ARTE AFRICANA DALLA COLLEZIONE SUISSE DI WALTER SCHWAB
13 ottobre 2021, Milano
ARTE AFRICANA DALLA COLLEZIONE SUISSE DI WALTER SCHWAB
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WALTER SCHWAB (1934 - 2017) STORIA DI UN COLLEZIONISTA
All’età di 20 anni si trova per caso nelle mani un oggetto africano e se ne innamora. Inizia così il suo interesse per le opere d’arte tribale. Acquista saltuariamente oggetti che le gallerie svizzere all’epoca esponevano. A Lugano frequenta i mercanti Han Coray, Paolo Morigi, e ad Ascona Peter Kohler. Entra in contatto con collezionisti svizzeri tra cui, Serge Brignoni, (Bern), René Gardi (Bern), Toni Dähler (Basilea), Arnold Koller (Zurigo), Eduard Hess (Oberwil). Una stretta amicizia lo lega ad Arnold Bamert e Charles Sollberger. Nel corso degli anni ‘50’ e ’60 frequenta gallerie e musei e si forma così una cultura su opere della tradizione oceanica e africana. Agli inizi degli anni ’60 non si lascia sfuggire l’occasione di intraprendere un’attività di lavoro in Sud Africa e parte da Bern con la moglie. Ben presto subisce il fascino del Continente africano e patisce il cosiddetto “mal d’Africa”. Infatti, nel tempo libero, nell’arco del soggiorno durato alcuni anni, organizza spedizioni e viaggi in tutto il Sud Africa e nei Paesi vicini. Terminata quell’esperienza lavorativa nel 1970 rientra in Suisse. Parte dal Sud Africa in solitudine, a piedi e con mezzi di fortuna, percorre a ritroso le tracce del grande esploratore inglese David Livingstone e dell’angloamericano Henry Morton Stanley che nel 1871 partì da Bagamoyo per trovarlo. Schwab attraversa i paesi dei grandi laghi dell’Africa orientale e davanti alle cascate Vittoria sullo Zambesi rimane incantato come lo fu Livingstone quando le vide
come primo europeo. Procede fino a Mombasa dove si imbarca per Porto Sudan. Da lì prosegue in Land Rover seguendo la valle del Nilo e costeggiando tutto il profilo dell’Africa settentrionale fino all’imbarco in Marocco per il rientro in Europa. Un lungo viaggio di 18.000 km avventuroso e difficile in quel periodo. Questa lunga esperienza da “esploratore” ha voluto che rimanesse come immagine indelebile nella sua memoria, infatti, ai suoi due figli volle dare il nome dei famosi esploratori dell’800: Stanley Jr. III. e Livingstone Schwab. Nel 1980 ha l’occasione con i suoi due figli ormai cresciuti, di incontrare a Davos George Keller (1899-1988) ed osservare la collezione d’arte africana ed oceanica del famoso collezionista svizzero. La sua nostalgia per il continente africano lo induce ad organizzare altri viaggi e così attraversa il deserto per andare in Mali dove vivono i Dogon. Per tutta la vita Walter Schwab è rimasto profondamente legato al Continente africano perché ha potuto visitarlo in lungo e in largo negli anni in cui i viaggi all’interno erano sempre occasioni di avventure imprevedibili. Ha approfondito la sua conoscenza sulle opere africane procurandosi una biblioteca di libri che consultava quotidianamente e sui quali prendeva gli appunti che gli sembravano più interessanti in rapporto agli esemplari che entravano nella sua raccolta. La sua collezione di opere africane ha rappresentato per lui una storia identitaria. Tutte segnate e numerate con inchiostro bianco le catalogava con schede scritte a mano. Ha lasciato in eredità la testimonianza storica di una parte importante della sua vita.
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COLLEZIONE SCHWAB Sculture in pietra dell’Africa Occidentale Queste piccole sculture in pietra vengono alla luce ad opera di contadini che fin dall’inizio del 1900 le trovavano nei campi, lungo i fiumi e nei cespugli della foresta tropicale. Sono state rinvenute in una vasta regione dell’Africa occidentale che si trova a sud dei paesi musulmani. I primi due esemplari sono stati raccolti in epoca coloniale da amministratori britannici e, dal 1883, fanno parte delle collezioni del British Museum. La zona dei ritrovamenti si estende in un’area di circa 500 km quadrati che comprende gli stati di Guinea, Sierra Leone, Liberia fino ai territori Dogon nel Mali. Queste pietre, dopo le opere di terracotta messe alla luce con gli scavi di Djennè (Mali) e Ife (Nigeria), sono considerate tra le sculture più antiche realizzate da gruppi africani. Riprendono figure stilizzate di personaggi e, fin dagli inizi del 1900, sono state oggetto di un forte collezionismo in Europa e negli Stati Uniti. A tutt’oggi, anche se i lineamenti dei personaggi sono riferibili a caratteristiche somatiche di gruppi negroidi e mandingo, non si è riusciti a scoprire gli antichi autori che le hanno scolpite. Le popolazioni che oggi abitano le località dei ritrovamenti sono Kissi e Kono (Guinea e Sierra Leone), Sherbro (Costa della Sierra Leone), Mende (Sierra Leone), Toma (Guinea e Liberia), Baga e Temne (Sierra Leone). I contadini che le trovano non sono in grado di fornire spiegazioni su chi possa aver realizzato un tempo queste pietre. I Mende, che si sono insediati nei territori della Sierra Leone fin dal 1650, le chiamano “Nomoli”. Poiché essi non ne sono gli autori la loro anzianità è riferibile ad un periodo antecedente al loro arrivo nel Paese.
Le pietre rappresentano personaggi con una grande testa, occhi sporgenti a bulbo, naso negroide con larghe narici, corpi ripresi in posizioni a gambe incrociate o accavallate, altri sono in posizione eretta. Alcune sono costituite solo dalla testa di una figura umana. Diverse statuine presentano un piccolo foro sul corpo o sulla nuca che forse serviva per riporvi sostanze divinatorie nei rituali per ottenere buoni raccolti di riso. Le loro dimensioni variano da pochi centimetri a 50 cm e oltre. Il materiale è una pietra saponaria morbida (steatite), facile da scolpire, che veniva intagliata con attrezzi idonei. Al momento del ritrovamento molte pietre hanno subito rotture dovute ai colpi degli attrezzi dei contadini. Presso i Mende sono state trovate alcune pietre chiamate Mahen Yafe che significa “Spirito del Capo”. Hanno differenti dimensioni e peso, ma la caratteristica che le distingue è il grosso volto negroide proiettato in orizzontale, collo possente, palpebre sporgenti, barbe curate, pettinature elaborate con grossi chignon. Indossano collane e portano anelli al naso. Le sculture più antiche sono ben lavorate e curate nei dettagli. Sono ricoperte con una densa patina scura traslucida che, con il tempo trascorso, è diventata morbida al tatto. Alcune pietre riprendono i volti stilizzati dei gruppi Sapi, popoli che abitavano la zona costiera della Sierra Leone, prima che fossero raggiunti nel 1500, da navigli olandesi e portoghesi. Gli scultori indigeni, sollecitati dagli europei, si misero in luce nel produrre con l’avorio pregevoli ritratti di personaggi dalle caratteristiche negroidi. Oggetti, all’epoca molto richiesti in Europa, chiamati genericamente “Avori Sapi-portoghesi”.
Bibliografia di riferimento: • TAGLIAFERRI ALDO & HAMMACHER ARNO, Fabulous ancestors: stone carvings from Sierra Leone & Guinea, Milano 1974 (7) • TAGLIAFERRI ALDO, Stili del Potere - Antiche sculture in pietra dalla Sierra Leone e dalla Guinea, Milano 1989 (1036) • ALLISON PHILIP, African Stone Sculpture, London 1968 (166) • LEHUARD RAOUL, Stili del Potere - Les styles du pouvoir, articolo sulla rivista Arts d’Afrique Noire n° 73, primavera 1990, pagg. 25 - 29 • VAN DAMNE ANNEMIEKE, A propos de huit sculptures en pierre decuvertes en territoire Loma, articolo sulla rivista Arts d’Afrique Noire n° 79, autunno 1991, pagg. 19 - 29 • SOTHEBY’S, African art from the collection of Daniel and Marian Malcom - Volume one, New York, asta del 7 maggio 2016, lotto 11 (901) FINARTE
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1* SHERBRO, Sierra Leone, regione meridionale Figura in steatite, altezza 12 cm PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1976) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 87) € 1.200 - 1.400
Rappresenta un personaggio maschile Nomoli. È ripreso a mezzo busto su un piedistallo circolare. Il volto è scolpito con lineamenti che caratterizzano lo stile negroide di questi manufatti: testa grande su collo tozzo, naso prominente a narici dilatate, occhi, grandi labbra sporgenti, braccia sul ventre rigonfio con grosso foro al centro.
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2* KONO, Guinea, regione meridionale Figura janus in steatite a patina scura oleosa, altezza 18 cm PROVENIENZA: • Antica collezione Han Coray, Agnuzzo, Lugano • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1980) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 334) € 1.800 - 2.200
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Rara ed insolita figura di una testa a due volti contrapposti scolpiti con le medesime sembianze. Un grosso foro attraversa tutta la scultura. I Kono sono un gruppo insediato in Guinea nella regione di montagna attraversata dal fiume Moa.
3* SHERBRO, Sierra Leone, regione meridionale Figura in steatite, altezza 14 cm PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1976) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 148) € 1.200 - 1.400
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Rappresenta un Nomoli, un personaggio ripreso inginocchiato su un piedistallo circolare. I lineamenti sono abbozzati: la testa sferoidale, priva del collo, è quasi appoggiata al corpo, la bocca è un foro circolare, le mani sorreggono un contenitore rettangolare in un gesto che prefigura un’offerta votiva. Tutta la scultura è stata trattata con volumi segnati a spigolo vivo: una stilizzazione primordiale.
4* KISSI, Guinea, regione centrale Figura in steatite, dimensioni: 8,7 x 5 cm
PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1978) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 235) € 1.200 - 1.400
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Rappresenta la testa di un personaggio maschile che i Mende chiamano Mahen Yafe che significa “Spirito del Capo”. Il volto è scolpito secondo stilemi che caratterizzano queste pietre. La loro funzione era di ritrarre i volti dei capi Sapi, gruppi di popolazioni che già prima del 1500 abitavano la zona costiera della Sierra Leone. Sono pietre considerate più rare dei Nomoli. Le caratteristiche che le distinguono sono: grosso volto negroide proiettato su un piano orizzontale, palpebre in obliquo sporgenti, naso a narici dilatate, grossi anelli alle orecchie, elaborata pettinatura con incisioni a rombo.
5* SHERBRO, Sierra Leone, regione meridionale Testa in steatite, altezza 7 cm PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1977) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 205) € 1.200 - 1.400
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Rappresenta la testa di un personaggio maschile Nomoli. Il volto è scolpito con lineamenti che caratterizzano lo stile negroide di questi manufatti: testa abbozzata con naso prominente a narici dilatate, occhi a bulbo con palpebre sporgenti, grandi labbra sul mento che mostra una barba curata a piccoli ciuffi, grosse orecchie circolari, foro al centro del cranio. È una testa stilizzata che riprende il volto caratteristico del capo di un Sapi, gruppo di popoli che già prima del 1500 abitavano la zona costiera della Sierra Leone.
6* SHERBRO, Sierra Leone, regione meridionale Testa in steatite, altezza 10,5 cm PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1980) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 230) € 1.000 - 1.400
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Frammento del corpo di un personaggio maschile Nomoli. La parte sinistra è assente. La testa è scolpita nel modo classico dei capi Sapi. Forma globulare con grandi occhi a bulbo, palpebre sporgenti ad arco, naso adunco con narici dilatate, bocca chiusa a labbra sporgenti, grandi orecchie stilizzate, foro al centro dl cranio.
7* KRAN, Liberia Maschera di danza a mandibola mobile, altezza 32 cm Legno a patina scura, fibre vegetali, striscia di stoffa sulla fronte, chiodi, residui di pelle di scimmia, tela indigena. Sequenza di fori intorno al bordo, segni di un prolungato utilizzo, rotture d’epoca. Sarà fornita priva del piedistallo PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (Raccolta in Liberia negli anni 1956 - 57 a circa 20-25 km nei villaggi intorno a Tchien) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 156) (1977) € 5.000 - 6.000
Bibliografia di riferimento: • FISCHER EBERARD & HIMMELHEBER HANS, Die Kunst der Dan, Rietberg Museum Zurigo,1976, (64)
Maschere realizzate per le danze tribali dai gruppi Dan e Kran. Sono famose e ricercate dai collezionisti d’arte africana. Questo esemplare riproduce in modo stilizzato il viso di un primate, forse uno Scimpanzé. È trattato con volumi a spigoli vivi che si alternano secondo un concetto che noi chiamiamo “cubista”. La fronte è sporta in avanti, gli occhi sono fessure circolari, alla radice del naso sporgono due grossi cilindri: una rappresentazione che incute terrore. Gli zigomi ad arco chiudono un volto dove la grande bocca, a mandibola mobile, mette in evidenza il marcato prognatismo tipico dei primati. Le orecchie sono assenti. Il profilo della maschera presenta una serie di piccoli fori che servivano per agganciare il mantello di fibre, ora scomparso, che nascondeva il danzatore. Una pelle di scimmia ricopre ancora il labbro inferiore. Eberard Fischer e Hans Himmelheber nel loro testo pubblicato nel 1976, dopo una lunga ricerca sul luogo, descrivono come venivano utilizzati questi modelli: cerimonie rituali, danze celebrative, iniziazioni di giovani, festività del villaggio, ecc.
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8* IATMUL, Nuova Guinea, regione del medio Sepik Maschera, altezza 55 cm Legno intagliato e dipinto Sarà fornita priva del piedistallo PROVENIENZA: • Galleria Peter Kohler, Ascona 1962 (inv. 127) (*) • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1978) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 184) (1979) Esemplare acquistato il loco durante la spedizione in Papua Nuova Guinea organizzata negli anni 1950/1960 dal gallerista Peter Kohler (*) assieme ai professori svizzeri Alfred Buhler (**) e René Gardi (***), grandi viaggiatori ed autori di numerosi testi, in particolare sui Papua della Nuova Guinea. La maschera, arrivata in Olanda nel 1962 con altri reperti della spedizione, è stata importata in Suisse da Peter Kohler e nel 1978 venduta a Paolo Morigi. L’anno dopo è entrata nella collezione di Walter Schwab. € 12.000 - 16.000
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Maschera caratteristica della regione del Medio Sepik lungo il corso compreso tra i villaggi Tambaran, Angoran, Korogo. È costituita da una struttura di legno duro intagliato, dipinto di nero, ricoperta con elementi fissati con impasto di resine naturali: zanne di cinghiale, piume di uccello e conchiglie. La forma della maschera ricorda il volto stilizzato di un uccello della foresta con un lungo naso a becco. Una maglia di rafia intrecciata ne riveste il profilo. Questi modelli erano l’immagine degli antenati del clan, sia maschili che femminili. Le maschere erano utilizzate nelle rappresentazioni pubbliche, in particolare nei rituali che coinvolgevano la partecipazione dei giovani.
(*) Peter Kohler è stato un famoso collezionista di arte africana ed oceanica, attivo nella sua galleria di Ascona nel Canton Ticino, molto frequentata negli anni ’70 dai collezionisti svizzeri. Il museo di Amsterdam nel 1963 ha pubblicato questo catalogo dedicato alla sua collezione di opere della Nuova Guinea.
(**) Alfred Buhler (Zug 1900 - Bern 2000) Nel 1927 si è laureato in filosofia a Basilea dove ho ottenuto la cattedra di etnologia e l’incarico di riordinare la sezione del Museo Etnologico. Ha viaggiato negli anni dal 1930 al 1959 nella regione dell’ indo-pacifico, visitando le Isole Bismarck, la Nuova Guinea settentrionale, l’Indonesia orientale (Timor, Rote, Flore, Sumba, Bali) e la Nuova Guinea nel distretto di Sepik. Ha fatto ricerche e soggiornato anche in Africa (Egitto), Scandinavia e Stati Uniti. Ha pubblicato volumi di fotografie e libri sui resoconti dei suoi viaggi, oltre alle opere delle collezioni del Rietberg Museum di Zurigo sui reperti dei Mari del Sud.
(***) René Gardi (Bern 1909 - Bern 2000) È stato un viaggiatore e scrittore svizzero. Dal 1928 al 1931 ha studiato matematica, fisica e zoologia all’Università di Bern. Fino al 1945 è stato docente di scuola secondaria a Brügg, poi come libero professionista ha realizzato numerosi film che hanno suscitato grande interesse sui resoconti dei suoi viaggi: Mandara 1953, Kirdi 1955, Sepik 1958, Sahara 1967. Vincitore di vari premi letterari nel 1967 fu insignito del dottorato honoris causa dall’Università di Bern.
Bibliografia di riferimento: • AUTORI VARI, Sepik, Kunst aus Neuguinea, Museum fur Volkerkunde, Frankfurt am Main, 1964
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KOHLER PETER (Ascona) Kunst uit Nieuw Guinea, Museum Fodor, Amsterdam 22 maggio / 30 Giugno 1963, Catalogo n° 337 (1096)
BUHLER ALFRED & TERRY BARROW & CHARLES P. MOUNTFORD OCEANIA, Il Saggiatore, Milano 1961 (1094)
GARDI RENÉ & BUHLER ALFRED OCEANIA - SEPIK, Zurigo 1958 (1095)
• GOLDWATER ROBERT, Art of Oceania, Africa and the Americas from the Museum of Primitive Art, New York 1969, n°149 (385) • CAMPIONE FRANCESCO PAOLO, La Collezione Brignoni - Catalogo delle opere, Museo delle Culture Città di Lugano, Secondo volume, Edizioni Mazzotta, Milano 2007, pagg. 96-97 (864) • GIANINAZZI CLAUDIO & GIORDANO CHRISTIAN, Culture Extraeuropee: Collezione Serge e Graziella Brignoni, Edizioni Città di Lugano 1989, pag. 152, fig. 176 (382) • MEYER ANTHONY J.P., Oceanic Art, Volume 1, Colonia Germania 1995, pag.225 (384)
9* BAULÉ, Costa d’Avorio, regione di Bouaké Figura con bambino, altezza 43 cm Legno a patina scura, dipinto con impasti di colori bianco, giro di perline colorate al collo del bambino PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1978) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 319) (1999) Sul retro della scultura un’etichetta segnala che l’opera è stata realizzata dallo scultore Kouassi Kouame intorno al 1945 (*) € 12.000 - 16.000 (*) Kouassi Kouame (1910 - 1992) Scultore di Bouaké che si è distinto per la realizzazione di opere molto elaborate nelle quali ha privilegiato una rappresentazione iconografica di figure aggregate. Il nome Kouassi, che precede il cognome, è molto comune presso i Baulé perché corrisponde al giorno della settimana che segnala la nascita di un individuo. L’autore di questa scultura sarebbe nato a Bouaké nel 1910. Deceduto nel giugno del 1992 all’età di 82 anni, realizzò quest’opera nel 1945 quando aveva 35 anni. È uno dei pochi scultori della Costa d’Avorio la cui identità è conosciuta. Paolo Morigi ha acquistato da lui questa coppa ad Abidjan nel 1978, con altre sue opere. Egli lo cita nel suo volume a pagina 150, riferito ad un’altra scultura Baulé di 56 cm, scolpita nel 1962.
MORIGI PAOLO, Raccolta di un amatore d’arte primitiva, Magliaso, Lugano & Kunstmuseum Bern, Suisse 1980, pag. 150 (1068)
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Secondo la ricercatrice americana Susan Vogel (**) che ha documentato il mondo dell’arte Baulé, questa scultura rappresenta il ritratto di una giovane donna che presenta alla comunità il suo bambino appena nato. È stata conservata per lungo tempo dalla sua proprietaria che l’ha trattata con grande cura, strofinandola con unguenti e panni delicati, come si può notare nelle zone del legno che risultano più levigate per i continui sfregamenti. La donna è seduta su un seggiolino riservato ai personaggi importanti della comunità. Sul viso e sul corpo mostra i segni di preziosi tatuaggi che evidenziano il suo elevato rango sociale. Potrebbe rappresentare la moglie di un sovrano o di un capo villaggio. Il viso è scolpito in un atteggiamento di serenità ma anche di grande attenzione per il piccolo che tiene nelle mani mentre lo allatta. Forse rappresenta il suo primogenito. La sua pettinatura, molto elaborata, è quella riservata alle donne di rango elevato, così come i tatuaggi presenti su tutto il corpo. Oltre alle trecce laterali, che scendono arrotolate sulle spalle, è una composizione di ciocche incise con tratti sottili che, dalla sommità della nuca, scendono a gradini fino a coprire le orecchie. A differenza di altre sculture Baulé, che di norma risultano simmetriche, qui la composizione è molto complessa, sia per la posizione della donna seduta, che per la presenza del bambino. È noto che le rappresentazioni di madri con bambini sono rare nell’arte Baulé. La difficoltà dell’esecuzione, con l’alternarsi di volumi pieni e vuoti, resi con grande equilibrio formale, l’eleganza dei particolari ma, soprattutto, il fine lavoro d’intaglio con cui è realizzata la pettinatura, sono dettagli che testimoniano l’opera di un grande maestro dell’arte Baulé.
(**) La ricercatrice americana Susan Vogel, che è stata in Costa d’Avorio anche nel 1993 a Kani - cittadina di 10.000 abitanti nella regione occidentale del paese, sopra Seguela, distante almeno 250 km da Bouaké - ha intervistato un individuo che si chiamava Kouassi Kouame. Non era uno scultore ma un diviner. Le immagini che lo riprendono mostrano un personaggio giovane, dall’apparente età di 40/50 anni, che non ha alcun riferimento con lo scultore di Bouaké. La sua foto è stata da lei pubblicata sul suo volume a pagina 69, e sulla rivista Tribal Art a pagina 51.
VOGEL SUSAN M. L’art Baoulé du visible et de l’invisible, Paris 1999
VOGEL SUSAN M., Art and the Individual in Baule Life, Articolo pubblicato sulla rivista Tribal Art, Bruxelles, Winter Vol. IV, 3/1997, pagg. 44 - 51 (foto a pag. 51)
Foto di Kouassi Kouame diviner (pag. 69)
Bibliografia di riferimento: • LEUZINGER ELSY, L’Arte dell’Africa Nera, Milano 1972, pag. 114, G6 (15) • VOGEL SUSAN M., L’art Baoulé du visible et de l’invisible, Paris 1999 (395) • BOYER ALAIN-MICHEL, Visions d’Afrique: Baulé, Milano 2008 (703)
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10* BAULÉ, Costa d’Avorio, regione di Bouaké Coppa per unguenti, altezza 31 cm Legno a patina scura, dipinto con impasti di colori bianco, ocra e nero PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1978) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 320) (1999) Opera realizzata dallo scultore Kouassi Kouame intorno al 1948. € 12.000 - 16.000
Coppa per unguenti sostenuta da una serie di staffe traforate che la tengono sollevata dalla base circolare. Il coperchio, con impugnatura a mezzo busto di una figura femminile, è la parte nobile dell’opera. Altre quattro figure più piccole, sedute sui classici sgabelli Baulé, sono disposte nei quadranti inferiori. Due sono femminili e due maschili. Tutta l’opera è impreziosita con una serie di incisioni caratteristiche della scultura Baulé. Queste coppe erano utilizzate dai diviner - sia uomini che donne - come contenitori di burro di karitè e unguenti vari. Una moglie, prima di officiare i rituali di richiamo dello spirito del marito immaginario, si spargeva il corpo con gli unguenti propiziatori in essa contenuti. La tradizione Baulé di scolpire queste coppe rituali, associate al culto degli antenati, si è sviluppata nella regione di Bouaké, una città al centro della Costa d’Avorio. In alcuni esemplari, oggi presenti nelle collezioni occidentali, si riconosce la mano di artisti che hanno lavorato nelle atelier, come se nelle loro opere avessero lasciato una firma indelebile.
Etichetta applicata dal proprietario dopo l’acquisto dell’opera da Paolo Morigi
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11* GREBO, Liberia, regione di Cap Palmas, Maryland Country Pettine in legno, altezza 22,5 cm Scultura a pettine con quattro punte ed impugnatura a testa di figura femminile. PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1968/1969) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 265) (1980) € 1.000 - 1.200
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12* YORUBA, regione sud orientale di Abeokuta Figure di culto, coppia di gemelli “Ibeji” Legno a patina scura con incrostazioni di polvere di tukula, bullette di metallo sugli occhi, collanina di perle bianche sull’esemplare femminile. Segni di un prolungato utilizzo. Esemplare maschile: altezza: 25,5 cm Esemplare femminile: altezza 26,5 cm PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1976) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 249) € 1.800 - 2.000
Due esemplari scolpiti secondo gli stilemi che, per una lunga tradizione, si sono diffusi nella Nigeria meridionale e nella Repubblica del Benin. È un tipo di arte che risulta riconoscibile e che si è tramandata nel tempo sotto la spinta creativa dei tanti scultori che lavoravano nelle ateliers anche molto lontane una dall’altra. Queste piccole sculture, di sesso maschile o femminile, rappresentano dei gemelli. La nascita di due o più gemelli è considerata presso le popolazioni nigeriane un evento importante e dopo tale occasione, dai fortunati genitori, viene chiesto allo scultore del villaggio di preparare gli Ibeji, la coppia di statuine con lo stesso sesso dei gemelli nati. Esse formeranno con i proprietari uno stretto legame spirituale. Le sculture così scolpite saranno custodite e trattate con massima cura per tutta la vita. Nel caso di decesso di uno dei gemelli, il dualismo con l’altro continuerà attraverso la statuina che diventerà così l’incarnazione dello spirito del gemello defunto. Solo dopo la morte di entrambi i gemelli le statuine perderanno il loro significato e valore sacro e, pertanto, potranno essere cedute.
Bibliografia di riferimento: • FAGG WILLIAM & PEMBERTON JOHN 3rd , Yoruba Sculpture of West Africa, New York 1982, pag. 81 (56) • MERLO CHRISTIAN, Ibedji, hohovi, venavi: Les statuettes rituelles de jumeaux en civilisation beninoise, Articolo pubblicato sulla rivista francese “Arts d’Afrique Noire”, Estate 1977, n° 22, pagg. 16 - 31 • STOLL MAREIDI & GERT STOLL & Cooperation Ulrich Klever, IBEJI: Twin Figures of the Yoruba, Munchen, Germany 1980 (1076) 36
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13* BAMBARA, Mali, regione di Segou Ferro a forma di quadrupede, dimensioni 17 x 6 cm PROVENIENZA: • Antica collezione Han Coray, Agnuzzo, Lugano (inv. HC 98) • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1976) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 260) € 1.000 - 1.200
Questi ferri, realizzati dai fabbri Bambara, ma diffusi anche presso i Dogon, avevano diverse funzioni: qui la forma di un animale della savana del Sahel sembra legata a rituali di caccia. È probabile che fossero collocati all’interno degli altari famigliari come un simbolo totemico della famiglia. (Laude, fig. 82) È una realizzazione insolita che ha richiesto abilità da parte del fabbro nella lavorazione del ferro a caldo. Una densa patina dovuta all’ossidazione del ferro conferma l’anzianità di questo manufatto. Un ferro simile, anch’esso proveniente dalla collezione Han Coray è pubblicato a tavola 20 del volume di Morigi del 1968.
Bibliografia di riferimento: • MORIGI PAOLO, Meisterwerke altafrikanischer Kultur aus der Sammlung Casa Coray, Agnuzzo-Lugano 1968, tav. 20 (20) • LAUDE JEAN, African Art of the Dogon: The Myths of the Cliff Dwellers, New York 1973, fig. 82 (116) 38
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COLLEZIONE SCHWAB Sculture Tellem e Dogon(1)
I Tellem costituivano il gruppo etnico installato all’imboccatura del fiume Niger fino all’arrivo dei Dogon. Non si conosce bene la storia di questo popolo primitivo il cui passaggio ha lasciato come traccia oggetti rituali scolpiti con stile singolare che riflette un severo simbolismo. Malgrado qualche variante, rappresentano soprattutto personaggi a braccia alzate verso il cielo, gesto che sembra un’implorazione. Le silhouettes dei personaggi sono sottili, elevate verso l’alto, e ricordano il tronco dell’albero dal quale l’artista ha iniziato. I dettagli anatomici sono grossolanamente indicati, senza pretendere di riprodurre fedelmente la natura, ma i tratti deformati acquistano, per la stessa deformazione, una grande potenza d’espressione. Queste statue, dall’apparenza rudimentale, esercitano stranamente su chi le osserva un misterioso potere. Le opere che hanno le braccia alzate sopra la testa hanno la caratteristica comune di avere la parte posteriore formata da un unico
piano verticale. Ciò è andato scomparendo quando le braccia sono state scolpite in modo separato. Il tema delle braccia alzate è correlato con una serie di elementi mitologici poi ripresi nella cultura Dogon. La caratteristica più evidente della scultura Tellem - e più tardi della scultura Dogon - è la spessa patina che ricopre tutte le statue. Era fatta di un impasto di miglio cotto, cera d’api, guano di pipistrello, mescolato a sangue, e rispondeva certamente ad un’intenzione rituale precisa. Oggi, questa crosta irregolare e rugosa conferisce a queste statuine un sapore arcaico supplementare. La scultura dei Dogon presenta delle affinità con gli stili dei più antichi Tellem. La stessa austerità che si ritrova anche nei costumi di questo popolo di agricoltori e cacciatori che, attraverso il loro bagaglio mitologico, ha fornito una delle più interessanti manifestazioni artistiche di tutta l’area sudanese.
Estratto dall’opera di Franco Monti, pagg. 1340 - 1346 MONTI FRANCO, Le arti primitive, volume IX della collezione “Capolavori nei secoli”, Fratelli Fabbri Editore, Milano, 1961-1964. Volume dedicato alle arti extraeuropee. (Edizione francese) (1087) (1)
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COLLEZIONE SCHWAB Sculture Tellem(2)
A 300 km a sud di Tombouctou, all’interno dell’ansa del fiume Niger, si estendono per più di 200 km le alte falesie di Bandiagara che scendono a strapiombo sulla pianura sudanese, un altopiano dal clima caldo e scarsa vegetazione. Ai bordi di queste pareti verticali, frastagliate da profonde faglie, i primi insediamenti umani risalirebbero al III° sec. a.C. In seguito, intorno all’ XI° sec. d.C. sarebbe comparsa una popolazione autoctona antichissima, i Tellem: i piccoli uomini della falesia. Sullo stesso altopiano, intorno al XV° sec. d.C., arrivarono da ovest i Dogon, gruppo di agricoltori e cacciatori di origine Mande (Guinea) che hanno costruito ai bordi della falesia i loro insediamenti con i caratteristici granai. In lingua Dogon la parola Tellem significa “noi li abbiamo trovati”. È l’epiteto che fu utilizzato dai Dogon per indicare questa popolazione. Le difficoltà di accesso della regione e l’aridità del clima hanno protetto gli indigeni per secoli dalle penetrazioni islamiche ed europee. Lungo la falesia sono state trovate abitazioni di tipo trogloditico abbandonate dai Tellem che i Dogon hanno riutilizzato come grotte funerarie e luoghi di culto. Al loro interno hanno rinvenuto ammassi di statuette scolpite in uno stile singolare. Questi manufatti, decisamente antichi, sono stati oggetto di una prolungata venerazione da parte dei Dogon. La loro rarità è giustificata dal fatto che le caverne erano praticamente inaccessibili. Nel 1900 solo pochi europei sono riusciti ad accedervi. Inoltre, i Dogon, per scrupoli religiosi, consideravano la loro vendita un sacrilegio. A parte qualche sporadico ritrovamento degli anni 20-30 ad opera di ricercatori come Marcel Griaule e altri, fu un mercante francese di Lille, Pierre Langlois, il primo a riconoscere il valore estetico di queste antiche sculture. Dal 1950 e successivamente fino al 1954 intraprese numerosi viaggi in Mali alla ricerca dei manufatti Tellem. Trovava queste sculture nelle grotte lungo la falesia sopra i granai Dogon in corrispondenza dei villaggi tra Ireli e Bamba, distanti tra loro parecchi km. Erano tutte raggruppate all’interno di contenitori ed è probabile che costituissero degli altari sacri usati da tempi immemorabili. Pierre Langlois, dopo aver raccolto una dozzina di sculture Tellem ed una ventina di antichi oggetti Dogon, nel 1954 42
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organizzò a Lille la prima esposizione/vendita di questi ritrovamenti riportati dai suoi viaggi. Le opere furono illustrate nel catalogo che scrisse per l’occasione: “Langlois Pierre -:Art soudanais, Tribus Dogons” Lille & Bruxelles 1954, Librairie-Galerie Marcel Evrard. (1088) Tuttavia, questo primo evento di materiale arcaico del Mali non ebbe grande successo ! L’esposizione fu presentata successivamente a Bruxelles, al Palais des Beaux Arts e lì suscitò un grande interesse tra i collezionisti. L’anno dopo, nel 1955, la mostra fu riproposta a Parigi alla Galerie La Hune. Una seconda esposizione di Tellem fu proposta a Londra nel 1959 alla Hanover Gallery “Sculpture of the Tellem and the Dogon” Leiris Michel & Damase Jaques. (1104) Le sculture Tellem più antiche sarebbero state realizzate intorno al XI° secolo, mentre alcuni esemplari risalirebbero al XV° secolo. I Dogon, nella loro produzione artistica, legata alla complessa mitologia, subirono molto l’influenza stilistica delle opere Tellem. Infatti, molti oggetti Tellem furono riutilizzati dai Dogon nei loro altari sacri e gli stili delle due produzioni, per almeno quattro secoli, si sono sovrapposti. Le opere lignee Tellem rappresentano figure androgine, dall’aspetto primordiale, riprese in posizione verticale con il corpo compatto che esce in alto-rilievo da una tavoletta alle loro spalle. In molti casi la figura si presenta con braccia alzate in un atteggiamento che sembra un’invocazione rivolta agli antenati. Le parti del volto come occhi, naso, barba, sono poco dettagliate. I profili laterali delle tavolette sono segnati da intagli a crinale. Realizzate in legno duro le sculture Tellem hanno un’altezza media tra 30 e 60 cm. Sono ricoperte con una patina sacrificale scura dall’aspetto crostoso che, oltre alla funzione sacra, aveva lo scopo di proteggerle dall’attacco dei parassiti. La patina è un impasto di miglio cotto e sangue la cui superfice risulta irregolare e crettata. È costituita da un solo strato che ricopre il legno in tutte le sue parti. Le sue imperfezioni possono essere state causate dagli sbalzi di temperatura che
nelle grotte, con il trascorrere dei secoli, poteva facilmente raggiungere i 50 gradi. Al contrario, le opere Dogon più antiche, sono state ricoperte con una patina dall’aspetto crostoso che però si presenta con un numero di strati maggiore. I Tellem, pur nel loro isolamento culturale, hanno ideato una scultura stilizzata dal potere magico perché associata a sacrifici simbolici. Le hanno protette e nascoste affinché potessero essere conservate e tramandate ai discendenti come patrimonio culturale. Dopo le opere della civiltà egizia, le sculture Tellem sono considerate i reperti lignei più antichi dell’Africa. Alcuni esemplari sottoposti alla datazione del Carbonio 14 hanno rivelato un’anzianità di oltre mille anni. Le falesie naturali di Bandiagara, con i caratteristici villaggi Dogon, sono stati considerati beni protetti dall’Unesco come patrimonio culturale naturalistico dell’Umanità, al pari dei luoghi archeologici dell’Egitto faraonico, dell’antica Grecia e delle molteplici località del centro America. Questi riconoscimenti fanno del Mali, un Paese unico in tutta l’Africa.
