DISPENSA DI FILOSOFIA ANTICA
FABIO CIRILLO
DISPENSA DI FILOSOFIA ANTICA
LEZIONE 1: DAL MITO ALLA RAGIONE
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LEZIONE 2: MILESIANI E PITAGORICI
Pag. 6
LEZIONE 3: TRA ESSERE E DIVENIRE
Pag. 9
LEZIONE 4: I NATURALISTI
Pag. 12
LEZIONE 5: LE SOFISTICHE
Pag. 15
LEZIONE 6: SOCRATE
Pag. 17
LEZIONE 7: PLATONE
Pag. 20
LEZIONE 8: ARISTOTELE
Pag. 23
LEZIONE 9: PENSARE DOPO LA POLIS
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LEZIONE 1
DAL MITO ALLA RAGIAONE LA SOCIETA’ ARCAICA Per filosofia classica, intendiamo qui designare il pensiero sviluppatosi nell’antica Grecia, un area che si estende geograficamente dalla attuale Grecia continentale sino alle coste ovest della Turchia (non tralasciando l’Italia meridionale e la Sicilia). Convenzionalmente la storia greca parte dal 776 a.c. (anno della prima olimpiade). I caratteri fondamentali della cultura ellenica arcaica sono LA LINGUA: accanto ad un senso di appartenenza ad un medesimo popolo, gli antichi greci condividevano anche il codice linguistico. Questa lingua è un koinè, ovvero una competenza linguistica che permette ai vari parlanti di comprendersi a vicenda malgrado le diverse sfumature delle lingue adoperate (il rapporta tra koinè e lingua può intendersi come simile a quello lingua-dialetto). LA RELIGIONE: le esperienze religiose sono qui di tre tipi: quella olimpica, che venera, per l’appunto, i dei dell’olimpo (Zeus padre di tutti gli Dei, Apollo Dio del sole, Atena Dea della sapienza etc..); la religione misterica, ove, attraverso riti esoterici, si evocavano le forze della natura e la metempsicosi (reincarnazione); la religione oracolare, in cui, l’oracolo, riportava, in forma poetica, il destino di colui che l’ha consultato. 4
IL MITO Il sapere di questa società era prettamente poetico, mitico. La conoscenza non era cercata attraverso la logica o la razionalità, era la parola del poeta a generare sapienza. I miti sono racconti, talvolta epopee, sorti per spiegare i fenomeni naturali che appaiono agli occhi dell’individuo. Chiara è quindi la magistrale funzione del poeta: quella di generare conoscenza, quella di preservare la memoria storica, e quella (come abbiamo visto) religioso-oracolare. ARETE’ E ARETAI per aretè questa civiltà intendeva virtù. La parola deriva da “aghatos” (buono, colui che ottiene i migliori risultati) e “eudaimon” (felice). Quindi la virtù risiederebbe nella giustizia e nella felicità. Giustizia che però è soprattutto sapienza, in base all’idea secondo cui l’azione (in questo caso etica) derivi nettamente dalla conoscenza (il concetto di volontà sarà un contributo del cristianesimo). Accanto all’aretè, virtù propria dell’eroe, si può poi individuare un aretai, virtù propria dei comuni, dei cittadini della polis. L’aretè offre due punti di vista diversi, l’uno che vede la sua apoteosi nella felicità, espresso nelle odi della poetessa Saffo, l’altro che vede il suo fine nella sapienza e nella giustizia, principio dei 7 sapienti. DAL MITO ALLA LOGICA
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Proprio sull’abbandono, sulle insufficienze, del mito e della sapienza poetica, nasce la filosofia. Il discorso logico-razionale. La logica, inizia a svilupparsi con l’utilizzo di sostantivi impersonali (ad esempio, non si parla più di questo pesce, l’oggetto del discorso può diventare “il” pesce, astratto e generale), e delle forme all’infinito (non più “sto vedendo”, ma “il vedere”). Le ragioni di una sapienza logica (scientifica esatta) nascono poi anche da esigenze pratiche, (rotte marittime per il commercio ad esempio). Questa nuova sapienza cerca comunque di spiegare le stesse cose del mito, ovvero ciò che appare agli occhi dell’essere. Ma, a differenza della sapienza poetica, questa è svincolata dagli dei. Nasce quindi l’idea di natura (Physis), che bisogna conoscere è spiegare. TALETE E L’ARCHE’ Da cosa nasce quindi la natura? I primi filosofi pensano all’archè, ovvero il principio del tutto, il quale è a sua volta, il fine del tutto. Un motore primario della vita a cui la vita tende a tornare, ciclicamente. Il primo filosofo designato dalla storia della filosofia è Talete da Mileto (625-547 a.c.), il quale individua L’archè nell’acqua. L’acqua come vita, come è viva qualsiasi cosa che d’acqua è bagnata.
