UBRO TERZO
LEGAZIONI E NUNZIATURE
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6.C.
Cnpnolo XIX.
LEGAZIONE IN FRANCIA. LE DIRETTIVE. (r 58e-r 590)
L 24
settembre 1589 scoppiò inaspettatamente una bomba che mise tutta casa Caetani in subbuglio. Sisto V aveva nominato il giovane cardinale Enrico Caetani legato in Francia !
Appena saputa la notizia, Camillo così la comunicava per corriere espresso al duca Onorato, suo fratello : In questo . punto Sua Santità in concístoro, contra I'aspettatíone di tuttì et con maîaoiglía e stupore della Corte, ha fatto legato in Francìa íI cardínale con promessa de denarí ei aiuto... Qu"sta cosa o daù I'ultímo gollo aIIa Casa nostra o I'esalterà aI cíe(o, Essendo questa cosa úenuta dalla mano di Dio, bísogna credere che haoerà compassíone della Casa nostra et all'ultimo per íI suo honore si deoe spaîgeî oolentìerí iI sangue et Ia oita Sigillo del card. Moitalto. I) nonché Ia roba. IncredibìIe Ia spasa che porta seco.z) Le sorelle, tutte angustiate da questo negotío, íI píù ímportante che o1gi cí sía aI ntondo, si rassegnarono dicendo , * È, sfuta Ia ooluntà del Sígnor Dío perché non è stato nè desídercto nè procurato ,r. Da quasi trent'anni il bel regno di Francia era infestato dall'eresia e straziato dalle guerre civili per il contrasto fra cattolici ed ugonotti, fra nobiltà e monarchia. Nel 1572 tutto il mondo si commosse per I'orrenda strage detta di S. Bartolomeo, organizzata dal duca di Guisa contro gli eretici; due anni più tardi a Carlo IX succedeva sul trono il terzo fratello, il frivolo e dissoluto Enrico III, sotto il quale si accesero la sesta, la settima e finalmente I'ottava guerra civile; durante quest'ultima awenne a Blois il memorando eccidio dei Guisa : il duca Enrico " le Balafré n, fu pugnalato a tradimento per ordine del re nell'anticamera ove questi I'aveva {atto chiamare (23 d*,. l58S); I'indomani veniva messo a morte anche il fratello del duca il cardinale I,uigi, e furono arrestati molti dei loro seguaci, tra i quali il cardinale di Borbone. Con tale atto il re credette di essersi assicurata la corona, minacciata da Enrico .. il re di Parigi ,r, e dal partito dei Guisa; invece I'assassinio scatenò una rivolta generale dei i) c-t589.X.17.
sunto storico.
LEGAZIONE IN FRANCIA
t90
Lib.
lll,
cap. XIX.
cattolici a capo dei quali si pose Carlo di Lorena, duca di Mayenne, fratello degli uccisi, sicché il re, abbandonato da tutti, si gettò decisamente dalla parte di Enrico di Navana e degli ugonotti.
Intervenne il pontefice Sisto V che, con bolla del 5 maggio 1589, minacciava il re di scomunica se non liberava immediatamente il cardinale Carlo di Borbone e non faceva penitenza per I'oltraggio recato alla Chiesa nella persona de' suoi principi. Ma Enrico III, nulla curandosi delle armi spirituali del pontefice, si accingeva ad attaccare Parigi, capitale della lega cattolica, quando il primo agosto cadeva trucidato per mano di un giovane fanatico domenicano, Jacques Clément.
Con Enrico III si estinse la degenere stirpe dei Valois; il Navarra che accampava i migliori titoli alla successione (benché non fosse parente del defunto re che in ventunesimo grado) fu acclamato re, col nome di Enrico IV, dalla nobiltà cattolica che in grande maggioranza seguiva il suo partito, mentre i seguaci della lega proclamarono per loro sovrano il prigioniero ed inetto cardinal di Borbone, Carlo X.
*** Sisto V e Enrico di Navarra.
Tale era la complicata e pericolosa situazione in Francia; il Navarra per il valore personale, per i diritti propri e per la forza de' suoi seguaci avrebbe potuto facilmente impadronirsi di Parigi e di tutto il regno se non fosse stato ostacolato dall'appoggio che Filippo Il dava alla Iega, a favore della quale aveva profuso milioni, pronto altresì a mandare aiuti militari sia dall'ltalia sia dalla Fiandra, ove il duca di Parma, Alessandro Farnese, era accompagnatd con un potente esercito. Il papa non poteva ammettere che I'eretico e scomunicato Enrico, che già due volte aveva rinnegato la fede cattolica, potesse diventare re di Francia; d'altra parte gli ripugnava l'intervento armato della Spagna, contro la quale sentiva una istintiva awersione, ben sapendo che Filippo II, sotto veste di voler difendere la Santa Religione Cattolica in Francia, mirava ad estendere la sua egemonia anche su questo regno, sia sotto forma di protettorato, sia con Ia scelta di un sovrano a lui obbediente, non escludendo per altro I'idea di annettere alla Spagna alcune provincie e piazze forti adiacenti alla frontiera. Egli si rendeva perfettamente conto del grave pericolo che rappresentava il dilagare della egemonia spagnola e della casa d'Austria
in
generale sopra I'Europa.
Con tutto ciò Sisto V credette che dei due pericoli il piùr immediato fosse il trionfo com. pleto degli eretici in Francia ; gtà nelle istruzioni date nel 1587 al cardinale Morosini, inviato l) av"v" riconosciuto Ia necessità di appoggiare i Guisa ed come legato apostolico in Francia, il partito della lega e di estirpare I'eresia con la forza delle armi, gualora i principi francesi non si fossero volontariamente uniti sotto un unico sowano cattolico i md, a tale effetto, poco dopo I'uccisione di Enrico III, aveva fatto scrivere dal Montalto al consiglio generale della Unione cattolica (la lega) promettendo di estirpare I'eresia e d'inviare un legato, denari ed armi. ") a)
Lettera del decano e dei maestri della facoltà di teologia a Sisto V: In literÍs oeto IlI. ca./rÍnalís (de
della Sorbona
Alto ad Concílíum genetale Uníonís Gallícanae) quod efusum S. V. patemí anímí afeclum, quod de eoellcnda de Monte
1)
C- l587.VIl.
18,
N. l94l2l.
GaIIía haetest sollícìtam, quod legatum, pecunîam, arma, quídquíd ìn se est ofetentem oídímus, u! abunde est quod gratias asdmus etc.
(C- 1589.X.15, N. 190439).
ENRICO CAETANI CARDINALE DI S. PUDENZIANA (r55o
-
1599)
Situazione in Francra
[1587.aet. 1589]
t9t
È n"ro che il Navarra aveva dichiarato pubblicamente e tuttora andava ripetendo che era disposto a convertirsi di nuovo alla religione cattolica quando tutto il popolo si fosse riunito sotto di lui; u) rron domandava di meglio che essere schiarito sui dubbi religiosi che gli turbavano I'animo; si sarebbe dichiarato al momento opportuno. Ma delle dichiarazioni del .. reldsso , c'era poco da frdarsi.
(
rìT:K"l' r';,,i,'J'J,",L*,.
Nato cattotico, all'età di dodici anni era stato istruito nella religione protestante dalla madre, Giovanna d'Albret s b) poi trovandosi prigioniero alla corte di Carlo IX, la notte degli onibili massacri di S. Bartolomeo, aveva dovuto abiurare per salvarsi la vita e fu costretto a chiedere perdono al papa. Riacquistata Ia libertà, non tardò a far ritorno alla religione della madre e del proprio regno, benché, a dire il vero, della religione gli importasse ben poco; ben piìr gli stavano a cuore le donne, e madame de Sauves, la cipriota Dayelle, la bella Corysande ed innumerevoli altre gli servirono, sino agli ultimi anni della vita, a consolarsi della svergognata condotta della propria moglie, ,,. Ia rcíne Margot,,, sorella di Carlo IX. Enrico fu uno dei più grandi sovrani della Francia ed un abile e valoroso comandante d'eserciti; per natura scettico e spregiudicato, gli era indifferente di seguire I'una o I'altra fede purché il popolo di Francia, Iibero da ingerenze straniere, si fosse riunito tutto sotto il suo scettro per incamminarsi verso I'alto e glorioso destino che gli era riservato ed al quale il re seppe aprirgli Ia strada. .) Nel di
maggio dell'anno seguente
Ceneda che
daoano
íI
il re dichiarava al vescovo
ba lamburtí e trcmbette Ií suoi ribellí non gIí
tempo
forsi cí haorebbe
dî
pensare
aIIa relígíone, ma a qualche tenpo
- I 590 .V.4, N. 6E84-5). b) Ecco come Bonifacio Caetani nel 1570 si esprimeva pensato (C
sul conto
di lei: DÍo
gastíghi secondo
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suoí mefiti guella
ímpia tegína dí Naoarrc, nooella Hierzabel, íI cuí maloagío spílilo, mí ctedo ío, che dal cenlro dell'ínferno sía pe.netrcto
ín quel maledetlo cotpo (C-8545).
Carattere
del re.
LEGAZIONE IN FRANCIA
192
Lib. Iil, Cap. XX.
perspicace Sisto V era consapevole, ma non poteva ammettere che un eretico salisse sul trono della Cristianissima Francia. D'altra parte un deciso intervento armato della Spagna e della Santa Sede, fors'anche con la cooperazione di alcuni principi italiani in appoggio della lega, presentava non pochi pericoli: non era escluso che nascessero complicazioni
Di tutto questo il
imprevedibili come I'insorgere del sentimento nazionalista contro I'ingerenza straniera o magari l) inoltre, schiacciando il Navarra, c'era I'azione armata di altre potenze a favore degli ugonotti; il pericolo di rornpere I'unità del regno e di assoggettarlo all'egemonia degli Habsburg. Durante la sua legazione il Morosini aveva operato con intelligenza e sottile tatto politico, ma nel papa erano nati sospetti sulla sua condotta al tempo dell'eccidio dei Guisa; e la insoddisfazione per I'opera del legato era airdata crescendo col progredire del tempo; anzi, corne era insito nella natura dell'irascibile pontefice, tale insoddisfazione aveva preso forma di animosità personale, ragione per cui aveva dato ordine che il legato rientrasse a Roma per giustificarsi, anzi per essere processato; e nella sua mente non era forse esclusa la eventualità di farlo 2) strozzare con un laccio di seta rossa. Al Vaticano affiuivano awisi da tutti gli stati d'Europa: dai cattolici, dagli eretici e dai principi favorevoli ai due partiti; ma con tutto ciò non si riusciva ad avere una visione particolareggiata ed esatta dello stato delle cose in Francia perché Ie notizie erano contraddittorie. Il papa e la congregazione di Francia avevano I'impressione di barcollare nelle tenebrí. Era quindi assolutamente necessario che s'inviasse in Francia un nuovo legato, intelligente, attivo e di sottile intuito che, penetrato della situazione politico-religiosa, ftrgguagliasse il papa indipendentemente da tutti gli awisi partigiani e spesso menzogneri che giungevano da altre parti. La condotta di Sisto V relativa alle cose di Francia fu mutevole ed a volte contraddittoria, direi quasi machiavellica; imo pectore era per la lega, ma piìr di ogni altra cosa desiderava mettersi dalla parte del vincitore, purché fosse cattolico, ed ora gli sembrava migliore un partito ora l'altro. Come tutti i grandi autoritari, era facilmente influenzabile quando I'influenza era Nomina di Enrico C.
a
legato.
applicata sottilmente senza assurnere forma d'imposizione. Nel mese di settembre 1589, quando si trattava di scegliere un nuovo legato, queste influenze (principale tra esse quella dell'ambasciatore spagnolo Enrico Guzman, conte-duca di Olivares) ') avevano persuaso il papa a procedere decisamente di concerto con Filippo Il in appoggio della lega. Era necessario quindi che il nuovo legato fosse persona gradita alla Spagna. Sisto V passò in rassegna tutti i membri del Sacro Collegio e si trovò assai imbarazzato nella scelta; finalmente, dopo essersi accordato con I'Olivares, con subitanea decisione si fissò sul giovane cardinale Enrico.
Ho già ricordato che i Caetani, disgustatisi con la corona di Francia, avevano mirato, dalla battaglia di Lepanto in poi, a diventare i massimi esponenti della Spagna in Roma. Pietro e RugQuesta fu la direttiva segnata dal cardinale di Sermoneta. Onorato ed i figli, gero, erano ai servizi della Spagna ed il primo era stato recentemente insignito dell'altissimo ordine del Toson d'Oro. Con tutto ciò il papa sapeva benissimo che la servitù dei Caetani verso Filippo II era subordinata sempre ed in qualsiasi circostanza a quella maggiore e sacra verso il sommo pontefice. Non è improbabile che egli avesse saputo che nell'agosto del 1587, mentre Onorato stava in Ispagna brigando presso la corte per Ia concessione del tosone, il famiglie, tra cui Olivares, porlano il ") tn lspagoa alcune di conte-duca. Tra Enrico Guzman e i Caetani
doppio titolo
r)
CÎ. Pastor,X, p.
247,
2) Pet.' P. 237,
si era creata molta intimità al tempo che Onorato visitò la Spa' goo.
L.
conte$a era una Pimentel.
[ret.
l9t
Nomina di Enrico a legato
1589]
cardinale Enrico, nonostante il timore di nuocere al fratello, si era ribellato violenternente a certe imposizioni tentate dall'Olivares. Scrivendo al Peranda aveva detto: Se Ií spagnoli si penseîanno dí trar Ia mîa spontanea osseroanza ad una stretta obedienza, s'ingannano all'ingrosso, perchè sono rísoluto di conseroar libera la mía t:olontà et non haoer assoluta dipendentía da alti che da Dio et dal papa. In cose honeste son peî mostrar particolar díootíone oeîso íI seroítío di S. M.tà, ma non íntendo che i mínistrt s'habbiano d'arrogar la censura deUe
mie attíoní. t) Di tutto questo Sisto V era saldamente convinto; tanto grandi e numerose erano state le grazie da lui concesse a casa Caetani (il cardinalato, la legazione di Bologna e il camerlengato ad Enrico, il patriarcato a Camillo, il ducato ad Onorato etc.) che egli non poteva affatto dubitare che il nuovo legato potesse mai anteporre la fedeltà verso il re a quella verso il pontefrce. Perfetta gli sembrava la scelta e conferendo con Matteo Brumano, ambasciatore di Mantova, Sisto V aveva detto che il Caetani ha píù condítioní de ogní altro. E' sua creatura e de Casa famosa ... et anco è ricco, dí buona pîesenza, sano, di spirito, íntelligente,
sodamente col re cattolíco che aíuta questa imptesa, soggetto desbo, flematico e lontano da partíalità con pfincípí di Francia che non s'íntendono colla Iega et parlamento di Parígí.2) Il giorno seguente il duca Onorato scriveva alla sorella: E' stato conserto tra S. Santítà et tra S. Maestà questa mandata del Iegato.
24 settembre il nuovo legato era stato annunziato in concistoro; il giorno seguente fu redatta Ia bolla della u Deputazione >. In essa è detto che, di fronte al pericolo che minaccia il regno di Francia e
Il
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Ritratto del card. Enrico Caetaai
ul tempo della
legazione
(Bibl. Nat. Parigi; Estampa). 4) volendo prowedere alla sua salvezza, il pontefice nomina legato de latere il cardinale Enrico Caetani e come angelo della pace lo destina in Francia affinché estírpí, dístrugga, disperda, edífichi e piantí come crederA cont)enî.ente alla gloria di Dio ed aIIa salute delle aníme e, edotto deÌ suoí consiglí, con amoîe, autorità e díIígenza procuri di difendere e conseîoare Ia fede cattolíca; di sterminare gIí erctici o rídurlí e riconcíIiarlí al grembo della Chíesa; dí stabtltre la pace e Ia concordía di tutto iI rcgno; e assiduamente pensi ín qual modo sí possc ottenere che, rtprislínato íI culto callotico, sotlo un unico re, buono e pio, tuttí possano menare insieme oits
sícura
e
tranquìIta.3)
nuovo legato non fu dato neanche il tempo di prendere un respiro; assieme all'an- tndennità e sPes' nunzio della nomina, il papa gli intimò di prepararsi subito per la partenza che doveva aver luogo entro una settimana; gli donava mille scudi per mettersí ín ordine e gli avrebbe passato una prowisione di mille scudi al mese. Non si può dire che tale trattamento fosse eccessivamente liberale perché tutti sapevano che la spesa della missione, alla quale dovevano partecipare un gran numero di prelati, seguìti da un nuvblo di segretari, camerieri, servitori etc. sarebbe salita ad una cifra spaventosa; difatti aumentò a quasi 100000 scudi; ma era notorio che Sisto V,
Al
1)
C-r5E7.Vil.15, N.
Domur,
ll,
25.
182E99, 30633.
2)
Pastot,
X,
609.
z) Pry. ?061.
a) Firoato Raó. crcu.
LEGAZIONE IN FRANCIA
t94
Lib.
lll,
Cap. XlX.
mentre accumulava milioni nelle casseforti di Castel S. Angelo, era terribilmente sfreffo nel cavarne fuori uno scudo. Non che fosse avaro ! Non esitava a spendere liberalmente per opere di pubblica utilità e per il bene del popolo, ma quando gli era possibile di risparmiare una spesa lo faceva con entusiasmo, cedendo ad un piacevole senso di preservazione a favore delle proprie casseforti. Nel nostro caso poi correva, purtroppo, voce pubblica che casa Caetani nuotasse nell'oro; ciò che non era vero perché, come si è visto nel precedente capitolo, dalla morte del cardinale di Sermoneta in poi, i nipoti di questo avevano speso con molta liberalità: il viaggio di Onorato in Ispagna era costato 40000 scudi, il camerlengato era stato pagato 50000 in contanti e Parecchie diecine di migliaia di scudi erano stati spesi per il mantenimento di Pietro in Fiandra; già a così grandi onori s'era formata una contropartita di altrettanti debiti. Ma di tutto questo il cardinale Enrico si dava poca cura. Non ancora quarantenne, era uomo di natura gioviale e u) generosa, sorrideva a tutti nella sua incipiente pinguedine e gli spiaceva di negare favori. Non. voleva essere annoiato da questioni di contabilità. I denari gli scorrevano fra le dita come acqua non conoscendone il valore. Ambizioso di giungere al sommo grado della sua carriera, sicuro di se stesso e della sua non comune intelligenza, era gelosissimo sempre nel salvaguardare la propria autorità ed il decoro della sua persona. Non derogando alla tradizione secolare di cui i Caetani erano tanto fieri, era ligio alla fede data ed imperterrito nel seguire
,
le proprie convizioni. prelati I membri Quando si seppe della sua missione, vi fu ressa per farne parte; la scelta di alcuni della misione. fu suggerita o imposta dal papa, altri furono aggregati dietro domanda di cardinali ; alla famíglía furono aggiunte, per necessità del servizio, varie altre persone della casa e non poche accettate b) per il semplice motivo che il legato non aveva saputo dir: " No! " E così la comitiva acquistò gran mole già prima di partire da Roma e andò ingrossandosi vieppiùr per istrada come fanno quelle deí padrí predicatoi, sicché al valico delle Alpi contava r) Alcuni prelati ofiersero volontariamente di pagar le proprie 230 persone e 192 cavalli e muli. spese e molto furono lodati dal papa, ma tutti gli altri viaggiarono e vissero a carico del legato. Ognuno si preparò per far bella figura; si vide I'oro scintillare sulle vesti dei prelati, i cocchi furono rimessi fastosamente a nuovo, il legato brigò invano per esser onorato del pallio, ") il patriarca Camillo voleva aver precedenza sui nunzi, e così via; ma l'austero Sisto V impose Peranda, facendo le sue raccomandazioni sul modo di comportarsi durante la legazione diceva: Quelto che sí ha da dírc si díca con fianco e guello che sì ha da fare sí faccía con híIafità et laryhezza et con quella facciona allega che
d Il
S. S.
I.
porta ne' suoí negolíí senza nolta fatíca (Per',
p' lE9)'
b) Fecero parte della legazione: Camíllo CaetanÍ, patriarca d'Alessandria, designato dal papa; fta Francaco Panìgatola, vescovo vescovo
d'Asti,
famoso predicatore
di Milano; Ftltppo &ga'
Piacenza', mons. Lorenzo Bianchelto, di Bologaa, uditore di Rotai Marcantonlo Mocenígo, vescovo di Ceneda' nobile veneziano; Alessandro Canlgíaní' fiorentino, veovo di Air; Domeníco Grímalili, genovese' vescovo di Avignone; Paolo Ala' leone, maestro di cerimonie ed autore del aoto t Dario "; GíuIío Cesate Ríccatdí, segretario del cardinale Enrico sin dalla legazione di Botogna e suo fratello Alessaniho; Gregoilo Caelaní'
.
di
nandato dal padre Onorato per sperimentarsi nelle cose del mondo; padre Roóerlo Bellatmino, gesuita ed emeritopredicatore, che nel
1599 fu fatto cardinale; mons. GeronÍmo, conle 1) C-
1589.xI.2, N. 165260.
dí
Fotzía,
tesoriere della legazione; Camlllo Síghicelft', autore del diario illustrato dal Manfroni; mons. Antonio Cataccíolo, protonotario; mons. GuglÍclmo Blanco, hancese, imposto per ordine del papa (C-15E9.X.6,N,r47) e poco gradito al legato; mons. di Cocle, ministro della lega, aggregato per ordine del papa; Pielro Cíaglla, maatro di casa, che morì a Lione (21 nov.)i Píetrc Amerícl, iacaricato degli alloggiamena; Angelíco Fabio, Cesarc RolIí, Intenzo Mazalíní e gran numero di altri familiari e servitori. S€condo il vesc- Cr. Caetani (BiéI. Vat., Barb. Lat. ó030, c- l5), fecero parte della legazione anche i futuri cardinzli Gùolamo Agucchío, nipote del Sega, Lucío Sassí e Lon-
ftanco Maryotti'
.) Il Peranda si diede grande pena pe! ottenere dalla congregzione e dal papa questo altisrimo onore, ma i suoi sforzi furono vani, Alla 6ne fu comunicato al tegato che I'uso del pallio gli era riservato solo per I'ultimo suo viaggio in paradiso (Per., p. 168 e seg. passim).
Preparativi
[oet. 1589]
t95
ben presto un reciso veto a tali splendori ed il suo ordine fu eseguito con scrupolosa fedeltà. ") Quando la legazione entrò in Francia fu esempio di semplicità e decoro Intanto si stava preparando il documento fondamentale della legazione, cioè le ,, Isbutíoní ',. Non che le finalità d"llu -irrione non fossero chiare nell'animo del pontefice: parlando all'oratore del duca di Mantova, il 30 settembre, il papa sí difuse molto ín astratto contra quelli signofi catolící che faoorìscono Ia parte di Naoarra iscumunicato, heretico et capo de Ugonotti et che sperc ín Dio et nel grandissímo aiuto di S. M.tà cattolíca che ha promesso tanto che !) Ma dall'esprimersi in privato con un ambasciatore scaccerà iI Naoarra et gli suoi seguaci. amico al mettere per iscritto Ie direttive che, consegnate al legato, potevano per accidente cadere in mano del nemico v'era una gran differenza ! Il papa affidò il compito di redigere le istruzioni ai cinque cardinali della congregazione di Francia, ad ognuno dei quali commise di preparare una sua minuta; queste minute furono esaminate, confrontate e corrette piìr volte, come si può vedere dai manoscritti che si conservano nell'Archivio Vaticano; ma sino ad ora non si è saputo quale di essi contenga il testo definitivo che fu consegnato nelle mani del cardinal Enrico. Il Davila, il Tempesti, il Húbner, il Manfroni, il Boiiard ed altri scrittori ancora sono di pareri diversi e dànno testi differenti. La legazione in Francia e I'operato del cardinale Enrico sin dal primo giorno furono oggetto di violenti contrasti di partito e di velenose animosità a tal punto che la maggior parte di quanti si sono peritati a scrivere la storia di questi avvenimenti non hanno saputo sfuggire a qualche parzialità. Mentre fedeli al vero ed equanimi sono il Htibner ed il Pastor, insufficiente2) il Manfroni, che in uno studio giovanile volle dire I'ultima mente documentato è I'Epinois ; parola sulla legazione del cardinale Caetani, si è lasciato trascinare nei corsivi, negli spazieggiati e nelle maiuscolette della polemica. Michel de Boiiard, al quale dobbiamo un recentissimo tentativo di lumeggiare il dietroscena della legaziong è partito col preconcetto che Sisto V ab inítio
valore di Enrico IV e lo desiderava re di Francia a condizione che si convertisse. A tal fine ha assunto come premessa fondamentale che le istruzioni originali del Montalto (che ebbe I'abilità di scovare in Bologna) siano un falso e ciò ha viziato I'intero suo scritto. Non voglio fare altrettanto nè mi curerò di controbattere le inesatteaze e gli errori che sono stati scritti (salvo a volte di farne cenno nelle note), ma cercherò di espone con obiet' tività le vicende della legazione, valendomi, oltre che delle ben note fonti, anche dell'importantissimo fondo dell'archivio Caetani, Énora inesplorato, che ci dà I'interessante dietroscena Ie di molti awenimenti. Il patriarca Camillo durante la legazione ebbe cura di conservare 3) Una scritture più curíose e ne fece un incartamento che custodì personalmente tnehé fu in vita. parte di tale fondo, comprese le istruzioni originali, emigrò all'università di Bologna, probabilb) Ad esso mente all'epoca dellu leguzione del cardinale Antonio Caetani in quella città (1621). devono anche aggiungersi le intportanti < Lettere ,, di G. F. Peranda che, sebbene dal 160l in
il
intuì
") Il
medico di Sisto
V
disse
al duca Onorato: S. S.
Àauer
famíglía del cari!ínale anilaoa tulta oestíla d'oro, che non I'haoeoa laudato ... petché olbe Ia spesa hotibíle del cardínale, ilella quale lul sl prolataoa, haoería dala poca edí' .fi.catione Ín Frcncía, che íI cardínaldí Fmarc el Oríno, che oollero fare iI medesmo, tulomo con ínîmíto detrbito el butlati -.. (c - r 589 .X. 5, N. I 82838). b) Bibl. dell'Univ. di Bologna; codici N. 1499 (vol. I e Il)' 1728, 2098, 2099, 2109. Essi contengono un gran numero di minute cd originali della legazione in Francia (di mano di inleso
che la
r)Pador,X,610,
G. C. Riccardi e su carta di formato e con filigraaa francese), della nuuiatura in Gernania (1591-2) e della legzione in Polonia (1596). I documentisieteodono dal 1578 al l6tE; ma
la grande maggioranza appartengono agli anni sopra indicati. Queste carte, per ordine di Lone Caetani, furono fatte copiare nel 1907 dal prof. Ludovico Frati ed ora formano il volume Mr1sc. 55 bis dell'Arc. Caelaní. Nei riferimenti dati nella Domus alla
sgnatura B. U. B. segue
il
numero della pag.
di
detta nostra
miscellmea.
2)LolegatÍonducail,Caetanì,inRev.daQust.Hist.,XXX(1881). 3)C-1601 XI'26'N.
133879-
Le < Istruzioni >-
Polemiche storiche.
LECAZIONE IN FRANCIA
196
Lib. III, Cap. XlX.
poi pubblicate in molteplici edizioni successive, r) sembrano esser sfuggite all'attenzione degli storici,
ad
eccezione
del
Tempesti.
Or
dunque, tornando alle " Istruzioní ", dirò che delle varie minute, fatte dai cardinali, quella che fu considerata più soddisfacente fu la redazione preparata dal cardinale Santori, presidente della congregazione; fu sottoposta all'esame di Sisto V assieme con quella del cardinale SS. Quattro (Facchinetti), che doveva formare I'ultima parte del documento. Tali minute furono mandate al pontefice alle ore 16 del 30 settembre, con I'awertimento che era stato omesso il capitolo relativo alla elezione del cardinale Vendóme nella eventualità che il cardinale Borbone non potesse esser re per causa di morte o di continuato carcere. 2) Questo lunghissimo documento precisa fin ne' piìr minuti dettagli ciò che si dovrà fare in ogni singola località tra Roma e Parigi; è indicato persino I'itinerario da seguire; conclude dichiarando, come già detto nella bolla della deputazione, che il legato dovrà adoperarsi quanto è possibile per riunire tutti i francesi intorno ad un re buono e cattolico; che dovrà impedire il concilio nazionale che il Navarra vuol convocare e, in linea generale, appoggiarsi alla lega,
le
manovre dell'eretico Navarra. AI pontefrce non piacque questo verboso papiro che, comunque, non poteva essere riveduto, doman I'altro, data fissata per la partenza. Perciò, lettolo corretto, copiato e firmato per al legato in presenza di vari cardinali, perché sapesse come regolarsi in viaggio, 3) gli precisò
impedendo
il
la propria volontà: ma di tali
disposizioni non
è
rimasta memoria scritta. Intanto, valendosi di altra minuta già preparata, fece redigere rapidamente nuove istruzioni, capitolo relativo assai più brevi e generiche, nelle quali volle tuttavia che fosse inserito oralmente
il
all'elezione del Vendòme, e di questa fu data copia semplice al legato. perché le istruzioni fossero Sul pontefrce convergevano intanto le pressioni dei .. navarristi
"
a favore della lega e piir miti verso il Navarra. Fu supplicato che non lasciasse pa*ire il legato prima di aver conferito col duca di Lussemburgo che i principi cattolici, seguaci del Navarra, volevano inviare alla volta di Roma quale loro ambasciatore; ma il papa si rifiutò di difterire la partenza e, consegnato al legato il documento di cui si è detto soPra, gli ordinò di awiarsi. Mentre il legato era già in viaggio, il 5 ottobre il camerario Lomellino, che non faceva parte della congregazione, sottopose al pontefrce una nuova e verbosa minuta che il Manfroni ha trovato nell'Archivio Vaticano. a) Essa non fu accettata dal papa, il quale volle che si mantenesse integro il testo già dato al legato, salvo a togliere in guesto il capitolo relativo alla meno esplicitamente
candidatura del cardinale Vendóme. Il 6do Peranda intanto si agitava perché gli fosse consegnato il documento debitamente firmato e registrato che assicuraua cardinale Enrico nell'arduo negozio; l0 di ottobre, si recò dal cardinale SS. Quattro perché gli desse il testo che doveva essere sottoscritto dal cardinal Montalto,
il
il
ma quello non glielo voleva consegnare se non dietro ordine espresso di S. S.'à; quando però il Peranda gli ebbe assicurato che la sua domanda aveva il beneplacito tanto del papa quanto del Montalto, si persuase. Impartì ordine al proprio segretario di copiare le istruzioni in pulito sul foglio defrnitivo; il segretario poi e il Peranda si recarono insieme dal Montalto, il quale datò e firmò la carta in loro presenza e Ia passò a mons. Bertinoro perché la collazionasse e sigillasse, e poi Gnalmente la consegnò in mano al Peranda. Questi, due giorni dopo, scriveva al legato raccontandogli quanto sopra e dicendo che stimava prudente di trattenere le istruzioni autentiche perché non andassero perdute, tanto piìt r; 91. p6g.
109.
2) Húbner,
lll, p.
301 -321.
, B. U.8.,
1499
.1.
a) Varia Politicorum
XC, Misc., Arn. ll, 91.
[25 ret.-I0 ott. 1589]
La
storia delle
197
" Istruzioni u
che erano identiche a quelle che già erano nelle mani di lui, ") ruluo per il capitolo relativo a Vendòrne, che era stato csssafo. b) Faceva presente che non era un documento da doversi mai esibire pubblicamente durante la legazione (anzi il contrario !), mentre verso la Curia poteva, un giorno, servire di giustifrcazione. L'originale di questo documento fondamentale, debitamente firmato e sigillato, insieme con molte delle carte piìr importanti della legazione, si trova ora, per le ragioni dette sopra, nella biblioteca dell'università di Bologna. ll Boúard, non trovandolo conforme alla sua tesi, senz'altro lo ha dichiarato falso. Tale comoda a$ermazione non regge, sia per quel che ho esposto già in base alle lettere del Peranda, sia perché Ia scrittura e il sigillo del Montalto sono palesemente autentici, come chiunque può verificare paragonandoli con le centinaia di lettere che si
del cardinale.') Il Boúard poi, pur dovendo fissarsi sopra un testo d'istruzioni, afferrna che le oere debbono essere quelle del notissimo testo del 3 (o 4) ottobre, le quali cominciano con le parole Essendo imposta a V. S. I. Ia maggíor legatione che sía stata a memoîÍa d'huomíni etc., di cui vi sono molte copie l) e che furono stampate già sin dal 1709. 2) Questo testo non è quello di una istruzione o ordine del segretario di stato in nome del PaPa' ma bensì il parere dato da qualche dignitario della Curia, amico del legato, come si deduce chiaramente dalle frasi iniziali: ... ancorché si habbia da credere che Ie sía stata data (dal papa) píeníssima et prudentíssima isf ruttíone dí quello che EIIa haorà da fare, et sarà prooísta d'ottímì consíglíert, tuilaoia, íI desíderio che i o ho del beneficío pubblico et della sua gloria non mi lascía tacerc alcune cose che mi soooengono ín guesto proposìto. Non è certamente questo il linguaggio del segretario di stato ! È un consiglio, redatto in linguaggio ben diverso da quello imperativo impersonale (senza un io) delle istruzioni che, seppure già stampate dal Boúard, ad abundantíam e per comodo del lettore riproduco integralmente in nota. d) conservano
catdínale Sanlî Quantro et iI oescorso dí Bettínoto i!ícono che I'ìnstruttlone soltosctítla dal catilínal Montalto, Ia qualcè a1ptesso dl me, non è díferente ilalla copía che V. S. I. poilò con tè, eccettuatone íl capítoio di Z(endóno) íI qualcsí a)
Il
ha da leou afalto etc. (Pen, p. lEZ). b)
La lettera nella quale il Peranda racconta I'episodio p. 160, 16l) fu pubblicata sotto la data del
della firma (Pen,
2
ottobre, ma si tratta evidentemente
stampa che
di uno dei
tanti errori di
si riscontrano nel volume e devcsi invece
leggere
12 ottobre, come risulta dal fatto che nella lettera è detto:
tomaí Àleri (dal card. Santa Severina) ef lo lrouar' ianuis clausis ct perché il papa è pattlto pu Tenaeína. Ora Sisto V partì da Roma per Cisterna aPPunto I'undici di ottobre (Nlcolaí, p. 137- Peu p. 159; Vedi pag. 202). c) Il Bouard che, al pari del Manfroni, ha ignorato le < Lettere del Peranda, basa la sua alfermazione di falso (p. 68) ' tul fatto che le istruzioni sono datate otto giorni dopo la par' tenza del legato; na il Peranda, come detto sopra, ne spiega il motivo. Un falsario ertamelte aon si sarebbe preso la bega di falsificare anche la datazione di mano.del Montaltol d) ISTRUZIONI AL I.EGATO CAETANI: II rtne ìlella legatione dí V. S. ilL.rc è la can*nalíone et augmenlo della relÍgione catlolica, íI reoocare glí lrretÍcÍ tla loto enotl et ínbodune Ia pace et qulete nel regno di Francia,
-..
che pet questo fine
solo
N. S., sprnfo dall'arilentedesìdeioche
r) Atc, Vot., Nuu. di Francia, XXVII, f. 487 ; Barb. lÀt., 5157, f. 2) Thesoro, ll, p. 296. Forli.
aorchè nella bibl. com. di
ha tlel benertcio pubblíco, s'è
mosso
a
mandate V. S. ill.^a
Ilpríncípalíslmo mezo che può senire per consegub qucslo fine è che íI s, catd. dì Botbone sfa quanto Pimd Posto ln Iíber,à, eI in posrso del tegno. E peà se all'aníoo di V. S. IU.^"
ín
Francía esso carAinale non fusse ancora slato liberclo, non iloocte haoet cosa píìt a cuorc ehe cercat d.í supercte lutte le dífraltà che s'ínteryonessero pet lmpedíre Ia sua líberatíone, et însíeme opetare che sía slcuramente condotto a Parlgl, et úconosciuto per re, et a Rens con le solíte cetímonìe unlo et cotonato pet rc: sícome Ií conoîene pet Ia successÎone delsan' gue et pú Ia rcsolutlone ile Tre Statt fatla a BIes: sicome anco ullímamente è stato díchíarcto dal parlamento et cowíglío dl Paigí. Sí è iletto mezo príncípalíssímo, perché í francest sono solitt d,'essere goúematì con nome rcgío, e! per otdinarío sono slatl sempre deooti del suo legítímo rc, et molto oeisímíImente peÌ natuîa et coslume lorc antico sí mooetanno a se-
guíio et uhbidirlo. et a quesli s'aggîngetaano allrì pct oìîtù, albí per ínteresse, alhí per- tímorc d'inanet Ín pene et ptegì,tdítíí; e! gIí antíchî afd.íonatÎ et pailîalí del sangue dì Bor bonc se sono catolicÍ doorunno taggîoaeoolmente seguhe lI car' ilínale fatto re, et se sno hereticí conosceranno facilmente esset
píìt ulíIe loro
riiluní alla
relígíone catolíca sotto
ìI
cailínale
erto rc, che seguít con peficolí manífestí et spercnze molto ilubíe Ia paile ilel Naoano. Onde íI seguíIo dí esso Naùarro 47
;
5283,
Testo delle Istruzioni.
Iegato.
t. 299; 532), f. I t 5423, f. 35;
Fondo Chiei'
Q. I' 12'
LEGAZIONE IN FRANCIA
t98
Lib. III, Cap. XlX.
Queste istruzioni sono così chiare e semplici che si possono riassumere in poche parole. Il legato si adopererà principalmente a fare sì che il cardinale di Borbone sia liberato ed incoronato re, che i principi si itacchino dal Navarra e che, assieme a tutte Ie città di Francia, riconoscano quello per loro legittimo sovrano. Verranno allora perdonati tutti i penitenti che oenà rugíoneoolmenle a dîmínulrsí: et lí ptíncipt del sangue il catd. dí Vandomo, .Suessan, Monpensíet et iI figlío doúrcnno (se Dío non gll ha tollo íl ceroello) uníts| subíto col catdínale te, perchè seguenilo íl Naoarto oengono a ínhabíIílarcì alla successlone della Cotona, cl a date latgo campo a 1V. S, /í transferíte íI rcgno ín allra ilescenilcnza, siccome altte oolle fu hanstetíto clal Metooíngl at Pípíní, e daí Pípinl aI Capeti, della quale linea è íI cardínale et gll altfi ptincípí del come
sdngue soprcdeltí.
cl
gli
ín
solío
occhí che
lrc í
íl
card. dí Borbone, haoele a catolící, í qualí per esser Foco amicí a sígnoi Guísl faoorhcono Ia parte del Naoano, o stanno dísunítí da loro. AIkl sono sîgnori grandl che hanno terte el Coronalo
potoí dínanzí
posto
foilezze, e tìrano seco molll gentilhuomíní francesí dependentl da loro, AIbí sono gentíIhuomíní franc*í che pendono da sè slesrÍ, cl che per esset o afeltíonali al Naoaro, o poco amorctsolí de' sígnoil Guísi síeguono Ia pafle dí esso Naoano. Tra t grandt, olba í prínclpí del sangue sí teputa mons. dí Memoransí, iI marescíal dí Gíoiosa, Espernon, la Valletta, íI duca dî Neocrs, ef oi possono esser allrl símíIí, de' qualí non ho notítía, ma sì pobà haoere dal catd. dí Sans et ilal card, dí Giolosa separatamenle I'uno ilell'allrc, Tta questi grandi Ia míra oosha ha d'haoere tte grcdí.
II II II
ptímo seeondo
terzo
dí
dísuníre
i
di
iilurglì
sotto
di
sudetlí
dal Naoarro.
la obbedíenza del caùftnale Re.
iconciglíargli coí signori Guísì.
necessatío per stabíIírc Ia pace et quiele nel rcgno, et s'haorà da fare col tomarc in piedt et concluder (se sarà possíbllQ Ia prcttíca de patenlatí rccíprochi, clrc sono statl battatí alhe oolte ha í Guisí et Memorunsg, et símílmenle
lezo è
Questo
!rc la figlía
secondogeníla
dí
Memorcnsg
aI figlío
del mare-
di
eccesso el fellonla che haùessero cotnmel,so nel seguírc ll Naoano, Et sîmíImente V. S. ilL.n" haoù d.a pubblicare una gîatla et perdono genercIe dì lutte Ie pene sl spírituali come
lemporcIí, nelle quall fussero incorsî cosl essí gentÍIhuomíní come le dette cíllà nel seguír Ia paile del Naoano, et faoofirlo se fra un mese sl rítùerunno ila esso Naoano et sí fitlurtanno sotto Ia obbei!íenza del re, Ví sí danno moltÍ breol paile de' qualí oi pohanno seroíre peî slgnofi dî qualità, el paîte pu Ie cíItà che stessero ín forse: de' quall breot polrete oalení quand.o penserete che talí sígnoi et cítlà pu iI faoore che loro si fa con essl brcoî stano per fare fisolutione d'alÍenatsí dal Naoarro, e! rídursí all'obbedíenza AeI rc, De' qualí brcoí quando oe ne oalerele, ne dootcle fu nota, accíò se fusse maí tícerco ilí quel che se ne fusse
fatto
possíale renderne conto.
íI caì|. dl Boúone (che a Dío non pídccia) sl lrooassc fatto (!) prígíone ín potere del Naoarro, et condotto nelle Se
a símíIítudine della citlà et dÍ Paigi tutte Ie altrc cíilà el patlamentí delle altrc prooínlíe del regno Io pubbllchíno, et accettlno per îe, et sue
forze, s'ha da procuraÍe che
parlamenlo
nome dî esso sí faccíano I'espedítloní, et che lI rcgno poí oenghi gooenalo nel modo che si fatla se esso card. dl Borbone dopo esser unto e! coronato rc fussc fatto prigíone:. nel
ín
qual caso oíene prettislo per gIí ofulíni et prammallche del rcgno, el sí à osseroalo nel tempo che í te dí Fnncía sono statí fattí pigíoni íI che è aooenuto Fíù oolte. Ma se Ia forma prescdila caso daglí oilíní el ptammatíche dl Francla non aI consiglío dt Parígí, et a mons. d'Humena, V. S. il\.^q quando essí habbíno aulorílà et fotza di poler ímpediila, s'haorA d'accomodare ín quel che saù possíbíIe alle ooglíe Ioro, et píg!íare queí pailítí che le patcrcnno píù a ptoposílo per
ín gusto pídcesse
della rcIigíone, et quíele del rcgno, et ne gIí accíden!í et occoîrenze che Ie daranno tempo aooísar sempte quà
Gíoíosa, de' gualí mablnoníi mons. oîc. d'Aoînnone è pienamente ínformalo, eI símíImenle col fare che í pfincípi del sangue e luttí questí sudettl sìgno:i síano prooístí et man-
benertcb
lenutl ín gooerní de' quall s'habbíno raggÍonettolmenle a conlentare. Le gualí cose haorunno bísogno di molto tempo; et petò mentre si faranno ptallíche per questo, non s'ha punlo da diferírc dl prccurar con ogní fîestezza che I sudetti ptíncípí et sìgnorí sí ìIísuníschíno dal Naoano el sl conglunghlno col caùlínale fatto rc, et poî poí segub con ogní ardore la ptat.
oeftanno gíudicate opoilunc.
scíal
tica dl iconcíglíarglí ínsíeme, et che cíascuno dí esst habbía dal rc sl cîrca í goùemî, come ín qualunque cosa ogni possibíIe sodísfatíone. Et se í cardinalí, cíoè lnnoncoutt, Gondí, el Vani]omo tardasseto dí oenire a ríconoscere íI rc dí Frcncía,
l/. S. (il.n" cetcherà tammonbglí dl tempo Io debbano fare. Quanto
ai
ín modo, che senza íniluggîo
gentíIhuomíní catolící che pendono
da sè stessi,
et che per essete poco amicí a' sr'g. Guísí sÎeguono íI Naoano: et símíIneale guanlo aIIe cíltà che pet haoer tanimo alíeno da det!í Guísi sí moslrcno faooteoolí alla fattíone del Naoano, haotete da procuîaÍe un edítto del rc, col quale pubblÍchî che egli iceoerà sollo la sua protettlone el saltaguatdía íutti queí genlíIhuomíní, che síeguono Nar)arrc, se fta un mese dal dì dello editto t)efianno a seroít esso rc, o si itíteranno alle case
oro sotto Ia obedícnza dí esso re, et che fa grutia e! perdono aIIi ilettí gentíIhuomíní come anco alle dette cíttà d'ogni
così
perchè
dí
punto
ín
punto
Ie sí daranno quellc
rísolutíoní che
Stabilita la forma del gooerno haorà V. S. lil.n" da procutate che í catdlnalí, í oescool, í pr/lncipì del sangue et gIí dltft grandí, el gentíIhuoníní, el ciltà ilel rcgno iconoschíno esso catd. dí Borbone (se ben sla pigíone) pet loro rc. Et per mooeryIí
a
questo
s'haoù da esseguùe,luilo quello che è con-
tenuto neí suddettí capi dí questa inslruttlone. El se I catdínalí et oescooí sl nel caso detlo dl sopîa che îI caùL & Botbone sía unto e! coronato îe, comc nell'eoento che esso sl ttooí ptigíone mancasseto dopo che saranno slatì ammoní!î ct rlspeilali cla V. S. ilI.na dí fiunoscetlo pet rc, pohà EIIa prefggeryIî lermíme dl un mese el mezo a compart aoanft N. S. soflo pene Aí sospensíone, dí púoatione ct altre ad aîbìbío ìll S. B."u et mandar copía quà del detto ptecetto legltlmamcnte esseguito, auíò chè S. S.& possa píglíatúsolutlone dí oenb come et quando Il paterà espedíenle aIIa i!íchlatatíone della sospensíone, pioatíone
et il'allrc
pene.
Quanto al Naoano, V. S. nL " e tuttl i suoí s'haúranno ad astenet dalle braoute et mínaccíe contra di lui (che questo sarebbe un faio amu di ptù| ne paîIat punto ín biasmo della persona sua, ma solamenle ín genere della hetesía, d.eglí here-
ticí, et de' fautoi d'essl hetetící,
mostrundo
dt
non muoletsí
[25 set.-l0 ott.1589]
Le Ietruzioni
199
al legittimo re ed alla vera religione. Procuri la concordia tra i Guisa e gli altri principi e Ia consolidi per via di matrimoni. Se i cardinali Lenoncourt, Gondi e Vendòme tardassero a riconoscere il re eletto, li minacci dell'estreme censure ecclesiastiche. Nel caso che il cardinale di Borbone non potesse esser liberato, venga proclamato pubbli-. camente, ed il regno si governi come se il re fosse stato coronato e poi fosse caduto prigioniero. Il Iegato si astenga dal minacciare e biasimare il Navarra e, se si presentasse I'occasione, non esiti a conferire con lui, assicurando tuttavia il duca di Mayenne che N. S. non è per avranno fatto ritorno
díspensare
maí che esso Naoarro sía rc.
Proclamato il re e stabilito il governo, si procederà senza spender parole a ripristinare la pace ed esterminare gli eretici. Quanto il legato dovrà operare durante il viaggio è stato precisato verbalmente dal papa. u) Il capitolo che, in caso di morte del Borbone, dovesse esser proclamato re il cardinale Vendòme, cassato nelle istruzioni, fu poi comunicato come disposizione aggiuntiva del papa in data del 15 febbraio 1590. Prima che partisse, Sisto V aftdò al legato una preziosa polízza di 100000 scudi che dovevano servire alla liberazione del cardinale di Borbone. Dolce illusione, perché mai il Navarra, nè per quella nè per somma assai maggiore, si sarebbe prestato al giuoco del pontefice aprendo le porte del castello di Fontenay le Comte, perché il suo rivale potesse tranquillamente andarsene a Parigi ed a Reims per essere acclamato, unto e coronato re di Francia. Ed in un altro punto ancora si illudeva profondamente il pontefice, cioè che il Navarra navigasse, come è detto nelle istruzioni, in mezzo a pericoli manífesti e speîanze molto dubbíe. Tanto il legato, arrivando in Francia, quanto il papa, per bocca dell'oratore veneziano e del duca di Lussemburgq prima della fine dell'anno dovevano rendersi conto che il Navarra, per quanto reprobo e nemico di Dio, era un uomo di grande valore ed un abile ed instancabile generale, che aveva dalla parte sua la maggiore e la piir potente parte della nobiltà francese e che, se non schiacciato dal soverchiante peso dell'intervento straniero, avrebbe in breve tempo trionfato sulla lega cattolica. E qui appunto nacque Ia divergenza fta il pontefice e il suo legato: mentre quello da abile uomo di stato trovò opportuno, in un secondo tempo, di non mettere Ia barca di S. Pietro contro la corrente degli eventi, forse anche intuendo che le sorti della Francia trovavano migliori promesse nella larga politica di Enrico IV che in quella particolaristica dei né pet malìoolenza, nè pet altrc che per zelo che s'ha della salute lorc. E se esso Naoano, o altfi pet lul mooesse qualche prattîea, V. S. Ill.^" pohà dailí orccchìo con aoùísatne mons. d'Humena, accíò eglí et iI consíglío ili Paúgi non habbíno ail enttare ín alcun sospetlo ma ceúífi.catsi che tutto sí ta per senìtio publíco, et beneficío della rcIlgíone et lorc. Et V. S. IU.n" potrà assícwaryIí cÀe N. S. non è per díspensar mal clrc esso
Naoano sía rc. Quanilo poî sarà confermati.o e stabíIíto un re, et lí gtandí del rcgno saranno ríduttl all'obbe'lienza dì esso re, o líbero, o prîgíone che sì trcoí, bísognerà, senza spender parcIa, oenít all'esecutío-ne dí rcstítuír la pace et quíete nel rcgno. II che non si può fare senza údune lulto íI rcgno alla pwità della relígíone catolÍca con estermínío dí queí che oonanno user ostínatí herelící, e! non illursí aI grembo ili S.b Mailre Chíesa. Sopra che sí fara, subíto che sì scuopra íI lempo, guella espedítíone che satà necessaría et opoiluna.
r) Di
mauo del card. Montalto.
Quí non s'è parlalo della honestà, nella quale s'haotà da antener Ia famlglia dí V. S, Iil,na sì nel oíaggío, come ín Fruncía, dooe haorà da
pet
Ia
fermarsí:
sua ptudenza et pietà
oi
perchè sí sa che
V, S.
darà si buon ordíne, che
nL " ì
po-
polí tutti dal spesso celebrcre dì Icí, et dalle attioní sue et dí quelll della sua famiglia ne pígltercnno grandíssíma eàíficatíone
et
essemplo.
