il potere rosso delle donne:credenze e simbologie del sangue mestruale, fra puro e impuro

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Università degli studi di Verona

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STORIA DELL’ARTE

Tesina in Antropologia storica Professore: Federico Barbierato

IL POTERE ROSSO DELLE DONNE: CREDENZE E SIMBOLOGIE DEL SANGUE MESTRUALE, FRA PURO E IMPURO.

Bigardi Valeria, VR354373

ANNO ACCADEMICO 2010-2011

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Indice

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Le sembrò che il ragnetto fosse arrivato fino al malleolo del piede sinistro. Lo guardò e con suo grande spavento vide che dal malleolo le gocciolava del sangue (…). In qualche luogo abbastanza vicino cantò un gallo.

V. Nezval, Valeria e la settimana delle meraviglie.

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Intoduzione

1.

“Non si troverà facilmente qualcosa di più stupefacente, di più anomalo, del flusso delle donne.”

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La percezione del corpo femminile e nello specifico del sangue mestruale, hanno rappresentato da sempre un tema di difficile confronto. L’evento biologico della mestruazione, che è prima di tutto accadimento fisiologico, è diventato nei millenni oggetto di una elaborazione simbolica e di comportamenti ritualistici e tabuizzanti: tutt’oggi in alcuni rituali del mondo la donna mestruata è considerata fonte di pericolo, la contaminazione mestruale è temuta come una possibilità mortale, in altre culture non lo è affatto. “Liquido in perenne movimento, interno e invisibile, linfa vitale per la pianta uomo come l’acqua lo è per i vegetali (…), il sangue possedeva una potente carica metaforica coagulante simboli ora terrifici ora salvifici connessi all’immagine nera della dissoluzione e della morte o quella positiva della rigenerazione e della vita.” 2

Il termine mestruazioni deriva dal latino “menstrum”, mensile, che richiama immediatamente alla periodicità, alla ciclicità della donna. La femmina, dunque, è periodica e in tal senso sussisterebbe una corrispondenza con la luna, e come fa notare Ida Magli, appare collegata al cosmo, al ritmo ciclico della natura, come il susseguirsi del giorno e della notte o l’alternarsi delle stagioni.3 “Il suo ritmo scandisce ed assicura la possibilità della vita e allude continuamente alla morte.”4

Il sangue mestruale nella storia della nostra cultura e in molte altre ha una concezione ambivalente, considerato da una parte come purga, con un potere purificatorio, capace di autorigenerare e riequilibrare il fisico, oppure come medicina, liquido vitale in grado di nutrire il feto5; dall’altra parte percepito come veleno, 1 “Nihil facile reperiatur mulierum profluvium magis monstrificum”: Plinio, Historia Naturalis, cit., in Ottavia Niccoli, Menstruum quasi monstruum, parti mostruose e tabu mestruali nel ‘500, in “Quaderni Storici”, agosto 1980, n. 44, p. 415. 2 Piero Camporesi, Il sugo della vita: simbolismo e magia del sangue, Garzanti, Milano 1997, p. 5. 3 Cfr. Ida Magli, La femmina dell’uomo, Laterza, Roma 1985, pp. 81-82. 4 Ivi, p. 82. 5 Galeno, medico del II secolo d. C, contribuisce alla diffusione della teoria secondo la quale il sangue mestruale costituise il nutrimento del feto nel grembo e che, in seguito a opportune trasformazioni, si trasforma in latte materno. In tal senso il sangue mestruale è intrinsecamente polimorfo.

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escrezione impura, veicolo di corruzione e maleficio. Il timore della contaminazione del sangue mestruale, una paura che ha radici antiche, era accompagnato, come vedremo, da una serie di divieti a cui la donna doveva sottostare, come non potere cucinare durante “quei giorni”, oppure non potere stare in contatto con gli uomini. Nei limiti del presente lavoro, ho tentato di delineare un inquadramento, sia pure non esaustivo, delle credenze –siano esse negative o positive- intorno alle mestruazioni. Con questa ricerca vorrei richiamare l’attenzione sul “potere”