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LEZIONE 2
MILESIANI E PITAGORICI LA SCUOLA DI MILETO Il pensiero di Talete, ha influito diversi tra i pensatori successivi, fino a poter parlare di una vera e propria scuola di pensiero. I filosofi successivi, riprenderanno da Talete, oltre che il pensiero improntato verso la physis (tema portante di tutta la filosofia classica), l’idea di archè. ANASSIMANDRO Questo pensatore nato a Mileto intorno al 610 a.c. contribuisce alla storia della filosofia individuando l’archè nella “Apeiron” L’apeiron può essere genericamente inteso come terra. Più precisamente possiamo parlare di questo come “ingenerato, “infinito”, “indeterminato”. Quindi, sicuramente, un qualcosa che non ha inizio, e non ha fine, ma, soprattutto, un qualcosa di indeterminato in se. Anassimandro parla della “sottile polvere non ancora strutturata allo stato di ge” (ge = terra). Una materia primogenea quindi, da cui nascono tutte le cose che sono! Tale principio sembra essere enunciato anche nella sua cosmogonia (le cosmogonie sono una sorta di mito sulla nascita dell’universo), in cui da un nucleo iniziale nasce la materia e questa, una volta staccata dal nucleo, è in perenne lotta tra se. 7
ANASSIMENE Nato a Mileto intorno al 586 a.c. Anassimene individua l’archè nell’aria. Questa ha proprietà univoche all’essere, e non solo, all’interno di essa tali proprietà sono espresse al massimo livello. L’aria è immensa infinita e in eterno movimento. Anche in Anassimene (come in Anassimandro) la materia è in eterna lotta tra se. I processi di questa lotta ne sono 2: condensazione (che genera gli elementi pesanti) e rarefazione (che genera quelli leggeri, cui apice troviamo l’aria). PITAGORA Contemporaneamente alla scuola di Mileto, si sviluppa, più ad occidente della regione greca, il pensiero di Pitagora (nato a Samo nel 570 a.c.). Per questo pensatore il principio di tutte le cose è l’unita, il numero, a cui tutte le cose che sono tornano. L’equivoco della matematica è però subito svelato e problematico, se nel mondo della matematica pura esiste una minima unità (l’uno) indivisibile, il mondo reale (geometrico) è composto da solidi perennemente divisibili. Ebbene Pitagora supera questo contrasto enunciando che il punto è la minima unità geometrica della realtà (come un atomo). i solidi che vediamo sono in realtà la somma di piani, che sono a loro volta somma di linee, che sono costituite da punti. Il problema della divisibilità è comunque presente anche nella matematica pura, i numeri dispari ad esempio non sono divisibili (senza l’utilizzo dei decimali). Quindi i dispari indicano la non armonia (il finito) a differenza dei pari che invece, essendo divisibili, rappresentano l’infinito. 8
Il numero della perfetta armonia è il dieci, in quanto, oltre ad essere divisibile contiene in se anche l’uno. 10 infatti sono anche le coppie, le paronomie, entro cui è comprensibile l’intero essere (razionale-irrazionale, limitatoillimitato, pari-dispari, maschio-femmina, uno-molteplice, destrasinistra, movimento-stasti, retta-curva, luce-tenebre, quadratorettangolo). Il pensiero piatagorico tocca anche la astronomia, in base al suo pensiero, al centro dell’universo vi è un fuoco, e attorno vi ruotano 10 pianeti. Pitagora era un esoterico, i suoi insegnamenti erano elargiti ad una cerchia ristretta di persone. Questi insegnamenti riguardavano, in oltre, anche l’idea di anima come infinita e immortale (nonché la metempsicosi).