Sí è lasciato anco dí pailare de' compimentî che V. S.
il\.^"
Toscana, come dí Saooja, perchè a bocca tutto quel che satà sua ìntentione.
dooù fare coí ser.^i sì
dI
N. S. le esponà (!) l) Dato ín Roma a lt X dí ottohte 1589.
A- Catd. MontaIto. a) Nel testo è detto le esponà: ciò che indicherebbeche Ie istruzioni furouo scritte prima del 2 ottobre, giorno della partenza del legato; nè sarà parso opportuno di cambiare.il tempo del verbo per conformarlo alla datazione.
Illusioni
e
divergenze.
LEGAZIONE IN FRANCIA
Lib.
lll,
Cap. XIX.
Guisa, il secondo nel suo giovanile puritanismo non volle mai prestar fede alle promesse del re di convertirsi (ben sapendo che erano soltanto un espediente politico) e credette che la volontà di Do e il bene della religione richiedessero che fosse schiacciato come un serpe, dovendosi tutto rischiare e spendere per questo santo fine. Ma del contrasto tra papa e legato discorreremo apPresso.
* *{4
Parrenza del
Ritorniamo ora al cardinale Enrico che in fretta e furia si preparava alla partenza. Amici convennero a Roma per salutarlo; alle sorelle Isabella e Cecilia Cesi, trattenute a r) Sermoneta, egli mandò un aÍfettuoso saluto scusandosi di non poter andare ad abbracciarle. Intanto da tutte le parti fioccavano lettere di congratulazioni, e gli amici e Ie autorità di Terni, Spoleto, Firenze, Bologna e di altre città scrivevano nella speranza di poter ospitare il legato, promettendo festose accoglienze. Il giorno 2 ottobre,') alla frne del segreto concistoro, Sisto V consegnò al cardinale la croce della legazione. Enrico' s'inginocchiò e gli baciò il piede e la mano; poi, rialzandolo, il papa lo abbracciò. Allontanatosi il pontefrce, tutti i cardinali presenti abbracciarono il legato. Poi, saliti sulle mule, lo accompagnarono fino alla Porta del Popolo, i due cardinali piìr anziani standogli ai lati, ed ivi la processione si fermò. Il legato, scopertosi il capo e senza scender dalla mula, si congedò dai colleghi facendo riverenza ad ognuno, ed essi a loro volta, secoildo I'ordine d'anzianità, fecero altrettanto verso di lui e, salutatolo, ad uno
legato' e parenti
ad uno si dipartirono. Finita Ia cerimonia, Enrico andò a pranzare alla vigna del cardinale Pinelli; poi proseguì sino a l\lonterosi e da lì a Bagnaia, dove rimase tre giorni in attesa che i prelati, i familiari ed i carriaggi, che erano Stemma Medici tutt'altro che pronti per la partenza, lo raggiungessero. Dopo di che Ia (Villa Medici). numerosa comitiva proseguì per Viterbo ed il 9 ottobre giungeva a Siena, dove i giovani nipoti e futuri cardinali, Bonifacio e Antonio Caetani, che studiavano a Perugia, vennero ud orr"qui"re il legato. E Énalmente due giorni dopo entrava solennemente a Firenze, dando inizio alla missione diplomatica di cui era stato incaricato, come si dirà nel capitolo seguente.
*
** [.c
u
Mentre il legato proseguiva il viaggio, a Roma il fratello Onorato ed il so/erfe Peranda lottavano per faciliiargli la missione ed assicurargli le spalle perché già serpeggiavano le maldicenze e Ie insidie ; come disse monsignor Bertinoro: Forse mai negotío passà pÍù osseroato et spiato
Facortà,.
di questo.D
Oltre alla bolla della deputazione e alle istruzioni, era stata data al legato la bolla delle o Facoltà rr, la quale precisava la sua autorità nell'esercitare atti di giurisdizione ecclesiastica, .) ll Manfroni 6sa la
data della partenza
al
15
ottobre,
meotre che dal diario di Alaleone, dal Hiibner, e da tante altre fonti sappiamo con precisione ogni mossa del legato; anzi su 1)
C-1569.X.30, N'
182708.
2) Per',
p'
180'
questa data errata
al
il M'
imposta tutta I'argomentazione che Sisto
legato istruzioni orali e scritte del quelle prima impartitegli' desse
V
tutto diferenti da
[ott.
1589]
Le Facoltà
201
nel dare assoluzioni, nel sanzionare matrimoni etc. ; e, quel che più importava, stabiliva Ia qualità e la entità della concessione e dei bene6zi ecclesiastici che egli poteva dispensare. l) Non solo le facoltà conferivano prestigio al legato, ." un"h" gli davano in rn"no lu"ila pi""olo moneta che gli consentiva di acquistarsi amici e seguaci; in molti casi un benefizio, un protonotariato o altra grazia, applicati al momento opportuno, potevano assicurare gran vantaggio alla causa della Sede Apostolica. Quando la minuta della relativa bolla fu presentata a Sisto V, egli seancellò le facoltà più vistose, dicendo poi al Peranda che queste gratie guastaúano la bottega del papa,2) Per guesta strettezza, tanto radicata nell'animo del pontefice, le facoltà furono ridotte a tal punto che il legato non poteva concedere collazioni superiori ai 24 ducati, e benefizi così tenui neppure esistevano in Francia; niente riserve delle pensioni, niente conferimenti di protonotariati ! Il legato, già in viaggio, protestò ed il Peranda si diede un infinito da fare con i membri della congregazione di Francia e con monsignor datario. 3) I suoi sforzi si protrassero per mesi ma invano, perché il legato chiedeva appunto quelle cose che il papa aveva cassato sin dal principio. Tutta la cosa cadde in tacere quando, I'otto gennaio, Sisto V diehiarava al cardinale Santori che il Iegato di Francía n'haoea troppo (di facoltà) e che píìt presto si dooeoano moderare che amPliare. a) Oltre ai tre documenti fondamentali sopra accennati (bolle di Deputazione e Facoltà e le Istruzioni), il legato fu proweduto di un'ampia scorta di brevi diretti ai principali personaggi e alle autorità di Francia, buon numero dei quali furono lasciati con I'indirizzo in bianco, da riempirsi a seconda del bisogno. Questi ultimi, essendo chiusi e sigillati, erano marcati all'estemo con una minuscola sigla che ne indicava il contenuto. La preparazione di questi 234 brevi diede un grande da fare alla cancelleria pontificia ed al Peranda e prese pitr di sei settimane per portarla a ' termine. Novantadue di questi brevi fecero ritorno a Roma assieme ai voluminosi incartamenti della missione; in questi troviamo altresì alcuni importanti documenti relativi agli affari di Francia anteriori alla legazione stessa. Così, ad esempio, vi è copia della istruzione data al cardinale Morosini quando fu mandato in Francia nel 1587 a) e nientedimeno che quattro originali della bolla Inserutabilis Prooídentie del 5 maggio 1589, con la quale Sisto V minacciò Enrico III di scomunica "Dioine se non, liberava i cardinali Mauroceni e di Borbone, rinfacciandogli anche I'uccisione del cardinale di Guisa. 5) Forse la congregazione immaginò che ad un certo momento I'esibizione di queste pergamene avrebbe potuto giovare alla proclamazione del cardinal di Borbone. Di tutta la parte diplomatica e di segreteria si occupava il Peranda; oltre a ciò andava esplorando i meandri di Palazzo per notizie e per avvertimenti che potessero essere utili al legato, a quell'Enrico che, per così dire, aveva educato dall'adolescenza cercando di formarne il carattere e dargli quella tournure che spetta ad un principe della Chiesa, quale era destinato a diventare. La sua posizione era difficile ora ; il " signorino >, diventato camerlengo, non dava piir tanto ascolto ai paterni consigli del Peranda; questi dai veneziani e dai u navarristi > era tacciato di spagnolo, dagli altri era tenuto in sospetto perché veneziano ! Persino il duca frnì per difÉdame. b) Per lunghe ore della notte faceva anticamera al Vaticano, e la sua salute sofferse non poco dei tragitti per le oscure e fangose vie di Borgo durante i freddi mesi invernali. Da cinque anni non era uscito di Roma, sempre servendo fedelmente casa Caetani ! o) (Sanlorí, p. l9l). Cf. Le Pouooît cl le Commíssion de Mons. Catd. Cajetan etc. au Rogaume ile France; Paú, 1590. b) Poca fede bísogna dare a quelle (lettere) /i m*set Co-
6)
1) Ptg. 3072. 3) C- l59l .Xll.4, N. 55292, P8.2509, 2567,2670 e 3062. Domus, 11,26.
146469.
stanlíno perché è troppo cndulo, et íl síg. PetanìIa troppo afcttíonato de Verctíani, sc ten oerso dí casa aosba è lutlo amore
(c-r590.v. 3)
Per, p.
16,
N.
t57-243.
1696).
I
C - 1587 . Vll . 18,
N. l94l2l
.
Btevi e bolle.
LEGAZIONE IN FRANCIA
202
Sisto V e le Paludi Pontine.
Conieri
e
corrispondeaze.
Ub. III,
Cap.
XlX.
Del lato < politico > si occupava il duca Onorato: non appena partito il cardinale Enrico, egli dovette dedicarsi attivamente ai preparativi per ricevere nel suo stato il sommo pontefice, il quale aveva deciso di visitare i grandiosi lavori di bonifica da lui ordinati nelle Paludi Pontine. Il pàpa partì da Roma I'undici di ottobre e, pernottato a Velletri, fu ricevuto da Onorato a S. Lottieri, che segnava il confine dello stato dei Caetani; poi la gigantesca comitiva, formata di 1000 persone e 700 cavalli, prosegui per la macchia di S. Biagio, vicino a Gsterna, dove Onorato aveva fatto preparare un grandioso rinfresco. Il moscatello zampillava dalle quercie e, mentre gli sviizeri e la comitiva si dissetavano a queste novelle fontane, il papa si divertì a veder correre caprioli e volar fagiani a traverso Ia bellissima foresta. Ai piedi del monte di Sermoneta il giovane Filippo Caetani recitò una patetica orazione che mosse il .. terribile " pontefrce a versare calde lagrime, come era solito fare con straordinaria facilità quando sentiva un commovente discorso. r) Il pontefice si trattenne nelle Paludi Pontine per dieci giorni, cavalcando giornate intere tanto che ha stracco tuttí, e tenendosi sempre a fianco Onorato Caetani col quale conversava con grande intimità rilevandogli i suoi intimi pensieri. Così gli raccontò come all'ambasciatore di Venezia, arrivato mezzo morto a Sermoneta, rispondesse nella lunga udienza che gli concesse: Quem oultis nobis dimitti, Barabbam an tesum? Col quale detto di Pilato volle rinfacciare ai veneziani gli onori prodigati all'ambasciatore del Navarra. 2) Sisto V era pieno di entusiasmo e di affetto per I'intera casa Caetani ; non contento di quanto aveva già fatto per essa, dichiarò ad Onorato che ooleoa farla rícca e I'invitò d stabilirsi in Roma durante la legazione di Enrico e di venirlo a vedere almeno due volte Ia settimana. Per questo motivo Onorato chiuse casa a Cisterna e per circa tre mesi, ossia finché durarono le buone disposizioni del sovrano, si fissò al palazzo Caetani all'Orso, da dove mandava consigli e teneva informato il legato degli umori del papa e della Corte; a volte, gli trasmetteva delle disposizioni di ordine confidenziale che mal si sarebbero potute esprimere nei dispacci ufficiali del Montalto. Tanto il duca quanto il Peranda diffidarono il legato del suo fare bonario e spensierato, che dava modo alla gente di awicinarlo troppo facilmente e di estorcere confidenze e favori; in ultima analisi, la bonarietà del cardinale si riduceva a maggiori spese ed era un'imperiosa 3) necessità che egli le rísecosse con ferma mano. Dove non gli consigliarono di far economia era nel capitolo dei corrieri. Nel secolo XVI le lettere e gli awisi rappresentavano quel che sono i giornali ai tempi nostri; non solo erano attesi avidamente, ma si riteneva anche un punto d'onore I'esser il primo a riceverne e, con aria nonchalante, a divulgare la notizia. Perciò i corrieri straordinari, invece di prestarsi volentieri a portare anche le lettere di altri, il pitr delle volte cercavano di traversare Ie città senza farsi vedere da principi, ambasciatori o signori del luogo in modo d'arrivare a Roma prima e con le sole missive del padrone. Quando ciò non era possibile, si ricorreva all'artificio di far maturare le lettere degli altri, dando immediato recapito a quelle proprie; il Peranda dedia) L'ambasciata di Spagna aveva adottato cava quattro ore di tempo a questa cucina epistolare. invece un altro sistema: quando un suo corriere partiva da Roma portando, come era inevitabile, anche lettere della Corte e di altri signori, ss viaggiava fino a Firenze assai lentamente; ma due giorni dopo si spediva segretamente un altro corriere che, inseguendo il primo a spron battuto, gli consegnava in Firenze altre lettere con le ultime notizie; con tale malizia gli awisi dell'Olivares godevano all'estero fama di essere i più recenti ed interessanti. r) c ,
I
589 .
X.
14,
N.
129770.
,) c-
1589
.X.21, N.
129772.
3)
Peu p.
186-7.
+) Iùì,
p.
2A2
[ott-dic.
Corrieri e corrispondenze
1589]
203
Il
cardinal Enrico, benché tale materia fosse di sua speciale competenza, ") da principio non si rese conto dell'importanza di frequenti e rapide comunicazioni : durante il viaggio a traverso I'ltalia scripse sovente e tutti erano soddisfatti ; ma quando giunse a Lione I'otto novembre, rimase cinque giorni senza farsi vivo, occupato dai ricevimenti e giustamente desideroso di orientarsi e raccogliere esatte notizie prima di redigere il suo rapporto iniziale sulle cose del regno; purtroppo non ebbe neanche cura di spedire subito le lettere scritte quasi quotidianamente e solo il 2l del mese Ie inviò per via ordinaria. Awenne quindi che I'Olivares poté un bel giorno annunziare in Roma I'ingresso trionfale del legato ; dopo pochi giorni giunsero notizie per via di Venezia che il legato si era lasciato scappare che il papa gli aveva dato 100000 scudi per la liberazione del Borbone. Sisto V si stranì; il cardinale Pinelli lo pacificò ricordandogli che della cosa si parlava pubblicamente anche prima della partenza del legato. l) Al primo di decembre giunge un altro corriere passato per Lione senza portar lettere del cardinale. Il papa va in bestia e tutta la Corte è piena di rimproveri per la negligenza del legato. A Roma sí oiue nelle tenebrÍ.' notizie contradittorie arrivano da tutte le parti ed intanto che fa il'legato? si è addormentato ? I nemici intravedono il fianco scoperto e cominciano a tirare stoccate. Scrive il duca: Bísogna star di contínuo con Ia cappa et spada ímbraccíata per rebatter lí colpí, perché transoersalmentet)engono ad ofendere a V. S. /. Nosfro Signor Dio It perdoni! Intanto egli ed il Peranda spedivano missiva su missiva, awertendo del pericolo e scongiurando Enrico di 2) scrivere e maridar corrieri a spron battuto senza riguardo a speta. Finalmente il 3 dicembre arrivava il tanto sospirato corriere e la tempesta passò. b) Il papa, così scrisse il Montalto al legato, 3) ebbe guslo incredíbík per le otto lettere spedite da Lione e approvò pienamente tutto quanto il legato aveva operato sino allora. a) Tre giorni dopo Sisto V lesse in concistoro la lettera del legato contenente la descrizione dell'ingresso e tanto si emozionò che gli vennero le lacrime agli occhi. ") Poi fece leggere il discorso del Panigarola nel quale il famoso predicatore aveva detto che con gti hereticí non bísogna haoer parte, cìò che píacque molto píù aIIí cardinalì oecchí della congregatione perché .accettando N. S. quello che ha predícato
íI
aIIa
seroe
oescouo accetta conseguentemente che non debbia destreggiare con congregatîone per poler repliccn quando ne oenerà iI caso.5)
N[avarral,
iI
che
Il
papa era molto soddisfatto: gli piacevano I'operato del cardinale e la concisione e chiarezza delle sue lettere; 6) in quanto allo stile del segretario Giulio Cesare Riccardi, dichiarò che era il miglíor sectetarío del mondo. i) La linea seguita dal legato infatti combaciava in quel momento esattamente con la politica che il papa si era prefissa: ossia procedere d'accordo con Ia Spagna a favore della lega contro il Navana. Verso la fine di novembre il pontefice incaricava il duca Onorato di scrivere al cardinale Enrico che, in conformità alle istruzioni date, appena giunto a Parigi si occupasse della liberazione del Borbone e, non riuscendo in ciò, dicesse al parlamento o a chi tocca cÀe S. S.t, per haoere un îe dí Francía che sia catolíco et per la estermínatione delli heretici, mandarà un esercìto dí oentí mila fanti e di doímíIa caoallí ') Il 20.1t. l58E il
camerlengo Caetani aveva pubblicato
un bando che stabiliva il monopolio del crvizio postale in mano àel magnífico Víncenzo Casbaeaní, Gcnercl Mastro dí Posle dí Sua BeatíludÍne, stabilendo pene anche per i madrt ìle' cot' fiefi ilí altî! príncípí et potenlatÍ (Mr'sc., Bandi, vol. I). Manfroni (p. 36 e prec.) argomenta che il sflenzro ostinalo Àel Caetani fosse causa dell'ambiguo atteggiamento del b)
Il
r') Pct., p.
7) C-1589.Xf
2lO. .l8e2l, N.
2)
hí, p. 205-215.
59645.
pontefice nelle importmri trat[ative del l5 e l6 dicembre (Cf. pag. seg.), mentre invece già dal 3 dicembre Ie lettere della legazione giungevano in Roma coa perfetta regolarità. c) Lí sígnotí catdìnali osnrooîono Ia faccía, Ií motioí et
Ie laqíme con Ie qualî S. S.ù accompagnò dí passo ín passo sentÍmenlí dÍ quella letlera moslrando gtan lenetezza el af.
Ií
fetto (Pu., p. 219).
d) C - 1589. XII . 6, N.
3356.
a)
Iot.
6) Pet., p.
219.
a) Ioi,
p. 192.
Soddisfazione
di
Siato
V.
LEGAZIONE IN FRANCIA
204
Lib.
lll, Cap. XIX.
un
príncipe che Leí oí habbia dominío sopra.") Nè questo suo intervento avrebbe mai potuto insospettire i francesi perché era ben noto a tutti che non gli sarebbe mai passato per il cervello I'idea di impadronirsi del regno. Le spese le facesse però Ia Spagna, volendo egli sotto
dare solo gente e non denari, perché non si oiene mai a fine dt far cosa nísuna dando Ií denarí, tanto più che i principi francesi erano tuttí pieni di debbtti et con giande bisogno. Aggiunse che gli dispiaceva che il figlio del duca, Pietro Caetani, non avesse ancora potuto congiungersi con la gente sua di Fiandra in appoggio del Mayenne. Riassumendo Ia comunicazione, Onorato concludeva: Insomma Sua Santítà non sí cura che Ií cattolicí (della lega) siano aiutati contra Naoana dal re di Spagna, ma lui non ooria spendere lí soÌ denarí. t) Influenze Malgrado Ia diffidenza verso la Spagna che I'ambasciatore straordinario veneto Donato stava dei navanisti' istillando nell'animo del pontefic", t) qu"rti durante la prima metà di dicembre ancora perseverò nell'idea di un intervento armato unitamente a Filippo II, ma già andava moderandosi. Difatti dichiarava al duca Onorato (30 nov.) che non avrebbe mandato aiuto e denaro a quelli della lega senza prima intendere dal cardinal Enrico iI stato delle cose, se bene inclína ad aíutaili.3) Lo stesso disse al Santori, pur sempre lagnandosi della lentezza del re di Spagna nel dar corso alla risoluzione delle cose in Francia. a) Tale era lo stato d'animo di Sisto V durante Ia prima quindicina di dicembre: tuttavia in favore dell'intervento armato prevedeva come inevitabile la rottura della S. Sede con la Serenissima per il fatto che, ricevendo Maisse, I'ambasciatore del Navarra, ufficialmente essa aveva riconosciuto I'eretico come legittimo re' di Francia. Quand' ecco che il 15 e 16 del mese soprawenne una crisi di coscienza o voltafaccia o doppio giuoco, si chiami come meglio piace, che risultò in una mossa curiosissima e quasi inesplicabile: mentre il cardinale Gesualdo, d'ordine del papa, consegnava all'Olivares due note verbali nelle quali era delineato un trattato di alleanza tra Chiesa e Spagna per un'azione militare in Francia, 5) lo stesso giorno I'ambasciatore veneto Donato, recatosi in udienza da Sisto V per congedarsi alla vigilia della rottura, riusciva, con una suprema mossa diplomatica, a convincerlo delle buone ragioni della repubblica e a itaccarlo dall'alleanza con Filippo II. 6) Ai primi di gennaio giungeva finalmente in Roma I'ambasciatore inviato dai principi cattolici
il
Navarra, Francesco di Lussemburgo, duca di Piney; egli fu ricevuto assai onorevolmente dal papa e, prima che fosse passato il mese, lo aveva completamente persuaso che il duca di Mayenne e quelli della lega erano ispirati piir da interessi personali che da fervore religioso, che la maggioranza delle forze vive del paese erano per Enrico di Navarra e che questi era sinceramente disposto, a tempo debito, di convertirsi alla religione cattolica. In quanto a Filippo Il, questi non mirava ad altro che ad estendere la sua egemonia anche che seguivano
sulla Francia
! :F
** Quanto ho esposto in questo capitolo, in gran parte sulla scorta dei documenti finora sconosciuti dell'archivio Caetani, credo sia una fedele esposizione di quel che furono I'animo e la mente di Sisto V durante il periodo che si estende dalla nomina del legato Caetani (25 set.) all'arrivo di questo in Parigi (Z I gen.). o) Ciò confermavano le istruzioni aggiuntive pervenute al legato in Lione,come questi ricordònel dettagliato resocontodel proprio operato, inviato a Gregorio XlVverso il mese digen-
fispose
patola
se
ben non mì teoocò I'oìlíne
che
m'haoeoa ilato
a Lìone, ch'ío ofetíssi aI duca d'Umena 20000 fantí (8. U.8., cod. l499.lll, n. ll, c.5. v.)
:... et ín matefia dí dat aíutí (S, S.tà) non ml 1)1589.Xt.20c., N. l83l74tC-1589.X. l0c.,N. 147874 Per., 167. \ Pastor.,X,p245. 1C-1589.X1 .30,N.59ó09. t) Santoil, p. l9O. 5) Hùbner, ll, p.292-295; lll, p, ?39.344. 6) Cf. Pasror, X, p. 248-251 ; Húbnet ll, p. 278. naio l59l
[ott. 1589.gen.1590]
Voltafaccia di Sisto V
205
Durante tale periodo il Caetani fu confermato ed incorraggtato dagli awisi che gli giungevano da Roma nel seguire la linea di condotta prospettata nelle istruzioni, e soltanto al principio di marzo gli pervennero le prime awisaglie che Ia mente del pontefrce si era voltata da bianco a nero. Molto si è criticato I'opera del legato, rimproverandogli di esser stato sfacciatamente partigiano della lega e ligio alla Spagna, di avere agito in modo del tutto differente dalle istruzioni impartitegli e, invece di-esser l'angelo della pace che doveva salvare e la religione ed il regno, di aver aggiunto altr'esca all'incendio della guerra civile. Ma nessuno degli scrittori, antichi o moderni, sembra aver mai osservato che, e per la grande distanza e per I'intercettazione continua della corrispondenza, ordinata dal Navarra, fu impossibile al legato di seguire le mutevoli direttive del pontefice: si formò uno spostamento di fase di quasi due mesi tra le azioni del legato in Parigi e gli ordini che venivano emanati da Roma. E quando questi gli giunsero si trovava già tanto compromesso che non seppe come fare per cavarsi d'impaccio, e perciò perseverò nel proprio atteggiamento. Inoltre, negli ultimi mesi della missione, il Caetani si trovò completamente isolato e dovette, e anche volle, agire secondo il proprio criterio. Ma di tutto ciò il lettore potrà formarsi il proprio giudizio leggendo nelle pagine seguenti lo svolgimento della missione che io mi sono sforzato di narrare con obiettività, tenendomi lontano dalle passioni'di partito e dalle ingannevoli seduzioni che ofirono le tesi storiche.
Ceprrolo XX.
LEGAZIONE IN FRANCIA. IL
VIAGGIO.
(r 589-t 590)
ARTtvA Enrico Caetani da Roma il 2 ottobre l589per la legazione in Francia, accompagnato dal buon volere e dalla simpatia di tutti i principi d'Europa, r) ad eccezione del granduca Ferdinando di Toscana che, guando cardinale, era stato tanto nemico del Caetani,2) dei Veneziani che lo sapevano devoto alla corona di Spagna, e del Navarra il quale subito scorse in lui un accanito awersaiio. .) Questi, non avendo potuto fermarne la partenza da Roma, cercò in tutti i modi d'impedire che il legato andasse a Parigi, dichiarando. che, se si fosse recato nella capitale dei ribelli, I'avrebbe trattato come nemico e che vi sarebbe andato con rischio della proIngrcsso
in
Firenze.
pria vita. L'undici del mese il Caetani faceva solenne ingresso in Firenze, onorevolmente ricevuto dal granduca e da larga comitiva di cardinali, di gentiluomini e cavalleggieri; al suono di trombe e di tamburi fu accompagnato al palazzo Pitti, la cui piazza echeggiava con la musica di una sceltissima orchestra. b) Furono scambiate le consuete visite di cortesia e, in quella che il legato fece al granduca, questi volle che il Panigarola improwisasse una orazione, non avendo mai avuto il piacere di udire questo famoso predicatore. La sera seguente all'arrivo, il cardinale ed il granduca ebbero una conferenza di due ore nella quale il primo espose quanto il papa gli aveva commesso oralmente; questa intima conversazione ebbe per effetto che non uí resfasse più una scíntilla dí male tra le due persone. 3) Durante Ie cerimonie che si svolsero fu osservato che il legato apostolico cedette la precedenza al patriarca Camillo, ciò che destò non poca meraviglia anche a Roma. a) ù D'un lel choh ie m'attends ríen de bon, scriveva IV al Villeroy, appena avùto conccen:za della nomiaa
Enrico
(Boíianl, 9. 64). b) Documento fondamentale per il lato descrittivo della legaessere il u Drbrb r del maestro di cerimonie, Paolo
zione dovrebbe Alaleone
(Cf. L, Caetani in
distinto prelato
1)
Pastot,
ci
l. 5. P., XVI);
purtroppo, questo
ha lasciato un aridissimo volume, privo di qual-
X, p. 609.
'?)
Cf. pae, 184.
s) Pet.,
p.200.
siasi descrizione, salvo quanto conccrne it cerimoniale, ed in cui risuona una Dota unana sol quando egli si trova incomodato nella propria persona. Di maggior interesse sono il rapporto di un familiare del seguito, scritto dietro speciale richiesta del duca Onorato
(c-l5E9.Xt.l0, N.155247 e 1590.1.21, N.
ts4g67),
e, specialmente, la corrisponde."a di membri della famiglia si conserva nel nostro archivio. a) Ioi,
p. 172-17t.
che
Viaggio per l'ltalia
lott.15891
il
viaggio, Enrico passò per Bologna ove s'incontrò col cardinale Morosini, il quale lo ragguagliò sulle cose di Francia e gli disse che il Navarra haoendo (or)mai perduto Ia fede dí poter esser tenulo cattolico, haorcbbe haoutí sempre per ínimící quelli che professano Ia nostra relígíone. Il legato uscente consigliò, nel caso che si volesse procedere con le armi contro il Navarra, . di farlo subito prima che arrivassero rinforzi dalla Svizzera e dalla Germania. l) Da Bologna u) la missione proseguì per Parma, Fiacenza, Voghera e Alessandria, in mezzo a piogge dirotte, finché Ia sera del 25 giungeva in Torino, annunziata dal rimbombo delle artiglierie sparate dalllalto del castello. Compiuto il solenne ingresso, il legato si recò a far riverenza alla infante Caterina, duchessa di Savoia; traversato una lunga serie di sale, salutando a destra ed a sinistra i cortigiani e gentiluomini che s'inchinavano riverenti, giunse alla stanza ove I'attendeva Sua Altezza con i figlioli e con gran numero di dame che le facevano corona. In segno di singolare onore e contrariamente al suo costume, la frgliola del grande Filippo II uscì da sotto al baldacchino per andare incontro al legato; poi si sedette alla sua sinistra in una sedia bassa e gli presentò i piccoli principi che il cardinale baciò e carezzò con il suo largo sorriso, scambiando il minore per il primogenito, piccola gafe che I'infante ebbe premura di correggere. E così piacevolmente conversando, il legato schivò di rispondere alle domande incalzanti della duchessa relative agli aiuti che Carlo Emanuele desiderava dalla S. Sede. L'indomani, dopo la messa cantata, il cardinale partiva da Torino e, per Val di Susa, si avviò all'arduo valico del Moncenisio, dopo aver spedito avanti una parte della comitiva perché preparasse tutto I'occorrente per il suo arrivo in Lione. L'ascesa della montagna fu fatta con tempo splendido, cosa rarissima: il legato in una portantina tenuta dalle robuste braccia di due solidi alpini, detti maronr', e similmente gli altri prelati; i familiari, chi a cavallo, chi a piedi, faticosamente seguivano per I'aspra via. E così giunsero in cirna al valico, dov'è il bel lago ricco di trote; e videro la cappella in cui venivano riposti i cadaveri dei viandanti, trovati morti sulla strada così frequentemente battuta da terribili tormente di vento e di neve. La discesa fu fatta nello stesso modo, ma il patriarca Camillo, il giovane Gregorio Caetani ed alcuni altri ardirono di cimentarsi sulle < Íamazze ,, ossia piccole slitte del paese, guidate da due montanari accovacciati uno davanti e I'altro dietro al passeggero; così, serpeggiando a vertiginosa velocità per Ie nevose balze, a bocca aperta per la paura, gli ardimentosi arrivarono in brevissimo tempo a Lans-le-Bourg, mentre gli altri faticosamente scendevano per Ia ghiacciata Proseguendo
strada.
La comitiva proseguì poi lentamente, ovunque accolta con onori e liberalità dai ministri del duca di Savoia, e il giorno 4 novembre giunse a Chamberi, luogo scelto per I'incontro con Sua Altezza. Il cardinale fece solenne ingresso nella città, preceduto dalla croce che era stata alzata dal giomo che furono lasciati i confini dell'ltalia. Alloggiato nel palazzo ducale, il legato si fece incontro al principe quando questi giunse poco dopo e, scambiati i soliti complimenti, tra cene e visite, il Caetani ed il duca ebbero lunghe conferenze sugli affari di stato. .) A
Bologna si aggregò alla missione Camillo Sighi@lli,
autore dell'interessante Dlarío, sul quale il Maúroni ha basato la sua monografia sulla u Legazione del cad. CaefcnÍ>. Non
trovato traccia del Sighicelli nel fondo dell'Atc. Caet., e quindi egli deve aver occupato una posizione assai secondaria t) Atc. VaI. F. XXIX, p. 7.
ho
nella cancelleria del legato. (N. B. I Sighicelli, detti anche Seghicelli e Sighiselli, erano una ben nota famiglia bolognese; il Manfroni è caduto in errore leggendo SrgÀíulli).
Nel ducato
di
Savoia.
LEGAZIONE IN FRANCIA Trattative diplomatiche.
Lib. III, Cap. XX.
Tre questioni fondamentali furono trattate. Prima, le pretensioni del duca alla successione al trono di Francia; e da questa il legato se Ia cavò con raggiri diplomatici e dichiarando di non aver Ia precisa mente del pontefice. r) Seconda era quella dell'aiuto di denaro (30000 scudi al mese per quattro mesi), chiesto dal duca per ridurre a soggezione Gnevra che teneva assediata; in caso contrario egli avrebbe dovuto venire ad accordi con i ginevrini che, pur sottomettendosi a lui, avrebbero preteso Ia libertà di professione religiosa, condizione alla quale non si sarebbe potuto rifiutare essendo nella impossibilità, per ragioni finanziarie, di continuare I'assedio. Ed anche su questo punto il legato se Ia cavò diplomaticamente. 2) La terza e più immediata questione era il soccorso da portare nel Delfinato alle città cattoliche di Grenoble e Vienne, minacciate da Alfonso Corso e dagli altri seguaci del Navarra.
I cattolici della regione invocavano I'aiuto di Savoia; erano contrari il re di Spagna ed papa i quali temevano che il duca, penetrato in Francia sotto scusa di aiutare queste città il cattoliche, si lanciasse poi in qualche pericolosa impresa. II Caetani sperava di poter persuadere il Corso a desistere dalla offensiva ed ottenne dal duca la formale promessa che egli avrebbe agito esattamente secondo quanto il legato gli avrebbe chiesto, astenendosi dal penetrare nel Delfinato se fosse cessata la minaccia contro le due città, o venendo in loro aiuto qualora il cardinale glielo avesse richiesto. 3) Dopo questo successo diplomatico, del quale il pontefice si compiacque, il legato partì per Lione e, la mattina del 9 novembre, si preparò per il solenne ingresso. Ingresso
ir
Lione.
il
cerimoniere Paolo Alaleone era andato avanti per predisporre ogni cosa secondo le antiche consuetudini pontifrcie e locali. Ad una lega dalla città la uno dei 36 rioni della città, accompagnato da una missione fu salutata dal caporione ventina di gentiluomini. Immediatamente appresso apparve una magnifica comitiva: era Enrico
Già prima che
sorgesse
I'alba
di
Savoia, marchese di Saint Sorlin, fratello del duca di Nemours, governatore di Lione, seguìto da 300 gentiluomini e cittadini primari che cavalcavano in perfetto arnese, divisi in quattro squadre; ogni squadra portava casacche di color differente sulle quali spiccavano, nel petto e nella schiena, certe belle croci di panno o d'argento o di velluto, atancio, pavonazzo, turchino; sui cappelli svolazzavano pennacchi di bianche piume. Il legato avanzò, così accompagnato, sino in vicinanza della città quando si ritirò in una casa privata per cambiare gli abiti di viaggio con le scarlatte vesti pontificali. Intanto si stava ordinando il grande corteo e, prima che il cardinale fosse rimontato sulla sua mula, si mosse verso Ia turrita porta della città. Precedevano le bestie da soma con il bagaglio ed i carriaggi, sulle cui portiere di stoffa rossa spiccavano le armi di casa Caetani; venivano poi i servitori montati e appresso ad essi i 15 cavalli addetti alla persona del legato che, dimenandosi sotto le gualdrappe gialle e turchine, mordevano le briglie tenute dai palafranieri. Seguivano quattro compagnie di gentiluomini a cavallo, che rendeoano bellíssíma úista, e gli aiutanti di camera con le valigie rosse del cardinale e, in ultimo, quella pontificia. Appresso a questa, le famiglie dei prelati, i gentiluomini della legazione, i nobili della città, i ministri della giustizia, quelli col loro capo in toghe nere, questo tutto vestito di rosso, gli ordini religiosi e i consoli. Il barbiere di Monsignore illustrissimo, la mazza d'argento sul braccio, precedeva il marchese di Saint Sorlin, dietro il quale era portata la croce. Paolo Alaleone incedeva, tutto compreso della sua alta funzione, con quattro palafrdnieri, due dei quali
di
\
A,c. Vat. F.. XXVII, p, 47.
2) /oi, p. ó0.
3) Iùi, p, 49.
Soggiorno in Lione
[nov. 1589]
portavano
i
bastoni cardinalizi
di dignitari e
e due i
martelli. Veniva poi
209
il
legato, circondato da un nuvolo
signori.
Davanti al ponte levatoio della porta, il rappresentante del papa ricevette il saluto del capo magistratura e dovette subire un forbito discorso in francese: quindi, sceso dalla mula, baciò della Ia croce che gli fu presentata da un prelato in piviale e mitra e poi, mentre dalle tortezze tuonava I'artiglieria, fece il trionfale ingresso cavalcando sotto un baldacchino di broccato d'oro, a traverso
le strade tanto gremite di popolo che il corteo stentava a procedere con ordine; a tutte Ie flnestre, piene di spettatori, erano appesi arazzi, stoffe ed immagini sacre, e sui muri vedevansi le insegne del papa, del re di Francia e di casa Caetani nonché scritture laudative. Al passaggio del legato la folla, ondulando come un flutto, s'inginocchiava per riceverne la benedizione pontificia.
così si proseguì fino alla chiesa metropolitana dove il cardinale si apprestava a scendere, quando awenne un incidente: i soldati della scorta, per .impossessarsi della rnula e dei finimenti che, secondo il costume invalso ne' solenni ingressi, venivano dati loro, dimostrarono tale avidità che le si buttarono addosso prima che il principe della Chiesa avesse avuto il tempo di scendere: uno di essi, con maniere assai poco rispettose, era già saltato sulla groppa della mula mentre altri gli stracciavano da sotto la gualdrappa e i finimenti ricamati d'oro; e tanta fu la violenza
E
che Ia povera bestia rimase ferita. u) AI fastoso ingresso fecero seguito molte processioni, prediche e funzioni religiose con le quali i lionesi vollero render palese al legato le grandi angustie in cui si trovavano: ogni giorno centinaia di gentiluomini e gentildonne, nonché persone del popolo si recavano in chiesa, vestiti di sacco ed a piedi nudi, per ricevere la comunione per mano del rappresentante del papa, che cercava di rinsaldare gli animi e promuovere la concordia. Ma non intendo dilungarmi oltre nel descrivere le cerimonie religiose e civili che si susseguirono senza interruzione; vediamo in che modo il cardinale Enrico diede rnano alla difficile missione che gli era stata affidata. Anzitutto si adoperò ad assumere informazioni esatte sullo stato e sugli awenimenti di Francia; ciò era un compito arduo, sia perché vivendo in seno ai partigiani della lega non sentiva che il suono di una campana sola (nè il contatto con quelli dell'altra parte era cosa facile), sia perché lo stato di guerra rendeva le notizie che venivano dalle diverse regioni del regno, tardive e poco sicure. Comunque, il cardinale si affrettò, dopo pochi giorni, a scrivere al Montalto informandolo di quanto era riuscito a sapere e capire sulle condizioni di Francia in generale e di Lione e del Delfrnato in particolare. Già nelle prime sue lettere dimostrò il proprio sdegno per la condotta dei cardinali Vendòme e Lenoncourt che, agendo da consiglieri all'eretico Navarra, conferivano a qr.lesto non poca autorità; fece osservare che il secondo era ritenuto da tutti per íL peggiore ínstrumento che sía in Franciar) e che sarebbe stato bene se il papa lo avesse richiamato a Roma. Un altro punto sul quale insistette era che, volendo mandare aiuti alla lega, si facesse subito. Nel consigliare questo si sentiva confortato dalle istruzioni aggiuntive del papa, pervenutegli a Lione, 2) nelle quali era detto tra altro che, arrivato a Parigi, assicurasse il duca di Mayenne 3) notizia che il libraio che Ia Chiesa avrebbe mandato 20000 uomini in soccorso della lega:
a) Dopo questa scena che, come vedremo, doveva rrnnovarsi ad ogni solenne ingresso, il legato si guardò bene dall'usare
r) Qî. Arc. Vot. F', XXYIL Domus,
ll,
27.
339
2) CÍ. Arc. Vqt.
h sinili
cerimonie la sua mula preferita: da bravo plcailo', sacrifcò quelle di minot valore.
F.,XXIX, lV, l3l.
Prime
impresioni
A,
Corso
e I'asedio di Vienne.
Lib. III, Cap. XX.
LECAZIONE IN FRANCIA
210
Nivelle confermò al cardinale quando raggiunse Ia missione a Digione. u) Convinto quindi di giustamente interpretare la mente del pontefrce, appoggiandosi interamente alla lega, chiese al Montalto se, in'caso di grave necessità, fosse autorizzato a dare aiuti in denaro come già r) insistentemente era stato richiesto dalle autorità di Vienne, stretta dal Corso. Intanto il vescovo di Avignone, spedito da Chamberi per trattare con Alfonso Corso, giungeva a Lione avendo adempiuto il meglio che poteva la propria missione. Questi, cattolico ma seguace del Navarra, guerreggiava unitamente a Francesco de Bonne Lesdiguières, famoso capitano (che salì in grandissima fama e nel 1608 fu nominato maresciallo di Francia e poi onorato col titolo di duca), contro i cattolici della lega e teneva Vienne stretta d'assedio. Ciò egli faceva non solo come soggetto di Enrico di Navarra ma anche per awalorare la propria autorità come governatore del Delfrnato, carica conferitagli dal defunto Enrico III, ma che i leghisti rifiutavano di riconoscergli. Già sin da Roma il cardinale Enrico aveva sperato di poter svellere un ramo d'alloro al suo primo ingresso in Francia guadagnando il capitano a favore della lega; in previsione di che il Peranda si era raccomandato di trattarlo bene, di dargli del " Signore u e di chiamarlo 2) Ornano e non già u Corso u, perché tale era il suo cognome. La missione del vescovo non ebbe gli effetti desiderati: il Corso gli fece capire assai
di rischiare Ia propria fortuna, dichiarandosi contro il Navarra prima di non essere perfettamente sicuro della vittoria della lega. In quanto a Vienne, addusse tutte le proprie e non indifferenti ragioni e si venne ad un compromesso per il quale, a condizione che fosse impedito l'intervento del duca di Savoia, il Corso si sarebbe contentato che il castello di Vienne fosse stato messo in mano ad un ufrciale, scelto sopra una lista di qìrattro da lui proposti. Intanto ribadiva le proprie ragioni facendo battere il castello con I'artiglieria, forte del fatto di aver Ie spalle sicure perché sapeva che, dietro domanda esPressa del legato, 3) le truppe del duca di Savoia erano state fermate dal venire in soccorso della città. Stipulato I'accordo, auspice il vescovo, il Corso non volle attenersi ai patti ed allora il legato si decise d'invocare I'aiuto del duca di Savoia, mentre da Lione si mandavano truppe di soccorso. Le milizie savoiarde, per difficoltà del momento, non poterono muoversi, ma bastò a) la minaccia perché' i navarristi abbandonassero per allora il tentativo di espugnare la città. Mentre si svolgevano questi fatti, il legato era stato diligente nel preannunziarsi presso i maggiori signori e le città che si trovavano sul tragitto verso Parigi. Sperava di poter guada-' gnare alla parte cattolica il duca di Montmorency e quello di Nevers; chiedeva I'assistenza di tutti per assicurarsi la via minacciata in molti punti dai seguaci del Navana, il guale aveva dichiarato che, se il legato avesse cercato di recarsi nella capitale dei ribelli, gli avrebbe fatto tutto il pegglo che poteva. Sarebbe stato quindi opportuno che il Caetani, strada facendo, si fosse trattenuto per qualche tempo a Nevers per cattivarsi I'animo del duca, il più potente ed autorevole dei politìcí, ossia di quelli che si tenevano neutrali fra il partito della lega e quello del Navarra. Con ciò avrebbe potuto sentire anche il suono dell'altra campana perché il duca di Nevers, per quanto politico, aveva in odio il Mayenne e molta simpatia per il " Bearnese ',, senza tuttavia recare offesa a quelli della lega. esplicitamente che non gli conveniva
Preparativi
di
viaggio.
ù (Manf.,
p.34 ; CÎ. pag. 204, nota b)' Ciò è confermato
dal Sighicelli (Manf,, p.55) con le parole: íI popolo (di Parigi) sì duole dí S. S.rà che aI Níoelío et pet letterc ilel
anche
1)
Arc. Vat. F., XXIX, p.
83.
2) Pet., p. 16l.
cailìnale Monlalto habbía promesso chíatamenle aíulo dí de' narî et i!î gen!í e! cÀ'&ora (durante I'assedio di Parigi) r? manchi etc. 3l Arc. Vst, F., XXIX, p.
99.
a) /ot,
p.
109.
Il duca di Nevers
[nov. 1589]
2il
In vero, prima di partire da Lione, il legato aveva in animo di accettare la preghiera rivoltagli dal duca di conferire con lui in una delle sue terre; l) ma poi, in viaggio, cambiò di parere. Due erano Ie strade aperte per recarsi a Parigi: una per il Borbonese a traverso i dorninii del duca di Nevers, piir diretta ma meno comoda; I'altra, via Digione per la Borgogna, che presentava maggiori sicurezze ed era tutta in territorio soggetto alla lega. Il legato scrisse ad un tempo al Nevers per avere assicurazioni nel caso che volesse seguire Ia prima ed al Mayenne nel caso che avesse preferito prendere la seconda strada. Passarono due settimane prima che gli giungesse la risposta del duca di Umena (o dí Mena, come gli ltaliani chiarnavano il Mayenne), e quando gli pervenne I'offerta di questo di mandargli a Digione monsignor di Brissac con buon numero di soldati per scortarlo fino alla capitale, il legato decise senz'altro di accettare tale proposta e di declinare quella del Nevers, pur non dimettendo l'idea di incontrarsi con lui. Ludovico Gonzaga, duca di Nevers, era terzogenito di Federico II di Mantova; aveva sposato la brutta e straricca Enrichetta di Clèves, che gli portò in dote i ducati di Nevers e Rethel; stabilitosi in Francia, diventò soggetto di Enrico III. Quelli della lega lo consideravano, più che sospetto, nemico e, dall'assedio di Granachia (!) in poi, gli fecero ogni dispetto possibile: riuscirono a ribellargli i suoi sudditi, gli confrscarono per 30000 ducati d'entrate del ducato di Rethel e di altre terre in Piccardia e, quando rimase ucciso il re Enrico lll, gli saccheggiarono la casa in Parigi e gli rovinarono una bellissima fontana che vi aveva fatto costruire ; CMf S. non contenti di ciò, gli imprigionarono la figliola NEVTR.S. madame de l-ongueville, moglie di uno dei principali fautori del Navarra, 2) e con molti altri atti ostili nonché con I'arma della calunnia cercarono di fargli ogni danno possibile. Motivo di tutto ciò era che il Nevers, dopo avere in un primo tempo combattuto a favore della lega contro gli ugonotti, aveva poi seguito fedelmente il suo re, allorché questi si unì ad Enrico di Navarra contro il partito dei Guisa. Quando il re cadde sotto il pugnale di Jaques Clément, il Nevers rifiutò di sottomettersi ai comandamenti della lega proclamati il 4 agosto, due giorni dopo I'assassinio. Non volle riconoscere l'autorità del duca di Mayenne, che reputava inferiore a se stesso in grado, ed accusava lui ed i suoi seguaci di non esser guidati da puro amor di patria ma dagli interessi particolaristici dei Guisa; allo stesso tempo non volle riconoscere il Navarra come re di Francia perché eretico, e perciò assunse un atteggiamento neutrale. Tale essendo Ia situazione del duca, non mancarono persone del seguito del legato, e tra essi lo stesso Panigarola, che si adoperassero a persuaderlo di evitare qualsiasi contatto con il Nevers, awalorando le proprie ragioni col fatto che le notizie che il duca gli avrebbe dato non sarebbero certamente state imparziali e che, comunque, al momento attuale,. I'animo suo
DE. GONZ,D.DE
r\ Atc. Vat. F., XXIX, p. l13.
\
Ct. Arc. Vat. F.,
XXX, p. ?7 e
127-
Lud.
Gonzaga
duca di Nevers.
Lib. Ill, Cap. XX.
LECAZIONE IN FRANCIA
212
era grandemente alterato contro Sisto V. Infatti, Poche settimane Prima, era stata intercettata la corrispondenza tra il Nevers ed il suo agente diplomatico in Roma, Camillo Volta, nella quale furono riscontrate acerbe critiche e parole poco rispettose verso il pontefice, motivo Per cui questi, senza tanti cornplimenti, aveva fatto recidere la testa al Volta. Con tutto ciò il cardinale persistette nel parere di incontrarsi col duca e, solo a Digione, forse per timore di offendere il Mayenne, decise di scusarsi. Così facendo commise un errore, perché non è improbabile che avrebbe potuto guadagnare alla lega questo potentissimo signore e per tramite di lui avrebbe potuto avere con I'altra parte quei contatti, la mancanza dei quali fu una debolezza della sua legazione ed oggetto di tante critiche. Il Nevers, profondamente offeso, il 12'gennaio gli mandò un lungo memoriale, di cui alcune parti sono date qui in nota, facendogli chiaiamente intendere che, se entro un mese non avesse bvuto quelle soddisfazioni che chiedeva, si sarebbe unito al Navarra. ") Memoriale
del duca di Nevers.
