Gelasio Caetani, Domus Caietana, Vol. I part. 2

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FONDAZIONE CAMILLO CAETANI

CENTRO DI STUDI INTERNAZIONALI GIUSEPPE ERMINI FERENTINO

ROMA

Digitalizzazione delle opere di Gelasio Caetani

*

GELASIO CAETANI

Domus Caietana Storia documentata della famiglia Caetani Volume I, parte seconda

MEDIO EVO

San Casciano Val di Pesa 1927



DOMVS CAIETANA VOLUME PRIMO (sEcoNDA PARTE)


DOCUMENTT DELUARCHIVIO CAETANI

GELASIO CAETANI

DOMVS STORIA DOCUM ENTATA DELLA FAMIGLIA CAETANI

VOLUME PRIMO (sEcoNDA

PARTE)

M'EDIO EVO

Sar.tcAsctANo

STABIUMEN

Val. ot Prse' FRATELLI STI.ANTI

MCMXXVI


LIBRO QUINTO

FINE DELLA DINASTIA ANGIOINA NEL NAPOLETANO ,


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FoL G.

SANSAINI - RO!fA

Caetant

VALLECORSA (Casa presso Porta Emissoria)


a Maria d'Aragona. Napoli, S. Anna de' Lombardi.

Base del monumento

Caprroro XXXX. GUERRE

DI RE LADISLAO E FINE DELLO SCISM^A,. (1400-t4t7)

oN la morte di Onorato, Bonifacio IX venne flnalmente a trovarsi padrone della Campagna e Marittima. Ma lo scisma si protrasse per altri I 7 anni e tutti gli sforzi per sedarlo andarond a vuoto, perchè nè il papa di Roma nè quello di Avignone vollero rinunziare alla tiara, quàntunque tale risoluzione fosse invocata da ogni pàrte. Morto nel 1404 Bonifacio IX, dopo il breve pontificato d'lnnocenzo VII, fu eletto nel 1406 Giegorio XII, mentre in Avignone pontificava I'antipapa Benedetto XIII.

sunto storico.

Firialmente nel 1409 ventiquattro cardinali dell'una e dell'altra sigi'o di Giacomo Impronta in.

,

largo'concorso riunirono in concilio a Pisa, t 1423. obbedienza sivescoúi rango il preiati di ogni e ; di 5 di giugno il dell'A. arcivescovi, concilio dichiarò deposti i due papi, dopo di che i càrdinali,

possesso

di

con

in

conclave, elevarono al trono pontifrcio Pietro Filargi'di Candia che prese il nome di Alessandro V. Tale atto anzichè portare rimedio al male l?aggravò, imperocchè tanto Benedetto XIII quanto Gregorio XII si rifiutarono di rinunziare'alla loro dignità, successe sicchè invece di due si ebbero tre pontefrci ad un tempo. Nel l4l0 ad Alessandro Giovanni XXIII, e questi e gli antipapi governarono, ognuno per conto ed a'modo proprici, sino

riunitisi

V

1415, guando un grande concilio riunitosi a Costanza dichiarò decaduti i tre papi e nel l4l7 elesse Oddone Colonna che, come vero ed unico capo della straziata Chiesa, assunse. il nome di Martino V. Di tanta confusione cercò di valersi il giovane ed audace re Ladislao per impossessarsi di Roma e dello stato pontifrcio, avendo in animo di conquistare altresì la Toscana e di ridurre I'ltalia centrale sotto il proprio dominio. Anzitutto ebbe cura di mettere in ordine le cose del Regno sottomettendo tutti i baroni disobbedienti e cominciò con Onorato Caetani. Il re penetrò nello stato del conte, probabilmente per via di mare, e dapprima s'impossessò della torre di Scauri, guindi occupò

al

Domus,

l-2, I.

Ladislao contro Onorato.


GUERRE

DI RE LADISLAO E FINE DELLO SCISMA

Lib. V, Cap. XXXIX.

scafa e la torre del Garigliano. Nel medesimo tempo, o poco dopo, occupò e Maranola (che allora formavano ancora un medesimo territorio); gli abitanti si piegarono alla di lui obbedienza e vennero perdonati (8 mag. 1400). r) Questi primi successi e la morte dello stesso conte non gli diedero però il dominio della contea di Fondi, dove ancora sussisteva la potente oîganizzazione militare creata da Onorato, e la figlia di questo, Iacobella, despotessa di Romania, era pronta a tenergli testa, animata dall'odio che il ricordo della barbara morte di Baldassare, suo marito, le teneva vivo in seno. 2) Il re non avanzò subito nel cuore della contea, ma per quasi un mese si trattenne a Capua; poi spinse avanti I'esercito e si accampò presso Fondi dove lacobella si era asserragliata. Resasi conto di non potere resistere a lungo, Ia despotessa accettò di trattare con il re, e gli articoli di pace, accettdti e firmati addì 25 maggio 1400, piìr che di una capitolazione, dànno I'impressione di un trattato concluso tra persone di uguale rango. 3) Nell'istromento si dichiara Ladislao, re di Ungheria, Sicilia, Gerusalemme, Dalmazia, etc. essere additsenuto a certi pattí, capìtoli e conoenzíoní con Ia magnífica lacobella Gaetana, despotessa dí Romània e contessa di Fondì, sua diletta fedele, che ultimamente era tornata alla di luí fedeltà e nella sua grazía. A garanzia, Iacobella consegnava al re le castella di Lenola (lnola), di Acquaviva e di Sperlonga, che comandavano gli accessi alla contea, ritenendo per sè il pieno dominio ed i frutti di queste terre, purchè il re non le cedesse ad altri, ne vietasse I'entrata ai vassalli e sudditi di qualsiasi barone, sia di Gaeta sia della Campania, e a condizione che non venisse recato danno o molestia agli abitanti. Vennero stabiliti i diritti e le prerogative dell'una o dell'altro sui castelli di Monticelli, Pastena, Vallecorsa, Sant'Anastasia, Villa San Vito, Campodimele, Traetto, Castelforte, Sujo, Maranola, Castellonorato, Itri e Ceccano. Doveva il re farsi intermediaiio presso il papa per tutelare gli interessi della contessa e dei sudditi; doveva proteggere e difendere lei, le terre, i vassalli e i diritti suoi contro le insidie, le offese e le prepotenze d'altri, ciò con le armi ed a qualunque richiesta di lei. Benedetto Caetani Palatino, fratello di Bonifacio ed antico seguace dello scisma, doveva essere lasciato nel libero possesso del monastero di S. Magno in Fondi, di cui aveva goduto sino allora, e lacobella in quello della chiesa di S. Giovanni di Ponte

Traetto,

Ia

Castellonorato

Trattato fra Ladislao

e

lacobella.

Silice (Sr/ce). Oggetto di grave preoccupazione era il modo come Ia contessa sarebbe potuta rientrare nelle grazie del pontefrce, e perciò si pattuì specificatamente che il re avrebbe interposto i suoi buoni ufrci e, se necessario, I'avrebbe difeso con Ie armi e a proprie spese. La convenzione, approvata non senza qualche riserva, fu firmata dalla mano del re nel suo accampamento presso Fondi e venne munita del grande sigillo pendente. Felice dei successi riportati, il re tornò in Napoli e, dopo aver ridotto alla propria obbedienza gli ultimi ribelli, si recò a Salerno ove festeggiò le sue vittorie con numerose giostre e banchetti. In realtà il trattato di Fondi non doveva servire ad altro che a disarmare la figlia di Onorato, perchè il valoroso, ma falso, sovrano già aveva in animo di spogliarla di ogni suo possesso. Dopo brevissimo tempo, ignorasi sotto quale pretesto, fu dichiarata ribelle e decaduta dai suoi titoli e fu privata dei feudi che in massima parte vennero incamerati dal re; infatti troviamo che ai 15 di settembre egli donava ad Antonio Peronti di Terracina tutto il territorio di Vallemarina, appartenente al distretto di Monticelli (Monte San Biagio), pr€sso la suddetta Joriu ribelle lacobella Gaetana. a) È probubile che con tale atto abbia città, confrscato

"llu

')

Prg. 1867.

t) Monlel., p.

51.

3) Pre. 2219.

a)

Arc. Nap. R. 1., vol,

X4, Î.

122b,


Iacobella Caetani

[apr.1400-lug. l4l2l

voluto ricompensare I'opera da lui prestata nel ricondurre la città di Terracina all'obbedienza del papa (12 giu. 1400) e nel combattere i seguaci di Onorato che, asserragliati nella rocca Traversa, ancora tenevano testa

al re ed al

pontefice. l)

La contea e gli altri beni di Onorato già sin dal 22 maggio 1390 erano stati confiscati nominalmente e donati al fratello Giacomo; 2) il re riconfermò la donazione ai 17 di aprile 1400t rl in questo documento, oramai disperso, dell'archivio dei Gaetani d'Aragona, pare si facesse menzione dell'awenuta morte di Onorato, benchè da altre fonti risulterebbe che il conte morisse tre giorni piir tardi. È da supporre che Giacomo prendesse possesso effettivo della contea non appena la despotessa fu nuovamente dichiarata ribelle nell'estate del 1400 ; la figliola del .fiero Onorato dovette ritirarsi in luogo appartato, ai confini della contea, nei salubri ma semideserti monti rocciosi dal lato di Vallecorsa, ove il re ed i parenti di lei non si curarono di perseguitarla. Deduco ciò dalle parole del cronista dei Durnali u : $ nante questa dísposta " fs oioa rè Lansalao non potte ar)ere mai ne Ponticello ne Portella passo de Io Reame. Dovette sottomettersi alla sorte e col passar degli anni si pacificò coi parenti e con lo re che non poteva essersi scordato dei benefrzi ricevuti quando, ancora fanciullo, viveva poveramente in Gaeta sotto la protezione del magnanimo Onorato. Visse oscuramente fino al l4l2 nel quale anno, addì 3l di luglio, la troviamo, giacente in letto e gravemente malata, che detta il suo testamento in casa del notaio Giovanni Monti di Vallecorsa, sita in contrada detta Ia porta de Missorc (ora u Emissoria o), e confinante con la porta antica e colle mura del paese. Molto probabilmente la casa ove morì la despotessa di Romania è quella a destra, prima di uscire dalla porta; essa, invero, non ha I'aspetto molto piùr signorile di quella in Gaeta, nella quale re Ladislao trascorse gli umili anni della gioventù. In memoria di così strane vicende nella vita dei due awersari ho voluto inserire in questo volume una veduta dell'angusto cortile ora abitato da rustici montanari, ignari dei ricordi che le vecchie mura in loro racchiudono. Nel testamento lacobella non viene designata col titolo di contessa, ma solo con quello di " dÍspofi'ssa romana ,r; secondo la legge salica, morendo senza prole, i feudi dovevano far ritorno al re e quindi ella designa Ladislao suo erede universale e gli lascia tutti i beni stabili, i diritti e le azioni a lei spettanti nella contea di Fondi. In quel tempo appunto Giacomo Caetani e i suoi figli si erano ribellati a Ladislao, ma ella certamente sperava che, mutati i tempi e ritornati i suoi parenti e naturali eredi all'obbedienza del re, questi un giorno avrebbe nuovamente conferito loro i feudi aviti. A Giacomo, suo zio ed erede particolare, lasciò ogni proprietà e diritto in Campagna e Marittima, entro e fuori di Roma, Iegandogli altresì un mutuo di 80000 ducati che la buona memoria di Onorato, suo padre, aveva prestato ad un certo sommo pontefice (prob.. Gregorio XI) del cui nome, dísse, non potersi piìt riòordare e per cui ottenne un'ípoteca sul(a città di Terracina. 5) * stesso

Morte di Iacobella.

**

Nei capitoli precedenti si è parlato più volte di questo Giacomo II, fratello di Onorato. Egli, nato verso I'anno 1338, in giovane età aveva sposato Sveva Sanseverino, che secondo una memoria del nostro archivio, sarebbe stata figlia di Roberto conte di Corigliano e qúindi zia di re Carlo III. ") Era vedova di Enrico della Leonessa e per le ragioni dotali verso di lui a) Esiste un complicato nesso di parentela tra i Caetani, i Del Balzo, i Sanseverino e la famiglia reale d'Angiò (Cf. pag. 299).

t)

Conlal., p,

93.

2) Plotea, fasc.

I,

vol.

l,

f.37.

3)

Troviamo infatti che Caterina del Balzo, moglie di Onorato I, era cognata di Margherita d'Angiò, sorella di Luigi di Taranto Ioi,

l. 42.

a) MonIeI.,

p,51.

5) Pre. 351.

Giacomo II Caetani.


GUERRE

Gacomo II e Carlo lll.

DI RE LADISLAO E FINE DELLO SCISMA

Lib. V, Cap. XXXIX.

ebbe la signoria di Piedimonte; fu pure contessa di Morcone. Da questo matrimonio nacquero vari figli: Giacobello III primogenito, di cui sappiamo pochissimo e che premorì al padre verso il 1408, lasciando un figlio primogenito per nome Giacomo IV. La omonimia ingenera a volte confusione, ma di solito il suddetto Giacobello è designato con tale diminutivo a distinzione del padre e del figlio. Il secondogenito Cristoforo fu uomo di grandissimo ingegno e valore; diventò capostipite del ramo dei Gaetani d'Aragona e di lui ampiamente parleremo appresso. Il terzogenito Antonio fu patriarca di Aquileia e poi cardinale. Giacomo II ed Onorato vissero in armonia fino al principio dello scisma, quando il primo presè le parti di Urbano VI e dei durazzesi. Allora Clemente VII dichiarò Giacomo decaduto da tutti i feudi e li donò ad Onorato, mentre che Urbano VI ed il re, a loro volta, dichiararono Onorato ribelle e privato dei beni aviti, che vennero donati al fratello. Onorato però, che era il piùr forte, cacciò i parenti con le armi e sino al 1400 tenne I'effettivo possesso dell'intero patrimonio della Casa. L'esule Giacomo militò sotto Ie bandiere di Carlo di Durazzo unitamente ai figli e molto lo aiutò nella conquista del Regno spendendo largamente del suo, mettendo di continuo a rischio la propria persona o) e ricevette in cambio molte grazie. Già nel 1381, ai 4 di dicembré, Carlo III gli aveva concesso le castella di Roccarainola, di Ailano e di Santo Padre in Terra di Lavoro, confiscate a Giovanni di Fuscaldo, ed in tale occasione il re volle precisare che faceva tale grazia per í grcndí, gratí, proficui ed accetlí seroízi prestati aIIa nostra maestà nell'alternatsi delle dioerse forlune, con feroore dÍ sínStemma di Pirro del Balzo; cero afetto e d'immutabile fede .,. senza risparmío deí pericolí nel codice della sua persona, de' suoi uomíní e de' suoí beni, subendo della Ass. di S. Marta in Napoli (1470). tutto iI gîaxame delle spese e dei danní. ll 22 maggio fu b) immesso in possesso di queste terre. Con tutto ciò le condizioni di Giacomo furono tutt'altro che floride, specialmente nei primi anni, tanto che il 15 settembre del 1382 il re gli concesse una moratoria di tre mesi

per

il pagamento dei debiti. ')

e zia di Giacomo del Balzo (che s'intitolava imperatore di Co' stantinopoli), marito di Agnesa d'Angiò'Dutazzo, sorella di Mar'

di Durazzo, madre di re Ladislao. Dall'altra parte Sveva Sanseverino, moglie di Giacomo Caetani, era parente di Gio' vanna I[ e di Ladislao, e la stessa regina nel suo privilegio del 16 apr. 1420 (Arc. Nap. R. 1., vol. 375, f. 59r) la dice gherita

affnís socie ef fiilelís nostre i!ílecle. Roberto Sanseverino, conte di Corigliano, ebbe una 6glia, Margherita, che sposò Luigi di Duruzo e fu madre di Carlo lll e quindi ava di Giovanni II. La suddetta memoria del nostro archivio vorrebbe che Sveva fosse sorella

di

Margherita, ma I'Ammirato non ne fa ccnno. Per

mio conto ìon

"."do

ammisibile fra

connnguineità perchè non

Come si vede, c,è a)

Queti

di

lo

le due tale grado di i loro dati biograGci.

consentono

che far girar

la

testa allo stesso Litta!

servigi vengono ricordati dalla 6glia Giovanna

in un privilegio del 5 nov. l4l8 con le r) Arc. Nop, R. 1., vol" 359, î. 169.

II

seguenti parole: In

noslre men!ís deducenles examtne síncere feilorem

fàeí et ílll-

bale deooclonís conslanclam magníficÍ lacohl Gaytaní Fundorum comÍtís consìIíaríÍ et fidelís nosli dilectl ergq regem Katolum lercíum genílotem el tegem Ladízlaum fralretn nostrcs dum eís oíta comes afult et nos ecíam e.feclu el opere conprobale ln culus conserùacíone comílem lpsum

ín

ulrÍusgue soilís eoentíbus satís

conslanlem (allusione alla ribellione dei Caetani del l+oe) repellimus et cotlilíe prompcíorcm gralaque sentcía que dlctus comes

ptefato condam genítorí nosbo slgnanler ín acquìsíclone rcgnl noslrí SícíIíe ln gua personalíler secum ínlerfuit prefatoque condam frabl noslro eI nobís lnpensa ln quorum preslacíone mulllplìcía sue persone subíte peficula sumplus labotes el ledía non expaoít etc. ... (Prg. l9l4). b) Arc. Nap. R. 1., vol. 35s, Í. lo7. Giacomo, avendo perduto i documenti relativi, il 3l gen. 1386, ottenne dalla regina Margherita che venissero ricopiati dai registri regi (Prg. 1772).

"


Giacomo Il

F381 - 13erl

Non mancò per altro di concedergli molte nuove grazie. u) Anzi esse furono riversate in tanta copia sui Caetani grandi e píccholíni che, come ebbe a scrivere Bindino da Travale, r) furono tutti chuanti arricchíti e salirono in ghrande istato.

i numerosi diplomi regi pervenutici, non si hanno notizie precise sull'opera prestata da Gacomo in queste guerre. Sappiamo soltanto che sin dal giorno che Carlo di Durazzo venne' 2) ricordano che prese parte alle nel Regno, militò ai suoi fianchi; e i Durnali di Monteleone battaglie svoltesi alle porte di Napoli nel luglio l38l contro Ottone di Brunswick accorso in Malgrado

a

oÍsitare (cioè a difesa della regina Giovanna. Il 4 aprile 1384, quando il sovrano si recò muovere battaglia contro) Io duca d'Angioía, tra gli altri dignitari e baroni trovavansi anche Giaco-

mo e due suoi figli. 3) Erano questi Giacobello III e Cristoforo; furono anche presenti al consiglio convocato dalla regina Margherita nel luglio 1392 per la uscita in campo del giovane re Ladislao. Così Giacomo II ed i figli servirono fedelmente il re ed il papa sino a che questi due rimasero amici, ma quando, al principio del 1385, si inimicarono e Urbano VI ebbe scagliato la scomunica contro Carlo di Durazzo, i Caetani dovettero deci' dersi a seguire le parti o dell'uno o dell'altro e preferirono rimanere fedeli al pontefice. Ricorderò che Giovanna I, per difendersi contro Carlo di Durazzo, aveva chiamato il duca Luigi d'Angi\ della real casa di Francia, designandolo quale erede al trono. Luigi non riuscì a scacciare i durazzesi e nel 1384 morì lasciando, come erede e pretendente al trono, I'infante frgliolo Luigi

II. I partigiani

Porta d'ingreso del palazzo Gaetani

in

Giacobello

Piedimonte.

di questo, dopo che il papa si fu inimicato con re Carlo, cercarono di rivendicare le pretese degli angioini. Gacobello III, frglio di Giacomo II, trovandosi a Piedimonte d'Alife, feudo che apparteneva in comune alla madre Sveva Sanseverino ed al padre, si dichiarò disposto ad alzare sul castello o) Il 24 ottobre l3e2 il re privava Onorato della contea di Fondi e di altri beni che vennero nominalmente trasferiti in feudo al fratello Giacomo (Arc. Nap. R. A., vol. 359' f. llgo-llg"); il 15 novembre confermava questa donzione (Iof, vol. 359, fi. 159o-160"), autorizzandolo altresì ad ap'

a muovere guerra

zione di ciò, morto Carletto senza prole maschia, il re, l'8 settem. bre 1383, conce$e in perpetuo a Giacomo II Piedimonte e la quarta parte di Spinete per I'annuo reddito di 300 oncc (Arc. Gaet. Arag., cod.1308, c.3t). ll to agosto 1384 gli donava le terre di Rocca Minolfa (Roccaurandolfi) e Bassano in Terra di Lavoro, ed il zo del mese anche una parte del castello di S, Massimo, del casale di.S. Giusto ed altri beni (Cat, Doc., pp,6o-7};Arc. Nap. R. 1., vol. 360, lf. s I b-s2.). ll I z aprile l3E7 Ladislao retituiva a

febbraio del trgr era nuovamente dichiarato ribelle, assieme ad Antonio della Ratta e ad altri baroni, per aver dato aiuto e consiglio al pretendente Luigi d'Angiò

Giacomo una rendita di 300 once sulla dogana del sale di Gaeta (Prg. 1207); il zs ag. l39s' gli confermava queta ed un'altra di 400 once (IuÍ, Prg. 2lOO, $5r. ll Z0 maggio l39l gli aveva ri-

(Arc, Nap. R. A,, vol, ?5g, fr. 262b-263'). Gli concesse anche un'altra simile provvisione di 300 once d'oro sugli eventuali redditi del Regno e questa, in forma alquanto variata, gli fu

confermato altresì

propriarsi terre, castella

ed altri beni dei suoi avversari che a ridurre alle dipendenze del re,

colle armi fosse riuscito

sino all'ammontare di un reddito annuo di 400 once. Questa concessione veniva úconferm^h il 22 maggio l39l (Arc. Nap.

R. ,4., vol. 362, Í. 6t'). Con ciò l'invitava at fratello,

il

quale

I'll

riconfermata dalla regina Margherita

il

N"p. R. A., vol. ldo, t, ztl). La

terra

appartenuto

t)

a Carletto della

Trcoale, p.

274-

Leonessa, 2)

p.

16 settembre

di

|3,el (Arc,

Piedimonte aveva

e anche Sveva Sanreve-

20.

3) Montel.,

p.

26.

di Luigi ll.

rino, vedova di Enrico della Leonessa e poi moglie di Gacomo II Caetani, aveva su detta terra alcune ragioni dotali. In considera-

di

Bassano

la

surriferita donazione

(Arc. Nap, R. A., vol.