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LEZIONE 3
TRA ESSERE E DIVENIRE La fine del VI secolo a.c. rappresenta per la storia del pensiero occidentale, l’inizio di due grandi filoni, quello del divenire e quello dell’essere. ERACLITO Nato a Efeso in Anatolia nel 535 a.c. questo filosofo prende subito posizione contro i fisiologi e i pitagorici. I primi imputati di fermarsi all’apparenza della physis senza coglierne il senso ultimo, i secondi invece di ridurre questo al solo numero. La struttura ultima della realtà è per Eraclito (e anche per Parmenide) i logos. La realtà, è, per Eraclito, incessante divenire, è un “Panta rei” (tutto scorre). L’essere è mutevole, molteplice, e in eterno movimento. Se l’essere è, è proprio grazia all’essere del nulla. Il nulla è non essere puro, ma è grazie a questo che l’essere (il suo contrario) è. Divenire indica proprio questo continuo movimento tra l’essere e il non essere. A generare il divenire sono le tensioni e i conflitti nei contrari. Ogni aspetto dell’essere si oppone ad un altro. Ma tale opposizione trova sintesi nel logos, che è discorso, ragione, e divenire. Il logos è quindi la realtà stessa, la realtà nella sua struttura ultima e nella sua realtà più profonda. Altro contributo interessante di questo pensatore è la cosmologia del fuoco: al centro dell’universo, dice il filosofo, c’è un fuoco, da cui 10
tutto si genera tramite i due processi di rarefazione e di condensazione. PARMENIDE Se per Ercalito la struttura della realtà era un continuo divenire,. Con Parmenide inizia a svilupparsi quella idea di realtà come essere che avrà fortuna in tutto la storia del pensiero occidentale. La filosofia consiste nel disvelamento della verità, la quale non può concernere il divenire, in quanto questi è essere e non-essere assieme. L’essere esclude logicamente il non-essere, che è visto dal pensatore come inesistente. Solo l’essere dispone delle proprietà di immutabilità, unicità, immobilità. Attraverso questa speculazione Parmenide da anche inizio all’approccio ontologico attraverso il linguaggio. ZENONE DI ELEA A difesa della tesi di Parmenide si schiera Zenone di Elea, noto alla storia per i suoi paradossi. Attraverso questi il filosofo intende mettere in evidenza quanto, logicamente, L’essere escluda il nonessere. I suoi paradossi sono contro la molteplicità (quindi a favore dell’unità) e contro il movimento (quindi a favore dell’immobilità). Il più famoso è quello di Achille e la tartaruga. Nel quale si enuncia che se lo spazio fosse molteplice (e non unico come Zenone sosteneva) un vantaggio minimo garantirebbe ad una tartaruga di vincere una corsa contro Achille. Dato che, questi, prima di raggiungere la tartaruga dovrà raggiungere la metà della distanza 11
che li divide, e in questo lasso di tempo la tartaruga avrebbe fatto un altro passo in avanti, e cosi all’infinito.
MELISSO Più vicino alla teoria del divenire è la speculazione di Melisso da Samo, il quale sostiene che l’essere non possa essere finito (come pensava Parmenide) in quanto questo precluderebbe il suo essere assoluto.
