FitMed n°4-10

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Fit med

online

Anno 2 numero 4 - aprile La rivista online per i professionisti del settore

FOCUS: soprappeso e obesità Uno sguardo d’insieme Fitness metabolico Management del Jumper’s knee negli sport di salto

Il cibo: piacere sostitutivo Questioni di classificazione

Le manualità della tecnica passivattiva

L’innovazione? Al FuoriFiera 2010

Il linguaggio non verbale nel fitness e nella vita quotidiana News, fiere, convegni, corsi di aggiornamento professionale


ANNO 2 N°4 APRILE 2010 Fitmed online è una rivista mensile di aggiornamento che si rivolge a imprenditori, manager, opinion leader, professionisti che operano nel mondo del fitness, benessere, prevenzione e salute. Propone articoli riguardanti metodiche di allenamento, rieducazione funzionale, alimentazione, prevenzione e benessere, marketing e management. Editore Alea Edizioni di Alessandro Lanzani via G. Sapeto, 5 - 20123 Milano Redazione e uffici via P. Orseolo, 3 - 20144 Milano tel. 0258112828 - fax 0258111116 fitmed@professionefitness.com redazione@professionefitness.com Direttore responsabile Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com

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Alea edizioni è una casa editrice specializzata in libri di finess, benessere e rieducazione funzionale, con più di 50 titoli a catalogo. Professione Fitness è una rivista bimestrale di aggiornamento per imprenditori e professionisti del settore, che da 16 anni propone articoli originali riguardanti metodiche di allenamento, rieducazione funzionale, alimentazione, prevenzione e benessere, impiantistica, marketing e management e tutto ciò che può servire a un'efficiente e moderna realtà che opera nel settore del fitness e del benessere. E distribuita tramite abbonamento postale a fitness club, centri fisioterapici e polisportivi, operatori di settore, luxury hotel, golf club, centri benessere, studi di architettura. Da oltre 25 anni la Scuola di Professione Fitness con i suoi corsi, master e stage ha contribuito alla formazione e all’aggiornamento di migliaia di operatori del settore, mettendo a loro disposizione un corpo docente selezionato e altamente qualificato. Rilascia diplomi e attestati di partecipazione accredidati dall’USACLI, ente di promozione spportiva riconosciuto dal CONI.

Redazione Mia Dell’Agnello mia@professionefitness.com - int. 212 Progetto grafico Stefano Frattallone Impaginazione Anita Lavoce Pubblicità Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com Hanno collaborato a questo numero Corrado Ceschinelli, Rosario D’Onofrio, M. Armeni, V. Manzi, Maurizio Ronchi, Fabio Grossi, Michela Verardo Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 578 del 20.12.93. L’Editore e l’autore non potranno in alcun modo essere responsabili per incidenti o danni provocati dall’uso improprio delle informazioni o delle immagini contenute nel materiale ricevuto; inoltre non necessariamente le opinioni pubblicate rispecchiano il pensiero dell’editore. Il materiale (testi, immagini e disegni) pervenuto in redazione non verrà restituito, anche se non pubblicato e viene considerato libero da diritti. La riproduzione del materiale apparso su Fitmed online in qualsiasi forma e per qualsiasi scopo non è consentita se non dietro richiesta scritta e firmata dal direttore responsabile e dall’editore. Per eventuali controversie il Foro di competenza è quello di Milano.

Gestione dati digitali Lidia Di Giovanni ldigiovanni@professionefitness.com - int. 218 Amministrazione Luciana Iritano liritano@professionefitness.com - int. 219 La Scuola di Professione Fitness Francesco Capobianco fcapobianco@professionefitness.com - int. 217

LE AZIENDE CHE HANNO PARTECIPATO ALLA REALIZZAZIONE DI QUESTO NUMERO Top Fitness Group Reed Exhibition Alcan Airex

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Sommario

Sommario

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CORSI DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE FIERE E CONVEGNI NEWS

Sommario

RUBRICHE

FOCUS: SOPRAPPESO E OBESITÀ 8

UNO SGUARDO D’INSIEME di Mia Dell’Agnello

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QUESTIONI DI CLASSIFICAZIONE di Alessandro Lanzani

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FITNESS METABOLICO Un nuovo punto di vista di Alessandro Lanzani

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IL CIBO: PIACERE SOSTITUTIVO di Corrado Ceschinelli

COMMUNITY BUSINESS 5

L’INNOVAZIONE? È AL FUORIFIERA 2010 a cura della redazione

ALLENAMENTO E REHAB 26

MANAGEMENT DEL JUMPER’S KNEE NEGLI SPORT DI SALTO Analisi retrospettiva della letteratura di Rosario D’Onofrio, M. Armeni, V. Manzi

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LE MANUALITÀ DELLA TECNICA PASSIVATTIVA: il tronco e gli arti superiori di Maurizio Ronchi

MANAGEMENT & MARKETING 36

IL LINGUAGGIO NON VERBALE nel fitness e nella vita quotidiana di Michela Verardo e Fabio Grossi


Raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della SanitĂ

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L’innovazione?

Intendi partecipare alla “roulette russa” di ridimensionamento del mercato del fitness o vuoi provare a generare nuovi servizi efficaci utili e profittevoli?

FuoriFiera 2010 rrivano dei momenti in cui con serenità occorre prendere delle decisioni. E a noi piace prendere decisioni. Il fitness 1.0 fatto ha concluso il suo ciclo. Ha dato soddisfazione a molti, anche a noi. Ma è giunto il momento di cambiare. Il modello non funziona più, i fattori sono molti, anche esterni al settore del fitness. La globalizzazione, la diminuzione del potere d’acquisto degli stipendi non dipendono certo dagli operatori del fitness, ma illudersi di non dover fare i conti con questi mutamenti non può che ritardare il momento delle scelte con l’aggiunta di danno a danno. E la scelta delle scelte è il primato del servizio sul vecchio modello: un vecchio fitness basato sull’affitto indifferenziato di macchine tecnologiche e spazi contenitori chiamati “palestre”. Il fitness 2.0 è il servizio alla persona. Può e deve essere declinato in tanti modi: posturale, cardiovascolare, preventivo, metabolico, motorio, ma deve essere comunque servizio di qualità per una popolazione sedentaria e analfabeta dal punto di vista motorio. Certo, rimane il

A

mercato del divertimento del fitness, ma darà da vivere a non più del 70% del settore in Italia: per il restante 30% le chiusure sono già una realtà. Le ragioni? Diminuiscono i giovani, aumentano gli anziani e i giovani non hanno capacità di spesa: scusate se è poco. Intendi partecipare a questa “roulette russa” di ridimensionamento del mercato o vuoi provare a generare nuovi servizi efficaci utili e profittevoli? Allora vieni a Rimini: FuoriFiera 2010. Che tu sia operatore, imprenditore, personal trainer quest’anno sei incerto se andare a Rimini? Ebbene vieni! Almeno un buon motivo c’è. Al FuoriFiera 2010 presenteremo un approccio nuovo. Vuoi scrivere con noi la pagina del fitness 2.0? Ci puoi trovare all’hotel Continental di Rimini venerdi 14 e sabato 15 maggio. Cominciamo con questi argomenti. - Pilates: come rilanciare una grande opportunità per questo settore; una giornata di formazione ripetuta venerdì e sabato. - Il fitness metabolico: la metologia che sta dando lavoro a un numero sempre maggiore di personal trainer e palestre; una giornata di formazio-

ne venerdì. - Come aprire un nuovo centro motorio basato sui servizi di personal trainer; una giornata di formazione sabato. - Novità assoluta il programma di formazione on line 2010 – 2011 organizzato dalla Scuola di Professione Fitness: nuove metodologie, contenuti e approcci per la nuova sfida. Rivolto a personal trainer, centri fitness e gruppi di fitness club. Presentazione sabato dalle 17 alle 18. Alessandro Lanzani, medico specialista in medicina dello sport Luca Mazzotti, dottore commercialista specializzato nell’amministrazione di centri fitness Gianni Dapri, architetto specializzato nella progettazione di centri motori Luca di Giovanni, architetto specializzato nella progettazione di nuovi centri motori Marco Ciervo, laureato in Scienze Motorie, responsabile Clinical Pilates Roberto Vianini, medico esperto Pilates, responsabile Pilatech Francesco Capobianco, coordinamento Scuola di Professione Fitness Michele Pitti, personal trainer, docente della Scuola di Professione Fitness


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FuoriFiera 2010 Rimini, 14 – 15 Maggio

Workshop Tecnico

Work in progress

venerdì 14 maggio Pilates: L’opportunità per uscire dalla crisi

Sala 3 Diabete e Fitness Metabolico

Nel fitness 2.0 il Pilates non può più essere venduto con i

Nuove Misurazioni antropometriche strumenti

metodi e le strategie applicate fino a oggi.

appropriati.

Relatori: Marco Ciervo – Roberto Vianini

La giornata ha la finalità di chiarire ai professionisti del

Programma

settore le ultime novità e i nuovi protocolli esecutivi di

h 10.00 COMUNICAZIONE. Come i mass media stanno

valutazione e trattamento per i soggetti che intraprendo

Sala 1 Clinical Pilates

degradando l’immagine del metodo pilates h 10.30 STRATEGIA. L’approccio al Pilates che ti aiuterà a uscire dalla crisi h 11.00 TECNICA. Le tre P del metodo: pilates postura

l'attività fisica. Saranno presentate due novità assolute: il (BFI) Body Fat Index e l'indice globale di rischio (GRI) Global Risk Index.

propriocettività

Programma

h 11.30 Pausa caffè

h 10.00 Sindrome metabolica e diabete. Le linee

h 11.45 LEZIONE PRATICA. Dimostrazione tecnica e

guida dell’Organizzazione mondiale della sanità

nuove soluzioni esecutive con gli attrezzi pilates

h 11.00 Dalla diagnosi medica alla classificazione

h 13.00 Pranzo

motoria per età, sesso e impegno funzionale

h 14.00 GESTIONE. L’analisi dei costi e la redditività del Pilates 2.0 h 14.30 MARKETING EMOZIONALE. La necessità di un imprinting corticale per aiutarti a trasformare il tuo

h 12.00 Gestione dei rapporti con il medico curante. Esempi pratici. h 13.00 Break pranzo

centro di fitness

h 14.00 Fix funzionali: come misurare la riserva

h 15.00 GESTIONE. La gestione del cliente: uno a uno,

funzionale in assenza di rischi.

uno a pochi uno a molti.

h 15.00 Accessori di monitoraggio scelti secondo il

Conclusione e discussione.

criterio dell’appropriatezza funzionale. h 16.00 Strumenti operativi per il personal

Sala 2 Workshop Tecnici di Clinical Pilates e Pilatech

metabolico Body Fat Index e l’indice globale di “rischio/prevenzione”: Global Risk Index.

HOTEL CONTINENTAL E DEI CONGRESSI - V.le C.Vespucci 40 - 47900 Rimini Marica Centro WWW.PROFESSIONEFITNESS.COM - TEL 02 58112828 - INFOSCUOLA@PROFESSIONEFITNESS.COM


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FuoriFiera 2010 Rimini, 14 – 15 Maggio

Workshop Tecnico

Work in progress

sabato 15 maggio Sala 1 Clinical Pilates Pilates: L’opportunità per uscire dalla crisi Nel fitness 2.0 il Pilates non può più essere venduto con i metodi e le strategie applicate fino a oggi. Relatori: Marco Ciervo – Roberto Vianini

Programma h 10.00 COMUNICAZIONE. Come i mass media stanno degradando l’immagine del metodo pilates h 10.30 STRATEGIA. L’approccio al Pilates che ti aiuterà a uscire dalla crisi h 11.00 TECNICA. Le tre P del metodo: pilates postura propriocettività h 11.30 Pausa caffè h 11.45 LEZIONE PRATICA. Dimostrazione tecnica e nuove soluzioni esecutive con gli attrezzi pilates h 13.00 Pranzo h 14.00 GESTIONE. L’analisi dei costi e la redditività del Pilates 2.0 h 14.30 MARKETING EMOZIONALE. La necessità di un imprinting corticale per aiutarti a trasformare il tuo centro di fitness h 15.00 GESTIONE. La gestione del cliente: uno a uno, uno a pochi uno a molti. Conclusione e discussione.

Sala 2 Workshop Tecnici di Clinical Pilates e Pilatech COSTI DI PARTECIPAZIONE per iscrizioni entro il 30 aprile: 70 euro per la singola giornata, 120 euro per entrambe le giornate per iscrizioni entro il 10 maggio: 100 euro per la singola giornata, 160 euro per entrambe le giornate per iscrizioni all’ingresso, prima dell’inizio del workshop, previa disponibilità di posti: 130 euro I costi si intendono IVA inclusa infoscuola@professionefitness.com

Sala 3 Come aprire un nuovo centro motorio Operatività e concretezza

Programma h 10 – 11.30 Dott. commercialista Luca Mazzotti - le ragioni sociali dei nuovi centri motori: criteri di scelta - Partita iva individuale - Società sportiva - Società sportiva in regime agevolato - Società commerciale h 11.45 -13.00 Studio associato Puddu Arch. Gianni Dapri e Arch. Luca di Giovanni - La distribuzione degli spazi con strutture da 100, 200, 300 metri quadri - La reception con strutture piccole, medie e grandi - La sala di valutazioni funzionali - Come cambiano gli spazi logistici a seconda della struttura - Requisiti delle sale uno a uno, uno a pochi, uno a molti h 13.00 Break pranzo h 14.00 -17.00 Francesco Capobianco - Michele Pitti - Esame obiettivo motorio del personal trainer - Quali strumenti e quali misure nella sala di valutazione? - L’anamnesi motoria - Esame obiettivo motorio - Le misurazioni di base standard - Le misurazioni cardiovascolari - Le misurazioni posturali - Gli strumenti e le misure analizzate


focus soprappeso e obesità

CON LINK DI APPROFONDIMENTO Nonostante i progressi compiuti dalla medicina, l’aspettativa di vita delle prossime generazioni sarà inferiore a quella attuale. E questo è un orribile paradosso.

Uno sguardo d’insieme

di Mia Dell’Agnello mia@professionefitness.com

oprappeso e obesità sono due argomenti difficili da trattare, indagare e definire e più ci si addentra nella “materia” più se ne scopre la vastità. Dopo aver letto un po’ di tutto a riguardo, se ne può uscire con una sola, limpida certezza: non è pensabile inquadrare la questione solo in termini di consumi calorici. Di conseguenza, la presa in carico di una persona in soprappeso richiede, prima di tutto, che si parta da questa consapevolezza: se l’intervento sarà limitato e circoscritto alla sola somministrazione di attività fisica, l’insuccesso sarà quasi sempre inevitabile.