361,

di

Í. $)'

Rocca Minolfa

e

Due giorni dopo

tutte le concesioni in genere fino alla concorrenza di 400 once annue (Arc. Nap. R. A,, vol, 362, f, 63.) nonchè i feudi di Ailano, Roccarainola' Santo Padre e Pulcherino, già confiscati a Giovannella di Fuscaldo (Arc. CoI', XXXI-29).

sanzionava

lll

seguace

Grazie

CaÍlo lll e Ladislao.

di


GUERRE

DI RE LADISLAO E FINE DELLO

SCISMA

Lib. V, Cap. XXXIX.

bandiera di Luigi II d'Angiò, e la sua proposta fu lietamente accettata (16 ott. 1385) nella speranza che anche il padre Giacomo II e Sveva riconoscessero il pretendente quale legittimo sovrano. l) II giuramento fu debitamente prestato il 30 aprile 1386.2, Naturalmente Carlo di Durazzo appena seppe della defezione, privò i Caetani dei feudi e benefizi accordati e, tra altri, di una prowisione di 300 once concesse sui fondachi e sulle dogane di Gaeta. 3) Ma dopo non molto, partito Carlo di Durazzo per I'Ungheria, la di lui moglie Margherita riprese in grazia i Caetani e, il 3l gennaio I 386, 4 rese loro le rocche confiscate e, per eufemismo, prowide a ciò ordinando che a Giacomo II fosse redatta copia del diploma d'infeudazione che per accídente era stato perduto, a) e così pure il 17 aprile l3S7 gli fece restituire dal figlio Ladislao le 300 once che Carlo di Durazzo per certe sue necessità urgentí aoeoa oenduto ad alcuní cíttadini di Gaeta.5) Così si evitò di parlare della breve disobbedienza. ' Dopo che Carlo di Durazzo cadde assassinato in Ungheria (3 feb. 1386), i seguaci di Luigi II d'Angiò presero il sopravvento in Napoli e Margherita dovette rifugiarsi coi figlioli in Gaeta (13 lug. 1387) ove visse in condizioni miserevoli. Con tutto ciò i Caetani rimasero fedeli a lei ed al re Ladislao, e v'è ragione di credere che Giacobello III e Cristoforo prendessero anche parte alla sfortunata cavalcata contro i Sanseverino in Capitanata; alla fine di luglio del 1393 militarono nella prima spedizione in Abruzzo che fece il giovane re Ladislao contro i Cantelmo, Rinaldo Orsini ed altri partigiani di Luigi d'Angiò. ó) Dal lato suo, il papa donava a Giacomo II tutti i beni che Onorato possedeva nello stato pontifrcio; ma tale donazione era di poco valore, perchè Giacomo non potè mai goderne e si dovette accontentare (9 nov. 1389) delle case nell'isola Licaonia. 7) Giacomo II, unitamente ai figli, militò sempre per la Chiesa e per re Ladislao e quindi partecipò anche alla crociata che Bonifacio IX, al principio del 1400, bandì contro il conte di Fondi e contro gli scismatici. ' Quando quegli fu obbligato a ritirarsi davanti all'esercito pontificio, Giacomo rientrò subito in possesso dei suoi feudi nella Marittima; mentre Govanni Ceccarelli riduceva Sezze all'obbedienza e Gacobello III s'impossessava del castello di Cisterna, il padre di costui, Giacomo II, occupò quelli di Sermoneta, Ninfa e Bassiano; vi pose ufficiali di suo gradimento ed il 16 maggio, ossia pochi giorni dopo la morte del fratello, nominava il notaio Stefano Nicolaí suo procuratore a riscuotere le fide di questi territori, ufficio che tenne fedelmente per undici anni di seguito. e) Il conte di Fondi, costretto a sottomettersi, rinunziò ad ogni pretesa su di essi e, pochi giorni dopo, nel suo testamento confermava ciò, legando al papa ogni diritto e ragione sui beni nello stato della Chiesa. Il testamento purtroppo non ci è stato conservato, ma lo troviamo accennato nell'atto di donazione (o piuttosto di conferma) che il papa faceva dei castelli di Sermoneta, Bassiano e Ninfa a Giacomo Caetani, in data del 13 febbraio 1401.8) Dopo averlo occupato con le armi, i Caetani si adoperarono a regolarizzare il possesso del castello di Cisterna acquistandolo per vie legali e in ciò furono assecondati da Bonifacio IX, come si narrerà diffusamente nel XLVI capitolo. A Giacomo, o al figlio Giacobello, il papa affidò nel 1405 la carica di luogotenente in Todi. r0)

la

Margherita

di Durazzo e Ladislao.

Giacomo

ll

reintegrato

nei feudi.

di

J Vi è nei documenti una evidente contraddizione lll a re Luigi Il.

nelle date, perchè

la

grazia della regina Margherita precede

il

giuramento

fedcltà prestato da Giacobello

t) Arc, Gact. Atog., ad Mipc.324 [C- 10071, c. 4ó'.

an.

7)

,'IoL 1 Ptc. l2O7, a) Pre. l5l2; I189.

Prs.

4) Prs.

1772.

Arc. Vat., Res. 317,

3) Pre. 12O7, 6) Montel., p, 42 Atc, Ccel., z e) Pre. 5ó9. t 150. I C- I I L I.


Giacomo

[1385 - 1406J

II

In tutti gli awenimenti, di cui si è parlato prima, piìr d'ogni altro si distinse Cristoforo Caetani, ed il padre, forse incerto della salute del primo nato, cercò in ogni modo di favorirlo; tra altro chiese al re che guesto figlio, quantunque secondogenito, potesse ereditare dalla madre la contea di Morcone, ciò che Ladislao concesse il 17 di febbraio 1402. t> Cristoforo ricopriva allora la carica di maresciallo e di capitano d'arme e con tale titolo fu mandato a combattere la contessa di Conversano che, unitamente al conte di Catanzaro ed al duca di Sessa, sosteneva ancora nelle Puglie le parti di Luigi II d'Angiò ; il 7 di luglio il re scriveva a tutti i capitani e caporali di gente d'arme di prestare a Cristoforo obbedienza e fedeltà in tale impresa. 2) Pochi anni dopo, ed appunto il 6 agosto 1406, lo nominava vicerè nelle provincie di Terra di Lavoro e di Molise in sostituzione al magnifico conte di Carrara. 3) Non sono alieno dal credere che, appunto per far fronte alle ingenti spese dovute al nuovo ufficio, egli si decidesse a vendere Ie castella di Roccaradobona e di Oratino in territorio di Campobasso a Giovanni di Cantagallo, ottenendone regio assenso il 16 settembre 1406. 4) L'anno seguente, addì 20 agosto, era nominato vicerè della provincia di Terra di Bari. 5)

*** Bonifacio IX. Egli aveva retto Roma e la Chiesa energi- Innocenzo VIt

il

primo ottobrc 1404 moriva camente e con autorità, ma il nepotismo e la simonia, di cui s'era macchiato, screditarono il e re Ladislao' papato e diedero argomento agli awersari di persistere nello scisma. Appena morto, il popolo di Roma, che per quindici anni era stato tenuto a freno da una mano di ferro, si sollevò al grido di libertà. I Colonna si schierarono con esso, mentre gli Orsini presero la parte dei nobili e dell'autorità pontificia; per le strade di Roma infuriò di nuovo la guerra civile. In queste condizioni, il 17 dello stesso mese, fu eletto pontefrce Cosimo de' Migliorati che prese il nome di Innocenzo VII. Dfficile gli sarebbe stato di far fronte alla situazione se il giovane ed ardito re Ladislao, con un forte seguito di truppe, non fosse entrato in Roma come paciere e quasi come arbitro. Abilmente egli si frappose tra popolo e papato e promosse un concordato, che diede qualche soddisfazione all'una e all'altra parte ed a se stesso fruttò il rettorato della Campagna e Marittima per cinque anni; in tal modo gli venne data la possibilità d'intromettersi nelle cose di Roma e gli si apriva Ia strada per raggiungere I'agognata meta, che era d'insignorirsi dello stato pontificio. Il concordato non poteva avere lunga durata, perchè non corrispondeva alle aspirazioni sia del popolo sia del papa, ognuno dei quali voleva completa indipendenza nel governo della città. I tumulti scoppiarono di bel nuovo più violenti che mai. Il 6 agosto del 1405 il nipote del papa fece brutalmente assassinare undici nunzi del popolo che tornavano da S. Pietro e gettarne i cadaveri dalle finestre di S. Spirito; le campane di Roma suonarono a stormo ed il papa quella notte prese il largo. Già si afirettavano Ie truppe napoletane verso Roma, quando il popolo, timoroso dell'ingerenze di Ladislao, si pacificò col papa il quale fece ritorno al Vaticano (mar. 1406). Ma il re non aveva abbandonato ,le proprie aspirazioni e soffiava sul fuoco per tenere accesi le contese cittadine e lo scisma, che offrivano ottimi pretesti per immischiarsi nelle faccende della Chiesa. Il quel frattempo moriva Innocenzo VII (6 nov. 1406) ed un mese dopo veniva eletto Angelo Correr, che prese il nome di Gregorio XII. Ricominciò la guerra civile nelle provincie !) Atc. CoI., LXIV . 71. 765, f.166.

5) /oí, vor.,

2)

Arc. Nop., R. l. copir in C -361

.

\ Atc, Nop. R. 1.,

vol. 365,

Í.74,

a)

luÍ, vol. 369, f. 88b.


GUERRE

DI RE LADISLAO E FINE DELLO SCISMA

romane ed il nuovo papa dovette ritirarsi democratico dei banderesi. Gregorio

XIl.

a Viterbo

mentre che

il

Lib. V, Cap. XXXIX.

popolo ristabiliva

il

governo

Il

del

momento era propizio perchè re Ladislao s'intromettesse di nuovo, e difatti nell'aprile 1408 si mosse contro Roma con un forte esercito capitanato dal conte di Troja, dal conte

di Carrara, da Gentile di Monterano, da due Colonnesi, da Cristoforo Caetani e da altri uomini di alto valore. Il 25 del mese entrò trionfante nell'Urbe, ove il suo governo severo in breve tempo ricondusse I'ordine e I'agiatezza. Durante il soggiorno andò concretando il piano per rendersi padrone dell'ltalia centrale ; poi, volendo fare ritorno in Napoli, -nel mese di giugno dispose per Ia sicurezza di . Roma: ordinò ai principali baroni, inclusi i Savelli ed i Colonna, di tenersi lontani dalla città durante la sua assenza e ne dette il govemo (2a giu.) al senatore di Roma, Giannozzo Torti, ed a Cristoforo Caetani suo maresciallo. l) Con Cristoforo si trovava allora anche il nipote Ruggero, figlio del defunto Giacobello III. A lui venne affidata Ia custodia della Mole Adriana, se bene interpreto le parole del Bonincontriz arcem illam Ricccrdo (sic) Cajetano tuendam dedít, praesidio in ea imposito.2) Ruggero era fidanzato a Francesca Conti di Valmontone, figlia di lldebrandino e sorella di Alto. Il 22 del mese i due Caetani impegnarono a favore di Alto i castelli di Morcone, di Sermoneta, Bassiano e Ninfa a sicurtà della dote di .. Cecca >>, ammontante a 5000 fiorini e 47 soldi. ") Disgrazia L'incarico dato a Cristoforo dimostra quanta fiducia e stima dei caetani. il sovrano aveva nel suo maresciallo; ciò non ostante, appena trascorso un mese, dovette awenire qualche cosa di grave, di cui non abbiamo notizia precisa, per cui Cristoforo cadeva in disgrazia del re. I l8 luglio, egli ed il famoso capitano di ventura Braccio Statua esuestre di re Ladislao. da Montone ricevevano ordine dal re di presentarglisi in Napoli

e, non molto dopo, il primo veniva

imprigionato unitamente ," ,. X;TTT"i'j,ijlll'"*"r",,. ai nipoti Giacomo, Ruggero e Francesco, e tutti i feudi dei Caetani nel Regno furono confiscati. 3) A soccorso del fratello e dei nipoti si mosse il cardinale Antonio Caetani. A Pisa si stava riunendo il concilio convocato per cercare di risolvere lo scisma. Il sacro collegio deputò il cardinale Oddone Colonna quale ambasciatore presso il re Ladislao e, certamente ad istanza di Antonio, lo incaricò, tra altro, di procurare la liberazione dei prigionieri. Non sappiamo in che cosa abbiano fallito i Caetani, ma non v'è molto da meravigliarsi di simili subitanei cambiamenti di situazione in quei tempi quando gli interessi sovrani ad ogni momento trovavansi in contrasto con quelli particolari dei baroni. I Caetani erano signori feudataii tanto del re di Napoli quanto del papa e, ogni qualvolta questi due venivano in conflitto, essi si trovavano davanti all'insolubile dilemma che, per rimanere fedeli all'uno, dovevano diventare ribelli all'altro sovrano. Ma vi erano altre circostanze ancora. a)(C-l14; C-3gli C-392, C-751 .l). Per questadote zie;achiariregliavvenimenti,dicuisiparleràneiseguenticapitoli, le due famiglie seri conflitti d'interesse ed t)DiariodiP.Schiavo,inMur.,XXIV-Y,p. 12.

nacquero tra

inimici-

si dà un alberogenealogico parziale dei Conti, signori di Valmontone.

2)Mur.,XXl,col

98.

\Atc.Caet.,Migc.?24 tC-10071,c.98';Pre.

1330.


ALBERO GENEALOGICO PARZIALE DEI

CONTI Sis. di VALMoNToNE e PoLI

.

lrOS

Giovanni ' + l3ó3' lV enl

Figlio di Adenolfo, Proconrole di Roma, Capr gen. del popolo. Unitam. ai fratelli Pietro, Paolo c lldebrandino vende Gavignano a Pietro Caetani nel

1303.

(Cf. tav. gen. a pag. 49). m.

Francerca da Ceccano .. ...t,.-t!:t '.j';#ti:ll . ''4Y

Pictro

di

':

Giacomo

I;

' l?61 ' Signora

Antonio

Nicola ','

di

Carpineto.

Adenolfo - ttTE -

lldcbrandino - tt78 - l4l8 -

Ruggero

Pa- Sig' di Valrnontonc m' anni Paola Orgini (l3as); Martino V non vuole riconfer- di Francesco; morta margli il vicariaro senza Prole'

Vicario pont. di

liano Per 29

.i 3e' "

rd::;::...

che viene dato ai Colonnesi.

Fraacegca 144.. pot.

t m.

l4l5

ant.

RUGGERO

CAETANI

ll.

t

1436r c. (Cf .Card.Gcn.,N,.43)

Franeosco

- l45l Protonotario

Grato Segace Alto -l4l8-l45l-l4l$-1420-I4tE-l45l. Capo della famiglia; Abate di Subiaco Maestro Oryitalie' Maestro del Sacro (14t8); Vescovo ro; Vicado di Paliano (tlrl). Oapizio; Confed.di Carpenlanenstt ; Antonio di Ponte- Vercovo di Cave. (1420). dgo.

t

Bruno 1487 E.

....

Onini

Giacoma

Giovanni

ut.

m.

m,

t

1437 Cardinale ( I 4l

S.

M, in

Orso

m.

Farneee

Oraini

Paola

t)

di

Priore

1420 -

di

Barletta

Cogmedin.

Giacomo Giovanni 1 1496 * t4l4 t 1493 Cardinale m. Eliaabetta (14s2 . Xt . l5).

Andrea - t45t -

Caterina

Carafa

Oraini

oppure Vannozza

Giacomo

Lucido

C-onti

n.rl4ó7pat.t l5!0c.

n.

1490.

I. l0

GUGLIELMO CAET.ANI

di

Sermoneta

(Cf. Ccret Gcr., N.55)

Fedcrico Duca

di

Montellanico m.

FRANCESCA

CAETANI di Aatonio diFìlettino

(CÎ' Caid. Gcn., Tw. XLIV)'

Domu4

l-2,

Federico

Franccrca

Stefcno

2.

t

I

501 port.

Abate di S. Gregorio; Con la so-

rella rioccupa Sermoncta dopo la rnorte di Aless.

VI

.{ntonio

Giovanni

m.

T. l5t I

Caterina Orcini.

D.

Margherita Farnese

t l5ll

ant.

Caterina

n.

1493 aut.

RAIMONDO CAETANI

di Francmo

di

Maenza,

(CÍ. Caìet. Gcn., T"v. LVD.


l0

Concilio di Pisa.

CUERRE

DI RE LADISLAO E FINE DELLO SCISMA

Lib. V, Cap. XXXIX.

Il

cardinale Antonio era stato uno dei promotori del concilio di Pisa e con ciò contrariò tanto la volontà di re Ladislao quanto quella di Gregorio XII, il quale, infatti, per punirlo, ai 19 di gennaio 1409, con bolla datata da Rimini, lo depose dal cardinalato. A tali motivi si potrebbero attribuire le animosità del re contro i Caetani, la conseguente prigionia di Cristoforo e dei nipoti e finalmente la defezione di tutta la famiglia. Col sorgere dell'anno 1409 cominciò a svolgersi I'azione del concilio, a cui presero parte cardinali dell'uno e dell'altro papa, e dal quale si sperava sarebbe stato posto fine allo scisma i che da oramai 3l anni straziava la Chiesa; il 5 giugno 1409 i cardinali deposero entrambi i competitori ed il 15 successivo elessero Pietro di Candia, che prese il nome di Alessandro V. Tale soluzione ostacolava i progetti di re Ladislao, sostenitore di Gregorio Xll, il quale gli aveva venduto tutti i redditi dello stato ecclesiastico contro un irrisorio tributo di 25 000 fiorini; il papa spodestato si rifugiò a Napoli, ma dopo breve tempo per volontà del re andò a. sta-

bilirsi in Gaeta. Alessandro

V

contro Ladislao.

Persecuzioni contro i d'Artus,

Ladislao intanto teneva Roma occupata e andava riunendo un esercito per marciare contro Firenze e la Toscana. A lui si oppose Alessandro V, promovendo una lega tra Firenze, Pisa e Siena e chiamando al trono di Napoli Luigi II d'Angiò, il quale con un buon nerbo di gente d'arme venne in Italia nel luglio del 1409. La lega si andò sempre piìr rinforzando, perchè i fiorentini abilmente erano riusciti a staccare da Ladislao i suoi migliori e più potenti condottieri, tra cui Braccio da Montone e Paolo Orsini. Ad essa aderirono anche i Caetani, spinti non solo dall'oltraggio sofferto per I'arresto di Cristoforo e la persecuzione dei loro parenti, u) ma chiamati altresì da quei vincoli d'amicizia, che sin dal teinpo di Bonifacio VIII li univa con la repubblica fiorentina. Non solo essi furono sempre considerati alleati, ma recentemente erano anche divenuti cittadini di Firenze, perchè nel marzo del 140ó la repubblica aveva conferito al cardinale Antonio, ai suoi fratelli, al padre loro Giacomo ed ai discendenti la cittadinanza in perpetuo. La lega in breve tempo riuscì a respingere Ladislao dalla Toscana e dall'Umbria ed ai primi di ottobre le sue milizie si presentarono davanti a Roma. Dopo due mesi di assedio i napoletani si ritirarono, i romani aprirono le porte e l'esercito alleato, con gli stendardi di Firenze e di Francia spiegati al vento, entrò inneggiando alla libertà della Città Eterna (l gen. l4l0). Mentre Alessandro V si preparava a muoversi da Bologna per occupare la cattedra di S. Pietro, il 3 maggio l4l0 fu colto da morte improvvisa. A succedergli venne chiamato il cardiIl re deve avere duramente perseguitato i Caetani e i loro ") parenti, tra cui voglio ricordare gli Artus. Incerte e contradditorie sono le notizie dell'epoca, pur mi sembra di poter ricostruirne la storia nel modo seguente: Giovannella Caetani, sorella di Cristoforo, verso I'anno 1390 era stata data in isposa a Carlo d'Artus (Arc. Nap. R. 1., vol. ?61, t. 4tt t CÍ. Caíet. Gen., Tav. LXXIV.B) da cui ebbe Ladislao, Non molto dopo il re, essendosi inimicato con Carlo, lo fece imprigionare, ma per amicizia verso i Caetani lasciò il titolo di conte di Sant'Agata all'infante Ladislao, di cui Ciovannella diventò tutrice e balia, come risultada un atto del I maîzol4o7 (10i., vol. 369, f.6l'), Messi al bando i Caetani, infierì di nuovo contro gli Artus e fece rinchiudere il figlio unitamente al padre ed, a tre fralelll consobrínl nel castello di S. Eramo. Il t+ di febbraio i prigionieri, tra cui c'era pure Enrico Sanseverino, conte di Terranova (parente di Sveva, moglie di Giacomo Caetani), ordirono una congiura per uccidere il castellano e riacquistare la libertà ma, sventato il complotto, icolpevoli furono condannati a morte. Dice

il

cronista

dei Durnali del duca di Monteleone (p. ó0) che di ll o 14 anni, venne decapitato in pio"'a

Ladislao, fanciullo

a Enrico Sanseverino; ma il Della Marra 36), citando Paris de Puteo, narra che tanto Carlo quanto it 6glio Ladislao d'Artus furono condannati alla decapitazione, con ordine del re però che, mozzato il capo al padre, il figlio innodel Mercato unitamente

(p.

e che questi, vedendo perire il padre, morì di spavento e di dolore; cosl miseramente si estinse quetla cente venisse liberato,

grande e nobilissima Casa. Perpetrato tale eccidio, aveva bisogno di denaro, addì t I ag. 1412, vendeva

il re, che il feudo di

S. Maria della Fossa e la città di Sant'Agata con tutte le sue pertineue ed il titolo relativo dei defunlt sfgnorí ai fratelli Origlia, figli del fu Gurello, logoteta e protonotario det Reguo per la somma di 14000 fiorini veneziani (Prg, 2715). Tuttavia nel l4ZZ troviamo viyente un altro Carlo d'Artus, nipote di Baldassare e Giacomo della Ratta (figli di Isabella d'Artus), a cui la regina Giovanna II perdonò d'aver scguito la parte angioina (Prg,

2473).


[1409 - giu.

