Corso di Laurea Magistrale in Lavoro, Organizzazioni e Sistemi Informativi Elaborato Finale
Dalla frammentazione alla rete, il caso studio della Rete dei Redattori Precari
Relatrice:
dott. Annalisa Murgia
Laureando:
Luca Zambelli
Correlatori:
dott. Maurizio Teli dott. Barbara Poggio
Anno Accademico 2011-2012
ii
Indice Introduzione
iii
1 Nuove gure Lavorative nella società postfordista 1.1
Oltre il fordismo
1.2
Due visioni, la società in rete e la seconda modernità
1.3
1
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
. . . . . . . . . . . . .
11
1.2.1
Manuel Castells e la società in rete
1.2.2
Ülrich Beck, la società del rischio e la seconda modernità .
I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
1
. . . . . . .
. . . . . . . . . . . . .
16 23
2 La rappresentanza nella società fordista e in quella postfordista 35 2.1 2.2
La crisi del sindacato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Altre forme di rappresentanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
46
2.2.1
I movimenti in Italia: un inizio, la MayDay . . . . . . . . .
48
2.2.2
Oltre la rappresentazione: auto-organizzazione e auto-rappresentanza precaria . . . . . . . . . . . . . . . . .
3 Contesto della ricerca e metodologia 3.1 3.2 3.3 3.4
Il contesto della ricerca: lavorare in una redazione in Italia
58
63 . . . .
63
della conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
67
Note dal campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
71
Approccio metodologico
Re. Re. Pre., una rete di lavoratori
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
76
3.4.1
Sviluppare la ricerca come case study . . . . . . . . . . . .
78
3.4.2
Accedere e sostare sul campo: l'osservazione partecipante .
80
3.4.3
Farsi raccontare la rete: le interviste in profondità . . . . .
82
3.4.4
Esplorare i testi prodotti dalla rete: l'analisi documentale .
84
3.4.5
Studiare la rete attraverso il web: la cyberethnography
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4 Lavorare nella conoscenza, il racconto dei redattori 4.1
35
Percorso di formazione
87
103
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
i
Indice
4.2
4.3
4.4
4.1.1
Itinerari di inserimento lavorativo nell'editoria . . . . . . . 103
4.1.2
Per sperare di esser pagati si deve lavorare gratis
. . . . . 111
Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro . . . . . . . . . 114 4.2.1
Tipologie contrattuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
4.2.2
Dinamiche di contrattazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
4.2.3
La giusta e adeguata retribuzione . . . . . . . . . . . . . . 129
4.2.4
Nello stesso settore, in un altro mondo
. . . . . . . . . . . 134
La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza . . . . . . 143 4.3.1
Lo spazio e il tempo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . 143
4.3.2
Autonomia dell'ingranaggio
4.3.3
La passione al/nel lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
. . . . . . . . . . . . . . . . . 150
Dall'insicurezza lavorativa alla precarietĂ . . . . . . . . . . . . . . 158
5 Auto-organizzare la rappresentanza 5.1
Storie di incontri, tessere la rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167 5.1.1
Percorsi di avvicinamento alla rete
5.1.2
Spinte alla partecipazione
5.1.3
Chi siamo? Come si presenta una rete informale . . . . . . 174
5.1.4
Obiettivi non avulsi dalla realtĂ :
5.1.5
Processi di costruzione dell'auto-rappresentazione
private della rete 5.2
167 . . . . . . . . . . . . . 168
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 narrazioni pubbliche e
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale
. . . . . 190
. . . . . . 202
5.2.1
L'organizzazione della Rerepre presentata nel sito
. . . . . 202
5.2.2
Pratiche di orizzontalitĂ nella rete, il contributo delle mail-
5.2.3
L'importanza di essere autorganizzati per dei lavoratori
ing list . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 della conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229 5.3
Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre 231 5.3.1
L'uso del web, il sito internet come strumento di relazioni . 233
5.3.2
Piani care strategie di rappresentanza, le mailing list come spazio di confronto e progettazione
5.3.3
. . . . . . . . . . . . . 244
Sindacato o movimento? Storie di auto-rappresentanza
. . 254
Conclusioni
263
Appendice 1
279
Appendice 2
283
ii
Introduzione La crisi dei sistemi di rappresentanza è uno dei temi attuali all'interno della società contemporanea, che pone in discussione uno dei meccanismi fondamentali su cui si basa la democrazia rappresentativa. In un mondo del lavoro in cui le occupazioni sono sempre piÚ caratterizzate dalla temporaneità dei contratti e dalla frammentazione delle attività svolte, la concezione della propria condizione lavorativa come realtà unica, isolata e particolare costituisce un deterrente alla partecipazione ad agenzie di rappresentanza preesistenti o a movimenti di rivendicazione centrati sul lavoro. L'individualismo e il particolarismo sembrano essere elementi caratterizzanti la società contemporanea, piÚ fortemente radicati nei contesti dove la dinamica contrattuale si è vistosamente spostata verso la contrattazione individuale. La drastica riduzione dei settori nei quali i termini dei contratti vengono stabiliti tramite la contrattazione collettiva nazionale ha comportato anche una riduzione dell'area di in uenza dei sindacati tradizionali (Piore and Sa ord 2006), tenuti in considerazione non piÚ per la loro capacità rappresentativa ma per la qualità dei servizi da essi o erti ai loro iscritti (Gallino and D'Agati 2008). Diverse ricerche hanno messo in luce come in questi anni siano nati dei movimenti auto-organizzati di lavoratori e lavoratrici, che tramite delle azioni collettive hanno cercato risposte ed elaborato un linguaggio e delle strategie adeguate a descri-
iii
Introduzione vere la loro condizione e comunicarla all'esterno (Bruni and Murgia 2007, Murgia and Selmi 2011, Mattoni 2012). In Italia queste realtĂ hanno concentrato la loro attivitĂ su una rielaborazione simbolica e rivendicativa connessa ai cambiamenti delle condizioni lavorative nei termini di maggiore incertezza e mancanza di tutele, recuperando un concetto oggi usato di usamente: la precarietĂ . Questo termine viene proposto per evidenziare la condizione di vulnerabilitĂ lavorativa ed esistenziale che deriva dalla trasformazione del mercato del lavoro e del sistema produttivo, in cui risulta sempre piĂš complicato costruire una carriera professionale coerente e ottenere una continuitĂ di reddito.
Questa ricerca si propone di comprendere le dinamiche che hanno portato dei lavoratori occupati in un settore molto frammentato, come i redattori e le redattrici del mondo dell'editoria, a mobilitarsi e mettersi in rete. La ricerca si caratterizza come uno studio di caso centrato sulla Rete dei redattori precari e si declina in due passaggi: il primo è costituito da un'analisi delle condizioni lavorative dei redattori e delle redattrici appartenenti alla rete, aspetto fondamentale per comprendere la base comune delle persone che ne fanno parte. Nel secondo passaggio propongo invece un'analisi di questa realtà da un punto di vista organizzativo e dei processi di costruzione dei signi cati, cercando di mettere in luce quali siano le possibilità e le prospettive di queste forme di auto-rappresentanza.
Nel delineare le condizioni lavorative dei redattori e delle redattrici lo strumento che mi è sembrato piÚ adeguato è stata l'intervista in profondità , in grado di raccogliere questi racconti e dare spazio alle parole usate da queste persone nel narrare le loro storie professionali. Le potenzialità degli strumenti narrativi per comprendere le condizioni all'interno di contesti lavorativi, dando centralità alle soggettività in essi coinvolte, (Armano 2010, Murgia 2010) mi hanno permesso di
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valorizzare le interpretazioni che i soggetti coinvolti nella ricerca danno ai diversi aspetti della loro vita lavorativa.
Lo studio di una rete auto-organizzata ha richiesto una particolare ri essione metodologica che è culminata nella proposta di un nuovo strumento di ricerca per l'analisi delle interazioni all'interno delle mailing list, ampiamente utilizzate dai membri del soggetto collettivo al centro del mio lavoro di tesi. Visto l'obiettivo di prestare particolare attenzione ai processi di costruzione di signi cato interni alla rete e al contempo alle dinamiche organizzative, ho ritenuto necessario riconoscere ai contenuti raccolti online e o ine pari rilevanza come materiale empirico, andando quindi ad a ancare ad alcuni strumenti classici della ricerca organizzativa e lavoristica, quali le interviste in profondità e l'osservazione partecipante, altri strumenti non tradizionali, in grado di valorizzare i contenuti online. All'interno di questo lavoro di ricerca ha avuto quindi una grossa rilevanza l'analisi dei contenuti presenti all'interno del sito della rete, l'osservazione partecipante dell'attività all'interno delle mailing list, ma anche l'utilizzo di strumenti nativi digitali in grado di valorizzare la peculiarità dei contenuti online.
L'analisi dei materiali empirici non sulla base della loro provenienza online o o ine, ma dei contenuti in essi presenti, attraverso un approccio di cyberethnog-
raphy (Teli et al. 2007), ha permesso di fare emergere tre livelli di analisi: la narrazioni pubblica rivolta all'esterno della rete, la narrazione co-costruita tra membri della rete e la narrazione individuale. Nello speci co, la ricerca si articola in tre parti: un inquadramento teorico del fenomeno nei primi due capitoli, una ricognizione del contesto della ricerca e l'illustrazione delle scelte metodologiche sottostanti alla ricerca empirica nel terzo capitolo, un'ampia illustrazione dei risultati empirici della ricerca nel quarto e quinto capitolo.
v
Introduzione PiĂš nel dettaglio ho dedicato il primo capitolo ad una problematizzazione della transizione dal modello socio-economico fordista al modello post-fordista, riprendendo gli stimoli interpretativi proposti da Beck Beck (2000) e Castells Castells (2002) come chiavi di lettura. In particolare ho rivolto l'attenzione alle gure emergenti nell'attuale sistema socio-economico: i lavoratori della conoscenza, ripercorrendo la principale letteratura al riguardo per delinearne un pro lo.
Al centro del secondo capitolo si trova invece una ri essione sulla crisi del sistema di rappresentanza dei lavoratori in Italia e sulle nuove forme di autoorganizzazione dei precari. Vengono dunque o erte da un lato le principali analisi proposte in letteratura intorno alle di coltĂ delle organizzazioni sindacali nel raccogliere consensi e adesioni, soprattutto da parte dei lavoratori e lavoratrici con forme contrattuali di erenti dal contratto dipendente a tempo indeterminato; dall'altro gli studi centrati sulle realtĂ auto-organizzate che hanno posto in luce peculiari modalitĂ d'azione.
Il terzo capitolo costituisce lo snodo di passaggio dalla sezione maggiormente teorica di questa ricerca, rappresentata dal primo e secondo capitolo, a quella eminentemente empirica, costituita dai capitoli quarto e quinto.
In questo
capitolo presento quindi il contesto nel quale si va ad inserire questa ricerca, ed illustro dettagliatamente le scelte metodologiche accennate in precedenza: la scelta di condurre uno studio di caso, e la selezione e costruzione degli strumenti di ricerca.
Nel quarto capitolo illustro i risultati empirici di questo studio di caso, focalizzando l'attenzione sulle caratteristiche del lavoro redattoriale per le persone che non sono assunte a tempo indeterminato dall'azienda. In questa sezione presento le narrazioni delle condizioni lavorative che ho raccolto attraverso le interviste,
vi
costruendo attraverso il racconto dei redattori e delle redattrici il quadro della condizione lavorativa da essi percepita. Ho quindi sottolineato le caratteristiche che permettono di far rientrare queste gure lavorative nella categoria aperta dei lavoratori della conoscenza. Nel quinto capitolo ho composto i materiali empirici raccolti sia tramite le interviste che attraverso gli altri strumenti adottati, ed ho proposto un'analisi dettagliata del funzionamento della Rete dei redattori precari. Ho spiegato il funzionamento della rete utilizzando i tre livelli di analisi precedentemente presentati, e sono emersi tre aspetti dell'attivitĂ di questa rete di particolare rilevanza: l'auto-rappresentazione, l'auto-organizzazione e l'auto-rappresentanza. Queste tre componenti dell'azione della Re.Re.Pre.
si sono quindi rivelati tra
loro strettamente connesse ma distinguibili sul piano analitico, e sono quindi divenute i tre ricchi paragra che compongono questo capitolo Le conclusioni, in ne, sono lo spazio in cui ho espresso le ri essioni maturate lungo il processo di ricerca, sia sui temi teorici toccati, sia sulle scelte metodologiche fatte. Concludo questa presentazione ringraziando le persone della Rete dei Redattori Precari, che ho in varie forme e tempi incontrato, per la disponibilitĂ e la simpatia che mi hanno sempre accordato.
Senza la loro apertura e voglia di
confrontarsi questa ricerca non avrebbe dato frutti. Grazie.
vii
Introduzione
viii
Capitolo 1 Nuove gure Lavorative nella società postfordista In questo primo capitolo cercherò di delineare i punti salienti del passaggio dalla società fordista alla società postfordista.
Il progressivo passaggio dalla pro-
duzione di beni materiali a beni immateriali, la di usione e lo sviluppo di tecnologie della comunicazione, delle reti, le nuove forme di divisione dei ruoli tra uomini e donne e la consapevolezza della limitatezza delle risorse hanno portato ad un cambiamento forte della struttura economica e sociale dominante nell'arco del ventesimo secolo. In particolare vedremo come il cambiamento della struttura socio-economica abbia portato ad un parallelo mutamento del ruolo del lavoro nella societĂ e all'emergere di nuove gure di lavoratori e lavoratrici posizionati in modo di erente rispetto al modello dominante nella societĂ fordista.
1.1
Oltre il fordismo
Il modello socio-produttivo sviluppatosi a partire dall'inizio del ventesimo secolo, assurto a modello dominante per gran parte del secolo breve, il fordismo, è dato per nito da molte e autorevoli voci.
Le fondamenta su cui questo modello
poggiava si sono rivelate strutture troppo rigide per far fronte al cambiamento
1
Capitolo 1 dei mercati e della società di cui erano arte ci. Quello a cui si è assistito nell'arco dell'ultimo quarantennio è un cambiamento progressivo, ma strutturale.
Il modello taylor-fordista si fondava su una standardizzazione del processo produttivo, dei lavoratori e dei prodotti. Questo modo di organizzare la forza lavoro, de nito Scienti c Management da Taylor (1911) ha consentito un notevole aumento della produttività dei lavoratori manuali e del settore industriale. Come messo in luce da Drucker (1999) con l'organizzazione scienti ca del lavoro la produzione è andata crescendo ad un tasso composto del 3,5 annuo, il che signi ca che dai tempi di Taylor è aumentata di circa 50 volte. Risulta di cile negare il ruolo del modello fordista nel miglioramento economico dei paesi occidentali e le conseguenze positive che questo aumento di ricchezza ha avuto sulla qualità della vita in queste società , sebbene abbia comportato anche notevoli costi interni ed esterni.
Il rapporto tra imprese, mercato e lavoro nel modello fordista era caratterizzato da una forte rigiditĂ . La struttura organizzativa del lavoro si basava sulla catena di montaggio, nella quale agli operai e alle operaie era richiesto di svolgere una attivitĂ standardizzata e ripetitiva, rispetto alla quale l'apporto individuale non era contemplato o era addirittura disincentivato. La fabbrica era senz'altro lo spazio rappresentante il mondo del lavoro, ma queste dinamiche organizzative erano presenti anche in altri contesti, come ad esempio all'interno dell'apparato burocratico dello Stato. Come compensazione per la piena subordinazione veniva o erta una piena tutela (Accornero 2001) e queste tutele venivano stabilite attraverso pratiche di concertazione tra le parti sociali e mediate dallo Stato. Credo sia signi cativo come lo Statuto dei lavoratori, divenuto legge nel 1970, rappresenti l'apice di questo modello di relazioni industriali in Italia (CGIL 2012)
2
1.1 Oltre il fordismo e anticipi solo di pochi anni lo shock petrolifero del 1973, considerato segno della crisi radicale del modello fordista. Quali erano dunque le fondamenta su cui poggiava questo modello, quali elementi sono divenuti troppo rigidi nell'economia fordista?
Per rispondere a
queste domande cerchiamo di comprendere innanzitutto in qual modo è possibile concettualizzare il sistema fordista. Per fordismo si intende essenzialmente un sistema socioproduttivo caratterizzato da una produzione serializzata di massa potenzialmente illimitata, con una produttività industriale relativamente elevata e crescente. Esso è non solo segnato dalla centralità del lavoro salariato a tempo pieno e indeterminato, dalla rigidità del processo di produzione e dalla struttura gerarchica del comando sulla produzione, nÊ soltanto dalle forme della rappresentanza del lavoro e dai contenuti del con itto industriale generati sul terreno, quanto dalla regolazione dei rapporti sociali da parte dello stato come luogo di mediazione e di aggiustamento istituzionale keynesiano delle forze sociali (Armano et al. 2011; p. 21). Una caratteristica fondamentale del sistema fordista è quindi la produzione in serie dei beni.
La capacitĂ di produrre grandi quantitĂ ad un basso costo
marginale e la possibilità di stoccaggio di questi beni rappresentano due dei cardini di questo modello industriale. Uno degli elementi che ha consentito l'a ermarsi della Ford come industria automobilistica è stato infatti l'o rire un'automobile funzionante e ad un prezzo abbordabile agli stessi operai che la producevano. Il prodotto o erto rispondeva sia alla necessità di avere un auto ad un prezzo accessibile sia all'esigenza di far diventare gli operai i principali consumatori all'interno di un modello di produzione di massa (de Medeiros 2000). Con il miglioramento della qualità della vita si assiste ad una evoluzione delle
3
Capitolo 1 richieste del mercato, il sistema ottimizzato per la produzione di un prodotto ora deve rispondere alle esigenze di un mercato che vuole scegliere tra prodotti di erenti e con caratteristiche sempre nuove, vi è una domanda in continua evoluzione. Questo cambiamento è centrale per capire il mutamento del settore industriale e del modello produttivo, infatti produrre sulla base delle richieste impone una trasformazione del sistema di produzione. Ăˆ in questo contesto che si a erma un modello di produzione alternativo al fordismo, che ne riprende alcuni princĂŹpi, elaborandoli in maniera nuova e proponendo una diversa organizzazione del lavoro e divisione dei ruoli: il toyotismo (Drucker 1999). I due pilastri, individuati da Ohno (1988), su cui questo sistema si fonda sono:
•
Just-in-time ovvero l'organizzazione del lavoro strutturata in modo tale che ogni componente arrivi alla linea di montaggio nel preciso momento in cui ce n'è bisogno, e nella quantità necessaria.
•
Auto-attivazione del lavoratore: viene data al lavoratore la possibilitĂ di fermare la catena di produzione, attraverso dispositivi d'arresto automatico presenti nei macchinari, nel caso in cui rilevino delle anomalie (Negrelli 2007).
Tralasciamo per il momento l'elemento dell'auto-attivazione del lavoratore, che riprenderemo piĂš avanti parlando del rapporto tra lavoratore e impresa, e cerchiamo di focalizzare l'attenzione sulle implicazioni di un modello produttivo che viene de nito snello, organizzato attorno al principio del just in time. Marazzi (1999) evidenzia come con la produzione snella non vi sia un mero cambiamento dell'organizzazione interna alle imprese, ma il usso di comunicazioni provenienti dal mercato entra direttamente nel processo produttivo. Lo sviluppo dei sistemi informativi e delle tecnologie informatiche applicate alla sfera della distribuzione
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1.1 Oltre il fordismo sposta il potere dalle grandi imprese produttrici alle catene di distribuzione. Il quanto e il cosa produrre, dunque, non viene piÚ deciso in modo indipendente dalle imprese, ma è legato in misura sempre maggiore ai risultati di vendita.
La produzione snella ha conseguenze anche sugli altri meccanismi alla base del sistema fordista. Anzitutto il punto critico non è piÚ la capacità produttiva, ma essere in grado di rispondere alle esigenze di mercato. Perde rilevanza la produzione a regime costante, il sistema dell'economia di scala cambia e acquisisce rilevanza la capacità di cambiare produzione in modo essibile nell'arco del tempo, il che richiede una ristrutturazione dell'impresa stessa. A livello dei mezzi di produzione acquisisce maggior importanza la versatilità dei macchinari, oltre che la loro elevata speci cità , a scapito della loro durata. Per rispondere a queste esigenze di essibilità della produzione si di onde la pratica di esternalizzare parti del processo produttivo ad imprese terze, spesso specializzate nella produzione di una determinata componente.
Il processo d'integrazione, che per oltre un
secolo era stato realizzato dentro l'impresa, ha invertito la direzione di marcia: l'integrazione si sta ora realizzando tra le imprese (Accornero 2001). I vantaggi di questa pratica sono molteplici: l'impresa principale non si deve piĂš occupare dell'organizzazione della produzione, della gestione e manutenzione dei macchinari, della ricerca e sviluppo in un dato ambito, ma si concentra sulla selezione del prodotto nale che risponde alle sue esigenze. Questo fornisce un maggior
range di scelta, tra le o erte di diverse imprese fornitrici.
L'esternalizzazione
della produzione comporta una riduzione del personale impiegato nell'impresa, ma acquisisce nuova rilevanza la capacitĂ di fare rete tra le imprese, infatti Accornero (2001) rileva come vi sia una tendenza da parte delle imprese maggiori a strutturarsi come fossero tante piccole imprese e un corrispettivo orientamen-
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Capitolo 1 to da parte delle imprese minori ad organizzarsi sul territorio come una unica grande impresa.
Cambia anche il rapporto tra lavoratore e impresa. Il lavoro salariato a tempo indeterminato perde progressivamente la sua centralità.
In un contesto in
cui la velocità di adeguamento al cambiamento è lo snodo critico, garantire un salario stabile per tutta la durata della fase lavorativa della vita viene visto come un elemento di rigidità che bisogna cercare di ridurre, eliminare quando possibile. L'utilizzo di manodopera indiretta fornita da ditte terze è vantaggioso in un contesto di produzione variabile e in una prospettiva di versatilità dell'impresa stessa, perché consente di ottenere la forza di lavoro di cui si ha bisogno senza doversi far carico delle garanzie imposte dalla legge per i lavoratori dipendenti. Ai lavoratori permanenti (core- workers ) si a anca così una nuova componente, che sta acquisendo sempre maggior rilevanza, i cosiddetti contingent-workers, chiamati a rispondere alle esigenze di produzione dettate dal mercato, una parte del personale che può essere espansa o ridotta senza grosse di coltà da parte dell'azienda (Accornero 2001). Inoltre si assiste al contempo ad una evoluzione che vede ridimensionarsi la forte divisione gerarchica interna alle imprese.
L'espe-
rienza toyotista mette in luce come la possibilità di auto-attivazione comporti un cambiamento radicale del ruolo dei lavoratori all'interno delle imprese. Il lavoro diviene più interessante ma anche più produttivo e stressante, poiché la responsabilità viene decentrata no ai livelli più bassi dell'organizzazione (Negrelli 2005). Dal motto tipico del Novecento non siete pagati per pensare si passa allo slogan la qualità dipende da voi (Accornero 2001). La divisione gerarchica rigida tra management e lavoratori evidenzia tuttavia i suoi limiti impedendo di cogliere i suggerimenti e le indicazioni riguardanti il miglioramento del processo produttivo
6
1.1 Oltre il fordismo provenienti da parte dei lavoratori/trici dell'impresa.
L'ultimo elemento alla base del sistema fordista su cui vorrei focalizzare l'attenzione riguarda il ruolo regolatore svolto dallo Stato. Nella de nizione riportata sopra viene sottolineato come questo sia uno degli aspetti piĂš rilevanti del cambiamento occorso in questi anni. Mi pare che ci possa aiutare a comprendere questo punto la lettura che Marazzi dĂ delle conseguenze dell'entrata della comunicazione nella produzione.
Nella sua ricostruzione dell'epoca fordista Marazzi (1999) individua una separazione netta tra potere imprenditoriale e agire politico. L'approccio pragmatico della produzione era chiaramente distinto dalle strategie comunicative del mondo politico.
Il principio sotteso al calcolo economico si basava su una netta
separazione tra i giudizi di valore, relegati alla sfera della comunicazione e della mediazione discorsiva, e l'agire strumentale. Questa divisione contribuiva a distinguere tra soggetti che operano nel mondo dell'economia e coloro che fanno politica .
Con il superamento del modello fordista questa distinzione tra sfera
dell'agire strumentale e sfera dell'agire comunicativo viene meno. Nel momento in cui all'interno delle imprese la comunicazione diviene elemento imprescindibile per i prodotti da cui l'impresa trae pro tto, la capacitĂ di generalizzazione e di astrazione propria del linguaggio entra e si sedimenta nel processo produttivo. La trasformazione delle dinamiche linguistiche all'interno del contesto produttivo ha un impatto sulla costruzione di un discorso attorno alla propria condizione. Con l'entrata della comunicazione nell'organizzazione produttiva si di onde la tendenza all'auto- rappresentanza, l'apprendimento delle tecniche comunicative all'interno del processo lavorativo-produttivo sembra bastare per salvaguardare i propri interessi (Marazzi 1999; p. 32). In questo modo il passaggio istituzionale
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Capitolo 1 dagli interessi individuali agli interessi collettivi diventa piÚ complesso. Nel contesto dell'agire strumentale il legame tra mezzi e ni è lineare, l'esecuzione del progetto è univoca e unilaterale (Marazzi 1999; p. 33), e questo elemento facilita lo sviluppo di una visione comune, una coesione sociale, che porta quindi ad individuare dei portavoce che rappresentino la posizione di piÚ persone. L'a ermarsi di un agire comunicativo ha come intrinseca conseguenza un ampliamento dell'orizzonte delle possibili interpretazioni della realtà circostante, vi è quindi una pluralità di mondi teoricamente corrispondente alla pluralità di soggetti che questi mondi inventano (Marazzi 1999; p.
34); il sistema di rappresentanza
quindi si indebolisce, andando a minare il consenso e il rapporto duciario tra cittadini e Stato, riducendo anche la capacitĂ , sua e delle strutture al suo interno, di mediazione.
A questa dinamica che va ad indebolire il sistema della rappresentanza degli Stati occidentali si vanno a sommare altri fattori, che mettono ulteriormente in crisi il ruolo mediatore avuto dallo Stato in passato. Lo sviluppo dell'economia nanziaria, i processi di delocalizzazione ampli cati dallo sviluppo di sistemi di comunicazione e trasmissione dati sempre piĂš e cienti hanno ridotto la rilevanza dei singoli Stati sull'andamento dell'economia. I processi di delocalizzazione, spostando parti della produzione in paesi con un costo della manodopera inferiore, hanno favorito lo sviluppo di una rete di aziende sovranazionali. In questo contesto aumenta sempre piĂš la rilevanza delle reti di comunicazione, e la funzione di circolazione della conoscenza diviene di usa e integrata (Armano 2010, pag. 23).
Proprio la conoscenza è divenuto un concetto fondamentale che ha orientato il dibattito attorno alle caratteristiche della società moderna e al suo sviluppo, ne è
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1.1 Oltre il fordismo un chiaro segnale la stesura del Libro bianco Teaching and Learning, Towards the
Learning Society da parte della Commissione delle Comunità Europee (1995); libro che nella versione italiana è tradotto: Insegnare e apprendere, verso la società
conoscitiva. Diversi autori hanno posto l'accento sul ruolo della conoscenza nella società contemporanea, D'Auria sostiene che: il valore aggiunto passa sempre meno attraverso la produzione di oggetti identici e a basso contenuto informativo e sempre più, invece, attraverso l'innovazione di prodotti, processi, simboli e immagini; attraverso, quindi, la produzione e l'accumulazione di conoscenze, riguardino esse materiali, tecniche, prodotti, metodi, comportamenti o mercati (D'Auria 1998; p. 88). Questa interpretazione si trova perfettamente in linea con le caratteristiche del cambiamento del modello socio-economico viste nell'arco di questo paragrafo.
Il ruolo della conoscenza come fattore produttivo determi-
nante nell'economia contemporanea viene presentato da Rullani sottolineando come: in quello che è stato chiamato capitalismo cognitivo , il valore economico viene generato dall'uso della conoscenza come forza produttiva (Rullani 1998; p. 121). Parlando di uso della conoscenza Rullani si riferisce speci camente [all']uso di informazioni, intendendo con questo termine sia le conoscenze soggettive (tacite o esplicite), possedute dagli attori, sia le relazioni utili che sono oggettivamente iscritte in un contesto o in un codice (Rullani 1998; p. 121). Risulta dunque evidente come la conoscenza non sia intesa come un fattore totalmente nuovo nel contesto della società moderna; l'elemento di novità è piuttosto il ruolo che essa assume e la centralità all'interno dei processi di produzione e della società nel suo complesso. Nella prima modernità [...], dopo i primi furori iniziali, la ricerca di senso è passata in second'ordine e si è cominciato a fare, nei vari campi, un uso puramente strumentale della conoscenza, che è ben presto
9
Capitolo 1 diventata tecnica, ottimizzazione, prezzo di mercato, [...] andare avanti verso la conoscenza ri essiva della seconda modernità non signi ca guardare ad un futuro radicalmente nuovo, ma tornare allo spirito originario della modernità, ossia alla tensione illuministica verso un mondo rischiarato dalla ragione, contro l'oscurantismo della tradizione e dell'autorità (religiosa o politica) (Rullani 2004; p. 385). La conoscenza diviene quindi un elemento che pone in discussione le conoscenze e le strutture della società, non accettando l'illusione deterministica (Rullani 2004; p. 386).Osservando il cambiamento in atto molti autori hanno cercato di delineare le caratteristiche fondamentali del nuovo paradigma dominante nella nostra società.
Nel prossimo paragrafo vedremo alcune letture che sono state
date degli attuali trend di cambiamento. Per approfondire la rilevanza della circolazione delle informazioni all'interno della società contemporanea riprenderò l'analisi della società in rete proposta da Castells, mentre utilizzerò la teoria della società del rischio di Beck per focalizzare l'attenzione sulle caratteristiche della seconda modernità e della conoscenza ri essiva a cui fa riferimento Rullani nel brano sopra riportato.
1.2
Due visioni, la società in rete e la seconda modernità
In questo paragrafo mi pongo l'obiettivo di descrivere due suggestive letture delle conseguenze del superamento del modello fordista, proposte da Castells e Beck. Non ho l'intento di presentare qui l'intero e complesso pensiero di questi autori su queste tematiche, non essendo lo scopo di questa tesi. Il tentativo è di riprendere alcune linee di pensiero che credo possano essere utili per interpretare il contesto nel quale si inserisce il mio lavoro di ricerca. Penso sia rilevante anticipare n
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1.2 Due visioni, la societĂ in rete e la seconda modernitĂ da ora il fatto che entrambe queste prospettive pongano al centro della societĂ contemporanea la comunicazione e la conoscenza.
1.2.1 Manuel Castells e la società in rete La prospettiva di una società in rete è stata elaborata da Manuel Castells e presentata in maniera organica nel suo libro La nascita della società in rete del 2002.
L'autore spagnolo muove la sua analisi a partire dalla crisi seguente lo
shock petrolifero del 1973.
Nelle crisi del 1974 e del 1979 gli Stati occidentali
hanno dovuto attuare delle strategie per cercare di ridurre gli e etti dell'in azione all'interno delle economie nazionali.
La riduzione delle materie prime
disponibili ha messo in crisi le economie fordiste. Esse infatti erano basate su dei meccanismi keynesiani, che associavano un alto livello di produttività ad un alto livello di occupazione grazie al sostegno dello Stato. Per far fronte a questa emergenza è stato avviato un processo di ristrutturazione che ha proseguito per tentativi no agli anni novanta. L'innovazione tecnologica e il cambiamento organizzativo hanno svolto un ruolo fondamentale nel garantire velocità ed e cienza alla ristrutturazione del sistema economico sociale. Questi due elementi hanno ra orzato il grado di essibilità e adattabilità dell'impresa, consentendo una miglior risposta alle richieste del mercato e Castells sottolinea infatti il forte ruolo che l'infrastruttura tecnologica ha avuto nel consentire questi cambiamenti. Egli de nisce una trappola la diatriba sul determinismo tecnologico, poichÊ esso è a suo parere un falso problema. La tecnologia è la società e non è dato spiegare o comprendere quest'ultima senza i suoi strumenti tecnologici, nÊ per contro provare a spiegare la prima senza tenere in considerazione il contesto organizzativo nella quale è inserita. La di usione della tecnologia dell'informazione in tutti i campi dell'attività umana è la ragione alla base della decisione di Castells
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Capitolo 1 di fondare la sua ri essione su di essa.
Le riforme e i cambiamenti nella gestione delle imprese che sono stati messi in atto negli ultimi trent'anni hanno cercato di perseguire quattro obiettivi principali: maggiore penetrazione della logica capitalista di ricerca del pro tto nei rapporti capitale-lavoro; incremento della produttività di lavoro e capitale; globalizzazione della produzione, della circolazione e dei mercati alla ricerca, in ogni luogo, delle condizioni più vantaggiose per la realizzazione dei pro tti; ricerca di un sostegno dello Stato per aumentare produttività e competitività delle economie nazionali, spesso a scapito della protezione sociale e delle regolamentazioni di interesse pubblico.
Il ruolo dell'infrastruttura tecnologica nel perseguimento di questi quattro obiettivi è sicuramente centrale.
Lo sviluppo di sistemi di circolazione delle
informazioni a costo ridotto è stato uno degli elementi che ha profondamente trasformato l'organizzazione dei processi lavorativi. Lo sviluppo di un sistema di integrazione nanziaria globale non era pensabile senza un apparato tecnologico e informazionale sviluppato, ed è un elemento che ha implicato il superamento di politiche monetarie nazionali autonome, che si uniformarono pertanto ai parametri economici di base del processo di ristrutturazione.
La società informazionale si struttura, secondo Castells, in una forma reticolare, l'elemento forte che la caratterizza è infatti quello di una struttura aperta in grado di espandersi senza limiti, attraverso l'integrazione di nuovi nodi all'interno di essa e di nuove connessioni tra i nodi già appartenenti alla rete. L'unico vincolo per la riuscita della comunicazione è la condivisione dei medesimi codici comunicativi.
La gestione dei codici comunicativi diventa quindi un elemento
importante e centrale in una società caratterizzata da una massiccia presenza
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1.2 Due visioni, la società in rete e la seconda modernità delle reti. Se la presenza di codici condivisi è necessaria al funzionamento della rete lo sviluppo di strutture e codici chiusi è altrettanto rilevante. Riducendosi i limiti sici per l'accesso alle informazioni, essendo queste prevalentemente immagazzinate in formato elettronico, quindi salvate su computer o principalmente server di dati, ed essendo l'informazione uno strumento di potere, lo sviluppo di sistemi per ridurre l'accesso a questi le diventa fondamentale a nchÊ queste reti siano usate. Contemporaneamente all'adozione di standard condivisi (www, https, ftp) si sono di use pratiche e strumenti atti a limitare la di usione di certe informazioni, quale lo sviluppo di codici per crittografare i dati, e assicurarsi che
viaggino sulla rete senza essere rubati da soggetti terzi.
La struttura reticolare non riguarda solo la di usione e circolazione di informazioni ma - come accennato nel paragrafo precedente - le imprese basano il loro funzionamento sulla esternalizzazione di parte della produzione: [le] imprese e, in misura sempre maggiore, organizzazioni e istituzioni sono costituite in reti a geometria variabile il cui intreccio rende irrilevante la distinzione tradizionale tra grandi imprese e piccole aziende, rimescola i settori e si estende a diversi raggruppamenti geogra ci di unità economiche (Castells 2002; p. 537). Non si assiste alla scomparsa delle regioni, delle realtà locali, ma alla loro integrazione in reti di cooperazione tra istituzioni e tra aziende a carattere regionale. Sono un esempio in questo senso la realtà dei distretti industriali italiani o lo sviluppo dell'area di Madrid in seguito all'adesione della Spagna alla Comunità Europea nel 1986. La possibilità di interazione, di scambio e di sviluppo di idee innovative, legata alla condivisione di uno spazio, lo spazio dei ussi di cui parla Castells, è ampli cata dalla rete. La rete fornisce al medesimo tempo l'opportunità di ride nire la strutturazione delle organizzazioni, mettendosi in contatto piÚ facilmente con al-
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Capitolo 1 tre imprese o istituzioni, decidendo in maniera piÚ precisa quali elementi portare avanti in prima persona, e per quali rivolgersi a terzi. L'organizzazione reticolare è, secondo l'autore spagnolo, la struttura che risponde meglio alle esigenze della società postfordista. La struttura dinamica della rete è in grado di fornire risposte piÚ adeguate ad una industria capitalista basata sull'innovazione, globalizzazione e sulla concentrazione decentrata; ad un lavoro essibile e veloce in grado di adattarsi al cambiamento; ad una cultura aperta, con una continua decostruzione dei valori e nuova ride nizione delle basi di convivenza; per un'organizzazione (o delle organizzazioni) che travalicano le dimensioni tradizionali di tempo e spazio. I vantaggi di questa forma di organizzazione per queste realtà chiamate ad adattarsi a contesti in continuo mutamento nel tempo è forte, ma richiede una competenza del funzionamento della rete stessa.
Un aspetto che
quindi sembra assumere un ruolo assai rilevante per la produttività e la competitività delle reti globali di capitale, per il management e per l'informazione, è il possesso di un know how tecnologico che consenta di muoversi all'interno di queste reti massimizzandone i bene ci. Il capitale è nella sua essenza globale, l'economia nanziaria mette bene in luce questo suo aspetto, ma il lavoro è tradizionalmente un elemento legato al luogo dove viene svolto. L'e etto dell'informazionalismo, dell'a ermarsi delle reti globali, porta alla globalizzazione del capitale. La struttura reticolare comporta peraltro una progressiva individualizzazione del lavoro. L'organizzazione all'interno della rete non è lineare, ma si basa sulla assegnazione di mansioni interconnesse in luoghi diversi, in modo da scomporre e disaggregare l'input individuale per reintegrarlo con il resto nel suo output nale, andando a dar forma ad una divisione del lavoro basata sulle peculiarità degli individui facenti parte dell'organizzazione, piuttosto che sulla
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1.2 Due visioni, la società in rete e la seconda modernità base dei ruoli formali assegnati a questi. Diminuisce la centralità della mansione e si focalizza l'attenzione sulle particolarità e le capacità del singolo. Con la riduzione della rilevanza della mansione all'interno del contesto di lavoro si indebolisce un elemento di identità collettiva. Risulta infatti molto più di cile portare avanti delle rivendicazioni senza avere un gruppo di persone di riferimento che si sta cercando di rappresentare. Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, l'opportunità di auto-rappresentazione e contrattazione individuale va a minare alla base le strutture di rappresentanza su cui si sono fondate le democrazie occidentali a partire dal secondo dopoguerra. l'informazione e la comunicazione circolano principalmente attraverso un sistema dei media diversi cato quanto integrato, la politica si svolge in misura sempre maggiore nello spazio dei media (Castells 2002).
Cambiano quindi le forme e le modalità attraverso
cui si esercita la leadership, la quale sviluppa aspetti legati alla personi cazione del/la leader, e crea potere attraverso la creazione di immagini. La nascita della società in rete porta ad una separazione di capitale e lavoro, i quali tendono a vivere sempre più in spazi e tempi diversi: lo spazio dei ussi e lo spazio dei luoghi, il tempo istantaneo delle reti computerizzate contro il tempo della vita quotidiana scandita dall'orologio (Castells 2002). Questa suddivisione tra spazio e tempo, tra lavoro e capitale, è una situazione nuova, carica di conseguenze, che cambia sia il modo di relazionarsi con capitale e lavoro, andando a modi care il signi cato ad essi attribuito; rappresenta quindi un cambiamento qualitativo nell'esperienza umana. La società in rete è una realtà in cui la cultura, per millenni dominata dalla natura, e in età moderna dominatrice di quest'ultima, ora rimanda a se stessa. Lo sviluppo tecnologico e il consumo delle risorse hanno infatti sussunto la natura come un elemento della
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Capitolo 1 cultura stessa. Oggi ci troviamo quindi ad a rontare problematiche totalmente inedite, che vedono la conoscenza svolgere un ruolo fondamentale nel funzionamento stesso della societĂ , per come si sta conformando. Nel prossimo paragrafo vedremo come Beck sviluppa la sua proposta teorica a partire dal ruolo che queste problematiche svolgono nella societĂ .
1.2.2 Ăœlrich Beck, la societĂ del rischio e la seconda modernitĂ Nella modernitĂ avanzata la produzione sociale di ricchezza va sistematicamente di pari passo con la produzione sociale di rischi Beck (2003; p. 25) questa connessione sistematica tra ricchezza e rischi prodotti socialmente rappresenta un cambiamento delle dinamiche della societĂ , non piĂš minacciata da rischi esterni, ma produttrice dei rischi a cui deve far fronte. La socialitĂ all'origine dei principali rischi che le societĂ devono a rontare porta allo sviluppo di un nuovo tipo di con ittualitĂ : si passa dai con itti distributivi della ricchezza caratterizzanti le
societĂ della penuria della prima modernitĂ , ai con itti per la distribuzione dei rischi prodotti dalla scienza e dalla tecnica, quali il rischio di disastri nucleari, o chimici. L'autore tedesco individua due condizioni necessarie per questo passaggio dalla societĂ della distribuzione della ricchezza alla societĂ della distribuzione del rischio. Primo: una riduzione delle situazioni di vero bisogno materiale, legata da un lato al raggiungimento di un elevato livello di produttivitĂ umana e tecnologica e dall'altro allo sviluppo di un sistema di regolazione giuridica e sociale che garantisca un certo livello di sicurezza.
Secondo: nel processo di
modernizzazione con la crescita esponenziale delle forze produttive, si liberano rischi e potenziali autodistruttivi in dimensioni no ad oggi sconosciute (Beck 2003; p. 25). Lo sviluppo tecnologico e organizzativo ha portato ad una capac-
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1.2 Due visioni, la societĂ in rete e la seconda modernitĂ itĂ produttiva tale, nelle societĂ capitaliste occidentali, da ridurre la rilevanza sociale della scarsitĂ delle risorse facendo passare questo bisogno in secondo piano. Beck distingue due generi di rischio a cui le societĂ si sono trovate a far fronte. Il rischio esterno, derivante da fenomeni naturali, o problematiche legate alle tradizioni (carestie, inondazioni, ma anche migrazioni di altre popolazioni o invasioni) e il rischio costruito riconducibile all'impatto della nostra conoscenza manipolatoria sul mondo (Armano 2010; p. 28).
La conoscenza e la scienza hanno svolto nella storia dell'umanità un rilevante ruolo nell'a rontare i rischi esterni a cui la società ha dovuto far fronte ma, ora, non sono piÚ in grado di controllare o arginare e cacemente i rischi generati dai processi produttivi. La conseguenza essenziale e piÚ importante è che nella de nizione del rischio il monopolio di razionalità della scienza viene infranto. Ci sono sempre pretese in competizione e in con itto, interessi e punti di vista dei diversi agenti della modernizzazione e dei gruppi in essa coinvolti (Beck 2000; p. 38). A questo elemento si somma il fatto che la divisione altamente specializzata del lavoro implica un elevato livello di complicità , e quindi a determinare le differenti situazioni concorrono diversi attori con diversi fattori, i quali isolati non sono su cienti a determinare un dato esito nefasto, ma contribuiscono collettivamente al suo sviluppo. Ne consegue una forma di complicità ed una generale irresponsabilità che si mostra in questo: è possibile fare delle cose e continuare
a farle, senza doversene assumere la responsabilitĂ . Si agisce, per cosĂŹ dire, in propria assenza. Si agisce sicamente senza agire moralmente e politicamente (Beck 2003; p. 43).
Un altro aspetto sottolineato da Beck è che la domanda creata dal rischio non costituisce un semplice e etto collaterale del capitalismo avanzato, ma è un vero
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Capitolo 1 e proprio big business, una botte senza fondo autoproducente. Se la fame può essere saziata, e i bisogni soddisfatti, la domanda indotta dai rischi della civiltà ha una natura diversa, non esauribile.
Questo è dovuto anche fortemente alla
natura potenziale dei rischi: i rischi, naturalmente, non si esauriscono in e etti e danni già veri catisi. Occorre distinguere tra le conseguenze distruttive già in atto e l'elemento potenziale del rischio. [...] A di erenza della tangibile evidenza delle ricchezze, i rischi hanno in sÊ qualcosa di irreale. In un certo senso sono nel contempo sia reali che irreali (Beck 2003; p. 44). Un mercato sviluppato attorno alle situazioni potenziali di rischio non può arrivare a saturazione, perchÊ i suoi prodotti non possono mai pienamente soddisfare la domanda. Mentre nel contesto della penuria di beni si potevano dare delle risposte materiali ai bisogni espressi, non è possibile soddisfare a pieno la domanda che si sviluppa attorno al rischio poichÊ si è sempre nella condizione potenziale di trovarsi in quella data situazione.
Oggi è la società la principale minaccia alla sua stessa esistenza e ciò dà forma ad un processo di modernizzazione ri essivo.
Questa ri essivitĂ della
società attuale viene problematizzata da Beck e distinta in un processo a due fasi: una fase del ri esso e una fase della ri essione. La prima fase consiste nel processo di transizione automatica dalla società industriale a quella del rischio, nella fase della ri essione la società diventa consapevole dei rischi di cui è causa. Diventa quindi centrale non piÚ lo sviluppo e l'impiego di tecnologie, ma a orano problemi di gestione politica e scienti ca dei rischi di tecnologie da utilizzare oggi o in futuro rispetto ad orizzonti di rilevanza ancora da de nire. In questo senso quello a cui stiamo assistendo è una forma di seconda razionalizzazione che agisce sul funzionamento stesso della società . Oggi alle soglie del XXI secolo, la
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1.2 Due visioni, la società in rete e la seconda modernità modernizzazione ha consumato e perduto il suo opposto, e si ritrova confrontata con se stessa, con le premesse e con i princìpi funzionali della società industriale. [...]
demisti cati i privilegi di ceto e le immagini del mondo religiose, oggi il
disincanto investe la comprensione della scienza e della tecnica caratteristiche della società industriale classica, le modalità della vita familiare e lavorativa, i ruoli maschili e femminili. Alla modernizzazione nel solco della società industriale si sostituisce una modernizzazione delle premesse della società industriale (Beck 2003; p.
15).
È questa continuità e coerenza del processo di modernizzazione
che Beck vuole sottolineare chiamando la situazione contemporanea seconda modernità , ovvero un secondo processo di modernizzazione.
Nelle prossime pagine cercherò di presentare i cambiamenti apportati da questo processo di seconda modernizzazione nel mondo del lavoro.
Per farlo
seguiremo il percorso proposto da Beck (2000) in Il lavoro nell'epoca della ne
del lavoro. Questo testo si muove a partire dall'analisi delle criticità connesse al passaggio dalla democrazia del lavoro alla seconda modernità, ovvero il passaggio dal secondo al terzo modello di rapporto tra lavoro e libertà. Il primo modello, di cui non ci occuperemo, è il modello della polis greca, in cui il lavoro è inteso come schiavitù. La gerarchia tra attività superiori e attività inferiori venne radicalmente cambiata con l'avvento della modernità.
Da questo momento in
poi la persona si caratterizzò sulla base del lavoro che svolgeva per il proprio sostentamento. Il concetto di democrazia del lavoro fa riferimento ad una precisa forma di relazione tra lavoro e libertà che ha trovato la sua piena espressione nell'Europa e negli Stati Uniti del secondo dopoguerra. In questo periodo, infatti, il lavoro viene proposto ancora più fortemente come strumento di libertà. L'American dream, il grande sogno americano, consiste proprio nella possibilità
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Capitolo 1 data a chiunque di realizzarsi attraverso il proprio lavoro, il proprio impegno. Il lavoro svolge un ruolo fondamentale e caratterizzante la struttura politica di questi paesi, si ritiene infatti che una democrazia viva sia una democrazia che presuppone un'attiva partecipazione alla produzione del reddito da parte del cittadino, inteso come cittadino-lavoratore; il lavoro, in quanto fonte di reddito, divenne fondamento non solo dell'esistenza privata, ma anche dell'esistenza pubblica degli individui (Beck 2000). Le ragioni per cui in Occidente vi è un'unione dei diritti politici, sociali ed economici non è, secondo Beck, una pia opera sociale , ma è un elemento imprescindibile per il funzionamento di quei sistemi politici. Lo sviluppo di questo complesso di tutele e le garanzie di sicurezza che ne derivano nella condizione soggettiva di esistenza sono un fondamento imprescindibile per la democrazia. Soltanto le persone che possiedono una casa e un posto di lavoro sicuro, e quindi un futuro garantito dal punto di vista materiale, sono o diventano cittadini che riescono a fare progetti per il loro futuro, soggetti con una prospettiva di medio-lungo termine, che sentono propria e rendono, o contribuiscono a rendere, viva la democrazia. Senza sicurezza materiale non c'è libertà politica, non c'è democrazia e su tutti incombe la minaccia di nuovi e vecchi totalitarismi (Beck 2000). Il modello che si sta prospettando ora si fonda sulla constatazione del raggiungimento da parte della società del lavoro dei suoi limiti tecnologici ed ecologici. Il lavoro, visto il suo ruolo di riferimento all'interno della società, è stato posto al centro di una attenta analisi. Le energie che sono state convogliate in questo ambito hanno portato a innovazioni tecniche ed organizzative nalizzate alla riduzione dei costi di produzione, cambiando sicuramente i prodotti inseriti nel mercato, ma anche fortemente il modo di produrli. Ottimizzare la produttività ha signi cato sempre anche eliminare, o ridurre, il
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1.2 Due visioni, la società in rete e la seconda modernità lavoro umano arrivando in questo modo ad un paradosso per il quale in una società fondata sul lavoro l'ottimizzazione dei processi lavorativi ha ridotto il numero di posti di lavoro disponibili. Proprio l'e cienza nell'organizzazione riduce la quantità di lavoro disponibile, mettendo in crisi il sistema stesso, creando aree di forza lavoro non occupata, cambiando quindi il valore del lavoro nel mercato dell'occupazione. Per queste ragioni la ri essione di Beck sulla situazione attuale è caratterizzata dall'interrogarsi su quali forme potranno assumere la libertà e la politica al di là della società del lavoro. Beck parla, come abbiamo visto, di processo di modernizzazione ri essiva, intendendo con questo termine sottolineare il processo di auto-trasformazione non piÚ nella società ma della società intera, o meglio dei fondamenti di intere moderne società . La caratteristica di questa nuova epoca, la seconda modernità , è che essa non è frutto di rivoluzioni , come accaduto in precedenza quando vi era un cambiamento del sistema produttivo (ad esempio durante la prima e seconda rivoluzione industriale), ma è risultato di un processo di rivolgimento dovuto all'accelerazione e alla radicalizzazione della modernizzazione. Mancano quindi le caratteristiche sociali delle rivoluzioni, ovvero l'a ermazione di nuove Êlite; lo scontro tra nuove ideologie e dottrine sociali con gli attori che difendevano il vecchio ordine; lo sviluppo di alternative politiche sostenute da una pressione dal basso; ed in ne lo sviluppo di fronti ben delineati accompagnati dall'inasprimento del confronto politico, ma vi è una crisi delle strutture precedenti. Beck individua tre cambiamenti che segnano il passaggio tra la prima e la seconda modernità : l'interpretazione della società come entità eternamente provvisoria, visione ra orzata dalla razionalità delle scienze sociali; il cambiamento nella percezione ed elaborazione delle questioni della globalizzazione, individualizzazione, rivoluzione dei ruoli sessuali, del lavoro precario
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Capitolo 1 e delle crisi ecologiche; la percezione che le idee guida e le relative risposte di fondo istituzionalizzate non siano piÚ cosÏ ovvie e convincenti, non siano piÚ in grado di far fronte realmente alle s de che si presentano. Queste idee erano la territorialità nella dimensione della globalizzazione, la piena occupazione nella dimensione della società del lavoro, una comunità e una gerarchia prestabilite nella dimensione dell'individualizzazione, la tradizionale divisione tra uomini e donne nella dimensione del rapporto tra i sessi, lo sfruttamento della natura come fondamento della crescita illimitata nella dimensione della crisi ecologica. Globalizzazione, società del lavoro, individualizzazione, rapporto tra i sessi, crisi ecologica, sono cinque vecchie s de che le società nella seconda modernità a rontano con questa nuova prospettiva di maggior complessità e assenza di certezze predeterminate (Beck 2000). Prima di spostare la nostra attenzione sull'analisi delle nuove gure emergenti nella società postfordista voglio sottolineare tre aspetti che credo diano un importante contributo all'analisi della società contemporanea. Anzitutto i cambiamenti a cui stiamo assistendo nella società del rischio sono frutto di un coerente processo di modernizzazione, ovvero dell'estensione alla società intera dei princÏpi di razionalizzazione applicati al contesto produttivo. Questo rende piÚ complesso rilevare la novità apportata nella società dalla seconda modernità . In secondo luogo la consapevolezza dei limiti della razionalità e la possibilità che ne deriva di prendere decisioni diverse aventi comunque legittimità di esistere, è ricca di conseguenze per le società che devono far fronte alle s de sopra descritte. In ne, la perdita delle tutele materiali conquistate nell'età industriale mina fortemente non solo il sistema politico che si era sviluppato in quel contesto, ma la capacità di fare progetti, di avere una prospettiva, e la capacità di attivarsi per il raggiungimento di obiettivi politici, in altri termini la capacità di attivazione
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1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro e di rappresentazione delle persone che vivono questa situazione.
1.3
I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
La crisi della società della piena occupazione è un elemento che oggi pone radicalmente in discussione l'organizzazione sociale delle società europee e nord americane. Con la forte disoccupazione strutturale si pone il problema del cambiamento del mondo del lavoro, risulta infatti di cilmente ipotizzabile che le pratiche di de nizione del valore del lavoro, dei beni o servizi, che si erano strutturate in un contesto di piena occupazione, possano essere adeguate al panorama che si presenta ora. Nell'analisi di Castells abbiamo visto il ruolo fondamentale assunto della conoscenza, non solo come strumento per muoversi in maniera competente, massimizzando la pro cuità delle relazioni all'interno delle reti di cui si fa parte, ma anche come strumento per far fronte alle nuove s de della nostra società. In questo paragrafo cercherò di delineare la gura dei/lle lavoratori/trici della conoscenza, cercando di cogliere in qual modo si inseriscano nel panorama tratteggiato nora. Diversi autori hanno cercato di individuare gli elementi peculiari delle gure che stanno emergendo nel contesto della società postfordista, e i cosiddetti knowledge workers sono divenuti una categoria concettuale in grado di focalizzare il dibattito in materia, venendo ritenuti da molti le gure nuove, fortemente caratterizzate e caratterizzanti il nuovo modello socio-economico. La gestione della conoscenza è diventata un elemento centrale e critico del processo produttivo, dal momento in cui il valore della pura forza lavoro si è ridotto. Un tentativo di de nire quali siano i lavoratori più strettamente coinvolti in questo processo di gestione e sviluppo della conoscenza viene fatto da Peter F. Drucker (1999) nel suo testo dal signi cativo titolo Le s de del management nel XXI
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Capitolo 1 secolo. Nella sua opera sottolinea alcuni elementi caratterizzanti questo tipo di lavoratori/trici: il loro coinvolgimento non riguarda solo l'esecuzione di compiti per i quali possiedono delle conoscenze, ma è caratterizzato da un elevato grado di autonomia nello svolgere il compito; nel loro lavoro è implicata un'elevata componente di innovazione e di responsabilità del singolo; l'attività lavorativa deve prevedere un processo di apprendimento continuo, ma anche di insegnamento, quindi una pratica di acquisizione e di trasmissione continua della conoscenza; il criterio per valutare il lavoro svolto è la qualità del lavoro stesso, piÚ che la quantità ; in ne risulta fondamentale un cambiamento, da parte delle organizzazioni datrici di lavoro, della considerazione del/la lavoratore/trice, inteso/a ora come bene produttivo per il quale la scelta di lavorare per l'organizzazione deve essere una scelta ideale, non di convenienza.
Il punto cardine che caratterizza i
knowledge workers nella concezione di Drucker è un elevato grado di ri essività critica sulle caratteristiche del loro lavoro e delle loro mansioni.
Per Drucker
il loro lavoro è caratterizzato anche dalla messa in discussione di un orizzonte certo e prede nito su quella che è la loro funzione, e si fonda su un processo di ride nizione della propria attività e compiti che, pur richiedendo tempo e fatica, consente di raddoppiare o anche triplicare la produttività di questi soggetti. Di conseguenza, sebbene sia necessaria fatica e tempo per attuare questo cambiamento, l'interesse delle organizzazioni diventa favorire la ristrutturazione interna in modo da valorizzare tutte le risorse intellettuali. Si aprono quindi due interrogativi, il primo riguarda l'e ettiva disponibilità delle organizzazioni al cambiamento, il secondo riguarda il carattere permanente o transitorio della de nizione del compito. Se adottiamo la prospettiva di Beck di crisi delle certezze predeterminate, e quindi assumiamo questi compiti come concetti in evoluzione, ne
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1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro conseguirebbe una necessità di continua riorganizzazione dell'ambiente di lavoro, un'ipotesi che implica costi elevati. Secondo Drucker il principale contributo dato dal management nell'arco del ventesimo secolo è stato l'incremento della produttività dei lavori manuali e il contributo che il management è chiamato a dare nel ventunesimo secolo è l'incremento della produttività del lavoro intellettuale e dei
knowledge worker. L'impresa del futuro tenderĂ sempre piĂš ad assomigliare ad un'orchestra, ad un ospedale o ad un'universitĂ , dove le persone saranno l'unitĂ produttiva fondamentale dell'organizzazione. SarĂ la qualitĂ del lavoro di ogni singolo individuo a determinare la qualitĂ del prodotto del collettivo. I lavoratori della conoscenza tenderanno ad operare sempre piĂš come veri e propri liberi professionisti, anche se, proprio come un orchestrale necessita degli altri musicisti per svolgere la sua attivitĂ , essi avranno bisogno dell'organizzazione per svolgere il loro lavoro.
Questa ri essione viene ripresa e sviluppata da Butera il quale
appoggiandosi sui dati elaborati da Barley e forniti dal Bureau of Census degli Stati Uniti, sottolinea come la percentuale di lavoratori ascrivibili alla categoria dei knowledge workers abbia superato, verso la metĂ dell'ultimo decennio del `900, il 58% della popolazione attiva negli USA (Butera 2008).
Butera propone una de nizione di knowledge workers come soggetti che producono conoscenza a mezzo di conoscenza, accrescendone il valore sociale (o rire un servizio), il valore economico (creare reddito e patrimonio) e il valore intrinseco e di usivo (che non è appropriabile perchÊ non è una merce).
De nendo
questa tipologia di lavoratori Butera si pre ssa l'obiettivo di distinguere i lavoratori della conoscenza dalla working knowledge ovvero la conoscenza necessaria per lavorare.
Un elemento fortemente problematico è l'individuazione dei cri-
teri per limitare il numero degli aventi le caratteristiche per rientrare in questa
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Capitolo 1 categoria. I lavoratori individuati da Butera come parte di questa categoria sono:
•
i sapienti (scienziati, ricercatori, insegnanti, ecc.);
•
i demiurghi ovvero i membri delle professioni riconosciute (esperti che lavorano per i clienti, come medici, avvocati e notai);
•
coloro che svolgono funzioni di governance ;
•
gli imprenditori in quanto leader che gestiscono processi innovativi;
•
le gure manageriali intermedie che svolgono sempre meno ruoli di comando e sempre più di immissione di conoscenze ed esperienze nelle strutture operative e di coordinamento;
•
i professional che non fanno parte di professioni riconosciute a cui manca un sistema di licenze, albi, riconoscimenti formali, ecc.;
•
i tecnici o esperti pratici;
•
i venditori quali cati, gli artigiani, gli operativi quali cati rientrano nella categoria qualora fossero in possesso di conoscenze ed esperienze idonee e su cienti a controllare e regolare processi di produzione di beni e servizi risolvendo problemi poco de niti e con molte varianze (Butera 2008; pp. 13-14).
Come si può vedere da questo elenco questa categoria è molto ampia ed è caratterizzata in larga misura dalla capacità di esercitare un controllo sul proprio lavoro, sulla materialità o immaterialità dei suoi input e output; infatti, vengono incluse gure per le quali il grado di immaterialità del lavoro è quanto meno
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1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro controverso, quali gli esperti pratici o gli artigiani e gli operativi quali cati. Con questa de nizione si considera il gruppo dei lavoratori della conoscenza come composto da posizioni lavorative non da attori (Armano et al. 2011).
In
altri termini se questo approccio può essere pro cuo per individuare i soggetti appartenenti alla categoria dei knowledge workers al ne di ottenere dei dati statistici, ci dà poche informazioni riguardo le soggettività coinvolte in questi processi, non dice molto riguardo a come sia cambiato il lavoro per le persone inserite in questi processi produttivi.
Una ulteriore criticità è che, come abbiamo visto nei paragra precedenti, la conoscenza è insita in ogni pratica lavorativa e risulta quindi di cile individuare dei lavoratori per i quali le loro conoscenze non abbiano un ruolo fondamentale. Per cercare di scongiurare l'uso della categoria lavoratori della conoscenza come categoria omnicomprensiva Butera pone l'accento sull'immaterialità del loro lavoro, come elemento di distinzione rispetto agli altri lavoratori/trici. I lavoratori della conoscenza sono quelli che operano su processi immateriali e per i quali la conoscenza è il principale input e output di processi di lavori che impiegano diversi tipi di conoscenza per svolgere il lavoro. Il processo di lavoro dei lavoratori della conoscenza non riguarda materiali e puri dati, ma conoscenze. Sono quelli la cui personale conoscenza professionale trasforma input conoscitivi in output di conoscenza di maggior valore (Butera 2008; p.
71).
L'utilizzo del termine
immateriale fa riferimento al concetto di lavoro immateriale, proposto da Lazzarato e ripreso da Negri e Hardt e altri. Lazzarato de nisce il lavoro immateriale come labour that produces the informational and cultural content of the commodity (Lazzarato 1996; p. 133). Negri e Hardt in Impero sottolineano come tutti i lavori per i quali non sia possibile distinguerne l'output come un oggetto
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Capitolo 1 discreto debbano essere considerati immateriali (Hardt and Negri 2003). Essendo slegato dagli oggetti materiali concreti, l'attività lavorativa acquisisce dei caratteri di intangibilità che rendono più complessa la valutazione del suo valore. Come argomentato da Gandio That is the power of immaterial labor the intangibility of the communicative exchange is able to turn water into wine, and people buy it (Gandio 2011; p. 123)
Il carattere immateriale degli scambi comunicativi che caratterizzano la società contemporanea cambia fortemente il processo di costruzione del valore, sottolineando ulteriormente come la svolta linguistica che abbiamo visto con Marazzi svolga un forte ruolo di cambiamento nella società contemporanea.
Butera
de nisce i lavoratori della conoscenza come soggetti che hanno responsabilità su processi immateriali di conoscenza. Il fatto che si tratti di processi immateriali, che riguardano la conoscenza, ne cambia radicalmente la natura economica, essendo la conoscenza un bene dai caratteri molto particolari che non segue le regole dell'economia classica.
Le caratteristiche della conoscenza come bene economico sono state a mio avviso descritte in maniera e cace in Global public goods and the global health
agenda: problems, priorities and potential (Stiglitz 2007) e in Innovation and Productivity: Using Bright Ideas to Work Smarter (Lewis 2008)sottolineando due caratteristiche di questo particolare bene: la non-rivalità e la non- escludibilità. Sinteticamente la non-rivalità signi ca: [that] there is no marginal cost to sharing its bene t (Stiglitz 2007; p. 309). Il fatto di condividere la conoscenza non implica dei costi marginali, al limite possono esserci dei costi legati alla trasmissione della conoscenza. Lo sviluppo dei sistemi informativi e della rete ha però reso estremamente limitati questi costi. Il secondo elemento, la non escludi-
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1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro bilità sottolinea come una volta sia stato creato un bene è impossibile impedire che altre persone abbiano accesso a quel bene (Lewis 2008).
Queste caratter-
istiche della conoscenza come bene economico hanno portato allo sviluppo di numerose ri essioni riguardo le conseguenze non solo sul piano economico, ma sul funzionamento della società contemporanea. Lessig ha trattato la rilevanza dell'attività di Remix (Lessig 2009) e Ciborra ha adattato il concetto di bricolage (Ciborra 1992) proprio per sottolineare come ogni processo di creazione e di invenzione si basi sulla rielaborazione di altre idee. Lo sviluppo dell'Open Source è un esempio delle conseguenze della conoscenza come bene pubblico, ri utando quindi l'idea dell'esclusione (Weber 2004); anche i fenomeni wiki, basati sulla condivisione, suggeriscono un diverso modo di interpretare il valore del lavoro basato sulla conoscenza (Tapscott, Don and Williams 2006).
Stando quindi alla de nizione di Butera, il prodotto del lavoro dei knowledge
workers è un'elaborazione simbolica delle loro conoscenze applicate per rispondere a speci che esigenze; il valore quindi non risiede nel supporto materiale utilizzato per trasmettere questa elaborazione, ma nella speci ca composizione dei simboli che viene creata dal/la lavoratore/trice. Il prodotto del lavoro ha quindi una sua esistenza autonoma dall'oggetto materiale utilizzato per trasmetterlo. Inoltre, come abbiamo visto, il costo marginale di riproducibilità e di usione di questo prodotto è quasi irrisorio e ciò implica un cambiamento del valore del lavoro stesso. Il ridursi del costo di riproducibilità è carico di conseguenze sul funzionamento dell'intero sistema produttivo ed è quindi un elemento molto rilevante per inquadrare le condizioni lavorative dei knowledge workers. La visione post-operaista proposta da Lazzarato, Hardt e Negri, a cui pare far riferimento Butera parlando di lavoro immateriale, è stata fortemente criticata in letteratu-
29
Capitolo 1 ra. Si è infatti rilevato come venga ignorato il fatto che la maggior parte delle persone continui a lavorare e faticare con le loro mani e con il corpo, piuttosto che con la mente e le informazioni, durante la loro attività lavorativa (Wright 2005), oltre al fatto che la distinzione tra lavori immateriali e lavori materiali, come sostenuto da Nick Dyer-Witheford (2005) è troppo riduttiva, dal momento che raggruppa diversi lavori la cui appartenenza ad una categoria piuttosto che all'altra è quanto meno controversa (Gandio 2011).