Bibliografia di riferimento: • LANGLOIS PIERRE , Art soudanais: Tribus Dogons, Bruxelles & Lille 1954, Librairie-Galerie Marcel Evrard (1088) • LEIRIS MICHEL & DAMASE JACQUES, Sculpture of the Tellem and the Dogon, Hanover Gallery, London 12 october 1959 (1104) • MONTI FRANCO, Le arti primitive, volume IX della collezione “Capolavori nei secoli”, Fratelli Fabbri Editore, Milano, 1961-1964. Volume dedicato alle arti extraeuropee. (Edizione francese) (1087) • LAUDE JEAN, African Art of the Dogon: The Myths of the Cliff Dwellers, New York 1973 (116) • CENTRE NATIONAL DE RICHERCHE D’ANIMATION ET DE CREATION POUR LES ARTS PLASTIQUES (CRACAP), Les Dogon, Paris 1974 (44) • BEAUDOIN GERARD, Les Dogons du Mali, Paris 1984 (138) • EZRA KATE, Art of the Dogon: Selection from the Lester Wundermann collection, MET, New York 1988 (423) • AUTORI VARI, Dogon, Musée Dapper, Paris 1994 (322) • LELOUP HELEN, Dogon, Musèe du Quay Branly, Paris 2011 (712) • HOMBERGER LORENZ, Die Kunst der Dogon, Museum Rietberg Zurich 1995
Estratto dall’opera di Bernrd De Grunne, pagg. 19 - 30 De Grunne Bernrd, La sculpture classique Tellem, articolo sulla rivista Arts d’Afrique Noire n° 88, Inverno 1993, pagg. 19 - 30 (2)
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14* TELLEM, Mali, regione di Bandiagara Figura rituale, altezza 37,8 cm Legno duro ricoperto con un impasto di sostanze sacrificali che conferiscono alla scultura un colore nero PROVENIENZA: • Galleria Peter Kohler, Ascona (1961) • Galleria Maria Wyss, Basilea (*) • Collezione Walter Schwab, Bern (Inv. WS 24) € 12.000 - 16.000
(*) Maria Wyss Attiva a Basilea dagli anni ’50 è diventata famosa come fotografa e gallerista d’arte primitiva di Africa, Oceania, America. Alcuni suoi pezzi sono stati venduti nelle aste di Christie’s e Sotheby’s. Nel corso della sua attività ha venduto importanti opere a collezionisti e musei. Ha collaborato con il Rietberg Museum di Zurigo e un dozzina delle sue sculture africane Dan e Guro sono presenti in ognuno dei seguenti cataloghi pubblicati dal Museo: • FISCHER EBERHARD & HIMMELHEBER HANS, Die Kunst der Dan, Rietberg Museum Zurich 1976 • FISCHER EBERHARD & HOMBERGER LORENZ, Die Kunst der Guro, Rietberg Museum Zurich 1985
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Il volto primordiale, lascia intravedere occhi, bocca ed una folta barba. Sembra l’immagine sfocata di un defunto dopo che è stato aperto il sudario che lo avvolgeva da tempo immemorabile. La scultura rappresenta la figura ancestrale di un corpo umano in piedi. Le braccia alzate verso l’alto riprendono il gesto di un Nommo, un’immagine molto utilizzata nella statuaria Dogon perché riprende uno degli esseri primordiali della loro complessa mitologia. Un popolo che l’antropologo francese Marcel Griaule, con le sue missioni nel Sudan francese degli anni dal 1928 al 1956, ha fatto conoscere al mondo.
15* TELLEM, Mali, regione di Bandiagara Figura androgina, altezza 38,2 cm Legno duro ricoperto con un impasto di sostanze sacrificali che conferiscono alla scultura un colore scuro PROVENIENZA: • Antica collezione Han Coray (inv. HC 3) (*) Vita di Han Coray a pagina 48 • Galleria Peter Kohler, Ascona (1961) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 25) € 12.000 - 16.000
Bibliografia di riferimento: • MORIGI PAOLO, Meisterwerke altafrikanischer Kultur aus der Sammlung Casa Coray, Agnuzzo-Lugano 1968, tav. 1 (Tellem di 40 cm) (20) 46
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Il corpo sembra la rappresentazione di un Nommo, uno dei geni primordiali e spiriti delle acque, esseri divini che posseggono entrambi i caratteri sessuali maschili e femminili. Erano considerati dai Dogon i capostipiti degli esseri umani perché portatori della vita sulla terra.
COLLEZIONE SCHWAB (*) Han Coray (Thai, Suisse 1880 - Zurigo 1974)
Han Coray nel 1928
Han Coray nasce nella Suisse orientale da un medico e un’infermiera. Alla morte della madre fu affidato all’orfanotrofio di San Gallo. Intraprese un percorso di studi presso l’istituto magistrale evangelico di Unterstrass a Zurigo ed ottenne il diploma di insegnante. Seguirono anni di lavoro come maestro di scuola elementare e precettore che culminarono in una cattedra come preside di due importanti scuole private zurighesi. A poco più di trent’anni Han Coray - allora chiamato Heinrich Corray - era considerato un innovatore in campo pedagogico, con all’attivo numerosi scritti di pedagogia riformatrice. Su questi argomenti pubblicò libri che ebbero grande successo. Figura poliedrica, fu collezionista di arte antica, moderna, africana, mercante d’arte e mecenate di giovani artisti dell’avanguardia Suisse. Agli inizi del 1900 fu uno dei più importanti collezionisti svizzeri di opere d’arte moderna e dal 1916 intraprese l’attività di gallerista a Zurigo e Basilea. Il suo fiuto per gli affari e la capacità di interpretare i tempi lo portarono a esporre grandi artisti come Gauguin e Van Gogh, avanguardisti del calibro di Kandinsky e Klee e numerosi dadaisti. In quegli anni Coray divenne un punto di riferimento per la cultura dadaista e d’avanguardia: tra gli amici che frequentavano la sua galleria c’erano Arp, Janco, Lehmbruck, Tzara, Richter e i due fondatori del Cabaret Voltaire, Ball ed Hennings. Nel 1917, alla mostra inaugurale del dadaismo, espose in Suisse le prime opere di “Arte negra”. Già nel 1910, all’età di trent’anni, iniziò a raccogliere oggetti d’arte africana. Nel 1919, dopo il secondo matrimonio con la ricca giovane olandese Dorrie Stoop, Han Coray iniziò un’intensa attività di collezionista. Dorrie era figlia di un ingegnere che aveva fatto fortuna con il petrolio; fu così che - in virtù della grandissima disponibilità economica della moglie - Han Coray-Stoop accumulò un immenso tesoro artistico che comprendeva opere di arte europea dal XV° al XVIII° secolo e soprattutto una vastissima collezione di sculture ed oggetti africani acquistati per lo più dal suo amico Paul Guillaume, gallerista parigino e grande esperto di arte e cultura africana, conosciuto grazie alla comune amicizia con Tristan Tzara. 48
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Fece numerosi viaggi a Parigi e Guillaume divenne il suo fornitore di riferimento. Fu capace di raccogliere migliaia di sculture ed oggetti preziosi provenienti da tutto il Continente Nero senza mai mettervi piede: uno strano destino per un uomo che amò intensamente l’Africa. Erano gli anni in cui a Parigi collezionisti e mercanti come Charles Ratton (1895-1986), Louis Carré (1897-1977), René Rasmussen (1911-1979), George Keller (1899-1981), Jacob Epstein (1880-1959) e altri, avevano compreso l’importanza delle opere africane, sia per il loro contenuto di novità, sia per il grande fascino che quelle forme suscitavano nei giovani artisti, esponenti delle avanguardie, che accorsi a Parigi, diedero vita allo stimolante periodo francese dei primi anni del ‘900 che cambiò la storia dell’arte. Nel 1928 Coray possedeva oltre 2.000 oggetti di arte africana. Sculture arcaiche Tellem; antenati Dogon (Mali); sculture Dan e Guro (Costa d’Avorio); bronzi del Benin (Nigeria); reliquiari Fang, Kota, Mahongwe; maschere Punu (Gabon); maternità Yombe; feticci Bakongo (Congo); sculture Yaka, Pende, Lega, Kuba, Luba, Songye, Mangbetu (Congo); maschere Chokwe (Angola), ed altri infiniti oggetti dei maggiori scultori attivi in Africa nel XIX° secolo. Grazie a questo tesoro Coray divenne il primo collezionista svizzero di arte africana ed allestì un museo privato nella lussuosa tenuta della moglie ad Erlenbach (ZH). Un’iniziativa che aveva la finalità di diventare un museo universale della storia dell’arte umana. Questo sogno si infranse quando Dorrie nel 1928 morì, per cui Coray, non potendo più sostenere le spese folli per gli acquisti che faceva, dovette vendere la maggior parte delle sue collezioni a musei statali e a collezionisti. Per risollevarsi economicamente nel 1931 a Berlino dovette cedere all’asta la sua collezione dei vecchi maestri europei che all’epoca fu stimata in 1,2 milioni di franchi svizzeri. Nello stesso anno a Zurigo, Basilea, Winterthur e al Museo Volkerkunde di Monaco veniva esposta la sua gigantesca “Collezione negra” che comprendeva più di 2.000 oggetti, ma che a quell’epoca già non gli appartenevano più perché
furono appannaggio della banca che gli aveva pignorato la casa come risarcimento dei suoi debiti. Per lui fu una dolorosa perdita ma già dalla fine del 1930 aveva deciso di cambiare vita e, infatti, si stabilì ad Agnuzzo nel Canton Ticino, dove acquistò una tenuta abbandonata sul lago di Lugano. Così, nel 1931 vi fece costruire l’Hôtel Casa Coray, un luogo originale che arredò con gusto e che negli anni, come stablimento balneare, gli permise di risollevarsi economicamente. Più che un albergo divenne una vera e propria galleria d’arte che accoglieva le opere che gli erano rimaste e le sue nuove acquisizioni di dipinti antichi e moderni, pezzi dell’ Africa, dell’antica America e dell’Estremo Oriente. Nello stesso anno l’antropologo Miklòs Szalay, del Volkerkundemuseum dell’Università di Zurigo, gli offrì la possibilità di presentare 200 opere africane selezionate tra le 500 che ancora facevano parte della sua straordinaria collezione. In ricordo di questo evento nel 1995 lo staff del Museo, sotto la direzione Rudolf Koella, presentò una rassegna di importanti opere africane di Coray provenienti dai tanti collezionisti, Fondazioni, e Musei che le avevano acquistate all’epoca.
SZALAY MIKLOS, Afrikanische Kunst: Aus der Sammlung Han Coray 19161928, Munchen 1995 (801)
Han Coray a Lugano conobbe e divenne amico di Paolo Morigi. Nel corso degli anni vendette al giovane italiano molte opere africane. Nel 1968, all’età di 88 anni, non aveva voglia di impegnarsi per una pubblicazione, così chiese a Morigi di selezionare 100 sculture della sua imponente collezione per illustrarle in un catalogo. Morigi aderì all’iniziativa, selezionò le opere di Coray e firmò il catalogo.
MORIGI PAOLO, Meisterwerke altafrikanischer Kultur aus der Sammlung Casa Coray, Agnuzzo-Lugano 1968
Nel 1970 al Museum Allerheiligen di Schaffhausen, fu presentata un mostra di opere appartenute ad Han Coray. Tra i pezzi di arte africana vi era un seggiolino a cariatide Luba di 58 cm (n° 108) opera proveniente dal villaggio di Buli in Congo, entrata nel 1990 nelle collezioni del MET di New York. Museum zu Allerheiligen,,Schaffausen 217 Werke aus der Sammlung, Han Coray, Agnuzzo 26 April - 2 August 1970
LUBA 58 cm (tav. 108) Seggiolino a cariatide Buli
Han Coray morì nel 1974 all’età di 94 anni. Nonostante la delusione personale per aver perso tantissime opere, nella sua lunga attività, diede un grande contributo alla conoscenza dell’arte e delle culture africane in Europa e in particolare in Suisse: un grandissimo risultato se si considera che non mise mai piede nel Continente Nero. Qualcosa di simile ce lo si poteva aspettare solo da un uomo con una storia eccezionale come la sua. Han Coray visse secondo il motto “rendere possibile l’impossibile”. Un motto azzeccato per lui che, partito dalla condizione di orfano senza avere nulla, finì con l’ avere tutto e con interpretare, nei 94 lunghi anni, più vite in una sola: maestro, educatore, gallerista, librario, mercante, collezionista, albergatore e, ancora, padre di 7 figli, marito di 4 donne ed amico di una miriade di artisti ed intellettuali. L’eccezionale per lui fu sempre l’ordinario! Nel 2002 anche il Museo Cantonale di Lugano (Musec) volle dedicare una mostra di opere africane appartenute alla collezione di questo grande personaggio. Furono esposti 200 pezzi rintracciati tra Fondazioni, Musei, ed i molti collezionisti che li avevano acquistati negli anni d’oro dell’epopea Coray.
MUSEO CANTONALE DI LUGANO Arte africana dalla collezione Han Coray Lugano 2002 FINARTE
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16* KONGO / YOMBE, Congo Brazzaville Statuetta commemorativa di una donna-capo ripresa con bambino vivo in braccio Altezza 17,6 cm Legno duro a patina scura, rotture d’epoca PROVENIENZA: • Galleria Merton Simpson, New York (1928 - 2013) (*) Vita di Merton Simpson • Galleria Paolo Morigi, Lugano (1978) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 333) (2004) € 18.000 - 24.000
Questi esemplari, che rappresentano il motivo della madre con bambino, che pure è presente nella produzione di molte altre popolazioni africane, sono stati realizzati nella regione costiera del Basso Congo, Point Noire e Cabinda, dai gruppi Kongo, Vili, Yombe, e altri popoli del Congo, perché tutti adottano una discendenza matrilineare. La scultura rappresenta una figura mitologica, la donna fondatrice del clan. Queste opere prendono il nome dal termine indigeno che individua il caolino (Phemba), un’argilla bianca, spalmata sulla loro superficie, che, oltre a svolgere una funzione protettiva, aveva una funzione simbolica e terapeutica. L’opera era conservata da un capo famiglia in una cappella sopra un altare dove veniva onorata di tanto in tanto cospargendola con unguenti protettivi. Aveva una parte attiva nel culto degli antenati perché ad essa erano dedicate offerte e preghiere rivolte agli avi. Oltre alla funzione religiosa la scultura svolgeva il ruolo politico-sociale di testimoniare alla gente del villaggio che la moglie del capo ha avuto il dono della fertilità, un tema che ha sempre preoccupato le popolazioni africane e che era motivo di ripudio per le donne sterili. Queste opere hanno reso la statuaria di questi gruppi famosa in tutto il mondo. Questo esemplare, scolpito in una dimensione ridotta (17.6 cm), prerogativa riservata ai grandi maestri perché questi modelli di solito misurano 25 - 55 cm, riprende una complessa iconografia che si tramanda da secoli. La figura della madre è inginocchiata sulla gamba destra mentre trattiene il figlio con una mano adagiato sulla gamba sinistra. Con l’altra mano cerca il contenitore che si trova al suo fianco per ungere il neonato con sostanze protettive. È l’istantanea di un gesto abituale, una rappresentazione in miniatura, ripresa in un’alternanza di volumi che evidenziano una tecnica geniale eseguita da pochi altri scultori!
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(*) Vecchia etichetta incollata sotto la base
Bibliografia di riferimento: • LEHUARD RAOUL, Les Phemba du Mayombe, Arnouville, France, 1977 (59) • LEHUARD RAOUL, Art Bakongo: Les centres de style, Arnouville, France 1989, volume II°, Yombe, pag. 579, K61-1, 30 cm (233 bis) • Arts d’Afrique Noire n° 71, Arnouville, France, Autunno 1989, pag. 12
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Tutto il corpo è segnato da tatuaggi pettorali e dorsali eseguiti con precisione, una moda di decorare il corpo caratteristica di questi gruppi. Al collo della donna è scolpita una raffinata collana e, sopra i seni, si vede la cordicella che portavano le donne in Congo per rassodare i muscoli pettorali rilassati dopo l’allattamento. Su polsi e avanbracci indossa grossi anelli, simboli di nobiltà e prestigio. Come in tutte le sculture femminili Kongo, Yombe, Vili, il volto è rivolto all’insù, la bocca aperta lascia intravedere una fila di denti limati secondo una moda diffusa in molti gruppi dell’Africa. Gli occhi sono segnati da due pezzetti di ceramica bianca, le orecchie riprendono la forma del 9. La donna indossa un copricapo circolare e, nella parte bassa della schiena, un perizoma scolpito legato con un cordoncino intorno al bacino. I seni turgidi sono la testimonianza dell’allattamento. Il cuscino rettangolare che sostiene la figura è anch’esso impreziosito con una serie di incisioni a motivi geometrici. La delicata immagine della figura femminile che, i grandi maestri congolesi hanno scolpito in posizione seduta e simmetrica, li ha resi famosi nel mondo per la bellezza sublime del gesto materno. Gli scultori Kongo, Yombe, Vili, hanno saputo interpretare la figura umana ripresa in atteggiamenti dove prevalgono posizioni insolite degli arti che risultano disallineati ed asimmetrici. Una caratteristica scultorea, forse più evoluta, che si differenzia dalla gran parte della produzione tribale africana che, al contrario, prevede una perfetta simmetria della figura umana.
COLLEZIONE SCHWAB (*) Merton Simpson (1928 - 2013)
Nato a Charleston in Sud Carolina nel 1928 da una famiglia afro-americana ha una vita difficile nei suoi primi anni. Tuttavia, riesce a studiare e manifesta un marcato talento per la pittura e per la musica jazz. Nel 1949 entra alla New York University ed esplora il mondo dell’arte contemporanea. Guardando le opere dei maestri europei come Picasso, Mirò, Modigliani, e altri, coglie gli aspetti che le avvicinano al mondo delle opere africane. Acquista un primo oggetto d’arte africana ed inizia così una passione che lo porterà in breve ad avere una sua collezione. A New York, negli anni ’50, apre una galleria dove espone, oltre alle opere d’Arte Contemporanea, anche reperti originali d’arte africana ed oceanica. Nel fermento creativo di quel periodo si impone come uno dei più grandi mercanti americani. Dopo numerosi viaggi a Parigi entra in contatto con il mondo dei mercanti francesi. Stringe una solida amicizia, in particolare con Raoul Lehuard, il direttore della mitica rivista “Arts d’Afrique Noire” e con Marceau Riviere, in Galerie Sao, dal quale acquista opere africane di alta qualità. Negli anni ’70 si reca più volte in Africa occidentale dove acquista le ultime opere tradizionali degli scultori africani prima che subissero la contaminazione del mondo occidentale. Apprende così una notevole capacità di giudizio sulla autenticità degli oggetti che gli sono offerti. Negli anni ’80 presenta le sue collezioni d’arte africana tradizionale nelle gallerie americane. Sono serate con vernissage e musica Jazz dove Simpson al sassofono e altri musicisti trattengono gli invitati nel caldo ambiente afro americano. Alcune opere che sono passate dalle sue mani sono state battute in aste importanti ed oggi fanno parte di famose collezioni. Nel 1989, in occasione del volume che il suo amico Raoul Lehuard stava preparando sull’arte Bakongo, gli ha inviato le foto di due esemplari Yombe con bambino. • LEHUARD RAOUL, Art Bakongo: Les centres de style, Arnouville, France 1989, volume II°, Yombe pag. 580, K 6-1-2 , K 6 - 1 - 3 (233 bis)
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La sua vita privata lo ha visto sempre impegnato per il movimento dei diritti civili e nella lotta per la libertà dei Neri negli Stati Uniti. Con la sua attività di mercante d’arte ha cercato di dare il giusto diritto alle opere degli scultori africani che oggi, senza ombra di dubbio, sono collocate all’interno della Storia Universale dell’Arte. Muore a Newy York nel 2013.
Foto di Merton Simpson, al centro, ripresa da “Arts d’Afrique Noire n° 64, Inverno 1987, pag. 24
Bibliografia di riferimento: • SOTHEBY’S, Collection Marceau Riviére, Paris, asta del 18 e 19 giugno 2019 (Vita di Merton Simpson a pag. 419) (1047)
17* FANG, Camerun, regione meridionale, Gabon Testa di reliquario Byeri altezza 40 cm Legno a patina crostosa nera con tracce di sostanze oleose a trasudazione continua, erosione nella parte inferiore. Antico chiodo in ferro a sezione quadrata infisso sulla fronte, bullette di metallo sugli occhi. PROVENIENZA: • Ex collezione Walter Glaser (Basilea) • Ex collezione Eduard Hess (2001) (*) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 544) (2002) Etichette di antica provenienza sono ancora incollate sul retro della scultura Testa in legno che si presenta con la bocca a labbra chiuse sporte in avanti nel gesto di fare la mou (il broncio). La pettinatura, con una grande ciocca che scende dietro la nuca e due laterali più piccole, riprende una moda diffusa nella regione. La rotondità della fronte, il naso ben proporzionato, le bullette sugli occhi, l’assenza di orecchie, sono elementi che collocano quest’opera all’interno della tipologia classica delle teste Betsi. Il lungo collo cilindro è adatto al fissaggio della testa nella scatola delle reliquie, ora scomparsa. Il legno mostra segni di un utilizzo prolungato, soprattutto sulla testa, oltre a fessure d’epoca dovute alla lunga permanenza dell’opera nel clima equatoriale. € 16.000 - 20.000
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Queste sculture erano collocate sopra una scatola circolare di fibre vegetali intrecciate che conteneva alcuni resti del fondatore del clan: calotta cranica, reliquie, bracciali di investitura, ecc. L’insieme della testa più la scatola, Byeri, era conservata in un luogo di culto dedicato agli antenati. Ogni famiglia possedeva una Byeri che conservava gelosamente perché rappresentava un legame stretto con il mondo dei defunti. Durante i periodi delle ricorrenze dei defunti la Byeri veniva sottoposta ad un rituale che prevedeva la presentazione delle reliquie e l’unzione della scultura con oli e sostanze vegetali. Tracce di queste pratiche sono evidenti sulla superficie del legno. La statuaria Fang rappresenta un insieme stilistico omogeneo all’interno della produzione plastica africana. Le sculture Byeri, ritenute dei veri capolavori, sono apprezzate e ricercate in tutto il mondo per la sobrietà delle loro forme, per il loro stile armonioso ed espressivo, e per il profondo senso di serenità che trasmettono. Le teste Fang non sono dei veri ritratti di antenati ma rappresentano piuttosto i ricettacoli delle reliquie dei loro defunti. In alcuni esemplari, all’interno della fronte, sono stati nascosti pezzetti di reliquie. L’origine e l’anzianità delle teste Fang è stata oggetto di ricerche approfondite da parte di molti studiosi. L’americano John McKesson ritiene che le teste siano le opere più antiche dei Fang in rapporto alle sculture che invece sarebbero comparse in un periodo successivo. Lo specialista Louis Perrois è del parere che le teste siano una rappresentazione a diffusione locale dei Betsi, un sottogruppo Fang insediato nel Gabon centro occidentale, che avrebbe elaborato anche una forma di statuaria. Lo studioso francese Jean Laud segnala che i Fang si sarebbero insediati nella regione nella prima metà del XVIII secolo. Gli scultori avrebbero interrotto la produzione di oggetti rituali dal 1934 a causa del divieto delle autorità francesi e dell’azione di contrasto dei missionari. (Jean Laud 1971, pag. 59)
Bibliografia di riferimento: • PERROIS LOUIS, La statuaire Fang du Gabon, sulla rivista “Arts d’Afrique Noire” n° 7, inverno 1973, pagg.22 - 42 • PERROIS LOUIS, Arts du Gabon, Arnouville 1979 (119) • PERROIS LOUIS, Art ancestral du Gabon, Ginevra 1985 (106) • PERROIS LOUIS, Byeri Fang: sculptures d’ancetres en Afrique, Marsiglia 1992 (1002) • McKESSON JOHN, Réflexions sur l’évolution de la sculpture des reliquiaires Fang, Articolo pubblicato sulla rivista francese “Arts d’Afrique Noire” n° 63, autunno 1987, pagg.7 - 21 • LABURTHE TOLRA P. & FALGAYRETTES LEVAU C., Fang, Edizioni FONDAZIONE DAPPER; Parigi 1991 (277) • LAUDE JEAN, The Arts of Black Africa, Los Angeles 1971, pag. 59 (115) • AUTORI VARI, Les forets natales: Arts d’Afrique équatoriale atlantique, Musée du Quai Branly, Parigi 2017, pagg. 180 - 185 (966)
(*) Eduard Hess (Oberwil 1921 – Basilea 2009) Eduard Hess, da sempre chiamato “Bob”, da non confondere con l’altro collezionista omonimo Hans Hess, all’età di 40 anni, dalla moglie ha ricevuto in regalo la prima statuina di arte africana e ciò ha suscitato in lui un vero fascino che ha coltivato per tutta la vita. Ha visitato musei e frequentato collezionisti che gli hanno permesso di conoscere le opere più caratteristiche della produzione africana. Dai primi anni ’60 si è recato più volte in Africa e si reso conto di quanto fosse ricca e variegata la produzione delle opere tradizionali. Nel 1990 ha organizzato una mostra a Oberwil. Si è fatto una ricca biblioteca sui libri delle arti primitive. Ha stretto una lunga amicizia con Hans Hess, Toni Dähler, Walter Glaser, Walter Schwab, tutti appassionati collezionisti svizzeri coi quali ha frequentato mostre, gallerie, vendite alle aste. Con loro scambiava, comprava e vendeva oggetti tribali. Nella sua collezione sono entrate opere provenienti da nomi famosi come Pierre Veritè, Emil Storrer, Alain de Mombrison, René Rasmussen, Maria Wiss. Con l’amico Toni Dähler condivise anche un avventuroso viaggio in Indonesia. Nel corso della sua vita si è messo in contatto con noti specialisti e, nel suo ambiente, è stato considerato un esperto del settore. Opere della sua collezione sono state pubblicate, vendute, e, negli anni, ha ceduto alcuni suoi pezzi per essere esposti al Museo Rietberg di Zurigo. 58
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18* FANG, Camerun, regione meridionale Figura maschile di reliquario Byeri altezza 52 cm Legno medio denso di colore chiaro ricoperto con patina nera, tracce d’erosione, rotture d’epoca, restauri indigeni. Collana di ferro forgiata a mano e cintura di rame sagomata. PROVENIENZA: • Ex collezione Walter Glaser (Basilea) • Ex collezione Eduard Hess (2002) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 542) (2002) Una vecchia etichetta incollata sulla schiena riporta la scritta “Africa Camerun 1890” Una seconda scritta a mano sul legno riporta la data 1912
Rappresenta una figura ancestrale (byeri), scolpita nello stile che lo specialista Louis Perrois ha identificato come Ntumu, sottogruppo Fang insediato nel Sud Camerun, nord-ovest del Gabon e intorno alla Guinea Equatoriale. Le caratteristiche principali di questo gruppo sono: testa di proporzione media a fronte prominente, tronco slanciato longilineo, braccia staccate dal corpo, gambe corte, tronco del corpo in posizione seduta sul bastone di sostegno. Queste sculture, conservate in un santuario familiare, erano collocate sopra scatole di vimini che contenevano i teschi e le reliquie degli antenati che avevano dato origine alla stirpe del clan. Durante le cerimonie di commemorazione sul legno veniva fatto colare un miscuglio di sostanze magiche, sangue sacrificale, olio di palma, resine, che conferivano alle statue la loro forza vitale. Gli Ntumu sono un gruppo del Centro Africa che, con una penetrazione iniziata nel XII° secolo da nord verso sud, si è insediato stabilmente dal XVIII°- XIX° sec. nei territori del sud Camerun, Guinea Equatoriale, nord Gabon fino alla cittadina di Oyem. Questo gruppo è stato circondato da altri gruppi come Bulu, Ngumba, Mabea, Okak, Mvai, e sono numerose le tipologie a rappresentazione umana del tipo - i guardiani dei reliquiari - sia in posizione verticale, che con il bastone di appoggio posteriore. Gli stili si sono influenzati a vicenda ed una classificazione appropriata risulta tuttora difficile nonostante la moltitudine di studi realizzati.
€ 30.000 - 36.000
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Nella zona più occidentale del Gabon sono stati individuati i gruppi Okak e Betsi che hanno scolpito sculture a testa di reliquiario che avrebbero in comune una bella pettinatura striata con due ali laterali che parte dal centro della fronte, continua in obliquo sulle ciocche laterali e prosegue sulla zona posteriore della nuca. È uno stile ben conosciuto ma poco numeroso di tre teste e un torso Fang, guardiani di reliquiari. (Tolra, in Dapper 1992, pagg. 120 - 123).
Fig. 25 di pag. 54 Statua Ntumu di 60 cm
Fig. 26 di pag. 55 Dettaglio della pettinatura
In riferimento alla produzione del gruppo Ntumu sono rare le opere che riprendono questo tipo di pettinatura a ciocche laterali. Un esemplare di 60 cm è stato illustrato dal dottor Louis Perrois nel suo volume “Arts du Gabon” Arnouville 1979, alle pagine 54 e 55. Come si può notare dalla documentazione qui a lato vi sono analogie significative tra questo esemplare e quello della collezione Schwab di 52 cm. Entrambi maschili: collo possente su tronco slanciato, testa prominente a fronte alta, bocca aperta sporta in avanti con denti limati, occhi globulari, sopracciglia in rilievo, pettinatura striata a grandi ciocche trasversali. Le orecchie sono nascoste dalle ciocche della pettinatura striata che si sviluppa anche nella nuca. Al centro della testa si erge un grosso cilindro che completa la pettinatura. Le braccia, staccate da corpo, portano grossi anelli scolpiti sui bicipiti. Le mani sono assenti per il taglio dei polsi a fetta di salame. Grosso ombelico conico.
Bibliografia di riferimento: • PERROIS LOUIS, La statuaire Fang du Gabon, Articolo pubblicato sulla rivista francese Arts d’Afrique Noire n° 7, Autunno 1973, pagg. 22 – 42 • PERROIS LOUIS, Arts du Gabon, Arnouville 1979 (119) • LABURTHE-TOLRA PHILIPPE & FALGAYRETTES-LEVEAU CHRISTIANE, Fang, include un estratto dell’opera di Gunther Tessmann “Les Pahouins” del 1913 tradotto in francese, Fondation Dapper Paris 1991, pagg. 120 - 123 (277) 62
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19* HEMBA, Congo Kinshasa Figura bifronte, altezza 22 cm Legno ricoperto con densa patina scura, tracce di sostanze sacrificali PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 213) (1980) € 4.000 - 6.000
Bibliografia di riferimento: • NEYT FRANCOIS & DE STRYCKER LOUIS, Approche des art Hemba, Villiers-le Bel, France 1975, pagg. 38 - 40 (49) • FELIX MARC LEO, 100 Peoples of Zaire and their sculpture: Hemba pagg. 34 - 35, Bruxelles 1986 (201) • MORIGI PAOLO, Raccolta di un amatore d’arte primitiva, Magliaso, Lugano & Kunstmuseum Bern, Suisse 1980, pag. 332, fig. 294 (1068)
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Figura a carattere magico religioso che rappresenta un uomo e una donna uniti di schiena. Nome d’origine: Kabeja Diffuse tra i Luba, gli Hemba e i Tabwa, queste sculture appartenevano ad un capo famiglia ed erano associate al culto degli antenati. La loro funzione era quella di proteggere la coppia contro la sterilità, tutelare i figli dal pericolo di malattie, trovare un marito alle figlie da sposare, ecc. Il carattere magico di questi oggetti è confermato dal ricettacolo ubicato sulla testa che contiene delle sostanze considerate propiziatorie.
20* LUBA, Congo Kinshasa Figura janus, altezza 20 cm Legno duro a patina scura, rotture d’epoca PROVENIENZA: • Galleria Paolo Morigi, Lugano (Etichetta inv. 380) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 514) (2000) € 1.200 - 1.400
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Rappresenta una figura janus scolpita in uno stile “cubista”, una tecnica inusuale nella tradizione Luba e Hemba. I corpi, separati tra loro, appoggiati alla base circolare, sono tenuti insieme da una serie di volumi geometrici. Il viso richiama le figure classiche dei gruppi del Congo orientale. La coppa sulla testa serviva come contenitore di sostanze magiche, in parte ancora presenti.
21* DOGON, Mali, regione di Bandiagara Figura rituale, altezza 30 cm Legno duro ricoperto con un impasto terroso di sostanze sacrificali, restauro alla mano destra PROVENIENZA: • Antica collezione Han Coray (Agnuzzo, Lugano) (inv. HC25) • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 426) € 4.000 - 6.000
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La scultura rappresenta una figura femminile con le braccia alzate in un gesto di richiamo rivolto alle divinità. Forse aveva una funzione rituale sui modelli che i Tellem hanno scolpito. Sono sculture che erano collocate nelle grotte adibite a santuari collettivi. La figura umana è ripresa con le membra organizzate in blocchi assemblati senza alcuna cura dei particolari: un manufatto in uno stile arcaico decisamente primordiale.
22* LUBA, Congo Kinshasa Figura maschile, altezza 46 cm Legno medio denso a patina chiara Bulletta di ferro sulla base Opera inedita PROVENIENZA: • Collezione Walter Schwab,Bern (inv. WS 471) (1999) * Una vecchia etichetta incollata sotto la base riporta la scritta St. P. C. Sodalitat, Fribourg 1913 n° 10620 che corrisponde alla Società Missionaria Saint Petrus Claver, Sodalizio Friburgo (Suisse) Una seconda etichetta riporta ”Luba Chief, Buli” Stima su richiesta
Rappresenta una figura maschile che tiene tra le mani un vaso per sostanze magiche. È in posizione eretta su base circolare. La testa è più grande delle altre parti del corpo. Il grosso collo cilindrico, come in quasi tutte le opere maschili Luba ed Hemba, è privo del pomo d’Adamo. Il volto è segnato da fronte alta, gote a pomello, naso aquilino a narici dilatate, mento a punta, labbra sporgenti, grandi orbite oculari, pettinatura a quattro ciocche con una centrale più grossa e tre più piccole, distanziate tra loro, una soluzione insolita e rara. La superfice del legno è coperta con una patina naturale lucida che negli interstizi della muscolatura trattiene un impasto biancastro. La barba è una striscia in rilievo segnata da elementi romboidali. Sulla fronte ampia è scolpito un fermaglio a palmette (diadema) che nella realtà aveva la funzione di sostenere come un fermaglio la complessa pettinatura. Tutti elementi che testimoniano il grado elevato del personaggio e trovano riscontro nelle opere della cosiddetta “Scuola di Buli”. (per approfondire vedi pagina 196)
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Bibliografia di riferimento: • CORNET JOSEPH, Art de l’Afrique noire au pays de fleuve Zaire, Bruxelles 1972, fig. 117 , 43 cm, Tervuren R.G. 14358 (109) • NEYT FRANCOIS & DE STRYCKER LOUIS, Approche des arts Hemba, Villiers-le Bel, France 1975 (49) • NOOTER MARY ROBERTS & ALLEN F. ROBERTS, LUBA, Five Continent Edition, Milano 2007 (1102)
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23* KONGO / VILI, Congo Brazzaville, Congo Kinshasa, Cabinda Figura magica Altezza della parte lignea 26 cm, altezza totale 36 cm Legno dipinto ricoperto con sostanze magiche. Collana di conchiglie, piume di volatile, pezzetti di vetro sugli occhi. PROVENIENZA: • Collezione Walter Schwab, Bern (inv. WS 405) (1969) PUBBLICAZIONI: • KERNEVEZ ALAIN, AFRICA, Begegnungen- Rencontre - Encounters, Paris, 2000, pag. 25 € 4.000 - 6.000
Bibliografia di riferimento: • LEHUARD RAOUL, Art Bakongo: le centre de style, Arnouville, France 1989, volume II° (233) • KERNEVEZ ALAIN, AFRICA, Begegnungen- Rencontre Encounters, Paris, 2000, pag. 25
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Rappresenta una figura magica utilizzata da un sorcier (nganga) officiante la magia, la religione e la divinazione. Egli, per rendere attivo il feticcio, introduceva alcune sostanze magiche all’interno dei ricettacoli appositamente predisposti sul corpo della statuina. La confezione del feticcio, richiesto dal proprietario allo scultore, era accompagnata da formule rituali che venivano dettate dallo stregone. La figura si presenta frontalmente con il corpo chiuso all’interno di un involucro di tela. È ripresa in piedi su base circolare. Gli occhi sono stati protetti con pezzetti di ceramica bianca. La testa è coperta con il caratteristico copricapo a cuffia molto diffuso tra i gruppi della regione. La bocca aperta, senza denti, è ripresa nell’atto di pronunciare una sentenza, le orecchie sono scolpite, secondo la tradizione, in forma del numero 9.