Contese per il posse$so di Roma

l4l2]

il

nale Baldassare Cossa, che prese il nome di Govanni XXIII, uomo d'un passato avventuroso ed oscuro, d'animo dissoluto e guerriero sicchè la gente, sapendo che un tempo aveva corso i mari come pirata unitamente ai fratelli, non esitò a far cadere su di lui il sospetto d'avere affrettata la morte del predecessore. In Roma, ove il popolo si mostrava desideroso di venerare il nuovo pontefice, Paolo Orsini andava ristabilendo I'ordine e la concordia; persino i Colonna si mostrarono disposti a venire ad amichevoli accordi e, il 14 giugno 1410, Benedetto Caetani Palatino, figlio del turbolento Giovanni di buona memoria, giunse in Roma per trattare la condordia fra Nicola e Govanni Colonna ed il popolo romano. l) Il papa, per propiziarseli, nel luglio concesse ai 2) A Roma, Benedetto dimorò Colonnesi varie castella e la pace venne firmata il 23 agosto. nel palazzo di Giacomo Caetani nell'isola Licaonia, ciò che mi fa supporre che anche costui prendesse parte attiva alle trattative. L'll aprile l4ll Giovanni XXIII entrava in Roma per insediarsi sul trono di S. Pietro; I'accompagnava Luigi d'Angiò con un forte esercito che, avanzando poi per la valle del Sacco, si scontrò con le truppe di re Ladislao sulle sponde del fiume Melfa presso Roccasecca (19 mag). L'esercito papale vinse la battaglia ma, non avendo saputo valersi della vittoria, fu costretto a ritirarsi in Roma seguito dalla truppa napoletana. 3) Racconta I'anomimo della nostra cronaca di Napoli che nel settembre di quell'anno il re Ladi' slao ... andò ad accamparsi appresso Ie mura dí Roma; dentro era. papa Gíooanní, Paolo Orsiní, Francesco Orsino, iI conte dt NoIa et Cristofero Gaetano e questi gooetnaoano Roma et perchè fecero ogni diligenza in riguardarla, íI rc se ne tornò senza fare efeUo... Lo stesso cronista aggiunge o che Gacomo Caetani, approfittando del momento opportuno, prese possesso dei suoi castelli nella Marittima e, spingendosi oltre Terracina, fece ribellare Monticelli aprendosi il passo per entrare nella contea di Fondi, ma la ritirata di re Luigi lo costrinse per allora ad abbandonare I'idea di riconquistare i suoi perduti feudi. Dopo la battaglia del Melfa il papa, vedendosi esposto agli attacchi del re, prese il partito di venire con lui ad un accordo (15 giu. l4l2) per cui gli pagava 100000 fiorini, gli dava I'investitura del regno di Sicilia e rinnegava Luigi d'Angiò. I re, dall'altro lato, riconosceva la sovranità di Giovanni XKII e metteva al bando Gregorio XII, il quale dovette partire da Gaeta e rifugiarsi a Rimini. In momenti tanto difficili, quando la sorte arrideva ora all'una ora all'altra parte, gli uomini di Bassiano e di Sermoneta, soli fra tutti i vassalli, si tennero sempre fedeli ai loro signori e benchè lungamente oppressí da ostacolí, da guerre funeste, da contínue penuríe, e da lugubri carcslie, non mai tentennarono ,.. ma rcsístendo a tutte Ie aooersítà, con inuollabile fortezza sostennero Ia Casa e ne restaurarono Io stato.5) Con queste parole, diciotto anni piìr tardi, Giacomo IV volle ricordare i servigi resi dalle due università, le quali, in vero, dal primo giorno che passarono sotto il dominio dei Caetani sino al cessare delle giurisdizioni feudali nel secolo XIX, diedero prove innumerevoli di inalterabile fedeltà. Poche ed incerte sono le notizie che abbiamo dei Caetani durante questi awenimenti. Diventati nemici del re, furono privati dello stato di Fondi, di Traetto e di tutti i loro beni nel napoletano; d'altra parte lacobella, despotessa di Romania ed erede legittima di Onorato piccolo paese di Vallecorsa, . Caetani, era anche lei spossessata di tutto e viveva oscuramente nel del re, ed infatti questi potere erano in sicchè certamente la contea di Fondi e le altre castella ne dispose liberamente a proprio vantaggio. r) Msr.. XXIV

-

V, p. 59.

2) Grcs.,Vl,

p,596.

\

Arc, Caer.,iMisc,324 IC- 10071, c. 9B'.

a) /oi,

c.

I

02".

ó) Prg. I 330.

Giovanni

XXIII.

Incerto

posseseo

dei Caetani.


t2

GUERRE

DI RE LADISLAO E FINE DELLO

SCISMA

Lib. V, Cap. XXXIX.

I

Caetani perciò si ridussero ai loro possedimenti in Campagna e Marittima che, trovandosi presso il confine tra lo stato pontificio ed il Regno, soffersero molto per le vicende delle guerre di cui furono principale teatro. Govanni XXIII volle ricompensare i servigi che i Caetani gli prestavano e, il 18 decembre l4ll, concedeva in feudo a Gacomo la torre dell'Aèquapuzza per tre generazioni, sotto il titolo di vicariato, contro il censo annuo di uno spaîoiero, buono per la caccía. Questo piccolo fortilizio aveva allora grandissima importanza strategica perchè, quasi l) inespugnabile per natura, dominava la strada che da Terracina conduceva a Roma, e sempre la Chiesa ne fu gelosissima. Quindi il vicariato venne concesso sotto condizioni e patti stringenti, minutamente specifrcati nella bolla d'investitura; Giacomo fu chiamato a prestare solenne giuramento di difendere il papa contro ogni nemico e specialmente contro i due antipapi, figli del-

I'íníquità.^l

Lrdislao s'impadronisce

di

Roma.

ì

relazioni amichevoli tra il re ed il papa ebbero breve durata ed infatti nell'anno seguente (1413) Ladislao, sotto parvenza di combattere Paolo Orsini, radunò un gtosso esercito e, tutto ad un tratto, venendo.meno ai patti giurati, si diresse su Roma. Al suo awicinarsi il papa concesse ampie libertà ai romani nella speranza che I'avrebbero difeso e questi gli rispo' sero: << Padre Santo, non dul:itate che tutto iI popolo è pronto a morire con ooi! " Ma quando il re, dopo essere stato per qualche tempo accampato davanti alle mura, fece battere una breccia in prossimità di S. Croce e nella notte del 7 giugno penetrò nella città, tutti, dimentichi di aver esclamato quei non dubitate, si diedero alla fuga, ad eccezione di Cristoforo Caetani: per un poco rimase a difendere la breccia con i suoi fedeli, ma poi, sopraffatto dalI'oste nemica, dovette ritirarsi, mentre il papa e tutta la corte fuggivano in disordine a Sutri e

Le

di lì a

Viterbo.2) Impadronitosi della città, il re dispose il governo a modo e piacimento suo. Molti romani a lui awersi furono imprigionati e mandati nel Regno; ' altri gli prestarono obbedienza e tra questi i Caetani ; il re li riprese in grazia e, tornato nel napoletano, addì 13 luglio, da Castellammare di Stabia, concedeva a Giacomo e Gistoforo largo e completo indulto per la passata ribellione e, con privilegio firmato di sua mano, confermava loro il possesso di tutti i beni e le castella da essi tenuti nella Marittima, ad eccezione della rocca dell'Acquapuzza che, come fortilizio di grande importanza strategica, affrdava alle mani di Paolo da Celano suo commissario e consigliere. 3) Le contee di Fondi, di Traetto e le altre terre però non vennero restituite per intero che dopo la morte del re, verso i primi del 1415. Dimentico del passato, Ladislao diede nuovamente piena frducia ai Caetani e li colmò di onori e favori; troviamo infatti che nella spedizione n"ll'U.briu del maggio:luglio 1414, i Caetani vennero chiamati a coprire le principali

ed alcuni di essi furono mandati al comando di Perugia. "uri"h" Non tardò il re ad ammalarsi di una terribile infezione comunicatagli, si disse, per la diabolica arte della bella figliola di un farmacista di Perugia. Ridotto in condizioni disperate, a)

a) (Prg. 2558). Pochi giorni dopo il pontefice concedeva in feudo a Giacomo anche le terre di San Felice, Trevi, Zanneto e metà di Sonnino (Pry' 2975), che già da temPo sPettavano de íure ai Caetani; il castello di Trevi però apparteneva ai

causa delle anguslle clelle guene che lungamente e míserumeníc afi.íssero quella lera e prorogava la grazia ancora per dieci anni a venire (Prg. la97). ll 2ó set' concedeva in enfiteusi ai Cactani il tenimento di Conca per tre generazioni per I'annuo

Palatini, sicchè suppongo che in guel tempo questi ne fossero stati spogliati dal papa' Il primo luglio Eeguente esonerava altrsì il comune di Sermoneta dalla tassa di focatico e del sale, che il comune non era stato in grado di pagare da moho lempo a

censo

') Cf.

cap.

XLV.

)

Gres.,

di dieci fiorini d'oro da pagarsi al monastero di Grotta' Íerata (Arc. Va!.rloh, xxlll, To.V, p. 200bi Mirc. To. lV, Lit. C., cit. De CopÍs: Vic. dell'agric', p. 7+):

Vl, p. 608: MonleL, p.62t Îvlut.' XXl,

ol'

l0ó.

3) Prg. 955.

a) Trcoele, pp.274,27E.


F'

r.

L1*-'=l

:,

[dcc. l4il-ag.

Morte di Ladiclao

14141

I'ora suprema fu preso dall'idea fissa di far rùorire il grande condottiero Paolo Orsini, contro cui si.sentiva spinto da odio feroce. Raccolta i[ cronista dei Durnali, che chiamata la sorella Giovanna le dicesse: ( SaÍ che oai farc, famo mo moúte Pauto che sí rc Io fai mwíre te caccíarc ila lo Reame, ef sf non è moús latelo morhe aaantè di me ". Alla prima ora del ó agosto l4l4 spirava in Castelnuovo' Così finl miserarnente il giovane Ladislao, uomo considerevole per ingegno e per forza d'animo; se la sorte e le condizioni dell'ltalia gli fossero state piìr propizie, molto egli awebbe inftuito sul destino della nostra Patria portando a compirhemto le audaci sue aspirazioci. " Aut Caesar aul níhíI " fu la sua imPresa.

v€nne trasportato

a Napoli;

sentendo awicinarsi

Autografo

di Crirtoforo

Caetani.


Caprrolo XL.

IL CARDINALE

ANTONIO.

(1362-14t2)

Patriarca

d'Aquileia

Negli awenimenti, di cui si è parlato nel capitolo precedente, il pih autorevole personaggio della famiglia Caetani fu certamente il cardinale Antonio; ma di lui sono rimaste cosi poche e laconiche memorie che non ci è possibile di ricostruirne la vita né di tratteggiarne il carattere, come la figura dell'uomo meriterebbe.') In quel poco che è stato scritto su di lui, generalmente inesatto, si riscontrano molte contraddizioni. Terzogenito di Giacomo II, nacque da Sveva Sanseverino verso I'anno 1362, dicesi in Roma. b) Secondo il Gaconio, fu nei primi anni destinato alla earriera militare, ma sentendosi piuttosto chiamato agli studi umanistici e alla teologia, abbracciò invece quella ecclesiastica; dotato d'ingegno svegliato, Sternma Orsini-Del Balzo ; Galatina. salì rapidamente in eminenza e, nel 1384, aPPare come teste nell'istromento di vendita del castello di Paterno col titolo di protonotario apostolico. A tale carica fu chiamato da Urbano VI, in riconoscenza dei servigi che r) il pudr" di lui prestava alla Chiesa contro gli scismatici. Nel D1390 era arcidiacono di Bólogna prior" della chi"sa di S. Gacomo sull'Arno presso Firenze. ll 20 giugno l39l Bonifacio IX "d"l"gouu íI maestro Antonio Gaietano nostro notaío quale nunzio a Bologna per attendere ai groidi eil arilui afart della chiesa e, per dare a lui maggiore autorità ed influenza, gli concedeva io"oltà d'assegnare tutti i benefizi ecclesiastici allora vacanti.3) Nel 1394 veniva ucciso Govanni marchese di Moravia, patriarca di Aquileia, che non con gli aveva governato con soddisfazione dei fedeli; allora il comune di Gemona, d'accordo perchè eleggesse un nuovo udinesi e con altre popolazioni friulane, scrisse al papa Bonifacio IX patriarca giusto e buono ed egli lo scelse nella persona di Antonio, che venne nominato ai a suo rigoardo bisognerebbe compulsare gli Acta pubblíca CíoíIatis Utínl, i Documenta Hístotíca dell'arc' capitolare e la raecolta dei MS. dell'abate Bianchi alla Biblio' tcca civica di Udine; ma ciò non mi è stato possibile' a) Per notizie

1)

Arc.

Nae.

R. 1., vol. )60, fr.

b) Terzogenito di Giacomo ll (n. 1338 c.), non può cssere nato primadel l3OO;nel t3e4era protonotario etestee quindi è da suppone sia nato prima del 1364 (Arc. Nap. R. 4.,

vol. 360, fr. 245,.249b1.

245,-249b. r) Ughcilí, lll' o. 259,

8)

Atc. Vat', Ree' 316, c' I l7t'


[1362 - 1405]

Patriarca e cardinale

l5

primi del 1395, ll 12 febbraio il nuovo patriarca si obbligava personalmente di sborsare alla Camera Apostolica 10000 fiorini per la sua nomina. 1) Trasferitosi ad Aquileia, fu ivi ricevuto il 19 aprile dai dignitari di quella chiesa e dai nobili, e il mercoledì seguente,2l aprile, fu insediato formalmente nel seggio marmoreo retrostante all'altare maggiore della basilica dai rappresentanti dei signori di u Prampergo > (Prampero), secondo I'antico privilegio di questa famiglia. 2) Il neo-eletto, che fu il 78' patriarca, non appena insediatosi, si adoperò a pacificare Gemona col duca d'Austria, ed il comune riconoscente di ciò Io accolse con grandi onoranze. In occasione della sua prima messa in Aquileia, gli fece dono di una tazza d'argento. 3) Riferisce I'autore delle Vitae Patríarcharum Aquileiensíum a) che nel 1397 permutò certi campi con la rocca di Topalici, che gli fu trasferita da Guglielmo **x. Governò la sua chiesa per sette anni e due mesi, durante il qual tempo fece coniare varie monete, ora molto rare, riprodotte nelle pagine seguenti: Sul diritto intorno allo stemma Caetani, si legge ANToNIUS PATRIARcA; sul rovescio è incisa

I'aquila, simbolo ed emblema della città. In un primo tempo ebbe come suo vicario ín spirítualíbus Gacomo de Giscardis d'Arpino a cui, il 22 maggio (1395?) concesse licenza di usare Ie insegne della famiglia Caetani oríunda del gran Pompeo. o) All'atto fu presente I'altro suo vicario in pontificalíbus Giberto veneto, vescovo di Cittanova. 5) Nel 1398 confermava gli statuti della città. ó) Riferisce il De Rossi nella storia di Aquileia 7) che durante il suo patriarcato ammassò grandi sommG di denaro, e corse la voce che facesse ritorno a Roma avendo entro la píena óorsa 60 000 ducati d'oro. Ciò si spiega facilmente per il fatto, ricordato dal Muratori, 8) che il patriarca d'Aquileia, dopo il sommo pontefice, era il più ricco prelato d'ltalia.' Bonifacio IX, grato dei grandi servigi resi alla Chiesa dal padre e dai fratelli e sollecitato forse da re Ladislao, il 27 lebbraio 1402 nel concistoro segreto presso S. Pietro, lo promoveva cardinale prete b) in seguito di che lo stesso giorno il Caetani rinunciò al patriarcato in favore di Antonio di Portogruaro. e) Con tutto ciò, secondo I'uso del tempo, fu sempre volgarmente detto Cardínalis Aquilegensís. "\ ll 27 maggio il papa gli assegnava il titolo di S. Cecilia. r0) Il 14 giugno 1405 veniva trasferito al vescovato di Palestrina. a)

Vanità umane delle quali non sono scevri neppure

i

democraticissimi cittadini degli Stati Uniti i quali, per dntracciare qualche illustre antenato, dcorrono alla ascendenza femminile, stimandola noD meno importante di guella-maschile diretta;

non è quindi dificile ad essi di provare la propria discendenza dai tzo pionieri puritanichenel t620 sbarcarono dalla Mayflower sullo scoglio di Plymouth. Con tale sistema, chi v'è in Europa che aon potrebbe provare d'aver avuto per antenati i più famosi personaggi della storia? A prova di ciò mi sono divertito a rintracciare I'ascendenza femminile dei Caetani, prendendo per punto di partenza Lucrezia d'Aragona che nel 1493 sposò Onorato Gaetani di Fondi e ho verifrcato, col Belviglieri alla mano, che nelle nostre

vene corre il saague di Ugo Capeto e degli illustri re di Francia, di Robe*o Guiscardo d'Alravilla,'di Carlo Magno e di Federico Barbarossa nonchè dei tre Ottoni, di Conado di Franconia e di Umberto Biancamano di Savoial Non cono andato oltre con tali ricerchet b) E non già il 27 gennaio come è stato asserito: lnno (1402) etc..'. die oero lune XXVII men. febtuatíi .$!.1síaus ln Xrd pt. el dnús nó. dni. Bonífacíus elc. papa nonus ín conslslorlo secteto Rome apud Sanclum Pelru, Rmù ín Xt6. ptém. et ilmh. dmfi. Anlhoníù ìle Caglaît patríarcham aguíIe'

gen îa plriim, et Rdù prèm. et ilmft. dmlt. Baldassarem Cossam de Neap. Archnú. BonoFt,, et cubículafifi ípsíus Dltt nt ppe

ln

dlaconù stE Romaù, eccfre

Catd. cteaolt et

assumpsíl în

fotmd slè Romatu. ecclte cosuéla. (Arc. Vat., Obt. 57, f. 1l). c) Anche in occasione della promozione al cardinalato dovette pagare uaa lauta somma: (tlOZ) dte Xa nrenslr Mailtì, rcoetenilus ... Anlonlus Dei gratta Pahlarcha Aquilcgensls pernnalller ptomlslt Camerc et Collegío Fro suo communt setoltlo decemmíIía florcnos auil de Camerc et qutnque senltía consuela. Item rccognooíl Camere lanlum pto comuní senÎtto domlnl Anthonil Gaíetanl creatl în S. R. E cardinalem prcdlctum sul btamilla qutngenlos quinquagínta slmfles florenos et Sacto CoIIegîo gualtuot mllta ducentos quínquaglnla símíles flotenos

et quínque lntegta mínuta senílla

consueta.

(1402) dÍe VIII mensts Aprllis .,. Antonlus elc. sololl pro fnalî soluttone sul communís semÍIíi V míIia fl,orcnos autl el pro

finalí

solutione uníus mínull se'rl.ítll quíngenlos qulnguagÎn-

laguínque símíIes florenor, solídos oíglnllseplem clc, Fuíl ptomotus ant o xIIIo domînî Bonífacll ; fuerunl tn eíus promo!íone cardínales

IX

oldelícel

:

Flotcn!ínus, Bononíensls,

Btanchaceíus, Monopolítanus, Ysetníensls, Batènsls, Neapolilanus, Lauilensfs, F lls cho (Atc.t.Vat.,Obl. et Sol,, LVll, fr . 3 I b, 43 r)'

2) FeliceNcnni: DeTcmpl" SS. Bon, ctAlex., Hist. Mon., pp.284-289. a) Arc. Vot,, Oblig, ct Solur,, XLVIll, f. 172. b) Regeslaio, dci conti Stnsrcldo in Attimir. a) Mur., XYl. pero.' Gemona nclla stsria friulana; Udine, 1914, p. 10. ' ao) Ioi, Î' 34b. e) Atc. Vat., Reg. Lit., vol. 102, f, 130. ?) p. 988. s) Annali. s. l42l .

3) A. Prcn 6) Ncrfai.

Promozione

a cardinale'


Ub. V, Cap. XL.

IL CARDINALE ANTONIO

t6

N'l .;

No2

Argento; diam. 17 n f D/ ANToNIUS PATRIA; nel centro lo stemma

R/

Caetani con le sole onde cormontato da cimiero con ai lati le iniziali eN(tonius). AOv $ tLE * GEN * sls * ; nel centro I'aquila emblcma di Aquileia. (C.ollez. di S. M. il Re d'ltalia; col-

nfr; Di AN'foNvs PATRIA; nel centro stemma con le onde Caetani (?) oppure con gli scacchi dei Portocareró sormontato da Argento; diam. 17

cimiero.

R/ AaV x tLE x come al N" (Collezione

lez. dell'A.)

GEN ma

*

StS

*; nel centro

I,

di di*gto difierente. di S. M. il Re d'ltalia.)

la casa Qualche mese dopo la elezione, il cardinale si recà a Rimini e volle occupare che Pietro Paolo Vergeri .. il vecchio ,,, famoso umanista de' suoi tempi e Poi segretario delI'imperatore Sigismondo, si era da poco accomodata per il tranquillo proseguimento dei propd shdi. Di quest; il Vergeri molto si adirò e in una lettera del25 novembre' diretta ad un suo amico, amaramente si lagna dell'intruso dandogli ogni possibile epiteto e descrivendolo come uomo îude, íncolto senza educazíone, senza industria, efc. e lo paragona ad un bue che la natura abbia creato mentre sonnecchiava. Esagerazioni facete, .dopo le quali I'umanista prende congedo dall'amico dicendo: u Habes quod údeas. VaIe ''t) Ho riferito I'aneddoto a titolo di cronaca; Antonio fu tutt'altro che uomo îozzo ed incolto. Di natura poco sana, si dimostrò però fornito di grande prudenza e di coscienza integra. Si acquistò la stima di quanti vennero in contatto con lui ed in special modo fu legato d'amicizia con gran numero di signori fiorentini e con il loro comune. cittadino Si è accennato più volte ai cordiali rapporti che univano i Caetani con la città di Firenze di Firenze' da oltre un secolo, d" quurdo cioè Bonifacio VIII col suo appoggio diede al partito guelfo il predominio in quella città, e non insisterò quindi sulle reciproche prove amichevoli di cui abbiamo notizia. Il 4 dicembre 1398 Antonio aveva delegato Alamanno Adimari, protonotario apostolico' D nel suo procuratore a presentare al battesimo una frgliola del cavaliere Donato Acciaiuoli; febbiaio del 1404 dava agli ambasciatori di Avignone lettere di presentazione al comune di 3) Un grande attestato d'amicizia e stima gli fu dato dai fiorentini allorchè, il23 mano 1406, Firenze. i maggiorenti della città, riuniti in pubblico consiglio, accettando la domanda del cardinale Antonio, nominarono lui, suo padre Giacomo, i suoi fratelli e i loro discendenti per linea maschile, cittadini in di Firenze; e ciò fecero per sincera riconoscenza verso Bonifacio VIII síngolafissimo perpetuo -pailre e benefattore del popolo fiorentíno, La proposta fu accettata con 207 palle nere favorevoli contro 29 palle bianche. Dopo un mese dalla votazione il cardinale si presentò davanti a un Puba) blico notaio e promise di costruirsi una casa in Firenze, come Io richiedevano gli statuti della città. L'agosto seguente Rinaldo degli Albizzi fu mandato dal comune di Firenze come paciere nella gu"ria che iravagliava Gttà di Castello, e il conte Guidantonio di Montefeltro, scrivendo a Rinaldo, lo consigliava di scegliere Antonio Caetani per I'esame delle vertenze perchè era 5) uomo giusto e ragionevole. Fu p"oit"nri"re maggiore, carica alla quale fu nominato da Bonifacio IX (e non da lnnocenzo Vl[ come vogliono vari autori), e molto operò nel riformare I'ordine dei Peni-

r\ Mw., XYl, ep. Vergcri, n, VIll. 6) Albìzzt,

I, pp.85,

94.

\ Amnb., p. 221.

s) Atbizzí,|, p.

68,

E)

Atc.

St. Fít', Prow' Caus' Maeg' rcg' 95'


[13e8

-

Rapporti con i pontefici

r40el

l7

No4

No3 Argento; diam, 18 -i-; D/ E ANToNtus * PATRIARCA; nel cen-

tro stemma di Ant. di Portocarero. R/ AAV * ILE * cEN * sls *; simile al

N" t. (Collezione dell'A.)