attribuito al corpo

femminile –almeno fino alla fine dell’età moderna- il quale raggiunge le sue massime potenzialità durante il ciclo mestruale, o in altri momenti di significatività sessuale, come la gravidanza. Da questa forza scaturisce un timore verso le donne in quanto, appunto, esseri potenti. L’ aspetto che qui ho voluto maggiormente evidenziare è l’ambivalenza di significati che accompagnano il mestruo, ambiguità che si insinua sul confine tra puro e impuro, tra sacro e profano, tra vita e morte: un gioco di alternanza fra poli complementari –solo apparentemente contradditori- che si è manifestata fin dall’antichità e con cui la donna ha dovuto fare i conti, portandosi appresso dei retaggi da cui, forse, non si è ancora liberata. In questo scenario di sangue viene fuori l’immagine –che è andata perdendosi al giorno d’oggi- di un corpo femminile il quale è, prima di tutto, fluido, succulento, potente. Nell’orizzonte magico, questo liquido rosso e il richiamo a esso conferiscono alla donna una forza soprannaturale ponendola in una condizione privilegiata che andrebbe a smentire –o quantomeno a riconsiderare- la posizione di subalternità rispetto all’uomo.

2.

Il potere ambivalente della donna Il sangue e la donna sono realtà culturali in stretta connessione fra loro, tale

legame sul piano simbolico richiama ad un potere che sfugge ad un controllo immediato, a una tipizzazzione rassicurante. Ed è proprio il sangue mestruale che contribuisce a collocare la donna in questa condizione di indefinitezza, in un intreccio inestricabile di bontà e crudeltà, di vita e morte, di purezza e impurità. È interessante 7


notare come nella seconda metà del Quattrocento la donna, nella sua fisicità, diventi oggetto di simbolizzazioni: tentativi di padroneggiare ciò che è considerato “potente”, segni che servono più che altro all’uomo per meglio razionalizzare e interpretare il corpo femminile. Ne è un esempio il De secretis mulierum -opera a carattere didatticodivulgativo attribuita (erroneamente) al filosofo Alberto Magno- che acquista notorietà nella seconda metà del XV secolo: nel trattato, in cui si parla di maternità e organi riproduttivi femminili, lo Pseudoalberto indica i segni rintracciabili sul corpo della donna per permettere all’uomo di comprenderne i segreti legati alla sua castità o alla sua impurità, un modo, dunque, per cercare di afferrare qualcosa che continuamente sfugge: la dimensione della fisicità femminile, appunto.6 La sua pericolosità risiede proprio nel potere che le viene attribuito, potere dal quale scaturiscono paure, tabù, credenze sulla sua presunta mancanza di purezza, atteggiamenti di evitazione della donna durante “i giorni critici”. Questa prerogativa femminile –che pone la donna sul piano del soprannaturale- si connota per svolgersi nel segno di una duplice valenza: il sangue mestruale è apportatore di vita, ma è anche simbolo di morte. È considerato espurgo salutare, purificatorio e, nel contempo, materia sporca, impura, corrotta. E ancora, è nutrimento vitale, liquido terapeutico e, contemporaneamente, veleno mortale. Ogni forza provoca a un tempo desiderio e paura, colui che subisce tale potenza teme che essa possa generare distruzione e rovina, ma allo stesso tempo ne è attratto e sedotto. La donna e ancora di più la donna mestruata, raggiunge un potere grandioso, irresistibile, pericoloso proprio a causa della sua stessa intensità. Quando la potenza del sangue mestruale si manifesta, lo fa in unico senso, o nella dimensione positiva –della guarigione, della generazione, del nutrimento- o in senso negativo, causando malefici e morte. L’originaria ambiguità che lo connota si risolve in comportamenti contrastanti e complementari, di repulsione e di attrazione, di timore e desiderio, proprio a causa della sua natura equivoca. Appare evidente come, in tal senso, il sacro e il sangue mestruale siano collocabili nella stessa dimensione di doppiezza: sviluppano “un’azione fasta o nefasta, ottenendo le opposte qualifiche di puro o impuro” 7. La donna è “vicina al sacro

6 Cfr. Ottavia Niccoli, Il corpo femminile nei trattati del ‘500, in G. Bock, G. Nobili (a cura di), Il corpo delle donne, Traseuropea, Bologna 1988, pp. 26-27. 7 Roger Callois, L’uomo e il sacro, trad. it. di Ruggero Guarino, a cura di Ugo M. Olivieri, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 31. L’autore fa notare come nella divinità risiedi una componente terribile e una desiderabile, il tremendum e il fascinans. Questi elementi sono a mio avviso riconducibili anche alle simbologie legate al sangue mestruale, e di rimando, alla donna stessa.