OPERE PROVENIENTI DA COLLEZIONI ITALIANE
24 TELLEM, Mali, regione di Bandiagara Figura con bambino, altezza 33,5 cm Legno ricoperto con un impasto di sostanze sacrificali. Rotture d’epoca PROVENIENZA • Galleria Franco Monti (1954) Vita di Franco Monti (*) • Ex collezione Dott. Carlo De Chiara, Milano (1959) • Expertise di Franco Monti del 20 dicembre 1959 (**) • Collezione privata degli eredi € 12.000 - 14.000
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La scultura rappresenta una figura androgina con lunga barba arrotolata e seni prominenti. Ha il corpo mutilato per la mancanza del braccio destro e della mano sinistra, tuttavia, gli elementi anatomici femminili sono ben definiti. I seni abbondanti sono indicativi della maternità, confermata dal bambino che porta sulla schiena. Il piccolo, attaccato alla madre, tiene le braccia aperte ed appoggia i suoi piedi sulle natiche. Tutta la scultura è sostenuta da un grosso piedistallo emisferico. La figura incarna elementi dei due sessi, un’iconografia che è stata molto utilizzata nei racconti della mitologia Dogon dove sono numerose le opere dei Nommi, gli esseri divini che avrebbero dato origine alla stirpe terrena. Quest’opera primordiale proto-Dogon è una rappresentazione rara nel mondo delle sculture Tellem. Il tema della madre con il bambino è stato ripreso nella scultura di molti gruppi africani. I Dogon, in particolare, hanno realizzato molte opere che riprendono scene di madri con il figlio in braccio o dietro la schiena. Vi sono madri con tre figli aggrappati o messi di traverso sul loro corpo, una condizione che nella tradizione Dogon considera la fertilità un evento di grande fortuna. Ogni scultore ha interpretato questo tema nel suo stile originale dove il figlio, ancorchè nel grembo della donna, diventa un corpo inscindibile da quello della madre.
(*) Vita di Franco Monti (Milano 1931-Ibiza 2008) Affascinato dalle arti e specialmente dalla scultura, al principio degli anni ‘50 su incoraggiamento dello scultore Lorenzo Pepe, che sarà poi direttore della scuola d’arte dell’ Accademia di Brera a Milano, comincia a modellare in terra e a scolpire in pietra figure antropomorfe con forte tendenza all’ astrazione. Inserito nel mondo culturale degli anni ‘60, particolarmente attivo a Milano per il numero e la qualità degli artisti italiani e stranieri allora operanti, ha rapporti di amicizia con i più eminenti rappresentanti della cultura in Italia, come Franco Russoli, Lamberto Vitali, Guido Ballo, Luigi Carluccio, Raffaele Carrieri, e molti artisti tra i quali Alberto Giacometti, Marino Marini, Lucio Fontana, Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi, Mario Negri, e con personaggi del mondo dell’arte quali Peggy Guggenheim, il regista John Huston, lo scenografo della Metropolitan Opera House, La Scala ed Eugene Bermann. Formatosi alla scuola francese di studi etnologici di Parigi, l’interesse per la scultura lo spinge negli anni ’50 - ’60 ad intraprendere viaggi di ricerca nell’ Africa Occidentale subsahariana per approfondire lo studio di quelle culture che all’epoca erano ancora poco conosciute. Frequenta il famoso collezionista Carlo Monzino ed instaura con lui una solida amicizia fornendogli opere importanti. Negli anni ‘70 gli farà da guida nei viaggi alla ricerca dell’Africa più genuina. In seguito, i viaggi di Monti in Perù, Messico e Nuova Guinea, contribuiscono ad ampliare la sua conoscenza delle culture allora dette “primitive”. Negli anni successivi promuove innumerevoli mostre ed iniziative per la diffusione delle arti extraeuropee in Italia e all’ estero. Dal 1962, come membro del “Syndicat Français des Experts Professionels en Oeuvres d’ Art de Paris”, è considerato un profondo conoscitore della scultura africana alla quale ha dedicato più di 30 anni di ricerche nei luoghi d’origine. Collabora come esperto in Arti primitive alle pubblicazioni degli editori Fabbri e De Agostini e scrive sul Corriere della Sera nella pagina di Dino Buzzati dedicata all’arte. Nell’agosto 1965 il periodico di Mondadori “Panorama” lo intervista perché, grazie alla sua profonda conoscenza nel campo delle arti primitive e per l’esperienza fatta in Africa con il diretto contatto con quelle culture, è riuscito a formare una cerchia di collezionisti in un settore fino allora sconosciuto in Italia. Molte sculture africane provenienti dalla sua Galleria sono illustre nella bibliografia internazionale.
Qui vediamo una figura femminile inginocchiata che tiene un bambino di traverso sul ventre e altri due, uniti tra loro, in piedi sulla schiena della donna.
EZRA KATE, Art of the Dogon: Selection from the Lester Wundermann collection, MET,New York 1988, figura 12, foto a pagina 48, altezza 32,7cm (423)
In un altro esemplare vediamo una figura androgina inginocchiata, testa ovoidale, barba arrotolata, seni abbondanti. Tiene un bimbo di traverso sul ventre.
BEAUDOIN GERARD, Les Dogons du Mali, Paris 1984, collezione Itzikovitz, illustrazione di pag. 38 dimensioni sconosciute (138)
(**) Expertise di Franco Monti del 20 dicembre 1959
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25 TELLEM, Mali, regione di Bandiagara Figura rituale, altezza 42,3 cm Legno duro ricoperto con un impasto di sostanze sacrificali che conferiscono alla scultura un colore grigiastro PROVENIENZA: • Ex collezione Ing. Emilio Iogna, Milano Esemplare da lui acquistato in una galleria di Parigi negli anni ‘50 • Collezione privata degli eredi € 10.000 - 12.000
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La scultura rappresenta una figura ancestrale che emerge in rilievo da una tavoletta rifinita sui bordi con scanalature a V. In basso, tutto l’insieme dell’opera si chiude a punta. Il personaggio maschile, dalla folta barba, ha le braccia rivolte verso l’alto. Il suo corpo, nella parte centrale, si stacca dalla tavola e, senza mostrare gli arti inferiori si chiude sulla base a punta. L’immagine del corpo è definita solo dal tronco, dalla testa e dalle braccia alzate. Una rappresentazione simbolica adatta per ottenere i favori delle divinità.
26 TELLEM, Mali, regione di Bandiagara Figura rituale, altezza 32,5 cm Legno duro ricoperto con un impasto di sostanze sacrificali che conferiscono alla scultura un colore grigiastro PROVENIENZA: • Ex collezione Ing. Emilio Iogna, Milano Esemplare da lui acquistato in una galleria di Parigi negli anni ‘50 • Ex collezione degli eredi • Ex collezione privata (2002) € 6.000 - 8.000
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La scultura rappresenta una figura ancestrale che emerge in rilievo da una tavola dorsale che in origine proseguiva sopra la testa. La figura umana ha il corpo che, nella sua parte centrale, si stacca ad arco e si richiude a punta verso il basso. È un dettaglio raro che si riscontra in altre opere Tellem. Sembra che dalla materia del legno esca l’immagine sfocata di un corpo umano costituito solo dalla testa.
27 TELLEM, Mali, regione di Bandiagara Figura rituale, altezza 46,5 cm Legno duro ricoperto con un impasto di sostanze sacrificali che conferiscono alla scultura un colore grigiastro PROVENIENZA: • Ex collezione Ing. Emilio Iogna, Milano Esemplare da lui acquistato in una galleria di Parigi negli anni ‘50 • Ex collezione degli eredi • Collezione privata (2002) € 8.000 - 10.000
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La scultura rappresenta un Nommo, una figura ancestrale che emerge in rilievo da una tavoletta: sembra che dal legno esca l’immagine sfocata di un corpo umano. Le braccia alzate verso l’alto, ora quasi scomparse, riprendono un gesto di richiamo rivolto alle divinità. Il volto primordiale, lascia intravedere occhi, bocca ed una barba appuntita. I lunghi seni sono la testimonianza di un essere soprannaturale che detiene entrambi i sessi, un modello ripreso poi nella tradizione Dogon: un popolo che l’antropologo francese Marcel Griaule, con le sue ricerche nel Mali, ha fatto conoscere al mondo.
28 DOGON, Mali, regione di Bandiagara Maschera “Sirige”, altezza 76 cm Legno duro, a patina naturale, dipinto con impasto bianco, cappuccio di corda intrecciata PROVENIENZA: • Galleria Franco Monti, Milano (1954) • Ex collezione Ing. Emilio Iogna, Milano (1958) • Collezione privata degli eredi € 8.000 - 10.000
Benché priva della parte superiore, ormai smarrita, questa maschera era la rappresentazione simbolica della casa più alta e più bella di tutte le altre del villaggio. È scolpita nella classica forma rettangolare nella quale predominano le fessure verticali che ospitano gli occhi. Le due grandi corna, così come le incisioni a zigzag sui bordi laterali, ricordano i tratti anatomici degli animali della regione. Il cappuccio di corda serviva per avvolgere la testa del danzatore che, una volta indossata la maschera, poteva trattenerla aderente al volto, anche con i denti, mordendo i legni - ora scomparsi - incastrati nei grandi fori laterali. Le sculture dei Dogon, ma in particolare le maschere, sono state classificate da Marcel Griaule durante i sui soggiorni in Africa negli anni 1930 -1940. Dalle informazioni a lui trasmesse oralmente dagli anziani Dogon ha raccolto le testimonianze delle diverse cerimonie e, tra le maschere che ha illustrato nelle sue opere, ne ha individuato un centinaio di modelli.
Bibliografia di riferimento: • LANGLOIS PIERRE, Art soudanais: Tribus Dogons, Bruxelles & Lille 1954, Librairie-Galerie Marcel Evrard, pagina 44, fig. 31 (1088) • IMPERATO PASCAL JAMES, Dogon Cliff Dwellers, New York 1978, pag. 44, fig. 2 (66) 90
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29 DOGON, Mali, regione di Bandiagara Maschera di danza, altezza 41,5 Legno ricoperto con un impasti crostosi di pittura bianca e nera, segni d’uso e tracce di erosione diffusa, restauri indigeni PROVENIENZA: • Ex collezione Renato Patetta, Milano Opera da lui acquistata in Mali intorno al 1970. Dalle indicazioni raccolte sul luogo la maschera sarebbe stata scolpita da tempo immemorabile • Collezione privata (1999) ESPOSIZIONI: • Maschera esposta a Santa Croce sull’Arno, Pisa, giugno 2004 PUBBLICAZIONI (Esemplare riprodotto in): • BALLARINI ROBERTO & CECIONI EUGENIO, Maschere e Gioielli dei Dogon, Catalogo della mostra a Villa Pacchiani, Santa Croce sull’Arno, Pisa, Giugno 2004, tav. 2 (486) € 4.000 - 6.000
Bibliografia di riferimento: • IMPERATO PASCAL JAMES, Dogon Cliff Dwellers, New York 1978, pag. 39 (66) • BILOT ALAIN & BOHOBOT MICHEL & CALAME-GRIAULE GENEVIEVE & NDAYE FRANCINE, Masques du pays Dogon, Paris 2003, Edizioni Adam Biro (424) • LEUZINGER ELSY, Art de l’Afrique Noire, Paris 1979, n° 236 (65) 92
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Un grande naso a bandiera divide la maschera in due settori, la bocca è un cono sporgente, gli occhi sono due fessure triangolari. È una varietà della famosa maschera Kanaga ma senza la sovrastruttura. Secondo gli studi di Marcel Griaule queste maschere erano associate al culto degli antenati defunti e venivano indossate durante le cerimonie di lutto. I danzatori nascosti da un pittoresco vestito di rafia colorata indossavano la maschera legata sul viso.
30 DOGON, Mali, regione di Bandiagara Porta di granaio, dimensioni 86,5 x 52 cm Tavola di legno duro, divisa in due parti unite tra loro con giunti di legno e fascette di ferro. I cardini e il chiavistello sono andati perduti. Patina naturale scura, tracce d’erosione PROVENIENZA: • Ex collezione Carlo Monzino, Milano / Lugano Vita di Carlo Monzino (*) Inventario n° 0465, foto di Mario Carrieri • Collezione privata (2001) € 5.000 - 6.000
Bibliografia di riferimento: • LANGLOIS PIERRE, Art soudanais: Tribus Dogons, Bruxelles & Lille 1954, Librairie-Galerie Marcel Evrard (1088) • IMPERATO PASCAL JAMES, Dogon Cliff Dwellers, New York 1978 (66) • LAUDE JEAN, African Art of the Dogon: The Myths of the Cliff Dwellers, New York 1973 (116) • AUTORI VARI, Dogon, Musée Dapper, Paris 1994 (322) • BILOT ALAIN & BOHOBOT MICHEL & CALAME-GRIAULE GENEVIEVE & NDIAYE FRANCINE, Serrures du Pays Dogon, Editore Adam Biro, Parigi 2003 (474) 94
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Porta di granaio ornata da una serie di figurine scolpite in alto-rilievo. Secondo un’antica leggenda Dogon sarebbero le 44 tribù Mande che si insediarono in tempi remoti sull’altopiano di Bandiagara. Questa simbologia indica che la porta doveva chiudere il granaio di un personaggio importante, forse un Hogon, il capo religioso del villaggio, colui che deteneva la conoscenza della tradizione mitologica Dogon.
(*) Vita di Carlo Monzino (1931-1996) Carlo Monzino scoprì giovanissimo la sua passione per l’arte moderna. A trent’anni fu affascinato dalle opere giapponesi e poi da quelle primitive di Africa, Oceania, Indonesia. Con la consulenza di Charles Ratton nel 1964 acquistò gran parte della prestigiosa collezione di Jacob Epstein (18801959), lo scultore americano, nato a New York, che visse a Parigi negli anni ‘10 - ’20 in contatto con i grandi maestri del ‘900 che hanno dato origine all’incredibile avventura dell’arte moderna. Per Carlo Monzino fu una grande fortuna perché, non solo gli consentì di possedere oggetti africani ed oceanici di assoluta autenticità, ma perché poté osservare da vicino alcuni capolavori dell’arte Fang, opere che secondo gli esperti sono paragonabili a ciò che Leonardo da Vinci ha realizzato nella pittura del Rinascimento. Opere che Carlo Monzino poi vendette e che oggi si trovano al Musée Dapper di Parigi. La sua avventura proseguì con l’acquisizione di altri importanti pezzi provenienti da Franco Monti e Sandro Volta. Il richiamo dell’Africa tribale, ancora poco conosciuta all’epoca, lo portò negli anni ’70 ad affrontare viaggi nel Continente Nero alla ricerca dell’Africa più genuina che già a quell’epoca stava scomparendo. Carlo Monzino dedicò molte energie per la diffusione della cultura primitiva, organizzando a sue spese colloqui e convegni a cui parteciparono famosi studiosi della materia giunti da ogni parte del mondo. I risultati di questi incontri sono testimoniati dai volumi della collana “Quaderni Poro”, pubblicazioni periodiche da lui finanziate, dedicate alla promozione degli studi sull’arte tradizionale di Africa e Oceania. Nel 1985 una parte importante della sua collezione d’arte africana fu presentata al The Center for African Arts di New York. Questa prestigiosa mostra fu documentata nel bel volume curato da Susan Vogel African Aesthetics: The Carlo Monzino Collection, Venezia, Abbazia di San Gregorio 1985, Prima tiratura con prefazione di Carlo Monzino in italiano. (452 bis)
Foto di Mario Carrieri
31 BAMBARA, Mali, regione meridionale Figura femminile, altezza 55 cm Legno duro a patina scura brillante, dischetti di metallo sugli occhi, perizoma di cotone grezzo, segni di un prolungato utilizzo
PROVENIENZA: • Collezione privata (1990) PUBBLICAZIONI (Esemplare riprodotto in): • RIZZONI GIANNI, Catalogo dell’Antiquariato Italiano n° 9, Milano, Giorgio Mondadori 1996, pag. 181 (699) € 8.000 - 12.000
Bibliografia di riferimento: • AUTORI VARI, Bamana: The art of existence in Mali, Museum Rietberg Zurich Editor Calleyn J. P. 2001 (429) • COLLEYN JEAN-PAUL, Visions d’Afrique: Bamana, Milano 2009 (705) • DE MEYERE NADINE, Un ideal humain dans l’art africain: la sculpture figurative des Bamana, articolo pubblicato sulla rivista francese Arts d’Afrique Noire, Autunno 1986, n° 59, pagg. 11-12 • RIZZONI GIANNI, Catalogo dell’Antiquariato Italiano n° 9, Milano, Giorgio Mondadori 1996, pag. 181 (699)
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Figura femminile che dovrebbe rappresentare Jonyeleni, la ragazza al più alto grado di attrazione fisica idealizzata dai giovani maschi nel corso dei riti di iniziazione. L’opera è eseguita nello stile classico che noi potremmo definire “cubista”. La figura si presenta in posizione frontale appoggiata al grosso piedistallo circolare. La testa a spigoli vivi mostra un lungo naso sporgente ed una pettinatura a ciocca centrale con due laterali che scendono davanti alle orecchie. Il collo cilindrico si innesta sul tronco a spalle squadrate dove i volumi delle varie parti del corpo sono aggregati in una composizione equilibrata. I grandi seni sporgenti testimoniano l’importanza dell’allattamento dei figli. La superficie del legno è segnata da sottili incisioni a zigzag che caratterizzano molte opere Bambara. I Bambara sono un popolo di 1,5 milioni di individui che abitano nel Mali, lungo il corso medio del fiume Niger. Sono essenzialmente agricoltori ed allevatori di bestiame. Osservano una religione animista ma il Cristianesimo e soprattutto l’Islam sono praticati da un gran numero di credenti. Le sculture dei Bambara sono eseguite secondo stilemi che privilegiano un forte astrattismo della figura umana. Molte figure femminili erano associate ai rituali per propiziare le nascite ed ottenere la fertilità delle donne.
32 MOSSI, Burkina Faso (ex Alto Volta) Maschera di danza, altezza 24, lunghezza 42 cm Legno scolpito a decoro geometrico inciso e dipinto in policromia con colori di origine naturale bianco, rosso e nero Maschera casco zoomorfa a becco d’uccello e cresta di gallo PROVENIENZA: • Galleria “Le Village Swisse” di René Garcia (Parigi) • Ex collezione Orio Ciferri (Pavia) Acquistata da René Garcia nel gennaio 1990, con expertise • Collezione privata (1999)
€ 3.000 - 5.000
Bibliografia di riferimento: • SKOUGSTAD NORMAN, Traditional Sculpture from Upper Volta, New York The African American Institute 1978 (47) • ROY CHRISTOFER D., Forme & signification des Masques Mossi, articolo pubblicato sulle riviste: Arts d’Afrique Noire n° 48, inverno 1983, pagg. 9 - 23 (prima parte) Arts d’Afrique Noire n° 49, primavera 1984 pagg. 11 - 21 (seconda parte) • PLASS MARGARET, African Tribal Sculpture, The University Museum of Philadelphia 1956, n° 3C (388)
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La zona geografica nella quale si trovano queste maschere è la sezione dei paesi Mossi che va a sud e a ovest del fiume Volta Bianco, ma con un’estensione settentrionale che penetra nel regno Yatenga, con i villaggi di Kebesa, Moundia, Tarmounouma, a sudovest di Gourcy. Questa maschere, indossate come un copricapo di danza durante le cerimonie funebri, appartenevano ad un giovane della società Wango. Sono eseguite nello stile che Christofer Roy ha chiamato “stile di Ouagadougou” . Sono piccole maschere in legno, zoomorfe, colorate con disegni geometrici rossi, neri e bianchi, che raffigurano animali stilizzati che vivono abitualmente nelle savane dei paesi Mossi. Il tipo di animale rappresentato: uccello, pollo, antilope, ecc., riprende certi aspetti propri della bestia. Ogni maschera appartiene ad un individuo e praticamente tutte le specie possono essere presenti in un villaggio composto da più clan. Erano sempre indossate con pesanti costumi di rafia che nascondevano l’identità del danzatore. Le maschere Mossi di questo tipo sono imparentate stilisticamente con le maschere zoomorfe, rosse, bianche e nere, utilizzate dai Nouma, Lela e Ko, gruppi che i Mossi chiamano Gurunsi.
33 MOSSI, Burkina Faso (ex Alto Volta) Maschera di danza, altezza 20, lunghezza 39 cm Legno scolpito con incisioni a triangoli dipinto in policromia. Maschera casco zoomorfa che rappresenta un uccello con il becco e un’antilope con corna ricurve all’indietro PROVENIENZA: • Galleria “Le Village Swisse” di René Garcia (Parigi) • Ex collezione Orio Ciferri (Pavia) Acquistata da René Garcia nel 1990, con expertise • Ex collezione privata (1999) € 3.000 - 5.000
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Il tipo di animale rappresentato: uccello, pollo, antilope, ecc., riprende certi aspetti propri della bestia. Ogni maschera appartiene ad un individuo e praticamente tutte le specie possono essere presenti in un villaggio composto da più clan. Erano sempre indossate con pesanti costumi di rafia che nascondevano l’identità del danzatore.
34 SENUFO, Costa D’Avorio, regione di Korhogo Coppia di figure Esemplare maschile 74 cm, esemplare femminile 72 cm Legno duro a patina scura brillante PROVENIENZA: • Collezione privata (1993) € 16.000 - 20.000 Bibliografia di riferimento: • FRIEDMAN MIRIAM, African art: Collection Samuel Dubiner, Tel Aviv Museum 1960, n° 25 (455) • FRASER DOUGLAS, Arte Primitiva, Editore Il Saggiatore, Milano 1962, pagina 96 (26) • GOLDWATER ROBERT, Senufo sculpture from West Africa, New York 1964, pag. 21 e figure 84 (1081) • AUTORI VARI, The Art of a Continent, Editore Tom Phillips, Jonn Picton, Londra 1995, scheda di Timothy Garrard a pag. 454 (853) • DERBIER ALAIN, Arte e Cultura Africana: Il Museo SMA di Lione, Pubblicazione della Società Missioni Africane, Genova, Gennaio-Marzo 2002, n° 53 (696) • MEYER LAURE, Black Africa: Masks, Sculpture, Jewelry, Paris 2001, pagg. 102 e 103 (773) • FISCHER EBERHARD & HOMBERGER LORENZ, Les Maitres de la sculpture de Cote d’Ivoire, Musée du Quai Branly Paris 2015, pagg. 159 – 167 (870) • HAHNER-HERZOG IRIS & KECSKESI MARIA & VAJDA LASZLO, L’Autre Visage: Masques africains de la collection Barbier-Mueller, Genéve 1997, pag. 64 (605)
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Secondo un’antica tradizione Senufo questi due personaggi rappresentano l’immagine di spiriti protettori della foresta. Il corpo, senza i piedi, è sostenuto da una base emisferica. Sono opere rare e lo stile ricorda la famosa coppia della collezione di Samuel Dubiner. È probabile che questa coppia di sculture fosse stata conservata all’interno di un santuario, tenuta coperta con un panno protettivo. Il legno è stato accuratamente levigato con foglie abrasive allo scopo di rendere lisce le superfici sulle quali sono tuttora presenti residui di polvere chiara. Sotto la base dell’esemplare femminile è inchiodato un dischetto di rame lavorato. Alcune immagini di riferimento sono scolpite sulla cima dei caschi di danza utilizzati dagli adepti della società “Lo”, una setta che regolava la vita sociale e religiosa dell’intero popolo Senufo. I caschi di danza, che uscivano assieme alla famose sculture chiamate Deble, venivano indossati in occasione dei funerali di importanti personaggi della comunità. La rarità di questi caschi è suggerita non solo dai pochi esemplari conosciuti, ma anche dal loro uso, infatti, uscivano solo in occasione del “grande funerale” al quale partecipava tutta la comunità che commemorava gli antenati morti negli ultimi 4 o 5 anni. Le figure denotano un forte astrattismo e solo il volto mostra una certa somiglianza con la tradizione delle opere Senufo. La struttura del corpo, con il collo a spirale e l’assenza di braccia, è assai rara nella statuaria Senufo. Questo stile è presente in alcuni caschi di danza Déguélé che provengono anch’essi dalla regione di Korhogo. La loro realizzazione sarebbe l’opera del sottogruppo Kiembara che operava nella collettività dei Fodombélé. La pettinatura a cresta di gallo suggerisce il richiamo “all’uccello sacro delle anime”.
35 PENDE, Repubblica Democratica del Congo, regione del Kasai Figura con bambino, altezza 72 cm Legno ricoperto con colori di origine vegetale rosso e nero PROVENIENZA: • Collezione privata (1990) € 6.000 - 8.000
Bibliografia di riferimento: • ABBATE FRANCESCO & MONTI FRANCO, Arte dell’Africa e dell’Oceania, Milano 1966, pag. 105 (11) • DELANGE JACQUELINE & LEIRIS MICHEL, Africa nera, Milano 1967, pag. 173 (3) • FELIX MARC LEO, 100 Peoples of Zaire and their sculpture: Pende Kasai, pag. 141, fig. 15 Bruxelles 1987 (201)
I Pende dell’est o Pende Kasai, come spesso viene citato questo gruppo, vivono in una vasta area meridionale della Repubblica Democratica del Congo ai confini con l’Angola. Questa figura di madre che regge il piccolo sostenendolo con il braccio destro è una rappresentazione insolita nella scultura Pende. In particolare, la madre col bambino è estremamente rara nella tradizione culturale di questo gruppo che si è espresso soprattutto nelle più diffuse maschere Mbuya indossate durante le cerimonie della circoncisione dei giovani. Le sculture femminili con il bambino in braccio erano collocate sul tetto delle capanne dei capi villaggio per adornare la casa. Avevano la funzione di raffigurare la loro moglie preferita. Queste opere, le cui dimensioni si aggirano sul metro d’altezza, erano scolpite solo nei ¾ superiori ed in basso terminavano con una grossa base rettangolare che serviva da sostegno. Questo esemplare è stato scolpito senza la base d’appoggio e, con ogni probabilità, era custodito gelosamente nella residenza del capo villaggio assieme agli altri oggetti rituali. Sia la madre che il bambino indossano un copricapo che caratterizza queste opere. Le palpebre a punta verso il basso ed il naso è all’insù sono dettagli che si trovano nelle loro maschere di danza. I tatuaggi verticali sul viso della donna sono molto diffusi anche nelle maschere Suku e Bambala, due gruppi che vivono nei territori limitrofi.
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36 BAMBARA, Mali meridionale, regione di Segou Maschera, altezza 64 cm Legno duro con patina scura, corda intorno alle gambe della figura femminile PROVENIENZA: • Collezione privata (2001) € 6.000 - 8.000
Bibliografia di riferimento: • WILLET FRANK, African Art, London 1971, pag. 14, n°5 (18) • LEUZINGER ELSY, L’Arte dell’Africa Nera, Milano 1972, pag. 49, B10 (15) • AUTORI VARI, Bamana: The art of existence in Mali, Museum Rietberg Zurich Editor Calleyn J. P. 2001, pag. 105 (429)
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Rappresenta il volto stilizzato di un’antilope scolpito in un blocco unico di legno sul quale l’immagine di una figura femminile è situata sulla fronte in un piano anteriore rispetto alle corna dell’animale. Lo stile “cubista” della figura in miniatura è in sintonia con quello delle grandi opere Bambara. Il viso della maschera è segnato da incisioni geometriche. Le sette corna hanno un significato preciso: quattro è il numero che distingue il sesso maschile e tre quello femminile. Queste maschere portano scolpito sulla fronte un animale (antilope, gazzella, ecc.) o, più raramente una figura umana che, in questo esemplare risulta femminile. Nella società Ndomo erano utilizzate nei riti di iniziazione dei giovani ed erano indossate da un membro della società durante le cerimonie collettive della circoncisione che si svolgevano in occasione del raccolto del miglio. La danza si svolgeva nell’area centrale del villaggio e gli spettatori formavano tutt’intorno un grande cerchio. Durante la cerimonia i giovani offrivano cibo ai partecipanti e, per dimostrare la loro maturità nell’affrontare l’operazione, si frustavano le gambe l’un l’altro cercando di non piangere e così di vincere il dolore. Durante la cerimonia il corpo del danzatore era completamente ricoperto con un costume di rafia e tela e, nei passi di danza, eseguiva una pantomima nella quale mostrava come gli uomini sono passati dalla loro originale innocenza alla maggiore conoscenza del mondo e delle sue attività.
37 BAMBARA, Mali, regione di Sikasso e Kutiala Copricapo di danza, altezza 96 cm Legno duro con patina scura, lamine di ottone lavorato, strisce di pelle, restauri indigeni, erosione PROVENIENZA: • Collezione privata (2002) € 10.000 - 14.000
Bibliografia di riferimento: • GOLDWATER ROBERT, Bambara sculpture from the Western Sudan, New York 1963, n° 55 e 56 (1080) • AUTORI VARI, Bamana: The art of existence in Mali, Museum Rietberg Zurich Editor Calleyn J. P. 2001, pagg. 200 - 233 (429) • BASSANI EZIO, La Grande Scultura dell’Africa Nera, Firenze 1989, fig. 29 (231) • MONTI FRANCO, Le arti primitive, volume IX della collezione “Capolavori nei secoli”, Fratelli Fabbri Editore, Milano, 1961-1964 dedicato alle arti extraeuropee. (Edizione francese), pag. 1349 (1087) • IMPERATO PASCAL JAMES, Sogoni Koun, Articolo pubblicato su African Arts (UCLA) Febbraio 1981,pagg. 38-47 • COLLEYN JEAN-PAUL & HOMBERGER LORENZ, Ciwara - Chiméres Africaines, Musée du Quay Branly, Five Continent Edition, Milano 2006, pag. 48, fig. 32 (868)
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Copricapo di danza Chy-Wara che rappresenta l’esemplare femminile dell’antilope Kober, una specie della savana che durante lo svezzamento porta il suo piccolo sulla schiena: in questo caso è una femmina. La scultura è scolpita in senso verticale ed è impreziosita con lamine di metallo lavorato a bulino - una caratteristica delle opere Marka e con una serie di incisioni del legno che caratterizzano queste opere Bambara. Le corna rettilinee sembrano arrotolate a spirale. Si conoscono diversi modelli che cambiano in base all’animale rappresentato. Queste sculture Bambara, per le forme astratte degli animali raffigurati e per l’originalità dei disegni, hanno dato una fama mondiale agli artisti di questo gruppo. Durante le feste che si tenevano in onore di Chy-Wara,- mitica divinità metà uomo e metà animale - il copricapo veniva indossato sul capo da un danzatore per mezzo di un caschetto di vimini legato alla base della scultura. Questa divinità, considerata dai Bambara la portatrice dell’agricoltura sulla terra, era invocata in una danza rituale da una coppia di giovani che in testa tenevano rispettivamente un esemplare maschile ed uno femminile. I danzatori, coperti con abiti coperti da cerimonia, in presenza degli abitanti del villaggio, attraverso i passi della danza imitavano i movimenti degli animali.
38 BAMBARA, Mali, regione di Segou Figura femminile, altezza 78 cm Legno duro ricoperto con residui di patina nera, segni di erosione PROVENIENZA: • Collezione privata (2002) € 14.000 - 18.000
Bibliografia di riferimento: • BASSANI EZIO, Una bottega di grandi artisti Bambara, pagg. 207 - 228, Articolo pubblicato sulla Rivista edita da Carlo Ludovico Ragghianti “Critica d’arte, Anno XLIII, fascicolo 157 - 9, gennaio - giugno 1978 (1092) • GOLDWATER ROBERT, Bambara sculpture from the Western Sudan, New York 1963, n° 78 (1080) • SOTHEBY’S, African, oceanic & Pre-Columbian Art including property from Lerner, Shoher and Vogel collections, New York asta del 11 Maggio 2012, lotto 81 (Henri Matisse, Paris 1915) (741) • AUTORI VARI, Bamana: The art of existence in Mali, Museum Rietberg Zurich Editor Calleyn J. P. 2001, pagg. 158 e 159 (429)
Scultura Bambara di 61 cm appartenuta ad Henri Matisse, Parigi 1915.Foto ripresa da Sothebys, N.Y. 11 May 2012, lotto 81
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È la rappresentazione di una figura femminile seduta su uno sgabello a due gambe. La testa di fattura “cubista” è contrassegnata da linee dritte e spigolose che le conferiscono un aspetto di nobile fierezza. Il corpo, privo di muscolatura, si presenta con un lungo collo, grossi seni su un busto slanciato, spalle arrotondate, ombelico prominente, braccia corte prive di articolazioni, mani rivolte in avanti aperte con dita unite. La radice del lungo naso, che divide in due parti la faccia piatta, è collegata all’arcata sopracciliare. Le orecchie sono due semicerchi in rilievo. La pettinatura è raccolta in tre elementi a semiarco posti trasversalmente sulla sommità del capo. Le varie superfici del legno sono state decorate con incisioni a linee geometriche e con una serie di intagli cuneiformi. . Nella regione del distretto di Segou, un città lungo il corso medio del fiume Niger, è stata individuata dallo storico dell’arte Ezio Bassani una scuola di scultori che hanno realizzato opere con caratteristiche peculiari che Bassani ha definito “Sottostile di Segou”. Dopo aver preso in esame un gruppo di opere, che rispettano i canoni della scultura Bambara classica, ma che presentano soluzioni originali, Bassani ritiene probabile che siano state realizzate in “Una Bottega di grandi artisti Bambara”. Nel suo studio del 1978 prende in esame 17 sculture tra cui: 8 figure femminili in piedi, 1 figura maschile in piedi, 6 figure femminili sedute, 2 figure maschili a cavallo. Tutte queste sculture sarebbero entrate in Europa nel primo quarto del 1900. Si distinguono per uno stile ieratico spoglio ed un trattamento più naturalistico della figura umana. I corpi slanciati hanno seni appuntiti, braccia pendenti staccate dal corpo, palmi delle mani rivolti in avanti. Le figure sedute hanno le gambe piegate ad angolo retto e sono scolpite sopra uno sgabello circolare sostenuto da 4 gambe. La maggior parte di queste opere mostrano superfici annerite con ferro rovente che poi sono state spalmate di grasso, un trattamento che conferisce loro una bella patina nera traslucida. Tutte queste sculture sono il risultato del genio di più artisti che lavorando in una “bottega locale” si sono influenzati a vicenda. Opere molto apprezzate contese da musei e collezionisti famosi.