Argento; diam. 18 -l^; D7 rfi ar.rroluus pATRtARcA

R/

(A l);

nel

centro stemma con le onde Caetani. AOV tLE CEN SIS nel centro croce con quattro rose a cinque foglie. (Collezione di S. M. il Re d'ltalia.)

*

*

*

xI

D/ t{a ANTONIUS nel centro Altra moneta di cui non si è potuto fare il disegnor Argento) diasr. 12 -lr.R/ Croce sopra un cerchio; negli intervalli le lettere P T R ) A, - (Collezione di S. M. il Re d'ltalia,)

(A ?). -

tenziari minori: questo ultimo papa lo creò arciprete lateranense e lo fece amministratore della chiesa di Fiesole, alla quale carica rinunziò nel l4ll. Fu anche abate commendatario del monastero dei SS. Bonifacio ed Alessio, come risulta da una sentenza del senatore di Roma, Pietro Francesco Brancaleoni, pronunziata nel 1407. Nulla sappiamo sui rapporti suoi con lo zio Onorato, fautore dell'antipapa e fiero nemico Parrecipa di Bonifacio IX: non appare mai il nome di Antonio nelle continue trattative fra gli scismatici "fffij:' ed il papa, delle quali si è parlato in esteso nel XXXVIII capitolo. Il patriarca, come è naturale, seguì Ie direttive del padre che strenuamente combatteva contro il proprio fratello, e perciò sempre si mantenne fedele alla vera Chiesa seguendo le parti di Urbano VI, di Bonifacio IX, d'lnnocenzo VII e di Gregorio XII. Desideroso di veder terminare lo scisma che afliggeva il mondo dei fedeli, fu uno dei promotori del concilio di Pisa, ove si recò assieme ai cardinali Angelo da Sommariva e Rinaldo Brancaccio, quello stesso che, per incarico di Bonifacio IX, aveva istruito il processo contro Onorato Caetani. Gregorio XII vedendo questi cardinali allontanarsi per partecipare al consesso che doveva décidere della sua sorte, li privò di ogni onore e dignità e da Rimini, ove si era rifugiato piesso il potente Malatesta, in data 19 gennaio 1409, dichiarò Antonio decaduto dal cardinalato e dal vescovato di Palestrina, che questi, per amore di pace nella Chiesa, liberamente rassegnò a favore del cardinale Guido di Malesicco. I suoi sentimenti di concordia e di pace sono espressi in una lettera da lui diretta a Carlo Malatesta, signore di Rimini. r) Ma il concilio dei cardinali, che aveva dichiarato decaduti i due papi dal loro alto uficio, stigmatizzandoli eretici e scismatici, si affrettò ad annullare Ia sentenza di Gregorio XII. Il nuovo papa Alessandro V, eletto dal concilio, pochi giorni dopo la sua consacrazione, ed appunto il 2 luglio 1409, trasferì Antonio al vescovato di Porto e Selva Candida. L'attività del cardinale nella convocazione del concilio ed a favore di Alessandro V, attirò sui Caetani il malvolere di re Ladislao; dichiarati ribelli, dovettero abbandonare il napoletano e passarono al servizio del nuovo ponteÉce; Antonio si adoperò perchè ai fratelli e nipoti fosse dato adeguato compenso per i danni sofferti. Quando la curia, dopo aver trascorso tanti anni trasferendosi da una città all'altra, si stabilì definitivamente in Roma, il cardinale Antonio vi prese dimora 6ssa. Molto s'interessò alla chiesa di S. Maria sopra Minerva che fece restaurare a sue spese; di special merito fu Ia ricostruzione dell'abside, in ricordo di che si vedono tuttora i suoi stemmi sui due pilastri ai lati dell'altare maggiore. r)

Neúnl.

Donus,

l-2,

3.


IL CARDINALE ANTONIO

l8

Morte.

Lib. V, Cap, XL.

Sofflì per molti anni di podagra e non potè oltre esplicare quella operosità a cui Io traevano I'elevatezza di mente e la cultura.') Finalmente I'undici gennaio 1412, Iunedì di Epifania, alla seconda ora del vespero si spense in Vaticano, ed il giorno seguente fu trasportato alla chiesa della Minerva b) ove venne sepolto a destra dell'altare maggiore, dal lato dell'epistola, in vicinanza del luogo ove fu poi riposta Ia salma di Clemente VII. Il 23 del mese furono celebrati i solenni funerali con grandissima pompa; la bara fu posta sul catafalco coperta d'un prezioso pallio, e le esequie furono protratte pet nove giorni secondo il rito consueto per i cardinali. l) Nella lapide sepolcrale, ora murata alla parete della sagrestia, vedesi la immagine di lui ornato delle vesti cardinalizie; ma il marmo è stato tanto consunto quando faceva parte del pavimento che non si distinguono più bene le sembianze. ") Si legge I'iscrizione : Hrc REQVIESCIT REVENDENDISSIMVS (sic) lN XPO. PATER DOMTNVS ANTONTVS GATTANVS EPTSCOPVS POTVENSIS (sic) SaNCTE ROMANE ECCI ESIE CARDINALIS QVI OBIIT ANNO DOMINI MCCCCXI MENSE IANVARIT DIE

XI

INDICTIONE QVINTA.

Pietra sepolcrale del card. Antonio Caetani; Roma, Sagrestia di S' M. sopra Minerva'

ù (Mur., XVl, col. al) Híc níhíl boní feclt (in Aquileia) guía pro majoú paile slabat ínfirmus ptoptet poilagam. Il

di

Ciaconio, c.709, aferma che venne sepolto nella capBonifacio VIII in S. Pietro e che solo qualche tempo

')

Diar. Ant. d. Schiavo, in Mur.,

b) pella

XXIV-V, p,

71.

fu

trasportato alla Minerva. Nel palazzo arcivescovile di Udine c'è un ritratto di Antonio ") Caetani dipinto dalTiepolo (toll-tzro): non mi cono curato di

dopo

riprodurlo

in

queste pagine dubitando alquanto della somigliana'


Ceprtolo XLI.

REGNO DI GIOVANNA II. (1414 - 1433)

addentrarci nel racconto di quanto i Caetani oPerarono sotto Giovanna II sarà bene dare un breve sunto degli awenimenti che segnarono il regno di lei; essi sono tanto complessi che facilmente si perde il filo della storia. Al giovane re l,adislao, miseramente spirato in Castelnuovo il 6 agosto 1414, succedette I'unica sorella Giovanna, vedova di Guglielmo d'Austria; non piùr giovane, ma ancora bella e di temperamento passionale, si era abbandonata a vita licenziosa nelle braccia d'un suo coppierg Pandolfello d'Alopo, che subito creò gran camerlengo del Regno. La fortuna del favorito fu di breve durata perchè Govanna, avendo dovuto Per ragioni di stato prendere un secondo marito nella persona di Giacomo di Borbone (10 ag. l4l5), questi, saputo dell'illecita relazione, fece carcerare Stcmma Colonna sulla tomba di Martino V; Pandolfello, torturarlo e mozzargli il capo; allo stesso tempo Laterano. relegò la regina prigioniera nel proprio appartamento e prese le redini del governo. Ma a sua volta Govanna si sbarazzò del prepotente consorte (set. 1416) che dovette fuggire in Francia, ove si chiuse in un monastero (1419), mentre la regina, ridiventata padrona del Regno, si dava in braccio ad un nuovo amante, Ser Cianni Caracciolo, che creò gran siniscalco. Allo stesso tempo diede I'ufficio di gran camerlengo a Cristoforo Caetani, conte di Fondi l) e, se è vera la tradizione familiare, è probabile che anche questi godesse delle grazie della regina. Intanto Martino V, che in un primo tempo aveva riconosciuto Giovanna come regina, si inimicò con lei ed abbracciò la causa del pretendente Luigi lll d'Angiò. Allora ella chiamò in soccorso Alfonso V d'Aragona, re di Sicilia, adottandolo come figlio e successore (1420): zurraa

di

atto funesto che diede origine a quelle guerre tra spagnoli e francesi che straziarono I'ltalia per oltre un secolo. In un primo tempo tutto andò bene, ma quando la regina si accorse che anche Alfonso, al pari di Giacomo di Borbone, aveva in animo di prendere le redini del governo e d'impos-

r)

Cocr.,

Lib, XllI.

Sunto storico.


RECNO DI CIOVANNA II

20

Lib. V, Cap. XLI.

scagliò contro di lui e, forte dell'appoggio del grande condottiero Sforza, revocò I'adozione e prese le parti dello stesso pretendente ed awersario Luigi III d'Angiò, riconoscendolo a sua volta come figlio e successore (1423). Così le due fazioni francesi degli angioini e durazzesi si fusero in un partito solo per combattere sessarsi

gli

della sua persona,

si

aragonesi.

In quel tempo erano saliti in grande fama

due

.

valorosi còndottieri: Muzio Attendolo, detto Sforza, e Braccio da Montone. Essi a volte militarono per la regina Giovanna ed a volte contro di lei, ora sostenitori d'una medesima causa, ora acerbi nemici, combattevano tra loro; subitanei mutamenti d'animo e di condotta che a noi sembrano quasi incomprensibili, Rocca di Castellonorato. ma che in quei tempi erano cosa del tutto ordinaria e non recavano meraviglia. Finalmente nel 1424 perirono I'uno e I'altro, lo Sforza annegandosi nel frume Pescara e Braccio ferito a morte nella battaglia d'Aquila. Mancati in tal modo agli aragonesi la guida e I'appoggio di Braccio da Montone, prevalse la parte angioina e per un poco si quietò il Regno, infestato solo dalle solite discordie intestine e dagli intrighi di corte. Ma il vero sovrano era Ser Gianni Caracciolo, I'onnipotente favorito della regina. Il figlio adottivo, Luigi III, fu allontanato in Calabria ove morì (nov. 1434). Nell'agosto dell432 perì il Caracciolo, assassinato nel suo appartamento per una congiura di palazzo e il 2 febbraio 1435, spirava anche Giovanna II, ind"boiit^ di mente e di corpo, ponendo fine ad un awenturoso e poco glorioso regno, che apportò molto danno

a tutta I'ltalia. **x

casa Caetani che più si distinse nel corso di questi avvenimenti, fu il forte e battagliero Cristoforo, secondogenito di Giacomo II. Egli si tenne fedele alla regina con quella incrollabile costanza, caratteristica della sua stirpe e così eccezionale nell'epoca di cui discorriamo; nel 1420 le salvò il regno ed in compenso ricevette moltissime grazie e sah

Il

personaggio

ai piir alti

ufHci.

di

Dopo la morte di Ladislao, Cristoforo ebbe molto da fare per rimettere il proprio stato in buone condizioni, perchè durante i quattro anni dell'inimicizia che vi fu tra il re ed i Caetani, roro reudr' I:f*nd:n:. i feudi di questi nel napoletano erano rimasti pressochè abbandonati e di ciò si erano aPprofrttati i vicini ed in special modo la università di Gaeta. Ricorderò che questa città sin da tempi antichissimi era quasi priva di territorio e, per così dire, ristretta contro la spiaggia del mare dalle contee di Traetto e di Fondi; perciò sempre mirò'ad allargare la propria giurisdizione accampando antichi diritti su Maranola, Castellonorato, Scauri, Sujo e sulla scafa del Garigliano; dal canto loro i conti di Fondi, sin dai tempi dei Dell'Aquila, oppressero la città di cui cercarono di carpire il possesso sia per trattative, come al tempo di Bonifacio VII[, sia con le armi, come al tempo di Cola di Rienzo. Ma i re di Napoli frustrarono qualsiasi tentativo del genere perchè Gaeta era, e doveva rimanere, il porto principale del Reame. I

caetani


[1409 - mag. 1415]

Guerre

eo

n Gaeta

2l

Quando i Caetani si trovavano in disgrazia, Ladislao stretto da urgente bisogno di denaro per pagare le truppe, approfrttò delle circostanze per vendere alla città di Gaeta, per ll 200 ducati d'oro, il castello di Sujo (17 set. 1409), antichissimo feudo dei Caetani, pervenuto loro con I'eredità di Giovanna dell'Aquila; nella vendita furono compresi I'importante scafa, o traghetto, sul Garigliano e la vicina monumentale torre di Pandolfo di Capua, alla foce del fiume, con i suoi propugnacoli e con una piccola pineta. Il l0 gennaio l4l0 tale vendita veniva confermata con regio diploma. l) Non appena reintegrati nella grazia sovrana, i Caetani ebbero cura di farsi restituire i feudi, ma in ciò non riuscirono che in parte sino a tanto che visse Ladislao; a riparare a tale difetto non esitarono Rocca di Maranola. a farsi ragione con Ie armi. Come suole accadere nell'amministrare giustizia a se stessi, a volta avranno oltrepassato la giusta misura: così almeno pretese la città di Gaeta. Vi furono cava]cate e guerriglie. I Caetani si impossessarono di Itri con la sua fortissima rocca' di Scauri e di vari passi di quella contrada che spettavano.loro per diritto ereditario ed inoltre riscossero pedaggi che, in base a varie concessioni regie, appartenevano di diritto alla città di Gaeta. Ladislao, distratto da ambiziosi sogni, lasciò fare, ma la sorella Giovanna, appena assunte le redini del governo (6 ug. l4l4), impose che si mettesse fine alle guerre civili; perciò nel mese seguente, Cristoforo, a nome dei genitori, dei nipoti e di tutti i dipendenti, intavolò trat' tative con I'università di Gaeta e con i cittadini di Castellone, di Mola, di Sujo e di altri

luoghi per venire ad una tregua che doveva durare tre anni. capitoli; Questa fu firmata e, il27 settembre 1414, la regina ne approvava e confermava i per dare maggiore solennità all'atto, ordinò al capitano di Gaeta di far bandire il regio decreto in ogni località soggetta .alla sua giurisdizione, con I'ingiunzione a tutti di osservare la tregua sotto pena di tradimento e di cinque once di multa. Ma come era da aspettarsi, la tregua non potè durare a lungo perchè troppe erano ancora le questioni insolute. In quel tempo Pietro Origlia, conte di Caiazzo, era in possesso di Maranola e di Castellonorato, due piccoli castelli nella immediata vicinanza di Formia. Maranola era un antico feudo della famiglia e I'altro castello, non molti anni prinna, era stato edifrcato nel territorio del primo dal potente . Onorato Caetani, fautore dello scisma, ed appunto da lui aveva preso il nome. Re Ladislao, mentre i Caetani erano ribelli e fuorusciti, dispose probabilmente di questi come degli altri feudi della famiglia e forse li vendé all'Origlia. Cristoforo pretese che queste castella gli fossero restituite e, incontrate difficoltà, cercò di rirendicare con Ie armi gli aviti diritti della Casa; pose I'assedio ai due paesi con tanta tenacia e tanto rigore che in breve tempo ridusse gli antichi suoi vassalli a misere condizioni. Minacciato dalla fame, I'Origlia si rivolse per aiuto ai cittadini di Gaeta e, non senza malizia, pattuì che, a securtà del denaro e delle vettovaglie fornitigli, avrebbe dato un'ipoteca sulle castella e sulla torre di Scauri (26 mag. l4l5). Per effetto di tale ipoteca, i due paesi assediati passa1) Caparso G,, pp, 78,244,

Marano!a

e Cartellonorato.


REGNO

DI GIOVANNA II

Lib. V, Cap. XLI

rono sotto la giurisdizione di Gaeta la quale, per proteggerli, dovette prendere le armi contro Caetani contrawenendo così ai patti della tregua. l) Ricominciò quindi la guerra che si protrasse per un anno, mentre a Napoli comandava re Gacomo di Borbone, conte della Marcia, che aveva usurpato il trono. Finalmente per ordine sovrano fu conclusa una nuova tregua fra i Caetani e Ia città di Gaeta e ad essa furono chiamate a partecipare anche le due terre, causa del conflitto. La tregua doveva durare per tutto il l4l7 et deinde in antea ad beneplacito de Ie prefote Magestate; addì 6 giugno 1416, i capitoli furono firmati in Castelnuovo di Napoli sotto gli auspicî del . re e della regina, ma questa probabilmente non ne seppe nulla perchè era tenuta prigioniera nel suo appartamento, rigorosamente sorvegliata da un vecchio cavaliere francese. All'atto furono presenti I'arcivescovo di Conza; il grande siniscalco, il cancelliere ed altri dignitari di corte; il giorno undici furono confermati con regio diploma. 2) L^ tregua fu poi rinnovata il 2l febbraio l4l9 in forma più solenne. 3) Dopo un anno di domjcilio coatto la regina riuscì a sbarazzarsi del prepotente marito, che fu cacciato da Napoli, e Giovanna di bel nuovo regnò circondata dai favoriti. Gistoforo Caetani godette grande ascendente presso di lei: perciò non sentiamo piùr parlare di discordie con Gaeta sino alla guerra aragonese del 1435. I Caetani, rientrati in possesso degli aviti domini, si preparavano a nuovi cimenti militari in difesa della regina.

i

-i Intanto si svolgeva a Costanza

Sforza caccia Braccio

da Roma.

il

famoso concilio che speravasi avrebbe posto frne all'intermi-

; tre erano i

papi e nessuno dei tre aveva voglia di abdicare; il concilio Ii depose tutti ed elebse Martino V, che finalmente fu riconosciuto unico e vero porrtefrce (ll nov. l4l7). Prima che ciò awenisse, nel giugno del 1417, il grande condottiero Braccio da Montone, per acquistarsi nuovo lustro, mosse contro Roma e se ne impadronì sotto scusa di voler custodire Ia cattedra di S. Pietro per I'eligendo pontefrce, ed assunse il titolo di Defensor Urbis. Invano il cardinale Isolani, legato apostolico, cercò di opporsi all'entrata di Braccio; dovette rifugiarsi in Castel S. Angelo da dove implorò l'aiuto della regina Giovanna. Questa, liberatasi dell'incomodo marito Gacomo di Borbone e riprese le redini del govemo, aveva eletto per conestabile e capit4no dell'esercito' napoletano il prode Sforza che, negli ultimi tre anni, aveva sperimentato la variabilità della fortuna nella corte di Napoli passando piìr volte da eccelsi uffrci al carcere e viceversa. Giovanna rispose subito al grido d'aiuto lanciato dal cardinale Isolani, inviando lo Sforza con un forte esercito in soccorso di Roma; tra i capitani d'arme e gran signori che I'accompagnavano c'erano il conte di Carrara, Alto Conti ed il maresciallo Cristoforo Caetani. Passando sotto Marino, che apparteneva ai Caetani, si unirono ad essi gli Orsini e, il l0 agosto 1417, I'esercito si accampò davanti a Porta S. Giovanni. Braccio stimò di non poter resistere all'awersario e si ritirò sicchè, il 27 agosto, Io Sforza entrò trionfalmente in Roma, seguìto dal largo stuolo dei suoi generali e baroni, fra i quali'Gistoa) foro che andò subito ad alloggiare in casa propria nell'isola di S. Bartolomeo. In questa impresa vediamo marciare I'uno a fianco dell'altro, Cristoforo ed AIto Conti ; le relazioni tra le due famiglie erano però tutt'altro che cordiali. Si è già detto che Ruggero, nipote di Gistoforo, aveva sposato Francesca, sorella di Alto, ed a sicurtà della dote di 5000 fiòrini, i Caetani avevano dato in pegno le castella di Sermoneta, di Bassiano e di Ninfa, 5) nella Marittima, nonchè quelle di Morcone e di Monticelli nel napoletano. nabile scisma

') Pry' 2625.

ó) Prg.

518: 549.

\C-44OtCspasoG.,pp.87,89.

3)Atc'Goet-Atas., lwc.4,u7.

{)Msr.,XXIV'V,p. lll,


ALBERO GENEALOGTCO DI

CASA COLONNA Giovannl Senatore

Rarno di PALESTRTNA

Giacomo

u

Sciarrq

VIII in

Roma

Ramo Pietro.

Anagni.

Amico del Petrarca;

Cardinale

Senatore

(r3o3.lx).

di

t

(tllt).

Roma

Mabilia Savelli

Scomunicato

rimproverata da

VIII.

Vlll .

S.

L,orenzo (l?47

.xl.

Porta

< Iuoenls

2o),

a.

Margherita de' Capocci

con Onorato

I

15

Agapito

Petruccio

Nicola

T.

congiurano

Caetani contro Bo-

1390 m.

Catcúna Conti Giordano + l424.Vl .16 Duca d'Amalfi, PPe.

di

Oddone Lorenzo t l43l . II.20 t l42t C,onte d'Albi. MARTINO V m.

Salerno.

SVEVA CAET.A,NI di lacobello III ,{ntonio

Proapero

+l42l.lI.l5

+ t46t .lll.24 Cardinale

Anna

Odoardo

t

n, l4l5 c. t 146l c' Marsi.

1469 m.

Ppe.

di

Salerno;

Giannantonio Oreini Prefetto di Roma;

D.

")

,

Roma.

m.

Tancia m.' Teobaldo Anibaldi.

di

di

Letizia Conti

l.

lX.

Duca

Pietro t373. VI

Senatore

SANCIA, CAETANI

Giovanni G. e N. nel 1400 nifacio

î.

>

1755 c.

di Nicolò

- l3t2 .

1305

m.

Stefanello

di

perchè incinta.

Giordano

Stefano Ucciso alla battaglia di Porta S. Lorenzo (t147 .xt.zo).

Gianni

130? m,

Bon.

Ucciso alla battaglia

P^ALIANO

t

l316

da Bonifacio

di

Agapito

Stcfano Seniore t lt4g

u

Autore dell'attentato contro Bonifacio

di

1290

Ppe. di Taranto.

Covella di Celano b) Grata Coúti

In lite con lll Caetlrni.

Onorato

Giordano

Prospero

Giovanni

Caterina

Protonotario;

Fabrizio + t520

Decapitato.

Condottiero;

04E4.Vl . 30).

Combatte nel

Condottiero: Riceve

CAETANI

napoletano contro

in feudo Fondi tolto

di

ai

t t5l2. xll

Lorenzo

Duca

di

t

Margi.

t508.

Ix

.26

Cardinale

i

Gaetani d'Aragona.

t

n. 152?

Arcanio

M.s di

Pcscara, amica

+ di

Duca

di

1557

&

Michelangelo.

Giovanna d'Aragona

'

Marcantonio

t

.lll.24

Paliano e Tagliacozzo.

1531

I l58t.Vru. t

Comandante pontiGcio alla bat-

taglia

di Lrpanto (trzl).

Agneciaa a. 1538 t 1578.fV.20 m. 15@

ONORATO TV CAETANT a. 1542 t 1592.X1.9 Cap. gen. della fanteria pont. aìla battaglia di Lcpanto (t 5z t ).

,xll

Gaetani goaa

Vittoda Colonna n. t490 t 1548

1452

.30

d'Ara-

(telz).

n. 1490 ANTONIO (r) Filettino.


REGNO DI GIOVANNA II

24

Conflitto Caetani-Conti.

Matrimonio

Giac.