Nel suo testo Gandio evi-
denzia come un/a barista, un/a cameriere/a di un ristorante, un/a sex worker e un/a programmatore/trice di computer non svolgano lo stesso lavoro, eppure agiscono tutti/e su dei processi immateriali, nei quali il valore non è determinato dall'oggetto materiale, ma dalla costruzione sociale del loro valore, o forse si potrebbe sostenere che agiscono tutti in processi ibridi, con degli elementi di materialità e di immaterialità di cilmente distinguibili anche in sede di analisi perché indissolubilmente connessi tra loro. Il lavoro è quindi materiale e immateriale, e la distinzione tra questi due aspetti non sembra essere un discrimine e cace per distinguere delle categorie di lavoratori/trici. Credo che sia quindi utile cercare di interpretare il lavoro della conoscenza attraverso dei criteri non dicotomici, ma più sfaccettati e articolati che ci permettano di descrivere la complessità della società postfordista e siano in grado di darci più informazioni riguardo a come il lavoro cambi gli atteggiamenti e i pro li di comportamento dei/lle lavoratori/trici. Anche la distinzione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente sembra perdere e cacia.
Il criterio giuslavoristico che in
Italia distingue queste due condizioni sulla base della natura contrattuale pare non essere in grado di descrivere la molteplicità di situazioni nelle quali i soggetti sono inseriti all'interno del mondo del lavoro. Come sostenuto da Armano (2010)
30
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro i nuovi professionisti della conoscenza vivono una realtà che non corrisponde né al lavoro dipendente, né al lavoro professionale o imprenditoriale.
Questa
loro alterità dalla dicotomia lavoro dipendente/autonomo viene letta come una anomalia, la loro condizione viene interpretata come una soggettività dolente di chi deve subire una condizione inappellabile, come se non esistessero alternative all'essere lavoratori autonomi o dipendenti. La peculiare condizione lavorativa di questi nuovi professionisti non viene attualmente analizzata come una realtà nuova, ma piuttosto come una particolare declinazione dell'apprendistato tradizionale, quindi come identità in transizione verso una dimensione lavorativa tipica. Per iniziare a caratterizzarli diviene quindi utile osservare le condizioni lavorative a cui questi professionisti si trovano a far fronte. Al ne di comprendere il posizionamento lungo il continuum che porta dal lavoro dipendente al lavoro autonomo è utile tenere in considerazione i tre elementi individuati da Bologna (1997) come caratteristici del lavoro autonomo stesso: il grado di nonprescrittività delle operazioni da svolgere, la domestication del luogo di lavoro e una diversa organizzazione del tempo di lavoro. Bologna ed Armano rilevano come vi sia una disposizione al venir meno di modelli prestabiliti e pre-progettati
e il bisogno di autode nire soggettivamente le possibili traiettorie (Bologna 1997, Armano 2010). Il rapporto tra tempi e luoghi del lavoro e tempi e luoghi del non lavoro è quindi cambiato e diviene un aspetto su cui porrò attenzione all'interno dei capitoli empirici di questo lavoro di ricerca. Credo che sia inoltre necessario, per delineare la gura di questi lavoratori della conoscenza, focalizzare l'attenzione sulle soggettività coinvolte nei contesti lavorativi, cercando di evidenziare come vengano coinvolti nella loro attività i saperi da loro posseduti e che ruolo abbia la capacità di usarli in maniera essibile
31
Capitolo 1 e innovativa.
Il concetto di lavoratori/trici della conoscenza si riferisce quin-
di a quei lavoratori e lavoratrici, anche inquadrati entro il rapporto di lavoro dipendente, che investono sulla propria professionalità e costruiscono nel tempo un proprio percorso di promozione professionale (Bonomi and Rullani 2005; p. 239). Questa prospettiva quindi non adotta una de nizione a priori dei soggetti categorizzabili tra i lavoratori della conoscenza, ma pone al centro l'individuo inserito nel contesto lavorativo e i saperi da esso attivati. L'insieme delle attitudini, delle capacità e dei saperi posseduti dal personale viene generalmente identi cato come conoscenza (Gòrz 2008), vediamo quindi quali sono i saperi che in letteratura vengono individuati come caratterizzanti il lavoro dei knowledge work-
ers. Ferraresi e Michelsons (Ferraresi and Michelsons 2006) propongono quattro aggettivi per caratterizzare i saperi dei knowledge workers : saperi combinabili, taciti, unici e inestimabili.
Il fatto che si possiedano dei saperi combinabili è
un requisito necessario a renderli spendibili nel mercato, essi infatti vanno ad articolarsi con le competenze, avendo quindi un'utilità ed un impiego economico.
Questi saperi sono però al contempo taciti, non è possibile per l'impresa
appropriarsene acquisendoli o acquistandoli direttamente escludendo i portatori di queste conoscenze. Essi sono taciti per due ragioni: perché risultato di un processo originale di loro formazione e perché la loro applicazione a progetti costituisce un modo per il loro sviluppo e per la trasformazione in altro sapere (Armano 2010; p.
43).
Proprio a causa della peculiarità del processo di for-
mazione di questi saperi essi sono indubbiamente unici, nella misura in cui il sapere utilizzato nell'ambito lavorativo è costituito dall'insieme dei saperi accumulati dal soggetto e dal suo modo di valorizzarli intrecciandoli ad altri saperi, l'elemento che sta acquisendo importanza è la capacità di contestualizzare le
32
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro conoscenze, attraverso un processo che Rullani de nisce di contestualizzazione
cognitiva (Rullani 1998; p. 144). Questi saperi sono inestimabili nella misura in cui risulta di cile calcolare e valutare correttamente il loro valore; sono infatti solo parzialmente standardizzabili ed è possibile stimarne il valore solo dopo averli impiegati. Articolandosi con altri tipi di conoscenza ed altri mezzi di produzione risulta di cile isolare il valore aggiunto dato da questi saperi. Il fatto di essere in possesso di saperi che si caratterizzano in maniera unica non implica una posizione di forza contrattuale sul mercato del lavoro (Armano 2010). Rullani sostiene a tal proposito che per tornare agli attori adottando il loro punto di vista e la loro speci cità contestuale sia necessario domandarsi di quanto
potere essi dispongano per far valere i loro interessi e valori. Altrettanto importante è porre l'attenzione sulle contraddizioni della società postfordista poiché le contraddizioni fanno evolvere il potere, introducendovi non solo fessurazioni e punti deboli, ma soprattutto princìpi aggregazione e di costruzione basati su ciò che è progettabile e comunicabile (Rullani 1998; p.
145).
Una di queste
contraddizioni è quella tra la maggior qualità e la minor tutela del lavoro e, di conseguenza, fra la maggior implicazione interna e la minore copertura esterna del lavoratore (Accornero 2001; p. 11).
Il lavoro ha cessato di perdere importanza e svolge un ruolo centrale nella de nizione identitaria, al contrario di quanto teorizzato alla ne del novecento. La rilevanza identitaria del lavoro si coniuga con i cambiamenti caratteristici del postfordismo visti nel primo paragrafo, delineando un quadro complesso e problematico.
Gorz sottolinea come il capitale delle conoscenze posseduto dai
prestatari di lavoro sia generalmente considerato dalle aziende come il capitale umano di cui esse dispongono. Il capitale umano è un elemento preponderante
33
Capitolo 1 nel loro capitale complessivo e non viene valutato sulla base delle ore dedicate al lavoro, quanto sulla base dei risultati ottenuti e della qualitĂ complessiva. In altre parole le imprese si relazionano ai/lle lavoratori/trici come se fossero degli/delle imprenditori/trici.
Questo cambiamento nel modo di relazionarsi all'individuo
da parte dell'organizzazione presso cui lavora è ricco di conseguenze, andando a caricare i soggetti della responsabilità della loro quali cazione, della salute, della loro mobilità , in breve della loro impiegabilità (Gòrz 2008). A anco del lavoro tradizionale emerge il lavoro di auto-rappresentazione, rilevante quanto le altre attività lavorative, e richiedente tempo ed energie. I lavoratori stessi diventano manager di se stessi, dovendo curare l'auto-promozione e relazionandosi con gli altri lavoratori/imprese in termini di competitività (Ivi).
La tendenza ad una
individualizzazione del rapporto lavorativo trasforma radicalmente la de nizione della propria identitĂ e riduce o osteggia l'interpretazione delle condizioni vissute individualmente come simili alle condizioni di altri soggetti inseriti nel mercato del lavoro.
Per i lavoratori in una economia della conoscenza gli elementi che
favoriscono lo sviluppo di azioni coordinate sono limitati proprio a causa delle caratteristiche del loro lavoro: il passaggio dal lavoro ai lavori e l'individualizzazione della dimensione lavorativa, nella quale i knowledge workers si presentano come gure simili ai lavoratori autonomi (Bologna 1997), imprenditori di se stessi (Gòrz 2008), agendo o essendo costretti ad agire come freelance (Bologna and Ban 2011).
Nel prossimo capitolo cercherò di mettere in luce i tratti salienti
della crisi della rappresentanza nel mondo del lavoro, con particolare attenzione al mondo del lavoro della conoscenza, e le nuove tendenze che paiono a acciarsi in questo campo.
34
Capitolo 2 La rappresentanza nella società fordista e in quella postfordista 2.1
La crisi del sindacato
Il ruolo del sindacato nelle relazioni industriali è cambiato fortemente nell'arco dell'ultimo secolo. I dati riguardanti il tasso di sindacalizzazione dei lavoratori attivi mostrano oggi un chiaro ridimensionamento del ruolo dei sindacati nelle società occidentali. Se nel 1980 quasi la metà (il 49,6%) dei lavoratori dipendenti italiani erano iscritti ad un sindacato, poco più di 20 anni dopo erano scesi ad un terzo (34% nel 2002) (Regini 2008; p. 1). Come si può vedere nella tabella 1, che presenta i dati dal 1970 al 2007, il numero di lavoratori dipendenti cresce, mentre il tasso di sindacalizzazione tocca l'apice nel 1980 (48% degli/delle occupati/e)
Tabella 2.1: 1970-2007: iscritti attivi a Cgil Cisl e Uil, numero dei lavoratori dipendenti, tassi
di sindacalizzazione
Anno 1970 1980 1990 2000 2005 2006 2007
Cgil 2.355.587 3.495.537 2.585.573 2.448.074 2.467.164 2.553.580 2.595.816
Iscritti attivi Cisl 1.615.634 2.508.263 2.007.015 1.993.271 2.081.370 2.126.146 2.191.245
Uil 675.000 1.145.910 1.125.376 1.146.879 1.166.879 1.180.662 1.211.898
Lavoratori dipendenti 12.918.000 14.808.000 15.222.000 15.130.000 16.533.000 16.916.000 17.167.000
35
Tasso di sindacalizzazione
Cgil 18,23% 23,61% 16,99% 16,18% 14,92% 15,10% 15,12%
Cisl 12,51% 16,94% 13,18% 13,17% 12,59% 12,57% 12,76%
Uil 5,23% 7,74% 7,39% 7,58% 7,06% 6,98% 7,06%
Cgil, Cisl, Uil 36% 48% 38% 37% 35% 35% 35%
Capitolo 2
Figura 2.1: Iscritti attivi e pensionati, (in valori assoluti) nei tre sindacati confederali tra il
1986 e il 2007. Fonte (Feltrin 2009).
per poi calare no ad assestarsi attorno al 35% nel 2007.
Questi dati sono in
linea con la perdita di centralità, riscontrata in tutti i paesi occidentali, del ruolo dei sindacati (Stewart 2002), che oggi rappresentano una quota limitata della popolazione attiva. In Italia il tasso di sindacalizzazione è in linea con la Germania, attorno al 30%, inferiore al Belgio e ai paesi scandinavi, dove presenta quote abbondantemente superiori al 50%, ma molto superiore ad altri paesi quali Inghilterra (20%), Stati Uniti (12%) e Francia (10%) (Musso 2008). Anche se la riduzione a cui si assiste del tasso di sindacalizzazione in Italia è consistente la si può ritenere sensibile ma non drammatica (Musso 2008; p.
3).
Infatti,
nel caso italiano vi è una riduzione del tasso di sindacalizzazione, ma non del numero complessivo di membri iscritti, essi sono anzi continuamente aumentati (Feltrin 2009). Ponendo l'accento sul numero di iscritti totali, piuttosto che sul
36
2.1 La crisi del sindacato
Figura 2.2: Composizione iscritti ai sindacati. Fonte (Feltrin 2009; p. 165).
rapporto tra lavoratori iscritti al sindacato e il totale dei lavoratori, ovvero il tasso di sindacalizzazione, si passa da 8.914.391 nel 1986 a 11.719.703 nel 2007 [...] Il principale contributo alla crescita sindacale nel periodo è stato fornito dai pensionati, che sono cresciuti costantemente sino al 2004, quando hanno subìto una battuta d'arresto. A ne periodo sono quasi il doppio rispetto a quelli rilevati verso la metà degli anni ottanta (Feltrin 2009; p. 160). Al consistente contributo numerico dei pensionati, che sono divenuti componente maggioritaria in CGIL (dal 1993) e in CISL (dal 1998), ma rimasti minoritari in UIL, bisogna aggiungere la sindacalizzazione degli/lle immigrati/e. La componente migrante all'interno del sindacato era pressoché inesistente all'inizio del periodo analizzato mentre acquisisce ora una grande rilevanza: nel 2007 il numero complessivo di stranieri iscritti ai tre principali sindacati ha superato le 700.000 unità e rappresenta il 12% degli iscritti occupati e il 17,5% degli iscritti nel settore privato (Feltrin 2009; p. 162).
37
Capitolo 2 Andando a leggere i dati riguardanti i lavoratori dipendenti in modo piĂš approfondito si nota come a fronte di una discreta tenuta di iscritti tra i dipendenti pubblici, si assista ad un netto calo tra i dipendenti del settore privato.
Il quadro che si viene delineando è quindi quello di una trasformazione della natura dei sindacati confederali, i quali vedono ridursi la rilevanza di quella che tradizionalmente è stata la categoria di riferimento della loro attività di rappresentanza. Questo cambiamento pone in luce il dilemma della qualità del
tesseramento, infatti gli iscritti non pesano tutti allo stesso modo. Questo aspetto si chiarisce se andiamo a distinguere tra la forza del sindacato e la sua in uenza : la forza sindacale riguarda il potere di contrattare le condizioni di lavoro e viene registrata da tassi di sindacalizzazione speci ci (di settore, di area, di azienda); l'in uenza sindacale si riferisce al potere di condizionare l'agenda di politica economica dei Governi (Feltrin 2009; p. 12). Il cambiamento di composizione del sindacato con l'aumento della quota occupata dai pensionati e dagli immigrati implica una riduzione della forza sindacale. Il sindacato perde potere nella fase di contrattazione delle condizioni di lavoro dei lavoratori attivi, mentre mantiene il suo peso sulla capacitĂ di in uenza sul piano politico, dal momento che i pensionati costituiscono una consistente parte dell'elettorato.
In letteratura sono state date diverse interpretazioni delle ragioni sottostanti a questo cambiamento di composizione e di rilevanza del sindacato (Accornero 1992, Rullani 2000, Danford et al. 2002, Ballarino 2005, Piore and Sa ord 2006, Covolan 2008). Ci sono diversi elementi che suggeriscono si possa parlare di crisi del sindacato com'è stato inteso nora, ovvero come organizzazione di rappresentanza degli interessi dei lavoratori.
Da un lato i dati statistici sul numero
di iscritti nei sindacati, in Italia e all'estero, come abbiamo visto, sono in netto
38
2.1 La crisi del sindacato calo, dall'altra il numero di accordi è andato riducendosi, ed è cambiata anche la modalità di conclusione di questi: i due fattori che erano associati piÚ signi cativamente con la forza dei sindacati erano il numero totale delle lamentele a rontato dalle rappresentanze sindacali ed il numero totale delle nuove procedure
manageriali che erano impiegate nelle aree lavorative delle rappresentanze stesse (Danford et al. 2002; p. 186). Sono state date diverse interpretazioni di questa crisi. Piore and Sa ord (2006) sostengono che cambiando il modello dominante del New Deal, con la crisi del sistema socio-produttivo fordista, si sia a ermato un modello nuovo che si basa su dei caratteri sostanzialmente di erenti.
Il primo punto della loro argomentazione riguarda il calo di contrattazioni pubbliche avvenuto nella seconda metà del novecento. Dopo aver raggiunto un punto massimo attorno agli anni `70 si raggiunge un minimo negli anni `90 andando successivamente a stabilizzarsi sui livelli attuali. Al loro posto si di onde la pratica delle contrattazioni individuali e degli arbitraggi per risolvere le dispute contrattuali (Piore and Sa ord 2006). Questa tendenza è coerente con i processi di cambiamento del mondo del lavoro che abbiamo chiamato seconda modernità e con quanto suggerito da Marazzi (1999) riguardo l'impatto della svolta linguistica nei luoghi di lavoro, ovvero la tendenza a portare avanti una contrattazione individuale fondata sulle tecniche comunicative apprese nel tentativo di massimizzare il proprio vantaggio individuale piuttosto che ricorrere a strategie collettive, con conseguente crisi dei sistemi di rappresentanza e contrattazione collettiva. Contrattazione individuale e arbitraggi delle dispute contrattuali riducono la rilevanza della dimensione nazionale per quanto riguarda l'intero ambito lavoristico. Da un lato perdono rilevanza i contratti nazionali frutto della concertazione delle parti sociali, e quindi con validità erga omnes, in grado di essere riferimento per
39
Capitolo 2 tutti i lavoratori e le lavoratrici di una certa categoria. D'altra parte la pratica dell'arbitraggio è ricca di conseguenze: cambiando il luogo di risoluzione delle dispute si evita che le decisioni prese attorno ad un caso vadano ad in uenzare le decisioni di chi sarà chiamato ad esprimersi su materie simili successivamente, ma l'e etto piÚ generale è il cambiamento radicale del funzionamento del diritto del lavoro, come viene espresso chiaramente in un appello lanciato da diversi giuslavoristi, tra cui Luciano Gallino, Tiziano Treu, Umberto Romagnoli, contro l'applicazione del sistema dell'arbitrato per le controversie lavorative, come previsto dalla legge 30/2003 e dal d.
lgs.
n.
276/2003.
Essi sostengono che:
la norma manifesto , il cui contenuto può essere considerato a ragion veduta assolutamente eversivo rispetto all'intero ordinamento giuslavoristico, è il comma 9 dell'art. 33, laddove prevede la devoluzione all'arbitrato delle controversie insorte in relazione ai contratti di lavoro certi cati dalle apposite commissioni, cosÏ sottraendo, in una molteplicità di casi, la tutela dei diritti dei lavoratori alla giurisdizione ordinaria, nel cui ambito la specializzazione del giudice del lavoro era stata da sempre considerata un valore primario (A.A. V.V. 2003; p.
1).
Le ragioni per cui viene considerato cosÏ rilevante l'apertura all'arbitrato per la risoluzione delle controversie lavorative è che questa disposizione, per un verso, consente che gli arbitri decidano secondo equità (ossia senza il doveroso rispetto di leggi e contratti collettivi) e, per altro verso, stabilisce che la clausola compromissoria possa essere inserita anche all'atto della stipulazione del contratto individuale di lavoro (sia pur certi cato), vale a dire nel momento in cui è evidentemente piÚ debole la posizione del lavoratore che aspiri all'occupazione (A.A. V.V. 2003; p. 1). Questa pratica indica quindi l'adozione di un assunto di fondamentale parità di forza tra datore di lavoro e lavoratore/trice, in contrasto con la
40
2.1 La crisi del sindacato natura del diritto del lavoro nato per tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro.
Tornando al nuovo modello di organizzazione del lavoro e di relazioni industriali, il secondo punto dell'argomentazione di Piore and Sa ord (2006) è che vi sia uno spostamento degli elementi che vengono messi al centro del processo contrattuale, un mutamento degli assi della mobilitazione sociale.
Se il sis-
tema di contrattazione collettiva nora conosciuto si era venuto a creare dalla mobilitazione dei lavoratori industriali e i sindacati erano organizzati attorno a complessi di identitĂ radicate nella produzione (craft ), la professione, l'industria e l'impresa , le leggi sull'impiego sviluppate in questi anni sono generate dalla mobilitazione politica attorno a delle identitĂ sociali legate alla razza, all'etnia, e alle caratteristiche personali associate a dei social stigma , come il sesso, l'etĂ , la disabilitĂ sica e l'orientamento sessuale (Piore and Sa ord 2006; p. 7).
Il cambiamento dei bisogni identitari di riferimento pone l'attivitĂ sindacale in una posizione critica, andando a minare uno dei meccanismi che avevano permesso al sindacato italiano di limitare le perdite durante il decennio successivo all'autunno caldo: 1989).
la prospettiva di una corresponsabilitĂ degli esiti (Cella
La risposta adottata dal sindacato italiano alla essione della parteci-
pazione degli anni `80 è stata quella di operare un cambiamento culturale che ha portato da una logica antagonistica caratteristica degli anni `60-`70, che era riuscita ad ottenere obiettivi contrattuali e un controllo capillare sulle prestazioni di lavoro, ad esperienze di microconcertazione aziendale ispirata all'esperienza codecisionale svedese (Piotto 2008; p. 5). La ragione che sottostà al mantenimento dei tassi di sindacalizzazione in questo periodo è la capacità mostrata dal sindacato di imporsi come interlocutore in sede di contrattazione. Il passaggio
41
Capitolo 2 che suggerisce Piotto è che il sindacato abbia rinunciato alle modalità piÚ con ittuali per bilanciare i poteri nei luoghi di lavoro a favore di strategie di dialogo e presa di responsabilità maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei suoi rappresentati. Questa analisi sembra ra orzata dalla crescita osservata in questi anni del sindacato che ha proposto un approccio pragmatico-contrattualista, verticale di categoria, del sindacato degli iscritti , vale a dire la CISL, a scapito di una cultura del sindacalismo politico/oppositivo, territoriale/orrizontale del sindacato di classe propria della CGIL (Musso 2008; p. 5).
Risulta utile quindi in sede analitica distinguere due elementi che pongono in crisi il panorama sindacale italiano: da un lato la diversi cazione dei ruoli all'interno delle categorie comporta una di coltĂ a rappresentare i diversi interessi, infatti una federazione troppo rappresentativa, ossia che opera nei confronti di un ramo merceologico molto ampio e dunque dotato al proprio interno di professionalitĂ molto diverse tra loro, nisce con essere per nulla rappresentativa (Covolan 2008; p. 2). D'altra parte la tendenza alla de-collettivizzazione della contrattazione, portata avanti attraverso diversi interventi legislativi, mette in crisi anche il modello sindacale CISL , il quale comunque basa la sua attivitĂ sul riconoscimento di vincoli solidaristici rappresentando i lavoratori attraverso le loro categorie e non individualmente, ma fonda la sua forza sulla capacitĂ di garantire una tutela agli iscritti.
Se, come sostenuto in alcuni studi, la tendenza dovesse essere quella di un mercato del lavoro ancor piĂš fortemente caratterizzato dalla precarizzazione del lavoro con una maggior instabilitĂ dell'occupazione, in cui la precarietĂ dal lavoro andrĂ poi a pervadere tutte le dimensioni della vita soggettiva divenendo una vera e propria precarietĂ sociale (Murgia 2010), con conseguente riduzione
42
2.1 La crisi del sindacato del tempo di durata di rapporti stabili tra lavoratori e lavoratrici e datori di lavoro, se in altre parole vi sarà un passaggio dal lavoro ai lavori (Accornero 2001), anche il concetto di categoria di riferimento adottato dalla CISL risulterà inadeguato. Una delle ragioni che ha portato alla riduzione del ruolo della CGIL, come abbiamo visto, è stata la crisi del concetto di classe nella de nizione identitaria dei lavoratori e delle lavoratrici. In questo contesto la proposta di azioni tese all'ottenimento di soluzioni contrattuali speci che per le diverse categorie, nei diversi contesti territoriali/aziendali proposta dalla CISL si è a ermata riuscendo a rispondere in modo piÚ e cace ai bisogni di rappresentanza espressi. Nel momento in cui anche il concetto di categoria entra in crisi, perde parte del suo signi cato, quali e etti può avere su un sindacato che ha optato su di esso per de nire la propria azione? Nel momento in cui i concetti (classe e categoria) attorno a cui i due principali sindacati italiani hanno improntato la loro azione di rappresentanza vengono meno, non potranno piÚ essere questi a determinarne il successo o l'insuccesso. Fermo restando che non necessariamente si dovrà giungere ad un esito positivo, ammettendo quindi anche la scomparsa dei sindacati come uno dei possibili esiti, risulta comunque interessante osservare se e in qual modo la struttura di queste organizzazioni risulterà piÚ o meno adeguata a far fronte alle s de dell'estrema essibilità del mercato del lavoro. Se non solo la classe non c'è piÚ, ma anche la categoria rischia di non esserci piÚ l'organizzazione territoriale potrebbe risultare quella piÚ adatta a rappresentare la massa dei lavoratori uttuanti (Musso 2008; p. 6). Le esigenze di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici oggi, con il di ondersi della miriade di forme contrattuali disponibili, sembra sempre piÚ slegarsi dalla mera dimensione contrattuale, necessitando interventi legislativi universali e richiedendo quindi da parte delle
43
Capitolo 2 organizzazioni deputate alla rappresentanza una capacità di imporre delle regole con una validità erga omnes, allineandosi con un sindacato che punterà più alla legge che al contratto. Se è così, sembra destinata a maggiori successi una nuova cultura sindacale ricalcata sul modello della CGIL (Musso 2008; p. 6). Concorda con questa lettura anche Enzo Rullani il quale sostiene che il sindacato può avere un ruolo attivo nella situazione postfordista proprio se sceglie di sviluppare la dimensione del sindacato generale che è stata compressa nora dalla cultura neo-corporativa, venendo incontro a quel bisogno di regole, di organizzazione, di comunicazione che non può essere abbandonato senza costi e ine cienze gravissime all'auto-organizzazione degli operatori decentrati (Rullani 2000; p. 23).
L'aspetto che sembra emergere come particolarmente problematico non è tanto un sistema contrattuale fondato sulla essibilità, quanto un sistema di welfare incapace di garantire una rete protettiva contro il licenziamento e le fasi temporanee, ma sempre più frequenti di disoccupazione, mentre altrettanto insicura appare la tutela previdenziale. Assistiamo ad un welfare a due velocità (Rizza 2000; p.
24), dove al concetto di licenziamento oggi sostituiremo quello di
disoccupazione tra un contratto e l'altro.
Il cambiamento della composizione degli iscritti al sindacato (Feltrin 2009), e la riduzione del tasso di sindacalizzazione sono state dunque piuttosto netti in questi anni (Valenza 2008) e hanno inciso sulla forza dell'azione sindacale. Il cambiamento dei concetti determinanti l'identità, inoltre, è fortemente legato al cambiamento a cui stiamo assistendo nella società postfordista.
Castells
(2003b) sostiene che la crescente diversi cazione e segmentazione degli interessi sociali della società in rete dà luogo alla loro aggregazione sotto forma di
44
2.1 La crisi del sindacato identità (ri)costruite. Vi è, dunque, una pluralità di identità che indirizza verso lo stato-nazione le rivendicazioni, le esigenze e le s de della società civile.
La
crescente incapacitĂ dello stato-nazione di rispondere simultaneamente a questa vasta gamma di domande sociali produce quella che Habermas ha chiamato crisi di legittimazione o, secondo l'analisi di Richard Sennett, il declino dell'uomo pubblico , gura rappresentante il fondamento della cittadinanza democratica (Castells 2003b; p.
359).
La gestione di questa pluralità di identità è prob-
lematica per il sindacato almeno quanto lo è per lo stato-nazione.
Credo che
sia importante osservare in sede empirica quali elementi sono a sostegno di una lettura del cambiamento nel sistema di rappresentanza da attribuirsi ad una emphcrisi di legittimazione del sindacato o ad un declino dell'uomo pubblico.
Un aspetto quindi sul quale è opportuno focalizzare l'attenzione sarà in che misura i concetti di classe o categoria sono e ettivamente venuti meno e quanto la struttura organizzativa risulti rilevante per svolgere e cacemente l'attività di rappresentanza. Al termine di questa analisi sulla salute del sindacato credo che sia importante sottolineare come le trasformazioni che lo riguardano non paiono essere il sintomo di una malattia allo stadio terminale, il sindacato è ancora un'organizzazione che rappresenta un consistente numero di lavoratori e lavoratrici (35%) e piÚ in generale di persone che vivono in Italia.
Il sistema
socio-produttivo contemporaneo è distante da un ideale di equità sociale che faccia supporre non vi sia piÚ bisogno di sistemi di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Il sindacato oggi è chiamato a svolgere delle fondamentali
funzioni di comunicazione e organizzazione (Rullani 2000) e forse la principale partita si giocherĂ sul piano del supporto che esso riuscirĂ a dare alle iniziative nate da gruppi di lavoratrici e lavoratori che si svilupperanno dal basso, facili-
45
Capitolo 2 tando l'a ermarsi della dimensione collettiva nelle strategie di soddisfazione dei nuovi bisogni (Musso 2008; p.
6).
Il ruolo quindi dell'organizzazione sinda-
cale potrebbe diventare quello di collettore di istanze, di supporto allo sviluppo di una rete di organizzazioni autonome nate spontaneamente dal basso, sfruttando gli strumenti conquistati nella sua storia per supportare i movimenti che emergono ora. Per svolgere questo ruolo è necessario un ulteriore e radicale cambiamento culturale nel sindacato, esso deve divenire un'istituzione a supporto dei movimenti dando ampi spazi a queste realtà autonome per la de nizione delle modalità e dei contenuti, fornendo strumenti e servizi, divenendo l'interlocutore delle istituzioni statali e permettendo ai lavoratori di sedersi al tavolo di dialogo con le associazioni datoriali, aiutando in questo modo i movimenti a non istituzionalizzarsi per perseguire i loro obiettivi. Nella fase di ricerca cercherò di comprendere se emerge un'apertura in questo senso da parte di qualche associazione sindacale e quali dinamiche si sono venute a creare all'interno di uno speci co caso studio. Nel prossimo paragrafo cercherò di presentare alcune delle ragioni per cui si sono sviluppati dei movimenti esterni alle organizzazioni sindacali.
2.2
Altre forme di rappresentanza
Prima di focalizzare l'attenzione sulle nuove forme di rappresentanza che si sono presentate in questi anni ritengo sia importante sottolineare il ruolo che occupa oggi l'identitĂ , nella societĂ e nei movimenti. Nel primo capitolo abbiamo visto come il declino del modello fordista abbia portato ad una ride nizione dei riferimenti identitari che si erano consolidati. In particolare viene rilevata una di coltĂ ad identi carsi in identitĂ collettive
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2.2 Altre forme di rappresentanza legate alla dimensione lavorativa vissuta (Marazzi 1999, Castells 2002). Con il venire meno del fordismo sembra sgretolarsi la gabbia d'acciaio di cui parlava Weber (Zucchetti 2005; p. 28), ovvero viene meno una realtà che se da un lato schiacciava in qualche modo l'individuo, consentiva anche la costruzione di una biogra a continua e prevedibile (Pietrantoni 2006; p. 12), viene quindi meno uno degli elementi che hanno contribuito a de nire l'identità individuale, il lavoro oggi non conferisce piÚ un'identità globale all'individuo adulto. La realizzazione esistenziale non è piÚ prevalentemente realizzazione nel lavoro, perchÊ accanto al lavoro si sono aggiunti altri attributi a fondare l'identità sociale del soggetto (Lazzarini 2003; p.
141), tesi sostenuta, come visto nel precedente paragrafo,
anche da Piore and Sa ord (2006).
I processi di de nizione dell'identitĂ si vanno quindi ride nendo, divengono piĂš problematici (Zanetti 2005), nuovi aspetti emergono come centrali in questa fase, ma questo cambiamento non corrisponde a una riduzione della rilevanza dell'identitĂ .
Il sentimento d'appartenenza, il riconoscersi in una identitĂ co-
mune con altri, non sono insomma ferri vecchi di cui si possa facilmente fare a meno, tornando ai rapporti anonimi, impersonali e ina dabili del mercato (Rullani 2008; p. 59). L'identitĂ mantiene la sua fondamentale funzione sociale nel mercato del lavoro, sia a livello d'impresa che per i singoli lavoratori e lavoratrici.
Il problema dell'identità non è originato tanto da condizioni oggettive , misurabili e quanti cabili, ma è piuttosto una questione di abitudini mentali (Bologna 1997; p.
99).
L'identità è fortemente e imprescindibilmente sociale,
si sviluppa attraverso l'esigenza di essere riconosciuti dagli altri (Calhoun 1994) ed è la base non oggettivabile che caratterizza l'agire nella società . L'identità è, per le persone, la fonte di senso e dell'esperienza. [...] Con il termine iden-
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Capitolo 2 tità per quanto attiene al campo degli attori sociali io denoto un processo di costruzione di signi cato fondato su un attributo culturale, o su una serie di attributi culturali in relazione tra loro, che assume un'importanza prioritaria rispetto ad altre fonti di senso (Castells 2003b; p. 6). La rilevanza dell'identità all'interno del contesto dei movimenti è quindi fortemente connesso a questa sua funzione epistemica. Secondo Rullani serve, perchÊ la responsabilizzazione sia e ettiva, la mediazione di una comunità epistemica che porti avanti una visione condivisa delle cose e che possa dunque esercitare un'in uenza e ettiva sui comportamenti, sugli atteggiamenti delle categorie, dei campanili , degli interessi individuali che compongono il sistema (Rullani 2008; p.
62).
Nelle prossime
pagine vedremo in che modo i movimenti si siano proposti come interpreti della condizione socio-economica vigente.
2.2.1 I movimenti in Italia: un inizio, la MayDay Ho ritenuto interessante aprire questo paragrafo riportando la preghiera a San Precario e la sua icona trovati sul retro di un santino , distribuito durante la costituente dello sciopero precario, a Bologna, il 25 settembre 2011, cosÏ come in molti eventi e manifestazioni, soprattutto nel contesto milanese, nel corso degli ultimi dieci anni in Italia. Lo stile comunicativo adottato dai movimenti nati a fronte della seconda modernità è peculiare e nelle prossime pagine cercherò di tratteggiarne le caratteristiche principali. I movimenti che sono emersi in questi anni in Italia non hanno meramente l'ambizione di svolgere una funzione di rappresentanza di quei lavoratori che non si sentono rappresentati nel vigente sistema sindacale, ma agiscono sul piano della rappresentazione, ovvero di una produzione simbolica nalizzata alla costruzione identitaria.
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A tal proposito Bruni and Selmi (2010)) compiono un'analisi dei
2.2 Altre forme di rappresentanza
Figura 2.3:
Oh San Precario, Protettore di noi, precari della terra Dacci oggi la maternità pagata Proteggi i dipendenti delle catene commerciali, gli angeli dei call center, le partite iva e i collaboratori appesi ad un lo Dona a loro ferie e contributi pensionistici, reddito e servizi gratuiti e salvali dai lugubri licenziamenti San Precario, che ci proteggi dal basso nella rete, prega per noi interinali e cognitari Porgi presso Pietro, Giacomo, Paolo e i Santi Tutti la nostra umile supplica Ricordati delle anime in scadenza di contratto torturati dalle divinità pagane, Libero Mercato e Flessibilità che si aggirano incerte senza futuro né casa Senza pensioni né dignità Illumina di speranza i lavoratori in nero Dona loro gioia e gloria Per tutti i secoli dei secoli MAYDAY
movimenti nati e sviluppati in Italia focalizzando l'attenzione sulla dimensione di genere. In questo articolo essi sottolineano come l'aver sostituito al piano della rappresentanza quello della rappresentazione abbia contribuito a far emergere (e, in un secondo momento, a tematizzare esplicitamente) l'ordine simbolico di genere che fa da sfondo tanto alle relazioni lavorative, quanto alle narrazioni di nuove identità sociali, problematizzando così le relazioni tra soggettività individuale e collettiva, lavoro e non lavoro, maschile e femminile (Bruni and Selmi 2010; p. 366). Operare sulla rappresentazione della realtà sociale, attraverso racconti che la interpretano, incide sulle abitudini mentali tradizionali proponendone di nuove. Un punto che sembra centrale è che i movimenti non si limitano a rappresentare identità già delineate, ma agiscono nella de-costruzione e ri-costruzione collettiva di queste identità, attraverso processi di rappresentazione (Bruni and Selmi 2010).
49
Capitolo 2 Risulta complicato raccontare la nascita di un movimento, preferisco in questa sede fare riferimento a delle manifestazioni storiche del movimento stesso. In Italia alcuni movimenti e collettivi contro l'insicurezza del lavoro hanno adottato una speci ca forma d'azione, una parata, una protesta nazionale chiamata Mayday. Si tratta di una forma di evento-protesta nazionale, creato come parte di una campagna transnazionale, che ricorre il primo maggio a partire dal 2001, di ondendosi a livello europeo a partire dal 2004. La Mayday è un'esperienza che raccoglie la ricchezza dei movimenti di Genova e le sezioni radicali dei sindacati. Nasce a seguito e sull'onda del G8 del 2001, ma riesce ad unire al suo interno generazioni di erenti di con itto, sviluppando un mix di strategie d'azione nuovo (Foti 2005; p.
1).
Gli ideatori della Mayday sono il collettivo milanese
dei Chainworkers (Mattoni 2008). Questo collettivo concentra la sua azione su due temi principali: la precarietĂ e la comunicazione. Al contempo la ri essione attorno a questa festa vuole essere una riappropriazione: i noglobal dovevano riprendersi MayDay [il primo maggio n.d.r] e il suo spirito wobbly, antistatalista e anticapitalista al tempo stesso, in tutto il mondo (Foti 2009). I temi che divengono centrali nelle mobilitazioni e nelle ri essioni sono molteplici e trascendono i con ni del dibattito politico istituzionale, e vengono simbolicamente rappresentati dalle quattro stelle colorate (rossa, nera, verde, rosa) presenti nelle locandine delle diverse edizioni dell'evento. Questi quattro colori rappresentano simbolicamente la cromatologia noglobal di base : red-comunist, black- anarchist, green-ecologist, pink-queer, e nella simbologia che circonda le ri essioni e gli eventi promossi dai movimenti si fondono e si compongono per esprimere la
1
centralitĂ delle diverse anime del movimento (Foti 2009) . Viene posta al centro
1 Per un maggiore approfondimento della storia dei movimenti noglobal italiani ed europei, con una dettagliata analisi della genesi e delle ragioni sottostanti la Mayday, rimando all'arrabbiato e protestante libro Anarchy in the EU di Alex Foti, uno degli ideatori della Mayday e
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2.2 Altre forme di rappresentanza la dimensione soggettiva dei suoi e delle sue componenti, l'azione dei Chainworkers sembra essere chiaramente tesa alla costruzione di un identitĂ progettuale la loro attività è progetto di una vita diversa, ma che si estende alla trasformazione della societĂ per un prolungamento del progetto dell'identitĂ (Castells 2003a; p. 10). La Mayday acquisisce progressivamente importanza no a diventare un evento riconosciuto a di uso a livello europeo nel 2004. Proprio in quest'anno il collettivo Chainworkers annuncia la nascita di un nuovo Santo, San Precario, nato il 29 febbraio 2004. San Precario nasce dalla necessitĂ di dare voce al proliferare di lavori e lavoratori le cui caratteristiche e bisogni non trovano spazio nelle usuali categorie di rappresentanza sindacale (Bruni and Murgia 2007; p. 67). Che cos'è San Precario? Ăˆ un santo del quale si può leggere la storia, ed è una storia vicina ai/alle lavoratori/trici postfordisti; ha una sua data e un luogo di nascita, una biogra a e un'identitĂ , ma è un identitĂ collettiva. Nasce come artefatto simbolico al ne di superare le abitudini mentali che impedivano a lavori e lavoratori di avere voce, di esprimere la loro condizione lavorativa e di vita. Viene corredato di tutti gli artefatti simbolici necessari per farlo rientrare a pieno titolo tra i santi del calendario (Bruni and Selmi 2010; p. 372). Vengono create delle statue per portarlo in processione, dei santini (come 2.3 riprodotto in apertura di paragrafo) da distribuire ai fedeli, e delle litanie da recitare mentre si porta il Santo in processione. San Precario è un'invenzione che viene di usa attraverso un processo che Bruni e Selmi de niscono open source 2010; p.372, ovvero chiunque è libero di utilizzarlo nei posti in cui lavora, è quindi un patrimonio di tutti i precari.
In questo senso ci troviamo di fronte
ad un'identità collettiva, che è fortemente legata al vissuto dei lavoratori e delle membro del collettivo Chainworkers (Foti 2009).
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Capitolo 2 lavoratrici che si riconoscono in questo santo, e lo fanno proprio, adattandolo alla loro realtĂ peculiare, senza per questo stravolgerlo. Ăˆ per questa ragione che è possibile trovare molte versioni dell'immagine di San Precario in rete, perchĂŠ i suoi abiti sono gli abiti dei/delle lavoratori/trici a lui fedeli. Per comprendere questo fenomeno è necessario tenere presente quanto diceva Castells, ovvero i movimenti sociali sono elemento costante della societĂ . I valori cui si ispirano e le forme organizzative adottate, però, variano a seconda del contesto sociale nel quale operano (Castells 2007; p. 249). I valori e le forme organizzative adottate da San Precario possono essere comprese, quindi, focalizzando l'attenzione sulla forma che ha assunto l'attuale sistema socio-economico.
Nella seconda modernità il lavoro è divenuto sempre piÚ immateriale, i con ni che separavano gli spazi di lavoro e quelli privati si sono ridotti; nel lavoro ha acquisito sempre maggiore importanza la sfera della comunicazione, della conoscenza, degli a etti e dei desideri, e San Precario si manifesta dunque attraverso queste stesse forme, ossia mobilizzando comunicazione, informazione, a etti, conoscenza e desideri; in altre parole mobilizzando un immaginario simbolico (Bruni and Murgia 2007; p. 70). La forza di questo artefatto sta anche nella sua capacità di recepire i caratteri culturali mainstream della società italiana, per comunicare nel linguaggio piÚ di uso il proprio messaggio. San Precario è infatti un detournement della tradizione cattolica di devozione ai santi, di cui vengono mantenuti gli aspetti formali ma radicalmente sovvertiti i contenuti per farne un patrono mitopoietico di quei soggetti sfruttati ma combattivi, con l'obiettivo di ringiovanire l'immaginazione popolare nella lotta per i diritti sociali (Bruni and Selmi 2010; p. 373). L'ironia e la parodia diventano quindi strumenti comunicativi e di lotta, tesi a colpire l'immaginario pubblico trovando il modo
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2.2 Altre forme di rappresentanza di sfruttare le infrastrutture mediatiche esistenti come cassa di risonanza delle proprie azioni.
Un importante successo che si può attribuire al Santo, e al movimento nato a seguito della precarizzazione delle condizioni di vita, è l'istituzionalizzazione della parola precarietà . L'imporsi di tale termine, il cui signi cato appare oggi quasi scontato, e il cui successo è stato tale da generare una serie di neologismi in altre lingue europee (precariedad; precariedade; prÊcaritÊ; precarity), non solo ha contribuito a ride nire la cornice e i contorni del dibattito sul lavoro, ma è anche diventato sinonimo di una piÚ ampia condizione di esistenza e vita quotidiana (Bruni and Selmi 2010; p. 365). La di usione che si può riscontrare nella letteratura scienti ca, ma ancor piÚ nell'uso comune, di questo termine, è senz'altro segnale della sua adeguatezza a descrivere la situazione socio- economica di moltissimi lavoratori/trici; dando loro nuove parole vengono dati loro anche nuovi modi di interpretare le loro esperienze.
Per colpire l'immaginario pubblico, dicevamo poco sopra, questi movimenti si sono armati di ironia e fantasia, cercando di trovare modalitĂ di lotta che consentissero anzitutto di trasmettere il messaggio in forme di erenti da quelle tradizionali.
Qui di seguito presenterò due azioni promosse dalla rete di San
Precario, per osservare nel concreto le modalitĂ agite in queste manifestazioni del Santo.
Questi due casi sono la s lata di moda della stilista Serpica Naro,
durante la settimana della moda di Milano del febbraio 2005, e l'azione organizzata durante il XXIV salone del libro di Torino per la presentazione del volume PerchĂŠ la precarietĂ ci salverĂ di Thomas Murhpy, casa editrice Narioca PresS nel maggio 2011.
Questi sono due casi di subvertising (Bruni and Selmi 2010; p.
375) nei
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Capitolo 2 quali viene creato un grande blu attraverso la complicitĂ di precari e precarie che lavorano in queste grandi manifestazioni.
Sia Serpica Naro che Narioca
PresS sono due anagrammi di San Precario, e nascono sempre dall'immaginazione precaria che vuole con ironia e astuzia denunciare le condizioni di lavoro nei settori della moda e dell'editoria.
Serpica Naro, la nascita del meta-brand Serpica Naro è la prima di queste azioni, quella che ha ottenuto un maggior successo mediatico, e quella che è stata piÚ studiata in letteratura.
Serpica viene presentata come
artista emergente alla Settimana della moda di Milano, questa stilista anglo-nipponica era però molto invisa ai movimenti per la sua appropriazione a ni commerciali di temi e idee sviluppate al di fuori del mainstream (Chainsworker 2012), per queste ragioni vengono annunciate azioni di protesta in occasione della sua s lata. Nei giorni che precedono l'evento alcuni militanti organizzano delle manifestazioni vecchio stampo durante le s late di Laura Biagiotti e Prada per protestare contro la situazione di precarietà nel settore della moda, e per far salire il livello di tensione in vista della s lata di Serpica (Mattoni 2008; p. 14). Arrivato il giorno della s lata la processione di protesta si avvicina all'area in cui si deve tenere la manifestazione dietro alla statua di San Precario. Quando il cordone di sicurezza ferma i manifestanti scopre che hanno le carte in regola per entrare nell'area, essendo dotati di regolare pass.
La s lata viene quindi
realizzata dai e dalle precarie della moda, e diviene occasione per irridere una manifestazione che si presenta come competente nel selezionare le proposte,
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2.2 Altre forme di rappresentanza ma in realtà è fortemente incompetente, non essendo stata in grado di accorgersi di aver invitato un'artista inesistente; essa è anche un processo di rappresentazione e di creazione di un immaginario sul/oltre il lavoro (Bruni and Selmi 2010; p. 375) perchÊ la s lata si svolge e ettivamente e diventa occasione per rappresentare le nuove soggettività precarie e le contraddizioni del lavoro contemporaneo. Un aspetto che credo sia opportuno sottolineare è la potenza simbolica di Serpica Naro. Questo meta- brand diventa un marchio a disposizione di tutti liberato con la stesura della prima licenza Creative commons per un marchio che da individuale è diventato collettivo. Le condizioni cui deve sottostare chi vuole utilizzare il marchio sono riassumibili nella dicitura precarity free, cioè libera dalla precarietà , nel senso che l'intera liera produttiva non deve utilizzare manodopera precaria
2 . In questo modo Serpica Naro propone un nuovo stan-
dard di riferimento che può ambire ad a ancarsi ad altre certi cazioni di qualità dei prodotti, quali CTM-Altromercato (Despontin 2007). Ma l'icona di Serpica Naro, creata dalle competenze di molti precari/e, e il suo nome, hanno evidentemente una grande forza simbolica, al punto di essere vittime di un tentativo di appropriazione da parte della casa di moda Enrico Coveri, la quale a dieci giorni dall'azione alla settimana della moda di Milano vola all'estero per registrare il marchio a livello internazionale, al ne di riproporlo l'anno successivo come concorso per giovani emergenti .
Questo tentativo fallisce perchĂŠ viene
riconosciuta la pre-esistenza del marchio rispetto all'azione della Coveri, ma il tentativo di appropriarsi di questo marchio evidenzia la plausibilitĂ del marchio stesso, e la sua capacitĂ di trattare aspetti contemporanei in modo intrigante. La sua forza comunicativa e simbolica risulta pericolosa per il sistema moda, che per neutralizzarla cerca di assimilarla (Despontin 2007).
2 http://it.wikipedia.org/wiki/Serpica_Naro 2012
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Capitolo 2
Narioca Pres(S) Il caso costruito attorno alla casa Editrice Narioca PresS ripropone nell'ambiente del Salone del libro di Torino la stessa dinamica vista per la settimana della moda di Milano del 2005. Anche in questo caso l'azione riesce ad andare a buon ne grazie alla complicità di precari e precarie lavoranti all'evento, e grazie al supporto di San Precario, e all'attività della Rete dei Redattori Precari. Questa volta l'attenzione mediatica viene creata attraverso una serie di azioni di protesta organizzate con un preciso calendario: il 10 maggio 2011 San Precario consegna all'entrata una lettera ai precari del salone, scrivendo loro: Pensi che il valore che rappresentate in questa occasione vi sia stato riconosciuto correttamente? Pensi di essere stato adeguatame nte tutelato e ricompensato per il lavoro che hai svo lto? Oppure qualcuno ne ha appro ttato?
Denisocka (2011).
L`11 maggio il blog di San
Precario, pubblicato sul sito internet Il Fatto Quotidiano presenta un articolo di denuncia sulla precarietà editoriale. Nei giorni seguenti vengono organizzati dei volantinaggi sulla precarietà in Fiera e nelle feste delle case editrici.
Il 14
maggio la Rete dei Redattori Precari e San Precario assa ltano gli stand di Rcs, Mondadori ed Einaudi, sommergendoli di post-it denuncia, cercando di spiegare ai passant i la realtà lavorativa nell'ambito dell'editoria, e annunciando al megafono la situazione nel settore del libro. Queste azioni vengono riprese il giorno seguente da diversi giornalisti.
In questo clima, caricato ad hoc, il 15 maggio
avviene la presentazione del libro precarietà ci salverà di Thomas Murphy. Contestazioni per la presentazione di questo libro erano state annunciate nei giorni precedenti, e se ne poteva avere traccia anche ricercando su diversi blog attenti
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2.2 Altre forme di rappresentanza
ai temi dell'editoria. Una volta arrivato il prof. Murphy, un gruppo di attivisti irrompe nella presentazione, bloccandola, ed impedendo che essa abbia luogo. Vengono spiegate le ragioni della protesta, le condizioni di precarietà di molti lavoratori e lavoratrici dell'editoria, ed in ne si svela che il prof. Murphy non è un vero professore inglese, e il libro presentato non è quello che sembra. Tolta la ( nta) copertina da La precarietà ci salverà e dagli altri libri presenti nello stand della Narioca Pres(S), si scopre che essi racchiudono i Quaderni di San Precario.
Tutte le pubblicazioni della Narioca Pres(S) sono solo titoli di libri
mai scritti, immaginati per raccontare diverse situazioni di lavoro, per dare voce
e volume a piccole storie quotidiane che spesso sono ignorate. Svelato il raggiro dallo stand Narioca parte un corteo con parrucche colorate, tamburi e striscioni che si muove a ritmo di samba per il salone no a raggiungere uno spazio esterno. Qui i/le manifestanti denunciano, con megafoni e volantini, la precarietà nascosta nel mondo editoriale (Denisocka 2011). Anche quest'azione si è rivelata in grado di aggirare le barriere comunicative che vengono create attorno ai temi della precarietà, un evento creato da aziende che sfruttano la precarietà come occasione per denunciare queste condizioni di
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Capitolo 2 lavoro. Ho voluto dedicare ampio spazio alla descrizione di queste due azioni perchÊ ritengo sia importante sottolineare come queste si sviluppino a partire da una competente conoscenza dei sistemi di comunicazione contemporanei, del sistema produttivo in senso lato che questi movimenti mettono in discussione, dei meccanismi in esso presenti, dei sistemi di informazione attuali, e dei sistemi di sicurezza adottati in caso di manifestazioni durante importanti eventi. La forza di questi movimenti di protesta è quindi quella di esprimersi con il linguaggio della società contemporanea, e con i mezzi che questa mette a loro disposizione, sfruttando le capacità di rete, le elevate competenze e l'accesa fantasia per superare i limiti della scarsità di risorse e di tempo caratteristiche della condizione di precarietà .
2.2.2 Oltre la rappresentazione: auto-organizzazione e auto-rappresentanza precaria Le azioni che si vengono a sviluppare attorno a San Precario non si muovono solo sul piano della rappresentazione, ma una volta costruito l'immaginario simbolico/comunicativo questo movimento ha rinnovato la sua azione spostandosi anche su altri piani: negli ultimi anni, a questo processo di auto-rappresentazione va a ancandosi un processo di auto-rappresentanza , in cui si tenta di sperimentare, oltre l'apparente inorganizzabilitĂ dell'universo precario, forme di agire cooperativo e con ittuale (Murgia and Selmi 2011; p.
167).
In questi
processi le azioni dei movimenti sviluppatesi attorno alla May Day Parade hanno preso connotati molto di erenti dalle tradizionali forme di rappresentanza sindacale. Da un lato vi è un ri uto del sistema di delega caratteristico delle organizzazioni sindacali e del sistema dei partiti, a ermando il principio dell'auto-
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2.2 Altre forme di rappresentanza organizzazione come unico strumento in grado di far nascere una soggettivitĂ politica dei precari. Dall'altro le rivendicazioni portate avanti richiedono maggiori diritti non legati esclusivamente al lavoro, ma piĂš in generale ai percorsi di vita dei soggetti (Murgia and Selmi 2011; p. 167), di erendo quindi dall'azione sindacale, tendenzialmente focalizzata sul lavoro e sulle condizioni in cui esso si svolge. Le due azioni descritte in questo capitolo sono un esempio di azioni autoorganizzate dai e dalle precari/e della moda e dell'editoria. In questo contesto la Rete di San Precario ha o erto un supporto organizzativo e ha messo a disposizione le conoscenze accumulate in anni di mobilitazioni, ma in entrambe le azioni i protagonisti sono i lavoratori e le lavoratrici occupati in questi settori. La struttura reticolare di San Precario intreccia dunque le sue maglie con reti giĂ esistenti, piĂš o meno consolidate, al ne di favorirne la crescita, ma le diverse realtĂ in questo modo coinvolte mantengono le loro identitĂ . Viene in tal senso sostenuto il coinvolgimento in prima persona dei precari, una presa in carico diretta delle azioni da portare avanti per la tutela dei loro interessi. Ăˆ sempre in quest'ottica che vengono pubblicati in questi anni i Quaderni di
3
San Precario , dei documenti che vogliono mettere in luce la concretezza delle questioni portate avanti dai e dalle precari/e. In essi è possibile trovare il racconto di diverse storie di successo di con itti portati avanti da precari/e.
Nel
primo di questi volumi sono descritte: a) la vicenda Atesia, vale a dire i con itti vissuti dai/lle precari/e per il riconoscimento dell'uso improprio dei contratti di collaborazione da parte di questa societĂ collegata al gruppo Telecom; b) la vertenza Seagirls-Seahandling, che ha visto alcune hostess contrapposte ad una delle societĂ di gestione dei servizi degli scali milanesi di Malpensa; c) i processi
3 http://quaderni.sanprecario.info/
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Capitolo 2 tra i lavoratori e le lavoratrici del call-center Telecom e la Telecom stessa; d) la storia degli operai ribelli della Ca' Foscari; e) la nascita e la storia della Rete dei Redattori precari e le rivendicazioni portate avanti da questa rete (Precario 2010). Tutti questi casi sono storie di soggetti che hanno deciso di raccogliere la s da della precarietà in prima persona, trasformando il disagio vissuto per le condizioni lavorative a cui erano costretti in con itto e mobilitazione collettiva. L'aspetto che mi preme sottolineare è come la narrazione riguardante l'inorganizzabilità dei/lle precari/e sia ri utata da questi movimenti. Essi rivendicano spazi politici, il diritto a rappresentarsi per le materie che li riguardano, le quali vanno al di là delle questioni strettamente lavoristiche.
I precari e le precarie
hanno risorse e competenze per organizzarsi e ottenere dei risultati concreti, mettendosi in rete tra loro e in dialogo con altre realtà di rappresentanza esistenti, quali i sindacati. La di denza nei confronti di queste istituzioni non porta necessariamente a contrapposizioni dicotomiche tra vecchie e nuove forme del lavoro, vecchie e nuove forme dell'organizzazione.
Nel caso della Rete dei
Redattori Precari, ad esempio, si è cercato di costruire un rapporto con i sindacati che fosse al contempo di collaborazione con ittuale e di alleanza tattica tra le forme dell'auto-organizzazione e le strutture della rappresentanza sindacale (Murgia and Selmi 2011; p. 175).
Conclusioni
In questo secondo capitolo ho cercato di presentare alcune conseguenze del passaggio dalla prima alla seconda modernità nella capacità di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Nel primo paragrafo ho cercato di proporre una
ricostruzione della crisi del sindacato com'è stata analizzata nel recente dibattito
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2.2 Altre forme di rappresentanza della sociologia del lavoro e delle relazioni industriali. Nel secondo ho concentrato l'attenzione sull'analisi dei movimenti nati in risposta ai cambiamenti del lavoro. Ho scelto di raccontare il caso di San Precario e quanto è sorto attorno a esso perché è un esempio di rete di persone che pensano local, con le proprie radici bene aggrappate alla società, ma il loro agire è global, giacché s da il potere proprio ove sono i detentori di quest'ultimo: nei network di potere globali e nella sfera della comunicazione (Castells 2007; p. 249). In questo l'innovazione che ha apportato nelle modalità di rivendicazione e lotta è peculiare, e ha dimostrato di contribuire ad un cambiamento culturale. Nella mia ricerca sono andato a osservare una rete di lavoratori/trici autoorganizzata che mi è parsa particolarmente interessante per la sua capacità di dialogo tanto con i sindacati quanto con la rete di San Precario. Nel prossimo capitolo presenterò il contesto e la metodologia con cui ho portato avanti il mio studio, per presentare quindi i principali risultati empirici nel quarto capitolo.
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Capitolo 2
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Capitolo 3 Contesto della ricerca e metodologia 3.1
Il contesto della ricerca: lavorare in una redazione in Italia
Il caso studio su cui sono basate le mie ri essioni riguarda una rete di lavoratori e lavoratrici impiegati nell'ambito dell'editoria cartacea e digitale. La rete che ho osservato è composta da redattori e redattrici i/le quali, per la loro attività professionale e per il percorso di formazione seguìto per svolgerla, rappresentano in modo emblematico dei lavoratori e lavoratrici della conoscenza. Il lavoro redattoriale, a grandi linee, consiste nella cura del testo attraverso una continua relazione con l'autore/trice e la casa editrice, al ne di migliorare il testo stesso, in modo da renderlo più comprensibile, rendere più chiari i concetti in esso espressi, controllare il rispetto delle regole formali, della grammatica e delle regole redattoriali condivise all'interno della redazione. In questo senso è un'attività lavorativa che utilizza le competenze del singolo lavoratore per migliorare i contenuti pensati da altri e renderli in qualche modo più fruibili e completi. Questa attività lavorativa utilizza molti strumenti: elaboratori di testo e programmi di gra ca, testi
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Capitolo 3 stampati, penne e colori, strumenti di comunicazione vari, dal telefono a sistemi voip, ma il prodotto dell'attività non si sostanzia in un oggetto sico singolo, ma in conoscenza che da altri verrà trasformata in un oggetto materiale quale un libro o una rivista o un prodotto fruito tramite un supporto digitale. Anche nei casi in cui all'editore venga riconsegnata una bozza stampata con le correzioni scritte a penna, il lavoro fatto su di essa non è riducibile all'oggetto in sÊ, ma ai contenuti di esso.
Prima di presentare la rete di lavoratori e lavoratrici impiegati nell'ambito dell'editoria che rappresenta il mio studio di caso credo sia utile delineare il panorama nazionale dell'editoria, ponendo in luce in modo particolare la situazione occupazionale all'interno di questo speci co settore.
L'editoria in Italia è un settore che ha subÏto in modo meno pesante rispetto ad altri la recente crisi economica. Nel 2010 il numero di lettori di almeno un libro non scolastico nell'arco dei dodici mesi è cresciuto, infatti, dell`1,7% tra la popolazione con piÚ di sei anni di età , anche se poco meno della metà di questa popolazione legge no a tre libri l'anno. Dopo due anni in essione il giro d'a ari del settore librario è tornato a crescere nel 2010 (+0,3%), per un fatturato complessivo di 3.417 milioni di euro a prezzo di copertina, mentre si consolida il trend di calo dei titoli (-2,2%), delle novità editoriali e del numero di copie prodotte (-2,3%): per il terzo anno consecutivo il numero di titoli pubblicati e le copie stampate e immesse nei canali di vendita fanno registrare un segno negativo (AIE 2012). Per completare il quadro si deve tenere in considerazione anche una diminuzione di rilevanza di titoli stranieri tradotti e un aumento di diritti ceduti all'estero.
Per comprendere questo settore economico occorre a ancare a questo bilancio
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3.1 Il contesto della ricerca: lavorare in una redazione in Italia una breve presentazione del sistema produttivo che sta dietro alle cifre, cercherò quindi di presentare brevemente l'organizzazione interna alle case editrici.
In Italia la struttura delle case editrici cambia fortemente da azienda ad azienda, sulla base delle dimensioni di questa e della tipologia di libri pubblicati. Generalizzando, possiamo dire che una casa editrice si divide in cinque aree: redazione, u cio tecnico, u cio marketing /commerciale, u cio stampa e u cio diritti (Re. Re. Pre. 2011a; p. 92). Tra queste aree l'u cio marketing si occupa dell'individuazione dei trend del mercato e della piani cazione e attuazione delle strategie pubblicitarie, mentre l'u cio commerciale stabilisce il prezzo di copertina e la tiratura del libro. L'u cio diritti si occupa dell'acquisizione o cessione dei diritti delle opere e della stipulazione dei contratti, l'u cio tecnico di tutti gli aspetti che non riguardano il contenuto dell'opera: dall'impaginazione e la cartotecnica no alle relative voci di spesa, in ne l'u cio stampa mantiene i contatti con i mass media.
L'area preposta a lavorare sul contenuto dei libri è la redazione, all'interno della quale molte gure collaborano alla produzione delle opere, intervenendo su di esse a vari livelli.
La gura principale è l'editor, che prepara il calendario
dell'opera, si interfaccia con l'u cio commerciale e soprattutto tiene i contatti con gli autori, assistendoli nella stesura dell'opera e discutendo gli aspetti contenutistici. L'editor si occupa anche di scouting (Re. Re. Pre. 2011a; p. 92). In alcuni casi questa gura coincide con quella del caporedattore, il quale si occupa di dialogare con gli editoriali e gli altri u ci della casa editrice, oltre a commissionare e coordinare i fornitori che dovranno lavorare ai libri: redattori, correttori di bozze, ricercatori iconogra ci, disegnatori, eventuali revisori e consulenti.
Nel processo di produzione del libro vi sono un insieme di gure che riman-
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Capitolo 3 gono esterne alla casa editrice, alcune si collocano prima quali gli autori e i traduttori, altre si trovano alla ne del processo, come gli stampatori e i distributori. I processi di esternalizzazione tipici dei sistemi produttivi della seconda modernità hanno però portato a escludere dagli organigrammi delle case editrici anche alcuni ruoli professionali strettamente legati al libro: redattori, correttori, impaginatori, ricercatori iconogra ci, talvolta persino editor, responsabili di uf cio stampa, dell'u cio diritti, segreterie, ecc. (Re. Re. Pre. 2011a; p. 94). Le ragioni sottese a questo processo sembrano essere in prima istanza la riduzione dei costi ssi e del costo del lavoro e l'enfasi su un'organizzazione essibile della catena produttiva, piÚ facilmente adeguabile alle esigenze dettate dal mercato.
La situazione di precarietà in questo settore è diventata nell'arco degli ultimi quindici anni di usa, anche se non vi sono dati u ciali che consentano di quanti care le dimensioni del fenomeno. L'AIE (Associazione Italiana Editori), infatti, non ha ad oggi rilasciato cifre sulla quantità di redattori assunti e collaboratori (a vario titolo) coinvolti nelle attività produttive dei suoi associati. Dei dati che però possono aiutare a delineare questo contesto seppur parziali sono quelli pubblicati dalla fondazione Mondadori in occasione del decennale di istituzione del Master in Editoria libraria, uno dei piÚ importanti e riconosciuti nel settore.
Dal 2002 al 2010 il master è stato frequentato da 193 studenti e
studentesse, dei quali circa il 90% ha trovato occupazione nel settore, o in settori contigui. Tra questi solo il 17% attualmente lavora con un contratto dipendente a tempo indeterminato, percentuale che sale al 25% considerando anche i contratti a tempo determinato. Circa la metĂ degli ex-studenti lavora oggi con contratti a progetto, mentre il restante quarto si divide tra collaborazioni occasionali, partite iva, cessione di diritti d'autore e tirocini retribuiti. La tendenza ad adottare
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3.2 Re. Re. Pre., una rete di lavoratori della conoscenza forme contrattuali diverse dall'assunzione emerge in modo ancora piĂš evidente se si osserva la distribuzione negli anni delle assunzioni a tempo indeterminato. Dal 2002 al 2005 sono stati assunti a tempo indeterminato 27 ex- studenti su 74, pari al 36% dei frequentanti il master. Dal 2006 al 2010 il tasso di assunzioni si è drasticamente ridotto attestandosi a sole 3 assunzioni a tempo indeterminato su 81 studenti, pari al 3% degli stessi. Il rapporto tra dipendenti e collaboratori si attesta secondo le stime della Fondazione ad uno a tre, tre lavoratori precari per ogni lavoratore dipendente (A.A. V.V. 2010). Ăˆ in questo contesto che nasce e si sviluppa la Rete dei Redattori Precari, che è il caso studio di lavoratori e lavoratrici della conoscenza che ho scelto di analizzare con questo lavoro di tesi.
3.2
Re. Re. Pre., una rete di lavoratori della conoscenza
Come abbiamo visto nel precedente paragrafo l'editoria è un settore in cui l'e etto delle diverse riforme del lavoro è stato netta, sviluppando una grande varietà di forme contrattuali e di situazioni lavorative speci che e particolari.