39 DJIMINI, Costa D’Avorio Maschera, altezza 33,5 cm Legno duro con patina nera brillante, decorazioni in rosso, bianco e blu PROVENIENZA: • Collezione privata (2001) € 26.000 - 30.000
Antica maschera Djimini del British Museum Foto ripresa da Goy, 2012, pag. 36 ill. 19
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Questo piccolo gruppo etnico che vive nel nord-est della Costa D’Avorio, al confine con il Ghana, è culturalmente legato ai Senufo ma le loro maschere rappresentano un corpus rarissimo nel panorama artistico africano. Realizzate dagli scultori Djimini sono essenzialmente maschere di danza che si ispirano alle più diffuse maschere Kpelié dei Senufo, dalle quali hanno ripreso alcune analogie stilistiche. Qui risultano evidenti soprattutto per il taglio sottile degli occhi, il lungo naso, la bocca a piccole labbra sporgenti e le appendici ai lati del viso. Anche i tatuaggi a linee orizzontali che segnano la bocca si riscontrano in molte maschere Senufo. Interessanti sono i tatuaggi asimmetrici delle gote, una caratteristica delle maschere Djimini. Il cheloide al centro della fronte rappresenta il simbolo del sesso femminile. La pettinatura è costituita da grosse ciocche disposte ai lati della testa impreziosite da piccole trecce colorate. In analogia con le altre maschere del gruppo la superfice del legno è accuratamente levigata e dipinta con un decoro policromo che ricopre le varie parti con pigmenti bianco, rosso e blu.Nella parte posteriore sono presenti i fori di fissaggio del mantello. L’erosione del legno testimonia segni di un prolungato utilizzo. Nel 1898 Richard Austin Freeman, un medico, inglese, con altri colleghi, al seguito di una missione coloniale in Africa occidentale, ha esplorato i territori intorno alla cittadina di Bondoukou ubicata nel nord est della Costa d’Avorio ai confini con la Costa d’Oro, oggi attuale Ghana. Un vasto territorio abitato dai gruppi Abron, Bondoukuo, Djimini. Nei territori degli Abron ha assistito ad una cerimonia mascherata organizzata dagli indigeni in suo onore e, come ricordo, ha realizzato i disegni di due maschere a grandi corna di bufalo che ha visto danzare, sono modelli del tipo bedou dei Nafana. Inoltre, durante la sua esplorazione, ha avuto l’opportunità nel 1898 di scattare una fotografia che riprende una maschera Djimini, forse il primo esemplare illustrato. È un modello di maschera che riporta tutti i particolari stilistici che in seguito gli scultori Djimini hanno tramandato nella produzione delle loro maschere. (Goy, pag. 36, ill. 19). Oggi questo esemplare appartiene alle collezioni del British Museum di Londra.
Bibliografia di riferimento: • FAGG WILLIAM & PLASS MARGARET, African Sculpture, London 1964, pag. 150 (10) • GOY BERTRAND, Cote d’Ivoire - Premieres regards sur la sculpture - 1850/1935, Parigi 2012, pagg. 34 - 36 (998) • GOLDWATER ROBERT, Senufo sculpture from West Africa, New York 1964, fig.34 (1081) • GUY LOUDMER, Arts Primitifs, Paris Hotel Drouot asta del 14 maggio 1990 • SOTHEBY’S, Collection Brian et Diane Leyden: Art Bété et Sénufo, Paris asta del 5 Dicembre 2007, lotto 10 (625) • SOTHEBY’S, Collection Marceau Riviére, Paris, asta del 18 e 19 giugno 2019, lotto 94 (1047)
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40 CHOKWE, Angola settentrionale Maschera di danza della società Pwo Altezza della parte lignea: 21 cm Legno duro a patina naturale brillante, addobbo di capigliatura a treccine, collare di corda lavorata a maglia, decorazioni con perline di vetro e bullette di ottone. Un anello di rame all’orecchio destro tiene appesa una moneta forata da 10 centesimi segnata Congo Belge 1911. PROVENIENZA: • Collezione privata (2016) € 6.000 - 8.000
Bibliografia di riferimento: • AUTORI VARI, Art et Mythologie: Figures Tshokwe, Fondation Dapper Paris 1988 (223) • BASTIN MARIE-LOUISE, Ritual masks of Chokwe, saggio pubblicato sulla rivista African Arts (UCLA), Agosto 1984, pagg. 40 - 45 • SOTHEBY’S, Collection Marceau Riviére, Paris, asta del 18 e 19 giugno 2019, lotto 194 (1047) • WASTIAU BORIS, Visions of Africa: Chokwe, Milano 2006 (561)
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Questo esemplare è stato realizzato da un maestro scultore Chokwe che ha saputo trasmettere al viso una forte tensione emotiva. Presenta segni di raffinati tatuaggi sulla fronte e sulle gote, occhi socchiusi, naso sottile. La bocca mostra denti limati secondo la moda molto diffusa tra le popolazioni dell’Africa centrale. Bella patina d’uso Le maschere di danza del gruppo etnico Chokwe, insediato anche nel Congo meridionale, sono conosciute per i ritratti di giovani antenate. La maschera Pwo, che nella lingua locale significa ragazza, rappresenta l’antenata femminile del clan nella società matrilineare. Gli scultori professionisti eseguivano queste maschere ispirandosi alla bellezza di una fanciulla del villaggio. Sulla maschera sono riprodotti gli stessi tatuaggi che segnavano il viso della giovane ed avevano il significato di indicare il suo clan di appartenenza. In occasione delle danze organizzate per le giovani del villaggio la maschera, completa di addobbo di rafia, era indossata da un danzatore vestito con indumenti femminili che, legandola sopra la testa poteva vedere il pubblico intervenuto alla cerimonia osservandolo dalle maglie della corda. Attraverso il linguaggio dei movimenti della danza, egli insegnava alle fanciulle il comportamento da tenere nelle diverse circostanze della vita sociale. Al termine della cerimonia le giovani ricevevano dai presenti i migliori auspici per le loro future maternità.
41 LOVALE, Zambia settentrionale Maschera di danza, altezza 26 cm Legno duro a patina scura, rotture d’epoca e segni d’uso PROVENIENZA: • Galleria André Kirbach, Dusseldorf • Collezione privata (2009) € 4.000 - 6.000
Bibliografia di riferimento: • MEUR CHARLES, Peoples of Africa: Ethno - linguistic map, Bruxelles 2001, Edited by Marc Leo Felix (47 tavole) – tavola di riferimento n° 41 (589) • HAHNER-HERZOG IRIS & KECSKESI MARIA & VAJDA LASZLO, L’Autre Visage: Masques africains de la collection Barbier-Mueller, Genéve 1997, pagg. 208 e 209 (605) • ROY CHRISTOFER D., Kilengi: Afrikanische Kunst aus der Sammlung Bareiss, Hannover 1997, pagg. 141 - 144 (816)
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Esemplare ricoperto con una densa patina scura che nei tratti di maggior sfregamento ha lasciato scoperte le venature del legno. Tutt’intorno al bordo sono stati praticati fori che, nelle intenzioni dello scultore, dovevano servire per legarci il cappuccio di tela, ora scomparso. Sulle gote vi sono i tatuaggi che indicano il clan di appartenenza del proprietario ed intorno alla bocca si notato piccoli fori ancora nascosti dalla densa patina scura. I tatuaggi corrispondono ai canoni di bellezza femminile, così come i denti limati seguono un’antica moda diffusa tra molti gruppi dell’Africa centrale. Le maschere erano indossate dagli uomini in occasione di festeggiamenti per divertire gli astanti della comunità e per intraprendere ingaggi sessuali. I Lovale sono una popolazione insediata nello Zambia nord-orientale ai confini con l’Angola, lungo i corsi dei fiumi Lungwe, Bongo e Zambesi. Culturalmente sono stati influenzati dai vicini Luchazi, Lwena e Chokwe, popoli che vivono nella regione meridionale dell’Angola. Le maschere Lovale sono molto rare e, anche ai giorni nostri, poco conosciute, perché assenti nella bibliografia africana.
42 DOGON, Mali, regione della falesia di Bandiagara Figura ancestrale, altezza 30,5 cm Legno duro ricoperto con patina oleosa nera a trasudazione continua PROVENIENZA: • Ex collezione Pierre Langlois, Parigi • Ex collezione Albert Bitran (France) • Collezione privata PUBBLICAZIONI: • TAJAN ETUDE Arts Primitifs, Arts Précolombien: Collections Bitran & Paul Chadourne, Paris Hotel Drouot asta dell’ 8 Novembre 1996, lotto 60 (337) € 4.000 - 5.000
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Secondo la tradizione Dogon questa scultura rappresenta un personaggio mitologico, forse un Nommo: uno dei cinque esseri primordiali che possiedono entrambi i caratteri maschili e femminili e che, secondo la tradizione storica, sarebbero i capostipiti degli esseri umani. Lo stile arcaico di questa scultura la colloca tra le opere classiche realizzate dagli scultori Dogon. La figura è scolpita in uno stile che aggrega le varie parti del corpo con volumi geometrici disposti uno sull’altro. La testa oblunga, attraversata dal lungo naso in rilievo, è caratteristica di questo stile “cubista”. Le lunghe braccia ripiegate sulle mani sono in contrasto con la modesta lunghezza delle gambe. Sulla testa è infisso un ferro ricurvo che termina con un piccolo sonaglio. La base cilindrica che regge la scultura, secondo la mitologia Dogon, rappresenta la divinità Terra, il luogo nel quale vivono oggi gli esseri umani. Invece, il supporto rettangolare di legno è stato intagliato per alloggiarvi la scultura ad incastro: una tecnica di montaggio diffusa nelle gallerie francesi fin dagli inizi del ‘900.
43 NGBANDI, Congo Kinshasa, regione dell’alto Ubangi Scultura maschile, altezza 40 cm Legno a patina scura Nome d’origine: Ngbirondo PROVENIENZA: • Ex collezione privata (anni ’70) • Collezione privata € 2.500 - 3.000
Scultura dal forte impianto astratto dove la testa a prisma triangolare è sostenuta da un corpo cilindrico rappresentato in tutti i suoi elementi anatomici. Le braccia staccate dal corpo sono molto allungate, al contrario delle gambe che risultano più corte. Gli occhi sono piccole perline di vetro. Tutta la figura è stata decorata con una serie di tatuaggi a zigzag. La forma del viso triangolare, segnato da incisioni a linee parallele sulla fronte e sulle guance, è una caratteristica comune alle sculture di questo gruppo. Le statue erano collocate in una specie di abitacolo all’ingresso dei villaggi. Rappresentavano lo spirito Ngbirondo che, secondo le credenze indigene, avevano lo scopo di proteggere i villaggi. Erano anche utilizzate dal deviner nelle pratiche di chiaroveggenza.
Bibliografia di riferimento: • FELIX MARK LEO, 100 Peoples of Zaire and their sculture: Ngbandi, pagg. 122 -123, Bruxelles 1987 (Ngbirondo) (201) • BACQUART JEAN-BAPTISTE, The Tribal Arts of Africa, Londra 1998, pag. 142 (916) 124 FINARTE
44 ZANDE, Congo Kinshasa, regione dell’alto Ubangi Scultura antropomorfa, altezza 30 cm Legno a densa patina nera Perline di vetro sugli occhi, orecchini di rame, bullette e piattina di ferro su tutto il corpo Nome d’origine: Yanda PROVENIENZA: • Ex collezione privata (anni ’70) • Collezione privata € 2.500 - 3.000
Bibliografia di riferimento: • FELIX MARK LEO, 100 Peoples of Zaire and their sculture: Zande, pagg. 202 -203, Bruxelles 1987 (Yanda) (201) • CORNET JOSEPH, Art de l’Afrique noire au pays du fleuve Zaire, Bruxelles 1972, pagg. 302 -310 (109) • KERCHACHE JAQUES & PAUDRAT JEAN-LOUIS & STEPHAN LUCIEN, L’Art africain, Paris 1988, Mazenod Editions, pagg. 438, fig. 647 (273)
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Scultura dal forte impianto astratto dove la testa a prisma triangolare è sostenuta da un corpo cilindrico. Le gambe completalo la figura umana. Intorno al corpo sono state collocate tante bullette in ferro di tipo occidentale. Grossi anelli di piattina di ferro circondano la vita. Gli occhi sono piccole perline di vetro bianco e ai fori delle orecchie sono appesi anelli di filo di rame. Alcune di queste statuine sono state scoperte nel 1920 ma la maggior parte sono uscite intorno al 1950. Erano associate essenzialmente ai riti di una setta, chiamata in modo diverso secondo le località, ma più sovente con il nome di Mani, una società segreta attiva anche nella Repubblica Centro Africana fin dal 1920, che ha messo radici profonde presso il popolo Zande. I membri della setta, che erano ricercati dalle autorità, avevano il compito di combattere il terribile re zande Avurungura e, successivamente, di contrastare la penetrazione coloniale straniera. La statuina avrebbe avuto la funzione di proteggere il suo proprietario dalle malattie, dalla stregoneria negativa, favorire la caccia, assicurare la fecondità, influenzare i corsi dei processi, causare torti ai nemici personali e, per riassumere, procurare ai membri della società sicurezza nelle circostanze della vita e successo nelle imprese.
45 BEMBE, Congo Brazzaville, regione meridionale Figura di antenato, altezza 16,5 cm Legno duro a patina naturale chiara con incrostazioni nere. Schegge di ceramica bianca sugli occhi. Piccolo restauro sulla cresta PROVENIENZA: • Ex collezione privata (anni ’70) • Collezione privata € 2.500 - 3.000
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128 FINARTE
Rappresenta l’emblema di un cacciatore in piedi su un piedistallo circolare. Tutte di piccole dimensioni le sculture Bembe sono contraddistinte dalle scarificazioni del corpo che indicano il clan di appartenenza e dalla patina brillante che presentano. Questa statuina è stata consacrata dal deviner con l’introduzione di sostanze magiche nel foro in fondo alla schiena. Con questo rituale era garantita la presenza dell’anima dell’antenato all’interno della figura e così, la piccola scultura, diventava un amuleto che estendeva la sua protezione al proprietario ed ai suoi familiari. La figura del cacciatore che tiene un fucile di tipo europeo ed un coltello nella mano destra è un’icona che si trova in alcuni esemplari Bembe. La pettinatura a cresta centrale è un dettaglio caratteristico dei personaggi di elevato rango sociale, testimoniato anche dalle ricche scarificazioni del corpo e dalla presenza del fucile, un oggetto prezioso per la caccia che, all’epoca, pochi individui potevano permettersi.
FINARTE 129
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pag. 14, n°5 (18)
(*) I testi qui segnalati potranno essere consultati su appuntamento
Armi africane
Il presente Catalogo propone una serie di pezzi selezionati raccolti da un collezionista di Udine - un amante delle tradizioni culturali italiane - che, entrato in contatto per caso con questi ferri africani, ne ha subìto il fascino e li ha collezionati per anni. Le armi presentate appartengono a gruppi dell’Africa centrale dove i territori sono ricoperti in gran parte dalla fitta vegetazione della foresta subtropicale. Da secoli i popoli dell’Africa si sono dedicati alla produzione di armi in ferro forgiato secondo le tradizioni culturali del proprio gruppo etnico. Attraverso la armi hanno manifestato la loro fantasia e la grande capacità di una esecuzione raffinata considerando la modesta disponibilità di strumenti adeguati. Nei Musei europei sono conservati i pezzi più antichi che gli esploratori e amministratori hanno portato in patria al loro rientro. Le prime esposizioni hanno fatto conoscere al mondo questi reperti di metallo e oggi molti collezionisti hanno riservato la loro attenzione a questi manufatti.
WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975 (199)
La prima importante esposizione di armi dell’Africa Equatoriale fu organizzata in Olanda nel 1975 su iniziativa del museo di Rotterdam che, assieme ai suoi numerosi reperti presentò anche quelli del museo di Leiden e del museo belga di Tervuren. Il catalogo pubblicato per l’occasione fu curato dal dottor Heinrich Westerdijk che propose una classificazione sistematica basata non sulla località di raccolta ma sull’appartenenza delle armi al gruppo etnico. I coltelli, divisi in 14 Gruppi territoriali, furono illustrati con raffinati disegni che hanno contribuito ad individuare i molti gruppi e sottogruppi indigeni che li hanno prodotti. Questo importante lavoro fu pubblicato in lingua fiamminga tuttavia, dall’amico Pier Giorgio Cerrini di Bruxelles, sono riuscito ad avere il manoscritto tradotto in francese. Oggi sono molte le pubblicazioni disponibili che aiutano ad orientarsi e che hanno aperto lo sguardo su questa foresta inesplorata di forme tribali prodotte con incredibile fantasia e tecnica dai fabbri africani. Roberto Ballarini
WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975, pag. 74
46 NGOMBE, DOKO, IBOKO, Congo Kinshasa Regione settentrionale, sponda destra del fiume Ubangi Coltello da parata, altezza 70 cm Lama in ferro forgiato a tranciante esterno incisa sui due lati. Impugnatura in legno avvolta con spirali di piattina di ferro. Bullette di ottone. Tracce di ossidazione e patina d’uso. € 800 - 1.200
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 113 (202) • BALLARINI ROBERTO, Armi bianche dell’Africa Nera / Black Africa’s Traditional Arms, Milano 1992, pag. 53 (276) • GOSSEAU CHRISTIAN, Tribal arms monographs: Le couteau d’exécution et ses dérivés, Vol. I, N° 2, partie II” Bruxelles 1997, n° 34 e 35 (527)
138 FINARTE
Apparteneva ad un capo tribù ed era utilizzato come simbolo di potere. Lo stile è ibrido perché la forma della lama è derivata dai coltelli Lobala, mentre l’impugnatura è analoga a quella dei coltelli dei gruppi Ngala e Ngombe. Le raffinate incisioni della lama sono caratteristiche delle armi di questi gruppi.
47 BENGE, Congo Kinshasa, regione del fiume Uele Sciabola da parata, altezza 75 cm Lama in ferro forgiato con disegni incisi sul lato anteriore, impugnatura in legno avvolta con spirale di corda e piattina di ferro. L’appendice a forma di mezzaluna che si trova nella parte bassa della lama serviva per ancorare un laccio di cuoio che permetteva di assicurare l’arma al polso del proprietario. € 400 - 600
Bibliografia di riferimento: • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992 pag. 177 (292) • ELSEN JAN, Tribal arms monographs: Les armes-faucilles - Vol. I, N°1 partie I, Bruxelles 1996, pagg. 54 e 55 (525)
140 FINARTE
I Benge, chiamati in passato anche Mobenge, vivono in un territorio compreso tra il 23° ed il 24° di lat. Est, delimitato dai fiumi Uele a nord e Likati a sud. La loro cultura è stata influenzata dai gruppi vicini Ngbandi, Zande, Boa o Ababoa.
48 LUBA, KETE, BENA LULUA Congo Kinhsas, regione meridionale Spada corta, altezza 51 cm Lama in ferro forgiato a doppio tranciante con bella sequenza di incisioni lungo l’asse verticale sui due lati. Impugnatura in legno sagomata nella quale con una raffinata lavorazione ad incastro sono state inserite tante piccolissime lamelle di metallo che riproducono alcuni disegni del repertorio Kuba. Ad esempio, sulla testa si trova il caratteristico disegno del doppio quadrifoglio. Tracce di ossidazione e bella patina d’uso. Oggetto di prestigio € 800 - 1.200
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 134, figura 240 (202) • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992, pagina 238, figura 461 (292)
142 FINARTE
49 EKONDA (KONDA), KUNDU, SENGELE, LIA Congo Kinshsa Regione del lago Leopoldo II Coltello / Moneta, altezza 45 cm Struttura di lamiera lavorata lungo i suoi profili. Impugnatura in legno a patina nera. € 500 - 600
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 170 (202) • ZIRNGIBL MANFRED A., Seltene Afrikanische Kurzwaffen, Grafenau 1983, pag. 98 (238) • ELSEN JAN, De fer et de fierté: Armes blanches d’Afrique Noire du Musée Barbier-Mueller, Genéve & Milan 2003, pag. 198 (524)
144 FINARTE
Appartiene alla tradizione artistica dei coltelli Konda, usati nelle danze e scambiati anche come monete da popolazioni del gruppo Mongo. Questi modelli appartengono alla serie di opere di fantasia realizzate in ferro, in latta e in rame dai fabbri Mongo: Ekonda, Konda, Kundu (Nkundu), Sengele, Lia, popoli che vivono nel Congo occidentale insediati a Nord del Lago Leopoldo II. La strana forma di queste lame ha stupito i viaggiatori che dalla fine del 1800 hanno avuto contatti con queste popolazioni. I modelli più improbabili e stravaganti sono stati creati dai fabbri africani, almeno fino agli anni ’60, per attrarre gli acquirenti bianchi, più che per un reale fabbisogno indigeno.
50 ZANDE, BOA, Congo Kinshasa, regione settentrionale Spada, altezza 74 cm Lama in ferro forgiato a doppio tranciante lavorata a strisce verticali. Impugnatura in legno avvolta con piattina di rame. Bella patina d’uso. Oggetto di prestigio € 600 - 800
Bibliografia di riferimento: • ZIRNGIBL MANFRED A., Seltene Afrikanische Kurzwaffen, Grafenau 1983, pag. 80 (238) 146 FINARTE
Questa lunga spada appartiene alla tradizione artistica dei coltelli Boa o Ababoa, come veniva chiamato un tempo questo sottogruppo Zande. Al centro della lama si possono trovare fino a tre fori disposti lungo l’asse verticale.
51 MBANZA (MBANDJA), Congo Kinshasa Regione del fiume Ubangi al confine con la Repubblica Centro Africana Coltello da lancio / Moneta Dimensioni: 46 x 39 cm Lama in ferro forgiato incisa sul lato anteriore, tracce a “buccia d’arancia” sul metallo dovute ad ossidazione. Le raffinate incisioni della lama sono caratteristiche degli oggetti di questo gruppo. PUBBLICAZIONI (Esemplare riprodotto in): • Ballarini Roberto, La Forma Perfetta: Sulle tracce della moneta tribale africana, Milano 2009, pag.89 e pag. 349 (638) € 800 - 1.200
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 97, n° 169 (202) • FELIX MARC LEO, Kipinga: Throwing-Blades of Central Africa, Munchen 1991, pag. 155 (268)
148 FINARTE
Tipo di coltello prodotto ed utilizzato anche dai gruppi vicini quali Togbo, Ngbaka e Ngombe. Era usato sia come arma che come oggetto di ostentazione durante le cerimonie tribali. Veniva inoltre usato come moneta nelle transazioni commerciali e nei contratti di matrimonio. In questo caso il ferro è più tenero, la lavorazione della lama è rifinita in modo superficiale ed in genere manca il rivestimento dell’impugnatura.
52 NGOMBE, DOKO, IBOKO, Congo Kinshasa Regione settentrionale, alto corso del fiume Giri (Ngombe), ansa del fiume Congo (Doko) Coltello, altezza 62 cm Lama in ferro forgiato a tranciante esterno incisa sui due lati. Impugnatura in legno ricoperta con piattina di ferro nel punto di presa e bullette di ottone nella parte inferiore. Una catena di ottone, adatta per trattenere il coltello al polso, è presente sotto l’impugnatura: un elemento raro per i coltelli di questa tipologia. Le raffinate incisioni della lama sono caratteristiche delle armi di questi gruppi. Tracce di ossidazione e bella patina d’uso. Oggetto di prestigio. Nome d’origine: Ngwolo € 800 - 1.200 Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pagina 112, n° 196 (202) • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992, pagina 127, n° 148 (292) • ELSEN JAN, De fer et de fierté: Armes blanches d’Afrique Noire du Musée Barbier-Mueller, Genéve & Milan 2003, pag. 153 (524) • GOSSEAU CHRISTIAN, Tribal arms monographs: Le couteau d’exécution et ses dérivés, Vol. I, N° 2, partie II” Bruxelles 1997, pagg. 30 - 33 (527) • PICCARDI MARCO S. & SALVATICI LUCIANO, Lame d’Africa, Firenze 2002, pag. 34 (682)
150 FINARTE
Armi di questo tipo sono spesso indicate come “coltelli da esecuzione“ perché sarebbero state usate per la decapitazione dei condannati, diventando per questo anche un simbolo di potere. Erano anche usati nelle dispute tribali per impressionare gli avversari. Considerati oggetti preziosi servivano anche per procurarsi una moglie la cui dote poteva consistere in 20 pezzi. Le donne del gruppo Ngbaka li impugnavano nelle loro danze.
53 NZOMBO, LOBALA, NGBAKA Repubblica Centro Africana, regione meridionale confinante con il Congo Kinshasa nella zona compresa tra i fiumi Ubangi, Mbari e Koto Sciabola, altezza 56 cm, larghezza 31 cm Lama in ferro forgiato a tranciante interno con nervatura e incisioni caratteristiche presenti sul lato anteriore. Impugnatura in legno rivestita con una spirale di piattina di rame e bullette di ottone. Bella patina d’uso. Oggetto di prestigio. € 400 - 600
Bibliografia di riferimento: • BALLARINI ROBERTO, Armi bianche dell’Africa Nera / Black Africa’s Traditional Arms, Milano 1992, pagina 79, n° 37 (276) • ELSEN JAN, Tribal arms monographs: Les armes-faucilles - Vol. I, N°1 partie I, Bruxelles 1996, pagg. 28 - 30 (525)
152 FINARTE
54 YAKA, Congo Kinshasa, regione del fiume Kwango Coltello con guaina Altezza della lama 66,5 cm Altezza della guaina 52 cm Lama in ferro forgiato a doppio tranciante lavorata a bulino sui due lati. Impugnatura in legno impreziosita con un cono di metallo, una serie di archetti di ferro, e con filo di rame arrotolato. La guaina è costituita da lamelle di legno ricoperte di pelle. La corda serviva per portare il coltello sulla spalla. È un coltello di prestigio che apparteneva ad un capo villaggio. € 1.200 - 1.400
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 141, n° 252 (202) • WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975, Gruppo XI, pag. 94, fig. 15 (199) • BOURGEOIS ARTHUR P., The Yaka and Suku, Leiden Olanda 1985, tav. 5 (165) • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992, pagina 253, n° 501 e 502 (292)
154 FINARTE
55 LUBA, Congo Kinshasa, regione centrale Ascia da parata, altezza 36,5 cm Lama in ferro forgiato, impugnatura in legno con bella patina scura. Oggetto di prestigio. € 1.800 - 2.200
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 137, n° 247 (202) • CARDELLI ANTINORI ALESSANDRA & COSSA EGIDIO, Africa: Guida alle sale espositive, Museo Etnografico Pigorini, Roma 1995, pagina 45 (353) • ROY CHRISTOFER D., Kilengi: Afrikanische Kunst aus der Sammlung Bareiss, Hannover 1997, pag. 162 (816) • BASSANI EZIO, Arte dell’Africa Nera, Milano 2000, pag. 108 (405) • SOTHEBY’S, Collection Paolo Morigi (2° parte) Art Africain et Océanien, Paris asta del 6 Dicembre 2005, lotto 130 (512) • ELSEN JAN, Fatal Beauty: Traditional weapons from Central Africa, Bruxelles 2009, pag. 41,fig. 35 (643)
156 FINARTE
La tradizione delle asce da parata dei Luba, Hemba, Songye, gruppi che abitano le regioni meridionali del Congo, prevede un’impugnatura corta, scolpita all’apice con una testa di figura umana, ma anche con un personaggio intero, come in questo caso. La lama, in genere abbastanza lunga, esce verticalmente dalla bocca del personaggio. Considerate simboli reali, erano utilizzate in occasione delle danze della setta religiosa Mbudye. Le figure scolpite in miniatura sull’impugnatura riproducono le caratteristiche della statuaria del gruppo Luba Shankadi nelle quali le figure femminili riprendono la famosa pettinatura delle ciocche a cascata.
56 SONGYE, Congo Kinshasa Ascia da parata, altezza 43,8 cm Lama asimmetrica in ferro forgiato con sequenza di nervature annodate ed avvolte a spirale. Impugnatura in legno ricoperta con lamina di rame Nome d’origine: Kasuyu € 1.400 - 2.000
Bibliografia di riferimento: • SOTHEBY’S, Art Africain et Océanien, Paris asta del 5 Maggio 2003, lotto 45 (472) • SOTHEBY’S, Art Africain et Océanien: Collection Peter et Veena Schnell - Vol. II, Paris asta del 3 Dicembre 2004, pag. 64, lotto 50 (494)
158 FINARTE
I Songye (Basonge) sono un gruppo di circa 100.000 individui che vivono in una vasta area sud orientale dell’ex Zaire, delimitata dai corsi dei fiumi Lwlaba e Lomami. Fin da tempi remoti hanno sviluppato una grande abilità nella produzione di armi in ferro, soprattutto asce da parata. Questi oggetti di pregio erano riservati a capi clan, stregoni, giudici, scultori famosi, ecc. Erano utilizzati nel corso delle cerimonie collettive per testimoniare il prestigio ed il rango sociale di chi le possedeva. La fama di queste grandi asce si è diffusa nei primi anni del 1900 e molti modelli sono stati prodotti dai fabbri Songye e Nsapo Nsapo che le realizzavano con grande abilità. Le barre di sostegno della lama venivano prima decorate a cesello, poi saldate tra loro ad una estremità ed infine unite alla lama. Alcune barre, come in questo esemplare, possono essere attorcigliate più volte a spirale. La lama è abbellita anche con una sequenza di motivi puntiformi ottenuti con il bulino. Le forme asimmetriche sembrano meno diffuse.
57 KUBA, Congo Kinshasa, regione compresa tra i fiumi Kasai e Sankuru Coltello da parata, altezza 43 cm Lama in ferro con nervatura centrale in rilievo sui due lati lungo gli assi verticali. Impugnatura in legno a “bottone” con bella patina scura. Con una raffinata lavorazione a incastro sono state inserite nel legno tante piccolissime lamelle di metallo che riproducono i disegni classici del repertorio Kuba. Oggetto di prestigio Nome d’origine: Ikula € 1.000 - 1.200 Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 149, n° 265 202) • WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975, Gruppo XII, pag.96, figura 7 b (199) • ZIRNGIBL MANFRED A., Seltene Afrikanische Kurzwaffen, Grafenau 1983 pag. 61, fig. 59 (238) • TORDAY EMIL & JOICE THOMAS A., Notes Ethnographiques sur les peuples communément appelés Bakuba, ainsi que sur les peuplades apparentées. Les Bushongo, Annales du Musée du Congo Belge, Bruxelles 1910, pag.193, fig. 278 f (Ikula) (235)
Coltello realizzato dai Kuba in una forma che esiste anche con lame in rame e in legno. I fori sulla lama sono rari in questo tipo di coltello. Aveva anche un valore monetario. Ne parla Emil Torday nel suo volume dopo la spedizione in Congo del 1907 - 1909. “Il Coltello di Pace” L’origine di questo coltello, denominato “ikula”, viene fatta risalire al novantatreesimo re dei Kuba Shamba - Bolongongo” che regnò nei primi due decenni del XVII secolo. Sovrano amante della pace, al suo ritorno dal Benin decise di mettere al bando i temibili coltelli da lancio abitualmente usati dai Kuba e di sostituirli con un coltello dall’aspetto poco aggressivo che divenisse simbolo di concordia. Si può in effetti notare che questo coltello cerimoniale presenta somiglianze con quelli che compaiono nelle raffigurazioni del Benin, e che la punta, oltre ad essere tutt’altro che acuta, in alcuni esemplari è del tutto assente. Di questo e di altri coltelli dei Kuba si conoscono esemplari identici come forma ma con lame realizzate in legno o in rame, destinati all’uso cerimoniale in quei casi in cui il contatto con l’acciaio deve essere evitato perché considerato fortemente negativo”. Testo ripreso da: • PICCARDI MARCO S. & SALVATICI LUCIANO, Lame d’Africa, Firenze 2002, pag. 30 (682)
Spada del Benin 160 FINARTE
58 FANG, Camerun meridionale, Gabon, Guinea Equatoriale Coltello con guaina Altezza del coltello 45 cm, altezza della guaina 33,4 cm Nomi d’origine: Ntsakh, Fa Coltello con lama in ferro a doppio tranciante. Impugnatura in legno rivestita con filo, piattina e bullette di ottone. Guaina costituita da due tavolette di legno ricoperte di pelle ed impreziosita, nella parte inferiore, con un disco di ottone. La parte terminale è rifinita con una striscia di bullette. Bella patina d’uso. Oggetto di prestigio. € 2.000 - 2.400
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 190, fig. 148 (202) • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992, pagina 146 (292) • ELSEN JAN, De fer et de fierté: Armes blanches d’Afrique Noire du Musée Barbier-Mueller, Genève & Milan 2003, pagg. 90 e 91 (Ntsakh, Fa) (524) • PERROIS LOUIS, Art ancestral du Gabon dans les collections du Musée Barbier-Mueller, Genève 1985, pag. 159 (Ntsakh) (106) • SPRING CHRISTOPHER, African arms and armour, London 1993, pag. 16, fig. 9 (558)
162 FINARTE
59 LIA, KUNDU, KONDA, Congo Kinshasa Regione occidentale del Lago Leopoldo II Coltello da parata, altezza 54,5 cm Lama in ferro forgiato incisa sui due lati con una serie di linee verticali. Impugnatura in legno rivestita con lamina, piattina e bullette di ottone. Tracce di ossidazione a “buccia d’arancia”. Oggetto di prestigio € 2.000 - 2.400
Bibliografia di riferimento: • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992, pag.133 (292) • GOSSEAU CHRISTIAN, Tribal arms monographs: Le couteau d’exécution et ses dérivés, Vol. I, N° 2, partie II, Bruxelles 1997, pag. 60 (527) • SOTHEBY’S, Art Africain et Océanien, Paris asta del 5 Maggio 2003, lotto 40 (472) • SOTHEBY’S, Arts of Africa, Oceania &The Americas, New York asta del 15 Maggio 2003, lotto 78 (461) • SOTHEBY’S, Collection Marceau Riviére, Paris, asta del 18 e 19 giugno 2019, lotto 230 (1047)
164 FINARTE
Coltello a sagoma antropomorfa che rappresenta una figura maschile a braccia alzate. Con un lavoro a niello sono stati inseriti due dischetti di ottone che rappresentano gli occhi. I coltelli di questo tipo sono stati realizzati dai gruppi Lia, Kundu o Nkundu, e Konda, insediati nei territori del Congo occidentale a Nord del lago Leopoldo II. Sono coltelli di prestigio che testimoniavano il rango sociale del proprietario: sembra che fossero riservati ai capi tribù. In tutta la sterminata produzione di armi bianche che, dall’Età del ferro ad oggi, gli artigiani forgiatori hanno eseguito nelle varie regioni della terra, questa soluzione di un manufatto di metallo che rappresenta la figura umana, è un’idea che solo il genio degli artisti africani ha elaborato.