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LEZIONE 4
I NATURALISTI L’Atene del V secolo si trova all’apice della sua civiltà. Dopo vittoriose campagne militari, ed una oculata gestione economica sembra imporsi il benessere, almeno quello delle classi più abbiette. In questo periodo va anche sviluppandosi una grande cultura letteraria. La linea di pensiero di questo periodo consiste nella sintesi dei principi di essere e di divenire. “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. È questo il p0rincipio di questa filosofia EMPEDOCLE Nato ad Agrigento, il pensatore pone come principio della realtà il divenire, ma questo avviene tramite i quattro elementi, le quali però hanno le proprietà dell’essere, ovvero sono unici immutabili ed immobili. I quattro elementi, acqua aria terra e fuoco, si combinano e si decompongono attraverso due forze, l’odio e l’amore. Il divenire è dato dall’alternarsi di queste due forze: l’una non può mai prevaricare totalmente sull’altra. Empedocle ritiene inoltre che l’intensità di queste forze abbiano cadenza ciclica. Dal punto di vista gnoseologico, egli afferma la teoria secondo la quale il simile conosce il simile, la realtà viene conosciuta attraverso la ripetizione di determinati “oggetti”. ANASSAGORA 13
Il contributo di questo pensatore concerne principalmente la teoria delle omeomerie. Gli elementi immutabili che costituiscono la realtà non sono più solo quattro, ma sono infiniti. Indicate inizialmente con il termine di semi, queste sono “particelle” che determinano la “questità” di una cosa. I filosofi del quanto secolo sono detti “naturalisti” in quanto studiano la physis, per Anassagora questa è guidata da un nous ovvero da una intelligenza ordinatrice. Questa è una prima formulazione del’idea finalistica della natura. Al contrario di Empedocle Anassagora sostiene che la conoscenza avviene attraverso la differenza tra gli oggetti, ovvero attraverso la conoscenza del dissimile. DEMOCRITO Se con Empedocle abbiamo parlato di Elementi, e con Anassagora abbiamo parlato di semi, con Democrito parliamo di Atomi. Termine usato tutt’oggi nella chimica, un atomo è una particella con consistenza fisica la sua particolarità è che oltre ad essere indivisibile qualitativamente lo è anche quantitativamente. L’intera realtà è costituita da atomi, anche l’anima, al di fuori degli atomi non c’è nessuna intelligenza che ordini la natura (meccanicismo). Il divenire esiste grazie al vuoto: gli atomi caratterizzano l’essere, il vuoto caratterizza il non-essere, queste due condizioni interagiscono di continuo. Essere e non-essere convivono, del resto, come la necessità e la contingenza. Il meccanicismo afferma che molti aspetti della natura sono dovuti al principio di causa e conseguenza, alla base c’è comunque una possibilità, la quale è guidata dal caso. 14
La gnoseologia di Democrito pone una differenza tra conoscenza razionale, ottenuta attraverso l’intelletto, e conoscenza sensibile, ottenuta attraverso i sensi. La conoscenza comunque non è necessariamente verità, Democrito è uno dei primi ad affermare l’arbitrarietà del linguaggio, il linguaggio è opera convenzione, non è nulla di sovra storico o trascendentale. Il linguaggio è frutto della technai (tecnica), ovvero l’insieme dei mezzi che l’uomo adopera per la sua sopravvivenza.
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LEZIONE 5
LE SOFISTICHE Sui sofisti ha sempre pesato l‘immagine che ne ha dato Platone: pensatori che antepongo l’interesse alla ricerca della verità. Responsabile della decaduta di Atene Ovviamente il quadro del sistema sofista è ben più articolato, ed è stato soprattutto nell’ultimo secolo che è andato affermandosi il loro valore. Innanzitutto bisogna fare una distinzione tra due generazioni. La sofistica antica, i cui maggiori esponenti sono Protagora e Gorgia, e la nuova sofistica ove tra i tanti spiccano Ippia Callace e Trasimaco. I sofisti sono “maestri della parola”, attraverso la parola, e quindi l’uso della retorica, il cittadino si forma alla attività politica, fine da cui l’abitante della polis non può astenersi. La necessità della retorica proviene dall’idea di una relatività del linguaggio e della realtà stessa. Per loro è fondamentale la pedagogia, la virtù (l’aretè) si può insegnare, non è una proprietà innata. PROTAGORA Afferma il filosofo di Abdera che l’uomo è la misura di tutte le cose di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. Il relativismo è qui evidente, una realtà oggettiva valida per tutti non esiste, sono tutte opinioni valide alla pari. Sta all’arte della retorica fare imporre queste opinioni come verità, la quale non è altro che l’opinione più utile. 16
GORGIA Il maggior contributo di gorgia consiste nel rinnegare l’esistenza di una unica verità, un unico essere, un unico logos. Egli afferma che l’essere non è fonte di conoscenza, in quanto non può essere confutato, nessuno può dimostrare il contrario di chi afferma che: nulla è; se anche l’essere fosse questi non sarebbe conoscibile; se pure fosse conoscibile non sarebbe comunicabile. LA NUOVA SOFISCTICA. Sulla scia della decadenza che si stava verificando in Atene la nuova generazione di sofisti indaga sulla arbitrarietà della legge umana (“nomos”) rispetto a quella della natura (“physis”). Ippia e Antifronte affermano che di natura tutti gli uomini sono uguali, è la legge (“il nomos”) a porli in disuguaglianza. Per Callace e trasimaco gli uomini sono disuguali di natura e la legge è ciò che impedisce ai più forti di prevalere sui più deboli.