In questi
anni il sindacato si è occupato solo marginalmente delle condizioni lavorative di chi non era assunto con contratti a tempo indeterminato o determinato; anche per questo la condizione delle persone occupate in questo settore, con le varie forme di collaborazione, è rimasta a lungo esclusa dal dibattito pubblico. Ăˆ questa una delle ragioni che ha portato alla nascita e allo sviluppo di questa realtĂ . Com'è possibile leggere in un articolo di uno degli ideatori della rete, Alessandro Vigiani, essa è nata, come tante altre associazioni simili, per rispondere a un di uso bisogno di condividere esperienze lavorative invariabilmente
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Capitolo 3 frustranti e per tentare di introdurre un qualche principio d'ordine all'interno di un settore, quello editoriale, dove oggi impera una deregolamentazione molto spinta. Si è trattato, quindi, di colmare un vuoto di rappresentanza, di supplire attraverso la forma autorganizzativa allo stato di abbandono abbandono da parte delle istituzioni, in particolare partiti della sinistra e sindacati in cui i professionisti del settore editoriale sentono spesso di versare. (Vigiani 2011; p. 1)
Con queste esigenze alla base viene quindi indetta il 5 aprile 2008 a Milano la prima riunione per decidere in qual modo organizzarsi. Questa data diventa quindi il giorno u ciale di nascita della prima rete auto-organizzata di precari dell'editoria. La comunicazione dell'incontro è avvenuta attraverso la di usione in alcuni siti web e mailing list specializzate di un Appello a tutti i redattori editoriali precari (Re.
Re.
Pre. 2011b; p.
213).
In questo appello si invita-
vano tutti/e i/le precari/e impiegati/e nel settore dell'editoria a mettersi in rete, per percorrere la strada dell'AUTORGANIZZAZIONE . Venne quindi attivata una mailing list dove far circolare idee e testimonianze e dove accordarci per organizzare un'assemblea costitutiva (Re. Re. Pre. 2011b; p. 214).
La Rete dei redattori precari meglio conosciuta con l'acronimo Re.Re.Pre. in primo luogo è una Rete; una forma di organizzazione composta dall'unione di diverse persone che liberamente contribuiscono alla sua esistenza. Questa struttura consente di porre un basso livello di vincoli ineludibili, e consente di valorizzare i contributi dei/delle singoli/e. Una rete è una serie di nodi interconnessi. Ăˆ una struttura senza centro, basata sull'interattivitĂ , sull'autonomia di ciascun nodo, e sulla variabilitĂ di scala. Una rete può crescere o restringersi, mediante la ricon gurazione, ntantochĂŠ essa resta focalizzata sulla realizzazione del compito
68
3.2 Re. Re. Pre., una rete di lavoratori della conoscenza per la quale è stata programmata da attori sociali. Una rete è essibile, adattabile, e può sopravvivere ed espandersi nchÊ le si forniscono energia e risorse; è una struttura sociale decentrata. Ed è pura morfologia, niente ideologia, niente valori, una rete può uccidere o baciare, dipende dal suo programma. Una comunità , invece, si basa su valori e sulla relativa stabilità delle sue componenti. Una comunità si de nisce mediante i suoi con ni. Le reti invece sono prive di con ni (Castells 2002).
L'auto-de nizione come rete implica quindi un accento posto
sull'interattività e sull'apertura della stessa piuttosto che sul ra orzamento dei con ni dell'organizzazione. La priorità di Rerepre è, infatti, aprirsi e connettersi con le realtà che la circondano piuttosto che la de nizione di una ideologia condivisa.
Nella Re.Re.Pre il gruppo di persone appartenenti alla rete nella stessa città viene denominato nodo. In seguito alla riunione del 5 aprile 2008 nasce quindi il nodo milanese, che per alcuni anni è stato l'unico nodo di questa rete. Re.Re.Pre. è oggi composta da tre nodi, quello storico di Milano e due piÚ recenti, nati nel 2011, a Bologna e Roma.
Diversi fattori hanno contribuito alla nascita della Re.Re.Pre proprio nel capolugo lombardo: da un lato esso è il centro economico e nanziario d'Italia, sede nazionale della Borsa valori, e provincia con il reddito pro- capite piÚ elevato (Sole24ore 2011); dall'altro la Lombardia è la regione che presenta il piÚ elevato livello di contratti di parasubordinazione, ossia co.co.pro. e collaborazioni coordinate e continuative. Secondo i dati Inps, su un totale, a livello nazionale, stimato in circa 2.100.000 unità , sono circa 600.000 coloro che, in regione, lavorano con queste tipologie di contratto. Si tratta del 12,3% del totale degli occupati, percentuale che è superata solo all'Emilia Romagna (13,8%) (cfr. Nidil-Cgil, 2006),
69
Capitolo 3 altra realtĂ non a caso fortemente terziarizzata (Morini 2006; p. 2). Focalizzando l'attenzione sull'editoria spicca come in Lombardia abbiano sede il 20,8% delle case editrici nazionali, vengano pubblicati oltre il 40% dei titoli sul mercato italiano e vengano stampate e distribuite quasi il 60% delle copie. Inoltre a Milano hanno luogo due dei piĂš importanti Master per l'editoria nazionali: il Master
della Fondazione Mondadori e la Scuola di editoria, del centro Padre Piamarta, in collaborazione con l'Università Cattolica di Milano. Anche i nodi di Bologna e Roma si inseriscono in due realtà rilevanti nel settore dell'editoria, avendo sede nelle regioni in cui si registra un complessivo 25% delle case editrici, con una produzione del 22% dei titoli e del 13% delle copie stampate e distribuite. La rete è quindi presente nei capoluoghi delle tre regioni che ospitano quasi la metà delle case editrici e che producono i tre quarti delle copie distribuite in Italia (AIE 2011b;c;a). La Rete dei redattori precari è composta da lavoratori e lavoratrici del ramo redazionale che gravitano attorno al panorama editoriale italiano.
L'attivitĂ
lavorativa svolta dai redattori, non facilmente riassumibile in quanto composta da molte attivitĂ di erenti e speci che, viene presentata dai redattori di Re. Re. Pre. in questo modo:
A anchiamo gli autori nella stesura del manoscritto, partecipiamo alla de nizione del progetto gra co, curiamo l'uniformitĂ tipogra ca e la rispondenza delle immagini al testo, controlliamo rimandi e citazioni bibliogra che, andiamo a caccia di refusi e apponiamo il fatidico visto si stampi (Re. Re. Pre. 2008).
La rete, che si de nisce a struttura orizzontale, è costruita con il contributo di tutti e tutte ed è aperta al dialogo con le diverse realtà che si occupano a vario titolo della precarietà e della situazione del lavoro in Italia. Dal 2008 a oggi, gra-
70
3.3 Note dal campo zie al lavoro volontario dei suoi membri, la rete si è consolidata, stringendo legami e aprendo canali di dialogo sia con i sindacati che con alcuni collettivi politici e movimenti sociali. La rete diviene infatti interlocutrice della CGIL nazionale con cui nel 2010 avvia una collaborazione suggellata dall'adesione alla Consulta del Lavoro professionale e apre dei canali di dialogo con CGIL-SLC (Sindacato Lavoratori Comunicazione, la categoria di riferimento di chi lavora nell'ambito dell'editoria, in cui rientrano i redattori). D'altra parte vengono attivate delle relazioni con il soggetto politico più a ne sul tema della lotta alla precarietà , stringendo dunque un legame importante con il movimento di San Precario (sancito in particolare dal contributo alla stesura del Manifesto dei lavoratori della conoscenza, dall'adesione alle piattaforme delle Mayday 2009 e 2010 e, più recentemente, dalla partecipazione agli Stati generali della Precarietà) (Re. Re. Pre. 2008). In ne, nel 2011, la rete ha partecipato alla progettazione e realizzazione dell'azione Narioca Pres(s) di cui ho parlato brevemente nel precedente capitolo. La mia ricerca è iniziata poco più di un mese dopo questa azione, avvenuta al salone del libro di Torino. Nei prossimi paragra illustrerò le fasi di accesso al campo, la metodologia e gli strumenti di ricerca adottati per la conduzione del mio caso studio.
3.3
Note dal campo
Per svolgere la mia ricerca ho preso in considerazione diversi movimenti di lavoratori e lavoratrici prima di individuare in Rerepre la realtà che sembrava a mio avviso più interessante per uno studio sulle forme di auto-organizzazione di lavoratori/trici della conoscenza. Ho raccolto le prime notizie su questa rete
71
Capitolo 3 dai Quaderni di San Precario Precario (2010; 2011) e all'interno della rivista Sociologia del Lavoro (Murgia and Selmi 2011).
Ho quindi iniziato a cercare informazioni riguardo questa realtà, in primo luogo attraverso il sito internet, all'indirizzo http://www.rerepre.org/ (che ho visitato per la prima volta in data 29 giugno 2011, gura3.1), nell'intento di comprendere in qual modo la Rete si presenti all'esterno. Nella home page ho trovato la comunicazione della loro imminente assemblea plenaria, prevista a Bologna per il 9 luglio. Questo incontro nazionale è stato l'occasione che mi ha consentito di incontrare di persona diversi membri di questa rete e avere un primo contatto con le dinamiche delle relazioni tra i suoi componenti. La concomitanza tra il momento in cui ho deciso di far iniziare la mia ricerca e la data ssata dalla Rerepre per la sua assemblea mi ha permesso di presentarmi e di spiegare la mia intenzione di condurre una ricerca su una realtà simile alla loro (Cardano 1997), rimandando ad una fase successiva la richiesta della loro disponibilità ad essere direttamente coinvolti nella ricerca. L'assemblea aperta mi ha dato l'opportunità di conoscere e farmi conoscere dalle persone appartenenti alla rete, in un contesto abbastanza informale, pensato per l'incontro e il confronto, un momento in cui gli stessi membri si riunivano per conoscersi tra loro, giacché era il primo incontro u ciale tra il nodo di Milano e quello di Bologna.
Questa contingenza, e la presenza di alcuni ragazzi del collettivo che gestiva lo spazio nel quale è avvenuto l'incontro, ha reso meno intrusiva la mia osservazione, favorendo una dinamica di curiosità reciproca piuttosto che di di denza nei miei confronti. In questo senso è risultato abbastanza naturale seguire le indicazioni di Cardano: occorre che in questa situazione l'etnografo sia il più possibile discreto, mostri un genuino interesse umano per la cultura in studio ma, soprattutto,
72
3.3 Note dal campo
Figura 3.1: Home-page del sito della Rerepre.
si prenda tempo (Cardano 1997; p.
63).
La partecipazione all'assemblea e il
pranzo al bar con i membri della rete mi hanno dato un tempo su ciente per farmi una prima impressione e far sĂŹ che qualcuno aprisse un credito di ducia (Ibidem) nei miei confronti. Inoltre ho potuto esperire il clima interno a questo gruppo, osservando le dinamiche tra le persone partecipanti all'incontro, aspetto che ha ra orzato la mia convinzione di aver trovato il caso studio adeguato alla mia domanda di ricerca, vale a dire quali fossero e come funzionassero le pratiche di auto-organizzazione nalizzate alla auto-rappresentanza in una rete di lavoratori e lavoratrici della conoscenza.
Durante la pausa pranzo ho preso
alcuni contatti e ho avuto modo di presentarmi e farmi conoscere con piĂš calma, elementi che sono poi stati utili nella fase successiva quando ho chiesto la disponibilitĂ da parte della rete di diventare oggetto della ricerca della mia
73
Capitolo 3 tesi. La persona che ho conosciuto piÚ da vicino durante quest'assemblea è poi divenuta la mia mediatrice culturale (Cardano 1997), il mio canale d'accesso al resto della rete. In seguito, infatti, ho preferito che fosse lei a mediare la richiesta d'ammissione alla mailing list del gruppo di coordinamento, la prima mailing list a cui ho chiesto di poter accedere.
Durante questo primo incontro bolognese, aspettando l'arrivo del gruppo di Milano, uno degli ideatori della Rerepre ha presentato la struttura della rete, dandomi quindi modo di apprendere la divisione funzionale e territoriale della rete e delle sue mailing list. Ha illustrato gli strumenti utilizzati dalla Rerepre per le sue attività , (mailing list, facebook e riunioni di nodo) e i principali soggetti con cui la rete si relaziona al ne di portare avanti le sue rivendicazioni (San Precario e SLC-CGIL). La nascita contestuale della mailing list del nodo bolognese mi ha permesso di esservi inserito senza dover passare attraverso la mediazione di qualcuno. L'opportunità di conoscenza vis-à -vis fornitami dall'assemblea ha contribuito fortemente a superare eventuali di denze riguardanti il mio accesso ai loro scambi di mail. .. Il mio percorso di accesso al campo si è svolto attraverso un processo nel quale contatti online e o ine si sono intrecciati consentendomi di osservare le interazioni interne alla rete. La negoziazione dell'accesso al campo ha coinciso con l'inizio della raccolta del materiale empirico (De Paoli and Teli 2011), attraverso l'inserimento del mio indirizzo all'interno delle mailing list utilizzate dalla Rerepre Dopo un periodo di osservazione dell'attività della rete avvenuto tramite la ricezione delle mail dalle diverse mailing list la mailing list generale della Rerepre, la mailing list del nodo di Bologna e la mailing list del gruppo di coordinamento- e la partecipazione alle riunioni di nodo a Bologna e a Milano- è emersa l'esigenza di e ettuare delle interviste con alcune persone
74
3.3 Note dal campo Tabella 3.1: Elenco degli incontri o ine avuti durante il percorso di ricerca
Incontri pubblici
Riunioni di nodo
Interviste: data, luogo
09 lug 2011, (Bo)
12 nov 2011, (Bo)
12 nov 2011, (Bo)
2
25 set 2011, (Bo)
02 dic 2011, (Mi)
13 nov 2011, (Bo)
1
28 nov 2011, (Mi)
06 mar 2011, (Bo)
02 dic 2011, (Mi)
2
22 gen 2012, (Mi)
2
26 gen 2012, (Mi)
3
05 mar 2012, (Pg)
1
06 mar 2012, (Bo)
1
22 gen 2012, (Mi)
Persone intervistate
di questa rete, per comprendere gli speci ci punti di vista sulle dinamiche della rete stessa. Le occasioni di incontro promosse dalla rete, riunioni di nodo e assemblee, sono state utili occasioni per superare la di denza che può suscitare la richiesta di rilasciare una intervista. La disponibilità alle interviste in diverse casi è stata chiesta in due tempi, una disponibilità di massima in situazione informale, come la riunione di nodo, e una disponibilità puntuale attraverso una mail in mailing list (si veda la Tabella 3.1, per un dettaglio degli incontri). Da parte delle persone della Rerepre c'è stata una grande disponibilità che mi ha consentito di ssare facilmente e in tempi rapidi le interviste, che ho e ettuato principalmente faccia a faccia, fatta eccezione per un'intervista che per ragioni logistiche ho svolto via skype. Nelle fasi preliminari della ricerca ho individuato tre livelli di analisi che ho tenuto in considerazione durante lo svolgimento della ricerca: un primo livello di narrazione pubblica della Rerepre, messa in atto attraverso il sito internet e gli incontri pubblici promossi o a cui prende parte; in secondo luogo un livello di costruzione delle decisioni e dell'identità collettiva della rete, espresso nelle discussioni tramite mail, nelle riunioni di nodo e nelle assemblee interne; in ne un livello di esperienza individuale di partecipazione alla rete, che ho cercato di cogliere attraverso alcune interviste in profondità . Questa ricerca cerca quindi di
75
Capitolo 3 osservare questi tre livelli di esistenza e di costruzione della rete: la dimensione pubblica rivolta verso l'esterno, la dimensione di interazione tra i suoi membri e la dimensione individuale come narrazione soggettiva del vissuto della rete. In linea con le piÚ recenti ri essioni sulla compenetrazione tra le dimensioni online e o ine che via via perdono la loro distinta capacità esplicativa (Rogers 2009, Teli et al. 2007), l'individuazione di questi tre livelli d'analisi mi è sembrata piÚ interessante e pertinente di una divisione basata sulla natura di origine del materiale raccolto. Come cercherò di argomentare in modo piÚ di uso e speci co nel paragrafo metodologico, una focalizzazione sugli strumenti di raccolta del materiale, invece che sui contenuti, avrebbe reso piÚ arduo piuttosto che piÚ semplice la comprensione di questa realtà auto-organizzata.
3.4
Approccio metodologico
La presente ricerca si pone come obiettivo la comprensione delle pratiche e dinamiche di auto-organizzazione e auto-rappresentanza di una rete composta da lavoratori e lavoratrici della conoscenza. L'oggetto di questo studio è una realtà complessa che necessita di un approccio in grado di mettere in luce il carattere processuale degli atti interattivi alla base dell'organizzazione presa in esame (Ricol 1997, Strati 1997).
Al ne di abbracciare la complessitĂ come punto di
forza, un valore aggiunto e necessario alla comprensione della realtà sociale che mi apprestavo a studiare, ho optato per un'impostazione induttiva della ricerca. L'induzione è la via per cui si conosce a partire dalla realtà studiata, la teoria deriva dai dati della ricerca, la costruzione teorica emerge dall'analisi empirica. Deriva [...] dalla comprensione degli atti interattivi che sia i soggetti che operano nel contesto in esame che i ricercatori pongono in essere nella situazione esami-
76
3.4 Approccio metodologico nata. (Strati 1997; p. 129). Lo scopo di questo studio non è dunque tanto quello di rappresentare in modo a dabile il fenomeno del movimento di lavoratori e lavoratrici oggetto di studio, ma piuttosto quello di proporre delle interpretazioni delle dinamiche osservate.
La ricerca non è stata condotta attraverso l'individuazione di variabili, utili alla costruzione di matrici di dati nalizzate alla produzione di resoconti pubblici e controllabili (Pizzorno 1989), ma tramite un processo di immersione nella realtà studiata al ne di comprendere e interpretare il punto di vista dei nativi , ma anche di descrivere ciò che i nativi danno per scontato: dalla conoscenza tacita che costituisce lo sfondo dell'interazione sociale (Altheide and Johnson 1994), ai sistemi di credenze; e, ancora, di spiegare il corso degli eventi che si succedono sul campo, o di cui l'etnografo ha notizia dai propri informatori (Cardano 1997). Le analisi prodotte con questa metodologia sono valide limitatamente al contesto sul quale si fondano e pertanto non forniscono la base per generalizzazioni indiscriminate e leggi generali (Crozier and Friedberg 1995; p. 124) e ciò avviene poiché non vi è il presupposto della realtà sociale oggettiva e al di fuori delle interazioni con chi conduce la ricerca (Strati 1997; p. 129). Sono la robustezza e sensatezza delle teorie proposte, la loro capacità di convincere tanto gli altri ricercatori che le persone oggetto della ricerca, a fornire la base per una realtà che non è conoscibile in sé, nella sua natura oggettiva. La peculiarità del cosiddetto modello pragmadialettico risiede, dunque, nell'impegno a conciliare la persuasione con la verità ; le nalità retoriche con quelle dialettiche, facendo davvero dell'argomentazione la logica delle scienze non dimostrative (Bobbio 1989; pp. xiii) (Cardano 2011; p. 8). Del resto la nalità dell'attività scienti ca non è spiegare il reale *che, *in quanto tale, è inconoscibile, o almeno
77
Capitolo 3 conoscibile solo secondo modalitĂ meta siche ma rispondere a interrogativi sul reale (Boudon 1984; trad. it. 1985, p. 238) (Cardano 2011; p. 22).
3.4.1 Sviluppare la ricerca come case study La de nizione dell'obiettivo della ricerca nei termini riportati nel precedente paragrafo mi ha portato a caratterizzare questo lavoro come studio di caso. Ritengo ci siano due principali ragioni per de nire il presente lavoro case study : innanzitutto questa ricerca ha focalizzato la sua attenzione su un'unica realtĂ organizzativa, cercando di comprendere what speci cally can be learned from the single case (Stake 1994; p. 236); in secondo luogo ho utilizzato nelle varie fasi di raccolta del materiale empirico diversi metodi di ricerca. Innanzitutto ho fatto una scelta iniziale: sfruttare un'occasione (assemblea nazionale) e conoscere e farmi conoscere da questa rete avvicinandola faccia a faccia, con la curiositĂ di comprendere se la realtĂ che mi trovavo davanti rispondesse e ettivamente alle esigenze della mia ricerca,. Dalle conoscenze, le suggestioni e le possibilitĂ che mi si sono presentate in questa primissima esperienza di campo sono emerse le idee sugli strumenti da utilizzare per portare avanti la ricerca.
In questo modo la cassetta degli attrezzi si è man mano ampliata, in
base alle situazioni contingenti in cui mi sono trovato, allo spettro di possibilitĂ da me individuato sulla base del mio percorso di formazione e alle nalitĂ della ricerca.
Questo elemento di varietà nella scelta degli strumenti è un elemen-
to caratteristico degli studi di caso: What is typical of case-study research is the combination of data collection methods such as archive research, interviews, questionnaires and observations. The evidence thus provided may be qualitative (i.e.
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words), quantitative (i.e.
numbers) or both.
The aim of case-study re-
3.4 Approccio metodologico search may vary and seek to provide description, to test a theory or to generate a theory (Gherardi 2006; p. 55).
La natura processuale della costruzione dello studio di caso è stata messa in luce da Stake, il quale rileva come il case study sia un concetto che indica al contempo il processo di apprendimento, la progressiva costruzione delle conoscenze riguardanti al caso e il prodotto nale di questo apprendimento Stake (1994; p. 237). Questo case study è stato quindi un percorso durante il quale sono arrivato ad individuare ed utilizzare diversi strumenti di ricerca, alcuni tradizionalmente costituenti la cassetta degli attrezzi dell'etnografo, altri che hanno rappresentato degli utensili che mi sono stati utili per a rontare le s de poste dalla di usione e utilizzo delle tecnologie informatiche, quali il sito web e le citate mailing list.
Gli strumenti piĂš tradizionali da me adottati sono stati l'osservazione partecipante, l'intervista e l'analisi documentale (Cardano 1997). Per studiare l'esistenza della rete attraverso il web ho invece individuato due di erenti strategie: da un lato ho provveduto ad adattare al contesto web-based alcuni strumenti classici della ricerca organizzativa, principalmente l'osservazione partecipante e l'analisi documentale, dall'altro ho sperimentato l'utilizzo di strumenti in grado di valorizzare la particolaritĂ delle interazioni mediate dalla rete internet.
Per fare
riferimento a questi ultimi strumenti utilizzerò il termine di strumenti nativi
digitali (Rogers 2009). La ricerca si è quindi sviluppata come processo in evoluzione, un'attività svolta in una realtà ambigua (March and Olsen 1995), dove le esigenze della ricerca, delle persone componenti la rete, e le mie si sono incontrate e scontrate andando a delimitare il campo e gli strumenti a mia disposizione. Il percorso di ricerca non è stato quindi lineare, ma ha cercato di seguire i processi nel contesto
79
Capitolo 3 di osservazione.
3.4.2 Accedere e sostare sul campo: l'osservazione partecipante Tra luglio 2011 e febbraio 2012 ho avuto modo di incontrare in diverse occasioni la Rerepre o parti di essa (si veda la tabella 3.1 per un dettaglio). Questi incontri sono stati tra loro tutti diversi e particolari, in base alla loro natura pubblica o privata, al livello di partecipazione da parte dei componenti della rete e alle nalitĂ dell'incontro stesso.
Durante l'osservazione ho preso delle note
sul mio taccuino e qualora possibile previo loro consenso ho e ettuato delle registrazioni audio. Durante l'osservazione ho cercato di evitare di pormi in modo distaccato e distante da quanto mi circondava, il mio obiettivo non era e ettuare un'osservazione naturalistica, divenendo una mosca sul muro che osserva senza intervenire nella situazione, ma piuttosto ho cercato di interagire con le altre persone inserite nella situazione durante lo svolgimento degli incontri (Lichterman 2002), ho quindi portato avanti questa parte di ricerca come un'osservazione partecipante (Jorgensen 1989, Atkinson and Hammersley 1994, Cardano 2011).
Del
resto Observation is always participation. There is no way to escape becoming a participant and, as such, co-producer of the observed phenomenon (Keiding 2010; p. 1). Anche all'osservazione partecipante, come per l'approccio induttivo alla ricerca sociale, vengono mosse da piÚ fronti diverse critiche sulla validità del materiale empirico raccolto. In particolare le critiche si focalizzano su due aspetti: il primo è che participant observation evidence seems hard to generalize beyond the site under study e il secondo fa riferimento al fatto che participant observation is appropriate for an interactionist or organizational focus but will
80
3.4 Approccio metodologico tell us little about social-structural forces or historical change (Lichterman 2002; p. 122). In apertura di questo paragrafo ho giĂ provato a rispondere a questa prima critica, sostenendo la possibilitĂ di generalizzare alcuni processi analizzati tramite tecniche di ricerca qualitative, piuttosto che i risultati della ricerca in sĂŠ. mentre questa seconda risulta essere poco sostanziale per il mio caso studio. Rispondo invece alla seconda critica da un lato ricordando che lo studio che ho condotto si poneva come obiettivo proprio l'analisi delle dinamiche di interazione nella rete, essendo stato pensato a tutti gli e etti come una ricerca organizzativa. D'altra parte, come vedremo nei prossimi capitoli empirici, anche focalizzando l'attenzione su una realtĂ dalle dimensioni ridotte, come nel mio caso, si possono cogliere dei segnali di cambiamenti che hanno una certa rilevanza storica, come ad esempio il cambiamento nel modo di relazionarsi di un sindacato con un movimento autonomo di lavoratori e lavoratrici.
Nello svolgimento della mia ricerca tutte le informazioni raccolte durante gli incontri della rete hanno avuto principalmente una funzione di orientamento nella de nizione delle caratteristiche dell'intervista e mi hanno fornito delle chiavi di lettura sulle questioni emergenti di volta in volta nella rete. Le note hanno assunto quindi un carattere di promemoria degli aspetti salienti sui diversi incontri, andando a sottolinearne solo dei particolari, per diventare oggetto di confronto con le informazioni e suggestioni emergenti dagli altri strumenti di ricerca, quali le interviste o il materiale raccolto dal web.
Nel corso degli incontri ho potuto vedere le dinamiche di discussione dei diversi temi a rontati dalla rete, le modalitĂ adottate per prendere le decisioni e il livello di partecipazione alle riunioni o alle attivitĂ promosse dalla Rerepre. La partecipazione alle riunioni di nodo di Bologna e Milano e all'assemblea nazionale
81
Capitolo 3 sono state occasioni preziose per osservare i processi di costruzione delle azioni, i meccanismi decisionali e identitari interni alla rete. Le osservazioni e ettuate durante la partecipazione a convegni o durante l'evento di auto- nanziamento del nodo di Milano mi hanno invece permesso di osservare la narrazione pubblica messa in atto dalla rete, riguardo se stessa e le sue rivendicazioni.
In ne, la
presenza a qualche incontro a cui la rete ha partecipato tramite un/a delegato/a mi ha permesso di avere un dialogo informale con questa persona e avere i primi racconti sulle esperienze individuali della rete stessa, aspetto che da subito mi è sembrato particolarmente interessante e mi ha quindi spinto a svolgere delle interviste per approfondirlo e a costruire una traccia di intervista a partire da questi dialoghi informali.
3.4.3 Farsi raccontare la rete: le interviste in profondità Durante la mia ricerca ho e ettuato dodici interviste semi-strutturate, e ettuate in un arco temporale di circa quattro mesi. La disponibilità da parte degli appartenenti a questa rete è stata richiesta in alcuni casi via mail, spedita nella mailing list generale della Rerepre, oppure nelle mailing list di nodo o di coordinamento, in altri casi è stata chiesta di persona durante una situazione di osservazione, quindi durante una riunione di nodo, una festa o un'azione.
Ho
sempre riscontrato una buona disponibilitĂ alle mie richieste, in questo modo sono riuscito a intervistare persone con caratteristiche diverse in termini di etĂ , di condizione contrattuale, di condizione a ettiva/coniugale, abitativa, con o senza gli, uomini e donne.
Le interviste da me e ettuate sono frutto di un
campionamento di tipo teorico (theoretical sampling) (Silverman 2003), non vi è quindi la pretesa che esse siano in grado di rappresentare i membri della Rete dei redattori precari, ma raccoglie unicamente casi signi cativi al ne di ap-
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3.4 Approccio metodologico profondire analiticamente dei concetti (Armano 2010; p.
95), in questo caso
le dinamiche di auto-organizzazione e auto-rappresentanza di una rete di lavoratori e lavoratrici della conoscenza. Come riportato nella tabella qui sotto ho intervistato dieci donne e due uomini, sproporzione che rispecchia la minor presenza maschile sia nella rete che nel settore editoriale in generale. Per tutelare la privacy dei soggetti ho adoperato dei nomi di fantasia, mantenendo invece inalterate le indicazioni sulla distribuzione sul territorio; visto l'alto numero di persone occupate in questo settore ho ritenuto queste informazioni non su cienti per risalire all'identitĂ dell'intervistato/a.
L'intervista semi-strutturata è un metodo molto di uso nella ricerca nel campo dei movimenti sociali, e viene spesso associata all'osservazione partecipante e all'analisi documentale.
Essa risulta essere particolarmente utile quando gli
scopi dello studio sono l'esplorazione, la scoperta e interpretazione di complessi eventi sociali, e l'analisi di processi (Morris 1984, Fantasia 1988, McAdam 1988, Staggenborg 1991, Whittier 1995, Robnett 1996, Ray 1999, Blee and Taylor 2002).
Secondo Kvale Kvale (1983) l'obiettivo dell'intervista qualitativa è
raccogliere delle descrizioni del mondo di vita dell'intervistato the life- world (Kvale 1983; p. 174), con particolare attenzione alle interpretazioni e ai signi cati riconosciuti o attribuiti ai fenomeni descritti.
Nel mio studio di caso le
interviste sono state condotte con il ne di radicare la mia ricerca nell'esperienza soggettiva delle persone che compongono la Rerepre.
Volendo approfondire in
particolar modo le tematiche inerenti la rete autorganizzata di cui gli intervistati e le intervistate facevano parte, ho preparato una breve traccia di intervista per fornire gli spunti di innesco alla conversazione e i principali ambiti di attenzione.
La traccia di intervista (allegata nell'Appendice 1) è stata strutturata in tre
83
Capitolo 3
Nome Lucia Libera Paola Zenobia Lia Giovanna Sabrina Margherita Franco Jasmine Maria Carlo
Tabella 3.2: Pro li sintetici delle persone intervistate
Età Sesso Titolo di studio 36 33 34 60 30 33 37 40 58 54 29 35
F F F F F F F F M F F M
Laurea Master Dottorato Laurea Master Laurea Laurea Master Laurea Laurea Master 2 Lauree
Condizione Città di Città di abitativa provenienza residenza Proprietà A tto A tto A tto A tto A tto Proprietà Proprietà Proprietà Proprietà A tto Proprietà
Bologna R. Calabria Pescara Bologna Svizzera Bari Milano Milano Campobasso Milano Lecco Ancona
Bologna Firenze Bologna Bologna Milano Milano Milano Milano Milano Milano Milano Perugia
Città di di lavoro Multiple Firenze Multiple Bologna Milano Milano Milano Milano Milano Milano Milano Firenze
fasi: nella prima parte ho chiesto ai soggetti intervistati di raccontarmi la loro storia a partire dalla formazione professionale e lavorativa, no alle condizioni attuali di lavoro.
La seconda parte di intervista riguardava più strettamente
la Rerepre, il rapporto con questa rete e le relazioni di questa rete con le altre realtà auto-organizzate o di rappresentanza.
La terza parte è stata pensata
per cercare di comprendere il ruolo e l'utilizzo degli strumenti web all'interno della Rerepre. Tuttavia lo strumento delle mailing list è emerso n dalla prima parte dell'intervista, mentre la terza parte si è concentrata principalmente sulle potenzialità e i limiti dei social network utilizzati dalla rete.
3.4.4 Esplorare i testi prodotti dalla rete: l'analisi documentale L'analisi dei documenti prodotti dalla Rete dei redattori precari è stato il primo strumento che ho utilizzato per avvicinare la rete. Per come si è connotata in questo studio, l'analisi dei documenti ha posto in essere il problema di quali siano gli strumenti tradizionali dell'analisi qualitativa e dove invece comincino gli strumenti legati al web e alla realtà online. L'analisi dei documenti è uno strumento tradizionale della ricerca sociale (Cardano 2011), le cui radici risalgono quanto meno alla ricerca Il contadino
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3.4 Approccio metodologico polacco in Europa e in America (Thomas and Znaniecki 1920). Questo termine ha però un'accezione molto ampia, Amaturo distingue ad esempio tra documenti personali, o espressivi, prodotti dagli individui a uso privato, e documenti istituzionali, di natura pubblica, prodotti da istituzioni o da persone appartenenti ad istituzioni (Amaturo 2012).
A mio parere a anco di questi due gruppi di
documenti bisogna aggiungere anche quelli prodotti da soggetti privati per ni pubblici. Nel condurre questo studio di caso la parte di analisi documentale in senso stretto ha riguardato infatti testi auto-prodotti dalla rete, ovvero da un'organizzazione privata, volti allo scambio e alla circolazione di informazioni, sia on line che o line. Includere l'analisi documentale all'interno di questo caso studio è stata una scelta che mi ha permesso di accedere alla realtà organizzativa da un peculiare punto di osservazione, vale a dire quello dell'auto-narrazione messa in atto dalla rete. In questo studio di caso l'analisi documentale è stata utilizzata per analizzare alcuni articoli e altri scritti prodotti dalla Rerepre sia in versione cartacea, sia in versione le, reperendoli da internet e leggendoli da monitor. A questo punto ho dovuto cercare di distinguere il materiale documentale raccolto, dal momento che non tutto il materiale empirico a mia disposizione poteva essere descritto appieno dal termine documento . L'elemento che mi è parso consentire una distinzione tra le diverse tipologie di materiale conoscitivo è stato il loro carattere de nitivo o provvisorio. Ho analizzato articoli, saggi, capitoli di libri - sebbene condivisi in rete - come documenti, dato che una volta resi pubblici rimangono costanti, non vengono ulteriormente modi cati.
Altre realtĂ accessibili dal computer hanno
invece una natura piĂš dinamica e interattiva, vanno lette all'interno di un piĂš ampio contesto che cambia e possono avviare dei percorsi conoscitivi, dei veri
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Capitolo 3 e propri viaggi nel web attraverso i link che incorporano. Ăˆ dunque necessario osservarle come entitĂ in trasformazione, come situazioni contingenti. Per il materiale raccolto online, sia dal sito web che dalle mailing list, ho adottato un tipo di interpretazione che non si avvicina tanto all'analisi documentale, ma assume piuttosto i caratteri di una osservazione partecipante, grazie alle occasioni, cercate o casuali, di confronto con le persone coinvolte nei processi. La frequenza degli scambi che avvengono via mail, ad esempio, e la possibilitĂ di scrivere a una o a molte persone, rende questo strumento assolutamente peculiare. Sulla base delle caratteristiche tecniche e delle tecnologie sottostanti al funzionamento del web esistono, e possono essere pensati, degli strumenti in grado di coglierne le peculiaritĂ , allargando il campo di ciò che per il ricercatore è possibile fare con il materiale raccolto. Nei prossimi paragra presenterò in qual modo ho analizzato l'utilizzo del sito internet e delle mailing list da parte della Rete dei redattori precari. La mia analisi in un primo momento doveva occuparsi anche dell'account twitter e del pro lo facebook della Rete dei redattori precari, ma durante il periodo di osservazione, e attraverso le interviste, è emerso un ruolo marginale e controverso di questi strumenti. Dalle interviste emerge una gestione di questi strumenti tramite delega, puramente per la comunicazione verso l'esterno.
In molte interviste mi è
stato detto che non si sapeva come venissero gestiti questi strumenti
Male, come vedi, vengono gestite male, vengono gestite in maniera, da ... come tutto quello che avviene nella rete, è il rischio, come si sta e ettivamente concretizzando nel caso di Twitter, è che vengano lasciate inutilizzate insomma. [...] S'è voluto per forza questo Twitter.. Facebook lo reggiamo tutto sommato abbastanza bene, c'abbiamo per fortuna questa espatriata che lo gestisce addirittura dall'estero, però... (Carlo, 35, Perugia)
86
3.4 Approccio metodologico La gestione dei social network è sostanzialmente a data ad un'unica persona, non sono quindi uno strumento di auto-organizzazione, ma piuttosto di comunicazione degli eventi, uno strumento a cui nelle interviste non viene attribuita grande rilevanza. Mi sono parsi quindi di secondario interesse per la comprensione delle dinamiche di auto-organizzazione e di auto-rappresentanza.
3.4.5 Studiare la rete attraverso il web: la cyberethnography Nei capitoli precedenti abbiamo visto come lo sviluppo dei sistemi informativi abbia avuto un grosso impatto sulla società e sulle dinamiche interpersonali. A partire dagli anni `90 si è sviluppata una ri essione sugli strumenti piÚ adatti allo studio della cultura in una realtà mediata dal computer. Il ruolo e la centralità riconosciute agli scambi mediati da sistemi informatici ha portato diversi studiosi a domandarsi come studiare queste fenomeni e, all'interno della ri essione etnogra ca, sono state avanzate diverse proposte di approcci metodologici per lo studio della cultura in questo ambito. Dietro ai molti nomi assunti da questo tipo di etnogra a - virtual ethnography, webnography, netnography, digital ethnography, cyberethnography (Hine 1994, Teli et al. 2007, Rogers 2008, Kozinets 2010) - si a acciano di erenze piÚ o meno marcate sull'oggetto di studio e sulla realtà che deve essere presa in considerazione. Ho trovato particolarmente stimolante e feconda la proposta della cyberethnography, focalizzata, nelle ri essioni piÚ recenti, sul porre l'attenzione all'articolazione della cultura tra online e o ine (Teli et al. 2007, Rybas and Gajjala 2007), piuttosto che muovere dalla distinzione tra reale e realtà virtuale (Hine 1994). digital methods avanzata da Rogers Rogers (2008) apre sicuramente degli orizzonti a ascinanti sul modo di condurre ricerca sul web, il che mi ha spinto
87
Capitolo 3 a provare a utilizzarne qualcuno, discostandomi tuttavia dall'accezione di cyberspazio come virtual realm (Rogers 2009; p. 22) e abbracciando invece l'uso di un concetto di cyberspazio come qualcosa di profondamente radicato nella materialità, seppur non limitato a essa (Teli et al. 2007). Nei prossimi paragra cercherò di presentare in che modo ho prestato attenzione alla componente online della Rerepre e presenterò gli strumenti nativi digitali che ho utilizzato per l'analisi.
Analisi del sito internet: oltre il layout gra co L'analisi che ho condotto del sito internet della rete dei redattori precari è stata in primo luogo un'analisi dei contenuti in esso presenti.
Come supporto in
questa attività di analisi ho adoperato due applicazioni sviluppate per i browser Mozilla, Scrapbook e Wired-marker. Scrapbook è uno strumento che permette di catturare e salvare nel proprio computer una pagina web o un intero sito internet, in modo da cristalizzarli, evitando al ricercatore l' inconveniente degli aggiornamenti, con il cambio dei contenuti della pagina stessa. Questa applicazione si è mostrata molto utile per la sua opzione che consente, a partire da una pagina iniziale, di salvare tutte le pagine a questa collegate, permettendo dunque di stabilire il livello di profondità di questo backup. In questo modo, anche volendo lavorare o ine, o anche nel caso alcuni siti fossero stati chiusi o cambiati, è stato possibile vedere i contenuti collegati alla pagina di partenza in un dato momento. Wired-marker è invece uno strumento che consente di creare delle etichette, delle categorie, e sottolineare con dei colori diverse parti di testo, permettendo quindi di visualizzare in rapida successione le parti di testo etichettate allo stesso modo. Oltre questi strumenti, che mi hanno fornito un utile supporto all'analisi dei contenuti del sito web, ho ritenuto utile e interessante provare a sperimentare
88
3.4 Approccio metodologico
Figura 3.2: Screenshot di una pagina analizzata con Wired-Marker
l'utilizzo di uno strumento nativo digitale per lo studio del web: Issuecrawler. Issuecrawler è uno strumento sviluppato dalla Govcom.org Foundation, presso l'Università di Amsterdam, al ne di e ettuare delle analisi del web attraverso la creazione di rappresentazioni gra che dei reticoli che connettono due o piÚ punti di partenza. Questo strumento analizza i punti di partenza forniti dal ricercatore, mappa i diversi link all'interno di queste pagine web, e poi ricostruisce le connessioni tra le diverse pagine.
Il processo di analisi dei siti avviene in au-
tomatico, è richiesto solamente di scegliere che tipo di analisi si vuole condurre e la profondità dell'analisi.
Attualmente Issuecrawler propone tre modalitĂ di
analisi: Co-link analysis crawls the seed URLs and retains the pages that receive
at least two links from the seeds. Snowball analysis crawls sites and retains pages receiving at least one link from the seeds. Inter-actor analysis crawls the seed URLs and retains inter-linking between the seeds (Foundation 2012). Nel mio studio di caso ho utilizzato l'analisi co-link in quanto interessato a vedere un
89
Capitolo 3
Figura 3.3: Output di issuecrawler.
ampio reticolo di siti attivi attorno ai punti di partenza da me indicati, ma è stata una scelta forzata anche dal fatto che attualmente il sito issuecrawler ha delle di coltà ad elavorare cluster di tipo snowball. Questo metodo di analisi del reticolo, nel quale sono inseriti i siti web di partenza, inserisce nella mappatura sia le pagine che hanno al loro interno dei rimandi reciproci, quindi realtà che hanno e ettuato uno scambio di link, sia riferimenti orfani . Questo strumento è stato utile per mettere in luce due aspetti: da un lato quanto i siti di partenza hanno dei punti di connessione in comune e quanto densa è la nuvola di siti all'interno dei quali sono presenti dei rimandi reciproci; dall'altro la nebulosa di siti che esiste attorno ai punti di partenza da me indicati, che ho potuto visualizzare evidenziando con colori diversi i domini dei siti internet. Il reticolo mostrato in questa immagine (3.3) è piuttosto tto e in sede d'analisi verrà riproposto a una maggiore dimensione, ma evidenzia a colpo d'occhio i diversi domini di appartenenza e la tta rete di rimandi che connette tra loro diversi siti web.
90
3.4 Approccio metodologico
Analisi della mailing list: partecipare alla rete Nel condurre il mio studio di caso uno strumento che mi ha permesso di seguire quotidianamente l'attività della Rerepre è stata la mailing list. Quotidianamente nella mia casella di posta ho ricevuto un usso semi-continuo di comunicazioni, attraverso le tre mailing list, la mailing list generale di Rerepre, la mailing list del gruppo di coordinamento, e quella del nodo di Bologna, che costituiscono i canali principali di confronto, mediato dal computer, tra i membri della rete. Come presenterò in modo approfondito nel secondo capitolo di analisi empirica, l'ultimo capitolo di questo lavoro di tesi, e piÚ precisamente all'interno del paragrafo relativo alle pratiche di autorganizzazione della rete, queste tre mailing list hanno delle caratteristiche di funzionamento piuttosto di erenti, sia come tasso d'attività (dalle 240 mail della meno attiva, per arrivare alle 1200 della piÚ attiva), che per le dinamiche sviluppate al loro interno Le comunicazioni mail sono state l'unica quotidianità della rete che ho potuto sperimentare, di erenziandosi in questo dalle riunioni di nodo o dalle altre forme di incontro cadenzate periodicamente, ogni quindici, venti giorni, se non di piÚ. Questa fonte di informazioni continue è stata per me un interessante e peculiare spazio di osservazione, divenendo progressivamente da strumento accessorio di ricerca un canale fondamentale di conoscenza, che mi ha coinvolto sia sul piano strettamente nalizzato allo studio, sia sul piano emotivo, arrivando ad appassionarmi alle questioni proposte e discusse, aspettando con un po' d'ansia o di curiosità la reazione a una mail provocatoria o a una proposta interessante. Questa pervasività delle comunicazioni mail nel corso del mio studio è senz'altro dovuto anche al fatto che in questi mesi ho lavorato alla ricerca al computer, connesso alla rete, avendo dunque la possibilità di controllare costan-
91
Capitolo 3 temente la mia casella di posta.
Questa costanza ha reso gli scambi mail non
tanto una mole di documenti da analizzare, quanto delle discussioni dinamiche ad andamento discontinuo.
Riprenderò in sede d'analisi la rilevanza di questo
strumento, per il momento passo a descrivere il modo in cui l'ho utilizzato e ho cercato di analizzarlo.
Al momento dell'iscrizione a queste mailing list ho dato il mio indirizzo di posta principale, un indirizzo gmail. L'organizzazione della casella di posta in arrivo dell'account google è molto particolare e ha quindi sicuramente in uenzato il modo in cui ho percepito le diverse mail ricevute.
Come si può vedere nell'illustrazione 5, gmail dà la possibilità di distinguere le mail importanti da leggere (in giallo) da tutto il resto , cerchiato in azzurro. La distinzione tra quanto è importante e quanto non lo è viene fatta da un algoritmo di google che analizza le mail lette dall'intestatario della casella di posta più di frequente e a cui più spesso si risponde. Questa preselezione può tuttavia essere ottimizzata correggendo la scelta fatta da google, indicando la conversazione come rilevante, qualora non fosse stata rilevata come tale o l'inverso.
Questo
strumento mi ha aiutato nel porre sempre in primo piano le mail ricevute dalla Rerepre, mettendole in cima alle cose da leggere anche a distanza di giorni, nei casi in cui non avessi avuto modo di controllare costantemente la posta. In secondo luogo è possibile contrassegnare alcune conversazioni come speciali (selezione rosa), assegnando diversi simboli alle conversazioni che si vuole sempre tenere sott'occhio. In questo modo, segnando alcune conversazioni come speciali, queste sono diventate per me più facilmente reperibili anche a distanza di mesi. La terza funzionalità che voglio mettere in luce con questa immagine(
??) sono le
etichette. Il sistema di etichette (label) proposto da google è piuttosto semplice
92
3.4 Approccio metodologico
Figura 3.4: Organizzazione delle mail in Gmail.
Figura 3.5: gestione della conversazione mail da parte di Gmail.
93
Capitolo 3 e immediato e consente di associare a ogni conversazione una o più etichette, caratterizzabili con un colore. La funzione di ltro della casella di posta permette inoltre di associare alcune caratteristiche in modo tale che le etichette vengano applicate automaticamente alle conversazioni. Come si può vedere nel riquadro rosso le etichette compaiono tra la data di ricezione della mail più recente della conversazione e l'oggetto della stessa. Il riquadro verde invece mostra il menù che permette di accedere velocemente a tutte le mail con la medesima etichetta. Il sistema di etichette ha ulteriormente contribuito all'osservazione della vita delle mailing list, permettendomi di sapere immediatamente la provenienza della singola mail, aiutandomi quindi a ltrare e indirizzare la mia attenzione.
Questo secondo screenshot mostra invece come gmail organizza le email in conversazioni.
Il riquadro azzurro mostra come sotto all'oggetto della mail
vengano visualizzati il pulsante di rilevanza o meno della mail (pentagono giallo) e le etichette associate alla conversazione, in questo caso posta in arrivo , rerepre/rerepre-bologna rerepre/rerepre-coordinamento . In qualsiasi momento durante la lettura della conversazione mi è stato quindi possibile controllare da quale mailing list l'ho ricevuta.
Gmail è costruito in modo tale da poter creare delle etichette all'interno di altre etichette, in questo caso all'interno dell'etichetta rerepre ho creato altre due sotto-etichette: rerepre-bologna e rerepre- coordinamento . Per evidenziare il fatto che un'etichetta è annidata in un'altra Gmail riporta il nome della prima etichetta, in questo caso rerepre , separato da una barra / e quindi il nome dell'etichetta glia, in questo caso rerepre-coordinamento .
Questo è il moti-
vo della ripetizione rerepre/rerepre-coordinamento, per evidenziare il fatto che rerepre-coordinamento è un'etichetta annidata in un'etichetta origine rerepre .
94
3.4 Approccio metodologico La scelta dei nomi di queste etichette è stata fatta utilizzando le parole già in uso all'interno della rete, nello speci co il nome utilizzato dai rerepreini per riferirsi alle diverse liste. Il riquadro rosso evidenzia la data e il pulsante per le mail speciali di cui ho parlato sopra. Con il riquadro rosa ho voluto sottolineare l'organizzazione a sarmonica delle conversazioni. Quando viene letta per la prima volta una conversazione, anche tta, tutte le mail vengono presentate per esteso. Nel caso di successive visualizzazioni le mail già lette vengono invece compresse, tralasciate, lasciando leggere solo la prima riga della mail che ha iniziato la conversazione e l'ultima mail ricevuta con lo stesso oggetto.
La scritta sottolineata in rosa
permette quindi di sapere da quante mail è composto questo scambio. L'organizzazione molto sintetica e pulita delle mail fornita da Gmail rende la ricezione di una mail molto simile al contributo dato a un dialogo. Questo aspetto è evidente se si osservano le dinamiche durante alcune conversazioni, dove le mail si susseguono molto rapidamente e sono composte anche di un'unica frase, o poche righe.
Nell'esempio riportato nell'3.6
1 si vede uno scambio di mail interno al
gruppo di coordinamento, durante il quale sono state scambiate 28 mail nell'arco di poco piÚ di 24 ore, ma come si può notare la distribuzione delle mail non è uniforme nell'arco della giornata, ma è concentrata in diversi botta e risposta, durante i quali le risposte si susseguono ravvicinate, a distanza di pochi minuti. In questi scambi molto rapidi il tipo di comunicazione diviene progressivamente molto simile al linguaggio parlato, allontanandosi quindi dal linguaggio utilizzato per degli scambi epistolari e diventando invece piÚ simile a delle conversazioni
2
via chat .
1 Quest'immagine è stata prodotta utilizzando timeline, un software opensource scaricabile all'indirizzo http://sourceforge.net/projects/thetimelineproj/
2 Per approfondire l'analisi dei di erenti linguaggi utilizzati all'interno delle mail e nelle
95
Capitolo 3
Figura 3.6: Distribuzione temporale delle mail nell'arco delle 24 ore.
Ho deciso di entrare un po' nel dettaglio dell'ambiente nel quale ho ricevuto le email in questi mesi perchÊ ritengo che l'organizzazione proposta da google per la sua casella di posta abbia caratterizzato il mio periodo di osservazione. Presentando il mio lavoro sul piano metodologico ho quindi ritenuto importante sottolineare l'ambiente logico, oltre che gra co, nel quale questi ha avuto luogo. Inoltre, una presentazione dettagliata di questo spazio d'osservazione è ancora piÚ rilevante dal momento in cui la sua organizzazione non è comune e condivisa da tutti i provider che o rono servizi di casella di posta. In seguito, nel momento in cui dall'osservazione sono passato all'analisi di questi scambi di mail, un problema che mi si è posto è stato come metterne in luce la natura dinamica. Un elemento interessante a mio parere è come non tutte le mail suscitino le stesse reazioni, in termini di quantità e di rapidità .
Nel periodo di osservazione ho
constatato come alcune mail cadano nel vuoto, altre ricevano delle risposte in tempi medio/lunghi, altre ancora esplodano in rapidi botta e risposta. Andando ad analizzare le mail come testo, cercando di mettere in atto una osservazione partecipante, raccogliendo le mie note di campo sulla base di quanto ricevuto, ho notato come tendessi a perdere di vista il tempo, elemento che è invece molto chat si vedano gli studi di (O'Connor 2001): Per le di erenze tra internet-based interviews, attraverso metodi sincroni o asincroni, si veda (Meho 2006, O'Connor et al. 2008).
96
3.4 Approccio metodologico rilevante. Stimolato quindi dalla proposta di Rogers Rogers (2008) di sviluppare strumenti di indagine nativi digitali è nata l'idea di creare uno strumento di supporto all'analisi dell'attività di una mailing list ispirato ad uno strumento già esistente: Gource. Gource è a software version control visualization tool (Gource 2012) ovvero uno strumento di visualizzazione e controllo delle versioni di un software. Non credo che sia qui rilevante addentrarsi sui di erenti modi in cui un software viene sviluppato, basti sapere che lo sviluppo di un progetto software avviene grosso modo in maniera simile alla costruzione di una casa, un mattone alla vol-
3
ta. Gource è un software open source , sviluppato con il contributo di Google, in grado di leggere il database nel quale è raccontata la storia della costruzione della nostra casa e renderlo visivamente producendo un video.
Questo pro-
gramma permette infatti di vedere quali parti del progetto sono state sviluppate, quante persone sono intervenute, quanto hanno interagito tra loro per portare avanti parte del progetto. Attraverso una rappresentazione simbolica, semplice quanto intuitiva, si vedono quindi i diversi soggetti muoversi in uno spazio nero, emettere dei raggi di luce dai quali nasce un pallino che si connette ad alcuni degli altri pallini, vale a dire il contributo dato da questo soggetto. Lo strumento che propongo e che ho utilizzato nasce da questa idea e sostituisce al repository
4
del software un repository costruito a partire da un database con le informazioni
5
tratte dalle email. Abbiamo chiamato questo programma mail2gource . Ăˆ stato
3 Software rilasciato con particolari licenze in modo da favorire il libero studio e l'apporto di modi che da parte di altri programmatori (http://it.wikipedia.org/wiki/Open_source)
4 Un repository è un ambiente di un sistema informativo (di tipo ERP), in cui vengono
gestiti i metadati, attraverso tabelle relazionali (Wikipedia 2012).
5 Questo programma è stato scritto in collaborazione con Pietro Zambelli, che ringrazio per
la pazienza e il tempo dedicatomi. Il programma è reperibile online, cercando mail2gouce su
97
Capitolo 3 quindi sviluppato in Python (un linguaggio di programmazione), ed è in grado di leggere un le CSV contenente le informazioni di tutte le conversazioni mail ed elaborarle in modo da produrre un repository con le caratteristiche adatte a
6
essere interpretato da Gource. Per produrre il le CSV , ho utilizzato Import-
7
ExportTool, un'estensione del programma di gestione della posta Icedove . Con questo strumento è possibile organizzare le email in un unico le, sotto forma di elenco dettagliato. Il mio interesse di ricerca era focalizzare il diverso sviluppo delle conversazioni mail, mail2gource è stato scritto in modo tale da far sÏ che Gource rappresenti ogni mail con un puntino sullo schermo e poi raggruppi le mail con lo stesso oggetto, in modo che queste vengano rese gra camente come un unico ore , per avere l'e etto dei vari agglomerati di puntini visibili nelle gura 3.7. In questa fase il video prodotto metteva in luce le dinamiche delle discussioni, ma dopo pochi secondi non era piÚ comprensibile, poichÊ tutti i ori erano concentrici. Per ottenere la rami cazione visibile nell'immagine qui a lato abbiamo pensato di associare ad ogni mail un'etichetta riguardante il contenuto della mail. Sulla base di quanto emerso nelle interviste e nel sito, e dalle mail stesse, ho costruito delle categorie riguardanti le tematiche a rontate dalla rete nelle sue interazioni, e le ho associate sotto forma di etichetta a ogni mail.
Il programma è stato
scritto in modo tale che una volta data una categoria a una mail con un certo oggetto, tutte le mail successive mantengano la stessa categoria a meno che successivamente non venga speci cata una categoria di erente per quella mail, che
google, ed è scaricabile presso: https://bitbucket.org/zarch/mail2gource
6 Comma-separated value è un formato di le per il salvataggio di basi di dati. In particolare,
il formato CSV rappresenta delle tabelle non in formato gra co (come i tradizionali fogli di calcolo), ma utilizzando la punteggiatura come sistema di separazione dei dati.
7 Icedove è un programma per la gestione della posta sviluppato dalla organizzazione no-
pro t Mozilla, con licenza opensource. http://www.mozilla.org/en-US/mission/
98
3.4 Approccio metodologico
Figura 3.7: Output dello strumento, ml_repomail.py.
99
Capitolo 3 diventa la nuova categoria di riferimento. Il nostro strumento ha dunque perso il suo funzionamento automatico, necessitando dell'attivitĂ ordinatrice del ricercatore e consentendo dunque di interpretare il materiale empirico a disposizione attraverso un processo grounded, tipico dell'analisi qualitativa dei testi (Strauss and Corbin 1998, Strati 1997).
Inoltre grazie a questo accorgimento i video
prodotti sono diventati nalmente comprensibili, permettendo di visualizzare le mail inserite nelle aree tematiche che ho identi cato. Le ultime aggiunte sono state l'associazione del colore dei pallini al colore dell'autore/trice del pallino stesso, come si vede nella gura 3.7. Un ulteriore aspetto interessante di Gource è la possibilità , passando con il cursore su un pallino, di vedere l'ID di riferimento della mail, la categoria associata in fase di analisi e l'oggetto originario, oltre che l'autore/trice. Tirando le somme, questo è uno strumento nato e pensato a supporto dell'attività di ricerca di chi voglia studiare le dinamiche all'interno di una mailing list. Questa è una versione beta, forse poco piÚ di un concept, piÚ che la realizzazione concreta attuale penso possano essere rilevanti le suggestioni che si possono trarne per immaginarne degli sviluppi futuri. Attualmente questo strumento permette di presentare l'attività di diversi mesi di scambi di e-mail in un video di una manciata di minuti, permettendo di cogliere gli ambiti sui quali piÚ spesso vengono scritte delle e-mail e di di erenziare le aree tematiche intorno a cui piÚ spesso vi sono dibattiti tti. Durante queste fasi, dove l'interazione è maggiore, si vedono nel video i diversi autori delle e-mail creare la discussione dando alla conversazione il loro contributo, rappresentato gra camente da un pallino, no a creare agglomerati di pallini grandi.
D'altra parte le aree tem-
atiche, o le mailing list, nelle quali spesso le e-mail non ricevono risposta sono identi cabili per la polverizzazione delle mail, rappresentata gra camente dai
100
3.4 Approccio metodologico singoli pallini, e sottolineata nell'esecuzione del video dalla mancata interazione tra gli attori. L'attribuzione di un colore univoco tra e-mail e autore/trice aiuta inoltre a focalizzare chi è più attivo e in quale ambito.
È però la capacità
evocativa di questo strumento a essere stata per me fondamentale, la possibilità di rievocare la natura dinamica e interattiva dello strumento mail, richiamando l'attenzione del ricercatore sulle persone che stanno dietro a ogni e-mail scritta.
Conclusioni Per comprendere l'agire sociale, occorre coglierne sia il senso soggettivo dal punto di vista delle persone che ne sono autori, che l'orientamento assunto per via dell'atteggiamento di altre persone: l'agire sociale è tale proprio allorquando è riferito all'atteggiamento di altri individui, e orientato al suo corso in base a questo (Weber 1922; trad. it. pp. 4-5) (Strati 1997; p. 129-130). In questo capitolo ho cercato di mettere in luce come ho impostato la ricerca al ne di cogliere sia la dimensione della narrazione pubblica della rete, che le dinamiche di costruzione interna ed interazione tra i suoi membri, che la dimensione soggettiva di ciascun membro coinvolto in questa organizzazione. Nei prossimi due capitoli andrò a presentare i principali risultati del caso studio. Nel quarto capitolo presenterò nel dettaglio la condizione lavorativa vissuta e raccontata dai membri della Rerepre, cercando di sottolineare gli elementi che li portano a considerare la loro condizione di vita come precaria . Il quinto capitolo sarà invece concentrato maggiormente sulla Rete dei redattori precari e sulle pratiche di auto-organizzazione e auto-rappresentanza da essa messe in atto, oltre che sulle più ampie dinamiche relazionali sviluppate al suo interno.
101
Capitolo 3
102
Capitolo 4 Lavorare nella conoscenza, il racconto dei redattori 4.1
Percorso di formazione
4.1.1 Itinerari di inserimento lavorativo nell'editoria Per introdurre i principali risultati di questo caso studio mi è parso utile iniziare delineando il percorso di formazione delle persone da me intervistate. Quanto riporta l'ISTAT è che il quaranta per cento rispetto alla popolazione è il livello di laureati tra i 30 e i 34 anni ssato dal target di Europa 2020 e l'Italia presenta un valore abbastanza basso dell'indicatore (19,0 per cento; [...] più elevato per le donne, 23,0 per cento, e meno per gli uomini, 15,0 per cento) (ISTAT 2011; p. 231). La totalità delle persone da me intervistate ha invece conseguito una laurea, e la metà di esse ha integrato la sua formazione frequentando dei master, o corsi assimilabili, informazione ancora più rilevante tenendo conto della presenza tra i soggetti coinvolti nella ricerca di persone con più di cinquant'anni, tra le quali i livelli di istruzione sono tendenzialmente più bassi. A fronte di questo elevato livello di formazione riscontrato nelle interviste, bisogna rilevare come il lavoro redattoriale non sia una professione istituzional-
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Capitolo 4 izzata attraverso un albo nazionale, e non vi siano quindi impedimenti legali e vincoli tesi a limitare l'accesso alla professione di redattore. Tra i soggetti che ho intervistato ho riscontrato una discreta varietà delle facoltà di provenienza: una persona ha conseguito il titolo all'interno della facoltà di Filoso a, due persone in quella di Lettere, altre due a Scienze della comunicazione, tre in Scienze politiche/Sociologia e in ne quattro persone hanno un diploma di laurea in Lingue. Questa varietà ci permette dunque di comprendere che la professione redattoriale non è lo sbocco naturale di un unico indirizzo di studi. Per contestualizzare l'elevato tasso di istruzione penso possa essere utile dare spazio alle storie di inserimento professionale raccontate dai soggetti intervistati. Analizzando la storia lavorativa di queste persone ho prestato particolare attenzione ai momenti di svolta (Wethington 1997), ai passaggi fondamentali messi in luce nel narrare il proprio percorso professionale. Ho quindi individuato tre dinamiche di inserimento lavorativo in questi racconti, che ho de nito istituzionale , facilitata e autonoma . Il percorso istituzionale per accedere al lavoro redattoriale passa attraverso un master per l'editoria, quindi prosegue con lo stage gratuito organizzato dal master e con le prime collaborazioni con la realtà nella quale si è svolto lo stage. Tra le esperienze di master che mi sono state raccontate, diverse si sono svolte all'interno di progetti nanziati dal Fondo Sociale Europeo:
Venne fuori un corso per redattori editoriali nanziato dal fondo sociale europeo e dalla regione Toscana.
Bisognava fare la selezione, l'ho fatta
e insieme ad altre nove persone che sono passate ho fatto questo corso totalmente gratuito che ti vale come un master, sia per quantità di ore che per le lezioni, perché durava quasi un anno, sia per lo stage. Il mio coordinatore era appunto insegnante all'interno di questo corso e quindi...
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4.1 Percorso di formazione D: il tuo coordinatore?
Il mio coordinatore al lavoro e quindi [la casa
editrice] o riva un tirocinio a uno di noi dieci, lui scelse me e appunto cosĂŹ
1
sono entrata nella cerchia. (Libera 33, Firenze )
I feedback rispetto a questo tipo di stage sono stati piuttosto di erenti, nella seconda intervista la valutazione è infatti molto piÚ negativa:
Ho fatto un corso specialistico FSE, dell'Europa, pensando, non sapendo io assolutamente nulla del mondo editoriale, pensavo che o rivano opportunitĂ , creavano dei corsi proprio perchĂŠ c'era bisogno di... persone che fossero specializzate in una data cosa.
necessitĂ di
Per quanto tutti vo-
lessero fare quel percorso, però servissero già formati, che però ci fosse comunque uno sbocco. In realtà lo sbocco c'era per chi faceva i corsi. [...] Niente, però dopo il corso, stage gratuito, ovviamente, perchÊ il corso ti obbliga a cercarti uno stage, l'ho fatto in un'agenzia letteraria, che appena ho messo il piede...
appena mi sono seduta, mi hanno detto: si se vuoi
venire qua bene, però sappi che sarà per appunto 2 mesi, e poi chiuso, perchÊ noi siamo piccoli e quindi la devi vivere proprio come un'esperienza formativa, non per continuare. (Sabrina, 37, Milano)
L'elemento che pare distinguere un master buono da uno inutile, nei racconti, è la capacità di o rire un buono stage, in grado di dare un'e ettiva opportunità lavorativa.
Nel caso dei master nanziati con il FSE le esperienze sono state
quindi ambivalenti, mettendo in luce la di coltĂ , pur o rendo il proprio lavoro gratuito attraverso uno stage, di trovare posti che diano opportunitĂ , prospettive. Le narrazioni delle esperienze vissute da chi ha frequentato due dei corsi piĂš accreditati a livello nazionale, il master della fondazione Mondadori e il master dell'UniversitĂ Cattolica di Milano organizzato dal centro Padre Piamarta, mettono in luce una minor criticitĂ sui contenuti e la forma del master, sottolineando comunque il legame tra questi e l'inserimento lavorativo:
1 Per tutelare la privacy dei soggetti ho adoperato dei nomi di fantasia
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Capitolo 4 [...] poi questo qua della fondazione Mondadori mi dicevano tutti che era uno dei migliori, che comunque ti dava anche dei contatti per inserirti in questo ambito, e infatti è un po' cosÏ, funziona veramente in questo modo, se vuoi triste, nel senso che al master molti miei professori della parte redazione erano delle persone che lavorano per ***
[casa editrice nella
quale lavora], e quindi poi cercavano... Cioè hanno scelto me e un'altra ragazza per prenderci come forza lavoro gratuita, e cosÏ è stato, e altri miei compagni...
diciamo che la fondazione gestisce e riceve o erte di lavoro
(Lia, 30, Milano)
Nuovamente è l'esperienza di stage lo snodo fondamentale nel funzionamento del master.
Ăˆ occasione per mettersi in luce presso le case editrici, che sono
spesso coinvolte all'interno di questi percorsi di formazione. Il funzionamento di questi master è imperniato sull'esperienza di stage, rispetto a cui i partecipanti al master hanno poca voce in capitolo. Alla domanda se la scelta di fare lo stage in un posto o in un altro fosse stata suggerita dai docenti del master una risposta che ben rappresenta il piÚ ampio corpus di interviste è stata:
No, loro me lo hanno proprio imposto, non è stato un suggerimento, in realtĂ . PerchĂŠ in pratica, soprattutto negli ultimi anni, è sempre piĂš di cile piazzare tutti i ragazzi del master. Sono una ventina ogni anno, sono tanti. [...] Allora poi ogni anno fanno sempre piĂš fatica a piazzare, perchĂŠ alla ne del master è previsto uno stage presso strutture editoriali e case editrici. Fanno sempre piĂš fatica e non è che tu hai molta scelta, in pratica. Ăˆ un po' come se ti mandassero loro dove... bho, da me da un lato non è andata male, visto che quello è il posto di lavoro in cui sono, in realtĂ sarebbe stato una specie di riconoscimento, visto che i professori stessi erano della casa editrice, quindi che scegliessero me e un'altra ragazza (Lia, 30, Milano)
In tutte le storie professionali istituzionali che mi sono state raccontate lo stage è stato dunque un punto di svolta nel percorso professionale e un fondamentale
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4.1 Percorso di formazione canale per creare i primi contatti e legami nel settore, necessari ad intercettare delle o erte di lavoro.