S

QUANDO NUMERI E DEFINIZIONI NON AIUTANO Soprappeso e obesità non sono la stessa cosa, anche se per la maggior parte dei media non è così; c’è da dire che anche la divulgazione istituzionale, e a volte addirittura quella scientifica, peccano dello stesso pressappochismo, mischiando dati e statistiche che narrano di una razza umana destinata a soccombere sotto il proprio peso. In Italia, secondo le recenti dichiarazioni del direttore del Centro studi sull'obesità dell'università di Milano, Michele Carruba, nel giro di pochi mesi siamo passati da una percentuale del 36% di persone in soprappeso al

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50%. Io mi guardo in giro, ma non li vedo mica tutti questi ciccioni: il 50%... non ci credo, guarda un po’, e non mi vergogno a dirlo. Anche l’OMS stenta a portare chiarezza. La classificazione di riferimento (vedi articolo seguente) si basa su di un parametro che è già di per se stesso discutibile: il BMI, secondo il quale Arnold Schwarzenegger rientra nel girone degli obesi. E ancora, all’obesità e al soprappeso si associano parole come epidemia e pandemia, riferibili solo a malattie infettive trasmissibili per contagio, la seconda con l’aggravante di una diffusione globale ed elevata mortalità. Non si capisce perché, a questa stregua, non si defini-


focus soprappeso e obesità sca anche il cancro come una malattia pandemica. Inoltre, come è possibile definire il soprappeso una malattia? A dire il vero, io opinerei anche sull’obesità, ma sul soprappeso non ci possono essere fraintendimenti: si chiama fattore di rischio, non malattia. E non si tratta si speciosità letteraria, di raffinatezza linguistica: qui è un problema di pertinenze. La malattia la cura il medico, con il suo corollario di strutture, esami, farmaci. Il soprappeso non è una condizione da “curare”. Se è vero che la definizione di salute data dall’OMS è espressione di progresso ("stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia"), è vero anche che include, volendo, un orribile tranello: non è che, una volta svincolato il concetto di salute dalla stretto significato di “assenza di malattie”, apriamo la strada a nuove interpretazioni di processi finora considerati fisiologici?

plina. Se sei grasso è colpa tua. Se fai spendere tanti soldi allo stato per la tua assistenza sanitaria devi assumerti parte di quelle spese. È di questo parere il Prof. Arsenio Veicsteinas, Ordinario di Fisiologia Umana, Direttore dell’Istituto di Esercizio Fisico, Salute e Attività Sportiva, Università degli Studi di Milano che, in modo provocatorio, ha dichiarato che il Servizio Sanitario

L’ASPETTO SOCIO-CULTURALE: VITTIME O COLPEVOLI? Le posizioni rispetto alla questione sono molto differenti. Un modello condiviso da molti è quello educativo-colpevolizzante, che si basa sull’assoluta certezza che tutto il problema sia racchiuso nel “Big Two”, ovvero cibo e attività fisica, le uniche due variabili (a parte nei casi di obesità patologica) da cui dipende l’accumulo di adipe. Noi siamo delle macchine che necessitano di energia per lavorare; l’energia è il cibo. Se ne assumiamo in dosi e modalità corrette, la macchina è in equilibrio, altrimenti, se questo rapporto si altera per eccesso di cibo o scarsità di attività fisica o per entrambi i fattori, la macchina uomo accumula grasso. Per cui, i rimedi sono facili ed evidenti: il soprappeso è ricondotto a una questione di volontà e autodisci-

Nazionale dovrebbe richiedere un “ticket aggiuntivo” ai soggetti in soprappeso, ma sani, che richiedono visite mediche specialistiche ed esami integrativi. Da questa posizione educativo-colpevolizzante partono alcune iniziative politiche “curiose”, come il programma “Pounds for pounds” in fase di sperimentazione nell'Essex, Regno Unito. In pratica, ogni partecipante,

obbligatoriamente caratterizzato da forte soprappeso, sarà premiato dal servizio sanitario britannico con una sterlina (sotto forma di buoni shopping) per ogni chilo buttato giù. A questo stesso modello si ispirano le cosiddette “fat tax” adottate in diversi paesi del mondo, Stati Uniti in primis, con differenti modalità di attuazione, tendenti comunque a colpire economicamente produttori, fruitori e “portatori” di grasso. Sulla stessa linea la decisione presa da diverse compagnie aeree di far pagare un sovrapprezzo alle persone obese, perché di fatto occupano due sedili o comunque perché fanno consumare più carburante (così come si paga un extra per il bagaglio che supera un certo peso…). Alcune università americane a numero chiuso selezionano gli studenti anche in base al peso, mentre altre non rilasciano i diplomi di laurea a chi valica la soglia massima di BMI. E ancora, alcune società di assicurazioni fanno pagare una sovrattassa per l'assicurazione sanitaria alle persone in soprappeso. Secondo Jason Docherty, presidente della National Association to Advance Fat Acceptance "l'America è la nazione del politically correct, dove in linea di principio non è consentito neppure fare dell'ironia in base al sesso, all'etnia, alla religione. L'unico caso in cui è diventato accettabile una sorta di linciaggio psicologico, è contro gli obesi".

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FAT-ISM Un’altra posizione, diametralmente opposta a quella educativo-colpevolizzante, è quella che riconosce nell’obesità un fortissimo aspetto invalidante, sia legato a disabilità fisiche, che psicologiche e sociali. È di questo avviso Matilde Leonardi, Neurologo e Pediatra dell’Istituto Neurologico "C. Besta" di Milano, che da anni si occupa dei

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focus soprappeso e obesità

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temi legati alla disabilità. Nella definizione di disabilità l’ambiente è l’elemento indispensabile per poterne dare una definizione: la disabilità nasce dal rapporto fra un corpo e un ambiente che non sono totalmente compatibili. Intervenire sulla sola menomazione è un’azione di tipo fallimentare, soprattutto perché spesso si ha a che fare con problemi cronici. Quindi è necessario puntare non solo al miglioramento della funzionalità corporea, ma anche e soprattutto sulla partecipazione sociale. Alla persona obesa viene negato un ruolo sociale e se a questo aggiungiamo che l’indice di massa corporea è più elevata tra i più bassi gruppi socio-economici, appare evidente come il soggetto obeso sia ad altissimo rischio di emarginazione. “Fatism” è il termine utilizzato per definire l’atteggiamento discriminatorio contro le persone soprappeso e obese, ritenute nel pensare comune di essere pigre, con poco controllo, di umore instabile, poco attente all’igiene personale: le persone obese sono considerate responsabili della loro condizione e un corpo imperfetto riflette una persona imperfetta. Trovo bellissima l’interpretazione che Luisa Stagi (dottore di ricerca in Sociologia e Metodologia della ricerca sociale) fa della bulimia come la risposta più conforme alle attese della società; una società che da una parte richiede di consumare e dall’altra esige corpi magri, da una parte spinge all’edonismo e dall’altra premia l’autocontrollo. La persona bulimica si accetta attraverso l’accettazione dell’altro. Da questo punto di vista, al contrario, l’obeso è disprezzato ed emarginato perché non si attiene alle richieste della società, o almeno lo fa solo in parte, consumando.

BIG TWO: UNA TEORIA SUPERATA La teoria del Big Two negli Stati Uniti è stata da anni messa in discussione, fondamentalmente perché, si è rilevato, non è più sufficiente a spiegare l’impennata di obesità degli ultimi anni. Pur non volendo dar peso ai numeri, è inne-

gabile che una visita alle terre d’oltreoceano sia sufficiente per rendersi conto della portata del fenomeno: impressionante. Proprio nella patria del fitness, del jogging, dello sport scolastico nella sua più ampia espressione. E davanti a questa moltitudine, anche la posizione educativo-colpevolizzante basata sulla responsabilità soggettiva fa acqua da tutte le parti. Ma la mente vergine europea, oltre alle carni in eccesso, nota anche altre cose. Prima di tutto, in questo paese è impossibile sfuggire al cibo, offerto ovunque, a qualsiasi ora, nelle sue infinite varietà. Poi c’è il fenomeno del supersizing, legato al “principio dell’ingordigia” secondo il quale più le dosi sono

abbondanti più mangi, indipendentemente dall’appetito. Quindi le porzioni sono più abbondanti che da noi, così come è maggiore, e parrebbe senza controllo, la pubblicità che partecipa attivamente alla costruzione di un ideale alimentare nei bambini e ragazzi a base di junk food. Ma questa spinta ambientale al consumo di cibo non basta ancora a giustificare l’aumento del popolo degli obesi, che pare sia raddoppiato negli ultimi 30 anni. Così, indagando fra predisposizione genetica, termodinamica, disfunzioni metaboliche e altre espressioni di alterata fisiologia, qualcuno ha pensato di sollevare il coperchio di uno dei comparti più potenti dell’economia americana: l’industria agroalimentare. Il nostro cibo è cambiato più negli ultimi 30 anni che nei mille precedenti, sia come quantità e qualità degli ingredienti che come preparazione. Un esempio eclatante è fornito dallo sciroppo glucosio-fruttosio estratto dal mais (HFCS) che, a partire dagli anni ’80, negli States ha sostituito lo zucchero contenuto in quasi tutti i preparati alimentari e bibite gassate. Un’analisi molto interessante è proposta dal libro “Toxic. Obesità, cibo spazzatura e malattie alimentari: inchiesta sui veri colpevoli” di William Reymond, un viaggio nell’alimentazione made in USA alla scoperta delle manipolazioni che, partendo dai produttori agricoli, allevatori, aziende farmaceutiche, esperti di marketing, finiscono direttamente nei piatti dei cittadini americani. Tralasciando gli aspetti di politica economica molto ben analizzati, Reymond riporta una serie di studi scientifici compiuti negli ultimi anni secondo i quali la differente composizione molecolare rispetto allo zucchero determinerebbe una mancata stimola-

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focus soprappeso e obesità

possessarsi dell’anima di un’intera generazione”. Il problema è quindi anche culturale e l’Europa deve stare bene attenta alle posizioni che assumerà nel suo legiferare. La contaminazione, del resto, è già cominciata, se è vero che il 9 novembre del 2006 Markos Kyprianou, membro della commissione europea per la salute e la protezione dei consumatori, si è pubblicamente congratulato con Coca-Cola e Mc Donald’s per il loro impegno nella lotta all’obesità! zione di produzione di insulina, aggirando i normali meccanismi di regolazione dell’appetito. Simpatiche anche le informazioni sull’industrializzazione dell’allevamento, dove l’uomo ha letteralmente alterato i normali processi di evoluzione di polli, maiali, mucche, per massimizzare i profitti a suon di mangimi tossici, ormoni e antibiotici, che finiscono poi per diventare parte del nostro cibo. Per non parlare della rivoluzione compiuta “grazie” all’utilizzo massiccio degli acidi trans, presenti nel 40% dei prodotti alimentari americani. L’obesità, conclude Reymond, deve essere interpretata come il risultato dell’interazione tra l’uomo e il suo ambiente, ma certo non si tratta di una fatalità. “L’industria agroalimentare non è responsabile solo di aver camuffato la natura della nostra alimentazione… nella loro corsa al guadagno alcune aziende hanno semplicemente cercato di im-

L’INTERVENTO EDUCATIVO IN ITALIA. CASE HISTORY A. è un bambino grasso. Lo è da sempre, così come grassi sono i suoi genitori. Se lo chiamano “ciccione” lui si arrabbia, e mena a destra e a manca. Risparmia solo i suoi amici, gli unici che hanno il diritto di prenderlo un po’ in giro. La mamma ha provato a iscriverlo a diversi corsi sportivi, ma A., sconfortato e annoiato, si è sempre ritirato. Negli ultimi due anni la sua classe ha fatto da cavia per la compilazione di statistiche sul soprappeso e obesità nell’età infantile. I bambini sono stati sottoposti a diverse indagini da parte di organizzazioni accreditate a vario titolo: misurazioni, controlli, questionari sullo stile di vita dei ragazzini e delle loro famiglie. Un gior no gli “esperti” hanno consegnato ai bambini i risultati delle misurazioni, in busta aperta. I bambini ovviamente hanno letto e confrontato.

Sul foglio di A. c’era scritto “obeso” e lui si è messo a piangere: nessuno si era preoccupato di spiegargli alcunché, e lui pensava che obeso volesse dire “stupido”. L’intervento “educativo” della scuola è stato quello di proporre un corso di educazione alimentare, tenuto dalla maestra di scienze e utilizzando come supporto un libricino, “Nutrikids”, marchiato Nestlé. Alla fine del programma, come esercitazione, i bambini sono stati invitati a inventarsi degli slogan pubblicitari che promuovessero una sana alimentazione. Inoltre, hanno risposto a un questionario scritto per verificare i livelli di apprendimento. Alla domanda: “fai un esempio di cereale” alcuni hanno scritto “i Cocopops”. La maestra di scienze è la stessa che dovrebbe impartire le lezioni di educazione motoria, due ore curricolari (quindi inderogabili) alla settimana. In realtà queste ore molto spesso non vengono svolte, per i seguenti motivi: - piove (la palestra è situata esternamente all’edificio scolastico); - nevica (vedi sopra); - c’è un ritardo nel programma di matematica, geometria, scienze (la maestra è la stessa); - i bambini si sono comportati male, quindi non meritano di andare in palestra: l’attività motoria è in premio, un divertimento, un gioco, mica una materia. Ora A., tirato dentro dagli amici, si è iscritto a un corso di calcio, di quelli dove lo sport è ancora sport, con tutti i suoi valori appresso. È seguito, direi quasi amato, anche se lui fa una fatica porca. Non riesce neanche a correre e deve spesso ingoiarsi le beffe degli altri giocatori: del resto è sempre così, ogni volta che deve inserirsi in un nuovo gruppo sa di dover pagare il fio. Ultimamente ha rinunciato a indossare i pantaloncini, per assicurarsi una presa in giro di meno. Però c’è, lì nel campo, sempre trafelato, con il suo allenatore che gli grida “bravo A., dai che ce la fai”. Ma a me sembra che sia tanto solo.


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focus soprappeso e obesità

CON LINK DI APPROFONDIMENTO

Questioni di

classificazione di Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com

k Lin

ntriamo subito nel vivo dell’argomento presentandovi la classificazione internazionale dell’Organizzazione Mondiale di Sanità, pubblicata nel 2004, che si basa sul BMI (Body Mass Index), o indice di massa corporea. Il BMI è un valore numerico ottenuto dal rapporto fra il peso espresso in chili e l'altezza espressa in metri al quadrato: BMI = P (kg)/h (m2). È l'indicatore oggi più utilizzato nella valutazione clinica e nella classificazione del soprappeso e dell'obesità (Fig. 1). Nonostante offra una classifica corretta dei diversi livelli di obesità in classi progressive di rischio e proponga una differenziazione per piccoli intervalli, individuando quindi delle sottocategorie più raffinate, a mio parere presenta più di un difetto. Per esempio, non tiene conto né del sesso né dell’età, due fattori che in qualche modo spostano i valori di riferimento. Inoltre, l’utilizzo del linguaggio non è del tutto corretto, spostandosi gradualmente verso diagnosi patologiche: definire un 25,2 come “preobeso” suona molto diverso che un “leggero sovrappeso”. Definire come “preobeso” i soggetti che hanno un sovrappeso da 25 a 25.99 non è speciosità letterale, ma pura comunicazione di massa. Quella

E

CLASSIFICAZIONE

Underweight Severe thinness Moderate thinness Mild thinness Normal range

BMI(KG/M≈) Principal cut-off points Additional cut-off points <18.50 <18.50 <16.00 <16.00 16.00 - 16.99 16.00 - 16.99 17.00 - 18.49 17.00 - 18.49 18.50 - 22.99 18.50 - 24.99 23.00 - 24.99

Overweight

< =25.00

Pre-obese

25.00 - 29.99

Obese

< =30. 00

Obese class I

30.00 - 34-99

Obese class II

35.00 - 39.99

< =30. 00 30.00 - 32.49 32.50 - 34.99 35.00 - 37.49 37.50 - 39.99

Obese class III

< =40.00

< =40.00

< =25. 00 25.00 - 27.49 27.50 - 29.99

Fig. 1. The International Classification of adult underweight, overweight and obesity according to BMI.(2004) Fonte Organizzazione mondiale della Sanità. Elaborazione grafica Professione Fitness.

comunicazione che poi viene ribaltata in infiniti documenti e media fino agli articoli divulgativi di rotocalchi e settimanali che, con uno scarso dominio professionale della materia, utilizzano un linguaggio che punta più sull’ansia e sul senso di

colpa che sulla consapevolezza e la trasformazione serena e graduale degli stili di vita. Consideriamo che il governo dell’informazione colpisce in questo modo il 33% della popolazione adulta italiana che cade nella categoria so-


focus soprappeso e obesità

Foto by d_vdm

Link

vrappeso e che viene trasformata con un colpo di bacchetta magica da un leggero sovrappeso in un “preobeso”: con una parola come “preobeso” abbiamo improvvisamente preoccupato qualcosa come 20 milioni di italiani, compresi quei 10 milioni che si trovano tra 25 e 27.5 e che sembrano avere un rischio molto vicino a quello dei normopeso. Il Body Max Index, infine, è un indice di massa che non differenzia il tipo di massa quantificato. Se immaginiamo una persona con un BMI di 30,16 la prima visione che abbiamo è di una persona in soprappeso, anzi, secondo la classificazione dell’OMS, sarebbe già un obeso. Immaginiamo di dare un peso e un’altezza reali a questa persona con BMI di 30.1 e decidiamo che sia alto m 1.88 per un peso di 106.46 kg. Come ce lo immaginiamo? Un macellaio in pensione? Un camionista in attività? Trattasi invece di Arnold Schwarzenegger, il numero 1 del culturismo al massimo della forma, le cui misure sono pubblicate in decine di siti: - Braccio 55,8 cm - Petto 145 cm - Vita 86 cm - Coscia 72 cm - Polpaccio 51 cm - Peso 106,5 kg - Altezza 188 cm.