IV

Caet.

e Giov. Orsini.

Lib. V, Cap. XLl.

La felicità coniugale però non fu di lunga durata: ., Cecca > rimanendo sterile, Ruggero aveva annodato relazioni con una certa donna coniugata da cui ebbe cinque figli illegittimi. I fratelli Conti credettero prudente di mettere le mani avanti per I'ipoteca che avevano sulle castella dei Caetani in previsione della probabile evenienza che, morendo Cecca senza prole, la dote dei 5000 fiorini avrebbe dovuto essere loro restituita. V'erano anche altri conflitti d'interesse per il castello di Giuliano e, probabilmente poco tempo dopo che I'esercito dello Sforza fu entrato in Rorna, si venne alle armi per causa di certe terre poste nella Marittima, riguardo alle quali i Conti non volevano riconoscere la validità della donazione fattane ai Caetani da parte di Govanni XXIil e da Govanna II di Napoli. A ciò aggiungasi la spoliazione di Trevi, di cui erano rimasii vittime i Caetani Palatini. Il grande conestabile Sforza non volle che in seno al proprio esercito vigesse guerra civile: chiamò a sé Ie due parti per indurle a firmare un compromesso, ed in suo appoggio intervenne la regina ordinando che si concludesse una tregua. Le vertenze vennero affidate al giudizio arbitrale del comune parente Giordano Colonna, cognato di Sveva Caetani, sorella di Ruggero, nonchè figlio di Caterina Conti e fratello del nuovo papa Martino V. La tregua fu firmata il 19 gennaio 1418, in Spigno, presso I'odierna Minturno, da Gacomo ll Caetani per sè, per il figlio e per i nipoti, nonchè a nome dei Caetani Palatini e loro confederati (cioè Berardo e Paolo da Celano e il conte di Laurito), da una parte, e da lldebrandino Conti per sè e per i figli AIto, Sagace, Grato ed i parenti, dall'altra. r) La tregua fu prorogata piir volte sino al 1430 quando per un poco si sedarono le vertenze. ") In quei tempi Pietro (a volte detto Pirro) Orsini, conte di Nola, promise in moglie la figlia Giovannella, con dote di 10000 fiorini a Gacomo IV, figlio del defunto Giacobello III Caetani. Gli sposi erano parenti in terzo grado per il matrimonio di Nicola Caetani con Giacoma Orsini celebrato nel 1334; era necessario ottenere dalla Chiesa la dispensa matrimoniale, ma di tale formalità non si curarono gli sposi: contratto il matrimonio, vissero felicemente in Fondi ove nacque loro una figliola per nome lacobella. Senonchè la irregolarità venne rilevata dalla Chiesa che fece cadere una sentenza di scomunica sui felici coniugi; b) il papa però con breve del 5 settembre l4l9 ordinò ad Angelo " de S. Felice >>, vescovo d'Alife, di assolvere i colpevoli dopo aoere imposto loro, sotto giuramento, dí non maí píù commettere tali atti. Il giudice per regolarità di procedura si accertò che Govannella non era stata rapita e, dopo avere tenuto gli sposi separati I' una dall'altro per qualche giorno, il 12 di settembre 1420 li unì nuovamente in matrimonio per oerba oís et oolo, irnmettendo I'anello nel dito anulare della mano destra di Giovannella e con le rituali solennità nuziali: la cerimonia avvenne nella prima stanza dal lato occidentale del palazzo Caetani in Fondi, probabilmente nell'oratorio privato del conte. Gli sposi

a)

La

tregua del gennaio doveva durare solo otto mesi ma,

prima per interessamento ed intercessione di Cecca (ott. l4lS) che ri adoperava a sedare questi dissidi familiari, poi per ordine di Giordano Colonna (nov.) e dello stesso papa Martino V (ott. l42l), venne prorogata di anno in anno. Nel l4zz Rug' gero e Francesco Caetani la ruppero muovendo guena contro i C,onti, ma non pertanto la tregua fu rinnovata e protratta di continuo sino al t425, quando si veune nuovarn€nte alle armi. Alto Conti aveva allora il govemo di Velletri e, unitamente alla popolazione della citta, Eosse guerra a Cristoforo per la vertenza dei confini di Torrecchia: venuti a nuova.concordia, i velletrani furono costretti a pagare al conte di Fondi una buona r) c-450.

di denaro per i danni (Boryla, p. 367). Il I maggio le due famiglie firmarono una tregua per sei

somma

anni sulla questione del castello di Îberia e cosl rimasero più omenoinsospeso le discordie sinoa che, il 9 nar. 1430, i Conti vendettero per 2100 ducati ai Caetani questo diruto castello che ultimamente era diventato I'oggetto principale di contea (C-450; C-lst-ll; Prg. 2258; C-485; C-qtz; Prg. 23só). b) Non furono queste le sole difhcoltà che Giacomo IV c sua noglie ebbero col ponteice; difatti una bolla del ta agosto 1423 accentra a certe condizioni colpose per cui Martino V concesse agli sposi la facoltà di sceglieni un confessore a condizione però di riparare ai danni arrecati ad altri (Prg. 1501, l5l5).


Affari familiari

[gen. 1418-giu. 1420]

I'un dopo I'altro la piccola Iacobella e Ia baciarono in segno di ricor) noscimento ed il vescovo la dichiarò loro legittima figliola. Nel frattempo il vecchio e deuepifo Giacomo II, che già aveva raggiunto I'ottantesimo anno d'età, dati i grandissimi meriti e I'alto valore militare dell'unico figlio superstite Cristoforo, volle assicurargli uno stato che fosse fondamento ad un secondo ramo della famiglia. A ciò fu indotto altresì da considerazioni di ordine pratico e politico. Nella lunga e tumultuosa vita si era reso conto che il patrimonio della famiglia, distribuito per metà nello stato pontificio e per metà nel Regno, presentava il gravissimo inconveniente che ogni qualvolta scoppiava un conflitto fra il papa ed il re, come di continuo si verifrcava, i Caetani per forza maggiore, dovevano prendere le parti o dell'uno o dell'altro. Venivano quindi ad essere ribelli ad uno dei due contendenti e, dichiarata la guerra, si vedevano senz'altro privati dal sovrano nemico di metà delle loro terre, nè erano in grado di difendere e tenere con le armi tutto il loro vasto poi

presero nelle braccia

Divisione

dello stato dei Caetani,

dominio.

Perciò Giacomo decise di assegnare al secondogenito Cristoforo i feudi nel napoletano, lasciando il possesso dei feudi nella Campagna e Marittima a Giacomo IV, suo nipote, continuatore della linea primogenita. Questo piano in sè equo e razionale, fu tuttavia causa di infrniti mali, perchè i Caetani di Sermoneta non senza ragione pretesero piìr tardi che la divisione era stata illegale e che la bella contea di Fondi spettava loro. La sovrana assecondò. i desideri del vecchio Giacomo e con diploma del 5 novembre l4l8 autorizzava Cristoforo a succedere al 2) Il giorno seguente Ia madre Sveva Sansepadre nella contea nonostante che fosse secondogenito. verino cedeva al figlio inter oioos la terra di Piedimonte, e la regina, il 16 ed il 25 aprile 1420, riconfermava entrambe

le cessioni.

3)

Tanti erano i meriti di Cristoforo che Giovanna II non si stancava a riversare grazie su lui. Il 14 agosto l4l9 gli aveva donato in perpetuo 200 once annuea) e poco dopo lo nominava vicereggente negli Abruzzi e nella città di Aquila, nonchè capitano delle " tene montane ,.5) Intanto Sforza, trovandosi presso il pontefice Martino V, per gelosia di Ser Gianni Caracciolo e sospettando di essere da lui tradito, con la volubilità caratteristica dei condottieri del a Quattrocento, abbracciò Ia causa di Luigi III d'Angiò che veniva a contrastare Ia corona Govanna ltr. Awiatosi verso Napoli (18 giu. 1420), mandò alla regina I'avviso di volersi considerare sciolto da ogni vincolo di giuramento e cinse Ia città d'assedio. Cristoforo Caetani, che allora si trovava a governare gli Abruzzi' ") all'udire tale notizia' raccolse immediatamente larga compagnia di gente d'arme e senza curarsi dei propri stati per i quali scorazzava il nemico, accorse a Napoli e vi penetrò con le armi in mano rianimando gli spiriti della regina e del popolo che già si credevano perduti ed alla mercè del traditore Sforza. Il conte diventò l'anima della difesa e per tre mesi tenne testa al famoso condottiero che lo assaliva da parte di terra, mentre le navi di Luigi d'Angiò tenevano chiuso il porto di Napoli.6)

A lui dovette la regina se la città usci salva da tanto pericolo e dalle insidie dei parti-

giani angioini. Costoro accordatisi col nemico, di notte tempo cercarono di aprire una porta fra quella di S. Sofra e quella di S. Gennaro, che era stata serrata pochi .giorni prima con un terrapieno. I congiurati al buio, in gran silenzio, mentre le guardie dormivano, rimossero le ostruzioni e avrebbero aperta la porta se non avessero trovato I'ostacolo di un grosso trave confitto a) L'undici maggio era

'l

a Francavilla.

t) C.45l.lllzC-452: Re.9ló;866; 1507; l5l3t 429; C-459' V; Arc. NaF. R. 1., vol.337' Î' 55'' t) Arc. Col.,LlX'49' t) Pry. 1335. Arc-Nap.,R.A.,vol'375,Î,59biArc. CoL, XXXV'l c 3. Domus,

l-2,

4,

2) Pte.

l9l4 l 3043,

910i., XXXV-I0.

Cristoforo

difende Napoli.


REGNO DI CIOVANNA II

Ub. V, Cap. XLI.

nei muri dall'una all'altra parte e che non si poteva tagliare senza far rumore e senza svegliare Ia guardia. I nernici quindi, non potendo aprire i battenti, dovettero smontare fuori Ie mura e, ad uno ad uno, varcare a piedi la portella; ma lo strepito delle armature ed il calpestare dei cavalli davanti alle mura, a lungo andare, destarono le guardie che diedero l'allarme. Primo ad accorrere con una banda di cavalli fii lo stesso Cristoforo; caricò il nemico con tale impeto che lo travolse respingendolo in disordine verso I'uscita. ove nel buio della notte si formò un'accozzaglia di gente: quelli che indietreggiavano impedivano a quelli di fuori d'entrare. La mischia fu aspra e sanguinosa ma, soprawenuto Ludovico Colonna con altri rinforzi, il nemico fu finalmente buttato fuori delle mura lasciando morti e prigionieri. I congiurati vennero giustiziati.r) Re Alfonso e Braccio

in

soccorso

di

Napoli.

Nell'agosto Luigi d'Angiò venne per via di mare in appoggio dello Sforza con tredici navi comandate da Battista Campofregoso ; il 15 del mese sbarcò presso Castellammare ed unitamente al suo condottiero si mosse eontro Aversa che a loro si arrese. Ma il ó di settembre apparvero 12 galee e tre galeotti di re Alfonso, che Giovanna recentemente aveva adottato per figlio e successore. Le navi angioine dovettero ritirarsi; Sforza e Luigi, avendo invano tentato d'impedire lo sbarco dei catalani, si ripiegarono su Aversa. Questi primi successi misero in valore la magnifica difesa di Napoli fatta da Cristoforo. Pochi giorni dopo I'arrivo della flotta aragonese, la regina, in riconoscenza dei servigi prestati, lo nominava protonotario e logoteta del Regno a vita, in sostituzione di Francesco Zurlo che, passato ai servigi di Luigi III, era stato dichiarato ribelle e decaduto dalla altissima carica che ricopriva. 2) Il primo ottobre conferivagli altresi un'oncia di carlini al giorno come onorario per il nuovo ufficio. 3) Malgrado i soccorsi mandati da Alfonso, buona parte del Regno era ancora in mano degli angioini e Ie forze durazzesi erano troppo scarse per poter espellere il nemico; allora fu che, per consiglio dei Caetani, Giovanna II si rivolse a Braccio da Montone, il quale se'ne stava svernardo a Perugia, perchè venisse in suo aiuto. Ma egli chiedeva in compenso il principato di Capua, la contea di Foggia e la carica di gran conestabile del Regno. I Caetani debbono avere contribuito molto a persuadere Giovanna ad accondiscendere a tali domande esorbitanti, e, a suo tempo, Braccio dimostrò la propria riconoscenza facendo convergere le grazie sovrane su essi; ne troviamo cenno in una lettera che al tempo dell'ultima guerra angioina, ed appunto il 12 maggio 1461, Onorato Caetani di Sermoneta scriveva a Giacomo Piccinino, parente di Braccio: gli rammentava che iI sígrur conte Ia bona memoría del Sig. Braccio actríbuío Stato et condícîone ad Casa mÍa, maxime ad mio Padre.") Re Alfonso si era ricusato di venire personalmente nel Regno con le truppe sino a che non fosse giunto Braccio da Montone per assicurargli una notevole superiorità numerica sul nemico. Però saputo dell'arrivo di lui, si affrettò a salpare per Napoli ove sbarcò pochi giorni dopo (26 giu. l42l) e fu accolto con grande giubilo dalla popolazione. Gli andarono incontro tutti i dignitari di corte ed i principali baroni ; I'indornani fece il solenne ingresso nella città per porta Capuana con grande pompa e magnificenza, avendo da un lato Braccio da Montone, capo dell'esercito liberatore, e dall'altro il protonotario Cristoforo Caetani, eletto come suo rapprea) sentante dal popolo napoletano per aver salvato Ia città dallo Sforza.

Ia

a) (C-205ó). Ed in altra (C- 1007) del 4 mazo 146l .... è stala sempte ileúota ail quello de V. S. eI prc'

cîpue mío padre,

memoría

Casa mía

')

Corr., Lib.

XlV, p. 335.

:) Prc'

867.

3)

Pts.

2?65.

íI quale rccepíà ínnumerl

del sÌgnot BrcccÍo,

ó) Col., Lib.

XlV.

benefzlî da

Ia

bona


[ug.

1a2O

-1423]

Alf onso il Magnanimo.

Durante il resto dell'anno non vi furono azioni militari ; la guerra si ridusse ad una serie di intrighi con i quali I'un condottiero cercava di far defezionare i capitani e gli uomini d'arme dell'altro, e continuarono soltanto piccole scaramucce ed i soliti saccheggi. Nel corso di questa guerriglia Ruggero Caetani, nipote di Cristoforo, e Braccio da Montone, per fare atto ostile al papa, noncuranti degli accordi di pace stretti con I'abate del monastero, assalirono Montecassino che per il sito aveva molta importanza militare; non potendo penetrare nella abbazia, per essere in posizione troppo forte, invasero ed occuparono le terre appartenenti al monastero, cioè Fratte, Castelnuovo Parano, Vallefredda, S. Andrea, S. Apollinare, S. Ambrogio, S. Gorgio a Liri, Barrea nonchè alcune tenute. Dopo di che Braccio si volse ad altre imprese, mentre Ruggero restò nelle terre invase, che tenne per lo spazio di sei anni e ne percepì Ie entrate quasi signore di fatto. I monaci non si stancarono di protestare contro I'usurpatore finchè, per intercessione e ordine di Martino V, Ruggero restituì le terre, ottenendo per transazione I'affitto di Castelnuovo e Fratte. Ma i monaci Io considerarono come una imposizione fatta dal papa a favore del proprio parente ed il 27 aprile 1427 redassero formale protesta. l) Ruggero, come già si è detto; dalla moglie Francesca, sorella di Aldo Conti di Valmontone, non ebbe figli; ne ebbe però cinque naturali da altra donna coniugata, di cui non sappiamo il nome, e cioè Antonello, uomo d'arme di cui parleremo appresso, Onorato, Giovanni, Cristoforo e Sveva che, fidanzata nel settembre del 1427 a Corraduccio del fu Filippo di S. Angelo, 2) fu data in moglie nel I 1432 a lacobello, frglio illegittimo di Francesco Orsini. Caterina, figlia del detto Francesco sposò Onorato III di Giacomo IV Caetani, cugino di Sveva. ll 23 di' cembre del 1423 Martino V legittimava i figli di Ruggero') e po"o dopo quelli numerosissimi di Cristoforo, che la regina Giovanna aveva già legittimato per parte sua; tante irregolarità di nascita possono ben perdonarsi considerando quanto seppero operare poi questi nobili bastardi. Non cercherò di ricostruire le complicate vicende dei tre anni che seguirono la trionfale entrata di re Alfonso in Napoli; ricorderò soltanto che lo Sforza ritornò all'obbedienza della regina e che il re, seguendo l'esempio di Giacomo di Borbone, tentò di rovesciare il di lei governo. Si venne ad aperto conflitto ed allora Giovanna lo ripudiò come figlio e come erede, ed in sua vece chiamò lo stesso pretendente Luigi lil. Alfonso vedendo le due fazioni angioine unite contro di sè, non trovò miglior partito che di alzare le vele e di salpar per altri lidi (15 ott. 1423). I Caetani furono sempre fautori della regina ma, dopo la morte di lei, quelli di Fondi abbracciarono la causa dell'aragonese, tornato a rivendicare i suoi diritti come erede adottivo, mentre i figli di Giacomo IV, signore di Sermoneta, seguirono la parte degli angioini, che cercavano di ricacciarlo dal Regno. r) Arc.

Manlecassiao, copia, ín C - 502.

2) Pre. 822.

6) C - 462.

Ruggero

caetani'


REGNO

28

DI GIOVANNA iI

Ub. V, Cap. XLl.

f6r )\. r(i' -,..

I

tl ./r/

Sottoscrizioni

Giacomo Il.

Giacomo vicerè.

IV

-

e sigillo dei Da Carara nell'atto di tregua con Giacomo Caetani.

due rami della famiglia diventarono nemici e più di una volta scesero in campo I'uno contro I'altro sia perchè spinti da contrasti d'interesse, sia per necessità quando papa e re venivano a conflitto armato tra di loro. Ma fintanto che visse il vecchio Giacomo Íl (t 1423), regnò Ia pace in famiglia. Mentre che il frglio Cristoforo ed i nipoti combattevano nel napoletano per la regina Giovanna, egli se ne stava di guardia nelle proprie castella della Campagna e Marittima e di preferenza risiedeva in Sermoneta. La sua posizione non era facile perchè Martino V non tardò ad inimicarsi con Ia regina Giovanna; tuttavia i legami di parentela con la famiglia del pontefice, I'abilità diplomatica e I'esperienza delle cose del mondo permisero al vegliardo di barcamenarsi e di mantenersi in buoni rapporti col pontefice; tanto è vero che nell'aprile del l42l questi dava istruzioni a Ludovico vescovo ,, megalenensís , u) perchè i capitani e condottieri agli stipendi della Chiesa non solo non recassero danno a Giacomo Caetani, conte di Fondi, nè alle sue terre in Maritl) tima, ma anzi, occorrendo il caso, gli dessero aiuto. Da parte sua la regina Giovanna si adoperò a ricompensare i Caetani per i grandi servigi prestatile e fu specialmente larga verso di essi quando, inimicatisi con Martino V, ebbe tutto I'interesse di tenerseli fedeli. b) Molto favorì Giacomo lV, nipote del vecchio Giacomo e ad esso afidò la vicereggenza degli Abruzzi, carica già tenuta dallo zio Cristoforo, ma che questi aveva dovuto rinunziare a favore di Perdicasso Barrili, quando fu promosto alla carica di logoteta e protonotario del Regno. La regina per compiacere Cristoforo, aveva richiamato il Barrili e nel luglio l42l nominava Gacomo vicerè a guerra dei Due Abruzzi e governatore di Aquila, di Gttaducale e di tutti i paesi montani circostanti, con incarico di ridurre queste provincie alla di lei obbedienzai a tal frne gli conferì piena autorità di agire in suo nome, di venire a trattative, perdonare i ribelli, reintegrarli negli onori di cui godevano prima,

I

r) Di b)

Megalopolis in Arcadia o di Megara in Attica? giugno l42l concedeva a Cristoforo in feudo, col

ll t

titolo di conte, la citta di Sant'Agata ed i cutelli di Orazzano, Limatota, Ducenta, Orcola e Melizzano della provincia di Terra

')

Prg,. 54.

di Lavoro, nonchè la baronia di Tozzio, Balneolo (Bagnoli), che ebLe già il defunto Carlo d'Artus, cognato di Cristoforo, e che allora occupavano i Della Ratta, partigiani di Luigi III (Atc. CoI., XXXV-10).


Giacomo

fr4ztl

IV vicerè

nominare luogotenenti per amministrare giustizia

e

muovere guerra

29

a chi non volesse tornare

all'obbedienza. ")

Uno dei primi incarichi affidati al nuovo vicerè (a ug.) fu di procedere, se necessario, anche a mano armata contro Giovanni, Francesco e Orso Orsini che tenevano indebitamente occupato il castello di Ceppagatta. l) Non appena liquidata questa faccenda, ebbe da contendere presso Chieti con i due capitani d'arme Ardizone e Obizo da Carrara i quali militavaho per Luigi III d'Angiò. Le sorti del loro sovrano avevano preso una brutta piega ed essi si trovavano a mal partito; perciò credettero espediente di chiedere una tregua di un mese e mezzo, che fu loro concessa dal vicerè a condizione che desistessero da qualsiasi offesa contro Ia gente d'arme della regina, che dessero [bero transito per le loro terre di Rapino, di Casacanditella e di Altino, che risarcissero qualsiasi danno arrecato dalle loro truppe durante la tregua e che entro dieci giorni denunciassero i nomi di tutti i confederati e seguaci. A ciò i capitani si obbligarono sotto pena di seg mila ducati et de essere chiamati manchatorì de fede e, il 14 marzo 1422, in Ancarano, apposero Ie firme e il sigillo col carroccio, insegna 2) della famiglia, all'istromento che tuttora si conserva nel nostro archivio. Dal canto proprio Cristoforo, mentre attendeva alle cure del protonotariato, si adoperava a dare buon assetto allo stato che gli era stato donato dai genitori. Alcune nuove terre gli vennero concesse dalla regina, altre egli vendette, come ad esempio Ailano e Roccarainola che furono cedute ad Antonello Fuscaldo. b) Già era stato autorizzato a succedere alla madre Sveva Sanseverino nella terra di Piedimonte, a lei spettante per i diritti dotali di cui era rimasta investita dopo la morte del primo marito, Enrico della Leonessa; per render la successione piìr sicura, la mailre chiese alla regina che questo lascito venisse invece riconosciuto come donazione ínter uiuos, ciò che fu concesso con diploma del 25 ottobre 1421.?> Cristoforo, per i suoi eccezionali meriti personali, si era acquistata una grande posizione nella corte angioina e, dal giorno che Giovanna II salì al trono, fu partecipe di tutti gli importanti negozi di stato. Nell'ottobre àel l42l venne in Napoli il celebre Rinaldo degli Albizzi, quale ambasciatore dei fiorentini, per trattare una pace che riconducesse un poeo d'ordine nella sconvolta ltalia. In tale occasione I'Albizzi ebbe agio di conoscere meglio il protonotario che, unitamente a Braccio ed al grande siniscalco, era stato incaricato di discutere le condizioni di pace; potè apprezzarne i meriti ed a lui piùr che ad altri si deve essere appoggiato per condurre a buon termine i dificili negoziati. Grandi erano infatti I'intimità e I'amicizia che correvano tra Ia repubblica fiorentina ed i Caetani, cittadini onorari di Firenze; I'Albizzi, Michele Castellani e la Ioro comitiva, nell'andata verso Napoli, si erano fermati a Sermoneta (19 ott.) ospiti del vecchio Giacomo, e così pure Cristoforo usò ogni cortesia agli ambasciatori quando, verso la fine di novembre, fecero ritorno a Firenze transitando per la contea di Fondi. Muniti di un salvacondotto di Braccio, vennero ospitati con quella liberalità che fu sempre tradizionale nella casa Caetani a) ed il 9 di decembre si fermarono nuovamente in Sermoneta. Di tutto questo si deve essere ricordato I'Albizzi quando, alcuni anni piìr tardi, cercava d'indurre il conte di Fondi a passare ai servigi di Firenze. a) (Prg. 1901, 1623, 560, 1603). L'ufficio e le prerogative furono riconfermate il 2ó ott. l42l da Alfonso, in qualità di vicerè, governatore e vicario generale della madrc adottiva (Prg. 116l), A difierenza degli altri diplomi, questo non venne controfirmato dal protonotario Cristoforo ed in e$o si può ricono-

r) Pre.