Ho fatto questi due mesi in cui ho cercato di imparare di tutto, il piÚ possibile, anche i nomi degli editor. PerchÊ, anche lÏ... cambiano in continuazione, però è stata...
da un certo punto di vista è stata una cosa
fortunata, perchÊ poi sai il mondo dell'editoria è: io conosco te, tu conosci me, eccetera, e servono i nomi, e le cose, perchÊ se mandi un curriculum all'indirizzo generale, non ti cagano mai, proprio di striscio. (Sabrina, 37, Milano)
Nelle storie che ho raccolto il master è quindi risultato un canale d'accesso al lavoro in editoria abbastanza e cace, grazie alla struttura nalizzata a promuovere l'incontro tra domanda e o erta di lavoro. D'altra parte le interviste sono state e ettuate con persone che lavorano o hanno lavorato per un periodo nel settore, persone che, pur in condizioni precarie, sono riuscite nell'impresa di lavorare come redattrici. Per comprendere la reale e cacia di questi master sarebbe necessario svolgere una ricerca speci ca, ma si allontanerebbe dalla nalità di questa tesi, quindi per il momento prendo per buoni i dati di usi dalla Fondazione Mondadori 2010 che attestano al 93% la percentuale di iscritti al loro master che hanno trovato un'occupazione primaria nel settore o in settori contigui. Durante alcune interviste è tuttavia emersa anche una dinamica di erente, l'inserimento lavorativo non veniva raccontato sottolineando un percorso formativo particolare come canale di accesso allo stage e quindi all'assunzione, ma il punto di svolta era piuttosto l'intervento di una persona in grado di introdurre nell'ambiente l'intervistato.
Avevo cominciato a lavorare in editoria, a correggere le bozze. Io ho iniziato nel `87 e ho cominciato in *** dizionario...
[...]
[casa editrice] correggendo bozze del
avevo cominciato cosĂŹ perchĂŠ di fatto io ho una sorella
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Capitolo 4 che... ha lavorato in ***
[casa editrice]. [...] E ad un certo punto il suo
capo voleva istruire dei giovani (Jasmine, 53, Milano)
Nell'editoria sono stato fortunato, come altre volte nella vita insomma, perché ho iniziato a lavorare con una delle insegnanti di questa scuola, che mi ha adottato praticamente, e che mi ha fatto da maestra insomma. (Franco, 58, Milano)
Queste dinamiche di inserimento, che ho chiamato facilitate, sottolineano la rilevanza dei canali informali e dei legami deboli nella vita lavorativa delle persone (Granovetter 1983).
Durante tutte le interviste è emerso in modo rilevante il
personalismo delle relazioni con i propri referenti all'interno dell'azienda. Questo aspetto se da un lato è diventato per alcuni l'opportunità per iniziare a lavorare, da molti viene rilevato come limite, dal momento che le proprie prospettive di lavoro sono vincolate alla permanenza in azienda di questa persona.
Il professore con cui ho cominciato ha smesso di collaborare con le case editrici, quindi tutto quel lone con cui avevo cominciato a lavorare è svanito. (Zenobia, 60, Bologna)
Se l'editor con cui io lavoro da un giorno all'altro si licenzia e ne subentra un altro che non mi conosce? Mi chiama ancora? (Lucia, 36)
Più avanti in questo capitolo riprenderò questi elementi, perché credo siano signi cativi al ne di comprendere la percezione di precarietà della propria condizione lavorativa.
Per il momento credo che sia rilevante sottolineare come
l'intermediazione di una persona sia percepita come rilevante nella propria storia professionale. In ne, la dinamica che ho chiamato autonoma non individua né in un percorso di formazione formalizzato, né nell'intermediazione di una persona il punto di svolta per l'accesso al lavoro redattoriale, ma lo racconta come un percorso di
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4.1 Percorso di formazione avvicinamento progressivo. In queste interviste l'avvio del lavoro nel settore redattoriale viene raccontato come percorso di ricerca individuale, avvenuto tramite la presa di contatti interpersonali, l'invio di curriculum vitae, e un avvicinamento lento alla professione, spesso iniziata svolgendo attività marginali nella speranza di guadagnare successivamente incarichi piÚ vicini alle proprie aspirazioni, o in altri casi il lavoro redattoriale non era stato individuato da subito come obiettivo ed è divenuto un ripiego che ha acquisito progressivamente maggiore importanza. Allora, inizialmente ho lavorato come, per un portale letterario sul web e mi occupavo principalmente di rassegne stampa e di recensione di libri e cose del genere, ed era bellissimo, però pagavano poco, e quindi non potevo camparci. A quel punto ho iniziato a cercare lavoro in case editrici, perchÊ pensavo che fossero piÚ sicure e remunerative del lavoro sul web, e in e etti è vero. [...] a quel punto ho deciso di cambiare, e ho iniziato a.. tra i tanti editori a cui ho mandato il curriculum mi hanno risposto in pochi, e tra questi mi ha risposto *** [casa editrice] che, è l'attuale editore per cui lavoro. (Giovanna, 33, Milano)
La dinamica di ricerca del lavoro attraverso l'invio del curriculum, nei racconti che ho potuto ascoltare implica un progressivo percorso di avvicinamento e di conoscenza da parte della casa editrice nei confronti del lavoratore o della lavoratrice, un percorso che spesso passa attraverso collaborazioni per progetti non strettamente redattoriali, quali le letture e le correzioni di bozze: Ho iniziato per loro molto esternamente, all'inizio facevo solo letture. Le letture non so se hai idea, sono le proposte che arrivano nelle case editrici, o italiane o straniere, o sono state consigliate da qualcuno, o perchÊ comprate, proposte che all'editor possono interessare, e quindi vengono a date ad un lettore, ad un occhio esterno, che le legge e fa una scheda di lettura in cui valuta.. [...] Quindi l'inizio è stato quello e poi mi hanno a dato delle correzioni di bozze, poi è diventato una redazione intera di un testo,
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Capitolo 4 e a quel punto mi hanno proposto uno stage di sei mesi. (Giovanna, 33, Milano)
Spesso però i percorsi sono ancora più frastagliati:
ho cominciato a prendere lavori, magari diciamo quelli che mi davano una entrata inferiore, ma mi davano un po' più di esperienza, ma era un continuo... facendo un po' di selezione, no a che, ad un certo punto sono... approdata ad un lavoro, di mattina lavoravo per un sito internet, alla ***
[casa editrice] part-time, e il pomeriggio facevo le bozze, sempre per tutte le varie case editrici, ed essendo dentro alla ***
[casa editrice], bene o male
ho cominciato a conoscere le persone, quindi varie... a chi devo mandare il curriculum per passare ai libri? Ma anche lì ho cominciato non conoscendo nessuno nel vero senso della parola, non essendo implicata né con cugini, né con fratelli...
Il mio curriculum vitae ora che l'hanno visto e l'hanno
guardato sei mesi dopo, che io già avevo... dopo sei mesi mi hanno fatto fare la prova, dopo sei mesi, i successivi sei mesi dopo ho iniziato ad avere il primo lavoro, un lavoretto da... sempre da esterna comunque. (Sabrina, 37, Milano)
I tre percorsi che ho individuato nelle interviste, e qui riportati, non vanno intesi come tipi di esperienze tra loro contrapposti, ma sono piuttosto degli assi che de niscono lo spazio nel quale si sviluppano le storie individuali di inserimento lavorativo. Riconoscere ai master e ai contatti informali una capacità uidi cante per l'accesso al lavoro non signi ca negare la fatica e il travaglio individuale che accompagna tutte le storie professionali raccolte, ma indicare come il canale d'accesso al lavoro redattoriale non passi unicamente attraverso l'invio di curricula ad aziende e società del settore. Piuttosto sembra emergere come, se non si conosce qualcuno, il modo più diretto per entrare in editoria come redattore sia pagare un master, o più raramente ottenere una borsa per frequentarlo essendo rimborsati, e sperare in uno stage positivo.
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4.1 Percorso di formazione
4.1.2 Per sperare di esser pagati si deve lavorare gratis Sebbene lo scopo della mia ricerca non sia quello di analizzare la natura delle dinamiche professionali che si sviluppano attorno agli stage, credo sia in ogni caso opportuno dedicare loro uno spazio adeguato, dal momento che piÚ della metà delle persone che ho intervistato ha raccontato di aver fatto un periodo di stage non retribuito. Il termine stage, preso in prestito dal francese, è utilizzato per indicare un periodo di tirocinio formativo all'interno di un luogo di lavoro. Su questo strumento si è investito molto, a livello di retorica politica, sottolineando la sua utilità nel permettere l'incontro tra la domanda e l'o erta di lavoro, avvicinando chi si appresta ad uscire dal percorso di studi alle aziende interessate ad assumerlo. All'interno del documento Italia 2020, pubblicato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali congiuntamente al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca si legge questa positiva nota: I tirocini formativi e di orientamento hanno svolto un ruolo fondamentale per avvicinare, anche in una ottica di placement, le sedi della istruzione e della formazione al mercato del lavoro 2009, ma il testo prosegue sostenendo: Per lungo tempo hanno rappresentato assieme ai contratti di formazione e lavoro e all'apprendistato uno dei pochi canali di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro . Lo stage è dunque considerato come una forma fondamentale di canale di inserimento lavorativo. Tuttavia in Italia, come sottolineato in una ricerca recente condotta in modo congiunto da ISFOL e La Repubblica degli Stagisti: i tirocini formativi e di orientamento rappresentano, da parte di un numero consistente di aziende, una scorciatoia per acquisire manodopera a basso o bassissimo costo, con scarse tutele, senza che venga erogata e ettivamente una qualche forma di attività di
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Capitolo 4 tipo formativo o di orientamento al lavoro (Repubblica degli Stagisti and ISFOL 2010; p.
4).
Se lo strumento tirocinio viene progressivamente svuotato
della sua valenza formativa, per diventare un canale di inserimento lavorativo a costo zero, si impone un rapporto di forze del tutto squilibrato tra lo stagista e l'organizzazione nella quale esso svolge il suo tirocinio. Questa dinamica risulta essere ancora piÚ preoccupante in un contesto ad elevata disoccupazione, di usa soprattutto tra i giovani (35,9%) e le donne (33,7%) (ISTAT 2012), come quello italiano. Se in Italia è di cile trovare lavoro, e alla richiesta di assunzione viene risposto con la proposta di un periodo di prova, uno stage non retribuito con possibilità di assunzione successiva, lo stage cessa di essere un periodo di formazione e diventa a tutti gli e etti un periodo di lavoro ceduto gratuitamente al datore, una pratica di impoverimento e di prevaricazione nei confronti di chi si trova nella condizione di necessità di un lavoro. Questa interpretazione è ra orzata dai dati emersi nella ricerca Indagine conoscitiva ne-
olaureati & stage (GIDP 2012), nella quale oltre il 35% delle aziende costituenti il campione dichiara di non aver intenzione di assumere le persone al termine del periodo di stage, dato che, essendo relativo alle dichiarazione di intenti delle aziende, potrebbe discostarsi notevolmente dalle decisioni prese concretamente dalle aziende. Ne consegue che solo le persone che possono permettersi il lusso di mantenersi per svolgere un periodo di stage, possono ambire poi a un lavoro da esso derivato, dinamica questa che porta ad irrigidire ulteriormente la mobilità sociale italiana, in peggioramento in questi anni (Schizzerotto 2012). Anche nelle interviste che ho realizzato nell'ambito del mio lavoro di tesi la natura poco formativa e molto lavorativa (Boeri 2008) dello stage sembra essere confermata Ho fatto il master, è durato dal febbraio marzo del 2009 no a luglio, poi a
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4.1 Percorso di formazione settembre si aprivano tre mesi di stage. Ho fatto tre mesi di stage presso un editore abbastanza piccolo, ***
[nome editore], che fa editoria universitaria,
sociologia, psicologia... scienze umane [...] Ma è abbastanza piccolo come editore proprio, quindi ho fatto uno stage
a gratis da loro, poi ho lavorato
per un piccolissimo studio editoriale, che era formato praticamente da una persona sola.
[...]
Ho lavorato da lei qualche mese, metti tre mesi.
Poi nel frattempo avevo visto sul sito della ***
[...]
[grande casa editrice] che
era uscito un bando per uno stage, nel settore scolastico, ho provato anche quello, ho fatto un colloquio ed è andato bene, colloquio, selezione, una prova scritta eccetera, e ci hanno prese in due, perché avevano tanto lavoro e avevano bisogno di due stagisti da sfruttare, invece del solito stagista canonico. Quindi ho mollato quel lavoro lì, con sommo godimento, e sono andata in ***
[grande casa editrice], dove ho iniziato in metà maggio, ho
fatto uno stage di sei mesi, e poi ho continuato a lavorare in ***
[grande
casa editrice] sempre nel settore scolastico, nella stessa redazione. (Maria, Milano, 29)
In questo brano emerge chiaramente come lo stage non sia vissuto come periodo formativo, ma sia vissuto come un periodo da superare per essere assunti.
Il
brano riportato racconta un percorso di formazione in cui si erano già presentate delle occasioni di incontro con il mondo del lavoro redattoriale, ma lo stage rimane comunque un obolo da pagare, se si aspira al lavoro.
Tra i tanti editori a cui ho mandato il CV mi hanno risposto in pochi, e tra questi mi aveva risposto ***
[grande casa editrice] che è l'attuale
editore per cui lavoro, e ho iniziato per loro molto esternamente, all'inizio facevo per loro solo letture. [...] E quindi ho lavorato, ovviamente questo ti paga molto poco, però è una maniera per farsi conoscere e per entrare. Quindi l'inizio è stato quello e poi mi hanno a dato delle correzioni di bozze, poi è diventato una redazione intera di un testo, e a quel punto mi hanno proposto uno stage di 6 mesi. Che io ho ovviamente fatto... [...] Poi appunto ho fatto questo stage, poi da lì dopo lo stage di 6 mesi, mi hanno chiesto di farne un altro...
retribuito a un minimo di 500 euro mensili.
Ovviamente ho ri utato, perché altri 6 mesi, per una che non è di qui è
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Capitolo 4 un macello, e quindi a quel punto ho fatto un po' di pressioni e mi hanno fatto il primo contratto a progetto che era di un mese. (Giovanna, Milano, 33)
Lo stage prende dunque le sembianze di un'o erta che non si può ri utare, dalla quale con una certa rassegnazione si è obbligati a passare, una situazione di lavoro gratuito attualmente totalmente vantaggiosa per l'azienda, che può essere portata a chiedere di prolungare il periodo di stage, piuttosto che assumere un tirocinante meritevole. La pratica di stage non congruamente retribuiti è ampiamente di usa in Italia, da quanto emerge dalla ricerca Stagisti allo specchio (Repubblica degli Stagisti and ISFOL 2010) sopra citata, e ha recentemente superato il velo di silenzio che la circonda grazie alla recente approvazione da parte del Parlamento Europeo della risoluzione Opportunità per i giovani , nella quale si propone di adottare una carta europea della qualità dei tirocini (Qualityinternships 2012). All'interno della mia ricerca ho trattato il tema degli stage in primo luogo per la frequenza dei riferimenti ad essi riscontrata nelle interviste, in secondo luogo perchÊ credo che, in quanto canale d'ingresso al contesto lavorativo dell'editoria, contribuiscano a caratterizzare l'ambiente lavorativo, delineando n dal principio i rapporti di forza tra lavoratore e parte datoriale. Nei prossimi paragra presenterò le principali caratteristiche e condizioni di lavoro emerse dalle interviste.
4.2
Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro
Se nel terzo capitolo ho cercato di delineare sinteticamente il panorama lavorativo dell'editoria in Italia, in questo paragrafo racconterò il lavoro nelle redazioni a
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro partire dalle esperienze dei soggetti intervistati. L'obiettivo di questo paragrafo è quello di permettere la costruzione di un immaginario sul lavoro redattoriale, che consenta di comprendere da un lato il retroterra soggettivo che accompagna la partecipazione alla Rete dei redattori precari oggetto di studio di questo lavoro di tesi e che dall'altro sia utile a una rilettura del concetto di lavoratori della conoscenza , a partire dalle testimonianze raccolte in questa ricerca. Presenterò quindi le diverse tipologie contrattuali in uso, le dinamiche di contrattazione, le meccaniche di pagamento, le competenze e gli strumenti utilizzati nella professione, in che misura il lavoro redattoriale può considerarsi autonomo, e in ne presenterò il rapporto tra lavoratori autonomi, para-subordinati e dipendenti. Ho deciso di utilizzare il femminile nel titolo del paragrafo, per sottolineare la netta maggioranza di donne tra le persone intervistate (10 su 12), e nelle redazioni. Come detto in precedenza al momento vi è una grave assenza di dati precisi riguardanti il numero e il sesso di redattori e redattrici impiegati, a vario titolo, nelle redazioni. Al momento è in corso una ricerca condotta da IRES-CGIL e Rerepre, chiamata Editoria Invisibile impiegati in questo settore.
2 nalizzata alla mappatura dei precari
Ad indagine conclusa, i primi risultati, relativi ai
1073 questionari di cui la ricerca è composta, riportano una presenza femminile pari ai tre quarti (73.9%) del campione totale (Re.Re.Pre. and ISFOL 2012). Prima di presentare analiticamente quanto emerso dalle interviste credo sia rilevante speci care la distribuzione di lavoratori e lavoratrici nel comparto produttivo dell'editoria. In Italia oltre il 75% del mercato nei canali trade, nel 2010, è occupato dai primi cinque gruppi editoriali italiani: Gruppo A. Mondadori, Gruppo RCS, Gruppo
2 Il questionario si è concluso il 14 ottobre 2012 sono consultabili i primi risultati alla pagina http://editoriainvisibile.netsons.org/
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Capitolo 4 editoriale Mauri Spagnol, Gruppo Giunti, Gruppo Feltrinelli editore (AIE 2012). Tra i soggetti intervistati otto su dodici hanno almeno una collaborazione con uno di questi cinque gruppi editoriali e soltanto una persona lavora per una realtĂ editoriale di dimensione locale, mentre le restanti tre lavorano per realtĂ importanti a livello nazionale, ma non rientranti tra i primi cinque gruppi editoriali.
4.2.1 Tipologie contrattuali Volgendo l'attenzione al percorso professionale, un elemento che pare caratterizzare i diversi racconti riguarda i contratti stipulati con la controparte datoriale. Le forme contrattuali utilizzate dagli intervistati sono varie: contratti a progetto, contratti di collaborazione occasionale, contratto di cessione dei diritti d'autore (tradizionale e forfaittario), partita iva, ritenuta d'acconto. Il contratto piÚ utilizzato è il contratto di collaborazione a progetto, seguito dalla partita iva.
Queste forme contrattuali nella maggior parte dei casi non
si presentano sole, infatti, solo poche persone tra quelle intervistate lavorano e ettivamente solo per un committente. La maggior parte delle persone a anca a un contratto principale con una realtĂ editoriale altre collaborazioni a latere.
Fare questi lavori un po' piÚ grossetti, hai un minimo di garanzia in piÚ, hai un la... sai che hai un lavoro grosso, da diecimila euro, e quello è un punto sso del tuo reddito, dieci-dodici mila euro lordi, ovviamente, e poi quello che si aggiunge, piccolo o grande, fa un reddito un pochettino piÚ serio, però insomma, si fa per dire. (Jasmine, 54, Milano)
Poi capita anche che uno per arrotondare prenda anche altri lavori, a me capita di prendere altri lavori, per esempio da un'altra redazione presso ***
[casa editrice]. Io lavoro nella redazione per la scuola media, poi sono
divisi in area scienti ca, area professionale, area superiori, umanistica e area lingue, a me capita, essendo laureata in lingue, di prendere dei lavori dall'area lingue, quindi ovviamente le ore di lavoro aumentano, e mi capita
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro spesso di lavorare di sera, però come fai, serve anche ad arrotondare (Maria, 29, Milano)
Questa varietà contrattuale obbliga il lavoratore a crearsi una propria expertise sulla propria gestione economica e sugli obblighi connessi ai diversi contratti. Parte delle energie dei lavoratori devono dunque essere destinate a imparare le caratteristiche dei diversi contratti e individuare quando è più conveniente l'uno e quando l'altro.
No, io gli faccio, per il cocopro, per l'attività giornalistica ho il cocopro e ho una busta paga mensile e va beh. Gli altri faccio una ricevuta con, non ho la partita Iva in questo momento perché non mi conviene, perché avendo un cocopro da un lato le prestazioni occasionali non superano, non superano i 5000 e rilascio ricevuta di prestazione occasionale regolare. C'è una ricevuta, non è una fattura ma c'è una ricevuta, che comunque comprende il 20%. Sotto i 5000 c'è la ritenuta d'acconto del 20%, sopra i 5000 c'è anche una parte di contributi previdenziali da versare. (Paola, 34, Bologna)
Inoltre risulta di cile far rientrare questi lavoratori all'interno di una precisa categoria lavorativa basata sul contratto, volendo fare riferimento a loro possiamo usare il termine di lavoratori non-assunti , non dipendenti . Forse la scelta più corretta è utilizzare il termine che loro stessi utilizzano nel presentarsi: pre-
cari. Ho già presentato alcuni elementi di precarietà nella loro condizione, e altri verranno presentati nei prossimi paragra , ma sicuramente è rilevante il fatto che questo elemento costituisca il segno distintivo della rete di cui fanno parte i soggetti che ho intervistato: la Rete dei redattori precari. Prima di focalizzare alcuni elementi caratteristici emersi nelle interviste riguardo le diverse forme contrattuali utilizzate in questo settore, voglio sottolineare come l'assunzione da parte delle case editrici, il mitologico posto sso , il lavoro
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Capitolo 4 sicuro per tutta la vita, non è emerso come esigenza unanime durante questa ricerca.
All'interno della rete, per dire, non è che c'è tutta gente che vuole essere assunta. Io ti darei il 50-50, ok? Il problema è, ok, ci sono diverse tipologie di contratti, sono, cioè, non c'è controllo da parte di nessun tipo di autorità, per cui alla ne l'azienda, possono usarli semplicemente per mettere in atto uno sfruttamento vergognoso nei confronti del lavoratore (Sabrina, 37, Milano)
Diversi intervistati mi hanno anzi spiegato che pur con i limiti delle varie forme contrattuali, non sarebbero disponibili a farsi assumere. Le rivendicazioni della rete si concentrano piuttosto sulle tutele sociali, che in Italia restano legate unicamente ai lavoratori dipendenti.
I contratti a progetto Dalle interviste che ho raccolto emergono due modalità di utilizzo del contratto a progetto, in alcuni casi il progetto ha durata breve, inizia con una durata minima e vede aumentare nel tempo la durata, spostando l'asse da una condizione di incertezza totale come quella del tirocinio a una progressivo inserimento professionale, dai tempi estremamente lunghi e comunque limitato, dal momento che una volta raggiunto un tetto massimo di contratti non si progredisce più.
Mi hanno fatto il primo contratto a progetto che era di un mese. All'inizio era di un mese, poi sono diventati di tre, e ora sono di sei, dopo sei anni, quasi sei anni. [...] Perché all'inizio erano di mese in mese, ne ho cinque di un mese solo, poi sono diventati di tre mesi, e poi, fai dal 2008, di sei mesi (Giovanna, 33, Milano)
In altri casi il contratto a progetto assume delle caratteristiche molto simili a un contratto di lavoro subordinato, venendo rinnovato di anno in anno.
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro E quindi ho fatto questa prima fase con, diciamo, a contratto a progetto per quattro mesi, perchĂŠ si dovevano coprire quei mesi che lui aveva lasciato vuoti, diciamo, e quindi no a ne febbraio da quel ne febbraio del 2006, no ad oggi mi sono sempre stati rinnovati i contratti di collaborazione a progetto annuali, con scadenza annuale (Libera, 33, Bologna)
Nelle interviste che ho raccolto non sono emersi casi di contratti cocopro di durata superiore all'anno. Concentrando l'attenzione sui progetti caratterizzanti i diversi contratti è possibile distinguere diversi utilizzi di queste collaborazioni.
No, io lavoro proprio sull'opera, quindi sono contratti ad opera che richiedono, e prevedono un pagamento a forfait su quello che realizzo io su quell'opera, che può andare dalla redazione del cartaceo alla produzione del materiale per il web. Però si, è un contratto a progetto con un progetto reale. [...] No, io ho il mio contratto che speci ca di volta in volta l'opera su cui sono impegnato e rispetto a quella viene calcolato il compenso. (Carlo, 35, Perugia)
In alcuni casi il progetto esiste ed è delimitato, viene stipulato un contratto per lavorare su un'opera, e per fare questi lavori sull'opera stessa. In altri casi invece il contratto a progetto prevede molte opere su cui il collaboratore dovrĂ operare, un numero superiore a quante e ettivamente potrĂ gestire durante la collaborazione. Ăˆ abbastanza di usa anche la pratica di progetti ttizi, dettagliati, ma non speci ci sul lavoro richiesto al collaboratore
E quella è la cosa divertente, il progetto è quasi sempre ttizio, nel senso che sul contratto c'è scritto, ci sono scritte le mansioni che io devo svolgere, quindi produzione di testi, correzione di bozza, redazione ecc. in maniera molto generica, e poi dopo c'è anche stilato una specie di elenco con dei presunti titoli che io dovrei fare in questi sei mesi, ce sono tipo una decina, e quindi è del tutto irrealizzabile, e il punto è che però non avendo il mio editore una programmazione lungimirante, e non sapendo esattamente cosa uscirà durante tutto l'arco dell'anno, molto spesso i libri che io ho nel mio
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Capitolo 4 contratto non li seguo, e magari ne seguo altri. Però mettono dei titoli per giusti care il fatto che quello sia il mio progetto. (Giovanna, 33, Milano)
Frequenti, in ne, e riscontrabili in entrambe le tipologie di utilizzo del contratto a progetto appena presentate, sono le situazioni in cui alla collaboratrice o al collaboratore vengono a dati ruoli di responsabilità e coordinamento di interi progetti, attribuendo in questo modo ruoli di grossa responsabilità e di grossa rilevanza all'interno della struttura aziendale a persone la cui prospettiva di impiego è comunque limitata temporalmente, senza adeguare il compenso economico alla rilevanza del ruolo svolto. Per cui se io prima sono entrata facendo praticamente la corretrice di bozze, lavorando con piccoli testi, ora invece coordino il lavoro e praticamente svolgo lo stesso lavoro che fa il mio capo redattore, perchÊ essendo tale la mole da far sÏ che lui non se ne possa occupare da solo, ha fatto sÏ che ci fosse qualcuno che lo aiutasse. Per cui ci sono dei testi o delle riviste che io seguo personalmente dall'inizio alla ne. (Libera, 33, Bologna)
Dalle interviste emerge quindi un utilizzo dei contratti a progetto per collaborazione di durata medio-breve, non superiore all'anno e spesso assestata attorno ai sei mesi; un utilizzo dello strumento della collaborazione a progetto talvolta puntuale, legata a opere in fase di lavorazione, altre volte generico, teso piÚ a soddisfare le richieste formali previste dalla legge che a de nire la natura della collaborazione, pratica talmente di usa da portare Roccella a suggerire l'abrogazione della disciplina del lavoro a progetto, con tutto il suo carico di approssimazione e insincerità (Boeri 2008; p. 45). Nel prossimo paragrafo presenterò alcuni elementi caratterizzanti i rapporti di lavoro stipulati tra redattori e redattrici con partita iva e realtà editoriali. Quindi riprenderò quanto emerso per delineare piÚ approfonditamente che immagine di collaboratore emerge dal materiale empirico che ho raccolto.
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro
Liberi professionisti, redattori con la partita iva Tra le persone che ho intervistato, alcune lavorano per case editrici e studi editoriali anche attraverso partita iva. In alcune interviste mi è stato raccontato come sono giunti alla decisione di aprirla:
Allora io ho una partita iva, ho una partita iva dal `98, perchÊ lÏ ad un certo punto c'è stata questa cosa della... cioè, è uscito un decreto che diceva che le aziende e gli studi editoriali, ecc ecc, non potevano piÚ pagare con ritenuta d'acconto, poi cosa che peraltro non era vera, e lo studio con il quale stavo lavorando in quel momento mi ha detto: devi fare la partita iva, perchÊ altrimenti non possiamo piÚ pagarti. (Jasmine, 54, Milano)
Dopo che ho lavorato ho fatto lo stage, ho lavorato con ritenuta d'acconto che arriva no ai 5000 euro all'anno e superata questa cifra, che ho superato abbastanza in fretta, perchĂŠ di lavoro ce n'era, quindi in 4-5 mesi, insomma mi hanno, la strada era la partita iva, e giĂ quelli prima di me avevano passato, erano resistiti un po' e quindi poi avevano dovuto cedere alla famigerata partita iva. (Lia, 30, Milano)
Poi ho aperto la partita iva, perchÊ se no era tutto, c'era il lavoro autonomo occasionale, ma però non dovevi superare una certa cifra...
Alla ne mi
sono risolta ad aprire la partita iva. (Zenobia, 60, Bologna)
Nei primi due brani emerge chiaramente come la scelta di aprire una partita iva non sia stata percepita come una scelta professionale libera, ma sia stata indotta dall'ambiente di lavoro, arrivato a porre come condizione per il mantenimento delle collaborazioni l'apertura della stessa.
Nel terzo caso la necessitĂ
della partita iva non emerge come strumento nalizzato allo svolgimento della libera professione scelta, ma come strumento per superare la carenza di o erte di lavoro. Nel momento in cui le o erte che si ricevevano erano solo di lavoro autonomo occasionale vincolato dal tetto massimo di retribuzione, la necessitĂ
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Capitolo 4 di lavorare ha portato alla decisione di aprire la partita iva. Purtroppo in nessuna delle interviste che ho raccolto in questi mesi si è parlato di aprire la partita iva per: voglia di mettersi in gioco e di fare impresa (PMI 2012), come viene invece positivamente salutato l'aumento delle aperture di partita iva riscontrato nel 2012, (+ 7,2% rispetto al 2011). Addirittura l'aumento delle partite iva viene spiegato come l'evoluzione della precarietà all'interno delle case editrici:
Infatti l'anno scorso successe che ad un certo punto per casualità abbiamo lavorato tutti a casa, tutti noi junior, quindi noi junior, precari junior, partita iva (Lia, 30, Milano)
In alcune realtà editoriali è possibile distinguere tra precari senior e precari junior. Dal momento in cui i contratti di collaborazione a progetto sono stati de niti come contratti parasubordinati, e su di essi è stata aumentata la tassazione per disincentivarne l'uso e poter garantire alcuni servizi assistenziali minimi, in alcune realtà editoriali si è preferito collaborare con persone munite di partita iva. Perché la partita iva sia conveniente è però necessario che il lavoro abbia certe caratteristiche, che nel settore dell'editoria non sembrano soddisfatte:
Partita iva per che gura?
Altri, mi sembra, non sono sicura perché ci
sono stati un po' di problemi, dove non sapevamo cosa fare, ma questo poi ha comportato tutta una serie di oneri, il commercialista, perché in teoria quella del regime dei minimi puoi anche gestirtela da sola, però anche con il fatto che io allora non ero residente a Milano, insomma un po' un delirio, quindi senti il commercialista, inizi a entrare in un mondo di fatture che ti devi inventare, perché cosa vuoi che fatturi, le penne, gli occhiali, il computer sì, ma ne compri uno, e poi non è che scarichi quanto lo paghi, e quindi mi invento delle cose, cerco di mettere i biglietti del treno, però anche i viaggi di lavoro... Io ho un lavoro che non è adatto alla partita iva, e poi chiaramente ho un forfait mensile e questo signi ca che in pratica
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro faccio un po' un lavoro, un po' come un dipendente. E questo è tremendo perché poi tutta la previdenza è a carico tuo, con la gestione separata dell'inps, e quest'anno è salita al 27.7% l'anno scorso era l 26.7%... (Lia, 30, Milano)
Il lavoro del redattore è un lavoro in cui vi è un numero limitato di spese che si possono scaricare con la partita iva e in questo modo si perde uno dei vantaggi di questo strumento, pur ereditandone tutti i costi. Le ragioni per cui per vengono preferiti i liberi professionisti ai collaboratori è la trasformazione totale del rapporto tra datore e lavoratore, divenendo un rapporto tra azienda e azienda. In questo modo gli oneri scali ricadono unicamente sul libero professionista, il quale si deve accordare per un compenso lordo, e diviene un costo scaricabile per l'azienda, che non deve curarsi delle spese, della tassazione e il mantenimento della partita iva e del commercialista, che il libero professionista dovrà quindi detrarre dal suo compenso.
Io devo dire che se non sei una partita iva vera, cioè una partita iva che guadagna, che porta a casa 5-6000 euro al mese, ma se ne porti a casa 15002000 lordi, così, come me, non ce n'è, non c'è proprio nessuna convenienza, perché poi devi pagare l'iva, devi tenere i conti perché nel mio caso, non so quanti sono in grado di tenere i registri come si deve, ma io ho messo tutto nelle mani del commercialista e gli ho detto Costi, ma io non sono capace di farlo... . E questo vorrebbe dire prendere una multa dietro l'altra insomma, quindi io ho... le mie cose sono in mano al commercialista. (Jasmine, 54, Milano)
La scarsa convenienza della partita iva è resa ancora più marcata da un sistema scale, come quello italiano, estremamente rigido in caso di superamento dei limiti, e strutturato in modo da valutare le entrate anno per anno, senza tenere in considerazione archi temporali più lunghi, il ché si rivela piuttosto problematico
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Capitolo 4 per chi ha un lavoro dall'andamento incerto, come chi svolge la sua attività nell'editoria.
Poi due o tre anni fa, appunto con questa cosa delle adozione eccetera, c'è stato ancora l'altro lavoro, ma meno, e il commercialista mi ha detto: puoi fare una partita iva, ma ai minimi.
Quindi non paghi più la partita iva
ogni tre mesi, la paghi una volta, non la paghi più. Non devi tenere i conti trimestralmente, paghi un minimo, bla bla, e io... però non devi superare i trentamila euro lordi l'anno. L'anno scorso li ho superati di mille euro... non mi sono accorta... Sono rientrata nel sistema trimestrale, e mi sono presa una tranvata, che mi dico...
Boh, non ho fatto i conti, non sono
capace e non mi piace, però se mi faccio i conti non so quanto cazzo mi è rimasto in tasca dopo la tranvata dell'anno scorso. (Jasmine, 54, Milano)
Diritto d'autore Dalle interviste è emersa poi una terza modalità contrattuale che pare stia prendendo sempre più piede, anche per far fronte all'aumento dei costi dei contratti a progetto e delle partite iva:
il pagamento attraverso la cessione dei diritti
d'autore.
Ogni tanto mi hanno fatto lavorare anche con cessione di diritti. In ***
[casa editrice] mi hanno fatto lavorare, su questi lavori qua, che sono lavori redazionali e basta, su cessione di diritti perché a loro conviene. In qualche modo conviene anche a te, metti due soldi di più in tasca, perché non paghi l'iva eccetera. Però poi non hai nessun riconoscimento inps per questo... (Jasmine, 54, Milano)
Lavoro spesso con questa roba dei diritti... che è un'assurdità, perché ci fossero i diritti uno dice va beh, uno dice: Poi con le vendite mi vengono due soldi , no? Ma non è così. Tu cedi i tuoi diritti fondamentalmente, quello serve a loro per pagare meno ritenuta d'acconto.
Perché c'è un'aliquota
che è il settantacinque sul venti per cento. Ed è un modo per dare pochi soldi allo Stato, perché lì si da veramente poco. (Franco, 58, Milano)
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro Per ***
[casa editrice] lavoro con il diritto d'autore, ah, che è un altro tipo
di regime scale, è proprio una categoria diversa, cioè con la partita iva, io poi sono nel regime dei minimi, hai una ritenuta d'acconto, poi gli paghi l'inps alla ne, con il diritto d'autore in pratica hai una ritenuta d'acconto al momento, e basta, poi è anche agevolata, nel senso che paghi il 20 sul 75%, quindi molto meno che con qualsiasi altro tipo di...
però non hai
inps, non hai previdenza, cioè è un extra. [...] Da una parte me la pagano con il diritto d'autore, e l'altra con la partita iva, non mi chiedete perchÊ, non è una tua scelta, diciamo non è una mia scelta (Lucia, 36, Bologna)
Nei casi raccontati nelle interviste, l'uso improprio del diritto d'autore non è dovuto, come ipotizzato in un recente comunicato della NIDIL-CGIL (NIDILCGIL 2009) alla poca conoscenza delle leggi, ma piuttosto a una condizione di necessità di lavoro, che spinge ad accettare anche condizioni chiaramente svantaggiose. La panoramica dei contratti che legano il redattore alla casa editrice si sta quindi allargando verso frontiere tese a considerare sempre piÚ il lavoratore come imprenditore di se stesso (Gòrz 2008). Nelle prossime pagine cercherò di mettere in luce quanto le condizioni di lavoro e la negoziazione del livello dei compensi siano coerenti con questa interpretazione del lavoratore come gura autonoma ed esterna alla realtà aziendale.
4.2.2 Dinamiche di contrattazione Dalle interviste emerge un'immagine del redattore con scarso potere contrattuale, principalmente a causa della elevata o erta di lavoro in questo settore.
Diciamo che ogni volta che vai loro ti dicono: ti do questo , non sei tu che vai e dici: io per fare questo lavoro voglio questo ... loro ti dicono: vuoi questo lavoro? Che ti sto facendo un piacere a fartelo fare? Se lo vuoi ti do dieci euro a pagina per una redazione [...] Ogni casa editrice ha le sue regole, ovviamente al ribasso. (Zenobia, 60, Bologna)
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Capitolo 4 Allora tu hai un incontro editoriale e loro di dicono: ce la fai a farmelo in questa cosa, e ti va bene questa cifra? Ti va bene... noi ti paghiamo questa cifra, non è ti va bene . Noi a cartella ti paghiamo questa cifra, ti va bene? Bon. Non ti va bene? Allora chiamiamo qualcun altro . (Sabrina, 37, Milano)
L'individuazione del giusto compenso avviene in modo unilaterale nella maggior parte dei casi, solo in poche interviste mi è stato raccontato di un potere contrattuale acquisito attraverso l'accumulo di esperienza e grazie al riconoscimento della propria professionalità. Però delle volte devo dire, io ho un pochino di potere contrattuale, perché lavoro da tanto tempo, perché mi conoscono, con chi lavoro riesco e posso andare a cagliare un po'. Ma è una lotta completamente personale. (Jasmine, 54, Milano)
Spesso però la percezione è che le competenze che vengono messe in gioco nel lavoro non vengano riconosciute dall'azienda, con pesanti conseguenze anche nell'ambito dell'auto percezione e dell'autostima. È che comunque la verità è che, anche se sei bravo, anche se uno dei libri che ho seguito io, uno dei libri che ho seguito io è tuttora secondo nella classi ca nazionale, è un corso di spagnolo, tanto di cappello alle autrici che sono meravigliose, e il libro però l'ho seguito io... Cioè ma a loro che sei bravo non gliene frega un cazzo. [...] Alla ne sei stanco, capito? Io non ci potevo più stare, perché era così sempre, capito? Ogni rinnovo di contratto, e vai lì e contratti, e cercano di darti meno, e ti propongono la stessa cifra dell'anno prima, e tu dici va bene , però invece che su dieci mesi te la spalmano su dodici, e dico: ma sei scemo? Ma come? Ma cosa stai dicendo coglione? . Ed era tutto così, capito? E alla ne non ce la fai più. (Margherita, 40, Milano)
Alla ne non ce la fai più, questa è stata la ragione per cui a 40 anni questa persona ha deciso di smettere di lavorare nell'editoria per dedicarsi completamente al suo secondo lavoro, insegnante di lingua in una scuola per adulti.
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro Un altro elemento ricorrente nelle varie interviste è la pratica della contrattazione individuale.
I termini del rapporto di lavoro tra casa editrice e redat-
tore/trice vengono de niti caso per caso, cosa che innanzitutto disincentiva il ricorso a rivendicazioni collettive per condizioni migliori (Morini, 2006), e in secondo luogo contribuisce a rendere i rapporti, tra datore di lavoro e lavoratore, meno chiari. La contrattazione individuale è un po' una pacca sulla spalla, e poi quando gli va bene... come la... Alla ne del mio stage che mi ha dato 500 euro in busta, come lo zio, cioè...
sai quelle cose un po'...
Mi sento anche
un po' male ad andare lì, dovrei andare lì a fare gli occhioni e dirgli che guadagno poco, come se fossimo sempre in famiglia un po', quindi chiedi il contentino, non dici: riconosci il lavoro che faccio, non vedi che lavoro per te tutta la settimana? Non ti pare che avrei diritto anche a un... (Lia, 30, Milano)
Il mancato riconoscimento della professionalità espressa attraverso il proprio lavoro è un elemento che ricorre in diverse interviste e viene rilevato da più voci come uno degli elementi più frustranti del lavoro in questo settore. La costruzione di signi cato della propria attività lavorativa necessità di continue interazioni con l'ambiente nella quale si sviluppa, in modo da accumulare un numero su ciente di feedback che permettano un'auto-valutazione. Perché il precariato, ti condiziona la vita.
Tu diventi...
non capisci più
quanto vali veramente, non ce la fai da solo. O sei una persona estremamente sicura di sé, che non è il mio caso, se no tu alla ne, non capisci quanto vali, non ce la fai, perché non sei valorizzato. Non solo come essere umano, ma proprio professionalmente. (Margherita, 40, Milano)
Se una valorizzazione sul piano umano travalica quanto ci si aspetta di trovare sul luogo di lavoro, ha un impatto forte e disperante la constatazione che neppure la professionalità espressa nel lavoro viene riconosciuta e valorizzata.
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Capitolo 4 Cioè, ma a loro non gliene frega niente purtroppo, ormai la verità è che anche se sei bravo, se tu inizi a chiedere di piÚ, a loro che sei bravo non gliene frega un cazzo. (Margherita, 40, Milano)
Quest'aspetto è particolarmente forte perchÊ fa sparire qualsiasi prospettiva di stabilità e sicurezza nel futuro. Una retorica di questo tipo si contrappone all'interpretazione del periodo di precarietà come fase di transazione, gavetta preparatoria ad un lavoro in condizioni piÚ stabili, per a ermare che per quanto professionali e competenti si possa diventare nel proprio lavoro, non è comunque su cienti a garantire quel lavoro in futuro.
Solo l'accettazione passiva delle
condizioni economiche sembra garantire il posto, quella e ogni iniziativa tesa a ringraziare il datore di lavoro e l'azienda per l'opportunità donata tramite il posto di lavoro. Il divario tra domanda e o erta di lavoro in questo settore ha abbassato il limite del consentito ben oltre la retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro , prevista nell'articolo 25 della Costituzione italiana, progressivamente suggerendo che non sia tanto la retribuzione economica ad essere compenso del lavoro, ma sia l'opportunità stessa di svolgere questo tipo di lavoro, ad essere degno corrispettivo delle energie e il tempo investito nel lavoro. Quindi questo è veramente frustrante, e poi viene anche svalorizzato, perchÊ viene considerato.. perchÊ alla ne solo chi se lo può permettere riesce a continuare a fare questo lavoro, e viene anche svalorizzato, perchÊ alla ne il lavoro è libri che portano soldi, cioè non stiamo facendo solo operazione culturale, perchÊ dici la piccola casa editrice d'amici, no si va e i miei capi guadagnano eccome, quando le annate vanno bene, e allora nessuno fa certo questo lavoro per diventare ricco, però per avere una vita dignitosa sarebbe il caso.
[...]
Molte persone non si rendono conto, perchÊ comunque c'è sempre questa
cosa del fatto di fare un lavoro... un po' la passione, l'autonomia viene anche un
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro po' scambiata, come uno specchietto per le allodole, [...] Va bene cosÏ, faccio un lavoro go e poi tanto c'è papà e poi vado a fare l'aperitivo. (Lia, 30, Milano) Ho cercato di ricostruire alcune delle ri essioni sulle condizioni contrattuali emerse dalle interviste, nel prossimo paragrafo ne presenterò altre focalizzate maggiormente sull'impatto che queste hanno nella vita quotidiana e nella dimensione privata delle redattrici e dei redattori intervistati.
4.2.3 La giusta e adeguata retribuzione I pagamenti sono emersi come elemento critico in tutte le interviste, anche se di volta in volta l'accento è stato posto su aspetti di erenti, a seconda delle caratteristiche della propria situazione lavorativa.
Adesso questa casa che vedi, sono in a tto, e l'ho presa perchĂŠ c'è mia madre che stava poco... insomma, e c'è un'altra persona che vive nell'altra metĂ , se no non potrei mantenermi una casa cosĂŹ, ecco. Adesso con l'altra persona che prende il primo pezzo di casa, riesco a stare sui cinquecento euro di a tto, che è il minimo sindacale a Bologna, cioè non trovi a meno, ecco. No, per dirti che non si guadagna niente. Ăˆ un lavoro in cui non c'è mai certezza dell'ingaggio, ecco, quando tu hai nito con la casa editrice, magari hai fatto un lavoro impegnativo, con cui hai collaborato, con... il direttore editoriale... Finito il lavoro non ti salutano nemmeno, cioè non prendono neanche su il telefono per dire: abbiamo nito il lavoro, ciao ci rivediamo alla prossima . Sparisci, ti inabissi nel nulla. (Zenobia, 60, Bologna)
Osservando le narrazioni sulle di coltĂ relative ai pagamenti emerge come le persone con un'organizzazione del lavoro piĂš simile alla libera professione, con collaborazioni per piĂš case editrici, senza il rapporto privilegiato con un unico committente, rilevino con piĂš frequenza la criticitĂ del ritardo nei pagamenti da parte del committente.
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Capitolo 4 Il lavoro dura otto mesi, aspettano quattro mesi prima di darti il contratto, nei lavori piÚ grossi, cioè per dire, se io seguo un corso, prima, seconda, terza, le letture di prima, seconda, terza elementare, che sono tre libri, piÚ una grammatica, piÚ una guida piÚ ammennicoli vari, è un lavoro lungo, è un lavoro grosso... cosa fanno?
E allora cosa fanno?
Dura otto mesi per ipotesi,
Aspettano, tu lavori intanto, poi aspettano quattro mesi a
darti il contratto, ti danno un anticipo, poi ti danno magari, se se è il caso ti danno un altro anticipo, dei pezzettini, e poi alla ne tu puoi fare la fattura a saldo che viene pagata dopo 120 giorni. Quindi io mi ritrovo delle volte a pagare l'iva di una cosa fatturata, prima di avere incassato i quattrini. PerchÊ con il regime trimestrale, se tu fai una fattura, che ne so, a dicembre, poi consegni le carte al commercialista, e lÏ dentro c'è una fattura che viene pagata dopo 120 giorni, e io prima di 120 giorni devo pagare l'iva.. a ne gennaio poi paghi l'iva, la paghi circa un mese dopo la scadenza del trimestre. E quindi a me capita anche questo. Non mi è ancora capitato di non essere proprio pagata, ma però ti capitano queste cose che sono abbastanza sgradevoli. Qua mi hanno detto: A dicembre ti arriva il contratto, eh? , Io domani gli dico: Posso fatturare? Io vi sto dando questa roba in mano, e ho lavorato pa pa pa pa, seguÏto tutta la produzione, questi sono... (Jasmine, 54, Milano)
Il problema del ritardo nei pagamenti è un problema che colpisce tutte le piccole,
3
medie e grandi imprese e i professionisti in questo periodo di crisi economica . Nel caso dei redattori la cosa diventa particolarmente problematica perchÊ vi è un contrasto tra le tempistiche assolutamente rigide nelle quali viene inserito il loro lavoro e i tempi variabili dei pagamenti.
Spesso la gestione dei rapporti
economici avviene tramite canali di erenti rispetto i normali rapporti di lavoro. Per quanto riguarda l'aspetto editoriale ho rapporti di persona, o a voce con ***
[editore] di persona, con quella di *** [cittĂ ], telefonici e via mail
soprattutto, per gli aspetti che... diciamo, per l'organizzazione del lavoro
3A da:
titolo
d'esempio
sul
di uso
tardo-064045.shtml?uuid=AblJwJQF
130
problema
dei
ritardi
sui
pagamenti,
si
ve-
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-19/so ocati-pagamenti-ri
4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro innanzitutto, per i pagamenti è un altro discorso.
Il pagamento è volu-
tamente gestito con forme come dire, formali, raccomandata con risposte lentissime, e questa è un po' una... nchÊ si tratta del lavoro sono raggiungibili, nchÊ si tratta di pagamenti, scatta il ltro amministrativo. (Paola, 34, Bologna)
I compensi vengono gestiti utilizzando un registro e dei canali di comunicazione di erenti rispetto alle comunicazioni sul lavoro da svolgere. Questa separazione tra il lavoro e il compenso sembra quasi voler indicare una mancata connessione tra l'attività svolta dal redattore e la retribuzione che gli viene corrisposta, una sorta di sacralizzazione dei compensi, che necessariamente devono essere a rontati passando per i labirinti delle vie amministrative. A ciò si aggiunge, peraltro, la limitata entità degli stipendi, citata in maniera trasversale in tutte le interviste che ho realizzato. La condizione, la condizione è talmente in perdita che, infatti, pur, non lo so, io ho sempre fatto delle scelte senza privilegiare il comfort, se vogliamo i soldi, però quindi se vuoi dire, seguo un po' la passione, la spinta, l'istinto anche di lavorare in quest'ambito, però non è piÚ su ciente quando a fronte hai la fatica di arrivare a ne mese, e nessuna garanzia, nessuna tutela, e anche la svalorizzazione proprio del tuo lavoro, perchÊ quando ti senti...
praticamente quel discorso della precarietĂ esistenziale.
La casa
devi sempre condividerla con altri anche se tra due giorni faccio trent'anni e mi sarei anche un po' rotta i coglioni eh?
Bello, ho fatto 12 anni di
coinquilinati, però adesso magari basta, come dire, no? come fai?
Ma non si può,
Poi anche l'a tto, il mutuo, le cose che dicevamo funzionano
su altre basi. Adesso non è che voglia fare un glio domani, però anche la prospettiva... Poi il glio lo fai comunque, perchÊ sono d'accordo che bisogna un po' buttare il cuore oltre l'ostacolo, però a guardare la situazione cosÏ, non è che ti viene. E la maternità ? Boh, me la pagheranno la maternità ? Non lo so, capito? E poi troverò lavoro dopo? Forse no... Quindi questo è veramente frustrante, e poi viene anche svalorizzato perchÊ viene considerato... perchÊ alla ne solo chi se lo può permettere riesce a
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Capitolo 4 continuare a fare questo lavoro, e viene anche svalorizzato, perchÊ alla ne il lavoro è libri che portano soldi, cioè non stiamo facendo solo operazione culturale, perchÊ dici la piccola casa editrice d'amici, no, si va e i miei capi guadagnano eccome, quando le annate vanno bene, e allora nessuno fa certo questo lavoro per diventare ricco, però per avere una vita un po' dignitosa sarebbe il caso. (Lia, 30, Milano)
In questo brano vengono messe in luce le criticità di un sistema di welfare basato sulla tipologia contrattuale, piuttosto che sulla cittadinanza, aspetto che verrà ripreso nel prossimo paragrafo e approfondito nel quinto capitolo, quando presenterò le rivendicazioni portate avanti dalla Re.Re.Pre. Questa criticità è stata messa in luce in altri studi recenti sulle condizioni lavorative dei lavoratori atipici (Rizza 2008, Berton, F. e Ricchiardi, M. e Sacchi, S. 2009) e emerge in maniera ancora piÚ netta per quanto riguarda chi lavora con contratti a progetto o i collaboratori della pubblica amministrazione (Murgia 2010). Il problema dei compensi ridotti emerge con forza anche a causa di tendenze di concorrenza selvaggia espresse in diverse interviste. Molte persone mi hanno raccontato della tendenza ad accettare condizioni lavorative con compensi risibili, con l'obiettivo di fare gavetta e la speranza in una successiva stabilizzazione.
PerchĂŠ io mi sono trovata spessissimo ad aver a che fare con lavoratori che come me cercavano un lavoro, ma loro si proponevano gratis, per... ne so, fare esperienza.
che
Questo secondo me ha aiutato, ha incentivato il
precariato, perchĂŠ il datore tra te che vuoi essere pagato e te che dici ma io lo farei anche gratis piglia te che lo fai gratis, e questo ridimensiona appunto la qualitĂ del lavoro, ridimensiona le tue competenze. Sei tu ad auto- ridimensionarti e non va bene. Non va bene perchĂŠ si incancrenisce il sistema cosĂŹ. Le motivazioni possono essere tante, ma gratis non mangi e non paghi l'a tto, quindi, insomma, non va, non va bene o rire le proprie professionalitĂ senza neanche una retribuzione. (Libera, 33, Firenze)
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro La competizione sfrenata tra lavoratori e lavoratrici diviene occasione per le case editrici per abbassare il livello di retribuzione nel settore, ed è un meccanismo che fa diventare questo settore lavorativo elitario, accessibile solo alle persone con risorse alle spalle in grado di sostenere periodi di lavoro gratuito o sotto pagato.
E ettivamente non si riescono a spuntare compensi piÚ alti perchÊ c'è sempre qualcun altro che lo fa peggio di te. Il concetto è questo, a volte ho l'impressione che se tu un lavoro in questo campo lo fai bene o benino, per il committente è la stessa cosa. PerchÊ gli va bene anche il benino, se quel benino te lo può pagare con un compenso minore. Ed è una cosa che nel campo culturale non va tanto bene. (Paola, 34, Bologna)
C'è gente che lavora e che guadagna veramente cifre vergognose. Ăˆ come se, pur non subendo la concorrenza cinese, la concorrenza asiatica, o dei paesi dell'est, penso anche al mondo degli operai nelle fabbriche, che alla ne c'è questa concorrenza spietata, noi abbiamo una concorrenza pazzesca tutta interna, tutta italiana, e quindi ci sono proprio gli stipendi al ribasso, in Italia. (Giovanna, 33, Milano)
Una revisione dal francese, 7euro a cartella lorde, ehm... questa è una cifra massimissima, ad ***
[casa editrice] è 0.50, quindi c'è un divario... logico
che poi il prodotto che viene fuori, se tu pensi di lavorare a 0.50, io cosa che non ho mai fatto, è quello che ho sentito da altri, non potrà mai essere un buon prodotto. (Sabrina, 37, Milano)
Questo aspetto assolutamente critico rispetto ai pagamenti, sia dal punto di vista dei lavoratori, sia per la qualità del prodotto nale, pare essere di uso in molte realtà editoriali, soprattutto medio-piccole, ed è nascosto dietro la di erenza nel costo dei libri che troviamo in edicola. La criticità dei compensi viene sottolineata soprattutto cercando di guardare la propria attività professionale in prospettiva. Le persone che ho intervistato avevano tutte un lavoro e buona salute al momento del nostro colloquio, ma è
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Capitolo 4 emersa nella maggior parte delle interviste la consapevolezza che i compensi che stavano ricevendo per la loro attività professionale non erano adeguati a crearsi una base di sicurezza per i periodi di lavoro scarso o assente, per pagarsi un fondo pensionistico o una cassa per gli infortuni o la malattia. Ovviamente sei escluso da una serie di privilegi, che non dovrebbero essere privilegi, ma diritti sacrosanti del lavoratore. Per cui le ferie devi sempre metterti d'accordo con il capo, e cercare un periodo in cui sai che si lavora meno, quindi è sempre un po' una negoziazione, la malattia che non abbiamo, maternità , tfr, tutto quello che già sai, immagino (Maria, 29, Milano)
Nel momento in cui non sono universali, i diritti rischiano di venir percepiti, dalle persone escluse dal loro bene cio, come dei privilegi. Dopo aver illustrato alcune questioni strutturali relative al rapporto di lavoro dalla tipologia contrattuale ai livelli retributivi spostiamo ora l'attenzione sulla quotidianità vissuta dalle persone impiegate in questo settore, per comprendere come la professione e la condizione contrattuale si ri ettano nella dimensione privata. In secondo luogo cercherò di esplorare le principali di erenze vissute da lavoratori assunti in maniera permanente e dai collaboratori, in particolare in qual modo la dimensione di genere entri a far parte dei precorsi lavorativi all'interno delle redazioni.
4.2.4 Nello stesso settore, in un altro mondo Assunti e precari, discriminazioni fondate sul contratto La di usione di rapporti di lavoro autonomi o parasubordinati nel settore dell'editoria emerge con forza dalle interviste raccolte, confermando quanto sostenuto in questo elaborato nel terzo capitolo, in cui ho descritto il piĂš ampio contesto dell'editoria, in cui si colloca il mio lavoro di tesi.
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro Ovviamente i numeri u ciali non ci sono, perchĂŠ le case editrici si guardano bene da dare i numeri su quanti precari ci sono, a fronte di quanti interni assunti ci sono. PerchĂŠ sono numeri veramente imbarazzanti, che si commentano da soli. Allora noi abbiamo cercato di trovare dei dati, in modo anche un po' spannometrico, abbiamo chiesto a questi compagni di master, o colleghi, quanti sono assunti da te? Quanti sono precari? E in quali mansioni? Quanti sono precari tipo come redattori? (Maria, 29, Milano)
A fronte di questa mancanza di dati u ciali, la percezione della di usione di questo tipo di contratti nel settore è molto elevata. In realtà rilevanti, ma dalle dimensioni limitate, è possibile avere dei numeri precisi, limitati alla sezione editoriale dell'azienda. Guarda, in redazione, a parte gli editor, ogni casa editrice è strutturata in modo diverso, quindi è veramente un po' un delirio, però da noi c'è un editor per ogni lingua piÚ un direttore editoriale. E va beh, gli editor sono praticamente assunti anche se alcuni lavorano a tempo pieno. E sono 4-5, slavistica, germanistica, francese, anglistica. Poi c'è la capa redazione, capa redattrice assunta, e altri due redattori senior assunti, poi ci sono 6 contratti a progetto da 10-15 anni, che sono lÏ e che lavorano sempre per loro e poi 6 partite iva, 6? SÏ, 6. Quindi vedi te che i numeri sono... (Lia, 30, Milano)
In questo caso gli assunti sono 6-7 a fronte di 12 precari, di cui la metà di prima generazione ovvero collaboratori a progetto, e metà precari junior, arrivati per varie ragioni ad aprire la partita iva, pur lavorando per un unico committente. In realtà piÚ importanti, in cui il carico di lavoro è maggiore, e quindi piÚ ampio il numero di persone coinvolte nel processo produttivo, la stima del numero di collaboratori diventa di cile da fare, anche per la di usione del lavoro svolto a casa o in luoghi altri dall'azienda, come abbiamo visto. C'è il coordinatore che è dipendente, la gra ca e impaginatrice che è dipendente e io che sono una collaboratrice esterna/interna. Tutto il resto non
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Capitolo 4 saprei neanche dirti, forse una ventina di persone, lavorano in modo esterno, quindi c'è una marea di correttori di bozze, una marea di impaginatori, perché la mole del lavoro è tantissima. (Libera, 33, Bologna)
Come accennato in precedenza, la Rete dei redattori precari sta cercando di promuovere un censimento della precarietà nell'editoria, tra maggio e giugno 2012. È in elaborazione un questionario, prodotto in collaborazione con l'IRES, per cercare di mappare la realtà editoriale, ma attualmente non vi sono dei dati disponibili su larga scala. Il fatto che la maggior parte delle persone che collaborano in una redazione non abbia una posizione stabile non sembra tuttavia in ciare le relazioni quotidiane tra colleghi. I rapporti con gli altri precari vengono infatti raccontati come positivi, cosa favorita dal condividere generalmente alcuni interessi, percorsi di formazioni simili, e dal condividere l'età media. In letteratura questo processo di vicinanza tra persone che condividono determinate esperienze o condizioni di vita è stato de nito con il termine homophily (Blau 1974), ed è stato ripreso in diversi studi per analizzare le dinamiche all'interno delle reti di relazioni (Granovetter 1983, McPherson 1983, Blau et al. 1991, Belotti 2009, Rivera et al. 2010, Bollen et al. 2011).
Perché conta che l'età media è più o meno la nostra, tranne i capi per il resto redattori e correttori siamo più o meno tutti dai 25 ai 35 anni, grosso modo siamo con interessi comuni, quindi è più facile avere anche amici, stringere rapporti. (Giovanna, 33, Milano)
La naturalezza con cui si spiega che l'età media tra i collaboratori si aggira tra i 25 e i 35 anni ha suscitato in me la curiosità di capire quali fossero le ragioni della scomparsa dal lavoro degli over-35. Domandando se la ragione di questa limitata coorte d'età fosse dovuta in prevalenza a un passaggio ad altre funzioni,
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro a un mancato rinnovo contrattuale o a delle stabilizzazioni ho ricevuto tra le altre la seguente risposta:
La seconda, in realtà per le donne soprattutto la seconda. PerchÊ poi arrivi a un certo punto e inizi a fare gli, e quindi ci sono delle colleghe che non ho piÚ visto, oppure ci sono delle colleghe che hanno fatto gli e ora collaborano esternamente, cioè hanno messo su famiglia e ora lavorano esternamente, quindi diciamo che ci sono gli stagisti che continuano a turnare tra di loro, e sono giovanissimi, rimangono lÏ alcuni anni e poi o vanno via, oppure rimangono con la mia stessa posizione, con il contratto a progetto, e basta. Ci sono alcuni piÚ grandi che hanno contratto a progetto come il mio, e lavorano anche loro prevalentemente da casa, ma sono molto pochi. Altrimenti ci sono...
quelli assunti veri, capo redattore, editor, ma è un
mondo a parte. Ăˆ di cile che tu abbia rapporti di amicizia anche con loro. (Giovanna, 33, Milano)
Questa lettura della vita nelle redazioni mette in luce la cristallizzazione di situazioni che altrimenti si potrebbero intendere come contingenti, come il periodo di gavetta. La connessione tra la crescita delle collaborazioni e fenomeni di natura microeconomica, fondati sulla ricerca, da parte delle aziende, di risparmiare sui costi contributivi e scali (Rizza 2003; p.
124) è stata rilevata già in di-
versi studi, precedenti alla cosÏ detta riforma Biagi, focalizzati sui cambiamenti nel mercato del lavoro (Bologna 1997, Dall'Agata 1999, Altieri 2000, Addabbo 2001), ed è un tema che, a quanto risulta da ricerche piÚ recenti, pare essersi ra orzato ulteriormente (Zucchetti 2005, Morini 2006, Armano 2010, Gottardi 2011, La Rosa 2011), nonostante questa non necessariamente corrisponda a una scelta economicamente vantaggiosa per le stesse aziende Gallino (2011) Lavorando a stretto contatto con i colleghi assunti in maniera permanente, il contrasto tra la condizione precaria in cui si è costretti e la condizione tutelata emerge con forza, provocando in alcuni casi un sentimento di rabbia nei
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Capitolo 4 confronti dei colleghi, che paiono non comprendere la di erenza sostanziale nella quotidianitĂ lavorativa e nella possibilitĂ di progettare il proprio futuro. Io tipo mi chiamavano per andare alle assemblee: il problema era chiedere all'azienda il permesso per uscire cinque minuti
4
prima la sera perchĂŠ se no
perdiamo il treno, capito? Per cui io avevo davanti queste persone e dicevo Io tutti i vostri problemi li rispetto, e ci mancherebbe, e va bene, uno arriva a casa prima, la famiglia... Ma però ci volete un minimo sostenere? (Margherita, 40, Milano)
La di erenza tra tutelati e non-tutelati è forte, e la comprensione delle problematiche di chi non ha un contratto di lavoro parasubordinato o autonomo sono di cili da comprendere per chi vive in un ambiente nel quale la malattia, l'infortunio e la maternità , oltre che la pensione e il tfr, sono garantiti. Quando lavori dentro impatti con quelli che sono dentro, invece i garantiti, che invece hanno il sindacato, hanno...
una storia di rivendicazioni e di
successi di rivendicazioni. Ad esempio quelli di ***
[casa editrice] hanno
molti bene t oltre al... allo stipendio garantito, quindi tredicesima, ferie, malattie, questa è una cosa che ti diranno tutti, noi non abbiamo niente di tutto questo, niente. E quando sei lÏ proprio c'è il confronto con quello... e poi cosa succede?
Che fanno fare a te una cosa che dovrebbero fare
loro, e tu sei pagato a cottimo, perchÊ il nostro lavoro si con gura come un cottimo, cioè è uguale, che invece dei pomodori scribacchi delle cose. (Zenobia, 60, Bologna)
Dovendo far fronte a queste di erenti condizioni, ogni richiesta che si discosta da quanto previsto dal contratto viene percepita come un sopruso ingiusti cato. Da molte interviste emerge come da parte dei lavoratori dipendenti non ci sia la consapevolezza, o vi sia una tendenza a non tenere in considerazione, che la condizione dei precari, dei collaboratori a vario titolo, spesso non è frutto di
4 In questo brano viene fatto riferimento a delle brevissime lezioni di storia, mirate a illustrare un periodo storico in pochi minuti.
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro una scelta di convenienza, ma è dettata dalla necessità di un posto di lavoro. Particolare frustrazione è emersa riferendosi ai contatti con i Rappresentanti Sindacali Unitari dell'azienda
Dobbiamo essere trattati nello stesso modo, e non esiste che esistano dei lavoratori, o meglio che dei lavoratori si considerino dei privilegiati a fronte del tuo invece essere l'ultima calzetta quando poi non sono privilegiati loro perchĂŠ
è una guerra tra poveri, nchÊ il sindacato non si renderà conto che
deve sciogliere questo nodo (Lucia, 36, Bologna) Sul ruolo del sindacato nell'attività di rappresentanza dei precari, e di come questi lo percepiscano, parlerò in maniera piÚ di usa nel quinto capitolo, per il momento mi limito a rilevare come nella dimensione quotidiana lavorativa i rappresentanti sindacali siano spesso stati sordi alle istanze dei precari nelle redazioni.