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e partecipa dell’ambivalenza di tutto ciò che è sacro” 8, è legata al mistero, e quindi, non è afferrabile. Collegata al ciclo lunare, al macrocosmo, la femmina si pone quindi “al di là” dell’uomo, e, manifesta -in questa collocazione “altra”- la sua prossimità col sacro.

3.

Impurità del mestruo. L’idea della pericolosità del corpo femminile, associata alla sua impurità, è una

concezione comune a più culture e che ritroviamo in diverse dislocazioni temporali e spaziali. Il periodo mestruale, che si ripresenta ciclicamente, coincide con il momento di massima minaccia del corpo della donna, ossia quello in cui la donna è maggiormente impura9. Il timore del potere inquinante della “materia corrotta et sporca” 10 è presente fin dalla tarda latinità, perciò si cerca di prenderne le distanze affinché non contamini con la sua lordura ciò che lo circonda. I pericoli di contatto e contaminazione attribuiti alla fanciulla entrata nella fase della pubertà, e alla femmina durante il periodo mestruale, erano talmente forti che le donne venivano allontanate e indotte a vivere in un luogo segregato e isolato. Dall’ambito ebraico -in cui il mestruo è carico di una impurità capace di contaminare oggetti e persone- il tabù di questo sangue mensile trova un terreno di sedimentazione fra le popolazioni cristianizzate. Nel Medioevo per esempio la donna mestruata era in parte esclusa dalla Comunione, quando ciò non costituiva un divieto istituzionalizzato dalla Chiesa, era comunque preferibile che si astenesse dall’eucarestia durante “quei giorni”.11 Esclusioni delle donne mestruate dalla società sono note anche in Europa durante il Quattro-Cinquecento. Insieme all’isolamento spesso la donna non poteva cucinare 12 e in alcuni casi era costretta a un digiuno , talvolta molto severo. In altri casi poteva mangiare solo determinati cibi. Il cibo che entra in contatto con la donna mestruata –quindi impura- è pericoloso in quanto 8 I. Magli, La femmina dell’uomo, cit., p. 105. 9 Cfr. O. Niccoli, Il corpo femminile nei trattati del ‘500, pp. 32-33. 10 Levino Lemnio, cit., in ivi, p. 34 11 Cfr. I. Magli, La femmina dell’uomo, pp. 88-91. 12 Per il rischio della contaminazione ciò che veniva considerato impuro non poteva entrare in contatto col cibo. (Cfr. Mary Douglas, Purezza e pericolo: un’analisi dei concetti di contaminazione e tabù, trad. it. di Alida Vatta, il Mulino, Bologna 1996, p. 201-202).

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contaminato; è interessante notare che anche tutto ciò che viene toccato da una persona santa viene in qualche modo sottratto all’utilizzo pubblico, il contatto sarebbe infatti mortale. Qui ritroviamo in un certo senso la vicinanza con la sacralità di cui accennavo prima, tra la donna mestruata e la santa, tra l’impuro attribuito al sangue e il puro associato al sacro. Due sfere sottilmente legate dalla stessa natura aliena e inconosciuta, ambedue collocate –secondo l’immaginario popolare- oltre l’umano, e in quanto tali temibili, potenzialmente mortifere.

4.

La presunta inferiorità della donna Conviene ricordare che il corpo femminile -nella tradizione dotta che le culture

