a sacrificare una delle sue figlie alla violenza mortale dei giganti che assediavano quei luoghi convincendo il Cavaliere della Sirena a sconfiggerli.

Un Nano su un ronzino [29]: È al servizio di una dama che si trova su una delle due carrozze fermate da dei selvaggi cannibali. Vedendo in lontananza la compagnia di Darineo corre loro incontro per avvisarli del pericolo.

Un Vecchio [2]: È un servitore di Eurania che allontana Darineo, ancora in fasce, dall’impero nativo di Costantinopoli.

Una donzella e un vecchio [8]: Incontrati sull’isola Galvana da Darineo. La donzella è una dama di compagnia di Luceria, rinchiusa nel castello dai due giganti, la quale racconta ulteriori dettagli sulla vicenda a Darineo spronandolo inoltre ad aiutare il Cavaliere delle Armi Verdi che già stava combattendo contro Marione.

Una Maga amica di Polinda [32]: Consiglia a Polinda di non aver fretta nel maritarsi e quando quest’ultima riceve delle minacce da parte del cognato Quadrato e da Saladio, le predice che un cavaliere il cui simbolo è una sirena arriverà entro un anno in suo aiuto affiancando nella sfida contro quei prepotenti, il suo futuro marito. Durante la sosta di Darineo al castello di un vecchio cavaliere gli manda una lettera per avvisarlo di passare qualche notte in quel luogo dove lo raggiunge un giovane ragazzo. Questo è il futuro marito di Polinda che Darineo arma cavaliere e i due, come aveva predetto la Maga, uccidono Saladio e Quadrato. Dopo la loro morte predice delle discordie per il possedimento di alcuni territori del regno che faranno tardare il matrimonio della regina con il giovane cavaliere, rivelatosi il principe del Caucaso, così decide di sposarli in 119


segreto. Quando ha inizio l’aspra battaglia territoriale tra l’esercito di Ircana e quello del re di Tana, segue il re Ormando, la regina, Oristella e Crasilda nei pressi del campo di battaglia prevedendo un esito positivo per l’esercito di Ircana e avvisando Oristella e Crasilda che la loro vedovanza terminerà in modo inaspettato. A battaglia conclusa, infatti, i Cavalieri Selvaggio e dalla Stella si innamorano rispettivamente di Oristella e Crasilda. La seconda esita ad assecondare l’amore del cavaliere e così la Maga le consiglia accettare e di non attendere la proposta da Darineo perché era già al servizio di una nobile principessa. Le spiega anche che il tradimento avvenuto con lei era frutto di un suo incantesimo, per il quale Darineo si era momentaneamente dimenticato della sua amata, assicurandole inoltre che la sua scomoda gravidanza viene celata alla vista altrui grazie ad una sua magia. Così la vedova Crasilda segue il suo consiglio e sposa il Cavaliere della Stella lo stesso giorno in cui il Cavaliere della Sirena lascia il regno d’Ircana. Prima della partenza di Darineo, la Maga lo avvisa che Eurania è morta durante la sua assenza e che se avesse ulteriormente tardato il suo ritorno avrebbe perso anche Sirena, inoltre lo munisce di un libro in cui trovare un rimedio per gli amici scomparsi nella Valle delle Fraudi.

Una Vecchia [2]:È una servitrice di Eurania che rassicura l’imperatore Primaleone e la moglie Gridonia sul destino del loro figlio Darineo.

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Conclusioni

Con il presente studio ho voluto esplorare il testo della Quarta parte del libro di Primaleone di Mambrino Roseo da Fabriano, libro nella sua epoca apprezzato e divorato dai lettori, ma oggi dimenticato e ignorato dalla critica letteraria italiana. È importante valorizzare questo testo e altri simili del medesimo autore, che contribuirono all’enorme successo del genere letterario dei libros de caballerías in Europa. In realtà i romanzi cavallereschi, considerati letteratura di pura evasione, sono stati a lungo sottovalutati dalla critica proprio a causa della loro vasta popolarità. Per dimostrare invece che i romanzi cavallereschi non sono solo delle opere superficiali, mi sono voluta soffermare su uno dei tanti aspetti rilevanti riscontrati nell’opera di Mambrino Roseo e cioè l’importanza dello spazio geografico all’interno della narrazione. Lo spazio geografico in questo testo non si può considerare solo un’ambientazione alla stregua di tante altre; lo spazio insulare designato per l’avventura è stato scelto dall’autore in funzione delle metafore e delle simbologie che questo evoca. Le varie tradizioni analizzate lungo il presente lavoro, ci obbligano a considerare lo spazio della narrazione come parte integrante di questa. Lo spazio articolato nel romanzo evoca dei significati che arricchiscono e completano la narrazione che probabilmente, per i lettori contemporanei, era facile da interpretare. Non si deve quindi sottovalutare l’importanza culturale

di

quest’opera,

che

rispecchia

una

delle

sfaccettature

della

cultura

rinascimentale. Pur alla luce delle nuove esigenze della ragione, infatti, attraverso i romanzi cavallereschi, si mantiene la reminescenza delle allegorie medievali proprio tramite lo spazio delle isole, unica ambientazione che permetteva ancora di sognare e immaginare le meraviglie ormai desuete. Spero che mio il lavoro abbia contribuito alla riconsiderazione di quest’opera e che sproni altri studiosi ad analizzare testi simili, i quali, senza l’apporto di uno studio moderno che metta in luce il loro ruolo nella storia della letteratura europea,andrebbero perduti per sempre.

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