UNA NUOVA INTERPRETAZIONE In realtà l'indice di massa potrebbe essere molto più utile se lo considerassimo un indice di sovraccarico. In questo caso tutto si mette in squadra ed è difficile capire come mai non se ne siano accorti coloro che lo hanno promosso e tutti quelli che lo hanno usato finora. L'indice di massa corporea divide un volume (il peso in chili) per una superficie arbitraria e convenzionale: l’altezza in m al quadrato. Sappiamo che le braccia estese corrispondono con buona approssimazione alla statura della persona: è la tipica immagine leonardesca dell'uomo Vitruviano, dove il quadrato è costruito sull'altezza e sulle braccia aperte dell'uomo. A questo punto immaginiamo come liquida la massa peso del corpo (in effetti la densità del corpo umano è molto vicina a quella dell'acqua, che ha peso specifico 1). Se versiamo 106.5 litri di acqua (la massa peso dell'esempio Arnold) in una vasca che ha una superficie di 3.53 m2 (la superficie quadrata dell'altezza di Arnorld) troviamo lo spessore dello strato di acqua: cioè 30.16 mm. Abbiamo indicizzato il corpo umano a una superficie (ad esempio quella di un materassino a due piazze): il BMI è lo spessore della nostra massa e quindi il nu-

mero finale sono i millimetri di spessore, e l'indice non è altro che la misura di un sovraccarico biologico di questo biomaterassino. Fino a 20 mm tutto bene, non ci sono problemi di vascolarizzazione del tessuto biologico, i capillari ce la fanno a penetrare in quello spessore; da 25 a 30 mm lo spessore comincia a generare difficoltà, sia per la vascolarizzazione che per il sostegno; oltre i 30 mm i capillari fanno fatica a irrorare il tessuto, il sostegno della struttura è problematico (artrosi da sovraccarico e collassamento della struttura su se stessa). Il biomaterassino supera i 35 mm? Ci saranno gravi problemi per mantenere irrorata con la pompa (il cuore) tutta questa massa, gravi difficoltà nell'autosostegno (collasso strutturale, artrosi ingravescente), difficoltà all'autotrasporto e sedentarismo. Oltre i 40 mm la vita del materassino è accorciata, la qualità del presente è peggiorata, il cedimento strutturale di qualche anello debole è imminente: un infarto periferico da mancata vascolarizzazione, un infarto della pompa (il cuore), un collasso delle strutture di sostegno (ossa e articolazioni). Questa è la chiave di lettura del Body Max Index: un indice di spessore che diventa tanto più svantaggioso quanto più si di-


focus soprappeso e obesità

Foto by d_vdm

scosta da una centralità biologica tra 20 e 25 mm. Questo svantaggio vale anche se la massa è data dal muscolo, sia per il sovraccarico (il peso comunque è peso anche se è muscolo), che per l'irrorazione (la massa è comunque massa da vascolarizzare). E purtroppo lo svantaggio è simbolicamente confermato dal nostro esempio – mito: Arnold nel 1997, a 50 anni di età, ha dovuto subire un intervento di sostituzione della valvola aortica. Una valvola usurata da anni di sovraccarichi sia per generare muscolo, sia per sopportare il peso (da sostenere) e la massa (da vascolarizzare). Vale l'inverso nel caso si sfondi al di sotto di 18/20: il biomaterassino è troppo fragile e troppo lontano dalle condizioni ottimali per cui si è autoselezionato in milioni di anni ovvero tra 20 e 25 millimetri. Ci riferiamo ovviamente agli stati anoressici. Link

LA CIRCONFERENZA ADDOMINALE La circonferenza addominale, o giro vita, è una misurazione che nella sua semplicità ha una buona effica-

cia, purché non si trasformi in un valore di giudizio e purché si tenga conto delle differenze individuali e dei fattori scala. Eppure, da strumento potenzialmente intelligente, è diventato, con un effetto domino amplificato dalla comunicazione di massa, uno standard di riferimento svuotato di significati, in cui si può parlare di obesità addominale, e quindi di grave rischio per la salute, se la circonferenza vita supera valori di 102 centimetri nei maschi e 88 nelle femmine. Perché proprio 102 cm e 88 cm? Ci sarà un valido motivo scientifico. La spiegazione è in uno studio pubblicato sul BMJ (British Medical Journal) nel luglio del 1995 dal titolo “Waist circumference as a measure for indicating need for weight management”. Ammesso e non concesso che si debba assegnare un valore di confine con valore universale, queste cifre espresse in centimetri e deprivate di qualsiasi contesto, rapporto e riferimento, danno proprio l'idea della totale approssimazione. La circonferenza vita è proporzionale alla superficie del

piano trasverso che “seziona” il corpo a livello della misurazione. Il valore di questa superficie non è assoluto, ma va correlato all'altezza della persona. Preso da solo non significa niente e in molti casi (in tutte le persone alte di statura) genera valori e giudizi peggiorativi. Se immaginiamo un uomo alto 165 cm e con una circonferenza di 100 cm possiamo sicuramente raffigurarci una persona affetta da obesità addominale; ma la stessa circonferenza di 100 cm su un uomo alto 1.90 cm rappresenta un soprappeso molto più modesto, compatibile con BMI di 26–27, ovvero con una sostanziale accettabilità del rischio. Se qualcuno dicesse pubblicamente che tutti i maschi che portano oltre il n. 42 di scarpe corrono il rischio di essere sproporzionati e che tutte le donne corrono lo stesso rischio se portano oltre il n. 37, sarebbe immediatamente “silenziato”, visto che tutti percepiscono che il numero di calzatura è correlato alla statura. Sul perché per anni si sia parlato solo di un valore assoluto, la circonferenza vita, e su questo si sia costruita una scala di ri-


focus soprappeso e obesità schi assoluti (non correlati quindi alla relatività dell'altezza individuale e per conseguenza alla relatività del rischio), e delle scale di giudizio che possono condizionare scelte di politica sanitaria di centinaia di miliardi di euro/mondo(si! la quantità è questa), ebbene su questo faccio fatica a fornire una risposta: che ognuno trovi la sua. Posso solo aggiungere che un’impostazione di questo genere: - offre un vantaggio economico certo a Big Pharma, che con queste risorse può generare un sistema sempre più perfetto di ricerca, divulgazione e informazione condizionata e non controllata; - offre un vantaggio dubbio e in alcuni casi uno svantaggio a milioni di persone; - genera un impegno notevole per i milioni di singoli, coinvolti per anni in assunzioni quotidiane di pillole, con annessi effetti collaterali e ulteriori monitoraggi e terapie su questi effetti; - dimenticandosi con nonchalance dei fattori scala, cioè dei principi più elementari della biofisica, della biomeccanica, dell'antropometria e del buon senso, costruisce un modello di rischio di politica sanitaria mondiale in cui la prima valutazione è sbagliata ed è essa stessa “rischiogena”, vale a dire funzionale a obiettivi economici a 12 zeri; Link - rinforza l’idea che si debba curare un rischio e non una malattia; attenzione, perché questo passaggio è delicato, ma fondamentale; è una grande responsabilità, perché si corre il rischio (o il vantaggio, dipende dai punti di vista) di trasformare tutti i sani in malati “di rischio”, il “rischio” come nuova patologia universale da cui tutti si “devono” curare. Il grande sogno di B.F. sta diventando realtà. La circonferenza della vita è una misura importante, ma deve essere correlata alla statura, perché questo è alla base del concetto universale di fattore scala. E questo è il Body Fat Index.

BODY FAT INDEX (BFI): INDICE DI GRASSO CORPOREO Nella definizione razionale è il rapporto tra la massima circonferenza addominale (CA) espressa in centimetri e la statura espressa in metri con due decimali. Esempio pratico: soggetto di cm 86 di (CA) e m 1.76 di altezza = 86 : 1.76 = 48,8 Proponiamo nella pagina seguente un esempio di tabella di riferimento in cui: CA = circonferenza addominale h = altezza in metri con due decimali BFI = Body Fat Index R = colori rischio: verde = no rischio oro = rischio basso rosso = rischio alto amaranto = rischio molto alto. Le gradazioni del rischio sono state attribuite seguendo il criterio che i fatidici 102 centimetri si riferissero a un uomo di statura media, valore che è posizionato intorno a m 1.76. Il che significa che se un uomo di m 1.76 ha una circonferenza di 102 cm, il suo BFI è di 57. Questo spartiacque coincide sostanzialmente con le tabelle di rischio internazionali. Tutte le altre tabelle tengono conto che, in soggetti più alti o più bassi, l'indice di rischio 57 viene ovviamente raggiunto a diversi valori di CA.Tutti i soggetti con lo stesso index hanno sostanzialmente un rischio equivalente, e comunque l'indice è immensamente più preciso del valore assoluto della sola circonferenza, con cui si sovrastimava il rischio dei soggetti alti e si sottostimava il rischio di quelli bassi. Per modulare l’informazione del BMI consigliamo fortemente di valutare il Body Fat Index, in modo da correlare la qualità del sovrappeso attraverso il rapporto circonferenza vita/altezza. In questo modo sarà possibile ottenere una misurazione semplice ed efficace per monitorare lo stato di soprappeso di una persona che distingua la componente lipidica (riserve di grasso) da quella proteica (muscoli). Ora possiamo comincia-

re a dire che un soggetto alto 1.88 m e di peso kg 106.5 ha un BMI di 30.16. Misurata la CA, se troviamo 86 cm il suo BFI è 45,74: è ottimo e siamo davanti ad Arnold. Se la CA è 108, il suo BFI è 57 e siamo davanti a un soggetto obeso con forte sovrappeso e accumulo addominale. Per prendere confidenza con questo indice diciamo che fino a 50 siamo in buona posizione; il soprappeso addominale aumenta da 50 a 57. Il valore di 57 è l'indice che rispetta le linee guida internazionali, considerando che i 102 centimetri di riferimento siano stati attribuiti a un uomo di altezza media. In ogni caso, con l'introduzione del BFI entrano finalmente in gioco i valori di gradualità e progressione e di aderenza alle singole caratteristiche individuali.

IL PESO RAGIONEVOLE La norma di buon senso prescinde dalla misura: è evidente che un centimetro in meno di circonferenza, a parità di massa magra, corrisponde a una quantità inferiore di grasso e a una riduzione del rischio. Il rischio è quantità-dipen-


focus soprappeso e obesità T a b e l l a B . F . I . u o m i n i corre l a t a c o n l a st a t u r a 1 . 7 4 – 1 . 8 0 C. A .

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dente e il confine assoluto non esiste: esistono un più e un meno, una gradualità, una progressione negativa o positiva. La logica conseguenza di ciò è che si cominci a pensare in termini di “punto zero” per ogni singolo soggetto: il punto zero corrisponde al “tempo zero”, cioè al momento in cui il soggetto metabolico decide di iniziare la sua trasformazione verso un nuovo stile di vita motorio. La misura della circonferen-

R.

za può essere considerata una misura metabolica solo se la si mette al punto zero della vita di quella singola persona e se ne misurano i cambiamenti nel tempo: senza giudizi per classi di appartenenza e motivando la persona al miglioramento di se stessa. Un buon programma di calo e controllo ponderale non mira al cosiddetto “peso ideale”, riferimento astratto che, pur avendo un ragionevole valore statistico, può non

essere pertinente alle coordinate dell'individuo: si punta a un obiettivo contestualizzato e realisticamente perseguibile. È la definizione di “peso ragionevole”, intendendo con ciò quel peso che, mantenuto senza un eccessivo impegno di monitoraggio, consente buone condizioni di vita psico-fisico-relazionali. Per i metabolici il discorso metodologico procede ancora oltre. Il vettore che rappresenta l'impegno del soggetto metabolico non “va verso” qualcosa, piuttosto “fugge da“ qualcosa: misura quanto le infinite singolarità si allontanano dalla condizione di sedentarismo analfabetismo motorio. È stato largamente dimostrato che una riduzione del 10% del peso iniziale produce significativi miglioramenti a livello delle varie espressioni patologiche interrelate nella sindrome metabolica (soprattutto ipertensione, diabete, problematiche cardiovascolari). Non serve far dimagrire. È una provocazione, ma fino a un certo punto: siamo così sicuri che l'obiettivo ultimo del trainer sia quello di “far dimagrire” il soggetto metabolico? Chiaramente, la riduzione di peso è un effetto altamente desiderabile, per il contenimento dei fattori di rischio per la salute, ma è un “effetto” in corso d'opera, non la meta. Il trainer deve spostare l'asse della sua attitudine mentale da prescrittiva e doveristica ad accogliente e partecipativa e, se non oso troppo, educativa. Non sta “facendo dimagrire” la persona metabolica, le sta offrendo esperienza, conoscenza e supporto psicologico, in quel processo che porta alla modifica di uno stile di vita. Cambiare lo stile di vita è auto-risolvente per tutte le singole manifestazioni e implicazioni della sindrome metabolica: è questa la radice primaria dell'impianto metodologico del fitness metabolico. Il soggetto dimagrisce perché cambia stile di vita e non il contrario, cioè non cambia stile di vita perché è dimagrito.


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focus soprappeso e obesità

Fitness metabolico Un nuovo punto di vista di Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com

roviamo a parlare di obesità osservando il fenomeno da un’angolazione diversa, diametralmente opposta. Perché? Perché, in questi anni, tutte le strategie messe a punto sembrano non contenere il fenomeno. Anzi, per certi aspetti, la quantità di informazioni, libri, documenti sull’argomento aumenta insieme ai livelli di obesità diffusi nella popolazione: la letteratura scientifica, divulgativa e mediatica sul sovrappeso è sovrabbondante e cresce di pari passo con il fenomeno che vorrebbe contrastare.

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LA COMUNICAZIONE L’obesità da alcuni anni è al centro dell’attenzione sanitaria dell’OMS, dei ministeri della salute dei paesi occidentali e anche di quelli in via di sviluppo. I media continuano a martellare con titoli come: allarme obesità, epidemia sovrappeso, 10, 100, 1000 milioni di obesi. Segue riassuntino statistico-demografico, l’esplicazione dei rischi legati al sovrappeso, una bella intervista allo specialista di turno con raccomandazioni, buoni consigli e indirizzo del dietologo. Campagne di prevenzione, monitoraggi, ma alla fine il tonnellaggio aumenta. Potremmo dire che il tonnellaggio assoluto della popolazione occidentale aumenta il terribile strato di grasso che sta coprendo prima i singoli corpi e poi per sommazione corpuscolata l’intero pianeta: il PTI (People Tons Index).

UN PROBLEMA MULTIFATTORIALE Tutta l’attenzione è rivolta a enfatizzare gli effetti dell’obesità, ma molto meno coraggio è riposto nell’affrontare le cause a monte, che generano soprappeso, anche se su molte di esse è difficile quando non impossibile intervenire. L’obesità è l’effetto di una situazione multifattoriale: - tecnologia - sedentarismo in presenza di cibo - analfabetismo alimentare - compensazione psicologica - squilibri fisiopatologici di natura medica. La tecnologia La tecnologia rappresenta l’eman-

cipazione dalla fatica, ma fornisce anche strumenti di svago, che presuppongono l’immobilità della persona. Lo sviluppo tecnologico spinge al consumo di tecnologia sedentaria, ma su questo è molto difficile intervenire. Sedentarismo in presenza di cibo Nel giro di una, due generazioni al massimo, la presenza e la pressione del cibo è aumentata a dismisura e sono cambiate completamente le abitudini alimentari. Oggi non esiste luogo pubblico che non abbia un distributore automatico di cibi e bevande, guardare un film sbocconcellando cibo è una forma di relax, la televisione propone conti-


focus soprappeso e obesità nuamente pubblicità di cibo e alimenti, spettacoli di cucina tradizionale, classica, alternativa sono disseminati nei palinsesti. Inoltre, tutte le pubblicità di cibo sono veicolate attraverso situazioni di relazioni umane molto positive, affettuose e tranquillizzanti: famiglie contente alla colazione mattutina, fidanzati seduttivi davanti al frigo, imboccamenti ammiccanti. Il cibo diventa così un vettore di sentimenti non sempre appagati nella vita reale, un surrogato consolatore e sostitutivo delle relazioni umane: è uno dei danni collaterali delle società occidentali e opulente. Siamo immersi in una continua provocazione sensoriale fatta di cibo, ma anche su questo fattore è difficile intervenire. Analfabetismo alimentare Negli ultimi 20/30 anni, i tentativi di rispondere al problema obesità sono stati in alcuni casi più dannosi del problema stesso, ingigantendo, con i loro fallimenti, la portata sociale del fenomeno. Pensiamo, per esempio, alle diete personalizzate “chiuse”: il software propone al lunedì 60 grammi di trota salmonata con contorno di spinaci, alla sera 80 grammi di qualcos’altro con contorno di 50 grammi di quell’altro ecc. Risultato: la persona, sentendosi completamente relegata al rispetto di una raffica di imposizioni, abbandona dopo qualche settimana, riacquistando presto i chili persi, magari con un po’ di aggiunta compensatoria. Per non parlare delle strategie farmacologiche basate sul’innalzamento del metabolismo basale, con i classici effetti collaterali a livello caratteriale, relazionale e psicologico. Ciascun attore sociale ha venduto il proprio prodotto con un approccio tecnico settoriale, senza una valutazione multifattoriale del soggetto obeso, che spesso non è considerato protagonista del suo dimagrimento, ma cavia da esperimento su cui provare il proprio prodotto. Compensazione psicologica dell’alimentazione

C’è un’esperienza personale che ciascuno di noi ha affrontato qualche volta nella vita: uno stress emotivo (un lutto, un dispiacere, una malattia, un licenziamento sul lavoro) ha modificato temporaneamente il nostro rapporto con il cibo: qualcuno ha rifiutato il cibo ed è dimagrito, altri, in maniera speculare, hanno mangiato di più, ingrassando. Sul cibo si scaricano le tensioni emotive cui siamo esposti: per alcuni sono episodi acuti e transitori, per altri hanno una durata più lunga, cronica, e gli effetti si consolidano nel tempo. L’alimentazione è quindi l’effetto di un compenso più generale, il compenso più semplice, facile ed economico: l’obeso non sa e non può fare di meglio. Eppure la comunicazione a lui indirizzata è basata su informazioni tecniche e quantitative che gli parlano di un rischio futuro, mentre lui si è adattato con il suo peso alle contraddizioni passate e presenti.