europee ereditano dall’antichità classica- è considerato simile, ma più debole rispetto a quello maschile13; come evidenzia Piero Camporesi negli uomini e in particolare nel “tipo sanguigno” il sangue era ritenuto più caldo di quello delle donne. 14 Si credeva che il sesso femminile fosse dominato dalla luna, e non dal sole come nel caso degli uomini. La donna, quindi, come creatura lunare, era ritenuta un essere debole, inferiore, anche per la sua natura “fredda” e umida.15 Nell’antichità –ma pure per buona parte dell’età moderna- si continuava a credere che il corpo della donna fosse inquinato, la mestruazione veniva pertanto percepita come spurgo in grado di espellere “tutto il soverchio escremento accumulato, tutti i superflui umori” 16. Sono i padri della scienza medica –la scuola ippocratica, Aristotele e più tardi Galeno- a porre le basi filosofiche e mediche sulla presunta inferiorità del corpo femminile su cui si fonda la cultura occidentale. La donna, secondo la genetica aristotelica, produce il sangue mestruale per 13 Cfr. Gianna Pomata, Uomini mestruanti. Somiglianza e differenza fra i sessi in Europa in età moderna, in “Quaderni storici”, aprile 1992, n. 79, pp. 54-55. La studiosa fa notare come nel pensiero filosofico greco la presunta inferiorità del corpo femminile sia basata proprio sull’analogia fra uomini e donne, sulla negazione di una diversità radicale fra i sessi. È proprio l’ omologazione del corpo femminile a quello maschile che porta ad uno sminuimento del primo, percepito come difettoso, imperfetto. 14 P. Camporesi, Il sugo della vita, cit., p. 49. 15 Cfr. G. Marinello, cit. in O. Niccoli, Il corpo femminile nei trattati del Cinquecento, p. 34: “(…) essendo per la sua frigidità et humidità un debile huomo, e come fatto a caso, et perciò sopravenendo in lei alcuni superflui humori nati da indigestione, dalla natura, sono raccolti per spatio di ciascun mese nel sangue, il quale come di soverchio et non buono alla conservazione del corpo ne manda fuori (…) acciocché, non essendo di complessione perfetta sì come è l’huomo, conservino la loro sanità.” 16 P. Camporesi, Il sugo della vita, cit., p. 49.

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sopperire ad una mancanza di calore vitale; l’uomo invece, il cui metabolismo è più efficiente ed evoluto, trasforma il suo sangue in seme. 17 Anche per Galeno, nato nel II secolo d.C., la “materia” mestruale è debole, espressione dell’instabilità e dello squilibrio attribuibili alla donna. Per il medico, tuttavia, la mestruazione femminile rappresenta l’esempio più palese di forza risanatrice della natura, materia fluida dall’efficacia purificatrice. “Se tu avessi l’intelligenza di capire più a fondo i grandi vantaggi che il sesso femminile riceve da questa evacuazione, e quali danni invece patisce se non è espurgato, non so come potresti ancora continuare a perdere tempo e a non eliminare il sangue superfluo attraverso ogni mezzo terapeutico a tua disposizione.”18

Tale affermazione -che vede nell’evacuazione mestruale il segno più chiaro di una naturale provvidenzialità terapeutica- sembra contraddire con quanto detto prima riguardo all’esemplarità del corpo maschile: l’uomo infatti non è soggetto alle mestruazioni e in quanto tale sarebbe incapace di autopurificarsi. In realtà Galeno, padre teorico del salasso terapeutico, ribadisce ancora una volta la superiorità del corpo maschile: l’uomo, essendo più saldo e forte, elimina la pletora –cioè l’eccesso di sangue che si forma periodicamente- per altre vie, come ad esempio il sangue che esce dal naso o il sudore. 19

5.

Il sangue mestruale nell’insieme di credenze positive e negative. Il sangue mestruale, quindi, è ritenuto inferiore rispetto a quello maschile, ed

inoltre considerato sporco, inquinato e pericoloso. Alla diffusione della considerazione di questo liquido come di un flusso volatile e mortale, ha contribuito Plinio il Vecchio che nella sua Historia Naturalis lo definisce “un veleno fatale che decompone e guasta 17 Il sangue come elemento creatore della vita è il sangue maschile, che è considerato forte e puro, che non si disperde, ma continua a riprodursi e a ritrasmettersi; sarebbe dunque il seme ad agire sul sangue mestruale ai fini della generazione del feto. La femmina, secondo la genetica aristotelica, fornisce grazie al sangue mestruale solo la materia di cui è formato e di cui si nutre l’embrione, mentre l’uomo gli conferisce l’anima. (Cfr. R. Malaguti, Le mie cose, Mestruazioni: storia, tecnica, linguaggio, arte e musica, Bruno Mondadori, Milano 2005, pp. 24-26; si veda anche Luigi. M. Lombardi Satriani, De sanguine, Maltemi, Roma 2000, pp. 41-42). 18 Galeno, Opera, t. IX, cit., in G. Pomata, Uomini mestruanti, p. 80. 19 Cfr. R. Malaguti, Le mie cose, pp. 26-28; G. Pomata, Uomini mestruanti, pp. 73-74.