66.

t)

C-47?.

s) Arc. Col..

L-3.

scere forse una dellc prime mosse di Alfonso per afiermare la propria autorità su quella della regina. b) La regina poi privò il Fuscaldo di queste castella che furono date (tz giu. 1422) a Braccio da Montone, che militava contro il ribelle Francesco Pandone di Capua (Prg, n211. a) Albizzt,

l. w.

325, 338.

Tregua con

i

Carrara.

Cristoforo

e Rinaldo degli Albizzi.


RECNO

30

DI GIOVANNA II

Lib. V, Cap. XLL

+* Martino V.

Mo*c di Giacomo

ll.

La elevazione del cardinale Oddone Colonna al soglio pontificio (ll nov. l4l7) ebbe una forte ripercussione sulle vicende della famiglia Caetani che, imparentata con quella del papa, u) rimase coinvolta negli awenimenti suscitati dallo sfrenAto nepotismo di Martino V. Il nuovo pontefice fece il suo ingresso trionfale in Roma il giorno 20 settembre 1420 e subito si pose all'opera per sedare Ie discordie civili, ristabilire con I'ordine il rispetto delle leggi e trarre Ia Città Eterna da quello stato di abbandono e di desolazione, nel quale era caduta per I'anarchia e per lo strazio inflittole dalle ondate di guerra che I'avevano sconvolta senza tregua per tanti anni. L'intenso affetto per quelli del suo sangue ed il bisogno di crearsi un appoggio, ingrandendo Ia potenza della propria famiglia, spinsero il papa a favorire srnoderatamente i suoi parenti. Dette così impulso ad un nepotismo che, pur originando dai medesimi moventi che animarono quello di Bonifacio VIII, se ne differenziò per la forma cruda e sfrenata: di tanta sfacciataggine si macchiarono quasi tutti i papi del Rinascimento. Estese il dominio colonnese non solo nel Lazio e nel regno di Napoli, ma anche nell'Umbria e nelle Marche. Dalla regina Giovanna ottenne che il fratello Gordano fosse creato duca di Amalfr e di Venosa, principe di Salerno e conte di Celano e che Lorenzo avesse la contea di Albi. Alferma il Gregoroviusl) che, ai tempi di Martino V, i Caetani unitamente ai Savelli, ai Conti ed agli Anibaldi vivevano ritirati nei loro feudi, privi di potenza e di denaro; ma I'affermazione, almeno per quanto concerne Ia nostra famiglia, non risponde al vero, se si tien conto della singolarissima posizione che si erano conquistati alla corte di Napoli per opera di Cristoforo; lo stesso papa, dirnentico dell'antiche inimicizie, si appoggiò ad essi per ottenere quanto desiderava dalla regina e se li tenne cari per poter meglio gravare la mano sugli Orsini, rivali e nemici ereditari della sua famiglia. Concesse perciò molteplici grazie ai Caetani suoi parenti: regolarizzò il matrimonio di Giacomo IV, legittimò i figli di Ruggero e di Cristoforo, promosse tregue con la famiglia Conti e facilitò vari acquisti ed affitti a favore di Giacomo II. Questi, quantunque vecchissimo e decrepito, sino all'estremo giorno della vita non tralasciò di amministrare lo stato e difendere i propri interessi. b) L'ultima notizia che abbiamo di lui è del 7 gennaio 1423 quando acquistò metà delle peschiere dette " Lo Paparesco ,, e u Le Canne u nel lago di Fogliano da Giovanni e Andreazzo Ponziani, della regione di S. Angelo in Pescheria, per il prezzo di 500 ducati. 2) Verso la fine del mese o ai primi di febbraio Giacomo moriva, probabilmente in Sermoneta; e fu tumulato nella cappella gentilizia della chiesa di San Pietro in Corte. In questo capitolo è stato riassunto quel poco che i documenti ufficiali e le cronache ci riferiscono sulla di lui vita, ma ciò non è sufficiente per formarci un concetto chiaro del suo animo e della sua persona. Sin dall'infanzia si dedicò al mestiere delle armi e durante i tumultuosi anni dello scisma menò vita randagia ed awenturosa; battagliero ed ostinato, si dimostrò tuttavia buon amministratore e previdente padre di famiglia, ma non fu pari per carattere ed ") Cf. Tavola

genealogica

a

pag. 23.

b) L'otto ott. 1420, su richiesta del papa, Giacomo affittava al cardinale Alamanni, del titolo di S. Eusebio, le sue case e i suoi palazzi in regione Ponti (Prg. 454, Uze); il 16 gen' 1422 rinnovaval'affitto di Conca 1C.llz); ilz,t feb. affittava alcuni

') Vll, p.

t2.

)

Pre. 880.

beni della

chim di S. Maria delle Grezie, fuori le mura di

Sermoneta, da lui fondata (Pant,, l, p, 419); ed il ZZ dic. comprava dai fratelli Frangipani di Terracina il diruto Catelvecchio

(ora " le Castella ")

Torrecchia, sulla via Appia.

presso

i tenimenti di

Cisterna e

di


Martino V

[nov. 1417 -lrnaru,14231

di

3l

I e al forte e prepotente

suo figlio secondogenito Cristoforo, dal quale rimase dominato dopo la morte del primogenito lacobello. Fiero del lustro che Cristoforo portava alla famiglia, lo predilesse e s'interessò piùr di lui che dei nipoti. In mezzo secolo di esperienza aveva veduto tanti re e pretendenti, tanti papi ed antipapi sorgere e cadere che, al pari degli altri baroni del tempo, attese agli interessi propri poco curandosi dell'autorità sovrana; così, ad esempio, non si preoccupò mai di pagare il censo annuo di uno sparviero per il vicariato della torre dell'Acquapuzza di cui la Chiesa era gelosissima e che gli era stato concesso come singolare favore perchè potesse meglio difendersi contro i sezzesi. Si trovò in istato di guerra continua con costoro; ancora due anni prima della sua morte, il popolo di Sezze, a mano armata, spiegando i vessilli del comune, era entrato nella contrada dell'Acquapuzza, portando seco picconi e badili per guastare gli argini del frumicello Falcone, per il quale defluivano le acque del Campo di Sermoneta. Quantunque piìr che ottuagenario ed incapace d'impugnare egli stesso un'arma, non mancò di organizzare la difesa, nè mai desistette dal fare quanto era necessario nell'interesse dei propri vassalli, ciò che piir di una volta Io portò in confitto con il rettore di Campagna e Marittima, come più ampiamente si dirà parlando delle interminabili liti con i sezzesi. Dopo la morte di Giacomo II, riuscì piir facile al papa regolare le differenze d'interesse esistenti tra i Colonna ed i Caetani. A Giacomo IV condonò le mancanze dell'avo per non aver pagato da dieci anni il censo dovuto per I'Acquapuzza e gli confermò il vicariato del fortilizio (3 mar. 1423),1) che era di tanta importanza per i Caetani, ma in compenso volle che essi cedessero Marino a' suoi fratelli Lorenzo e Giordano Colonna. 2) Onorato I era entrato in possesso di questo castello durante lo scisma, ereditandolo dallo zio Giordano Orsini. Lo tenne occupato con la forza delle armi e, per 17 anni, da questo propugnacolo alle porte di Roma, fu in grado di molestare continuamente Bonifacio IX e minacciare la stessa Alma Città. Alla sua morte, ayvenuta nel 1400, gli successe nel titolo di proprietà il fratello Giacomo, ma incerto ne deve esser stato il godimento perchè questo castello fu conquistato ed occupato ora dall'uno ora dall'altro esercito durante le ripetute spedizioni di re Ladislao ora a favore ora a danno di Roma. Inimicatisi i Caetani con il re, questi che allora teneva 3) ma è ragionevole supporre che, occupata Roma (1409), donò Marino ai Colonna di Palestrina; non appena dovette ritirarsi nel napoletano, i Caetani ne riprendessero possesso. Qualche anno dopo, forse anche prima della elezione di Martino V, i Colonnesi occuparono nuovamente il castello e largamente spesero del loro nel restaurare la rocca e gli edifizi della città rovinati dalla guerra. Tuttavia il titolo di proprietà rimaneva ai Caetani ed il papa, per legittimare I'occupazione da parte dei propri parenti, indusse Cristoforo a venderlo a Giordano e Lorenzo Colonna,fratellidellostesso Martino V, per la somma di 12000fiorini. Il 18 marzo 1423irl pontefice rati6cava I'acquisto con un breve diretto ai fratelli e nel quale, dopo avere accennato alle tumultuose vicende del passato, giustificava I'atto di compera ricordando /e spese e gti íncomodi che graoarono la Chíaa Romana,I'AIma Ctttà ed iI Popc'Io Romano per Ia oícínanza \Fosízione del detto castello quando per I'innanzi, nei turbolenti tempí di guerra aì qualí con hmarezza ripensiamo, fu tenuto in possesso daí ríbelli della Chiesa o dai nemici dello stesso Popolo Romano e quante grat)i ofese, perìcoli e persíno íatture non facilmente pîeúenibíIi potrebbero toccare aIIa cíttà ed aI popolo se íI c,astello sÍ possedesse da altrí che non fossero fedelt e deooti della Chíesa e del popolo. a) In considerazione di che il castello veniva afrdato alle mani della famiglia che, ghibellina per tradizione secolare, piùr di ogni altra aveva dato grattacapi alla Chiesa. elevatezza

mente al fratello Onorato

') Prc. 1538,

')

Qf. parte

l, pae.3O2.

3) Coppi,

p' 153.

a)

Arc. CoI., lY'42; Arc, Vat., Arm' Lln, T'" 0, f. 298.

Vendita

di

Marino.


REGNO Brighe

con Gaeta.

DI GIOVANNA II

Lib. V, Cap. XLL

Cristoforo Caetani si deve essere trattenuto ben poco in Roma, perchè I'uffrcio di protonotario e logoteta richiedeva l'assidua sua presenza nel napoletano, dove la regina Giovanna si trovava ancora in condizioni critiche. Napoli e Gaeta erano occupate da re Alfonso ed Aquila si difendeva disperatamente contro Braccio da Montone. Il 4 di gennaio del 1424 Sforza si moveva

in

soccorso

di

questa città, ma nel traversare

miseramente annegò.

il fiume Pescara, rimase travolto dalla corrente e

La regina, privata del suo più

capace e valoroso condottiero,

si

appoggiò

al fido Cristoforo Caetani. Pochi giorni dopo la morte dello Sforza giunse una flotta genovese di 22 galee sotto gli ordini di Guido Torelli, generale al servizio del duca Filippo Maria Visconti di Milano. Egli liberò la città di Gaeta e' a mio parere, è innegabile che a ciò cooperasse, per parte di terra, il nostro Cristoforo. Troviamo infatti che, non appena occupata Gaeta, egli s'impossessò di Maranola, di Castellonorato e della bastia del Garigliano, cioè degli stessi beni aviti per cui aveva avuto guerre e liti subito dopo la morte di re Ladislao. r) Il 25 gennaio la università di Gaeta deliberava di restituire dette terre e fortilizi a Cristoforo ed a' suoi nipotÍ Gacomo, Ruggero e Francesco. Tre giorni dopo Ia regina, contrariata forse da quest'atto arbitrale del suo protonotario, ordinò con parole perentorie alla città di consegnare ímmediatamente in mano dell'ammiraglio Torelli tutti i fortilizi che già furono del defunto conte Onorato Caetani e di mandargliene per espresso I'elenco completo. I Caetani dovettero piegarsi alla volontà sovrana e restituirono all'ammiraglio la bastia, ossia torre e traghetto del Garigliano, però condizionatamente in base a certi capitoli firmati con il Torelli ed il commissario regio Gualtiero Viola Caracciolo. L'ammiraglio tenne occupata la bastia sino alla metà di aprile, quando per ordine della regina fu restituita ai Caetani. Il 30 maggi o 1424 veniva legalizzato in forma solenne tale trasferimento per parte della 3) 2) ed il 14 giugno la regina dava l'assenso frrmando il diploma di suo pugno. Subito città dopo nacquero difficoltà con il duca di Sessa, al quale dispiaceva che i Caetani fossero padroni di questo importante punto strategico a) a cui aspirava egli stesso e per cui, 30 anni piìr tardi, Marino Marzano doveva mettere a rischio la vita e lo stato, ribellandosi contro re Ferdinando. Mentre si svolgevano queste controversie Cristoforo militava al servizio della regina, reprimendo gli abusi degli altri baroni e, il 25 maggio 1424, iceveva ordine di muovere contro Giovanni

al figlio di lui,

Francesco, ed

d'Acquaviva perchè riparasse i danni arrecati ai vassalli di Francesco Boccapianola. Nel mese di giugno giunse nel golfo di Napoli la flotta aragonese, forte di 28 navi, in aiuto dell'infante Pietro che era rimasto assediato in Castelnuovo; non riuscendo però ad approdare, prese a bordo I'infante e tentò lo sbarco a Gaeta. Accorse prontamente Cristoforo con tutte ó) le sue brigate impedendo al nemico di mettere piede a terra. La regina, ritornata in possesso di Gaeta, di Napoli e di molte altre terre invase dagli aragonesi, aveva voluto rinnovare lo sforzo per liberare Aquila, già da tredici mesi stretta con crudelissimo assedio da Braccio e dalle truppe aragonesi. L'esercito regio si mosse sotto la guida di Giacomo Caldora, che aveva con sè Francesco Sforza, mentre il papa inviava un esercito comandato da Ludovico Colonna, a cui si unirono altri famosi capitani. II 2 giugno 1424 si venne a battaglia; la sorte fu awersa a Braccio da Montone che, trafitto nella gola da un colpo di spada, poco dopo spirava. All'annunzio della morte del piìr grande nemico del papa fu fatta gîanne festa et lAifta in Roma de fochi et de ballare; et ogní Romano gioo colla torcia a caoallo ad accompagnaîe missore lordano Colonna, fratíello de papa Martíno.7\ ll cadavere, trasportato a Roma, fu gettato fuori le mura e sepolto in un luogo profano; con 5)

Assedio

di

Aquila

e

di

morte

Braccio.

1)

t) Cf. prr.2l. p. 25.

Inîcss.,

')

Pre.

1380.

t)

Capaso

G.,p.

ll3.

t)Pte.9l7ì,2625.

6) Ammlr',

tl, p.

19.

\

Albízzí'p' 130'


Guerra contro gli aragonesi

33

papa vendicarsi dell'insulto patito allorchè il grande condottiero minacciò che I'avrebbe ridotto a tanta povertà da dover celebrare dieci messe per un baiocco. Dopo la sconfitta dell'esercito braccesco e Ia partenza della flotta aragonese dal golfo di Napoli (ag.), il Regno tornò a relativa calma. Teatro principale di guerra diventò Ia Romagna, dove si svolgeva la lotta fra il duca Filippo Maria Visconti ed i fiorentini. Nel disfarsi degli eserciti, che avevano combattutto nel napoletano e negli Abruzzi, I'uno e gli altri cercarono di prendere a soldo i migliori condottieri e le piùr forti compagnie di ventura: Oddo Fortebraccio, figlio del defunto Braccio, e Nicolò Piccinino passarono ai servigi di Firenze. Non è dato precisare che parte i Caetani avessero preso negli ultimi fatti d'arme, ma pare che siano intervenuti alla battaglia d'Aquila ed abbiano contribuito alla difesa di Napoli, almeno se si vuol tener conto di quanto ricordava la regina nel diploma del 13 giugno, col quale donava a Cristoforo il casale di Sant'And rea ,, ultra serras Montoríi >,r) elogiando i gratí, grandi, utilí e fruttuosí seîoigi da luí prestati sopratutto nel tempo seÍeflo e burrascoso nonchè ora, in un período agítato daí flutti, in cui non ha rísparmiato nè perícolí della percona, nè afaú, nè laoarí, nè spue personali. Così pure troviamo' uno indizio nel fatto che il nipote Ruggero il 4 giugno nominava in Traetto un procuratore per non potere personalmente recarsi a Gaeta essendo occupato da afari píù ardui: affari che appunto debbono riferirsi ai bisogni di questa guerra. 2) Nel mese seguente Cristoforo si recò nel Lazio, forse per attendere ai propri negozi e per spianare con le armi, se necessario, le vertenze con i suoi parenti i Conti ; forse anche doveva prestare servizio militare al papa. In Ninfa era accampato allora Enrico Tacca con 200 cavalli (lS-2ó lug.) e, il 29 del mese, Cristoforo con una bella compagnia di gente d'arme venne a Gallicano, presso Palestrina, ove si trovava il papa; ma tanta era Ia folla dei convenuti che egli e la sua truppa dovettero accamparsi a ciel sereno. Rinaldo degli Albizzi, amba. sciatore fiorentino ivi presente, scrivendo ai Deci accenna a lui scherzosamente con Ie parole: ... conoengono stare all'aria; che una di queste cat)eme glt parrebbe I'albergo della Corona (di Firenze). Cristoforo s'informò presso I'ambasciatore teneramenfe della guerra in Romagna, affermando che, se non avesse creduto dispiacere al Santo Padre ed aIIa sua donna, per certo sarebbe andato ai servigi di Firenze con 1500 cavalli in buon arnese, che facilmente avrebbe potuto allora trarre dal Regno i protestò di essere guelfo e reputarsi fiorentino, e che sarebbe 3) oenuto e con denarí e senza denari, tanto era affezionato alla impresa ed alla città di Firenze. Il 3l del mese partiva da Gallicano. Le parole affettuose pronunziate dal conte fecero sperare ai Dieci di poterlo avere ai propri servizi e, temendo forse che il duca di Milano venisse nella decisione di assoldarlo, davano istruzioni ai loro ambasciatori (8 set.) di tastare prudentemente il terreno per mezzo di persona idonea. Le trattative non furono però awiate sino alla metà di novembre, quando Cristoforo venne in Roma per aderire all'invito del papa che voleva mettere pace tra lui e Avernin (?) Conti. Allora un grande, díco grandíssimo Maestro Íece sapere in segreto a Rinaldo degli Albizzi che Cristoforo era stato richiesto dal duca Visconti con grandissímí oantaggí,'ma I'anonimo alto personaggio di corte I'aveva dissuaso consigliandogli invece di passare ai servizi di Firenze. Il papa era favorevole e avrebbe acconsentito a che sotto il comando del conte o del nipote di lui (Ruggero ?) si riunissero vari condottieri che allora militavano per la Chiesa (19 nov.). a) Le trattative durarono un anno, ma Cristoforo non prese nè I'una nè I'altra condotta: nell'agosto del 1425 coreva voce che egli fosse stato fatto gover-

ciò volle

t) Arc. Donut. l

il

Col.,

-2,

5.

XXXV-|5'

)

Ioi, LVI-100.

s) Albízzì,

p. 126.

a)

Ioi, p. 703,

Trattative

per condotte,


REGNO

DI CIOVANNA II

Lib. V, Cap. XLl.

natore del Regno con condotta di mille lance. r) Non è improbabile però che i nipoti Giacomo e Rlggero militassero per Firenze, perchè nel mese di settembre I'ambasciatore scriveva ai Deci che i due giovani si erano offerti a lui, avendo rifiutato di passare al soldo del duca di Milano. 2) **rF

Dvirione In mezzo a tanti e così tumultuosi awenimenti, in seguito alla morte del vecchio Giacomo II, 'i Caetani non avevano creduto bene, o non avevano potuto venire ad una divisione dello

ereditaria'

stato. Non ostante la cessione di Fondi e di altri feudi nel napoletano latta inter ttíoos a favore di Cristoforo, troviamo che questi continuò a disporre di tutto il patrimonio come capo della famiglia e come principale condomino dello stato e, soltanto dopo il 1425, si comincia a notare una certa indipendenza tra i vari eredi. Il 26 gennaio del 1426 Ruggero rinunziava a favore del fratello Giacomo IV ogni diritto ed azione su Sermoneta, Bassiano, San Felice, Ninfa, Norma e San Donato.' Egli si era stabilito in Terra di Lavoro, abitava in Traetto in un palazzo con giardino presso la porta maggiore della città ed in quelle parti visse sino a che

morl, come a suo tempo diremo. Cristoforo d'altra parte non volle per molto tempo rinunziare ai propri diritti sui beni nella Marittima, come chiaramente risulta da una donazione fittizia eseguita nel 1431, di cui si dirà nel capitolo seguente; ma frnalmente il l0 aprile dell'anno successivo, in seguito al fidanzamento di Onorato, figliolo infante di Gacomo lV, rinunziò al nipote ogni suo diritto sulle terre di Marittima. o Cosi venne a compiersi Ia divisione del grande dominio avito, divisione ideata e voluta dal vecchio Gacomo, ma che per I'amore del potere e per la cupidigia di ricchezze ingenita all'animo umano diventò causa di lunghi e crudeli odi di famiglia. Tiberia. Ometto di riferire guanto ci dicono i numerosi documenti relativi agli affari di amministrazione ed ai processi di cui si occupò Giacomo in questi anni, per non addentrarmi troppo in questioni che- non possono interessare il lettore e che hanno limitata importanza per quanto riguarda la storia del Lazio. Oramai, all'epoca in cui si arriva con guesto racconto, il numero di pergamene e cartacei conservati nel nostro archivio va aumentando anno Per anno' sicchè per forza maggiore mi trovo costretto a ripetere la formula di un cronista di quel tempo : " Multum est suìbendum quod demícto ín calamo, etcetera ". Ricorderò soltanto che Giacomo pose fine alla lunga ed incresciosa vertenza sul castello di Tiberia, che era stato dato ai Conti in soddisfazione della dote di Francesca, acquistandolo da AIto, da Berarda de Rillis (detta anche Rilla) sua moglie, dal padre Aldobrandino, dai fratelli Sagace e Grato e dal cardinale Lueio. ") Anche in quell'epoca tanto remota ben poco rimaneva dell'antico castello di Tiberia, detto anche Tivera o Castel Tiberio, sorto, al dire del Theuli, sulla villa dell'imperatore Tiberio. 5) Ivi riposavano un tempo le reliquie di S. Ponziano che fu papa al principio del III secolo; esse vennero poi trasportate a Velletri e la borgata fu rasa al suolo, alcuni dicono dai coresi, ó) altri dai saraceni. Il Pantanelli afierma che fu distrutta dalle milizie di re Manfredi. Nel i) al principio del quattro' 1383 esisteva ancora in Tiberia una torre in assai cattive condizioni; cento è detta castello, aI praente diruto, oooerosía casale o tenuta. Ai giorni nostri non rimane che un solo rudero presso I'antica Via Romana. Il nome che, a dispetto dei tempi e della trascuranza umana, si è radicato al suolo, rimane ora a designare una riserva della tenuta detta la u Buffolareccia u presso Gsterna di Roma. Vicino ad essa miseramente

.) tl

compromesso fu redarto

perfezionato

t)

il 9 p.354.