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UN NUOVO APPROCCIO METODOLOGICO

AUMENTO DEL CONSUMO CALORICO DIRETTO E INDIRETTO

Il cibo è immediatamente consolatorio e per questo piacevole, mentre uno stile alimentare sano e l’attività motoria sono stati finora proposti come un dovere, lenitivo o preventivo: la deludente constatazione che il fenomeno aumenta nonostante i tentativi prescrittivo-doveristici, sembra suggerire che sia una strategia perdente. Il nuovo approccio metodologico deve tener presente che siamo di fronte a un problema multifattoriale, che richiede una risposta diversificata semplice, praticabile e che coinvolga direttamente la persona in soprappeso, stimolata a decidere più che a obbedire. L’equilibrio tra assunzione e consumo calorico è la risultante di tante variabili: fisiologiche, psicologiche, culturali, ambientali. Sugli aspetti fisiopatologici decide il medico, ma su tanti altri fattori è indispensabile il ruolo di un “tutor”, come l’operatore di fitness metabolico.

L’attività fisica rappresenta un aumento del consumo calorico determinato dal dispendio energetico dell’esercizio fisico. È quantitativamente più contenuto nei sedentari, per i limiti oggettivi fisici che caratterizzano “corpi” che da anni sono stati esposti al sedentarismo. Pertanto, è impensabile che un sedentario in sovrappeso possa utilizzare l’attività fisica come unico strumento valido per “bruciare” i grassi. Le tabelle di consumo calorico orario per le diverse attività sportive sono settate per un’ora di lavoro e descrivono il consumo di atleti di medio livello: il sedentario non riesce a sostenere un’ora (e forse neanche mezz’ora) di attività a un’intensità che consenta un significativo consumo calorico. Ammettendo 30 minuti per 5 giorni di esercizio aerobico, raggiungiamo 150 minuti settimanali. In questo tempo possiamo sperare di far bruciare tra le 600 e le 900 calorie in totale: è


focus soprappeso e obesità molto difficile pensare che i sedentari in sovrappeso di età medio-alta possano consumare più di 250/300 calorie/ora. A meno che non si decida di aumentare le intensità (il cui parametro di valutazione più semplice può essere la misurazione della frequenza cardiaca), ma questo significa inserire quote consistenti di rischio acuto cardiovascolare. Possiamo però agire aumentando il consumo calorico indiretto: frazionando il lavoro otteniamo una sollecitazione frequente ad attivare il metabolismo basale. Il criterio migliore è quello di frazionare l’attività fisica in più appuntamenti durante la giornata. Il “razionale” fisiologico è che in questo modo si mantiene alto il metabolismo basale, si ha un effetto rilassante (endorfinico) in più momenti, si sottrae tempo al sedentarismo che è una zona di tempo a rischio alimentare (si mangiucchia continuamente davanti al televisore ecc.). Difficile quantificare l’aumento in termini di calorie consumate, ma potrebbe essere quantificato in 100/200 calorie al giorno, con uno sviluppo di 5000/6000 calorie mese, per un controvalore mensile di circa mezzo chilo di grassi bruciati: non male. Uno dei motivi fondamentali del frazionare l’attività motoria in brevi “unità motorie” è anche quello di ottenere una sollecitazione frequente delle modificazioni indotte dalla attività fisica. Questo frazionamento è coerente anche con le ridotte riserve energetiche e metaboliche dei tessuti muscolari: - scarsa presenza di mi-

tocondri e ribosomi = bassa capacità di trasformazione energetica; - ridotta presenza di glicogeno muscolare = magazzino energetico semivuoto; - ridotta capillarizzazione = capacità di scambi e trasporto ridotta. La difficoltà di applicazione di questo concetto teorico consiste nell’individuare, nel tempo sedentario e lavorativo di una persona, delle finestre di tempo motorio. Per questo è fondamentale che l’attività diventi un piacere permanente da svolgere ovunque: nel centro fitness, a casa e all’aperto, come attività fisica strutturata, ma anche inserita nello svolgimento delle consuete attività quotidiane (andare a piedi

piuttosto che utilizzare la macchina, utilizzare le scale piuttosto che l’ascensore o la scala mobile). Si tratta di istituire insieme al soggetto dei percorsi motori all’interno del suo contesto relazionale abitativo, che possano essere inserite in un progetto “allenante allo stile di vita motorio”. L’attività fisica da parametrare non deve essere solo quella che si fa in tuta, ma anche e soprattutto quella relazionale: è questo il punto dove si deve stimolare la partecipazione del soggetto. In tal modo l’operatore di fitness metabolico può costruire su misura un approccio motorio che utilizzi tutte le possibilità per ottenere obiettivi quantitativi (bilancio calorico negativo) e obiettivi qualitativi (approccio relazionale, partecipativo e consapevole con il soggetto metabolico).

OBIETTIVI PERSEGUIBILI Consideriamo come del tutto superati i concetti di peso ideale, peso forma, e simili amenità: l’uomo ideale non esiste ed è antitetico agli infiniti uomini reali. Per questo è necessario trovare, caso per caso, l’obiettivo di riferimento per ciascuna persona. Innanzitutto è importante ragionare in termini di tempo e di percentuale di peso: il lasso di tempo che terremo in considerazione è di tre mesi, che coincide con un il ciclo di durata di un percorso di fitness metabolico di circa 12 incontri. In questo periodo è opportuno programmare un calo ponderale che non superi il 4 - 5% del peso al tempo zero: in altre parole, su una persona di


focus soprappeso e obesità 100 kg, si potrà programmare un dimagramento massimo di 5 kg in tre mesi, non più di mezzo chilo alla settimana. In totale quindi, se riusciamo a instaurare un buon regime motorio, possiamo aspettarci un aumento di consumo di 10000 - 15000 calorie mese, che equivalgono a circa 1- 1,5 kg di grasso consumato. Consideriamo che questo sarebbe un regime motorio di pieno successo, che non sempre è facile ottenere. A questo va aggiunta una riduzione dell’apporto calorico che, se quantificata in una riduzione media di 250-300 calorie al giorno, significa circa 9000 calorie mese, con un risparmio di un altro chilo/mese. Come si vede non è un obiettivo irrealizzabile, anche partendo da condizioni di sedentarismo consolidate. Consideriamo che lo stress che una persona deve sostenere per dimagrire in modo forzato e non graduale, va a togliere troppo bruscamente un meccanismo di compenso psicologico. Questo mancato adeguamento psicologico e relazionale genera poi un rapido recupero del peso alla fine del trattamento, con sensi di colpa e frustrazione estremamente controproducenti. Il “ciccione” non può e non vuole rinunciare ai suoi meccanismi di compenso e quindi, finito il trattamento (dieta + esercizio), recupera il suo peso attraverso il ritorno alle abitudini precedenti. L’obiettivo è aiutarlo ad avere una maggior soddisfazione da magro, di modo che possa cominciare a pensare: “Più dimagrisco e più sono soddisfatto dei miei nuovi equilibri, delle nuove cose che posso fare, delle mie relazioni”. Un meccanismo di questo genere deve essere per forza graduale, per permettere alla persona di adattarsi e di verificare che davvero si sente meglio e più a suo agio man mano che la situazione si modifica con una riduzione del peso: l’obeso deve poter desiderare e sperimentare la serenità di un nuovo peso adatto a una nuova persona.

CONSIGLI ALIMENTARI E DIETE Non esiste una soluzione unica per dimagrire rispettando una qualsiasi delle infinite diete che sono state proposte in questi anni: se così fosse non staremmo qui a parlarne e l’inventore sarebbe ultramiliardario. Il peso di una persona è cosi legato ad aspetti globali della sua vita (relazionali psicologici e culturali) che un approccio basato sulla sola gestione delle calorie è destinato al fallimento, parziale o totale. La prescrizione di una dieta è di pertinenza medica, mentre l’informazione per un’alimentazione funzionale, sana e gradevole è di dominio pubblico, e diventa un dovere per l’operatore metabolico.

ALESSANDRO LANZANI Medico specialista in medicina dello sport, specialista in ortopedia, direttore della scuola di Professione Fitness, che dal 1986 ha formato migliaia istruttori e personal trainer con corsi stage e master. Da anni è promotore dei contenuti relativi al fitness metabolico in corsi e convegni scientifici su tutto il territorio nazionale. Autore di numerose pubblicazioni e libri di formazione e supporto professionale.


focus soprappeso e obesità

Il metabolismo ha un’implicazione fisiologica, ma anche un versante “emotivo” e bruciare i grassi è un’operazione sia organica che affettiva...

Il cibo

piacere sostitutivo di Corrado Ceschinelli wellness@corradoceschinelli.com

angiamo troppo e male. Mangiamo per rabbia, per solitudine, per noia, per abitudine, per mancanza di affetto, per inerzia... senza un vero motivo. Mangiamo perché è l’unica maniera che c’è rimasta per trasgredire. Perché abbiamo perso la nostra “centratura”. Perché la nostra vita è sempre uguale. Perché stiamo male con noi stessi. Soprattutto, mangiamo per colmare un vuoto esistenziale, e il cibo è l’anestetico più immediato a portata di mano. La visione psicosomatica dell’uomo implica la necessità di non separare mai il piano organico da quello psichico e di considerare sempre l’individuo come un’unità vivente. Da questo punto di vista, i problemi emotivoaffettivi e i disturbi organici hanno una forte interconnessione: un corpo appesantito e ingrassato è il riflesso di una dimensione mentale sofferente, che compensa con la quantità di cibo la qualità che si è fatta mancare a livello esistenziale. Per dimagrire, o tornare ad avere un rapporto naturale

M

con il mangiare, è necessario modificare anche la nostra forma mentis: solo cambiando noi stessi, il nostro modo di pensare, di desiderare, di agire, di essere, potremo trasformarci realmente e togliere al cibo quel sovraccarico compensatorio.

LE CALORIE AFFETTIVE Abbiamo perso il rapporto naturale e istintivo con il cibo, perché lo abbiamo perso con noi stessi: mangiamo persino anche quando non abbiamo fame, ingurgitiamo di tutto e il peggio, automaticamente, perché è ora, senza più seguire le stagioni, facendo scelte a casaccio. Non sappiamo neppure più che cosa ci piace e cosa rifiutiamo e mangiamo in fretta e di corsa. Senza coscienza, senza consapevolezza. Inoltre le nostre condizioni di vita attiva sono molto cambiate: siamo sempre più sedentari sia fisicamente che emotivamente. Conduciamo spesso un’esistenza piatta e senza stimoli. Il metabolismo ha un’implicazione fisiologica, ma anche un versante “emotivo” e bruciare i grassi è un’operazione sia orga-

nica che affettiva... guarda caso perdiamo peso con facilità quando siamo innamorati, quando viviamo un periodo di vita coinvolgente, ricco di interessi, quando facciamo cose che ci appassionano. Noi tutti abbiamo, per prima cosa, bisogno d’amore: introduciamo più calorie del necessario perché ciò di cui davvero abbiamo bisogno sono calorie “affettive”. Ma non ne siamo consapevoli. Lo neghiamo, lo rifiutiamo, a favore di un’apparente sicurezza, non ce ne vogliamo rendere conto. Molti momenti sono caratterizzati da una sensazione di disagio profondo, difficile da definirsi, un sottile dolore interiore: il cibo diviene la modalità più immediata e automatica per tamponare questa angoscia. In tal modo, tuttavia, inneschiamo un circolo vizioso molto pericoloso: stiamo male, non ci piacciamo, soffriamo, ci anestetizziamo mangiando; ci sentiamo in colpa perché peggioriamo la nostra immagine, abbiamo sempre meno stima di noi stessi, soffriamo ancora di più... e continuiamo ad anestetizzarci mangiando. La prima cosa da


focus soprappeso e obesità fare è cercare di interrompere la spirale di cui siamo prigionieri: qual è il vuoto insaziabile che abbiamo bisogno di colmare? Quale abbaglio abbiamo preso nella nostra vita che ci fa sembrare di avere tutto, ma ci fa sentire sempre più insoddisfatti? Ci dobbiamo porre questa domanda per scoprire e incontrare i vissuti emotivi che innescano il nostro comportamento alimentare.

VULNERABILITÀ EMOTIVA Nella cultura “consumistica” che caratterizza la nostra epoca siamo continuamente sollecitati in direzioni sbagliate: questa realtà perversa e totalizzante, non solo riproduce se stessa, ma nutre e induce in continuazione falsi bisogni, in un vorticoso mutare di valori, proponendo soluzioni superficiali e illusorie. Esalta una dimensione “orale” del piacere e ci allontana sempre più dalla possibilità di vedere e comprendere le ragioni profonde della nostra inquietudine e dei nostri disagi: una modalità che ci sazia sul momento, ma che alla lunga genera un angosciante vuoto esistenziale. Dal momento che ogni forma di insicurezza o malessere va alla ricerca di una compensazione (nel senso di un piacere sostitutivo), ecco che il cibo rappresenta la soluzione più innocente e accessibile: più innocuo dell’alcol, socialmente più accettato del fumo, certo non incriminante come la droga, il cibo diviene il sostituto d’elezione dei bisogni insoddisfatti. Facciamo fatica a salire sulla bilancia per prendere coscienza della realtà del nostro peso, come facciamo fatica a prendere contatto con altre realtà che ci riguardano. Talvolta, l’insicurezza si accompagna a uno stato depressivo dovuto alla costante dimensione di “vulnerabilità emotiva” in cui ci si sente immersi: ecco allora che ingrassare può rappresentare una difesa, una protezione dalle aggressioni del mondo. Talvolta, l’eccessivo aumento di peso corporeo maschera il desiderio di competere con una figura familiare vissuta come potente, dominante, realizza-

ta... Talvolta, la mancanza di una normale ed equilibrata vita sessuale porta a ricorrere al cibo come sostituto di piacere. Il tema della sostituzione bocca-vagina/stomaco-utero, traspare da questa dinamica ed evidenzia come il corpo-simbolo ricerchi, attraverso il piano analogico, gratificazioni. In questo caso, una sessualità negata e colpevolizzante si traduce in cibo che riempie... Talvolta, dietro un “instancabile ruminare” si nasconde un forte nervosismo e una grande dose di aggressività che viene sfogata “triturando” i cibi. La rabbia non trova una via diretta di sfogo: non possono essere gli altri a essere attaccati, anche quando sarebbe giusto farlo, è il cibo allora che viene “aggredito” e “vinto”, come se si trattasse di un vero e proprio scontro bellico...

CAMBIARE, CON CONSAPEVOLEZZA È difficile dimagrire, mantenere il giusto peso o riconoscere l’importanza di questo aspetto per la propria salute e per il proprio benessere, se non si cambia prima di tutto se stessi. Occorre ovviamente uscire dalla logica della “dieta” come siamo abituati a intenderla, dall’idea che tutto sia circoscritto intorno - e solo - a un discorso di calorie. Stare nel “giusto peso”, mangiare meno, in senso calorico, rimane un fondamentale ma non l’unico: grande importanza hanno le risposte ormonali - soprattutto l’asse insulina/glucagone - e l’attività endocrinologia simpatica/parasimpatica. Per stare in salute, inoltre, non dobbiamo “disturbare” o “avvelenare” troppo i nostri delicati e sofisticati meccanismi di regolazione, così come dobbiamo “imparare” a difendere e potenziare le nostre difese immunitarie. Oggi è necessario acquisire una conoscenza e una competenza per fare di ognuno di noi una sorta di “Piccolo Nutrizio-nista fai da te”. Per questo è necessaria un’Educazione Alimentare, un percorso che ci deve allargare lo sguardo su quegli aspetti e quelle implicazioni che sono, insieme agli errori più specificatamente “dietolo-

gici”, le insidie più subdole. Imparare a mangiare è un’occasione straordinaria per imparare un po’ di più a “vivere”, per uscire dal “buio” che ci ha allontanato oltre modo dalla nostra natura, e dalla natura dei nostri bisogni. Così come è necessaria una conoscenza in campo nutrizionale e un approfondimento delle proprie peculiarità, è altrettanto necessario avviare un percorso di trasformazione che ci aiuti a liberarci da tutti quei condizionamenti che ci impediscono di essere semplicemente Noi stessi. “Rimetterci in sintonia... Centrarci sui bisogni... Trovare nuovi spazi espressivi...” significa riuscire a rimanere in contatto con la parte più autentica di noi stessi, avere piena consapevolezza di Sé; significa - in questo senso - essere ben saldi nella propria autostima. Perché cambi il nostro rapporto con il cibo è necessario che anche tutto il nostro modo di essere sia coinvolto, che diventi più consapevole, più riflessivo, meno dipendente da quegli automatismi e modi di essere che abbiamo adottato nostro malgrado - per cultura, educazione ed esperienze - e che sono le ragioni che producono, come conseguenza, più sofferenza che felicità.