60 LIA, KUNDU, KONDA, Congo Kinshasa Regione occidentale del Lago Leopoldo II Coltello da parata, altezza 60,5 cm Lama in ferro forgiato incisa sui due lati con una serie di linee verticali. Impugnatura in legno rivestita con lamina, piattina e bullette di ottone. Tracce di ossidazione a “buccia d’arancia”. € 2.000 - 2.400
166 FINARTE
61 CHOKWE, Congo Kinshasa, regione meridionale, Angola settentrionale Ascia da parata, altezza 45 cm Lama in ferro forgiato ricoperta con patina d’epoca. Impugnatura in legno abbellita con la testa di due personaggi, uno maschile scolpito nella parte superiore, l’altro femminile scolpito in rilievo a metà dell’asta. Bullette di ferro e ottone rendono l’ascia più preziosa. Bella patina d’uso. Oggetto di prestigio € 1.200 - 1.400
168 FINARTE
62 MANGBETU, Congo Kinshasa, regione settentrionale Coltello, altezza 46 cm Lama in rame con una serie di undici fori, impugnatura in legno avvolta con piattina e lamine di rame Nomi d’origine: Mambere, Mambélé € 1.200 - 1.400
Bibliografia di riferimento: • WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975, Gruppo VI, pag. 86, figg. 6 - 7 (199) • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 64 (202) • ELSEN JAN & AUTORI VARI, Beauté Fatale: Armes d’Afrique Centrale, Crédit Communal, Bruxelles 1992, pag.189, fig. 312 (292) • ELSEN JAN, Tribal arms monographs: Les armesfaucilles - Vol. I, N° 3 partie III, Bruxelles 2000, pag. 30 (526) • ELSEN JAN, De fer et de fierté: Armes blanches d’Afrique Noire du Musée Barbier-Mueller, Genéve & Milan 2003, pag. 120 (524) • ELSEN JAN, Fatal Beauty: Traditional weapons from Central Africa, Bruxelles 2009, pag. 202, fig. 211 (643)
170 FINARTE
Coltello a forma di roncola utilizzato come simbolo di potere dai nobili Mangbetu. Al centro della lama vi sono 11 fori che rappresentano una rarità per i coltelli di questo tipo. Secondo una leggenda ogni foro corrispondeva ad una moglie del proprietario. Oggetto di prestigio
63 MFINU,TEKE, Congo Kinshasa, area della foce del fiume Congo Ascia di rango, altezza 36,5 cm, larghezza 43 cm Nome d’origine Teke: Ibia Grande lama in ferro forgiato a forma di semiluna con appendice terminale di sezione poligonale. Impugnatura in legno sagomata avvolta completamente con una lunga spirale di piattina di rame abbellita con una serie di punti a bulino. Estremità inferiore di forma conica ricoperta anch’essa con lamine di rame graffate. Bella patina d’uso Oggetto di prestigio € 3.600 - 4.000 Bibliografia di riferimento: • WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975, Gruppo XI, pag.93, fig. 14 (199) • ZIRNGIBL MANFRED A., Seltene Afrikanische Kurzwaffen, Grafenau 1983, pagg. 96 e 97 (238) • SCHAEDLER KARL-FERDINAND, Erde und Erz, Panterra Verlag Edition Minerva, Munchen 1997, pag. 337, n° 662 (537) • DUPRE’ MARIE-CLAUDE, Batéké: peintres et sculpteurs d’Afrique Centrale, Musées Nationaux, Paris 1998, pagg. 106 e 107 (Ibia) (813) • FALGAYRETTES LEVEAU CHRISTIANE, Chasseurs et guerriers, Musée Dapper, Paris 1998, pagine 202 e 208 (529) • ELSEN JAN, De fer et de fierté: Armes blanches d’Afrique Noire du Musée Barbier-Mueller, Genéve & Milan 2003, pag. 213 (524) • ELSEN JAN, Fatal Beauty: Traditional weapons from Central Africa, Bruxelles 2009, pag. 289, n° 374 (643)
172 FINARTE
Raro esemplare prodotto dai fabbri del gruppo etnico Mfinu, una popolazione del Congo insediata lungo la sponda sinistra del fiume Congo, a nord di Kinshasa. È un tipo d’ascia realizzata in forme analoghe anche dai Teke, un gruppo che vive sulle due sponde della foce del Congo. Le lame di forma semicircolare, con lungo innesto, sono caratteristiche delle asce realizzate dai fabbri di questa regione. La funzione delle asce era di testimoniare il rango sociale del proprietario: capo tribù, capo clan, personaggio di stirpe nobile, ecc. Sono opere che per la loro forma di grande effetto sono entrate nei musei e nelle grandi collezioni.
64 NGOMBE, DOKO, Congo Kinshsa Regione settentrionale, ansa del fiume Congo Coltello da lancio, dimensioni: 37,5 x 25 cm Lama in ferro forgiato, a doppio tranciante, rivestita con piattina di rame Coltello prodotto ed utilizzato da gruppi che vivono lungo l’ansa settentrionale del fiume Congo. I due elementi principali ed il rostro sono abbelliti, su entrambi i lati, con sottili incisioni che ne seguono il profilo. L’equilibrio della composizione di questo coltello e la piattina di rame applicata con grande precisione, denotano il lavoro di un maestro forgiatore e testimoniano un oggetto di valore. La qualità del metallo e la patina, che nei vari punti ne lascia intravedere l’usura, dimostrano una notevole anzianità di quest’arma da lancio. € 800 - 1.200 Bibliografia di riferimento: • FISHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A. Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 91, n° 159 (202) • WESTERDIJK HEINRICH, Ijzerwerk van Centraal-Afrika, Lochem 1975, Gruppo I, pag. 74, figura 15 (199) • MESTDAGH PATRICK, Couteaux de jet: Ou la collection d’un peintre, Bruxelles 2003, gruppo 12 (528)
174 FINARTE
65 KONDA, Congo Kinshasa, regione equatoriale, ansa del fiume Congo Coltello / Moneta Altezza 39, 5 cm Struttura di lamiera lavorata lungo i suoi profili. Impugnatura in legno a patina naturale. Oggetto di prestigio € 400 - 600 Bibliografia di riferimento: • FISHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A. Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 91, n° 159 (202)
176 FINARTE
Appartiene alla tradizione artistica dei coltelli Konda, usati nelle danze e scambiati anche come monete dai vari gruppi Mongo. La lama presenta la tipica lavorazione di fantasia che ha caratterizzato i coltelli di questi gruppi. Una serie di incisioni a puntini rende più preziosa l’opera. L’impugnatura sagomata lascia intravedere una patina lucida dovuta ad un utilizzo prolungato.
66 NGATA, NGOMBE, Congo Kinshasa Regione settentrionale, alto corso del fiume Giri (Ngombe), ansa del fiume Congo (Doko) Coltello, altezza 71 cm Lama in ferro forgiato a tranciante esterno incisa sui due lati. Impugnatura in legno avvolta nella zona inferiore con piattina di ferro e rivestita con bullette di ottone. Patina d’epoca € 500 - 600 Bibliografia di riferimento: • GOSSEAU CHRISTIAN, Tribal arms monographs: Le couteau d’exécution et ses dérivés, Vol. I, N° 2, partie II” Bruxelles 1997, pag. 34 (527)
178 FINARTE
67 NGOMBE, Congo Kinshasa Regione del fiume Ubangi al confine con la Repubblica Centro Africana Coltello da lancio, altezza 45 cm Lama in ferro forgiato incisa sul lato anteriore, tracce di “vaiolo” sul metallo dovute ad ossidazione Nome d’origine: Ngwolo € 400 - 500
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A., Afrikanische Waffen, Passau 1978, pagg. 98 e 99 (202) • FELIX MARC LEO, Kipinga: Throwing-Blades of Central Africa, Munchen 199, pag. 149 (268)
180 FINARTE
Coltello prodotto ed utilizzato anche dai gruppi vicini Togbo, Banja e Ngbandi. Era usato sia come arma che come oggetto di ostentazione durante le cerimonie tribali. Nei combattimenti era lanciato in orizzontale contro gli avversari: le lame ruotando come una fresa circolare diventavano un’arma offensiva terribile per chi ne era colpito. Era usato inoltre come moneta nelle transazioni commerciali e nei contratti di matrimonio. Le raffinate incisioni della lama sono caratteristiche delle armi di questo gruppo.
68 NGOMBE, Congo Kinshasa Regione del fiume Ubangi al confine con la Repubblica Centro Africana Coltello da lancio, dimensioni: 49 x 32 cm Lama in ferro forgiato incisa sul lato anteriore, tracce di “vaiolo” sul metallo dovute ad ossidazione. Impugnatura rivestita con fibra vegetale intrecciata. Nome d’origine: Ngwolo € 400 - 500
182 FINARTE
FINARTE 183
69 MBUM, Camerun orientale Coltello da lancio, dimensioni: 52 x 44 cm
€ 500 - 600
184 FINARTE
Tipo di oggetto, realizzato in ferro, che ha la forma dei coltelli da lancio prodotti anche dai gruppi che vivono nella regione dell’Ubangi e nella Repubblica Centro Africana. Sul lato anteriore della lama sono presenti sottili incisioni a decoro. I disegni delle lame possono cambiare da un esemplare all’altro. Si conoscono modelli realizzati in ottone. Di solito sono privi del rivestimento che copre l’impugnatura. Forme simili realizzate in ferro dolce servivano come monete di scambio.
70 KOTA, FANG, Gabon Coltello rituale, dimensioni: 29 x 29 cm Lama in ferro forgiato, impugnatura avvolta con lamina di rame, sperone ricoperto con maglia di metallo. Patina d’epoca Nome d’origine Kota: Osele o Musele Nome d’origine Fang: Onzil € 800 - 1.000
Bibliografia di riferimento: • FISCHER WERNER & ZIRNGIBL MANFRED A. Afrikanische Waffen, Passau 1978, pag. 187, fig. 343 (202) • PERROIS LOUIS, Art ancestral du Gabon dans les collections du Musée Barbier-Mueller, Genève 1985, pagg. 62, 63 e 187 (Osele, Musele, Onzil) (106) • ELSEN JAN, Les haches à tete d’oiseau. Société secrète et rites d’initiation, . Su Arts & Cultures 2020, Genève, pagg. 152 - 157 • MESTDAGH PATRICK, Couteaux de jet: Ou la collection d'un peintre, Bruxelles 2003, gruppo XIV (528)
186 FINARTE
È un’arma dei Kota ma, in forme simili, è stata realizzata anche dai Fang. La sua funzione è associata ai riti d’iniziazione dei giovani che, durante la cerimonia della loro circoncisione, brandiscono l’arma che diventa così il simbolo della loro maturità. La forma di questo coltello ricorda la testa di un uccello dove il triangolo ritagliato costituisce l’occhio. La sua origine forse si ricollega ai coltelli da lancio a sperone diffusi nel Ciad, nel medio corso del fiume Sangha e nell’Alto Ubangi.
71 SOMALI, Somalia, regione del Corno d’Africa Coltello con guaina Altezza del coltello: 59 cm Altezza della guaina: 38 cm Lama simmetrica a doppio taglio realizzata in acciaio forgiato. Impugnatura rivestita con corno di animale. Fodero di cuoio ricucito. € 500 - 600
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72 SOMALI, Somalia, regione del Corno d’Africa Coltello con guaina Altezza del coltello: 45,5 cm Altezza della guaina: 27 cm Nome d’origine: billawo Lama asimmetrica a doppio taglio realizzata in acciaio. Impugnatura di osso che termina con un cono di metallo. Il fodero di cuoio è decorato con striscioline di pelle. Veniva portato legato alla cintura come arma di ostentazione dai maschi arabi. Serviva non soltanto come arma da difesa e da guerra ma anche per la caccia e per usi domestici. € 500 - 600
Bibliografia di riferimento: • CARDELLI ANTINORI ALESSANDRA & HOHENEGGER MARGHERITA, Lo Splendore del Guerriero: Le armi africane antiche del Museo Pigorini, Roma 1999, pag. 14 (billawo) (642)
190 FINARTE
73 SOMALI, SOMALIA, REGIONE DEL CORNO D’AFRICA Coltello con guaina Altezza del coltello: 42,5 cm Altezza della guaina: 28 cm Lama asimmetrica a doppio taglio realizzata in acciaio. Impugnatura di osso che termina con un cono di metallo. Il fodero di cuoio è decorato con striscioline di pelle. € 500 - 600
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BIBLIOGRAFIA CATALOGO ARMI AFRICANE (*) • BALLARINI ROBERTO "Armi bianche dell'A-
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6 Dicembre 2005 (512)
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•
FALGAYRETTES
LEVEAU
CHRISTIANE
“Chasseurs et guerriers” Musée Dapper, Paris
• SPRING CHRISTOPHER "African arms and
1998 (529)
armour" London 1993 (558)
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(*) I testi qui segnalati potranno essere consultati su appuntamento
UNA NUOVA OPERA NELLO STILE DI BULI I MAESTRI DEL PRINCIPATO DI BULI, LUBA, CONGO ORIENTALE
Nel tentativo di individuare analogie, che ci permettano di scoprire l’identità della scultura della collezione Schwab di 46 cm (lotto 22) con opere che appartengono al corpus della scuola di Buli, esaminiamo qui, in sequenza cronologica, la sintesi di pubblicazioni di alcuni Autori che ne hanno scritto. A) Frans Olbrechts (1946) B) Albert Maesen (1950) C) Françoise Neyt (1977) D) John A. Mckesson (1980) E) Pol Pierre Gossiaux (1990) F) Hans-Joachim Koloss (1990) G) Pierre Petit (1996) H) Claude Henry Pirat (1996) K) Bernrd De Grunne (2001) L) Castantin Petridis (2001) M) François Neyt in Sotheby’s (2010) N) Alisa LaGamma (2011) Tra un corpus di 25 opere attribuite allo stile di Buli prendiamo in esame le seguenti: * Rif. 1 Figura femminile inginocchiata con vaso tra le mani di 43,5 cm (Tervuren) * Rif. 2 Seggiolino a cariatide con figura di donna inginocchiata di 53,5 cm (Tervuren) * Rif. 3 Seggiolino a cariatide con figura di donna inginocchiata di 51 cm (Coll. Bombeeck) * Rif. 4 Grande figura maschile in piedi di 83,5 cm (Museo di Berlino) * Rif. 5 Figura maschile in piedi di 69 cm (Villaggio di Kankunde - Maestro di Kateba) * Rif. 6 Scultura di giovane antenato in piedi di 30 cm (Coll. Gossiaux) * Rif. 7 Testa di una statuetta di 8,1 cm (Coll. Gossiaux) * Rif. 8 Figura femminile accucciata con vaso tra le mani di 37 cm (Coll. privata) * Rif. 9 Scultura di antenata in piedi di 23 cm (Tervuren) * Rif.10 Scultura di antenato in piedi di 21 cm (Tervuren)
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A) Frans Olbrechts
B) Albert Maesen
Fin dal 1929 è stato individuato uno scultore Luba, operativo nella metà del XIX° sec. intorno al villaggio di Buli, che si è messo in luce per l’elevata qualità delle sue rappresentazioni, maschili e femminili, nelle quali la caratteristica dei volti risulta riconoscibile come se avesse firmato in modo indelebile queste sue opere. La prima ipotesi concreta è stata formulata dal direttore del Museo del Congo Belga (Tervuren) nel suo volume
Nel 1950 esce a Bruxelles, sotto la direzione di Frans Olbrechts, il Catalogo di opere d’arte dei Paesi delle Missioni pubblicato in occasione dell’ Esposizione Vaticana di Roma per celebrare l’Anno Santo.
• Olbrechts Frans “Les Arts Plastiques du Congo Belge” Bruxelles 1946
I testi del catalogo sono stati curati dal dottor Albert Maesen, conservatore aggiunto del Museo di Tervuren, che a pagina 23 così descrive lo stile di Buli:
Olbrechts, dopo aver preso visione di una decina di opere raccolte da musei e collezioni private, individua la mano di uno stesso artista operativo in Congo nella metà del 1800. Come prototipo individua la portatrice di coppa inginocchiata di 43,5 cm, la famosa scultura del Museo di Tervuren. (Rif. 1) Cosi egli ne descrive le caratteristiche: "La testa è molto più voluminosa rispetto al solito schema Baluba; il viso è allungato, stretto e spigoloso; il naso non è largo ma sottile, appuntito e leggermente camuso; la bocca è larga e le labbra protuberanti; il labbro superiore si unisce con una linea inclinata alla base del naso; due rughe pronunciate partono dalle ali dal naso per raggiungere gli angoli della bocca, gli zigomi sono molto prominenti. La fronte è alta e bombata. Presenta al di sopra degli occhi un bordo arcuato, in rilievo, che fa pensare ad arcate sopracciliari molto più che a sopracciglia; gli occhi non sono completamente chiusi. Al disopra della testa corta, da un orecchio all'altro, una doppia treccia da cui sfugge, verso l’indietro, una graziosa acconciatura, composta di quattro lobi uniti dietro la testa da un motivo intrecciato a forma di croce. Nel suo insieme, questo viso leggermente inclinato con le sue sopracciglia fortemente arcuate, i suoi occhi socchiusi, la bocca incorniciata di rughe accentuate, lascia una profonda impressione di raccoglimento, di rassegnazione e d’umiltà. Possiamo ancora aggiungere altre particolarità di questo gruppo di sculture. Così, la linea svelta e slanciata dei personaggi contrasta in modo evidente con le forme rotonde e carnose della scultura Baluba. Non è che quando lo scultore tratta i piedi e soprattutto le mani, egli abbandoni queste forme fragili”.
• MAESEN ALBERT "Exposition Vaticane: Les Arts au Congo Belge et au Ruanda-Urundi" Bruxelles 1950 (8)
“La serie di sculture originarie di Buli sul Lualaba occupa un posto tutto speciale nello stile Ba-Luba. Il più conosciuto di questi oggetti è la figura di donna inginocchiata che tiene una coppa nelle sue mani aperte, opera che appartiene al Museo del Congo Belga a Tervuren (Rif.1). Le facce sono d’un tipo poco negroide, di un espressionismo che contrasta con la morbida flessibilità della maggior parte delle opere Ba-Luba”.
Rif. 1 Figura femminile inginocchiata con coppa tra le mani Museo di Tervuren 43,5 cm
Rif. 2 Seggiolino a cariatide 53,5 cm Museo di Tervuren, ex coll. Louis Bertrand, Anversa
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C) Françoise Neyt Professore emerito dell’Università Cattolica di Louvain e membro dell’Accademia reale delle Scienze d’Oltre-Mare del Belgio. Come studioso e missionario in Africa ha dedicato la sua vita alla cultura di questo grande Continente. È autore di numerose pubblicazioni ed articoli che illustrano le opere di scultori africani, non solo del Congo, ma anche di Nigeria e Costa D’Avorio. • NEYT Françoise "La Grande Statuaire Hemba du Zauire" 1977, Louvain-la-Neuve (1105) Rif. 4 Statua d’antenato in piedi stile “Buli” 83,5 cm, larghezza delle spalle 15,5 cm Museo Wolkerkunde, Berlino, legno semi-duro marrone scuro Provenienza sconosciuta, tipica del celebre stile “Buli”
Così Neyt descrive quest’opera al Capitolo IX, n° 4 pag. 317 “Antenato maschile in piedi dal viso ovoide, molto allungato, caratteristico per il modellato delle cavità e dei rilievi. Alla fronte bombata e liscia, corrispondono cavità orbitali profonde, modellate chiaramente da sopracciglia molto arcuate e da zigomi a piega tipica sotto l’occhio. Occhi chiusi, in rilievo, a semi-luna, linee delle palpebre ben marcate. Naso triangolare, piatto, ad ali accentuate. Labbra fortemente prominenti che seguono un piano a losanga. Orecchie a doppia elica dentro le quali passa un diadema a due file di losanghe (che fa pendant al collier della barba a losanghe). Pettinatura annodata in quattro grosse trecce: una sull’alto della testa sotto la quale una seconda è impiantata; le altre due, lateralmente. Collo inclinato e corto, su spalle arrotondate dove cascano le braccia ripiegate sulla zona ombelicale; dita divaricate. Torace trattato su un piano piuttosto effemminato, sollevato lungo la linea dei seni. Corpo molto allungato, cilindrico, con una leggera prominenza alla zona ombelicale. Membra inferiori fortemente allungate; piedi a racchetta appoggiati su uno zoccolo circolare bombato”. (pag. 317)
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Rif. 5 Statua d’antenato in piedi stile “Buli”, altezza, fino a metà gamba, 69 cm, larghezza massima 19 cm Proveniente da Kankunde, legno semiduro, a tinta scura, annerito, ricoperto con uno strato di grasso. Collezione privata. Opera inedita. Così Neyt descrive quest’opera al Capitolo IX, n° 5 pag. 321 “L’effige di questo antenato maschile in piedi, è praticamente analoga al capolavoro del Museo di Berlino descritta al Capitolo IX, n° 4 pag. 317. (Rif. 4) Celebre in tutta la regione nkuvu, e al villaggio di Kankunde, porta il nome di Kalala Luhembwe. Appartiene al clan Lubusu dove il loro guardiano Sungura è ancora vivo. La lista dei guardiani delle statue è conservata nella memoria dei capi-clan e mi fu comunicata. Quattro generazioni di due o tre successori sembrerebbe indicare un passato di almeno 150 anni. Ella fu, dicono, scolpita da Ngongo ya Chintu, che in precedenza abitava a Kateba, presso gli Hemba. Rispetto all’esemplare precedente, tuttavia il corpo è meglio proporzionato, più ampio (largo 19 cm alle spalle); le dita divaricate su una zona ombelicale più rigonfia. Mancano la parte inferiore delle gambe e lo zoccolo. (pag. 321)
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Rif. 6 Giovane antenato in piedi di stile “Buli”, altezza 30 cm Collezione Baudoin de Grunne (Belgio), Origine sconosciuta, Pubblicazioni: Gossiaux, Mestach Neyt così descrive quest’opera al Capitolo IX, n° 6 pag. 325 “Piccolo antenato maschile in piedi dal viso polimorfo, allungato a tendenza ovoidale. In rapporto ai due capolavori di 83,5 cm (Rif. 4) e di 69 cm (Rif. 5), la tecnica è meno angolosa e meno sviluppata. Fronte bombata liscia, cavità orbitali larghe e profonde mettono in rilievo le sopracciglia e le gote ben modellate. Occhi semi-chiusi a mezza-luna, in rilievo, linee delle palpebre scavate; naso arcuato, labbra ingrossate a forma di losanga; mento senza il collare della barba, leggermente poligonale. Su un diadema a losanga in opposizione, tra le orecchie a doppio padiglione, si sviluppano quattro lobi richiusi da una specie di nodo fatto da quattro trecce incrociate. Collo inclinato in avanti, cilindrico, allungato. Piano delle spalle ricurvo poco sviluppato. Corpo caratterizzato anche davanti dalla linea del torace che segue la traccia dei seni, al piano dorsale della colonna vertebrale scavata dalle scapole in forma di X. Cosce, praticamente interamente distrutte. Membra inferiori e zoccolo mancanti”.
Questa scultura, che forse rappresenta il ritratto di un Principe di Buli, è stata raccolta nel 1970 da Pol Pierre Gossiaux a Sola nei pressi di Kongolo. Ne ha pubblicato le foto nel suo studio del 1990 (fig. 2a e 2b) Nel 2001 è stata pubblicata anche da De Grunne (2001, pag. 206, cat. 61)
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D) John A. Mckesson Ambasciatore americano in Gabon dal 1970 al 1975 ed Editore associato della rivista di Raoul Lehuard “Arts d’Afrique Noire”. Come specialista ha collaborato pubblicando numerosi articoli sull’arte africana. •Arts d’Afrique Noir n° 34, Estate 1980, pagg. 37- 39 Articolo pubblicato da McKesson in occasione della mostra di New York: “Le maitre de Buli au Metropolitan Museum of Arts” Sintesi dell’articolo: “Nella regione orientale dell’ex Congo Belga, lungo il corso del Lualaba, nei villaggi tra Kabalo, Buli, Kateba, Kongolo, erano insediati gruppi Luba dell’est, Hemba, Shankadi. Popolazioni che dal 16° al 19° sec. occupavano un territorio che apparteneva al grande Impero Luba. Nel villaggio di Kateba, che si trova a 100 km a nord di Buli, la tradizione orale ha individuato il nome di un artista - Ngongo Ya Chintu - che avrebbe scolpito opere della scuola di Buli. (pag. 37) Le opere realizzate da questi scultori si caratterizzano per il realismo della figura umana: grande testa, corpo ben strutturato, accentuazione delle mani, decorazione delle superfici, pettinature a quattro lobi, gambe corte, assenza di caviglie, piedi piatti con dita rettangolari. Oggi nel mondo, sono almeno venti le opere attribuite al cosiddetto “Maestro di Buli”. Quelle di questa esposizione sono alte da 13 a 61 cm. Lo stile delle sculture è particolare e raffinato, erano riservate a re, capi famiglia, personaggi nobili. Vi sono seggiolini a cariatidi, appoggiatesta, donne accucciate con vaso tra le mani, uomini in piedi. Tutti individui ripresi con pettinature complicate, molto particolari. Le figure che reggono un vaso mostrano sempre una donna che tiene una zucca (calabassa) che veniva utilizzata dagli indovini per conservare il caolino, un’argilla bianca che aveva funzioni simboliche e terapeutiche importanti. (Rif. 1 e Rif. 8) Gli appoggiatesta servivano da cuscini per proteggere le acconciature durante il sonno. Queste complicate acconciature ornamentali richiedevano anche una cinquantina di ore per essere confezionate e duravano da due a tre mesi”. (pag. 39)
Arts d’afrique noire n° 34
Maestro di Buli, dettaglio di un seggiolino a cariatide di 24" esposto al Metropolitan (foto J.L. Thompson)
Maestro di Buli, appoggiatesta altezza 7 1/2". Collezione privata. (foto J.L. Thompson) FINARTE 203
E) Pol Pierre Gossiaux Professore d’Histoire et Ethno-sémiologie delle arti africane all’Università di Liegi, tra l’altro, nel 1990 ha pubblicato uno studio approfondito sulle opere dei Maestri di Buli segnalando ed illustrando alcune sculture inedite, tra le quali la “Figura di un Principe di Buli di 30 cm” da lui scoperta nel 1971. (Rif. 6) •Gossiaux Pol Pierre “Les Maitres de Buli - Esthétique et Ethno-histoire” su Art et Exotisme, n° 9, Liegi 1990, pagg. 38 - 61 (1104) Gossiaux ha approfondito le sue ricerche sul Rif. 6 Giovane antenato in piedi di stile terreno con viaggi “Buli”, altezza 30 cm di un Principe di Buli (Fig. 2b) reperita nella regione Figura in Congo da Gossiaux nel 1971 intorno a Buli nel Pubblicazioni: Neyt 1977, pagg. 322 - 325 1970, 1983, 1990. In particolare, in un’area lungo il corso del Lualaba compresa tra le località di Kabalo, Buli, Kongolo. Ecco la sintesi della sua pubblicazione. “La produzione di opere si sarebbe estesa per più di un secolo con scultori che hanno operato dal 1810 al 1915 su due o tre generazioni verosimilmente all’interno della stessa famiglia con stili differenti. Il Maestro sarebbe morto poco prima del 1913 o al massimo nel 1916. La funzione dell’arte che si è sviluppata intorno al villaggio di Buli sarebbe stata ispirata alla tradizione che la cultura bantu assegna alla statuaria magica. Le sculture facevano parte del Consiglio privato del Principe che regnava in un largo territorio esteso per 250 km intorno a Buli, che non era un semplice villaggio, ma un vero Stato con i suoi confini territoriali. Le opere avevano un carattere politico - religioso nettamente marcato. Seggiolini, portatrici di coppa, effigi di antenati, ecc., erano destinati alla vita rituale 204 FINARTE
di Corte. È un’arte legata alla famiglia dinastica. Quanto ai portatori di coppa (mboko) se ne conoscono tre esemplari (*) dovuti agli scultori di Buli. Le coppe, che in realtà erano delle zucche, avevano la funzione importante,che le associa al valore politico e sociale di collegamento al rituale dell’investitura del sovrano (bulohwe). Insigne legali per l’ascesa sacra dei capi, le coppe contenevano il caolino offerto dall’imperatore stesso che gli assicurava la fedeltà delle donne, sovranità sui sudditi, successo nella caccia, protezione contro malattie e vittorie sui nemici. La portatrice di coppa di Tervuren (Rif 1), secondo il suo ultimo proprietario legittimo, lo chef Kanunu, serviva ad ottenere molte più offerte di vino di palma e birra di sorgo. Questi prodotti entravano nella categoria dei beni dovuti come tributi ai capi. Erano conservati nelle giare depositate nella casa riservata ai ritratti scolpiti degli Antenati Reali. A questi ultimi erano offerte porzioni di bevande versate nelle coppe mboko che vegliavano di notte al loro fianco. Dopo questi rituali, si chiedeva agli Antenati di assicurare la salvezza della chefferie, di vigilare sul Principe perché estendesse il suo impero ed il numero dei sudditi. Ciò conferma che i Maestri di Buli appartenevano alla classe di questi scultori preposti ai misteri della vita politica e religiosa dello Stato e che di fatto facevano parte di diritto del Consiglio del Principe. La loro arte e l’estetica che la ispirava non poteva essere estranea all’ideologia dominante della Corte. L’espressionismo accentuato testimonia la volontà di rappresentare i motivi plastici tradizionali antenati, spiriti - riscontrati sia sui modelli viventi che sui corpi umani che corrispondevano all’ideale estetico imposto dalla cultura Kunda e Luba. Durante tutto il periodo coloniale missionari ed agenti dello Stato non cessavano di segnalare l’importanza e la forte resistenza delle “sette di stregoneria e società iniziatiche” nella regione di Kabalo - Kongolo, il cuore dell’antica chefferie di Buli”. (*) Qui il prof. Gossiaux evidentemente si riferisce alle due portatrici di coppa Rif.1 e Rif. 8, mentre un terzo esemplare, non risulta ancora identificato.
Rif. 7 Testa Luba attribuita al maestro di Buli, altezza 8,1 cm Reperita in Congo da Gossiaux Secondo una tradizione familiare fu scoperta nel 1910 da Léon Guébels, giovane magistrato in servizio nel territorio di Kabinda e Kongolo. Questa piccola testa di 8,1 cm, conteneva all’interno della pettinatura a croce, un insieme di sostanze magiche, fissate con resina, che vi erano state introdotte: artiglio, canino di scimmia, frammento di cristallo di quarzo. Tutti oggetti di divinazione. Fu proposta alle aste di : • SOTHEBY'S "Arts d'Afrique et d'Océanie" Paris asta del 14 Dicembre 2011, lotto 62 (726) • CHRISTIE’S “Splendors: Chefs d’œuvre d’Afrique, d’Amérique du Nord te d’Océanie” Paris, asta del 30 ottobre 2019, lotto 28 (1059)
Foto ripresa da Sotheby's lotto 62
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F) Hans-Joachim Koloss Antropologo tedesco si è specializzato sulle culture dell’Africa e nel 1973 diventa Capo Dipartimento al Linden- Museum di Stoccarda, in seguito, dal 1985 al 2001, al Museo Etnologico di Berlino. Ha organizzato importanti mostre accompagnate da cataloghi. •KOLOSS HANS-JOACHIM "Art of Central Africa: Masterpieces from the Berlin Museum fur Wolkerkunde" The Metropolitan Museum of Art, New York 1990 (258) “Questa figura di uomo in piedi raccolta nel villaggio di Kateba (Rif. 4), la prima o forse la seconda, associate al corpus di Buli, appartiene al Museo di Berlino, dono di Goring del 1903. Tuttavia, non vi sono le pur minime informazioni che siano utili a tracciare l’identità dell’anonimo Maestro di Buli. L’altra figura maschile di 69 cm (Rif. 5) che almeno si identifica con questo esemplare fu raccolta nel 1972 in un villaggio chiamato Kankunde a est del fiume Lualaba e a sud del Luika. Secondo la genealogia associata all’ultimo proprietario, l’opera di 83,5 cm (Rif. 4) fu realizzata nel 1830. Si dice che sia stata scolpita da uno scultore chiamato “Ngongo Ya Chintu” che viveva a Kateba, non lontano dal villaggio di Kankunde. Queste informazioni ci dicono quale fosse la mobilità degli artisti e delle opere prodotte nella regione del sud-est dello Zaire, e la loro abilità di attraversare i confini. Kankunde e Kateba si trovano entrambe a circa 60 miglia dalla città di Buli, dove le due sculture di questo tipo furono raccolte, e i loro abitanti sono Hemba, piuttosto che Luba. I governanti cercavano i più rinomati artisti per ordinargli le sculture e altri oggetti reali, perfino se ciò significava percorrere grandi distanze. Questo esemplare di 83,5 cm assomiglia ad alcune figure Hemba in posizione verticale con le mani appoggiate all’addome, come la figura maschile Hemba di 81 cm con il gonnellino sui fianchi. Quantunque, non è chiaro se le figure Hemba, fossero la rappresentazione di un singolo antenato, o fossero immagini di capi o capi clan che essi conservavano”.
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Rif. 4 Figura maschile di 83,5 cm. Museo di Berlino
Figura maschile Hemba di 81 cm. Museo di Berlino
Seggiolino a cariatidi di 54 cm con coppia maschile e femminile. Museo di Berlino
G) Pierre Petit in Luc De Heusch, Bruxelles 1996, pagg. 111 - 131 Pierre Petit, antropologo di Bruxelles ha condotto un’indagine sul terreno nel 1991 presso i Luba orientali. Nel suo articolo descrive l’uso rituale del caolino (mpemba) nella regione dei Luba e la funzione di questa argilla bianca nella relazione tra i sovrani e gli antenati. “The sacred Kaolin and the bowl-bears Luba of Shaba” “Questo minerale friabile è stato sempre conservato nei ricettacoli per la sua preziosa funzione simbolica nella cultura Luba. Fino alla prima metà del 1800 i Luba ed i loro vicini tenevano questo caolino sacro all’interno di ogni singola scultura che, nella versione classica, era rappresentata da una donna con una coppa nelle sue mani, spesso tenendola appoggiata sulle ginocchia, come si può vedere bene nella portatrice di coppa del capolavoro dell’arte Centrale Africana, l’esemplare del Museo di Tervuren di 43,5 cm. (Rif. 1) “Nella regione è diffusa l’importanza di questo contenitore mboko, rappresentato da una zucca (calabassa) ma anche da una coppa di terracotta, come strumento di collegamento tra i medium e gli spiriti che potevano intercedere con gli antenati. Da loro, in particolare, era richiesta una protezione quando una donna era in attesa di un figlio. Nel distretto di Buli, il capo designato riceveva questo mboko come emblema del sacro potere del Re. (Petit, pag 115) Questo contenitore di argilla, che possibilmente è collocato in una statua, nel contesto familiare, tiene un posto riservato nella piccola capanna dedicata agli antenati. Nella sfera politica, la calabassa con il caolino, suggella l’alleanza tra il sovrano e gli spiriti che assicurano la prosperità del suo regno; infine, come strumento di divinazione dei medium che scuotono la calabassa per decifrare i loro messaggi”.
Rif. 1
Pier Petit, nella sua lunga descrizione dei rituali di divinazione spiega i vari utilizzi del contenitore mboko nelle varie regioni del Congo orientale. Nel suo articolo pubblica 17 fotografie di sculture femminili con la coppa tra le mani. Tutte opere, entrate nei Musei europei nella prima metà del 1900, comunque, non associabili allo stile della regione di Buli. Sulla portatrice di coppa del Museo di Tervuren (Rif. 1) Pier Petit ha scritto una scheda per il volume dedicato ai capolavori del Museo belga. • AUTORI VARI “Masterpieces from Central Africa” The Tervuren Museum, Bruxelles, Edited by Prestel, Munich New York 1996 (831) FINARTE 207
Rif. 1 Figura femminile inginocchiata con coppa tra le mani: 44 x 22 cm Maestro di Buli. Collezionata da H. Bure tra il 1891 – 1912. Acquistata dal Museo di Tervuren nel 1913. Legno: Ricinodendron rautanenii Ecco una sintesi della funzione divinatoria di questo genere di scultura descritto da Pier Petit (pag. 183). “La donna che porta una coppa può guarire con un semplice contatto, proteggendo il villaggio contro le disgrazie e altro. Le statue sono anche usate nei rituali di divinazione, con il medium che fa parlare la statua con un’azione di ventriloquio. Esse possono essere classificate nella categoria generale degli “nkishi” i feticci. Così, con tutti questi oggetti, la portatrice di coppa acquisisce la loro efficacia durante un rituale nel quale le statue sono “attivate” con l’inserimento di certe sostanze magiche al loro interno, o dentro un corno attaccato sulla testa, come se uno spirito fosse costretto ad entrare nella statua per conferirle il suo potere”.