I,

19

nov.

di Giovanni .Paolo Capizucchi fu riguard. Tiberia vedi C'ttl. Cinzio )P$. 2871t C-532. \ Prc. 2365.

1428 c l'acquirto

(C-51I

; Prg.

23E6);

per

doc'

marzo 1430 permanodel procuratore

Albtzzí,

6) Cf, parte

il

pae. 45, nota

b.

9 lor, p. 401. r) prg.

1381.

t) Cl. Mot, LXXXIX, p.

84.


Tiberia e San Felice

Ir423 - 1433I

35

liti

i

del tempo: ad oriente il sono altre due tenute cui nomi sono ricordati spesso nelle dette anche u Castel Vecchio )> ; a setCastellone ,r, da non confondersi con << Le Castella

"

"

tentrione la tenuta della Torrecchia. Giacomo IV aveva inoltre grande interesse ad assicurarsi il possesso di tutto il territorio che da Sermoneta, Ninfa e Tiberia si stende sino al mare; e a tal fine molto si adoperò a comprare I' intera terra di Cisterna che apparteneva a vari proprietari; ma era così complesso il condominio che I'acquisto di questo castello non si maturò che verso la fine del secolo XV. Volendo arrotondare e consolidare il dominio della Casa nella Marittima, si occupò altresì del feudo di San Felice che, per essere sul confine del Regno e dello stato pontifrcio, aveva speciale importanza. Per Ie guerre passate, era stato lasciato in abbandono; ne aveya approfittato Terracina a danno dei Caetani, ma non appena questi, dopo Ia morte di Ladislao, ebbero ricuperato lo stato e la primiera loro potenza, seppero farsi ragione con le armi. A tal punto oppressero la città, loro antica tradizionale nemica, che, a quanto riferisce il Contatori, gli abitanti nel 1416 si rivolsero a Giovanna II, perchè li liberasse da tante angustie, e la regina aveva ordinato una tregua che durasse sino al l0 di ottobre. Dopo di ciò i Caetani mossero lite all'università di Terracina per il giuspatronato della chiesa di S. Maria della Suresca sul lago di Paola, e di questa lunghissima causa esistono numerosi documenti per tutto il periodo che va dal 1430 al 1433. Morto Giacomo ll (1423), Ia famiglia si occu$ di ripopolare il castello di San Felice, ormai quasi diruto e, per indurre gli antichi abitanti a farvi ritorno, donò case e terre a vari di essi.r) Troviamo la dichiarazione esplicita di tale intendimento in una carta del 3l luglio l43l da cui risulta che Giacomo IV, essendosi recato ad abitare a San Felice, donava ad Antonazzo di Colapietro una piccola tenuta con un casale, in riconoscenza dei servigi fedelmente prestati dal padre di lui durante il lungo esilio sofierto ai tempi del serenissimo re Ladislao. E nella donazione Giacomo dichiara di essere mosso dal desiderio d'ingrandire il castello con nuovi edifrzi, coffirtando, animando ed aíutando gIí abítantí, suoi dilettí fedelí, perchè dillgentemente e oirilmenle si dedíchíno aIIa rícostruzíone ili San Felice onde poterla metlere in condizíone di meglio díf,endersi contro Ie naoí nemiche (hostiles remigantes). Vedremo che le sue preoccupazioni erano purtroppo giustificate, perchè, passati dieci anni appena dal giorno che fu ricostruito e ripopolato, I'ameno paese fu espugnato e distrutto dalla flotta aragonese. Giacomo lV ebbe due mogli: la prima fu Giovannella Orsini, che egli aveva sposato senza aver preventivamente ottenuto la dispensa matrimoniale prescritta per i vincoli di consanguineità esistente fra di loro. Ma, come si è detto, tale violazione delle leggi canoniche fu condonata e la figliola lacobella venne legalmente riconosciuta. Ella morì in età infantile; sopravvissero due altri figli, Onorato e Beatrice, della cui agitata ed opèrosa vita molto si parlerà nei capitoli seguenti. In seconde nozze, verso il 1429, Giacomo sposò Angela Orsini, 2) figlia di Giacomo conte di Tagliacozzo, la quale però non gli generò frgli. Nel 1433, poco piìr che quarantenne, morì 3) non saprei dire se in letto o con la conzza in dosso, e fu sepolto in S. Pietro in Corte di Sermoneta presso I'avo e I'amata prima consorte. Ma i monumenti sepolcrali di questa chiesa, che contenevano le ossa dei nostri antenati, nell'anno 1500 furono profanati t) C-736; Pw. 571.

e

dispersi dalla furia edifrcatrice

2) Prg. 1030.

)

c-340.

di

Alessandro

VI.

San Felice

al Circeo.


CRprrolo XLll.

PONTIFICATO DI EUGENIO IV. (t43t-1436)

L giorno 19 cade Ia íotta a

fu de luneît, et lo maileù seguente maîse su nell'alba dello dì, et fu a ù 20 di febbraío (1431), et tutta Roma ne fu addolorata della sua moile.z) E buona ragione ebbero i romani a dolersi perchè il pontificato

Nepotiomo

e

papo. Martino nella lengua, et

di Martino, che pose fine al lunghissimo e nefasto scisma, rappresentò un'era di pace, che agli abitanti delle provincie romane era sembrata

morte

di Martino V.

poc'anzi una impossibilità, e condusse Roma dalla barbarie ad un risveglio sociale, economico e intellettuale . che segna il principio del meraviglioso Rinascimento italiano. Non senza motivo sul magnifico sarcofago del TEMPORUM SUORUM FELICITAS. pontefrce gli venne inciso I'elogio ebbe anche suoi difetti: come disse un suo cronista, /u Martino

:

i

V

suo palazzo ptesso í SS. Apostoli ... ammassò un grande tesoro per í nípoti e díede loro molti castellí della Chìesa nelle ùicinanze di Roma.ll suo nepotismo non ebbe limite. Il fratello Lorenzo, conte d'Albi, verso il principio del secolo, sposò Iniziale d'un decreto Sveva Caetani, figlia di Giacobello III di Sermoneta, e da essa ebbe della regina lgabella' ') sei figli: il primogenito Antonio fu principe di Salerno ; Odoardo fu duca di Marsi e conte di Celano; e Prospero, ancora adolescente, nel 1426, Íu creato cardinale di S. Giorgio in Velabro: era tanto giovane ehe il papa, preso da pudore politico, per quattro anni stimò opportuno di non pubblicar Ia nomina. Su di essi il poni"fi"" ,in"rrò ricchezze ed onori e, dopo la sua morte, rimase nelle loro mani il tesoro pontificio aoaríssimo

I Colonna detengono

il

tesoro.

e míseramente

ursse

nel

che si custodiva nel palazzo Colonna presso i SS. Apostoli' Il successore di Martino fu Eugenio IV, uomo di natura imperiosa ed irascibile. Tentò subito di restringere la potenza e la prepotenza dei Colonnesi smisuratamente accresciutesi durante il pontificato d"i loro iur"nt", " I'o"*rione gli fu data'dallo stesso principe Antonio, il quale ,i iifiutt, di consegnargli il tesoro. I Colonnesi furono severamente minacciati dal papa ed il conflitto non poteva tardare. Antonio adunò in segreto la sua gente d'arme e da Marino mosse contro Roma n"llu ,p.runza di provocare un colpo di stato. Ad esso si unirono Corrado d'Antiochia, Cola e

r) Prg. 1955 dell'anro

1436.

z) Inlese,' p, 26'


[eb.

1431 -

feb. 1433]

Conflitto fra Eugenio lV e i Colonna

di Montefortino nonchè gli zii Ruggero e Francesco Caetani e Giacomo di Antonio Caetani, signore di Filettino. La notte del 23 aprile i baroni s'impadronirono di sorpresa della porta Appia, che era tenuta da Antonio Battista degli Albertoni, e da lì penetrarono in Roma, ove Antonio Colonna si asserragliò nel suo palazzo e per piìr giorni si combattè dalle parti di S. Marco e di Piazza Francesco Savelli, Alessandro

Colonna. Grande fu il panico, ed Eugenio ed i cardinali stimarono prudente fuggire da Roma; grande fu il danno arrecato alla cittadinanza. Ma alla fin de' conti Colonnesi ed loro confederati ebbero la peggio e si dovettero ritirare con non lievi perdite; per rappresaglia furono

i

i

i

palazzi di Stefano e del cardinale Prospero. Ai 18 di maggio i Caetani, per nonparlare degli altri complici, quali uomíni abomíneooli furono dichiarati ribelli, rei di lesa maestà, sacrileghi e così via, e non solo le loro proprietà furono confiscate, ma fu anche tolto loro il diritto di testare e di ereditare da altri. La pesante mano della giustizia non ricadde sopra Giacomo IV che era rimasto fedele al pontefice, ed è probabile che questi avesse in animo di conferire a lui ogni diritto su Sermoneta, Ninfa e le messi

a

sacco

altre terre della Marittima. Ugualmente agì la regina Govanna dando ordine a Ruggero e Francesco, suoi 'vassalli, di staccarsi subito dal principe di Salerno. Ma costoro non si curarono menomamenfe degli ordini ricevuti e la regina ne rimase mercoigliata e dolente; perciò tornò alla carica il I giugno l43l in l) termini perentori e minacciosi senza tuttavia venire ad alcuna effettiva condanna. È probabile che Cristoforo, conte di Fondi e zio dei colpevoli, avesse preso le parti dei Colonnesi o almeno favoreggiato i propri nipoti: quindi, allorchè vide lo sdegno del pontefice e della regina, ebbe timore che Io si dichiarasse decaduto da ogni diritto sui feudi nella Marittima. Per tale motivo, e forse anche per le considerazioni di ordine generale, di cui si è detto prima, il 13 giugno fece preparare un atto di donazione fittizia con il quale cedeva apparentemente ogni diritto sui feudi anzidetti al nipote Giacomo lV. Nell'istromento leggiamo: * considerato che, come è da temersi, un giorno potrebbe sorgere matería scandalosa tra la regina ed il papa Eugenio IV, per cui il conte di Fondi potrebbe rimanere privato, di diritto o di fatto, della sua comproprietà su Sermoneta, Bassiano, San Felice, Ninfa e San Donato, egli addiviene ad una donazione símulata e fittizia di ogni suo diritto su questi castelli a favore del nipote Giacomo affinchè costui, quale vassallo della Chiesa, possa difenderli e tutelarli, allegando spettargli in vigore di detta donazione ".2) Intanto Eugenio, dopo aver cercato invano di sottomettere i Colonna, ") ssrih. cui anche la regina Giovanna aveva mandato delle truppe sotto la guida del suo condottiero Giacomo Caldora, malato di corpo e scoraggiato d'animo, accettò di venire a patti e, in data 12 settembre e I ottobre del 1431, perdonò al principe di Salerno ed a molti dei seguaci, compreso Giacomo Caetani di Filettino, ma non volle includere nell'indulto né Ruggero né Francesco Caetani che si mantenevano ribelli. 3) Però dopo un anno e mezzo (5 feb. 1433) anche questi ribelli a) Erano tempi in cui si condannava e si perdochiesero perdono e vennero ripresi in grazia. nava con singolare facilità, perchè i sovrani mal potevano fare a meno dell'amicizia dei propri vassalli, Ia cui inimicizia si riduceva a tutt'altro che ad uno stato d'animo platonico. La regina

IV militarono, an. l43l!

a) Per Eugenio

Mandati Camerali,

come capitaui

di

cavalli e fanti, Bonifacio

e Benedetto'Onorato Caetani Palatini (lrc. S!.

Roma,

.t

1)C-52ltC-525, @piraut. dalrcg. n. 1423 diG"v. I,f.261. t) Atc. Vat,, Rez, 372, f. CCLXVI. e CLXll.

') Atc. CoI.,XX-79,

8)Arc,Val., Rce.37l' fi.CLV|

I

Caetani

dichiarati

ribelli.

Donazione

fittizia.


PONTIFICA'fO DI EUGENIO IV

Divisione

dello stato

dei Caetani.

Matrimoni Caetani-Orsini.

Ub. V, Cap. XLll

probabilmente fece altrettanto, seppure ebbe bisogno di perdonare, per non aver mai dato esecuzione alle minacciate condanne. Trascorsi nove mesi appena da quando fu frrmato I'atto di donazione fittizia sopra ricor-

dato, Cristoforo faceva redigere in Fondi, il l0 aprile l'432, un secondo atto di donazione per cui liberamente e senza riserva alcuna cedeva al nipote Giacomo IV tutti i diritti su Sermoneta e le altre castella dello stato pontificio, ed all'istromento apponeva la propria frrma. l) Ricorderò 2) Si rimane perplessi che altrettanto ,aveva già fatto il fratello Ruggero il 15 gennaio 1426. nel giudicare se I'istromento sia Ia continuazione ed apparente esecuzione della donazione fittizia, oppure se si tratti di una reale cessione fatta in buona fede. Vari argomenti militano a favore della seconda ipotesi e principalmente il fatto che Cristoforo, quantunque secondogenito e mentre ancora viveva il padre, aveva ricevuto in dono tutti i feudi del napoletano: quindi I'equità voleva che questi cedesse incontestatamente ogni suo diritto su quelli della Marittima a Giacomo, che nell'atto stesso è riconosciuto capo della Casa (prÍm ogenito ínglite (sic) domus eorum). Aggiungasi la circostanza che in quei giorni appunto eransi conclusi gli sponsali tra Onorato, primogenito di Giacomo, e Caterina Orsini, entrambi infanti: era naturale che in tale occasione, forse dietro richiesta degli stessi Orsini, si volesse definire lo stato patrimoniale del futuro signore di Sermoneta e che si addivenisse ad una effettiva division: dei feudi tra i due rami della famiglia Caetani. Seppure tale grave quistione fu regolata allora, vi deve esser stato qualche difetto nella forma degli atti, perchè dopo non molti anni essa diventò argomento di gravi e durature inimicizie tra i Caetani di Fondi e quelli di Sermoneta. Erasi dunque deciso di creare un nuovo vincolo di parentela che rinsaldasse quelli numerosi ed antichissimi già esistenti tra i Caetani e gli Orsini. Varie differenze d'interesse pendevano tra i primi e Ia famiglia Conti e, il 2 marzo 1432, da parte dei fratelli Giacomo, Ruggero e Francesco e del loro zio Cristoforo fu deciso di affidare la soluzione di esse all'arbitrio del cardinale Giordano Orsini, vescovo di Sabina, e di Ugo di Lusignano, vescovo di Palestrina e cardinale u di Cipro rr.") Col medesimo atto di procura fu incaricato il notaio Giovanni " LoctÍni " dí Sermoneta di trattare definitivamente anche il matrimonio del piccolo Onorato con Caterina, Conn"rruno, e I'altro di Sveva, figlia naturale figliola di Francesco Orsini, conte di Gravina " 3) di Ruggero Caetani, con lacobello frglio illegittimo dello stesso conte Francesco. Angela Orsini, seconda moglie di Giacomo IV Caetani e figlia di Giacomo conte di Tagliacozzo, ebbe larga parte nello stringere i nuovi legami di parentela; i capitoli matrimoniali vennero conclusi il l0 marzo in casa ed in presenza del cardinale Gordano Orsini. In base ad essi Caterina portava in dote 6000 frorini e fu convenuto che il matrimonio avrebbe avuto luogo quando gli sposi, uu"uuno entrambi circa ll anni, sarebbero statí di età perfetta a cQntrarre íI matrímonío.a) "h" Lo stesso cardinale Giordano, il 19 luglio, si pronunziò su quanto riguardava la vertenza, a lui rimessa in arbitraggio, tra i Caetani ed Aldobrandino, Sagace, Alto, Grato ed il cardinale 5) Lucido Conti per la tenuta di Torrecchia. Giacomo e Ruggero furono dichiarati colpevoli di essere stati primi a violare le convenzioni stipulate (per cui erano passibili di una pena di 50000 ducati), quindi Giacomo fu condannato a restituire Torrecchia a seanso ili spese e danni maggíotí.6) " Il 28 del mese i Conti approvavano il lodo, come risulta dalla loro dichiarazione, che si b) conserva in originale nel nostro archivio, munita dei sigilli di eera rossa e delle firme autografe. ") Ugo di vanni

Lusignano, figtio di Giacomo

I

e fratelto di Gio-

b) (C-533; Ptg. a22). La quistione di Torrecchia fu li'

\

C-532:

Pts.235l.

quidata 6nalmente nel 1454-t455 con l'acquisto che ne fece Onorato

Il re di Cipro.

\

Pte.

2365'

3)

P4'

526'

rato

il

a) prg.

lll; il atd.

Scarampo facilitò le cose prestando ad Ono-

denaro occorrente (C-924

t030.

5) Cl. pag.

e

928),

24. \ C-52t. l.


lapr.

Affari familiari

1432 - eet. 14341

Mentre si svolgevano questi negozi, si spegneva in Monteroduni Rogasia (detta anche Morte.di Roasa) d'Eboli, madre dei detti fratelli Caetani e cognata di Cristoforo. Dopo la morte del ilT:ì:. marito Giacomo III, quantunque ritiratasi nelle terre di Macchia, Monteroduni e Montaquila, ereditate dal padre Pietro, Rogasia con la sua autorità deve avere mantenuto la concordia tra i membri della famiglia: concordia che doveva però presto e tragicamente finire con la morte di lei. Nell'anno di nostro Signore 1432, alla prima ora di notte del 25 luglio, ella, giacente malata nella prima camera della rocca presso la città di Monteroduni, dettò il suo ultimo testamentó, secondo il costume franco. La stanza era illuminala da grandí luminari accesi. Dispose delle cose proprie in favore dei figli Giacorno, Ruggero, Francesco e Sveva, contessa d'Albi, e della nipote Gasparra (d'Eboli ?) ; volle che le sue maledizioni materne cadessero sul capo di chi fra gli eredi avesse contrariato le ultime sue volontà. Dichiarò di voler essere sepolta nella stessa tomba nella quale giaceva il corpo delI'amato figliolo Ludovico, nella chiesa di S. Francesco di Traetto, ove già tanti della famiglia erano stati tumulati. Fece vari legati e si ricordò di Caterina di Traetto, sua damigella, e di altri fedeli familiari; alla schiava Margherita lasciò cinque once ; ordinò che Ie schiave Marta e Lucia fossero liberate alla sua morte, ma che, se rimaneva in vita, fossero tenute ancora in servitìr. Se dopo ciò Rogasia chiudesse subito gli occhi o se felicemente continuasse a vivere l) per qualche tempo, i documenti non ce lo dicono.

** Nel 1433 moriva anche Giacomo IV e, quel che è peggio, moriva probabilmente intestato. ") Rimasero quindi orfani e perfettamente privi di protezione i frglioli di lui, Onorato e Beatrice, fanciulli di tenera età; della matrigna Angela Orsini non sentiamo piìr parlare, e suppongo che se ne tornò in famiglia trovandosi s'enza prole. Dei piccoli signori di Sermoneta e di così ricco stato si occuparono gli zii Ruggero e Francesco ed il prozio Cristoforo di Fondi; la situazione degli orfani era piena di pericoli perchè tanto Francesco quanto Cristoforo bramavano d'impadronirsi del loro vistoso patrimonio. Forse per questo sospetto la tutela fu affidata, in un primo tempo, a Ruggero. Giacomo, Questi, che da qualche anno aveva vissuto completamente separato dal fratello essendosi persino divise le proprietà, assunse il governo dello stato e la educazione dei fanciulli, e credo che a tal fine risiedesse in Sermoneta. Troviamo infatti che ivi, il 2l settembre 1434, confermava certi benefizi già concessi dal fratello Giacomo alla chiesa capitolare di S. Maria, assumendo impegni a nome suo e de' suoi eredi e successori, senza però far menzione dei pupilli e firmandosi Roger ius Gagtanus comes. La pergamena relativa fu ricuperata dal dotto Pantanelli nel secolo XVIII da un sagrestano di S. Maria, che se ne serviva come custodia della licenza per l'archíbugío.2, A quanti pericoli ed a quanta rovina furono purtroppo sempre esposte le preziose gotiche pergamenel a) il

Tale fatto

ci è

rivelato

in

modo assai curioso: verso

lll ebbe lite con lo zio Francesco a causa delle una minuta di compana vennero scritte lc seguenti parole: dr'clus quondam Jacobus morluus fuíl de anno domini MCCCCXXXL! et mense (lacuna) nullo pet eum condílo lesla' t447 Onorato

eredità, ed

in

1) Prs.

2877.

2) Poat., l, p. 4?7.

menlo efc, Ma il legale, accortosi che con tale dichiarazione dava argomenti favorevoli all'awersario, scancellà l'intero para' grafo e sctituì le parole: Jacobus ... Ieslamenlo adílo ln quo Onotalum et Beaticem hetedes suos ín sua heredítale casba etc, ... relíquerar. (C-333. XXXI).

Tutela

di

Ruggero.


PONTIFICATO DI EUGENIO IV

Lib. V,

Cap.

XLll.

Lo

trattenevano pure in Sermoneta Ie guerre che questa comunità aveva con Sezze per la interminabile questione dei confrni; nel corso di esse vennero fatti vari prigionieri di cui uno, Giacomo Tutii Fede, che stava nel carcere Fossae Mi.Iis, ottenne (4 ott. 1434) di poter della torre maggiore, che suppongb fosse il maschio della rocca, promettendo di dímoraroí gíomo e notte senza macchínazione alcuna e senza tentare dí îompere costume ínoeterato deí prígioníerÍ, sino a che fosse stato pagato il e oíolare Ie porte secondo suo riscatto ; e tale grazia gli fu concessa dall'ecc ellente sígnore domíno Ruggero Caetaní gran

essere trasferito

nel " fundum

"

íI

camerarío del regno Uccisione

di

Ruggero.

Il

governo

subitamente

di

di Stctlia.l) Ruggero che, per quanto possiamo sapere,

fu buono ed onesto,

venne però

a cessare.