CORRADO CESCHINELLI Laureato in Sociologia all’Università degli Studi di Trento, ha una formazione in Naturopatia a indirizzo Olistico conseguita presso l’Istituto di Medicina Psicosomatica. Qualificato come “specialista del benessere”, preparatore atletico ed esperto in comportamenti alimentari, è da sempre impegnato per un approccio sano, equilibrato, soprattutto educativo, alle pratiche che contribuiscono a migliorare lo stato di salute e di benessere generale. Da anni svolge attività di docenza e scrive per le più autorevoli riviste del settore.


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Management del Jumper’s knee negli sport di salto Analisi retrospettiva della letteratura di Rosario D’Onofrio, M. Armeni, V. Manzi

a patologia tendinea del ginocchio si evidenzia maggiormente negli sport di salto, dove la ripetitività del gesto tecnico atletico crea un overstress a carico dell’apparato estensore del ginocchio. Nel volley il Jumper’s knee rimane, rispetto agli altri sport di salto, una delle patologie di maggior riscontro. I più colpiti sono i centrali, nella misura del 33% rispetto agli altri giocatori, per una maggiore frequenza di salti e ricadute con tempi di ammortizzamento molto brevi, così come succede ai pivot nel basket, che eseguono una media di 65 - 75 salti a partita. L’incidenza epidemiologica delle tendinopatie si diversifica in relazione al livello e all’intensità dell’attività sportiva. La maggior parte dei riscontri clinici evidenziano uno stato degenerativo del tessuto tendineo, che risulterà estremamente invalidante per la vita sportiva dell’atleta. In questa review analizziamo gli aspetti eziopatologici clinici e i principi riabilitativi da seguire e attuarsi in un’atleta con jumper’s knee.

L

TENDINOSI E TENDINITI Nel 1973 Blazina [1] e successivamente Roels e coll. [2] proposero una

classificazione di tendinopatia inserzionale prossimale all’apice rotuleo basata sull’evoluzione del sintomo dolore e sulle limitazioni funzionali: 1° step - dolore solo dopo attività sportive, senza limitazione funzionale; 2° step - dolore all’inizio dell’attività, scompare dopo il warm – up; 3° step - dolore durante e dopo l’attività sportiva, con limitazione funzionale; 4° step - completa rottura. Recentemente la ricerca scientifica ha dimostrato che è possibile asso-

ciare a una patologia tendinea la presenza di una degenerazione del tessuto tendineo, definita in clinica tendinosi, un termine utilizzato già dai ricercatori tedeschi prima degli anni quaranta e recentemente riproposto da Puddu [3] e da Nirschl [4]. Perugia et al [5] evidenziarono la "discrepanza straordinaria tra la terminologia generalmente adottata (relativa all’infiammazione) per queste condizioni e il loro substrato istopatologico che è estesamente degenerativo". Così la nostra attenzione deve, in una prospettiva riabilitativa, indirizzarsi concettualmente a un quadro clinico ricollegabile con una patologia dove prevalga il processo degenerativo e non quello infiammatorio. L’obiettivo è contrastare le lesioni a carico del collagene piuttosto che il decremento dell’infiammazione, avendo ben chiare entrambe le differenziazioni cliniche (vedi fig. 1). Risulta da studi presenti in letteratura che per le tendinopatie sono state sviluppate numerose classificazioni, la più affidabile delle quali rimane quella proposta da Bonar (fig. 2).

EZIOPATOLOGIA E BIOMECCANICA L’eziopatogenesi del “Jumper’s


rehab knee” rimane ancor oggi molto discussa: non è possibile stabilire una correlazione tra intensità, qualità dello stress, insorgenza della patologia e relativi tempi di recupero necessari agli adattamenti. Gli autori sono comunque concordi nel definire il ginocchio del saltatore come una patologia cronica, da overstress, microtraumatica dell’apparato estensore del ginocchio, in associazione a momenti torsionali tibiali esterni ad angoli di flessione marcati del ginocchio (nella fase eccentrica durante l'atterraggio, dopo una schiacciata o un muro, o dopo un rimbalzo sotto i tabelloni). Lo studio del dolore, ci permette di dare un volto clinico alla classificazione del jumper’s knee: aumenta durante la discesa delle scale e il paziente non è capace di stare seduto col ginocchio piegato per lunghi periodi, tale da coniare il classico segno clinico "the cinema sign". A scopo puramente didattico è possibile in ogni modo ricollegare “il ginocchio del saltatore” a: 1. fattori intrinseci (disfunzioni dell’apparato estensore, squilibri muscolari); 2. fattori estrinseci (superficie di gioco, calzature, errori nella struttura dell’allenamento, storie atletiche ecc.). Se vogliamo, questa patologia può essere più semplicemente ricollegata a un sovraccarico dell’apparato estensore del ginocchio come affermato da Perugia in un lavoro del 1996 “… superato un punto critico, si passa in una fase d’eccesso di carico in cui si verificano lesioni o modificazioni degenerative dei tessuti” [7]. Così, l’eziologia delle tendinopatie da sport è sicuramente meccanica e ricollegabile a microtraumi ripetuti e ipersollecitazioni funzionali dovute “…all’eccesso di carico, improvviso o ciclico, esercitato sulla giunzione osteo – tendinea specifica”. Montorsi et al. [8], affermano che il ginocchio del saltatore si verifica in relazione alle costanti sollecitazioni eccentriche “… che superano la capacità di assorbimento del tendine stesso” e non legate

IMPLICAZIONI DELLA DIAGNOSI DI TENDINOSI COMPARATA CON QUELLA DI TENDINITE Tratto Prevalenza Tempo di recupero, dopo presentazione Tempo per il recupero totale, dopo uno status cronica La probabilità di recupero totale allo sport da una sintomatologia cronica

Overuse Tendinosi Comune

Overuse Tendinite Rara

6-10 wk

Dopo alcuni giorni a 2 wk

3-6 mesi

4-6 wk

80%

99%

Focus sulla terapia conservativa Incoraggiamento di maturazione della sintesi di collagene e forza Ruolo della chirurgia Prognosi dopo chirurgia Tempo di recupero dopo chirurgia

Modalità Anti-infiammatore

Asportazione del tessuto abnorme 70%-85%

Non conosciuto

4-6 mesi

3-4 settimane

95%

Fig. 1 da K. Khan, MD, J. L. Cook, J. E. Taunton, MD; Overuse Tendinosis, Not Tendinitis Part 1: A New Paradigm for a Difficult Clinical Problem The Physician and Sportsmedicine 28,5, May 2000

CLASSIFICAZIONE Diagnosi patologica

Tendinosi

Tendinite/rottura parziale

Paratendinite

Paratendinite con tendinosi

Patologia macroscopica

Caratteristiche istologiche

Disorientamento, disorganizzazione e Degenerazione intratendinea separazione delle fibre collagene per au-mento (dovuta generalmente della matrice extracellulare all’invec-chiamento, a muco-ide, aumento della microtraumi o a prominenza cellulare e compromissione vascolare) degli spazi vascolari, con o senza neovascolarizzazione e necrosi focale o calcificazione Modificazioni degenerative Degenerazione sintomatica con evidenza di rottura, inclusa proliferazione del tendine con distruzione fibroblastica e vasco-lare e risposta infiammatoria riparatoria miofibroblastica, emorragia e granulazione Infiammazione dello strato esterno del tendine (paratendine)

Degenerazione mucoide. Infiltrato mono-nucleare con o senza deposito di fibrina focale ed essudato

Modificazioni degenerative Paratendinite associata a (come nella tendinosi) con degenerazione intratendinea degenerazione mucoide con o senza fibrosi e cellule infiammatorie nel tessuto alveolare del paratendine.

Fig. 2. Classificazione di Clancy modificata secondo Bonar


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esclusivamente “... alla ripetitività e al numero dei salti, pur elevato, o alla diversa anelasticità dei terreni di gioco”. Puddu et al., quando parlano di tendinopatia inserzionale sottolineano che la “dolorabilità prossimale” è la più frequente, mentre quella distale è caratteristica dell’età evolutiva, e le tendinosi sono a carico “del ventre tendineo” [9]. Il tendine, comunque, non reagisce al sovraccarico con fenomeni di ipertrofia, ma con mutazioni enzimatiche, vascolari e metaboliche [10]. L’articolazione che mostra, in relazione allo suo status anatomico e biomeccanico, il primo chiaro fattore predisponente per patologie da overuse, è quella femororotulea [11]. Secondo John King le patologie traumatiche a carico del tendine rotuleo sono localizzate in tre aeree ben distinte: 1. “the patella pole”, il classico jumper's knee che interessa principalmente il congiungimento ossotendine al polo inferiore della patella; 2. “the middle third”, tendinopatia a carico del terzo medio del corpo principale del tendine di patellare; 3. “the distal pole”, distale, sull’inserzione dell’apofisi tibiale. La rotula svolge, durante l’azione

co dell’articolazione femoro-rotulea, “condropatia femoro-rotulea” o “sindrome rotulea”, diventano chiari fattori predisponenti per successive patologie a carico del tendine rotuleo. Le correzioni biomeccaniche richiedono un controllo costante delle “deficienze anatomiche” e funzionali attraverso una valutazione delle dinamiche posturali. Le varianti anatomiche che predispongono alla “patellar tendinopathy” sono elencate nella figura 3. Il dolore è presente durante la gestualità tecnico atletica specifica: 1. nella fase di decelerazione e nel cambio di direzione; 2. in caso di arresti improvvisi; 3. nella fase di atterraggio dopo un salto. A esso si associano tumefazione localizzata e limitazione funzionale, accompagnata sempre da de-

ANATOMIC CHARACTERISTICS ASSOCIATED WITH PATELLAR TENDINOPATHY Limb or Joint

Foot

Symptoms Excessive range of pronation, excessively fast pronation (even within a normal range), pes planus, rigid cavus foot, poor dorsiflexion (eg, due to anterior impingement syndrome)

Knee

Hyper or hypomobile patella leading to poor mechanism of patellofemoral movement, tight band between iliotibial band and patella

Thigh Hip

Tight iliotibial band Coxa vara, femoral anteversion

Figura 3 - Caratteristiche anatomiche associate a tendinopatia patellare, da: J. L. Cook, K. M. Khan, N. Maffulli 9 Overuse Tendinosis, Not Tendinitis :Applying the New Approach to Patellar Tendinopathy The Physician and Sportmedicine – Vol. 28 - NO. 6 - June 2000

che assolutamente deve essere risolto. Diventa importantissimo, eventualmente, correggere successivamente la componente biomeccanica legata all’atterraggio dopo un salto. Questo risulta essere un importante fattore per migliorare “the energy-absorbing capacity” dell'arto inferiore alla giunzione muscolo scheletrica e dell'articolazione dell'anca e della caviglia. Nell’ambito del trattamento conservativo della durata di 4-6 mesi [12] (che rimane l’indirizzo d’elezione), la personalizzazione del progetto riabilitativo è determinante e questo deve assolutamente tenere conto della storia clinica e atletica.

CONCETTUALITÀ E STRATEGIE TERAPEUTICHE

dell’apparato estensore del ginocchio - sia esso in catena cinetica aperta che chiusa – un importante ruolo biomeccanico di “distributore di forze”. Una patologia a cari-

ficit biomeccanici a carico dell’intera catena cinetica dell’arto inferiore: - decremento dei livelli di forza, soprattutto eccentrica, del quadricipite; - decremento dell’elasticità dell’unità muscolo-tendinea; - decremento della flessibilità degli ischio crurali; - limitazione della funzionalità articolare dell’articolazione del ginocchio. Quindi viene rappresentato e fotografato uno stato di squilibrio muscolare in termini di forza e flessibilità tra agonisti e antagonisti

Quando parliamo di atleti l’attenzione deve essere rivolta al mantenimento della condizione fisica acquisita, e questo è possibile attraverso programmi di corse in acqua alta diversificate in relazione agli obiettivi, che, successivamente, in base all’evoluzione del processo clinico di guarigione, lasceranno il posto a esercitazioni più appropriate a secco. L’utilizzo di un taping o di un cinturino infrapatellare, per esempio, attenua notevolmente gli stress tensionali diretti sul tendine rotuleo, provocando, così, un decremento importante del dolore e


rehab rehab conseguentemente un recupero funzionale precoce e un rapido recupero della propriocettività [13]. Il progetto riabilitativo è stato studiato in letteratura da molti autori, utilizzando dolore, velocità e resistenza come parametri di base per stilare Link un iter terapeutico che fa riferimento al concetto espresso da Fyfe [14]: “man mano che il tendine si rafforza il dolore dovrebbe diminuire”. Gli obiettivi fisioterapici proposti in fase acuta sono: 1. controllo del dolore e dell’infiammazione associato a un training eccentrico; 2. sedute di Massaggio Trasversale Profondo (a giorni alterni, per 15-20’). La logica terapeutica che ci spinge a utilizzare massaggio trasversale profondo, “deep friction”, sarà la ricerca di una guarigione biologica mobilizzando i tessuti nella sede di lesione.

L’immobilità ha effetti sfavorevoli sul decorso del processo di riparazione e può rallentare e cronicizzare la guarigione [15]. Ridulfo [16] mette in luce gli obiettivi fisiologici dell’utilizzo del Massaggio Trasversale Profondo: - inibire la formazione di aderenze; Link - produrre iperemia locale, che diminuisce il dolore e aumenta la velocità di eliminazione della sostanza P, metabolita che quando si accumula produce ischemia e dolore); - facilitare la produzione di fibre di collagene orientate nel modo più idoneo

a resistere agli stress meccanici; - stimolare i meccanocettori. Il programma terapeutico è variegato, non esistendo delle linee guida omogenee. Queste strategie terapeutiche prevedono un mix di interventi: criomassage, terapia fisica tradizionale (ultrasuoni, tens ecc.) o di ultima generazione (tecarterapia, ipertermia) ed esercizi terapeutici per il recupero della funzione muscolare che utilizzano, almeno inizialmente, il regime isometrico in tutte le sue diversificate forme. Bisogna tener presente che l’isometria massimale ha l’inconveniente di sollecitare il muscolo in modo troppo intenso, situazione a rischio nella fase iniziale di ripresa dell’attività muscolare [17, 18]; prioritario è, invece, l’utilizzo dell’isometria totale. Le terapie mediche e fisioterapiche a base di FANS non steroidei e/o corticosteroidi sono usate nella patologie da overuse per il loro ruolo così definito "antinfiammatorio": risulta utile evidenziare come, anche in letteratura, non si trovino studi omogenei rispetto alle somministrazioni farmacologiche. Per K. M Khan [19] il dolore nelle patologie tendinee sorge attraverso due meccanismi: - dal processo infiammatorio; - da una separazione di fibre di collageno in forme più severe di tendinopatie. Entrambi i punti si integrano dopo una lesione acuta di 1° o di 2° livello. È stato ipotizzato dall’autore che probabilmente non esiste una correlazione tra struttura di collagene, dolore e tendinite patellare, dal momento che: - nelle ricostruzioni del lca con tendine rotuleo il dolore al ginocchio è minimo anche se le strutture di collagene sono state incise; - gli atleti sono generalmente liberi dal dolore, nonostante la persistenza di anormalità del collagene per due o più anni. Se l’ipotesi degli autori trova validità scientifica, la gestione clinica - terapeutica sarebbe “cambiare l’attività biochimica, piuttosto che cercare di ridurre infiammazione o

necessariamente il processo di riparazione del collagene” [19, 20]. I programmi di potenziamento eccentrici, come il “decline single leg squat” (fig. 5) su piano inclinato di 25° può aiutare i processi di riparazione del collagene migliorando l'attività biochimica [21]. Gli atleti per questo esercizio vengono istruiti a esercitarsi su un dolore moderato al tendine, e avanzare nella progressione, aumentando il carico, solo quando questo dolore decrementa [22]. Questo studio indica che esercizi eccentrici effettuati in forma di “Eccentric Decline Squat” offrono maggiori miglioramenti clinici e di recupero funzionale rispetto a un programma terapeutico classico per tendinopatia patellare, a vantaggio di atleti che hanno l’esigenza di continuare la loro attività sportiva senza interromperla. L'idea centrale di questi esercizi eccentrici su piano inclinato, che trova ampi riscontri nell’attuale letteratura, è che dovrebbero essere effettuati, come precedentemente specificato, all'interno della “percezio-

Lin k


ne del dolore da parte del paziente” [23] e questo in relazione alle stesse strategie terapeutiche utilizzate, con successo, per atleti con tendinopatia achillea. Da qui nasce lo spunto per definire i parametri dell’utilizzo degli “eccentric decline squats exercises” per il trattamento del jumper’s knee. Praticamente, in generale, abbiamo queste modalità applicative: 1. l’esercizio deve essere strutturato con una frequenza di una volta o due volte al giorno; 2. il ciclo di “trattamento” deve protrarsi per almeno 12 settimane; 3. si inizia con tre serie di 10/15 ripetizioni; 4. il dolore riscontrato durante l’esecuzione degli esercizi deve essere ben tollerato. Nel momento in cui il dolore decrementa, durante l’esecuzione degli eccentric decline squat exercies, si incrementa il numero di ripetizioni (15–20–25–30). Lo step successivo prevede l’aumento della velocità esecutiva dell’esercizio e solo in ultima analisi si incrementa il carico. Da evidenziare l’importanza di applicazioni: 10’ di crioterapia proposta alla fine del training + 10’ di stretching degli ischio crurali + 10’ di crioterapia + stretching del quadricipite. A proposito di crioterapia, è giusto evidenziare che applicazioni sull’apparato muscolare decrementano i livelli di forza concentrica/eccentrica.