Redattori e redattrici, ugual lavoro ma diverse prospettive Tutte le interviste che ho condotto riportano una maggior presenza femminile nelle redazioni e tra i collaboratori.
In diverse interviste si rileva come vi sia
uno scarto tra il rapporto numerico donne/uomini nelle redazioni e nei ruoli di maggior prestigio e stabilità a favore degli uomini, ma anche su questo aspetto non esistono cifre u ciali, quindi non è possibile quanti care la di erenza nel dettaglio. Due aspetti emergono durante le interviste:
il primo, a cui ho accennato
nelle pagine precedenti, riguarda la percezione soggettivamente espressa di minori prospettive di stabilitĂ per le donne, rispetto agli uomini, ovvero una minor frequenza di rinnovo dei contratti per le prime rispetto ai secondi.
Il secondo
aspetto è invece la di erente rilevanza soggettivamente vissuta dell'evento della maternità e della paternità . Tra le persone da me intervistate sono esemplari le storie di un neo-papà e di una neo-mamma, entrambi con gli di età inferiore ai 6 mesi.
In questi racconti ho potuto osservare delle rilevanti di erenze nel
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Capitolo 4 modo in cui vengono gestiti i carichi di cura, confermando quanto emerso in molteplici ricerche su questo tema (Gherardi 1998, Gherardi and Poggio 2003, Saraceno 2003). Durante l'intervista al neo-padre non emerge alcun riferimento al cambiamento nella sua attivitĂ lavorativa in seguito alla nascita del glio. Donne, donne decisamente, donne decisamente ma...
mano a mano che
sali la scala gerarchica trovi sempre piÚ uomini, chissà perchÊ, però in gran parte è un settore femminilizzato, sicuramente (Carlo, 35, Perugia)
La femminilizzazione del settore e la maggior di usione di incarichi di prestigio tra gli uomini viene constatata, il chissà perchÊ è una domanda retorica che suggerisce come le ragioni della piÚ probabile carriera maschile siano note ai piÚ, o siano conoscenze condivise con l'intervistatore e quindi non sia necessario spiegarle.
In questa frase viene quindi espressa la consapevolezza delle di er-
enti opportunità e prospettive lavorativeper gli uomini e per le donne, ma tale tematica non viene esplicitamente problematizzata. Durante l'intervista alla neo-mamma, invece, questa domanda tocca in modo piÚ forte il vissuto della sua nuova condizione di madre, e diviene occasione per entrare in una sfera piÚ intima della narrazione, e apprendere cosÏ come la quotidianità lavorativa sia stata stravolta dall'arrivo del glio. Beh si, tra i contratti a progetto, chi è maschio fa prima, cioè se c'è una possibilità di uscire dal precariato, una su 100 la becca l'uomo, non ti sto a dire... sai benissimo il perchÊ... PerchÊ l'uomo non fa gli, l'uomo non fa gli, non sta fermo sei mesi, nel migliore dei casi, se non un anno o due. Quindi se loro hanno la possibilità di far crescere una persona preferiscono far crescere un uomo.
Poi magari ci sono anche tutta un altra serie di
motivazioni, sessiste, quello che ti pare, non so.
Però tendenzialmente è
cosĂŹ. (Sabrina, 37, Milano)
Questa a ermazione forte mi ha portato a chiedere in che modo lstesse gestendo le istanze familiari e quelle lavorative. La dinamica della conversazione ha portato
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4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro a mettere in maggior luce le attività di cura, e mi ha spinto a porle una domanda sulla dimensione familiare. Come emerge in seguito nel racconto, l'arrivo del glio ha sconquassato tutti i ritmi della giornata lavorativa precedente, rappresentando un vero e proprio punto di svolta nella narrazione della propria storia lavorativa (Clausen 1993; Parrello, Poggio, 2008; Murgia, 2010) che, già frenetica ed intensa, si trasforma nel tentativo di conciliare il lavoro con la maternità.
Praticamente non smetto mai di lavorare, considera che la mia giornata, tu hai in mente, a parte il testo, oltre al testo e tutte le cose che devi fare, però non hai un momento in cui ti fermi, mai. Può essere che tu lavori no alle due di notte, poi ti alzi la mattina... fai degli orari allucinanti, per stare dietro ai tempi editoriali, che sono allucinanti, devi fare un libro dietro l'altro, ma con i tempi che pretendono loro, che non sono quelli umani. E di conseguenza, e quello che ti spinge in realtà, il più delle volte, è l'amore che tu hai per il tipo di lavoro che stai facendo, e quindi se hai un minimo di rispetto per il testo che hai davanti, non ce la fai a lasciargli le ultime schifezze, quindi uno va dietro all'altra, ecc. ecc. Ovviamente nel momento in cui tu hai un glio, questo tempo non ce l'hai più, automaticamente vieni un po' scremato, ci sono molte case editrici che una volta che tu hai avuto un glio non ti fanno più rientrare. (Sabrina, 37, Milano)
L'elemento allarmante che emerge da questa intervista non è tanto, o solo, legato alla riduzione del lavoro portato avanti nel periodo immediatamente successivo al parto, ma le conseguenze nella prospettiva lavorativa di medio- lungo periodo.
Della maternità? L'ho gestita che ora sto lavorando a fatica. Il fatto di non avere un'entrata ssa non mi obbliga a rientrare nel lavoro, no? È come se avessi una partita iva che vado a lavorare quando devo lavorare, però me lo posso permettere perché, come ti ho detto, ho in casa un'altra persona che ha una entrata ssa, e allora dici: va beh, in questo momento, però non è neanche vero...
perché io, ogni volta che ho un'ora che viene mia
suocera a tenermi la bambina, sono su a tradurre, perché ho comunque dei tempi di... Ho preso un libro da tradurre prima che rimanessi incinta, un
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Capitolo 4 mattone da 500 pagine, da fare tra un lavoro editoriale e l'altro, e mi sono rimaste le pagine sul groppone, che lì in realtà devo andare avanti lo stesso, nonostante la maternità, perché se no si rischia che gli eredi facciano cose per la casa editrice, perché il libro non esce, e tutti problemi... Quindi io in realtà ancora sto lavorando, poi altra cosa, se ti arriva... giudicano... Ma mi fai questo controllo sulle traslitterazioni? . La paura è che non sono io l'unica persona che sa il cinese, io sono fuori dal giro, non hanno più bisogno di me, hai capito, come faccio, beh, dai, un'oretta, chiamo mia mamma, viene a tenere lei la bambina, io faccio le gra e e glielo mando.
Cioè, è
oltre, e oltre alla paura c'è anche il desiderio di continuare all'interno del mio lavoro, non relegarsi soltanto nella famiglia.
Io mi giostrerò, come
riuscirò con le traduzioni che è una cosa che riuscirò a fare più a casa per stare con la bambina, poi quando andrà all'asilo si vedrà, nel senso che... Però sicuramente non è facile, non è per nulla facile. (Sabrina, 37, Milano)
Il contratto a cottimo, raccontato in quest'intervista, mette in luce in maniera forte lo scivolo verso l'uscita dal mercato del lavoro che si prospetta per una donna e rende progressivamente più semplice la decisione di allontanarsi dal lavoro. La decisione di continuare a lavorare può quindi risultare più complessa che l'ipotesi di smettere. Il supporto che consente di portare avanti il proprio lavoro deriva dalla famiglia acquisita, in questo caso la mamma e la suocera, che permette di allontanarsi dalla bambina e dedicarsi al lavoro. Ma se non ci fosse la suocera, sarebbe possibile portare avanti il lavoro?
Queste considerazioni confermano
quindi che: in questa situazione la famiglia rappresenta il principale elemento di ammortizzatore sociale giocando un ruolo sostitutivo rispetto al welfare per quanto riguarda i rischi connessi all'instabilità occupazionale (Rizza 2008; p. 13), con tutte le pesanti conseguenze di vivere in un sistema welfare ine ciente (Del Boca and Rosina 2009). Rende ancora più grave questo scenario la consapevolezza di essere inserita in un contesto produttivo nel quale nché si è nel giro si è inseriti nella cerchia di
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza qualcuno e si riesce a lavorare, ma una volta usciti il rientro è molto di cile. La nascita del glio viene vissuta quindi come un elemento destabilizzante, che spinge verso la fuoriuscita dal mercato del lavoro. Questa situazione è chiaramente condizionata dalle caratteristiche contrattuali che regolano la collaborazione con la casa editrice. La precarietà incide proprio nell'impossibilità di cessare di essere produttivi, per qualsiasi ragione.
4.3
La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza
4.3.1 Lo spazio e il tempo del lavoro Come visto nel capitolo precedente, il lavoro redattoriale ha due principali componenti, una dimensione individuale di lavoro sul testo, e una componente sociale e di relazione. Il redattore è al centro di una tta rete di comunicazioni tra autore, eventuali collaboratori e la casa editrice. Trattandosi di un lavoro su libri, la mediazione tecnologica svolge un ruolo fondamentale. I supporti su cui i libri vengono trasmessi possono essere digitali o meno. In alcuni settori, come la saggistica, è possibile avere ancora a che fare con manoscritti o dattiloscritti, ma nella maggior parte dei casi il materiale viene ricevuto dai redattori in formato digitale, direttamente sul proprio computer, tramite mail o tramite server FTP. L'oggetto su cui si concentra il lavoro è tendenzialmente mobile, lasciando quindi una grossa libertà riguardo al luogo dove svolgere la propria attività lavorativa. Si connota quindi ulteriormente il lavoro dei redattori e delle redattrici come l'attività di knowledge workers la quale è: meno rigidamente vincolata ai fattori spazio e tempo di quanto lo fosse il lavoro fordista e manuale (Armano 2010; p. 125) Da molte interviste, infatti, è emersa la tendenza a svolgere il proprio
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Capitolo 4 lavoro in maniera prevalente nella propria abitazione. Nei periodi in cui lavoro molto, quindi praticamente dall'anno scorso no ad adesso, lavoro full time a casa mia, con breve pausa per portare i bimbi a scuola e andarli a prendere e tornare a casa, e basta, cioè lavoro tantissimo in questo periodo, non so se dire fortuna o no, però quando sei in questa situazione
[precarietĂ , incertezza lavorativa], prendi tutto quello che puoi,
e arrivo anche a lavorare dieci ore al giorno. Dalle riviste mi arrivano questi le tramite il server ftp, sono giĂ impaginati in un programma di gra ca che si chiama
indesin, [...]
D:Hai contatti con i tuoi colleghi?
Tramite
skype, solo virtuali, lavoro con queste persone da un anno, non le ho mai viste in faccia. (Lucia, 36, Bologna)
In altri casi la possibilità di lavorare da casa, o in spazi di erenti dalla sede aziendale, non risulta facilmente praticabile. Quindi se ho da fare delle cose pratiche vado lÏ, se no sto da casa [...] da un anno e mezzo a questa parte, ma questa è stata una conquista in realtà , personale.
Personale mia e di alcuni colleghi.
All'inizio la loro
tendenza è che tu, anche se non vogliono ammetterlo, non ti mettono molto in condizione di lavorare, però a loro fa comodo che tu sia presente, perchÊ ci sono mille cose da fare, tipo correggere i testi di copertina che qualcuno ha scritto per favore, gli dai un'occhiata , la copertina è pronta, per favore, vuoi controllare che sia tutto a posto? , c'è una ricerca da fare, una bozza veloce . Quindi c'è sempre qualcosa da fare in redazione di urgente, quindi se c'è gente sai a chi ridistribuirlo.
Chiamare a casa
qualcuno e dirgli: vieni qui a correggere una copertina , ti dice, no, non verrò mai , e quindi fondamentalmente la loro intenzione, la loro volontà sarebbe quella, ma una volta che non mi poni nelle condizioni migliori per lavorare, io non vengo. (Giovanna, 33, Milano)
La presenza sica all'interno della redazione è una ricchezza per le aziende, perchÊ permette di utilizzare i caratteri informali dell'interazione vis à vis per attribuire dei compiti che si muovano al limite di quanto stabilito dal contratto, se non nettamente al di fuori dai limiti del progetto stesso. Se dal punto di vista sostanziale
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza le case editrici necessitano della presenza di una certa quantità di redattori al loro interno, queste gure vengono anche individuate come quelle formalmente più semplici da sostituire. Ma cosa succede, che loro hanno comunque un giro di libri abbastanza elevato, hanno bisogno di persone che ci siano anche per controllare le copertine, qualsiasi cosa giri in casa editrice.
E quindi di fatto hanno
bisogno di persone che ci siano più o meno sempre.
Che tu chiami e
che arrivino, e che ci sia sempre lì qualcuno perché infatti, l'anno scorso, successe che ad un certo punto, per casualità, abbiamo lavorato tutti a casa, tutti noi precari e si è scatenato il delirio, perché: Ma insomma, dove siete? Voi siete interni, vi abbiamo fatto un forfait sso al mese... . Si, però io c'ho la partita iva, non è che devo arrivare quando vuoi tu, faccio quello che voglio, quindi loro giocano molto su questa ambiguità. (Lia, 30, Milano)
L'ambiguità è un forte strumento nelle mani della parte datoriale, come vedremo in modo più approfondito alla ne del presente capitolo, ma probabilmente il cambiamento organizzativo avvenuto nelle aziende in questi anni non è di semplice gestione neppure per le case editrici. Tuttavia ci si trova spesso di fronte a una gestione del luogo di lavoro costruita ad hoc per aggirare la normativa relativa ai collaboratori. Perché i collaboratori siano riconosciuti come tali, infatti, il loro rapporto con il datore di lavoro deve soddisfare alcuni precisi requisiti. Per evitare di incorrere in sanzioni in molte aziende è stato fatto un intervento nalizzato all'adeguamento della condizione lavorativa ai dettami di legge, attraverso una progressiva erosione degli spazi concessi ai collaboratori e la privazione simbolica di spazi e oggetti in grado di collegare le persone all'azienda per la quale lavoravano, come evidenziato nella sezione relativa alle condizioni contrattuali, e come emerso anche da altre ricerche sulle condizioni lavorative dei precari e delle precarie (Murgia 2010).
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Capitolo 4 Con il trasferimento di sede si è subito appro ttato per creare meno coesione tra noi.
No, dalla periferia di ***
[cittĂ ] al centro cittĂ , per cui
adesso esiste sÏ un u cio per i collaboratori, ma già subito l'azienda disse consideratelo come un u cio d'appoggio, cioè voi non dovete essere sempre presenti . [...] E però non tutti hanno avuto piÚ il proprio computer come prima, non tutti hanno avuto il loro recapito telefonico, è stata levata la propria mail personale e ne è stata creata una generale, per ognuno di noi, per cui se io prima avevo nome.cognome@casaeditrice.it, oggi ho redazionerivista@casaeditrice.it e insomma sono accadute queste cose qui. (Libera, 33, Firenze)
Fatto sta che adesso le postazioni per i collaboratori sono soltanto tre, a prescindere da quanti si è, perchÊ ci sono tre scrivanie in condivisione, infatti noi lo chiamiamo
desk-sharing, tre scrivanie in condivisione, stesso per
il computer, stesso per il telefono, quindi diciamo che fondamentalmente sei anche obbligato a stare a casa (Giovanna, 33, Milano)
In diversi racconti emerge dunque come venga sfruttato il trasferimento di sede dell'azienda come occasione per ride nire i termini dei rapporti con i collaboratori. Lo spazio assegnato nel luogo di lavoro, cosÏ come l'e-mail o il telefono, hanno una forte valenza simbolica di appartenenza, e nei casi in cui a un redattore o a una redattrice è stata assegnata per un periodo una scrivania, questi acquisisce una sorta di diritto di primazia su quello spazio
SÏ, diciamo che sono tra i fortunati che per usucapione hanno una scrivania, perchÊ avendo fatto lo stage, quando hai lo stage sei sempre lÏ, perchÊ hai la presenza obbligatoria, a di erenza dei co.co.pro. E quindi diciamo che quella è considerata la mia scrivania, anche se io sono nessuno là in azienda, non ho un contratto vero, e quindi... sÏ, ho uno spazio, ho un computer, tipo del 1800 a carbone, e un telefono, l'interno, eccetera (Maria, 29, Milano)
Il computer e il telefono sono supporti tecnologici che permettono di trasformare la propria casa nel proprio luogo di lavoro, andando a cambiare sostanzialmente
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza l'abitazione in u cio, lo spazio domestico in spazio professionale e lavorativo. Lo spazio privato della propria casa diviene quindi anche uno spazio pubblico nel quale si sviluppa l'attività lavorativa. Questa fusione tra spazio domestico e spazio lavorativo è stata trattata in molte ricerche riguardanti la trasformazione delle dinamiche lavorative nel sistema socio-economico post-fordista, una delle de nizioni piÚ a ermate in tal senso è quella di domestication (Wheelock 1992, Bologna 1997), termine con il quale si fa riferimento al processo di assorbimento del lavoro nel sistema di regole della vita privata (Bologna 1997; p. 16). Questo cambiamento è ricco di conseguenze a livello soggettivo:
da un lato vi è un
maggior isolamento dai propri colleghi, dall'altro l'organizzazione del proprio tempo e degli spazi diventa un'attivitĂ che necessita di risorse.
Non essendo
formalmente separati i luoghi del lavoro da quelli privati, la distinzione tra questi deve essere infatti soggettivamente costruita.
Poi niente, per il resto la mia quotidianità è una quotidianità fatta di questo spazio, del mio u cio, del.. della mia casa. Io sto in un trilocale, una di queste stanze è tutta dedicata al mio u cetto, e io lavoro sempre da qua, lavoro sempre qua sso, e la mia quotidianità è questo.
Pochi
contatti umani quando lavoro... questa è una cosa che ho perso rispetto a quando ero interno all'azienda [...] e la dimensione lavorativa è, come dire, contigua a quella domestica, è un altro universo, è completamente un altro universo in cui non è facile orientarsi, perchÊ comunque ci sono persone anche che a casa non riescono a lavorare perchÊ hanno queste incombenze domestiche da cui sono distratti, e io, piÚ o meno, piÚ o meno, insomma, me la cavo. (Carlo, 35, Perugia)
In questo stralcio di intervista viene rilevato come la dimensione domestica possa in uenzare negativamente la propria prestazione professionale, con conseguente calo nella produttività . Molto sentito e menzionato in tutte le interviste è però
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Capitolo 4 il rischio opposto, di un'espansione del lavoro nella vita privata, no al completo svuotamento di senso della distinzione tra questi due spazi.
Lavorando in casa c'è una totale identità tra vita privata e lavoro. Quando lavori la vita privata te la devi proprio un po' imporre, per non soccombere completamente. (Zenobia, 60, Bologna)
La vita privata deve essere auto-imposta, perché i ritmi lavorativi richiesti sono estremamente elevati, e anche per il legame tra il lavoratore e il suo strumento di lavoro, in quanto mentalmente le attività intellettuali sono inscindibili dalla persona (Armano 2010; p.
126).
Questo tipo di condizione lavorativa risulta
quindi progressivamente totalizzante.
Sicuramente questo di essere percepita come autonoma, quindi anche continuamente disponibile, signi ca essere chiamata di sabato o di domenica mattina... (Paola, 34, Bologna)
Una ragione per cui risulta complessa la distinzione tra vita lavorativa e privata è la scarsità di lavoro che spesso accompagna il lavoro redattoriale. In condizione di incertezza sulle future commissioni, la tendenza è quella di accettare qualsiasi proposta di lavoro e rendersi quindi disponibili e raggiungibili il più a lungo possibile.
Inoltre la coincidenza del luogo di lavoro con la propria abitazione
rende più di cile de nire i propri orari d'u cio , favorendo un'espansione di questi all'intera giornata.
Per mantenere i due piani distinti è necessaria una
forte auto-disciplina.
Questo fatto di dover comunque essere all'interno di tempistiche che comunque non decidi tu, inevitabilmente si ri ette sulla tua vita privata, domani, che è sabato, io devo lavorare, per esempio. C'è il ponte, e io devo chiudere due libri entro il ponte, e sicuramente io passerò il ponte...
Ci
sono i miei genitori, li porto in Liguria, ma io avrò dietro una bozza sicuro.
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza Inevitabilmente sÏ, dovevo scendere in Puglia due settimane fa, ero in piena crisi di traduzioni che arrivavano, non l'ho fatto... dovevo fare delle visite mediche, non ci sono potuta andare. Sono cavolate, però sÏ, incidono sulla tua vita. Ieri sera c'era il compleanno di un'amica, ma io ho nito di lavorare a casa alle dieci e mezza. Non vai al compleanno dell'amica, che per carità è una cazzata però... (Giovanna, 33, Milano)
In altri casi l'elemento che emerge come particolarmente critico sono le tempistiche date per la conclusione dei lavori. La scadenza improrogabile che il sistema produttivo editoriale impone implica una forte rigiditĂ nei confronti delle scadenze assegnate ai diversi lavori, che chiaramente pesano sul lavoro redattoriale, che rappresenta una delle ultime fasi prima che il libro venga mandato in stampa.
A un certo punto non riesci piÚ a distinguere bene quali sono, no, i momenti liberi dal lavoro, quali sono i momenti completamente liberi dal lavoro, e quali sono occupati. PerchÊ è un lavoro che siccome procede una lavorazione in continuum, un continuum di lavorazione sullo stesso progetto, è come un continuo anche ritornare di problematiche che ti si possono presentare in ogni momento della giornata, sia quello in cui stai di fronte al computer, sia nel momento in cui pranzi, sia nel momento in cui vai a letto... LÏ la mente è imprevedibile, e come ogni lavoro, cioè magari smetti, lasci in sospeso una problematica che ti martella la testa per tanto tempo, nchÊ non riesci a risolverla. Da questo punto di vista è un lavoro che, sia materialmente, questo con il fatto che è un lavoro in cui si sta sicamente a casa, sia anche no, simbolicamente, mentalmente ed emotivamente, invade gli spazi di vita privata, sÏ. (Carlo, 35, Perugia)
Le caratteristiche di questo tipo di lavoro, il tipo di problematiche che esso pone, messe a sistema con la sovrapposizione dell'ambiente domestico con l'ambiente lavorativo, rendono particolarmente di cile distinguere il tempo del lavoro da quello domestico, anche perchĂŠ questo tipo di distinzione risulta, a queste condizioni, arbitraria e necessariamente costruita, marcando in questo una di eren-
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Capitolo 4 za con tutti quei lavori legati, a vario titolo, a un preciso ambiente, esterno alla propria abitazione.
4.3.2 Autonomia dell'ingranaggio Cercando di comprendere i margini di autonomia lasciati ai redattori nelle case editrici, ho ricevuto moltissime risposte tra loro di erenti, legate alle singole condizioni lavorative, alle caratteristiche del testo in lavorazione o del progetto, ma piÚ frequentemente la risposta è stata una domanda: cosa intendi per autonomia? Ho quindi cercato di rispondere con loro a questa domanda, cercando di comprendere quanto signi cato abbia questo concetto nella quotidianità degli e delle intervistati/e.
Si, ne ho, questa è l'unica cosa su cui loro si salvano poi, con la partita iva, perchÊ ho abbastanza margini di autonomia, nel senso che io posso... gli orari li faccio veramente come voglio, oddio, dipende... (Lia, 30, Milano)
Quando durante l'intervista abbiamo a rontato il livello di autonomia e ettivamente riconosciuto nel loro lavoro, la maggior parte delle persone ha rilevato di avere dei buoni margini di autonomia nella gestione dei propri orari e dei giorni lavorativi.
Questi aspetti risultano limitati solo nelle fasi lavorative, o nei la-
vori, in cui è necessario collaborare piÚ strettamente con colleghi, in particolare se i colleghi sono dipendenti.
In questi casi le tempistiche si devono adeguare
all'orario d'u cio.
Per il resto sono molto vincolata agli orari delle riviste, se io dico che do la disponibilità tutte le mattine, tutte le mattine devo essere lÏ, perchÊ comunque è un gruppo di lavoro, e quindi non è che posso dire il mio articolo me lo correggo oggi pomeriggio, comunque i ritmi di uscita sono abbastanza stretti, quindi per quello sono vincolata se non altro per gli orari, poi se dico guarda, devo uscire per andare a prendere il bimbo a
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza scuola non è che devo rmare una richiesta scritta, però quello, ecco, è già meno libero, invece per l'altro tipo di lavoro non... ho delle scadenze, quindi devo attenermi a queste scadenze, ma non ho particolari limiti, te li gestisci un attimo di più (Lucia, 36, Bologna)
Spesso però l'autonomia nella gestione della propria giornata scompare, fagocitata dalle esigenze di produzione. Se durante la lavorazione di progetti a lunga scadenza il redattore può decidere di andare due ore in palestra il mattino, e lavorare due ore in più la sera, con l'approssimarsi delle scadenze questa libertà sparisce. L'autonomia nella gestione dei tempi, quanto meno a livello formale, viene quindi riconosciuta, l'unico vincolo imposto ai redattori è il rispetto delle scadenze ssate dall'azienda, che tendenzialmente non possono venir discusse in fase di presa in carico del progetto.
Io so che ho una scadenza, e quindi entro quella scadenza devo avere il testo pronto, quindi...
È chiaro che è minima la libertà visto che poi...
a me
arriva un testo e a quel punto se io ho 2 settimane io devo correre, quindi non posso tanto gestire il mio tempo, perché ho quel tempo necessario per farlo uscire nelle migliori condizioni. (Giovanna, 33, Milano)
Sul piano sostanziale spesso le tempistiche previste per portare a termine un lavoro, sono inferiori a quelle necessarie per completarlo nella pratica, e quindi l'autonomia nella gestione dei tempi da elemento in grado di garantire una maggior libertà individuale, diviene uno strumento che spinge verso un'espansione dei tempi lavorativi totalizzante.
Perché ti sembra così bello perché sei convinto che sei autonomo e ti gestisci da solo, mentre in realtà fai così nché va bene a loro, poi in realtà quando devi correre corri (Lia, 30, Milano)
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Capitolo 4 Tempistiche serrate per la conclusione del lavoro sono estremamente di use nelle narrazioni dei soggetti intervistati, e sembrano essere la regola, piuttosto che l'eccezione per chi lavora nell'editoria.
Per me è ttizia, l'autonomia, perchÊ non sono io padrona dei miei tempi. [...] Allora io ho degli amici che fanno i dentisti e loro possono decidere: lavoro tre giorni alla settimana, tanto prendono abbastanza per poter anche coprire il lavoro degli altri tre giorni. LÏ la vedo di piÚ l'autonomia. Se è un'autonomia dei tempi di lavoro, la vedo molto di piÚ dettata dai tempi che ti impone la casa editrice. Se è un'autonomia nei contenuti dipende, perchÊ... Insomma se dovessi dirti una risposta secca a questa domanda ti direi: no non ne ho, non ce n'è. Cioè diciamo virtualmente è totale, ma in pratica, nella realtà , è nulla. Se per essere autonomi intendi autodeterminato, che sei tu che determini, io non determino nÊ i costi del mio lavoro, nÊ i tempi, niente, quindi zero. (Zenobia, 60, Bologna)
L'autonomia per i redattori non si presenta quindi nel determinare i tempi del loro lavoro, ma nel gestire i tempi che sono loro assegnati per un dato lavoro, come messo in luce in diversi studi in letteratura (Thompson 1983, Fontana 2006). Il controllo del proprio tempo è uno degli elementi critici centrali tanto nel presente quanto nella progettazione del futuro. Ma l'autonomia non si manifesta neppure nella de nizione del valore del lavoro: come già visto nel paragrafo riguardante la contrattazione, è la casa editrice che avanza una proposta, e i margini di discussione della stessa sono molto limitati. Parlare di autonomia nella gestione del proprio tempo diviene quindi di cile.
Non ci sono di fatto delle ferie, perchÊ se tu ti prendi un periodo di ferie, tu sai che nella logica del cottimo c'è che successivamente alle ferie dovrai lavorare diciotto ore al giorno, per recuperare le ferie. (Carlo, 35, Perugia)
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza Il grado di libertà percepito da chi lavora in questo settore è dunque quello di decidere quanto lavorare, sapendo che, con delle retribuzioni generalmente basse, è necessario comunque lavorare un numero di ore molto elevato. Una parte di autonomia viene percepita nella gestione tecnica, materiale del proprio lavoro; in questo caso il termine autonomia tende quindi a coincidere con il termine responsabilità.
Se faccio soltanto delle correzioni di bozze, prendi le bozze, portale a casa, e nito lì, l'indipendenza è fatta dal fatto che le bozze le posso fare dove voglio, quando voglio, all'ora che voglio.
D: Tu lavori da casa?
Lavoro
principalmente da casa quando faccio quei lavori lì, quando invece mi af dano un libro, nel vero senso della parola, allora lì tu hai, oltre ad avere una responsabilità sul testo... In particolare nella narrativa straniera, mi occupo di revisioni, una volta fatta la parte della revisione c'è un coordinatore, che poi assegna, ai vari i giri di bozze, ma poi sei tu che vai a collezionare le varie bozze, che invece, sei tu che vai a fare gli inserimenti dentro l'impaginato, sei tu che porti avanti il libro no alla conclusione, poi ci sono anche le parti con inserti di foto, ecc. O di cartine, sei tu che segui le varie fasi. Quindi in quel caso lì sei dentro. Quindi tu lavori su di un testo la prima parte, quando revisione non la fai, la revisione la maggior parte delle volte non la fai lì, ma la fai a casa, perché la maggior concentrazione, tutto quello che ti pare riesci ad averla a casa; però poi c'è quell'altra fase, che è la fase puramente di lavoro, di lavoro in casa editrice che non puoi assolutamente fare in autonomia, perché ti devi assolutamente relazionare con gli autori, nel caso in cui hai gli autori italiani, con il traduttore, nel caso tu stai revisionando un testo... con gli impaginatori, con il gra co, e tutto il resto insomma. (Sabrina, 37, Milano)
Come già spiegato in precedenza il lavoro redattoriale ha una forte componente di mediazione con altri soggetti che lavorano sull'opera, in primis l'autore, ma anche varie gure dentro la casa editrice, o collaboranti con essa. L'autonomia in questo contesto si riduce molto, perché essendo un'attività di coordinamento,
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Capitolo 4 si è vincolati al lavoro degli altri. Inoltre in queste situazioni viene constatato un elevato tasso di responsabilità a date, e non adeguatamente retribuite, al redattore. Questi infatti per lunghe fasi del processo si relaziona direttamente con l'autore, divenendo quindi il rappresentante della casa editrice per l'autore; il tutto senza fare neppure parte, formalmente, della stessa, essendo solamente un collaboratore.
Sicuramente questo di essere percepita come autonoma, quindi anche continuamente disponibile signi ca essere chiamata di sabato o di domenica mattina... e cosĂŹ via, ma non so quanto sia un problema del lavoro o di un'eccessiva disponibilitĂ , e l'incapacitĂ di dire di no, e cosĂŹ via. (Paola, 35, Bologna)
In alcune situazioni il fatto di essere autonomi nella gestione dei propri tempi, di lavorare per se stessi , non alle dipendenze di qualcuno esterno, viene interpretato come una disponibilitĂ totale, che indebolisce, piuttosto che ra orzare, l'autonomia individuale.
L'autonomia dal luogo di lavoro quando non viene
presentata come aspetto neutro per la casa editrice, diviene una conquista del lavoratore: una conquista, in realtà , personale (Giovanna, 33, Milano), ottenuta tramite un percorso individuale nell'azienda, ma senza avere in cambio una grati cazione, un premio o un incentivo economico per l'elevata professionalità e capacità di lavoro autonomo. D'altra parte, nella società in rete (Castells 2002), in questa seconda modernità (Beck 2000) dove il livello di interdipendenza si è fortemente sviluppato, è il concetto stesso di autonomia, e di lavoro autonomo, a necessitare di un forte ripensamento.
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza
4.3.3 La passione al/nel lavoro In questo capitolo ho presentato diversi elementi critici sulle condizioni di lavoro nelle quali sono immersi i redattori e le redattrici che ho intervistato. Altrettanto chiaramente dai loro racconti è emersa la passione per il loro lavoro. Il lavoro nelle redazioni, pur con i limiti presentati no a qui, è un lavoro che mi è stato raccontato per lo più come grati cante, ricco di stimoli.
Gli aspetti che sono
emersi come più grati canti sono la natura cooperativa del lavoro redattoriale, quindi la sua componente di coordinamento, le opportunità di crescita personale e di approfondimento delle proprie conoscenze e soprattutto la grati cazione nel lavoro sui contenuti, in ne la concretezza del lavoro di cura del testo.
Mi piace soprattutto, al di là dei contenuti, che sia un lavoro di squadra. Prima ho detto: persone.
il mio lavoro spesso dipende dal lavoro anche di altre
Può essere un aspetto negativo.
Però è un dover gestire tante
cose, e anche tante persone, uno o più disegnatori, uno o più ricercatori iconogra ci.. due o tre autori sulla stessa cosa, e poi il correttore di bozze, il collega interno, quell'altro non interno, lo studio esterno di gra ca, è bello quello, non sei solamente tu che lavori sul testo dalla mattina alla sera... È abbastanza stimolante (Maria, 29, Milano)
La natura collettiva del lavoro redattoriale, che funge da contro altare all'attività individuale sul testo, risulta essere uno degli elementi che mi è stato spesso raccontato con soddisfazione. La visione di insieme che guida l'attività di coordinamento di molte professionalità è una abilità che stimola sul piano individuale l'attribuzione di signi cato all'intera attività lavorativa svolta.
Un altro aspetto grati cante è che io per fare una roba devo leggere. Io per fare una lezione di quattro, cinque minuti, o tre com'era in questo caso, io mi devo almeno sfogliare un paio di manuali di storia, qualche altra fonte, fonti anche su internet, e alla ne della giornata ne so di più di quanto
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Capitolo 4 ne sapevo all'inizio, ed è una roba che mi grati ca molto.
(Franco, 58,
Milano)
La constatazione della continua crescita professionale e individuale è un altro elemento che viene apprezzato nel lavoro. La necessità di studiare e di approfondire gli argomenti su cui si deve lavorare fornisce nuovi stimoli quotidiani, ed è un aspetto che, qualora manchi, viene segnalato come molto demotivante. BÊ, diciamo che se si trattasse solo delle riviste ti direi nessuno, studiar una vita per correggere le riviste di
gossip, e in piĂš essere punita per un
doppio spazio in un titolo, direi che non ce n'è.
[...]
Io comunque ho
studiato per a ermarmi professionalmente, altra cosa è che con il mio tipo di lavoro attuale non vado da nessuna parte, io qui sono e qui resto, non potrò mai crescere piÚ di tanto.
[...]
Il lavoro che sto facendo adesso
con le riviste avrei potuto farlo dieci anni fa, appena uscita dall'universitĂ sostanzialmente nello stesso modo, e quindi, beh allora perchĂŠ sono andata per tutto questo tempo? (Lucia, 36, Bologna)
La mancanza di prospettive di crescita professionale e non vedersi riconosciute le competenze accumulate in anni di lavoro risulta quindi essere fortemente demotivante. Ma gli aspetti che emergono come piÚ stimolanti sono la consapevolezza di lavorare nell'ambito della produzione di cultura, dando il proprio contributo allo sviluppo della conoscenza, e la materialità del lavoro sul libro, la pratica del lavoro sul testo. Beh, l'idea di costruire un pezzettino di cultura in un momento del genere, anche se minimo, anche se è veramente minimale come idea, è quello di costruire un oggetto, cioè di non fare soltanto.. [...] non mi dispiace che il lavoro pratico dell'oggetto culturale si trasferisca nell'oggetto concreto come il libro. Che ci sia del lavoro dietro, lavoro vero come dire, anche di routine per certi aspetti. [...] Mi piace lavorare con i contenuti, mi piace leggere, mi piace migliorare per quel che è possibile la forma di un pensiero, di una frase, di un contenuto, questo mi piace. (Paola, 35, Bologna)
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4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza Al lavoro in questo ambito viene riconosciuto un valore che trascende la materialitĂ della pratica su un oggetto ben fatto, ma viene interpretato come contributo al miglioramento e alla di usione della cultura.
La partecipazione al processo
produttivo del libro è emerso nelle narrazioni con una forte valenza identitaria. Il libro è infatti nella nostra società oggetto culturale per eccellenza, strumento tramite il quale per anni tutti gli studenti e le studentesse si sono confrontati nel loro accesso alla cultura, e sicuramente ha accompagnato per anni il percorso di crescita professionale e personale delle redattrici e dei redattori che ho avuto modo di intervistare. La cosa piÚ grati cante è sicuramente quella che tu infondi nell'opera qualcosa che è tuo.
Piano piano vedi crescere questo progetto, che lo
vedi crescere piano piano come se anche tu gli stessi dando forma, capito?
Quindi c'è questo, questa molto molto identi cazione con l'oggetto
della tua, della tua produzione. Credo che sia questa la cosa principale. Quindi niente, sei anche tu, è una tua creatura. Non è una parte in cui aggiungi qualcosa di accessorio, non sei uno che ri nisce qualcosa di già fatto... no, sei una gura professionale che fa crescere dall'inizio no alla ne un progetto in cui alla ne c'è anche parecchio del tuo, ecco. (Carlo, 35, Perugia) Mi piace diciamo mettere le mani in pasta nel testo, che poi è un testo a tanti livelli, anche il fatto di scegliere un'immagine piuttosto che un'altra, perchÊ mi sembra che funzioni di piÚ, che abbia un impatto gra co migliore, che serva a esprimere meglio un certo capitolo, o anche il fatto di inventarsi un esercizio nuovo, carino, che non sia sempre lo stesso visto su mille libri. (Maria, 29, Milano)
Emerge con forza da questi brevi brani l'orgoglio per il proprio lavoro, che è centrale nei mestieri in un certo qual modo artigianali , in quanto è la ricompensa dell'impegno e della bravura profusi (Sennet 2010). Nelle voci delle redattrici e dei redattori intervistati in questi mesi ho sentito forte la passione per l'attivitĂ
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Capitolo 4 svolta, una spinta forte ad esprimere la loro professionalità nel lavoro, che pare assimilabile alla dedizione al lavoro dell'artigiano. Nel momento in cui il testo nale viene riconosciuto come espressione della propria professionalità, una priorità, un valore in sé e avviene con esso un processo di identi cazione che spinge a dedicare al lavoro tutto il tempo necessario perché esso sia svolto al meglio, non il tempo previsto dal contratto e per il quale si è retribuiti, accade spesso per i soggetti intervistati che la passione per il proprio lavoro diventi una sorta di catena. Che poi ti senti anche la tua responsabilità, tutto quel meccanismo perverso per cui... cioè alcuni miei colleghi mi dicono: allora facciamo la riduzione delle ore, sì ma io non so se riesco a lavorare di meno, perché se mi... io non voglio fare male un libro (Lia, 30, Milano)
Il libro diviene quindi simbolo della propria cultura professionale, e a questa è riconosciuto un valore che travalica il rapporto di lavoro; la constatazione di non ricevere un adeguato trattamento economico-contrattuale non è su ciente a decidere di abbassare la qualità del proprio lavoro, ci si sente comunque incaricati in prima persona della qualità del libro su cui si opera e risulta di cile attribuire le responsabilità a chi ha organizzato il lavoro in questo modo.
La Rete dei
redattori precari nasce e agisce prima di tutto con l'obiettivo di favorire un cambiamento di prospettiva in questo senso, rivendicando delle condizioni di lavoro che consentano di tenere alta la qualità dell'attività professionale svolta.
4.4
Dall'insicurezza lavorativa alla precarietà
In questo capitolo ho presentato le dinamiche e le caratteristiche dell'attività lavorativa nel campo dell'editoria a partire dai raccontati narrati nelle interviste. Ritengo sia importante focalizzare a questo punto l'attenzione su un particolare
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4.4 Dall'insicurezza lavorativa alla precarietà aspetto emerso come sottotraccia anche all'interno dei precedenti paragra , ma che merita di essere approfondito per completare il quadro che ho composto del lavoro redattoriale: la narrazione della percezione della precarietà da parte dei soggetti intervistati. Cercherò quindi di mettere in luce quali siano gli elementi che portano le persone che ho intervistato ad interpretare la loro esistenza come precaria.
In questo momento io non sono precaria, sto lavorando, però no a quando? che garanzie ho? È una precarietà comunque... Che garanzie ho, io? Non ho nessuna garanzia, si, comunque non ho un contratto, su queste riviste io non ho un contratto, io non ho rmato niente, infatti avevamo tre settimanali e due mensili e i mensili ce li hanno tolti senza neanche avvertirci, abbiamo visto che non ci arrivavano più i le, abbiamo chiesto... dal giorno alla notte, quindi io domani, potrei trovarmi che non ho quello, quindi sono precaria anche se da un anno sto lavorando a tempo pieno. L'altro lavoro si basa sulla ducia, cioè la *** [casa editrice] mi a da dei lavori perché comunque mi dà ducia eccetera, ma se l'editor con cui io lavoro da un giorno all'altro si licenzia e ne subentra un altro che non mi conosce? mi chiama ancora?
L'agenzia di comunicazione con cui sto lavorando è un
lavoro che durerà no al 2013, poi? non ho nessun tipo di continuità. [...] Rimango lì, a meno che una casa editrice domani non mi chiami e mi dica guarda vieni, perché abbiamo bisogno di un editor , penso che per i prossimi trent'anni... (Lucia, 35, Bologna)
La mancanza di prospettive derivanti dall'attuale condizione di lavoro, la consapevolezza dei limiti dell'impiego attuale e la convinzione che di cilmente il futuro riservi delle sorprese positive in questo senso diventano quindi una prospettiva opprimente, ponendo l'individuo in una posizione di precarietà, non tanto per la condizione in cui vive oggi, ma per l'ignoto che gli si prospetta, per il domani che si presenta incerto (Berra 2006, Pietrantoni 2006, Armano 2010).
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Capitolo 4 La capacità di reinventarsi e di essere autonomi, la essibilità richiesta ai lavoratori e alle lavoratrici dell'editoria, non trova però un corrispettivo nelle istituzioni socio-economiche italiane.
Dalle narrazioni emerge l'impressione di
dover essere l'unico elemento essibile all'interno di una società che funziona ancora con degli schemi e dei requisiti rigidi.
Siamo in a tto, abbiamo provato a comprare casa, ma abbiamo avuto un po' di problemi con il mutuo, anche perché il mio compagno è un insegnante, quindi anche lui precario, ed è riuscito ad avere la nomina soltanto a ne ottobre, e quindi no ad allora le banche ci guardavano male, perché noi avevamo solo il mio contratto, quindi capirai, ora vediamo, ora si è tranquillizzato un attimo, quindi non so se da gennaio ci riproviamo, ora lo sto facendo un po' decantare, perché è stato in ansia (Giovanna, 33, Milano)
La di coltà ad accedere al credito per aziende private e lavoratori dipendenti corrisponde a una impossibilità totale per i lavoratori precari, le richieste dei quali di cilmente vengono prese in considerazione dagli istituti di credito, i quali pretendono delle garanzie sulla capacità di coprire il debito, come messo in luce in molti studi sul tema (Fullin 2004, Bertolini and Rizza 2005, Salmieri 2006, Piccone Stella 2007, Rizza 2008). Lo stesso tipo di problematica si presenta anche nel pagamento delle tasse sul lavoro autonomo, in costante crescita negli ultimi anni, che osservando l'attività economica individuale in una prospettiva annuale non contemplano gli alti e bassi di una attività lavorativa essibile. A questi elementi di di coltà nella propria progettazione economica e professionale, si somma il grande vuoto, raccontato in tutte le interviste, delle tutele sociali, la cui inadeguatezza è emersa in numerosi studi sociologici (Regini 2008, Rizza 2008, Berton, F. e Ricchiardi, M. e Sacchi, S. 2009) e giuridici (Bellardi
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4.4 Dall'insicurezza lavorativa alla precarietĂ 2005, Treu 2010; 2011).
La copertura per malattie, infortuni e maternitĂ , ad
esempio, non è tale da permettere di a rontare con serenità uno di questi eventi.
Se io rimango incinta cosa succede?
Non hai che da pregare, andare a
fare l'elemosina dall'azienda, cosÏ hanno fatto, è capitato!
E allora in
quel caso, a volte, ti accordano qualcosa, a volte, però insomma...
Si
tratta tutto di andare a elemosinare qualcosa che dovrebbe essere un tuo diritto. L'infortunio sul lavoro non ne parliamo, spero che non succeda di inciampare sulle scale.
La malattia, anche lĂŹ, non...
a volte quando poi
ne parli con i capi ti dicono: No, ma non ti preoccupare, che se succede qualcosa cosÏ noi ti veniamo incontro . Si ma è lavoro questo! C'è sempre un po' questa informalità , che è molto forte, siamo una famiglia, ci diamo tutti del tu, però ti inculiamo sempre volentieri. (Lia, 30, Milano)
La precarietà delle condizioni lavorative si ri ette anche sulle scelte familiari: in stallo è anche la progettualità della vita familiare e sociale, in particolar modo quando la rete di sostegno sociale risulta debole (Rizza 2008; p. 17) Le tutele sociali informali (Armano 2010), quando presenti, vengono interpretate come strumenti ambivalenti, che ra orzano la percezione della disparità di potere tra la parte datoriale e il lavoratore, rendendo queste garanzie un eventuale favore, non essendo di fatto un diritto. Inoltre le retribuzioni non permettono l'accantonamento di risorse per affrontare periodi di minor lavoro, per pagare una cassa privata per infortuni, malattia, maternità .
Uno se ci pensa, io non ho pensione, non ho niente.
Io dovrei avere la
possibilitĂ di aprirmi una pensione per cui ci vorrebbero quei 500 euro al mese da sganciar lĂŹ perchĂŠ arrivati ai sessantacinque, sessantasette, settant'anni io dovrei poter accedere a quella pensione lĂŹ. Ma ti faccio due calcoli cosĂŹ al grezzo. Io dovrei guadagnare all'incirca tremila euro lordi al mese, che signi ca poi circa duemila e due al netto, togli cinquecento di cassa
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Capitolo 4 assicurazione, ecc.
ecc., ti restano, non voglio neppure dire mille e cin-
quecento euro, ma mille e duecento, mille e trecento ti dovrebbero restare, come un operaio voglio dire...
Quello è, l'operaio c'ha mille e duecento,
mille e trecento euro in busta paga, poi c'ha la parte che è nascosta nella, ecco io dovrei guadagnare almeno tremila euro lordi per mettermi in quella posizione lÏ, non per guadagnare come un intellettuale che chissà che cosa fa, no un operaio. Io ci sono dei periodi in cui guadagno sei-sette-ottocento euro lorde al mese. Per cui molto lontano da... (Franco, 58, Milano)
I ragionamenti attorno alla condizione di precarietà lavorativa sicuramente non si possono fermare all'aspetto economico, alla busta paga dei lavoratori, perchÊ la precarietà travalica i con ni professionali (Murgia 2010), ma nel contesto italiano, con uno stato sociale che non prevede una copertura in caso di periodi di non lavoro, dovuti a disoccupazione o a malattie, infortuni e maternità , e che non prevede una copertura previdenziale universale, se si vuole a rontare e cercare di superare i disagi dei precari, è necessario parlare di tutele, o in alternativa di adeguamento degli stipendi. Purtroppo chi lavora è malato di soldi, gran parte della frustrazione che vivono i giovani oggi è che si fanno un culo cosÏ e non riescono neanche a pagarsi un a tto, e dipendono ancora dai genitori, cioè sono cose che non vanno bene. (Margherita, 40, Milano)
I bassi livelli retributivi pongono dunque il lavoratore e la lavoratrice in una condizione di ricattabilità rispetto al datore di lavoro. Spesso non hai neanche modo di confrontarti su queste cose e in alcuni casi è anche pericoloso farlo perchÊ può succedere che ti rescindano il contratto da un momento all'altro. Nel senso che se tu non sei protetto in nessun modo sul tuo posto di lavoro e cominci a fare dell'attività che non è neanche sindacale, ma di pura e semplice rivendicazione di buon senso, te ne torni a casa. Dove lavoravo nella società di servizi editoriali un bel giorno hanno iniziato a telefonare a dei miei colleghi: vieni in amministrazione , e tutti
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4.4 Dall'insicurezza lavorativa alla precarietà andavano in amministrazione, arrivederla, molte grazie, da oggi tu non lavori piÚ per noi e in un giorno ne hanno licenziati tre o quattro cosÏ e una per telefono, mentre in treno veniva a Bologna, per dire, quando è cosÏ facile licenziare capisci che ogni tipo di attività che non de niamola neanche sindacale, che è proprio di misera rivendicazione anche sul piÚ piccolo problema diventa impossibile. (Lucia, 35, Bologna)
La ragione per cui molti passi non si riescono a fare è il fatto che appunto siamo tutti frammentati e atomizzati dappertutto e quindi non è facile raggiungere le persone, il fatto che molte persone non si sentono di partecipare a... una roba del genere, perchÊ hanno paura di perdere il lavoro che hanno, eccetera. (Jasmine, 54, Milano)
La necessitĂ di avere un lavoro, e la facilitĂ di rescissione dei contratti da parte datoriale, pone il precario e la precaria in una posizione di fortissima ricattabilitĂ . Questa condizione di ricattabilitĂ , proietta un velo di paura nei confronti del futuro, rendendo molto piĂš pesante dal punto di vista soggettivo la propria attivitĂ lavorativa.
E questa cosa di essere sempre cosĂŹ ricattabili, non va bene, veramente ci uccidono, ci uccidono psicologicamente, capito? (Margherita, 40, Milano)
Le problematiche presentate in questo capitolo non si presentano tutte assieme nella quotidianitĂ dei redattori e delle redattrici precarie che ho intervistato, ma sono raccontate come rischi potenziali, sempre presenti, nessuno ha la certezza che andrĂ cosĂŹ, ma nemmeno la certezza che cosĂŹ non sarĂ .
L'unico aspetto
certo è forse l'assenza della pensione, ma il suo signi cato viene compreso con l'avanzare dell'età e la constatazione della progressiva perdita di energie per a rontare l'attività lavorativa. Alla luce di quanto presentato in questo paragrafo ritengo possa essere interessante riprendere la recente distinzione proposta da Reyneri tra lavori instabili,
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Capitolo 4 occupazione precaria e insicurezza.
L'intento dell'autore è quello di porre un
ordine e sottolineare le di erenti sfumature di concetti tra loro contigui. Con il primo termine individua unicamente una condizione giuridica, la limitata stabilità dei rapporti di lavoro che prevedono un termine se il rapporto di lavoro è a termine, ovviamente è instabile (Reyneri 2011; p. 110). Con il concetto di occupazione precaria suggerisce invece di individuare le persone che non riescono ad ottenere una continuità di reddito dalla loro attività lavorativa, costrette quindi a superare periodi di disoccupazione o assenza di entrate economiche. Il concetto di insicurezza, in ne, può riguardare sia i lavoratori instabili che i lavoratori stabili, in quanto sentimento suscitato dal timore che la propria fonte di reddito possa scomparire da un momento all'altro. Rispetto ai lavori instabili e all'occupazione precaria infatti il sentimento di insicurezza è una cosa del tutto diversa (Reyneri 2011; p. 111)). Da quanto presentato nelle pagine precedenti, risulta a mio parere di cile poter fare una netta distinzione tra precarietà e sentimento di insicurezza, perchÊ è proprio il sentimento di incertezza nei confronti delle possibilità che si avranno in prospettiva che spinge all'autode nizione come precari e precarie. A mio parere è possibile e ettuare una distinzione tra il concetto di insicurezza e quello di precarietà fondandola piuttosto sulla de nizione che le persone implicate all'interno di un dato contesto danno alla loro condizione. Il concetto di precarietà , infatti, non si riferisce solamente a persone che hanno lavori instabili e vivono un sentimento di insicurezza, ma è un concetto con un valore simbolico piÚ ampio, è un artefatto retorico che fa riferimento ad un immaginario di rielaborazione (Bruni and Murgia 2007, Bruni and Selmi 2010) che porta ad individuare nella condizione lavorativa la causa della propria insicurezza, che si estende a molteplici ambiti di vita.
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Come vedremo
4.4 Dall'insicurezza lavorativa alla precarietĂ nel prossimo capitolo, la spinta alla partecipazione a una forma auto-organizzata di rappresentanza si fonda esattamente sulla presa di coscienza delle condizioni lavorative e del sistema socio-economico in cui le persone che compongono la Rete dei Redattori Precari si sentono costrette.
Conclusioni
Le redattrici e i redattori che ho intervistato sono persone che hanno investito sulla loro professionalitĂ e hanno cercato di avviare dei percorsi di promozione professionale individuali, corrispondono quindi in buona parte alla de nizione di Rullani dei lavoratori della conoscenza.
Rullani, tuttavia, parla dei lavo-
ratori della conoscenza come di lavoratori dipendenti, legati alle aziende attraverso contratti di lavoro subordinato, mentre in questo caso i redattori della Re.Re.Pre. collaborano con le case editrici con contratti di lavoro autonomo o para-subordinato, quali il contratto a progetto e la partita iva. (Bonomi 2005, Ferraresi and Michelsons 2006). Il lavoro dei redattori e delle redattrici rientra senza dubbio quindi nell'ambito del lavoro della conoscenza, ma le conoscenze coinvolte nel processo forse non sono su cientemente rare per far si che le aziende arrivino a competere tra loro per delizzare e assicurarsi la cooperazione di questi knowledge worker, essi hanno quindi poco potere per la tutela dei loro interessi e valori (Rullani 1998). La tendenza in atto sembra piuttosto quella di sfruttare gli anni di studio dei redattori e delle redattrici, attraverso il prestigio della posizione lavorativa o erta, per porli in competizione tra loro, mantenendo basso il costo della mano d'opera; sostituendo velocemente le persone la cui gestione diventa piĂš impegnativa dal punto di vista salariale, sindacale, familiare o di salute.
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Capitolo 4 Risulta quindi a mio parere molto puntuale la considerazione di Sergio Bologna sulla condizione dei knowledge worker all'interno della nostra società: È vero dunque che i lavoratori della conoscenza sono la pattuglia di punta della società occidentale moderna, ma non nel senso che intendono coloro che la dipingono di rosa, come una società del progresso che libera l'uomo dalla fatica e dall' egoismo proprietario ; piuttosto, nel senso che esprimono le contraddizioni e i disagi più profondi di questa società medesima . (Bologna 2005; p. 25).
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Capitolo 5 Auto-organizzare la rappresentanza In questo capitolo presenterò le pratiche e le dinamiche di auto-organizzazione e auto-rappresentazione e auto-rappresentanza emerse durante il mio percorso di ricerca, confrontando il piano della narrazione pubblica della Rete dei Redattori Precari, vale a dire la dimensione costruita e collettiva, con la percezione soggettiva dei membri della rete stessa. Nelle pagine che seguono utilizzerò materiale proveniente dalle interviste,
1
dall'osservazione partecipante, dalle mail e dalle osservazioni del sito web
5.1
Storie di incontri, tessere la rete
In questo paragrafo presenterò gli elementi che contribuiscono alla costruzione dell'identità della Rerepre.
Inizierò quindi seguendo il percorso delle persone
che si avvicinano alla rete per la prima volta per vedere se sia possibile cogliere dei tratti comuni tra queste storie, quindi focalizzerò l'attenzione sulle spinte
1 Nel caso venga citato un brano tratto da un'intervista utilizzerò la segnatura adoperata anche nel precedente capitolo (nome, età, domicilio), nel caso faccia riferimento ad una mail premetterò oggetto, autore/trice, data e ora di invio in questo modo: [oggetto; pseudonimo; data; ora]. Non disponendo delle informazioni riguardo all'età e alla città di residenza di tutte le persone che sono intervenute via mail nelle diverse discussioni della Rerepre, nei casi delle mail ometterò queste informazioni anche per le persone che ho intervistato.
167
Capitolo 5 individuali che hanno portato queste persone ad entrare a far parte di questa rete. Dopo aver raccontato questi percorsi di incontro con la Rerepre cercherò di illustrare in qual modo la Rete dei redattori precari si presenti attraverso il sito. In secondo luogo presenterò gli obiettivi pubblicati all'interno della pagina web della rete e li confronterò con quanto emerso durante le interviste. Concluderò questo primo paragrafo approfondendo le discussioni sviluppate attorno ad un evento mediatico che ha coinvolto la rete, cercando di evidenziare le dinamiche inerenti i processi di auto-rappresentazione di questa rete.
5.1.1 Percorsi di avvicinamento alla rete Dalle interviste emergono tre dinamiche principali di presa di contatto con la Rete dei redattori precari. Essendo la Rerepre una realtà priva di una sede, o di spazi dedicati all'interno delle redazioni e delle aziende, i primi contatti avvengono attraverso canali informali, non istituzionalizzati, costituiti fondamentalmente da diverse forme di passaparola.
La rete io l'ho conosciuta attraverso una mia amica, che è quella da cui andiamo questa sera, si chiama Camilla, poi avevo avuto un po' così di sentore che c'era e... è stata lei a dirmi vieni alla riunione , sono andata alla riunione. (Zenobia, 60, Bologna)
Una delle modalità di contatto con la rete è, come nel caso qui riportato, attraverso l'invito a partecipare a una riunione da parte di una persona già attiva all'interno della Rerepre. In questo caso il contatto con la rete vera e propria avviene direttamente durante la riunione di nodo, che diviene occasione per conoscersi e farsi conoscere. Questo costituisce un canale diretto di partecipazione facilitato dall'intermediazione e dalla presenza di una persona precedentemente conosciuta
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete e verso la quale si ha un buon livello di ducia a livello interpersonale o professionale, confermando quindi l'importante ruolo di facilitazione svolto all'interno dei network da parte di persone sentite a sĂŠ vicine (Rivera et al. 2010). Risulta invece di erente la dinamica di contatto con la rete se la segnalazione della stessa viene fatta da persone che non ne fanno parte.
In questi casi il
processo di avvicinamento alla rete passa attraverso gli strumenti web di cui essa è dotata.
Quando ho iniziato a lavorare e ho aperto la partita iva mi sono iniziata ad incazzare e una mia amica mi ha detto: ma lo sai che una mia compagna di universitĂ faceva parte di questa rete di redattori precari , al che ho scritto e ho iniziato ad andare alle riunioni. (Lia, 30, Milano)
Mentre nel caso precedente l'entrata in contatto con la rete viene facilitata dall'intermediazione di una persona con la quale si condividono alcuni interessi o della quale si ha ducia, in questo caso vi è un ruolo svolto da una persona verso la quale si ha un buon livello di ducia, ma questo è nettamente piÚ marginale, limitandosi alla segnalazione dell'esistenza di una realtà non conosciuta direttamente. Se nel primo caso parte della ducia riposta nella persona può venir estesa alla realtà di cui questa persona fa parte, alla Rete dei Redattori Precari ad esempio, in questo secondo caso il ruolo di intermediazione risulta avere un valore neutro, puramente informativo. Una conseguenza di questo di erenza, come messo in luce nel brano riportato, è che alla segnalazione dell'amica segue la presa di contatto diretta con la rete, è quindi necessaria una attivazione individuale al ne di reperire piÚ informazioni su questa realtà . Mentre nel primo caso la primissima accoglienza nella rete viene e ettuata da un'interazione o ine tra una persona nuova e una persona già inserita, nel secondo caso vi sono due possibilità : questo ruolo viene svolto da una persona
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Capitolo 5 sconosciuta, della quale viene dato il contatto in quanto persona esperta, oppure è il sito internet o la pagina facebook ad accogliere la persona che si avvicina alla rete.
Su facebook, un mio amico mi ha postato, comunicato non mi ricordo, un po' di tempo fa... Re. Re. Pre., pa pa pa, ho aperto e... e ho detto ah, c'è una rete di Redattori precari, fammi andare a sentire , e ho partecipato ad un paio di riunioni, due tre riunioni cosÏ, vediamo chi sono, cosa fanno ... eh... (Jasmine, 54, Milano)
In questo caso il processo di conoscenza viene mediato da degli strumenti tecnologici, telefono, mail, sito, pro lo facebook, che cambiano evidentemente la dinamica d'interazione, consentendo, ad esempio, di prendere delle informazioni sulla rete senza dare informazioni su di sÊ alla rete stessa. Questi percorsi di avvicinamento alla rete sottolineano l'esistenza di diversi canali d'accesso alla rete stessa e la presenza di diversi attori umani e non, che intervengono nel processo di incontro e di inserimento di una nuova persona nella rete. sostanziale di erenza tra chi entra in contatto con la rete attraverso un amico/a inserito/a nella stessa e chi vi si avvicina attraverso il contatto ad una persona non conosciuta precedentemente, o chi cerca di conoscere la stessa tramite il sito internet: se nel primo caso è possibile utilizzare un linguaggio e uno stile condiviso dalle due persone coinvolte, al ne di esprimere al meglio le caratteristiche della rete e superare eventuali resistenze, nel secondo caso questa possibilità è ridotta e lasciata alla sensibilità individuale ed in ne nel terzo caso l'adattamento delle informazioni date sulla base dell'interlocutore risulta essere sostanzialmente assente.
Sito internet e pro lo facebook sono strumenti che
permettono di essere visti senza vedere, di farsi conoscere senza dialogare, e svolgono quindi un importante ruolo di prima accoglienza nei confronti delle
170
5.1 Storie di incontri, tessere la rete persone che si avvicinano alla Rete.
Oltre alla scelta dei contenuti anche il
linguaggio in cui questi vengono espressi e le scelte stilistiche di questi spazi di incontro, la loro estetica (Strati 2000), i colori e la disposizione delle informazioni compiono un'opera di selezione degli interlocutori, come cercherò di mettere in luce nel corso del capitolo.
5.1.2 Spinte alla partecipazione Le interviste che ho condotto sono state fatte a persone che a vari livelli di coinvolgimento si sono avvicinate alla Rerepre, quindi tutte hanno fatto seguire alla prima fase di raccolta delle informazioni un contatto diretto e la partecipazione a qualche riunione. Sono storie di successo sul piano del coinvolgimento, dal punto di vista della rete, accanto alle quali, non quanti cabili, transitano storie di incontri mancati, persone che a un primo contatto non ne hanno fatto seguire un secondo. In ogni racconto le situazioni concrete che hanno portato alla decisione di partecipare all'attività della rete sono diverse, ma in tutte le interviste la motivazione della propria partecipazione alla Rerepre è dettata dalla condizione lavorativa in cui si è inseriti.
Era successo un episodio molto spiacevole, nel senso che la prima collega, c'è stata la mia prima collega che è andata in maternità, da quando ero io lì, e non è tornata dalla maternità, nel senso che non le hanno più fatto il contratto, e non so come siamo riusciti, nel senso, c'è stata una indignazione generale, in quell'occasione... fa riferimento al giugno del 2007 tutto questo discorso... C'è stata tutta questa indignazione generale per cui abbiamo iniziato, io e altri, un paio di colleghi vicini a lei, a contattare i sindacati, gli RSU presenti in azienda. [...] Tempo dopo uno degli RSU mi ha detto che si sarebbe tenuta questa riunione al Piamarta, di altri redattori precari
171
Capitolo 5 che volevano dare vita ad una rete.
E mi sono detta: ma perchĂŠ no? .
(Giovanna, 33, Milano)
Vedere le conseguenze della condizione contrattuale cui si è sottoposti colpire una persona che è vicina, è stato in questo caso la molla che ha fatto scattare l'ingranaggio della mobilitazione individuale. La necessità di far sentire la propria voce, avere un'identità e soddisfare l'esigenza di essere riconosciuti dagli altri (Calhoun 1994, Rullani 2008), per cambiare il corso delle situazioni che caratterizzano la quotidianità del proprio lavoro, nei racconti raccolti, porta alla consapevolezza della necessità di mettersi in rete per riuscire a portare avanti con successo le proprie rivendicazioni. Ma, il fatto di... voler capire se c'è la possibilità di essere parte di una rete che fa delle rivendicazioni all'interno del settore in cui lavoro... (Jasmine, 54, Milano)
La rete viene quindi percepita come necessaria per contrastare l'assenza di regole di usa nel settore dell'editoria, e per denunciare questa lacuna. Come abbiamo visto nel capitolo precedente questa condizione non riguarda solo una piccola parte degli occupati in questo settore, ma è molto di usa nelle redazioni. Questa nalità politica, indicata da chi ha deciso di unirsi alla Rerepre come la ragione principale della propria partecipazione, è la stessa all'origine della nascita della rete. (Cosa ha) Permesso la nascita?
Il precariato, può essere una risposta?
Assolutamente il precariato, nel senso che la rete è nata per combatterlo... E poi il fatto che evidentemente, la rabbia o comunque lo scontento erano di usi, perchÊ tutti quelli che poi hanno risposto al primo appelli di questo Carlo, io ricordo che l'ho letto e mi sono detta: cazzo, quando volete, cioè.. subito! , perchÊ comunque sono cose innegabili, anche se lavori nell'editoria da sei mesi te ne rendi conto. (Margherita, 40, Milano)
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete Le condizioni lavorative che hanno spinto i redattori e le redattrici a creare una rete per coordinarsi nel 2008 sono tuttora le motivazioni che sembrano spingere nuove persone a unirsi a questa rete.
La Rerepre è quindi una rete che nasce
in risposta a speci ci rischi cui sono sottoposti i suoi componenti nel luogo di lavoro, nello speci co l'incertezza insita nell'impossibilità di gestire i periodi di non lavoro e l'incertezza del rinnovo contrattuale. Al contempo essa ha eletto la dimensione nazionale come spazio nel quale portare avanti le rivendicazioni, ma la rete agisce attraverso le sue emanazioni locali, i nodi, formati dai lavoratori e dalle lavoratrici precarie, è quindi un'organizzazione che agisce in modo locale pensando in modo globale (Castells 2002). In The contentious eld of precarious work in italy: political actors, strategies and coalitions Choi and Mattoni (2010) propongono una distinzione analitica tra quattro tipi di organizzazioni di rappresentanza degli interessi delle persone precarie. In questo modello vengono distinti i sindacati tradizionali (CGIL, CISL e UIL) dai sindacati radicali (ad esempio i COBAS), i gruppi di lavoratori precari auto-organizzati ed in ne i grassroots activist groups. Tra i gruppi di lavoratori precari auto-organizzati le autrici propongono un'ulteriore possibile distinzione tra gruppi radicati a livello locale, che vedono coinvolti generalmente un piccolo numero di attivisti che portano avanti rivedicazioni nalizzate al miglioramento delle loro condizioni di vita; gruppi radicati a livello nazionale ma fondati sui nodi locali, tendenzialmente accomunati dall'appartenenza ad un medesimo settore professionale o di mercato e, in ne, gruppi di precari che sono radicati a livello nazionale, ma non fanno riferimento a speci ci settori o luoghi di lavoro, ma sono accomunati unicamente dalla condizione di precarietà Choi and Mattoni (2010). Sulla base delle caratteristiche no a qui descritte della Rerepre questa sembra corrispondere al
173
Capitolo 5
Figura 5.1: Barra di navigazione del sito www.rerepre.org
secondo tipo ideale: è infatti formata da un gruppo di lavoratori auto-organizzati precari organizzati in una rete che agisce a livello nazionale, ma si radica nei nodi locali. Anche a partire da questa constatazione credo sia interessante osservare come la Rerepre si de nisce e la forma che la sua struttura ha assunto nel tempo, cercando di cogliere per quali elementi questa realtà corrisponda al modello proposto da Choi e Mattoni e per quali aspetti essa se ne discosti.