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l’urina, che rende i semi infecondi, distrugge gli insetti, fa appassire i fiori e le erbe, cadere i frutti dai rami …”20 Ma questo potere distruttivo non si limitava solo alle piante, o agli insetti, ma anche agli oggetti; esso sarebbe stato in grado di appannare la lucentezza degli specchi o di oscurare lo splendore dell’avorio. Le affermazioni di Plinio sugli effetti soprannaturali del mestruo sono state riprese dalla letteratura agraria e medica, finendo così per influenzare le credenze popolari. Palladio Rutilio Emiliano, agronomo latino vissuto tra il IV e il V secolo d. C. scriveva “spaventasi la ruta della tratta della femmina immonda e mestruata” 21. Anche Columella nel De Rustica mette in guardia sugli effetti negativi del mestruo riguardo alla vegetazione, avvertendo del pericolo insito alla donna durante il periodo mestruale di far morire le piante: “bisogna stare attenti di lasciar frequentare pochissimo alle donne i luoghi dove vi sono zucche o cocomeri, perché in generale con il loro contatto fanno languire le piccole piante che crescono; se poi si trovano anche nei loro periodi mestruali, potrebbero uccidere le piante anche solo guardandole.”22

Gli effetti del potente fluido femminile, alla luce dell’ ambivalenza, che più volte ho cercato di sottolineare, non sarebbero però solo negativi. Palladio Rutilio Emiliano avverte che uno dei rimedi contro i bruchi sia far circolare nei campi una donna mestruata, con i capelli sciolti e i piedi nudi. Più tardi Mondino de Liuzzi, noto medico bolognese del Due-Trecento, fornisce una serie di prescrizioni corrispondenti a pratiche di tipo anti-parassitario, tra cui l’impiego della donna affetta dal ciclo mestruale. 23 Tale consuetudine, la cui ricetta si fa risalire a Democrito, risulta essere ancora praticata nel Seicento dalle contadine friulane. Ne è un esempio parte del testo, che di seguito riporto, proveniente da un processo inquisitoriale del 1645, in cui una delle accusate, Svalda Del Conte, confessa al giudice tutti i dettagli dello scongiuro e dell’esposizione delle parti vergognose allo scopo, appunto, di disinfestare i campi dai bruchi:

20 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, v. VII. 21 Cit. in R. Malaguti, Le mie cose, mestruazioni: storia, tecnica linguaggio, arte e musica, p. 22. 22 Lucio Giunio Moderato Columella, De re rustica, cit., in P. Camporesi, Il sugo della vita, p. 109. 23 Cfr., Franco Cardini, Tradizioni magiche e medicina popolare. Note su alcuni trattati tre-quattrocenteschi di agronomia, in “La Ricerca Folklorica, 1983, n. 8, pp. 38-39.

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“ è andata a torno con le vesti alzate mostrando le parti vergognose per cacciar via le rughe (bruchi), le quali dentro gli facivano dano, con dir sempre tanto che si faceva il circolo: ‹‹Fui, fui ruie et il mio con ti mangiuie››24.”25