MEMoRIALE del duca di Nevers per il card. Caetani: DÍrà (Salvato) a S. S' ilI-^" ch'ho iceoulo un íncre' ilibíIe dispíacere d'haoet petsa I'occasíone dí poterla setoíre el confeir seco delle cose ilí queslo míserabíl rcgno' non solo pet utíIe et benefcío d'esso ef mío,mapeîcontenlezzaet honotedí S. S. ilI.na, stímando che non habbí altta íntentíone che dí rcslaurate Ia rcIígíone catolíca et conseroaîe questa corona ad a)
un
pfincípe
Et
ilel
sangue teggío cattolíco
"'
per cíò son stato astretto dalla necessilà
ìlí
ríconerc
a S. S. il\.m" pet faile sapete almeno íI stalo miserabíIe nel quale mí hooo, poi che non posso ilítle come conlefta guello
dí è
queslo rcgno, peî supplicaila
di darmí tal
aI mío bísogno. Donque Ie ilítà che da un
consolatíone che
necessatía
fin
quanào eta all'assedío della Grunachía ho ríceouto ínrtnilí danni et díspia' cefi da quelli delt(Jníone: príma della ptígíonía íngiusta di mia figlìa fatta pet dcompensa del senízío sígnalato che facea a beneficío della rclÍgione et ìlì questo regno con nÌo grandíssímo íncomodo"et peficolo; iloppoí în haoet suoeilíto gll mei sud' dítí
del
Rethelois con negaii
ín tetra
sepelblî che hanno
sanla
ili
anno
ín qua
confessailí
et comunicaile el
se ptíma non gíutaÙano il
sacratnento
gli fallo ín questaleoata d'atmeet contalaulofilà me' passata contra di quesla Pasqua hanno falto rcbellate a Paimente haoetmî leoato più de
Dí
ft
scuilÍ d'enbata tonlo del
Relhelloís che ln alcuni tene che ho ín Pícardía' pîù haoet falto saccagíare la mía casa ilí Patisî el rugnate
ilucato
i!í
una bellíssima fonlana et altre fabtlche quanilo íl rc dí Na' pÍese a questí statî glí 4 boryhí dt delta cíltà' FínaI' mente haoendo íntetotta Ia líbertà di mía rtglÍa (M't" de Longueville, imprigionata ad Auriens), slabíIíta ín scambío d'alhí prígíonicrí (principe di Joinville, figlio della duchessa di Guisa' prigioniero del Navarra), et haoet ooluto leoarmí íI goocmo dí
oafta
da Champagna ilattomí el aI figlíolo dal rc ultímo; lascíando parte una Înfinítà ilÍ lellqe ínlercette el calunníe ín)entate con' !rc dî ne fino a succítarc gIì suildití dí questa cíttà a tíbe'
latsi conba dí me con Parcle et tcrmíní inìlegní dí
per-
sone honotale,
Tutle le qualí cose sono state comíncíate tla Nalale pas' salo uno anno fa e! contínuate sanptefino a mò,quanluaquc habbíno oísto che, dappoí Ia cruàele e! nísercnda motte del nostrc rc, ní sía títenuto dí conilut tm'atmata nel mío go*mo dì Champagna, come S. M.tà m'haoea comcsslt' haoenìlo oísto succedete a questa Cotona íI detto rc di Nalana et paimente habbíno saputo sía stato icerco dí continuat Ia suddetta ímptesa, et itî píìr che habbíno oísto che doppoí Ia norte ilí Sua M'tà, mí
son sempre battenuto qua pacíficamenle senza far
gueta
ne
ad alcuno... DaI che S. S. /t/.no polrà conoscere quale síano Ie accíonl altíete et cndele dí quellí della Uníone oerso quellí che non hano oolulo adheftre alle loro passíonate íntentíoní et opere, et fors'in giudícare se I' ínteresso partícolate dí alcuní hanno ínpeì!í!o ch'ío non sía stato rícerco, ilubbítando forsí che Ia quaIità clella percona mía el Ie míe accíoní, conoscíute assal da díspíacerc
ogní uno, non poilasseto danno ai| alti per haoer scopeúo Ie et Înlentíoni molto ìliîercnte dalle míe ,.. Pet íI che non solarnente m'hanno usato d'alcuna sorte di gatitudíne et /lí amoret)olezza, ma hanno pensato dî conIoro accíoní
shíngermí per foua dí ínclínarmí a loro píedí pet chÌedentí peilono dì haoer seflíto conlrc dí loro íI mio rc et supplícarlî dí faoodtmí a ficeúere nella loto gtatía ín t:írlù del comandamenlo che fessero nella loto ilíchíaratione del 4 dl agosto, 2 giorni doppoí Ia morte del fu rc, per la quale comandaoano ímqaíosamenle a luttì d'ogní qual si ooglía qualítà ìlí idutsi presso dÍ loro soilo pene dì confscatíone de luttì gli suoi benì' Il che, si come ho sempte tenuta oana et mal fondata lautorítà del sígnor iluca iÌí Magena et del consígho dell'Uníone, così I'ho sprezzato eI gIì loro comandarnenti, aoenga che sí sa molto bene che detto s.î duca ha cteato et stabíIíto detto consìglio ilel' I'{Jnione a meggío lebraro dí Petsone tulte afeclionate a casa sua et' ínnlmíche del re defuncto' con ínten!íone che Io dooes' seîo cÍear Iuí per locolenente genercIle di questo rcgno sí come da Iuí' TaI che fecessero I 4 gìoml iloppoí che furono uealí dalle sue ptoprie attímo ín uno può cteato essere stalo sí díre crcaturc peî locoteneùte genercle dí questa cotona,.' Ne pà senire íI díre che tal aulorità sia stata approbala ilt Pafiggí, poscía che non sÍ puà più chía' parlamenlo dal
mare nè tenere quel lríhunale pet paiamento come soletta
poí che da un prccuîatorc sudíto
di
esso parlamento
essere
è stato oí'
llpeso con menaî prigíoní gli presídenlí et consìglíetí con gtande îndìgnítà a pÍedí dallo stesso hibunale fino aIIa Bastíglía ooe sono slatí rÍtenuti Púgíoní l'*pacío dí 9 nesí. Onde si conosce che iI talo tle presídentí el consiglíetí che non futono ínptì' gtonati erano del lutto afezíonalí alle loro passíoni' o úero tabnqúe íntímiìIítî che non si paleoano píit stimare gíudìcí ínaruptí et ínfrepíIí, ma solo esecutofi delle passloní d'altruí. Et percíò se hanno aprooata l'autofttà del detto s.t duca è stata
cosafalta contrcíI
costume
del dello patlamento
et
sfu'
zalamente ..,
II che desíderc cÀe S. S. il|.^" sappía accíoché conoschi chiarcmente che I'autorítà attribuíIasí ilal detto s.' duca dí
I
dic.
Memoriale del duca
1589]
di
213
Nevers
Il
legato partì da Lione il venerdì, primo ài""*br", awiandosi verso Digione, scortato dal marchese Fortunato Malvicini con una compagnia di lance italiane alla quale si aggiunsero, strada facendo, alcune truppe locali. Piccola sembrava la scorta, date le rninacce del nemico: ai corrieri mandati dal legato al Tavannes (seguace del" Navarra, che infestava la regione e che ultimamente aveva anche saccheggiato un convento di cistercensi presso Digione), questi aveva fatto rispondere che, se desiderava un salvaccndotto, lo chiedesse al re, ed aveva aggiunto altre simili impertinenze. Parve quindi utile al legato di far distribuire armi anche ai prelati, gentiet percíò che mí sarcbbe dí aprooarla et sottometermí a ubíilirc a suoí comandamentí come ha ínteso et ooluto ch'ío faccia pet Ia sudetla díchíarctíone dellí 4 d'agosto, alla quale non ho oolulo haoer Magena non è oalída ne ben fonilata. oetgogna
non ha autorìtA legílíma dì potermi che eglí è I I anní piìt giooene capítano di me, et che quando erc figlíolo aI studío io conduceoa le armate et dell'altro canto che non è ili casata maggíore aIIa mía et che è iI duoilecímo della casa dí Lotena, ín luoco che rb son íl 4 della mía, el finalmente che lle sue accíoní el imptese fatle non sono dí maggíot consídetalione aIIe níe passate, sí come ogn'uno lo sa molto bene ... Perché ttooandomí come ío faccío nel píù mísero stato cÀe possi essere alcuno, mí è impossibíIe ilí contínuailí píù longamente senza Ia mía total ruína et dí casa mía, sapenilo nolto bene S, S. 1ll.-4 che non oí è slato píù misero che iIì
alcun dsguatA.o
comandare,
sapend.o che
Et tanto più
$teîe neutîo in guere cíoíIi. Onde haoenìÌo stentato íl spacío dí 5 mesí et I f 2 con mlo gtanilíssímo danno, mí conr)íen hora dt far Ia delíberatíone conoeníente all'esser mío, Ia quale ío deslderaoa dí fare col parcte dí S. S. lil.n", ficeoenilo iI faoore et grutía dí potetmí abocan seco. Ma poí che mi oeddo persa la speîanza, ho ooluto icotere da lei per suplícaila ilarmí consíglÍo
et aíuto tale che
cont)îene
a
prencepe
et
possl ilceoere
sqe, peÌ non lascíarmí calpestrure
da uno anno in qua et
Ia
consolatíone che ío s|ímo d'es-
caúalíerc honotato come
(l) da
ogní paile come son stdto
che temo d'essere nell'aooenírc booan-
doml senza alcuno agíuto ancí habandonato massíme
da
ognuno, et
da guelli de qualí ío spcraoa gîulamente dooete
essere
da S. Sanfífà, sapenìlo cotne pet ispetto suo eta stato disgralÌato dal re credendo che fosse píìt afelíonato a IeÍ che a S. M.tà pet aoerle detto ín concllío pu' ptolelto et
faooito
come
Ia serofuebbe se S. S.'à Ia scomunícatta, et ciò per metersí bene con S. S.'à sí come sa molto bene íI s.t cardinale Morosínl. II che rcildonò Ia senítù (se* !) ponto, pgi che mí trooo sprezato ila lei non che faootito, essendo slato aoet' blíco che non
índutla
a
lìto che sí senle ofesa dí alcune lettete che ho scrítto ín ltalía et pet cíà che mí odia, sí come ho gíusta causa dí ctederlo haoendo fatto taglíu la testa aI s.' CamíIo Volta mío agente pet lelterc che m'ha sctítto et altrc che ho sctítlo a Iuí;-.. cosa ínsolita a farsí ail agenlí ile príncípí a qualí pate sía
datta Ia líbertà dí rcríoere cíò che Ie conoíene, petchè alhí' mente ínoanno senirebbono gIí loto padrcní; ... dal che, come da I'odío cie S. S.È dícehorapoilarmî, comprcndo molto benc il poco suporto che paso spercre da S. S.'à in queslo mío utgente bísogno et tanlo pùt potendo compren<Ierc che nonprccede solamente A'oggídì ma dí 9Íù ollte, poi che non m'ha maí ooluto
faoofirmi ilí gatía píù che gr'ustfssima, eome deII' uníone del ptío' nlo iIí Donchery, della aprobatîone del conbalo fatto pet Ia gíu' fidÍtíane del ptíotato dí Santo Stefano, e! Fatùnante pet non haoet ooluto chíatíre gli mei suilítí del Rethelois della scomuníca ínnepta (!) fattalí ila quelV del ocscooo dl Reíms pet faill ibelare conba dí tne et ill molte alhe gratíe ilí poco momento, elfinalmente per haoet ínlercetlo tutte Ic míe lettere scritte all'lil.mo s.' car-
dínale Sípione mío cugíno; .,. e! se ho scfitto alcune cose che non habbíno píacíuto a S. S.tà, come forcí non a fatto una
27
Ieltera mía dí
df maggío díretíoa
aI Volta, S. S.tè si deàte
píù toslo ítítate conlrc quellí dell' Unione che I'hanno íntercetta et publecata che dí me per aoeila scrîtta confidenletnenle aI detto Voka peî comunícarla o S. S.'à ín secteto come faceoa Ie alhe míe; per ìI che, se .;fosse capítata sicuramente nelle maní del detto Volta, níssun altto cÀe 5. S.'è I'haorebbe sapulo; ,,. et se ho mandato scritti ín ltalía compostt dalle passíoni delle due pailí, I'ho falto per ínfotmare le perone ili quello che
si
díceoa qua
ct
non per ofenilere alcuno. Ande non
ho maí cteiluto dí dooer concítat oilío conlra dí me, ma si bene aguhlu gtatítutline con í! ptoporre et aoettùe guello che mí pareoo pur conoeníente per beneficío della fede catolíca et u!íIe dí queslo rcgno et della santa chíesa rcmana ... Perà poí che mt booo haoer fatlo efetto contratío a quello che speraùa, et che per cíò mí lrooo nel pessímo stato che possí essete pq Ia mía sola ellettíone et non necessílà, son rísoluto
di
uscírne .,,
faù
ogní mío sfotzo per non lascíarmí calpestrcte da meí nemícì, ancí di ímpedùIi con tutte le force mìe et lettar I'occasíone aI mondo dî credere ch'îo sía et senza honore et senza cuore et moilo iIí polerml preoalere contta quellí che desídercno Ia mía ruína. Haoendo datto segnî assaí manífestt della mía santa íntentione oerco Ia rcIigione catolíca pet far conoscete et gíuìlícare ad ognuno che quello che per forza sarò astretto i]í fare aI oenírc, non sarà per pottu danno aIIa rcIì.,.
Ie cose sono neltesserc chc sÍ oede, ma solo asbetto da I'honor mío per non Poleî supoîtú d,'essere scatiato da meí stati et sprezato come son stato fin a mo, haoendo ooluto suportarc ogní íngíuría fm alla tenuta dí S. S, 1/1.-4 credendo dí dooer esset consolato el aiutato da S. S.ù nel mío urgente bísogno; díI che cssenìlone hora fuot ilì spercnza non posso pù con honot mio soporlat tal íngíutía et danno se non ooglio perdere et I'honote et gli meí bení et lascíu meífiglíuolí mendíchí con gtanilksímo biasmo aIIa postetítà della mia megÌone cattolíca poíché
moia.
lil.^" i!írà che desídeta ch'ío habbí ancot un fin lanto che sía ílo a Pafigí et confeilo con quel!í che oí sono et che speta al suo aníoo ín detla cílta dí lar in moilo che ío rcstatò soìlísfatlo, gIÌ potù tísponìlete che ìI ilesídefio che ho di ubídíio et Ia fiducía che ho nella sua Se S.
^S.
poco pacíenza
amorcoolezza oeto casa nosha mi farà haoer pacienza ancot pet un mese, nel quale la suplíco dí esrer semíta àì pottat tal tímeilío et consolatíone alle cose míe ...
II
che píacerà
a 5. 5. ilL.^" dí consíìletate et
accettarc
buona pade ciò che l'ho qua dí sopra detto, come ml assícuro satà sefiita dÍ farc, et finalnenle di tenetmí pèt suo afetíona'
ìn
lrisfmo seraífore etc. A Neoas il X/,/ [geDoaiol ilell'anno 1590
Lodooíco Gonzaga.
(Arc. Caet., C - I 590. I . I 2, N. tecrizione e postille autografe).
301 6
:
originale con sot'
Parteoza
da
Lione.
LEGAZIONE IN FRANCIA
214
Lib. III, Cap. XX.
luomini e servi della missione; ciò che indusse il Sighicelli, che non era privo di sense of humour, di scrivere : Senza burla ci armíamo et piaccía a Dío che non occorri, ché per un esercita dí poltroní, non fu mai oisto iI più bello !") La numerosa comitiva di prelati d familiari, con anímo oeramente tomano e con grandissima paura in corpo, intraprese I'arduo e pericoloso viaggio: infuriava il vento e tutta la campagna era ricoperta da un folto manto di neve. II freddo era cosl eccessiùo, accompagnato da neae et t)ento, che molti dissero che ín Polonia non era niente maggíore. Il cardinale era in lettiga, ed il procedere fu lento anche a causa dei pesanti carriaggi che non si potevano lasciare indietro perché immancabilmente sarebbero stati svaligiati. Alla legazione si era aggregato buon numero di privati e di mercanti, con i loro bagagli, che volevano approfrttare dell'occasione per recarsi sotto buona scorta fino a Digione o Parigi. La via scelta fu quella per Màcon, Chalon e Beaune. Ovunque il legato fu accolto assai amorevolmente dalle autorità che tutte si credevano in obbligo di inchiodarlo alla porta della città per fargli subire ampollose orazioni in latino o francese; ad esse il cardinale, come è solito in simili coît)ées, rispondeva più o rneno sempre la stessa cosa, parlando in latino, della quale lingua era perfettamente padrone. Poi, nelle località maggiori, si procedeva al solenne ingresso, al termine del quale le soldatesche si buttavano addosso alla mula o al cavallo del legato facendone preda per godere del príoíIegio che si concede ai paggí nelle solennità pontìficali. Soggiono
a
Dgione.
Giunto a Dgione (ll dic.), il legato ebbe la penosa dìsillusione di non trovare monsignor di Brissac con la scorta promessagli dal Mayenne; per far fronte ad una mossa offensiva del Navarra era stato necessario di mandare queste truppe in appoggio di Mans. Intanto da tutte le parti giungevano notizie sul pericolo della strada fino. a Parigi; lo stesso Vendòme inforrnava il cardinale che Enrico IV si adoperava a tagliargli la strada; a tale fine il Tavannes ed altri quattro baroni avevano centinaia di cavalli che giravano per la campagna. Ma non erano questi i soli dispiaceri: il pseudo-parlamento di Tours, capitale dei realisti, dichiarava di non voler riconoscere le facoltà del legato se queste non venissero registrate in seno all'assemblea, secondo le consuetudini; il tentativo fatto per indurre i signori di Mirabeau e di Serny, feudatari di Borgogna, ad abbandonare il partito del Navarra, riusciva vano, e non meno fortunato fu I'approccio fatto con i cardinali Vendòme e Lenoncourt. Alle lettere inviate dal Caetani, esortandoli in modo assai diplomatico a compiere interamente il loro obbligo verso il Santo Padre (ossia ad allontanarsi dallà corte del Navarra), il primo gli aveva risposto esponendo gli argomenti che I'inducevano a rimanere presso il re eretico: osservava che così facendo poteva meglio oPerare in favore della religione, giovare alla liberazione del cardinale di Borbone ed istigare il re alla tanto promessa
Si
e tanto sospirata conversione al
rese conto allora
il
cattolicesimo.
legato quanto
difficile e spinosa
la
missione afrdatagli: da quando
"6 non era riuscito a staccare dal Navarra neppure uno de'suoi
seguaci era entrato in Francia cattolici; il regno era piìr in mano dell'eretico che della lega; i cardinali francesi ostili al legato; nessuna speranza di liberare il cardinale Borbone; universale la miseria del popolo e la mancanza di quattrini delle città e dei capitani dell'Unione; il re Enrico era in arme contro il legato apostolico e palesemente non aveva intenziorie alcuna di riconvertirsi alla fede cattolica a meno che ciò non diventasse un indispensabile espediente politico per assicurarsi il regno. Il Navarra, scriveva il Riccardi, era un vulcano di attività e del quale í suoí inímici medesimi predicano
J ll duca Onorato al legato: S. S.'à mÍ ha delto che quanilo questí sígaotí dell'Uníone non haoesserc dato ordíne per Ia sícurezza del oíaggío (da Lione), cÀe (V. S' I.) aoesse
speso 10000 o 15000 scuili del ctedíto delll 100000 el fatto 300 o 400 caoallí per andatsene a Padgí .,. ma queste sono cose sÍ ilícono d.opoí lI fatto! (Car, L. O.' p.229).
[1 dic. 1589-3 geo.1590]
Da Digione a Parigi
215
tanta aigíIantia che non doîme mai píìr di due oîe et dalla morte del re ín qua dicono che anchor non s'ha caoato stíoalí. t) Davanti a tale innegabile stato di fatto il Caetani, già d'animo del tutto inclinato a favore della lega, considerò piìr che mai che I'unico mezzo per poter uscire dall'ìmpasse, nella quale si trovavano il regno e Ia religione, era che il pontefice, valendosi del re di Spagna nonché delle proprie armi materiali e spirituali e dei milioni accumulati in Castel S. Angelo, agisse di man forte per annientare il Navarra. In tale senso egli scrisse al Montalto in data 2l dicembre 2) consigliando remedíí oíolenti; allo stesso tempo rivolse ai cardinali Vendònne e Lenoncourt dure parole di rimprovero e non dubitava che ad esse Sisto V avrebbe fatto eco. Dopo aver perduto nove giorni di tempo in Digione in vana attesa per Ia promessa scorta, il legato decise che ,si partisse comungue, senza riguardo del rischio, pigliando la strada della Franca Contea e della Lorena, che sembrava alquanto più sicura. La mattina del 20 dicembre aveva risuonato la tromba in segno di partenza ed ognuno era già stivalato e a cavallo, quando si seppe che il cardinale dopo tutto aveva deciso di non partire più: la sera prima, così riferisce il Sighicelli, 3) egli 'aveva visto i prelati tutti sospesí et confusí e, cominciando a dubitare egli stesso sulla opportunità della partenza, volle che la decisione finale fosse messa in mano di Do; a tal fine, dopo aver detto di buon'ora la messa, pose nel calice due foglietti di carta sull'uno dei quali era scritto est eundum e sull'altro non est eundum e, detta I'orazione dello Spirito Santo, estrasse uno dei foglietti che fu appunto il secondo. I fatti giustificarono tale atto di prudenza, perché non erano passate molte ore che si venne a sapere che 800 cavalli nemici si erano appostati non lontano dalla città per maltrattare la missione. Pochi giorni dopo alcune compagnie, mandate dal Mayenne al cardinale, rimanevano di notte complea) tamente disfatte presso .. ,Sansena " dalle forze del Navarra, con perdita di circa 100 lance. Finalmente il 28 del mese giungeva il cavaliere Arconato, gentiluomo milanese, inviato da Carlo duca di Lorena che, venendo incontro ai desideri del legato, ofhiva di mandargli tutta quella scorta armata che potesse sembrar necessaria per sicuramente procedere verso Parigi. In vero la generosità del duca non era del tutto disinteressata: aveva premura di sbarazzarsi dei lanzichenecchi riottosi per mancanza di paga, e sperava che forse il legato awebbe provveduto a contentarli e comunque li avrebbe passati al duca di Mayenne. Il Caetani, che da tre settimane aspettava invano una risposta dal Mayenne, 5) accettò con entusiasmo I'offerta, ed inviò subito monsignor Bianchetti presso il duca a Plombières per prendere i necessari accordi. La partenza fu fissata per il 3 gennaio 1590, e tutto era pronto per la partenza quando, la sera prima a mezz'ota di notte, scoppiò un incendio nelle scuderie della missione: dilagò così inaspettato e violento che piìr di 24 cavalli rimasero cremati e molti storpiati e ustionati. Si trattava evidentemente di un'insidia sferrata dai navarristi per impedire la partenza del legato. Fu ordinata un'inchiesta, ma non ci fu nè il tempo di appurare tutta la verità nè il modo di far amministrare giustizia. La morale dell'incidente fu formulata in Vaticano con Ie parole : I mínistri saÍanno pìù cauti per I'aooenbe, faranno Ie debíte guardie et non sí persuaderanno di esser a dormire all'hostería dell'Orso.6) Il cardinale fece fronte a questo infortunio comprando la mattina seguente tutti i cavalli che poté trovare a Dgione e, questi non bastando per tutti i caniaggi, ordinò che si lasciassero indietro i bagagli del seguito ai quali si sarebbe proweduto più tardi. 2) Arc. VaL F., XXVII, 1) C- 1590.1.2, N. 183198. I C-t590.1.2, N. t82740. 6) C-1590.il.7, N.3366.
p. 342.
3)
Monl., p.
28.
1) C- 1590.I .12,
N. 2322.
Partcnza
da Digione.
LECAZIONE IN F'RANCIA
216
La
scorta
armata.
E
Lib. Ill, Cap. XX.
la grande cornitiva si rnosse e, a rneno di tre leghe dalla città, scorse in distanza,una fitta schiera di gente arrnata che, in un primo ternpo, ternette potessero essere nemici anziché amici. Ma dopo breve tempo si videro apparire il Bianchetti e monsignor di Saint-Paul, seguìti da 400 cavalli in bellissimo arnese e disposti in ordine di battaglia; questa così nel pomeriggio
era I'avanguardia della scorta inviata dal duca di Lorena, forte di 500 cavaili, 500 fanti tedeschi o raitri e di 2200 lanzichenecchi. Ondeggiavano al vento gli stendardi di damasco bianco con fiamrne rosse o gialle, I'aria risuonava del rullio dei tarnburi e di grida gioiose. Tr.rtto prometteva bene; inoltre era giunto in quel momento il corriere, spedito da Rorna I'undici dicembre, col quale il Montalto esprimeva la perfetta soddisfazione del pontefice per quanto il legato aveva operato.
L'indomani fu fatta la mostra del piccolo esercito e poi tutti si rnossero per la grande campagna aperta, che ricopriva un folto manto di neve. La marcia si compì in perfetto ordine di battaglia, perché si sapeva che il nemico era poco distante ed in agguato: in testa il signor di Saint-Paul con la cavalleria, poi il legato con Ia sua corte e i carriaggi, ed alla retroguardia il marchese Malvicini. In aggiunta a costoro v'era il corpo dei raitri e lanzichenecchi con 150 carrette stracariche di arnesi di ogni genere. A completare la comitiva della sacra missione apostolica v'erano 500 femmine, selvagge compagne di quegli awenturieri senza fede e senza coscienza. Mentre al centro procedeva la croce, seguita dal cardinale e dai prelati che leggevano il breviario, all'intorno si aggiravano le squadre di questi rnercenari teutoni e svizzeri che cornpievano scempi degni dei barbari e devastavano le contrade come un nuvolo
di I
ncidenti
di
viaggio.
cavallette. ")
Quello stesso giorno fu sventata un'imboscata di 600 cavalli nemici, e riferirono le'spie che piìr oltre, lungo tutto il cammino, si radunava gente a danno della legazione. b) E così si procedette verso Parigi, dormendo a volte in carnpagna o dove meglio si poteva, contentandosi di mangiare senza vino e con poco pane e sostenendo scaramucce sanguinose nell'attraversare boschi. A Chàtillon-sur-Seine ci fu un bel ricevirnento e il legato alloggiò nella magnifica rocca, ormai distrutta, dove potè amrnirare una galleria ornata di 27 vetriate, su cui erano rappresentati altrettanti personaggi della nobile casa di Amboise; nel frattempo i lanzichenecchi espugnavano un piccolo castello vicino che si era rifiutato di ospitarli ed uccidevano 50 uomini della guamigione che, comunque, parteggiava per il Navarra. Pochi giorni dopo questi mercenari puntavano i piedi e dichiaravano di non voler procedere oltre se non si pagasse loro il soldo; alla fine con un poco di denaro, col vino e con molte promesse furono persuasi
ad
andare avanti. l)
fu I'ingresso a Troyes. Fuori della città venne incontro al legato il giovane principe di Joinville, secondogenito del defunto duca di Guisa, con bellissimo accompagno di archibugieri a cavallo, baroni e dignitari della città. Sebbene solo undicenne, il giovincello era armato di corazza e, dietro a lui, un paggio portava I'elmo, Ia lancia ed il resto dell'arnnatura; Solenne
a) .,. gueslí soldatí ,,. hanno falti moltí dannÍ per li oíIIaggi, abbrugíate case, rubhatí anìmalÍ, rubbate chíese, fatte míIle albe ínsolenze ... secondo íl loto coslutne, su gIí occhÍ del cardinale con dolote df S. Sfg."" ill-^o Ia quale haoooíato a mollí inconoeníentí, fatto ptohíbírc molte ínnlenze, ústotato col suo danato moltí danní. Quanto alle chîese hotmo usda qualche ímpietà ín tomper le pofle peî rubbare, perclú àanùo Ie chise ín queslo tenpo i contailíní mellono le rcbbe loto; ma non hanno rubbalo maì oestimenti nè ttasí sactl ... Quellí chc
) c- 1590.1.10, N. 183195.
defendono Ie attíoní del Naoana ... dìcono ch'íl papa mette maìo a qu*tí afatí dí Frcncia pet finî patlicolatí et passíonl
et non per rcIígíone, Ii soldalt iIeI legato fanno peggío alle chíse che quellî del Naoana -.. lí polítícl dícono ch'íl Cardinale è oenuto a fat I'eseguie della Relígíone cattollca... (I-ettera del patr. Canillo, C-1590. I.28, N. 1379). b)
Il
nemico era stato informato della partenza del legato
da rma sua ledera, trovata addosso al Nivelle arrestato net viaggio da CMtillon a Parigi (Arc. Vat. F., XXX, p. 23).
[3-21 gen. 1590]
Incidenti di viaggio
tE VRAY POVRTRAICT
2t7
DE
lllluftriflìmc a Rcucrcndilfime Cardinal Cajcrain, dcpuré Lcgrr
cn Frrnce,par noflrc Saindt Pcrc lc Prpe Sixtc cinq u icfnrc, fai lant lon entrcc cn la vtllc dc Peris, lc vinqr & vniclmc iour dc Ianuier, cn I'rn dc qracc r t t o.
v,4 ?eris p* fhrifofc Suilfesaillur à'Htloircsr*eSnia,ll leandeLatraaal'arèrc1)odo1ent. IN PARIGI (Bibl. Nat. Parigi; Estanp6).
INCRESSO DEL LEGATO CAETANI
Domus,
ll,
28.
21.8.?
LEGAZIONE IN FRANCIA
218
Arrivo
a Parigi,
Solenne ingrerso.
Lib.
tll,
Cap.
XX.
con molta grazia fece il suo discorsetto in francese e il cardinale gli rispose in italiano e latino. Poi seguirono i soliti sermoni noiosi delle autorità, lo sparo delle artiglierie, il rullo di tamburi con fanfare; non mancarono gli arazzi appesi alle finestre gremite, I'ondulare della folla, le messe cantate e tutte le altre cerimonie che si ripetevano in ogni città. ") Sorvolando altri particolari di questo viaggio, dirò soltanto che il giorno 20, licenziate le truppe, il legato partiva da Corbeil e si awicinava a Parigi dal lato del sobborgo Saint-Jacques, incontrato, strada facendo, dai rappresentanti del duca di Aumale, dalle duchesse di Guisa, Montpensier e Mayenne, dall'arcivescovo di Lione, liberato da poco dalla prigionia, dai due giovanissimi frglioli del duca di Mayenne al comando di 4 000 fanti e da una infinità di altri gran signori e dignitari. All'ingresso della porta fu salutato da un nombre innurnerable de tambourins, fifres et trompettes qui remplissaínt les oreíIles des spectateurs de leur son et leur causoient dedans le corps une allegresse, une melodie et íoge ínctedible. Pernottato in città, il legato fece ritorno la mattina al sobborgo di Saint-Jacques; celebrata ta messa, furono ricevuti in udienza vari.dignitari, tra i quali monsignor de Brisson presidente del parlamento, che gli fecero subire ben se$e discorsi in latino, francese e italiano (ai quali tutti dovette rispondere il povero Enrico), mentre fuori, per la strada, messer Paolo Alaleone, tutto òompreso della propria funzione, si dava un mondo da fare per ordinare il gigantesco corteo secondo le sacrosante regole del cerimoniale. Finalmente nel pomeriggio si mise in moto la imponente processione, nella quale, in mezzo al passo cadenzato dei soldati, al calpestio dei cavalli, alle litanie degli ordini religiosi, al birbigliur", agli applausi e alle grida di una folla di 300000 persone, procedeva il legato, tutto vestito di scarlatto, sotto un baldacchino di damasco bianco, frangiato di rosso. Non mancarono anche questa volta i prolissi sermoni in cui si decantavano all'angelo della pace le miserie del regno e le infamie degli ugonotti. Passando per la via Saint-Jacques, che corrispondeva a quella attuale, il corteo giunse al Chàtelet, fortilizio che sbarrava il Petit-Pont, e, traversato questo, si trovò subito nella piazza di Notre.Dame, davanti al portale della quale il legato, edotto dal passato, saltò rapidamente (cum maxíma pressura) dalla sella: in un istante il grande baldacchino, la gualdrappa e gli altn abbiglíamenti della mula furono stracciati in mille pezzi, mostrando grandíssíma allegtezza quello a
chì si era toccato una pícciola partícello. La mula svanì, non si seppe dove. Uf nebula omnío et)anuerunt.r) E ciò il legato dovette consentire pour demonstrer Ia [tberalité de Ia quelle iI use coustumìerement, rendanf ses bíens communs à tout Ie monde, Il rumore, Ia confusione e I'ondeggiamento della folla furono tali che il cardinale non poté baciare la croce se non quando si trovò sospinto fino a metà della navata maggiore; poi, salito davanti all'altare, diede la benedizione al popolo che gremiva la vasta cattedrale e, cantato il Te Deum laudamus, impartì un'indulgenza decennale. b) Dopo un awenturoso viaggio di quasi quattro mesi il cardinale Enrico Caetani era frnalmente giunto al luogo destinatogli da Sisto V per espletare la sua altissima missione; egli era (Jníonq. a fo ffionfare Iu causa della rísoluto a dífenderc fino all'ultimo í díríttí della Santa nostra Santa Re!ígíone, ad abbattere et debellarc I'erelíco ed i suoi seguací.z) .) A Troyes nella
di S.
Stefano, attigua alla cattedrale, il nostso diarista ammirò due grandi sepolture d'argento di Enrico Pio (sec. XII) e di suo 6glio Teobaldo (l 197' l 210 c')' chiesa
conti di ChampSgne, magnificamente lavorate e che si conser' r)
Alaleone.
2) Manf., p. 32'
yavaso sotto coperchi
di
noce bene incatenati e lucchettati
(C-1590.1.21, N. 194967, p' 4l). b) Confronta : L' Otdre et Magníficence faìcte à Ia rcceptíon ilu l*gat etc., Paris, pour H. Velu (B' N' P, L' b. fs' n. 195'1.
ffiw Biรณ\.
Nat
(Est.)
PIANTA DI PARIGI (r6o9)
Ingresso a Parigr
{21 gen. rS9Ol"
219
informava Sisto V che Enrico di Navarra persuadeva a trattaîe I'eretico con credeva nella presenza di Cristo nell'ostia Roma si preparavano le pronto a tornare nel gembo della CJriesa. -, clerncnza, come fgliolo lettere di rimprovero al legato per Ia parzia[ta dimostrata a favore della lqa e per le dure
In quel
tempo medesimo
il duca di Lussemburgo
l) e lo consacrata
A
-
parole scritte D
Panot
al Vendóme, lettere aqunziatrici del voltafaccia politico di Sisto V.,
X, e. 252.
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Captrolo XXI. LEGAZTONE IN FRANCIA. DISGRAZIA DEL LEGATO, ASSEDIO DI PARIGI. (Genn.-Sett. 1590).
Colloquio
col duca di Mayenne.
oN appena ultimate le cerimonie del solenne ingresso, il legato Caetani prese contatto più intimo con le autorità e i signori della lega, ed in pochi giomi si trovò in condizione di poter scúvere a Roma numerose lettere nelle quali diede un esatto ragguaglio sullo stato delle cose in Francia, almeno come a lui prospettate in Parigi. Nel fare ciò credette suo dovere di parlare con somma chiarezza, tanto che il Riccardi comunicava al Peranda: Sí Gargouille di Notre-Dame. scríoe a S. S.'a funto gagliardamente che ío dubíto che non contínueranno Ie lodt rtceoute fino a quest'ora. Ma d'altra maníera che si fusse scritto, íl cardinale non haorebbe satísfatto né aIIa sua fede né aI seîoítío di Dio benedetto. ") La conversazione di maggior rilievo che il legato ebbe fu quella col duca di Mayenne. l) Il comandante in capo dell'esercito della lega e facente funzione di luogotenente del regno non gli nascose le gravi condizioni nelle quali si trovava. Militarmente egli disponeva di 10000 soldati e 200 lance, mentre il Navarra aveva 5 000 fanti e I 200 lance francesi. Benché numericamente inferiori, le forze del Navarra erano di qualità grandemente superiore a quelle dell'altra parte, perché il corpo delle lance era formato dal fior della nobiltà cattolica la quale serviva senza paga, per amor patrio e nella speranza di esser un giorno lautamente ricompensata dal re vittorioso; inoltre tra i cavalieri egli contava almeno 25 o 30 capitani espe*issimi nella guerra, molti de' quali degni di comandare un esercito, sicché con quel solo corpo di lance poteva il Navarra tentarc ed aúbe ogní impresa. Invece nell'esercito della lega non v'era alcun generale di valore ad eccezione del Mayenne; il migliore che vi fosse, monsignor de Brissac, aveva subìto pofi giorni prima un umiliante scacco in Normandia. ") (C. I 590.
gato scriveva
al
I . 26,
N. 182842). Negli stesi giorni il leA N. S. ìo ho sctltto quel che
Peranda:
alla mla conscíenza et alla mía fede, et del rcslo S. S.& come pastote uníoernale sì isoloetà a date quellí aíutí che icetca íI bísogno. Almeno ío non sono per conoenîoa spero che
t) Atc. Vat. F., XXVII, p.
343.
morrc.aîc maí àcll'offcio mío, et creìla cetlo V, S. cÀ'io potò bcn'a.se înfoiltmalo nella mía legatíone, ma non maí negllgente o tìmìdo h ilífendere Ia rcIígíone catolica pet la guale sono ilísposto ili ptofondete íl sangue (C-1590.1,24 c., N. t65263).
Conferenza col Mayenne
[2]-3O gen.1590]
221
A
primavera poi i principi protestanti dovevano mandare 6000 raitri e 10000 lanzichenecchi et quella mala femina d'lnghilterra aiuto di denaro. Ma quel che rendeva Ia situazione peggiore ancora era il fatto che mancavano i denari per pagare i mercenari della lega; non ricevendo il soldo questi si rifiutavano di combattere " persino di muoversi. Somme ingenti erano state spese dalla città di Parigi dall'assassinio dei Guisa in poi, ma di tutto questó denaro soli 400000 scudi erano pervenuti nelle mani del Mayenne per I'esercito, tutto il resto essendo stato rubato et díssipato per Ia lícenza dí questí tempi. Se non fosse stato per un milione in oro mandato dalla Spagna durante I'anno precedente, tutto sarebbe già andato a sfascio; ma anche questo denaro arrivava sempre con tanto ritardo, moîe iberico, che non fruttava un terzo di quel che avrebbe potuto. Frattanto gli svizzeri si erano ammutinati, proprio men-
tre il
Navarra
Situazione
frnanziaria'
si awicinava per liberare
Meulan dall'assedio e per muovere
poi
contro
Parigi. Il Mayenne aveva ofierto il proprio figliolo primogenito in ostaggio ai mercenari in garanzia della paga, ma questi DoD av€vano voluto accettare. Già in Parigi correva apertamente un battalo per accordarsi coll'eretico e, se non interveniva il papa con armi e con denari, la' causa del cattolicesimo in Francia poteva considerarsi perduta. il Caetani rimase profondamente scosso dalle parole del Mayenne e cercò di confortarlo. Gli disse subito di aver avuto commissione dal papa di assicurargli che avrebbe mandato quanto prima 20000 soldati iin appoggio della lega. Il duca fece presente la necessità che in questo esercito vi fossero almeno 2 000 cavalli, metà francesi e metà italiani, il comando de' quali Cardinale Carlo di Borbone avrebbe alettato la nobiltà ad accostarsi al(lnc. di ;Ican Patrcsson) l) I'Unione. Il cardinale sfiorò la spinosa questione del comando (che già si diceva sarebbe stato afidato al duca di Urbino), perché sapeva che il 2) Senza Mayenne non avrebbe potuto accettare di combattere in sottordine ad uno straniero. dubbio, quando si sarebbe saputo in Francia che a Roma sí toccaoa tamburro, molti cattolici awebbero abbandonato il Navarra. Il legato, riferendo questa conversazione, per vieppiù incitare il pontefice aggiungeva aver inteso dire che I'eretico, pacificato il regno, avrebbe mosso con un esercito contro Roma e provocato uno scisma. In quanto alla questione di denari il legato rimase assai perplesso: sapeva quanto era cosa delicata, anzi pericolosa, di scherzare con i denari di Sisto V; d'altra parte il duca faceva presente con prove alla mano che, se non riceveva un aiuto finanziario immediato, la guerra era perduta, e che senza di esso tra pochi giorni P*igt sarebbe caduta in mano all'eretico e nessun aiuto sarebbe piùr giunto in tempo Cosa fare davanti a tale dilemma? La decisione doveva essere immediata e riposava D B. N. P.,
Eetamps.
z) Atc. Vat. F.,
XXVll, p.
345.
Promessa
di
aiuti.
LEGAZIONE IN FRANCIA Prestito
dei 50000 ducati.
Trattato s€greto.
Relazioni
col card. Vendóme.
Lib. IIl, Cap. XXI.
del legato. Questi si trovava solo ed isolato; Ie ultime notizie ed istruzioni ricevute da Roma datavano dall'l I dicembre ed in quei 40 giorni molte novità potevano esser succedute laggiùr coll'arrivo del Lussemburgo; erano oramai passati due mesi e mezzo da quando il cardinale da Lione aveva posto al Montalto il quesito se, in caso di estrerna necessità, gli fosse consentito di spendere parte dei denari, affidatigli per la liberazione del Borbone, anche per altri scopi a favore della lega. Nessuna risposta eragli stata data. In quanto al Borbone, lo stesso Mayenne assicurava che non vi era la rninima speranza di poterlo cavare, con o senza taglia, dalla fortissima rocca ove era stato rinchiuso vicino alla Rochelle, strettamente guardata da Duplessis-Mornay, uno dei mdggíori eretici di Francia. Si trattava di decidere nell'interesse della religione e del regno ed il Caetani prese su di sè la responsabilità: sì! acconsentiva di prestare 50000 sui 100000 scudi affidatigli. Dio I'avrebbe poi aiutato a cavarsela col terribile papa ! Dopo tutto, al cardinale, tanto largo in questioni di moneta, questa somma non sembrava un gran che. Quando nei giorni seguenti si venne alla riscossione dei mandati del papa fu trovato quasi impossibile di trovare chi volesse accettarli, perché tutti i mercanti di Parigi erano senza uno scudo, avendo sepolto il loro oro in luoghi inaccessibili per timore del saccheggio. Far venire una somma così mescÀína da Lione non conveniva per I'enorme spesa che avrebbe comportato la indispensabile scorta armata. Comunque, non so dire in qual modo, alla fine questi denari si trovarono, ed il 29 gennaio il duca rilasciava regolare ricevuta de cenquante mil escus ... pour agder a Ia cause de I'union des catholiques pour Ia conseroatíon de notre Relígion.l) Solo quando ebbe questi denari in mano' osò il Mayenne fare ritorno fra i suoi soldati riottosi. Monsignor di Porzia lo accompagnò perché, pagando di sua propria mano i mercenari, non potesse sussistere dubbio alcuno che i quattrini 2) della Chiesa non fossero stati spesi bene. Mentre con questo prestito il legato assicurava, almeno per allora, la resistenza dell'esercito della lega, d'altra parte si adoperò assai energicamente a romPere il trattato di pace che, per tramite àel cardinale di Lenoncourt, si cercava di portare in efietto a Parigi. Il Navarra offriva e I'uffrcio di un'amnistia generale a tutti i nemici, prometteva al Mayenne il ducato di Borgogna di casa Guisa gran connest"bil" del regno, garantiva il pagamento di somme cospicue alle dame ri sarebbe convertito. lntermediari in queste trattative erano state le i cattolici "h" "d "rri"uruua la duchessa di Guisa madame di Nemours, di Montpensier e di Mayenne, che avevano già firmato; esausto, materialmente aveva rifrutato. ll Mayenne era contrario, ma il popolo di Parigi era talmente per i continuati successi per le privazioni, frnanziariamente per le spese di guerra e moralmente 3) sottomettendosià"1 N"uurru, che era disposto e quasi desideroso di finirla una volta tanto Il cardinal Caetani si gettò a corpo morto nell'impresa di rompere le intese, alzò violente che questi fece con tanta grida di protesta ed incaricò il Panigarola di aningare il popolo; ciò la lotta Jloqu"nr" che in pochi giorni i parigini erano di nuovo pieni di fervore per continuare ed esecravano rufnorosamente I'eretico. Tuttavia non fu cosa facile di troncare completamente le trattative di pace fra i capi dell'una e dell'altra parte e specialmente da parte delle dame. t;na terza questione di cui si occupò attivamente il legato fu quella del Vendòme; dalla il cardinale in seno all'Unione conversazione avuta col Mayenne comprese I'importanza di attirare X, suo zio, con speranza offrendogli in cambio la reggenza durante la prigionia del re Carlo tale espediente ,u"Jerrione al trono; si ricordava che Sisto V aveva considerato seriamente "lla Roma chiedendo perciò, malgrado la sua awersione personale contro il Vendòme, scrisse a interamente nelle mani
e
t) pE. 1748.
2)
Arc. Vat. F., XXX, P. 97.
s) Atc. Vat. F.,
XXVll, P. 346.
Prime azioni' del legato
[gen.-feb.1590]
223
che gli si mandassero per corriere espresso, istruzioni a riguardo afinché, convocandosi gli stati generali, come si sperava di poter fare nonostante i pericoli delle vie, egli sapesse che posizione prendere quando la questione sarebbe stata messa sul tappeto. Intanto, dopo un primo duro scambio di parole, aveva ripreso contatti col cardinale per tramite del vescovo di Chàlons. Non mancò in tale occasione di fargli presente il proprio sdegno per il suggerimento che questi gli aveva dato di rivolgersi al Navarra esortandolo perché, convertendosi al cattolicesirno, aprisse la via a tutti i francesi di riunirsi sotto un unico re cattolico. Fece rispondere che il cardinale e lo stesso Navarra si ricordassero che toccava all'ínfermo dí andarc a trooare iI oerc medíco che è íI oícarío dí Christo et chí sente ùeramente íI male et ouole guarire píange et coîre et non aspetta di essere chíamato. Dimenticandosi completamente del capitolo inserito nelle proprie istruzioni, che consigliava di prendere contatti col Navarra, il legato scriveva a Roma che iI ooler pregare e rícercaîe uno che sí tror)a armato et fatto insolente per un poco dí prosperítà, non sarebbe clemenza della Sede Apostolíca, ma oiltà. ") Queste parole furono lette da Sisto V I'undici di febbraio proprio quando, completamente convertito dalle arti diplomatiche del Lussemburgo, aveva inviato alla nobiltà seguace del Navarra e al cardinale Vendóme lettere che dimostravano tutta la sua larghezza d'animo perché si venisse ad una risoluzione che, pur salvaguardando Ia fede cattolica, aprisse la via all'unificazione del regno sotto lo scettro del Beamese; tre giorni prima aveva fatto scrivere al legato : Tarno a ficordare che guello che sí può fare con dolcezza et amoreùolezza, non si faccia con (npefità ... et, guando V. S. L habbía luogo sícuro per Ia percona suo, non rifugga d'abboccarsí non tanto col cardínale dí Vandomo et di Lenoncourt quanto con gualsíooglia altro peîsonaggio ad efetto dì aíutare Ia causa di Do ... et ríoeda Ie ístruzíoni datele (cioè di abboccarsi col Navarra). r) Perciò allorché il papa, già indisposto per la lettera di Digione del 2l dicembre, b) lesse quelle parole che parlavano di oiltà, ed allo stesso tempo ebbe la notizia che il generoso legato aveva consegnato al duca di Mayenne 50000 di quei preziosissimi scudi destinati alla liberazione del Borbone, andò in bestia. ") ll duro e violento francescano, quando si adirava, diventava terribile: le sottili labbra si serravano ancora di più e, dietro al grande uncinato naso, gli occhi luccicavano minacciosi malaugurando a chi gli si opponeva. Nei primi giorni però Sisto non fece trasparire il proprio corruccio benché tutti sentissero che c'era elettricità nell'aria. Il duca Onorato era preoccupato principalnente a causa dello sborso
V
dei 50000 scudi,
perché sapeva che questa piccola licenza presasi
dal hatello avrebbe toccato il
papa in un punto assai sensibile. Il momento era oltremodo pericoloso in quanto che dopo la venuta del Lussemburgo a Roma, Ie cose di Francia erano trattate con tanta passíone che pare che síano
le
parte de' guelfi et ghìbellíní. Onorato quindi si fece più diligente che mai nelle aule del Vaticano per sapere i fatti e sentire gli umori prima e dopo il concistoro. Molti cardinali erano in favore della Spagna e quindi approvavano I'operato del legato, come S. Marcello rcsuscítate
a)
La ùpocta fu trovata tanto bella che quelli della
la pubblicarono muo
lega
il titolo:
Rcponse aux lettrcs enoogées par Messlews les cardínaux de Vcndosme et de l*noneoutt à Monseígneur I'íil, legat Caetan; Paris, 1590 (Il. N. P., L. b. 35, n. 201). b) A questa lettera il papa aveya fatto rispoadere il I 2 . I, rimproverando il legato di aver iadugiato in viaggio e di aver duramente trattato il cardinale Vendóme; il l2.II, il Caetani replicava giustificandosi (Arc. Vat. F'., XXVII, p. 351).
r) c-1590.11 .8, N.
336E.
c) Narra il Santori (p. 193): Il papa s'andcoa mítìgando il Morosini) essendosr' tullo ooltato contrc íl card. Caetano per haoer dato lí 100 0OO (!) sandlí oI duca il'Umena ... et ín tulte le angegatíoní c con ognuno sl quetelaoa dì luí, ooleoa reoocarlo con mínacciaio d'aae punítíone dÍcendo che ea legato del cante Olíoarcs e non della Sede Apostolíca .,, fremando molto píù conba G. C. RiccadÌ con tiloll dí tadí(verso
tore e mancípío dí spagnolÍ rnesi prima I'aveva chiarnato
et
autore
il miglior
d'ognì dísotdíne. Pochi al mondol
segrelario
Scontento
di
Sisto
V.
(Da un quadro
""ì:t"r,:"',"*
Vrticana).
che ringraziava e I'Alessandrino che avrebbe anzi voluto che si fossero sborsati anche i rimanenti 50000 scudi; altri cardinali erano contrari e vedevano uno spiraglio a traverso il quale .. silurare " il collega. Comunque, tutti spiarono il volto del pontefrce quando questi entrò in concistoro il giorno 12 febbraio. Monsignor Bertinoro lesse la lettera del legato che descriveva Ia sua entrata a Parigi e, vedendo piangere S. S." al sentire la divozione del popolo parigino, vennero anche a lui le lacrime agli occhi. Poi si passò a quelle successive ma, dalle incertezze nella lettura e dalla sconnessione del senso e delle parole, tutti s'accorsero che le lettere del legato erano state ampiamentefeneshate da Sisto V. I cardinali si guardavano I'un I'altro con occhiate furtive. Il papa parlò del legato nè ín male nè ín bene, ciò che destò ammirazione perché tutti s'aspet' tavano qualche parola di lode; poi accennò ai 50000 scudi et tacgue Ie cause et non fece
'
segno
di
píacere nè
dí
díspíacere.
t)
legato, è difrcile dire se Sisto V fosse Benché certamente indisposto, anzi irato contro titubante, agitato com'era dai raggiri del Lussemburgo e dalle violente proteste dell'Olivares, oppure se,' da astuto politico, tentasse di continuare il doppio giuoco a cui si era lasciato andare
il
contraddizioni nella
Lib. IIl, Cap. XXL
LEGAZIONE IN FRANCIA
224
sua
condotta.
nel dicembre. 2) Riscontriamo contraddizzioni tra quello che diceva in pubblico e in privato: in quei giomi appunto, il pontefrce aveva fatto dire al legato per tramite del fratello Onorato che non'si mercoiglía se trattíene o ascolta íI Lussenburgo perchè Io fa per ogni caso che possd succ€ dere se Ie cose passassero male in Francía po questí della lega. Onorato osservava: < Tutto sí fa per fuggíre dí dare aíuto dí denari o di genlí et sí sta aspettando pet gíudícate Ie cose dall'eoento, et oioa chi oíncel ") 11 papa voleva che il legato gli mandasse la nota
"
al legato: Non spcro che si man' illno nè denafi nè gentt, ma cteilo che sí ooglìa teiet aperte
.) E
così
il
Peranda
r) C-1590.tI.18, N.
177519.