5.1.3 Chi siamo? Come si presenta una rete informale Il sito della Rete dei redattori precari è costruito in modo da mettere in evidenza lo spazio nel quale la rete si presenta, in una sezione chiamata appunto: Chi siamo . Il signi cato dell'essere redattori viene presentato richiamando il lavoro svolto sui libri, la responsabilità che si ha su di essi, l'invisibilità legata a questa professione, e:
Pochi lo sanno, ma qualcuno ci ha de nito il punto di snodo centrale della
2
produzione del libro .(www.rerepre.org )
2
http://www.rerepre.org/index.php?/2008121048/redattori-editoriali-precari/redatt
editoriali-precari-chi-siamo.html
174
ori-
5.1 Storie di incontri, tessere la rete Dopo aver cercato di presentare in modo dettagliato l'attività redattoriale, viene precisato che alla rete aderiscono anche gure non esattamente redattoriali, ma prossime per mansioni e condizioni contrattuali, quali
Addetti agli u ci diritti e agli u ci stampa, copywriters di agenzie di comunicazione, ricercatori iconogra ci e traduttori. (Ivi )
La precarietà viene presentata sottolineando la varietà di forme contrattuali adoperate nel settore editoriale e la condizione di instabilità derivante.
Contratti atipici irregolari che nascondono una dipendenza di fatto, ma senza le tutele che la legge garantisce ai lavoratori subordinati. (Ivi )
Si ha un riscontro dell'estensione della precarietà non limitata alla professione allargando l'analisi nel sito web alla sezione Vite da precari , posta in primo piano nel menù a sinistra della home page (5.5).
In questa sezione sono stati
inseriti infatti dei racconti brevi della quotidiana precarietà vissuta a causa delle condizioni di lavoro alle quali è necessario sottostare per lavorare in editoria. L'auto presentazione prosegue nella sezione Chi siamo posizionando la Rerepre tra i movimenti precari organizzati.
La nostra lotta è la lotta di tutti coloro che ambiscono a una maggiore giustizia sociale, per questo ci inseriamo nell'alveo del più vasto movimento dei precari organizzati. (Ivi )
In ne la presentazione si chiude rivendicando la natura autorganizzata dei lavoratori che la compongono, ma a questo termine non segue una spiegazione del signi cato con il quale viene utilizzato, l'auto-presentazione prosegue esplicitando la volontà di far sentire la propria voce.
175
Capitolo 5 Siamo redattori editoriali
Di cilmente i nostri nomi compaiono nei
colophon, men che meno su frontespizi e copertine, ma siamo noi i responsabili ultimi del libro cosĂŹ come appare nelle mani del lettore.
Siamo precari In passato l'editoria è stata un precoce laboratorio di forme contrattuali atipiche, oggi è un settore che come pochi altri ha eretto la precarietà a sistema. [...]
Siamo lavoratori autorganizzati.
Di fronte al silenzio che ci ha
avvolto e continua ad avvolgerci, abbiamo deciso di unire le nostre voci per far sentire il nostro basta! . [...] (Ivi )
Queste tre frasi sono l'incipit dei tre paragra i cui contenuti ho appena presentato, gli snodi dell'auto-presentazione della Rerepre. Risalta l'uso della prima persona plurale, siamo redattori editoriali, siamo precari, siamo lavoratori autorga-
nizzati; con queste tre a ermazioni si rivendica la propria identità professionale, esistenziale e politica. La Rerepre rispondendo alla domanda chi siamo? , non parla della rete, ma dà voce alle individualità che la compongono. Ponendo al centro della propria auto-presentazione le persone e la dimensione soggettiva che le ha portate a fare delle rivendicazioni, piuttosto che la soggettività della rete, i redattori e le redattrici che compongono la Rerepre sottolineano la natura informale e porosa, aperta della Rete. Confrontando ad esempio la presentazione che la Rerepre fa di se stessa, e quella della CGIL, il sindacato con piÚ iscritti in Italia, emerge chiaramente la di erente cifra stilistica adottata. La Confederazione Generale Italiana del Lavoro è un'associazione di rappresentanza dei lavoratori e del lavoro.
Ăˆ la piĂš antica organizzazione
sindacale italiana ed è anche la maggiormente rappresentativa, con i suoi circa 6 milioni di iscritti, tra lavoratori, pensionati e giovani che entrano
3
nel mondo del lavoro. (CGIL 2012)
3 http://www.cgil.it/ChiSiamo/default.aspx
176
5.1 Storie di incontri, tessere la rete La Rerepre presentandosi al redattore che le si avvicina per la prima volta non pone l'accento sulle cose fatte da quando è nata, anzi non sottolinea neppure da quanto tempo è attiva, da quante persone è composta, non si presenta come una rete ma come redattori . Non dice: la Rerepre è... ma: noi siamo . Lo scopo non è quello di distinguersi rispetto ad altre realtà, ma di comunicare come per chiunque sia possibile entrare a far parte della rete. L'obiettivo è quindi quello di sottolineare la condivisione di condizioni simili, che portano a vivere emozioni e sentimenti suscitati dalla propria condizione lavorativa e di vita (Mattoni 2012). Se nel presentarsi verso l'esterno la Rerepre ha scelto questa strategia comunicativa, nelle interviste i riferimenti ad essa si discostano in parte da questa interpretazione: nell'immaginario degli e delle intervistati/e la rete diventa un soggetto collettivo. Ed è una rete, una rete a maglie larghe dico sempre io, nel senso che non ha niente a che vedere con un collettivo, e neanche con una rete come quella che può essere San Precario, ha a che vedere con la precarietà, ed è unita su alcune rivendicazioni, c'è molta unità d'intenti, però come struttura è una rete di cui può far parte chiunque, la mailing list conta tante persone, ma tante sono silenti, non partecipano quasi mai, si limitano a ricevere tante cose. (Lia, 30, Milano)
Nel parlare quindi dell'attività della Rerepre la prima persona plurale viene sostituita dalla terza persona singolare, la necessità di sottolineare che la rete è composta da persone in carne e ossa, durante l'intervista, passa in secondo piano. Viene infatti adottato un linguaggio che attribuisce alla rete delle caratteristiche sue peculiari, una particolare volontà d'essere, una determinata organizzazione, sostanzialmente una sua soggettività. Questa identità che caratterizza il soggetto collettivo di cui fanno parte non signi ca, nei racconti dei rerepreini, una chiusura della rete verso l'esterno,
177
Capitolo 5 ma anzi viene costantemente sottolineata la natura aperta e porosa di questa organizzazione. In seguito al fermento sviluppatosi nella prima metà del 2012, attorno alle
4
conseguenze per il settore dell'editoria della cosiddetta riforma Fornero , il signi cato della rete è divenuto oggetto di dibattito interno alla Rerepre, attraverso degli scambi mail nel gruppo di coordinamento. La riforma del lavoro portata avanti dal governo Monti ha suscitato non
5
poche preoccupazioni tra i lavoratori autonomi , e questo si è tradotto in una certa mobilitazione anche nel settore dell'editoria.
[mì che casino...; Giovanna; 4-6-2012; 22:50] invitato
7 Au eri
6
Allora, ricordate che avevamo
di Slc [Sindacato lavoratori della comunicazione] in ***
[casa editrice 1] per parlarci della Riforma? Ebbene, da allora i precari di ***
[casa editrice 1] hanno cominciato a organizzarsi e a mapparsi per
conoscersi e avere più chiara la situazione. C'è stata una riunione a cui hanno partecipato anche gli ***
[lavoratori
casa editrice 2] ; la scorsa in cui c'erano alcuni lavoratori di *** [casa editrice 3]* e poi c'è stata la riunione di oggi, a cui hanno partecipato anche i *** [lavoratori casa editrice 4], il ne è fare una mappatura unica dell'editoria milanese. Oggi mi chiedevano anche cosa sta accadendo nelle altre
4 Questa riforma ha comportato molte reazioni critiche da parte di diversi movimenti
di
precari,
a
fornero-sul-lavoro.html ta
24/7/2012,
è
titolo
di
Nello
intervenuta
esempio
speci co per
si
del
guardi: settore
esprimere
la
http://www.precaria.org/no-al-ddleditoriale
propria
il
riserva
Ministro e
Fornero,
perplessità
in
da-
riguardo
a
una proposta di legge nalizzata a stabilire un principio di equo compenso per le retribuzioni dei lavoratori nell'ambito giornalistico; che
era
stata
approvata
all'unanimità
da questa iniziativa si veda:
dalla
fermando quindi l'iter di una norma
Camera.
Riguardo
i
commenti
suscitati
http://www.fnsi.it/Esterne/Fvedinews.asp?AKey=14698 e
http://www.odg.it/content/equo-compenso-il-no-del-ministro-fornero
5 Su questo tema si possono vedere alcuni articoli pubblicati sui giornali nella prima
metà del 2012, ad esempio
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/21/sisma-lavoro-ecco-il-
%E2%80%9Cdecr eto-tutti-precari%E2%80%9D/270413/
6 Come spiegato nella nota di apertura di questo capitolo, quando utilizzo questa no-
tazione sto facendo riferimento ad uno stralcio tratto da una mail. Questo permette di vedere rapidamente l'oggetto, l'autore/autrice, la data e l'ora di invio della mail.
7 Ho ritenuto non necessario sostituire i nomi dei sindacalisti con pseudonimi, in segno di
riconoscimento della loro attività professionale.
178
5.1 Storie di incontri, tessere la rete città, visto che sarebbe auspicabile una mappatura generale dell'editoria italiana; mi sono permessa di dire che Bologna si sta attivando... giusto amici?
Nell'arco dei dieci mesi di osservazione di questa rete, questo momento di mobilitazione costituisce un punto di svolta nell'attività della Rerepre: nel periodo di novembre-dicembre, nelle occasioni in cui ho avuto modo di partecipare, a Milano e Bologna erano presenti 3-4 persone alle riunioni di nodo e uno dei problemi rilevati era quello del coinvolgimento dei precari nelle diverse redazioni, di solito piuttosto reticenti. Nella primavera 2012 si assiste a una maggior disponibilità ad attivarsi e a mettersi in rete anche da parte di persone che no ad ora avevano sempre preferito tenersi esterne alla Rerepre. Questo cambiamento nella propensione al mobilitarsi è al contempo ricco di opportunità e di criticità per la Rerepre.
[mì che casino...; Giovanna; 4-6-2012; 22:50] Fino ad ora non avevamo menzionato Rerepre, anche se molti dei colleghi che si stanno attivando sanno che alcuni di noi sono in Rerepre...
ma come scriveva Lia, non
volevamo spaventarli, anche perché molti di loro non hanno dimestichezza con i movimenti e le reti autorganizzate.
Per come si de nisce, e come viene raccontata da chi ne fa parte, la Rerepre è un generico insieme di redattori e redattrici precarie, ma per le persone che si avvicinano ad essa risultano essere centrali i suoi aspetti più politici e identitari. La rete viene quindi interpretata dall'esterno come un soggetto politico attivo, istituzionalizzato, con il quale si può dialogare, certamente del quale non si entra a far parte in modo automatico essendo redattori o redattrici precari e mettendosi in rete. Nel momento in cui a Milano le redazioni si mobilitano e decidono di fare qualcosa per i cambiamenti a cui stanno assistendo, piuttosto che unirsi in
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Capitolo 5 questa entità già esistente si preferisce talvolta auto-de nirsi come nuova soggettività, auto-organizzarsi in modo autonomo. Questa dinamica, ha portato alla nascita ad una mailing list interna ai precari nelle redazioni milanesi, chiamata precarileaks, la quale è vista con un po' di preoccupazione da parte di alcune persone all'interno della Rerepre, poiché potrebbe essere un segnale di rotture dell'unità dei movimenti di rivendicazione precaria nelle redazioni, contrastando fortemente con il carattere universalistico attorno al quale è impostata la rete.
[REPORT ASSEMBLEA 4 MAGGIO; Lucia; 7-6-2012; 14:08] Quando dicono Utile aprire il dialogo con CGIL, RSU, REREPRE...
mi devo
preoccupare? Cioè:
si sta formando un gruppo di precari dell'editoria che vede
la Rerepre come interlocutrice, ma è cosa distinta da essa.
Questo bel
movimento, questo fermento, ci percepisce come altro da sé ? So che può sembrare una questione di lana caprina, e magari sono domande premature, ma da quaggiù non riesco a capire le dinamiche, penso che voi, a Milano, vi troverete a gestire una fase molto delicata, perché se da queste assemblee dovesse venir fuori un soggetto nuovo, si creerebbe un bel paradosso d'altra parte, se Rerepre viene visto come una cosa a sé, un'entità già esistente, è facile che si veri chi questa spinta verso la distinzione, il che (dal mio punto di vista) sarebbe un bel guaio.
Il lavoro portato avanti in questi anni dalla Rerepre, l'essere riusciti a conquistare della notorietà nel settore con questa sigla comporta oltre ad alcune conseguenze positive, in termini di autorevolezza e riconoscimento della rete, anche alcuni limiti; il fenomeno a cui fanno riferimento in modo preoccupato le persone del gruppo di coordinamento della Rerepre in queste mail è una presa di distanza dalla rete da parte dei redattori e delle redattrici giunti alla decisione di mobilitarsi per l'ottenimento di minime tutele solo nella primavera 2012. Tra queste persone emerge infatti la tendenza a creare una propria sigla per de nire il movi-
180
5.1 Storie di incontri, tessere la rete mento di cui fanno parte, piuttosto che assumere la sigla della Rerepre, che gli preesiste.
[REPORT ASSEMBLEA 4 MAGGIO; Lucia; 7-6-2012; 15:35] La mia preoccupazione era proprio quella: non vorrei che fossimo visti come qualcosa che già c'è , perché di fatto la rete (almeno per come la vedo io) è un contenitore aperto e mi dispiacerebbe se fossimo percepiti come un protosindacato, a cui aderire o meno. [REPORT ASSEMBLEA 4 MAGGIO; Carlo; 7-6-2012; 15:51] Concordo con Lucia, e aggiungo che a me questo processo sembra paradossale: Rerepre non è nient'altro che un gruppo informale di precari autorganizzati, che mira a essere inclusivo e a evolvere con il contributo di tutti coloro che si aggiungono. Come sigla, quindi, potrebbe anche sparire. Che senso ha che si crei un altro soggetto distinto? mi pare il classico fenomeno di inutile moltiplicazione delle voci che tanto ha nuociuto alla sinistra italiana. Rerepre non vuole dettare la linea, vuole costruirla insieme a tutti i precari per dare vita a un unico, coeso movimento rivendicativo. Perché questo non si capisce?
Rerepre non vuole essere nient'altro che un gruppo informale di precari autoorganizzati, ma al contempo è un gruppo che esiste da quattro anni, che è intervenuto a conferenze u ciali organizzate da istituzioni importanti e movimenti con una chiara connotazione politica, che da quattro anni promuove iniziative, fa circolare informazioni sulle condizioni di lavoro, fa sentire la propria voce. La volontà di inclusività per un soggetto politico come la Rerepre è sicuramente comprensibile, anche sulla base delle ridotte dimensioni della rete, ma in una prospettiva di espansione della stessa risulta essere una s da nella s da, perché oltre a cercare di unire soggetti che sono polverizzati dal loro lavoro, si propone di coinvolgere tutte le persone che ri utano la condizione di precarietà imposta dalla parte datoriale e dal sistema socio-economico. L'informalità e l'autorganizzazione, come vedremo in maniera più approfondita nel prossimo paragrafo, sono
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Capitolo 5 e ettivamente il riferimento ideale su cui è improntata questa organizzazione, ma ciò non toglie che vi siano delle persone che ne fanno parte e altre che non ne fanno parte, che i con ni e i bordi della rete, per quanto porosi, siano concreti o quanto meno vengano immaginati da chi si relaziona con questa realtà , e quindi acquisiscano un certo livello di (im)permeabilità per chi vi si avvicina. Per il momento, la linea scelta dalle persone del nodo di Milano, che sono quelle coinvolte direttamente nel fermento del capoluogo ambrogino, è quella di favorire un avvicinamento graduale dei precari recentemente attivati alla Rerepre.
[REPORT ASSEMBLEA 4 MAGGIO; Giovanna; 7-6-2012; 16:03] La situazione è abbastanza delicata e soprattutto è in continua evoluzione..
i
precari editoriali milanesi non si percepiscono come movimento a sÊ stante rispetto a Rerepre, semplicemente appena adesso stanno iniziando a percepirsi.. si sono appena accorti di non essere soli, di essere un gruppo e di far parte di qualcosa. il punto è che molte delle persone che si stanno attivando, no a 3/4 settimane fa non solo non avevano la minima voglia di farlo.. ma secondo me non pensavano neanche che l'avrebbero fatto.. la maggior parte dei miei colleghi, nonostante mie varie sollecitazioni, non ha mai avuto voglia di interessarsi al problema, guriamoci aderire a una Rete e darsi da fare in tal senso..alcuni non amano l'idea di far parte di un'organizzazione, associazione, rete ecc., altri non vogliono creare tensioni al lavoro, altri ancora non vogliono esporsi... Tutto è nato molto spontaneamente e io, onestamente, quando li ho invitati a incontrare gli Rsu e ad aprirsi ai precari di Milano, non ho menzionato Rerepre...volevo che ci fosse consapevolezza prima. e mi sembra che il momento sia arrivato. Ê venuta da alcuni di loro la proposta di partecipare alle riunioni di Rerepre ed eventualmente con uire in essa... e io voglio che siano loro a decidere come e quando...non voglio a atto spingerli. insomma, non ci serve altra gente silente iscritta alla lista, ci serve gente che abbia voglia di darsi da fare.
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete e ettivamente per noi di Rerepre è di cile da gestire.. si crea confusione, bisogna stare un po' attenti a cosa dire e proporre...ma ci stiamo lavorando, e secondo me anche molto bene :-) per sabrina: onestamente non mi è sembrata una buona idea proporre di chiamare la mailinglist Rerepre milano... sempre per il discorso di cui sopra... per ora sono persone che si stanno incontrando, conoscendo aprendo... diamo loro del tempo. noi abbiamo alle spalle 4 anni di esperienza, loro un paio di mesi comunque, non preoccupatevi amici... l'aria è frizzante in sti giorni a Milano...
Questa mail, riportata integralmente, illustra il lavoro di mediazione e l'analisi della situazione attuale fatta da una redattrice appartenente alla rete. In poche righe mi pare che riesca a illustrare in maniera e cace diversi aspetti percepiti come critici per la rete. In primo luogo la di coltà , riscontrata nel gruppo di coordinamento, di promuovere una partecipazione attiva tra le persone iscritte nella mailing list generale, e quindi l'importanza di valorizzare le energie che stanno emergendo in questo contesto di mobilitazione. In secondo luogo l'importanza dello sviluppo di una coscienza della propria identità collettiva (Castells 2003b), che per le persone attive nella rete è frutto di anni di confronto interno, mentre risulta essere un aspetto totalmente nuovo per le persone che stanno iniziando a muoversi ora a Milano. In ne, la di denza nei confronti di generiche realtà di rappresentanza (Marazzi 1999, Castells 2002), e l'importanza quindi di riuscire a presentare la Rerepre in modo adeguato, per riuscire a trasmettere come la rete non sia interessata ad aumentare i suoi iscritti, ma ad allargare gli spazi di incontro e dialogo (Rullani 2008, Choi and Mattoni 2010) di cui è promotrice. La strategia in questo caso adottata è quella di dare il tempo alla nuova realtà di consolidarsi, dare modo alle persone che hanno iniziato ad attivarsi di prendere
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Capitolo 5 dimestichezza con i processi di rivendicazione collettiva per poi, piano piano, avvicinarli all'idea della Rerepre come modello di organizzazione, come realtà nella quale sostanziarsi. Del resto l'aspetto che pare essere ritenuto centrale è che nelle redazioni ci sia nalmente consapevolezza delle condizioni di precarietà e soprusi nelle quali si è costretti a lavorare e vivere, piuttosto che allargare il numero di persone connesse alla rete, ma che percepiscono l'attività della stessa come distante.
[precarileaks/rerepre; Lia; 12/09/12; 13:16] Ăˆ stato deciso di chiamarci/diventare rerepre milano, cosĂŹ da non disperdere le energie. la mailing list di discussione resterĂ quella di precarileaks (in pratica la ml di rerepre milano); verrĂ detto che chi non vorrĂ partecipare alla discussione può cancellarsi e iscriversi/essere iscritto alla ml piĂš passiva di rerepre, per essere aggiornato sulle iniziative. inoltre, parecchi milanesi di precarileaks sono giĂ iscritti alla lista di coordinamento, credo quindi che le due liste siano ben collegate , per adesso.
Questo percorso di avvicinamento alla Rerepre da parte dei/delle precari/e nell'editoria milanese ha portato quindi al risultato auspicato dalla rete, evidenziando come la strategia d'azione e la sensibilità relazionale messa in atto dalle persone della Rerepre siano state in grado di superare la di denza nei confronti delle istituzioni di rapresentanza di use tra questi lavoratori della conoscenza. Nella prossima sezione presenterò le principali rivendicazioni portate avanti dalla Rerepre, sottolineando anche in questo contesto come queste si articolino in modo di erente nei contesti in cui la rete comunica verso l'esterno, quando discute al suo interno, o quando sono i singoli soggetti a descrivere le nalità individuate come prioritarie a livello individuale.
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete
5.1.4 Obiettivi non avulsi dalla realtĂ : narrazioni pubbliche e private della rete Gli obiettivi portati avanti dai componenti della Rerepre sono presentati nel loro sito web in un'apposita e omonima sezione, posta in primo piano nella homepage, raggiungibile tramite un pulsante nel menĂš centrale, a anco della voce Chi siamo (5.1.3). Nel presentare i loro obiettivi i redattori e le redattrici della Rerepre presentano le loro rivendicazioni come fortemente radicate nella realtĂ in cui sono inser-
8
iti, quindi come delle semplici considerazioni di buon senso (www.rerepre.org ) L'organizzazione delle argomentazioni è strutturata in brevi capoversi divisi in due parti al loro interno.
Nella prima metĂ del capoverso viene presentata
la situazione come percepita dai componenti della Rerepre, nella seconda metĂ , evidenziata dall'uso del grassetto, si a ermano gli obiettivi della rete.
L'industria editoriale è il luogo dove si producono libri, riviste e contenuti in genere da divulgare sui supporti piÚ vari.
Chi si occupa speci ca-
mente di questa produzione dovrebbe far parte del personale dipendente
Dunque ci opponiamo all'esternalizzazione selvaggia dei servizi editoriali e ci battiamo a nchĂŠ per i redattori e le altre quali che tipiche del nostro settore il lavoro subordinato torni ad essere la regola e non l'eccezione. (Ivi ) dell'azienda.
Questo brano, la prima rivendicazione presentata sul sito, inizia con una a ermazione dal valore politico limitato, forse neutro, probabilmente condivisa sia dall'Associazione Italiana Editori che dalle persone impiegate nel settore.
La
seconda a ermazione trae forza dalla prima per giungere ad una conclusione con una piĂš forte valenza politica, ma risulta di cile prendere le distanze da essa
8
http://www.rerepre.org/index.php?/2008121159/redattori-editoriali-precari/obiett
ivi-
redattori-editoriali-precari.html
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Capitolo 5 dopo essersi trovati d'accordo con la prima, visto il modo lineare con cui si lega alla frase precedente. In questo modo chi legge giunge alla rivendicazione della Rerepre con una predisposizione positiva ad una a ermazione che risulta derivare dalle precedenti come logica conseguenza.
Questa dinamica espositiva viene utilizzata per presentare tutti gli obiettivi, con la possibile variante di un'ulteriore declinazione, un corollario, della rivendicazione principale, fatto seguire a questa e di solito non in grassetto.
Il primo obiettivo che la rete si pone è porre un limite alla pratica della esternalizzazione del lavoro nell'editoria, a favore di un ritorno all'uso dei contratti di lavoro dipendente per le persone impiegate nel settore. Il lavoro autonomo, sostiene la Rerepre, dovrebbe essere quindi una soluzione a cui le parti arrivano attraverso un processo di negoziazione, e per le quali dovrebbe essere prevista in ogni caso una retribuzione superiore rispetto al corrispettivo lavoro subordinato, dal momento che il lavoratore o la lavoratrice autonoma costituiscono un minor costo per l'azienda. A questo, sostiene la Rerepre, si dovrebbe sommare anche una maggior chiarezza nel de nire i compiti, i tempi e i modi di esecuzione del lavoro, ed in ne un adeguamento degli ammortizzatori sociali, in modo da garantire una certa autonomia contrattuale e la possibilità di ri utare proposte chiaramente svantaggiose. Per questo la rete sostiene l'introduzione di un reddito
di cittadinanza universale e incondizionato. Una delle proposte della Rerepre è quella della formulazione di un tari ario che possa fungere da riferimento per tutte le persone che si apprestano a lavorare in questo settore, in modo da ridurre la ricattabilità implicita nella contrattazione individuale attualmente predominante e l'isolamento nel quale molti redattori e redattrici si trovano nel momento in cui devono valutare quanto farsi pagare per
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete un lavoro.
Oggi nelle case editrici e negli studi editoriali non si fanno quasi più nuove assunzioni a tempo indeterminato, e gli incarichi di routine sono sempre più spesso a dati a collaboratori costretti a recarsi in azienda rispettando gli orari di u cio e soggiacendo al volere di dirigenti e capireparto. Tutto ciò,
Dunque pretendiamo che collaboratori a progetto, occasionali ecc. non vengano utilizzati per supplire alla carenza di personale interno e che, come stabilito dalla legge, operino in autonomia con il solo vincolo di coordinarsi con i propri referenti di produzione. Non ci stancheremo mai di oltre che moralmente riprovevole, è illegale.
denunciare questa situazione abusiva, di fronte alla quale rivolgiamo un appello alle autorità competenti perché ripristino niente più e niente meno che il rispetto della legge. (Ivi )
La Rerepre in ne denuncia fortemente la crescente deregulation (Pietrantoni 2006) a cui si assiste anche nel settore editoriale, contrastando quindi le pratiche di assunzione tramite forme improprie di cessione dei diritti d'autore e apertura di partita iva. Nel presentare le sue rivendicazioni e gli obiettivi sul suo sito internet la Rerepre da un lato rivendica il rispetto della vigente normativa sul lavoro, in modo da limitare l'uso e abuso delle forme contrattuali autonome, dall'altro avanza delle proposte che costituiscono delle peculiari visioni del mercato del lavoro, e che richiedono un forte cambiamento rispetto alla situazione e al trend attuali. Raccontando con le proprie parole la situazione nell'editoria, la Rerepre dà il suo contributo alla rappresentazione sociale di questo ambito socio-economico e attraverso le sue rivendicazioni essa svolge la sua attività di rappresentanza di tutti i redattori e le redattrici precarie. Da un lato, quindi, costruisce uno scenario, dall'altro propone delle soluzioni per cambiarlo, presentandosi come soggetto
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Capitolo 5 politico in grado di leggere le condizioni del contesto nel quale è inserito, e in grado di proporre adeguate contromisure. Il linguaggio con cui vengono raccontati gli obiettivi della rete, invece, cambia molto quando andiamo ad ascoltarli dalla voce dei redattori e delle redattrici nelle interviste individuali. Qui gli obiettivi della rete vengono tratteggiati con altri colori.
Nei racconti dei membri della Rerepre emerge uno scopo primo
di questa rete, di cui non vi è riferimento esplicito negli obiettivi pubblicati sul sito:
la funzione principale della Rerepre è quella di connettere tra loro i
precari e le precarie dell'editoria, superando quindi l'atomizzazione dei rapporti di lavoro, dinamica che in letteratura viene individuata come una delle criticitĂ che contribuiscono alla crisi dei sindacati (Marazzi 1999, Piore and Sa ord 2006, Covolan 2008).
Ăˆ una rete di lavoratori precari autorganizzati autogestiti che ha come scopo principale quello di mettere in rete i redattori appunto (Lucia, 35, Bologna)
E quindi è nata anche dal tentativo di fare un po' rete e fronte comune, o comunque scambiarsi le esperienze e i consigli perchÊ questa precarietà è anche molto frammentata. PerchÊ ognuno è solo e diviso e non ha neanche tanta conoscenza di quali sono le condizioni degli altri e fare rete è il primo passo. (Lia, 33, Milano)
La centralità di questo obiettivo per le soggettività che compongono la rete è comprensibile alla luce della forte disgregazione interna alle redazioni. La costruzione di una coscienza precaria, in grado di superare l'isolamento della propria condizione di lavoro, viene raccontato come molto rilevante dal momento in cui agire collettivamente e sviluppare questa coscienza è una cosa per nulla di usa tra i colleghi e le colleghe. Questo obiettivo viene quindi espresso di usamente
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete nel contesto tutelato dell'intervista e durante le riunioni di nodo, dove gli interlocutori si conoscono e dove la limitata partecipazione alle azioni e agli incontri viene immediatamente rilevata, mentre non è a rontato direttamente nel sito internet, dove la comunicazione mira a sottolineare gli aspetti positivi e propositivi della Rete, piuttosto che le sue criticità . Un obiettivo connesso all'unione dei precari è la sensibilizzazione riguardo alla situazione in questo comparto, anche tra chi non ne subisce direttamente le condizioni. Le iniziative principali sono proprio quelle di sensibilizzare... della sensibilizzazione non solo per quanto riguarda i precari, ma anche chi precario non lo è, quindi gli assunti, anche chi legge un libro.
Quindi far venire
fuori questo problema. Il problema è che nelle piÚ grandi, nei piÚ grossi gruppi editoriali, comunque nella realtà editoriale italiana ci sia un abuso di queste forme contrattuali atipiche (Giovanna, 33, Milano)
Qualora qualcuno sia a conoscenza del ruolo dei redattori e delle redattrici nel processo di produzione del libro, di cilmente è a conoscenza anche delle condizioni alle quali sono costretti a sottostare nelle case editrici italiane. La rete promuove iniziative nalizzate alla di usione di informazioni sulle condizioni lavorative nel settore editoriale, per togliere il velo di ignoranza su questi temi e cercare di portarli nel dibattito pubblico. A tal ne la rete cerca di partecipare a diverse proposte che le permettono di far sentire la propria voce.
Oltre alla
partecipazione attiva nella stesura dei Quaderni di San Precario, dove ha dato il suo contributo sia per il primo numero che per il secondo, ho avuto modo di osservare come la rete valuti sempre con grande attenzione tutte le possibilitĂ di partecipazione ad incontri pubblici sull'editoria o sulla precarietĂ , soppesando l'opportunitĂ della sua partecipazione quando invitata, o studiando un modo per partecipare qualora gli organizzatori non abbiano provveduto ad e ettuare
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Capitolo 5 un invito u ciale.
Dalle interviste emerge quindi come una parte importante
delle risorse della Rerepre venga investita per contribuire alla costruzione di un immaginario con precise caratteristiche della precarietà nell'editoria. La rete cerca di passare il messaggio che le condizioni nelle quali si è costretti a lavorare sono ingiuste e illegali, e richiama con forza l'importanza di non accettare le proposte indecenti costituite da compensi inadeguati e responsabilità non retribuite. Al contempo cerca di comunicare la possibilità di cambiare le cose, di ottenere dei risultati, in altre parole cerca di evitare visioni pessimistiche o vittimistiche riguardo alla propria condizione, favorendo un approccio attivo e propositivo. Un'occasione in cui è stata espressa chiaramente questa esigenza di passare il giusto messaggio è stata l'occasione di visibilità data alla rete da una trasmissione televisiva, Presa diretta, che ha coinvolto la Rerepre nella produzione di una puntata dedicata al precariato. Nel prossimo paragrafo cercherò di presentare in modo sintetico le discussioni e le ri essioni sviluppate attorno a questo evento.
5.1.5 Processi di costruzione dell'auto-rappresentazione Dopo l'azione al Salone del Libro di Torino, di cui ho parlato nel secondo capitolo, una delle occasioni di visibilità più rilevanti sfruttata dalla Rerepre è stata la puntata del 2 ottobre 2011 di Presa Diretta, programma diretto da Riccardo Iacona. La rete era stata coinvolta nel progetto di una puntata dal titolo: Generazione sfruttata . La Rerepre era stata ripresa durante l'azione Narioca PresS al Salone del Libro di Torino, ed erano state fatte alcune interviste a caldo; in una fase successiva alcune persone si sono rese disponibili per delle interviste in profondità. Il mio periodo di osservazione, iniziato a luglio, è successivo a queste fasi, e non ho potuto vedere in che modo le persone della Rerepre si siano con-
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete frontate tra loro prima di decidere la partecipazione a questo progetto. Quello che ho potuto vedere è stata la crescente tensione e il confronto sviluppato quando è stata comunicata loro la data u ciale di messa in onda della trasmissione, e la discussione nata dopo il 2 ottobre. Questa situazione risulta interessante perchÊ mette in luce la struttura complessa della rete, con l'intrecciarsi dei discorsi e degli attori attraverso le diverse mailing list adottate dalla Rerepre, in particolar modo l'uso della lista del gruppo di coordinamento e quella generale. Durante il mio periodo di osservazione si è parlato di Presa diretta per la prima volta nel luglio del 2011, in una mail indirizzata alla neo-nata mailing list del nodo di Bologna e al gruppo di coordinamento. [Ancora Presa diretta; Carlo, 24/7/2011; 8:51] Ciao! L'altro giorno mi ha chiamato Elena di Presa Diretta, dicendo che il pezzo sul precariato in editoria si sta componendo. Manca solo una parte di denuncia dall'interno delle turpitudini che avvengono nelle redazioni: nessuno dei responsabili del personale delle case editrici contattate le ha concesso di entrare negli u ci aziendali per documentare il lavoro editoriale (questa la sua richiesta) Elena ci ha chiesto aiuto: ha bisogno di intervistare un precario che lavora da interno, o che comunque possa testimoniare delle angherie professionali subite. Si è consultata con Iacona, e si è detta pronta a garantire l'anonimato attraverso il camu amento della persona e della voce. Le diamo una mano?
Questa richiesta riceve risposta in poche ore, quando un'altra persona del gruppo di coordinamento scrive di aver dato alla giornalista un paio di contatti. Questo scambio di mail avviene nella seconda metĂ di luglio, e sostanzialmente non provoca particolari reazioni. Ăˆ a ne agosto che inizia a circolare in televisione lo spot della puntata, e questo si ri ette in un breve scambio mail nel quale vengono espresse le aspettative e le speranze riguardo a questa puntata.
A settembre,
quando il periodo lavorativo torna a regime e si riavviano le attivitĂ della Rerepre
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Capitolo 5 inizia una conversazione mail all'interno del gruppo di coordinamento riguardo alle ultime news ricevute dalla redazione di Presa diretta. La discussione, dai toni a tratti piuttosto accesi, si sviluppa principalmente attorno alla preoccupazione sul tipo di immagine che verrà restituita dalla trasmissione, della rete e della precarietà.
[news da presa diretta; Margherita; 14/09/2011; 10:45] Credo, anche se non mi piace pensarlo, che lei si riferisse più alla precarietà psicologica , a tutta la questione di intervistare una persona a casa sua e vedere da dentro la vita dei precari nell'editoria. Sono certa che sia tu sia Lia siate entrate nel merito del lavoro, ma purtroppo il giornalismo di oggi anela a particolari un po' più... scabrosi...
Emerge nelle mail scambiate nel gruppo di coordinamento una forte preoccupazione nei confronti di narrazioni tese a sottolineare la condizione di sottomissione del precario al datore di lavoro, visioni fosche e senza prospettiva, che puntano a suscitare compassione invece che causare una reazione. Il messaggio che le persone che si sono fatte intervistare hanno cercato di passare è stato quello di precari e precarie determinate nel cambiare le condizioni in cui si trovano, in grado di leggere la propria situazione e unirsi per cambiarla. In questa fase nel gruppo di coordinamento inizia a manifestarsi la preoccupazione che il taglia e cuci della produzione faccia sparire la carica rivendicativa per descrivere solo una realtà precaria sconsolante.
La discussione è piuttosto accesa, per il forte
confronto sul ruolo dei media nella narrazione della realtà, e per la presa di posizione, fortemente a favore della giornalista che ha svolto le interviste, da parte della persona che l'ha messa in contatto con la rete. La preoccupazione nel gruppo di coordinamento rimane forte, ma il giudizio viene sospeso in attesa della visione della puntata.
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete L'attivitĂ della rete prosegue con gli altri progetti, e Presa diretta sostanzialmente scompare dalle discussioni nelle diverse mailing list, no al 3 ottobre, the
day after la messa in onda della puntata Generazione sfruttata . Nell'arco di tre giorni nascono nella mailing list del gruppo di coordinamento e nella lista generale di Rerepre sette conversazioni sulla puntata, piÚ di settanta mail e un comunicato stampa del gruppo di coordinamento pubblicato sul sito della Rerepre, nell'arco di 48 ore. Come emerge chiaramente dall'analisi video, presentato nel terzo capitolo, sull'andamento delle mailing list questa attività signi ca una vera e propria esplosione rispetto alla normale vita di queste liste. In particolare la cosa è molto netta per la lista generale della Rerepre, nella quale le mail ricevono mediamente un'unica risposta, mentre in questo caso si sono accumulate 23 risposte in due giorni. L'accesa reazione nella Rerepre al passaggio televisivo della puntata nella quale erano coinvolti è sicuramente comprensibile tenendo in considerazione la natura non istituzionale della rete e la di coltà quindi ad accedere ai grossi canali di comunicazione per una realtà autorganizzata di precari e precarie (Mattoni 2012), tanto piÚ se fanno un lavoro poco conosciuto come quello redattoriale.
Presa diretta è stata infatti una grossa opportunità di visibilità per la rete, raggiungendo nella puntata Generazione sfruttata uno share del 10.45%, con quasi
9
due milioni e mezzo di telespettatori . Ma la forte attivazione seguita è dovuta anche alla capacità del programma di toccare degli aspetti identitari dei redattori e delle redattrici inseriti/e nella rete, ed è la di erente reazione riscontrabile nel gruppo di coordinamento e nella mailing list generale ad essere degna di interesse per comprendere le dinamiche di auto-rappresentazione della Rerepre. La mail che fa iniziare il confronto nel gruppo di coordinamento ha un oggetto
9 http://it.wikipedia.org/wiki/Presa_diretta_%28programma_televisivo
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Capitolo 5 che toglie ogni dubbio riguardo al pensiero dell'autrice sulla puntata: Che schifo presa diretta .
[che schifo presa diretta; Giovanna; 3/10/2011; 9:36] Non so cosa ne pensiate voi, ma io ho trovato davvero ridicola la puntata di Presa Diretta dedicata al precariato. Come immaginavo s'è risolta con la carrellata dei casi umani, i melodrammi all'italiana con tanto di archi disperati di sottofondo. L'inizio con la storia del ragazzo che s'è tolto la vita è stato imbarazzante, quanto la sviolinata nale su Barcellona, nuova Mecca per i precari, al grido di Mi manda Iacona !
[...]
ciali, diritti e tutele... può dire...
Ho parlato per venti minuti di ammortizzatori soma chiaramente questo non fa audience o non si
invece fa audience la minuscola casa scalcagnata con la tipa
che vive circondata da scatoloni, con la voce che le trema e gli occhi quasi quasi lacrimosi... Non c'era una pars costruens, non c'era assolutamente sostanza..
I timori espressi nella lista di coordinamento alla vigilia della trasmissione sono parsi fondati, agli occhi delle persone piĂš coinvolte nella costruzione dell'inchiesta giornalistica. Tutti i commenti nel gruppo di coordinamento sono concordi sul fatto che il taglio giornalistico dato alla puntata enfatizzi lo sfruttamento dei precari e il conseguente svuotamento dell'Italia, dovuta all'emigrazione giovanile, piuttosto che promuovere il cambiamento e lo sviluppo di nuove prospettive e proposte da parte dei precari. L'aver visto scomparire dal pezzo giornalistico tutte le parti costruttive risulta di cile da accettare da parte di chi aveva cercato durante l'intervista di sottolineare le proposte di cambiamento portate avanti dai e dalle precari/e. Il racconto delle condizioni di precarietĂ , da alcuni chiamato racconto della s ga , risulta essere una narrazione delle condizioni lavorative esplicitamente ri utata, perchĂŠ giĂ nota, incapace di raccontare qualcosa di nuovo, qualcosa di e ettivamente attuale. Ăˆ stato interessante notare come le reazioni
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete piĂš signi cativamente negative riguardo a questa rappresentazione della precarietĂ si siano avute tra le persone facenti parte del nucleo storico del gruppo di coordinamento. Le persone che hanno avuto piĂš di coltĂ ad accettare il fatto di non essere riuscite a sfruttare l'occasione per lanciare il loro messaggio costruttivo sono quelle da piĂš anni attive nella Rerepre, quindi da piĂš tempo al lavoro sulla costruzione di una rappresentazione proattiva delle condizioni lavorative dei redattori e delle redattrici. Altre voci invece sviluppano il ragionamento a partire dalla considerazione della natura documentaristica del programma, distante quindi per de nizione dagli obiettivi politici delle rivendicazioni che Rerepre avrebbe voluto portare avanti in quel contesto, e che porta avanti nella sua attivitĂ .
[che schifo presa diretta; Sara; 3/10/2011; 11:52] sono rimasta complessivamente un po' delusa anche io, ma non cosÏ negativa, fermo restando che è grottesca la rappresentazione che è stata data del lavoro editoriale (sempre che si sia capito che di quello si trattava). Mi unisco a quello che diceva Caterina su due punti: il coming out dei programmi RAI in fase incipitaria di trasmissione non cosÏ banale nÊ scontata e il riferimento al fatto che si tratta di un programma documentaristico e che non ha nulla a che vedere con una parte costruens o politica. Anche se penso che questo lo pensiamo in 4 al massimo in Italia.
Queste considerazioni, e la discussione iniziata nella mailing list generale della Rerepre, hanno portato il gruppo di coordinamento a decidere di commentare la puntata attraverso un comunicato stampa da di ondere poi nella mailing list generale della rete, nel sito internet e attraverso la pagina facebook. Presa questa decisione due persone del gruppo di coordinamento hanno iniziato a elaborare un testo cercando di riassumere le posizioni emerse nella precedente conversazione. Stesa una prima bozza questa è stata fatta circolare nel gruppo di coordinamento, revisionata da diverse persone e alla ne è stata licenziata, pubblicata sul sito
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Capitolo 5 e sui social network e comunicata alla mailing list generale della Rerepre. Nello sviluppo del comunicato stampa è stata posta particolare attenzione ai commenti
10 e Riccardo Iacona11 sulle pagine
provocati dal botta e risposta tra San Precario web del Il fatto quotidiano online :
[CS-presa diretta; Lia; 4/10/2011; 00:31] Forse attaccare iacona può rivelarsi un boomerang? valuterei con un po' di sangue freddo cosa fare... va bene che non vogliamo essere trattati come carne da macello, però pensiamoci un attimo, no? ad alcuni la trasmissione non è sembrata cosÏ una catastrofe. Tenendo in considerazione le reazioni osservate nei due blog sopra citati, e nella mailing list generale delle rete, è stato quindi elaborato un comunicato stampa ponendosi il seguente interrogativo: [CS-presa diretta; Maria; 4/10/2011; 12:48] il punto è: vogliamo attaccare con toni aspri presadiretta o invece vogliamo essere concilianti pur suggerendo che si dovrebbe parlare di precarietà in altro modo?
Il gruppo di coordinamento è convenuto sull'opportunità di esprimere la propria opinione sulla questione senza attaccare il programma di Iacona, e ha sviluppato il comunicato stampa sulla base di questa considerazione. Con il proprio comunicato stampa (Appendice 2
12 ) il gruppo di coordina-
mento spiega di voler raccontare le reazioni e le discussioni seguite alla visione della puntata Generazione sfruttata . Nel farlo riconosce a l'
Riccardo Iacona
onestĂ e il coraggio di aver denunciato una situazione di precarietĂ ben pre-
sente in Rai e nel suo stesso programma , ma al contempo esprime la necessitĂ che si parlasse anche e soprattutto di
proposte e possibili soluzioni:
dalla
trasmissione non è a atto emerso che i precari non richiedono necessariamente
10 http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/03/vivo-allestero-e-sono-precari/161805/ 11 http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/03/presadiretta-precari-e-racconto-della -s gala-risposta-di-riccardo-iacona-a-san-precario/161860/
12
http://www.rerepre.org/index.php?/20111003244/ultime-news/una-generazione-sfrutt
ata-ma-non-rassegnata.html
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete un contratto a tempo indeterminato, bensĂŹ estensione dei
condizioni di lavoro dignitose,
diritti e delle tutele, un welfare piĂš giusto
(Ivi ). Cercando di
mantenere sempre dei toni moderati, ma chiari nel comunicato stampa, il gruppo di coordinamento rivendica l'importanza che i media diano voce al
risveglio
della coscienza civile, alle lotte, alle forme di cooperazione che partono dal basso, alle nostre
vittorie
Ivi, de nendo quindi sterile la mera descrizione delle
condizioni di precarietà in cui molte persone vivono e lavorano, e auspicando da parte dei media il racconto di esempi concreti di resistenza (Ivi), necessari alla presa di coscienza della propria condizione e della possibilità di cambiarla. Parallelamente alle discussioni sviluppate nel gruppo di coordinamento, nella mailing list generale della rete si è acceso un confronto particolarmente interessante, poichÊ ha visto partecipare diverse persone che stavano iniziando ad avvicinarsi alla Rerepre, e in alcuni casi sono intervenute persone che non hanno piÚ scritto nella mailing list nel resto del mio periodo di osservazione.
Fatte
queste premesse generali sulla conversazione che si sviluppa nella mailing list aperta della Rerepre emerge una chiara di erenza nei toni e nei contenuti, a partire dall'oggetto e i toni della prima mail. [presa diretta e rete; Vera; 3/10/2011; 13:31] Carissimi, ieri sera mi sono emozionata vedendo tante delle nostre ragioni a cui è stato dato spazio a livello nazionale su Presa diretta. Ho visto che non sono sola; ho visto il mio stesso entusiasmo e la mia abnegazione, la mia stessa voglia di fare bene, di realizzare progetti, di avere un futuro, di essere una professionista e di non essere presa in giro negli occhi di tante persone a cui non viene data la possibilità di mettere a frutto tutto questo. Ho visto le premesse per lavorare a un futuro degno di questo nome. Anche sul web (per esempio su Twitter) si sta parlando molto della bella puntata di ieri sera di Presa diretta.
La mail di innesco della discussione esprime un grande apprezzamento per la
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Capitolo 5 puntata di Presa diretta e per il messaggio da essa veicolato. La puntata è stata in questo caso percepita e raccontata come in grado di trasmettere ducia nei confronti del futuro della mobilitazione dei precari. Nella discussione che segue si alternano voci positive nei confronti del programma di Iacona e voci piÚ critiche, rappresentate da persone appartenenti al gruppo di coordinamento.
In questi
scambi mail viene rilevato l'importante ruolo di denuncia di una realtĂ sconosciuta o taciuta, il precariato, da parte di un programma nazionale, sebbene la descrizione della condizione lavorativa sia stata e ettuata in maniera eccessivamente super ciale.
L'aspetto piÚ interessante è che la reazione alla puntata è
stata quella di una spinta alla partecipazione e all'azione, con il desiderio quindi di valorizzare le energie messe in moto dall'evento mediatico. [presa diretta e rete; Simone; 4/10/2011; 13:31] A me la trasmissione ha fatto crescere la rabbia e il desiderio di rivendicare i nostri diritti. Proprio tutte quelle storie di imbrogli contrattuali, di sfruttamenti, mi hanno fatto ri ettere. [...] In ne, mi ri uto di andare in esilio all'estero per poter fare dignitosamente il mio lavoro. In Italia non c'è una dittatura, abbiamo ancora gli strumenti per cambiare le cose e possiamo (dobbiamo) anzi prendere spunto dalle esperienze virtuose degli altri paesi per metterle in atto anche qui. Fare pressioni sui partiti con richieste e proposte precise. Tanto per cominciare, una riforma degli istituti contrattuali, maggiori controlli, ecc.
Il timore che una descrizione documentaristica della precarietĂ porti ad una sorta di depressione e accidia, espresso nel gruppo di coordinamento, risulta quasi del tutto assente nelle interpretazioni della puntata date da chi non fa parte della coordinadora . Un punto di svolta in questa discussione si ha quando il gruppo di coordinamento presenta il comunicato stampa su cui ha lavorato.
Il primo
elemento da sottolineare, relativo alle pratiche di discussione all'interno della rete, che riprenderò nel prossimo paragrafo, è che questo comunicato non viene
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5.1 Storie di incontri, tessere la rete presentato in corso d'opera, ma una volta già caricato sul sito della Rerepre, di uso e pubblicizzato via facebook. Le ragioni di questa scelta sono legate alla volontà di ridurre al minimo il tempo trascorso tra la messa in onda della puntata e la pubblicazione del commento di Rerepre, scelta strategica al ne di dare visibilità a questa comunicazione, ma è un aspetto che evidenzia come la mailing list allargata non sia stata, in questo caso, coinvolta nella scelta delle parole con cui parla pubblicamente la Rerepre.
Come detto, le ri essioni su quanto
la Rerepre riesca a praticare l'orizzontalità cui è votata saranno sviluppate nel prossimo paragrafo, ma l'aspetto che qui è interessante mettere in luce è che il fatto di trovarsi davanti ad un testo de nitivo non viene colto da alcune persone partecipanti alla discussione, le quali suggeriscono quindi dei cambiamenti da apportare. [presa diretta e rete; Vera; 4/10/2011; 15:14] L'idea del documento secondo me va bene, ma personalmente non credo che si debba dire ai media quello che dovrebbero far vedere e non credo che i media o Iacona debbano necessariamente essere al servizio dei precari e delle loro rivendicazioni.
PerchĂŠ non facciamo un commento sul problema dei precari
piĂš che sulla trasmissione?
Parole come esempi concreti di resistenza, -
lotte secondo me ci quali cherebbero come i soliti comunisti anche se non è questa l'idea che ci accomuna. Aggiungerei delle proposte concrete programmatiche, non necessariamente le mie, ma dei punti che chiariscano che cosa vogliamo ottenere, che cosa signi ca
in pratica Condizioni di lavoro
dignitose, estensione dei diritti e delle tutele, un welfare piĂš giusto.
In questo brano viene ripreso il concetto, espresso anche da qualcuno nel gruppo di coordinamento, di distanza dei media dalle ragioni politiche dei movimenti, e viene quindi suggerito di parlare di precariato piĂš che della trasmissione. Ăˆ da notare come il comunicato stampa scritto dal gruppo di coordinamento fosse giĂ stato rivisto per avvicinarlo a quest'ottica, ma comunque appare eccessivamente
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Capitolo 5 accusatorio nei confronti di Iacona per persone appartenenti alla rete, ma in essa meno coinvolte. La seconda critica mossa a questo documento è invece la scelta del linguaggio, ritenuto rischioso perchÊ interpretabile come schierato politicamente, da comunisti , e non in grado di rispecchiare le ragioni che accomunano le persone appartenenti alla Rerepre. L'aspetto assolutamente rilevante è che questa seconda critica raccoglie larghi consensi da parte delle persone partecipanti alla conversazione, ma non appartenenti al gruppo di coordinamento, [presa diretta e rete; Carlotta; 4/10/2011; 16:02] Per quel che può servire dirlo, sono d'accordo con Vera.
Io non voglio dare esempi concreti di
resistenza (mi spiace dirlo, ma queste parole mi sembrano molto vecchie), quanto piuttosto cercare i canali per proporre (alla politica possibilmente) condizioni di lavoro piĂš dignitose. Credo che potremmo individuare alcuni obiettivi concreti comuni e concentrarci su quelli.
La conversazione quindi prosegue con l'individuazione di possibili obiettivi concreti che la Rerepre può perseguire, evidenziando come, per i partecipanti alla conversazione, l'adozione di un linguaggio comune abbia una rilevanza secondaria rispetto alle azioni che la Rerepre può e dovrebbe portare avanti. Questo scambio mail, di lunghezza fuori dal comune per questa mailing list, termina quindi con le proposte di azioni e iniziative future che la rete deve cercare di promuovere.
Questa occasione di esposizione della Rerepre ai media nazionali
appena descritta ha messo in luce una dinamica rilevante interna alla rete stessa. La rappresentazione della propria condizione risulta essere un elemento in grado di mobilitare le persone, costituendo una spinta alla partecipazione, ma. vi sono delle esigenze diverse riguardo a questa rappresentazione da parte delle diverse persone, pur in condizioni lavorative simili, e queste esigenze sembrano variare a seconda della maggior o minore partecipazione, in termini di tempo ed esposizione, ai movimenti rivendicativi e alla Rerepre stessa. Questa di erenza
200
5.1 Storie di incontri, tessere la rete è dovuta anche alle diverse esperienze vissute da chi fa parte della rete da più tempo, come espresso nella seguente intervista.
All'inizio noi... Tutti ci raccontavamo tutto, adesso basta, cioè anzi quando arriva qualcuno che ci racconta siamo lì: si si , non nel senso che ci annoiamo, ma che sono tutte cose che già sappiamo, perché purtroppo le abbiamo sentite diecimila volte. (Margherita, 40, Milano)
Il bisogno di avere conferma che non si è soli in queste condizioni è stato indicato come importante da tutte le persone che ho avuto modo di intervistare. Per le persone attive nella rete da più tempo questo è divenuto però una consapevolezza della propria condizione, e le condizioni di precarietà e sfruttamento, che prima erano rilevanti sia per chi raccontava che per chi ascoltava, diventano invece cose note, già sentite. Per le persone che hanno già sviluppato una rappresentazione della realtà composta da precari e precarie isolati/e, ma in condizioni simili, risulta necessario che la rappresentazione della loro condizione faccia un ulteriore passo, metta in luce gli aspetti emergenti, che non sono ancora altrettanto sedimentati. Pensare e narrare l'esperienza non è dunque, o non è solo, renderne conto, ri etterla per analizzarla, bensì superarla. Il pensiero comporta un atto, un modo di dare forma o di ridare forma al dato (Armano 2012). Il processo di autorappresentazione, dunque, non può essere uno strumento neutro che meramente descrive una condizione, ma è uno strumento politico in grado di sottolineare alcuni aspetti di una situazione e promuoverne gli sviluppi (Bruni and Murgia 2007, Bruni and Selmi 2010). Da questa vicenda credo che sia quindi emerso come uno degli scopi principali della Rerepre sia l'auto-rappresentazione, la costruzione di una visione comune, un meaning work (Snow and Benford 1992; p. 136) attraverso il quale la rete symbolically construct a collective subject; mobilize supporters; persuade sym-
201
Capitolo 5 pathizer to become involved in a collective action; and convince broader pubblic opinion that the movement's claims are fair and the status quo unjust (Gamson, 1992, cit.
in Reiter and et Al. (2007; p.
66)).
Al contempo nella rete
sono presenti i limiti e le di coltà insiti nella costruzione di un immaginario condiviso tra persone con esperienze di mobilitazione di erenti. La costruzione di un'identità collettiva torna ad essere uno dei problemi principali che questa realtà autorganizzata, autorappresentata e orizzontale di lavoratori e lavoratrici precari della conoscenza deve a rontare. Non solo il linguaggio utilizzato nelle due mailing list risulta essere piuttosto di erente, ma anche le interpretazioni date alla propria condizione sono chiaramente distinte e piuttosto distanti tra chi fa parte del coordinamento e chi ha un legame debole con la rete. Nel prossimo paragrafo presenterò le dinamiche interne alla rete, la divisione del lavoro e la gestione delle comunicazioni, con la nalità di mettere in luce i punti di forza e le debolezze dell'attuale organizzazione, per comprendere in qual modo l'orizzontalità , presa a riferimento per la propria struttura, venga declinata nella quotidianità della rete e in qual modo gli strumenti adoperati favoriscano o complichino la redistribuzione del potere all'interno della Rerepre.
5.2
OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale
5.2.1 L'organizzazione della Rerepre presentata nel sito Abbiamo visto come nella sezione Chi siamo del sito i redattori e le redattrici della Rerepre sottolineino la natura autorganizzata della rete, ma contestualmente non viene data una spiegazione di cosa signi chi lavoratori autorganizzati. Ricercando all'interno del sito il termine autorganizzat (l'ultima lettere l'ho
202
5.2 OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale lasciata vacante per allargare al massimo i risultati della ricerca) ho ottenuto 5 post all'interno dei quali questa parola viene adoperata
13 : due volte in rifer-
imento ai lavoratori della Scala di Milano, una volta nel comunicato stampa a commento della puntata di Presa diretta discussa nel precedente paragrafo, una volta nella sezione Chi siamo , come visto, e l'ultima volta in un post del 24 novembre 2011, intitolato: La nostra (auto)organizzazione . Questa spiegazione dell'organizzazione strutturale della Rerepre nasce su iniziativa di una persona del gruppo di coordinamento, in risposta a diverse richieste di informazioni riguardo alle modalitĂ per far nascere dei nodi locali della Rerepre.
[Istruzioni per nuovi iscritti a Rerepre; Carlo; 23/11/11; 17:42] Care, visto che a piÚ riprese ci capita di essere interpellati sulle attività della rete e sulla possibilità di costituire nodi locali (ultimamente questa richiesta ci è pervenuta da due colleghe di Torino e di una non meglio precisata città della Sicilia), ho deciso di preparare un documento orientativo istituzionale. Prima che lo corredi dei necessari link e, in collaborazione con Sabrina, mi ingegni per inserirlo nella sezione appropriata del sito, potete dargli un'occhiata? Merci!
A questa comunicazione e iniziativa nel gruppo di coordinamento segue un breve scambio mail interno, durante il quale viene dato il benestare unanime a caricare questo documento su rerepre.org. Il documento viene quindi caricato come post nella bacheca news del sito il 24 novembre 2011, ma forse per dimenticanza non viene creato un link al termine autorganizzati della sezione Chi siamo , cosa che ha comportato alla quasi totale invisibilitĂ di questo documento a distanza di qualche mese. L'organizzazione della Rerepre viene spiegata rispondendo a quat-
13 Ricerca e ettuata in data 9/07/2012, alle 10:31, con il motore di ricerca integrato nel sito della rete.
203
Capitolo 5 tro ipotetiche domande, messe in evidenza dall'uso del grassetto, a cui vengono date risposte piĂš o meno sintetiche.
Chi può far parte della Rete dei redattori precari?
Chiunque,
lavorando da precario/a nel settore editoriale, si riconosca nelle motivazioni e nelle nalitĂ della rete. (www.rerepre.org, 9/07/2012)
La risposta semplice e sintetica suggerisce la non esclusività di questa rete, ma anzi la sua apertura al maggior numero di persone possibile, purchÊ si trovino nella condizione di precarietà nel settore editoriale e si riconoscano nelle motivazioni e nalità della rete. Le motivazioni e le nalità cui questa a ermazione fa riferimento sono spiegate rispettivamente nelle sezioni Chi siamo e Obiettivi che ho presentato nel precedente paragrafo. La Rerepre è quindi aperta a tutte le persone che, trovandosi in condizioni simili, condividano l'interpretazione proposta dalla rete delle condizioni lavorative nell'editoria, e le priorità da essa individuate. Con questa formulazione la Rerepre non richiede alle persone che le si avvicinano l'adesione a un programma, quanto piuttosto la condivisione della rappresentazione da lei proposta. In questa frase essa ribadisce la sua vocazione orizzontale e informale, prendendo le distanze da modelli rivendicativi di tipo verticalistico, per i quali è il programma l'elemento attorno a cui si raccoglie il consenso (Salvini 2008), ed evidenzia la sua struttura reticolare che funziona secondo una di erente logica: Rather than a political party programme, a network strives to create zones of encounter, shared learning, solidarity, and a liation (Routledge et al. 2007; p. 2577), la Rerepre non chiede quindi di aderire ad un progetto politico, ma piuttosto di unirsi, sulla base di una vicinanza identitaria, per poi sviluppare delle azioni condivise.
La seconda domanda cui viene data
risposta in questo documento riguarda l'organizzazione strutturale della rete.
204
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale Si intendono parte della rete tutti coloro che decidono di iscriversi alla nostra mailing list generale. L'iscrizione è libera per tutti i colleghi. La mailing list non è moderata. (www.rerepre.org)
Questa breve a ermazione, che introduce una descrizione piÚ dettagliata della struttura della Rerepre, evidenzia la rilevanza degli strumenti web, in particolare della mailing list, per l'esistenza della Rerepre. Per appartenere alla rete è su ciente essere iscritti alla sua mailing list, e l'iscrizione è libera e aperta a chiunque tramite la compilazione di un modulo online. Credo che siano opportune due riflessioni su questo aspetto: da un lato la mailing list viene considerato strumento primo di partecipazione all'attività della rete, elemento che conforta la scelta fatta in questa tesi di studiare la Rerepre integrando l'analisi di contenuti online e o ine, in secondo luogo il concetto di appartenenza ha una sua declinazione particolare quando si tratta di una rete. Mentre l'appartenenza ad altre realtà associative spesso viene regolata attraverso la richiesta di una quota associativa annuale e la rma di un modulo per il trattamento dei dati sensibili, quindi attraverso degli strumenti formali, a cui spesso corrisponde il rilascio di una tessera dell'associazione, l'appartenenza alla rete è informale, non vincolata nÊ alla partecipazione, nÊ ad un qualche tipo di contributo da versare. Chiunque è libero di far parte della rete, ed è libero di esprimersi senza essere censurato da qualche moderatore, potendo dunque confrontarsi direttamente con le altre persone della rete. Questa di erenza suggerisce una distanza sostanziale tra una rete autorganizzata e un'associazione di lavoratori e lavoratrici: la rete non agisce secondo un criterio di rappresentanza. Il riferimento all'orizzontalità dell'organizzazione e la scarsa enfasi sull'appartenenza ad essa sottolineano un modello democratico di riferimento partecipativo piuttosto che rappresentativo (della Porta and Tarrow 2005, Kokkinidis 2012). In tal senso per la rete non è tanto rilevante il numero
205
Capitolo 5 delle persone che la compongono, ma il numero delle persone che partecipano, nelle iniziative e nelle discussioni. Come è stato sostenuto in altri recenti studi: This decision-making process revolved around discussion and consensus among all the people participating in assemblies (Choi and Mattoni 2010; p. 228), l'obiettivo non è un consenso universale, ma il consenso delle persone partecipanti al processo decisionale. PiÚ avanti vedremo come questa interpretazione venga su ragata sia da materiale proveniente dagli scambi mail che da alcune interviste. Dopo aver illustrato come si entra a far parte della rete, viene spiegata la sua organizzazione interna, in particolare il processo e i luoghi attraverso i quali la rete prende le decisioni.
Le strategie e le attivitĂ di Rerepre sono stabilite, promosse e organizzate da: L'assemblea plenaria: si riunisce 1 o 2 volte all'anno e rappresenta il luogo privilegiato di confronto tra tutti gli iscritti alla rete. In questa sede si analizzano le attivitĂ svolte e si de niscono gli orientamenti comuni per quelle a venire. Vi si incoraggia l'assunzione di decisioni consensuali. (www.rerepre.org)
Nel presentare gli spazi di democrazia interna viene data prioritĂ all'assemblea plenaria, luogo di analisi critica dell'attivitĂ della rete, e spazio dedicato all'individuazione delle linee lungo le quali sviluppare le azioni future. Anche in questa a ermazione vengono prese le distanze da approcci di democrazia interna rappresentativi, a favore di approcci deliberativi (della Porta 2011). In secondo luogo viene spiegata la centralitĂ dei nodi locali:
I nodi locali: sono le diramazioni della rete nei singoli territori. Ciascun nodo ha piena autonomia d'azione nel rispetto delle linee guida stabilite dall'assemblea plenaria e fatto salvo il necessario coordinamento con gli altri nodi per l'organizzazione di iniziative comuni. (Ivi)
206
5.2 OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale L'attivitĂ della rete si declina a partire dalle iniziative portate avanti dai nodi locali.
Stabilite le linee guida durante l'assemblea plenaria, e coordinandosi a
livello nazionale con gli altri nodi, viene riconosciuta massima libertĂ d'azione alle persone che sono inserite nei territori.
Si rimarca quindi l'importanza di
sviluppare un pensiero complessivo (Reiter and et Al. 2007), in grado di interpretare una realtà complessa di livello nazionale e internazionale, ma alla quale far corrispondere delle azioni radicate nella dimensione locale (Castells 2003b). Solo dopo aver chiarito la centralità dei momenti assembleari e l'autonomia dei nodi locali viene presentato il gruppo di coordinamento. Il gruppo di coordinamento (o coordinadora): è formato da referenti scelti dai vari nodi. Garantisce il coordinamento tra i gruppi locali e si fa carico della gestione dei rapporti e delle iniziative che riguardano la rete nel suo complesso.
I membri della coordinadora si tengono in contatto tra loro
attraverso un'apposita mailing list.
La coordinadora rappresenta la rete
ai piÚ alti livelli istituzionali ed è responsabile della comunicazione interna ed esterna e ettuata a nome di Rerepre.
Il ruolo del gruppo di coordinamento è principalmente quello di facilitare la gestione dei rapporti interni alla rete, tra i suoi componenti e tra i diversi nodi, e verso l'esterno, con altre realtà piÚ o meno istituzionali, dalla Camera del Lavoro ad Unindustria, dalla CGIL a San Precario. La presenza all'interno dei movimenti autonomi di alcuni soggetti che assumono un carico maggiore di responsabilità per facilitare il funzionamento della rete è stato rilevato in diverse ricerche sui movimenti autonomi (Routledge et al. 2007, Smith et al. 2008), l'emergere di gure di coordinamento all'interno di movimenti e realtà autorganizzate non è quindi un fatto nuovo, o un discrimine che faccia perdere ogni validità a una pretesa orizzontalità , ma è necessario prestare attenzione a come si costituiscono queste gure, e a come si relazionano con il movimento piÚ ampio.