Qui il sangue assume chiaramente una valenza positiva, ha infatti il potere di proteggere i campi dagli insetti. Nelle tradizioni popolari l’uso del sangue a scopo terapeutico è largamente documentato; sempre nel friulano, una testimonianza risalente allo stesso periodo -trovata fra le carte di un prete che investigava sulle pratiche magiche- informa di una donna che come rimedio al mal di testa del suo bambino, ricorreva al potere delle donne mestruate. La guarigione avveniva con la vicinanza delle donzelle ad una vite di cividino 26, le ragazze dovevano tenere in braccio la creatura e passarsela di mano in mano per tre volte, pronunciando certe parole.27 Nella farmacopea antica e moderna, del resto, al sangue mestruale erano associate molte proprietà curative, utilizzati come farmaci per curare la cefalea e altre malattie tra cui l’epilessia, la gotta, la febbre puerperale, o manifestazioni inspiegabili come le emorragie. Il coito con la donna mestruata poteva essere visto come rimedio magico per la febbre quartana o per altre patologie;28 qui però, ancora una volta, troviamo un duplice aspetto: il contatto intimo e profondo, come lo è il rapporto sessuale, poteva –come effetto rovesciato- avere conseguenze devastanti. La storica Ottavia Niccoli evidenzia che, già in uno dei canoni del I concilio di Nicea nel 325 d.C, si dichiara il divieto del coito con una donna mestruata. Il motivo di tale proibizione risiede nel pericolo -da parte dei due amanti e dei loro figli- di contrarre, tramite la contaminazione del sangue mestruale, la lebbra o la elefantiasi29. Qualche tempo dopo, nel XIII secolo, il medico-astrologo Michele Scoto –oltre a riprendere Plinio affermando che il potente liquido provocherebbe la rabbia ai cani- ne sottolinea la capacità di causare la lebbra. Nella seconda metà del XV secolo, la malattia che potrebbe scaturire dalla violazione dell’impurità mestruale, è soprattutto l’epilessia. È chiaro il tentativo: facendo leva sulle 24 ‹‹Fuggi, fuggi, bruco, e la mia vagina ti mangerà›› 25 Archivio della Curia arcivescovile di Udine, S. Officio, b. 27, proc. 946, 1645, cit. in Guido Dall’Olio, Storia moderna: i temi e le fonti, Carocci, Roma 2006, pp. 63-64. 26 Si tratta di un vecchio vitigno proveniente dalle vallate del Cividalese, nel Friuli Venezia Giulia. 27 Cfr. Luisa Accati, Lo spirito della fornicazione: virtù dell’anima e virtù del corpo in Friuli fra ‘600 e ‘700, in “Quaderni storici”, 1979, n. 41. 28 Cfr. I. Magli, La femmina dell’uomo, p. 93. 29 Cfr. O. Niccoli, Menstruum quasi mostruum, p. 411.

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paure maggiori di un dato tempo -come quella di contrarre un male terribile- si voleva scoraggiare la tentazione di copulare con una donna mestruata. Tale teoria rientra indubbiamente nella sfera del tabù mestruale. Verso la metà del Cinquecento, la Niccoli fa notare che si diffonde la credenza che l’accoppiamento impuro potesse generare creature mostruose, quale conseguenza del castigo divino. 30 In questo momento storico, del resto, il tema delle nascite dei mostri è molto in voga, come testimonia la larga diffusione dei trattati di teratologia. Questa credenza di un rapporto diretto causa-effetto tra concepimento mestruale e parti mostruosi, sopravvive (nonostante il suo esaurirsi nella cultura dotta) fino all’Ottocento. È curioso rilevare, ancora oggi, la persistenza in alcune località meno urbanizzate di atteggiamenti di evitazione del fenomeno mestruale e di credenze secondo cui il mestruo potrebbe essere causa di malattie. Nella Lomellina, zona risicola e contadina della provincia di Pavia, ad esempio, permane la concezione che la cosiddetta Badalòn -una patologia dell’età adulta, che ha come sintomi nausea, riflussi gastrici e problemi legati alla sfera sessuale e biologica della donna- sia dovuta al mestruo. I disturbi, secondo le informazioni raccolte da Marco Savini nella sua ricerca,31 sarebbero da attribuirsi ad una mancata discesa delle mestruazioni, provocate dalla “sporcizia che invece di andar giù viene su”32. Il sangue, inoltre, era chiaramente potente per scopi magici come la creazione di filtri d’amore: si credeva che esso avesse un forte potere di attrarre a sé, di allontanare il maschio desiderato dalla rivale. Nella prima metà del XVI secolo, come documentano alcuni processi inquisitoriali, si usava fare incantesimi col mestruo, ne un esempio la confessione di una certa Caterina da Casio da Bologna che dichiarò di avere insegnato a una donna cieca e indigente, Nicolosia Panzacchi, la creazione di un filtro d’amore. 33 Il miscuglio magico fatto con il mestruo, per avere efficacia, doveva poi essere accompagnato dalla recitazione di alcune parole. In alcune località del sud, ad esempio, a Colobraro –un paesino della provincia di Matera- Ernesto De Martino ha rilevato l’usanza di realizzare filtri con gocce di sangue mestruale mescolate nel vino, nel caffè, nel brodo o in altre bevande.34 Sempre nella stessa località, talvolta dal sangue essiccato 30 Cfr. Ivi, pp. 412-421. 31 Marco Savini, La tradizione interrotta. Segni magici e segnoni in Lomellina, in “La Ricerca Folklorica, 1991, n. 23, pp. 110-112 32 Le parole sono di Caterina Dondi (1903), segnona di Cassolnovo, intervistata da Marco Savini. 33 Cfr. G. Dall’Olio, Storia moderna, p. 64. 34 Cfr. Ernesto De Martino, Sud e magia, Feltrinelli, Milano 1989, p. 17.