1) cf. pae. 204.
tulte le oíe da poterce sccomoilu (c-rr9o .il.27, N. l8Egol).
con
Ia paile che pteoalaà
Attitudine di Sisto V
[gen.-fcb.15901
225
di tutte le
abazie, dei vescovati e di altri benefizi vacanti, nonché le liste dei seguaci del Navarra che godevano di beni ecclesiastici e di quelli della lega piùr degni di essere ricompensati, perché avrebbe tolti i beneFzi ai primi e favorito i secondi. r) il 15 febbraio il Montalto scriveva al legato che il papa loda grandemente che (il legato) con la sua molta díIígenza habbta scopeúo íI traftato dí pace dei príncípalí parígíní con Naoarra, sottosuítto dalle tre ilame e awertiva che, qualora non fosse possibile di impedire tale accordo, che la legazione si ritirasse da Parigi ad Amiens per non esser presente e salvare la dignità della Sede Apostolica; poi soggiungeva: Per ímpedíre Ia pace seruasí deí mínistrÍ del rc dí Spagna et sparga col mezzo loro ogní seme di díscordía. Et a spagnolí non metta ínnanzí albo che íI loro seroitio, ma íl oerc fine sia Ia Sede Apostolica.2) D'altra parte non approvava le dure parole e maniere usate dal legato verso Vendóme; gli ordinò che per I'aúoenire Io trattí con ogní dolcezza ... per tirailo dalla banda nostra et torlo aI Naoarra come S. S.'a le comandò qua aoantí Ia sua partita et anco aIIa praenza dellí signori della congregatione dí Franeía.3) E tanto più doveva attenersi"a tale linea perché Sisto V pienamente approvava che, presentandosi il caso, potesse il Vendóme succedere al cardinal Borbone nel trono di Francia. Intanto il Lussemburgo cercava di istillare nell'animo del pontefice ogni possibile veleno contro il legato e contro Ia casa Caetani: per procurare Ia revoca del cardinale comunicava ai membri della congregazione Ie lettere del Mendoza, del Riccardi e del legato, intercettate ai corrieri di Spagna, travisandone e falsificandone il contenuto. ll Navarra stesso scriveva al Montalto per awalorare I'azione del proprio ambasciatore, ma il papa disse di difrdame. {) La stessa intimità tra il legato ed il Mendoza ^l doveva essere prova che il primo era venduto anima e corpo al re di Spagna; stanco di tanta maldicenza Sisto V rispose al Lussemburgo che aveva mandato íl cardínale come confidente del re dí Spagna et che gIí ha ordínato che di ogní cosa scríoa et día parte a Sua Maestà.5) Con tutto ciò Sisto V non poteva perdonare lo sborso dei 50000 scudi; è vero che dopo qualche mese, consentì che si cavassero da Castello perché le proprie tratte fossero onorate, ma fece awertire che il legato non spendesse più un quatdno de' denarí della Camera perchè quí non sarà fatto buono, ó) Ma poi, ripensandoci sopra, sentì tutto il dolore del salasso e cominciò a dire che avrebbe fatto pagare i 50000 scudi al cardinale magari vendendogli il camerlengato o ripagandosi con i redditi della sua badia. In quanto al concedere a Filippo I[ il titolo di protettore della Francia, cosa alla quale il legato era piir contrario dello stesso Mayenne, b) il papa fece rispondere che, se le due parti fossero state d'accordo, egli ne sarebbe stato soddisfatto. Tale era il tenore delle istruzioni e degli awisi contraddittorii che il legato ricevette in risposta alle prime sue relazioni inviate da Parigi, ed il duca Onorato giustamente commentava: Gedo che V. S. I. trooerà gran traoaglio in esseguíre questí ordini li qualt mi paíono assaí conbartí allí prími et aI fine perchè fu espedito dí qua. o) Scriveva il legato (l 590. Ill.27): Io non ho mai oísiralo (il Mendoza) ...; da me è oenuto sq6so md chíamalo íl plù ilelle oolte da quulí del consíglío dí slalo ... Facendosí Ia guena con Il danafi del rc di Spagna non è po*ibíle che non
(8. U. 8.,
i
al
de'
suoí mlníslrÍ... et se Lussetnbutgo pelendc con Spagnolî, farelh meglío a pr'.larcgno senz'altro contraslo si deoe a Naoana
tenga conlo
dÍ loglíete intellìgenza dere che 1)
íI
B. U. 8., l49l .I, p.
1492,p. 152. Domus,
ll,
29.
6) /oÍ,
150
p. l5l.
c l5l.
2) Cifta del 1590.11.16, 6) Joí,
p, 153.
1499 .1, p.202).
b) Il legato palò libermente al Meadoza della guetione del protettorato mnsigliandogli che il re v'insistesse sotto qualsiasi forma (Arc. Vat. F., )O(VII, p. 349) e in una lettera
N.
Monelto si dilungò sul pericolo che il regno potesse completa soggezione della Spagna (Iui, p. 358).
cardinale
cadere
in
19048ó.
, B. U. 8.,
1499.1, o.
154.
1)
B. U. 8.,
LEGAZIONE IN FRANCIA
226
Lib. Ill, Cap. XXI.
*
t€
d<
da casa il legato rimase quasi completamente ignaro frno alla metà di marzo, perché occorreva piìr di un mese prima che il corriere giungesse da Roma a Parigi; inoltre il Navarra aveva già dato ordine che si intercettassero tutte Ie corrispondenze del legato nell'una e nell'altra direzione; lasciava passare solo le lettere che gli facevano comodo; per di piùr le postillava a suo piacere ed a volte anco le faceva pubblicare. Le prime awisaglie delle nuvole che si andavano addessando sul cielo di Roma peryennero al Caetani per tramite dell'ambasciatore di Spagna o di altri suoi amici. Co*unqu", il legato proseguì imperterrito nelle direttive che gli sembravano dettate dall'interesse della religione e, se si scostò dalle istruzioni ricevute per quanto riguardava il Vendòme ed i contatti con il Navarra e con i seguaci di questi, lo fece credendosi autorizzato di usare
Ma di quanto succedeva nella Curia e di quanto gli
si scriveva
proprio criterio in questioni che reputava di poter meglio giudicare lui stesso sul posto, in base alla conoscenza immediata che aveva delle cose, che non i signori della congregazione e magari anche il papa, i quali erano tanto distanti e sempre in ritardo sugli eventi; era convinto "altresì che il pontefice, letti i suoi rapporti, avrebbe dopo tutto frnito per condividere il parere del proprio legato. In tutto ciò doveva rimanere amaramente disilluso ! ll 26 di gennaio il cardinale fu ricevuto nel parlamento di Parigi per presentare le proprie credenziali, ossia la bolla delle facoltà e quella della deputazione. Secondo I'antico possesso' quest'era ossia i privilegi, del parlamento, egli awebbe dovuto far ciò prima del solenne ingresso; uo" nor*" assoluta, ianto è vero che nel secolo precedente al cardinale La Balue, il quale.volle di metentrare prima di aver presentato le sue facoltà, fu rotta la croce e si era persino pensato dietro terlo in prigione. Ma, data la importanza della missione del Caetani, fu fatta una eccezione ooo awebbe esercitato le sue facoltà prima del ricevimento ufficiale. Questo fu pro-"rr" "h" giorno 24, ma sorsero alcune difficoltà perché, per la solita boria francese, la Àrruto per il pr"rid"nr" non ool"o" dare al legato il posto che conveniva nè addobbare onorevolmente I'aula, ,ugion" per cui il legato si rifrutò di recarsi al parlamento finché non gli fosse data-soddisfazione. Finul*"it", due giorni dopo, appianata ogni cosa, il cardinale si mosse in pompa magna, scarlatta, preceduto cavalcando la mula ornata di frnimenti di velluto nero ed oro, con gualdrappa messa dalla croce e dalla valigia pontificia e seguìto da tutti i prelati. Era suo intendimento di dire del palazzo, prima di presentarsi all'assemblea, a situata nella Sainte-Chapelle, "ll;ingroro "tr"ma fu pregato ài o*"t,"r" Ia sacra funzione, dato che i deputati stavano già al loro posto gigli di Francia; in aspettanàolo. La grande aula quadrata era tutta tappezzatadi celeste con i un ungolo il trono coperto di velluto, e tutto intorno sugli alti scanni i deputati in toga. Nei piccoli
il
Ricevimento
del legato in Parlamento.
palchi di legno un gruppo di dame in toilettes smaglianti' Non potendo valersi del trono riservato unicamente al re di Francia, il legato si sedette n"llo ,p"zio libero al centro dell'aula in una poltrona coperta di drappi di seta, ed alla sua la destra il numeroso seguito in ordine di anzianità. Da ciò i maligni presero a raccontare gentilstoriella che, avendo ioluto il legato sedersi sul trono, il presidente Brisson lo prendesse perfettamente falso mente per mano e Io facesse sedere in un luogo piìr basso di lui; ciò che è perché il Brisson, forse appunto per gli screzi awenuti, non era nePPure presente al ricevimento; r) ài futti quando il legato ebbe pronunziata la sua orazione, gli rispose con un lungo sermone
1) Teto in
C-1590.I.29' N.
2887ó.
In Parlamento
[gen.-fcb. 1590]
227
secondo presidente gui locum primi presidentis tenet pro eius absentia.t) Furono 2) presentate e registrate le bolle, come risulta dalle annotazioni scritte a tergo. Durante la seduta si diede comunicazione di un editto emanato dall'altro consesso, dal ., pseudo-parlamento > navarrista di Tours, il quale dichiarava che, avendo inteso della venuta di un certo legato Caetani (discendente di Bonifacio VIII, nemico dei re di Francia, creatura della Spagna etc.), entrato nel regno senza il placet regio, protestava nulla ogni cosa che avrebbe 3) compiuto se prima non avesse presentato le sue credenziali al parlamento di Tours. ll 20 febbraio
latino
il
veniva cassato solennemente I'editto. Nel mese e mezzo che seguì I'arrivo a Parigi, in attesa di precise istruzioni da Roma, il legato si adoperò a rianimare i parigini, già stanchi delle privazioni e del lungo guerreggiare ed in ciò lo servì ammirevolmente il Panigarola che, con la sua calda e fervente parola, riuscì in breve tempo a riaccendere nel popolo I'odio contro I'eretico e la determinazione di difendere la religione sino all'ultima goccia di sangue. ") Il trattato di pace fu sventato completamente. Il Caetani, già alquanto dubitando che Sisto V avrebbe mantenuto le sue promesse di aiuti di genti e di denari, appoggiava le maggiori speranze nella Spagna e, d'accordo con I'ambasciatore don Bernardino de Mendoza, sollecitava di continuo il duca di Parma perché inviasse soccorsi al Mayenne. Non mancarono le promesse, ma tra il dire ed il fare correva sempre quella tardità esasperante che caratterizzavatutte le cose di Spagna. Finalmente si ebbe sicurezza che il Farnese avrebbe mandato mille uomini d'arme sotto la guida di Pietro Caetani ma, purtroppo, non già la cavalleria leggiera, da questo comandata, che era il fror dell'esercito delle a) Ai primi di marzo il nipote del legato Fiandre e stava di guardia alla frontiera orientale. consegnava al duca di Mayenne i rinforzi afidatigli e faceva ritorno al suo posto. Tutto si preparava per una grande battaglia e, per sempre più accendere il fervore degli animi, il Caetani volle che si compiesse una maestosa cerimonia : I'undici di marzo, nella chiesa degli agostiniani, dopo una solenne processione, alla quale presero parte le autorità, I'ambasciatore di Spagna, i prelati della legazione, i membri del parlamento ed i principali cittadini di Parigi, tutti giurarono sul Vangelo, davanti al legato, seduto ín pontíficalióus sopra un trono, di voler
vivere e morire nella Santa Unione e per Carlo
Attività del legato.
X, re di Francia. b)
*** Non v'è dubbio alcuno che I'incessante attività, il fervore e I'autorità del cardinale Caetani, dal giorno che entrò in Parigi, ebbero un'azione decisiva sul corso degli eventi: se non fosse stato per I'aiuto frnanziario e morale che portò al duca di Mayenne e per la ferma speranza che istillò nel cuore dei parigini di un prossimo aiuto da parte della Spagna e della Chiesa, certamente entro il mese di febbraio il Mayenne avrebbe dovuto ritirarsi o capitolare e la città di Parigi si sarebbe arresa al Navarra. Questi in breve si sarebbe reso padrone di tutto il regno. Sarebbe stato ciò un bene o un male? Al punto di vista della Santa Religione Cattolica ù Cí Trc preìlíche dÍ Mons- Reo' Panigarola,
oescooo
PostíIlate dal rco' Isadoro Rota' d'Astt, fatte Asti (e poi Bologna), 1592. ll Panigarola (1548-1594)' delI'ordine dei Frati Minori, ne aveYa presieduto il capitolo generale in Parigi nel 1579; fu nominato vercovo di Ferrara nel
ila luî ín PadgL
1586 e I'anno seguente di Asti.
Ct. Boaltei,
Di lui 5i f,"nne varie
Serie cron. stor. dei vescovi
t) Alsleone. \
Pre' ?O6l c
opere'
d'Asti (Asti' lE07)'
3072.
3)
Manft" p' ?9'
b) Nous íurons ... a Dieu Ie Pere, Createur du CteI ... el mourÎt pow Ia consefiatíon ... de notrc rc' lígîon Catholíque et de ne soufrír ng enduter íamals aucune domìnalîon il'herctícgue... et emploger toules nos fotces -.. a I'extírpatíon d* heralu, a Ia rugne el extetmínatíon de Henrg ile Bowbon ptetenilu rog de Naoarre manífestement rclaps et excommuníé etc. (C - I 590 . III . 12, N. I E999). d.e ooulofu tíore
a)
Atc. Vot. F., XXX, p. 87.
Analisi storica'
LEGAZIONE IN FRANCIA
228
Lib.
lll,
Cap. XXI.
i
convincimenti del Caetani, ciò sarebbe stato un'ignominia, un'offesa a Do, una umiliazione per Ia Santa Sede. AI punto di vista pratico, come possiamo giudicare noi da quanto accadde negli anni successivi, sarebbe forse stato un bene: gli eventi avrebbero avuto un corso piùr rapido conducendo ai medesimi risultati finali, con minor strazié della Francia e minore
e
secondo
inasprimento d'animi.
La politica che seguiva Sisto V era pratica ed utilitaria piuttosto che ispirata alla pura fede: in ímo pectore egli desiderava che vincesse la lega e che I'eretico fosse disfatto, ed in questo senso agì e diede le sue istruzioni al legato fin tanto che sperò che la cosa fosse possibile; ma d'altra parte era del parere che la Chiesa non doveva, comunque, nell'interesse
Diplomazia
del Caetani.
della fede, imbarcarsi in un'impresa se non quando materialmente sicura del successo. Il dichiararsi apertamente per una parte e poi subire un umiliante scacco sarebbe stato rovinare il suo prestigio e avrebbe potuto condurre a gravi conseguenze, fors'anche ad uno scisma. Perciò Sisto V cercò sottomano e per vie indirette di fare tutto il possibile perché trionfasse la lega, rna non voleva compromettersi irrimediabilmente; voleva che rimanesse sempre libera Ia via per accordarsi col Navarra (a condizione che si fosse convertito al cattolicesimo), qualora fosse riuscito vittorioso sul Mayenne. Era la politica di stare in attesa di chi vincerà, con sincero desiderio che trioirfasse piuttosto I'una parte che I'altra. Se il cardinale Caetani avesse avuto più accorgimento diplomatico e non fosse stato accecato da un nobile ardore religioso, che fu tacciato di fanatismo, avrebbe dovuto assumere un atteggiamento piùr neutrale protestando di esser stato mandato in Francia come ( angelo della pace " e non già come giudice. L'ospitalità offertagli dal duca di Nevers gli diede la possibilità di prendere tale posizione sin dal primo ingresso nel regno, ma il legato non seppe valersene. L'andata a Parigi, ordinatagli dal papa, avrebbe potuto esser stata mitigata da conferenze tenute con i pa*igiani del Navarra in città neutre. Ma il legato commise I'errore d'interpretare come un ordine e come esplicita volontà del papa il desiderio di questo di veder trionfare la lega; non si rese conto a pieno che il Vaticano, non meno degli altri governi, a volte si trovava costretto a seguire vie consigliate dall'opportunità politica; egli interpretò ad litteram le istruzioni scritte e quelle confidenziali, dirette ed indirette che in un primo tempo gli erano state date ad abundantíam, e non fu abbastanza furbo per attenersi alla vecchia massima militare e diplomatica: ., Ricevuto I'ordine, aspettare il contrordine 'r. Era troppo giovane forse per aver già appreso che un abile ambasciatore, aperta una porta, non la sbatte dietro di sè, ma la lascia socchiusa.
Il
cardinale Enrico, come tutti quelli della sua Casa, era tagliato tutto d'un pezzo; la sua natura gioviale e Ia sua bonarietà non mitigavano la inflessibilità delle proprie convinzioni. Inoltre egli voleva crearsi una fama, una << piattaforma elettorale >), come si direbbe oggi, perché nell'animo suo e dei congiunti non era esclusa I'idea che un giomo non dovesse regnare un altro papa Caetani. Per questo motivo Ia famiglia non esitò nello spendere somme ingenti per acquistare titoli, onori e prestigio; Ie molteplici condotte, nunziature e legazioni che costarono mezzo milione di scudi e rovinarono Ia Casa, dovevano servire di gradini per condurre uno dei suoi membri al sommo trono. Con I'arrivo a Parigi ebbe inizio Ia divergenza tra la condotta del legato e la volontà del papa; durante i primi due mesi il Caetani era sinceramente convinto di bene interpretare I'animo di Sisto V salvando la lega dalla rovina; anzi si credette autorizzato, in mancanza di istruzioni sussidiarie e per il ritardo nelle risposte ai quesiti posti a Roma, di agire di propria iniziativa a seconda le necessità del momento. Quando finalmente gli giunsero notizie piìr precise sulla mutata
[gen..nar.
159O]
Analisi
storica
politica del pontefice, egli si trovava già irrimediabilmente compromesso e nella quasi impossibilità di muiare di atteggiamento. Perciò chiese di esser richiamato e, non venendogli ciò concesso, perseverò nella politica seguìta fino allora, sperando che il corso degli eventi gli avrebbe finalmente dato ragione. Mise tutta la propria fortuna sopra una sola carta. u) Il legato fu accusato di appartenere anima e corpo al re di Spagna: palese ed innegabile era la devozione sua e della Casa verso Filippo II, ma mai, neanche per un solo atto, si può tacciarlo d'aver subordinato gli interessi della Chiesa a quelli del re. La lettera che questi gli mandò dal Pardo, sotto scusa di congratularsi della nomina a legato, sottilmente facendogli intendere che non avrebbe lesinato onori e ricompense per quanto avrebbe fatto a favore della corona spagnola, b) deve aver dato piir disgusto che piacere al cardinale. Quanto poco profitto la famiglia traesse durante e dopo la legazione è ricordato in un memoriale al re, scritto 25 anni piùr tardi, r) inteso ad ottenere almeno il grandato di Spagna per il duca Francesco Caetani, in ricompensa degli incessanti servizi prestati e delle enormi spese e dei sacrifrzi sofferti dalla Casa. Il Navarra e gli altri nemici cercarono di demolire la figura morale del legato con ogni possibile accusa, col ridicolo e con la calunnia. Richiamarono I'attenzione del papa sulla intimità, forse troppo ostentata in pubblico, del cardinale col Mendoza. Ogni parola di cortesia riscontrata nelle lettere intercettate, che correvano tra Parigi e Madrid, fu pubblicata come prova irrefutabile di servitù venduta a contanti. Ed un giorno fu rivelata trionfalmente una lettera del cardinale a Filippo II nella quale faceva a favore di Fabio Riccardi, fratello del proprio segretario, una di quelle tante raccomandazioni ") che furono la piaga delle cancellerie sovrane del XVI secolo come sono quella dei ministeri odierni. Così di rimando i sedici " " di Parigi pubblicarono una lettera compromettente di Enrico IV alla regina d'lnghilterra, di cui diremo appresso. L'acerbità degli animi si manifestava per tramite di un vero sciame di foglietti di propaganda e di libelli dilfamatorii. L'una e I'altra parte non perdevano occasione per dare alle stampe, sotto forma di opuscoli di piccolo formato e di poche pagine, gli editti, i discorsi, le lettere intercettate etc. che potessero giovare alla propria causa o nuocere al buon nome del nemico. Che i documenti fossero veri o falsi aveva poca importanza. La Biblioth\ue Nationale di Parigi ne possiede una ricca collezione. 2) Non mancarono le satire e le caricature: ricorda il Sighicelli 3) che un píttore messe fuort una pittuîa ooe era una carîoccía entrooí íI duca d'Umena e íI legato, amenduí grandí e grossi.' la carroccía era guidata dall'Ambascíatore di Spagna ch'è orbo et perchè era andato nel fango, lo spíngeoano Madama dt Montpensierc e íI padre Fogliano, ambdue zoppí e del consíglío secreto. à) Tutto questo lavoro di denigrazione in aggiunta all'opera del Lussemburgo, dei veneziani e degli altri nemici della Spagna, aveva completamente voltato I'animo di Sisto. Egli era già indisposto verso il legato per tre fatti fondamentali: Primo, perché il Caetani, non contento di spendere i denari affidatigli, reclamava incessantemente e ad alta voce che il papa ne attingesse altri nelle belle casseforti rigurgitanti di Castel S. Angelo; nessuna voce poteva essere più dissonante alle orecchie del Santo Padre perché, come il cardinale Santori gli disse francamente: .) Qualche mese più tardi il duca Onorato scriveva al fratello: Se Patígt sl saloa (dall'as.edio) et Ie cose della lega passano bene, V. S. L haoetà semílo a Dío .,, et non Ie può mancate íI suo mefito. Quà Ie ase sí gíudícatn ab eventu
la quenta s memofia que es Íazon (C - I 589 J(I .6, N. I 18793). c) Qu*ta pratica per il Riccardi si trascinò per oltre quattro mni prima che gli fce conelsa la impetrala u piazza t nel R. Consilio di Napoli (C-1594.X-24, N. 133950). t) ... mostmmo eile medaglíe trcoate oúe eta íI papa
(c- r590.ut.28, N.
t93030). b) ... g de Ia ooluntadque meoftesggl(amuaicando al re la propria nomina) e stog cíerto g lerne con ella g oestra persona g casa r) C-
lól5.VI. N. 15808.
:) Cf. B. N. P., L. b.
35,
n.
che oolto
alla iossa paîea un díaoolo et dall'altra Ia testa tÍoersa faceoa lesta dí un bufone.
del legato, che oolta alla 195
zl
213.
3) Monf., p. 53.
Sisto V coatro it hgato.
LEGAZIONE IN FRANCIA
230
Lib. IIl, Cap. XXI.
male oenioa dalla streltezza di Iuí perché era risoluto di non ooler spender iI denaro congregato, dícendo che Ii spagnoli non cammínat)ano dí bon gambe nelle cose di Francía e che solamente andaoano a caccía degli denari ch'erano ín Castello e ch'esso gli cognosceoa molto bene. Secondo, perché dichiarandosi apertamente fautore della lega, aoeoa rotto iI pfincipío delle cose, quale con delícatezza et símulatíone prudente si dooeoa trattare. l) Terzo, perché protestando di voler morire piuttosto di compiere qualsiasi atto che potesse sembrare un umiliarsi davanti all'eretico, faceva quasi apparire allo stuolo dei cattolici esser lui il vero difensore della fede ed il papa un partigiano degli ugonotti. u) Infatti non tardò a correre tale voce quando si videro mancare i soccorsi promessi e Sisto V u flirtare " col Lussemburgo e trattare il Navarra con i guanti bianchi; tanto è vero che qualche mese piìr tardi, a Madrid, un gesuita osò salire sul pulpito e, davanti alla congregazione degli attoniti fedeli, scagliare I'accusa apertamente contro il pontefice. Prima della fine di febbraio il legato, benché non avesse ancora ricevuto parola diretta da Roma, ebbe sentore di quanto è detto sopra e del grave corruccio del papa; comprese che, nonostante I'insistenza usata nel consigliare in ogni sua lettera perché il pontefrce agisse .con man forte contro il Navarra, non riusciva menomamente a persuaderlo d'intervenire con le armi materiali e spirituali; si rese conto inoltre che per iscritto era impossibile di illuminare per intero la mente del pontefice e che alle insinuazioni istillate a viva voce dai nemici era necessario di oppone la persuasione fatta per bocca di un membro della legazione. Perció decise di mandare suo fratello Camillo, patriarca d'Alessandria, a Rorna.
Tutto
íI
* *{<
Missione del
patr.
Camillo
a Roma.
Per la missione del patriarca il segretario Giulio Cesare Riccardi preparò u^ memorandum 2) contenente in stile u telegiafico ,, la sostanza della situazione politica e personale del cardinale. 3) altro di nuovo se euesti poi dettò Ie istruzioni vere e proprie, nelle quali non troviamo non I'insistenza sul fatto che gli spagnoli erano odiati dai francesi per il sospetto delle loro mire sulla Francia. Osservava il legato che per superare tali sospetti ed allo stesso tempo non perdere I'afuto della Spagna (che era stato, flno ad ora, I'unica difesa contro il Navana), che il papa promovesse una lega tra Chiesa, Spagna ed i maggiori principi cattolici, "onu"niu" la quale avesse pl, ,"opo di combattere in generale il movimento riformista in Europa. In questo *ojo ,ur"bbesi quietato ad un tempo il sospetto dei francesi contro I'intervento della Spagna, si sarebbero sventate le mire di questa sulla Francia e creata un'arma effrcace contro I'eresia. Infine il Caetani riassumeva le istruzioni con le seguenti parole z Insomma Ia co'rcIusione dr tutto íI negotiato (del patriar ca) deoe essere che S. S.'a mandi aiuti et presto ; soccorra dí S.'à sí rísoloa denarí finché I'aiuto delle genti non oenghi [etl, non oolendo mandarc, cÀe S. di reoocarmi poíché non posso far frutto nissuno et che restareí prígione dí Naoana; dichíarare dí non t)oler accettare maí peî îe Naoarra et questo Io dtchiari aIIi popolt; ... et che ín somma Ie cose sono riilotte in tal stato che bisogna oenire a dichiararsí et con armí spitítualí et temporali, non essendo possibíIe peî oía di negotio di far cosa níssunalamenfò molto 5.S.'à (con Matteo Brumano) del legato i!ícenilo che ... ha ruínalo Ia Ftancía et "' hota ha idotlo ilícono che faoorísce heretlcl, cosa indegna d'un I" a)
Sí
Iegato..,, ma fotse oena occasíone ch'egll solo se ne pentlrà (Pastot,
"o"" "h"
1) Relaziooe Brumano
N.
28E77.
ir
Pastor,
X, p'
617'
D C.1590.tl, N.
190201
X, p. 6lE).
; C-l590.lll .l c', N. 18993.
) C-l590.lll .l c"
Missione del patriarca Camillo
[mar. 1590]
231
E poi, come buon conoscitore dell'animo del pontefice, aggiungeva il fraterno e saggio consiglio: Ne/ trattar con S. S.'à, V. S. atsoeúbà d'ìnsístere nelle ragíoni che stríngono et, se oedrà che nelle cose che ímpoilano íntenda albímenti di quello che è tI nostro desiderio, V. S. non si curera di oolerlo persuadere ín quell'hara, perché íl papa è príncipe che non ouol esser superato can raggíone, ma díferendo ad altro tempo polrà force far colpo con maggìor sua laude. Fu deciso che, strada facendo, il patriarca Camillo si abboccasse col duca di Nevers ed a tal fine il legato gli dava una lettera, raccomandandolo come la più cara et Ia píù congíonta persona che habbía aI mondo. I) Il 3 di marzo il giovane prelato partiva per I'awenturoso viaggio, ben sapendo che, se cadeva nelle mani del nemico, sarebbe diventato bersaglio di tutto I'odio che il Navarra nutriva per il fratello e che questi gli contraccambiava ad usura. Il Salvato, gentiluomo del Nevers, gli aveva consigliato di arrischiarsi incognito a traverso la campagna battuta da truppe dell'una e dell'altra fazione, ma Camillo stimò meglio di assicurarsi buona scorta da parte del duca di Mayenne; non appena messo i piedi fuori di Parigi, s'imbattè nella compagnia di alcuni ugonotti che suonarono la tromba della sua t)enuta per tutte le sinagoghe col risultato che, giunto a Montargis, si trovò sbarrata Ia via. Intanto la promessa scorta non si faceva vedere ! Impaziente di giungere a destinazione, il patriarca pensò di girare gli ostacoli passando per Sens e Auxerre: fu un viaggio emozionante, pieno di pericoli, durante il quale sentì più volte fischiare le palle di archibugio e dovette galoppare per non cadere in mano al nemico. Finalmente, come Dio volle, giunse salvo a Nevers avendo impiegato dieci giorni per un tragitto che normalmente ne richiedeva tre. Discorrendo col duca, Camillo gli espose gli scopi della legazione e della propria missione a Roma e fece di tutto per scancellare Ia cattiva impressione che aveva fatto il rifiuto del cardinale di incontrarsi con lui. Il Nevers, benché neutrale, era tutto a favore del Navarra, di cui ammirava la bella figura di eroico condottiere, e persino era del parere che dovesse esser riconosciuto re di Francia, anche se finto cattolíco, purché facesse la professione di fede; offerse di agire personalmente da intermediario per ridurlo a buone ragioni: proposta che il patriarca accettò a condizione però che non sembrasse in alcun modo che I'iniziativa veniva da parte del legato. Anche il duca insistette perché non trasparissero le segrete intelligenze tra lui e la legazione ed anzi temeva che Ia presenza di Camillo alla sua corte potesse metterlo in sospetto presso il Navarra. Intanto, per avviare il negozio, scrisse subito una lettera al cardinale di Vendóme. 2) Per incoraggiare il duca a promuovere questi contatti tanto desiderati dal pontefice, ma che il cardinale Enrico aveva finora acerbamente schivato, il patriarca lo informò dell'attivo interessamento preso dal fratello per la liberazione di madame de Longueville, figliola del duca, assicurandogli che sarebbe stata tolta dalla rocca di Amiens, ove trovavasi imprigionata, e condotta a Parigi in casa della duchessa di Guisa; questa aveva dichiarato di volerla trattare più da figliola che da nipote, in attesa che il marito, il duca di Longueville, ottenesse in cambio dal Navarra Ia liberazione del giovane Guisa. 3) Avendo compiuto così, senza eccessivo entusiasmo, un atto ossequiente alla volontà del pontefice, il patriarca si congedò dal duca di Nevers, ma non poté fare a meno di lasciar trasparire il suo animo nell'ultina raccomandazicne che fu, trattando col Navarra, di non dargli il titolo di re di Francia..) ") L'epilogo delle trattative col
scambio epistolare,
t) B. Il.8.,
I'undici maggio
1499,1, p.
ló3.
il
fu che, dopo uno legato gli srisse uaa du-
Nevers
')
C- 1590.II1.20, N. 172914.
rissima lettera diceodo che non era colpa propria ma del duca
di
Loagueville sc 3)
la
moglie
di lui non
Atc. Var. F., XXX, p.
127.
era ancora
in liberta;
Abboccamento
col
di
duca
Nevers.
LEGAZIONE IN FRANCIA
232
Lib. III, Cap. XXI-
*--4=-..@Àrc,s:-.:&r3$iq*
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;4==---H -".è.€
W:".= .q. -r-
{ Rì= *'-* ---" Battaglia
Battaglia
di
lvry.
di lvry. l)
Dopo un rapidissimo viaggio, prima che spirasse il mese, Camillo giungeva in Roma preceduto di poco dall'awiso della disastrosa battaglia di Ivry : il 14 marzo il duca di Mayennp, dopo aver perduto 40 città e piazzeforti in sei mesi, reso ardito dai soccorsi inviatigli dalla Fiandra e per non procrastinare oltre I'azione decisiva contro il Navarra, diventata indispensabile per rialzare le sorti ed il prestigio della lega, dava battaglia. Il valoroso ed abile Navarra, benché avesse forze assai minori, accettò la sfida. Nel piìr fitto della mischia, nei momenti di maggior pericolo si vedeva sventolare la bianca panache del sovrano ed intorno ad essa con patriotico ardore si stringeva il fiore della nobiltà francese. L'efficace uso della artiglieria e principalmente
Situazione
in
Roma.
I'impeto delle lance francesi sbaragliò in un'ora i mercenari del Mayenne; i francesi furono risparmiati, gli svizzeri si arresero, ma degli altri forestieri fu fatta strage. a) Non poteva il patriarca arrivare in Roma con peggior compagnia che con la notizia di questa sconfitta che segna il definitivo declinare della lega. Il papa, che da tanto tempo stava in attesa di tseder chi oínce, cominciò a vedere chiaro. Aggiungasi che da un mese era scoppiato il violento conflitto tra Sisto V e I'ambasciatore di Spagna, Olivares: questi il 24 febbraio 'aveva comunicato al papa che Filippo II accettava in pieno Ia proposta di alleanza fattagli in dicembre ed era pronto a mandare un poderoso esercito in Francia; chiedeva Ia ratifica del pontefice. Sisto V non volle firmare, motivo per il quale I'ambasciatore prese un'attitudine imperiosa e quasi insolente, dichiarando apertamente di à Ia guene cotnme à la guene!
Se
il dua di
Nevers si
fre
ai difensori della fede e non avesse trattato tarto anorevolmente con gli eretici, tutto srebbe andato in modo diferente (B, lJ. 8., 1499.1, p.245). lJn mece dopo (12. giu.), il Nevm scriveva ad un suo parente che aveva decip fra tre settimane di entrare a servizio del Navarra e amaramentc si lagnava che nè il papa nè il legato avesseroottenutoquantoavevanoPromeso(C-1590.VI.12, accostato
1) Stampa ccva
i B. N. P.' Estanpa,
N.
183183).
Lo steso
giorno scriveva al patriarca Camillo che
era rimasto malÌssímo sodÍsfalto e che avrebbe provveduto
ai
casi
propri (/oi). Da tutto ciò nacgue molto malanimo tra il Nevers sd i Qssreni; nd 1594 fustahpatoun . discorso o infrancese sulla misione del Nevm a Roma, nel quale il patriarca Camillo era violentemente attaccato (C- 1594.XI.3, N. 130625). a) Per relazione del legato sulla battaglia di lvry, vedi C-1590.111.15, N. 182956.
[apr. 1590]
Missione del pahiarca Camillo
233
voler presentare una protesta ufficiale tacciante il ponteÉce di aver mancato ai suoi solenni impegni; questi si rivolse minaccioso contro I'ambasciatore ed il re, pronto a ricorrere all'arrna della scomunica. Il giorno prima che il patriarca giungesse in Roma, Sisto V si era lagnato apertamente in seno alla congregazione generale dell'opera del legato e ne aveva proposta la revoca; si oppose a ciò il collegio dei cardinali, la maggioranza dei quali era fautrice di Spagna ed approvava la condotta del Caetani. l) Tali erano lo stato delle cose e I'animo del pontefice quando, il giorno stesso dell'arrivo, Camillo Caetani si presentò davanti al corrucciato sovrano; tre altre udienze egli ebbe in rapida successione per sentirsi ogni volta ripetere aspre parole contro il legato per i famigerati 50000 scudi, per la durezza usata verso il Vendòme, per aver tardato nel convocare i vescovi a Parigi ed in generale per la marcata parzialità dimostrata nel suo operare. Dopo aver usato invano tutte le armi della persuasione, il patriarca supplicò il pontefice di pronunziarsi sull'altemativa sottomessagli dal fratello, cioè: o di mandare aiuti di denari e genti o di permettere al legato di tornarsene a Roma. Il papa rispose che denari non ne avrebbe certamente dati; che per decidere sull'intervento armato aspettava ulteriori awisi; in quanto al richiamo evitò di pronunziarsi perché, seppure da lui desiderato, non voleva agire contro il parere del Sacro Collegio. Però, da quella Pasqua in poi, considerò il Caetani decaduto dalla sua missione, ordinò che non si rispondesse piìr alle sue lettere e che non gli si pagasse più I'assegno mensile; inoltre ordinò alla succursale del banco Capponi in Lione di non pagare piir i rimanenti 50 000 scudi del credito 2) aperto al legato, e di ciò non si curò neppure di awisare quest'ultimo. Davanti a tanta Íermezza e durezza, il patriarca ebbe agio di riflettere sulla ostinazione del legato che da cinque mesi andava ripetendo in tutte le sue lettere le stesse cose al papa, martellandole con spietata insistenza; e perciò rivolse al fratello (non so dire se apposta o per caso) quel medesimo consiglio che questi gli aveva dato alla partenza da Parigi z V. S, I. sa, glí scriveva, che con lí príncipí massíme con questo col quale haoema tanto oblígo, non bísogna contendere ma, haoendo dette modestamente Ie sue ragíoní, far che Ia oerìtà si scuopra col tempo. Ad ogni buon conto, aggiungeva che avesse molta cura di custodire le carte della legazione in modo da poter un giorno giustifrcarsi con esse. Finiti erano i tempi in rcui casa Caetani credeva che la legazione di Enrico I'awebbe sublimata ! Sino a tanto che sarebbe stato in vita Sisto V, la famiglia non poteva più sperare grazie dalla Chiesa e piuttosto c'era da domandarsi quale azione avrebbe seguìto il papa contro Enrico il giorno che fosse tornato in ltalia; si vociferava che sarebbe stato messo sotto processo. Ma non erano questi i soli guai della Casa: essa si trovava già in piena rovina finanziaria. L'enorme onere che la legazione portava con sé era stato previsto sin dal primo giorno, ma si sperava che in qualche modo la Chiesa avrebbe cercato di risarcirlo almeno in parte. ') I primi denari si procurarono ipotecando la futura produzione di grano dell'abazia di S. Leonardo in Puglia, ciò che fu fatto rapidamente per interessamento del governo spagnolo e col consenso del papa. b) I debut crescendo ín ínfiníto, si presero da compagníe d'uffcio a) Nel genuaio 1590 il duca Onorato si raccomandava che si tenesse esatta contabilità delle speae perché potría essere cÀe N. S. Dio íspír".rà S. S.'à a y',cotdarci di noí el non per metterà che una Casa oada în ruína Ft setoirc la Seile Apostolica (C-1590.1 .23, N. 183188). Si noti che durante la legazione
il
camerlengato
fu
alÉdato
al andinde Giurtiniaal il
perdite (Cf. Per., 9. 156, 196, 231). b) (C - I 589 . Xt .3, N. I 34692 ;, I 590. II . I 3, N. 62629). Sei anni più tardi tale ipoteca (o tratta) non era slata anco6 interamente scanellata, ed il duca Pietro chiedcva al viceré di Sicilia di poter .lilaionarc per ur altr'anno la consegna della rimaoenza
di
150 carri di grano (C- 1596.VIII .23,N. 174964r.
guale però amministrò I'u6cio tanto male chc gravi furono le
r) C- 1590.IV.4, N. 172915; Domus,
ll,
30.
Pastot,
X, p. 264.
D C. t590.V. t5. N. 91027.
Udienre
on
Sisto
V.
Rovina finanziaria della Casa.
LEGAZIONE IN FRANCIA
234
Lib. IIL Cap. XXL
ló000 scudi in mutuo.r) Ma ciò era lungi dal bastare perché, appena giunti in Francia, le spese crebbero a tal punto che il maestro di casa, Pietro Americi, scriveva al contabile Stellino: Lí denarí oolano et me se arríccìano Ii capellt et íI magnare è iI mancol 2) Pochi giorni dopo i debiti erano già a 20000 scudi. Quando diventò piùr difficile trovare credito presso Ie banche, si vendette per 13000 scudi la villa che il cardinale di Sermoneta si era fatto presso S. Susanna.3) A gennaio i debiti passati e presenti erano cresciuti a tal punto che il duca Onorato, col cuore straziato, scriveva al legato: .f/el resto Ia Casa sta ín termíni che non sí può speîare solleoazione, Ee non che nostro Sígnore Dto Io faccìa miracolosamente, e bisognerà per necessità risoh)ersi, o oenderc una parte dello stato, aoùero I'ffi2ío del Camerlengato, che It debUt gtà arríoano aIIiSOOOO|,e semonel príncipío: nèbisogna speîaîenèfarconto, se nonnelnostro. L'intercssí arfioano a 22 000 scudi ... non sí trooano più denafi a píglíare a censo, nè a compagnía d'ffizio ed oru tuttí si pigliano a cambío e ficambío, e aIIa fine dubtto ínfinítamente 4) che Ia memofia che lassaremo di noi sarà di a.oq annichíIata Ia Casa nostra. Con tutto ciò il cardinale Enrico non volle mai chiedere al papa neanche un minimo aiuto finanziario e, quando il duca suo fratello si azzardò a dire una parola all'amico cardinale 5) Si contentò, come scrivevano quelli di casa, Montalto, am4ramente si lagnò di tale debolezza. dí mettersi ín testa una cofona dí gloría et ín questo mondo et nell'altro. gli Qualche mese più tardi il legato si risolveva, dietro consiglio del fratello, a far battere 7) con le parole: ... fu argenti che aveva portato seco.6) ll fatto è ricordato dal Pigaíetta pretíosi oaselli della sua mensa che costretto pet ùíoeîe et soùleníre a bísognosi di fondere lí erano moltí et ricchí et di laooro fine et antichi, già molti secoli da suoi predecessori lascíati in casa ; et fotmarne testoni et albe monete. Gran parte di questo denaro fu speso per soccorîere i poveri di Parigi che morivano di fame durante I'assedio. Di tutto ciò si compiacevano gli invidiosi ed i nemici; si racconta che quando il Navarra lesse, in una delle lettere intercettate, s) notizie relative alla debacle finanziaria se n'erano risì assaí et fattele publicare. E non è da credersi che i Caetani traessero ricompense o ne supplicassero alla corona di Spagna: ad eccezione di un posto nel Consiglio di Napoli chiesto per Fabio Riccardi e di una e) non raccomandazione generica e vaga, fatta assai a contraccuore, a pro del nipote Pietro, ho trovato nè nel nostro archivio nè in quello Vaticano o di Bologna un solo documento che accenni a favori chiesti o ricevuti dal re di Spagna. Con tutto ciò i navarristi si adoperavano per far intendere a Sisto V che il legato condivideva la politica di Filippo II perché a lui venduto anima e corpo, benché non avessero altra prova che la innocente lettera scritta per
il
Lettera
di Enrico IV ad Elisabetta.
Riccardi. ro) La legazione in Francia segnò Ia rovina finanziaria dei Caetani, alla quale Filippo II non cercò di dare riparo nè durante nè dopo la legazione. Il disastro fu così esteso e profondo che la Casa stentò pitr di tre secoli per districarsi dai debid contratti nell'interesse della Santa Sede. Il cardinale Enrico ebbe un'ultima speranza di convincere il pontefice delle proprie buone ragioni, adducendo I'argomento prínceps che il Navarra non aveva alcuna intenzione di farsi cattolico, quando gli fu consegnata copia di una lettera scritta da Enrico lV alla regina d'lnghilterra, in data 15 marzo, dal campo di tvry. In questa lettera, intercettata presso Rouen da un certo capitano Vallage al capitano Riqueville, il re annunziava ad Elisabetta Ia vittoria 1)C-t589.XI.10,N. 147S74,
,)C-l569.XI .30,N. 10256.
C-t590.1.t2,N.8ó726(nqtilo). s)8. IJ.B., 1499.1,p. 127. e1 B. U. 8., 1499 .1, p. 2?5I C ' 1590 . VI . 29, N. 162843.
9C-1590.!L9,N. 1374.
9C-15S9.V. ló,N.
ló9ó.
a)Con'L.O.,p.22Et
Dp.46.
\11[anf.,p.56'
Disastro finanziario
[158e.r5e01
strepitosa riportata .convertirsi
al
il giorno innanzi e le dichiarava ad
cattolicesimo.
usura
235
di non aver alcuno intendimento di
u)
Essa era stata mandata in copia al duca di Mayenne ed ai sedici u di Parigi, che la " pubblicarono. l) Purtroppo, dopo un più critico esame del documento, il-legato non restò sicuro della sua autenticità, ma tuttavia, non hauendo
Roma a titolo d'informazione.
fin gui argomenlo che
sia
falso, la trasmise
a
b)
*** Giunto a questo punto il lettore forse si aspetterà che io proceda a narrare la parte che il cardinale Enrico prese dopo la battaglia di Ivry nelle trattative fra i capi della lega ed il Navarra e che io descriva gli awenimenti militari in Francia e gli intrighi politici in Roma. Ma il compito che mi sono prefisso in questi capitoli non è già di dare una storia dettagliata della legazione, bensì di descrivere il carattere e la condotta del cardinale Caetani nonché la incresciosa situazione che si creò tra lui ed il pontefice. Ho cercato di fare ciò in modo coscienzioso ed imparziale e di appurare altresì le circostanze che condussero a questo dissidio .) A titolo di curiosità riporto alcuni brani di questa letdi Enrico lV alla regina d'lnghilterra (C-1590.111,15,
tera
N.
t52732).
Mailame Combíen gue íe me sois plusfcurs Joís excusé de ce quc le ne pouoois suíoîe Votîe adois, touchant le conseìl que n'aùíez donné dc prcnilrc Ia Relígìon Romalne afrn de m'lnslallet plus factlement en mon Rogaume, sauf a ptenilre par apres lc chemín gue m'ailihessíez pour rcmettrc les choses en I'eslat de la rehtmatíon de I'EgIíse, A quog îe me sens oppellé de Díeu Fouî loule la Chtestíenté com'me Vous aoez esté ptemíercmenl pour Volrc Rogaurne d'Anglelene ... Mals comme íe me suís proposé ìl'altenilte delermíneemenl soubs Ia faoeut du cíel el la grace de Díeu le succes de cesle guene tonilé su la la llberlé de I'Eoangílle, et Ia dÍspute de ma oragn el pîoprc successlon... Et ce quí cst encores un cas aAmhable cl en quog nous deoons cognolstre ler mbaculeul efecls de sa díoínìté, pa le molat ile ceux mesmcs qui sont de leut Relígíon, d*quels mon aîînee esf grosse et presque toute complete qui m'onl sí fidellemen! assis!é en Ia bataíIle que Íe donnai hîet au Duc du Magenne
eI
a
ses eshangers
Suísser
cl
Allenans, Espagdols, Altranoís, Walons, sí oaíIlenent et opíntashement com-
Lansquenelz et
batu, que lo oìctoíre m'en est demeuree graces a DÍeu, Iequel a porté delle telle faoew a nottre cause gu'il n'a poínl per mls que í'age perdu que fotl peu de noslte Rellgîon pfincípalement dens gens de matque alns
(!)
Carholíqu*... l'espere aprcs cesle
seulement
ceux qut
heureuse oictoíre
esloíent
que Dieu
m'a donnee, qu'íl me contínuera les gtaces ínnumerables que íe rcgois de lug ìoumellemenl, me faíssan! adoancet Ia teduc!íon de Patis, Rouen et mes aullrcs oìIles sans fafte despens d'une de canon, pendant que chascun esf satif d'espouoant Oileans ou les habîlants sont forl endurcís en I'ldo. Iatúe Ronaíne, qui les rcnd plus gue lous les aultrcs opìniashes a Ia rebellíon conlre leur Prtnce, de quog fespe* les chaslíet en soile qu'ìIs semhonl d'*emple a lout mon pqle ... Au demewant Ia plus pail ile nes afafues ne depend poat Ie presenl Díeu mercÍ que de contenter ìle Duc ile langaeollle lequel m'ímportune plus que iamaís de changet ma Relígíon, seule oolee
sínon
a
r) Arc. Vat, F., XXX, p. 299.
sans consíderet
a
qu'íI n'g oíent plus a temps, oeu ce qul
s'esl
te
suís conttaín| lug usu tle quelque rcmîsc íusques a ce quc íe oole gu'ìl soít bon lug franchh lc sault de ma taolutíon, el lug faùe cntendrc par doulceut lant que l'òccasíoalc pouna petuelke, a l'aídc du Síeut de La Nouc son passé,
quog
guldc el cutalcur, qu'
il
ne doibl rccherchet en
la
conscÍeace cellug
Ia
lequel frouùant rccktcher les aulbes en donne neanlmoìns ld líbeilé a un chascun. Et si ccla ac lug suft!, ie lug feraì cognoísbe gue sì íe pouools bien estrc ailmoncs!é de plasleurs, le ne doìbs puilant cstrc anlge que de Dîeu seul, qui tlent en sa maìn Ie coeut de ceux ausquels ìI donne Ia chatge des Rogaunes ... Cepentlant jc Vous rcmercle loustouts ile Vo!rc aíde el bon secours, duquel je Vous suís lanl teileoable, que je ne souhalle la rcductíon de mon Rogaume, apres l'adoancen'enl du Regnc de tesus Chtísl prínctpallcmen! gue pout m'acquíllet enoers Vous des obllgalíons ausguelles Je Vous suís anslítué, pour Vous fafuc cogaolsbe quanìl loccasíon tc Pîcsentetd a I'eqconlte de loules peîsonnes gue ic I/ous suls el setag pout
Et
íamaís un suppoil Ie plus fetmc e! plus asseuré que Vous eussíez peu acquetÍt, pout n'espatgnet fien quí soit a ma Puíssance ín (l) ma prcpre Peîsoane guc lout ne soíl exposé au deoofu de nosttc assocíation et ftaternîté ile Rcgne et de Relíglon, en Iaquelle íe púe Dìeu qu'll nous oeíIle maînlenh malgé les ennemgs ìIe la patolle, ct Vous donnet
Du
Mailame en toute feltcífé se saínclcs et dlolnes gtaces. Camp il'tory leteudg 15 íout de Mars 1590. Vobe plus fiilelle fiere et perfalctement bon aml Hentî'
La
lcttera fu pubblicata a Rouen e poi ridampata nel 1590
da Pierre Courant sotto il titolo: Coppíe d' une ldlre enoogne pat Hentg de Bourbon rcg ile Naoane à sa bíenaÍmec con'
la Rosne d'Angletefte etc. (EÌ. N. P., Lb.?5,a.223), b) Tuttavia, nel 1590. I I .V, il legato scriveva al duca di Nevers: Mf mercotglÍo chc V. E dubnt & guella copía dÍ Ietterc ch'ío b manìlaí non fose oerc, polché coluî che la podaa è ptígíone cl coafessaoa dî esset spedito alla rcgína
federce
(8. U. 8., t499.1, p.24D.
Lettera
di Enico IV ad Elisabctta.
Il
legato
igolato
al
e
bando.
Lib. IIl, Cap. XXI.