La coor-
207
Capitolo 5 dinadora non è composta da rappresentanti dei nodi locali, ma da referenti, al contempo rappresenta la Rerepre nella misura in cui si assume le responsabilità della comunicazione interna ed esterna della rete. Approfondirò questo tema del con ne tra rappresentanza e auto-rappresentanza nell'ultimo paragrafo di questo capitolo, sarà importante capire in che termini viene svolta quest'attività di rappresentanza. I restanti due quesiti a cui viene data risposta in questa pagina web riguardano i nodi locali, in particolare come nasce un nodo della Rerepre, e quali sono le attività da questo svolte. Non esiste una regia dall'alto . I nodi si costituiscono solo per iniziativa di colleghi interessati, una volta che questi abbiano veri cato il sussistere in loco delle condizioni necessarie (un nucleo di almeno 3-4 persone motivate, la disponibilità di un po' di tempo ed energie da dedicare alla rete, una sede papabile per le riunioni). Non c'è un numero minimo di partecipanti al nodo.
Si richiede però ai
promotori (o, in un secondo tempo, ai referenti scelti dai membri del nodo stesso) l'impegno e la costanza di coordinare le attivitĂ del gruppo. Occorre sempre ricordare, infatti, che ogni nodo, una volta costituito, rappresenta a tutti gli e etti Rerepre sul territorio. (Ivi)
Vengono qui espressi due aspetti rilevanti per la Rerepre, la spontaneità delle sue iniziative, e l'orizzontalità tra i nodi. Il mettersi in rete e creare un nodo nella realtà in cui si è inseriti deve essere frutto dell'esigenza di alcune persone che decidono di mettersi in gioco e farsi carico della cosa. Con questa a ermazione il gruppo di coordinamento della rete cerca di sottolineare come la nascita di un nodo e l'attività della rete non sia in alcun modo eterodiretta, ma non sia null'altro che espressione delle persone che decidono di mobilitarsi. Il richiamo alla responsabilità fatto nella seconda a ermazione sottolinea l'orizzontalità della Rerepre: dal momento in cui si crea un nodo della rete la si rappresenta in tutto e per
208
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale tutto nei confronti delle altre realtà con le quali il nodo entra in contatto. Non vi sono quindi nodi che sono più rappresentativi della rete e nodi che lo sono meno, ma sono tutti responsabili della sua attività. Come accennato sopra, rispondendo all'ultima domanda viene spiegato che attività vengono organizzate dai nodi. Questo aspetto, toccato in chiusura della presentazione della propria organizzazione interna, da un lato è comprensibile alla luce delle esigenze contestuali espresse nella mail riportata sopra, quindi costituire un vademecum nalizzato all'apertura di nuovi nodi, dall'altra sottolinea ancora una volta la centralità della dimensione locale per l'attività della rete. Con quest'ultimo paragrafo, infatti, lo spazio dedicato al ruolo e alle caratteristiche dei nodi supera ampiamente quello dedicato all'assemblea plenaria e al gruppo di coordinamento, evidenziando anche gra camente la centralità di questa struttura. I membri di ogni nodo decidono liberamente, in base alle proprie esigenze e possibilità, come organizzarsi e quali iniziative promuovere.
Talvolta,
su sollecitazione del gruppo di coordinamento, possono essere chiamati a spendersi nell'interesse di tutta la rete.
In linea di massima gli aderenti
al nodo si tengono in contatto stabilmente via mail e si riuniscono periodicamente per prendere le decisioni operative e accogliere i nuovi iscritti. (Ivi)
Parlando dei nodi, e quindi spostando l'attenzione su una dimensione più particolare, piccola, il discorso si sviluppa attorno alla centralità dei membri del nodo, come a voler evidenziare la centralità dell'azione delle soggettività che lo compongono, e la non sussistenza del nodo in maniera autonoma da queste. Inoltre viene sottolineata la grande indipendenza riconosciuta in tema organizzativo e di mobilitazione, accennando però anche alla possibilità che giungano richieste di impegno da parte del gruppo di coordinamento.
Anche in questo
caso l'aspetto che viene sottolineato è che l'agenda del nodo è scritta dal nodo
209
Capitolo 5 stesso e non dall'esterno, dal gruppo di coordinamento possono al piÚ arrivare richieste speci che, giusti cate dalla visione complessiva della rete o dal lavoro di relazione di questo con le realtà esterne alla Rerepre a livello nazionale. La seconda a ermazione indica quali sono le modalità attraverso le quali vengono mantenute le relazioni interne ai singoli nodi. La frase, nella quale il tono prescrittivo è smorzato dall'espressione in linea di massima , evidenzia la rilevanza del confronto costante nel tempo tra le persone costituenti il nodo, e l'importanza di a ancare allo scambio interno via mail delle occasioni di incontro o ine tra le persone, incontri cadenzati da una certa periodicità . Dopo aver spiegato il ruolo dei membri dei nodi, e l'importanza del coordinamento interno al nodo stesso, seguono degli esempi di attività che possono essere promosse, e quindi viene sottolineata l'importanza dell'introduzione di qualche referente di nodo all'interno del gruppo di coordinamento, e la partecipazione di almeno un referente alle assemblee plenarie, per l'organizzazione delle quali la rete si impegna a tener conto delle esigenze dei territori.
Il documento attraverso il quale la
Rerepre spiega la sua organizzazione si apre sottolineando la porositĂ di questa organizzazione, si sviluppa illustrando gli organi di democrazia interna e di coordinamento, si so erma sulla centralitĂ della dimensione locale e ancorata al territorio per concludere richiamando l'importanza del coordinamento tra le diverse realtĂ locali, inserendo quindi ogni nodo nel sistema di autorganizzazione della Rerepre.
Dopo aver sviscerato questa presentazione pubblica che la rete
fa della sua autorganizzazione attraverso il suo sito web, proseguo raccontando come questa si sia declinata nella pratica dei processi decisionali, focalizzando l'attenzione in particolare sugli scambi mail. Nel prossimo sottoparagrafo presento gli elementi che mi sono parsi in grado di sottolineare piĂš e cacemente gli
210
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale aspetti peculiari dell'autorganizzazione e orizzontalità di questa rete.
5.2.2 Pratiche di orizzontalità nella rete, il contributo delle mailing list Come spiegato nel paragrafo metodologico la mail è stato un importantissimo strumento di ricerca nello svolgimento di questo caso studio.
Attraverso la
ricezione delle mailing list ho avuto modo di osservare le dinamiche di coordinamento all'interno della rete e dei nodi che la compongono. Nel precedente paragrafo ho anticipato la mia intenzione di concentrarmi su questo strumento per presentare le caratteristiche organizzative della Rete.
Questa scelta è
dovuta, da un lato al rilevante ruolo riconosciuto dalla Rerepre alle sue mailing list, indicate come elemento che distingue chi appartiene alla rete da chi non ne fa parte; dall'altra alla continuità temporale che questo strumento ha garantito alla mia osservazione e alla quantità di materiale che ho potuto raccogliere attraverso essa. La Rete dei redattori precari ha attualmente attive tre mailing list, una mailing list generale, che chiamerò rerepre , il cui indirizzo è: rerepre@inventati.org, alla quale, come spiegato nella sezione del sito riguardante l'autorganizzazione, è possibile iscriversi liberamente tramite la compilazione di un modulo online. La seconda mailing list è quella creata dal nodo di Bologna per coordinarsi tra loro, da qui in avanti mi riferirò ad essa come bologna , l'indirizzo è rerepre-bologna@inventati.org. La terza mailing list è quella utilizzata dal gruppo di coordinamento, che utilizza il seguente indirizzo: coordinadora_rerepre@inventati.org, e alla quale mi riferirò con coordinadora .
Il nodo di
Milano, il primo ad esser nato nella rete, non ha creato al momento una sua mailing list per le comunicazioni interne e l'organizzazione attuale è particolarmente complessa. All'inizio del mio periodo di osservazione la ragione addotta
211
Capitolo 5 alla mancata creazione di una apposita mailing list era la sostanziale identitĂ tra la coordinadora e il nodo del capoluogo meneghino:
Quella di Milano fondamentalmente è la coordinadora (Giovanna, 33, Milano)
L'identi cazione del gruppo di coordinamento con il nodo di Milano si basava su un limitato numero di persone attive in questo gruppo, ma provenienti da altre aree (3 persone da Bologna, 1 da Genova, 1 da Perugia, 2 da Roma). Nell'arco del mio periodo di osservazione il nodo di Bologna, nato nel luglio 2011, si è consolidato e la maggior parte delle persone attive in esso sono entrate a far parte del gruppo di coordinamento. Contestualmente a questo allargamento della coordinadora il nodo di Milano ha iniziato a scambiarsi mail attraverso una lista di indirizzi a parte, per organizzare le iniziative di interesse locale, ma non ha creato una mailing list di nodo.
Come spiegato nei precedenti paragra la
primavera 2012 è stata ricca di fermento per l'editoria del capoluogo lombardo, e questa mobilitazione ha portato alla nascita di una mailing list dei precari dell'editoria milanese. In questa mailing list sono iscritti tutti i membri del nodo milanese di Rerepre, ma questo nuovo coordinamento precario non si riconosce, attualmente, parte della Rerepre. Per queste ragioni la mia analisi si limita alle tre mailing list u ciali e al modo in cui esse vengono adoperate per gestire l'attività della rete. Il mio periodo di osservazione delle mailing list della Rerepre è durato un anno, dalla seconda settimana di luglio 2011 alla seconda settimana di luglio 2012. In quest'anno ho potuto osservare signi cative di erenze a livello di quantità di tra co e modalità d'uso di questi tre canali di comunicazione interna. La mailing list piÚ popolosa è rerepre, che conta 170 persone iscritte, seguita da bologna, formata da una quarantina di persone e dalla coordinadora che conta
212
5.2 OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale una ventina di persone, in aumento negli ultimi mesi. La coordinadora risulta essere la mailing list piĂš attiva, con 1185 mail scambiate durante il periodo di osservazione, con una media di 3,24 mail al giorno, seguita dal nodo di Bologna,
14 , che corrispon-
con 434 mail, 1,19 mail al giorno, e in ne la rerepre con 233 mail
dono a 0,64 mail al giorno, poco piÚ di una mail ogni due giorni. Questi numeri suggeriscono il di erente uso che viene fatto di questi strumenti. Risulta però interessante adottare come unità di misura non le singole mail, ma le conversazioni che si sviluppano attraverso esse. Come ho illustrato nella sezione metodologica, per conversazione intendo uno scambio di mail riguardanti lo stesso oggetto. Ho quindi analizzato le caratteristiche delle conversazioni all'interno delle tre liste di distribuzione, ed è emerso come in rerepre le discussioni siano composte da 1,4 mail, mentre le discussioni che hanno luogo nella mailing list di bologna e nella coordinadora hanno circa lo stesso sviluppo medio, ogni conversazione è composta da 3,8 mail in media. Risulta però ancora piÚ interessante scorporare questo dato, andando a distinguere le conversazioni composte da un'unica mail, da quelle composte tra le 2 e le 5 mail, quelle in un range tra le 6 e le 10, tra le 11 e le 19, e in ne le conversazioni con piÚ di 20 mail.
In questo modo è
possibile avere delle informazioni piÚ dettagliate rispetto alla semplice media di mail per conversazione, evidenziando quante mail non ricevono risposta, quante provocano un breve confronto e quante si sviluppano in discussioni piÚ accese. Nella 5.1 presento sinteticamente i risultati. La prima di erenza che emerge in modo forte è la di ormità nella distribuzione delle conversazioni tra rerepre e le altre due mailing list.
Nella lista generale infatti quasi otto mail su dieci non
ricevono risposta, e le restanti conversazioni di cilmente si compongono di piĂš di 5 mail. La quasi totalitĂ delle mail che non ricevono risposta in questa mailing
14 I numeri relativi al tra co delle mailing list sono aggiornati all'11/7/2012.
213
Capitolo 5 Tabella 5.1: Analisi delle conversazioni nelle tre mailing list della Rerepre
numero mail
Rerepre
Bologna
Coordinadora
1
131
78,44%
34
29,82%
76
24,60%
2-5
29
17,37%
46
40,35%
124
40,13%
6-10
3
1,80%
23
20,18%
63
20,39%
11- 19
2
1,20%
9
7,89%
33
10,68%
20 o piĂš
2
1,20%
2
1,75%
13
4,21%
Totale
167
100%
114
100%
309
100,00%
list sono inviate dal gruppo di coordinamento attraverso il suo indirizzo internet (redazione@rerepre.it, che no a marzo ha mantenuto il nick name di coordinadora, da marzo in poi è divenuto gruppo di coordinamento), oppure dalle mail di nodo o da singoli componenti del gruppo di coordinamento. Accorpando le mail inviate dal gruppo di coordinamento attraverso il suo indirizzo mail, con quelle spedite con l'indirizzo mail dei nodi o dai singoli componenti del gruppo di coordinamento risulta che circa i tre quarti delle mail inviate a rerepre provengono a vario titolo da questo insieme di mittenti. Nelle altre due liste di distribuzione non risulta esservi una persona, o una gura, che svolge un ruolo altrettanto centrale; ci sono persone piÚ attive e persone meno, ma gli scambi sono caratterizzati da una maggior coralità .
Le mailing list bologna e coordinadora
vedono dei livelli di tra co nelle comunicazioni sensibilmente di erenti, la seconda si è scambiata quasi il triplo delle mail della prima, ma una distribuzione delle conversazioni nella griglia sopra riportata piuttosto simile. Per bologna il livello di conversazioni composte da un'unica mail è di poco inferiore a un terzo del totale, mentre per la coordinadora è di poco inferiore ad un quarto.
In
entrambe le mailing list il 40% delle conversazioni è composto tra le 2 e le 5 mail, mentre un restante 20% è composto da conversazioni che si sviluppano tra le 6
214
5.2 OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale e le 10 mail.
Se nella lista generale della rete le probabilitĂ che una mail non
riceva risposta era elevata, per queste liste è l'eccezione. Inoltre spicca un livello piuttosto elevato di conversazioni composte da piÚ di 10 mail in entrambe queste liste: nella coordinadora queste costituiscono il 15% delle conversazioni totali, con un signi cativo 4% di conversazioni con piÚ di venti mail, un numero elevato, che suggerisce un livello di discussione interna piuttosto forte. Da questa prima analisi emerge con chiarezza il diverso utilizzo delle tre liste di distribuzione, e in particolare la netta distanza tra l'uso che viene fatto della lista generale e le liste bologna e coordinadora . Per comprendere come si siano sviluppate queste differenze tra questi strumenti, è necessario ricordare che l'unica, ma signi cativa, di erenza tecnica di queste tre liste è la possibilità di iscrizione ad esse, libera per rerepre , gestita da un amministratore per coordinadora e bologna . Prima di illustrare come viene raccontato soggettivamente l'uso di questi tre strumenti nelle interviste, per capire come queste di erenze si concilino con l'orizzontalità a cui la rete è vocata, voglio cercare di evidenziare i processi collettivi che portano a caratterizzare in modo di erente questi tre canali. Possono esservi, infatti, delle ragioni soggettivamente chiare, che portano a non discutere di certi argomenti all'interno della lista generale, ma queste non sono rese note nÊ sul sito, nÊ sono state espresse esplicitamente all'interno di questa lista durante il mio periodo di osservazione. Latour (1992) sosteneva che il contesto è sempre determinato, costruito attraverso processi, piuttosto che predeterminato a priori.
Abbrac-
ciando questa chiave di lettura nelle prossime pagine cercherò di presentare gli elementi che a mio parere contribuiscono a mantenere di erenziato l'uso delle tre mailing list. Focalizzerò quindi l'attenzione da un lato sui contenuti, per cercare di comprendere come si siano sviluppate queste di erenti pratiche di utilizzo, e
215
Capitolo 5 dall'altro sul linguaggio utilizzato nelle tre liste, per comprendere gli elementi che sembrano promuovere o disincentivare la partecipazione.
Di cosa parla la Rerepre nelle sue mailing list Durante il mio periodo di osservazione dell'attività della Rerepre ho individuato diversi ambiti e temi trattati dalle mail. Queste etichette le ho poi utilizzate per creare i video che mi hanno aiutato nello svolgimento della ricerca, come spiegato nel capitolo metodologico. Ho quindi suddiviso le mail in nove categorie, cercando di utilizzare il più possibile le parole trovate sul sito, nelle mail o durante i colloqui o ine per dare un nome alle etichette:
•
progetti di comunicazione : ho raggruppato con questa etichetta i progetti e le discussioni nate nelle liste per riuscire a trasmettere i messaggi della Rerepre, e darle visibilità, oltre a tutti i commenti espressi a seguito della pubblicazione/trasmissione;
•
dicono di noi : qui ho riportato le mail riguardanti notizie sulla rete pubblicate online, su giornali, riviste o trasmissioni, non in seguito ad un progetto speci co della rete;
•
organizzazione interna : tutte le discussioni riguardanti le dinamiche interne alla rete, la divisione dei compiti, il modo di intendere la rete;
•
rete con altre realtà : confronti nati nelle mailing list su come la Rerepre si debba relazionare con San Precario, CGIL, TQ e altre realtà;
•
organizzazione azioni : dalla progettazione all'organizzazione spicciola delle azioni della rete;
216
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale •
riunioni : comunicazioni riguardanti le riunioni, con eventuali confronti in caso di problemi nati in seguito alle riunioni;
•
gestione strumenti web : divisione dei compiti interna alla Rerepre focalizzata unicamente sulla gestione degli strumenti web della rete;
•
raccolta materiale : promozione delle iniziative con le quali la rete cerca di svolgere mappature interne, o in collaborazione con altre realtĂ ;
•
richieste consulenza lavoro : scambi e confronti sulle modalitĂ contrattuali convenienti nelle diverse situazioni, saltuariamente o erte di lavoro.
All'interno della lista generale rerepre circolano prevalentemente comunicazioni riguardanti il luogo e gli orari delle riunioni di nodo, informazioni riguardo altre iniziative a cui la Rerepre partecipa, o azioni che il gruppo di coordinamento ha deciso di intraprendere. Oltre a questo vengono date informazioni riguardo incontri nei quali sarebbe bene che ci fosse un nutrito gruppo di rappresentanti della rete e le notizie e iniziative promosse da altre reti, quali San Precario e
Atipici e atipiche in rete, che vengono inoltrate attraverso questo canale. Saltuariamente questa rete è stata utilizzata per chiedere informazioni riguardo alle condizioni contrattuali, o per promuovere alcune indagini interne promosse dalla Rerepre.
Le comunicazioni riguardano quindi azioni e iniziative che il gruppo
di coordinamento ha già valutato opportuno fare, sul quale questi si è già confrontato e ha adottato, e vengono quindi trasmesse nella lista generale non per stimolare un confronto al suo interno, ma per raccogliere adesioni.
Nella 5.2
si coglie questo carattere unidirezionale delle comunicazioni dal ridotto numero di puntini direttamente connessi tra loro (ad esempio i cinque puntini disposti come il numero cinque su un dado da gioco), e dalla prevalente rappresentazione
217
Capitolo 5
Figura 5.2: Rappresentazione gra ca delle discussioni nella mailing list generale rerepre.
di discussioni formate da un'unica mail (tutti i puntini singoli).
L'uso che ho
potuto osservare in questi mesi delle mailing list bologna e coordinadora è invece sostanzialmente di erente. Anche in questi canali vengono fatte circolare informazioni riguardanti iniziative promosse da altre realtà , quali reti o organizzazioni di varia natura, ma tendenzialmente non vengono assimilate in maniera passiva, ma piuttosto messe in discussione, diventano oggetto di brevi confronti sulla validità dell'iniziativa proposta, sull'atteggiamento che la rete, o il nodo, dovrebbero adottare nei confronti dell'iniziativa.
Inoltre sia la lista del nodo
bolognese che quella del gruppo di coordinamento vede una dinamica molto piÚ attiva nel de nire tempistiche e modalità delle riunioni, ma anche nella piani cazione di future azioni e iniziative, e nella gestione dei progetti di comunicazione che riguardano la rete a livello nazionale o locale. Una consistente parte delle mail che vengono scambiate in questi canali è quindi costituita da un confronto
218
5.2 OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale
Figura 5.3: Rappresentazione gra ca delle discussioni nella mailing list bologna.
sulle scelte che il nodo, o il gruppo di coordinamento, si apprestano a fare. Come si può vedere nelle immagini presentate in queste pagine, create con lo strumento di analisi delle mailing list presentato nel capitolo metodologico, la distribuzione delle mail nelle tre mailing list è chiaramente di erente.
Nella mailing list di
Bologna (5.3) la maggior parte delle mail è relativa alle riunioni di nodo, ma queste discussioni prevalentemente non si compongono di un'unica mail e si evidenzia anche un maggior sviluppo delle discussioni negli altri ambiti che ho individuato. Nella coordinadora (5.4) le discussioni sono distribuite in modo molto piÚ uniforme sui diversi ambiti di discussione che ho individuato, assieme al confronto sull'attualità concernente il mondo del lavoro, e ad alcune ri essioni sull'organizzazione interna delle rete. A anco delle comunicazioni riguardanti iniziative di altre reti o organizzazioni, si sviluppa spesso un confronto sull'opportunità di partecipare, e in che termini, a queste iniziative. Queste informazioni ci
219
Capitolo 5
Figura 5.4: Rappresentazione gra ca delle discussioni nella mailing list coordinadora.
indicano, ancor prima di andare ad analizzare le dinamiche nelle conversazioni, come la mailing list rerepre sia utilizzata principalmente per di ondere delle informazioni riguardanti iniziative o eventi, comunque per una comunicazione unidirezionale, che di cilmente porta allo sviluppo di un confronto interno sulla questione posta. La lista generale rerepre assomiglia, attualmente, piĂš ad una news letter che a una vera e propria mailing list. Ăˆ importante sottolineare la sostanziale di erenza tra questi due strumenti, non solo sul piano formale, ma a
15 è un canale di
livello di distribuzione del potere al loro interno. La newsletter
comunicazione unidirezionale, attraverso il quale un unico autore/trice, tiene informati gli iscritti sulla propria attivitĂ . Ăˆ quindi uno strumento asimmetrico che vede una persona svolgere un ruolo attivo e le altre relegate ad un ruolo passivo;
15 http://it.wikipedia.org/wiki/Newsletter
220
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale 16 è, invece, uno strumento di confronto orizzontale in cui a tutti è
la mailing list
data la possibilità di scrivere a tutti. Nel caso di rerepre l'infrastruttura tecnologica è quella di una mailing list, ovvero a tutti gli iscritti è data la possibilità di intervenire, ma la prassi d'uso vede una numerosa platea silenziosa ricevere informazioni e notizie da un attore (collettivo), il gruppo di coordinamento. Nel prossimo sotto paragrafo metterò a confronto i casi di tre mail, inviate nelle tre mailing list, per cogliere eventuali di erenze nel linguaggio e nei contenuti.
Linguaggi che coinvolgono e linguaggi che allontanano Le tre mailing list vengono utilizzate in modo di erente nella rete, non solo per i diversi contenuti fatti circolare al loro interno, ma anche per la forma con la quale vengono trasmessi questi contenuti. Ho selezionato tre casi tra le piĂš recenti mail brevi girate in ciascuna lista, per mostrare come l'intera conversazione sia impostata in modo di erente.
Le tre mail scelte riguardano appuntamenti
e prossimi impegni a cui i riceventi sono invitati a partecipare, o per i quali è necessario attivarsi per preparare dei documenti o degli interventi.
Per anal-
izzarle ho pensato fosse utile distinguere e mettere a confronto l'oggetto della mail; le frasi o la frase con cui viene introdotto il discorso, e in cui vengono salutati i partecipanti alla conversazione; il corpo del testo, dove si entra nel merito della comunicazione e viene portato il messaggio principale; ed in ne la parte di commiato (Tabella 2).
Anche adottando questa prospettiva per analizzare
le di erenze d'uso delle tre mailing list risalta immediatamente una di erenza marcata nello stile linguistico adottato nella rerepre , e quello caratterizzante le
16 http://it.wikipedia.org/wiki/Mailing_list, esistono anche forme di mailing list in cui sono previste delle persone con funzione di mediazione, o nelle quali i messaggi devono essere approvati prima di essere resi pubblici a tutti gli utenti, ma come spiegato in precedenza non è questo il caso delle liste di Rerepre.
221
Capitolo 5 Tabella 5.2: Di erenze nell'uso del linguaggio nelle tre mailing list
oggetto incipit
rerepre Riunione
nodo
coordinadora
BOLOGNESI?
Festival
milanese: STASERA
DOVE SIETE?
Care
Ciao
amici,
amiche
mento
e
cari
un memo per
ricordarvi
corpo
bologna a
della
letter-
atura di ***[cittĂ ]
tutti.
c'è
Hola
nessuno?
l'appunta-
con
il
nodo
milanese di Rerepre. Vi invitamo a parte-
Vi ricordo per mart-
al festival di ***[cit-
cipare
edĂŹ:
con
tĂ ] chiedono un inter-
di nodo che si terrĂ
unindustria nella sede
vento di San Precario
martedĂŹ 3 luglio alle
di
unindustria
in
in occasione di un di-
18.30
alla
al
riunione
Ter-
via
Sebastiano
ser-
battito a cui parteci-
ra in via Confalonieri
lio.
Praticamente di
pa Andrea Fumagalli,
3
fronte
(zona
mate
Piano
incontro
Isola,
metro
fer-
Gioia
o
al
dopolavoro
ferroviario,
15.30.
in
del giorno: il fermen-
ires
camera
to che agita il mondo
lavoro, 17.30.
dell'editoria milanese,
abbiamo
la riforma del lavoro
sioni:
votata dal Parlamen-
Zenobia per incontro
sĂŹ.
to e tutti i temi che
con unindustria (e va
di uno spazio al festi-
potreste proporre voi.
benissimo),
val per portare i nostri
del
Finora
come
nomico
Lessico eco-
riunione
Marta,
e
spread?
Garibaldi). All'ordine
alla
cgil
autore di Sai cos'è lo non
conven-
zionale (Bruno Mondadori).
Andrea ha
ade-
chiesto a me di inter-
Lucia,
venire, e io ho detto
Zenobia,
Lucia, Marta per in-
...abbiamo quin-
contenuti.
contro con sindacato
chiusura
(e va malissimo). Vi
aspettiamo!
presto, la Rerepre
A
Gli altri sono in ferie?
qui
sepolti sotto metri cu-
Bacis. Lia
bi di bozze? vivi!
Fatevi
Lucia ps qual-
cuno ha un vademecum,
un
qualcosa
bignamino, che
aiuti
a
orientarsi sulla riforma
del
lavoro.
Io
sono rimasta ferma ad aprile :(
222
sotto
la
mail.
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale altre due mail. Sono due gli aspetti che mi paiono piÚ rilevanti da sottolineare: l'uso di un linguaggio formale della rerepre , contrapposto all'uso di un linguaggio colloquiale ed ironico in bologna e coordinadora ; e la rma del messaggio come la Rerepre contrapposta alle rme individuali. La distanza tra la prima mail e le altre credo sia determinata dal fatto che nella prima le individualità che compongono il gruppo di coordinamento scompaiono dalla comunicazione, questa diviene asettica, impersonale. Inoltre se chi ha scritto il messaggio è la Rerepre chi lo sta ricevendo chi è? Osservando le ultime comunicazioni girate in lista rerepre ho notato che è piÚ frequente vedere la rma gruppo di coordinamento , che sebbene non escluda i riceventi dall'essere partecipi alla rete, non pare essere giusti cato da altre ragioni che dare maggior rilevanza a quello che viene detto. Firmare i messaggi come gruppo di coordinamento, coordinadora o addirittura Rerepre non sembrano scelte tese a ra orzare l'orizzontalità della mailing list, ma facendo scomparire l'autore della comunicazione dietro ad una maschera sembrano volergli dare maggior autorevolezza, disincentivando la discussione delle proposte avanzate.
Abbiamo visto in queste pagine quan-
to rerepre di erisca in termini di nalitĂ per le quali viene utilizzata e per il linguaggio adottato da coordinadora e da bologna . Le ragioni di questa differenza non risiedono nelle caratteristiche tecniche di questi strumenti, e non si basano neppure sulla natura locale o generale delle comunicazioni, criterio che dovrebbe evidenziare una di erenza tra la mailing list di nodo rispetto alle altre due, e che non ha quindi riscontro nelle di erenze riportate in queste pagine tra la mailing list generale rerepre e le mailing list bologna e coordinadora ; ma piuttosto sembra basarsi sulla ducia in una genuina condivisione degli interessi e degli scopi tra le persone iscritte a queste mailing list, che mentre risulta es-
223
Capitolo 5 sere forte nei casi delle mailing list di nodo e di coordinamento non è altrettanto forte per la mailing list generale. Nel prossimo sottoparagrafo illustrerò come le modalità d'uso della lista generale, e della lista del gruppo di coordinamento, mi sono state raccontate in alcune interviste. Tralascerò in questo contesto i brani di intervista relativi alla lista bologna perchÊ le modalità di utilizzo vengono giusti cate prevalentemente sulla base della sua natura locale, e non contribuiscono quindi a comprendere la di erenza riscontrata con la lista generale.
Le mailing list come strumenti organizzativi Nei precedenti paragra abbiamo visto come le tre mailing list siano utilizzate in modo di erente, e ho cercato di sottolineare come la distanza d'uso tra la lista generale rerepre e la coordinadora sia veicolata anche attraverso le scelte linguistiche, e la selezione dei contenuti a rontati in esse. Nelle interviste mi è stato raccontato come la lista di coordinamento sia nata da un'esigenza precisa sorta nella lista generale, e il di erente utilizzo attuale sia dovuto ad alcune ri essioni che sono state fatte su di essa.
Delle volte capita, di questa mailing list [rerepre] dobbiamo fare anche un utilizzo morigerato, perchÊ capita che se scambiamo un messaggio in piÚ la gente scrive dicendo: voglio essere cancellata, voglio essere cancellata, voglio essere cancellata . [...] Però abbiamo notato questo, quindi questo ci ha spinti un po', ogni tanto quando ne parliamo.. per questo anche che abbiamo creato una mailing list diversa per il gruppo di coordinamento. PerchÊ all'inizio era tutto unito. (Carlo, 35, Perugia)
La prima ragione sottostante alla nascita del gruppo di coordinamento è quella di ridurre il tra co di mail sulla lista generale.
Per la Rerepre mantenere un
discreto numero di persone iscritte formalmente alla rete è vitale in termini di rappresentanza.
224
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale In teoria le rete vive perché ci prendono in considerazione, perché ci sono dei numeri. Se fossimo solo io e Lia.. ci sono i numeri. Per quanto, poi, alla ne beccano sempre noi due, almeno qui a Milano. Per loro noi siamo due persone dietro le quali ce ne sono altre cento, se fossimo io e lei, non ci prenderebbero mai sul serio. Quindi è fondamentale il fatto che ci sia gente. (Giovanna, 33, Milano)
Se per chi fa parte della Rerepre l'aspetto fondamentale è la partecipazione delle persone in contatto con la rete, per le istituzioni, ad esempio i sindacati, è prioritaria l'esistenza di una base solida, l'interlocutore deve essere caratterizzato da un certo grado di rappresentatività.
Nei racconti emerge come spesso per
l'interlocutore abbia più rilevanza il fatto che nella rete ci siano 170 persone che la validità delle argomentazioni portate avanti, ma sulla distanza tra il concetto di rappresentanza e di auto-rappresentanza torneremo nel prossimo paragrafo. La coordinadora nasce quindi per evitare che alcune persone iscritte nella mailing list, ma non particolarmente disponibili ad essere coinvolte nelle discussioni, decidano di cancellarsi da essa.
A anco di questa ragione ve ne sono però
delle altre, legate alla consistenza dei legami creati o ine tra le persone, venuti progressivamente ad a evolirsi.
All'inizio però facevano parte anche tutte le persone che si erano trovate a Milano, quindi si erano, c'era un meccanismo che comunque... Tutti erano uniti dal fatto che in qualche modo ci si conosceva, se io non conoscevo quello, però quello lo conoscevi tu, che... tura reticolare per cui...
C'era veramente questa strut-
Invece poi quando si è deciso che...
Prima c'è
stato un momento in cui è stato proposto [...] che in questa mailing list ci si potesse iscrivere solamente per presentazione di qualche iscritto. Era un meccanismo veramente perverso, proprio non poteva funzionare. Era un meccanismo proprio da carboneria, infatti io adesso chiunque vuole lo accetto, intanto ormai non sappiamo chi fa parte, se c'è il nemico dentro questa mailing list...
Tanto alla ne le comunicazioni che facciamo
225
Capitolo 5 sono talmente innocue che potrebbe esserci iscritto anche Polillo
17
e non
ci interesserebbe un granchĂŠ. (Carlo, 35, Perugia)
La mailing list generale nasce quindi come strumento di confronto tra persone che stanno portando avanti un percorso di rivendicazione e confronto sul territorio. Nella prima fase le dimensioni della rete erano ridotte, le persone si conoscevano o ine e quindi scrivendo nella lista era possibile sapere, a grandi linee, le persone che avrebbero letto la mail. Con l'estensione della lista questo contatto diretto viene meno, l'importanza di aprirsi a tutto il territorio nazionale porta quindi alla decisione di lasciare l'iscrizione alla mailing list libera, con l'e etto collaterale di una di usa di denza nei confronti delle altre persone iscritte.
Per questo
motivo le discussioni sui contenuti iniziano ad essere piÚ limitate e a svolgersi nel gruppo di coordinamento, caratterizzato da dimensioni ridotte, che consentono la conoscenza reciproca e la ducia nella genuinità delle identità degli interlocutori, favorendo un confronto aperto. Una terza spiegazione della di erenza d'uso tra il gruppo di coordinamento e la mailing list generale si basa su delle questioni di e cienza. Prevalentemente di merito direi, quelle organizzative sono in lista ristretta, quindi si organizza che si fa quest'azione, e si scrive in mailing list: ragazzi, si è pensato di fare quest'azione questo giorno, che ne pensate? e lÏ è piÚ contenuto, la discussione, in realtà l'abbiamo già decisa. Potrebbe sembrare una sorta di prevaricazione, ma in realtà semplicemente perchÊ se fossero tutti presenti...
invii in mailing list e aspetti le risposte, pas-
sano mesi. Invece cosĂŹ alla ne tu proponi e vedi un po' quello che passa. (Giovanna, 33, Milano)
La dimensione della rerepre , e la propensione ad una minor attivitĂ dei suoi iscritti, e ettivamente potrebbero implicare un'espansione dei tempi necessari
17 Marco Polillo è il presidente dell'AIE in carica nel 2012.
226
5.2 OrizzontalitĂ e autorganizzazione in una rete informale alla presa di decisioni, o alla manifestazione delle proprie preferenze.
D'altra
parte, come si è visto nella discussione relativa a Presa diretta, qualora il tema sia ritenuto rilevante, anche questa mailing list si attiva, in quel caso ha visto in 3 giorni scambiarsi piÚ di venti mail. Diversa e piÚ sostanziale è invece una ri essione sul di erente uso di queste liste dovute al diverso impegno investito nella rete da parte delle persone ad esse iscritte. Io devo dire che quelle discussioni sulla lista generale non...
potrebbero
essere interessanti per sondare delle opinioni di persone che solitamente non si vedono, non si esprimono, ma però in realtà io la vedo un interesse relativo, se non magari come spot, perchÊ ti arriva quella mail che ti fa pensare a...
bho.
Potremo fare questo, potremo fare quell'altro, perchĂŠ
non essendoci continuità tra le persone che vedi... si, anche se poi ti dice, la critica, può essere d'aiuto, perchÊ magari la mail particolarmente illuminante, o possa dirci qualcosa, ma altrimenti non c'è tanta costruzione. PerchÊ su Presa diretta, o sull'occasione X non so chi siano, ed è di cile secondo me che diventino poi molto oltre la provocazione o lo stimolo. (Lia, 33, Milano)
Il modello di democrazia interno preso a riferimento non è appunto quello della democrazia rappresentativa, ma quello della democrazia partecipativa e deliberativa. Con il primo termine in letteratura si fa riferimento ad un modello democratico che prevede un'azione diretta e un coinvolgimento individuale (Choi and Mattoni 2010), ma si può dire che si ha democrazia deliberativa e partecipativa quando, in condizioni di eguaglianza, inclusività e trasparenza, un processo comunicativo aperto a tutti coloro che sono potenzialmente interessati e basato sulla ragione (la forza dell'argomento migliore) trasforma le preferenze individuali, portando a decisioni orientate al bene pubblico [della Porta 2005] (della Porta 2011; p. 90). Come si evince dal brano di intervista sopra riportato viene riconosciuta l'importanza di arricchire il proprio dibattito interno con argomen-
227
Capitolo 5 tazioni convincenti, elemento centrale nel modello democratico deliberativo, ma la qualità discorsiva è valutata anche sulla base della disponibilità e la propensione a farsi carico delle iniziative, sulla propria disponibilità e propensione alla partecipazione. A partire da queste considerazioni, e da questi usi di erenti delle liste rerepre e coordinadora , si coglie una distinzione funzionale di questi due strumenti. La lista rerepre risulta essere utilizzata a tutti gli e etti come news letter attraverso la quale proporre delle iniziative alla parte silente della rete.
C'è la mailing list allargata a tutti, che usiamo per fare propaganda, o dare i materiali, fare girare i tari ari eccetera. (Maria, 28, Milano)
Da questa si distingue invece la mailing list coordinadora e quella del nodo di Bologna, spazi all'interno dei quali avviene un confronto e ettivamente orizzontale e i cui con ni sono aperti a chiunque voglia attivarsi e farsi conoscere dalle altre persone che li compongono. La presenza di questa struttura di coordinamento non fa della Rerepre una struttura verticale, poichÊ i canali di accesso alla rete sono numerosi e aperti. Essa però sottolinea la rilevanza delle relazioni costruite o ine: la modalità di articolazione interna è il contatto faccia a faccia, che ra orza i legami personali, consolidando la ducia e la coesione (Nardacchione 2007; p. 79). La di coltà di e ettuare regolarmente incontri nazionali o ine e la limitata partecipazione a questi incontri (nel 2011 all'assemblea generale erano presenti circa 30 persone, a fronte di oltre 170 iscritti alla mailing list) rende di cile superare i limiti e le cautele imposti dalla condizione di di denza e isolamento di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo. La vocazione alla orizzontalità della Rerepre è certamente riscontrabile nelle pratiche interne ai nodi, nelle assemblee e all'interno della mailing list di coordinamento e di nodo, e il richiamo a questo concetto
228
5.2 Orizzontalità e autorganizzazione in una rete informale presente nel nome di questa organizzazione (la rete è per de nizione orizzontale), ci indica come questo sia un valore fondamentale per questa collettività .
Nel
prossimo paragrafo illustrerò in qual modo la Rerepre svolga la sua attività di autorappresentanza, cercando di porre in luce come la sua organizzazione interna contribuisca, in senso positivo o negativo, ai processi di rivendicazione.
5.2.3 L'importanza di essere autorganizzati per dei lavoratori della conoscenza L'autorganizzazione della Rerepre mi è stata raccontata nelle interviste come punto di forza di questa rete. L'assenza di una struttura gerarchica interna, e la natura volontaristica di tutte le iniziative che vengono portate avanti, risultano essere gli elementi che consentono di valorizzare le energie discontinue su cui si regge la rete.
Però non credo di avere un ruolo preciso, nel senso... Ma forse è anche il bello di quello che facciamo... Non è che c'è un capo, o un segretario di partito o il tesoriere, è tutto abbastanza uido, c'è da fare qualcosa, uno dice va bene, questa cosa posso farla io , io mi sono proposta per esempio l'anno scorso per scrivere quell'articolo, perchÊ magari era una cosa piÚ nelle mie corde rispetto ad altre persone, e cosÏ, è una cosa abbastanza uida.
Uno si o re di fare una cosa e cosĂŹ ci sono dei momenti di stasi
perchÊ: questa cosa chi l'ha fatta?, bene, nessuno, allora dobbiamo organizzarci, e darci una mossa ... Diciamo che può essere una marcia in piÚ, o un problema, dipende da come viene gestita la cosa... (Maria, 28, Milano)
Il fatto che l'attività della rete si basi evidentemente sul tempo e le risorse che le sue e i suoi componenti decidono di dedicarle è sicuramente un fattore con una forte valenza motivazionale, consentendo infatti di constatare direttamente la rilevanza del proprio, anche piccolo, contributo. Inoltre l'informalità di questo tipo di organizzazione limita la sensazione di svolgere le attività per la rete perchÊ
229
Capitolo 5 vincolati, favorendo una interpretazione delle responsabilitĂ come libera scelta. In secondo luogo l'autorganizzazione e l'orizzontalitĂ consentono la massima libertĂ di espressione all'interno della rete, infatti l'autonomia nell'organizzazione interna viene declinata in questo caso come libertĂ di sperimentare, di prendere contatti con altre realtĂ , chiaramente sempre rimanendo una identitĂ indipendente, ma senza vincoli a priori. Ăˆ questo tipo di forma organizzativa che consente alla Rerepre di a rontare con competenza una realtĂ complessa, senza dover ricorrere a sempli cazioni e generalizzazioni (Salvini 2008). Un esempio, che riprenderò di usamente in chiusura del capitolo, è la gestione dei rapporti con il sindacato, ma credo che n da ora il brano che segue possa chiarire come l'autorganizzazione si declini nella libertĂ d'espressione riconosciuta alle persone nella Rerepre. No, se parli con la Gio lei è invece piĂš aperta con Cgil, è molto piĂš speranzosa, io sono molto piĂš scettica, non ci credo. Lei invece ci crede molto di piĂš. Quindi... però è sostenuta, non c'è nessuno che dice: quella strada lĂŹ noi non la seguiamo, assolutamente, no: va bene.
Rimaniamo sempre
noi, rimaniamo sempre un'identità comunque indipendente, però se a te fa piacere...
ci mancherebbe perchĂŠ no.
Proviamoci...
(Margherita, 40,
Milano)
La Rerepre è quindi un gruppo di individui uniti da interessi comuni in modo da formare genericamente una collettività . Sono comunità in senso organizzativo poichÊ ciò che li caratterizza e distingue sono le pratiche e i metodi che i membri si danno per operare. Il modello che essa esplicita si basa sull'esperienza del produrre in rete, concetto che esprime sinteticamente l'importanza piÚ ampia delle comunità digitali (Menichinelli and Valsecchi 2007; p. 2). In ne mi è stato raccontato come il valore aggiunto della Rerepre sia l'essere una rete autorganizzata, spiegandomi come in questo modo le rivendicazioni nalizzate al cambiamento
230
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre delle condizioni di lavoro siano portate avanti da persone molto competenti al riguardo. Questo è il fatto, il fatto che nella rete ci siano quei lavoratori a mobilitare, quelli che subiscono il problema, che lo vivono... Quelli del sindacato spesso, ti ripeto, neanche sanno quello che fai, non hanno la piÚ pallida idea. (Libera, 33, Firenze)
La natura autorganizzata e orizzontale della Rerepre non è quindi un aspetto secondario per questa organizzazione, ma incide sul come vengono prese e portate avanti le decisioni, l'autorganizzazione determina la struttura interna e anche le strategie di rappresentanza verso l'esterno. Avendo quindi spiegato le dinamiche di funzionamento interno di questa rete, nel prossimo paragrafo presento come la Rerepre porta avanti le sue rivendicazioni attraverso processi di relazione con altre organizzazioni e attraverso forme di auto-rappresentanza.
5.3
Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre
Nel corso del secondo capitolo abbiamo visto come al cambiamento del sistema socio-economico fordista non sia corrisposta una altrettanto pronta trasformazione dei sistemi di rappresentanza. In particolare mi sono so ermato sulla cosĂŹ detta crisi dei sindacati, cercando di presentare brevemente il dibattito presente nella letteratura sociologica al riguardo (Accornero 1992; 2001, Rullani 2000, Danford et al. 2002, Ballarino 2005, Piore and Sa ord 2006, Covolan 2008, Gallino and D'Agati 2008).
Ho sottolineato come vi siano due elementi
che paiono aver contribuito particolarmente alle di coltĂ dei sindacati in Italia: da un lato la diversi cazione dei ruoli all'interno delle categorie, che ha reso piĂš di cile l'attivitĂ di rappresentanza unitaria degli interessi dei lavoratori e
231
Capitolo 5 delle lavoratrici (Covolan 2008), dall'altra la de-collettivizzazione della contrattazione, l'a ermarsi della contrattazione individuale, che riduce a marginale il ruolo dei sindacati (Musso 2008). A fronte di questa di coltà da parte sindacale una strategia che viene auspicata prevede un cambiamento del ruolo svolto dal sindacato, il quale secondo alcuni autori dovrebbe divenire struttura a sostegno dei movimenti autorganizzati di lavoratori e lavoratrici (Rullani 2000). In questo paragrafo, sullo sfondo, vedremo come la CGIL stia iniziando a cambiare il suo atteggiamento nei confronti dei movimenti autonomi e auto-organizzati, ma l'attenzione principale sarà focalizzata sull'attività di rappresentanza svolta dalla Rete dei redattori precari, cercando di sottolineare come questa si intrecci con la sua peculiare struttura organizzativa. All'interno del capitolo ho presentato i processi di costruzione collettiva dell'identità di questa rete autorganizzata e alcuni elementi della sua organizzazione interna, adesso diviene importante mettere in luce la capacità di questa realtà di mettersi in relazione con altre organizzazioni, di dialogare con altre agenzie di con itto, come le de niscono gli attivisti del movimento di San Precario (Murgia and Selmi 2011), evidenziando le strategie adottate nella Rerepre per consolidare il network nella quale è inserita, al ne di vedere riconosciuta la sua identità e la legittimità delle sue rivendicazioni. Un aspetto che vedremo è come la Rerepre gestisce i rapporti con alcune istituzioni nazionali, quali partiti e sindacati, ponendo sempre attenzione a mantenere la propria indipendenza, carattere tipico dei movimenti autonomi (Flesher Fominaya 2007), ma cercando di in uenzare la politica nazionale per raggiungere i suoi ni, allontanandosi in questo da percorsi prescelti da altri movimenti autonomi (Holloway 2002, Notes from Nowhere 2003, Katsia cas 2006). Presenterò quindi come questa attività di rappresentanza venga agita, in primo luogo nella
232
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre dimensione pubblica della rete, prestando particolare attenzione al sito internet, in secondo luogo nella sua dimensione collettiva di scambio e confronto interno, ponendo particolare attenzione alle strategie attraverso cui la rete articola le sue relazioni con soggetti istituzionali e movimenti, attraverso alcune discussioni nate nelle mailing list, prese come esempi signi cativi, e in ne racconterò come questo processo di auto-rappresentanza è raccontato attraverso i punti di vista soggettivi raccolti nel corso delle interviste in profondità.
5.3.1 L'uso del web, il sito internet come strumento di relazioni Il sito internet svolge una fondamentale funzione nel dare visibilità alla Rerepre, costituendo un possibile spazio di incontro con le persone che cercano informazioni sulla rete, posizionandola nel panorama delle organizzazioni attive nell'ambito del lavoro e della precarietà.
All'interno del sito troviamo, nel
menù laterale (5.5), un link che ci porta a due pagine interne denominate Siti utili e Siti amici . Seguendo la prima voce si accede ad una pagina nel quale una lista di siti è preceduta da una breve didascalia: Una selezione di collegamenti web attinenti al nostro sito . Seguono 12 web link selezionati
Figura 5.5: Menù di
navigazione laterale
dalla Rerepre, al primo posto troviamo il link alla homepage della Nidil Cgil, seguito da Atipici.net e da Precari Milano.
del sito www.rerepre.org
A anco di ogni sito vi è un contatore, che segna quanto spesso è stato seguito quel link a partire dalla pagina corrente.
L'ordine con cui sono disposti questi siti all'interno della pagina pare non essere legato alla frequenza di utilizzo del link, ma sembra essere statico e determinato
233
Capitolo 5 dal web master della Rerepre. L'aspetto interessante di questa pagina è che vi sono concentrati i link a altre realtà che, a parere dei membri della Rerepre, possono essere utili a chi è arrivato sul loro sito, quindi a persone interessate al tema della precarietà e del lavoro. I link più utilizzati sono quelli della Direzione provinciale del Lavoro di Modena (687), Associazione difesa lavoratori invisibili (656), seguiti da Precari RDB CUB (541) e Anagrafe precari (516). Il sito della Nidil Cgil è stato visitato attraverso questo canale in un minor numero di casi (259). L'aspetto interessante è che la Rete ha deciso di porre a anco di questo elenco di siti utili un altro elenco, quello dei siti amici. Con questa distinzione pare voler da un lato dare un'indicazione a chi si dovesse trovare in situazione di necessità, suggerendo dei siti più istituzionali, e quindi in grado di dare un maggior supporto concreto a chi vi si dovesse avvicinare; mentre con la seconda lista vi è l'intento di dare visibilità a a realtà ritenute particolarmente interessanti e vicine dalla Rerepre le quali, a loro volta, annoverano il sito della rete tra i loro link amici. Tra i siti amici troviamo diverse pagine web e blog relativi ai temi della precarietà, ma anche della cultura, della scrittura, oltre che riferimenti a strutture espressione dei movimenti precari in Italia, come Euromayday
18 e Precaria19 .
Questo scambio di riferimenti reciproci è una pratica che permette di aumentare la visibilità nel web del proprio sito, cercando di promuovere realtà ritenute rilevanti a contemporaneamente aumentando la propria indicizzazione all'interno dei motori di ricerca (Prandelli and Verona 2006). Da questa analisi dei riferimenti web indicati all'interno del proprio sito emerge come la Rete mantenga dei rapporti di collaborazione e dei canali di dialogo sia con realtà istituzionali,
18 http://www.euromayday.org/it.php 19 http://www.precaria.org/
234
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre come la Nidil-Cgil, che con realtĂ autonome e autorganizzate, come Precaria. Attraverso il motore di ricerca interno emerge come San Precario ricorra piĂš spesso della CGIL tra i contenuti proposti nel sito, grazie anche alle iniziative portate avanti assieme al Salone del libro, di cui abbiamo parlato all'interno del secondo capitolo (Re. Re. Pre. 2011a). Per comprendere il posizionamento della Rerepre all'interno dello spazio web risulta interessante utilizzare lo strumento d'analisi del web issuecrawler
20 , che ho presentato nel capitolo metodologico. Issuecrawler
mi ha permesso in fatti di mettere in evidenza il reticolo di link e co-link nel quale è inserito il sito della Rete dei redattori precari, permettendo di fare una Hyperlink Network Analysis (Park 2003). Questo complesso di riferimenti è rilevante nella misura in cui mette in luce l'universo web nel quale questa rete è inserita, l'eventuale vicinanza di siti di erenti attorno a una stessa questione (issue), e quindi la sua maggior vicinanza a realtà istituzionali o informali che può essere messa in luce dal di erente dominio di primo livello utilizzato dai siti presenti nel cluster (Rogers 2006). Con dominio di primo livello, top-level domain, o TLP, si fa riferimento all'ultima parte dell'indirizzo di un sito internet. Ad esempio, nel caso della nostra rete il sito è: www.rerepre.org, e il dominio di primo livello è .org. Attualmente i domini sono distinti in TLP nazionali(.it, .uk, .fr, ecc.), TLP generici, che sono utilizzati da classi particolari di aziende o organizzazioni (.com per imprese commerciali, .org per organizzazioni non meglio categorizzabili), e in ne i TLP infratrutturali, che al momento sono costituiti da un unico
21 . La scelta di un TLP nazionale o generico non si basa su ra-
dominio arpa
gioni strutturali, ovvero non cambia il funzionamento della pagina web, ma ha un valore simbolico e comunicativo. I domini .it sono di solito scelti da aziende o
20 https://www.issuecrawler.net/ 21 http://it.wikipedia.org/wiki/Dominio_di_primo_livello (15-7-2012)
235
Capitolo 5 organizzazioni che vogliono sottolineare il legame della loro attivitĂ con l'Italia, mentre i domini .org nascono per le organizzazioni che si dedicano al servizio dell'interesse pubblico
22 . Anche se oggi questo dominio ha perso questa parti-
colare accezione chi accede a pagine con questo dominio si attende di trovare delle organizzazioni non commerciali o no-pro t. Nel secondo capitolo ho parlato della crisi di rappresentanza dei sindacati, e del ruolo di San Precario nella promozione di realtà di auto-rappresentanza e autorganizzazione dei lavoratori, ho cercato di comprendere come la Rerepre porti avanti il suo processo di autorappresentanza, ponendo particolare attenzione al modo in cui questa rete ha deciso di gestire i rapporti con San Precario e CGIL. Per fare questo ho e ettuato un'analisi attraverso issuecrawler dei legami tra il sito di Rerepre e i siti di riferimento del movimento alla base di San Precario (www.precaria.org) e della CGIL, il principale sindacato con il quale la rete mantiene rapporti (www.cgil.it). Nella immagine riportatata nella pagina seguente/precedenti (5.6) presento la mappa di siti rilevata attraverso l'analisi dei link e dei colink a partire dai siti www.rerepre.org e www.precaria.org. Si nota immediatamente la netta predominanza di domini .org, contraddistinti dal colore arancione, seguiti dai domini commerciali, in azzurro, che sono però relativi a siti di social network, o altre forme di servizi, quali Twitter, Facebook, Vimeo, Youtube. Nettamente minore è l'uso degli altri domini, che si presentano, in ordine discendente: .info, .eu, .it, .net. Constatare la marginalità dei domini .it mette in luce come il network nel quale sono inseriti sia la Rete dei redattori precari, che la rete di movimenti che gestisce il sito Precaria, sia maggiormente legato a realtà che hanno ritenuto preferibile identi care il loro sito per la sua valenza sociale piuttosto che per la sua nazionalità . Inoltre il reticolo in cui sono inseriti questi siti è piuttosto denso, e tra i siti
22 http://www.darwin.it/it-it/registrazionedominiinternet/dominioorg.aspx
236
Figura 5.6: Mappatura del reticolo in cui sono inseriti www.rerepre.org e www.precaria.org
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre
237
Capitolo 5 che lo compongono se ne riconoscono diversi indicati tra i siti amici della Rete dei redattori precari
23 . Prestando attenzione alla distribuzione dei nodi nella rete si
possono individuare diversi cluster all'interno della mappa (Padovani and Pavan 2009). Nella zona sinistra inferiore dell'immagine(5.6), composto da siti internet
24 , torchiera.noblogs.org,
appartenenti a centri sociali (csa-baraonda.noblogs.org
boccaccio.noblogs.org, cox18.noblogs.org), è presente un cluster che presenta nodi tra loro molto connessi, che hanno un buon livello di scambio di link con precaria.org, ma che non presentano connessioni dirette con rerepre.org. Nella parte superiore sinistra dell'immagine si nota un tto cluster di siti con dominio .org, che si connettono al resto della mappa tramite quattro nodi di intermediazione, e si caratterizzano per la loro natura internazionale, e le tematiche porn-queer affrontate. In ne si può notare come nella parte destra dell'immagine, dove è collocato il sito della rerepre, il reticolo è meno denso, e vi sia una maggior presenza di domini .it, appartenenti a siti di quotidiani (roma.repubblica.it, roma.corriere.it, milano.corriere.it). Questa mappa mette quindi in luce come la rerepre, attraverso il suo sito internet, si relazioni principalmente con altre realtà che si occupano di comunicazione, mantenendo rapporti sia con siti più istituzionali, come quelli dei quotidiani nazionali, che con realtà radicate nei movimenti, come precaria e indymedia; la Rerepre sembra invece mantenere un limitato livello di scambi con l'universo di centri sociali, e strutture autonome che non si occupano direttamente di lavoro o di comunicazione ma portano avanti un ripensamento politico della società che può passare attraverso la riappropriazione/occupazione degli spazi. Questi siti si collegano alla nostra rete solo attraverso il sito di pre-
23 Purtroppo, a causa della dimensione del reticolo non ho potuto inserire un'immagine più grande, quindi i nomi dei siti collegati risultano poco leggibili
24 Per questo indirizzo web, e per i seguenti, ometterò la sigla www. per ridurre le ripetizioni
e rendere più scorrevole la lettura, adeguandomi in questo modo alla modalità di presentazione dei siti addottata da govcom.org, la fondazione produttrice di issuecrawler
238
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre caria.org, che risulta essere il nodo centrale di questo reticolo, sottolineando la centralitĂ di questa realtĂ nel panorama dei movimenti italiani.
La ricerca e ettuata utilizzando il sito rerepre.org, e cgil.it come starting point ha prodotto un reticolo di piÚ di cile interpretazione. Il reticolo prodotto utilizzando gli stessi criteri del precedente (per cui 3 gradi di interazione, e 3 livelli di profondità ) crea una mappa all'interno della quale non compare nÊ il sito internet della CGIL, nÊ quello della Rerepre, ma sono presenti unicamente siti istituzionali del governo e dello stato, e alcuni siti di organizzazioni internazionali, quali le Nazioni Unite. Per questa ragione ho preferito inserire quest'altra mappa nella quale compare CGIL all'interno del reticolo, anche se la rerepre non compare. Le ragioni di questa assenza sono probabilmente un ridotto livello di tra co e di link in entrata e in un uscita tra il sito della CGIL e quello della rete. Nella mappa di siti web (5.7) il primo aspetto che emerge chiaramente è la netta predominanza di siti istituzionali all'interno del reticolo. Il cluster molto denso nella parte inferiore dell'immagine è composto infatti dai siti del governo, dei ministeri, dagli istituti di previdenza e da alcuni importanti centri di ricerca nazionali, quali Istat e Ires.
Nella parte superiore dell'immagine c'è invece un
secondo cluster molto meno tto, nel quale troviamo i siti di alcune federazioni della CGIL (nidil.cgil.it, spl.cgil.it) e alcuni siti di servizi o erti sempre dalla CGIL, oltre a qualche sito internet non appartenente nĂŠ alle istituzioni statali, nĂŠ alla struttura di CGIL, ma riguardante o la rassegna stampa o dei servizi per anziani. Inoltre il reticolo nella parte superiore, legata ai servizi o erti da CGIL, e i siti federali della stessa vede la presenza, oltre che del NIDIL (Nuove identita di lavoro), dello SPI ovvero il Sindacato Pensionati Italiani, mentre sono assenti riferimenti sia al sito della SLC (Sindacato lavoratori comunicazione) che
239
Capitolo 5
Figura 5.7: Mappatura del reticolo in cui sono inseriti rerepre.org e cgil.it
240
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre della FLC (Federazione lavoratori della conoscenza), realtĂ con le quali, come visto in precedenza, la rete ha in questi anni stretto sempre piĂš legami.
Per
cercare di comprendere che tipo di interazione vi siano tra il sito della Rerepre, di Precaria e quello della CGIL ho quindi fatto un'altra mappa utilizzando tre starting point: rerepre.org, precaria.org e cgil.it (5.8); e al contempo ho creato un'ultima mappa con due soli starting point: precaria.org e cgil.it (5.9) in modo da sottolineare il ruolo della rerepre all'interno del network. Come si vede nella 5.8, il network che si viene a creare è caratterizzato da due cluster chiaramente distinti tra loro.
Nella parte superiore dell'immagine si vede il cluster che si
sviluppa attorno al sito della CGIL, composto da siti caratterizzati da domini nazionali (.it), tra i quali si individuano alcuni siti con dominio .org, appartenenti alle grandi organizzazioni internazionali, quali fao.org e un.org; nella parte inferiore dell'immagine invece si presenta molto coeso il reticolo che si sviluppa attorno al sito precaria.org. Spicca la di erente connotazione dei domini dei siti ad esso collegati, sono quasi tutti .org, confermando le di erenze che abbiamo visto nelle 5.6 e 5.7.
All'interno di questo reticolo non è visualizzato il
nodo rerepre.org, nonostante sia uno degli starting point. Ciò è dovuto alla dimensione relativa di questa realtà , troppo ridotta se confrontata con realtà piÚ attive come precaria.org e cgil.it.
Risulta a questo punto interessante l'ultima
mappatura che ho creato, a partire da precaria.org e cgil.it (5.9). Questa mappa è stata creata mantenendo gli stessi parametri che hanno prodotto la 5.8. Attraverso questa analisi a sottrazione risulta evidente il ruolo di congiunzione della rerepre tra il mondo piÚ istituzionale del sindacato CGIL, e quello legato ai movimenti di Precaria. La Rerepre risulta quindi essere una sorta di ponte consapevole (Padovani and Pavan 2009), in grado di svolgere in maniera sig-
241
Capitolo 5
Figura 5.8: Mappatura del reticolo in cui sono inseriti rerepre.org, precaria.org e cgil.it
242
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre
Figura 5.9: Mappatura del reticolo in cui sono inseriti precaria.org e cgil.it
ni cativa il suo ruolo di intermediario tra ambienti tra loro molto separati, ma con dimensioni troppo ridotte per venir visualizzata nel cluster (5.8). Da questa analisi dell'utilizzo del sito web della Rerepre emerge come questa sia fortemente legata alla rete di San Precario e ad altri movimenti autonomi di rivendicazione, o inerenti al precariato o all'editoria, mentre la vicinanza tra il sito della rete e la CGIL è relativamente più ridotta, come indicato dalla presenza di un unico link tra i siti utili e i siti amici, visto in precedenza, e come sottolineato dalla impossibilità per issuecrawler di creare una mappatura delle connessioni tra i due siti. Le ragioni di questa impossibilità nel visualizzare nello stesso reticolo rerepre.org e cgil.it sono probabilmente dovute anche alle dimensioni e al livello di tra co mantenuto tra il sito del sindacato e i diversi siti delle istituzioni con cui questi è connesso. La possibilità di osservare il sito internet della rete in una prospettiva relazionale con altre realtà online ha permesso di evidenziare la sua natura mediatoria tra realtà istituzionali e movimenti, che attualmente manten-
243
Capitolo 5 gono tra loro un basso livello di interazione. La Rerepre si caratterizza quindi per una apertura al dialogo e una strategia di agire politico fortemente orientata al venire riconosciuta come realtà attiva e competente all'interno del suo settore, lavorando quindi alla costruzione di rapporti con tutte le realtà che le consentono di svolgere la sua attività di auto-rappresentanza. Nel prossimo sottoparagrafo cercherò di ricostruire i rapporti che la Rete dei redattori precari mantiene con le altre realtà attive in materia di precariato, lavoro, diritti ed editoria, ponendo particolare attenzione alle discussioni che riguardano la condivisione di percorsi rivendicativi con realtà istituzionali quali CGIL o partiti politici, e con realtà autorganizzate, come San Precario e generazione TQ.
5.3.2 Piani care strategie di rappresentanza, le mailing list come spazio di confronto e progettazione Nel precedente paragrafo ho presentato come, soprattutto le mailing list bologna e coordinadora , siano utilizzate come strumenti di discussione e dibattito, permettendo alla rete di a rontare via mail temi che in alcuni casi vengono ripresi durante incontri o ine, e in altri vengono sviscerati attraverso questo canale (quest'ultima modalità è piÚ frequente nel gruppo di coordinamento, vista la dispersione territoriale dei suoi componenti). All'interno di questo paragrafo non prenderò in considerazione conversazioni provenienti dalla lista generale rerepre , perchÊ nella mia osservazione ho potuto constatare che, anche in questo ambito, essa è utilizzata unicamente come canale di di usione di informazioni e decisioni prese dal gruppo di coordinamento, o per la promozione di iniziative che il gruppo di coordinamento ha ritenuto rilevante di ondere. Per quanto possa essere interessante sviscerare le dinamiche di scelta di quali iniziative pubblicizzare e quali non di ondere, questo si discosta dal focus di questo lavoro di
244
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre ricerca, e quindi non verrĂ approfondito in questa sede.
Il soggetto collettivo,
che si è ripresentato piÚ di frequente nelle conversazioni interne alla Rerepre, sia per quanto riguarda il nodo bolognese che per il gruppo di coordinamento, è stata il sindacato CGIL. Nell'arco di quest'anno è stato citato in sessanta conversazioni all'interno del gruppo di coordinamento (corrispondente al 19.4% delle conversazioni della lista) e ben quarantun volte nella lista del nodo di Bologna (36%). Queste cifre indicano un ripresentarsi frequente della CGIL nei dei discorsi interni alla Rerepre, ma per comprendere la natura del rapporto tra queste due organizzazioni è necessario prestare attenzione al contenuto delle mail nelle quali vengono fatti questi riferimenti attraverso la ricostruzione delle principali iniziative che hanno visto collaborare queste due realtà .
In concomitanza del
rinnovo del contratto nazionale dei gra ci editoriali la CGIL ha preso contatto con la Rerepre, invitandola prima a entrare a far parte parte della Consulta del Lavoro Professionale, e in secondo luogo ad avviare un percorso di dialogo con la sigla dei lavoratori della comunicazione, la SLC (Murgia and Selmi 2011). I percorsi di dialogo avviati in questo contesto hanno portato a diversi altri incontri con i rappresentanti sindacali locali e nazionali di SLC. Durante l'assemblea nazionale tenutasi a Bologna nel luglio 2011 uno dei punti all'ordine del giorno erano proprio le relazioni da tenere con i sindacati in seguito al processo di rinnovo contrattuale. Questo il report spedito dal gruppo di coordinamento alla lista di Bologna.
[Report assemblea plenaria Rerepre; gruppo di coordinamento; 13/07/2011; 18:49] Per prima cosa si è discusso di
sindacati, in particolare Slc-Cgil.
quale rapporto instaurare con i
Alcuni di noi, infatti, hanno collabora-
to per diversi mesi con Slc per ottenere il riconoscimento e la tutela della condizione precaria nel nuovo Ccnl gra ci-editoriali, ma i risultati e ettivi sono stati piuttosto deludenti.
