Il «selvaggio»
«Così Cortez, all’inizio, per molti giorni tenne oppressa e terrorizzata, con l’aiuto di un piccolo numero di spagnoli e di pochi indigeni, una immensa moltitudine, che dava l’impressione di mancare non soltanto di abilità e di prudenza, ma anche di senso comune. Non sarebbe stato possibile esibire una prova più decisiva o convincente per dimostrare che alcuni uomini sono superiori ad altri per ingegno, abilità, fortezza d’animo e virtù, e che i secondi sono servi per natura» (J.G. de Sepúlveda, Democrates secundus. De iustis belli causis apud Indios (1545), cit. in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Milano, Principato, 1971, p. 32).
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Il selvaggio «Bestiae umana facie praeditae», animali dotati di umane sembianze; che vivono di solito «dispersi, ma quando vogliono riunirsi si chiamano fischiando come le scimmie e i passeri»; «asini, stupidi, dementi, insensati»; umana sottospecie, «humunculi» incapaci di accogliere la fede e condannati dalla divina provvidenza alla conversione forzata, o a una giusta estinzione. (Cfr. A. Thevet, La singularitez de la France Antartique (1558), P. Magalhaens de Gandano, Historia da Provincia Sãcta Cruz (1576), T. Ortiz, Estas son la propriedades de los Indios donde no merecen libertades (1552), J.G. de Sepúlveda, Democrates secundus, G.F. de Oviedo, Historia general y natural de las Indias (1535-1537), D. de Bezantos, relazione al Consiglio delle Indie (1528): tutti in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi, cit., I, 1 (“Immagini negative dell’indigeno americano”), pp. 28-71.
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Il selvaggio = l’«indemoniato» «E così vediamo come il sommo Dio dispone di sacrifici, sacerdoti, sacramenti, religiosi, profeti, gente dedicata al suo culto divino e alle cerimonie sacre, così anche il demonio ha i suoi sacrifici, sacerdoti, tipi di sacramenti, gente dedicata alla appartata vita monastica e alla santità, benché falsa, e mille generi di falsi profeti». (J. de Acosta, Historia natural y moral de las Indias (1590), V, 11 (consultabile nella Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes: <http://www.cervantesvirtual.com>).
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Il selvaggio
«Umanità» dei «selvaggi»: Bolla Veritas Ipsa (più nota come Sublimis Deus) di papa Paolo III, emanata nel 1537.
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Il selvaggio: B. de Las Casas (1474 ca - 1566)
B. de Las Casas, Brevisima relaciòn de la destruycòn de las Indias (1552), trad. it. Brevissima relazione della distruzione delle Indie, a cura di C. Acutis, Milano, Mondadori, 1997/4, p. 31. E cfr. anche Id., Apologetica Historia de las Indias, trad. it. (parziale) La leggenda nera. Storia proibita degli spagnoli del Nuovo Mondo, a cura di A. Pincherle, Milano, Feltrinelli, 1982/3, pp. 5 50ss.
Il selvaggio: B. de Las Casas (1474 ca - 1566)
«Di questo consiglio il prete Las Casas – scrisse di se stesso – si pentì grandemente, poiché poté vedere e constatare che la cattività dei negri è ingiusta quanto quella degli indiani […] Che l’ignoranza in cui si trovava e la sua buona volontà lo facciano perdonare dal giudizio divino». (Cit. in M. Mahn-Lot, Bartolomé de Las Casas et le droit des Indiens (1982), trad. it. Bartolomeo de Las Casas e i 6 diritti degli indiani, Milano, Jaca Book, 1998/2).
Il selvaggio: B. de Las Casas (1474 ca - 1566) «Tutte queste universe e infinite genti, di ogni genere, Dio le ha create semplici, fedelissime, senza malvagità né doppiezze, obbedientissime e fedelissime ai loro signori naturali e ai cristiani ai quali prestano servizio; e più di ogni altra al mondo umili, pazienti, pacifiche e tranquille, aliene da risse e da baruffe, da liti e da maldicenze, senza rancori, odi né desideri di vendetta» (B. de Las Casas, Brevissima relazione, cit., p. 29).
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Il selvaggio
T. Todorov, La conquête de l’Amérique. La question de l’autre (1982), trad. it. La conquista dell’America. Il problema dell’«altro», Torino, Einaudi, 1984
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Il «convegno» di Valladolid
B. de Las Casas – J.G. de Sepúlveda, La controversia sugli indios, a cura di S. Di Liso, Bari, Edizioni di pagina, 2007
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Il selvaggio: la conversione forzata
JosĂŠ de Acosta, De procuranda Indorum salute (1588)
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Il selvaggio: la conversione forzata
«Dio ci ha fatti non soltanto uomini –, per altro largo di riconoscimenti alle qualità degli indigeni – ma uomini al di sopra degli uomini e, ciò che più importa, cristiani» (Antoine de Montchrétien, Traité de l’Oeconomie Politique (1615), in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi, cit., p. 83).