LEGAZIONE IN FRANCIA
236
che ha dato campo agli storici francesi (ed anche a qualche italiand di rappresentare il Caetani come un inetto fanatico che fu causa di gravi danni al regno di Francia e la rovina dei negoziati della Santa Sede A tal fine credo che basti quanto ho esposto fin qui. A partire dalla Pasqua del 1590 Ia legazione del cardinale Caetani si può considerare effettivamente se non ufficialmente termi' nata: u) visto che le sue raccomandazioni non ricevevano ascolto in Roma e che anzi tutta la sua condotta era riprovata dal pontefice, egli chiese direttamente e per tramite degli amici e dei parenti di esser richiamato perché oramai Ia sua missione era inutile e I'onere finanziario era diventato insopportabile. In tale domanda egli era validamente assistito dal duca di Lussemburgo, e bene a ragione gli scriveva suo fratello Onorato : Monsignor dì Lucemburgo non lassa per ogní oia procurar Ia reoocatíone dí V. S. I. et dí questo semo d'cccordo, perché íI sìgnor patriarca et io non desideramo altro, ma per dioersì rtni. t) Anche il Peranda, che per parecchi mesi era stato tenuto escluso da tutti i negozi relativi alla Francia, come sospetto di esser troppo < veneziano ,, riprendendo la penna per consigliare ed aiutare il suo amato discepolo, gli scriveva delle macchinazioni che si ordivano e I'awertiva di non preoccuparsene perché tutto questo enoanità et sono ínoentíoní per indurcí aIIa dísperatíone et far che V. S. .I. se ne tomi senza ordíne espresso di S. S.'a oooeîo chefaccia cosa indegna della sua rcputatione et del caríco che sostiene. Già i cardinali C. B. Pallotta, datario, Salviati, Mattei e Scipione Gonzaga aspiravano alla successione. Per mitigare I'impressione di notizie tanto scoraggianti il Peranda soggiungeva: S. S.", se bene aIIe oolte sí è doluto delle sue attíoní, come ha fatto alle oolte de altri mínistrí (leggi Morosini), se oede però che parla per amoîe. D Lo stesso cardinale Montalto, malgrado i severi ordini avuti dal papa, continuava a scrivere letterine affettuose, per quanto insulse, evitando di trattare di affari, ma desideroso di dimostrare al Caetani che gli era rimasto amico; e certamente il .. cardinal nipote ,, deve aver operato non poco per difenderlo presso I'irato pontefice. b) Come già si è detto, il legato si trovava ora completamente isolato da Roma: alla fine 3) di aprile era da due mesi che stava senza istruzioni sul da farsi e senza notizie dirette: nonostante i duplicati, triplicati e quadruplicati di lettere inviate nell'uno e nell'altro senso Per vie tutte differenti, ben poche riuscivano a passare la rete stesa dal Navarra intorno a Parigi; oppure arrivavano con tale ritardo che era come non fossero mai state scritte. I corrieri venivano arrestati e, quando questo non bastò, il Navarra diede ordine che fossero impiccati; dopo che cinque di questi disgraziati, I'uno appresso all'altro, ebbero subìto così miserabile sorte, diventò estremamente difficile di trovare chi volesse rischiare la vita per portare la conispondenza
del legato. a) Con tutto ciò, prima persino che il patriarca Camillo giungesse in Roma, Enrico era stato informato a pieno, per varie vie, quali erano I'animo e gli intendimenti del pontefice. Vistosi abbandonato e messo al bando, bruciò i ponti e, a partire dalla fine di marzo' agì in completa indipendenza dalla curia, guidato solo dalla coscienza, dalla fede e da quello n) Minuta
di
avviso mandato
al
legato
il 26.VII ' l59l
:
S. 5.6 risponde (al duca di Mantova) che non ha píìt legato ín Frcncía; che il ig. caìL. Caelarlo ha etceàuto le sue am' mÍssíoní, eI sí è fafuo legalo d'aIH, ct peà glÍ ho leoda Ia ptooísíone el non gIí commdle negoc$: ma p Mto íl ne il'agosto S" B. haoeù ?ercona in Frcrcía ck Ia rcroírà cl r) c
- I 590
.V, 28, N. l89EE3.
Atc. Vat. F., XXX,
p. 359.
I
C.1590.V.29, N.
1E2746.
allhorc pobà anmlatc S. ,4. (riguardo a M.t" de Longueville) (c - t 590 . vll . 26, N. t92205). b) L'animo dcl Montalto, tutto a favore del Caetani ed ctile al Navarra, ri palesa anche nella sua lettera del 2 giugno al legato rallegrandosi per il rovescio inflitto dal signore di Saint-Paul al re sotto Sens (C- 1590.VI.2, N. 3379).
9 Atc.
Vat, F.,
XXVII,
p. 357.
a) Manfr.,
p.56t
Rottura fra Sisto
[apr-mag. 1590]
Notre-Dame de Paris nel
V e legato
XVII
secolo.
237
l)
che credeva fosse il suo dovere: egli aveva fatto il voto di non mai umiliarsi davanti all'eretico, ed ai parigini aveva fatto giurare di piuttosto morire che arrendersi. La popolazione della metropoii, dopo la disfatta di ivry, era rimasta profondamente scorata ed il legato cercò di animarla promettendo che le arti di persuasione del fratello avrebbero fatto miracoli. Si adoperò a sostenere la resistenza di essa, coute que coufe, frnché fossero giunti i soccorsi di Fiandra. In quanto a se stesso scriveva ad Onorato : In questa costanza et ìntegrítà d'anímo son pet continuare sempte et eleggere píù tosto di moùre nelle mura di Parígí che condiscendete a cosa che fusse contraria aI seîùítio dí Dío.D È impossibile a chicchessia di dire quale sarebbe stato il corso delle passate vicende di un popolo se un dato evento storico si fosse svolto in un senso piuttosto che in un altro: se una battaglia si fosse vinta anziché perduta. Per quanto riguarda la Francia rimane certo che al Caetani spetta il merito o la colpa (dicasi come si vuole) se Parigi tardò tre anni a diventare la capitale del popolo francese, tutto riunito sotto lo scettro dell'eretico Enrico. Invece per I'opera indefessa di persuasione del legato e del Panigarola, il popolo di Parigi andò incontro a tutte le sofferenze e agli orrori della guerra e dell'assedio. Se dopo Ia battaglia di Ivry Enrico IV avesse attaccato decisamente la metropoli, non c'è dubbio che essa sarebbe caduta nelle sue mani; ma le piogge incessanti, il malcontento delle truppe mercenarie per la mancanza di paga e forse anche il timore che Ie soldatesche, esaltate dalla vittoria e avide di saccheggio, non si sarebbero potute tenere a freno, indussero il re a non precipitare I'azione tanto piir che si sentiva oramai sicuro d'avere il regno in suo potere. Di ciò approGttarono il legato ed i capi della lega per dissipare lo scora-ento che aveva invaso I'animo dei parigini e per prepararsi all'attacco inevitabile. App"lli urgenti erano stdti rinnovati a Filippo II ed al duca di Parma perché venissero mandati i tanto agognati aiuti 1)
B. N. P.,
Estampe.
Analigi storica.
LEGAZIONE IN FRANCIA
238
Lib. III, Cap. XXI.
militari. Pietro Caetani aveva accompagnato in Francia le prime truppe di Fiandra che, dopo pochi giorni, erano state disfatte ad lvry; e fu un caso che non prendesse parte alla battaglia dove assai probabilmente avrebbe lasciato la vita. l) Dopo aver conferito col legato, era partito per la Fiandra con I'incarico di sollecitare il duca di Parma a mandare altre soldatesche, e di continuo tenne informato Io zio della preparazione dei soccorsi. In attesa che questi giungessero, non c'era altro da fare che di usare ogni mezzo materiale ed ogni astuzia per tenere a bada il nemico e guadagnare tempo. In questo senso devesi interpretare I'incontro che il legato ebbe il 27 di marzo in Noisy, in casa del cardinale Gondi, col maresciallo di Biron, principale generale di Enrico IV. Grande deferenza fu dimostrata dall'una e dall'altra parte: il legato sperava di poter ottenere una tregua tanto necessaria alla lega') in attesa che il Farnese fosse pronto per entrare in Francia, ed il Navarra sperava di poter cogliere i frutti della strepitosa vittoria e di condurre a buon porto gli accordi di pace, ai quali sapeva inclinati buona parte del popolo e della nobiltà di Parigi nonché Io stesso papa. b) Il colloquio si aggirò sui soliti soggetti della conversione del re, del concilio dei vescovi a Tours, della benignità pontificia, del bene del regno e così via, ma non condusse ad alcun risultato perché ogni parte leggeva chiaramente il giuoco dell'altra. Frattanto Enrico IV andava conquistando Melun, Corbeil ed altre località nelle vicinanze di Parigi in preparazione allo stringere d'assedio la capitale, mentre le informazioni, che giungevano al legato per tramite dei nipoti e per vie ufficiali, facevano intravedere che sarebbero trascorse settimane e forse mesi prima che I'esercito di Fiandra avrebbe potuto penetrare
in Missione
del vesc. di Ceneda.
Francia.
Queste circostanze e le ripetute istruzioni ricevute dal papa di prendere contatti diretti col Navarra, verso la fine di aprile, indussero il legato a riattaccare le trattative col maresciallo di Biron, ed a tal fine scelse come ambasciatore il prelato della propria corte meno mal visto da quella nemica, Marcantonio Mocenigo, vescovo di Ceneda, che, per Ie sue simpatie, era stato soprannominato il Navarrista >. " Non mi tratterrò a descrivere questa missione di cui è stato tanto discusso e tanto scritto. Ricorderò soltanto che il vescovo ebbe istruzioni 2) dal Caetani di trattare amichevolmente col Biron, ma di evitare contatti diretti col re e qualsiasi atto che potesse neppure lontanamente sembrare un riconoscimento o un ossequio alla sovranità dell'eretico. Lo munù di una lettera personale diretta al maresciallo. 3) Invece il Mocenigo, al quale fino allora non era stata mai affidata alcuna missione perché sospetto al legato, fu così compreso dell'onorevole incarico e tanto lusingato delle straordinarie cortesie prodigategli come nobile e suddito dell'amica repubblica yeneta che, appena traversate le linee, si scordò delle istruzioni ricevute e si sentì trasportato da un senso di benessere nel trovarsi tra gente amica: si lasciò condurre sino ai quartieri generali di Brie sorridendo a tutti, a)
Di tale intendimento il cardinale, contrariamente a quanto
Manfroni, non fece mai uu mislero; il 4 maggio scriveva al patriarca z Ne I'abboccamenlo che ío ebbì a Nogsí con scrive
íI
il
matescíallo
dí
Bbon mî ptoposí peÌ plincípal scopo
dl
pe:.
suaderlo che sl facesse una sospensíone dî atme (C- 1590.V.4, N. ó384-5). b) La possibilità di un accordo di pace era stala contenplata anche dal papa, il quale aveva fatto dare istruzioni al le-
(l 5. Il) che, presentandosi I'occasione, uon l'impedirce e che concludendola non si facesse senza intervento della Santa Sede; gato
L)8.U.8., 1499.I,p. 19.
in caso contrario il legato si ritirasse da Parigi. Il Caetani, che già aveva rotto i precedenti tentativi, fece ocservare non senza una nota di ironia e quasi di s6da (It. U. 8., 1499,1., p. 200) che non eta postíbíIe cÀe S. S.'à heoesse úoluto ínlerpone Ia sua autoilA pet autenlícare una Facc an heretíe|... Comunque
a molta gatía che V. S. L (Montalto) m'Àaoc.rse dctto píù chíatamente che cosa prelenila S. S,'à mqtlrc ml comanda che succedenilo I'accordo ío non I'ímpedtx,a, poîchè alla tratlatîone Ío mi sono opposto et mî oppoaggiungeva: HaoreÍ haoulo
netò sempte.
,C-159O,1V.23,N.9740e18?197. a)8.U.8.,
1499.1,p.250.
[apr..mag. 1590]
Principio dell'assedio
ed ivi cenò col Biron circondato da cento distinti cavalieri; disse messa alla nobiltà e si lasciò scappare di bocca molte cose che il Caetani non avrebbe mai voluto che fossero state dette. Infine, partendosi, accompagnato dal maresciallo, gli venne incontro per istrada, come per caso, lo stesso re al quale il rappresentante del legato fece riverenza chiamandolo .. Maestà ,. Il re si chinò dal cavallo in atto di abbracciarlo. Si conversò delle solite cose ed il re cavò di tasca un grosso Pacco di ptù dícentolettereíntercettate del cardinale (che teneva lì per caso!) esi prese il gusto di lanciare contro di esso una bella filippica. l) Naturalmente questi contatti non diedero maggior frutto di quelli precedenti; i tentativi per ottenere un armistizio erano falliti ed anzi ogni speranza svanita; il re con mosse successive stava stringendo la capitale con un impenetrabile cerchio di ferro; bisognava prepararsi per I'estrema difesa.
Ben presto Parigi si trovò completamente isolata ed il Mayenne ed il suo esercito nella di dare soccorsi o mandare prowiste alla metropoli. Nessuno, cominciando dal popolo, sperava piùr negli aiuti da parte del papa tanto che il 30 aprile il legato, scrivendo al Montalto, si esprimeva con le seguenti parole z Il dffirire, iI consultare et il dare pastura a tutte Ie partí era dímostratíone mathematíca, peî usare la medesima loro parola (ossia dei veri cattolict), che S. S.'a non sí cuîaoa dí questo regno di Francía, nè che Ia religionesílusse persa o iI regno díoíso.2) Il Caetani quindi divenne ípso facto capo supremo, almeno spiritualmente e per autorità personale, della città e si diede anima e corpo a quest'ufficio al quale gli sembrava di esser stato eletto per volontà divina. Il 6 maggio il cardinale convocò tutti i capi delle milizie per organizzare meglio la difesa e per rinsaldare I'animo della popolazione. Per impedire che il nemico penetrasse per via del frume, l'entrata di questo nella città e l'uscita furono sbarrate con fortissime catene disposte sopra barconi difesi da corpi di guardia. Invitò gli ecclesiastici ad armarsi per difendere con il proprio corpo la Santa Fede, ed a tal 6ne fu organizzata una curiosissima processione in cui si videro i preti ed i frati girare per Parigi, portando elmetti e corazze allacciate sopra alle vesti sacerdotali, brandendo archibugr ed alabarde ed alzando il lugubre grido: .< Morte, morte per amor della Fede ! ,,. 4) Questa processione (preceduta dal vescovo di Senlis, ma alla quale non prese parte il legato) aveva in sè, senza dubbio alcuno, elementi di eroica divozione frammisti a note di comicità. Il soggetto fu rappresentato in pittura ed in rame, come si può vedere nella interessante collezione del Musée Carnavalet di Parigi, e non mancarono quelli dell'altra parte di farne delle caricature non meno interessanti che i quadri intesi a perpetuare la memoria di tanto eroismo. Ricorda il Sighicelli 3) che il 15 maggio essendo andato fuofi iI Iegato in carroccia Ia sera a 23 hore, nel tornare, scontrando Ia comítítsa di scolarí et fratí armati che tornaoano dalla guardía, per honorare íI legato hanno scaricato Ii archíbugí et due per sbalordaggíne nè saperle adopeîaîe, hanno colto un seroítore di mons. Bíanchetti, chíamato Antonio da Bologna et uno stafierc-di mons, Portía che erano díelro alla carroccia d quello è morto subíto el quato sta male, È probabile che alcuni illustratori della processione vollero ricordare I'incidente (che fu posteriore ad essa) raffigurando un frate vestito di bianco che, con gli occhi imploranti rivolti a Dio, spara un'archibugiata in corpo ad un disgraziato. Fatto sta, lasciando da parte il ridicolo, che questi religiosi compirono valorosamente la parte loro, combattendo di giorno e di notte sui baluardi, ed in ciò seguirono I'esempio dato da molti gentiluomini e chierici della corte del legato. Ricorda il Pigafetta 5) che anche il giovane impossibilità
')
r)C-1590.IV.27,N.9738;psrclaionedellceatoalpatrimCrnillo,ycdiC-t590.V.4,N.ó8E4-5;1590.VII.5,N. 3) Tempati, p.315. a) Manf., p. @. 5) p. 44. 358.
Arc. Vqt. F., XXVll, p.
tB94ó6.
Preprativi
per la
di
difesa
Parigi.
Processione
di
réligiosi
armati.
240
LEGAZIONE IN FRANCIA
Lib. Ill, Cap. XXI.
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Assedio di Parigi
[mag. 1590]
24t
Gregorio Caetani, non ancora ventunenne, nipote del cardinale, armato di corazza ed accompagnato da alcuni gentiluomini della corte, ebbe il suo primo tirocinio nel servizio delle armi, andando a cavallo di scorta ai mietitori che uscivano dalle mura per raccogliere il grano quando già la carestia faceva strage tra la popolazione; da una sua lettera al padre appare probabile che prendesse parte anche al combattimento del 12 maggio, in cui rimase gravemente ferito il famoso capitano del Navarra, Francesco de Ia Noue, detto Bras de Fer. t) Quel giorno medesimo il cardinale visitava i baluardi battuti dal fuoco, deciso a condividere tanto le sofferenze quanto i pericoli del popolo, che egli incitava all'eroica resistenza. 2) Di grande incoraggiamento ai parigini era il valoroso Prospero Ferro, antico servitore di casa Caetani, che come uno dei leggendari moschettieri di Francia, s'aggirava con alcuni armati della corte ovunque c'era tumulto o maggior pericolo, elevando la sua ilare voce sopra al frastuono delle armi. Dicesi che parlasse fluentemente la lingua francese, e non ho dubbio alcuno che in essa traducesse le piìr scelte espressioni del suo paese natio. Nel frattempo giunse la notizia della morte del cardinal di Borbone, avvenuta il 9 maggio, ciò che ancora piir complicò la situazione del regno. Sisto V, un tempo, aveva avuto tanto a cuore le sorti del povero prigioniero che aveva dato istruzioni al legato che fosse riconosciuto come re, unto e coronato, anche se tali cerimonie non avessero potuto compiersi a causa della prigionia ; 3) ma all'annunzio della morte (mutatís mutandís /), dichiarò in concistoro che: perch'egli non fu nè coronato nè unto .,. neppure noí ooglíamo decretarli Ie solenní esequíe come a re, $ ll legato, obbediente agli ordini ricevuti dal papa, fece gli approcci necessari perché il cardinale di Vendóme si pronunziasse se voleva distaccarsi dal Navarra ed accettare la candidatura alla corona, e ciò egli fece sebbene sapesse che il Vendòme non eta peîsona grata nè al re di Spagna nè al Mayenne, che avevano disegni differenti, e malgrado Ia decisa antipatia personale che nutriva per questo principe della Chiesa. La situazione del legato andava facendosi ogni giomo vieppiìr difficile: cominciava a sentirsi sempre piìr isolato e quasi messo in disparte dagli stessi capi della propria parte, come sempre succede a chi si butta anima e corpo in un affare che riesce male. Comunque, ben presto le .tifficoltà politiche nelle quali versava il legato passarono in secondo ordine davanti a quelle materiali dell'assedio ed allo spettro della fame: dopo un primo fortunato tentativo di introdurre qualche vettovaglia, neppure un solo mulo a basto poté piùr portare una soma di frumento,alla folta popolazione di Parigi ed a mala pena, ogni tanto, un messaggero travestito ed a rischio della vita riusciva a traversare le linee nemiche. Si verificava quanto il maresciailo di Biron aveva detto al Pigafetta, cioè che il re sarebbe venuto a oÌsitare i parigini e che, se íI legato daoa loro íI giubileo mandato da Roma e le índulgenze, iI re aorebbe fatto osseÍùare loro le condizíoní peî conseguble, cioè I'astínenza ed iI dígíuno.s) Il Pigafetta ci dà un commovente racconto della dolorosa tragedia. Rapidamente, inesorabilmente vennero a mancare il pane, la carne, i legumi ed ogni genere di viveri. Dopo un poco anche i più miserabili surrogati diventarono ricercati e si pagavano ad alto prezzo. Un ronzino si vendeva dal beccaio per 40 scudi e si faceva la caccia ai cani, ai gatti ed ai sorci con la stessa passione come se fossero selvaggina. Il suddetto autore vide con i propri occhi alcuni disgraziati che, sulla strada, divoravano crude le carni d'un cane non avendo di che cuocerle. La segala ben presto non bastò per sostituire la farina, e le erbe dei giardini diventarono pascolo a quelle affamate belve umane. Solo il vino e I'aceto si trovavano in abbondanza. 1) C- 1590.V. 18, N. 9742, 6) Ioi, p. 313-4.
Donus,
ll,
31.
\
Atc. Vat. F., XXX, p. 393.
3) Cf. pag. 199.
+)
Tempeslí,
p, 314,
Morte
di Carlo X.
La
carestia.
LEGAZIONE IN FRANCIA
Lib.
lll, Cap. XXI.
È o"ro che in certi negozi si poteva acquistare ancora qualche boccone squisito se si era pronti a pagarlo a peso d'oro; ma il popolino doveva svenarsi per comprare per istrada cert'acqua bollita con la radice dolce di u glicerizia " e di quella si abbeverava per attutire Ia fame e
Orrori dell'asedio.
la
chiamava tisana. legato, come si è detto, fece battere tutta la sua argenteria per sovvenire i bisognosi; per sfamare il popolo sacrificò tutti i cavalli della legazione e persino la propria mula preferita. r) Non meno generoso fu I'ambasciatore Mendoza che vendé ogni preziosa suppellettile che ancor possedeva; fu egli poi inventore della famosa zuppa di semola e di altri sostituti, che veniva distribuita gratuitamente al popolo; per riconoscenza gli si volle attribuire anche I'invenzione di un certo pane fatto con le ossa macinate dei morti. La leggenda originò da una storiella sui turchi che don Bernardino aveva raccontato ad un gruppo d'amici. E così corse anche Ia voce che 22 fanciulli erano stati mangiati dai feroci lanzichenecchi. Con tutto ciò la gente moriva per le strade ed ogni mattina si raccoglievano molti cadaveri; perirono piìr di 5 000 persone. Intanto continuava il bombardamento ed il morbo si spandeva per la città. Malgrado la generosità e carità del legato, che prestava i suoi denari per pagare gli svizzeri tumultuanti, che accoglieva in casa propria i derelitti, che si sacrificava e cercava d'infondere coraggio col proprio esempio; il malumore e lo scontento andavano crescendo: dalla folla, al passar del cardinale, si sentivano voci che gridavano: " Noi cí moriamo di fame per ooí legato et per Ie promesse fatieci dal Panigarola ... cí haoete íngannato/ n Ed alle sue benedizioni le donne del volgo rispondevansT ., Pane, pane, Monsignore lllustrissímo, che abbiamo haoute assaî benedizíoni. rr 2) Persino la stessa famiglia del legato si faceoa polítíca. Quando Sisto V intese delle sofferenze alle quali s'era sottoposto il legato con la sua corte, disse all'ambasciatore veneto Badoero che s'egli era ridotto a mangiar I'erba come un porco, non aoeoa che cíò che s'era merítato. 3) A nulla valse la processione dei fanciulli, vestiti a sacco sopra le membra macilenti, che a piedi nudi andarono a S. Genoveffa alzando il tremulo grido di: " Misericordia, misericordia ! " Vane furono le trattative che il legato intavolò con I'ex-ambasciatore francese Sangardo, marchese di Pisany, che trovavasi alla corte del Navarra. Ai primi di luglio la situazione sembrava disperata e non v'era più sicurezza alcuna che gli aiuti potessero giungere in tempo. Le soldatesche si ammutinavano, il popolo tumultuava e fu necessario mettere una grossa guardia al palazzo del legato per proteggerlo. Vi furono due morti, molti feriti ed arrestati. a) Deve esser stato appunto in tale momento critico che il cardinale Enrico fece un voto alla Santissima Madonna di Loreto, protettrice di casa Caetani, voto che egli coscienziosamente assolse due anni piùr tardi. t) Ma quando il duca di Nemours, le principesse di Guisa e le autorità di Parigi nonché quelli del suo seguito lo sollecitarono a chiedere un salvacondotto del Navarra e di mettersi al sicuro perché oramai ogni speranza era perduta e Ia capitolazione era imminente, il Caetani da gentiluomo rispose che, usendo stato iI primo a consigliarc la rcsístenza ad olbanza, non potetl,a abbandonare íI suo diletto popolo parígíno nel momento del peico(o.6)
Il
*n* Mentre da una parte il legato si dibatteva fra tanti travagli, angustiato altresì dal fatto che per mesi interi rimaneva senza lettere dal Vaticano e, quando queste giungevano, non contenevano una parotra di risposta ai quesiti fatti, dall'altra parte i suoi fratelli ed i frdi servir)C-lól5.Vl,N. 15808. 2)Maaî.,p.66. 1Habnetll,p.354. a)Arc,Vat.F.,XXX,p.4ó5. N.21477. 6) Manf., p. 70 cit. Diario.
5)C-1592.1V.
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[mag..ag. 1590]
Fine di Sisto V
tori come il Peranda lottavano invano contro al mal volere del pontefice; I'amicizia del Montalto e di tanti cardinali l) non era che un palliativo alle loro preoccupazioni. L'unica cosa che dava un Poco di coraggio era la sempre peggiorantesi salute del papa; ma di questo naturalmente non si poteva fare cenno nelle lettere. conclusione, scriveva il patriarca Camillo, Ie cose non poteúano andare peggío dí quello che andaoono. Tuttavia egli cercò di fare qualche cosa e perciò, quando giunse la notizia
In
che i parigini avevano respinto il grande attacco del 12 maggio, il patriarca, entusiasmatosi pregò i padri cappuccini che nelle loro prediche dicessero al popolo di ringraziare lddio per la vittoria e supplicarlo di proteggere il legato. Il 5 giugno fu pronunziata al Gesir una predica nella quale il legato fu fatto apparire quasi come un martire che soffre per la fede. 2) Risaputa la cosa, Sisto V montò sulle furie: i due cappuccini colpevoli furono carcerati a Tor di Nona ed esamínatí; il cardinale Rusticucci fu mandato (18 giu.) dal patriarca per dichiarargli che stesse prigioniero in casa propria sotto pena di 10000 scudi. Onorato si tenne prudentemente Iontano
Arresto
del
pah.
Camillo.
da Roma.
tre settirnane di patemi d'animo, dopo aver smosso ogni autorità ronnana cornpresa la duchessa di Paliano, nipote del papa, e dopo che il Montalto andò tre volte ai piedi di Sisto V a perorare la causa del patriarca, la libertà fu resa a costui con severa ingiunzione di non immischiarsi mai piìr della politica. 3) Per reazione contro la buona notizia sopra riferita, i navarristi sparsero per Roma la falsa voce che il re era entrato in Parigi ed il legato era ignominiosamente fuggito: si formò un corteo che girò per Ia città portando in cocchio un ritratto del Navarra ; a piazza Navona il popolo si mise a gridare " Al fuoco, al fuoco ! ,, e grande fu il fermento finché, per ordine del papa, il cardinale Sanseverino fece sequestrare il ritratto e carcerare i pittori. 4) Finalmente dopo
Questi incidenti ebbero luogo mentre si scatenava una nuova tempesta nella politica francese Sisto V: Filippo II aveva mandato a Roma come ambasciatore straordinario il duca di Sessa con una lettera personale al papa, rispettosa nella forma ma minacciosa nella sostanza, richiamandolo ai suoi doveri come capo della Chiesa. Il pontefice per cavarsi d'impaccio incaricò il Santori, sub sígÍIlo confessíonis, di preparare uno schema di alleanza col re per un intervento armato in Francia (19 lug.); ma anche questa volta, guando si arrivò al momente, evitò di firmare il documento sempre sperando che da un ora all'àltra giungesse la notizia che Parigi era caduta nelle mani del Navarra, creandosi con ciò uno stato di fatto che avrebbe troncato le mire di Filippo II sul regno e mandato a monte I'alleanza. Ma la disperata volontà di resistenza che il Caetani teneva accesa nell'animo dei parigini hustrò tale speranza. Sessa e Olivares diventano minacciosi j truppe spagnole si addensano alla frontiera ; il papa prepara i fulmini della sua autorità spirituale e l'incendio sta per scoppiare quando finalmente la già malferma costituzione del violento pontefice crolla sotto il martellamento di tanti contrasti e di tante preoccupazioni; il 27 agosto il grande Sisto V dava il suo ultimo respiro. Mentre la plebaglia si muoveva verso il Campidoglio con I'intendimento di abbattere la statua ivi eretta in onore del papa ed in riconoscenza per gli immensi benefizi che aveva riversato sull'Urbe, il Sacro Collegio, quasi per riparare all'eccessiva durezza del pontefice contro casa Caetani, chiamaya il duca Onorato a prendere in mano il governo della città come luogotenente di Santa Chiesa e scriveva al cardinale Enrico invitandolo a tornare a Roma, 5) qualora avesse reputato opportuno di allontanarsí temporaneamsúe dall'alto uffcío del'quale con tanta
di
r) C-1590.V1.4,N. 18ó638, 2) Boúaì|,p. ll0. D C-1590.VI.2O,24,28-Vll.7,N. 143475, ló9ó1, 1E2806, 18207 {) c- t590.VI.30,N. ló9r. I C-t590.VItr.28,29, N. 146406,203009,203026.
etc.
Conflitto
tra Spagna e Sisto V.
Morte di Sisto
V.
Lib. III, Cap. )O(.
LEGAZIONE IN FRANCIA dígnítà
dí
persona
e con
anímo
torte
peî
Ia
relígione, aoeoa sostaruto Ie fatíche
ed í
Ferícolí. ^)
Liberazioue di Parigi.
Partenza
del legato.
Pochi giomi dopo il patriarca, già che Ia bocca è stata apefta e che non v'era più il pericolo che la corrispondenza fosse letta da questo lato delle Alpi, scrisse una lunga ed interessante lettera al fratello Enrico, che comincia con le bibliche parole: u Il laccio si è spezzato e noi ci siamo liberati ,. b) In essa passa in rivista e critica I'intera azione politica di SistoV nelle cose di Francia. l) Mentre tutto questo aweniva in Roma, Parigi stava in extremís.ll duca di Parma aveva garantito di rompere I'assedio per il 15 agosto, ma la disperazione era tale che, pur mancando solo pochi giorni alla promessa data, il legato non credette di dover impedire che partissero gli 2) Gà da troppo tempo aveva conosciuto ambasciatori dei parigini per trattare col Navarra. le vane attese e Ie speranze deluse, nè piìr voleva credere se non a quanto poteva toccare con mano. Con tutto ciò la città non capitolò. Vi fu una nuova straziante attesa di altri 15 giorni; finalmente si ebbe notizia certa che I'esercito spagnolo era entrato in Francia agli ordini di Pietro Caetani. 3) Pochi giorni dopo sopraggiunse il Farnese c,he ne riprese il comando, lasciando al duca Pietro quello della retroguardia: mosse I'esercito alla volta di Parigi e all'awicinarsi di esso, all'alba del 30 agosto, il nemico si ritirava. Il primo settembre entravano 300 carri nonché mandre di vacche e di montoni a sfamare i macilenti parigini, ed il nostro Alaleone, sempre preoccupato del proprio benessere, nel suo maccaronico latino ci racconta : Et nos omnes de curía, incoepímus gustarc panem album et mensam melíorem síne carne caballína. Il cardinale Enrico ebbe la gioia di riabbracciare il marchese Pietro e Ruggero, suoi nipoti; anche il duca Alessandro entrò nella città incognito per salutarlo. Ora finalmente il legato si sentiva in diritto di abbandonare Parigi diventatagli ben a ragione odiosa: fece preparare lettere al papa ed ai cardinali insistendo energicamente di potersene tornare in patria: faceva presente che oramai le cose erano rimesse alla sorte delle armi nelle qualí non ha parte alcuna e che non aveva piùr modo di mantenersi avendo già contratto 60000 scudi di debito oltre ai denari spesi del proprio. ") La desiderata risposta giunse prima di quanto aveva potuto sperare; ai primi di settembre il duca di Parma annunziava al Caetani la morte del papa ed il 16 gli giungeva la lettera di
richiamo, inviatagli dal Sacro Collegio. Il legato rispondeva: Ho sentito quel dolore che mí sí .conoiene dí questo accidente, ma dí tutto s'ha da rendere gratíe aIIa Dioína Prooídenza. ù Tutti erano ilari e le spiritose lettere Non poteva dire Ia cosa con piùr eleganza e chiarezzal del Peranda furono fonte di matte risate. Malgrado I'opzione datagli di continuare nella propria missione sotto circostanze diventate ora tanto più favorevoli, decise di partire appena possibile perché era stracco, perché Ia permanenza in Francia non poteva costargli meno di 76000 scudi d'oro all'anno e perché, come 5) gli conveniva politicamente di assicurarsi chiaramente spiegava il Riccardi in una sua lettera, della gloría acquistata e non lasciarsi incastrare negli altri prevedibili gineprai che sarebbero sorti con la convocazione degli stati generali per I'elezione del sovrano che doveva succedere Caetani per indennità delle spese sostenute (Hubner, ll, p.373). b) Laqueus conbìlus est et nos líberutí sumus. c) Il totale della spesa della legazione ammontò a 150 000 ducati (C - l61 5 .VI, N. I 5808).
.) La congregazione, non senza qualche contrasto, deliberò di pagare le provvisioni aretrate benchéil defunto papa
anche
le avesre sospese, dichiarando che non avevà più legato in Francia. Riferì inoltre I'ambasciatore veneto Badoer che il Sacro Colleeio megnò una sovvenzione di 25 000 scudi al cardinale 1)
C- l590.vlll. 3l, N. 172917.
;; g-1590.Ix.
10,
N.
I 17800.
î
c- r 590.v1il.
5,
N.
150040.
,
C.1597 c., N.
144762.
4,
B. U. B', 1499.1,p.304.
[ag.-ott. 1590]
Fin-e della Iegazione
X. L'íngenuítà et candore del cardínale, scriveva il segretario, mal sí coffi perrtda con Ia natura dí questí francesi. Il 15 di settembre il cardinale Caetani cantò il solenne Te Deum in Notre-Dame in riconoscenza per Ia liberazione di Parigi e il 24 partiv4 seguendo la via di Reims, Verdun, Basilea e Bellinzona, per tornarsene in patria. Il viaggio non fu scevro di pericoli e la retroguardia, comandata dal signor di Saint-Paul, dovette combattere più volte contro le bande del Navarra. Per istrada, saputo della morte del nuovo papa Urbano VII, il cardinale lasciò indietro la propria comitiva e, procedendo incognito e vestito di nero, si affrettò a spron battuto verso Roma ove giungeva il 29 di ottobre, in tempo per partecipare al nuovo conclave. al
defunto Carlo
*** Finita era I'awenturosa e difficile legazione in Francia. L'opera del cardinale fu giudicata in modo diametralmente diverso dai contemporanei a seconda del partito al quale adeúvano: fu pienamente approvata dai successori di Sisto V e poi condannata universalmente dagli scrittori francesi quando Enrico IV ebbe riunito tutti sotto al suo scettro e fattosi amare dal suo popolo. Gli apologisti del grande sorrano non pgterono fare a meno di biasimare severamente colui che ne aveva ritardato di tre anni I'awento al trono. GIi eventi hanno dato ragione a Sisto V, ma non pertanto dobbiamo giudicare I'azione degli uomini più dallo spirito che Ii muove che dalla conseguenza dei fatti: il cardinale Enrico, seppure non si dimostrò diplomatico abile e uomo di stato, diede prova di una grande rettitudine d'animo e di un raro coraggio morale nel mantenersi fedele alle.proprie convinzioni anche sotto Ia minaccia de' superiori ed il pericolo della propria persona. A tout seigneur, tout honneur !
Ceprrolo XXII.
GUERRA IN FIANDRA. (r 583- r 5e0)
di repressioni e di crudeltà nonché i milioni Filippo II non erano riusciti a sofiocare la patriotica ostinazione e lo spirito protestante dei popoli delle
UARANT'anni spesi da
Fiandre.
Quando I'eroico don Govanni d'Austria, .. I'uitimo dei Paladini ", addolorato per la truce morte del suo frdo Escovedo e consunto da un terribile male, eentì che si avvicinava Ia morte, affidò il comando dell'esercito e la direzione degli affari ad Alessandro Farnese, duca di Parma; mandato che Filippo II non tardò a confermare. sunto
storico.
II
fu uno dei grandi generali della sua epoca: alle alte qualità militari accoppiava mente equilibrata, saggezza di governo e tutta I'abilità della diplomazia italiana. Dopo quattro anni spesi nell'organizzare il proprio esercito, nel fortificarsi e nel reprimere gli attacchi dell'Olanda, ossia della repubblica delle Sette Province Unite, nella primavera del 1583 diede effettivamente principio alla lunga guerra di riconquista: non guena di violente espugnazioni e di grandi battaglie, ma di abili manowe di blocco per isolare ed affamare le città e fiaccare il nemico. A una ad una, Ypres, Dest, Dunkerque, Dixmude e molte altre città caddero nel potere degli Spagnoli, sicché al principio della estate del 1584 si poté co-i"ciare I'assedio Farnese
della fortissima Gand.
***
Incidente Orsini.
I Caetani, al pari di tutti gli italiani, seguivano con vivo interesse i magnifici progressi del duca di Parma in Fiandra, tanto piir che il " Grande Capitano ' era loro parente e che da tempo avevano accarezzato I'idea d'inviare presso di lui il primogenito Pietro a servirlo e ad esercitarsi nel mestiere delle armi come uenlurtero. Or awenne in Roma un piccolo incidente che servì a precipitare le decisioni. Il banditismo era diventato la grande piaga dello stato pontificio e persino entro la stessa Roma si aggiravano briganti trovando asilo, quando occorreva, in casa di molti nobili accondiscendenti verso questi criminali, sempre pronti a prestare loro qualche piccolo sert)itio.
L'incidente Orsini
[apr. 1583-mag. 158a]
247
Il 26 aprile 1583 il bargello, risaputo che in casa di Ludovico Orsini si trattenevano due banditi, senz'altro penetrava nel palazzo e li arrestava. Mentre Ii conduceva via fu incontrato dal diciannovenne Raimondo Orsini, fratello di Ludovico, che in compagnia di Pietro Caetani e di altri gentiluomini andava cavalcando a spasso per Roma. Nacque presto un concitato diverbio ed il bargello, vistosi minacciato dai signori che avevano sguainato le spade, ferì Raimondo in petto con una picca e diede ordine agli sbirri di far fuoco. Raimondo ebbe la coscia fracassata da un colpo, il frglio unico di casa Rustici fu abbattuto e, col piede impigliato nella staffa, fu strascinato dal cavallo in fuga, mentre Silla Savelli riceveva una palla in testa. Pietro Caetani ebbe il cavallo trafitto da un colpo di picca e fu sfrorato da varie archibugiate. In breve tutta Roma fu in tumulto per la barbara uccisione di sì nobili signori: le vie ed i palazzi si riempirono di. armati e fu data caccia spietata ad ogni sbirro che si faceva vedere, e molti, anche innocenti, vennero massacrati dal popolo e dai nobili infuriati. Furono chiuse le porte del Vaticano, piazzate le artiglierie; pareva quasi che la città fosse invasa dal nemico. l) Non sono in grado di riferire in che modo Pietro abbia reagito in tali frangenti, ma non dubito che sia incorso in qualche eccesso perché egli era un giovane impetuoso ed attaccabrighe; sta di fatto che I'indomani il severo cardinale Nicolò e suo padre Onorato decisero che partisse subito per le Fiandre per allontanarlo dalla vita gaia e sfaccendata di Roma nonché dalla non sernpre lodevole compagnia de' suoi coetanei. Quel giorno stesso il segretario Antonio Nanni fu spedito al duca d'Urbino per chiedere alcuni sperimentati uomini di guerra che servissero di scorta e di guida. 2) Per una.ragione o llaltra non fu possibile, però, dare immediata esecuzione a quanto si voleva e molti mesi si consumarono in corrispondenze e preparativi. Finalmente nel marzo dell'anno seguente Pietro partiva ") ben prowisto di commendatizie, ed il cardinale di Sermoneta si fece un dovere di dare a Filippo II formale annunzio che il nipote si recava in Fiandra per servirlo. 3) Pietro anzitutto si recò a Parma per far atto d'ossequio al duca Ottavio Farnese che s'era interessato a suo favore presso il proprio figlio Alessandro e, I'undici di aprile, passava per Torino ove fu amorevolmente ricevuto dal duca di Savoia. Traversando il Moncenisio, ancora coperto da folta neve, scese in Francia e, verso il primo di maggio, si presentava in Tournai al " Gran Capitano " che I'accolse con la sua solita cordialità, rimanendo favorevolmente impressionato dal marziale aspetto del giovane. a) In quel momento Ypres si era arresa e Bruges, ove negli ultimi otto mesi erano morte 40000 persone, stava per capitolare. Ora il Farnese era libero di rivolgere tutte le sue forze contro Gand che, formidabilmente armata e difesa da una cerchia di campagne inondate apposta, si preparava ad una estrema resistenza. 5) Il duca, che tutto dirigeva personalmente ed ovunque era presente, ordinò a Pietro di unirsi agli altri gentiluomini che gli servivano da ufficiali d'ordinanza e di seguirlo. Intanto Termonde, detta anche Dendermonde, a 26 chilometri da Gand sul fiurne Schelda, stava per cedere, e il duca, dopo aver assistito alla presa dei forti di Lille, vi si trasferì in persona per dirigere il definitivo assalto, Soggiornando due gíorni qua, tre giorni Ià, facendo la oita di t) Come oade meum del nipote, il card. di Sermoneta fece preparare dal Peranda vna Instrultíone uella quale, sotto bella forma letteraria, sono dati i precetti sul nodo di comportani alla corte del principe, curare la corrispondenza, raccogliere notizie militari, scivere il diario e co:ì via (Bíó1. Vat., cod,. Orrob. 2ó85, c. 59-81). Questo sitto fu molto 1) Murínellí,
2) Per.,
p.365.
I, p, 140; BibL s)
Thesoto,
Vat., cod. utb. 1051,
lY, p. 352.
+S
c. l92e
apprezzato come guida
per
i
giovani e, inorporato
The-
1722 e 1728). A giudicare dai fatti, credo che il nostro irruente venturiero ne abbia tauto ben poco conto, perché gli piaceva ^.sai piú di naneggiarc Ia spada che la penna.
see. Pqsusio della ry, vcdi C-1563.VI.14 6) Pítenne, p. 187. 2A98, p.39.
B. U. 8.,
ia
soro (VI, p. 352), fu tradotto aache in iuglese (&ít, Mus.,772.a.6) e pubblicato in tre edi"ioni (Orford, 1633,
e 19, N. ó2519 e85026.
Pietro C, parte per
Ia
Fiandra.
Primi
fatti d'armc,
GUERRA IN FIANDRA
248
Lib.
lll, Cap. XXll.
zingarí, lo stato maggiore era in moto continuo, in mezzo al fango, molestato da una continua pioggerella, dormendo come meglio si poteva sotto le tende e mangiando quel che si trovava. Il duca pagava di persona e altrettanto faceva quella dozzina di gentiluomini che formavano il suo seguito; si lavorava giorno e notte, in campi allagati, con I'acqua fino aIIa coscia. La nobiltà del sangue non impediva che ognuno, seguendo I'esempio del u principe ,,, prendesse in ispalla Ie grosse fascine per colmare i fossati tra il grandinare della moschetteria nemica. LJna, notte, sotto ai bastioni di Térmonde, nella foga del lavoro, Pietro precipitò in un fossato pieno d'acqua e, per il peso delle armature, vi si sarebbe affogato se non gli fosse venuto in soccorso un soldato spagnolo. Dopo un violento bombardamento furono tentati due assalti, e si stava per iniziare il terzo quando la piazza forte si arrese. 1) Indi il duca ritornò davanti a Gand che frnalmente capitolò il 17 settembre 1584. Gli abitanti, memori delle atrocità commesse dagli spagnoli sotto il sanguinario duca d'Alba, furono meravigliati di vedersi trattati con clemenza e umanità dal duca di Parma che voleva Vita
militare,
non solo conquistare ma anche addomesticare le popolazioni. Pietro era pieno di entusiasmo perché una simile vita rude e pericolosa gli piaceva e ben presto si distinse a tal puntg, come oalenthomo e d'anímo e dí ceroello, che il duca non solo ne andava facendo apertamente le lodi a tutti, ma gli promise anche di promuoverlo alla prima occasione 2) e di assicurargli un buono stipendio. D questo' in vero, Pietro aveva grande bisogno perché la spesa era enorme: non solo il pÍezzo di ogni cosa ela andato alle stelle, ma un uffciale di stato maggiore del secolo XVI non si contentava' come facevamo noi
altri nella Guerra Mondiale, di un attendente scalcinato e di una meschina cassetta militare. Pietro aveva con sè una vera piccola corte: oltre il capitano Flaminio Americi, Fabio Angelico, Giov. Battista, Francesco, Emilio Curzio ed altri messeÍí, aveva un seguito formato da 2 puggr, 5 mozzi di stalla, 4 stafreri e vari servitori. Per il trasporto dqli tmpedtmenta e delle
personev'eran4cania3cavalliognuno,Tcavallidaoita,Sronziniperifamiliariecosì 3) I via, sicché la spesa mensile ammontava alla cifra mirabolante di 680 scudi. Dopo qualche mese, caoalcando ogní giorno et buona parte della notte con S. A. per questí dicche con fango tanto grande et con acqua sotto e sopra, gli strapazzi finirono per minare la salute dell'intero stato maggiore e tutti si ammalarono ad eccezione del duca di Parma che continuava come se nulla fosse. Pietro cominciò per avere un grande attacco di dissenteria che I'ha fatto andarc più dí 150 oolte e poi, mentre si preparavano le operazioni contro Anversa, si ammalò con vomito, dissenteria e febbre altissima che Io tennero a letto per un mese e quasi lo condussero in frn di vita: si comunicò, tutti lo piangevano per morto, si erano fatte benedire le candele e dietro la a) Ma alla fine prevalsero portiera stava ascoso il frate con I'olio santo per I'estrema unzione. la forte costituzione e la giovane età e Pietro guarì. Ritornando alla vita, egli osservava che la guerra in Fiandra era tutt'altra cosa che I'esser bandito et far per Roma o altrotte iI braoazzo,
Assedio
d'
Anversa,
qui
non se csscssínc nessuno et se 'cognosce chí oale. Appena ristabilitosi, ebbe il comando di una compagnia
perchè
cavalli (6 feb.) 5) e prese parte alle operazioni contro Bruxelles e specialmente a quelle del famoso assedio di Anversa. Potentemente fortificata, in comunicazione col mare per via della Schelda, larga come un braccio di mare, e presidiata anche da truppe francesi ed inglesi, la città sembrava poter sfidare qualunque potente esercito. Ma il genio militare del Farnese e la capacità dell'ingegneria italiana superarono C-l584.VllI .22, N. 178901. t) c-1584.vlII.29' N. pasim, 5) C-15'0.XII ,31, N. l'1573E. 1)
177127.
9 C-
di
1584 .1;1..29,
N.
178914.
4)
C- 1592.Xl
[ag. 1584-apr. f5851
Assedio di Anversa
le difrcoltà insuperabili: in un primo tempo, per giungere al fiume con i propri navigli e con i rifornimenti senza esporsi al fuoco dei forti nemici, il duca ordinò che si facesse un grande canale che è restato famoso sotto il suo nome, e ciò si compì allagando una parte
anche
della campagna col tagliare I'argine del fiume
e
scavando
il
terreno ove le acque non erano
sufficientemente profonde.
-A Wfré#o
Impresa non meno ardita fu quella di la Schelda con un ponte fortificato
per impedire alle navi degli insorti e dei loro alleati di risalire il fiume onde soccorrere e vettovagliare la città assediata. Il direttore del lavoro fu I'ingegnere Barocci e, il 22 febbraio 1585, la gigantesca opera era II ponte di barche lungo 720 metri era rinforzato in vicinanza delle sponde da robuste stecconate; le testate erano guardate ' da due forti e, oltre all'armamento poderoso dei pontoni, I'opera era protetta, ad una certa distanza a monte e a valle, da una catena di zattere e travi, legate I'una all'altra con corde, per impedire alle navi nemiche compiuta.
investire direttamente il ponte. I difensori di Anversa, tagliati fuori da qualsiasi soccorso e destinati a perire di fame, decisero di fare uno sforzo supremo per distruggere il ponte. Essi affidarono I'impresa ad un altro ingegnere italiano, il Giambelli, che ideò una macchina infernale, costituita da un numero di navi riempite di grandi quantità di esplosivo, sassi, catene e ogni altro genere di proiettili. Queste, la notte Alessandro Farnese dal 4 al 5 aprile, furono guidate sino in mezzo (Bibl. Nat. Parigi; Estampes). alla Schelda dai loro equipaggi e poi, ad un certo punto, abbandonate alla deriva dopo aver dato fuoco alle micce. Per distrarre il nemico erano stati accesi grandi fuochi sui ponti di dette navi e dei battelli che le accompa-
di
gnavano.
momento che questa fantastica flottiglia ardente, galleggiando nel
strascinata dalle acque contro al ponte,
il
buio della notte, veniva
duca Alessandro Farnese, accompagnato da Pietro Caetani
e dal marchese del Vasto, tornava da una ispezione dei forti sulla destra del fiume; senza capire di cosa si trattasse, diede ordine di preparare la difesa e quando alcune delle navi (ché altre si erano arenate lungo la sponda) si fermarono impigliate nella catena delle zattere, comandò ai soldati di abbordarle per spengere i grandi fuochi che ardevano su di esse. Voleva egli stesso dare I'esempio con i suoi compagni quando I'al6ere spagnolo, Alonso de Vega, lo supplicò, non sapeva neanche veramente perché, di allontanarsi dal luogo. Cedendo all'istanza, il Farnese si era scostato di una sessantina di metri dalla scena quando la macchina infernale scoppiò Domut,
ll,
?2,
pontc macchina
infernale.
sbarrare
Al
ll e la
(stampa
fronte
orientale.
3"i;:1'L:"^l'?l,'uE,,u",p",1
e Del Vasto, che gli stat'ano accalto, o) Appena furono buttati a terra da una trave cadente e il Caetani fu probabilmente ferito. riavutisi, il Farnese ed i suoi compagni si precipitarono in soccorso dei feriti e diedero le dispor) sizioni perché si riparasse immediatamente la rottura del ponte. Salvo per alcuni incidenti del genere, non mi è possibile di precisare quanto Pietro compisse in tutte queste operazioni perché nelle sue lettere si preoccupava piìr di fare atto di cortesia e di sollecitare quattrini che di narrare le proprie gesta. Sappiamo però che fu ferito abbastanza gravemente e che il duca, sempre più apprezzando il valore del giovane, gli diede il comando di alcune compagnie di cavalli e di una d'archibugieri con ordine di traoagliare il 2) nella frontiera orientale. nemico, prima nella Gueldria e poi dalle parti di Maestricht Da due anni a questa parte la guerra era scoppiata sul confine tedesco, nella diocesi di Colonia, donde un esercito protestante, di concerto con quello del conte Adolfo di Neuenar nella Gueldria, faceva pressione contro al fianco spagnolo per separare il duca di Parma dalle sue forze in Frisia, comandate da Verdugo. Pietro Caetani fu messo a disposizione di Ernesto di Baviera, vescovo di Liegi e arcivescovo di Colonia (che aveva sostituito I'eretico Gerard Truchses), e tanto si distinse che nel mese di agosto gli fu afrdato il comando dell'intero settore con grado di generale. Il suo piccolo esercito era composto di 20 compagnie di cavalli e 3000 fanti, 3) e la sua opera si estendeva da Nímega de Gheldría sino alla frontiera de seminando
Sul
Lib. III, Cap. XXll.