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al forno, insieme ai peli delle ascelle e del pube, si ottenevano delle polverine utilizzate in chiesa, durante la messa; anche in questo caso l’efficacia dell’incantesimo, dipendeva dalla recita di certe parole magiche, a rafforzarne la potenza era chiaramente il contesto sacro e il fatto che la declamazione della formula avvenisse durante il momento culminante dell’elevazione dell’ostia consacrata.35

6.

Lo sguardo mestruale. Le donne mestruate fanno scaturire forze dal corpo non solo attraverso la vulva

denudata, il sangue “periodico”, ma anche con lo sguardo, capace di produrre effetti inquietanti. Un tempo si pensava che il sangue mestruale uscisse dagli occhi delle donne, sottoforma di esalazione velenosa e corruttrice, in grado di inquinare coloro che la subivano. Come evidenzia Barbara Duden: “Gli sguardi delle donne mestruate distruggevano ciò che colpivano, scioglievano la coesione degli elementi, che, fondendo, si tramutavano in un altro stato di aggregazione. Quegli sguardi erano una minaccia per i frutti in maturazione, per gli affari domestici, per i cibi, per gli oggetti preziosi.”36

Si tratta di una irradiazione visiva, potente, che ci porta a definire ancora una volta un’immagine forte della donna, di nuovo ambivalente, la cui espressione è seduttiva, affascinante e allo stesso tempo micidiale. Il malefico sguardo, quell’effluvio di sangue che passa dagli occhi, non riguarda solo la donna durante le mestruazioni, ma anche la donna in menopausa: “Fosse giovane o vecchia, mestruata o climaterica, la donna costituiva una presenza insidiosa: le giovani madri non solo corrompevano con l’alito del loro sangue catameniale i figli, ma li guastavano con le lunghe occhiate. Le vecchie col solo tocco o con lo sguardo potevano corromperli. Malsane, morbidicce nelle carni, portatrici di segrete infezioni, le fascinatrici (come gli stregoni), corrotte negli umori, contaminavano, untori perenni, sporcavano, corrompevano. Pericolose le donne mestruate, ma ancora più deleterie e infauste le vecchie.”37 35 Ivi, p. 18. 36 Barbara Duden, I geni in testa e il feto nel grembo, Bollati Boringhieri, Torino 2006, p. 49. 37 P. Camporesi, Il sugo della vita, cit., pp. 112-113

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Il corpo di quest’ultima -secondo credenze nel XVI secolo ancora ampiamente condivise- sarebbe al massimo dell’impurità, in quanto colmo di “una tal materia infetta”38, ossia il mestruo trattenuto.39 La donna, dunque, è pericolosa non solo quando rilascia, quando si apre, come nei momenti dell’ attività fisiologica che coincidono con il parto o con la mestruazione, ma lo è anche quando trattiene –altra ambivalenza- ad esempio durante la gravidanza o l’amenorrea.

7.