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LEZIONE 6
SOCRATE Socrate nasce ad Atene tra il 469 e il 270 a.c. onde evitare una esposizione agiografica ci esimeremo qui dal trattare la sua biografia. Il pensiero di Socrate è definito come la tappa di inizio della filosofia: potremmo definirlo come il filosofo inventore della logica, ovvero come colui che hai impostato il pensiero come una scienza, come la ricerca della verità assoluta attraverso il linguaggio. Questo a scapito del “sapere della poesia”. Socrate, come i sofisti, studia il logos, il quale però è posto su un piano univoco rispetto all’essere. Essere e linguaggio sono la stessa cosa, ragion per cui, la verità può essere raggiunta tramite questi. Non solo può essere raggiunta, è obbligo morale dell’uomo raggiungerla. La verità la si raggiunge attraverso il dialogo, processo esattamente opposto alla persuasione propagandata dai sofisti. Il mezzo attraverso cui il dialogo procede è l’ironia: il pensatore, ponendosi come ignorante, lascia che il suo interlocutore esponga le sue tesi, le quali verranno poi confutate attraverso la logica e non attraverso il “sapere” (inteso come una “proprietà”).il processo di confutazione logica viene detto maiuetica, un processo attraverso cui la mente “partorisce” la conoscenza. Entro questa logica si colloca l’idea che il vero sapiente sia quello che sa di non sapere, colui che conosce se stesso. Al fine di raggiungere la virtù, obbiettivo della filosofia deve essere anche la pedagogia e la politica. La filosofia deve in questo senso 18
ricercare l’essenza della virtù, ovvero quel concetto che determina in che misura una azione possa essere virtuosa o meno. La virtù è compito della filosofia in quanto questa nasce dal sapere, nessuno fa del male volontariamente, l’unico modo attraverso cui si può far del male e la non conoscenza del bene. (ricordi8amo che la volontà è stata una invenzione del cristianesimo) La forma primaria della conoscenza è l’anima, all’interno di cui agisce il pensiero. L’anima, risponde alla stessa logica della conoscenza. Ragion per cui, sostiene il pensatore, che subire il male sia preferibile all’attuarlo. SOCRATICI MINORI. Parliamo di socratici minori per distinguerli da Platone, il più grande filosofo della storia occidentale il quale però è un discente di Socrate ANTISTENE Per Antistene non esiste un essenza universale, quindi un bene universale, la virtù è costituita da una infinità di essenze individuali. Anche per questo la verità, come sostenevano i sofisti, è impossibile da comunicare. L’unica forma di bene morale e di libertà consiste nel sollevarsi dalle passioni e dagli impegni politici. ARISTIPPO Riprendendo un topos della seconda sofistica afferma che la polis è tirannia nei confronti della libertà dell’individuo, ragion per cui è compito del saggio tenersi lontano dalla politica. Il saggio è colui che 19
sa cogliere con virtÚ il piacere e riesce a trovare la verità nell’istante e la conoscenza nella esistenza.