CUERRA IN FIANDRA
250
la
morte tutto intorno. Farnese nonché Caetani
Francía de Cambrag. a) Era una guerra piìr di posizione che di movimento, intesa ad impedire I'avanzare del nemico, perché il Farnese non era in grado di mandare le forze occorrenti per .) Così
pailìcularmenle en la eslequaila ile Anoers ad onde queilo hefido
da una supplica indirizzata da PietroCaetani a Filippotll nel 1603 ove dice che egli sírolà (Farnese) en todas las ímptesas g iornadas de aquel tíempo a 1) Fco,
almeno apparirebbe
qp.
X.
,) C-1585.IV.29, N.
1055 e
eeg.
(c - r 603 s)
.
vII, N.
145 r 49).
c- ló02, N. 1,t790t.
î
c- l603.vII, N. 145149.
[apr. 1585-ag. f59O]
Vicende varie
251
Ie vie di ritirata quasi interamente tagliate, Pietro si fortificava mentre assediava u Alouis >>r ptonto tuttavia a dare disperata battaglia se costretto a farlo dall'avanzare del nemico. r) Così, nella giovane età di 24 anni, il Caetani ebbe la soddisfazione di veder riconosciuto il suo innato talento di uomo d'arme; prevedeva tuttavia che, quando sarebbe stato rilevato da qualche pezzo grosso nel comando affidatogli, avrebbe dovuto rinunziare al grado di generale per riprendere quello piùr modesto di capitano. Logorato da 20 mesi di dura campagna, verso il Natale del 1585, ebbe il permesso di fare ritorno a'Roma per riposarsi. In ricompensa del servizio prestato e dietro raccomandazioni del Farnese, Filippo Il gli concesse di far parte del Consiglio di guerra in Fiandra (27 gen. 15S6). Trattenutosi in patria fino al mese di ottobre, ripartì per raggiungere il Farnese, conducendo seco il fratello minore Ruggero. Questi era stato destinato dal padre e dagli zii a seguire la carriera ecclesiastica ma, sentendosi poco attratto in 2) quella direzione, volle piuttosto sperimentarsi come venturiero nel mestiere delle armi. Il secondo periodo che Pietro trascorse in Fiandra fu meno felice del primo; I'esperienza e gli onori avuti avevano smorzato in lui quell'ardore e quella spontaneità che erano state cause del suo primo successo. In aggiunta alle belle qualità militari aveva anche alcuni brutti difetti: era autoritario, arnbizioso e pieno di se stesso, ciò che lo rendeva egoista, duro verso i propri dipendenti e a volte. scortese con i suoi pari ed anche con i superiori. Appena tornato in Fiandra, venne in contrasto con uno degli ambasciatori accreditati presso il Farnese. Dal fratello Ruggero richiedeva obbedienza come se fosse stato suo figlio, 6nché un bel giorno il giovane si ribellò e lo mandò a farsi benedire. Per questo complesso di cose il Farnese non fu molto premuroso .nel dare a Pietro il comando di un ., terzo > (ossia reggimento) di fanteria italiana, sicché piìr volte questi fu sul un'azione aggressiva. Con
punto di piantare il servizio e tornarsene in ltalia. Tuttavia il duca lo impiegò di continuo nelle operazioni militari, nel corso delle quali Pietro riportò un'altra ferita. In questa epoca egli compì una riuscitissima imboscata contro il nemico nelle vicinanze di Berghes ") che fruttò 50000 scudi di bottino, in riconoscimento di che il duca di Parma gli fece dare un soprassoldo di 2 000 scudi. Venti anni piìr tardi la contabilità militare del regno spagnolo gli fece richiesta delle pezze giustificative di tale riscossione, che altrimenti gli sarebbe stata detratta dallo stipendio di cui godeva come membro del Consiglio Collaterale in Napoli: ciò dimostra che la burocrazia, almeno 3) da 300 anni a questa parte, si è tenuta fedele ad alcuni grandi principii fondamentali. Quando nel 1588 si preparò il corpo d'armata per invadere I' Inghilterra, egli si trovava col fratello a) la famosa disfatta dell' u lrusencíble Ruggero a Bruges, pronto all' imbarco col proprio reparto; Armada, spagnola frustrò tale progetto. Poi fu rimandato ad un comando di cavalleria sulla frontiera del Reno, ma poco dopo rinunziò la propria compagnia di lance al fratello Ruggero perché finalmente gli era stato concesso dallo stesso re Filippo il tanto desiderato comando di un u terzo > d'infanteria italiana (20 giu. 1590). 5) Non ho potuto rintracciare altro su quanto Pietro e Ruggero operarono in Fiandra 6nché il legato Enrico Caetani si trovava assediato in Parigi nel 1590. Come ricordato nei precedenti capitoli, entrambi i fratelli andarono due volte in Francia con le truppe che il duca di Parma mandò e poi condusse personaLnente in appoggio del Mayenne contro il Navarra. Pietro col q) Prob. Berghes-op-Zoom, attaccata dal
Famse nel 1588 (Fe+
p'
321).
C-1593.11.27, N. 35652. ) C.t5S5.ttl .23, N. 178910; Vll.24, 178909: Vrtl.25,N. 1789?4. '?) 1586.X.6, N. 16959; ) c-tólo.lll .2, N. 74605. {) C-l5ES.VIll.14, N. 22099. I 1590.Xll .31, N. 145738.
Ritorno
in
patria.
'Ripresa del servizio militare
252
Pietro C. abbandona
il
servizio.
CUERRA IN FIANDRA
Lib. Ilt, cap. XXII.
suo reggimento prese parte a tutta la campagna e particolarmente all'espugnazione di Corbeil (16 ott.) e al combattimento del 29 novembre presso Guise, quando il Farnese, marciando in ordine di battaglia, stava per lasciare Ia Francia e rientrare nel proprio stato. In questa località il Farnese si separò dal Mayenne lasciando a lui 4 500 soldati del suo esercito, tra cui il reggimento italiano del Caetani e quello spagnolo dell'ldiaquez. Non passò molto iempo che questi due reggimenti furono chiamati da Soisson, ove s'erano acquartierati, a l) Parigi per rinforzarne la guarnigione. Frattanto giungeva la notizia della elezione di Gregorio XIV e le cose si mettevano tanto bene per i Caetani in Roma che Pietro credette non erroneamente che gli si sarebbero presentate in Roma migliori occasioni di avanzamento e di onori che non restando col Farnese. Perciò il 3l decembre 1590 prendeva la via del ritorno e, come vedremo nel capitolo seguente, dopo pochi mesi fu nominato prefetto della cavalleria dell'esercito che il papa stava per spedire in Francia.
* Ruggero dopo la morte del padre prese il titolo di marchese di Cisterna, cedutogli da duca Pietro, ma non sembra essersi servito di esso che negli ultimi anni della vita. Rimase al servizio del re con la compagnia rinunziatagli dal fratello e prese parte attiva a tutte le operazioni in Francia; nel luglio 1593 il conte Carlo di Mansfeldt, suo protettore, lo mise al comando di tutta la cavalleria leggiera in Francia. 2) Purtroppo, dopo Ia morte del duca di Parma, Ie cos. militari della Spagna avevano presa una brutta piega: grande era il malcontento delle truppe 3) Ruggero era da pobo a non pagate da 14 mesi e ad ogni momento succedevano disordini. capo del suo nuovo reparto di cavalleria, quando guesto ed il terzo di Camillo Capizucchi si ammutinarono. Il primo si adoperò ad aggiustare la questione delle paghe ma, non avendo voluto i superiori accettare le ragioni addotte, egli diede le sue dimissioni in segno di protesta. a) Dopo di ciò Ruggero si trovò disoccupato e dissestato: la speranza di avere un reggimento di fanteria italiana era nulla, poca quella di esser rimesso a capo di un grosso reparto, nè egli credeva più confacente alla propria dignità di riprendere il comando di una semplice compagnia. Privo dell'appoggio e dell'incoraggiameúto che gli aveva sempre dato il duca di Parma e stanco del dover continuamente stare in campagna con gli stítsaloni aí píedí, pensò o di tornare a rivedere Roma dopo otto anni di assenza o di recarsi in Spagna per brigare di persona qualche grazia con I'appoggio dello zio Camillo. Appena saputo che questi era stato nominato nunzio alla corte di Madrid, gli avea scritto una lunga ed affettuosa lettera la quale doveva predisporlo ad adoperarsi con tutto I'animo a far riconoscere gli eccezionali meriti del nipote; alla missiva il nunzio rispondeva con una punta d'ironia : Sía fingratiato Dio, che doppo esser stato due anní senza haoeî nuooa alcuna dí ooi; nè ín Roma nè ín Allemagna, nè sapere s'eraoate morto o oíúo, sía finalmente comparsa una oostra lettera.5) Il patriarca gli promise di occuparsi attivamente delle sue pretentíoni, ma lo sconsigliava di tornare in ltalia perché ciò avrebbe indebolito Ia propria posizione, ed era contrario che andasse in Spagna perché avrebbe guastalo íl negotÌo del fratello Pietro, il guale stava smovendo mare e monti per ottenere il Tosone d'Oro ed una pensione. Intanto la situazione degli spagnoli in Fiandra era andata ancora peggiorando sotto il governo dell'arciduca Ernesto; Enrico IV, diventato effettivamente re di Francia per consenso
Ruggero caetani'
2, C-1597 c., N. r) Fea, ep. XVll. ) c-t59t,il.27, N, t5652.
193691.
, c -1593 .Vll .27. N. ó7898.
.t) c-1593.vilt.3t, N. tó8t57,
t64926.
Ruggero Caetani
[nov. 1590-mar. f5971
253
l) e, di concerto con le Province Unite popolo, aveva dichiarato la guerra alla Spagna dell'Olanda, stava stringendo I'esercito nemico come in una morsa. Le cose assunsero un'altra 2) il Fuentes riprese I'offensiva, invadendo la Piccardia, riportando piega quando, morto I'arciduca, una bella vittoria a Dourdan e riconquistando Cambrai.. Ruggero partecipò all'intera campagna che rialzò il prestigio del veterano esercito spagnolo; anzi si comportò tanto bene che il Fuentes scrisse a Filippo II per mettere in rilievo il suo operato.3) Tuttavia le spese continuavano a crescere e Ruggero, non bastandogli la paga di 186 scudi e la magra pensione che gli passava la Casa, dipese principalmente dai denari che ogni tanto, con esasperante parsimonia, gli mandava lo zio Camillo da Madrid. Da Roma non c'era hulla da sperare perché si cercava di dar corso alle economie ed il cardinale Enrico aveva cominciato di
per esercitarla sui nipoti. cose presero una migliore piega: il 30 agosto 1595 il nunzio consacrava a) e, in ricompensa di ciò, il re concesse con laboriosissima funzione la basilica dell'Escuriale che a Ruggero fosse dato una << piazza u nel Consiglio di guerra, una provvisione di 100 scudi al mese (ma per un anno soltanto) e la promessa del comando del primo terzo che sarebbe vacato. 5) In tal senso il re scriveva tre lettere di vive raccomandazioni al nuovo governatore delle Fiandre. 6) Ben attribuita era la ricompensa: nella presa di Calais nel 1596, il principale Finalmente
le
sforzo nell'azione decisiva fu dovuto a Ruggero che, con la cavalleria da lui comandata, ruppe le file nemiche. Il Fuentes gliene riconobbe il merito, D mu con tutto ciò non poté contentare il giovane nelle sue aspirazioni perché di terzi di fanteria non ve n'era che uno solo, quello del marchese di Trevico, il quale non aveva la minima intenzione di rinunziarvi. Così si trascinava la vita. Oramai da dieci anni Ruggero era lontano dalla patria e, per guesta continuata assenza, la famiglia si era in certo modo staccata da lui; per mesi di seguito egli rimaneva senza una lettera dei parenti, il che gli dava il senso di essere da tutti abbandonato.
8)
Per consolarsi Ruggero aveva preso per amante una giovane di buona famiglia di Bruxelles, Jaqueline van den Herens, la quale alla fine dell'aprile 1597 gli fece il regalo di un bellissimo maschiotto a cui fu dato il nome di Gregorio, in ricordo del fratello morto nella verde età di 23 anni. Ignoro tuttavia quanto interesse Ruggero prendesse all'awento di questo rampollo: anzi osservo che egli prese la via di Spagna due mesi prima che nascesse, ciò che dà il sospetto che abbia cercato di eclissarsi. Il putto fu battezzato il 28 aprile I 597 , ma nella fede di battesimo si evitò di far apparire il nome della madre. e) Così grave' per quanto naturale, mancamento procurò al capitano i severi rimproveri degli zii, i quali ne trassero argomento per diminuire la pensione che gli passava la Casa. Ruggero protestò vivacemente facendo presente che gli era impossibile di vivere con meno di 300 scudi, e rispettosamente osservava che pur doveva mantenere i suoi cavalli che, comunque, non potevano campare con la frugalítà d'un camaleonte
!
Stanco del lungo panzientare, Ruggero decise di prowedere per proprio conto e perciò nel mese di marzo, omnibus ínoítis, prese Ia via della Spagna per andarvi ad accrescere il numero dei postulanti che popolavano Ie anticamere del palazzo reale; in queste nuove funzioni si adoperò con quella energia che, a parer suo e del fratello, mancava allo zio Camillo. E non credasi che nel secolo XVI si chiedessero le grane sovrane con I' umiltà di un supplicante; r) ó)
N.
c-
t
Dichiarazionc
595 . IX,
ó7897.
N.
di euerra: C- 1595.1.14. N.
19675.
177788. t)
6) C - 1595 .1X. 28 - 29.
s) C-1597.lV.28, N.85314.
1595.I1.
N. 2539, 18556.
s) C - I 595 .VllI . 2ó, N. 164907 ctc. 7) Btbl Vat., Brb. Lat. 6030, c. I l.
a) Vedi Cap. XXV. 8) C- 1595.11.15,
Gregorio illegittimo
di
Ruggero.
CUERRA IN FIANDRA
254
Lib.
lll,
Cap. XXIL
tutt'altro! Nelle istanze predominava il tono di chi domanda una cosa che gli spetta di diritto, una nota di arroganza quasi: ed il bravo Giovanni ldiaquez ed i suoi colleghi si difendevano il meglio che potevano dai giornalieri incessanti attacchi con larghezza di parole e di vane Promesse. Alla fine la Corte propose di dividere la torta col dare a Ruggero una fetta della ipotetica pensione del fratello; cosa che il primo rifiutò con sdegno, protestando che sempre aIIi caoalli magrí oanno Ie mosche. t) Fiae Vince chi Ia dura: alla fine, forse per sbarazzarsi di lui, il re concedeva a Ruggero di di Ruggero' .così entrare nell'ordine di Alcantara. u) Ottenuta una soddisfazione morale e spinto dìlo zio che desiderava di vederlo allontanarsi, Ruggero verso la fine del 1597 riprese la via dell' Italia dalla quale la professione di venturiero I'aveva tenuto lontano da oramai dodici anni. Fece ritorno in Spagna nell'ottobre 1599 col fratello Pietro e, dopo che questi, ottenuto il Tosone d'Oro, partì insieme con lo zio Camillo, richiamato dalla nunziatura, rimase alla corte per continuare la vana caccia ad onori e ben rimunerati inearichi. Nel frattempo tempestava lo zio per un aumento di pensione, non bastandogli i 2 000 scudi annui che Ia famiglia gli passava ; il vizio del giuoco aggravava la situazione. Alle volte a'ssumeva un tono minaccioso al punto che un giorno il patriarca addolorato scriveva al Rota z Io ho ooluto troppo per questi due nepotí soldatí et Dio pwga íI mio peccato per I'rsfesso mezzo ! 2) Dopo aver ottenuto guanto gli fu possibile, stava per imbarcarsi per I'ltalia quando nel dicembre 1602 si ammalò gravemente in Barcellona ed il giorno 26 testava, 3) raccomandando ai fratelli che conducessero a Roma ed educassero il figliolo illegittimo Gregorio. Pochi giorni dopo spirava.
a)
a) Cedola (C - I 598 Ruggero
.
ll.
7,
N. I 8564-5)
confermata
fu aroato evaliere in Roma, nella
chiega
il IX. 9.
fessò nel monasrero
di S. Pu-
il 18.1.1599, per mano di OttavianoCapranica; pror) C- 1597 p6.dr. ) C- lóOl .Vll-31, N. 72131 ctc.
fu
di
accettato nell'ordine
di Valladolid e il 4.1V. 1602 (C- 1602.1. 7, N. 8470).
S. Benito
deoziana,
I
C- I ó02 . XU.26, N. 186610
etc.
4) C- I ó03 . ll . 10,
N. 51206.
'
CePrrolo Xxlll.
RTDDA DI PAPI E CONCLAVI. (NUNZIATURA IN GERMANTA). (t5e1-15e2)
EL corso
di
sedici mesi morirono quattro papi e
vi
furono molte
novità.
Sigillo dell'Università
di
La
Sermoneta.
elezione
l)
di un nuovo
Appena saputo della morte di Sisto V, il cardinale Enrico partiva da Parigi, ma non era ancora arrivato alla frontiera svizzera che ricevette la notizia della morte del successore tjrbano VII; per paura di non arrivare in tempo, proseguì in gran fretta e, come Dio volle, giunse in Roma il 29 di ottobre 1590 entrando lo stesso giorno nel conclave; questo già era stato chiuso da tre settimane, ma doveva durarne ancora altre cinque. pontefrce era un awenimento
di
capitale importanza non solo
per
cristianità, ma specialmente per Ie famiglie papali di Roma e per i dignitari della curia: avere un papa amoreoole, col quale si ebbe grande intimità mentre era ín mínoríbus ed alla cui
la
elezione si fosse contribuito efficacemente, voleva dire assicurata la propria fortuna. Per guesto motivo il piir delle volte, quando la scelta cominciava a delinearsi chiaramente, c'era un subitaneo collasso delle pih ostinate opposizioni e i cardinali correyano tutti assieme a prosternarsi davanti all'eletto prima che fosse sanzionato lo scrutinio definitivo. Tale modo precipitoso di chiudere il conclave entrò in uso da Clemente VII in poi e, oltre alla soddisfazione degli interessi personali, contribuiva anche a troncare I'ingerenza spagnola che, all'ultima ora, si faceva sempre
più
incalzante.
differenza di quanto era awenuto nel conclave di Sisto V, il re Filippo volle impone Ia propria scelta al Sacro Collegio perché la questione della Francia gli stava troppo a cuore per poter ammettere che vi fosse un papa che lo contrariasse nella sua tenebrosa politica. L'im-
A
petuoso Olivares, quindi, cercò di spadroneggiare e si rese odioso; Montalto diventò l'esponente del partito anti-spagnolo. Dopo lunghe lotte, durante le quali per un momento sembrò che la fortuna volesse favorire Marcantonio Colonna, la sorte si librò sopra Facchinetti e Sfondrati, candidati spagnoli. Caetani era tutto per il primo, ma alla fin dei conti fu scelto il secondo perché uomo poco sano, di minor valore e meno pericoloso. LJn suo contemporaneo lo definì nel seguente
\ c- t577.Vll.4,
N. 75595.
t
conclavi.
RIDDA
256
DI PAPI E
Ub. Ill,
CONCLAVI
Cap.
XXlll.
ìi &
po"o spiríto, buon gentilhuomo et non sanguígno; quello che nuoce è I'esser gíoùane a) dí 53 anní et tutlo spagnuolo, ma però male afatto et che ogni poco che tta ín cocchio il Montalto entrò nella sua cella per annunziargli che i voti si erano conuîina sangue. r)
modo:
Quando
centrati su di lui, trovò vanti al crocifisso. Politica interventista
di
Greg. XlV.
Camillo
nunzio in Germania.
il
sant'uomo inginocchiato da-
GRsconlo XIV. Le aspettative di Filippo II non furono deluse per quanto riguardava la politica francese del nuovo papa: questi subito chiamò a far parte della congregazione di Francia i cardinali Madruzzo, Santori, Facchinetti e Caetani, tutti notoriapro-spagnoli. A quest'ultimo chiese anche di mente Moneta Caetani della sede vaente (ott.-nov. 1590). b) preparare un completo, benché succinto, îagguaglio sulla situazione riscontrata durante la sua legazione, ed il cardinale si valse dell'occasione per illustrare e giustificare il proprio operato. 2) Per il Caetani ciò fu una grande soddisfazione perché finalmente si vedeva messa in testa quella coîona dì gloría, della quale i parenti e familiari gli avevano scritto tante volte per consolarlo delle amaîezze che gli dava Sisto V. Era evidente che si sarebbe dato esecuzione a quell'aiufo dí genti e dí denarí di cui erano piene tutte le sue lettere scritte dalla Francia. Ma Gregorio XIV era lento nel muoversi: passarono vari mesi prima che desse corso al progetto che il Caetani gli illustrava con vivaci colori; e bisogna dire che il Navarra, il quale di piùr d'un anno aveva fatto trascorrere il termine promesso per la propria conversione, dava ottima prova che quanto I'antico legato aveva detto a profusione era vero. Intanto il pontefice manifestava la proprii benevolenza verso la Casa concedendo promozioni ed ufficii e permettendo che i beneficii ecclesiastici, di cui già godeva, passassero dai prelati più anziani a quelli più giovani. ") Ma la piir grande delle grazie si ebbe quando, il 2 aprile 1591, nominava Camillo Caetani nunzio apostolico presso I'imperatore Rodolfo II di Germania, 4) con potestà di legato de latere.5) Corse la voce che tale designazione fosse di gradimento alla Spagna. d) Nei giorni seguenti furono preparati gli innumerevoli brevi che accom.) L'eccessiva longevità di un pontefice era la costante preoccupazione del Sacro Collegio; come si vede, la teoria dell'o av' era in voga anche nel secolo XVl. Però all'ulvicendamento
'
di cui si
in
questo capitolo, Onorato scriveva al patriare Camillo: Il colleggío non senle bene quesla oolta le tanle seì!í oacanli ... non oogliono píù questì papí bí-
timo dei conclavi,
parla
mesbi el ùercmeìte guesle seilí oacanlí cosT spest€ son Ia ruína ìlella Sede Apostolica el ilella Cfuístíanítà tutta (C ' 1592 .l ,4 , N. 2r473).
b) Durante la prolungata sede vacante che precedette l'elezione
di
Gregorio
XIV, il
Caetani, come card. camerlengo, fece
coniare varie monete che portano il suo stemna: in Roma, una doppia, uno scudo d'oro, un testone ed un giulio; a Fano, una baiocchella; a Macerata, un teslone e una baiocchella. Nella sede vacante
del 1591, precedenle I'elezione di Innocenzo IX,
benchè durasse soltanto due settimane, fece coniare una doppia
ed un tetone. Sua Maestà
tali uronete che si c) Bonifacio
r)
il
Re si è degnato
di
mandarmi
i
calchi di
conservano nella Sua raccolta numismatica.
fu fatto
referendario
Postor,X,p.5lScit.Cod.Vat.Urb.
e al card. Enrico fu conferito il governatorato del monagtero di S. Marcello Laudonensls (Prg, 2668).ll 15 ,V. 1592 il pontefice concedeva che
il
patriarca Camillo rinunziasse
la
commenda di
S. Vincenzo al Volturno (di giuspatronato di Ettore Pignatelli), il monastero di S. Maria da Pattano ed il priorato di S. Andrea di Torino al nipote Antonio, che già godeva del monaatero di S. Maria . de Griptis " c della prepositura di S, Vincenzo di Capua (Prg. 2494),1-n stesso giorno accordava simili grazie all'altro nipote Benedetto, al quale Camillo rinunziava la commenda di S. Maria Ab Angelo u di Faenza, il priorato
"
dei SS. Pietro e Stefaao di Valvisciolo (\s. 2493 etc.). Bonifacio fu ammesso agli ordini minori il 19.1X,1592 ed Antonio il 2E.Xll .1591 (Ptg. 1608); il primo fu ordinato prete
il 22.v.1593 (h9
1678\.
Caelano ,.. sîa slala procurcta da Spagnoll, perchè dooenilosl tra pocht mesi tenete la dìela genaale ín Germanìa pet la eleltíone dl un nuooo te de Romanì ol habbíano queslo prelato confidenle loro elc.
d)
Dîcesl che
(Schaelzct, p.
Ia nuncíatwa del
X)OilD.
nel marzo (Ptg,3439)
1058,p.506. 2rB.U.B.,cod.
1499,
lll,n. ll.
\ PE.3l4,
t) Pre,245O.
Nunziatura in Germanla
[dic. 159o-mag. f59l]
pagnavano ogni ambasciatore pontificio
257
e dei quali molti ancora si conservano nel nostro
archivio.
putriur"u òu*illo li esaminò mentre in viaggio e, trovandone due indirizzati a persone defunte, scrisse al Peranda: lúon dor:endo ío haoet commercío con essi, mi sono poco a proposito, r) nè ho punto íntentíone di presentarlí ! Il breve delle facoltà fu emesso il 25 aprile. Da tutte le parti fioccavano lettere di congratulazioni: da Ranuccio Farnese, dal duca d'Urbino, dall'infante Caterina, da cardinali, da amici e nemici; ma in vero la nunziatura non era molto desiderabile perché in paese infestato dall'eresia, con molte dificoltà da superare, molto da fare e poco utile da ricavare. La scelta però era caduta su persona degna di questo. e di piir alto incarico. Camillo è una bella e simpatica figura della nostra Casa: modesto e pure sicuro di se stesso, era dotato di una mente chiara, precisa e profondamente logica; allo stesso tempo aveva uno spiccato sense of humour, che ad ogni momento traspare nei suoi scritti. Era un devoto seît)ítore della propria famiglia e, quando si trovò a capo di essa, la diresse con ferma mano. Il bravo e sagace Peranda gli fu affezionato, anche piìr che al cardinale Enrico, perché ne 2) valutò le maggiori qualità. Dal giorno che Camillo partì da Roma per cinque anni di seguito, ossia finché gli resisté la vista, il Peranda accompagnò I'amato discepolo con la mente e col cuore nelle sue missioni in Germania ed in Ispagna, scrivendogli regolarmente lunghe lettere nelle quali lo ragguagliava concisamente sugli eventi politici, sugli intrighi in seno alla Curia e sulle ui."nd" familiari; all'occorrenza aggiungeva il suo saggio consiglio. Queste lettere che contengono il giudizio di una mente singolarmente arguta sugli awenimenti del tempo, furono poi raccolte 3) di cui conosco due sole copie, e sono una preziosissima fonte di informazioni, che in un "odi"e sembra essere sfuggita all'attenzione del Pastor e degli altri storici. Le lettere originali sono perdute. Il nunzio partì da Roma verso il primo maggio 1591, accompagnato dal nipote Benedetto, giovane diciassettenne di singolare intelligenza ed elevatura d'animo, e dalla " famiglia " ; volle anche avere con sè úî uomo di cappa e spada perché sapeva che in Germania non era facile di girare ovunque in veste talare: tanto odio e tanta insolenza ostentavano gli innumerevoli protestanti. A Firenze il patriarca fu accolto assai amorevolmente dal granduca Ferdinando, grà acerbo nemico del cardinale Enrico, il quale gli prestò la propria lettiga per il viaggio sino a Bologna, e scrisse a tutti i suoi ambasciatori di fare quanto era possibile a favore del nunzio. Così, passando per Ferrara, Innsbruck, Monaco e Vienna, Camillo si awiò verso Praga, ovunque u""olto con straordinaria cortesia; e non erano soltanto parole, perché I'arcivescovo di Salzburg gli donò una carrozza con sei bellissimi cavalli, il duca di Baviera un crocifrsso in oro e argento, e non diversamente si comportarono con lui altri principi. Camillo si sentì un poco imbaanno razzi^to dai donativi, ma lo rassicurarono che tale usanza vigeva per il nunzio che arrivava ; un piir tardi doveva accorgersi che c'era anche un rovescio nella medaglia per il nunzio che partiva. Finalmente dopo aver conferito in Vienna con gli arciduchi Mattia ed Ernesto, il 20 giugno entrava a Praga ove, tre giorni piùr tardi, accompagnato da Alfonso Visconti, vescovo di Cervia, nunzio uscente, presentò le proprie credenziali all'imperatore ; dopo di ciò ebbe una seconda udienza privata durante la quale il sovrano conversò con lui confidenzialmente, parlandogli in spagnolo, e grad di conoscere il giovane Benedetto che gli fece una forbita onzione. Pochi giorni dopo partiva il Visconti, al quale tutti vennero a dare un cordiale addio: era stato I'enfant gaté della corte ; appena arrivato, I'imperatore aveva chiesto per lui il cappello cardinalizio, ma le gelosie della Curia e I'opposizione degli Sfondrati avevano fatto naufragare
il
1) Schaeiret, p. XXXV. cod. 790
(l 189)'
Domus,
ll,
33.
'z)
Dall'll .V. l59l al 26.[)(.1595.
t) Per. MS,, ossia
z4rc. Coel., Mlsc.
C-57 (903) c B. U. B,'
L'ex-nunzio Alfonso Visconti.
258
RIDDA DI PAPI E CONCLAVI
Lib.
lll,
Cap.
)O(ll.
questa sua aspirazione, realizzata soltanto nel 1598. Ora se ne andava con la promessa della nunziatura in Ispagna, ma anche in ciò doveva rimanere deluso. D'altra parte il nunzio stesso era stato prodigo
verso
tutti:
aveva regalato a profusione chínee, timpani dt ztbelltno et anímalí mostruosi del settentrîone pet un valore di 5 000 scudi. Ora, alquanto indolenzito dai reumatismi e dalla gran vita, partiva un poco accíaccato d'aníma e dì corpo ma in gran pompa, portando in tasca un
di
Attivita del nunzio Caetani.
Rosenberg
orologio
e
seduto nel cocchio a sei cavalli regalatigli dull'i*p"rutore. Larga e vistosa era la sua carovana, nella guale spiccavano in gÍan numero valletti in giubbe rosse ed.i solenni dromedari; precedeva .. Don Vincenzo ,, vestito all'ungara col robbone di velluto ed il bastone
in mano. ") successore deve aver subito colpito per contrasto. mise coscienziosamente all'opera: uno dei compiti principali era di com-
La condotta modesta e seria del suo
Il patriarca Camillo si battere la Riforma che da ogni parte dilagava, ed in ciò trovò più uppoggio nell'imperatore -frocessioni che nella nobiltà e nel popolo. Appena giunto in sede, fu spettatore di di oltre 4 000 persone, che si aggiravano per le strade di Praga inveendo contro i cattolici e pregando Iddio d'illuminare I'imperatore. Contro tale marea eretica il patriarca lottò con tatto ed "o"rgi", moderando le disposizioni troppo vessatorie date dal Vaticano e valendosi delle sue u facoltà , come strumento per conquistare terreno e autorità. Altra immediata cura del nunzio fu di sorvegliare il reclutamento delle truppe che veniva fatto in lsvizzera ed in Germania, tanto da Enrico IV quanto dal re di Spagna e dalla Chiesa, per la guerra che si delineava in Francia. Era suo dovere ostacolare gli intendimenti del primo e appoggiare quelli della propria parte; opera non facile perché I'arruolamento si faceva privatamente da agenti che andavano di casa in casa, ricevendo il giuramento dei mercenari e pagando un anticipo del soldo. r) L'esame dettagliato dell'attività diplomatica del Caetani durante i tredici mesi della sua missione non è oggetto di questa cronistoria e perciò ometto di accennare alla questione di Polonia e alle altre importanti che egli ebbe a trattare; osserverò soltanto che in lin"a general. egli proseguì I'opera svolta dal suo predecessore, in conformità alte precise istruzioni inviate da Roma, che lasciavano poca libertà d'azione ai nunzi; nè durante la sua permanenza vi furono notevoli mutamenti o fatti nuovi nella politica e nei problemi religiosi dell'impero. Egli operò con la sua innata sagacia e prudenza e le osservazioni da lui fatte furono in- un "ond"o*t" memorandum ad uso del suo successore. 2) L'attività del Caetani è illustrata nella corrispondenza che si conserva in Vaticano, b) nell. minute che si trovano nella Biblioteca Universitaria di Bologna, ") e negli incartamenti dell'Archivio Caetani. Essa fu manifestamente apprezzata tanto dali'imperatore quanto dalla Curia 3) e, nonostante le insidie e le rivalità, gli preparò la strada per la piìr ambita di tutte le nunziature, che era quella di Spagna. Viene ora a proposito di parlare di quanto accadeva in Roma. ,) (C- l59l .Vll .1, N. 67136). Per un
esteso esame
dell'opera svolta dal Visconti e retativa dmumentazione, vedi Schaeízet.
b) Pubblicata da Josef Schweizer ia Nuntíatwktichte aus Deutschland,ll Abt., III Ban,l . Díe Nuntien in Prag,. L'A. ha pubblicato ín ed.enso o cou rcgcti il fondo vatieno Getm.
N. I I 2,
che contiene tutta
e guella del Caetani sino
la corrispondenza del
Vironti
al 29 .X . l59l . Questa pregevolc open
è, purtroppo, incompleta perché a partire da questa data
i
rapporri
cenzo IX e devono trovarsi in altro fondo del Vaticano che non è venuto a conoscedza dello Schweizer, ma che comunque esiste alla B. U. B, (cod.2098 e 1499-ll) e nell'Arc. Cact. (Mric. C-55 bis).
")
Questo fondo fu asportato dalnostro archivio, come ricor.
datogià a pag. 195, in modo che in questo 6ono rimaste tutte le lettere familiai e, a Bologna, la corrispondenza uf6ciale; qrrcst'ultima, copiata per ordine di mio fratello Leone, fa .parte dell'lrc. Caet., Misc. C-55 bis.
del Caetani furono diretti personalmente al nuovo papa Inno-
t) Pet. MS., p.329.
2)
Schwcizet,
p.781.
B) Ct. Ioi, p,
XXXVll,
nota 2.
Spedizione in Francia
[gen.Jug. l59l]
*
259
{. :11
La prima e più importante questione di cui ebbe ad occuparsi Gregorio XIV, appena salito al soglio pontificio, fu la matassa delle cose di Francia; anzi si può ben dire che era stato fatto papa coll'aiuto di Filippo II appunto per questo scopo. Perciò, sin dal principio del 1591, il pontefice cominciò a dare esecuzione a quel programma stesso che il cardinale Caetani, mentre legato in Francia, aveva spietatamente marteltato in testa a Sisto V in ogni sua missiva: ordine alla nobiltà e ai cardinali Vendòme, Lenoncourt e Gondi di allontanarsi dal Navarra sotto pena di soggiacere ai piùr severi provvedimenti spirituali ; alleanza con la Spagna per simultaneo intervento armato del duca di Parma dalle Fiandre e dell'esercito pontificio dalla Savoia; utilizzazione dei milioni che Sisto V aveva accumulato con tanto amore nelle casseforti di Castel S. Angelo. Purtroppo, I'azione alla quale si metteva mano era, oramai, destinata a fallire per due ragioni. In primo luogo perché era passato il momento propizio: Enrico IV si era meglio preparato militarmente ed il suo prestigio in seno alla propvia nazione si era rafforzato per il fatto stesso che la Spagna aveva dichiarato la guerra alla Francia; si era formata una vera ed efficace cooperazione tra il re e le province ribelli della Fiandra, sicché il Farnese cominciava a trovarsi malament'e stretto dal nord e dal sud; inoltre il grande capitano era scorato dalla guerra insidiosa che gli facevano all'Escuriale. In secondo luogo gli uomini a capo della direzione politica e militare dell'intervento apostolico erano impari pl compito. Gregorio XIV affidò il comando dell'esercito al nipote Ercole Sfondrati, e a Pietro Caetani fu data la carica alla quale aveva aspirato da tanti anni: il 3 maggio il papa, ricordate le benemerenze della Casa, I'esperienza ed il valor militare di Pietro, lo nominava prefetto generale, ossia sommo comandante, della cavalleria pontificia.r) Il 12 del mese lo Sfondrati, decorato tre giorni prima del titolo di duca di Montemarciano, prestava giuramento in S. Maria Maggiore e riceveva il bastone di comando e lo stendardo pontificio, sul quale erano ricamate molte belle parole. Del reclutamento dei mercenari svizzeri era stato incaricato l'abile nunzio apostolico in Lucerna, Ottavio Paravicini, mentre in Lombardia venivàno formati altri reggimenti di fanteria e cavalleria. ll l8 di maggio Pietro Caetani partiva da Roma, accornpagnato dal fratello Gregorio ") e da largo stuolo di familiari; giunto a Bologna, si unì col Montemarciano ed assieme proseguirono per Parma verso Milano, raccogliendo per istrada i reparti di truppe già formati, mentre dal valico del San Bernardo calavano le bande dei feroci mercenari. In Fiandra, così dicevano gli avvisi, il duca di Parma si stava mettendo in ordine per marciare in soccorso di Parigi. 2) Ma giunti a Milano, l'esercito si immobilizzò per quasi due mesi a causa di una grave nialattia del duca di Montemarciano e per una generale lentezza nel mandare avanti le cose; ciò era un cattivo prognostico per I'impresa. 3) Il marchese Pietro s'impazientiva ed era indispettito dal cattivo andamento militare della spedizione e dalle continue spese che gravavano la sua persona. Era partito da Rorna con 5 000 scudi .)
Marcantonio Colonna (C- 1577.X11.2, N. 150E4 erc.). Due mni più tardi ebbe sicuraioae della commenda di Polizzi in Sicilia, traferita poi a Maruggio (C- l5l9.Xl . 10, N. 15709;
Gregorio Caetani, già sin dal tgmpo che accompagnò lo
zio legato in Francia, dsiderava dedicarsi al metiere delte armi, ciò petà non gli fu permesso a causa della giovane età
(C-l590,ll.lE, N,1377). A
Prg. 2964; C- l5E5.X. 25
sei anni era stato r;vestitodel-
I'abito dell'ordine gerosolimitano per interessamento dello zio r) Pry'
3426.
,
C-1591,VI .8
etc.
3) Fer. MS.,
c.
12.
etc.).
lntervento
armato in Francia.
Reclutamento
delle truppe.
Lib. Ill, Cap. XXIII.
RIDDA DI PAPI E CONCLAVI
Iasciando indietro molti debiti; ma, potendo riscuotere le prowisioni della sua carica soltanto dal giorno che avrebbe avuto il comando effettivo del suo riparto in marcia, ben presto questi denari non bastarono più perché, quando si trattava della propria reputatíone, Pietro non aveva t) Di qualche consolazione gli fu la notizia, comunicata dal duca di Sessa, riguardo alle spese. Filippo lf lo un"uu dispensato per ora di presentarsi a lui in Spagna e che anzi, considerato
lngresso in Francia.
"ù come nel momento attuale, servendo la Chiesa, serviva anche il re, aveva ordinato di continuargli il soldo che aveva ricevuto in Fiandra' 2) Finalmente, guarito il duca, la mostra generale fu tenuta in Feliciano il 30 di luglio, dopo 3) di che pietro, in esecuzione degli ordini del suo capo, si mise in avanguardia con la sua
cavalleria, scortata da reparti di fanteria. Per via del Piemonte e della Savoia I'esercito penetrò in Francia. Qui convenne di andare guardinghi perché i due famosi capitani del Navarra' Alfonso Corso e Francesco Lesdiguières, stavano in agguato. Pietro, poco curandosi di loro, I'ardire e la avanzava audacemente perché, come uomo sperimentato nella guerra' sapeva ch.
primi requisiti del successo. D'altro parere era lo Sfondrati a cui'non piaceva si permetteva il suo generale e, poco esperto nel mestiere delle armi, temeva I'indip"nd"nr" a) "h" che questi s'impegnasse prematuramente in una battaglia' Non è i*probubil" che già sin dal primo ingresso in Francia vigesse del malanimo tra pietro e il Montemarciano, e che I'origine di esso debba rintracciarsi nel lungo periodo di opinione che aveva inattività in Lombardia, quando forse il primo, nel manifestare la grande di se stesso, lasciò trapelare quanto poca ne aveva delle qualità militari del suo capo. che Mentre l'esercito uuunrunu verso la Lorena per tagliare la via alle truppe germaniche per meglio dire, gli strapazzi venivano in appoggio di Enrico lV, il marchese Pietro si ammalò: come della marcia fecero scoppiare di bel nuovo gli efietti della si6lide, che egli aveva riportato u) carattere Essa rovinò la vita di Pietro, e I'asperità del ricordo perenne daile Èiandre. parte ed il dispetto nel quale frnì per prendere ogni cosa si debbono attribuire in buona la cura perché richiamato alla lue. Costretto a ritirarsi a Lione peî pufgafsi, non poté ultimare in fretta dal Montemarciano, 5) siccht i nuovi strapazzi provocarono una ricaduta. Decise allora di andare a Nancy presso il duca di Lorena per riprendere la cura e, per questo tragitto di il permesso al 30 miglia, voll. uv"re seco una indispensabile scorta di 20 lance; ma, chiestone rispondere che le truppe Montemarciano per tramite di suo latello Gregorio, quello gli fece perciò lo pregava' se erano sfrcc che e più stracche sarebbero state al ritorno da Nancy; che voleva farsi scortare, di assoldare gente del paese' Il marchese si sdegnò a tale ,ifru,o " ,"rirr" una <( polizza ,, assai risentita; letta la quale, il duca chiamò Gr"gorú " gli disse che se íI sígnor Píetro ooleoa mantener quello che Ie generale, I'harsetebbe talto haoeoa scritto ne mintitsa p,"", lo golo et che, fuori del carìco rapidità sono
Malattia
di e
Pieho C. diverbio
con Sfondrati.
i
(Per. Ms., c' 319). Queto terribile male, the subito dopo la scoperta dell'America s'era sparso per tutta I'Europa e poi negli altri continenti, fu importato in ltalia dalle truppe di Carlo VIII nel 1495; esso fu perciò detto moúo gallíco o mal ftancese' dai sarta de francesi mal ile Neaples, mentre in Ispagna si chiamava principio .Indas, ognuno desiderando di drne il merito agli altri' Da
ò
Della
..- il
,Sole e I'auree stelle mutar |utle e il'agltare han fona La tena, íI liquíd'aere e í campl ondosl elc' Non sluPírai se oeggs a cettí lemPi A nuooe lnfezlon I'aere suggetto E nuooe Pesll aì mlsefi oioenll
Di
il suo orrore e nePPule fu considerato un male vergogn*o, tanto che nel 1530 Girolano Fra'
ad aso un bellisimo e lungo pama latino' Sgphilíssíoemotbus gallícus(Verona, 1530; Roma I531 ; Bsi-
Addur Ie stelle e Ie remole elatl (p'
lea, I 536), riedito con traduzione da Vincenzo Benini sotto iltitolo
r) C- l59l .VII, N. 28406 ac' 5) C- 1591 'lX' 7, N'
passim.
') C- l59l 'Vll'20' N'
165E69'
ilel Morbo GaIIlco erc' (Bologna, 1765)' Potse trascere qualche volta senza con'
male
dei pianeti:
castoro dedicò
4-13
il
tatto di perona infelta, da stravizi e dalla maligna congiunzione
non fu compreso in tutto come
Sírtltule oooeto
Riputavasi che
53ó66
2l e 23)'
[lug.-ott. l59r]
lncidente Caetani-Sfondrati
buono con spada e cappa,' intanto lo privava del generalato. l) Invano monsignor Matteucci, il duca di Mayenne e quello di Parma, nonché amici dell'una e dell'altra parte cercarono di rimediare all'incidente fra il Caetani e lo Sfondrati. Quando il rapporto del Montemarciano pervenne in Roma, il papa confermò I'ordine di dimissione; i Caetani erano fuori di se stessi perché vedevano perduto il favore del pontefice. Non solo Roma e I' Italia ma tutta I'Europa si riempirono di chiacchiere, e dell'incidente parlarono persino Ie gazzette in Germania. Chi prese le parti dell'uno, chi dell'altro, ma a gioirne furono i nemici e gli eretici perché arguivano da questo screzio che l'esercito era díssipato per'Ia díscordia deí capi, senza disciplina, ineffrciente e non avrebbe tardato adisgregarsi. 2) Non erano lontani dal vero; difatti, quando giunse la notizia che Gregorio XIV era morto e che d'altra parte il Farnese non era ancora in grado di venire incontro allo Sfondrati, I'esercito della Chiesa cominciò a sbandarsi ed in Francia non sussistette che un piccolo nucleo di cavalleria. 3) ***.
Pietro rimase a Nancy finché gli parve d'esser guarito, poi, profondamente disgustato, si avviò verso I'ltalia sperando che, con la sua presenza in Roma, avrebbe potuto farsi rendere giustizia dal nuovo papa. Mandò avanti messer Cola con i cavalli, I'argenteria ed il grosso del bagaglio ed egli stesso prese la strada di Basilea e Lucerna. Or awenne che, oltrepassata la piccola città di I /z-tf,) r .\-v:y Altdorf, all'imbocco della valle che conduce al San Got7 l" cì). tardo, il 25 ottobre, gli capitò uno spiacevole incidente. ,,*'l?ffi' ', irl{: t{ Mentre Pietro procedeva a cavallo, in compagnia di don Gregorio e di alcuni servitori, gli si accostò un caÈiìn, l,\ pitano degli svizzeri dicendo che il podestà di Altdorf
ì'
desiderava parlargli ;
il
marchese rispose che si affrettasse
di
venire perché aveva premura d'andare avanti, ma che tuttavia avrebbe rallentato l'andatura della comitiva. Invece del podestà, lo raggiunsero vari capitani ed un colonnello che lo circondarono e gli fecero voltare il cavallo, sicché ben presto egli e suo fratello s'accorsero che erano caduti prigionieri. Domandato del perché, fu loro risposto che le autorità svizzere volevano che Pietro Caetani l (Palazzo Caetani). essi regolassero un conto da lungo tempo pendente: quando il cardinale Enrico era legato a Parigi ed a) monsignor di aveva dato al Mayenne i famigerati 50000 scudi per . pagare gli svizzeri, Porzia aveva promesso alle soldatesche che il legato si sarebbe adoperato afrnché il papa avesse pagato ad esse anche il rimanente del soldo che ammontava a circa 80000 scudi. Questo po' di fumo gli wizzeri I'avevano preso come un impegno formale ma, allorché si rivolsero a Roma, fu risposto loro che Sisto V non aveva mai acconsentito a pagare tale somma e che non esisteva alcun documento a provare le loro pretese. Gli svizzeri quindi volevano considerare ora casa Caetdni personalmente responsabile ed intendevano detenere in ostaggio i due giovani signori finché il conto fosse regolato. A nulla valsero le vive proteste e gli argomenti giuridici r\ Pet. MS., c.
2E,
2) C-1591
.X.5, N.
2146ó.
3) Pen MS.,
c. 5Ov,
a) pae. 222.
Arresto .
di Pietro C. in Svizzera.
RIDDA DI PAPI E CONCLAVI
262
Lib. IIl, Cap. XXlll.
nonché la questione di fatto che Pietro e Gregorio non c'entravano per nulla e che lo stato di Sermoneta non apparteneva nè a loro nè al cardinale; gli svizzeri non vollero sentir ragione. Il podestà con dolcrssime parole fece presente quanta sarebbe stata la gloria della Casa s€, per tramite di questa, fosse stata soddisfatta la nazione svizzera e suggerì che intanto si
Dopo di ciò lasciò i due signori in un'osteria, guardati da una diecina di soldati, e fece ritorno ad Altdorf ove riunì il consiglio perché si pronunziasse in merito. l) Questo decretò che non si liberassero i nobilissimi gentiluomini finché qualcuno, non importava chi fosse, avesse pagato gli 80 000 scudi. Gli svizzeri tedeschi non sono famosi per i loro modi cortesi e, quando ci si mettono, sono straordinariamente cocciuti. Invano si adoperaronb il duca sfioalassero.
di Terranova, governatore di Milano, nonché Pompeo della Croce, ambasciatore spagnolo in Isvizzera, ed altri amici; lo stesso nuovo papa, Innocenzo IX, tre settimane dopo la sua elevazione, scrisse due brevi, uno ai Sette Cantoni Cattolici e I'altro al cantone di Uri chiedendo la libe2) Detti razione dei due signori, ma non riconoscendo in alcun modo il debito della Santa Sede. brevi furono portati da un capitano svizzero della guardia di Ravenna. L'arrivo di questo messo (l dec.), anziché risolvere, peggiorò la situazione: gli svizzeri di Altdorf gridarono ooler perdere príma Ie loro mogli e t figlnoh che liberare i Caetani; si riuniiono il consiglio di Uri e quelli degli altri cantoni cattolici nonché i capitani ed i colonnelli dei mercenari ed alla fine, in nome di tutti, il landsmann Biintner annunziò essersi decretato di lasciare le cose come stavano finché non venisse una defrnitiva risposta alle domande presentate a Roma per tramite di un loro inviato speciale; intanto si pregava il duca di Terranova e I'attrî signorí di non píglíar a male questa soprasedenza.3)
*'*"'i:?:
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conclave lNNoce,nzo IX. Mentre avvenivano gli incidenti di cui si è detto sopra, fnorto r^' Gregorio XlV, si era proceduto ad un nuovo conclave sul quale Filippo II fece pressione perché
qr di lnnoc. ''ru!' lX.
a) si eleggesse persona disposta a proseguire la politica francese già imposta al defunto papa. La 21" domenica dopo la Pentecoste, ossia il 27 ottobre, il Sacro Collegio entrò in clausura con tutto il seguito di segretari, amici e parenti ; il cardinale Enrico pranzò nella sua cella col
fratello Onorato, coi nipoti don Filippo e I'abate Bonifacio, con monsignor Lomellino ed il segretario Fabio Angelico; dopo di che risuonò per le sale il grido Extra omnes e furono cacciati tutti gli estranei. ll Caetani, prima di chiudersi in conclave, aveva assicurato il cardinale Facchinetti (SS. Quattro) che awebbe votato in suo favore; questi gliene fu grato e ricusò di dare ascolto ai disseminatori di zízzanie che volevano fargli credere che Caetani avrebbe votato per Santori (S. Severina). a) Già sin dai primi scrutini i voti si concentrarono sul Facchinetti, b) sicché il terzo giorno, della situazione e trattative ") Per dettagliatissima analisi primae durante il conclave, vedi lettere del Peranda in Pet, ùts.,
b) Nei primi due *rutini anche il Caetani ebbe un voio, atto di cortesia, forse, dello stesso Facchinetti.
c.30-45. t) c.l59r .x.31, N.
65703. n C-t591 .xl.19, N. 93281.
3)
C-l59l.Xn.28, N. 75464, 150628. a)Pcr.MS.,c.4lv.