Foto Tervuren n° 97
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H) Claude-Henry Pirat Il professore belga Claude-Henry Pirat ha viaggiato regolarmente nel continente africano ed è autore di importanti pubblicazioni sulla grande scultura africana. Ha realizzato uno studio interessante sui Maestri di Buli, pubblicato in due tempi sulla rivista belga Tribal Arts: • “Le Maitre de Buli, Maitre isolé ou ”atelier” Articolo pubblicato su Tribal Arts estate 1996, n° 10, pagg. 54 - 77 (prima parte) • “Le Maitre de Buli, Réouverture du dossier” Articolo pubblicato su Tribal Arts, estate-autunno 2001, n° 26, pagg. 82 - 95 (seconda parte) Tra le opere che hanno resi famosi gli scultori della regione di Buli vi sono molti seggiolini a cariatide: * seggiolini con figure di donne, sia inginocchiate che in piedi * seggiolini con coppia di figure, maschili e femminili, in piedi * seggiolini con coppia di figure in piedi contrapposte * figure femminili inginocchiate che reggono un vaso * singole figure maschili in piedi Le composizioni dei seggiolini sono articolate e particolarmente complesse, veri capolavori. Claude-Henry Pirat esamina un corpus di 19 opere, conosciute fino al 2001, entrate in Europa tra il 1890 e il 1910. Egli ritiene che 13 opere siano state realizzate dal “cosiddetto Maestro di Buli”, le altre da allievi dell’atelier che lui chiama “copisti”. Con la collaborazione di Direttori dei musei ha visionato con le sue mani opere appartenenti a:
Museo di Tervuren, Bruxelles (M. lle Huguette Van Geluwe) Collezione privata Harry Bombeeck (Bruxelles) Museo di Berlino (Hans-Joachim Koloss) Museo di Darmstadt (Théo Julich) Museo di Lipsia (Lothar Stein & Pieter Gobel) Museo Linden, Stoccarda (Herman Forkl) Museo British, Londra (M.N. Barley) Museum of Menkind, Londra (John Mack)
Rif. 8 Figura femminile accucciata con vaso tra le mani di 37 cm. Collezionata tra il 1894 e 1896 dall’esploratore Ferdinand Louis Miot Collezione privata, foto J.L. Thompson (Foto Tribal Arts Estate-Autunno 2001, n° 26, pag. 85)
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Rif. 9
Rif. 10
Rif. 9 Statuetta di antenata in piedi di 23 cm, legno duro. Appartiene alla coppia di figure raccolte nel 1897 (Tervuren). (Foto Pirat 1996, pag. 85) Rif. 10 Statuetta di antenato in piedi di 21 cm, legno duro
La figura maschile di 21 cm si caratterizza per un corpo costituito da spalle larghe, collo possente inclinato in avanti, braccia piegate, mani esagerate, gambe corte e flesse, dita di mani e piedi aperte, muscolatura della schiena in evidenza, piedistallo rotondo. La lunga barba a punta prefigura l’immagine di un vecchio. La pettinatura a quattro chignon è un modello dei notabili Hemba che si riscontra in altri esemplari maschili.
La portatrice del vaso rientra nella tradizione puramente Luba. Molte donne sono rappresentate in posizione seduta o inginocchiata. Dalla forma del suo viso si notano questi dettagli: fronte ampia, grandi orbite oculari, occhi socchiusi con palpebre in rilievo, sopracciglia marcate, naso aquilino a narici dilatate, bocca sporgente a labbra sottili, solco sottonasale (prolabio) evidente, mento a punta, orecchie a doppia elica, fermaglio con motivo a palmette sulla fronte davanti alla pettinatura (diadema).
Rif. 1 Figura femminile di 43, 5 cm, inginocchiata con coppa Stile a faccia allungata di Buli, Luba (Shaba), simbolo sacro d’autorità di un capo che serviva all’occasione come strumento di divinazione (Foto Tervuren 1972, n° 14358, particolare) 210 FINARTE
TIPI DI DIADEMA: Pirat illustra con un suo disegno a pag. 66 tre tipi di diadema. Il motivo della fila in alto è quello scolpito sulle statue maschili degli antenati di 83,5 (Rif. 4) e 69 cm (Rif. 5)
TIPI DI PETTINATURA: Pirat illustra con un suo disegno alcuni tipi di pettinatura. Il disegno a destra - pettinatura a quattro chignons - è quello delle statue maschili: Rif. 4 - Rif. 5 - Rif. 10
Lotto 22, particolare del diadema
Lotto 22, particolare della pettinatura
Rif. 5 Effige di antenato maschile, proveniente da Kankunde presso gli Hemba-Nkuvu Altezza 69 cm (Collezione privata) Scolpita da Ngongo ya Chintu (Hemba circa 1810 - 1870), residente a Kateba (Foto Pirat, pag. 59) FINARTE 211
Rif. 5 Effige di antenato maschile di 69 cm Foto ripresa da Karl-Ferdinand Schaedler “Lexicon Afrikanische Kunst und Kultur” Munchen 1994, pag. 95
Queste due sculture maschili, rispettivamente di 83,5 e 69 cm, scolpite allo stesso modo, rappresentano un capo clan. Il Maestro, le ha scolpite in periodi diversi, perché l’esemplare di 83,5 cm (Rif. 4) sembra rappresentare un corpo più avanti negli anni. Il volto è ben curato ma le orbite oculari sono più scavate. Le altre parti del corpo mostrano i segni dell’ herminette, la superfice del legno non è stata ben rifinita come nelle sculture della tradizione Luba. Le statue maschili, tutte in posizione eretta, hanno la caratteristica pettinatura a quattro ciocche rivolte all’indietro secondo una moda diffusa presso gli Hemba. Queste sculture maschili, a differenza di quelle femminili, non hanno segni di tatuaggi sul corpo. Le spalle son ben sviluppate, il collo possente è leggermente incurvato in avanti, i muscoli pettorali in rilievo sono scolpiti in forma della lettera W. Anche la schiena mette in evidenza i muscoli rilassati delle scapole. 212 FINARTE
Rif. 4 Grande statua di antenato di 83,5 cm entrata nel Museo di Berlino nel 19 03 (Foto Pirat,1996, pagina 60)
Da questa fotografia scattata agli inizi del 1900 a Sola, un villaggio vicino a Buli, si vede la figura di un vecchio dignitario, con la sua barba ben curata, che si mostra con orgoglio davanti al fotografo. Intorno alla vita indossa una gonna di tessuto pregiato; nella mano sinistra impugna un lungo bastone, simbolo di autorità; l’altra mano, con dita divaricate, è appoggiata al ventre; la testa è impreziosita dalla pettinatura a quattro chignons che testimoniano il rango elevato del personaggio. Dalla foto della scultura qui a lato sembra quasi che il vecchio dignitario sia servito come modello al Maestro di Buli per realizzare le due statue Rif. 4 e Rif. 5
Notabile Hemba-Nkuvu con pettinatura a quattro chignon come quella delle figure maschili Rif. 4, Rif. 5, Rif. 10. Foto ripresa a Sola agli inizi del 1900 (Archivi dei Padri Bianchi, Roma)
Rif. 4 Grande statua di antenato di 83 cm. Luba, Zaire, 19° sec. Museo di Berlino, dono di Goring 1903. Foto n° 168 del volume:
• AUTORI VARI “Kings of Africa: Art and Authority in Central Africa - Collection Museum fur Volkerkunde, Berlin”, MECC, Maastricht, Olanda 1992, Editori Erna Beumers & Hans-Joachim Koloss (981) FINARTE 213
K) Bernrd De Grunne • De Grunne Bernrd “Mains des Maitres - Masterhands: A la decouverte des sculpteurs d’Afrique” Bruxelles 2001 (1107) Importante catalogo dell’esposizione organizzata dal dottor Bernrd De Grunne nel 2001 allo spazio culturale della BBL di Bruxelles. È uno studio sulla ricerca degli stili personali dei vari scultori delle etnie dell’Africa che hanno realizzato opere riconoscibili. Con il contributo di rinomati specialisti vengono proposti focus sulle grandi ateliers di Mali, Costa d’Avorio, Nigeria, Camerun, Gabon, Congo, Sudan. Ezio Bassani, in omaggio agli studi di Olbrechts sulla attribuzione delle opere di singoli scultori, ripercorre la storia che ha identificato l’atelier di Buli : “Ngongo Ya Chintu o Maestro di Buli” (pagg. 24 - 26). Nel seguito, Bernrd de Grunne, dalle pagine 185 - 213, sviluppa nel dettaglio, con foto e riferimenti storici, la sua teoria dei tre Maestri che hanno dato vita alle opere della scuola di Buli. Secondo De Grunne il nome “Maestro di Buli” sarebbe inesatto: meglio dire “Maestro di Kateba” dal nome del villaggio dove è stata rintracciata l’opera più celebre, la portatrice di coppa di Tervuren (Rif. 1), trovata nella chefferie di Kanunu a 130 km a nord del villaggio di Buli, opera considerata il prototipo dello stile. Delle 21 opere esposte a Bruxelles solo 6 sarebbero attribuibili al Maestro di Kateba, tra queste vi sono : * Portatrice di coppa di Tervuren 43,5 cm (Rif. 1) * Statua di antenato di 69 cm (Kankunde - Maestro di Kateba) illustrata da De Grunne a pag. 205 (Rif. 5) * Statuetta di antenato di 30 cm illustrata da De Grunne a pag. 206 (Rif. 6) Quest’opera (Rif. 6) era già stata pubblicata e descritta da Neyt (1977) al capitolo IX, n° 6, pag. 325, e anche da Gossiaux (1990, fig. 2a e 2b) De Grunne ha visto gli studi di Claude Henry-Pirat pubblicati nel 1996 e 2001, tuttavia, mantiene dei dubbi su molte attribuzioni. Rimane aperto il dibattito su quante siano le opere attribuite al “Maestro di Kateba” o ai due allievi che avrebbero lavorato nella stessa atelier, 214 FINARTE
Rif. 6 Statuetta d’antenato,1760 - 1840 (*) Luba - Hemba, legno, altezza 30 cm, collezione privata Maestro di Kateba: sarebbe stato attivo nel periodo compreso tra il 1820 – 1860 (pag. 190) (foto de Grunne, pag. 206, Cat. 61) (*) Questa data 1760 – 1840, probabilmente si riferisce all’età presunta del personaggio. Il Maestro di Kateba avrebbe realizzato quindi il ritratto di un giovane, come segnala Gossiaux, quando lo scultore poteva avere 20 anni !
identificati da De Grunne come “Maestro di Buli il Vecchio” e “Maestro di Buli il Giovane”. Il grande Maestro di Kateba, sarebbe stato attivo tra il 1810 - 1870, ma, secondo De Grunne, avrebbe vissuto anche prima. La sua attività quindi si sarebbe potuta sviluppare tra il 1800 – 1860, un periodo di espansione e di gloria per l’impero Luba e i suoi vicini Hemba. In riferimento alle due grandi statue maschili a lui attribuite, rispettivamente di 83,5 cm (Rif. 4) e di 69 cm (Rif. 5), rappresentano probabilmente dei quasi-ritratti dove il modello era senza dubbio un capo-clan anziano dai tratti allungati e spigolosi. Lo stile del Maestro non riflette quindi la situazione politica tragica dell’epoca coloniale, ma quella di un periodo d’espansione e di gloria per l’Impero Luba e i suoi vicini Hemba. Egli avrebbe scolpito con legni più leggeri, mentre i discepoli, più giovani e meno dotati, con legni semi-duri. Invece, gli altri due allievi, “Maestro di Buli il Vecchio” e “Maestro di Buli il Giovane”, due artisti operativi almeno dal 1830 al 1915, anno probabile della morte dell’ultimo scultore, avrebbero eseguito le altre opere conosciute della cosiddetta atelier di Buli.
La coppia di statuine di Tervuren, raccolte dall’esploratore Eduard Foa nel 1897, secondo De Grunne, sarebbe da attribuire al Maestro di Buli il Vecchio. * Statuetta di antenata in piedi di 23 cm (Tervuren) illustrata da De Grunne a pag. 210 (Rif. 9) * Statuetta di antenato in piedi di 21 cm (Tervuren) illustrata da De Grunne a pag. 211 (Rif.10)
* Rif.10 Statuetta di antenato Luba - Hemba, legno, altezza 21cm (Tervuren) Maestro di Buli il Vecchio (foto De Grunne a pag. 211, Cat. 66)
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L) Castantin Petridis Professore belga di storia dell'arte e archeologia e membro dell'Accademia reale belga per le scienze d'oltremare ha continuato la sua carriera negli stati Uniti dove ha ricoperto incarichi di ricerca. Autore affermato di numerose pubblicazioni, è curatore presso la Research Foundation - Flanders, il Metropolitan Museum of Art, il Cleveland Museum of Art, la Case Western Reserve University, l'Art Gallery of Ontario e l'Indianapolis Museum of Art. Con il contributo di molti specialisti ha realizzato un volume in ricordo del famoso antropologo belga Frans Olbrechts per i tanti studi e ricerche che fece per approfondire la conoscenza delle opere delle Arti non Europee. • AUTORI VARI “Frans. M. Olbrechts, 1899-1958: In search of art in Africa“ Antwerp Ethnographic Museum, 2001 (815)
In particolare, Costantine Pedrinis, nella Parte IV “Congolese Art” (pagg. 170 - 186) propone le 91 opere del Congo che furono presentate nel 1937- 38 all’ Esposizione del Museo di Anversa Al cat. 51 prende in esame il seggiolino a cariatide con figura femminile inginocchiata di 53,5 cm della collezione Louis Bertrand di Anversa, oggi al Museo di Tervuren.
“È una scultura eccezionale che occupa una posizione chiave negli scritti di Olbrechts sull’arte congolese. Questo particolare sotto-stile ha catturato la sua attenzione dal 1929. Inizialmente designato come “Kabila style”, dopo aver visto la famosa “portatrice di vaso inginocchiata” del Museo di Tervuren di 43,5 cm (Rif. 1), Olbrechts usò il termine di “Long face style of Buli” (1946). Buli è il nome di un villaggio sul fiume Lualaba, appena sotto Kongolo, dove due delle dieci sculture conosciute in questo stile furono acquistate. Oggi più di venti sono state identificate. Olbrechts era praticamente certo che tutte queste dieci opere fossero state scolpite dallo stesso artista. Egli considerò il seggiolino a cariatide della collezione del dottor Louis Bertrand di Anversa, qui illustrato, essere il pezzo prototipo di questo sotto-stile.
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Tra gli stilemi più strettamente caratteristici sono le forme della faccia che secondo Olbrechts sono del tipo “Armeno”, indicando che l’artista si è ispirato ad un modello di una linea di sangue Camita. Vari altri Autori poi hanno cercato di scoprire se le figure fossero il lavoro di un individuo, o di una bottega nella quale la mano del maestro e dei suoi allievi potesse essere individuata. François Neyt (1977) identifica l’artista con il nome onorario Ngongo Ya Chintu e colloca la sua attività nel villaggio di Kateba, nel territorio Hemba piuttosto che Luba. Alla base di future ricerche, Bernrd De Grunne e Louis De Strycker (1966) ribattezzano l’artista “Master of Kateba”. Più recentemente Bernrd De Grunne (2001) pensa che in aggiunta al “Master of Kateba” si possa anche distinguere la mano di un “Anziano (Vecchio) Maestro di Buli da quella del “Giovane Maestro”. La figura qui illustrata dovrebbe essere stata creata da quest’ultimo. Quantunque, gli argomenti che sono stati fatti per distinguere queste tre differenti mani non sono assolutamente convincenti.
Rif. 2 Seggiolino a cariatide con figura di donna inginocchiata, altezza 53,5 cm (Tervuren)
Al riguardo della posizione del villaggio di Buli nel territorio Hemba va precisato che il nome Hemba è un’indicazione relativamente moderna che infatti si riferisce semplicemente all’Est. In passato era anche applicato da tutti per identificare l’eterogenea aggregazione dei gruppi sociali etnici che vivevano all’Est dell’Impero Luba. I popoli dell’Est del fiume Lualaba, apparentemente associati al nome Hemba durante il periodo coloniale, si distinguevano da soli dai loro potenti vicini Luba.
entrambe le figure di antenati maschili tipiche degli Hemba, e le figure femminili a cariatide, oltre alle portatrici di vasi dei Luba, sono realizzate in questo sotto-stile”.
È un fatto che ci sono inconfondibili affinità stilistiche tra l’arte Hemba e quella dei Luba-Katanga e ciò rende probabile che essi scolpissero per clienti su entrambe le sponde del fiume Lualaba. Così si potrebbe spiegare, ancora una volta, perché FINARTE 217
M) François Neyt in Sotheby’s (2010) François Neyt per Sotheby’s ha scritto un commento molto dettagliato per il seggiolino a cariatide della collezione Harry Bombeeck. Prende in esame 5 esemplari di seggiolini a cariatide mettendoli a confronto con quello della collezione Bombeeck. Sono esemplari presenti nei Musei di Londra (British), Tervuren (Belgio), Linden (Germania), Lipsia (Germania), Oslo (Norvegia). Dopo aver ripercorso in modo approfondito la storia di queste cinque opere che hanno caratteristiche comuni, esamina le loro caratteristiche morfologiche. (pag. 72) • SOTHEBY'S "Arts d'Afrique et d'Océanie" Paris asta del 30 Novembre 2010, lotto 97 “Capolavoro del “Maestro di Buli”Sedia a Cariatide Luba di Harry Bombeeck”, pagg. 68 - 75 (691) “Le opere del Maestro di Buli hanno un carattere eminentemente emblematico e Frans Olbrechts, in uno studio pubblicato nel 1946, è stato il primo a rilevarne l’importanza nella storia dell’arte africana. Le opere sollevano una questione fondamentale, quella dell’individualità artistica degli scultori africani. Non sono firmate, ma la tecnica del taglio e lo stile permettono di mettere in evidenza la mano di uno o più scultori famosi e apprezzati dai membri della corte reale Luba. L’identità di uno o di due “Maestri di Buli” resta tuttora una questione aperta”. (pag. 68) Nell’eccellenza plastica del seggiolino a cariatide della collezione di Harry Bombeeck, questo esemplare si coniuga secondo la storia delle arti reali Luba - profondamente legate a quelle del Regno e della sua espansione - dei tratti caratteristici Luba e Hemba. I tratti Luba sono prima di tutto dello stesso tipo dei seggiolini a cariatide e della figura femminile in posizione accucciata seduta sui talloni (Rif. 8) come il legno chiaro a patina sobria sul diadema della pettinatura. Si aggiunge in particolare la pettinatura quadrilobata, amplificata all’indietro, trattenuta sulla parte alta della fronte da un diadema composto da due sottili superfici salienti decorate con due righe prominenti di losanghe sulle coste e unite al centro. I tratti Hemba si riconoscono in particolare dal viso ovoidale allungato, dalle forme piene e arrotondate, con l’evidenza delle cavità oculari fortemente scavate, e dalle arcate sopraciliari ad accento acuto ed in leggero rilievo. In questo spazio vuoto, gli occhi a mandorla, che sviluppano una marcata palpebra superiore, sono appena aperti. Il piano delle gote in rilievo curvilineo ne accentua gli zigomi, il naso 218 FINARTE
Rif. 3 Seggiolino a cariatide femminile del Maestro di Buli, altezza 51 cm Luba, Rep. Dem. del Congo, collezione Harry Bombeeck, (Foto da Sotheby’s pagg. 69 e 73)
aquilino, le ali nasali gonfiate e la bocca a labbra ampiamente sviluppate, completano un volto leggermente prognato. La scultura Luba nella sua concezione riflette un realismo sorprendente che esprime la maestosità del personaggio rappresentato, una bellezza realista trascende per l’eccellenza dell’abilità dello scultore che firma qui una delle sue opere più riuscite (Rif.3), impressa di vigore e di una forza tranquilla. (Neyt pag. 72) Circa l’identità di due o più Maestri di Buli ne hanno parlato William Fagg (1948), Denis Paulme (1969), Albert Maesen (1969), Susan Vogel (1990). Dalle numerose corrispondenze e ricerche storiche sono usciti vari nomi di scultori associati, alle differenti chefferies, legati ai membri influenti alla famiglia reale e alla sua corte. Tuttavia, rimangono ancora molte incertezze sulla reale identità del Maestro di Buli”. Nonostante i vari nomi che sono usciti sulla letteratura François Neyt riteneva, nel 2010, che dei vari maestri menzionati ne restasse comunque uno solo ! (pag. 75).
N) Alisa LaGamma Alisa LaGamma è curatrice del Metropolitan Museum di New York dal 1996. È responsabile del Dipartimento delle arti dell'Africa, dell'Oceania e delle Americhe. È specializzata sull'arte e la cultura dell'Africa subsahariana. Dopo un anno di ricerche nel sud del Gabon ha presentato una tesi nel 1995 alla Columbia University su "The Art of the Punu Mukudj Masquerade: Portrait of an Equatorial Society" • LaGAMMA ALISA “Heroic Africans” The Metropolitan Museum of Art, New York 2011, Cap. VI “Sublime Chiefs and the Persistence of Memory: The Hemba” pagg. 225 - 270 (911) “Maestro di Buli” pagg. 262 - 265” Il capitolo sull’arte Luba - Hemba è stato curato da Bernrd De Grunne “Lo specialista belga Bernrd de Grunne (1980) concorda con William Fagg (1948) che il corpus di Buli è stato prodotto da un atelier di tre generazioni successive di scultori, che egli identifica come il Maestro di Kateba, il Maestro di Buli Vecchio e, infine, il Maestro di Buli Giovane. Egli suggerisce che quest'ultimo sia stato attivo fino al 1915, quasi cinquant'anni dopo la vita del maestro originale e, che la sua clientela fosse composta principalmente da visitatori europei nella regione.” (Alisa La Gamma, pag. 262) Nel prezioso volume di Alisa LaGamma sono illustrate e descritte le altre due opere attribuibili al Maestro di Buli Ngongo Ya Chintu:
Rif. 5 Figura commemorativa. Rep. Dem. del Congo Dimensioni 72 x 22,9 x 14 cm Maestro di Buli. Possibile Ngongo Ya Chintu (Hemba circa 1810 - 1870) Collezione Daniel e Marian Malcolm
* Figura femminile accucciata con vaso tra le mani di 37 cm (pag. 262) Rif. 8 * Seggiolino a cariatide con figura femminile in piedi della ex collezione Han Coray di 58-61 cm (pag. 263)
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Considerazioni finali Provenienza Questa scultura di 46 cm è stata portata in Europa nel 1913 da un missionario della Congregazione Saint Petrus Claver. Un Sodalizio umanitario europeo che nel 1800 ha inviato in missione molti operatori partiti per l’Africa con lo scopo di aiutare le popolazioni allo sviluppo apostolico e sociale. Alcuni missionari, al rientro in Europa, in segno di riconoscenza, portavano i diversi oggetti che ricevevano in omaggio dagli indigeni. Questo flusso di opere continuò fino al 1913, per arrestarsi negli anni successivi a causa dei terribili avvenimenti che coinvolsero gli Stati europei nella prima guerra mondiale. In particolare, la sede missionaria di Vienna fu trasferita, con tutto il materiale raccolto, nelle sedi svizzere di Friburgo e Zug, proprio perché l’Austria nel 1914 entrava in guerra. I molti benefattori del Sodalizio, che per generosità donavano offerte per aiutare la gente in Africa, ricevevano dalla missione, in segno di gratitudine, oggetti che i missionari avevano portato dall’Africa. Il signor Walter Schwab dal 1999 ha avuto nella sua collezione questa scultura. Negli appunti delle sue schede non ha lasciato un’indicazione precisa su come ne sia venuto in possesso. La scritta con il nome di Buli è presente sulla base della scultura dove si vedono incisioni nel legno e vecchie etichette. Pertanto, sembra probabile che quest’opera, dal 1913 sia passata di mano più volte. È risaputo che Walter Schwab acquistava, vendeva e scambiava arte africana con alcuni collezionisti e mercanti svizzeri, tuttavia, nonostante le approfondite ricerche, alla data odierna, non è stato possibile risalire a chi prima di lui ha avuto la proprietà di questa scultura.
Conclusione Chi osserva questo personaggio maschile con gli occhi di un occidentale, che comunque ha un’esperienza e conosce gli stilemi degli antenati Luba, si trova davanti un’immagine insolita per la quale rimane incuriosito dalla scena di un uomo che con le mani tiene una coppa sul ventre. È una figura che, nelle sculture degli Antenati, non si trova nella produzione culturale Luba, infatti, tuttora è sconosciuta e inedita. 220 FINARTE
L’eleganza raffinata del volto idealizzato degli Antenati Luba, che hanno meravigliato il mondo per la loro bellezza, qui è scomparsa per lasciare spazio al viso di un personaggio reale, adulto, ripreso in un atteggiamento solenne di testimonianza. Quest’opera va interpretata secondo i canoni delle sculture Luba riservate ai rituali socio - religiosi che si manifestavano nel 1800 nelle corti dei Principi. Lo scultore, devoto alla tradizione, ha rivolto la maggior attenzione nel segnalare lo strumento che tiene tra le mani, ciò che alimentava il culto degli antenati, cioè la coppa. (Pol Pierre Gossiaux). Questa tradizione si è anche sviluppata nei territori Hemba ad est del Principato di Buli e, molte sculture - ad esempio quelle femminili con coppa tra le mani - pubblicate da Pierre Petit, sono state realizzate da scultori che non si sono ispirati alla scuola di Buli. Sono figure femminili, scolpite sedute o inginocchiate, riprese con una coppa tra le mani. (Pierre Petit). Invece, lo scultore di questo esemplare maschile lo ha rappresentato in piedi. Ha privilegiato la testa e la sua ricca pettinatura a quattro chignon. Il corpo sproporzionato è appoggiato su un piedistallo adatto a rendere l’opera stabile in ogni sua collocazione. Tutta la superfice del legno è stata levigata per nascondere le tracce dell’herminette e, alla fine, spalmata con un impasto biancastro (grasso di farina o caolino), tuttora presente nelle pieghe del legno. Un trattamento certamente associato ad un preciso rituale di divinazione. Anche nel vaso, che questo personaggio tiene con le mani, sono tuttora presenti residui rinsecchiti di un impasto scuro misto a ciuffi di pelo d’animale. La sua fronte è segnata da una profonda cavità irregolare e, sembra che fin dall’inizio, dovesse occultare sostanze magiche secondo una pratica diffusa per queste sculture divinatorie. (Gossiaux). È probabile che queste sostanze siano state volontariamente rimosse dalla testa al momento di cedere ad un europeo un’opera ritenuta sacra.
Roberto Ballarini
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CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA 1. Definizioni Acquirente: la persona fisica o giuridica che in relazione al lotto fa, in asta, l’offerta più alta accettata dal banditore; Codice del Consumo: il Decreto Legislativo del 6 settembre 2005, n. 2016; Codice Urbani: il Decreto Legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42 e sue successive modificazioni o integrazioni; Commissione di acquisto: il compenso dovuto a Finarte dall’Acquirente in relazione all’acquisto del lotto e calcolato in misura percentuale al Prezzo, in base al valore percentuale indicato nel catalogo d’asta ovvero nelle presenti Condizioni Generali di Vendita, oltre a qualsiasi importo dovuto a Finarte dall’Acquirente a titolo di IVA o di importo in sostituzione di IVA; Condizioni Generali di Mandato: le condizioni generali di mandato applicate al Venditore; Condizioni Generali di Vendita: le presenti condizioni generali di vendita; Contraffazione: secondo la ragionevole opinione di Finarte, l’imitazione di un lotto offerto in vendita, non descritta come tale nel catalogo d’asta, creata a scopo di inganno su paternità, autenticità, provenienza, attribuzione, origine, fonte, data, età, periodo, che alla data della vendita aveva un valore inferiore a quello che avrebbe avuto se il lotto fosse stato corrispondente alla descrizione del catalogo d’asta. Non costituisce una contraffazione un lotto che sia stato restaurato o sottoposto ad opera di modifica di qualsiasi natura (tra cui la ripitturazione o la sovrapitturazione); Finarte: Finarte Auctions S.r.l., con sede legale a Milano, Via Paolo Sarpi n. 6, C.F., P. IVA e numero di iscrizione al Registro Imprese di Milano 09479031008, REA MI-2570656, capitale sociale euro 100.000,00 i.v.; Importo totale dovuto: il Prezzo, oltre alla Commissione di acquisto e alle Spese; Mandato: il contratto di mandato con rappresentanza stipulato, di volta in volta, tra Finarte e il Venditore, cui saranno applicabili le Condizioni Generali di Mandato; Prezzo: il prezzo a cui il lotto viene aggiudicato in asta dal banditore all’Acquirente, al netto della Commissione di acquisto; Riserva: il prezzo minimo confidenziale a cui il Venditore ha concordato con Finarte di vendere il Lotto o, in mancanza di accordo tra Finarte e il Venditore, un importo pari al settantacinque per cento (75%) della Stima minima di pre-vendita; Sito: www.finarte.it; Spese: in relazione all’acquisto di un lotto, sono tutte le spese dovute dall’Acquirente a Finarte e comprendono (ma non si limitano a): le
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imposte di qualsiasi tipo, i costi di imballaggio e di spedizione, le spese di recupero delle somme dovute dall’Acquirente inadempiente, le eventuali spese di riproduzione del lotto ovvero di sua perizia e/o autentica, il diritto di seguito, che l’Acquirente si impegna a pagare e che spetterebbe al Venditore pagare in base all’art. 152, comma 1, Legge 22 aprile 1941, n. 633; Stima minima pre-vendita: la stima minima finale alla quale viene offerto in vendita il lotto, comunicata o meno al Venditore. Venditore: la persona fisica o giuridica che conferisce a Finarte, in qualità di mandataria con rappresentanza, il diritto esclusivo di offrire in vendita in asta il lotto. Nel caso sia offerto in vendita un bene in comproprietà, Venditore sarà considerato ciascuno dei comproprietari il quale assumerà solidalmente nei confronti di Finarte tutti gli obblighi derivanti dal Mandato;
2. INFORMAZIONI IMPORTANTI PER GLI ACQUIRENTI 2.1 COMPRARE ALL’ASTA. Finarte agisce in nome e per conto del Venditore, in qualità di mandataria con rappresentanza dello stesso e dunque come mera intermediaria tra Acquirente e Venditore. Pertanto la vendita del lotto deve considerarsi avvenuta tra Acquirente e Venditore. I potenziali Acquirenti sono tenuti a consultare il Sito per prendere visione della catalogazione più aggiornata dei lotti presenti in catalogo. 2.2 PROVENIENZA. In alcune circostanze, Finarte può stampare sul catalogo d’asta la storia della proprietà di un lotto quando ritiene che quell’informazione possa contribuire al suo studio o se aiuta a distinguere il lotto medesimo. Tuttavia, l’identità del Venditore o dei precedenti proprietari potrà non essere resa pubblica per una serie di ragioni, per esempio per rispettare la richiesta di riservatezza da parte del Venditore o perché l’identità del precedente proprietario non è nota a causa dell’età del lotto. 2.3 PREZZO E COMMISSIONE DI ACQUISTO E IVA. Al Prezzo del lotto sarà aggiunta una Commissione di acquisto che l’Acquirente è tenuto a pagare quale parte dell’Importo totale dovuto. La Commissione di acquisto è stabilita nella misura del: (a) Ventotto percento (22,96 + IVA) del Prezzo del lotto fino alla concorrenza dell’importo di euro 2.999,99; (b) Ventisei percento (21,32 + IVA) per ogni parte del Prezzo eccedente l’importo di euro 2.999,99 fino alla concorrenza dell’importo di euro 9.999,99; (c) Ventiquattro percento (19,68 + IVA) per ogni parte del Prezzo eccedente l’importo di euro 9.999,99 fino alla concorrenza dell’importo di euro 59.999,99; (d) Ventidue percento (18,04 + IVA) per ogni parte del Prezzo eccedente l’importo di euro 59.999,99 fino alla concorrenza dell’importo di euro 99.999,99; (e) Venti percento (16,40 + IVA) per ogni parte del Prezzo eccedente l’importo di euro 99.999,99 fino alla concorrenza dell’importo di euro 299.999,99; (f) Quindici percento (12,30 + IVA) per ogni parte del Prezzo eccedente l’importo di euro 299.999,99. 2.4 IVA. Un’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) può essere applicata sul Prezzo e/o sulla Commissione di acquisto. Si prega di fare riferimento alle informazioni relative all’IVA, contenute nella sezione “Simboli”, che segue. Al fine di armonizzare le procedure fiscali tra i Paesi dell’Unione Europea, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 sono state introdotte
in Italia nuove regole con l’estensione alle Case d’Asta del regime del margine. L’art. 45 della legge 342 del 21 Novembre 2000 prevede l’applicazione di tale regime alle vendite concluse in esecuzione ai contratti di commissione definiti con: (a) soggetti privati; (b) soggetti passivi d’imposta che hanno assogget¬tato l’operazione al regime del margine; (c) soggetti che non hanno potuto detrarre l’imposta ai sensi degli art. 19, 19-bis, e 19-bis2 del DPR. 633/72 (che hanno venduto il lotto in esenzione ex art. 10, 27-quinquies); (d) soggetti che beneficiano del regime di franchigia previsto per le piccole imprese nello Stato di appartenenza. In forza della speciale normativa, nei casi sopracitati eventuale imposta IVA, ovvero una somma sostitutiva di IVA, se applicabile, viene applicata da Finarte. Nessun particolare simbolo verrà usato per identificare i lotti venduti nel regime del margine.