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LEZIONE 7
PLATONE Tutta la vita filosofica di Platone è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico, la condanna a morte di Socrate. (Alexandre Koiré). Tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone. (Alfred North Whitehead). Con queste due affermazioni di due filosofi contemporanei possiamo capire innanzitutto quanto l’opera di Platone debba, intellettualmente, a quella di Socrate. E quanto la sua opera sia importante per tutta la cultura occidentale. Platone nasce ad Atene nel 428 e muore nella stessa città nel 348. Il suo contributo più importante sta nella teoria delle idee per spiegarlo iniziamo con l’allegoria della caverna: se degli uomini fossero incatenati sul fondo di una caverna senza la possibilità di poter vedere al di fuori di questa ma potendo vedere le ombre proiettate su una parete, identificherebbero le ombre come gli oggetti veri. Ora supponiamo che un uomo tra questi riesca a liberarsi, uscendo dalla caverna capirebbe che le immagini che gli altri vedono sulla parete di una caverna non sono altro che ombre della realtà e non la realtà in se. Poniamo che quest’uomo sentisse l’obbligo morale di tornare alla caverna per portare gli altri alla verità, quando questi proverebbe a spiegare che e ombre non sono la realtà non sarebbe compreso. Per Platone, il concetto di conoscenza (il liberarsi e l’uscire dalla caverna), deve avere come fine il raggiungimento di una struttura oggettiva e reale che spieghi la realtà (superando quindi l’ironia 21
confutativa di Socrate). Il processo di conoscenza e spiegato attraverso quattro stadi (la teoria della linea): l’immaginazione (primo stadio) e la credenza (secondo stadio) fanno parte del segmento Doxa (opinione); mentre la ragione discorsiva e l’intellezione (che è la contemplazione delle idee) fanno parte del segmento Episteme (scienza). A capo del sistema della realtà ci sono quindi le idee (la struttura ultima) che fanno capo ad un principio unico (il bene). Le idee, le essenza (per usare un altro termine) non vengono colte empiricamente, ma attraverso la dialettica sono confutabili e dimostrabili come vere. Le idee esistono in se, possono essere percepite dalla mente umana ma non dai sensi, che, anche non potendole avvertire in se, ne colgono l’esistenza attraverso la partecipazione e la imitazione. La mente umana per percepire le idee deve far capo all’anima, vista da Platone non solo come immortale, ma come serbatoio di memoria: le anime prima di venire al mondo hanno già visto le idee, la mente deve attingere a questa visione per “ricordare”. La filosofia è per Platone un viaggio verso le idee, questo viaggio e principalmente dialettico. Lo spirito che fa intraprendere all’uomo questo viaggio (il viaggio verso l’uscita della caverna) è descritto dal filosofo nel Fedro e nel Simposio come eros, una tensione amorosa, (e demoniaca in senso socratico) verso il bene. Questa topica plutoniana ha comunque delle pecche che il filosofo percepisce, ragion per cui nella seconda parte della sua vita da principio ad una sorta di revisione e precisazione della sua teoria, due sono le obiezioni principali: Se le idee sono trascendenti come possono essere conoscibili? Se le idee sono l’essenza del tutto deve esistere anche una essenza per il non-essere? 22
La seconda obiezione è superata con la teoria della relatività del non-essere. Se il non-essere fosse assoluto non potremo nemmeno pensarlo. La prima è superata attraverso il postulato dei cinque modi di pensare le idee: l’essenza, l’identico e il diverso, il moto e la quiete. Anche la speculazione morale-politica di Platone risponde alla teoria delle idee, lo stato deve tendere ad essere stato ideale, e questo non attraverso la competizione interna ma tramite la collaborazione e il rispetto del proprio compito sociale, la repubblica platonica è composta da tre classi: i filosofi, contraddistinti dalla saggezza, cui spetta il compito di governare; i “militari” contraddistinti dalla forza fisica, cui spetta il dovere di proteggere la città; i “lavoratori” contraddistinti dalla temperanza, a cui spetta la prerogativa della sussistenza materiale dello stato. La giustizia sociale è prima di tutto giustizia dell’uomo con se stesso. L’io è come un Auriga che deve guidare il suo cocchio trainato da un cavallo di razza (che rappresenta la razionalità) ed un cavallo bastardo (che rappresenta l’emotività). Dal punto di vista estetico l’arte viene vista in genere come un qualcosa di negativo, essa si potrebbe definire come la brutta copia del mondo sensibile, il quale è a sua volta brutta copia di quello delle idee, quindi l’imitazione ha qui carattere dispregiativo. Sebbene in alcuni tratti si parla di poesia come un sorta di trance (una euforia) in cui cade la buona anima. La natura è per Platone orientata verso un telos, verso un fine. Questo a differenza di Aristotele che la vede in modo meccanicistico.