Conclavi
[ott. 1591-gen.16921
263
il Montalto cessato di opporsi a lui, si poté procedere alla adorazione del nuovo papa, che prese il nome di Innocenzo IX. Al momento che messer Fabio buttava la cappa sulle spalle del camerlengo Caetani e gli metteva in mano I'anello piscatorio da consegnarsi al pontefice, gli chiese sottovoce se poteva presentargli anche il memoriale per una piccola grazia; rna il cardinale gli fece osservare che non era questa I'ora opportuna, incalzando invece guella del Cicero pro domo sua; eÍa difatti consuetudine che ogni cardinale presentasse al papa, appena eletto, una domanda di grazia che del solito non veniva rifiutata: il camerlengo implorò la nunziatura di Spagna per il fratello Camillo. Tale supplica non era certo di poco momento, perché detta nunziatura era la piùr ambita di tutte, essendo la corte di Madrid quella che governava il mondo; da essa si dispensavano pensioni nonché cariche onorifiche e lucrose; chi poteva trovarsi in intimo contatto col sovrano godeva di una eminente posizione e poteva avvantaggiare gli interessi propri e dei congiunti. r) Un boccone da bolognesr, la defrniva Camillo al Peranda. Il pontefice si tenne molto vago e riservato nella risposta, come anche non volle pronunziarsi sulla domanda del marchese Pietro per esser reintegrato nella sua carica. D Più generoso fu il re di Spagna: il duca di Sessa fece sapere il gran segreto (ma il îomore si sparse poi in tutta la Curia) che sarebbe stata data una pensione di 6000 scudi al Montemarciano, una di 4000 al cardinale Sfondrati e una di 2 000 a Pietro Caetani. 3) La benevolenza del nuovo papa, si limitò nell'adoperarsi per la liberazione del marchese dalle mani degli svizzeri e ciò egli fece malgrado le pressioni del cardinale Sfondrati perché Pietro rimanesse sotto custodia tanto sicura finché non avesse fatto pace col Montemarciano. a) avendo
*** Clgt'aEnre Vlll. Dopo un breve pontiGcato di due mesi, anche Innocenzo lX moriva e, conclave di - Collegio entrava nuovamente in conclave. La situazione politica non clemente Vlll' il l0 gennaio 1592, il Sacro era sostanzialmente mutata: i cardinali erano gli stessi e immutati erano pure gli . ordini u che
II impartiva ai u suoi ,, cardinali per tramite del duca di Sessa. Il principale candidato spagnolo era Santori, che era anche il più degno di diventare papa; in secondo luogo era stato designato Madruzzo e poi Galli, Paleotto e Colonna; come ultima carta il Sessa aveva Sua Maestà Filippo
su per la manica I'Aldobrandini, ma
di ciò non fece motto ad alcuno. Durante la prima notte dopo la chiusura del conclave si fece un conto esatto dei voti e parve sicuro che il Santori aveva la necessaria maggioranza di due terzi più un voto; perciò all'alba Montalto e Madruzzo, capi dei due principali gruppi alleati, si recarono nella cella dell'eligendo e gli annunziarono che la scelta ricadeva su di lui; mentre il personale del conclave saccheggiava, come era consueto, la stanza dell'eletto, questi veniva condotto alla Cappella Paolina per l'adorazione, accompagnato da 36 cardinali. All'entrare nella porta, Sforza, uno degli awersari, fermò per il braccio Ascanio Colonna e con poche parole lo scosse dalla fede data la mattina innanzi al duca Onorato e agli altri della casa Caetani, suoi parenti. Mentre, in mezzo a grande confusione, si procedeva con difficoltà alla conta dei cardinali presenti, ad un tratto Ascanio annunziò ad alta voce che non avrebbe votato per S. Severina. Così crollò tutto I'edifizio che già sembrava perfetto. Il vecchio Santori si comportò nobilmente sotto questo grave e quasi umiliante colpo. t)
C-
l59l . XI . 2, N.
21472
c
57649.
2)
Pq.
MS., c, 53.
3\ Ioi, c, 6?.
t)
loì,
c.7l
u,
264
RIDDA DI PAPI E CONCLAVI
Lib.
lll,
Cap.
XXlll.
Il
Sacro Collegio quindi navigò in alto mare per un mese: la candidatura di Madruzzo fallì per I'opposizione del Montalto e, a conti fatti, gli altri tre nominati dalla Spagna non potevano riuscire. Allora il duca di Sessa fece pervenire al Caetani in conclave (chiuso a tutti salvo a quelli che si dovevano escludere) l'ordine oenuto da Spagna di adoperarsi a favore di Aldobrandini e Caetani lo confidò in grande segreto al Montalto, suo strettissimo amico, u) sicché erano i due soli ad essere consapevoli della cosa. La ragione per cui il cardinale Enrico comunicò le istruzioni avute a Montalto e non a Madruzzo, capo della fazione spagnola, è che quest'ultimo era talmente inviperito contro I'altro che non si sarebbe mai piegato a chiederne la cooperazione. Così il Caetani, assicuratosi del Montalto, con abile manovra condusse il Madruzzo a prendere in considerazione la nomina di Aldobrandini, cosa però alla quale non foté giungere 6nché non ebbe in mano la prova matematica che gli altri tre nominati di Spagna non avevano alcuna possibilità di essere eletti. In altre parole, a causa della ostilità sorta fra i due cardinali, costoro non si sarebbero mai accordati sull'Aldobrandini se non fosse stato per le amicizie e il saooír faire di Enrico. Di ciò il nuovo papa si rese perfettamente conto e, appena proclamato, espresse la sua gratitudine al Caetani dicendogli motu proprÍo che voleva dare la tanto ambita nunziatura di Spagna a Camillo; aggiunse tuttavia che intendeva che tale missione non durasse piùr di due anni. Ma non si limitò a questo e vedremo come continuò a dimostrare la sua benevolenza verso i Caetani per vari anni, e cioè frnché vissero il cardinale Enrico ed il patriarca Camillo; dopo di che, disgustato del duca Pietro, poco s'interessò piùr alle sorti della famiglia. b)
*
{< :1.
Torniamo ai nostri prigionieri. Tre giorni dopo la sua elezione, Clemente VIII spediva wizzere; per effetto di questi e di 2000 scudi che servirono ad ungere la mano dei caporioni, Pietro e Gregorio furono finalmente rimessi in libertà dopo una prigionia durata piìr di quattro mesi. ") Ai primi del marzo 159? i giovani arrivavano in Milano. II marchese Pietro, al quale gravava sullo stomaco lo screzio sofferto a Nancy e che sempre era pronto a far questione, si recò subito dal duca di Mantova per consultarsi con lui in merito al duello col Montemarciano. Il papa, risaputa la cosa, fece chiamare il duca di Sermoneta e gli dichiarò che voleva assolutamente che non si venisse alle armi e che si chiudesse la vertenza. l) Ma il marchese era d'altro parere. due gagliardíssimí brevi alle autorità
Sfida CaetaniMontemarciano.
i due cardinali è ricordata dal seguenti parole: VuoI Monlalto che sappÍa ogn'uno che tíene Caelano per suo slrcllíssímo, confidentíssîmo a)
La
grande amicizia tra
Peranda con
le
hanno
Ia
da
mano
iI
esser
Patrcnl del suo pontíficato e, loccandosl con mí teslíficò che guale due famíglíe sono omale
pc[to,
da leícome
Di ciò
íI
suo sangue proprío (c. 108). diede prova tra altro conferendo,
il l3 ,X.1592,
el prìncípallssímo amíco, et che esso ha fatto Íl papa (Clemente VIll) et che tulloè stoto opeta et manifaltuta sua (Pet. MS.,
il
c. 93).
card. Enrico, promozione
b) Questi dettagli sono tratti dalla importante relazione che il Peranda fece al nunzio Camillo Caetui sugli avveaimenti del condave (Per, MS., c.70-94).ln s troviamo anche che nello ste$o mese di febbraio il papa, parlando col Peranda, gli dirc
duradte la legazione in Francia e che tanto aspramente era stata criticata dai navarristi e dallo stesso Sisto V. ù (C - 1592. lll . I 5, N. 21475). La questione con gli svizzeri fu de6nitiyamente regolata nel 1594: addì 9 marzo, S.-us Dn." rclull! concordatum fuísse pro iumma 40 000 sculorum cum Heloetìís supet slípendíis gue praelendebant a Sede Apostolica(Arc, Vat., Act. concist. an. l49E-1644, î. 215),
esser prooerbío
della Corle che
ma ch'è isolula ìlí fat Íalza,
perché
iI
chí
là îI
papa non
conoscoe che
la
lo
godc:
propositíone
è
catilinale Caetano e Montallo e le Case loro
r) c- 1522. Il . 2d, N. 75315.
vescovato
di Bari a Giulio
ints
Cesare Riccardi, segretario del ad approvarc I'opera da lui svolta
.
Sfida Caetani-Montemarciano
[sen.-ret, 1592]
265
Aveva detto il Montemarciano che avrebbe regolato l'incidente con cappa e spada, appena cessata Ia sua carica di generale; perciò, quando Pietro seppe che I'awersario se ne tornava in ltalia, diede ordine a tre suoi antichi soldati, che aveva lasciato apposta in Milano, di presentare il cartello di sfida. Ma il duca, che sapeva di essere nel torto, non aveva molta voglia di battersi e perciò si ritirò nel castello di Bellagio, dando ordine alle guardie di vietare I'ingresso a gualungue rappresentante del Caetani. Allora il marchese ricorse all'astuzia e il primo di giugno spedì un corriere che, fingendosi latore di altre missive, riuscì a presentare al duca in persona una lettera di Gregorio, che fungeva da padrino, con la quale si dava un termine di
50 giorni per ritrovarsi sul
terreno.
Intanto, non sicuri che lo stratagemma sarebbe riuscito, gli amici e agenti di Pietro in Milano, eccedendo gli ordini ricevuti, avevano fatto eseguire cento copie della lettera che fu distribuita a gran numero di gentiluomini ed una di esse fu affissa sulla porta della casa Sfondrati. Quando pervenne in Roma la notizia di quanto era awenuto a Bellagio, il papa andò sulle furie, sicché il marchese giudicò conveniente di eclissarsi, insalutato ospite. Poi ai primi di agosto partiva per Milano per trovarsi a disposizione del Montemarciano; durante questo viaggio il giovane Gregorio si ammalò a Firenze e, il 20 del mese, soccombeva ad una violentissima febbre.
Il
r)
papa tuttavia era deciso d'impedire
ad ogni
costo
il
duello e,
il
16 settembre, si rivolgeva
Farnese perché si adoperasse energicamente afrnché il fatto d'armi, che doveva 2) Intanto, per dare maggior peso compiersi aIIa macchic, ossia di nascosto, non avesse luogo. alle proprie parole, aveva messo il marchese al bando per disobbedienza, ciò che frnalmente indusse questi a rimettere Ia faccenda nelle mani del duca d'Urbino, alla cui presenza, il 4 ottobre, il l\[ontemarciano fece completa ritrattazione ") e fu firmata la pace. 3) Dopo di ciò Pietro chiese al papa perdono e licenza di tornarsene in patria. a)
a Ranuccio
*
{.* Intanto, a Praga, Camillo stava sulle spine per la tanto ambita nunziatura in Ispagna e scriveva al nipote : Quanto siano curiosí Iì successi d'un conclaoe a un nunzío apostolíco, potete pensarlo ooi! Finalmente giunse la lieta novella che Aldobrandini, tanto amico della Casa, era stato eletto e che aveva concesso a Camillo quanto egli desiderava. In breve fu scelto il successore nella person* ài rnon*ignor Cesare Speciano, vescovo di Cremona, e, dato che era desiderio non solo del papa ma anche del re che Camillo andasse ad occupare il suo posto al piìr presto possibile, questi cominciò a prepararsi per il viaggio, vendendo argenteria e mobili onde semplificare il trasloco alla nuova e distante residenza, operazione che in quei tempi era tutt'altro che agevole e assai dispendiosa. Purtroppo, monsignor Speciano amava di procedere aIIa castigliana e, ora sotto una scusa, ora sotto un'altra, dilazionava la partenza con grande esasperazione
ù Copia àeIIe parole detle dal sÍg. duca dÍ Monte Mat' cíano alla prctenza del síg. iluca d' Utbino rer.^o el d'allrí caoalíeil: . Síg. narchese della Cístema, es*ndomi cerlíficalo che V. S. il\.^o non hebbe întentíone dÍ darml nota dî mancemenlo, ml duole dí quello ch'îo díssí chìc poleoa ptegludícate 1) Gaer. MS,,
ll, c. 298 v,
r) c- 1592. lX. l,ó, N. ó9556. Domut
ll,
34,
2)
all'honor suo,
[haoeilí fusse
ìn
e lo rítrctlo e
leoato
atmullo, el ml ilnrr,escíe anco il caico del genercIalo dello catallefia et, se
potet mío, gIí Io rutíluircí dí buon cuore, conoscendone
f. S. n.* N. 14479).
meúteoole
Atc. Nop.. Brwi Famsiani, N. 122; C- 1592,1X.29, N.
el
caoaliet
tó576E.
d'honote, (C-1592,X,4
8) C-1592.X.4,N,25022,
Camillo nominato nunzio
in
Spagna.
RIDDA DI PAPI E CONCLAVI
Quadro
di
Ciulio Clovio-
Lib. IIl, Cap. XXIII.
di tutti. Per cavarlo dall'ltalia, scriveva Onorato, ci volevano più, argani e c era maggiore difficoltà che non ebbe Sisto V per Ia trasporlatione della guglía. Camillo dovette pensare ai regali da farsi il giorno che si sarebbe congedato ed in ispecial r
modo a quello per I'imperatore; si rivolse al Peranda perché gli trovasse qualche quadro di autore, bene adatto allo scopo, e il suo buon amico offerse di cedergli un ritratto di S. Orsola, dipinto dal famoso miniatore Giulio Clovio (f 1578). Nel fare quest'ofterta il Peranda narrò la storia del quadro che, per esser forse non ancora conosciuta, voglio ripetere con le stesse sue parole: All'eccellenza dell'opera sÌ aggiunge che è quadro dí deootíone, se bene la pittura non si díchiara da sè, perché par rítratto et non è, et pur è rìtratto ma rítratto di oísíone. Don Giulío Clooío, che fu iI pittore, era solíto dí raccontar quest'historia che, trooandosí ín Francía aff.íttíssímo dí febbre quartana, si raccomondò a Sant'Orsola Ia t)igilía della sua festa, mentre si approssimaoa I'hora del parosísmo. Riferíoa che sí addormentò et oidde in sogno questa Santa Vergine che gli dísse che iI Signore lddio a sua intercessíone gli rendeoa Ia sanítà, e da quell'hora rimase sano ; et Clemente Vlll afermaoa di haoer riportato ín questo quadro Ia íma(Bib. Nat. Parigi, Estampes). gine di quella Santa che oidde ín sogno. Lo dísse a me ín partÍcolare pochi giorní príma che sì morìsse, et per fihaoer iI quadro mi oferse le'opere t) sue, eccettuate quelle che erano del síg.' cardìnale Farnese. Il quadro.fu affidato al vescovo di Cremona perché lo portasse a Praga. Appena giunto il successore, Camillo si congedava dall'imperatore e, il l0 luglio 1592, partiva per Roma ove arrivava alla fine di agosto. u)
*
** Per quanto riguardava la politica francese, Clemente VIII proseguì attivamente quella de' suoi due predecessori senza tuttavia curarsi di dar nuova vita a quel nucleo d'esercito pontiÉcio che era rimasto in Francia, incapace di svolgere un'azione qualsiasi. ll 26 febbraio fu revocato dal comando il duca di Montemarciano e per un poco il pontefrce, come egli stesso ebbe a dire al cardinale Caetani, fu propenso dd affidarlo al duca Onorato, nel quale caso a 2) Ma la natura litigiosa del marchese suo luogotenente sarebbe stato nominato il figlio Pietro. ed il poco ossequio alla volontà del sovrano, di cui diede prova proprio in quei giomi recandosi a Mantova per consultarsi in materia del duello, devono aver fatto cambiare di mente il pontefice. Quel che I'antico legato aveva ripetuto a usura a Sisto V, cioè che il Navarra non aveva nessun intendimento di farsi cattolico se non costretto da assolute necessità politiche, veniva comprovato ogni giorno di più; I'unica speranza per salvare la religione cattolica nel regno era di agire con energia e severità. In un primo tempo il papa contemplò la convenienza di 'in Francia lo stesso cardinale Caetani, il cui operato era stato consono rimandare come legato alle attuali direttive politiche del Vaticano, affinché conducesse a termine la missione già cominciata a) Passaporto con firma e magnifico sigillo dell'imperatore (C ' 1592
t) Pen MS., c.
144.
t) Ioi, c'
172.
.Vll .7, N. 30213).
Clemente
[r5e2-r5es]
VIII ed Enrico IV
267
con tanta determinazione e coraggio. Tale nomina sarebbe certamente stata una grande soddisfazione morale all'amor proprio della famiglia ed era auspicata dal re di Spagna; ma i Caetani erano terrorizzati all'idea di dover nuovamente imbarcarsi in sì pericolosa avventura ed incorrere in un altro disastro finanziario. l) Perciò, dopo piìr maturo esame, la scelta cadde sulla persona del cardinale Sega. L'energica ed abile azione di Clemente VIII e la stanchezza generale in Francia per I'interminabile guerra civile, finalmente, indussero il Navarra ad uscire dall'ambigua posizione nella quale aveva con ostinazione perdurato da anni rispetto al suo ritorno alla fede cattolica; ostinazione tanto piir irragionevole in quanto il re di per sè non aveva precisi convincimenti religiosi mentre si rendeva esatto conto che il popolo francese, in grande maggioranza, era profondamente
e
sinceramente cattolico.
così alla fine, per espediente politico, il Bearnese accettò di abiurare la fede protestante; il che avvenne con solenne cerimonia nella chiesa di Saint-Denis il 25 luglio 1593. Trascorsero tuttavia altri due anni prima che il papa si piegasse a concedere al principe, due volte eretico e per la seconda volta convertitosi, I'assoluzione apostolica e lo riconoscesse come Enrico IV, Cristianissimo Re di Francia. In tal modo rimasero frustrate le rapaci mire di Filippo II e fu salvata la religione cattolica. In vero possiamo chiederci a che valsero i milioni spesi, le migliaia di vite spente e lo strazio della bella terra di Francia ) Certamente se Enrico IV avesse abiurato al tempo di Sisto V, come aveva promesso di fare, la situazione si sarebbe risolta tre anni prima; ma quello che nessuno può dire è se, sopravvivendo quel grande pontefice, la sua condiscendenza avr.bbe condotto il Navarra a convertirsi prima, oppure se fu la politica intransigente, invocata dal legato Caetani e messa in atto dai successori di Sisto V che servì, congiuntamente ad altri fattori, nellf indurre il re a pacifrcare gli animi de' suoi sudditi riportando il regno in grembo alla Chiesa Cattolica. Quando Enrico IV fu riconosciuto ufficialmente dal pontefice (17 set. 1595), il camerlengo 2) Caetani, che sino all'ultima ora fu contrario a tale atto, si credette in dovere di scrivergli una lettera di congratulazione e di omaggio per dissipare gli effetti, se non il ricordo, del malanimo che aveva regnato fra loro; la lettera fu affidata a Davy du Perron, al momento che questo ambasciatore del Re Cristianissimo, dopg la cerimonia, tornava in Francia. In essa il Peranda, che certamente la vergò, con la sua innata arte diplomatica riassunse la mente e I'opera del legato con le parole .... me ne rallegro ínsieme con Ia Chíesa Cattolica essendosí ticonciliato con Ieì íI suo primogeníto, et fatta quella buona uníone, che sola poteoa esser Ia salute de' popolí, de í quali fin da quella hora, che fui legato ín cotesto Regno, questa Santa Sede è stata perpetuamente con ansia, più per timor della conutela spirituale che per le arme cíoílí, sapendo quanto sia peggíor iI male, che ha forza d'uccider Ie aníme, dí quello che può causat
E
Ia
ruina dellt stati et Ia perdíta delle persone.3)
Scudo d'oro del cametlengo Caetaai; sede vacante
del 1590. Pet MS., a. 124, 131.
2) Ior, c. 254.
s) Pet., p. 394.
Conversione
di Enrico lV.
Caprrolo XXIV.
VITA ROMANA. (t5e2-t5ee)
REVALEVA
che nulla fosse più pericoloso solleone; con tutto ciò il patriarca Camillo,
I'idea nel secolo
del viaggiare durante
il
XVI
dopo avere affrontato tale pericolo col tornarsene da Praga in patria durante il mese d'agosto, si afirettò a ripartire per la sua nuova destinazione in Ispagna, appena ultimati
i
necessari preparativi.
o)
senonché le partenze in quei tempi non dipendevano unicamente dal viaggiatore ma anche dalle Possibilità di trasporto: durante tutto il mese di ottobre il nunzio dovette pazientare perclté Partenza
del nunzio C. per la Spagna,
p.')).
Trofei di bronzo l)
7G
B
d""a
giungessero
da Genova in Civitavecchia le Promesse navi. Final'
l"J;;j'ifi,." :l;:J#l"T im,:::;": l";,::':n""*1il*".;":
turione, perché le altre due,la Reale e la Capitana, erano state seguito' 2) Pigiato come occupate da Carlo Colonna, dalla fresca sposa e dal loro numeroso in una scatola di sardine, il nunzio partiva alla volta della Liguria senza alcuna certezza di come e quando avrebbe potuto proseguire per la Spagna' Rima d'imbarcarsi aveva scritto un affettuoso saluto a suo padre, lungi dal sosPettare Argentario, sorpleso da violenche questi l'indomani, mentre le galee passavano davanti al monte Roma. ll doloroso annunzio gli pervenne in tissima febbre maligna, doveva .-ir" ,ubi,un""rn"nte in Finalmente, dopo Genova mentre si adoperava a trovare una galea per continuare il viaggio. per I'ingente un mese di vane ,i""r"h", si decise di noleggiare una nave insieme con altri prelati era una grave spesa ed i suoi prezzo di 2000 scudi; ma, d'altra parte, il trattenersi in quella città avrebbe raggiunto urr"gni e gli altri emolumenti nor, don.""no cominciare che dal giorno in cui l" p-ropri"1"d". Con ciò non cessarono le tribolazioni: a Marsiglia la nave dovette rifugiarsi dopo p", il'*ul tempo e così nuovamente a .. Buccoli ,, in modo che non prima del 9 febbraio, 3) purro tre interminabili mesi in viaggio, il numio entrava finalmente in Madrid'
.
"o"t
a)
(hg.
Oltre al
testamento redatto
dielro licenza del
2883) ne rcrisse un altro di carattere " politico
papa
"
nel
quale dava saggi consigli al nipote Antonio che teneva lissima stima,
r)Tomb.dionoratocactauiins.Pudeuiana. 2)C-1592,x1.8,N, 14204.
3)C'1593'lellp$in'
in
al'
Morte di Onorato Caetani
[ag.-nov.1592]
269
!f
** La morte del duca Onorato, fu
una sventura perché, come capo della Casa, aveva sempre
agito da elemento moderatore sia nelle stravaganze finanziarie del cardinale sia nelle irruenze egotistiche del marchese Pietro. A maggiormente complicare le cose c'era il fatto che il duca era morto intestato, l) che Pietro era gravemente malato e che mancava il patriarca Camillo, solo membro anziano della famiglia dotato di tutte quelle qualità occorrenti per guidare la pericolante navicella di casa Caetani.
DOM
HIC'lr\CET
I{ONORATVS.CAETANVS DVX.S E RMONETAE.ET E QYES.VE LLE RIS AVREI
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CAPITANEVS.CENERALIS ORATE'DEVtvl'PRO'Eo
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Es
IMvM
Lapide della tomba di Onorato Caetani
'ii; iltj;]:"];l;" Gli furono fatte solennissime esequie in Aracoeli, nella cui navata centrale fu innalzato, sotto la direzione dell'architetto Francesco Volterra, un grande catafalco a piir piani sovrapposti, ai quattro spigoli del quale furono erette statue di marmo. I ricchi drappeggi, appesi alle pareti della Chiesa e sul tumulo, erano cosparsi di centinaia di stemmi dipinti a mano, con le armi gentilizie, con croci e teste di morto e con I'emblema del Toson dlOro. Ai piedi del 2) monumento il pittore Annibale dipinse la storia dei profeti. ,) c - ló0l .vl.
13, N. 42378.
r) C- l592.Xl
pasim.
Morte di Onorato C.
VITA ROMANA
270
Lib.
Ill,
Cap. XXIV.
Dopo Ia cerimonia la salma fu trasportata con ogni solennità a Sermoneta e tumulata nel centro della navata di S. Maria della Vittoria, eretta da Onorato in adempimento del voto fatto durante la battaglia di Lepanto. r) Sopra la tomba fu collocata la bella lapide ornata di bronzi che rievocano Ia grande vittoria, opera di Giovanni Battista della Porta. u) Ivi il valoroso Onorato riposò indisturbato per quasi tre secoli, finché, verso il 1885, alcuni malvagi di Sermoneta penetrarono di notte nella chiesa, oramai da anni abbandonata, b) infransero la lapide, ne svelsero i bronzi e, aperta la cassa del morto, ne sparpagliarono le ossa sul pavimento per rubare i pochi ori che forse ornavano la salma. Risaputa la cosa per Ie chiacchiere di un tale ubriacatosi in Sermoneta, mia madre, Ada Wilbraham, accompagnata da sua sorella Lady Crawford, si recò immediatamente sul posto e con le proprie mani raccolse le ossa che dal pittore Rossignani furono poi portate a Cisterna con i frammenti della lapide. Alcuni dei bronzi, venduti per poche lire, si rintracciarono presso un antiquario di Roma; i rimanenti furono comprati a Parigi da Mr. Fitzhenry e donati al Victoria Albert Museum di Londra, ove si conservano. Molti anni piìr tardi le ossa, rinchiuse in una cassetta di noce, con iscrizione su lastra d'argento, dopo molte difficoltà burocratiche, vennero deposte nella nostra cappella di S. Puden' ziana; la lapide, ricomposta con i bronzi rinvenuti e con altri modellati dallo scultore Ettore Ferrari sulle tracce visibili nel marmo, fu murata nella parete della chiesa per ordine di mio padre.')
**# Pietro, .h" uu"nu *uto intenzione di ritornare in Fiandra (e a tale proposito aveva chiesto sicurtà per il suo eventuale 2) si accinse ad assumere le funzioni di capo passaggio per Altdorf di poco grata memoria), della Casa, ad ammogliarsi ed a farsi degnamente onorare dal re di Spagna. Ma invece di disporre ogni cosa per un buon principio di governo, si frccò in un mare di guai, agendo come al solito di testa propria, senza troppi scrupoli ed accecato da stolto egotismo. In vero I'esordio non fu troppo glorioso. Si dirà in altro capitolo della piaga del banditismo che afliggeva il Lazio e I'intero stato ecclesiastico : la spietata persecuzione voluta da Sisto V aveva per un poco represso il male, ma la confusione delle sedi vacanti e dei brevi pontifrcati succedutisi dopo la sua morte, permisero al brigantaggio di riprendere la pristina insolenza. Nelle Paludi Pontine Ia vita era diventata impossibile al punto che I'industria della pesca a Fogliano si dovette quasi completamente abbandonare. Peggiorarono le cose dopo che il duca Onorato passò a miglior vita: calarono dai monti una venticinquina di briganti che ai danni inflitti aggiunsero la minaccia di altri ancora
La morte
Banditismo
nelle Paludi Pontine.
subitanea
di
Onorato mutò
l'intera
(Arc. Coet., Masrrol593.l .27,f.51).All'interno,opralaportad'ingresso, fu collocato il bellisimo stemma di marmo di lucha, eseguito a) Ricevute del Della Porta per 250 rcudi
dallo scalpellino Marcantonio Buzzi nel 1569 su disegno dello Della Porta; esso nel 1900 fu da me trasportato nella grande sala della rocca diSermoneta, avendoavutonotizia che volevano rubarlo (C- 1589.XI .17, N. 177458). Si noti la cararteristica ed elegante forma data dal Della Po*a alle onde Caetani tanto nello stemma quanto nei bronzi della tomba. b) A causa dello stato di abbandono della chiesa, mio padre Onorato aveva chiesto la necessaria-autorizzazione per il trasfestesso
r) Vedi pag. 148.
2) C-15g2.X.25, N. ó473ó.
situazione familiare.
e la voce della prossima esumazione, giunta provocò I'atto sacrilego, reputandosi che nella Seimoneta, tomba vi fossero ori prezicsissimi. lacornice, quelli modellati ")Dei 20 bronzi cheformano dal Fenari sono (cominciando dall'aquila al cantone superiore sinistroegirandoa detra) i numeri 2,4,7,9,11,13'15'17' nonchè tre delle aguile e lo stemma centrale. Di Onorato Caetani si consrva un bel busto in marmo, riprodotto nella tavola a rimento della salma,
a
pag. 129, opera
N.
191344).
di
Giovanni Battista della Porta (C- 1590 c"
[nov. 1592-mag'. 1593]
Connivenza del duca con
i
banditi
27t
maggiori. A costoro si associarono alcuni malfattori di Sermoneta, capitanati da un certo Giovanni Aguzzetto. I ministri di Cisterna, non sapendo a che santo votarsi, scrissero al duca Pietro chiedendo cosa dovevano fare; e questi, senza menomamente consultarsi col cardinale Enrico, capo spirituale della famiglia, scrisse di sua mano un biglietto al capitano della Cisterna , dicendogli che " si accordasse con i banditi: che non sarebbero stati perseguitati a condizione di non danneggiare lo stato. Pare che fosse suo intendimento di valersi di questa canaglia per fare ammazzare Aguzzetto ed i compagni di lui, riputandosi che i fuorusciti locali fossero piìr detestabili e pericolosi dei forestierÍ, perché protetti dai parenti e piìr pratici dei luoghi. Ora awenne che il 3 gennaio 1593 qrresti sermonetani svaligiarono il procaccia, ossia la posta, di Nap"li e che gli sbini locali mandati ad inseguirli si accordarono con i colpevoli pigliand.rsi parte del bottino. r) In conseguenza di ciò intervenne contro i banditi il commissario pontifrcio, il quale operò con efficienza e rigore: catturò alcuni dei ladroni e da essi, per mezzo dell'atroce ma spesso efficace sistema della tortura, seppe della connivenza dei ministri di casa Caetani. Ritornato a Cisterna con i suoi cento cavalli, il commissario mise sottosopra il paese, arrestò il capitano e ne sequestrò le carte, tra le quali fu rinvenuta la lettera d'istruzioni del duca Pietro. Il comraissario immediatamente riferì tutto al governatore in Roma allegando la lettera del duca e così scoppiò lo scandalo. Questo era veramente aromatìco: il governatore volle farne un caso esemplare e condurre il processo a fondo. Il capitano di Cisterna fu rinchiuso i,n una delle oscure prigioni della Mole Adriana, ed il pontefice, profondamente contrariato, ordinò a Pietro che si considerasse prigioniero nel proprio stato. Il cardinale Enrico, il bravo Peranda e gli altri'della famiglia si misero le mmi nei capelli; per tramite del cardinale Montalto e degli altri amici, cercarono di acquietare il pontefice e di mettere la cosa a tacere. Ma il papa si ricusava di pronunziarsi, il governatore si dimenava dichiarando di voler mettere negli atti del processo ogni singolo dettaglio del misfatto e tutta Roma era in chiacchiere. Venivano rievocati i delitti di Alfonso Piccolomini, Ie connivenze degli Orsini e di tanti altri baroni con i famosi briganti che Sisto V aveva fatto giustiziare.
VIII
per riguardo ed affetto verso il cardinale Enrico, a ritirare dal governatore la famigerata lettera incriminatoria e gli atti del processo per distruggerli, affinché un giorno o I'altro non potessero esser esumati da qualche pontefice meno favorevole alla Casa; ma il governatore pugnacemente si opponeva a che l'autorità pontificia interferisse con la giustizia e cercava di accendere I'animo del papa con giusto sdegno. Vane furono le dimostrazioni di buona volontà da parte del duca, il quale ostentava il suo zelo perseguitando duramente i briganti nel proprio stato: il famigerato Aguzzetto e i suoi compagni furono da lui mandati all'Urbe" Essi vennero immediatamente giustiziati e le loro teste esposte a soddisfazione degli sfaccendati romani. Per buona fortuna del duca Pietro, il severo governatore morì e sembrava che oramai I'affare avrebbe preso la desiderata piega, quando nacque un altro dísordíne: saputo delle comodifà prestate ai sirddetti banditi dal caporale di San Felice e dai soldati della torre della Moresca, presidiata dai Caetani, fu ordinato che il bargello di campagna arrestasse i colpevoli. Ma il caporale preavvertito fuggì in tempo a Gaeta e le guardie della Moresca puntarono le artiglierie contro il bargello. I malevoli non mancarono di dire che tutto guesto era una prova del continuato Clemente
personalmente era inclinato,
Connivenza
del duca Pietro.
Processo.
VITA ROMANA
272
favoreggiamento da parte del duca;
il
pontefrce
Lib. Ill, Cap. )O(lV.
ne sentì profondo disgusto e tutta la faccenda
di nuovo in alto mare. Non ho intendimento di dilungarmi in questo incidente o accidente che sia, che dagli ultimi del 1592 si protrasse sino al luglio dell'anno seguente; dirò soltanto che alla frn dei conti, come era norma in quei tempi quando trattavasi di distintissime persone, la cosa. fu messa a tacere ; sospeso il processo ; la lettera del duca, ritirata per mano del papa, fu distrutta. Alla fine di maggio i[ duca Pietro ebbe il permesso di ritornare a Roma dove, appena celebrato il suo matrimonio, si prosternò ai piedi di Clemente VIII. r) andò
ll
Matrimonio
nel sec. XVI.
Nozze di
Filippo C. con Camilla Gaetani d'Ar.
Mentre il duca Pietro se ne stava agli arresti in Cisterna assai melancolíco, in attesa del perdono sovrano, ebbe agio di considerare che, diventato oramai capo della Casa, gli incombeva il dovere di prendere moglie e di assicurarsi la successione; inoltre, scegliendo bene, avrebbe potuto concludere un buon affare rinsanguando le esauste casseforti familiari con una cospicua dote. In quei tempi il matrimonio non era considerato un atto di grande importanza morale da cui dipendeva il corso della intera vita, ma piuttosto un affare come potrebbe essere a giorni nostri la compra-vendita di un immobile: con la differenza che I'acquirente, invece di sborsare denari, si faceva pagare per I'acquisto che faceva. Veniva studiato attentamente il mercato e si faceva I'elenco delle donzelle da marito disponibili a Roma, a Napoli ed in altre città; si prendevano anzitutto esatte informazioni sull'ammontare della dote offerta e sulle possibilità,di aumen' tarla con ostinato tergiversare, sui diritti ereditari, sulla nobiltà della famiglia e sulla probabilità di procreazione della donna; in un secondo tempo si consideravano I'età e Ie attrattive fisiche della sposa. Dopo di ciò si facevano approcci contemporaneamente in piir luoghi per tramite di persone discrete e diplomatiche, cercando di creare gara tra i vari concorrenti per indurli ad aumentare la dote. Della cosa si occupavano attivamente non solo i membri della famiglia ma anche i segretari e gli amministratori della Casa; si chiedeva I'appoggio di qualche cardinale molto autorevole e non si mancava di assicurarsi il beneplacito del sovrano. Allorché l'accordo era più o meno perfetto, si diceva che Íl parentado o iI matrímonio era concluso, benché non vi fosse completa sicurezza se non il giomo in cui fossero firmati i capitoli nuziali. Da quel momento in poi si parlava della fidanzata, che nel frattempo non era stata menomamente consultata' come della .. sposa >, della .. signora duchessa )) , e se ne faceva dipingere il ritratto perché il signore potesse farsi un'idea delle grazie della sua futura compagna. Il duca Onorato si era occupato di dar moglie al primogenito già sin dal tempo che questi combatteva in Fiandra, ma nulla fu concluso perché si venne a sapere del terribile male da lui contratto. Malgrado le concezioni assai primitive che si avevano della siÉlide nel sècolo XVI, pur appariva evidente che, per la violenza dell'infezione, non era probabile che Pietro potesse procreare e che, anche nel caso contrario, i figli sarebbero stati delle povere creature degeneri. Perciò Onorato, in attesa che Pietro guarisse, venne alla decisione del tutto insolita di accasare il secondogenito Filippo. Questi, secondo le tradizioni delle famiglie romane, nella sua prima gioventìr era stato destinato alla carriera ecclesiastica; ma poi, visto che i cardinali in erba
più numerosi del necessario, Filippo fu awiato per quella matrimoniale. Filippo era uno studioso, buono e tranquillo, cÀe avrebbe preferito dedicarsi agli esercizi letterari anzichè sottoporsi ai grattacapi della vita coniugale. Per sposa gli fu scelta Camilla Gaetani d'Aragona, figlia di Luigi, duca di Traetto, e di Cornelia Carafa. erano
r) Pet, AiS., c. 155-
197 pasim,
M
lrsel-15e31
atrim o ni
Le trattative erano state iniziate sin dal principio del difficoltà, nelgiugno furono firmati i capitoli matrimoniali:
273
l59l e, dopo aver superato non poche la dote di 102000 ducati era davvero
cospicua ed in piir ve n'erano altri 50000 che dovevano provenire dalla vendita di Montepeloso; ma a bilanciare tale ingente capitale, che avrebbe tanto giovato a rialzare Ie condizioni econorniche di casa Caetani, c'era una terribile contropartita: padre, madre e figlia,erano presi a tal punto I'un dell'altro che avevano giurato di non mai separarsi. Quindi, in considerazione dell'ingente dote, il povero Filippo dovette impegnarsi per atto pubblico di coabitare, vita natural durante, in casa Traetto e di non mai allontanarsi da essa per qualsíooglía etiam urgente urgentissima sopraoeniente di nuooo permessa di raggione o d'equità del Sacro Regío Consíglío, sotto pena di perdere ogni diritto alla dote. E per vieppiìr ribadire guesta clausola, ripetuta ad usura ad ogni pagina dei singoli istromenti, volevano i Traetto che, in caso d'inadempienza, casa Caetani pagasse anche una multa; questo era poi troppo e fu rifiutato. l) Il 7 ottobre il papa concesse Ia dispensa per la consanguineità; z) 11 28 di novembre furono celebrate le nozze et Ia sera iI sígnor Filtppo come soldato prattìco ptgltò braoamente Ia 3) fortezza, Purtroppo, sposò ad un tempo la giovane, la suocera ed il suocero e sentiremo tra non molti anni le sue voci di lamento uscir dal carcere nel quale s'era rinchiuso. Con tutto ciò non si ebbe nel primo anno alcuna cerrezza che Camilla avrebbe procreato un erede; quindi Onorato, vedendo Pietro, uscito dalla sua prigione di Altdorf, molto migliorato in salute, riprese le pratiche per il matrimonio a) e questi, morto il padre, Ie condusse a fondo. Non solo convenivagli di accasarsi e per decoro e per ragioni finaziare, ma il suo amor proprio sarebbe rimasto soddisfatto se avesse potuto rapire al fratello minore il merito d'aver assicurata
Ia
successione.
Furono nuovamente vagliate tutte le possibilità che presentava il mercato, ed alla fin dei conti, dietro vivissimo interessamento di Geronima Colonna e con la mediazione del Édo Giulio Cesare Riccardi, arcivescovo di Bari, 5) fu deciso di stringere il parentado con Felice Maria Orsini, Ia diciassettenne figlia di Ferdinando, duca di Gravina, e di Costanza sorella del cardinale Gesualdo. Era essa una delle piùr desiderabili giovani di Napoli: educata severamente in convento, si era acceso in lei un vivo sentimento religioso che dava speciale riservatezza e modestia alla figliola, già per natura dolce ed affettuosa. Scriveva il Peranda :6) La sposc è alleuata con tanta modestía che stando ín Císterna Ie parerà tessere regína, et che quando ì1. sígnor duca Ie donerà un paro di píanelle, le accetterà come un oezzo di perle. Inoltre la giovane, benché un poco mínuta dí oíso, eradi singolare bellezza, anzi eccedeoaforsetutte Ie dame del regno dí Napoli. Di lei fu dipinto un ritratto e mandato in Cisterna al futuro sposo. 7) A giudicare dallo stile e dalla scrittura, la fanciulla non era soltanto giovane di corpo ma anche di spirito, nonché alquanto ignorante e le numerose lettere che inviò a suo marito, ogni volta che questi si assentava, sono vergate con mano incerta e piene di frasi che rivelano un animo che stenta a formarsi. 8) Ai pimi del marzo 1593 il parentado era pressoché concluso, essendosi le parti messe d'accordo sulla dote di 60 000 scudi romani da pagarsi in due anni e l0 000 ancora sotto forma di gioie ed acconcí. e) Fu stabilito che le nozze si sarebbero celebrate in Gsterna il 25 maggio e tutto sembrava definito quando il duca Lelio, fratello della sposa, ri6utò di sottoscrivere i capitoli perché offeso di non esser stato consultato nelle prime trattative e perché su di lui doveva 1) C- l59l .VII -Xpassio. 5) C- t593.1.4, N. 70058. s)
Pq. MS., c. 174: Ptg. Domxs,
ll.
35.
1547.
z) p,e. Z97l. 6) P"r. MS.,
c.
3) 175.
C- t59t .XI.30, N. t20754. 7) c- 1593 .tV .23, N, 28421.
1) C-1592, lil.22, N. 21474. 8) Cî.- 1593. XU. 30, N. 9806,
Nozze di
Pietro C. con
F. M.
Orsini.
VITA ROMANA
274
Lib.
lll,
Cap. )OflV.
di 40000 ducati nello sborso della dote. Ad esso si associarono la zia, donna sposata in casa d'Avalos, e Ia marchesa di Fuscaldo. Orsini, Maria Comunque, tali opposizioni non valsero a nulla ed il matrimonio si sarebbe compiuto alla data prefissa se non fosse intervenuto un piccolo incidente: Lelio Orsini, per reprìmere I'insolenza di un moro della guardia del viceré, non solo dette una pugnalata a costui, l) ma venne anche a barufia con un gentiluomo di palazzo, certo Pompeo d'Alessandro, il quale rimase ferito. Lelio e Filippo Caetani, che era con lui, furono dichiarati in arresto e processati. ") Nondimeno, dopo tanti ritardi, giunse finalmente in Gsterna I'annunzio che la sposa sarebbe sbarcata in Terracina dalle galee pontificie che erano state messe a sua disposizione, ed a lei andò incontro il duca Pietro con numeroso seguito di gentiluomini, con caîrozze e con una scorta di 50 soldati in grande uniforme; invece, per un cambiamento di rotta il cui awiso non giunse in tempo, Ia sposa fu sbarcata a Nettuno ove non c'era un'anima a ricevetla. In fretta e furia le 'il 14 giugno in Cisterna quivi I'indomani ; furono mandaté le carrozze e la nuova duchessa giungeva cadere un onere
veniva raggiunta dallo sposo, tornato precipitosamente da Terracina, tutto smagliante nel suo vestito nuovo. La stessa mattina furono celebrate le nozze in presenza di pochi invitati, ma con grande nobilissimo apparato. b) Gli sposi si trattennero per due settimane nello stato; grandi furono i banchetti e le feste; nel leggiadro giardino di Ninfa si rividero fontanelle zampillare moscato dai tronchi degli alberi; e quando la nuova duchessa s'inerpicava verso Ia rocca di Sermoneta rimbombarono i monti
e
Litigata delle duchese Caetaai e Orsini.
al tuono delle artiglierie. Tutti erano contenti e felici, benché, a conti fatti, un terzo della dote se ne fosse andato in fumo tra spese, donativi e cannonate. Dopo di ciò gli sposi si recarono a Roma, facendovi solenne ingresso con il concorso di tutta la nobiltà; pochi giorni dopo il duca andò a prosternarsi davanti al pontefrce per ricevere da lui la benedizione che lo assolveva da ogni macula di peccato. 2) Non era ancora passato un mese, da quando il duca Pietro era rientrato nella grazia del papa e non era frnita Ia luna di miele, che un altro incidente venne a turbare I'una e I'altra. Il due agosto si dava un solennissimo banchetto in casa di Patrizio Patrizi, in occasione del matrimonio dell'erede con la frgliola di Mario Fano. Era stata invitata tutta la società romana e grande era la folla delle dame nei loro più splendenti costumi e dei cavalieri. Or avvenne che quando la novella sposa del Caetani s'incontrò con la bella Flavia Peretti, moglie di Virginio Orsini, duca di Bracciano, le due signore si scambiarono sguardi puntuti come pugnali: per la prima volta le duchesse si incontravano in pubblico e, per certe voci corse, avevano sentore che si sarebbe venuto alla defrnizione di quale titolo spettasse all'una e all'altra. ") Quella di Bracciano salutò I'altra di Sermoneta con un amabilissimo sorriso .)
(C - I 593 .V - 12
-Vl .l 8, N. I 435 etc.). Il
processo
durò tre mesi, ma fiaalmente, il 24.VIIL Filippo era liberato (C-1591 .V[1.27, N. 65651) e fcteggiato. Due anni più tardi fu nuovamente processato sotto la falsa acua di aver fatto tirare una archibugiata ad un alGere spagnolo (C-1594.111.3, N, E3705); le cose devono avet Preso uoa brutta piega perché Filippo stimò prudente di fugsire da Napoli (C'1595.111.7' N. 4669). Altro scandalo nacque nel 1598 quando Lelio fu accusato d'aver fatto ammalzzafe il sindaco di Gravina; fu messo agli arresti nel proprio palazzo, sotto la guardia di 200 soldati; fuggire (C - 1598 . Xll . 18' N. I 7E9ó0). passim). Trovavasi a Gsterna da molti suocero di Filippo Caetani, Luigi duca di Traetto che,
ma tuttavia riuscì b) mesi
il 1')
a
(C-1593.VI,
Pet.MS.,c.
197t.
\C'1593.V1.29' N.369&3
ctc'
processato dal viceré di Napoli per qualche colpa (probabilmente un ferimento) era fuggito dalla prigionia poco curandosi della grossa cauzione Qtreggíatía) depodtata, Andò a far compagnia d'silio al parente Pietro (C- 1593.1V.14, N, 5585 etc.) e per due anni rimase fuoruscito. In vero erano tenpi nei quali la nobiltà italiana, a pari di quella spagnola e di molti altri paesi, viveva ael disprezzo delle leggi e del prossimo, come più ampiamente si dirà nel XXVIP capitolo. .) Forse non sarà stato estraneo alla tensione fra i Caetani e gli Orsioi il fatto che nel marzo 1592 fu contemplato e poi r;gettato il makimonio tra il duca Pietro e la sorella di Virginio,
duca
di
Bracciano
(C-1592.111.22, N. 21474).
[siu-rs.
1593]
Incidente per
il
titolo
di * Eccellenza "
27'
diceridosi lieta di vedere u Sua Signoria Illustrima u, e questa replicò nel medesimo modo. Ora gli Orsini come i Colonna pretendevano il titolo di " Eccellenza > pur negandolo a tutte le altre famiglie baronali di Roma. Udendosi chiamare Signoria lllustrissima, Flavia, che già s'aspettava la risposta, inveì contro Felice Maria e le disse che usava quella mala ueanza che erale abituale con le sue villane di Gravina; in Felice Maria si svegliò il sangue battagliero degli Orsini e, pronta a ferire, replicò cfie eIIa procedeoa bene et era di casa Orsina et che la duchessa dí Bracciano non era meglio di Ieí e delle sue rustíche dt Graoìna et che dopo tutto era di casa Perettí, ca.sa poîcara, alludendo con ciò alla umile origine contadinesca del prozio Sisto V e della sua famiglia. ") Allora Flavia piena di sdegno scagliò contro I'altra il ventaglio che teneva in mano colpendola al braccio e questa, di solito così umile e modesta, perse il lume degli occhi e le si avventò addosso sgraffiandole il viso. Inutile riferire la commozione dei presenti quando la voce dello scandalo si sparse, rapida come un baleno, per le sale del palazzo. Arrivò correndo Pietro Caetani che prese sua moglie per la mano, e già si awiava verso Ie scale per condurla via quando udì alcuni gentiluomini, ed in particolare il cavaliere Caimaiano, fare osservazioni poco cortesi sul conto di Felice Maria. Allora Pietro si fermò e ad alta voce, per ben due volte, disse che la duchessa di Sermoneta aveva parlato bene in materia di titoli; chi voleva dire altrimenti mentiva per la gola ed egli da cavaliere era pronto a mantenere la mentita. Poi se n'andò giìr per le scale a testa alta, trascinandosi appresso la giovane sposa, mentre che questa, con la faccia rivolta indietro, e la duchessa di Bracciano si scambiavano altre ed ultime parole contumelíose. t)
Il
caso era gravissimo, non per la scena tra le due duchesse (perché questa era litigio tra femmine e non aveva importanza), ma perché gettava elementi di discordia tra i Peretti, gli Orsini e i Caetani; inoltre la smentita data in pubblico, con offerta di sostenerla, era in
violazione alla recente bolla di Clemente VIII che (forse in seguito alla vertenza CaetaniMontemarciano) proibiva simili provocazioni sotto pena di confisca dei beni; ed in terzo luogo I'incidente portava brutalmente sul tappeto la questione dei titoli di " Eccellenza > e di " Signoria lllustrissima ". Al primo inconveniente volle mettere riparo il cardinale Caetani precipitandosi subito dal Montalto, e la salda amicizia dei due, pilastro fondamentale per la struttura del Sacro Collegio e per il governo di Clemente VIII, nori rimase scossa malgrado il più fervido desiderio dei non pochi nemici. b) In quanto al secondo capo, il segretario del duca Pietro consultò subito il testo della bolla e risultò che era stata apertamente violata; il colpevole quindi si affrettò a prendere Ia via dei campi, ma fu subito richiamato quando venne il solenne intímo del governatore di Castel S. Angelo che, sotto pena di ribellione, non si partisse di casa e non accettasse visite. Era la terza volta in dodici mesi che Pietro veniva messo agli arresti ! Simile intimazione fu fatta al duca Virginio Orsini mentre cavalcava per Roma, seguìto da cento cavalli. a) In una relaziooe posteriore è detto che le replicasse: " Mírc la rtglia iIcIIa oaÍassa che me ouole AÍferenlíate! ,, rimproverando che la nadre (o la noooa) fee caa lavandara; così suona la parola . vaiassa D nel gsgo triviale di Napoli (C-1592.V111 .2, N. 198061). Nello stcsso documento è ricordato che dopo la morte del padre, Pietro aveva awicilato Marr) C-1593.VItl .3, N. ó9548; Atc. Vat., Aln.
V,
Capc.