2.5 DIRITTO DI SEGUITO. Oltre al Prezzo, alla Commissione di acquisto e alle altre Spese, l’Acquirente si impegna a pagare a Finarte, qualora dovuto, il “diritto di seguito” ex artt. 144 e ss. della Legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni e integrazioni che spetterebbe al Venditore pagare in base all’art. 152, comma 1, Legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni e integrazioni. Il “diritto di seguito” sarà corrisposto dall’Acquirente in accordo con l’art. 7 e sarà versato alla (S.I.A.E.) da Finarte. I lotti soggetti a diritto di seguito sono contrassegnati con il simbolo (®) nella percentuale sotto indicata per un importo totale comunque non superiore a euro 12.500,00. Il “diritto di seguito” è dovuto solo se il prezzo della vendita non è inferiore a euro 3.000,00. Esso è così determinato: • 4% per la parte del prezzo di vendita compresa tra euro 0 e euro 50.000,00; • 3% per la parte del prezzo di vendita compresa tra euro 50.000,01 e euro 200.000,00; • 1% per la parte del prezzo di vendita compresa tra euro 200.000,01 e euro 350.000,00; • 0,5% per la parte del prezzo di vendita com¬presa tra euro 350.000,01 e euro 500.000,00; • 0,25% per la parte del prezzo di vendita superi¬ore a euro 500.000,00. 2.6 Valute. Durante alcune aste potrà essere operante uno schermo che indica i cambi aggiornati delle principali valute estere, in contemporanea con le offerte effettuate in sala d’asta. I cambi sono da considerarsi solo indicativi e tutte le offerte in sala saranno espresse in Euro. Finarte declina ogni responsabilità per ogni errore ed omissione che apparirà su detto schermo. Il pagamento dei lotti acquistati dovrà essere in Euro. L’ammontare equivalente potrà essere effettuato in valuta estera purché in base al cambio del giorno in cui il pagamento verrà effettuato. 2.7 Sicurezza. Per salvaguardare la sicurezza dei potenziali Acquirenti e degli Acquirenti durante la permanenza nei nostri spazi espositivi, Finarte espone tutte le opere in modo tale da non creare eventuali pericoli. Tuttavia, nel caso in cui un potenziale Acquirente maneggiasse lotti in esposizione, ciò è a suo esclusivo rischio e pericolo. Alcuni lotti di grandi dimensioni e pesanti possono essere pericolosi se maneggiati in modo errato. Nel caso in cui si desiderasse ispezionare accuratamente un lotto, La preghiamo di richiedere l’assistenza del personale di Finarte. Alcuni lotti in esposizione potrebbero essere segnalati con la dicitura “per cortesia non toccare” ovvero con altra dicitura simile. Nel caso
in cui si intenda esaminare questi lotti, si prega di richiedere l’assistenza del personale Finarte. In ogni caso, salvo dolo o colpa grave, Finarte non sarà in alcun modo responsabile per eventuali danni subiti dal potenziale Acquirente, dall’Acquirente ovvero da un suo studioso o da un suo esperto indipendente in occasione dell’ispezione del lotto.
3. PRIMA DELL’ASTA 3.1 Stime pubblicate in catalogo. Le stime pubblicate in catalogo sono solo indicative per i potenziali acquirenti e sono soggette a revisione. Il Prezzo potrà essere superiore o inferiore alle valutazioni indicate. Resta inteso che stime indicate in catalogo d’asta non comprendono la Commissione di acquisto e l’IVA. I potenziali Acquirenti sono tenuti a consultare il Sito per prendere visione della catalogazione più aggiornata dei lotti presenti in catalogo. 3.2 SIMBOLI. Il catalogo d’asta potrà contenere i seguenti simboli: 0 Importo minimo garantito. Nel caso in cui un lotto sia contrassegnato da questo simbolo al Venditore è stato garantito un importo minimo nell’ambito di una o più aste. P Lotti di proprietà di Finarte. Nel caso in cui i lotti siano contrassegnati da questo simbolo la proprietà appartiene in tutto o in parte a Finarte. PI Parte Interessata. Indica il caso in cui possano essere effettuate offerte sul lotto anche da parte di soggetti aventi un interesse diretto o indiretto sul medesimo, quale ad esempio il beneficiario o l’esecutore testamentario che abbia venduto il lotto oppure il comproprietario del lotto o un soggetto che abbia prestato una garanzia per il lotto. SR Senza Riserva. I lotti illustrati nel catalogo che non sono contrassegnati da questo simbolo (SR), si intendono soggetti alla vendita con riserva. Generalmente la Riserva corrisponde ad una percentuale della Stima minima pre-vendita e non supera tale valore. Nel caso in cui un lotto sia venduto senza Riserva, verrà contrassegnato da questo simbolo. ® Diritto di Seguito. Per i lotti contrassegnati da questo simbolo, l’Acquirente si impegna a pagare il “diritto di seguito”, che spetterebbe al venditore pagare in base all’art. 152, comma 1, Legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni e integrazioni, nella misura determinata nella sezione “Diritto di seguito” di cui sopra. I Lotto proveniente da impresa. Per i lotti contrassegnati da questo simbolo il Prezzo è soggetto a (e comprensivo di) IVA. TI Lotto in regime di temporanea importazione. Lotto in regime di temporanea importazione ex art. 72 del Codice Urbani o per il quale è stata richiesta la temporanea importazione. ID Lotto in temporanea importazione doganale. I lotti contrassegnati da questo simbolo sono soggetti ad IVA (attualmente pari ad una percentuale del 10%) sul Prezzo e sul diritto di seguito, dove applicabile per i residenti in Italia. Qualsiasi costo connesso alla chiusura della temporanea importazione doganale è a carico dell’Acquirente. IA Lotto in temporanea importazione artistica.
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4. L’ASTA 4.1 SVOLGIMENTO DELL’ASTA 4.1.1 L’asta è regolata dalle Condizioni Generali di Vendita e dalle Condizioni Generali di Mandato. Le Condizioni Generali di Vendita possono essere modificate mediante un avviso affisso nella sala d’asta o tramite un annuncio fatto dal banditore d’asta prima dell’inizio dell’asta. Nell’ipotesi in cui Finarte permetta la partecipazione all’asta anche online queste modifiche sono portate a conoscenza anche tramite il Sito prima dell’inizio dell’asta. 4.1.2 Le offerte possono essere eseguite personalmente mediante una paletta durante l’asta, mediante un’offerta scritta prima dell’asta, per telefono ovvero via internet (in quest’ultimo caso solo se possibile in relazione alla specifica asta). 4.1.3 Nell’ipotesi in cui il Venditore sia un professionista e l’Acquirente sia un consumatore ai sensi dell’art. 3 del Codice del Consumo, le vendite concluse mediante offerte scritte, telefoniche o offerte online costituiscono contratti a distanza ai sensi e per gli effetti degli artt. 45 e ss. del Codice del Consumo. 4.1.4 La velocità dell’asta può variare, tra i cinquanta (50) e i centoventi (120) lotti l’ora. 4.1.5 L’incremento delle offerte è generalmente del dieci per cento (10%) rispetto a quella precedente. 4.1.6 A sua completa discrezione, Finarte ha il diritto di rifiutare a chiunque di partecipare alle aste. 4.1.7 Nei confronti di ciascun potenziale Acquirente, Finarte si riserva la facoltà di subordinare la partecipazione all’asta all’esibizione di una lettera di referenze bancarie oppure al deposito di una somma a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni previste dalle presenti Condizioni Generali di Vendita che sarà restituita una volta conclusa l’asta. 4.1.8 Chiunque faccia un’offerta ad un’asta sarà considerato parte direttamente interessata all’acquisto, salvo accordo scritto fra il partecipante all’asta e Finarte in base al quale il partecipante dichiara di agire in nome e per conto di un terzo che sia da Finarte accettato. 4.1.9 Nel caso in cui una persona a cui sia stata concessa la possibilità di effettuare un’offerta relativa ad un lotto abbia un interesse diretto o indiretto sul medesimo, quale ad esempio il beneficiario o l’esecutore testamentario che abbia venduto il lotto, oppure il comproprietario del lotto o un’altra parte che abbia prestato una garanzia per il lotto, Finarte ne darà comunicazione in catalogo. 4.1.10 Il banditore conduce l’asta partendo dall’offerta che considera adeguata, in funzione del valore del lotto e delle offerte concorrenti. Il banditore può aprire le offerte su ogni lotto formulando un’offerta nell’interesse del Venditore. Il banditore può inoltre fare offerte nell’interesse del Venditore, fino all’ammontare della Riserva, formulando offerte consecutive o in risposta ad altre offerte. 4.1.11 Il colpo di martello del banditore determina l’accettazione dell’offerta più alta, del Prezzo e, conseguentemente, la conclusione del contratto di vendita tra il Venditore e l’Acquirente. 226 FINARTE
4.1.12 l banditore può, a sua assoluta discrezione e in un momento qualsiasi dell’asta: (a) ritirare un lotto dall’asta; (b) riformulare un’offerta di vendita per un lotto, qualora abbia motivi per ritenere che ci sia un errore o una disputa; e/o (c) adottare qualsiasi provvedimento che ritenga adatto alle circostanze, come abbinare o separare i lotti o cambiarne l’ordine di vendita purché il lotto non sia offerto in asta una giornata anteriore rispetto a quella indicata nel catalogo d’asta. 4.1.13 Durante alcune aste potrà essere operante uno schermo video. Finarte declina ogni responsabilità sia in relazione alla corrispondenza dell’immagine sullo schermo all’originale, sia per errori nel funzionamento dello schermo video. 4.1.14 Finarte dichiara che il lotto può essere oggetto di dichiarazione di interesse culturale da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell’art. 13 del Codice Urbani. In tal caso o nel caso in cui in relazione al lotto sia stato avviato il procedimento di dichiarazione di interesse culturale ai sensi dell’art. 14 del Codice Urbani, Finarte ne darà comunicazione prima della vendita. Nel caso in cui il lotto sia stato oggetto di dichiarazione di interesse culturale il Venditore provvederà a denunciare la vendita al Ministero competente ex art. 59 Codice Urbani. La vendita sarà sospensivamente condizionata al mancato esercizio da parte del Ministero competente del diritto di prelazione nel termine di sessanta (60) giorni dalla data di ricezione della denuncia, ovvero nel termine maggiore di centottanta (180) giorni di cui all’art. 61, comma 2, del Codice Urbani. In pendenza del termine per l’esercizio della prelazione il lotto non potrà essere consegnato all’ Acquirente in base a quanto stabilito dall’art. 61 del Codice Urbani. 4.1.15 Generalmente la Riserva non supera la Stima minima pre-vendita annunciata o pubblicata da Finarte, salvo nel caso in cui la Riserva sia espressa in una moneta diversa dall’euro e vi siano sensibili fluttuazioni del tasso di cambio fra la data in cui è stata pattuita la Riserva e la data dell’asta. In tal caso, salvo diverso accordo fra Finarte ed il Venditore, la Riserva sarà modificata in un importo pari all’equivalente in euro in base al tasso ufficiale di cambio del giorno immediatamente precedente quello dell’asta. 4.1.16 Offerte “al meglio”, “salvo visione” o che comprendono lotti in alternativa a quello indicato non sono accettate.
4.2
OFFERTE IN SALA
4.2.1 Per partecipare all’asta in sala tutti i potenziali Acquirenti dovranno munirsi – prima che inizi l’asta - di una paletta numerata per esprimere le proprie offerte. 4.2.2 La paletta numerata verrà consegnata al potenziale Acquirente dal personale di Finarte al banco registrazione a seguito dell’esibizione di un documento di identità, della compilazione e della firma dell’apposito modulo di registrazione e attribuzione della paletta numerata. 4.2.3 Compilando e firmando il modulo di registrazione e attribuzione della paletta numerata, ciascun potenziale Acquirente accetta le Condizioni Generali di Vendita incluse nel catalogo. 4.2.4 È possibile registrarsi all’asta anche durante i giorni dell’esposizione che precede l’asta.
4.2.5 È possibile partecipare all’asta in nome e per conto di un’altra persona fisica o giuridica. In tal caso, in occasione della registrazione all’asta, dovrà essere esibita idonea procura scritta rilasciata dal rappresentato con allegato un documento di identità del rappresentato. Il partecipante all’asta sarà solidalmente obbligato con il terzo interessato nei confronti di Finarte in relazione a tutti gli obblighi derivanti dalle presenti Condizioni Generali di Vendita. Nel caso in cui il rappresentato sia una persona giuridica, la procura dovrà essere sottoscritta dal legale rappresentante o da un procuratore dotato di potere di firma la cui carta di identità dovrà essere allegata alla procura. Finarte si riserva la facoltà di non fare partecipare all’asta il rappresentante qualora, a suo insindacabile giudizio, non ritenga dimostrato il potere di rappresentanza. 4.2.6 Le palette numerate devono essere utilizzate per indicare le offerte al banditore durante l’asta. 4.2.7 In caso di aggiudicazione di un lotto, si prega di accertarsi che la paletta possa essere vista dal banditore e che sia il numero ivi indicato ad essere stato annunciato. 4.2.8 Nell’ipotesi di dubbi riguardo al Prezzo o all’Acquirente, siete pregati di attirare immediatamente l’attenzione del banditore. 4.2.9 Tutti i lotti venduti saranno fatturati al nome ed all’indirizzo rilasciati al momento dell’assegnazione della paletta numerata e non potranno essere trasferiti ad altri nomi ed indirizzi. 4.2.10 L’eventuale perdita della paletta dovrà essere immediatamente comunicata all’assistente del banditore che provvederà a fornire al potenziale Acquirente una nuova paletta 4.2.11 Al termine dell’asta la paletta deve essere restituita al banco registrazioni.
4.3 OFFERTE SCRITTE 4.3.1 Mediante la compilazione e l’invio dell’apposito modulo di offerta (insieme alla documentazione in esso richiesta) allegato al catalogo d’asta e caricato sul Sito è possibile formulare offerte scritte. 4.3.2 Finarte darà esecuzione alle offerte per conto del potenziale Acquirente. 4.3.3 Il servizio è gratuito e confidenziale. 4.3.4 Il modulo di offerta dovrà essere inviato a Finarte almeno ventiquattro (24) ore prima dell’asta. 4.3.5 Le offerte scritte saranno accettate da Finarte soltanto se sufficientemente chiare e complete, con particolare riferimento al lotto e al prezzo a cui si intende aggiudicare il lotto. 4.3.6 Nel caso in cui Finarte riceva più offerte scritte di pari importo per uno specifico lotto, quest’ultimo sarà aggiudicato al soggetto la cui offerta sia pervenuta per prima a Finarte. 4.3.7 Finarte nel formulare le offerte per conto del potenziale Acquirente terrà conto della Riserva e delle altre offerte, in modo da ottenere l’aggiudicazione del lotto al Prezzo più conveniente.
4.3.8 Gli importi indicati nel modulo d’offerta devono intendersi come importi massimi. Finarte non accetta offerte illimitate ovvero prive di importo. 4.3.9 Ogni modulo d’offerta deve contenere offerte per una sola asta. Offerte alternative possono essere accettate se viene specificata, tra il numero dei lotti, la parola “OPPURE”. 4.3.10 Dopo l’asta, coloro che avranno lasciato offerte scritte dovranno tempestivamente controllare con Finarte se la loro offerta è andata a buon fine. 4.3.11 In caso di aggiudicazione di un lotto, nell’ipotesi in cui il Venditore sia un professionista e l’Acquirente sia un consumatore ai sensi dell’art. 3 del Codice del Consumo, l’Acquirente non disporrà - ai sensi dell’art. 59, comma 1, lettera m), del Codice del Consumo - del diritto di recesso previsto per i contratti a distanza in quanto il contratto di vendita è concluso in occasione di un’asta pubblica secondo la definizione fornita dall’art. 45, comma 1, lettera o) del Codice del Consumo.
4.4 OFFERTE TELEFONICHE 4.4.1 Mediante la compilazione e l’invio dell’apposito modulo di offerta (insieme alla documentazione in esso richiesta) allegato al catalogo d’asta e caricato sul Sito è possibile formulare offerte telefoniche. 4.4.2 Il modulo di offerta dovrà essere inviato a Finarte almeno ventiquattro (24) ore prima dell’asta. 4.4.3 Una volta ricevuto il modulo Finarte provvederà a contattare telefonicamente il potenziale Acquirente al numero di telefono indicato nel modulo. 4.4.4 Nel caso in cui Finarte non riuscisse, per qualsiasi ragione, a contattare telefonicamente il potenziale Acquirente, potrà effettuare per conto dello stesso offerte fino a un importo pari all’offerta massima indicata nel modulo (“Covering Bid”). In questo caso, Finarte nel formulare le offerte per conto del potenziale Acquirente terrà conto della Riserva e delle altre offerte, in modo da ottenere l’aggiudicazione del lotto al Prezzo più conveniente. 4.4.5 Finarte si riserva il diritto di registrare le offerte telefoniche e non assume alcuna responsabilità, ad alcun titolo, nei confronti dei partecipanti all’asta per problemi o inconvenienti relativi alla linea telefonica (a titolo di esempio, per interruzione o sospensione della linea telefonica). 4.4.6 Finarte non accetta offerte telefoniche riferite a lotti la cui Stima minima di pre-vendita indicata in catalogo sia inferiore ad Euro 500,00. 4.4.7 In ogni caso, Finarte non accetta offerte telefoniche per un importo inferiore alla Stima minima di pre-vendita. 4.4.8 Il personale di Finarte è disponibile ad effettuare telefonate in lingua inglese e francese. 4.4.9 In caso di aggiudicazione di un lotto, nell’ipotesi in cui il Venditore sia un professionista e l’Acquirente sia un consumatore ai sensi dell’art. 3 del Codice del Consumo, l’Acquirente non disporrà - ai sensi dell’art. 59, comma 1, lettera m), del Codice del Consumo - del diritto di recesso previsto per i contratti a distanza in quanto il contratto di vendita è concluso in occasione di un’asta pubblica secondo la definizione fornita dall’art. 45, comma 1, lettera o) del Codice del Consumo. FINARTE 227
4.5 OFFERTE VIA INTERNET 4.5.1 Almeno settantadue (72) ore prima la data dell’asta, Finarte comunicherà sul Sito e/o sul catalogo d’asta, l’asta in occasione della quale è possibile formulare offerte anche via internet. 4.5.2 In caso di partecipazione all’asta via internet il potenziale Acquirente avrà la possibilità di vedere e ascoltare il banditore nonché fare offerte in tempo reale. 4.5.3 La partecipazione all’asta via internet è subordinata alla previa iscrizione al Sito e alla successiva registrazione all’asta almeno ventiquattro (24) ore prima l’inizio dell’asta. 4.5.4 Una volta completata la registrazione al Sito, ciascun potenziale Acquirente riceve per email una password (che si impegna a custodire con cura e diligenza e a non diffondere ovvero comunicare a terzi) necessaria per accedere al Sito in qualità di utente registrato e per partecipare all’asta. 4.5.5 Ciascun utente registrato è responsabile per qualsiasi attività compiuta attraverso il Sito tramite le proprie credenziali di accesso e si impegna a comunicare immediatamente a Finarte qualsiasi uso illecito della sua password di accesso al Sito ovvero lo smarrimento della password. In questo caso, Finarte provvederà a comunicare all’utente registrato una nuova password di accesso al Sito e la password precedente non potrà più essere utilizzata per accedere al Sito ovvero per partecipare alle aste. 4.5.6 Finarte non garantisce che il Sito sia sempre operativo e che non vi si siano interruzioni durante la partecipazione all’asta ovvero che il Sito e/o il relativo server siano liberi da virus o da qualsiasi altro materiale dannoso o potenzialmente dannoso. Pertanto, salvo i casi di dolo o colpa grave, Finarte non è in alcun modo responsabile per eventuali problemi tecnici verificatisi in occasione dell’asta (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, rallentamenti nella navigazione internet o il malfunzionamento del server che gestisce la partecipazione all’asta via internet). 4.5.7 Finarte non è in alcun modo responsabile per qualsiasi danno ovvero inconveniente subito derivante dall’uso non corretto del Sito ai sensi delle presenti Condizioni Generali di Vendita. 4.5.8 Ciascun potenziale Acquirente si impegna a non usare alcun software ovvero strumento di alcun tipo per influenzare ovvero interferire (anche solo potenzialmente) sull’andamento dell’asta e si impegna ad utilizzare il Sito e qualsiasi sua applicazione con correttezza e buona fede. 4.5.9 Qualora Finarte abbia deciso di permettere la partecipazione all’asta anche online, le presenti Condizioni Generali di Vendita disciplinano, anche l’offerta in vendita e l’aggiudicazione dei lotti tramite i siti / piattaforme internet attraverso i quali è possibile formulare offerte. L’asta online a cui si applicano le presenti Condizioni Generali di Vendita è un’asta pubblica (definita dall’art. 45, comma 1, lett. o) del Codice del Consumo come il metodo di vendita in cui beni o servizi sono offerti dal professionista ai consumatori che partecipano o cui è data la possibilità di partecipare all’asta di persona, mediante una trasparente procedura competitiva di offerte gestita da una casa d’aste e in cui l’aggiudicatario è vincolato all’acquisto dei beni o servizi), ed è la medesima asta pubblica a cui si può partecipare in sala, ovvero al telefono o mediate una offerta scritta pre-asta.
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4.5.10 I lotti acquistati tramite internet sono offerti e venduti da Finarte che agisce in qualità di mandatario con rappresentanza del Venditore. 4.5.11 L’offerta e la vendita da parte di Finarte dei lotti offerti in vendita su internet costituiscono un contratto a distanza disciplinato dal Capo I, Titolo III (artt. 45 e ss.) del Codice del Consumo e dal Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70, contenente la disciplina del commercio elettronico. 4.5.12 In caso di aggiudicazione di un lotto, nell’ipotesi in cui il Venditore sia un professionista e l’Acquirente sia un consumatore ai sensi dell’art. 3 del Codice del Consumo, l’Acquirente non disporrà - ai sensi dell’arti. 59, comma 1, lettera m), del Codice del Consumo - del diritto di recesso previsto per i contratti a distanza in quanto il contratto di vendita è concluso in occasione di un’asta pubblica secondo la definizione fornita dall’art. 45, comma 1, lettera o) del Codice del Consumo.
4.6 OFFERTE DA PARTE DEI DIPENDENTI 4.6.1 I dipendenti di Finarte possono effettuare offerte in un’asta di Finarte solo se il dipendente non è a conoscenza della Riserva e se effettua l’offerta nel pieno rispetto delle regolamentazioni interne che regolano le offerte in asta dei dipendenti.
5. OBBLIGHI DI DELL’ACQUIRENTE
FINARTE
NEI
CONFRONTI
5.1 Finarte agisce in nome e per conto del Venditore, in qualità di mandataria con rappresentanza del Venditore, ad eccezione dei casi in cui è proprietaria in tutto o in parte di un lotto. 5.2 Su richiesta dell’Acquirente, Finarte potrà fornire, a sua discrezione ed eventualmente a pagamento, un rapporto scritto (condition report) sulle condizioni del lotto. 5.3 Nel caso in cui, dopo la vendita in asta, un lotto risulti essere una Contraffazione, Finarte rimborserà all’Acquirente che faccia richiesta di risoluzione del contratto di vendita, previa restituzione del lotto a Finarte, l’Importo totale dovuto a condizione che, non più tardi di cinque (5) anni dalla data della vendita, l’Acquirente: (a) comunichi a Finarte per iscritto, entro tre (3) mesi dalla data in cui ha avuto una notizia che lo induca a ritenere che il lotto sia una Contraffazione, il numero del lotto, la data dell’asta alla quale il lotto è stato acquistato e i motivi per i quali l’Acquirente ritenga che il lotto sia una Contraffazione; (b) sia in grado di riconsegnare a Finarte il lotto, libero da rivendicazioni o da pretese da parte di terzi sorte dopo la data della vendita e il lotto sia nelle stesse condizioni in cui si trovava alla data della vendita; (c) fornisca a Finarte le relazioni di due studiosi o esperti indipendenti e di riconosciuta competenza, in cui siano spiegate le ragioni per cui il lotto sia ritenuto una Contraffazione. 5.4 Finarte si riserva il diritto di procedere alla risoluzione della vendita anche in assenza di una o più delle condizioni sopra richieste, in tutto o in parte. 5.5 Finarte non sarà vincolata dai pareri forniti dall’Acquirente e si riserva il diritto di richiedere il parere addizionale di altri esperti a sue proprie spese. Nel caso in cui Finarte decida di risolvere la vendita, Finarte avrà facoltà di rimborsare all’Acquirente, in misura ragionevole, i costi da questo sostenuti per ottenere i pareri dei due esperti indipendenti e accettati sia da Finarte che dall’Acquirente.
5.6 L’Acquirente non avrà diritto di risolvere il contratto di vendita e Finarte non effettuerà il rimborso se: (a) la descrizione nel catalogo fosse conforme all’opinione generalmente accettata di studiosi ed esperti alla data della vendita o indicasse come controversa l’autenticità o l’attribuzione del lotto; o (b) alla data della pubblicazione del catalogo la contraffazione del lotto poteva essere accertata soltanto svolgendo analisi generalmente ritenute inadeguate allo scopo o difficilmente praticabili, il cui costo era irragionevole o che avrebbero ragionevolmente potuto danneggiare o altrimenti comportare una diminuzione di valore del lotto.
6. OBBLIGHI DELL’ACQUIRENTE E RESPONSABILITÀ DI FINARTE NEI CONFRONTI DEGLI ACQUIRENTI 6.1 L’Acquirente si impegna ad esaminare il lotto e la documentazione rilevante prima dell’acquisto per verificarne la conformità alle descrizioni del catalogo e, se del caso, a richiedere il parere di uno studioso o di un esperto indipendente, per accertarne paternità, autenticità, provenienza, attribuzione, origine, data, età, periodo, origine culturale ovvero fonte, condizione e completezza, qualità, ivi compreso il prezzo o il valore. 6.2 Ogni rappresentazione scritta o verbale fornita da Finarte, incluse quelle contenute nel catalogo, in relazioni, commenti o valutazioni concernenti qualsiasi carattere di un lotto, quale paternità, autenticità, provenienza, attribuzione, origine, data, età, periodo, origine culturale ovvero fonte, condizione e completezza, qualità, ivi compreso il prezzo o il valore, riflettono esclusivamente opinioni e possono essere riesaminate da Finarte ed, eventualmente, modificate prima che il lotto sia offerto in vendita. Salvo il dolo e la colpa grave, Finarte e i suoi dipendenti, collaboratori, amministratori o consulenti non sono responsabili degli errori o delle omissioni contenuti in queste rappresentazioni. 6.3 I lotti sono venduti “come visti e piaciuti”, con espressa esclusione di ogni garanzia per vizi occulti e con ogni lacuna, difetto, imperfezione ed errore di descrizione. 6.4 Tutti i lotti, ivi compresi quelli che abbiano - in tutto o in parte - una natura elettrica o meccanica sono da considerarsi solamente sulla base del loro valore artistico, decorativo e/o collezionistico e non sono da considerarsi funzionanti. Il funzionamento e la sicurezza dei lotti che abbiano, in tutto o in parte, una natura elettrica o meccanica non sono verificati prima della vendita e sono acquistati dall’Acquirente a suo rischio e pericolo.
lotto da parte di quest’ultimo è limitata al Prezzo e alla Commissione di acquisto pagata dall’Acquirente a Finarte. 6.9 Le descrizioni di autovetture e motoveicoli, anche in relazione alla loro storia, alla loro età, al modello, ai passaggi di proprietà, allo stato di conservazione e ad eventuali processi di restauro, a caratteristiche tecniche, ai componenti interni ed esterni, inclusi il numero del motore (matching number o meno) e del telaio dell’autovettura - presenti in catalogo e/o nel condition report sono fornite a titolo di orientamento per il potenziale Acquirente da Finarte in buona fede sulla scorta delle indicazioni ed informazioni ricevute del Venditore, ma non devono essere ritenute esaustive e/o verificate. Tutte le autovetture e i motoveicoli – insieme ai documenti rilevanti che li accompagnano - dovranno quindi essere esaminati in modo adeguato dal potenziale acquirente per poter completamente accertare il loro stato. L’assenza di indicazione di un difetto, di un restauro o della presenza di una parte non originale non implica che tale difetto, restauro o presenza di una parte non originale non possano sussistere 6.10 Le descrizioni degli orologi e delle pietre preziose, anche in relazione allo stato di conservazione e ad eventuali restauri, presenti in catalogo e/o nel condition report sono fornite a titolo di orientamento per il potenziale Acquirente da Finarte in buona fede sulla scorta delle indicazioni ed informazioni ricevute del Venditore, ma non devono essere ritenute esaustive e/o verificate. Tutti gli orologi e le pietre preziose dovranno quindi essere esaminati in modo adeguato dal potenziale acquirente per poter completamente accertare il loro stato. L’assenza di indicazione di un difetto, di un restauro o della presenza di una parte non originale non implica che tale difetto, restauro o presenza di una parte non originale non possano sussistere. Nel caso di orologi da polso dichiarati dal produttore come impermeabili, il loro esame può aver richiesto la loro apertura: Finarte suggerisce pertanto che l’Acquirente, prima di utilizzarli in condizioni di presenza d’acqua, li porti ad un centro autorizzato per la verifica della tenuta. I cinturini in materiale organico eventualmente presenti sono associati alle casse in fase di prevendita a puro scopo di presentazione: i potenziali Acquirenti sono consapevoli che l’importazione in Paesi stranieri di materiali provenienti da specie in pericolo di estinzione, quali, a titolo di puro esempio, tartaruga ed avorio, è soggetta alla normativa internazionale CITES. Il potenziale Acquirente dovrà quindi informarsi adeguatamente in fase preliminare relativamente a tali restrizioni, se intende partecipare all’asta per un lotto che contenga, anche solo in parte, materiali di questa tipologia.
7. PAGAMENTO
6.5 Le descrizioni dei cataloghi e dei condition report di cui all’art. 5.2 che precede, sono meramente indicative e sono effettuate al solo scopo di identificare il lotto.
7.1 In caso di aggiudicazione, l’Acquirente è tenuto a pagare a Finarte l’Importo totale dovuto immediatamente – e comunque entro e non oltre cinque (5) giorni - dalla conclusione dell’asta.
6.6 La mancanza di riferimenti espliciti nei cataloghi e nei condition report in merito alle condizioni del lotto non implica che il lotto sia privo di imperfezioni.
7.2 Nel caso in cui il lotto sia stato oggetto della dichiarazione di cui all’art. 4.1.14 che precede, l’Acquirente si impegna a corrispondere l’Importo totale dovuto al decorso del termine per l’esercizio della prelazione da parte del Ministero competente.
6.7 Salvo il caso di dolo o colpa grave, Finarte ovvero i suoi dipendenti, collaboratori, amministratori o consulenti non saranno responsabili per atti od omissioni relativi alla preparazione o alla conduzione dell’asta o per qualsiasi questione relativa alla fase preparatoria della vendita dei lotti. 6.8 Salvo il caso di dolo o colpa grave, l’eventuale responsabilità di Finarte ovvero dei suoi dipendenti, collaboratori, amministratori o consulenti nei confronti dell’Acquirente in relazione all’acquisto di un
7.3 La fatturazione del Prezzo all’Acquirente sarà di competenza esclusiva del Venditore. 7.4 Il pagamento della Commissione di acquisto e delle eventuali Spese potrà essere effettuato mediante contanti, assegno circolare, assegno bancario, bonifico, Bancomat o Carta di Credito (American Express, Visa o Mastercard) o Paypal FINARTE 229
7.5 Finarte può accettare pagamenti singoli o multipli in contanti solo per importi inferiori a euro 2.999,99. 7.6 Le coordinate bancarie per i bonifici sono le seguenti:
Finarte Auctions S.r.l. banca: BANCO BPM IBAN numero IT65 G 05034 01748 000000002588 SWIFT numero BAPPIT21677
8. CONSEGNA E RITIRO DEL LOTTO 8.1 La consegna del lotto avverrà presso la sede di Finarte non oltre cinque (5) giorni lavorativi dal giorno della aggiudicazione. 8.2 Il lotto sarà consegnato solo ad avvenuto pagamento dell’Importo totale dovuto all’Acquirente ovvero a soggetto terzo munito di delega scritta rilasciata da quest’ultimo. 8.3 Al momento della consegna del lotto, Finarte richiederà all’Acquirente o al terzo incaricato un documento attestante la sua identità.
7.7 Nel caso di bonifico, nella causale dovrà essere indicato nome e cognome dell’Acquirente e il numero della fattura.
8.4 Prima di organizzare il ritiro del lotto, si prega di controllare con Finarte dove è conservato il lotto.
7.8 Il pagamento mediante Bancomat, American Express, Visa o Mastercard può essere disposto solo dal titolare della carta ovvero, nel caso di pagamento mediante PayPal, dal titolare del relativo conto.
8.5 Nell’ipotesi di morte, interdizione, inabilitazione, estinzione/ cessazione, per qualsiasi motivo, dell’Acquirente, debitamente comunicata a Finarte, quest’ultima acconsentirà a riconsegnare il lotto previo accordo di tutti gli aventi causa dell’Acquirente ovvero secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria.
7.9 Finarte si riserva la facoltà di controllare la provenienza dei pagamenti ricevuti e di non accettare pagamenti ricevuti da persone differenti dall’Acquirente. 7.10 In limitate circostanze e comunque previo il consenso del Venditore, Finarte potrà concedere agli Acquirenti che ritenga affidabili la facoltà di pagare i lotti a cadenze dilazionate. Le modalità di pagamento dilazionato dovranno essere definite prima della vendita. Prima di stabilire se concedere o meno pagamenti dilazionati, Finarte può chiedere referenze sull’affidabilità dell’Acquirente e documentazione sulla sua identità e residenza. 7.11 Anche ai sensi e per gli effetti di quanto previsto all’art. 1523 c.c., il trasferimento della proprietà del lotto dal Venditore all’Acquirente avverrà soltanto al momento del pagamento da parte dell’Acquirente dell’Importo totale dovuto. 7.12 In caso di mancato o ritardato pagamento da parte dell’Acquirente - nel termine di cui all’art. 7.1. che precede - in tutto o in parte, dell’Importo totale dovuto, Finarte ha diritto, a propria scelta, di chiedere l’adempimento ovvero di risolvere il contratto di vendita a norma dell’art. 1456 c.c., salvo in ogni caso il diritto al risarcimento dei danni, nonché la facoltà di far vendere il lotto per conto ed a spese dell’Acquirente, a norma dell’art. 1515 c.c. 7.13 In caso di ritardo nel pagamento dell’Importo totale dovuto per un periodo superiore a cinque (5) giorni lavorativi dalla data dell’asta, Finarte potrà depositare il lotto presso un depositario terzo a rischio e spese dell’Acquirente. Nonché di addebitare all’Acquirente e di trattenere a proprio credito interessi moratori in misura pari al tasso previsto dalla legge Euribor a 3 mesi maggiorato di uno spread del cinque per cento (5%), salvo il diritto di Finarte al risarcimento del maggior danno. 7.14 In caso di mancato o ritardato pagamento da parte dell’Acquirente, Finarte potrà rifiutare qualsiasi offerta fatta dall’Acquirente o da un suo rappresentante nel corso di aste successive o chiedere all’Acquirente di depositare una somma di denaro, a titolo di garanzia, prima di accettare offerte. 7.15 Finarte ha la facoltà di compensare ogni somma dovuta, a qualsiasi titolo, all’Acquirente con ogni somma dovuta da quest’ultimo, a qualsiasi titolo a Finarte. 7.16 Orario di cassa: Lun-Ven 10.00-13.00; 14.00-17.30. 230 FINARTE
8.6 Qualora l’Acquirente non ritiri il lotto entro cinque (5) giorni lavorativi dal giorno della vendita, Finarte avrà diritto di: (a) addebitare all’Acquirente un importo pari all’uno per cento (1%) del Prezzo per ogni mese di ritardo nel ritiro del lotto, a partire dal quinto giorno lavorativo successivo alla vendita; ovvero (b) depositare il lotto presso un depositario terzo a rischio e spese dell’Acquirente.