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Il selvaggio: Montaigne
Michel Eyquem de Montaigne (1533-1592), Essais, trad. it. Saggi, a cura di F. Garavini, Milano, Adelphi, 1992.
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Il selvaggio: Montaigne «Ora mi sembra, per ritornare al mio discorso, che in quel popolo non vi sia nulla di barbaro e di selvaggio, a quanto me ne hanno riferito, se non che ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto e compiuto di ogni cosa» (M. E. de Montaigne, “Dei Cannibali”, in Id., Saggi, cit., vol. I, p. 272). 13
Il selvaggio: Montaigne
«Quando guardo l’ardore indomabile con cui tante migliaia d’uomini, donne e fanciulli si offrono e si lanciano tante volte nei pericoli inevitabili per la difesa dei loro dèi e della loro libertà […], sono certo che, per chi li avesse attaccati alla pari, sia per armi sia per esperienza e per numero, ci sarebbe stato altrettanto pericolo, e più, che in qualsiasi altra guerra che vediamo» ( M. E. de Montaigne, “Delle carrozze”, in Id., Saggi, cit., vol. II, pp. 139-140). 14
Montaigne: gli animali «Per me, io non ho potuto vedere senza disgusto inseguire e uccidere una bestia innocente, senza difesa e da cui non riceviamo alcuna offesa. E come avviene comunemente che il servo, sentendosi senza fiato e forza, non avendo altro rimedio, si abbatte e si arrende a noi stessi che lo inseguiamo, chiedendo grazie con le sue lacrime […]. Non prendo mai una bestia viva a cui non ridia la libertà. Pitagora le comprava dai pescatori e dai cacciatori per fare altrettanto […] Le nature sanguinarie nei riguardi delle bestie rivelano una naturale inclinazione alla crudeltà. Dopo che a Roma ci si fu abituati agli spettacoli delle uccisioni degli animali, si passò agli uomini e ai gladiatori […] E perché non ci si burli di questa simpatia che ho per le bestie, la teologia stessa ci ordina qualche benevolenza nei loro riguardi; e, considerando che un medesimo padrone ci ha albergati per il suo servizio e che esse appartengono, come noi, alla sua casa, ha ragione di ingiungerci qualche rispetto e affetto verso di esse. Pitagora prese la metempsicosi dagli Egizi; ma in seguito essa è stata accolta da molti popoli […]. “Della crudeltà”, in Saggi, cit., vol II) 15
Dal massacro degli animali a quello degli uomini «gli animali vivono per lo più concordemente e socievolmente all’interno della propria specie, si muovono in gruppo, si difendono e si aiutano reciprocamente […] Cane non mangia cane; i feroci leoni non si fanno guerra, il serpente non aggredisce il suo simile; vi è pace tra le bestie velenose. Ma per l’uomo non c’è bestia più pericolosa dell’uomo» [Erasmo da Rotterdam, Adagia (1515)] «Gli elefanti che incontrano un uomo che vaga da solo, clementi e tranquilli gli mostrano la strada e diventano compagni e guide […] Qualsiasi crudeltà, qualsiasi attacco di cane si placa quando un uomo è a terra. La rabbia dell’uomo non si placa nemmeno alla vista di un nemico morto» [Gerolamo Rorario, Quod animalia bruta saepe ratione utantur melius homine, 1485; cit. in G. Ditadi (a cura di), I filosofi e gli animali]
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Montaigne: gli animali Che altro è se non parlare la facoltà che vediamo in loro di lamentarsi, di rallegrarsi, di chiamarsi a vicenda in aiuto, di invitarsi all’amore come fanno con l’uso della voce? Come potrebbero non parlare tra loro? Parlano pure a noi, e noi a loro. In quante maniere noi parliamo ai nostri cani? Ed essi rispondono» (“Della crudeltà”, in Saggi, cit., vol II)
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Montaigne: uomini e animali «Abbiamo davvero strapagato questa bekka ragione di cui ci gloriamo […]»; sarebbe tempo di «calpestare questa sciocca vanità, scuotere violentemente e coraggiosamente le ridicole fondamenta su cui si costruiscono false opinioni». (“Della crudeltà”, in Saggi, cit., vol II)
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Montaigne: uomini e animali «un certo rispetto e un generale dovere di umanità ci lega non solo alle bestie che hanno vita e sentimento, ma anche agli alberi e alle piante. Noi dobbiamo giustizia agli uomini e grazia e benignità alle altre creature che possono esserne suscettibili. C’è una qualche relazione fra essi e noi, e qualche obbligo reciproco» (“Della crudeltà”, in Saggi, cit., vol II)
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