OSSERVAZIONI Proposta Nuovo Piano Sociale Regionale – Regione Umbria ottobre 2015 Emerge oltre che dall’ormai ampia letteratura anche dai dati statistici il fatto che la condizione di disabilità è determinante del manifestarsi/aggravarsi delle condizioni di povertà. In un contesto “logisticamente” non accessibile la disabilità è un lusso. Meno accessibilità, maggiori costi per porvi rimedio individualmente, un esempio per tutti la non accessibilità dei mezzi di trasporto “costringe” all’acquisto di vetture attrezzate, non solo con costi superiori rispetto all’uso del mezzo pubblico, ma mediamente doppi rispetto all’acquisto di una vettura di serie. Assumere come porta di accesso ai servizi unicamente l’ISEE, che parametra la situazione economica “asetticamente” rispetto al contesto, oltre ad essere un elemento di disomogeneità nella soddisfazione d opportunità e diritti, vanifica i principi della Convenzione ONU e i criteri di valutazione dello stato di salute misurato dall’ICF La proposta è di affiancare all’ISEE qualcosa che potremmo chiamare “Indicatore Eqivalente Situazione Ambientale” magari mediato dallo stesso ICF o parametrando alcuni fondamentali elementi tipo mobilità e comunicazione. In sostanza come per l’ISEE un valore numerico che possa rendere “equivalente” il parametro ISEE rispetto alla situazione contestuale e infine ugualmente esigibili per le persone con disabilità il diritto alle pari opportunità. Non solo, parametrare le prestazioni sociali e dunque il maggiore o minore costo delle stesse, alla situazione ambientale, potrebbe infine rappresentare una leva decisiva per una azione efficace sul contesto, ovvero per l’abbattimento delle barriere architettoniche sensoriali e della comunicazione e in direzione della progettazione accessibile e inclusiva e dell’universal design. Nel suo impianto generale il Piano Sociale afferma la centralità della persona e da corpo a questa centralità “spingendo” molto sulla domiciliarità. Questo fatto ancora di più evidenzia
l’esigenza che l’azione più efficace non sia sul “sociale” così come l’abbiamo considerato fino ad oggi, ma piuttosto sul sociale come “contesto”. Contesto certamente prodotto dall’azione di tutte le aree di governo degli EEPP ma anche dall’attività delle diverse agenzie economiche, sociali, culturali e della partecipazione più volte sollecitate dal Piano stesso e dunque da formare, stimolare e sostenere verso una maggiore consapevolezza e infine una migliore pratica nella direzione dell’accesibilità. Con ciò l’ipoteca più forte a questo Piano Sociale torna ad essere l’accessibilità di luoghi e azioni. Tanto più i domicili saranno luoghi accessibili in contesti accessibili, tanto più sarà scongiurata l’ipotesi di rinunciarvi per strutture che garantiscono maggiore comodità e protezione, ovvero la tentazione a realizzarle. Certamente non è il Piano Sociale a dover disegnare prassi e norme per l’accessibilità, l’universal design e la progettazione inclusiva, ma forse un invito forte dal Piano Sociale verso tutti gli altri “Piani” che governano la comunità (ad es. il recente Piano Trasporti) in questa direzione, potrebbe essere insieme opportuno e un segnale istituzionale forte che l’esigibilità dei diritti da parte delle persone con disabilità non transita unicamente dalla area sociale comunemente intesa. Ma spogliandomi dai panni di osservatore/animatore dell’accessibilità per assumere quelle mie professionali di operatore sociale, azzardo una “diversa” osservazione. La regione Umbria ha licenziato una legge che definisce e norma l’Agricoltura Sociale. Un atto importante che “aggancia” il sociale ad una altra area, riconoscendo valori di inclusione e promozione sociale comuni e insieme spendibili forse persino con significative “economie di scala”. Ma oltre le campagne la regione Umbria è fatta di borghi ed eventi storici e forse un’altra area potrebbe trarre reciproco vantaggio da una strutturale sinergia con il sociale: l’artigianato. Negli anni fine ottanta, novanta fino all’inizio 2000, a partire da alcuni Consorzi Territoriali, poi la Regione Umbria e poi ancora le Provincie, sono stati territori ricchi di esperienze formative e progettuali che puntavano a coniugare e dare forma (e formazione) ad attività artigianali con valenze sociali. Io stesso sono stato docente e coordinatore di corsi, ho progettato e avviato azioni e laboratori.
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Forse la “bottega”, quella stessa “bottega/atelier” che potrebbe rappresentare un valore e un importante elemento di “rigenerazione” dei centri storici, come testimoniano le esperienze di quegli anni, potrebbe assumere un valore sociale non meno dell’agricoltura. La caratteristica della “bottega artigianale” di adattare il lavoro, la bottega stessa, gli utensili e infine gli stessi manufatti all’artigiano che vi opera, ovvero alle persone, ha una forza inclusiva e di promozione sociale straordinaria e tutta da spendere. “Tra l’incapacità assoluta di attendere a qualsiasi funzione produttiva, e l’esservi assolutamente adeguati, esiste una distanza enorme. In questa “distanza” vive un popolo di individui, forse la maggioranza dei cosiddetti “disabili”, con potenzialità operative, sia pure con metodologie, tempi e modalità proprie e assolutamente “originali” rispetto al sistema produttivo reale, a cui impedire la partecipazione attiva ad un “lavoro” vuole dire di un sol colpo impedire insieme di crescere ed essere cresciuti. Individui per cui è terapeutico già l’essere parte di un sistema produttivo, ed è già essere adulti il potersi identificare concretamente in una comunità di adulti. Individui certamente con capacità di astrazione limitate e proprio per questo incapaci di comprendere la nostra incapacità di utilizzare le loro reali risorse ”(da un articolo su “Impegno Sociale” 2000) Anche nel disegno che possiamo immaginare per il futuro, l’accesso al lavoro sembra sempre più condizionato dalla flessibilità, dalla capacità di apprendere nuove e diverse mansioni, nuove e diverse competenze. E ancora una volta proprio in questo è la fragilità di una gran parte delle persone con disabilità che vivono in quella “distanza”. A raccogliere questa sfida ultimo è stato un “bando” della Provincia di Perugia, se non ricordo male 2012/13, propedeutico ad accogliere e strutturare “competenze di artigianato artistico spendibili in area socio relazionale e riabilitativa” Forse oggi, tanto più che è stato possibile immaginare una “agricoltura sociale” i tempi sono maturi per un “Artigianato Sociale”, straordinario strumento di inclusione e emancipazione delle persone e attraverso il sociale di promozione dei nostri territori. Foligno 19.11.2015 Giorgio Raffaelli Presidente associazione festival Per le Città Accessibili
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