CONCLUSIONI Nella difficile gestione dell’atleta con tendinopatia rotulea i training eccentrici sono diventati un trattamento d’elite. In letteratura sono stati individuati 7 articoli scientifici post anno 2000, con un totale di 162 pazienti, che hanno praticato esercitazioni eccentriche. I risultati di questi studi sono tutti positivi, ma la qualità degli studi è sostanzialmente diversificata. Il contenuto dei programmi è variegato, e la maggior parte dei protocolli è basata su esercizi a casa, effettuati due volte al dì per 12 settimane. Quasi tutti gli studi, comunque, suggeriscono che training ec-

centrici siano uno strumento terapeutico efficace nel trattamento del ginocchio del saltatore, anche se non ci sono protocolli standard che facciano da linee guida. Gli studi disponibili indicano che i programmi di trattamento dovrebbero includere decline board ed essere compiuti in un presenza del “dolore”, con una sospensione dell'attività sportiva nel primo periodo di trattamento.

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ROSARIO D’ONOFRIO Dottore fisioterapista, diplomato ISEF, Master in Posturologia presso l’Università La Sapienza di Roma. E' docente al Corso di Laurea Magistrale in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive ed adattate dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" E' stato fisioterapista della Nazionale Italiana di Pallamano Senior A maschile e della Nazionale Italiana di Basket Femminile senior A. Preparatore atletico e allenatore, ha pubblicato a oggi oltre 133 lavori scientifici, su riviste nazionali di interesse specifico nel campo della rieducazione e riabilitazione dello sport e della preparazione atletica. Su questi stessi temi ha relazionato a oltre 51 Congressi, come “Invited Lecture”.


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rehab

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Le manualità della tecnica passivattiva:

il tronco e gli arti superiori Seconda parte

di Maurizio Ronchi passivattiva@libero.it

el mondo sportivo il massaggio è sempre stato uno dei capisaldi della preparazione dell’atleta, da praticarsi prima e dopo gli allenamenti e le gare, al fine di migliorare la capacità prestativa umana. Nella tecnica passivattiva di scollamento miofasciale si prendono in considerazione i diversi elementi muscolari, tendinei, tessuti di rivestimento ecc. con lo scopo di liberare i confini tra i vari componenti, in modo che ciascuno abbia la massima libertà di movimento, minori attriti e il dissolvimento delle viscosità esistenti. Questi interventi di manualità “liberatoria” possono anche influire positivamente sul sistema circolatorio, sia sui grossi vasi che sui capillari, aiutandoli a svolgere al meglio la loro duplice funzione di apportare ossigeno e di asportare i prodotti di rifiuto. La tecnica passivattiva, applicata in ambito sportivo, risulta essere un metodo molto efficace per il rilascio delle aderenze

N

mio-fasciali che, con lo scopo di migliorare una legata condizione biomeccanica poco fisiologica nell’atleta, ne ottimizza la prestazione sportiva. È una tecnica cinetica, basata sull’aiuto dell’atleta nel sostenere un’azione dinamica in condizione di leggero stretching, torsione o contrazione muscolare durante le manualità di massaggio per il rilascio delle aderenze mio-fasciali, e risulta essere più efficace rispetto al classico scollamento statico. Rimandiamo ai precedenti numeri di FitMed l’approfondimento di questo argomento e proseguiamo qui con l’applicazione pratica della tecnica al tronco e agli arti inferiori.

Link

INDICAZIONI GENERALI Grazie allo studio di Carla Stecco (1), sappiamo che la fascia degli arti si presenta multistrato ed è molto spessa, mentre la fascia del tronco è monostrato, sottile e adesa ai muscoli, come per esempio lo è

per i muscoli g. pettorale, g. dorsale, trapezio e g. gluteo, dove appunto la fascia non è separabile dagli stessi. Di conseguenza l'approccio con le varie tecniche dovrà tener conto di questa situazione strutturale specifica per ottenere la massima efficacia e, cosa non da poco, un inutile accanimento nelle zone a bassa densità/spessore. Ricordo sempre con piacere un passo di un lavoro di Tom Myers (2), dove ribadiva, nei preliminari, l'importanza di cercare e palpare le zone di resilienza e adattabilità della fascia molto superficialmente prima di sbrogliare la matassa profonda, per evitare di andare troppo precocemente in profondità, rischiando di affossare ancor di più il problema piuttosto che risolverlo nel più breve tempo possibile. Una precisa strategia di approccio con l'aiuto dell'atleta che, secondo il fondamento della tecnica passivattiva, "lo coinvolge nel processo aumentando la propriocezione, per opera del fuso muscolare e dei re-


rehab cettori di stiramento, permettendo all'operatore di sentire con facilità quale livello di miofascia sia stato agganciato".

Fig. 5

TECNICHE MANUALITÀ MANIPOLAZIONI SCOLLAMENTO DEL M. ELEVATORE DELLA SCAPOLA DAI MM. ROMBOIDI (Fig. 1); la direzione di release segue la spina della scapola. Per una maggior efficacia e in passivattiva si chiede all’atleta una leggera spinta con la fronte del capo sul torace dell’operatore. Questa tecnica permette di sentire molto bene il popping del release e mobilizzazione mio-fasciale (con il permesso del Ft Lorenzo Crippa). A lato l’area anatomica interessata (fig. 2). Uguale lavoro, ma con differenti tools per un diverso grado di profondità richiesta. L’operatore cambia la posizione della scapola per variare la condizione dei muscoli interessati, per lo stesso scopo l’atleta modifica la posizione del capo (fig. 3).

SCOLLAMENTO DEI BORDI DEL M. SOTTOSCAPOLARE DAL M. G. DENTATO per il ripristino del fisiologico scorrimento della scapola sulla cassa toracica. Con tale manualità si ottiene anche un discreto release per la fascia scapolare (fig. 7). Nel disegno a lato l’area anatomica interessata (fig.8).

Fig. 2

Fig. 6

Fig. 1

Fig. 7

MANUALITÀ DI TWIST&ROLL PER LA CLAVICOLA ed espansioni mio-fasciali collegate. Operare nelle varie posizioni della spalla, avamposta/retroposta sia in statica che in movimento (fig. 9). Variante supina della precedente manipolazione. In questo caso chiediamo all’atleta di far scivolare la spalla dal basso verso l’alto e viceversa, sulla tavola da massaggio.

Fig. 3

LAVORO DI ALLUNGAMENTO PER I MM. ROMBOIDI E TRATTAMENTO DELLA FASCIA SCAPOLARE variando passivamente la posizione del braccio (fig.4). La stessa tecnica con il movimento attivo dell’atleta (fig.5). Di fianco l’area anatomica interessata (fig.6).

Fig. 8

TECNICA DI TWIST&ROLL PER IL M. STERNOCLEIDOMASTOIDEO. L’operatore o l’atleta modulano il grado di contrazione/allungamento con la torsione del capo (fig.11). Fig. 11

Fig. 9

MANUALITÀ DI SCOLLAMENTO PER IL MM. GRANDE E PICCOLO PETTORALE e manipolazione del legamento ascellare, con varie aperture del braccio. Fig. 10 (fig.12).

Fig. 4 Fig. 12


rehab SCOLLAMENTO PER MM. G. DORSALE, ROTONDI, SOTTOSPINOSO. Variare la posizione del braccio (fig.13). La stessa tecnica con tools differenti in base al risultato del release voluto o della struttura muscolare dell’atleta (fig.15).

un esempio di lavoro per la SIPS, a destra anche per la SIAS dove la tecnica per una maggior efficacia sfrutta la decoptazione del tratto lombare sia per l’effetto gravità della gamba in caduta, sia della torsione del tronco stabilizzata dalla mano dell’atleta sul bordo della tavola. Sotto l’area anatomica interessata. Fig. 19

Fig. 13

TRATTAMENTO DI DEEP FRICTION PER IL LEGAMENTO ILEO LOMBARE (LIL). Molto spesso il dolore del tratto lombosacrale può essere causato dal sovraccarico funzionale sull’inserzione del LIL sulla cresta iliaca. La tecnica di frizione trasversale eseguita con il tool desiderato, tende “a mobilizzare i piani cutanei e sottocutanei su quelli tendinei, fasciali e aponevrotici…”(3) (fig. 23). Sotto l’area anatomica interessata. Fig. 23

Fig. 15

Il tratto toraco-lombo-sacrale mostrato nella fig. 16, presenta una vasta aponeurosi e molte espansioni mio-fasciali. Prima di eseguire manualità di scollamento, è utile il riscaldamento di quest’area.

Il lavoro procede con dei trust per lo SCOLLAMENTO DEL M. PIRIFORME per allentare l’articolazione scacroiliaca SI - (con il permesso del Ft Lorenzo Crippa) (fig. 20)

Fig. 24

Fig. 16

Fig. 20

WARM-UP DELL’AREA TORACO-LOMBOSACRALE. Frizioni lente e profonde per alcuni minuti, inducono una plasticità tissutale utile poi per i lavori successivi (fig.17). Lo stesso vale per i lavori sulle ali iliache, ricche d’inserzioni e aponevrosi. In fig. 18

Trattamento che completa la parte SI con il release dell’articolazione tramite la parte ulnare dell’avambraccio che s’insedia tra le due strutture ossee. La tecnica di rilascio e la mobilizzazione della SI avvengono con la sincronia dell’escursione del braccio dell’operatore e del movimento di aggancio gomito-caviglia (con il permesso del PhD Erik Dalton) (fig. 21). Sotto l’area anatomica interessata (fig. 22). Fig. 21

Fig. 22 Fig. 17

MANUALITÀ DI SCOLLAMENTO E TWIST&ROLL PER M. BICIPITE BRACHIALE. Sfruttare tutto il ROM articolare in passivattiva. (FIG.25)

Fig. 25

SCOLLAMENTO MM. BICIPITE E TRICIPITE BRACHIALE. (fig. 26) Uguale finalità della precedente ma con la messa in stretch del braccio. L’operatore varia l’intensità di allungamento modulando la pressione esercitata con il ginocchio sul palmo dell’atleta (con il permesso del Dr Gianni Chetta) (fig. 27). Fig. 26

Fig. 18


rehab rehab Fig. 27

TECNICA DI SCOLLAMENTO PER I TENDINI FLESSORI DI POLSO E DITA. Le dita dell’operatore sul dorso dell’avambraccio manipolano i muscoli estensori. L’operatore varia l’intensità di allungamento modulando la pressione esercitata con il ginocchio sul palmo dell’atleta (con il permesso del Dr Gianni Chetta). Le ultime due foto mostrano l’uso della tecnica stripping sul lato palmare dell’avambraccio (fig. 28). Fig. 28

TEST DEL TERZO DITO, PER CONTROLLARE IL GRADO DI RELEASE DEI M. ESTENSORI. Con una pressione in deep friction sul m. estensore del terzo dito si controlla l’eventuale estensione del dito singolarmente. In caso negativo si esegue uno scollamento centrifugo sui muscoli estensori Fig. 29

MANUALITÀ SIMILE PER LO SCOLLAMENTO E MOBILIZZAZIONE PER I TENDINI DEI MM. ESTENSORI. Separazione dei due tendini del pollice chiedendo all’atleta l’estensione attiva; il loro eventuale scollamento va eseguito con il pollice in scarico (con il permesso del Ft Lorenzo Crippa). Tali manipolazioni producono il caratteristico popping. Fig.30

TAPING KINESIOLOGICO

NOTE

In aiuto per la prevenzione o per la fase di riatletizzazione, da alcuni anni, dove il caso lo richieda, faccio uso del taping kinesiologico. Grazie ai consigli del Ft Rosario Bellia, Fisioterapista della Nazionale Italiana della FIHP, docente e sperimentatore della tecnica e dell'uso del taping kinesiologico, nonché carissimo amico, ho avuto un superbo riscontro e feedback dagli atleti trattati. Ho toccato con mano la grande potenzialità di questa metodologia, oltre che allo scopo sostenitivo/contenitivo di prevenzione, anche per il grande aiuto che il tape esercita dopo una manualità si scollamento miofasciale. È proprio grazie alle proprietà del nastro e alle sue convoluzioni che lo stato di release ottenuto sia mantenuto più lungo nel tempo a maggior beneficio dell'atleta. Maggiori e dettagliate info di questa tecnica li potete trovare tramite i websites di Rosario Bellia e di Visiocare che mi ha fornito i prodotti per i test.

(1) Dott.ssa Carla Stecco "Modello per la misura dei parametri della fascia profonda", atti del I° Convegno sulla Manipolazione Fasciale, CMS Vicenza 2009 (2) Thomas Myers " Appendice 2 - principi di trattamento - linee guida - da Meridiani Miofasciali " www.anatomytrains.it/ (3) Dr Vincenzo Rucco e Dr F. Genco “Il massaggio trasversale profondo secondo Cyriax nella legamentite ileo-lombare” Ospedale di Medicina Fisica e Riabilitazione Servizio Terapie Fisiche Spilimbergo (Udine), articolo di gentile concessione dell’autore.

RINGRAZIAMENTI Ai ricercatori e agli scienziati che si occupano di fisiologia, anatomia, biomeccanica umana: il loro contributo, per noi operatori sportivi, è la base di partenza per rendere sempre più mirate ed efficaci le nostre tecniche e manualità per gli sportivi. È grazie alle loro ricerche che possiamo trovare spiegazioni per validare scientificamente gli effetti che le nostre manipolazioni, massaggi e applicazioni hanno sul corpo umano e quindi di migliorare la prestazione sportiva di un atleta. Di solito, in ambito sportivo e atletico, si fa quasi esclusivamente riferimento alle figure del medico sportivo, dell’ortopedico, osteopata, fisioterapista, massaggiatore e preparatore, ma davvero poche volte si menzionano coloro che svolgono quell’oscuro lavoro di ricerca di base. Vorrei ricordare qualcuna di queste straordinarie persone, come Antonio Dal Monte, William Gibson, Serge Gracovetsky, Robert Schleip, David Simons, Carla Stecco e tanti altri. Un grazie grande così.

WEBSITE

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http://www.acsm.org/ http://www.anatomytrains.it/ http://www.blucenter.net/ http://clinicaebiomedica.ing.uniroma1.it/ http://www.deeptissuemassagemanual.com http://erikdalton.com/ http://www.fascialmanipulation.comhttp:/ /www.fasciaresearch.com/ http://www.giovannichetta.it/ http://kinesiobellia.wordpress.com/ http://www.laspalla.it/ http://www.newamssm.org/ http://softtissuetherapy.com.au/ http://www.sports-med.co.nz/ http://www.sportsmed.org http://www.visiocare.it/

MAURIZIO RONCHI Istruttore FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera). Istruttore, preparato-re atletico e mas-saggiatore sportivo non terapista e "G.S.5CERCHI" di Seregno. Istruttore nel CAI (Club Alpino Italiano) di Carate Brianzanella "Scuola di Alpinismo M. Dell'Oro". Ha praticato diversi sport a livello agonistico e amatoriale: basket, atletica leggera, judo, podismo, alpinismo. Attual-mente collabora con palestre, società sportive, seguendo diversi atleti in qualità di massaggiatore sportivo non terapista e preparatore atletico. È istruttore di postura MBT, Tutor in Massaggio Wellness TIB e docente per i corsi di SportBodyworks TIB, presso la scuola ASSOTIB di Arcore. È massaggiatore sportivo non terapista del Seregno Rugby. Membro AMF - Associa-zione Manipolazione Fasciale e AITK Associazione Italiana TapingKinesiologico. http://massaggiosportbodyworks.space s.live.com

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marketing

Il linguaggio non verbale

Il linguaggio verbale incide soltanto per il 7% sull’efficacia del messaggio che vogliamo trasmettere; il linguaggio dei gesti, da parte sua, corrisponde al 55% e il restante 38% è rappresentato dal tono della voce, il cosiddetto linguaggio paraverbale

nel fitness e nella vita quotidiana

di Michela Verardo e Fabio Grossi

l mercato del fitness è sempre più competitivo: ai grandi centri, che offrono una vastissima gamma di servizi per tutte le esigenze e tutte le tasche, si affiancano piccoli centri che si specializzano nell’offerta di servizi di nicchia, rivolgendosi a categorie particolari (centri motori, ginnastica per anziani, gestanti, bambini). È indubbio che, per essere vincenti su questo mercato, risulta fondamentale possedere delle buone abilità di vendita. Ma tra crisi, problemi economici, clienti stanchi delle stesse parole, prodotti che si assomigliano e servizi che si equivalgono, come sarà possibile continuare a vendere il prodotto fitness? Sembra emergere con forza che la cosa davvero importante oggi sia riuscire a far breccia nel “cuore” del potenziale cliente e instaurare con lui

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una relazione basata innanzitutto sulla fiducia. Quante volte abbiamo sentito pronunciare la frase “la prima impressione è quella che conta”? Da recenti studi sul comportamento umano è emerso che i primi 7 secondi di una conversazione sono sufficienti per farsi un’idea di chi abbiamo di fronte. Lasciare una buona impressione di sé è importantissimo per agganciare un nuovo cliente, sia per il personal trainer al primo incontro che per il consulente di vendita; ma anche per chi sta in reception e spesso ha a disposizione pochi fugaci attimi per dare informazioni dirette e precise. Questa consapevolezza rappresenta una grande risorsa e, adottando una comunicazione efficace, coerente e immediata, avremo trovato una componente essenziale per il

successo delle nostre relazioni.