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LEZIONE 8
ARISTOTELE La storia ha sempre posto Aristotele e Platone come agli antipodi, alcuni studi mostrano invece come la matrice di questi due pensatori sia molto comune. Probabilmente entrambi affermano cose simili, ma la prospettiva è certamente antitetica. Aristotele nasce nel 384 a Stagira e muore a Caldice nel 322. Il periodo storico in cui ha avuto luogo la sua esistenza è quello di passaggio dal mondo ellenico a quello ellenistico. Il sistema di Aristotele prevede una schematizzazione preliminare: vengono distinte le discipline teoriche, che hanno come fine il sapere per il sapere (la matematica, la fisica, e a capo di queste la filosofia “prima”); le discipline pratiche che si occupano dell’agire umano sul piano etico e politico; e le discipline poietiche che si riferiscono ad attività produttive. Ogni conoscenza non può prescindere dalla logica, il grande sforzo di Aristotele sta nell’analizzarla: ogni forma di conoscenza logicodialettica deve concernere dei termini, che formano giudizi, i quali a loro volta formano i sillogismi. Il sillogismo è un tipo di ragionamento perfetto, che porta ad una conclusione necessaria e vera (se vere sono le premesse su cui questi si fonda). La logica che parte da premesse assolutamente vere si dice apodittica, quella che parte da premesse solo probabili è detta logica dialettica. Tutta la logica si basa comunque si premesse universali, a queste premesse si arriva attraverso due processi: intuizione, ovvero la percezione di una realtà assolutamente auto evidente, oppure 24
induzione, ovvero il risalire all’universale prendendo in esame molti casi particolare. Ogni ragionamento logico deve comunque escludere la contraddizione e “il terzo” (ovvero un premessa non può essere altro che vera o falsa). All’antitesi della approccio platonico al mondo delle idee, Aristotele elabora la teoria della immanenza, in base alla quale l’essenza degli oggetti sta negli oggetti stessi e non nelle idea. L’essenza è sostanza, ovvero determinata materia in determinata forma. Il discorso sull’essenza è soprattutto discorso sull’essere, quindi ontologia, ma anche discorso teologico, discorso sulla sostanza pura (forma senza materia) cioè Dio. Dio è visto da Aristotele come motore immobile, concetto ossimorico che sta ad indicare un qualcosa di intellegibile. Uno dei contributi aristotelici più importanti consiste nel concetto di Atto e Potenza. Ogni cosa che è, è in atto, ma ogni cosa è potenzialmente qualcos’altro. ciò che è in atto un blocco dio marmo in potenza è una statua o un pavimento. la potenza è la sagoma della statua prima che lo scultore incida il marmo con lo scalpello. Il passaggio continuo da potenza ad atto è il divenire. Il divenire può essere locale, quantitativo, qualitativo o sostanziale. Gli elementi terrestri costituita dai quattro elementi divengono in tutti e quattro i modi. I corpi celesti invece solo nel modo locale. Anche gli esseri viventi sono costituiti da materia e forma, la forma che caratterizza l’essere umano è l’anima, ma questa, in quanto forma, non può essere indipendente dal corpo. Peculiarità dell’anima umana è l’intelletto, superiore rispetto all’anima sensitiva degli animali e a quella vegetativa dei vegetali. L’anima intellettiva è la sede del processo cognitivo: il primo stadio di questi è la sensazione che va a depositarsi nella memoria, queste sensazioni possono essere richiamate tramite l’immaginazione, 25
nonché tramite l’intelletto, sebbene questi due modi di “richiamo” sono per Aristotele opposti. L’intelletto coglie l’essenza delle cose in quanto astrae dalla sensazione. Così facendo l’intelletto diventa da potenziale ad attivo. L’etica è la politica sono entrambe basate sulla natura. Fine ultimo dell’esistenza umana è la felicità (qui intesa sia come virtù che come edonismo), questa è raggiungibile attraverso l’esercizio dell’etica. Queste vanno distinte in virtù dianoetiche (che riguardano la sola ragione) e in virtù etiche propriamente dette, che riguardano soprattutto la prassi dell’anima. La più importante delle virtù etiche è la giustizia, che è la perfetta applicazione della sapienza. La sapienza è la più alta funzione dell’anima, la forma più alta di vita è la vita teoretica appunto perché concerne una esistenza votata alla contemplazione della sapienza stessa (contemplazione che non va confusa con misticismo o ascetismo). L’uomo è animale politico, in quanto per raggiungere i propri fini si associa con i suoi simili, la prima associazione è la famiglia, al di sopra di questa vi è lo stato. Aristotele a differenza di Platone sostiene che la vita politica non deve seguire utopie, ma deve, immanentemente, cercare la felicità degli individui che costituiscono l’associazione. Per raggiungere una giusta attitudine politica e soprattutto etica è necessario dallo stato un impegno continuo nella educazione delle nuove generazioni. Se, per Platone l’esperienza estetico-artistica, presentava diverse contraddizione in quanto era vista come una copia di una copia, per Aristotele l’arte ha una ben più marcata consistenza ontologica. L’arte è imitazione, verosimiglianza, e catarsi: imita la natura, ne è verosimile (le sensazioni suscitate dall’arte sono simili, se non più forti di quelle suscitate dalla natura), è una catarsi, una purificazione 26
(per dirlo platonicamente: è un ponte diretto con il mondo delle idee).