9. TRASFERIMENTO DEL RISCHIO 9.1 Un lotto acquistato è interamente a rischio dell’Acquirente a partire dalla data più antecedente fra quelle in cui l’Acquirente: (a) prende in consegna il lotto acquistato; o (b) paga l’Importo totale dovuto per il lotto; ovvero (c) dalla data in cui decorre il termine di pagamento di cinque (5) giorni lavorativi dal giorno dell’aggiudicazione. 9.2 L’Acquirente sarà risarcito per qualsiasi perdita o danno del lotto che si verifichi dopo la vendita ma prima del trasferimento del rischio, ma il risarcimento non potrà superare, salvo il caso di dolo o colpa grave, il Prezzo oltre alla Commissione di acquisto ricevuta da Finarte. 9.3 Salvo il caso di dolo o colpa grave, in nessun caso Finarte si assume la responsabilità per la perdita o danni causati alle cornici o al vetro che contengono o coprono stampe, dipinti o altre opere a meno che la cornice o/e il vetro non costituiscano il lotto venduto all’asta. 9.4 In nessun caso Finarte sarà responsabile per la perdita o il danneggiamento verificatisi a seguito di un qualsiasi intervento (compresi interventi di restauro, interventi sulle cornici e interventi di pulitura) da parte di esperti indipendenti incaricati da Finarte con il consenso del Venditore per la perdita o il danneggiamento causati o derivanti, direttamente o indirettamente, da: (a) cambiamenti di umidità o temperatura; (b) normale usura o graduale deterioramento derivanti da interventi sul lotto e/o da vizi o difetti occulti (inclusi i tarli del legno); (c) errori di trattamento; (d) guerra, fissione nucleare, contaminazione radioattiva, armi chimiche, biochimiche o elettro¬magnetiche; (e) atti di terrorismo; e (f) altri eventi di forza maggiore.
10. SPEDIZIONE
13. TERMINOLOGIA ESEMPLIFICATIVA
10.1. Su richiesta scritta dell’Acquirente, Finarte potrà organizzare l’imballaggio e la spedizione del lotto a condizione che l’Acquirente: (a) abbia interamente pagato l’Importo totale dovuto; (b) fornisca a Finarte eventuali attestati di libera circolazione ovvero licenze di esportazione o qualunque eventuale attestazione e/o certificazione a tal fine necessari.
13.1 Si prega di prestate attenzione alla seguente terminologia esemplificativa: • “SANDRO BOTTICELLI” A parere di Finarte opera dell’artista (quando non è conosciuto il primo nome dell’artista sia che il cognome venga preceduto da una serie di asterischi, sia da una iniziale o no, indica che l’opera è dell’artista nominato). • “ATTRIBUITO A SANDRO BOTTICELLI” È opinione di Finarte che sia probabilmente opera dell’artista, ma con meno sicurezza che nella cat¬egoria precedente. • “BOTTEGA DI SANDRO BOTTICELLI” A parere di Finarte è di una mano sconosciuta della bottega dell’artista, che può essere stata eseguita sotto la direzione dell’artista. • “CERCHIA DI SANDRO BOTTICELLI” A parere di Finarte un’opera di mano non identificata, ma distinta; strettamente associata con il suddetto artista, ma non necessariamente suo allievo. • “STILE DI/SEGUACE DI SANDRO BOTTICELLI” A parere di Finarte opera di un pittore che lavora nello stile dell’artista, contemporaneo o quasi contem¬poraneo, ma non necessariamente suo allievo. • “MANIERA DI SANDRO BOTTICELLI” A parere di Finarte una opera nello stile dell’artista di epoca più tarda. • “DA SANDRO BOTTICELLI” A parere di Finarte una copia di un dipinto conosciuto dell’artista. • “IN STILE...” A parere di Finarte opera nello stile citato pur essendo eseguita in epoca successiva.
10.2. Saldo diverso accordo con l’Acquirente: (a) le spese di imballaggio e spedizione sono a carico e cura dell’Acquirente che potrà richiedere, almeno ventiquattro (24) ore prima dell’inizio dell’asta, preventivi di spesa qualora intenda affidare a Finarte l’imballaggio e la spedizione del lotto; (b) la copertura assicurativa volta a coprire il rischio di perdite e/o danni (anche parziali) che il lotto può subire durante il trasporto dovrà essere concordata fra l’Acquirente ed il trasportatore senza alcuna responsabilità per Finarte; (c) il costo della copertura assicurativa sarà a spese dell’Acquirente. 10.3. L’imballaggio e la spedizione del lotto all’Acquirente sono interamente a rischio e a carico dell’Acquirente e Finarte non si assume alcuna responsabilità per azioni od omissioni degli addetti all’imballaggio o dei trasportatori.
11. ESPORTAZIONE DAL REPUBBLICA ITALIANA
TERRITORIO
DELLA
11.1 L’esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Repubblica italiana è assoggettata alla disciplina prevista dal Codice Urbani. L’esportazione di beni culturali al di fuori del territorio dell’Unione Europea è altresì assoggettata alla disciplina prevista dal Regolamento CE n. 116/2009 del 18 dicembre 2008 e dal Regolamento UE di esecuzione della Commissione n. 1081/2012. 11.2 L’esportazione dal territorio della Repubblica italiana di un lotto può essere soggetta al rilascio di un attestato di libera circolazione ovvero di una licenza di esportazione. 11.3 Il rilascio dell’attestato di libera circolazione ovvero e/o della licenza di esportazione è a carico dell’Acquirente. Il mancato rilascio o il ritardo nel rilascio dell’attestato di libera circolazione e/o della licenza di esportazione non costituisce una causa di risoluzione o di annullamento della vendita, né giustifica il ritardato pagamento da parte dell’Acquirente dell’Importo totale dovuto.
12. SPECIE PROTETTE 12.1 Tutti i lotti costituiti da o contenenti parti di piante o animali (ad esempio corallo, coccodrillo, avorio, osso di balena, tartaruga), indipendentemente dall’età e dal valore, potrebbero richiedere una licenza o un certificato prima dell’esportazione e richiedere ulteriori licenze o certificati per l’importazione nei paesi Extra UE. Si prega di notare che l’aver ottenuto la licenza o il certificato in importazione non garantisce alcuna licenza o certificato per l’esportazione e vice versa. Finarte consiglia ai potenziali Acquirenti di controllare le proprie legislazioni circa i requisiti necessari per le importazioni nel proprio Paese di beni fatti o contenenti specie protette. È responsabilità dell’Acquirente ottenere tali licenze/certificati di importazione o esportazione, così come ogni altro documento richiesto prima di effettuare qualsiasi offerta. Si prega di fare riferimento all’art. 11 delle Condizioni Generali di Vendita.
13.2 Il termine firmato e/o datato e/o iscritto, significa che a parere di Finarte la firma e/o la data e/o l’iscrizione sono di mano dell’artista. 13.3 Il termine recante firma e/o data e/o iscrizione, significa che a parere di Finarte queste sembrano ag¬giunte o di altra mano. 13.4 Le dimensioni date sono, nell’ordine, altezza, base ed eventualmente profondità. 13.5 I dipinti e le fotografie non s’intendono incorniciati se non altri¬menti specificato.
14. CONTATTI 14.1 Il potenziale Acquirente e l’Acquirente può richiedere qualsiasi informazione e/o inviare comunicazioni e/o presentare reclami contattando Finarte con le seguenti modalità: (i) compilando e inviando il modulo disponibile nella sezione “Contatti” del Sito; (ii) per posta, scrivendo a Finarte Auctions S.r.l., Via Paolo Sarpi n. 6 – 20154 – Milano, Italia; (iii) al seguente numero telefonico: (+39) 02 3363801. 14.2 Finarte risponderà ai reclami presentati entro cinque (5) giorni lavorativi dal ricevimento degli stessi. 14.3 Per assistenza durante la partecipazione all’asta online può contattare Finarte al seguente indirizzo email: bidonline@finarte.it ovvero al seguente numero telefonico: +39 02 3363801.
15. GARANZIA LEGALE DI CONFORMITÀ 15.1 Nell’ipotesi in cui il Venditore sia un professionista e l’Acquirente sia un consumatore ai sensi dell’art. 3 del Codice del Consumo e che FINARTE 231
il lotto aggiudicato possa considerarsi un “bene di consumo” ai sensi degli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo, a detti lotti - venduti tramite Finarte - si applica la garanzia legale di conformità prevista dagli artt. 128-135 del Codice del Consumo (Garanzia Legale). 15.2 La Garanzia Legale è riservata ai consumatori. Essa, pertanto, trova applicazione, solo a chi abbia acquistato un lotto per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta. 15.3 Il Venditore è responsabile nei confronti dell’Acquirente consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del lotto “bene di consumo” che si manifesti entro due anni da tale consegna. Il difetto di conformità deve essere denunciato al Venditore, a pena di decadenza dalla garanzia, nel termine di due mesi dalla data in cui è stato scoperto. Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro i sei mesi dalla consegna del prodotto esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del prodotto o con la natura del difetto di conformità. A partire dal settimo mese successivo alla consegna del prodotto, sarà invece onere del consumatore provare che il difetto di conformità esisteva già al momento della consegna dello stesso. Per poter usufruire della Garanzia Legale, il consumatore dovrà quindi fornire innanzitutto prova della data dell’acquisto e della consegna del lotto. È opportuno, quindi, che il consumatore, a fini di tale prova, conservi la conferma d’ordine o la fattura di acquisto, o il DDT ovvero qualsiasi altro documento che possa attestare la data di effettuazione dell’acquisto e la data della consegna. 15.4 Per difetto di conformità di un lotto si rimanda a quanto indicato all’art. 129, comma 2, del Codice del Consumo. Sono esclusi dal campo di applicazione della Garanzia Legale eventuali difetti determinati da fatti accidentali o da responsabilità dell’Acquirente consumatore ovvero del lotto difforme rispetto alla sua destinazione d’uso. A tal proposito, si precisa che tutti i lotti, ivi compresi quelli che abbiano - in tutto o in parte - una natura elettrica o meccanica sono da considerarsi solamente sulla base del loro valore artistico, decorativo e/o collezionistico e non sono da considerarsi funzionanti. 15.5 In caso di difetto di conformità debitamente denunciato nei termini, l’Acquirente consumatore ha diritto: (i) in via primaria, alla riparazione o sostituzione gratuita del lotto, a sua scelta, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro; (ii) in via secondaria (nel caso cioè in cui la riparazione o la sostituzione siano impossibili o eccessivamente onerose ovvero la riparazione o la sostituzione non siano state realizzate entro termini congrui ovvero la riparazione o la sostituzione precedentemente effettuate abbiano arrecato notevoli inconvenienti al consumatore) alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto, a sua scelta. Il rimedio richiesto è eccessivamente oneroso se impone al Venditore spese irragionevoli in confronto ai rimedi alternativi che possono essere esperiti, tenendo conto (i) del valore che il lotto avrebbe se non vi fosse il difetto di conformità; (ii) dell’entità del difetto di conformità; (iii) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore. 15.6 Nel caso in cui il lotto, nel corso del periodo di validità della Garanzia Legale, manifesti quello che potrebbe essere un difetto di conformità, l’Acquirente consumatore può contattare il Finarte al numero indicato all’art. 14. Finarte darà tempestivo riscontro alla comunicazione del presunto difetto di conformità e indicherà al consumatore la specifica procedura da seguire.
232 FINARTE
16. LEGGE APPLICABILE E GIURISDIZIONE 16.1 Le presenti Condizioni Generali diVendita sono regolate dalla legge italiana. 16.2 Per ogni controversia relativa all’applicazione, esecuzione e interpretazione delle Condizioni Generali di Vendita è competente il foro di Milano. 16.3 È fatta salva la applicazione agli Acquirenti che siano consumatori ai sensi dell’art. 3 del Codice del Consumo che non abbiano la loro residenza abituale in Italia delle disposizioni eventualmente più favorevoli e inderogabili previste dalla legge del Paese in cui essi hanno la loro residenza abituale. Per ogni controversia relativa all’applicazione, esecuzione e interpretazione delle Condizioni Generali di Vendita è competente il foro del luogo in cui l’Acquirente consumatore risiede o ha eletto domicilio. 16.4 L’Acquirente consumatore che risiede in uno stato membro dell’Unione Europea diverso dall’Italia, può, inoltre, accedere, per ogni controversia relativa all’applicazione, esecuzione e interpretazione delle presenti Condizioni Generali di Vendita, al procedimento Europeo istituito per le controversie di modesta entità, dal Regolamento (CE) n. 861/2007 del Consiglio, dell’11 luglio 2007, a condizione che il valore della controversia non ecceda, esclusi gli interessi, i diritti e le spese, Euro 2.000,00. Il testo del regolamento è reperibile sul sito eur-lex.europa.eu. 16.5 Ai sensi dell’art. 141-sexies, comma 3, del Codice del Consumo, Finarte informa l’utente che rivesta la qualifica di consumatore di cui all’art. 3, comma 1, lett. a) del Codice del Consumo, che, nel caso in cui egli abbia presentato un reclamo direttamente a Finarte, a seguito del quale non sia stato tuttavia possibile risolvere la controversia così insorta, Finarte fornirà le informazioni in merito all’organismo o agli organismi di Alternative Dispute Resolution per la risoluzione extragiudiziale delle controversie relative ad obbligazioni derivanti da un contratto concluso in base alle presenti Condizioni Generali di Vendita (cc.dd. organismi ADR, come indicati agli artt. 141-bis e ss. Codice del Consumo), precisando se intenda avvalersi o meno di tali organismi per risolvere la controversia stessa. Finarte informa inoltre l’utente che rivesta la qualifica di consumatore di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), del Codice del Consumo che è stata istituita una piattaforma europea per la risoluzione on-line delle controversie dei consumatori (c.d. piattaforma ODR). La piattaforma ODR è consultabile al seguente indirizzo http://ec.europa.eu/consumers/odr/; attraverso la piattaforma ODR l’utente consumatore potrà consultare l’elenco degli organismi ADR, trovare il link al sito di ciascuno di essi e avviare una procedura di risoluzione on-line della controversia in cui sia coinvolto.
17. INFORMATIVA SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI 17.1 Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento (UE) n. 2016/679 (“GDPR”), Finarte - in qualità di titolare del trattamento (di seguito, anche, “Titolare”) – La informa che i dati personali (“Dati”) da Lei conferiti a Finarte saranno trattati in modo lecito e secondo correttezza da quest’ultima principalmente con l’ausilio di mezzi elettronici, automatizzati e/o di videoregistrazione (secondo le modalità e con gli strumenti idonei a garantire la sicurezza e la riservatezza dei Dati stessi) per: (a) esigenze funzionali all’esecuzione dei contratti di cui Lei è parte o per l’adozione di misure precontrattuali adottate su Sua richiesta, (b) esigenze gestionali del rapporto con i venditori ed i compratori (quali, ad es., amministrazione di proventi di vendita, fatture, spedizioni), (c) verifiche e valutazioni sul rapporto di vendita all’asta
nonché sui rischi ad esso connessi, (d) per adempimenti di obblighi fiscali, contabili, legali e/o di disposizioni di organi pubblici, ovvero, (e) per finalità previste dalla vigente normativa in materia di antiriciclaggio ai sensi del D.lgs. 231/2007 e successive modifiche, (f) con riferimento ai sistemi di videosorveglianza, per finalità di tutela della sicurezza delle persone e di tutela del patrimonio aziendale, (g) per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria, (h) per l’invio di comunicazioni commerciali su prodotti e servizi analoghi a quelli già acquistati (c.d. “soft spam”), (i) con il Suo consenso, per l’invio di materiale pubblicitario ed informativo su prodotti e servizi di Finarte a mezzo di sistemi automatizzati, quali e-mail, fax, sms o MMS, o a mezzo del servizio postale o di chiamate telefoniche con operatore, (l) per effettuare attività di profilazione finalizzate all’esecuzione delle attività di cui alle precedenti lettere (h) e (i). 17.2 Il conferimento dei Dati per le finalità di cui all’art. 17.1, lettere (a), (b), (d), (e), non richiede il Suo consenso in quanto è necessario affinché il Titolare possa adempiere agli obblighi contrattuali e legali cui è soggetto, dai sensi dell’art. 6 comma 1, lett. b) e c) del GDPR. 17.3 Il trattamento dei Dati per le finalità di cui all’art. 17.1, lettere (c), (f), (g), (h), non richiede il Suo consenso, in quanto è necessario al perseguimento del legittimo interesse del Titolare ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. f) del GDPR. 17.4 Il trattamento dei Dati per le finalità di cui all’art. 17.1, lettere (i) e (l) richiede invece il Suo consenso, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a) del GDPR. Il conferimento di tali Dati per le suddetta finalità è facoltativo; il loro mancato conferimento comporterà unicamente l’impossibilità per Finarte di svolgere le attività indicate. Per tali finalità Finarte raccoglierà il Suo consenso con modalità elettroniche e/o cartacee, per esempio tramite il Sito oppure l’apposita modulistica. 17.5 Il conferimento dei Dati è facoltativo. Tuttavia, il mancato conferimento dei Dati per le finalità da (a) a (g) comporterà l’impossibilità di partecipare all’asta ovvero il corretto adempimento degli obblighi gravanti su Finarte; il mancato conferimento dei Dati per le finalità da (h) a (l) comporterà unicamente l’impossibilità per Finarte di svolgere le attività indicate. 17.6 I Dati verranno trattati dai dipendenti o collaboratori di Finarte in qualità di persone autorizzate al trattamento. 17.7 I Suoi Dati potranno essere comunicati, inoltre, ai seguenti soggetti, i quali saranno designati da Finarte come responsabili del trattamento oppure agiranno in qualità di titolari autonomi: (a) tutti quei soggetti (ivi incluse le Pubbliche Autorità) che hanno accesso ai dati personali in forza di provvedimenti normativi o amministrativi; (b) alle società o soggetti terzi incaricati dei servizi di stampa, imbustamento, spedizione e/o consegna dei lotti acquistati; (c) a uffici postali, corrieri o spedizionieri incaricati della consegna dei lotti acquistati; (d) a società, consulenti o professionisti eventualmente incaricati dell’installazione, della manutenzione, dell’aggiornamento e, in generale, della gestione degli hardware e software di Finarte, o di cui Finarte si serve, compreso il Sito; (e) a società o Internet provider incaricati dell’invio di documentazione e/o materiale informativo ovvero pubblicitario; (f) a società incaricate dell’elaborazione e/o dell’invio di materiale pubblicitario ed informativo per conto di Finarte; (g) a tutti quei soggetti pubblici e/o privati, persone fisiche e/o giuridiche (studi di consulenza legale, amministrativa e fiscale, Uffici Giudiziari,
Camere di Commercio, Camere ed Uffici del Lavoro, ecc.), qualora la comunicazione risulti necessaria o funzionale al corretto adempimento degli obblighi gravanti su Finarte. I Suoi Dati saranno elaborati e diffusi, unicamente in forma anonima ed aggregata, per finalità statistiche o di ricerca. 17.8 Titolare del trattamento dei Dati è Finarte Auctions S.r.l., con sede in Via Paolo Sarpi 6 (20154), Milano, al quale è possibile rivolgere istanze e richieste relative al trattamento dei Dati scrivendo all’indirizzo email info@finarte.it. L’elenco aggiornato degli eventuali responsabili del trattamento è disponibile, su richiesta scritta, presso la sede di Finarte. 17.9 I Dati saranno conservati per un periodo di tempo massimo pari al periodo di prescrizione dei diritti azionabili da Finarte, come di volta in volta applicabile. Qualora i dati siano trattati per le finalità di marketing e profilazione di cui alle lett. i) ed l), saranno conservati per un periodo di tempo massimo pari, rispettivamente, a 24 e 12 mesi. Le immagini raccolte tramite i sistemi di videosorveglianza sono conservate per un periodo di tempo non superiore alle 24 ore successive alla loro rilevazione, fatte salve particolari esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura delle sedi o nel caso in cui sia necessario aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria. 17.10 Ai sensi dell’art. 13 e degli artt. 15 e ss. del GDPR, Lei ha diritto, tra l’altro di: (a) ottenere la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano; (b) qualora un trattamento sia in corso, ottenere l’accesso ai Dati e alle informazioni relative al trattamento, nonché richiedere una copia dei dati personali; (c) ottenere la rettifica dei Dati inesatti o l’integrazione dei Dati incompleti; (d) ottenere, qualora sussista una delle condizioni previste dall’art. 17 del GDPR, a cancellazione dei Dati che La riguardano; (e) ottenere, nei casi previsti dall’art. 18 del GDPR, la limitazione del trattamento; (f) ricevere, qualora sussistano le condizioni previste dall’art. 20 del GDPR, i Dati che La riguardano in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico e richiedere la loro trasmissione ad un altro titolare del trattamento, se tecnicamente fattibile; (g) opporsi, in qualsiasi momento, in tutto o in parte, al trattamento dei Dati effettuato per finalità di marketing. L’opposizione al trattamento esercitata attraverso modalità automatizzate di contatto si estende anche all’invio di comunicazioni commerciali a mezzo del servizio postale o di chiamate telefoniche con operatore, fatta salva la possibilità di esercitare tale diritto in parte, opponendosi ad esempio al solo trattamento effettuato mediante sistemi automatizzati di comunicazione; (h) opporsi, in qualsiasi momento, al trattamento dei Dati effettuato per il perseguimento di un legittimo interesse del Titolare, sempre che non sussistano motivi legittimi per procedere al trattamento che prevalgono sugli interessi, sui diritti e sulle libertà dell’interessato oppure per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria; (i) revocare il consenso in qualsiasi momento, senza pregiudizio alcuno per la liceità del trattamento eseguito in ragione del consenso prestato prima della revoca; (j) proporre reclamo al Garante per la protezione dei dati personali, secondo le modalità indicate sul sito internet del Garante accessibile all’indirizzo www.garanteprivacy.it. I diritti di cui sopra potranno essere esercitati con richiesta al Titolare a mezzo posta elettronica al seguente indirizzo: info@finarte.it FINARTE 233
MANAGEMENT Rosario Bifulco Presidente
Fabio Massimo Bertolo Business Development
Vincenzo Santelia Amministratore Delegato
Silvia Ferrini Direttrice Sede di Roma
Kimiko Bossi Senior Advisor
DIPARTIMENTI ARTE DEL XIX SECOLO Luca Santori Capo Dipartimento Tel +39 06 6791107 l.santori@finarte.it ARTE MODERNA & CONTEMPORANEA Alessandro Cuomo (Milano) Capo Dipartimento Tel +39 02 33638029 a.cuomo@finarte.it ARTE MODERNA & CONTEMPORANEA Georgia Bava (Roma) Capo Dipartimento Tel +39 06 6791107 g.bava@finarte.it AUTOMOTIVE Sandro Binelli Capo Dipartimento Tel +39 02 33638028 s.binelli@finarte.it
MARKETING E DIGITAL Alessandro Cuomo Tel +39 02 33638029 a.cuomo@finarte.it Andrea Cremascoli Tel +39 02 33638035 a.cremascoli@finarte.it Samuele Menin s.menin@finarte.it
DESIGN E ARTI DECORATIVE Ilario Scagliola Capo Dipartimento Valeria Vallese Specialista artedesign@finarte.it
Davide Battaglia Tel +39 02 33638026 d.battaglia@finarte.it
DIPINTI E DISEGNI ANTICHI Valentina Ciancio Capo Dipartimento Tel +39 06 6791107 v.ciancio@finarte.it
GIOIELLI, OROLOGI E ARGENTI Fabio Nussenblatt Capo Dipartimento Tel +39 02 33638024 Tel +39 06 6791107 f.nussenblatt@finarte.it Clara Arata Senior Specialist Tel +39 02 33638024 Tel +39 06 6791107 c.arata@finarte.it
LUXURY FASHION Margherita Manfredi Capo Dipartimento Tel +39 02 3363801 m.manfredi@finarte.it
Marica Rossetti Tel +39 06 6791107 m.rossetti@finarte.it
FOTOGRAFIA Roberto Mutti Capo Dipartimento r.mutti@finarte.it
LIBRI, AUTOGRAFI E STAMPE Silvia Ferrini Capo Dipartimento Tel +39 06 6791107 s.ferrini@finarte.it
COMMISSIONI D’ACQUISTO / OFFERTE TELEFONICHE Costanza Baserga (Milano) Tel + 39 02 33638021 c.baserga@finarte.it
OPERATIONS SPEDIZIONI-ESPORTAZIONI Grazia Besana Tel + 39 02 33638021 g.besana@finarte.it
Marica Rossetti (Roma) Tel +39 06 6791107 m.rossetti@finarte.it
AMMINISTRAZIONE COMPRATORI/VENDITORI Sara Cremonesi (Milano) Tel. + 39 02 33638023 s.cremonesi@finarte.it
Finarte Auctions S.r.l. Sede Legale: Via Paolo Sarpi n. 6 - 20154 Milano (MI) – I | Tel.: +39 02 3363801 | PEC: finarte@pec.net Registro Imprese Milano REA: 2570656| Codice Fiscale e P. IVA: 09479031008 Website: www.finarte.it | Email: info@finarte.it
NUMISMATICA Camillo Filetti Capo Dipartimento Tel +39 02 3363801 c.filetti@finarte.it OROLOGI Alessio Coccioli Senior Specialist Tel +39 02 3363801 a.coccioli@finarte.it VINI E DISTILLATI Guido Groppi Tel +39 02 3363801 g.groppi@finarte.it
Chiara Mancini (Milano) Tel. + 39 02 33638023 amministrazione.milano@ finarte.it Viola Marzoli (Roma) Tel +39 06 6791107 amministrazione.roma@ finarte.it
Il sottoscritto Nome e Cognome /Società Numero cliente Indirizzo
OFFERTA SCRITTA/ TELEFONICA N°10021 Arte Africana 13 ottobre 2021
Offerta scritta Offerta telefonica (Barrare l’opzione rilevante) Per cortesia inviare entro le 24 ore prima dell’orario di inizio dell’asta a:
Finarte Auctions S.r.l.. Via Paolo Sarpi 6 20154 Milano Tel.: +39 02 3363801 Fax :+39 0228093761 Email: info@finarte.it
Città
C.A.P.
Telefono
Codice fiscale – Partita Iva con la sottoscrizione del presente modulo, dichiara di aver preso visione e di accettare senza riserve le Condizioni Generali di Vendita che gli sono state consegnate da Finarte Auction S.r.l. (“Finarte”) e che sono stampate sul catalogo dell’asta, pubblicate sul sito internet di Finarte e affisse nella sala d’asta nonché conferisce a Finarte l’incarico di: (a) formulare offerte per suo conto alla sopra indicata asta per il/i seguente/i lotto/i e sino al/ai prezzo/i indicato/i; (b) contattarlo telefonicamente – al numero di telefono sopra indicato – al momento in cui verranno offerti in vendita il/i seguente/i lotto/i al fine di poter formulare una o più offerte telefoniche. Qualora Finarte non riuscisse a contattare il sottoscritto telefonicamente o la comunicazione fosse interrotta durante l’asta, Finarte potrà formulare per suo conto la/le covering bid indicate di seguito.
LOTTO
DESCRIZIONE
OFFERTA SCRITTA (€) COVERING BID* (€) (COMMISSIONE DI ACQUISTO ESCLUSA)
(FACOLTATIVO)
Finarte si riserva il diritto di non accettare le offerte che non perverranno entro le 24 ore prima dell’inizio dell’asta. Numero di paletta (solo per uso interno) Paddle number (for office use only)
Avviso agli offerenti
La preghiamo di allegare al presente modulo copia della propria carta di identità o del proprio passaporto. Qualora Lei agisca per conto di una società, è pregato di allegare copia dello statuto insieme al documento che La autorizza a presentare offerte per conto della società. In assenza di questa documentazione la Sua offerta può non essere accolta. Per lotti di valore rilevante Le potrà essere richiesta una referenza bancaria.
*L’offerta massima (commissione d’acquisto esclusa) che Finarte è autorizzata a formulare solo qualora Finarte non sia in grado di contattarLa telefonicamente o la comunicazione sia interrotta durante l’asta. Il sottoscritto é consapevole che l’offerta telefonica potrà essere registrata.Per ulteriori offerte, si prega di trasmettere un separato modulo.
In caso di offerta telefonica si intende implicitamente garantita l’offerta sulla base d’asta. Non si accettano offerte telefoniche: (i) riferite a lotti la cui stima minima di pre-vendita indicata in catalogo sia inferiore ad Euro 500,00; (ii) per un importo inferiore alla stima minima di pre- vendita.
Firma ______________________________________Luogo, data e ora ______________________
Il sottoscritto dichiara di approvare specificatamente, ai sensi dell’art. 1341 c.c., le seguenti clausole delle Condizioni Generali di Vendita: 2.6 (limitazione di responsabilità per schermo video); 2.7 (limitazione di responsabilità per danni subiti in occasione dell’esposizione dei lotti); 4.1.6 (facoltà di Finarte di rifiutare la partecipazione all’asta); 4.1.12 (facoltà del banditore); 4.1.13 (limitazione di responsabilità per schermo video); 4.2.5 (facoltà di Finarte di rifiutare la partecipazione all’asta del rappresentante); 4.3.5 (facoltà di Finarte di non accettare le offerte scritte considerate poco chiare o incomplete); 4.3.8 (esclusione offerte scritte illimitate o prive di importo); 4.4.6 (limitazione di responsabilità per le offerte telefoniche); 4.4.7 (validità offerte telefoniche); 4.4.8 (validità offerte telefoniche); 4.5.6. (limitazione di responsabilità per sito internet); 4.5.7 (limitazione di responsabilità per sito internet); 5.6 (limiti alla risoluzione in caso di “contraffazione”); 6 (obblighi dell’Acquirente e responsabilità di Finarte nei confronti degli Acquirenti); 7.11 (riserva di proprietà); 7.12 (clausola risolutiva espressa); 7.13 (effetti del ritardato pagamento da parte dell’Acquirente); 7.14 (effetti del mancato o ritardato pagamento da parte dell’Acquirente); 8.6 (conseguenze del ritardo nel ritiro); 9.1. (trasferimento del rischio); 9.2 (limitazione di responsabilità); 9.3 (limitazione di responsabilità per danni a cornici o a vetro); 9.4 (limitazione di responsabilità per eventi di forza maggiore; 10.3 (limitazione di responsabilità per imballaggio e trasporto); 16 (legge applicabile e giurisdizione). Firma _______________________________ Luogo e data _________________________ *** Letta e compresa l’informativa sul trattamento dei dati personali, contenuta all’art. 17 delle Condizioni generali di vendita pubblicate sul catalogo di Finarte e rilasciata ai sensi dell’art. 13 del Regolamento (UE) 2016/679, acconsento non acconsento all’invio di materiale pubblicitario e informativo su prodotti e servizi di Finarte a mezzo di sistemi automatizzati, quali e-mail, fax, sms o MMS, o a mezzo del servizio postale o di chiamate telefoniche con operatore; acconsento non acconsento
al trattamento dei dati per attività di profilazione finalizzate all’invio di comunicazioni commerciali su prodotti e servizi analoghi a quelli già acquistati (c.d. “soft spam”), nonché all’invio di materiale pubblicitario e informativo su prodotti e servizi di Finarte a mezzo di sistemi automatizzati, quali e-mail, fax, sms o MMS, o a mezzo del servizio postale o di chiamate telefoniche con operatore. Firma ______________________________
Luogo e data______________________
*** Ai sensi e per gli effetti del D. Lgs. 231/2007 recante, tra l’altro, misure in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, consapevole delle responsabilità penali e civili nonché degli effetti amministrativi derivanti dal rilascio di dichiarazioni mendaci o incomplete, il sottoscritto dichiara e garantisce: 1. di agire personalmente, ovvero – in caso di rappresentanza di terzi – di agire esclusivamente in nome e per conto del soggetto indicato nella procura consegnata a Finarte; 2. che i fondi che utilizzerà in caso di aggiudicazione non sono di provenienza illecita; 3. nel caso in cui il sottoscritto sia una persona giuridica, che il titolare effettivo è il signor codice fiscale nato a
il
residente in (nel caso in cui vi sia più di un titolare effettivo si prega di informare Finarte affinché possa fornirvi un modulo con un numero maggiore di caselle). 4. che né il sottoscritto né il titolare effettivo del sottoscritto sono Persona Politicamente Esposta né familiari di Persona Politicamente Esposta né soggetti con i quali una Persona Politicamente esposta intrattiene notoriamente stretti legami . Firma _______________________________ Luogo e data _________________________
1) Ai sensi dell’articolo 20, commi da 1 a 5, del D. Lgs. 231/2007, i criteri per la determinazione della titolarità effettiva di clienti diversi dalle persone fisiche sono i seguenti: “1. Il titolare effettivo di clienti diversi dalle persone fisiche coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo. 2. Nel caso in cui il cliente sia una società di capitali: a) costituisce indicazione di proprietà diretta la titolarità di una partecipazione superiore al 25 per cento del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica; b) costituisce indicazione di proprietà indiretta la titolarità di una percentuale di partecipazioni superiore al 25 per cento del capitale del cliente, posseduto per il tramite di società controllate, società fiduciarie o per interposta persona. 3. Nelle ipotesi in cui l’esame dell’assetto proprietario non consenta di individuare in maniera univoca la persona fisica o le persone fisiche cui è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile il controllo del medesimo in forza: a) del controllo della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria; b) del controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria; c) dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante.4. Nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, sono cumulativamente individuati, come titolari effettivi: a) i fondatori, ove in vita; b) i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili; c) i titolari di funzioni di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione. 5. Qualora l’applicazione dei criteri di cui ai precedenti commi non consenta di individuare univocamente uno o più titolari effettivi, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica.” 2) Ai sensi dell’art. 1 comma 2, lett. dd), del D. Lgs. 231/2007 sono: “A) PERSONE POLITICAMENTE ESPOSTE: le persone fisiche che occupano o hanno cessato di occupare da meno di un anno la carica di: (a) Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Ministro, Vice-Ministro e Sottosegretario, Presidente di Regione, assessore regionale, Sindaco di capoluogo di provincia o città metropolitana, Sindaco di comune con popolazione non inferiore a 15.000 abitanti nonché’ cariche analoghe in Stati esteri; (b) deputato, senatore, parlamentare europeo, consigliere regionale nonché’ cariche analoghe in Stati esteri; (c) membro degli organi direttivi centrali di partiti politici; (d) giudice della Corte Costituzionale, magistrato della Corte di Cassazione o della Corte dei conti, consigliere di Stato e altri componenti del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana nonché’ cariche analoghe in Stati esteri; (e) membro degli organi direttivi delle banche centrali e delle autorità indipendenti; (f) ambasciatore, incaricato d’affari ovvero cariche equivalenti in Stati esteri, ufficiale di grado apicale delle forze armate ovvero cariche analoghe in Stati esteri; (g) componente degli organi di amministrazione, direzione o controllo delle imprese controllate, anche indirettamente, dallo Stato italiano o da uno Stato estero ovvero partecipate, in misura prevalente o totalitaria, dalle Regioni, da comuni capoluoghi di provincia e città metropolitane e da comuni con popolazione complessivamente non inferiore a 15.000 abitanti; (h) direttore generale di ASL e di azienda ospedaliera, di azienda ospedaliera universitaria e degli altri enti del servizio sanitario nazionale; (i) direttore, vicedirettore e membro dell’organo di gestione o soggetto svolgenti funzioni equivalenti in organizzazioni internazionali; B) FAMILIARI: (a) i genitori e il coniuge; (b) la persona legata in unione civile o convivenza di fatto o istituti assimilabili alla persona politicamente esposta, (c) i figli e i loro coniugi (d) le persone legate ai figli in unione civile o convivenza di fatto o istituti assimilabili; C) SOGGETTO CON IL QUALE LE PERSONE INTRATTENGONO NOTORIAMENTE STRETTI LEGAMI: (a) le persone fisiche che, ai sensi del presente decreto detengono, congiuntamente alla persona politicamente esposta, la titolarità effettiva di enti giuridici, trust e istituti giuridici affini ovvero che intrattengono con la persona politicamente esposta stretti rapporti d’affari; (b) le persone fisiche che detengono solo formalmente il controllo totalitario di un’entità notoriamente costituita, di fatto, nell’interesse e a beneficio di una persona politicamente esposta”.