IMPARARE A COMUNICARE La prima impressione si basa quasi esclusivamente sulla comunicazione non verbale: la stretta di mano, lo sguardo, il tono di voce sono elementi estremamente potenti. Durante quei famosi 7 secondi il nostro interlocutore prende un piccolo campione della nostra personalità, assimilando inconsciamente informazioni iniziali e notando il linguaggio del corpo, ciò che diciamo e soprattutto il modo in cui lo facciamo; questo farà da filtro a tutte le future informazioni che ci riguarderanno. Nella vita quotidiana abbiamo la tendenza a dare molta importanza alle parole che pronunciamo, nella convinzione che siano il miglior modo per comunicare, quando è ormai ri-


marketing saputo che il linguaggio verbale incide soltanto per il 7% sull’efficacia del messaggio che vogliamo trasmettere; il linguaggio dei gesti, da parte sua, corrisponde al 55% e il restante 38% è rappresentato dal tono della voce, il cosiddetto linguaggio paraverbale. La comunicazione non verbale è inconscia, automatica e involontaria. Sono due le scienze fondamentali che formano la base dello studio moderno della comunicazione non verbale: la cinesica, ovvero lo studio dei fenomeni comunicativi appresi ed eseguiti attraverso i movimenti del corpo, e la prossemica, la disciplina che studia lo spazio e le distanze all'interno di una comunicazione, sia essa verbale o non verbale. Conoscere meglio il non verbale è utile per imparare a comunicare in maniera più efficace e incisiva, a capire le intenzioni, le emozioni e in parte i pensieri del nostro interlocutore, eliminando gli elementi che possono creare malintesi e generare confusione e imbarazzo. Ma in che modo? Esistono diversi corsi e una nutrita bibliografia al riguardo, ma certamente la cosa più importante è allenarsi ogni volta possibile diventando ottimi osservatori e ascoltatori non solo del cliente, ma anche e soprattutto di noi stessi. Un piccolo ma fondamentale aspetto cui prestare attenzione appena si approccia un cliente è sorridergli. Il sorriso è il segnale dinamico del corpo che più ha il potere di creare comunicazione; anche se spesso non è facile sorridere, è senza dubbio un biglietto da visita straordinario. In termini di prossemica, un altro accorgimento è il rispetto dello spazio vitale del nostro interlocutore, ovvero la distanza che gli consente di sentirsi a proprio agio parlando con noi. Pensiamo sia conveniente non assumere posture troppo rigide, per evitare l’equivoco di sembrare arroganti o supponenti ed evitare sguardi troppo intensi e prolungati negli occhi, dal momento che la persona potrebbe avere l’impressione di essere indagata e questo potreb-

be creare un disagio e un conseguente allontanamento del cliente. Esistono poi le cosiddette “posizioni di chiusura”, tipicamente rappresentate da braccia conserte e gambe accavallate; oppure di “interesse e gradimento”, come ascoltare portandosi la mano o un dito alla bocca. Tutti i segnali comunque vanno contestualizzati e proprio per questo è importante allenarsi a riconoscerli e decifrarli. Chi assume una posizione con braccia e gambe incrociate non necessariamente si sta allontanando da noi, ma potrebbe molto semplicemente sentirsi comodo e a proprio agio in quella posizione. A tale proposito la leggenda narra che un giorno fu chiesto a Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi e accanito fumatore di sigari, un commento sul significato psicoanalitico del fumare. La sua risposta fu “a volte un sigaro è solo un sigaro…” Quando si apprendono i rudimenti del linguaggio del corpo si ha la tendenza a classificare ogni gesto in modo categorico; ma spesso, osservando il contesto nel suo insieme, si scopre che non è così. Gli studiosi di programmazione neuro-linguistica (PNL) non amano le classificazioni del linguaggio non verbale proprio perché il più delle volte sono decontestualizzate. Per essere certi di entrare immediatamente nel contesto i “piennellisti” hanno introdotto il concetto di mirroring o “rispecchiamento”. Il mirroring consiste nel rispecchiare e praticamente ripetere e far proprio il linguaggio non verbale (e in parte verbale) dell’interlocutore: quando avvertiamo di essere in perfetta sintonia con l’altro significa che si è attivato un rispecchiamento. Sarebbe a dir poco impossibile un’autentica condivisione di pensieri e di emozioni senza passare attraverso questo particolare processo.

LA COERENZA DEL LINGUAGGIO Di assoluta importanza per il personal trainer e il professionista del fitness è la congruenza nella comunicazione: una persona è congruente

quando il suo linguaggio non verbale e il suo verbale “dicono la stessa cosa”. Viso, mani, braccia e piedi sono le zone di maggiore interesse e ognuna di queste zone potrebbe essere incongruente con il linguaggio (per esempio la testa annuisce, la voce dice sì e il corpo si ritrae mentre le braccia si incrociano …). È molto facile sbagliarsi, per cui è fondamentale allenarsi, non solo leggendo libri e pubblicazioni, ma soprattutto attraverso l’osservazione. I luoghi di ritrovo sono fra le migliori palestre e anche la televisione può risultare un mezzo utile: basta spegnere il volume e analizzare le interazioni tra i personaggi TV. Ma quanto siamo coerenti noi nel nostro modo di comunicare? Ci siamo mai posti questa domanda? Forse, per prima cosa, sarebbe necessario posizionarsi di fronte a uno specchio per consapevolizzare la qualità della nostre mimica e della nostra gestualità; oppure, chiedere agli altri un giudizio sul nostro modo di comunicare non verbale. Noi - e solo noi - siamo responsabili al 100% della qualità della nostra comunicazione! È indubbio quindi quanto risulti importante la conoscenza del linguaggio del corpo e delle sue applicazioni sociali: osservare le posizioni, i movimenti, le proporzioni e la struttura del corpo ci aiuta a comprendere meglio le persone, il carattere, lo stato d’animo e conseguentemente ci conduce a migliorare i nostri rapporti con l’esterno.

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA Birkenbihl V.F., I segnali del corpo, ed. Franco Angeli, 2002 Ekman P., Te lo leggo in faccia, ed. Amrita, 2009 Ekman P., Friesen W., Giù la maschera, ed. Giunti, 2007 Lowen A., Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, 2003 Padrini F., Il linguaggio segreto del corpo, ed. De Vecchi, 1994-2007 Pease A. e B., Perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi, BUR Rizzoli, 2004-2008


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OBESITÀ? QUESTIONE DI TERMOGENESI Fondamentalmente, ci sono tre componenti principali del dispendio energetico umano (EE): il metabolismo basale (BMR), l’effetto termico del cibo (TEF) e l’attività di termogenesi, strettamente connessa all’attività motoria. NEAT (attività di termogenesi senza esercizio), include tutte le attività che si svolgono abitualmente della vita quotidiana, senza che siano strutturate in un allenamento mirato. Considerata l’importanza che NEAT può avere per bruciare calorie (dal 15 per cento del totale EE quotidiana in soggetti molto sedentari al 50 per cento in soggetti molto attivi), negli Stati Uniti diversi laboratori sono stati dedicati??allo studio di questa variabile ?e di come la microtecnologia possa essere utilizzata per misurare e modificare il NEAT. ?è stato calcolato che, nelle sole attività di tempo libero, l'uso pervasivo della meccanizzazione ha comportato una diminuzione di consumo energetico da non-lavoro pari a 100-200 kcal/die e che sono sufficienti piccoli cambiamenti di attività fisica durante il giorno per far aumentare la EE giornaliera del 20 per cento. James Levine, un medico endocrinologo che ha trascorso la sua carriera a studiare come gli esseri umani consumano energia, ha progettato con la società di ricerca medica Mayo Clinic due prototipi di ambienti che favoriscono il consumo energetico: un ufficio e una classe scolastica. L’ufficio è modulare e mobile, di modo che le persone possano lavorare dove e come vogliono. L’ambiente è pulito, solare, open space; le scrivanie sono sostituite da 10 banchi in plexiglass attrezzati con un computer da utilizzare in piedi, camminando su di un tapis roulant, oppure pedalando su di una cyclette. Non ci sono telefoni fissi e tutti i dipendenti indossano i telefoni cellulari alla cintura con un “standometer Mayo” che registra la loro attività motoria. La sala riunioni è sostituita da una pista a due corsie che circonda tutto l’ufficio, delimitata esternamente da pareti di lavagne magnetiche per scarabocchiare appunti durante le riunioni in movimento. Caffè e spuntini sani sono disponibili nelle vicinanze, ma è necessario camminare per guadagnarseli. Gli stessi concetti sono applicati all’aula scolastica: i bambini davvero bisogno di sedere ai banchi mentre imparano? Il Dr. Levine pensa di no, è così ha sviluppato un progetto per la scuola, integrandolo all’esperienza dell’apprendimento dei bambini. Alcune delle innovazioni includono l’utilizzo di tecnologia wireless, computer portatili, un misuratore dell'attività fisica per ogni studente, spazi di lavoro verticale magnetici che fungono anche da schermi di proiezione, scrivanie dove i bambini lavorano in piedi, invece di sedersi. Il Rochester Public Schools, scuola elementare del Minnesota, ha aderito al progetto di sperimentazione.

www.mayoclinic.com


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NASCE LA SOCIETÀ ITALIANA NUTRIZIONE SPORT E BENESSERE La SINSeB è una società scientifica che si occupa della cultura della nutrizione dello sport e di tutti quegli aspetti della nutrizione complementari e collaterali che possono contribuire, insieme a una attività fisica mirata, allo stato di salute della popolazione. I soci fondatori e componenti del comitato direttivo sono nomi noti, già appartenenti alla Società Italiana Cultura e Sport: Fabrizio Angelini, Luca Gatteschi, Fulvio Marzatico, Fulvio Massoni, Carmine Orlandi, Nicola Sponsiello. A livello internazionale l’associazione si avvale di una stretta collaborazione con l’International Society of Sport Nutrition, una delle più importanti Società Scientifiche Mondiali nella Nutrizione dello Sport. La sede della SINSeB è a Empoli, dove una stretta collaborazione con Ecomedica, garantirà la possibilità di sviluppare un centro di ricerca e formazione sui temi della nutrizione, dello sport e del benessere, grazie a strumentazioni diagnostiche e laboratori di alto profilo. Oltre alla ricerca scientifica, la società punta alla divulgazione, puntando sia agli atleti professionisti che agli amatoriali, per diffondere un messaggio di cultura della salute, dello sport e della nutrizione che contrasti il fai da te e il doping.

www.sinseb.it/

NUOVI VALORI DIETETICI DI RIFERIMENTO Una dieta è bilanciata se fornisce il giusto apporto di sostanze nutritive e di energia per la salute e il benessere: i valori dietetici di riferimento (DRV) sono le raccomandazioni nutrizionali che corrispondono al fabbisogno medio della popolazione e che indicano il livello di assunzione adeguato per ogni nutriente. I DRV sono la base per stabilire linee guida dietetiche (FBDG), che possono orientare il consumatore nella scelta di cosa mangiare e aiutarli a fare scelte alimentari sane. L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), su richiesta della Commissione Europea, ha recentemente presentato un parere aggiornato sui DRV, tenendo conto delle nuove evidenze scientifiche e delle recenti raccomandazioni emanate a livello nazionale e internazionale. Al momento, sono stati pubblicati i valori dietetici di riferimento per i carboidrati, le fibre alimentari, i grassi e l’acqua; seguiranno quelli per vitamine e minerali. L’assunzione di carboidrati totali dovrebbe oscillare tra il 45 e il 60% dell’assunzione totale di energia sia per gli adulti che per i bambini. Rispetto agli zuccheri vi sono buoni motivi per ritenerne il consumo frequente (negli alimenti e nelle bevande) co-responsabile di carie dentaria e aumento ponderale. Tuttavia, non è stato definito un limite massimo di zuccheri in quanto i possibili effetti sulla salute sono principalmente collegati alle modalità di consumo degli alimenti, piuttosto che alla quantità ingerita. L’assunzione di 25 grammi al giorno di fibre alimentari è sufficiente per una normale funzione intestinale negli adulti; confermata l’associazione fra maggiore assunzione di fibre alimentari e benefici per la salute (riduzione del rischio di cardiopatie, diabete di tipo 2 e mantenimento del peso). Le assunzioni di grassi dovrebbero variare tra il 20% e il 35% dell’assunzione totale di energia, con valori diversi per età, a seconda delle specifiche esigenze di sviluppo. Confermato il legame fra grassi saturi e grassi trans e aumento dei livelli di colesterolo nel sangue: i responsabili politici dovrebbero prendere in considerazione la limitazione dell’assunzione di grassi trans e saturi, sostituibili con acidi grassi mono e polinsaturi, al momento di definire raccomandazioni nutrizionali e sviluppare linee guida dietetiche sugli alimenti a livello nazionale. L’assunzione di 250 mg al giorno di acidi grassi omega-3 a catena lunga negli adulti può ridurre il rischio di cardiopatie. Quanto all’acqua, si ritiene adeguata un’assunzione giornaliera di 2,0 litri per le donne e di 2,5 litri per gli uomini. Infine, le prove relative al ruolo dell’indice glicemico e del carico glicemico nel mantenimento del peso e nella prevenzione di malattie legate all’alimentazione non sono ancora conclusive.

www.efsa.europa.eu/it/press/news/nda100326.htm


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FIERE CONVEGNI a cura della redazione

FIBO, FIERA INTERNAZIONALE DEL FITNESS, WELLNESS E SALUTE 22 – 25 aprile, Essen Germania FIBO è il punto d’incontro annuale n. 1 in Europa, dove oltre 530 imprese internazionali, tra cui tutti i maggiori “market player”, presentano in 12 padiglioni, le loro più recenti innovazioni e soluzioni. Nei quattro giorni di fiera si attendono oltre 50.000 visitatori provenienti da circa 60 paesi. Il FIBO è particolarmente interessante per visitatori professionisti che sono attivi nei seguenti settori: palestre / fitness center impianti wellness e spa, e solarium centri sanitari ospedali e cliniche rehab studi di fisioterapia impianti sportivi pubblici. All’interno dell’esposizione, il settore FIBOmed si presenta come un’interfaccia tra il settore del fitness, la professione medica, fisioterapista, cliniche di riabilitazione e le compagnie di assicurazione. Il Padiglione 4 sarà caratterizzato dallo spazio espositivo 'Promozione della Salute' per i produttori di dispositivi di analisi e terapia, le attrezzature per le pratiche di fisioterapia, consulenza sanitaria, qualificazione delle attrezzature e dei metodi di massaggio.

VAI AL SITO E SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO www.fibo.de/en/microsite_italienisch.php

info@promoevents.it

DALLA MEDICINA MANUALE ALLA MEDICINA VERTEBRALE? 23 - 24 aprile, Torino Il pregio della Medicina Manuale è stato, sin dagli esordi, quello di definire una semeiotica chiara, semplice e riproducibile, essenzialmente basata su test di provocazione del dolore. Questi sono peraltro anche gli unici a poter definire le disfunzioni dolorose benigne del rachide non interpretabili con gli esami strumentali usualmente a disposizione. Sulla base di questa nuova e importante diagnostica clinica si sono sviluppate strategie terapeutiche che integrano, e talvolta possono sostituire, l’atto manipolativo. Il tumultuoso sviluppo della disciplina se da un lato ha permesso di ottenere risultati di rilievo, ha d’altro canto reso meno netti i confini della materia. Le due giornate di studio si propongono di stimolare un cordiale, franco e vivace scambio di opinioni su alcuni aspetti, dibattuti a livello nazionale e internazionale, che vanno meglio definiti. Lo sviluppo di nuove metodiche di diagnosi e di tecniche terapeutiche complementari alle tradizionali manipolazioni vertebrali, rendono forse necessaria una nuova collocazione e denominazione della materia?