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LEZIONE 9
LA FILOSOFIA ELENISTICA Dalla fine del 300 a.c. la polis subisce una ulteriore e definitiva decadenza. Il potere politico delle città stato termina e si apre un periodo di dominazione straniera, che culminerà con la nascita dell’impero romano. I cittadini perdono il senso d’appartenenza alla polis, questo influenza tantissimo i modelli di pensiero, gli uomini non legittimano più la loro condotta basandola sui canoni della polis e cercano modelli teoretici in alti ambiti dell’esistenza, primo fra tutti la natura prima. In questo periodo gli approcci principali sono tre: l’epicureismo, lo stoicismo, e lo scetticismo. La figura di Epicuro è fondamentale per tutto il pensiero occidentale, egli, assieme ai suoi discepoli, fonda una scuola detta il giardino epicureo. Le convinzioni di questo pensatore sono fondate sul fatto che gli dei, nonostante esistano, non intervengano nel mondo, l’uomo può raggiungere la felicità soltanto svincolandosi da questa sovrastruttura, svincolarsi dalla paura degli dei. Questo vuol dire anche svincolarsi dalla paura della morte, laddove c’è vita non c’è morte, e laddove c’è morte non c’è vita. Bisogna godere della vita e assecondare il più possibile i bisogni (quelli naturali, non quelli innaturali). Non bisogna avere nemmeno paura delle malattie, in quanto se sono croniche il saggio sa che queste non intaccano il suo godimento, se acute si concludono in periodi brevi, o con la guarigione o con la morte (di cui non bisogna aver paura). La conoscenza avviene principalmente per sensazione, a conferma dell’esattezza di questa vi si trova la prolessi (l’anticipazione), 28
sebbene questa, a differenza della sensazione propria, può essere falsa. Epicuro dal punto di vista fisico sostiene l’atomistico di Democrito, anche l’anima è fatta di atomi che scompaiono con la morte dell’individuo, ogni atomo ha una determinata declinazione che ne stabilisce la forma. Esponente della filosofia epicurea a Roma sarà il poeta Lucrezio, che nel suo capolavoro De Rerum Natura, sosterrà queste tesi. Gli stoici sono agli antipodi degli epicurei. I maggiori esponenti di questa scuola sono i greci Zenone, Cleante e Panezio, e successivamente i romani Cicerone, Seneca e Epitteto. Questi pensatori affermano che l’uomo, nel vivere secondo natura, non deve badare agli aspetti “esistenziali” (il piacere ad esempio) della vita, in quanto questi sono indifferenti, il saggio conosce il logos, e sa che questa razionalità superiore determina conseguenze necessarie, chi non accetta queste perde se stesso. La salute ad esempio, è indifferente, ragion per cui, non ha senso per il malato chiedersi il perché del suo dolore, conviene piuttosto accettare la sofferenza per quel che è, inutile al meccanismo superiore della ragione universale (il logos). Anche il principio fisico risiede in questa saggezza universale. Lo stoicismo è l’indirizzo su cui proseguire l’accademia di Platone dopo la morte del maestro. Principali esponenti sono Pirrone, Enesidemo e Sesto Empirico. Per gli scettici la saggezza sta nel rifiutare ogni certezza, la struttura ultima, per quanto esistente non si può interpretare, al saggio non resta che rimanere indifferente di fronte al disordine del mondo. Sulla conoscenza nessuno può deliberare, ogni fenomeno deve essere messo in epoche, sospendendo il giudizio.
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