La questione è stata fatta ben presente
245
Capitolo 5 ai nostri interlocutori sindacali, che hanno ammesso di non essere riusciti a ottenere molto ma si sono anche impegnati a tenere alta la guardia e a tornare alla carica in occasione del prossimo rinnovo contrattuale, nel 2013. Si è quindi deciso di continuare a collaborare con il sindacato, secondo modalità ancora da de nire, per una ragione molto pratica: quando si devono concludere gli accordi con le organizzazioni datoriali, al tavolo delle trattative siedono i suoi rappresentanti. D'ora in poi, comunque, vi invitiamo a segnalarci le situazioni in cui i delegati aziendali o territoriali di Slc si ri utano di adoperarsi a favore dei precari, perché lo faremo presente alla segreteria nazionale del sindacato, che si è impegnata a intervenire perché ciò non accada più
25 .
In questo stralcio vengono toccati diversi aspetti signi cativi per comprendere il tipo di rapporto che si è instaurato tra la Rerepre e la CGIL. Il primo punto riguarda la delusione per il mancato inserimento nel contratto collettivo nazionale della tutela della condizione precaria.
Dalla discussione in sede contrattual-
istica questo aspetto scompare, mentre è stato rmato un protocollo d'intesa riguardante alcune tutele per i precari, aspetto di cui ho parlato più approfonditamente nel secondo capitolo. L'insoddisfazione nei confronti di questo risultato non è scontata se si considera la struttura informale e le dimensioni limitate della Rerepre.
D'altra parte questo ci suggerisce come all'interno del gruppo
di coordinamento vi sia una grande ducia e consapevolezza dei risultati che la rete può raggiungere in materia di tutela e rappresentanza dei redattori e delle redattrici. Le relazioni stabilite nel periodo che ha preceduto la rma del CCNL sono risultate su cientemente solide da permettere di esprimere la delusione, e portare CGIL a farsi maggior carico della questione precaria, sia in vista del prossimo rinnovo contrattuale, sia in termini di contrattazione di secondo livello. Il secondo aspetto molto rilevante esplicitato in questa mail è la valutazione prag-
25 Sottolineatura non mia, mantenuta dall'originale.
246
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre matica fatta dal gruppo di coordinamento nei confronti dei rapporti da tenere con la CGIL. Per Rerepre mantenere dei rapporti di collaborazione e dialogo con la CGIL è utile perchÊ è quest'ultima a sedersi al tavolo della contrattazione, quindi è questa che ha la possibilità di ottenere i cambiamenti e ettivi delle condizioni lavorative all'interno delle redazioni. Se il rapporto tra Rerepre e CGIL sono quindi vissuti e raccontati all'interno della rete come una questione di opportunità , non vi sono allo stato attuale canali di dialogo aperti e stabili con gli altri due sindacati confederali, Cisl e Uil. I rapporti con la CGIL si sviluppano in due percorsi autonomi, seppur coordinati, tra il nodo di Milano e quello di Bologna. Il nodo milanese, nodo storico della rete, negli ultimi mesi del 2011 si fa carico di mantenere i rapporti con SLC-CGIL a livello nazionale e provinciale, intervenendo con due relatrici alla conferenza organizzata da FLC-CGIL sui lavoratori della conoscenza a ne novembre 2011, e collaborando per la raccolta delle preferenze dei precari riguardo al fondo-precari previsto nel documento rmato a lato del CCNL. Un'intensi cazione dei rapporti tra Rerepre Milano e CGIL si ha in primavera, in concomitanza della di usione delle prime informazioni riguardo la riforma del mercato del lavoro Fornero . La costanza nel mantenere i contatti con il sindacato, lavoro che impegna la rete in un grosso lavoro di concertazione e dibattito interno, porta i suoi frutti, riuscendo a far muovere il sindacato in un territorio in cui nora non si era spinto. Gli RSU CGIL iniziano infatti a farsi carico della questione della precarietà all'interno delle aziende.
[qualcosa si muove in ME; Maria; 10/05/2012; 15:19] ieri ho chiamato Au eri
26
per la riunione sulla riforma del lavoro. telefonata veloce, era un
po' occupato ma ha recepito bene il messaggio. stamattina mi ha chiamato un altro tizio di Cgil (Lorenzo Infante) che ha avuto il mio numero da
26 Il cognome 'Au eri' non è stato in questo caso sostituito con pseudonimo, perchÊ, essendo la sua attività sindacale un impegno pubblico, ho ritenuto non fosse necessario sostituirlo.
247
Capitolo 5 Au eri.
ci siamo visti dopo pranzo e mi ha presentato un Rsu di ***
[casa editrice 1] e una di *** [casa editrice 2], a cui ho spiegato chi sono e cos'è Rerepre.
la riunione dovrebbe essere la settimana del 21 maggio
(non so ancora data e orario), alla Camera del Lavoro di Lambrate. sarĂ estesa a *** [casa editrice 1], *** [casa editrice 2], *** [casa editrice 3], *** [casa editrce 4].
in *** [casa editrice 1] non ci sarebbe spazio per tanta
gente, quindi lui propone la Camera del Lavoro. spero che i miei colleghi (solitamente pigri e passivi) partecipino numerosi.
L'impegno da parte dei rappresentanti sindacali di promuovere iniziative tra precari, rappresenta un grosso risultato, dal momento che nora questi erano considerati come al di fuori delle loro competenze.
Credo che sia da sottolineare,
inoltre, come ad occuparsi dei precari non sia in questo caso la NIDIL, la struttura sindacale della CGIL dedicata alla rappresentanza dei lavoratori atipici, ma SLC e i rappresentanti sindacali d'azienda, gli RSU, tradizionalmente rappresentanti unicamente i lavoratori dipendenti.
Questo cambiamento è estremamente rile-
vante perchĂŠ permette di immaginare rivendicazioni comuni tra precari e dipendenti. Il percorso del nodo di Bologna si articola in modo di erente, grazie ad una di erente struttura della CGIL a livello regionale, ma anche per la diversa organizzazione produttiva dell'editoria bolognese. Il percorso di avvicinamento della Rerepre alla CGIL a Bologna passa attraverso il contatto con una sindacalista SLC-CGIL, che in una delle primissime mail spiega il cambio organizzativo interno al sindacato in Emilia.
27 ;
[Rerepre-Bologna; Giulia
16/12/2011; 9:49] Il Nidil, dove pure ho lavo-
rato per 5 anni, non segue piÚ i lavoratori atipici, ossia quelli con contratto di lavoro autonomo, parasubordinato, occasionale ecc., ma solo i lavoratori interinali. Da qualche mese si è deciso che fosse piÚ utile farlo seguire direttamente dalle categorie di riferimento in modo da intrecciare meglio
27 Anche in questo caso 'Giulia' non è uno pseudonimo: rappresentante sindacale SLC-CGIL.
248
Giulia
Santoro
è
infatti
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre il lavoratore al luogo, per iniziare a provare di trattare le questioni nella contrattazione di secondo livello.
Strada complicata, molto embrionale,
ma forse quella che può essere più incisiva per risolvere qualche questione.
Il cambiamento nella gestione dei lavoratori precari da parte del sindacato, visto in tarda primavera in Emilia Romagna, viene qui presentato come punto di partenza per instaurare un pro cuo dialogo tra la Rerepre e il sindacato. [Rerepre-Bologna; Carlo; 17/12/2011; 9:00] mi permetto di suggerirvi di appro ttare dell'incontro con Giulia Santoro non solo per soddisfare la vostra legittima sete di conoscenza, ma anche per sondare la possibilità di avviare in territorio bolognese un percorso di contrattazioni di secondo livello, azienda per azienda, volto a garantire maggiori tutele ai precari (in pratica per far rientrare dalla nestra quello che è uscito dalla porta del ccnl). Mi sembra infatti che le condizioni siano favorevoli, a partire dalla scelta (da me a lungo auspicata) di sottrarre a Nidil e portare in seno alle singole categorie la gestione delle problematiche inerenti ai precari.
In questo breve brano a commento del report sull'evoluzione dei rapporti tra Rerepre Bologna e CGIL si può notare in primo luogo come Carlo, iscritto alla lista, ma non presente sul territorio, sebbene attivo nella Rerepre dalla sua nascita, avanzi un suggerimento su come gestire i rapporti, ma non dia linee guida stringenti. Questo aspetto mette nuovamente in luce l'autonomia, l'autorganizzazione riconosciuta ad ogni nodo e l'orizzontalità nei rapporti tra le persone che compongono la rete, visto che non viene in alcun modo esercitata una qualsiasi forma di autorità dovuta ad un'eventuale anzianità nella rete. In secondo luogo viene accolto in modo molto positivo lo spostamento di competenze riguardanti i precari dal NIDIL a SLC-CGIL, come passaggio di uni cazione degli interessi dei dipendenti e dei precari. [Da Giulia Santoro; Lucia; 16/01/2012; 15:30] Stamattina ho scritto a Giulia Santoro per riacchiapparla. Vi inoltro lo scambio di e-mail. In par-
249
Capitolo 5 ticolare scrive: la proposta (di un ingresso rereprino nel direttivo) è stata accolta molto bene e con entusiasmo. Appena trovate i nomi li facciamo eleggere al primo direttivo che sarà realisticamente in febbraio Quindi, chi si o re volontario? Come ho già scritto, io sono disponibile ma solo nel caso in cui non ci fosse nessun altro. L'ideale sarebbe, lo ribadisco, qualcuno che lavora sul territorio (case editrici/service o quant'altro).
Su su, non
fatevi pregare... Ci servono due nomi. Simone (volontario suo malgrado) e...?
Questa mail segna un passaggio qualitativo nel rapporto tra Rerepre e CGIL; l'entrata di due delegati Rerepre all'interno del direttivo della SLC signi ca l'entrata all'interno di uno degli organi democratici del sindacato da parte di delegati di una realtà autorganizzata di precari non iscritti al sindacato stesso. Il sospetto con cui viene colta questa proposta è messo in luce nel seguente brano, tratto dalla medesima mail:
[Da Giulia Santoro; Lucia; 16/01/2012; 15:30] Inoltre Giulia scrive; pensavo che la prossima riunione potremmo farla allargata a tutte le rsu e al segretario generale.
Che ne dici?
Che ne diciamo?
Per me si può fare,
mantenendo ferma la barra sul fatto che rerepre può collaborare con il sindacato (anche in modo molto stretto, tipo entrando nel direttivo) ma che non si esaurisce nel sindacato... Lo dico a scopo preventivo. Dovremmo cercare di portare avanti anche altre iniziative oltre al dialogo con il sindacato, se non vogliamo correre il rischio di venir fagocitati.
Inoltre,
penso sia il caso di chiarire che l'eventuale ingresso di rerepre nel direttivo non può signi care una limitazione della nostra libertà d'azione (cioè, per esempio, se vogliamo fare un ash mob alla era del libro per ragazzi, non è che dobbiamo chiedere il permesso alla cgil...). Non tirerei fuori questa questione con Giulia, per il momento, ma vorrei sentire la vostra opionione perchÊ potrebbe succedere di essere posti in situazioni imbarazzanti.
L'autonomia della Rerepre dall'istituzione con la quale collabora, è un aspetto fondamentale nella valutazione della proposta della CGIL. L'autonomia viene
250
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre riconosciuta come carattere imprescindibile per la Rerepre, tale da porlo come vincolo nel momento in cui si teme che questa possa venir meno. Anche in questa fase di forte avvicinamento, il rapporto tra Rerepre e CGIL continua a essere visto in modo molto pragmatico e sospettoso da parte della prima, preoccupata di vedersi assorbita da una realtà storicamente più consolidata a livello nazionale e istituzionale. A partire dalla primavera 2012 la Rerepre avvia una collaborazione con il centro di ricerca IRES della CGIL, per la stesura di un questionario nalizzato alla mappatura dei precari impiegati nel settore dell'editoria. Questa raccolta dati si preannuncia molto interessante, perché andrà a colmare l'attuale vuoto di informazioni di cui abbiamo parlato nel terzo capitolo, e perché permetterà alla Rerepre di avere un'idea di massima dell'entità del fenomeno in cui sono inseriti, oltre che dare visibilità alla rete. Questo atteggiamento di apertura ma cautela, messo in luce in queste pagine attraverso il rapporto della Rerepre con la CGIL, caratterizza le discussioni mail che si sviluppano a partire dalle proposte di partecipazione ad eventi che la rete riceve da altre organizzazioni, da lavoratori, e persino da qualche partito; solo nei confronti delle proposte provenienti da San Precario in virtù della collaborazione precedentemente descritta la rete sembra essere meno di dente.
Prima di approfondire le caratteristiche del rapporto tra la Rerepre e San Precario credo sia necessario chiarire il contesto in cui ha inizio la mia osservazione. Come riportato in precedenza, il mio periodo di osservazione è iniziato dopo l'azione al Salone del libro di Torino portata avanti dalla Rerepre assieme alla rete San Precario. In seguito a quell'importante evento di visibilità e mobilitazione all'interno della Rerepre sono emerse delle tensioni interne che hanno portato alla fuoriuscita di alcuni dei suoi membri più vicini alla rete di San Pre-
251
Capitolo 5 cario, evento che riprenderò più avanti. Per il momento è utile sottolineare come la mia osservazione sia iniziata quando le discussioni, anche attraverso le mailing list, erano già terminate. Probabilmente anche per questo cambiamento di composizione della rete, in questo anno di osservazione ho potuto notare come la rete di San Precario sia comparsa molto di rado nelle conversazioni mail, e non si è mai sviluppata una discussione su quale atteggiamento la rete deve o dovrebbe tenere nei confronti di questa realtà. Una conversazione nata in vista della Mayday, campagna di protesta transnazionale (Mattoni 2008, Bruni and Selmi 2010) di cui ho parlato nel secondo capitolo, richiama l'importanza della partecipazione di Rerepre a questo evento per rinsaldare i legami con il Santo. [mayday; Lia; 24/04/2012; 16:29] cari, come tutti gli anni san precario sta organizzando la mayday parade nella città di milano. la cornice generale sarà ovviamente la contestazione alla riforma del lavoro e come sempre centrale sarà il tema della precarietà: all'interno del corteo si parlerà di diritto alla mobilità, territori, welfare metropolitano ecc. ecc. pare delinearsi un nale maydayano con microfono aperto (in piazza castello? al parco sempione? questo ancora non so). chiedono, tra le varie realtà di lavoratori in lotta, anche a rerepre di fare un intervento. ora: sarebbe carino che non lo facessi io, visto che parrebbe una cosa tipo mi do la parola-mi prendo la parola; inoltre, per rinsaldare i legami con il santo, sarebbe bello qualcun altro. è una cosa molto tranquilla; è un mic aperto, quindi no comizi. Per ora è questa la proposta. che mi dite?
Questa proposta è stata accolta in senso positivo nella lista di coordinamento dalle milanesi [mayday; Sabrina; 24/04/2012; 16:34] Dico che mi domandavo infatti come mai non ci fossimo più mossi molto con il Santo.
Dall'appellativo colloquiale con cui Sabrina si riferisce a San Precario, e dalla totale assenza di mail contrarie alla partecipazione attiva della Rerepre alla
252
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre Mayday, si coglie come all'interno della rete vi sia una apertura nei confronti delle proposte e delle iniziative che arrivano da questa realtĂ , anche se al favore di massima immediatamente accordato è seguita una certa di coltĂ a trovare qualcuno presente a Milano e disponibile ad intervenire. La conversazione si chiude dopo che un paio di persone confermano la loro presenza durante la parata. Ăˆ da rilevare, come giĂ richiamato nei precedenti capitoli, che la Rerepre partecipa alla Mayday milanese dalla nascita della rete, oltre a collaborare stabilmente alla stesura dei Quaderni di San Precario. La rete, e soprattutto le componenti milanesi, mantengono nei confronti del Santo un atteggiamento positivo seppur cauto, a causa di una essione di presenze ed energie nel nodo storico della Rerepre. Durante il mio periodo di osservazione le proposte provenienti da San Precario non sono mai state messe in discussione all'interno della mailing list coordinadora , nĂŠ per la forma, nĂŠ per la sostanza, e il Santo è emerso in piĂš di cinquanta conversazioni all'interno di questa lista. Non essendo però una realtĂ con la quale quest'anno la rete ha portato avanti rivendicazioni o iniziative, questa sua presenza nei discorsi suggerisce la centralitĂ di San Precario nel panorama dei movimenti radicati nel territorio di Milano. All'interno della mailing list del nodo di Bologna i riferimenti a San Precario sono quasi del tutto assenti, aspetto che sottolinea il forte legame con il territorio d'origine che ancora lega il Santo a Milano. Nelle discussioni a rontate dalla Rerepre di Bologna, e dalla lista di coordinamento emerge nel 2011-2012 una maggior frequenza di collaborazioni con la CGIL e con altri movimenti e associazioni (ad esempio è stato molto dibattuto l'atteggiamento da tenere con Generazione TQ), rispetto a quanto non sia avvenuto con San Precario. Questo corrisponde a un minor numero di progetti portati avanti con quest'ultimo, e un minor numero di documenti da sottoscrivere
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Capitolo 5 ed eventi cui presenziare. D'altra parte bisogna rilevare come San Precario sia l'organizzazione che pare godere di maggior stima da parte dei membri di questa rete, soprattutto tra le persone del nodo di Milano, ducia che non è altrettanto incondizionata nel caso del sindacato o di altre realtà piÚ o meno legate ai
28 , ACTA in rete29 , Quinto Stato30 .
movimenti come Generazione TQ
5.3.3 Sindacato o movimento? Storie di auto-rappresentanza Credo che sia opportuno contestualizzare la di denza emersa nei confronti del sindacato prestando ascolto alle esperienze vissute dai membri della rete. D'altra parte cercherò di evidenziare gli elementi che permettono di cogliere le ragioni del diverso posizionamento nei confronti di San Precario. Osservando gli scambi avvenuti nelle mailing list emerge come il rapporto della Rerepre con CGIL e la rete di San Precario siano ambivalenti.
Verso la prima vi è una relazione
improntata sulla prudenza, sebbene quest'anno la Rerepre e la CGIL abbiano portato avanti diverse iniziative assieme, con la seconda c'è un atteggiamento tendenzialmente positivo, nonostante durante quest'anno di osservazione non sia stato portato avanti nessun progetto in comune. Le ragioni della di denza nei confronti del sindacato emergono in maniera abbastanza chiara e di usa dai racconti delle persone che ho intervistato.
Credo che avrebbe dovuto farla CGIL. Io ritengo che queste [il tari ario dei professionisti dell'editoria] siano le cose di cui dovrebbero occuparsi i sindacati, e trovo assurdo che noi dobbiamo metterci a fare una cosa del genere.
Una delle cose che ti fa incazzare quando tu vai lĂŹ e li incontri,
ti rendi conto che loro non sanno niente, perchÊ non si informano. Hanno scoperto che c'è il precariato tre anni fa, il precariato c'è da vent'anni...
28 http://www.generazionetq.org/ 29 http://www.actainrete.it/
30 http://www.ilquintostato.org/
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5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre quindici, diciamo quindici. Io ho iniziato a lavorare vent'anni fa, e il mio primo contratto era un Co.Co.Co., secondo me il precariato c'è da vent'anni... Facciamo quindici, loro se ne sono appena accorti. Queste indagini che noi facciamo, anche quando abbiamo fatto compilare i questionari all'interno delle case editrici, sono cose che dovrebbero fare loro. (Margherita, 40, Milano)
Il sindacato ha accumulato un ritardo nell'a rontare il tema della precarietĂ e dei cambiamenti nel mercato del lavoro, che ha eroso la ducia nei suoi confronti da parte delle persone che hanno subĂŹto questi cambiamenti in prima persona, per anni, senza vedersi rappresentati da nessuna organizzazione.
Il sindacato è molto in ritardo... un ritardo non innocente, non innocente perchÊ i vantaggi garantiti ai garantiti sono anche a spese di chi non è garantito. Adesso si sono accorti che la massa dei garantiti sta diminuendo, perchÊ sempre di piÚ le imprese, non solo in campo dell'editoria scolastica, prendono precari. E quindi è diminuito il plafond dei loro iscritti. Quindi cos'hanno detto:
o qui ci rivolgiamo ai precari, oppure ci troviamo in
quattro gatti in la per tre con il resto di due... (Zenobia, 60, Bologna)
La condizione di non rappresentati spinge in alcuni casi ad interpretare queste mancanze dei sindacati come delle scelte piani cate, e quindi le aperture fatte da questi ai precari come strumentali, nalizzate unicamente all'aumento degli iscritti al sindacato. Un secondo aspetto che viene colto come critico nei confronti del sindacato è la di coltà di questi a comprendere le esigenze e necessità dei precari. Nelle interviste viene raccontata la di denza nei confronti del sindacato anche sulla base del ruolo che questi riconoscono al posto sso all'interno della loro piattaforma di rivendicazione.
Io non sono una grande fan del sindacato, anche quando ci siamo rapportati con la CGIL, è stato abbastanza deludente vedere come loro sono ancora
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Capitolo 5 abbastanza ancorati ad una visione del lavoro dicotomica tra lavoro a tempo indeterminato, assunzione o zero. Mi sembra che non abbiano proprio le idee chiare di come funzioni, per cui diciamo piĂš che altro per s ducia. (Maria, 28, Milano)
L'interpretazione del mercato del lavoro sulla base della tipologia contrattuale viene colta come inadeguata per comprendere le esigenze delle persone inserite in questo mercato del lavoro. Il sottotesto di questa a ermazione è una sostanziale accettazione della essibilità non solo di tipo contrattuale come nuovo paradigma caratterizzante alcune parti del sistema produttivo.
La tendenza da parte
sindacale a riportare tutte le rivendicazioni sul piano della stabilizzazione dei lavoratori attraverso contratti di tipo dipendente e a tempo indeterminato è glia di una logica che lega i diritti alla tipologia contrattuale. Loro continuavano, e continuano anche tuttora al mondo degli assunti che sono da proteggere, e da estendere, quando in realtà sono una categoria in via d'estinzione, quando in realtà sono da estendere le tutele (Giovanna, 33, Milano)
Le rivendicazioni portate avanti dalla Rerepre si sviluppano nella direzione di svincolare il sistema delle tutele (sanitarie e socio-assistenziali) dalla natura del contratto tramite il quale si lavora per ottenere una libera essibilitĂ (TarĂŹ 2012), in modo da garantire la essibilitĂ del mercato del lavoro, non appesantendo il sistema produttivo e al contempo scongiurando la condizione di precarietĂ alla quale sono costrette tutte le persone non assunte a tempo indeterminato. Questo tipo di rivendicazione, forte in movimenti di precari quali San Precario (Bruni and Murgia 2007) risulta invece piĂš distante dalle logiche rivendicative sindacali. In terzo luogo del sindacato viene criticata la struttura formale, lenta, pachidermica, molto vincolata, che rende di cile progettare assieme azioni e iniziative forti di denuncia.
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5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre Il fatto che si siano in qualche modo, siano andati in CGIL, e la CGIL gli abbia dato un referente, [...] è una roba importante.
essere riusciti a smuovere il sindacato,
Il sindacato lo sa che c'è il precariato non solo
nell'editoria, da vent'anni, di più, da sempre. E mai ha voluto prendere le parti dei precari, da qualunque parte venissero.
Se adesso questi qui
si smuovono, anche perché la Rete è riuscita ad individuare qualcuno con cui parlare e farsi assegnare un referente, è una cosa molto importante... (Jasmine, 54, Milano)
Il fatto che il sindacato venga interpretato come una istituzione da smuovere, la cui attivazione risulta essere un successo per la rete, indica con chiarezza perché questo sia visto con di denza anche nel caso in cui si riescano a portare avanti delle collaborazioni con esso.
Di tutt'altra natura sono invece le valutazioni
espresse nei confronti di San Precario. San Precario sono dei ghi comunque.
Molto bella, no anche lì, loro ci
aiutano, hanno un sacco di esperienza nell'organizzare le azioni, i ash mob e queste cose qua, e poi ovviamente tra virgolette devi dare qualcosa in cambio... Per cui devi andare per esempio alle riunioni, dove progettano la MayDay, assolutamente partecipare alla MayDay come Rete di Redattori Precari. (Margherita, 40, Milano)
San Precario nei racconti delle persone del nodo di Milano risulta essere una gura importante, per la sua competenza nella promozione di azioni e manifestazioni in grado di attirare l'attenzione mediatica.
La natura informale e
autorganizzata di questa realtà porta ad un minor livello di sospetto nei suoi confronti, le richieste di partecipazione che vengono fatte alla Rerepre vengono interpretate in senso positivo, perché si inseriscono chiaramente in un'ottica di reciproco scambio, che non nascondono tentativi di assimilazione. D'altra parte gli viene riconosciuta anche la grande capacità di costruire immaginari, la sua attività di rappresentazione.
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Capitolo 5 San Precario è un maestro, San Precario ha creato un linguaggio di rivendicazione completamente nuovo rispetto a quello che... ecco, mi piace questo linguaggio, mi piace dal punto di vista estetico, però ancora non sono convinto della sua e cacia politica. (Carlo, 35, Perugia)
Le di erenze messe in luce durante l'analisi delle discussioni avvenute via mail risultano quindi ra orzate da queste valutazioni emerse durante le interviste. Dopo aver esplicitato alcuni pensieri che si radicano nell'esperienza professionale e di movimento delle persone che ho intervistato, cerco brevemente di presentare le strategie che la Rete dei redattori precari ha adottato nel relazionarsi con le altre organizzazioni che la circondano. Il posizionamento della Rerepre, che ho approfondito attraverso le interviste, è frutto anche del cambiamento nella composizione della rete stessa. Nelle interviste soltanto una persona si è so ermata a raccontarmi le ragioni dell'uscita dalla rete di alcune persone, in seguito all'azione Narioca Pres(s) a Torino, e la ragione principale viene individuata proprio nella relazione tra la Rerepre e il sindacato.
Sostanzialmente erano dovute alla nostra posizione rispetto al sindacato. Nel senso che queste persone erano persone che non volevano assolutamente avere rapporti con il sindacato.
Erano piĂš proiettate verso una collabo-
razione piĂš stretta con San Precario, con...
in piena autonomia con le
strutture piÚ tradizionali [...] no a prova contraria, se noi miriamo ad ottenere un miglioramento delle condizioni dei lavoratori, o lo facciamo con delle vertenze aziendali, con delle opposizioni all'interno delle aziende, che non riusciamo a fare, oppure l'altro modo è quello di farlo per via della contrattazione nazionale. Purtroppo non so, non vedo una terza via. Non la vedo, non la vedo. Quindi.. se volevamo andare oltre la testimonianza, oltre l'auto-rappresentazione, per me questa era una strada obbligata, per altre persone è stato uno sbaglio, uno sbaglio imperdonabile, e il gruppo di coordinamento si è rotto, si è rotto su questa cosa qua. Perugia)
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(Carlo, 35,
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre Dopo l'uscita di queste persone la Rerepre ha adottato un approccio maggiormente mirato allo scopo: riuscire, attraverso le dinamiche di auto-rappresentanza, a divenire l'interlocutrice diretta con l'AIE.
Era un'organizzazione che si propone di essere la controparte del datore d lavoro, sostanzialmente. Non ha un progetto politico piĂš ampio (Carlo, 35, Perugia)
Il rapporto sviluppato da Rerepre con la CGIL si posiziona su un piano pragmatico, vista la chiusura al dialogo diretto da parte dell'AIE, per riuscire ad ottenere dei risultati è necessario sedere al tavolo delle contrattazioni, e i soggetti legittimati a sedere a quel tavolo sono i sindacati confederali. Da parte di CISL e UIL la rete non ha trovato aperture o canali dove presentare le sue istanze, quindi tutte le forze su questo piano si sono concentrate sulla CGIL.
Il CUB non siede al tavolo delle trattative, e il nostro obiettivo è quello, e a quel punto ci siamo resi conto che l'unica era la CGIL. (Giovanna, 33, Milano)
La rete porta avanti ora la sua attivitĂ di auto-rappresentanza valorizzando a pieno la libertĂ d'azione caratteristica di una rete autorganizzata, e mantenendo attivi tutti i rapporti che sembrano favorire l'a ermazione della rete.
Adesso però insomma tutti quelli che sono rimasti, tutti abbiamo la stessa posizione molto laica nei confronti del sindacato, dobbiamo collaborarci, stiamo attenti, vediamo quello che riusciamo a tirarne fuori. (Carlo, 35, Perugia)
Ăˆ grazie a questo approccio laico nei confronti delle organizzazioni che entrano in contatto con la Rerepre, o che richiedono la sua partecipazione a varie iniziative, che la rete sta riuscendo ad acquisire importanza a livello nazionale senza venire
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Capitolo 5 snaturata da questo processo. Al ne di non venir fagocitata da organizzazioni piĂš grandi la rete presta molta attenzione a quali iniziative appoggiare, a quando partecipare, all'opportunitĂ di pubblicizzare attraverso i suoi canali pubblici certe iniziative. Al contempo, nei limiti di un'attivitĂ svolta a titolo di volontariato, cerca di aprire nuovi canali di confronto con tutte le realtĂ che sembrano muoversi nella stessa direzione, pronti a dialogare con tutti, ma senza perdere la propria identitĂ .
Ăˆ attraverso questa capacitĂ di muoversi in un ambiente
complesso, cercando di aprirsi spazi di autonomia, costruendo la propria potenza a partire dalla propria singolaritĂ , traducendo tra loro esperienze diverse e costruendo ipotesi in linguaggi molteplici, mobilitando e producendo una memoria viva capace di contrapporsi alla gura immaginaria (Salvini 2008; p. 11), del redattore o la redattrice come ĂŠlite culturale, e ri utando l'immagine di un precariato polverizzato e incapace di unirsi nelle rivendicazioni, che la Rerepre riesce a svolgere la sua attivitĂ di auto-rappresentanza.
Conclusioni
In questo ultimo capitolo ho analizzato l'organizzazione della Rete dei redattori precari, cercando di mettere in luce le caratteristiche che le hanno permesso in questi anni di relazionarsi tanto con organizzazioni di rappresentanza tradizionali, quanto con nuove forme autorganizzate. Nella prima parte ho cercato di ricostruire quelli che sono i percorsi di ingresso in questa organizzazione, e gli elementi che contribuiscono a sviluppare un'identitĂ collettiva all'interno di una rete informale.
Per questa ragione mi
sono so ermato sulla de nizione degli obiettivi della rete, mettendo a confronto quanto dichiarato nella sua dimensione pubblica, attraverso il sito web, e quan-
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5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre to emerso nelle interviste realizzate con i singoli membri della rete. Attraverso questo confronto ho evidenziato la rilevanza della rete nel superamento dell'isolamento delle condizioni lavorative autonome favorendo lo sviluppo di un'identitĂ precaria. Ăˆ stato possibile quindi sottolineare come uno degli obiettivi forti della Rerepre sia quello di costruire una rappresentazione del lavoro nell'editoria che non si limiti alla constatazione delle condizioni di precarietĂ , ma che promuova una mobilitazione dei precari ed enfatizzi i risultati raggiunti da lavoratori e lavoratrici quando agiscono in modo compatto.
Nella seconda parte ho cercato di capire quale fossero le forme di organizzazione di questa rete. Per farlo ho preso in considerazione tre livelli analitici: la dimensione pubblica rappresentata principalmente dal sito internet, la dimensione del dibattito interna, rappresentata dalle mailing list, ed in ne la dimensione soggettiva, espressa attraverso le interviste. Mi sono so ermato in modo particolare sulle caratteristiche d'uso delle mailing list, per l'importante funzione ad esse riconosciuta dai membri della rete stessa, per cogliere come l'orizzontalitĂ e l'autorganizzazione della Rerepre si rispecchino nell'uso di questi strumenti.
In ne nell'ultimo paragrafo ho posto l'accento sul modo in cui la rete porta avanti delle pratiche di auto-rappresentanza, e in particolare il modo in cui la Rerepre gestisce le proprie relazioni con un sindacato confederale, la CGIL, e un movimento autonomo contro la precarietĂ , San Precario.
Per farlo sono
partito anche in questo caso da un'analisi del sito della rete, e ettuata anche attraverso l'utilizzo di strumenti nativi digitali, quindi ho guardato in qual modo questi due soggetti vengano presentati e discussi all'interno delle mailing list della rete, e quindi ho focalizzato l'attenzione sui racconti soggettivi riguardanti queste due realtĂ . Nel descrivere questi intrecci di relazione che stanno alla base
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Capitolo 5 della Rerepre ho avuto modo di trattare rapidamente del cambiamento in atto all'interno della CGIL Emilia-Romagna, con l'apertura a movimenti autorganizzati non vincolati alla tessera sindacale, e il contestuale inserimento di questi nelle categorie merceologiche di riferimento, nel caso della Rete dei redattori precari la SLC-CGIL. Sull'altro versante la gura di San Precario è emersa come un grosso riferimento, soprattutto per lil nodo di Milano, per la sua capacità organizzativa e di supporto nei confronti delle altre realtà autorganizzate, e per la sua capacità di rappresentazione e costruzione di signi cati. Rispetto ad entrambe queste realtà ho potuto mostrare come la Rerepre riesca a costruire rapporti di collaborazione mantenendo la propria identità ed autonomia.
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Considerazioni conclusive sulla (ir)rappresentabilitĂ dei/lle precari/e del lavoro della conoscenza Con questa ricerca ho cercato di esplorare un campo molto dibattuto: la rappresentanza nell'attuale sistema socio-produttivo (Accornero 1992, Rullani 2000, Danford et al. 2002, Piore and Sa ord 2006, Regini 2008). La ricerca ha preso le mosse da una curiositĂ che ho sviluppato durante il mio percorso universitario riguardo al rapporto tra precarietĂ e azione collettiva. In particolare il mio interesse era incentrato sulle condizioni lavorative di quei segmenti lavorativi che sembrano piĂš di cilmente sindacalizzabili, o quanto meno piĂš colpiti dal processo di individualizzazione della seconda modernitĂ (Beck 2000, Marazzi 1999). Queste le ragioni che mi hanno portato a volgere lo sguardo alla composita realtĂ dei lavoratori e delle lavoratrici della conoscenza.
Attraverso lo studio di caso
esposto in questo lavoro di tesi, ho cercato di comprendere se, a fronte dell'individualizzazione della condizione lavorativa, fossero nate nuove strategie non individuali, e dunque in varia forma collettive, per a rontare questa situazione. Per tale ragione ho individuato nella Rete dei redattori precari un'organizzazione adatta per cercare delle risposte ai mie interrogativi di ricerca.
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Conclusioni Da quanto emerso in questo studio di caso il problema della rappresentanza dei lavoratori della conoscenza a onda le sue radici nella situazione lavorativa dei cosiddetti knowledge workers. I processi di individualizzazione caratteristici della seconda modernitĂ (Beck 2000), messi in luce da molti autori come una delle tendenze critiche della societĂ contemporanea (Giddens 1984, Beck 1992, Etzioni 1996)), si presentano giĂ a partire dai percorsi di inserimento lavorativo di questi soggetti. La varietĂ di forme contrattuali utilizzate per regolare le collaborazioni, e l'intrecciarsi di vari lavori svolti, ampli ca ulteriormente il processo di frammentazione ed isolamento dei lavoratori, rendendo l'attivitĂ di rappresentanza sindacale ancora piĂš ostica (Accornero 2001, Covolan 2008).
Una seconda dinamica si somma a questo processo di frammentazione erodendo la propensione alla mobilitazione: la condizione di incertezza, la precarietà . Lo scarso potere contrattuale raccontato da chi svolge un lavoro immateriale nel mio caso nel mondo dell'editoria è inadeguato a garantire una continuità del reddito non solo nel lungo, ma anche nel breve-medio termine. Tale condizione fa penetrare questa instabilità della dimensione professionale anche nella dimensione privata, intima, evidenziando quindi il carattere pervasivo della precarietà , che tende ad allargarsi in modo totalizzante in tutte le dimensioni d'esistenza della persona (Murgia 2010). L'entrata del lavoro nella dimensione quotidiana, attraverso la fusione dello spazio domestico e lavorativo, la cosiddetta domes-
tication (Bologna 1997), cosĂŹ come la privazione della libertĂ progettuale sulla propria vita, comportano una riduzione della sfera privata, da Habermas ritenuta uno spazio fondamentale per riuscire a vivere in modo attivo la societĂ civile 2008.
Nel descrivere la particolare professione svolta da redattori e redattrici ho
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cercato di mettere in luce sia gli aspetti di soddisfazione derivanti dall'attività lavorativa di questi lavoratori della conoscenza, che le criticità. Alcuni aspetti della condizione lavorativa descritta sono senz'altro ambivalenti, spesso anche per la natura informale con cui da parte datoriale vengono gestiti i rapporti di lavoro. La gestione informale, la temporaneità dei contratti e la (supposta) libertà di organizzazione dei tempi e dei luoghi in cui svolgere il proprio lavoro presenta quindi delle opportunità oltre che dei limiti, ma il fatto che i percorsi professionali siano in qualche modo tutti a sé stanti e caratterizzati da una forte eterogeneità contribuisce a rendere più di cile lo sviluppo di un sentire comune, elemento fondamentale per lo sviluppo di una piattaforma di rivendicazioni che possa essere condivisa.
Questo elemento è emerso in modo critico nei racconti delle
persone che ho intervistato. Il fatto che il riconoscimento dei diritti sia basato sulla tipologia contrattuale del lavoro dipendente a tempo indeterminato porta peraltro a una contrapposizione tra lavoratori che lavorano per la stesso datore di lavoro, ma attraverso forme contrattuali diverse che rende ulteriormente complessa l'attività di rappresentanza delle tradizionali organizzazioni sindacali.
L'impossibilità di accedere alle tutele sociali ha quindi due importanti conseguenze, da un lato può portare chi ne è escluso a considerare dei privilegi quelli che per anni in Italia sono stati dei diritti acquisiti e dati per scontato,; dall'altra impedisce una concreta acquisizione della piena cittadinanza per chi lavora con forme contrattuali semi-autonome o parasubordinate (Samek Lodovici 2008, Berton, F. e Ricchiardi, M. e Sacchi, S. 2009).
Da questo lavoro di ricerca è emerso come sia la gestione individualizzata dei rapporti di lavoro, che le condizioni di precarietà nella quale sono inseriti questi lavoratori della conoscenza contribuiscono a rendere più ostica l'attività delle or-
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Conclusioni ganizzazioni tradizionali di rappresentanza. Sembrano invece avere delle maggiori potenzialitĂ di riuscire a rispondere alle esigenze dei knowledge workers forme auto-organizzate di rappresentanza, come nel caso che ho scelto di approfondire. Ho infatti individuato una rete di lavoratori/trici auto-organizzati/e e ho cercato di comprendere le forme di azione collettiva che cercano di mettere in atto. Nello speci co, ho indagato tre aspetti della loro attivitĂ : la rappresentazione della condizione di precarietĂ all'interno dell'editoria; l'auto-organizzazione interna, la gestione del potere e la costruzione di un modello di democrazia interna; l'attivitĂ di rappresentanza, ovvero le strategie messe in atto per vedersi riconosciuti e riuscire quindi a portare avanti le proprie istanze.
Per quanto attiene l'attività di auto-rappresentazione portata avanti dalla Re.Re.Pre , la Rete dei redattori precari, nella ricerca è emersa una grossa attenzione all'immagine trasmessa all'esterno nelle occasioni di comunicazione pubblica. Questo sottolinea l'importanza di comunicare non solo per descrivere la realtà esistente, ma anche per costruire un immaginario in grado di porre l'accento sulle questioni ritenute piÚ rilevanti (Bruni and Murgia 2007, Bruni and Selmi 2010). Il processo di costruzione dell'immaginario viene portato avanti su un piano pubblico attraverso la cura delle comunicazioni con l'esterno, ma avviene anche sul piano interno, nel quale si attiva un confronto sulle di erenti esperienze di mobilitazione e di ri essione critica sulla condizione di precarietà nel campo dell'editoria. Emerge cosÏ la di coltà intrinseca all'attività di auto-rappresentazione, la quale è elemento necessario per il superamento dell'isolamento identitario diffuso tra i knowledge workers, ma comporta anche una evoluzione nel modo di comunicare e nelle scelte linguistiche dei soggetti coinvolti, che caratterizzati da diverse situazioni e da diversi percorsi sia professionali che di mobilitazione
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spesso faticano a condividere un immaginario e delle rivendicazioni comuni.
La rete al centro di questo lavoro di tesi risulta dunque un caso di studio interessante proprio per il tentativo di superare tali criticità.
Uno dei punti
di forza di questa rete di lavoratori della conoscenza è infatti la sua struttura auto-organizzata: l'assenza di una gerarchia e la massima libertà di iniziativa riconosciuta ai membri della rete sono emersi come elementi estremamente apprezzati nei racconti delle persone che ho intervistato. La natura volontaristica di questa organizzazione e la percezione del legame diretto tra la propria disponibilità e quanto la Re.Re.Pre riesce a realizzare sono caratteristiche che permettono a questa realtà di valorizzare al massimo il complesso di saperi in possesso dei
knowledge workers che la compongono, i quali possono giocare un protagonismo non opprimente, che pare essere un forte incentivo alla partecipazione. L'autoorganizzazione della Re.Re.Pre, d'altra parte, non signi ca disorganizzazione o improvvisazione, ma massima libertà d'azione per i membri della rete all'interno dei nodi locali e possibilità di confronto alla pari all'interno della rete sui temi nazionali. Questa rete non è tuttavia priva di una struttura interna, l'esistenza del gruppo di coordinamento, aperto a chiunque ne voglia entrare a far parte, garantisce l'unitarietà e la coerenza delle iniziative portate avanti dai singoli nodi. La Rerepre pare infatti ri utare il modello democratico rappresentativo, fondato sulla delega, a favore di modelli democratici di stampo partecipativo- deliberativo (della Porta 2011). Le decisioni sono prese da tutte le persone che decidono di mobilitarsi, confrontandosi alla pari con gli altri membri, sulla base delle proprie argomentazioni e proposte. D'altra parte vengono date poche possibilità di esprimere le proprie opinioni sulla rete alle persone che non si rendono attive in essa.
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Conclusioni La Rerepre ha portato avanti in questi anni un percorso di auto-rappresentanza estremamente interessante e particolareggiato.
Questa realtĂ auto-organizzata
ha infatti come obiettivo divenire interlocutore diretto della controparte e ha sviluppato in maniera strategica una rete di relazioni e iniziative con altre realtà attive nel panorama politico italiano (Murgia and Selmi 2011). L'approccio adottato da questa rete può essere de nito laico , nel senso che è caratterizzato dalla massima libertà riconosciuta ai suoi membri nel prendere contatti con realtà che si ritiene possano condividere con questa degli obiettivi, e al contempo dalla cautela nel valutare le iniziative a cui dare u cialmente il proprio sostegno. In questa ricerca ho posto l'attenzione sul rapporto mantenuto dalla Re.Re.Pre con un'istituzione di rappresentanza tradizionale, la CGIL, e una realtà estremamente signi cativa nel panorama dei movimenti attivi riguardo al precariato a livello nazionale e internazionale: San Precario.
L'interesse di questo studio di caso risiede dunque anche nel fatto che si tratta di una realtĂ che ha delle relazioni seppur di erenti con soggetti sia istituzionali che piĂš vicini ai movimenti sociali.
Se da un lato ha ottenuto un
riconoscimento u ciale da parte del sindacato, e addirittura un cambiamento delle prassi e dei meccanismi di un suo organo interno dirigenziale per dare voce a questa realtĂ autonoma, come auspicato in letteratura da Musso (2008) e Rullani (2008)); sull'altro versante ha condiviso con San Precario diverse rivendicazioni, e la rielaborazione della rappresentazione del fenomeno precarietĂ .
La Re.Re.Pre è stata quindi un interessante esempio di auto-organizzazione e auto-rappresentanza dei lavoratori della conoscenza. La sua capacità di dialogare con diverse realtà le ha nora permesso di superare le rigide contrapposizioni tra movimenti sociali autonomi e sindacati tradizionali (Murgia and Selmi 2011),
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permettendo l'incontro delle ri essioni sviluppate in questi due campi al ne di ottenere una rappresentanza dei precari riconosciuta e legittimata sia dai lavoratori e dalle lavoratrici che dalle istituzioni.Considerazioni sul metodo Questo lavoro di ricerca nasce con l'intento di comprendere il fenomeno dell `auto-rappresentanza in una rete di soggetti precari nell'ambito del lavoro della conoscenza, a partire dalle pratiche discorsive e relazionali messe in atto al ne di vedere riconosciuta la possibilità di incidere sulle proprie condizioni di lavoro. L'individuazione delle tecniche di ricerca adeguate allo studio di questa realtà è stata particolarmente complessa, qui di seguito riprenderò le scelte che ho compiuto mettendo in luce i principali risultati che hanno prodotto. La ricerca è stata condotta attraverso delle interviste semi-strutturate, che mi hanno permesso di accedere al signi cato soggettivamente costruito dell'attività lavorativa dei redattori e delle redattrici intervistati, e la loro percezione dell'attività della realtà auto-organizzata di cui fanno parte. A questa tecnica ho a ancato l'analisi dell'utilizzo di alcuni strumenti tecnologici da parte delle persone di questa rete, in particolare le mailing list e il sito internet. La decisione di portare avanti la ricerca con un approccio induttivo e come
case study qualitativo ha signi cato scommettere sulla possibilità di comprendere, a partire dallo speci co caso che ho studiato, alcuni elementi salienti che caratterizzano più in generale il lavoro dei knowledge workers, la dilagante incertezza legata alla loro professione e i conseguenti cambiamenti dei sistemi di rappresentanza La scelta di restringere la ricerca ad un'unica organizzazione, portando avanti uno studio di caso, mi ha consentito di analizzare questa realtà con diversi strumenti (Gherardi and Poggio 2003), potendo quindi mettere in luce una parte
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Conclusioni della complessitĂ insita in essa. Nello speci co la scelta di a ancare strumenti tradizionali di ricerca, quali le interviste semi-strutturate e l'osservazione partecipante, a strumenti centrati sulla realtĂ online, quali l'analisi delle mailing list e del sito con strumenti nativi digitali o tramite osservazione, credo che abbia dato dei risultati interessanti nel consentire una maggior comprensione di questa realtĂ , che esprime la sua esistenza tanto online che o ine.
Nella parte di ricerca incentrata sulle condizioni lavorative dei redattori e delle redattrici ha svolto un ruolo fondamentale il racconto in prima persona delle esperienze vissute; evidenziando la pro cuitĂ di un approccio che pone al centro le soggettivitĂ per studiare fenomeni connessi alla precarietĂ , come messo in luce da diverse recenti ricerche sul tema (Armano, 2010; Murgia, 2010).
Il processo di costruzione dei capitoli empirici è stato condotto cercando di dare il piÚ ampio spazio possibile alla voce e alle parole dei componenti della Re.Re.Pre, attraverso ampi brani riportati dalle interviste, dal sito e dalle conversazioni via e-mail.
Proprio per valorizzare le parole usate dalle persone
che ho incontrato durante questo percorso di ricerca, per riuscire a far sentire il loro linguaggio, e vista l'abbondanza di materiale empirico a mia disposizione, ho preferito non utilizzare brani tratti dalle mie osservazioni etnogra che, prediligendo frasi e a ermazioni che ho raccolto in modo letterale dalle interviste, dal sito internet o dalle mail. La mancata valorizzazione dell'osservazione partecipante nella stesura dell'elaborato rappresenta sicuramente uno dei limiti metodologici di questa ricerca.
Questa tecnica è infatti stata per me certamente necessaria
alla comprensione delle dinamiche osservate, ma non trova un chiaro spazio e un adeguato riconoscimento del suo contributo all'interno dei capitoli empirici.
La decisione di condurre lo studio di caso anche come cyberethnography (Teli
270
et al. 2007) ha inoltre permesso di mettere in luce come i processi di costruzione di senso soggettivi e collettivi di questa rete si sviluppino sia online che o ine, attraverso tre livelli di esistenza di questa organizzazione. Nella ricerca ho infatti considerato la dimensione della narrazione pubblica della rete attraverso il suo sito web, luogo di comunicazione e a ermazione della propria esistenza e identitĂ ; la dimensione della costruzione dei signi cati all'interno della rete, attraverso riunioni di nodo e scambi di e-mail; ed in ne la terza dimensione di esistenza della Re.Re.Pre: la narrazione soggettiva della rete, espressa dalle singole persone appartenenti alla rete. L'adozione di questi tre livelli di analisi mi ha permesso di rendere conto di diverse sfaccettature della stessa realtĂ .
In ne, penso sia interessante sottolineare il contributo peculiare dato alla ricerca dagli strumenti di ricerca nativi digitali, costruiti ad hoc per questo lavoro e dunque utilizzati in via sperimentale.
L'applicazione sviluppata dal-
la fondazione govcom.org, issuecrawler si è rivelata particolarmente fruttuosa per visualizzare l'attuale reticolo di siti nel quale è inserita la pagina web di Re.Re.Pre, in particolare ha permesso di mostrare la rilevanza di questa realtà nell'essere un soggetto in grado di dialogare e intrattenere rapporti tanto con realtà istituzionali, quali la CGIL, che con realtà autonome, come Precaria.org.
Per via della loro natura sperimentale, l'applicazione mail2gource.py e i video prodotti con gource sono da intendersi in questa ricerca piĂš come suggestioni che come strumenti. La possibilitĂ di visualizzare le conversazioni mail come parte di una rete di signi cato costruito in modo dinamico dai soggetti appartenenti al reticolo, e la possibilitĂ di visualizzare le dinamiche all'interno di queste organizzazioni attraverso un video, hanno supportato notevolmente il lavoro di analisi delle mailing list, ma si tratta, al momento, di un prototipo che necessita di uno
271
Conclusioni sviluppo organico per poter essere considerato uno strumento di analisi vero e proprio. Le scelte metodologiche fatte in questa ricerca hanno permesso di dare un contributo su tematiche giĂ prese in considerazione in letteratura, attraverso un peculiare punto di vista, che ha cercato di abbracciare la complessitĂ di questa organizzazione, sia per quanto riguarda gli strumenti utilizzati dai membri della rete che per gli spazi online e o ine nei quali la Re.Re.Pre si esprime.
Questioni aperte
Al termine di questo percorso diverse questioni rimangono in sospeso, aperte a successive ricerche e ri essioni, sia in relazione agli aspetti metodologici della ricerca condotta, sia agli aspetti sostantivi legati ai risultati empirici. A livello di strumenti di ricerca ritengo che possa risultare interessante approfondire e sviluppare degli strumenti che consentano di evidenziare la natura dinamica delle interazioni, all'interno dei movimenti e delle organizzazioni, che si sviluppano tramite mediazione tecnologica. Gli strumenti proposti nel contesto dalla Digital Methods Initiative
31 , infatti, sono volti principalmente allo studio
delle dinamiche e delle reti che si sviluppano attorno ad alcuni temi di discussione
32 . Lo strumento qui proposto, mail2gource.py, invece perme-
(issue) su internet
tte di osservare i processi di costruzione di signi cato all'interno di una stessa organizzazione o all'interno di uno stesso spazio di confronto. La mediazione tecnologica consente di ricostruire in maniera precisa le dinamiche e le tempistiche
31 Per
maggiori
informazioni
sulla
Digital
Methods
Initiative
si
guardi:
www.digitalmethods.net/.
32 Per
un
importante
esempio
di
ricerca
condotta
con
questo
strumento
si
veda:
http://www.demoscience.org/controversies/index.php, un gruppo di ricerca che coinvolge tra gli altri Bruno Latour e Richard Rogers nella mappatura delle controversie nel web.
272
delle interazioni che avvengono all'interno di essa, permettendo quindi di connettere queste informazioni con quanto rilevato attraverso altri strumenti di ricerca e di ricostruire il processo continuo di sviluppo dei signi cati all'interno dell'organizzazione. Certamente condurre l'analisi prendendo in considerazione sia le interazioni mediate che quelle non mediate tecnologicamente può comportare un allungarsi dei tempi necessari per la conduzione della ricerca, ma risulta di cile immaginare un'analisi organizzativa di realtà complesse e reticolari senza porre attenzione ai diversi strumenti di costruzione del signi cato e al coordinamento da questi usato. Date le caratteristiche tecniche o erte dall'ambiente tecnologicamente denso che caratterizza la società contemporanea, lo sviluppo di strumenti in grado di supportare l'attività del ricercatore è a mio avviso una delle prospettive piÚ interessanti e dal grande potenziale, proprio per il fatto che potrebbe integrare una cassetta degli attrezzi che, quanto meno per quanto riguarda i software liberi o opensource, risulta al momento piuttosto lacunosa.
Al livello dei risultati sostantivi della ricerca condotta, l'analisi dell'attivitĂ della Re. Re. Pre. ha permesso di mettere in luce diversi aspetti che potrebbero divenire oggetto di ulteriori ricerche e approfondimenti.
Il processo collettivo
e auto-organizzato di costruzione identitaria presentato in questo lavoro, e le dinamiche decisionali qui illustrate, contribuiscono a delineare nuove prospettive per i sistemi di rappresentanza e le istituzioni democratiche proprio mentre le di coltà di queste strutture stanno emergendo in modo evidente a livello nazionale e sovranazionale. Un aspetto che sembra meritare ulteriori approfondimenti è inoltre la divisione del potere e la struttura decisionale e in qual modo queste giochino nel coinvolgimento di lavoratori e lavoratrici inseriti in contesti molto frammentati.
L'auto- organizzazione pare essere una forma in grado di
273
Conclusioni facilitare il superamento dell'isolamento di questi lavoratori della conoscenza. Da questo studio di caso emerge come l'organizzazione uida abbia permesso a questa organizzazione di ottenere due importanti risultati: da un lato è riuscita a coinvolgere altre persone all'interno dell'attività della rete, agendo sulla dimensione territoriale e aziendale, dall'altro ha consolidato la propria capacità di auto-rappresentanza mantenendo una stretta connessione sia con gli altri movimenti contro la precarietà (San Precario in primis), sia ottenendo importanti riconoscimenti alla propria attività da parte del sindacato. Il cambiamento nella gestione di un organo di rappresentanza tradizionale (il direttivo della SLC-CGIL-Bologna), nel senso di un'apertura a una realtà auto- organizzata di lavoratori precari, potrebbe essere un segnale importante di un ripensamento strutturale in atto all'interno del più importante sindacato in Italia.
Sarebbe
interessante quindi approfondire le modalità attraverso le quali viene portata avanti l'attività di auto-rappresentanza di questa rete, focalizzando l'attenzione unicamente sulle strategie da essa adottate nel curare le relazioni con il sindacato da un lato e i movimenti dall'altro. Elemento complementare sarebbe un'osservazione delle dinamiche all'interno di queste altre organizzazioni nel relazionarsi con questa realtà auto-organizzata.
In secondo luogo penso sarebbe interessante continuare ad osservare l'attività rivendicativa di questa rete per osservare se le energie investite dalla Rerepre nella costruzione di un immaginario collettivo riusciranno a innescare dei processi in grado di favorire il superamento dell'isolamento dei lavoratori della conoscenza impiegati in questo ambito in modo abbastanza consistente da arrivare a dialogare non solo con le altre organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, ma anche con le associazioni della parte datoriale.
274
A anco delle ri essioni legate strettamente alla ricerca si a acciano quindi interrogativi di carattere piĂš generale relativi alla necessitĂ di ripensamento delle strutture di rappresentanza.
La nascita e di usione di realtĂ auto-organizzate
di precari, nonostante il carico in termini di tempo e di risorse che questo signi ca dal punto di vista soggettivo, evidenzia la di usione di istanze di partecipazione e la volontĂ di cambiamento che non riescono a trovare spazio all'interno delle istituzioni democratiche tradizionali.
La di denza emersa nei confronti
delle strutture rappresentative tradizionali e lo sviluppo di movimenti autonomi suggeriscono l'urgenza dello sviluppo di nuove forme democratiche in grado di valorizzare queste energie e dare voce alle nuove rivendicazioni che esprimono.
275
Conclusioni
276
Indice
277
Indice
278
Appendice 1 Traccia di intervista semi-strutturata ai membri della Rete dei Redattori Precari (Re.Re.Pre.) Obiettivo generale : comprendere le condizioni di lavoro dei soggetti intervistati all'interno del mondo dell'editoria. L'intervista mira inoltre ad approfondire il processo di adesione e le modalità di partecipazione alla Rete dei Redattori Precari, con una particolare attenzione all'utilizzo degli strumenti web.
Percorso di formazione •
Potresti raccontarmi il tuo percorso di studio?
•
Hai fatto altre esperienze signi cative di formazione?
•
Hai fatto particolari esperienze associative che a tuo parere sono state rilevanti per la tua formazione?
Percorso lavorativo •
Potresti raccontarmi la tua storia professionale?
•
Che lavori hai svolto nora?
•
Con che tipo di contratti?
•
Per quali ragioni questi lavori sono arrivati al termine?
•
Attualmente che lavoro svolgi?
•
Da quanto tempo?
•
Potresti raccontarmi la quotidianità del tuo lavoro (modalità di lavoro, luogo, orari, rapporto con colleghi e datori di lavoro, ecc.)?
279
Appendice 1 •
Con che tipo di contratto lavori?
Hai sempre avuto lo stesso tipo di
contratto? Hai avuto dei rinnovi contrattuali?
•
Quali margini di autonomia hai nel tuo lavoro (in termini di attività svolte, gestione del tempo e permanenza sul luogo di lavoro)?
•
I tuoi colleghi sono prevalentemente uomini o donne?
•
Quali aspetti del tuo lavoro trovi particolarmente grati canti e rilevanti?
•
Quali elementi del tuo lavoro sono particolarmente frustranti?
•
Che cosa vorresti cambiare del tuo lavoro se potessi avere piena libertà di scelta?
•
Ci sono elementi del tuo lavoro che hanno una particolare in uenza sulla tua vita privata? Se sì, quali? Potresti farmi degli esempi?
•
Qual è la tua situazione abitativa attuale?
La rete dei redattori precari Rre.Re.Pre •
Cos'è Re.Re.Pre? Quando è nata? Da chi è stata fondata?
•
Quali sono state a tuo parere le condizioni che hanno permesso la nascita di questa rete?
•
In qual modo l'hai conosciuta e ne se diventato parte attiva?
•
Che cosa ti ha spinto a farne parte?
•
In cosa consiste l'attività di Re.Re.Pre? Quali sono le sue principali iniziative?
•
Nella rete c'è una maggior presenza maschile o femminile?
•
Com'è strutturata questa rete? Come lavora?
•
Quali aspetti apprezzi maggiormente di questa rete? Quali non ti convincono?
280
•
Che ruolo svolgi al suo interno?
•
Quali strumenti secondo te Re. promuovere le sue iniziative?
Re.
Pre.
può e dovrebbe utilizzare per
A quali iniziative la rete dovrebbe dare
prioritĂ ?
•
Recentemente, tra le altre iniziative, Re.Re.Pre sta promuovendo la stesura di un tari ario. Qual è la tua opinione a riguardo?
•
Hai visto la puntata di Presa diretta del 2 ottobre in cui è intervenuta anche la Rete? Cosa ne pensi?
Partecipazione ad altre organizzazioni •
Sei iscritta/o a qualche sindacato o collettivo o altra forma di associazione di lavoratori/trici?
•
Se sĂŹ, quali? Quali ragioni ti hanno spinto a farne parte?
Ruolo degli strumenti web •
Re.Re.Pre. ha diverse liste di distribuzione, un sito internet, una pagina Facebook ed un account Twitter, come vengono gestiti questi strumenti? Ce ne sono altri che ritieni importanti?
•
Ho visto che la pagina Facebook è utlizzata principalmente come bacheca per i messaggi, pensi che potreste usarla diversamente? Come ti sembra rappresenti la rete Re. Re. Pre.?
•
L'account Twitter di Re.Re.Pre. è stato creato da poco che contributo dà all'attività della rete, hai qualche idea su un modo per renderlo piÚ e cace?
•
Ho visto che per le pagine Facebook e Twitter hanno delle persone incaricate all'aggiornamento, il sito come viene gestito?
•
Mi sembra che le mailing list siano importanti per Re.Re.Pre. usi per coordinarti con altre persone nella rete?
Come le
Quali ti sembrano le
discussioni piĂš interessanti?
281
Appendice 1 Tabella 3: Scheda Biogra ca
Sesso EtĂ Titolo di Studio CittĂ di provenienza CittĂ in cui vivi CittĂ in cui lavori Situazione abitativa Situazione a ettiva Figli/e
•
Mi sembra che le mailing list siano importanti per Re.Re.Pre. A quali sei iscritt*, come le usi per coordinarti con altre persone nella rete? Quali ti sembrano le discussioni piĂš interessanti?
•
Come mai il gruppo di coordinamento rma le sue mail come la Coordinadora ?
•
Hai delle strategie per distinguere le email da Re.Re.Pre. da quelle relative al lavoro?
•
Un'ultima domanda. Secondo te ci sono criteri che discriminano le discussioni che hanno luogo online e o ine? Se ci sono, come si sono costruiti?
282
Appendice 2 Comunicato Stampa in risposta a Presa diretta LunedĂŹ 03 Ottobre 2011 10:56
Una generazione sfruttata ma non rassegnata Il gruppo di coordinamento di
Rerepre
ritiene necessario puntualizzare al-
cune questioni per dare voce ai diversi sentimenti che hanno accompagnato la
Presadiretta Generazione sfruttata , andata in onda su Rai Tre domenica 2 ottobre alle ore 21.30 e dedicata al tema della precarietĂ . Riconosciamo a Riccardo Iacona l'onestĂ e il coraggio di aver denunciato visione della puntata di
una situazione di precarietĂ ben presente in Rai e nel suo stesso programma. Ci rendiamo inoltre conto che,
per chi conoscesse poco il fenomeno
oppure
non avesse piena percezione della sua portata socioeconomica, il reportage possa aver rappresentato
una prima nestra sulla realtĂ ,
di cui ha dato una de-
l'uso improprio delle forme contrattuali atipiche e l'inadeguatezza del sistema previdenziale italiano. Fatta questa premessa doverosa, data la scandalosa carenza di informazione sul tema della precarietà , avremmo voluto che si parlasse anche e soprattutto di proposte e possibili soluzioni: dalla trasmissione non è a atto scrizione piuttosto fedele soprattutto per quanto riguarda
emerso che i precari non richiedono necessariamente un contratto a tempo inde-
condizioni di lavoro dignitose, estensione dei diritti e delle tutele, un welfare piĂš giusto. AnzichĂŠ raccontare di lotte, rivendicazioni, reti di solidarietĂ , lavoratori autorganizzati (elementi che potevano dare speranza, invece che farci venire terminato, bensĂŹ
voglia di comprare un biglietto per l'estero), la trasmissione è stata costruita principalmente sulla solita
carrellata di casi umani .
L'apologia delle con-
dizioni di lavoro degli italiani a Barcellona ci è sembrata fuorviante: proprio nei
283
Appendice 2 mesi scorsi migliaia di indignados sono scesi nelle piazze spagnole, e la situazione del paese non è certo idilliaca. Quello che vogliamo rivendicare con questo nostro commento è una reazione
senso di impotenza davanti alla rappresentazione della precarietà data dai media. Unirsi e lottare per riprendersi i propri diritti è possibile, e spesso conduce a risultati concreti, come nell'unico caso di vertenza legale mostrato nell'inchiesta di domenica sera. Ma per riuscirci i precari devono acquistare consapevolezza del proprio valore all'interno del sistema produttivo (e quindi del proprio potere) e fare rete. Per questo è necessario dare voce al risveglio della coscienza civile, alle lotte, alle forme di cooperazione che partono dal basso, alle nostre vittorie. La sterile descrizione dello status quo, che ha come unico risultato quello di cavalcare l'onda del patetismo e abbattere ulteriormente l'animo dei lavoratori precari, non è più su ciente. Quello che i media dovrebbero mostrare sono esempi concreti di resistenza. Altrimenti non usciremo mai da questa situazione di precarietà e ricattabilità, e saremo al
per sempre una generazione sfruttata . Anche a ottant'anni.
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Ringraziamenti La cosa piÚ bella di questo percorso di tesi sono state le persone che mi hanno accompagnato. Alcune mi accompagnano da sempre, con altre ho condiviso solo una parte del percorso, ma è grazie al confronto con loro che le idee sono germogliate ed evolute. Devo ringraziare prima di tutto i miei genitori, che mi hanno sempre garantito il loro sostegno e i mezzi per poter portare a termine questo lavoro.
Assieme a loro
ringrazio la nonna Teresa, per l'incondizionata ducia che mi ha sempre trasmesso, e un pensiero ai nonni Rino, Carla e Antonio, che penso sarebbero stati felici di festeggiare con me questo traguardo. Grazie a Francesco e a Maria per la comprensione che mi hanno dimostrato quando fuso dalla tesi sono divenuto ancora piĂš intrattabile. grazie speciale ai miei informatici: Pietro e Daniele.
Un
Il loro apporto a questa tesi è
imprescindibile. Senza il contributo di Pietro questo lavoro sarebbe molto piĂš povero, l'entusiasmo e il tempo che ha dedicato assieme a me nello sviluppo di nuovi strumenti di ricerca ha permesso di concretizzare le mie fantasie. PapĂ e fratello sono stati per me compagni di lavoro speciali, la cui disponibilitĂ mi ha sempre stupito. Un grazie anche alle altre persone che mi hanno aiutato nel lavoro di impaginazione, grazie Jack, grazie Emi. Grazie agli zii e ai cugini che hanno fatto il tifo per me. A tutti i compagni di studi che ho incontrato in questi anni:
un grazie a Luca
vero compagno per anni e Roby, che mi hanno mostrato la via della LOSI. Grazie agli a cionados dell'aula archeologica, con cui ho condiviso tanti ca Ê da riempire una vasca, e alla giuria che mi ha incoronato con l'unto come Mister Crocchetta . Ai compagni di corso e ai docenti che mi hanno aiutato a elaborare i pensieri di valore presenti in questa tesi, grazie. A tutte le amiche e gli amici con cui ho condiviso i miei pensieri sulla tesi e sulla vita, incontrati negli scout, lavorando, cantando o correndo al parco o dietro ad un pallone, c'è anche un po' di voi qui dentro. Ai membri del gruppo Vain ga, grazie per il rock. Per Emilio, grazie e basta. A Marta, compagna di strada e di vita, grazie, è bello crescere assieme. In ne alla Rete dei Redattori Precari, ed in particolare alle persone che ho avuto modo di conoscere in questo anno e mezzo: la disponibilità e allegria che ho sempre incontrato avvicinandomi a voi ha reso gioioso il mio studio, la vostra forza nel credere che uniti ce la si può fare è un grande esempio per me, grazie.
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