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VIII CONGRESSO EDI-ACADEMY IL TRATTAMENTO IN ACQUA DELLE PATOLOGIE DI SPALLA 24 Aprile, Biella In programma: Idroterapia nel trattamento delle patologie di spalla, considerazioni generali Patologie della cuffia dei rotatori - Instabilità - Il paziente protesizzato - Integrazione dell’idroterapia nel progetto riabilitativo. Destinatari del corso: medici, fisioterapisti, laureati in scienze motorie, studenti

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FIERE CONVEGNI a cura della redazione

NUTRIMI - CONGRESSO INTERNAZIONALE DI NUTRIZIONE PRATICA 28 - 29 aprile, Milano

Con un programma congressuale che si arricchisce di anno in anno in linea con le più recenti sfide di sanità pubblica, NutriMI rappresenta un momento chiave nel panorama scientifico internazionale in grado di fornire un aggiornamento della massima attualità e valenza pratica rispetto al mondo della Nutrizione, Alimentazione & Salute. Il programma del Congresso anche quest’anno risponderà all’esigenza di affrontare le tematiche di maggior attualità e interesse scientifico in campo alimentare e nutrizionale: Dieta mediterranea ed equilibrio nutrizionale (nuove evidenze); Alimentazione nei primi due anni; L’alimentazione nella donna, stili di vita e impatto sulla salute, Obesità, Terapie alimentari e non per la gestione del peso, Ricambi, idratazione e fisiologia, Attualità in tema di alimentazione.

VAI AL SITO E SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO http://www.nutrimi.it/nutrimi/ac_programma.html

LO SPORT: DALLA PRATICA ALLA CLINICA 14 - 16 maggio, San Vito Lo Capo (TP) Il congresso vuole essere un momento di valido confronto tra specialisti di diverse branche su tematiche di interesse prevalentemente cardiologico, pneumologico, allergologico, dermatologico e riabilitativo. Si tratterà in particolare delle problematiche legate all'inquinamento atmosferico e delle correlazioni con la pratica sportiva a livello del mare, in quota e immersione. Inoltre si vuole puntualizzare quanto incida la patologia asmatica bronchiale nel mondo dello sport e quanto sia importante praticare regolarmente un’attività fisica idonea nella prevenzione delle crisi broncospastiche indotte dallo sforzo fisico (bief) e nel migliorare l'evoluzione del quadro clinico. Con gli allergologi e i dermatologi si vuole fare il punto sull'incremento, nel mondo dello sport, delle patologie allergiche in generale e cutanee nello specifico, dandone un inquadramento epidemiologico, trattando dell'iter diagnostico e confrontandoci sulle nuove linee terapeutiche. Nella sessione cardiologica sarà effettuato un corso teorico pratico di BLSD da parte dell'equipe medica del centro medico sportivo di Trapani.

VAI AL SITO E SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO www.smmsport.it/

RIMINIWELLNESS 13 - 16 maggio, Rimini Le principali aziende del comparto presentano le novità del settore secondo un format che ha reso la manifestazione leader in Italia: l´area WPRO, studiata per il pubblico professionale e gli operatori e l´area WFUN, dedicata al mondo degli appassionati. Sei le anime della manifestazione: Fitness (accessori, attrezzature, equipaggiamenti, impianti, software, etc.), Benessere-Bellezza (apparecchiature, attrezzature, beauty center, centri wellness, cosmetica, fitoterapia, centri termali, etc.), Sport&Dance Fashion (abbigliamento sportwear e specifico per ciascuna disciplina, accessori, calzature, etc.), WellnessFood (prodotti alimentari biologici, prodotti alimentari per ogni tipo di intolleranza ed allergia, istituti di certificazione e analisi alimentare, etc.), Water Wellness (vasche idromassaggio, piscine, attrezzature per il fitness in acqua, etc) e Contract Design (mostre di arredamento e progettazione). Riabilitec, l´area espositiva B2B dedicata alla fisioterapia e alla riabilitazione, ospiterà incontri di formazione e di informazione rivolti ai professionisti della fisioterapia e riabilitazione.

VAI AL SITO E SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO www.riminiwellness.com


Allenamento

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Allenamento

Allenamento FITNESS & BODY BUILDING

La terza edizione, completamente aggiornata, del libro che ha formato intere generazioni di professionisti del fitness. Dall’anatomia funzionale dell’apparato locomotore alla fisiologia muscolare, fino alla biomeccanica degli esercizi; in questo volume il futuro istruttore troverà tutte le nozioni indispensabili, arricchite di 120 disegni e oltre 400 foto a colori. Alessandro Lanzani Alea Edizioni 2004 pag. 360 Euro 45

MANUALE DI CARDIOFITNESS

Il volume tratta in modo approfondito il cardiofitness nei suoi diversi aspetti: dall’anatomia e fisiologia, ai metabolismi energetici e alla biomeccanica muscolare, per poi addentrarsi nello specifico del training cardiovascolare. Abbraccia l’attività indoor e outdoor, l’utilizzo dei simulatori aerobici e il monitoraggio della frequenza cardiaca. Giulio Sergio Roi Alea Edizioni 2004 - pag. 238 Euro 35

STRETCHING

Non più allungamento muscolare, ma miglioramento della mobilità di tutte le componenti dell’apparato locomotore. Partendo da questa convinzione gli autori riprendono i principi teorici dello stretching, propongono test di valutazione e una lunga serie di esercizi suddivisi per attività sportiva. Francesco Capobianco Alessandro Lanzani, Alea Edizioni - pag. 224 Euro 21

99 ESERCIZI ADDOMINALI

Il volume è utile per comprendere a fondo l’anatomia, la funzione e la cinesiologia dei muscoli addominali e per imparare a valutare la loro forza. In più, un’interessante classificazione degli esercizi e un intero capitolo dedicato agli errori di esecuzione. Giulio Sergio Roi e Rachele Groppi Alea Edizioni 2001 pag. 128 Euro 21

IPERTROFIA MUSCOLARE Come si costruisce una tabella d’allenamento personalizzata? Il libro fornisce un’esauriente risposta a questa domanda analizzando i principi della programmazione e periodizzazione, le fasi dell’allenamento e le caratteristiche biomeccaniche di numerosi esercizi tipici dell’allenamento in palestra. Claudio Suardi Alea Edizioni 2000 pag. 208 Euro 26

TOTAL FITNESS IN ACQUA Roberto Conti, professionista affermato del fitness, trasferisce in questo volume tutti i segreti per realizzare lezioni di fitness in acqua: protocolli, metodi, differenziazioni delle classi. Un manuale efficace, serio e completo per gestire tutte le opportunità del fitness in acqua. Roberto Conti Alea Edizioni 2004 pag. 128 Euro 21

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Sconto del 20% PER I NOSTRI ABBONATI. Spese di spedizione in contrassegno euro 6 per ordini pre-pagati euro 3,90 L'ALLENAMENTO DELLA MOBILITÀ DELL'APPARATO LOCOMOTORE

Ricerche e applicazioni pratiche Un valido sussidio per chi si occupa di mobilità articolare e di flessibilità muscolo-tendinea. Un utile strumento operativo per la creazione di tabelle di allenamento personalizzate. I capitoli dedicati alla ricerca applicata all'allenamento permettono di approfondire la valutazione funzionale dell'individuo. Massimiliano Gollin Alea Edizioni 2009 pag. 148 Euro 25

PERSONAL TRAINER Cosa serve per diventare personal trainer? Partendo da un’analisi storica della professione, il libro risponde a questa domanda illustrando le competenze tecniche, psicologiche, commerciali e manageriali che il professionista deve possedere. Francesco Capobianco - Cap.4 ‘Personal trainer come libero professionista’ a cura della Dott.ssa Paola Bruni Zani Alea Edizioni 2001 - pag. 240 Euro 26

ALLENAMENTO ESTETICO Rivolto a quanti vogliono programmare un’attività finalizzata al miglioramento dell’aspetto, fornisce metodi d’allenamento, suggerimenti alimentari e di postura, consigli estetici. Ogni nozione è basata su uno studio approfondito e sul continuo confronto con l’applicazione pratica. Roberto Tarullo Alea Edizioni 2001 pag. 160 Euro 24

LIPOCARDIOFITNESS Perdere peso è il diktat della maggior parte dei frequentatori dei centri fitness. L’autore fornisce gli strumenti per rispondere a questa richiesta: analisi del tessuto adiposo e del metabolismo muscolare, metodologia dell’allenamento con attrezzature cardiovascolari e isotoniche, test di controllo. Massimiliano Ferrero Alea Edizioni pag. 144 Euro 24

FITNESS IN ACQUA Partendo dagli esercizi di base per tutti i distretti muscolari, il libro affronta le diverse metodiche d’allenamento in acqua, tra cui l’aerobica, le arti marziali, lo step e la kick boxe. Grazie a numerose fotografie e schemi di lezione, il volume si caratterizza per un forte taglio pratico. La parte finale è dedicata alle competenze dell’istruttore di fitness in acqua. Paolo Michieletto e Giada Tessari Alea Edizioni 2004 - pag. 224 Euro 26

TRAINING IN ACQUA Il libro affronta in prima analisi i principi del movimento in acqua, spiegando dettagliatamente i fattori che condizionano la prestazione. Nella seconda parte esplora le diverse possibilità di allenamento delle qualità motorie con e senza attrezzi, facendo riferimento a più discipline sportive. Paolo Michieletto Alea Edizioni 2000 pag. 192 Euro 26

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Rehab

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CASI CLINICI IN PALESTRA - LA SERIE In ognuno dei 5 volumi si inquadrano le principali patologie dell’apparato locomotore. Per ognuna di esse sono descritti anamnesi ed esame obiettivo motorio, sono individuati i traguardi0 da raggiungere, sono tracciate le linee guida del protocollo di lavoro attraverso gli esercizi consigliati e quelli da evitare. Autori Vari Alea Edizioni - pag. 128 Ogni volume Euro 21 Offerta: tutta la seria (5 volumi) a 84 Euro

E ERI A S) A L I TA TUTVOLUM (5 EURO MAL DI SCHIENA 84 Il volume affronta il tema del mal di schiena in modo

MASSAGGIO SPORTIVO Il testo propone tecniche manuali per il trattamento efficace della micro-traumatologia dei tessuti molli nello sportivo. I capitoli a carattere puramente pratico descrivono la conformazione dei tessuti connettivi, le interazioni tra il danno tessutale, l’infiammazione e gli eventi riparativi. Roberto Dagani Alea Edizioni 2002 pag. 128 Euro 21

davvero esaustivo. Nella prima sezione guida il lettore al corretto utilizzo della colonna nella vita quotidiana e nella pratica sportiva. La seconda parte raccoglie invece approfondimenti sulle patologie e sui meccanismi del dolore lombare. Claudio Corno Alea Edizioni 2001 pag. 256 Euro 26

TRATTAMENO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO

IL DOLORE CERVICALE Il manuale offre un’ampia panoramica delle patologie più comuni nell’individuo adulto: la cervicalgia. Il volume è diviso in tre parti: la prima, dedicata all’anatomia, alla fisiologia articolare e alla biomeccanica del tratto cervicale. La seconda, dedicata alle sindromi dolorose più comuni. Infine la terza parte che comprende alcune schede pratiche di utilizzo in palestra contenenti gli esercizi più idonei in relazione alla sintomatologia dolorosa. Claudio Corno Alea Edizioni 2003 pag. 128 Euro 21

Il manuale espone in maniera chiara ed esaustiva le tecniche manuali per il detensionamento miofasciale a indirizzo sportivo. L’ampia documentazione iconografica chiarisce ogni dettaglio di posizionamento e intensità del massaggio. Roberto Dagani Alea Edizioni 2005 pag. 128 Euro 21

FITNESS TERAPIA - 2 VOLUMI

COMPOSIZIONE CORPOREA

Il movimento è un farmaco naturale contro molte patologie cronico-degenerative. Partendo da questa convinzione i volumi propongono protocolli di lavoro per ipertensione, patologie respiratorie, cardiache infantili e della colonna, obesità (vol. 1) patologie coronariche e renali, artrite reumatoide, gravidanza, fibrosi cistica (vol. 2). Autori Vari Alea Edizioni 1999/2000 - pag. 144

A partire dalla definizione di sovrappeso e obesità il volume suggerisce al lettore metodiche rigorose e scientifiche per un’analisi quantitativa e qualitativa della composizione corporea, punto di partenza indispensabile per una corretta programmazione nutrizionale e dell’allenamento. Sergio Rocco

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FISIOLOGIA APPLICATA AL FITNESS

CARDIOLOGIA E FITNESS

Il manuale affronta in maniera concisa ma esaustiva la fisiologia del corpo umano, con particolare riferimento all’influenza dell’esercizio fisico su organi e apparati. Il manuale è anche uno strumento didattico e di autovalutazione per il professionista del fitness e costituisce strumento fondamentale per la programmazione del training.

Partendo dai fondamenti della fisiologia cardiovascolare, l’autore accompagna il lettore dalla pratica clinica alla valutazione funzionale e psicosomatica del cardiopatico e alla periodizzazione dell’allenamento, spiegando con precisione gli effetti della terapia farmacologica sulla performance. Davide Girola

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Alea Edizioni pag. 248 Euro 31

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Scheda per la scelta della destinazione dell’8 per mille dell’IRPEF e del 5 per mille dell’Irpef CODICE FISCALE (obbligatorio)

CONTRIBUENTE

Da utilizzare esclusivamente nei casi di esonero dalla presentazione della dic NOME

COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)

DATI SOSTITUTO D’IMPOSTA DATA DI NASCITA ANAGRAFICI GIORNO MESE

CONTRIBUENTE

CODICE FISCALE (obbligatorio) ANNO

COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA

CODICE FISCALE (obbligatorio)

COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)

NOME

DATI LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUE DATA DI NASCITA COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA ANAGRAFICI NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSON GIORNO MESE ANNO

SCELTA PER DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF Devolvi il tuo 5 per mille adLA DESTINAZIONE ActionAid

(in CINQ caso LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ES Stato

Chiesa cattolica

Unione Chiese cristiane

PER LA DESTINAZIONE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRM La tua dichiarazione dei redditi potrà contribuireSCELTA a cambiare il futuro diDELL’OTTO migliaiaPERdiMILLE bambini e delle Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste valdesi Chiesa Luterana in Italia loro comunità. La tua firma si trasformerà in lotta alla povertà, in ecampagne diEvangelica sensibilizzazione, in Unione Comunità aiuti alle popolazioni colpite da emergenze. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Stato

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa cattolica Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorn

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . Chiesa . . . . Valdese . . . . unione . . . . delle . . .chiese . . .metodiste . . . . . e.valdesi . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. Chiesa . . . . Evangelica . . . . . .Luterana . . . . .in .Italia . . . . . . . . . . . . .Unione . . Comunità . . . . . Ebraiche . . . . .Italiane . . . . . .

a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati,nel contenuta nel p Farai parte di operazione fame e con ActionAidIn aggiunta sosterrai il diritto al cibo per moltissime persone si precisa che i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia del Sud del mondo. Perché la fame è un’emergenza, tutto al’anno, pernell’informativa più di un sul miliardo In aggiunta quanto indicato trattamentodi dei persone. dati, contenuta nel paragrafo 1 de . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

E tutto questo a te non costa nulla!

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AVVERTENZE esprimere ladel scelta a favore verranno di una delle sette solo istituzioni beneficiarie della quota si precisa chePer i dati personali contribuente utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per la propria firma nel riquadro corrispondente ad una di dette istituzioni. La scelta deve essere fatta AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte mi de la propria firma nel riquadro corrispondente ad una di dette istituzioni. La scelta deve essere fatta esclusivamente p posta non attribuita è stabilita in sette proporzione alle scelte espresse. Laespressa quota non attribuita spettanteI La mancanza della firma in uno dei riquadri previsti costituisce scelta non da parte del contribuente. tale. posta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. La quota non attribuita spettante alle Assemblee

CODICE FISCALE 09686720153

tale. SE SI È ESPRESSA LA SCELTA È NECESSARIO APPORRE LA FIRMA ANCHE NELL’APPOSITO RIQU SE SI È ESPRESSA LA SCELTA È NECESSARIO APPORRE LA FIRMA ANCHE NELL’APPOSITO RIQUADRO POSTO

SCELTA LA DESTINAZIONE DESTINAZIONE CINQUE PERDELL’IRPEF MILLE DELL’IRPEF (in cas SCELTAPER PER LA DEL DEL CINQUE PER MILLE (in caso di scelta FIR Sostegno del del volontariato e delle altrealtre organizzazioni non lucrative utilità sociale, Sostegno volontariato e delle organizzazioni non di lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni e fondazioni riconosciute delle associazioni di promozione sociale e fondazioni che operano nei settori di cui all’art. 10, c. e 1,delle lett a),associazioni del D.Lgs. n. 460 del 1997 riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a), del D.Lgs. n. 460 del 1997 FIRMA

FIRMA

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Mario Rossi

.....................................................................

FIRMA

.....................................................................

0 9 6 8 6 7 2 0 1 5 3 Finanziamento della ricerca sanitaria

Finanziamento della ricerca sanitaria

Finanziame scientifica

............................

FIRMA

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

.........

Codice fiscale del beneficiario (eventuale Sostegno delle dal comune di res


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