3, a. 3ó.
cantonio Colonna pregaadolo di dargli dell'r Eccellenza ', anche per rispetto all'Orsini che gli cra odioso, ma il Colonna si cra riGutato.
b) lt ultime sp€ran:ze dei nemici della Casa crollarono nel febbraio 1594 il Moutalto andò a Gsterna per dpocarsi alquaoto in mezzo ai suoi arnici (Pen MS., c. 252).
quando
Serie conseguén:ze"
VITA ROMANA
276
Storia
dei titoli
di
cortesia.
Pretese
dei Colonna c degli Orsini.
Lib. III, Cap. XXIV.
Per ótudiare, trattare e pacificare Ia controversia fu eletto, com'era naturale, il bravo Peranda che già, venti anni prima, aveva dimostrato il suo talento nel dirimere questioni nobiliari e cavalleresche. r) Quella prima notte dormì soltanto quattro ore e per 70 giorni di seguito non fece altro che occuparsi da mane a sera di questa maledetta vertenza. Anzitutto dovette faticare a dimostrare che la rnentíta era stata data in appoggio a quel che Ia duchessa aveva detto riguardo ai titoli e non già alle ingiurie contro casa Peretti ed Orsini o a quello che avrebbe detto o potuto dire don Virginio; essa si applicava a quei cavalieri che avevano strapazzafo la duchessa Felice Maria. La vertenza cavalleresca fu esaminata dal papa, dai cardinali e, mancando purtroppo il codice Gelli, fu interpellato anche il granduca di Toscana che, non so per quale motivo, era reputato una vera e grande autorità in materia. Non mi permette lo spazio di dilungarmi nella narazione delle trattative sulle quali il Peranda rifeù al patriarca Camillo in rma serie di dettagliatissime lettere. 2) Di maggiore interesse è la questione dei titoli, resa d'attualità per le odierne disposizioni sull'ordinamento dello stato nobiliare italiano. Nè i titoli di duca e di principe, nè gli appellativi onorifici di Eccellenza e di Altezza erano in uso presso i baroni rornani fino all'epoca che la Spagna, con Alessandro VI e Ferdinando il Cattolico, cominciarono a ( spagnolizzare " l'ltalia. : E necessario ricordare che mentre i primi, ossia i titoli nobiliari, riposano su feudi e furono sempre concessi per privilegio sovrano (salvo quello di conte che, nelle antichissime famiglie, trasse origine dalla giurisdizione comitale e si perde nella oscurità storica del millennio, come è il caso con i conti di Tuscolo, di Segni, di Ceccano, di Fondi etc.), gli appellativi di Signor Magnifrco, Illustrissirno, Reverendissimo e di Eccellenza o Altezza, sorsero come usanza di cortesia e di obbligo e non furono dovuti mai per forza. u) Solo rare volte, e molto piìr tardi, i'titoli di cortesia furono sanciti, ma non già conferiti, dall'autorità del " principe ,r. 3) Erano dovuti a titolo di cortesía tra quelli di pari grado e dt obbligo da parte dei subordinati. La parola " obbligo > è usata qui nel senso cinguecentesco, cioè che un dipendente è sempre obbligato verso il superiore per riconoscenza e rispetto ma senza imposizione alcuna. Ai sovrani uno si rivolgeva dando del Sefror e Sire. All'epoca della battaglia di Lepanto, Filippo II dichiarò che don Giovanni poteva ben contentarsi del titolo di Eccellenza. Ottavio Farnese ebbe il titolo di Eccellenza per essere nipote di papa e marito (153S) di Margherita d'Austria, 6glia naturale di Carlo V. Ma ben presto i principi non.si contentarono piir di questo e quando Cosimo duca di Toscana, dichiarandosi granduca (1569), si attribuì I'appellativo di " Altezza n, anche tutti gli altri duchi di stati italiani, che sino allora si erano contentati del titolo di Eccellenza, richiesero, per cortesia o per obbligo, di essere chiamati Altezza. Parimenti Marcantonio Colonna, per il grande lustro della sua Casa e per i suoi eccezionali meriti personali, fu onorato da tutti coli'appellativo di Eccellenza, che Filippo II. volle fosse usato nella corrispondenza col suo viceré. b) Gli Orsini, emuli eterni dei Colonnesi, fecero altrettanto (1560 c.) specialmente dopo che il padre di Virginio ebbe sposato la figlia del duca Cosimo de' Medici. Aggiungasi che i primogeniti di queste due grandi famiglie erano principi assistenti al soglio, massima carica onorifica del papato, e che le due a) Il negare un atto dovuto per cottesía, non essendo obbligatorio, non poteva costituire ofiesa per quanto potesse dispiacere. Clemente VIll raccontò al card. Caetani che qumdo venne in Roma il duca di Baviera tutti i cardinali gli diedero dell'. Altezza , salvo Lancellotti che gli diceva sempre ad alta
vocc o Éccellenza 1')
Cl.
, (Per. MS., c,
p&.124.
b)
ínsíqne con
et
osscrvava
il
Peranda: Gradi sÌmilì non danno
s) Ioì, c.221,
Ia prsona el non
lî títolí sono come
essí ancota.
195 v)'
n Per MS., c. 2lO-236.
Ma
succcsìone de tilolì perché sono dígnítà et cafichí che sí perdono sono heredítari delle famíglíe; le ombte ehe, mancando ì coîpl, mancano
[sec. XVI]
Storia dei titoli
di corresia
277
nipoti di Sisto V, Orsina e Flavia, sposarono rispettivamente i due capi di famiglia, Marcantonio Il Colonna e Virginio Orsini. Lo stesso Filippo II dispose che, avendo conferito ai due capi suddetti il grandato di Spagna, i propri ministri usassero verso di essi quel titolo di cortesia che era solito darsi a chi aveva il privilegio di coprirsi in presenza del sovrano. r) E così, nello scorcio del secolo XVI, invalse I'uso in Roma che ai capi di queste due Case si desse il titolo di Eccellenza, senza che essi reciprocassero tale cortesia agli altri baroni romani. Non pertanto in questi ultirni non mancava il desiderio di godere pure essi di così grande onore; i duchi di Gravina facevano dare dell'Eccellenza a se stessi (come avvertiva il Peranda al patriarca Camillo) 2) e lo richiedevano da altri; parimenti dal giorno in cui Onorato Caetani fu fatto duca di Sermoneta, prima i suoi dipendenti, poi i cardinali, il duca di Parma e quello di Mantova gli diedero dell'Eccellenza, benché le somme autorità ufficiali del Vaticano e dell'Escuriale continuassero a dargli dell'lllustrissimo. o) L'usanza si allargava, guidata spesso dalla simpatia personale e da certi apprezzamenti del tutto individuali: così il duca Virginio dava dell'Eccellenza al cognato Alessandro Sforza, duca di Segni. b) Ora i Caetani e gli altri baroni non vollero mai riconoscere ai Colonna ed agli Orsini superiorità di grado per diritto, benché esistesse di fatto, tanto piùr che nella cappella del papa essi sedevano tutti sul medesimo gradino del soglio pontifrcio, con sola precedenza dell'età; e, se in certe solennità I'uno o I'altro principe assistente al soglio avevano il diritto di rimanere in piedi, altrettanto era stato concesso, a volte, ad Onorato Caetani. D'altra parte i capi delle due famiglie suddette pretesero che, per essere principi assistenti al soglio, essi si differenziassero rispetto agli altri, nello stesso modo come, in Ispagna, i Grandi erano considerati di grado più elevato che il rimanente della nobiltà. ") Tale era Io stato delle cose nel 1593. Coll'andare degli anni queste differenze sparirono ed a tutti i principi romani, capi di famiglia, fu dato dell'Eccellenza da privati e da sovrani, indistintamente; col secolo XVIII I'usanza si estese ancora di piùr e il titolo di Eccellenza fu dato a tutti i frgli di principe romano ma non ai nipoti. Gò per quanto riguarda la storia. Per quanto riguarda il diritto, nelle odierne disposizioni di legge si è confusa, a parer mio, la questione di diritto con quella di cortesia e di usanza. a) ln un primo tempo il duca di Urbino non si curò di dare ad Onorato il titolo di Eccellenza ed il Peranda (Per., ?. 249), scrivendo ad Antimo Ambroni (158E c.), così si esprimeva: Queslo Sígnore (Onorato) è ptuilente el (come Císsi a V. S) non ambÍsce íI tìtolo dí Eccellenlíssìmo, et non Io tecusa, et pet ogní modo, o che I'habbía, o no, rcsta satísfatto d'ognuno. Stíma íl tíIolo, petchè è paile dí úpulalíone, et ili honor, ma Io ouol da anímo, et gíuilícío líbero, nè gIí pat che íl rîchíedeilo si conoenga, però ín ogni caso ceÍca dÍ fat eonoscere, che sì come iI daryIíelo è corlesia, cosl íI negaiglíelo è líbeilà che non lo dísgusta. Pimí a darglì títolo dt EccelIenlia scno statí lí íllustríssímì cardínali, et doppo loro íI Sercnlssímo sígnor duca dí Mantooa fta Í duchi grandí, et non pailo de î caoalierí, e! ptelatÍ dì mínor grado,., Matcantonío CoIorma hebbe tltolo dí &,cellenlissimo innanzì che fusse genetale e oícetè, L'hebbe partmeatc Paolo GÍotdmo Or;ìrrr., íI qual non fu generul, nè oíceù, et I'helbem queí dui sígorí per esser duchl, et capí dí ilue famíglíe ptíncípall ilÍ Roma. Honoralo Cactano è duca anco esso, et capo d'una fomíglÍa ilelle prtncipalí dí Roma; el se ben poco fa sî è dîchíatato duca, non
r)
C- 1615. tX. 12, N.
1690ó7.
\
P.r. MS., c.
2OZ
t.
nuoùo, essendo citca a cento annì, et ptù, che è ducato ,,. Et quanlo a quello, che se glí accresce
è peà duca Setmonela
pet iI Tosone, è cosa chíarc, che I'ordíne dí questa caoallería, fichíede díferenza ìlî titolo ín honot dí coloro, che Ia Maestà del Re assume ín grado de' suoí fialellì, tanlo píìt che íI miduimo Re conferendo I'otdíne, intítula, e! nomína íI suggetto Eccellenlíssímo nel ptÍoílegío dí caoallíere. Nè impotta, che fta i suddítí dí quella Maeslà I'otiltne del Tosone non faccía díferentia dí títolo, presumendosl che queslo nasca dal tener punto, e! che la pretnura de í nobilí, soprafaccía ìn quesla patte aI deoete; la qual cosa sí manifesla ilal nodo, che !engono Ii sígnofi dí Spagna, Ií quali haoulo íI Tosone, ooglíono
da questí d'ltalìd tíIulo di Eccellenza. b) Il cardinale Caetani propose a Clemente VIII che per inpedire contrasti si sancisse che il titolo di Eccellenza spettasse a tutti i principi romaui (Per MS., c. 219). c) Per . RÍsposla fatta ila pailialí de' sígnotí Colonnesí sopta la ptehemlnenza del solìo o, vedi C. 1605.1V. l0 post.,
N.
t46003.
Pretese
degli altri baroni,
I di
titoli
cortesia.
VITA ROMANA
278
Epilogo della controversia.
Intervento favorevole
del
Lerma.
Ub. Ill, Cap. XXIV.
Sono titoli di diritto quelli conferiti per diploma sovrano e dei quali la persona si vale sottoscrivendoli o stampandoli sulle proprie carte di visita. Sono titoli di cortesia quelli che gli altri dànno ad una persona rivolgendole la parola o indirizzandole una lettera. Ma ciò si fa, come diceva il Peranda, senza imposizione o forza. È un atto, per così dire, estraneo al diritto ed alla volontà del soggetto; e difatti questi non si sognerebbe mai di dare a se stesso dell'Eccellenza o di firmarsi come tale. Si coprirebbe di ridicolo quel gran signore che stampasse sulle sue carte da visita o sui propri inviti: ., Sua Eccellenza il duca di * x ", e peggio ancora se terminasse una lettera sottoscrivendosi: u L'Eccellentissimo duca di {< * >. In conclusione, possiamo dire che un sovrano o un governo ha la facoltà, da tutti riconosciuta, di concedere privilegi nobiliari e può, altresì, definire la forma da usare in generale nelle relazioni ufficiali con i propri funzionarii o con le persone della nobiltà, ma non può vietare ai privati di conformarsi, per cortesia, a consuetudini secolari. Tornando ora all'incidente Caetani-Orsini, ricorderò che le incessanti trattative per dirimere questa vertenza cavalleresca si protrassero per quasi quattro mesi. u) Invano il duca Pietro cercò di trovare I'appoggio del re di Spagna che avrebbe potuto risolvere Ia questione, scrivendogli una lettera nella quale lo chiamasse u Eccellenza rr. r) Il re era troppo amico dei Colonna e degli Orsini per prestarsi a ciò. Fortissime furono le pressioni del papa perché Pietro cedesse; ed alla fine questi, trovandosi in posizione di manifesta inferiorità per aver contravvenuto alla bolla pontificia, dando la mentíta in pubblico, dovette piegarsi ad accettare Ia seguente ufficiale dichiarazione: " CÀe (il duca di Sermoneta) non prelende nè maì ha preteso di pregiudicare aI títolo dí don Vírginío. Che contínuerà ín dar íI tìtolo dí Eccellenza a luí et aIIa sígnora Flaoia et íI medesímo farà Ia duchessa sua moglíe, afermando conoenirsí così, se bene iI títolo non sarà da loro restituíto. Et quanto aI partícolar della mentita, dichíarc che non intese dí mentír se non chi haoesse detto che la duchessa sua moglie doùesse dar títolo per fotza >. Tali dichiarazioni, d'ordine espresso del papa, non furono messe per iscritto, ma pronunziate soltanto dai procuratori delle due parti. 2) Le cose rimasero a questo punto per molto tempo: chi era amico di casa Caetani dava al duca dell'Eccellenza, ma quegli che non lo era ed i grandi dignitari di Roma e di Madrid gli davano del Signore lllustrissimo. Tuttavia con l'andar degli anni prevalse I'usanza dei primi e, dopo che nel gennaio del 1600 Pietro fu insignito del Tosone d'Oro, àn"h. il duca di Urbino, i Gonzaga e la maggior parte dei cardinali si conformarono ad essa. Non così, per qualche tempo, i granduchi di Toscana. Ma importava più di tutto il riconoscimento ufficiale del re di S.pagna e questo fu sollecitato. Finalmente il 22 marzo ló00 il duca di Lerma, b) ministro onnipotente del re, scriveva per la prima volta una lettera al duca Pietro dandogli ostentatamente dellEccellenza e, il27 dí maggio, lo informava dell'uftciale riconoscimento da parte del sovrano con la seguente lettera : Recebi las de
V. Ex.'de 4 g
l0
de abril con mucho contento de que caminassecon salud que a su Casa ") de que holgare de lener aoiso con Io
desseo a V. Ex." quíera Díos que con ella llegue de mas que fuere serbicìo de V. Ex."
VIII
orlf-
nalo a Maria Felice di dare dell'Eccellenza a Flavia. L'ambasciatote
b) Franccsco Gomez de Sandoval y Royas, marchese di Deaia c, dal t59E, dus di Lerma; di lui si conservano nell'lrc.
veaeto Paruta (Albert, Relaz. Ambasc. Veneti, serie ll, vol. [V, g, ?95) nel marzo riferiva che il papa aveva conccssa questa ìltgnílà ad alcuni di casa Conti, Cesi e Orsini, ciò che credo
Coet. moltissimc lettere d'u6cio. c) Il duca Pietro, ottenuto il Tosone, era partito da Madrid unitanente allo zio Camillo che aveva terminato la usa
a) Per un momento parve che Clemente
debba interpretani ncl
)
C - 1593
senso che usava verso
.Vlll . 3,
N,ó9548.
2)
di
awebbe
essi questo
titolo.
Per MS. c. 234
v.
nuaziatura
(Cf. ep, XXV).
Epilogo della controversia
lr5e3-r616I
Alsenor Duquede Sessc scrioo quela ooluntade de Su Md es que trate con V. Ex." de las cosas gue Ie de los titulos que Su Md con mucha confianga las cabegas de la Casa Colona Ursína g en qualguier otra cosa gue sea acrcscentamiento de V. Ex," EnMadfid,a
del
serbìcío de
g
g
a
27 de Maso l60Q.t)
La cosa tuttavia non finì pacificamente perché il duca di
Sessa, prudente ambasciatore,
previde che la esecuzione dell'ordine avrebbe scatenato una tempesta a Roma da parte dei Colonna e degli Orsini e perciò finse di non averlo ricevuto e disse di stare in attesa che dalla Spagna
gli
giungessero precise istruzioni.
2)
Di fatto però aveva scritto al Lerma che, se il re voleva che si trattasse il Caetani col titolo di Eccellenza, Io facesse prima Grande di Spagna, come aveva fatto con i capi delle due altre famiglie. Aveva ragione, perché tali erano le disposizioni di legge. Già sin dal tempo di Filippo II molta era la confusione in materia di titoli e comune I'abuso: gli spagnoli, dall'umile commerciante ai ministri di stato, erano invasi da una incredibile mania della grandezza e unicamente preoccupati dalle apparenze; tutto si sacriflcava alla vanità; il regio tesoro era dilapidato, universale la corruzione e, con I'agricoltura ed il commercio che andavano in rovina, la Spagna avanzava a grandi passi verso la decadenza. Filippo III, o piuttosto i suoi ministri (perché il re non voleva esser annoiato dagli affari
Regolamento decretato da
Filippo III.
di stato), fece alcuni deboli tentativi per porre riparo a tanta confusione, inserendo precise disposizioni riguardo al trattamento dei nobili e dei dignitari in una serie di prammatiche con le quali furono regolati I'uso dei vestiti, dei cocchi, del portare la spada e I'archibugio ed in generale il lusso e la vita privata dei cittadini spagnoli. Ricordati i precedenti e il corpo delle leggi emanate da suo padre e da se stesso, fatto stampare nel 1598, Filippo III, il 2 gennaio 16ll ordinava che nelle lettere a lui rivolte non gli fosse dato il titolo di Maestà ma semplicemeùte di u Senor ,, e che scrivendo di lui si dicesse u El Rey nuestro Seflor ,. Ai principi del sangue si desse dell'Altezza, ai soli Grandi di Spagna dell'Eccellenza. Tutti i dignitari di corte, ambasciatori, marchesi, conti e altri nobili spagnoli (nonché quelli stranieri compresi i duchi e principi) fossero trattati come Seàoria. Ai soli cardinali, al vescovo di Toledo e al presidente del consiglio spettasse il titolo di Sefioríc lllustrissima. 3) Gravi pene erano comminate a chi trasgredisse tali disposizioni che, a quanto credo, lasciarono il tempo che avevano trovato. Così stando
il
cose, la guestione del negro fífolo rimase allo sfcfu quo a discrezione dei Lerma continuò a dare a Pietro dell'Eccellenza, correggendo di propria mano
le
duca di quando sfuggiva alla penna del segretario, e il duca di Sessa insistendo con l' " Illustrissimo ,. Vedremo nel seguente volume che il duca Pietro per venti anni perseverò, con una ostinazione d"go" di miglior causa, ad infastidire la Spagna e l'ltalia per siffatto riconoscimento ; ottenuto il Toson d'Oro, pretese il grande onore di potersi mettere il cappello in testa alla presenza del re. Vani furono i suoi sforzi e ciò per la principale ragione che la sua persona era profondamente antipatica al re, al papa e ai, ministri di entrambe le corti. b) Dopo la sua morte awenuta nel 1614, nel breve corso di due anni (ché il procedere piìr rapidamente sarebbe stato contrario alle consuetudini spagnole) Filippo III concesse al nuovo duca Francesco il grandato di Spagna con carattere di perpetuità; da quel giorno egli ed i suoi ministri, nonché
singoli:
il " V. S. "
b)
Nel 1613 si era
basciatore
di
creata
la curiosa situazione che I'am-
Francia dava dell'Eccellenza allo spagnolissimo
t) C- l600.Vl-Vll ps.io.
duca Pietro, nentre che guello di Spagna si rifiutava altrettanto (C- 1613 ,V[.25, N. 15528). 3)
C- l610 .Xll.9, N. 204129 ac.
di
fare
Riconoscimento
del titolo ai Caetani.
VITA ROMANA
2E0
Lib. Ill, Cap. XXIV.
papa, il viceré di Napoli, il granduca di Toscana e tutti gli ambasciatori diedero al capo della famiglia Caetani il titolo di Eccellenza, mentre quelli di casa Colonna ed Orsini, al ritorno di Francesco dalla Spagna, si ritirarono rispettivamente a Marino e Bracciano per evitare lo smacco di essere costretti a riconoscere al Caetani questo dovuto onore. ")
il
* *!*
Prirne attività
di
Bonifacio Caetani.
In grande contrasto alle gesta del duca Pietro era la modesta e laboriosa esistenza dei due fratelli minori Bonifacio ed Antonio, entrambi avviati alla carriera ecclesiastica dopo i severi studi compiuti a Bologna e Perugia. Ancora giovanissimi, fu affidato loro il disbrigo di molti degli affari ordinari di amministrazione. Bonifacio, il 20 febbraio 1593, ricevette da Clemente VIII la carica di governatore di Camerino l) e subito cominciò ad esercitare le sue funzioni .con senno e modestia. Non gli mancò il da fare perché la provincia, al pari di tutte le altre, era infestata dal banditismo; il famigerato Marco Sciarra 2) si aggirava da quelle parti con i suoi satelliti, sicché al neo-governatore toccava organizzare piccole spedizioni militari e fortificare Ie terre. Ma non intendo insistere sull'operato di Bonifacio benché moltissime sieno Ie lettere relative al suo governo. Ricorderò soltanto che, malgrado i suoi 25 anni, cercò di superare gli impedimenti della giooentù e di tagliarc Ie gambe al|'ínímico domestico ed anche all'estrinseco, ossia alle tentazioni dei sensi, delle donne e del diavolo, bramando soprattutto di crearsi una bella reputazione. L'ufficio non comportava che ben meschini emolumenti e le spese non erano indifferenti anche per la ospitalità che doveva estendere agli amici di passaggio per Camerino, comd Giovanni Francesco Aldobrandini che gli capitò a tavola con 26 capitani e gli lasciò la casa scoprs mundatam.3) Perciò spesso bussava a quattrini presso gli zii, facendo osservate collo spirito umoristico che gli fu proprio ehe, rtioendo in montagna, dooe di continuo spírano úentí, con Ia borsa ouota, sí corre un manífesto pericolo di perderla et restare ín un tempo istesso senza denari e senza borsa. a\ 5> e già priore di S. Leonardo in Puglia, fu Prornosso al presbiterato il 26 ottobre 1593 ordinato prete il 22 maggro seguente ed il giorno della Trinità, nel santuario di Loreto tanto ó) b) venerato dalla casa Caetani, celebrò la sua prima messa; il primo febbraio 1595 veniva trasferito al governatorato di Orvieto 7) con grande rimpianto dell'intera popolazione camertina che aveva preso a stimarlo. I priori in segno di riconoscenza conferirono ai Caetani e loro discendenti la cittadinanza onoraria, e fu decretato che un ritratto di Bonifacio {osse collocato nel palazzo comunale. 8) Tutto ciò era un prognostico di quel che doveva essere il governo che, dieci anni piir tardi, egli tenne della Romagna, ove lasciò di sè grandissima fama, come è ricordato nelle medaglie coniate e nel monurnento eretto in suo onore. A Orvieto egli trovò che la vita di provincia era ancora piùr noiosa che non a Camerino e) dove si era creato un simpatico ambiente; cercò di consolarsi con la musica e con la caccia e frnalmente nell'aprile del 1596 fu liberato dall'esilio, chiamato dallo zio perché lo accompaa) Verso il secondo decennio del sec. XVII si riaccese la quatione detl'Eccellenza anche per i cardinali che avevao titolo ducale, e ciò awenne dopoché il granduca di Toscana si appropriòquellodi Serenisimo; lunga dissertazione in lingua spa'
gnola
(C- 1600, N. 147991r.
t)pts.V4tB. a) c-1594.V.zt, N.
b) Vedi C-1594.V111.22, N. 30784: priori
di
supplica dei
Camerino che Bonifacio non sia trasferito finchè non
abbia condotto a buon termine la difesa dei confini della comunita I uche Bonifacio avrebbe preferito rimanere, ma dovette obbedire
agli ordini del papa.
s)C-1593.lV.9,N.5532. +)C-1593.V. II,N.5584. u)Cf.ep.XXVII. 19015. z) Ptg,3443. D Prg. 1668. e) C-1595 ,111.29,N.5272.
5)PE.3442.
Bonifacio Caetanr
lrse3-r5e4l
Polonia. Con tale prowedimento il cardinale Enrico volle dare a Bonifacio e ad Antonio la possibilità di vedere qualche cosa del grande mondo e sperimentarsi nella vita e negli affari diplomatici, perché era evidente che i due giovani per intelligen2a è buon senso promettevano di diventare un giorno il supporto principale della Casa. l) I doveri del proprio uff,cio impedirono a Bonifacio nel febbraio del 1596, appena il cardinale Enrico fu tornato da un viaggio per ispezionare la badia di S. Leonardo in Puglia; 2) di esser presente alla visita che Clemente VIII volle fare nelle Paludi Pontine. Il giorno 19 il papa si fermò in Cisterna, magnifrcamente ricevuto dal cardinale Enrico, dal duca e da tutta la famiglia. 3) Non vi sono nel nostro archivio notizie precise su questo awenimento che fu causa di grandi preparativi e d'ingenti spese; mi risulta soltanto che il papa fece formale promessa di una grazia al nunzio Camillo, ma non ho potuto sapere quale fosse, le parole relative essendo cifrate. a) gnasse nella legazione
di
*c
** Dopo i vari incidenti narrati sopra, il duca Pietro si trattenne molto in campagna per ragioni di economia, dato che i fasti degli anni passati avevano ridotto Ia casa Caetani in condizioni disastrose: ad ogni momento si andavano scoprendo nuovi debiti e dolorose constatazioni di diminuite rendite. Di ciò si ebbe più precisa conoscenza quando, con il nuovo sistema di contabilità in partita doppia istaurato nel 1594, si ebbero le cifre esatte del dare e avere. Ma di guesta materia, che è di considerevole interesse perché propria non solo della nostra famiglia ma anche di quasi tutte le altre della nobiltà romana, si tratterà in esteso nel seguente volume. ll duca viveva principalmente a Gsterna il cui palazzo, dalle grandi sale affrescate dagli Zuccari, era stato magnificamente addobbato e dove i personaggi, che viaggiavano tra Napoli e Roma, si fermavano per un breve ristoro. Le donne, ad eccezione della duchessa, abitavano a Sermoneta. Pietro, infastidito dal suo male, mirava ad avere il meno Filippo II possibile noie e spese per poter poi impiegare il denaro (Bibl. Nat. Parigi; F-stamp$). a soddisfazione delle proprie vanità e in mondani piaceri. Per tale ragione poco si curò di reprimere il banditismo che infieriva nello stato e che reputava male incurabile, come lo era del resto nelle altre province della Chiesa, a condizione tuttavia che i briganti non recassero troppo danno alle sue proprietà. Tale negligenza diede origine a nuove accuse contro lui di connivenza con i banditi; il papa fece vive rimostranze, 5) dopo di che egli si adoperò a perseguitarli piir attivamente, e per qualche tempo a Sermonta le esecuzioni capitali e lo sguartamento dei corpi di quei malviventi si andarono moltiplicando. Ma tutto ciò servì ben poco a scancellare la cattiva fama che si era addossato perché, con il suo fare autoritario e litigioso, si era reso inviso alla sacietà romana, specialmente agli Orsini e ai Colonna, nonché ai dignitari ecclesiastici ed allo stesso pontefice.
1594.
L) C-1595.1V.25, N.23866. n C-1595.XlIercg. Pq, MS., c. 259 c ,4rc. Cccl, passim.
Domus,
ll,
96.
î)
Padt.,
ll, p, 2?.
1)
C-1596.11.23,N.4875.
6) Mazo
Vita familiare
del
duca
Pietro C.
VITA ROMANA
282
Cura della ri$lide.
Ricette pef concepire.
Lib. lll, Cap. XXIV.
Dalle lettere dell'epoca non traspare molto sulla vita coniugale di Pietro e Felice Maria, ma'non dubito che questa meritasse ben poco il proprio nome, non tanto per Ie infedeltà del marito (che a giudicare dalle raccomandazioni del duca di Mantova l) e del patriarca, deve esser stata quasi una premessa al matrimonio), quanto per la terribile infezione di cui era affetto e che non può ayer mancato di comuninare alla moglie. 2) Nella corrispondenza non si accenna mai alla malattia col suo vero nome, ma ,eufonicamente si parla sempre di febbre quartana causata da humor melancolíco e dí catano. Dopo essersi assopito per qualche tempo, nel 1595, il male scoppiò con rinnovata virulenza corrodendo quel disgraziato sino alle ossa: tremolante di testa, addolorato nellè membra e tutto macolato sul corpo, il duca Pietro non trovava sollievo nelle infinite purghe e nell'astenersi dalle frutta; piùr radicali rimedi erano necessari, ond'egli si decise di sottoporsi alle unzioni ed ai suffumigi col nnercurio, ultimo di tuttt í medícamentí, al quale non potevano resistere che le costituzioni piùr robuste. 3) A tal fine si prendevano dei composti di mercurio, come il cinabro, e si mescolavano con incenso, colla mirra o con altre gomme impastate con legno di aloe e di ginepro; queste sostanze si gettavano sopra un braciere pieno di carboni ardenti in una piccola stanza chiusa o in una stufa, ed il malato, completamente denudato, esponeva il corpo ai vapori mercuriali mentre il calore induceva una abbondante perspirazione. Dopo aver ripetuta I'operazione piir volte, si manifestavano la salivazione ed altri indizi di incipiente awelenamento mercuriale e, quando il paziente non moriva, traeva a volte qualche benefizio da questa eroica cura. Si ricorreva anche all'uso di unguenti con vari sali mercuriali, come il sublimato, solfuro e calomelano che, nel secolo XVI, portavano nomi alchimistici ben differenti. a) Non ci deve quindi recar meraviglia se, con tutto ciò, la duchessa Felice Maria non'fu in grado di assícurar e Ia successíone ; al lieto annunzio delle sue gravidanze non vi fu seguito, dal che giudico che esse corrisposero ad altrettanti aborti. ")
díserusÍa; vengoDo presciitti decotti di china, una fonilanclla (cauterio) ad una delle gambe ed i bagni sulfurei (C' 1610'
che comìncía íI fumo, et se slía fin che rcfredda et s'ha da fare lrc oolle ín tte dl. Se ne son ortle granile espefienze. In queslo nedesímo tempo s'ha da píglìate un potchelto d'un anno, et caoailí íl membro, et failo bullbe che sía leneto; ct poí che íI coco I'acconcl con quel saporc che pììt Ii píace, che sía saportto, el bonîsslmo acconcío, et datlo a magnare a la Donna, petchè s'è oislo molle et molte oolte c'ha
N.
conceputo
a)
Dopo
di ciò
deve esser roPrarveDuto un periodo di
completa sterilità, perché lrovo un referto medico, fatto io base ad un esame ostetrico, che dichiara come il non aver più concepito da due anni è .dovuto ad un fi.atuoso rcmmollìmento alfes!rcmí!à del collo dell'utcto afetto da fiígîila e umída
151866).
Non avendo efetto questi rimedi dettati dalla rcie'"", i coniugi ebbero ricorso a quelli suggeriti dalle fattucchiere. Sovente l'uomo, afiranto dai mali 6sici ai quali i medici nos sanno dare rimedio, trova uD raggio di sP€ratrza nelle più faatastiche ricette che hanno il fascino dell'arono, meBtre le anine elette cercano ristoro nel dolce balsamo della fede. Più inverosimite la ricetta, più verooimili senbravano che dovessero esserne gli efetti. Riproduco qui due curiose ricette dell'epoca, certamente man' date a Pietro e Felice Maria, per assicurare la tanto desiderata
oecchío che meglío
sía posióílc ail ha*rc;
saia;
che
lÍ
sc
lorse ne la fottezza
fuse dí calo
dí
Satmonela
annî,
sí tto'
a Ia Donnd s'ha da fate queslo rínedío: che la Donna sí síeda sopra ìl detto oaso da quel 1)C-t593.v.1,N.82ó1. 9)c-1594.tl. 23,N.22771.
oatà, et passatí
mcstruì
maxhío.
UNTIO
Rf:
AD
CONCIPIENDUM:
teslículotum cotunícum leslículotum passarum'-
--- on' J( an'
2
i| an' on'
I
oleí belzuiní oleí slotacis oleÍ samtrucíní
successione :
S'hanno a píglíare, Ic oecchíarelle dícono, selte dí qucsle píelre, ma me parc che ímpor!í poco, chesíeno setle o otto, el melletle nel foco, ín moilo che ilíoentono toscíe bene; el poì mellerle con le mollette nel fondo del oaso da senitío, fatto a la napolílana, cíoè che sía laryo cÌa basso; et subílo pdma che se fifteddíno, sparyeili un Wo d'olío commune, íI píìr
íl
Supplico V. E. quanto più posso che questí finedíi sí tengano sectelí, perchè come sÍ pubblícano sono dísptezzatí (C - t Oto c., N. 1498E9). Uu'altra ricetta fu la seguente:
mu.scala I \ ile mìtcha
oleí nucis oleí
fotmÍcarum cum
nli
alîs
on.
..
ll2
Hec omnia símul mísceantut per díes 40 et ponanlur àiebús magnì aeslus, FonanluÍ în stamíca apla admodum
rl,latofií d exponantur síc solî et tnfrascÍtus, ubí líquot coletur àeìnde auípe, quod colalum fuerít el ailde eubebarum puloetízatum on:
'
. ambrccanís
3) Per.
MS., c. 319
(
1
muscí
-322,
aîam.
r
a) Cl. Ftacasloro,op. cit.
87'89 p. I 14.
I 15.
Pietro Caetani
Ir593-1se5]
281
Nonpertanto i coniugi non vollero mai abbandonare la speranza di metter al mondo il futuro duca di Sermoneta. Non possiamo supporre che, dopo un secolo di esperienza, non si sapesse che la lue portava con sè la degenerazione della figliolanza. Con tutto ciò Pietro non volle mai rinunziare all'idea di avere un erede e, se Felice Maria fosse morta, si sarebbe subito ammogliato con altra giovane. Il fatto che il fratello secondogenito Filippo avesse vari figlioli, sani ed intelligenti, non sembra inducesse affatto Pietro alla rassegnazione, anzi era quasi un'offesa al suo amor proprio. In tale concetto perseverò fino ai suoi ultimi giorni, tanto è vero che mentre si strascinava per il palazzo appoggiato a due bastoni essendonsi Ie gambe corrose sino alle midolla, in seno alla famiglia si discuteva sulla difficoltà di trovare una moglie al giovane don Francesco, perché, sino a che sarebbe campato Pietro, non si poteva assicurare che il nipote sarebbe stato I'erede del maggiorasco. Comunque, a giudicare dalla corrispondenza pervenutaci, la vita coniugale del duca sembra essersi svolta, se non nella felicità, almeno in quella quiete ed armonia che regha in ogni menage ove il marito spadroneggia e la moglie obbedisce e tace. Felice Maria, malgrado i continui attacchi del male, si dimostrava sinceramente affezionata al marito ed ogni qual volta si allontanava da lei gli mandava tenere letterine, spropositate sempre, firmandosi: Dt V. E. serùa e consorte amorcoole. Quando Pietro era in Ispagna alla caccia del Tosone, essa scrivevaz Credo che Ii faoofi di queste sígnorc spagniole I'habbíano fatto scordare dí me ... Srríoa spesso ef ritomí quanto prima ... Io mí trooo a Sermoneta sola ... non oado maí ín nessun loco perchè t) sono così sola ... in questa rocca che non sí pol durare questa oíta. Fintanto che Ie resse Ia salute, lo accompagnò nelle frequenti cacce nelle foreste di S. Biagio, della Femmina Morta e dell'Eschido ove abbondavano i cignali; anzi questa selvaggina protetta dai bandi di ' caccia, ") era talmente numerosa che pullulava persino ai piedi del monte di Sermoneta, sicché ogni tanto era necessario organizzare delle battute per purgare questa zona, intensamente coltivata, dai porci che recavano grandi danni. b) Nonostante tali divertimenti e la sua malferma salute, il duca Pietro impazientiva nella forzata inattività e non sognava ad altro che a riprendere la professione prediletta delle armi. A volte afiermava in pubblico che la vita coniugale era la sua rovina, perché non solo era un onere flnanziario ma gli impediva anche dì guadagnarsi íI pane. u Non fo pu laudarme, egli 2) mo delli soldatí che ercoamo ín consiglio dí guerra in Fíandra, scriveva allo zio Camillo, delli famosí soldati a chi tI signor duca (di Parma) rtdaoa carichi, son mortí tuttí da me ín forc et de ragíone dooreí haoer Ia mÍa parte,,. Convinto di essere il piir valente capitano d'arme voleva esser messo in valore. Una occasione ottima gli si ofierse quando il papa, dopo, essersi itrenuamente adoperato per formare una lega contro il turco, nel 1595 inviava un esercito in Ungheria in aiuto dell'imperatore. I più bei nomi d'ltalia e di Roma facevano parte della spedizione e anche il
in ltalia,
che la Donna oada ín letlo píglíarcl tanlo dt detla mlsuta quanto cuopîe .tn capo de spíngolo et mellercíIo dentro al|'ombelíco facenilolo ben pnehate: dl poí ne pigllarcí un
Pima
poco pît, ne ungetaí lutte doi le nart del naso ilclla Donna' cosl se pofrà usaîc con essa. Ma qet fare magglot efetlo I'huomo si ha ungere íI membrc quando oonà usare el Pet oní oolta sía mezzo sctupolo (C - 1610 c., N. 149929). a) Numerosi sono i bandi ed altre disposizioni del scc. XVI accia; innumerevoli le multe e le pene corporali inf,itte per te contravvenzioni; ciò che diede
emanati dai signori a protezione deìla
1) C -
t600.1. 12,N.
52230.
C-1596.lV.25, N. 18275ó.
'
causa a malumori nelle popolazioni e tra le soldatesche.
Nel 1594
Caetani protetarono perché la strada, che il Governatore di Campagna aveva ordinato che si costruis intorno alle mura di Terracina, avrebbe guastato la caccia ai becca6chi, riservati all'Ecc.* Casa (C - 1594 .l.l r, N. 30013). b) Alche i lupi che abbondavano nelle selve e dogane caulayaao gravi dmni, ragione per cui furono csegnati premi
i
li
uccidese: uro scudo per lupo maschio e 15 giuli per per due terzi dal signore ed un terzo dalle comunità (Atc. Cae!., Misc. Razza; indice, p. 199).
a chi
lc
femmine, da pagarsi
Vita coniugale.
Aspirazioni
militari.
VITA ROMANA
284
Lib. III, Cap, XXIV.
fu invitato a prendere le armi, ma egli si scusò presso il papa e I'Aldobrandini, trovandosi tutto debilitato da un altro violento attacco del suo male, durato otto mesi; oltre a ciò temeva che Ia partenza per I'Ungheria avrebbe potuto pregiudicare le sue pretese presso il re di Spagna. Perciò si contentò di portare lo stendardo della Chiesa nella solenne cerimonia celebrata in S. I\{aria Maggiore quando, il 4 giugno, il papa consegnava al nipote Giovanni Francesco il bastone Caetani
di Spedizione contro Cecare d'Este.
comando. l)
Migliore opportunità gli si presentò due anni più tardi allorché il papa armò un esercito per la conquista di Ferrara. Il 27 ottobre 1597 moriva il duca Alfonso d'Este e con lui si estingueva la legittima successione allo stato di Ferrara, feudo della Chiesa. L'erede designato, Cesare d'Este, cugino del defunto, prese possesso del ducato contro la volontà del papa, sperando nell'appoggio della Spagna e di altri stati italiani; invece questi gli mancarono e Clemente VIII, mentre gli scagliava addosso il fulmine della scomunica, nominava il cardinale Pietro Aldobrandini comandante dell'esercito pontifrcio. Questi, il 4 novembre, chiamava il duca Pietro Caetani ed altri sei signori perché ognuno assoldasse 3000 fanti e 300 cavalli. ") La mobilitazione dell'esercito fu eseguita con una rapidità ed efficienza che, data la disorganizzazione militare dello stato ecclesiastico, destò la meraviglia di tutti. Il duca Pietro si valse di tutti i parenti, amici e dipendenti per reclutare in fretta e furia lesue 18 compagnie 2) in Roma, Narni, Sassoferrato, Anconae in altre città dell'ltalia centrale.b) Il giorno 24 partiva con la sua compagnia di archibugieri a cavallo e, man mano raccogliendo le altre per istrada, giunse ai primi di dicembre a Faenza, ove si radunavano le truppe. Come più esperto degli altri nelle cose di guerra, prese in mano l'organizzazione delle soldatesche prowedendo all'armamento di esse che era quanto mai deficiente. Frodigiosa fu Ia sua attìvità malgrado I'impedimento della malferma salute; per questi meriti il cardinale Aldobrandini 3) promosse Pietro a comandante in capo dell'esercito, con rango di mastro generale di campo, preponendolo a Marzio Colonna, duca di Zagarolo che era piìr anziano di lui. A questi fu dato il generalato della fanteria e a Piero Malvezzi, a Mario Farnese e al marchese della Cornia rispettivamente i comandi delle lance, degli archibugieri a cavallo e dell'artiglieria. L'Aldobrandini sollecitava incessantemente il duca Pietro di completare al piìr presto I'armamento dei reparti e di avviarli alle posizioni loro assegnate, il piano di campagna essendo di frapporsi tra Modena e Ferrara operando in aperta campagna malgrado la neve ed i ghiacci. Finalmente ai primi di gennaio cominciò la marcia dei reparti di truppa per prendere posizione lungo la frontiera e Pietro, saputo che Cento e Pieve titubavano nella fede verso il duca Cesare, ordinò a Simone Capizucchi di marciare decisamente con 400 soldati sopra questi paesi ed occuparli, fiducioso che tale mossa ardita ed il fatto compiuto sarebbero stati di gradimento al comandante
in
capo.
Frattanto però Ia situazione erasi cambiata inguantoché Cesare, saputo che Enrico IV si approntava a venire in appoggio del pontefice, magari conducendo in persona un potente esercito, era venuto a piir miti consigli e disposto ad intavolare trattative di pace. Come intermediaria ") Relazione sulla morte del duca di Ferrara e le cause che condussero alla guerra: NeI meìlesímo gìotno sì risoloè dì fare quesla gente, et si elessero sette caoalierí ptíncípalí, cíaè íl Síg. Mailío Colohna, íl duca dî Sermonela, ìI duca dí PoIí, marchese della Coryna, íl síg. Maio Fatnese, íI síg. Gîo. An' tonío Otsíno el íl síg. Píeto Maloezzí: cíascuno de quali tíene caico dí assoldarc bemíIa fantí et trecento caoallí, dí modo
íl
)
C - 1595,Vl . 5, N.
4007,
2)
lrc'
Cocl. passim.
che sí
ff fantí, et $ et píù caoallí I, N. 15842, lstruzjoni al nunzio in Ispagna (C- 1597.XI. 10,
formetà un'esetcito dí
(C-1597.XI.2, N. 1613; C-1597.X1.4 e 154694\.
N. I il24). b) Aache Prospero Caetani (non so se di Filettino o di Maenza) prese parte alle operazioni reclutando 400 soldati per il duca Marzio Colonna. 3) Brevcito: C-^1597.X11.29,
N. 14470.
Giovanni Francesco Peranda
1r5e2.16061
la vecchia duchessa Lucrezia di Urbino, sorella del defunto duca Alfonso, la quale, decembre, si era recata a Faenza per trattare col cardinale Aldobrandini. Dopo pochi giorni si convenne di stipulare una tregua che durasse sino all'l I di gennaio. S'incrociarono quindi I'annunzio del Caetani relativo alla mossa offensiva e I'ordine dell'Aldobrandini di non rq;npere la guerra finché c'era speranza di venire a pacifici accordi. Il 9 di detto fu
scelta
il 3l
il
cardinale ordinava, qualora Cento fosse già stata occupata, di ritirarsi con reputatíone ed il generale prontamente ubbidiva. r) Le trattative ebbero felice soluzione: il giorno 12 si conveniva che Cesare avrebbe retrocesso il ducato con Cento e Pieve di Cento alla Chiesa, la quale in tal modo rientrò, e per sempre, in possesso di questo importante stato. 2) E così il29 gennaio I'Aldobrandini, accompagnato dal Caetani, con 6000 fanti e 1000 cavalli entrava trionfalmente in Ferrara senza che si fosse tirato un solo colpq di moschetto, e Pietro ritornava a Roma ricevendo da tutti congratulazioni per I'opera sua energica e pronta come se hsoesse presa Ferrara peî assaltí et per forza. Tale dímostratíone però era costata 4000 scudi mese
alla Casa. 3)
***
In questi tempi i Caetani subirono una grave perdita nella persona del buon Giovanni ultimi anni del Peranda' Francesco Peranda. Dopo la morte del cardinale di Sermoneta egli era passato al servizio del nipote Enrico, allora abate, non in. qualità di segretario (chè a tale ufficio era già stato eletto G. C. Riccardi) ma di consigliere e fac-totum della casa; dopo che il Riccardi fu promosso arcivescovo di Bari, nell'ottobre 1592 il Peranda prese il suo posto ed in tale ufficio continuò sino al 25 aprile 1596 quando il cardinale partì per la legazione in Polonia. Questo fedele servitore, non 'ancora giunto al suo sessantesimo anno d'età, si era completamente logorato in un trentennio di incessante e malsano lavoro. ") Gli occhi, sempre più stanchi, potevano a mala pena servire al!'infaticabile segretario e mentore dei Caetani. I medici gli avevano proibito di lavorare a tavolino sicché il Peranda era ridotto a sbrigare la corrispondenza facendosi leggere
le lettere e dettando le risposte. a) Nell'ottobre 1595 la sua salute aveva subìto un grave crollo: per un momento parve che fosse giunta la fine, ed una nota di profondo dolore, direi di disperazione, colora Ie lettere familiari. Giulio Cesare Riccardi scriveva al cardinale Enrico : Dí suggettí suoi parì, se n'è quasí perduta'Ia stampa,. ... (quando si perdesse), toccarebbe a tutti Ií segretarii dí Roma dt farli pubblíce esequie come a percona c'habbía íIlustrata questa professione ,.. In ogní caso V. S. I. bísognerà che prooeda aIIa segretaria come può, et imagÍnarsì che passeranno secolí príma che torní un'altro sígnor Peranda. s) Ma, come Do volle, superò il male e si ebbe la gradita notizia che aveva fatto oísita aIIe dame, ciò che era un buon segno. Tuttavia era rimasto quasi paralizzato nel braccio e nella gamba sinistra, ragione per cui lasciò il servizio e nell'estate del 1596 andò con Carlo Bellomo a Pozzuoli per farvi la cura nelli sudatoi di Agnano. Questo rimedio gli fu di u) Nel maggio 1594 il Peranda, nello scusarsi per aíer lardato, scriveva al papiarca Camillo: Il eameilengalo el la protettíone dí molte cíttà pineípalí dello Stato &clesíutíco senza tanti albí negotíî, che palrano Nt le maní dí gueslo Sìgnare
t)
171493.
scrìoe
al wd. Aldobnqdini spra la rmpcruiooc di Fqara. I Capitoli dell'acordo: s)C-1597.XIl-l598.lpasin. a)Pct.MS.,c.3l5v.c326t. 5)C-1595.X.30,N.32780.
BìbI. Vat., Bub. Lat. 5E64, rcgistro dclle lettcrc scritte
C-1598.1.28,N.
a coprirc ogní oalenth'uomo. Ogni gìorno et sÍ rtceoono ogní gíorno letterc, et a tutte le hore soptagíungono mcmofialí, commíssíoni auoo€ etc. (Per MS., c. 272). (Enrico), bastercbbeto
sí
VITA ROMANA
Lib. IIl, Cap. )OflV.
gran vantaggio ma non gli ridiede la sanità: nejvrastenico e non più completamente padrone di se stesso, prorompeva ogni tanto in dirotto pianto; l) con tutto ciò mantenne in certo modo la sovraintendenza generale della segreteria che era stata affidata a Paolo Aprile, suo antico assistente. ")
dai suoi antichi discepoli, che lo consideravano come un secondo padre, visse col suo amico Carlo Bellomo, maggiordopo dei Caetani, in una casetta adiacente Amorosamente mantenuto
il
dolore di veder passare a miglior vita il suo signore Enrico e nel luglio 1600 apponeva personalmente Ia frrma al memoriale firmato da tutti i dipendenti del cardinale per percepire il legato di 3 000 scudi, che questi aveva lasciato ad essi. 2) un anno dopo vide morire il patriarca Camillo. A tanti dolori si aggiunse I'angustia per la perdita di quasi \ tutte le sue sostanze, avendo egli awallato la cambiale d'un amico. 3) È probabile che Giovanni Francesco Peranda non soprawivesse molto alla dipartita degli amati discepoli, ma nulla ci è dato di sapere della sua morte e della sua sepoltura, perché nel trambusto e nella confusione che seguirono il decesso di Camillo, capo spirituale della Casa, la quasi totalità dei documenti familiari di questo periodo andò perduta. Nel 1607 si parla spesso della casa nella quale abítaoa il Peranda. b) Non mi è dato di sapere neppure in quale chiesa di Roma sia stato sepolto il bravo e valente amico della nostra famiglia. La fama che lasciò di sè fu grande ma poco duratura: le sue lettere furono pubblicate in molte successive edizioni a) e studiate come testo della nostra lingua, quale esempio dato dal u Demostene delle segreterie italiane ,'. Ma poi la memoria di lui sparì come quella di persona che, concentrando tutto il proprio valore nella solitudine del lavoro, non ha cura di conquistarsi la notorietà che tien vivo a traverso i secoli il nome di molti non degni di tanto onore.
al palazzo all'Orso. Ebbe
Il Peraada per sette anui resse la segreteria del mona") rtero (o di monsigaor) di S. Bonaventura e la mastrodattia del nunzio di Napoli. b) Era ancora vivo uel 1602. tV. L'ultimo a prendere r)
c-t597.xI.3,N.49973.
t C-1600.VlI.]ó, N. lEóó08.
interesse alla persona
ed agli scritti del
Peranda
fu
probabil-
mente I'abate Girolamo Tiraboschi nel sec. XVIII. Trovo un appunto di mons. Onorato Caetani che dice: Di che aano è
morto Perunìla? .Scrioerlo
I
C-
1601
.VI .2,N.
a
Tùaboschi.
19316.
a) Cf. pag. 109.