Il corpo fluido e succulento della donna. Da questi brevi tratti che ho cercato di mettere in luce, emerge l’idea di un corpo

femminile dalla duplice valenza, temibile e salvifico, formato da sangue, calore, latte: un miscuglio pulsante e polimorfo che la donna esperisce e sente. Questo corpo nella storia è quindi un corpo fluido, sanguigno, “pieno di sugo”40, dimensione che oggi in parte si è persa. Michele Scoto, in pieno Medioevo parla di una tipologia femminile dal corpo di colore sano, ricco di sangue; più tardi, a fine Quattrocento, Giovanni Marinello fa riferimento alla carnosità e alla “sugosità” della bellezza femminile. Molti altri esempi descrivono la donna sottolineandone la consistenza liquida, la succulenza, rimandando spesso all’immagine del sangue sano, vivo.41 In tutta l’esperienza storica del corpo emerge un modo di vivere la fisicità come “fluido”, come una mescolanza di umori. Anche a metà Settecento come fa notare Barbara Duden, molte donne quando descrivono i loro disturbi al proprio medico, sottolineano soprattutto la consistenza, ora densa, ora fluida del sangue, manifestando un rapporto tangibile con la materia di cui sono formate, con quella che i greci chiamavano hile.42 La studiosa ha raccolto, nella sua ricerca, una serie di testimonianze, risalenti a epoche diverse, riguardanti la “succulenza” del corpo della donna, la percezione femminile di un “sentirsi” fluide, 38 Alberti Magni, 1598, cit., in O. Niccoli, Il corpo femminile nei trattati del ‘500, p. 34. 39 Qui ritroviamo una connessione fra donna e stregoneria, nello specifico, si tratta del luogo comune della strega come avvelenatrice, come vecchia che uccide i bambini attraverso lo sguardo (cfr. I. Magli, La femmina dell’uomo, p. 94; O. Niccoli, Il corpo femminile nei trattati del ‘500, p. 35). 40 P. Camporesi, Il sugo della vita, cit., p. 53. 41 Cfr. ivi, pp. 50-53. 42 Cfr. B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo, pp. 21-31. La studiosa, in particolare, si concentra sulla relazione tra patologia medica, il sapere sulla malattia, e il soma (il corpo di cui le donne si lamentavano).

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materiali. Molte pazienti temevano i rischi dell’indurimento, la perdita di fluidità, il pericolo della stagnazione del sangue all’interno del corpo. Si credeva, in caso di assenza del flusso mestruale, che il sangue dovesse trovare altre vie d’uscita; la teoria delle mestruazioni vicarie che prendono vie anomale è documentata in Occidente fin dall’antichità e riguarda pure gli uomini, rivelando –anche per loro- la paura per il ristagno della materia.43 Nei casi analizzanti da Barbara Duden è interessante quello di una sedicenne che –a metà Settecento- non essendole ancora arrivato il menarca, si procura il mestruo ferendosi un dito.44 “Contenitore carnoso produttore di sangue, di latte, di sugo, la donna appariva mostruosamente problematica al pensiero maschile che credeva di vedere il mestruo scorrere dappertutto, uscire da orifizi impropri, forare la pelle, zampillare dai punti più incredibili.” 45

Il sangue mestruale –legato ad un fenomeno fisiologico, ancora troppo spesso trascurato- di cui può essere predicata ogni cosa e il suo opposto, ha conferito al corpo femminile specifiche valenze. Ciclica e lunare, in collegamento col cosmo, potente e ambigua, la donna, nella storia, si colloca sul confine fra puro e impuro, in una opposizione

bipartita

che

inevitabilmente

finisce

per

simboleggiare

diverse

manifestazioni complementari e antagonistiche di una stessa forza. Chiaramente più la potenza è intensa, più la sua efficacia è effettiva, da qui l’ambiguità sull’impuro che diventa puro, la tentazione di trasformare le lordure, presagi o pericoli di morte in benedizioni, garanzie di vita. Per dirla –e concludere- con le parole di Piero Camporesi: “ è qui che si rappresenta l’inesausto dramma fra scaro e profano, fra storia del divino e storia di quell’umano che dell’umanità vuol disfarsi”46.

43 Interessante a tale proposito il saggio già citato di G. Pomata, Uomini mestruanti, pp. 51-103, in cui la studiosa prende in considerazione il tema delle mestruazioni vicarie maschili, quali periodiche epistassi, emorroidi, sanguinamenti dai genitali, ecc. 44 Cfr. B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo, p. 30. 45 P. Camporesi, Il sugo della vita, cit., p. 96. 46 Ivi, p. 1.

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