Era in quel tempo divampata nuovamente la guerra nel napoletano tra gli aragonesi e gli angioini per la successione al trono di Giovanna II. I Caetani di Fondi parteggiavano per i primi e così fece pure Ruggero sin dopo la battaglia di Ponza (5 ug. 1435) quando, per motivi a noi ignoti, forse politici, forse d'indole familiare od economica, Ruggero fu trucidato, o per mano o per mandato, non è certo se dello zio Cristoforo o del cugino Onorato Gaetani. Il solo accenno positivo a tale orrendo delitto ci è dato da poche parole di una pergamena dell'archivio Colonna; 2) da alcune altre indicazioni appare che fosse compiuto nel gennaio o febbraio del 1436. Così Onorato e Beatrice vennero di nuovo a trovarsi esposti alle cupidigie ed insidie del mondo, affidati soltanto alla fedeltà ed all'affetto dei Sermonetani che, anche in questa occasione, si dimostrarono memori dei benefrzi ricevuti dal padre e dai predecessori dei due piccoli orfani. Essi, credendo di far bene, si rivolsero quindi all'altro zio, Francesco Caetani di Maenza, e gli chiesero di assumere la tutela dello stato, non sognando menomamente che si mettevano in seno una vipera che avrebbe Ioro awelenato il sangue e causato malanni, i quali avrebbero durato per oltre cento anni. Ma di ciò parleremo più tardi. Oramai, con la divisione dello stato tra i Caetani di Sermoneta ed i Gaetani di Fondi, anche le vicende dei due rami della famiglia si svolgono in due .campi differenti e diventano quasi indipendenti Ie une dalle altre: dovranno perciò essere narrate separatamente. Rivolgiamo quindi per un poco la nostra attenziole a guanto stava succedendo nel regno di Napoli. t) c-551.

,) l-62,

àcl

l3

as. 1444'


Caprrolo XLIII.

I G AETANI Dtr FOI{DI E LA CONQUISTA ARAGONESE. (1435-t452)

ora a parlare del ramo secondogenito della farniglia, che si stabiiì definitivamente nel regno napoletano e che, daiia metà del secolo XV, è noto nella storia sotto il cognome di Gaetani d'Aragona; u) essi portarono i titoli di conti di Fondi, di Morcone, di Traetto e di Trivento, di principi di Aitamura, di Alife e di Piedimonte, di duchi di Traetto e di Laurenzana' e furono signori di Vallecorsa, Monticelli, S. Lorenzo, Caivano, Spigno, Scauri, Sujo, Castelforte, Torre di Garigliano, Torre di Francolise, Crispano, Mugnano, Puglianello, Cusano, Itri, Sperlonga, Lenolan Pastena, Castellonorato, Alife, Dragoni, Piedimonte, Le Fratte, Castelnuovo, S. Marco dei Cavoti, S. Giorgio di Molara, Coffiano, S. Angelo, Raviscanina, Pietraroja e di altre terre, che per brevità ometto. Cristoforo Caetani. Capostipite di questo ramo fu Cristoforo, del quale si è già Monumento Sepolcrale in S. Pietro di Fondi. tanto parlato nei capitoli precedenti. A lui, quantunque secondogenito, il padre e la rnadre conferirono i feudi nel napoletano e con ciò si effettuarono Ia definitiva scissione dellc u stato >> dei Caetani e la divisione della famiglia nei due rami principali di Sermoneta e di Fondi, che non tardarono ad inirnicarsi ed a farsi guerra, perchè il primo giustamente pretese che la scissione era stata eseguita contro ogni norrna del diritto ereditario e a danno del ramo primogenito, a cui spettavano la contea di Fondi e le altre castella, retaggio di Giovanna dell'Aquila. Cristoforo, già prode condottiero di re Ladislao, fu uno dei piir fattivi e fedeli partigiani ENIAMO

della regina Govanna II che, nel 1420, lo nominò gran protonotario e logoteta c{el Regno a oitn; q*rto, che era uno dei sette grandi uffici della Corona, venne poi concesso' da padre in figlio, quasi come carica ereditaria, finchè il regno napoletano, caduto sotto il dominio di b) Spagna, cessò di esistere al principio del secolo XVI' a) Come fu detto

a pag. 6 delta I parte, in questa opera ho o, osia con la G ini-

designato sempre col cognome < Gaetani

ziale, i 6gli e discendenti di Gistoforo Caetani. b) L'ufficio di protonotario, al dire di Pietro Giannone consisteva nell'asst'slere contínuamente

ap'

ilel re, iceoere Ie precí ed í memoialí

che

(Libr. XI, cap. Vl), presso

Ia

persona

Domus,

l-2,

6'

sí portaoano a quello, sentíre nell'udÎenze colorc che aoeoano al rc /rcorn, e fame aI medesímo rcIazíone' Peir Ie sue manì passaoano |uttí í díplomí e ila Iuí s'ístromentaoano. Tutle Ie nuooe coslítuzíoní, gIí edíttí e le prammatíche, che íl rc sta' bíIíoa, erano ilal protonotarío dettate e frmafe' Ma coll'andare del tempo l'ufÉcio diventò, più che altro, onorifico.


I

42

GAETANI DI FONDI E LA CONQUISTA ARAGONESE

Lib. V, Cap. Xllll.

Il

conte di Fondi ed i suoi rimasero fedeli alla regina sino alla morte di lei, awenuta nel 1435, quando abbracciarono la causa degli Aragonesi, presso i quali salirono in grande favore ed acquistarono straordinaria potenza e grandissime ricchezze. Cristoforo, verso la fine del secolo XlV, aveva sposato la magnifica Isabella de Pizzutis; di essa sappiamo pochissimo salvo che morì verso il l43l senza prole e che Ie terre di Busso, Baranello e Longano nel contado di Molise, che aveva portato in dote, vennero dalla regina concess€ al nnarito con decreto del 6 giugno l43l..t) Figliolanza Erano tempi in cui, assai piìr che ai giorni d'oggi, i signori si preoccupavano di avere una illegittima' numerosa figliolanza che assicurasse Ia continuazione della stirpe e, quando Iddio negava loro quella legittima, non avevano difficoltà di procurarsene un'altra extra-coniugale. Così Cristoforo prese per amante una ragazza napoletana, tale Giovannella del Forno, detta .. Bannella ", dalla quale ebbe dieci figli di cui Onorato, che tanto poi si distinse, fu il primogenito; il secondogenito fu Ciacomo che, dopo la morte del padre, prese per qualche anno il titolo di conte di Morcone; Giordano fu arcivescovo di Capua e patriarca di Antiochia. ") Ricco di tanta figliolanza Cristoforo, dopo qualche anno, ebbe senza dubbio paura che, non solo Ia propria prole rimanesse inabile a succedergli nel vasto patrimonio, ma anche che i signori di Sermoneta, suoi nipoti, potessero un giorno, con buona ragione, pretendere la eredità della contea di Fondi e delle altre terre. Per ciò nel 1425 rivolse preghiera alla regina di abilitare i figli alla legale successione nei feudi del Regno ed in tutto il patrimonio, e nel mese di luglio 2) ebbe il consenso sovrano. AIIo stesso tempo presentò simile supplica a Martino V il quale, con bolla del I ottobre, li abilitò a qualsiasi successione adducendo che í/ oizío della natura ben poco menoma coloro che, pur nati illegíttimamente, sono ornati dall'onestà de' costumi, perchè íI decoro delle obtù laoa la macchía della nascita.b) Non pertanto rimaneva sempre la macchia d'origine che neanche il pontefice poteva togliere finchè Cristoforo non avesse sposato Bannella. Finalmente Ia moglie legittima Isabella de Pizzutis se ne andò al Creatore e, pochi anni dopo, Cristoforo sposò Ia madre de' suoi figlioli. il matrimonio fu compiuto in piena regola, ma senza grande pompa, nel palazzo di Sperlonga, il 20 marzo 1436, in presenza del mcgnífico ed eccellente domino Honoràto Gagtano, míIite, conte di Morcone etc. e di molti testimoni. 3) Dopo il mairimonio nacque Alfonso, solo figlio veramente legittimo, ma tale titolo poco gli valse di fronte al potente fratello.

*** Cristoforo servì fedelmente Giovanna II nella buona ed awersa fortuna, come Ia regina 4) con le parole z fiesamínando spesso placídamente nel segreto stessa nel l43l volle ricordare del nostro petto í gratí, grandi, utilì, fruttuosí e gradítí serlígi rcsí da lui (Cristoforo) a//c Maestà nastra contínuamente, in qualsiasí euento della sorte e specialmente neí tempi burrascosi dello stato nostro ... senza risparmíare perícoli della sua percona, úcchezze, fatiche e spese, non paoentando di esporre Ia propria testa a eoidenti e oari períglí etc.; parole di lode o) Degli altri figli si parla a pag. 48; Cl. Caíet. Tav, Ll,

Gen.,

b) Illegíltíme genítos quos morum decoro! honestas nalute oítlum míníme decolorat, quía decus oíîtulum genítwe maculam

t) De Lell., p. 2l I ; Arc.

') c-526.

Nap.

R. A., 7".

abslergít

(Atc.

Col., l-55;

Arc. Vat., Alm. I,

fasc.

XX, n 93).

Essi vennero pure dispensati per gli ordini ed i benefizi ecclesiastici (lrc. Vat., Reg. com. Martini V, Lib. 3, de diversis

formis, a. e,

I 421, Í., 27 3h, copia aut. C. 526.

f. re ;

de bonis,

î. zlai C-coz,)


Giovanna

F425 -14351

II

43

che, invero, non differiscono molto da quelle usate correntemente nei regi decreti di investitura, ma che questa volta erano dettate da sincera gratitudine. Uguale fedeltà e rettitudine dimostrò ai propri sovrani il figlio di Cristoforo, Onorato, il quale anche nei giorni piir oscuri del regno di Ferdinando, quando quasi tutti i baroni lo avevano abbandonato, gli rimase a fianco senza mai titubare e non solo gli prestò denari e gioielli, ma gli offd persino il proprio stato e la vita de' suoi se ciò poteva servire alla Corona. Ma non precorriamo nella narrazione: vediamo invece che cosa stava accadendo nel Regno. Il gran senescalco Ser Gianni Caracciolo, I'amante della regina e, in effetto, il vero signore del Regno, era stato assassinato il 17 agosto del I 432. Racconta I'autore della piìr volte citata cronaca del nostro archivio l) ch. i congiurati andati alante Is camera dí Sergíanní, Ií fecero bussare gridando che se leoasse da lelto, che Ia regína era oppressa da un discenso di testa, et che se ne moreoa; a queste oocí Ii camariei, soeglíati dal primo sonno, stordíti stseglíarono Sergíanni, iI quale ilímandò Ie calze, et ordinò, che se aprisse aI Todesco per intendere iI male della regína, ma aprendosí entrorno Ií congíuratí Francesco Caracciolo, Frate dí Ottino, et Píetro Palagano con un seroitorc della duchessa (di Sessa), el a stoccate et accettate I'uccisero, che non si haoeoa finíto dí calzare una calza. Dicono alcuní che, sentendo îurnore all'anticamera, tosto che oidde aprire uno alla porta che s'aprioa, dísse.' ,s Chíudí chíudi! " eL índioinò quel che fu, ma iI cameriero non potè perchè Ii sopradetti entrsro con furia ... Avvenuta I'uccisione eL cacciato tuttí Ií seroitori, dístesero ìI corpo di Sergíanní alla prima camera cosi calzato di una gamba sola et I'altra scalza et diformato dí molte ferite. Con la morte del senescalco molti sperarono che si aprisse una nuova era e primo tra questi fu Luigi III d'Angiò, erede adottivo al trono, il quale se ne stava quasi in esilio nella Calabria. Ma la regina, oramai decrepita, di mente e di corpo, era caduta in baiia della duchessa di Sessa e non permise al re di tornare in Napoli. Anzi, per tenerlo occupato e per soddisfare alle insistenze di molti favoriti che ambivano Io stato di Giannantonio Orsini, principe di Taranto, I'incaricò unitamente al grande condottiero Giacomo Caldora di sottomettere e spogliare questo potente e ricchissimo feudatario. Ai loro ordini militava il primogenito del protonotario Cristoforo, Onorato Gaetani, poco piir che ventenne. Egli portava allora il titolo di conte di Morcone, e suppongo che si trovasse a sperimentare per la prima volta i cirnenti di guerra, perchè sino a questo momento non troviamo il suo nome citato nelle cronache. Ora awenne che verso Ia metà di novembre del 1434 il re Luigi, al dire del nostro cronista, D essendo dí corpo delicato et traoaglíato nelle fatíche della guerra, nel oolerse troppo afatícare nel letto con Ia moglíe, dopo brevissima malattia morì. u) Allora il Caldora fece ritorno alla sua terra di Bari, lasciando Domenicuccio Camponescob) ed Onorato Gaetani con mille uomini d'arme a tenere a bada il principe di Taranto durante la stagione invernale. Ma costui, saputo della partenza del generale, si mosse all'improwiso da Taranto con tutta la sua gente per portare soccorso al castello di Brindisi che Onorato teneva sirettamente assediato; il Gaetani gli mosse contro, però forse per inesperienza, non solo fu sconfitto, ma cadde anche 3) questi poi mosse contro Domenicuccio ed in breve riebbe prigioniero in mano del principe; tutto lo stato. La regina Giovanna, invecchiatasi anzi tempo per la vita sregolata che aveva tnenato, moriva il 2 febbraio d,el 1435. Per testamento nominò come erede al trono Renato d'Angiò, o)

La

regina ebbe notizia della sua morte

f) Mirc. a. 324 IC-lO07l,cc.

155-156.

il

22 novembre.

t) Ioi, c'

163b.

b) Grann. dice Minicuccio Ugolino di Aquila.

r)Ioi,

loc.

cit.; Cort.,Lilr,XV, p. 137;Montel,,p,91,

Uccisione

di Ser Giovanni Caracciolo.

Scon6tta

Onorato ll presso Brindisi.

di


I

GAETANI DI FONDI E LA CONQUISTA ARACONESE

Ub. V, Cap. XLIll.

conte di Provenza e fratello del defunto Luigi III, e dispose che il governo di Napoli durante I'interregno fosse affidato ad un Jonsiglio di sedi.i, scelti nella cerchia de' suoi corti-

I

principali baroni del Regno grandemente si sdegnarono chè di loro non si fosse tenuto conto' nè in alcun modo accettarono di sottostare agli ordini dei cortigiani na-

giani favoriti.

poletani.

2)

pretendenti La situazione si presentava complicata e piena di gravi pericoli perchè tre erano i pretendenti. In primo luogo v'era Renato d'Angiò, designato successore al trono di Napoli.

alla successione'

Medaglia di Alfonso d'Aragona. non gli fu mai molto Museo Nazionale di Firenze. favorevole, aveva voluto che poco tempo prima cadesse prigioniero nelle mani del duca di Borgogna, sicchè si trouuuu nella impossibilità rnateriale di muoversi; in sua vece si preparò a partire la moglie Isabella, vivamente chiamata dalla popolazione di Napoli perchè assumesse le redini del governo. In secondo luogo v'era Alfonso V, detto il Magnanimo, re d'Aragona e di Sicilia che, quindici anni prirna, Giovanna aveva adottato come figlio e successore al trono e poi ripudiato per favorire Luigi III d'Angiò; egli si trovava in Sicilia e, saputo della morte della regina, partì subito per il Regno, invitato dal principe di Taranto, da Giovanni Antonio Marzano e

Disgraziatamente per lui, la sorten che

àa Cristoforo Caetani a nome di gran parte dei baroni

Assedio

di

Gaeta.

scontentati dalle disposizioni testamentarie

deila regina. 3) In terzo luogo v'era il papa Eugenio IV il quale, volendo approfittare dell'occasione per affermare la dipendenza feudale di Napoli dalla Santa Sede, aveva dichiarato il Regno devoluto alla Chiesa pei I'estinzione delle linee legittime di tutte le Case. Per far valere le proprie ragioni inviò nel napoletano il terribile cardinale Vitelleschi, grande condottiero de' suoi tempi, mentr" che egli stesso, cacciato dai romani, se ne stava fuggitivo ed esule nella ospitale Firenze. Il primo a muoversi fu Alfonso d'Aragona; appena sbarcato, vennero a ' prestargli ligio omaggio il potente Giovanni Antonio Marzano, duca di Sessa, Cristoforo e Ruggero Caetani g; nu1n"ro di altri baroni. A Cristoforo il re confermò subito la carica di logoteta e pro: "tonotario del Regno, e così lo troviamo designato nei primi atti pubblici del nuovo sovrano. Egli unitarnente al principe di Taranto si adoperò a sollevare gli Abruzzi a favore di Alfonso, m"ntr" il duca di Sessa s'impossessava di Capua, che re Alfonso fece base principale per le operazioni di guerra.l) Contro il re si mossero i napoletani e gli altri di parte angioina, guidati dal grande capitano Giacomo Caldora. Ad Alfonso occorreva anzitutto una base navale per aver libera la via di comunicazione con la Sicilia e la Spagna: perciò strinse d'assedio Gaeta, che era in mano degli angioini ed era fortemente appoggiata dalla repubblica di Genova, la quale vi teneva un presidio a protezione dei propri industriosi mercanti, in largo numero ivi stabilitisi. Cittadini' e milizie si opposero ma dopo valorosamente ai continui attacchi che gli aragonesi sferrarono per terra e per mare, breve tempo cominciarono a soffrire gli indicibili orrori della fame; pure continuarono a difendersi eroicamente nella speranza che il duca di Milano ed i genovesi sarebbero venuti in loro aiuto. Finalmente ai prirni di agosto, quando Ia città, stremata di forze, stava per arrendersi, giunse un'armata, sotto il comando di Biasio Assereto, forte, al dire del nostro cronista, dt dodici nat)í grosse, tre ballonieri, et due galere et una galeotta di uomini scelti. r)

Cosl.. Lib.

XVI.

2)

Mu., XXL

col 243'

a) Sism.,

Vl, p. l0; Cort.,l-ib. XVI.


[feb. 1435-feb.

Invasione di Alfonso V

1436]

Avvisato in tempo, re Alfonso lasciò il conte di Loreto, Riccio di Montechiaro, e Cristoforo Caetani alla guardia del campo davanti alla città per tenere a bada gli abitanti di Gaeta, e sulla propria armata, forte di quattordici navi grosse, tredici galee ef moltÍ altri /egnl, imbarcò tutto il fiore delle nobiltà napoletana ed aragonese. Oltre ad Alfonso ed ai suoi fratelli il re di Navarra, Don Enrico e Don Pietro e tanti altri grandi signori, che ometto di nominare, v'erano anche il principe di Taranto, il duca di Sessa, nonchè due giovani di casa Gaetani: Onorato, conte di Morcone, ed Antonello, bastardo di Ruggero, che forse non aveva ancora raggiunta l'età maggiore. u) Non mi fermerò a narrare gli episodi della famosa battaglia navale che ebbe luogo nelle vicinanze dell'isola di Ponza il 5 agosto del 1435. Ricorderò soltanto che la nave di Biasio e due altre si avventarono contro quella del re che, per avere Ie gabbie in cima agli alberi troppo cariche di combattenti, si sbandò a tal punto che si spostò la zavorra e non vi fu piùr modo di raddrizzarla. L'arte dei marinai genovesi valse piir che il valore dei baroni i quali, al dire di Angelo di Costanzo, non assuefatti nell'esercizio marinaresco, nel muooere delle naoí non si poteano tener in píedi e molti de' píù tsalentí, che ooleano saltare nelle galere nemiche, cadeano in mare. Vi è chi, aggiundendo una nota comica, disse che la nausea del mare molto contribuì a decidere le sorti della battaglia. ! In breve tempo il re e i suoi fratelli dovettero arrendersi e, dopo un combattimento di poche ore, quasi tutte le navi aragonesi, con il loro carico di nobilissimi principi, duchi e baroni, caddero in mano al nemico. Leggiamo nei Díurnaii del Duca di Monteleone che Antonello Caetani si salvò con una delle galee reali, ma altre cronache vogliono che entrambi i giovani guerrieri di nostra Casa fossero fatti prigionieri. Il giovane Onorato, quando, per la seconda volta entro non lungo spazio di tempo, si trovò nelle mani del nemico, deve essersi detto che Ia propria carriera militare (pur tanto gloriosa in seguito), non cominciava troppo bene. I cittadini di Gaeta, i quali dall'alto delle torri avevano visto I'esito favorevole della battaglia che si svolgeva sull'orizzonte, uscirono con grande ardire e misero in fuga Cristoforo Caetani e gli altri baroni rimasti al campo che hebberc a charo sah:ato loro personc. l) Giacomo Caldora, sopraggiunto, si può ben dire nel momento opportuno, fece per sè ricchissimo bottino del fornímento della casa del re e di tantí grandi signorí. Ed osserva Paolo di Lello Petrone nella sua ., Mesticanzo. >> .2) et contase che da 600 anni in quà mai simìIe scoffita non fosse nelle partí dello reame de Napolt et credo sia Io oero. Pareva che sì strepitosa vittoria dovesse essere un colpo mortale alla causa aragonese; invece awenne, per ragioni politiche che non starò a ripetere, che il duca di Milano fece condurre i prigionieri nella propria capitale, ove li trattò con grande onore e in breve li rimise tutti in libertà; anzi la sua generosità giunse al punto di dare ordini agli stessi genovesi vincitori che riconducessero re Alfonso alla conquista del Reame. I genovesi si rifrutarono d'obbedire, ma ciò non ostante, il 2 febbraio 1436, re Alfonso, accompagnato solo da Domenicuccio Camporesco e da Onorato Gaetani con circa trecento uomini d'arme, fece ritorno e sbarcò a Gaeta che poco tempo prima, per un caso fortunato, si era data in mano a Don Piero d'Aragona, fratello di lui. Così ricominciò la guerra. Intanto la regina Isabella, che, stante Ia prigionia del marito, aveva preso le redini del governo, non era rimasta inoperosa ed energicamente procedeva a danno dei baroni a lei ribelli: contro i Gaetani ù 1)

Montel,, (p. 93) parla de l'ínfante (di) Rogiero Gagtano; e nel 1434 Ia regina Giovanna lo chiama generosus pubet

tr[ontel,,p,93.

'?)

p. ló,

Battaglia navale

di

Ponza,


I

Uccisione

di

Ruggero.

Lib. V, Cap. XLU.

aveva aperto regolare processo dichiarandone confiscate le terre; Ia città di Telese, che era tenuta in comune da Cristoforo, da Enrico della Leonessa e da Rinaldo " de Montesorio >, fu donata in perpetuo a Baldassare della Ratta; l) il Caldora si era mosso contro i nemici ed aveva tolto a Cristoforo la contea di Traetto ed al duca Giovanni Antonio Marzano la città di Sessa. 2) In quel tempo un lamentevole fatto venne a funestare i rapporti familiari: Ruggero Caetani fu uccisoo non si sa se in guerra contro i propri parenti, oppure per opera del fratello Cristoforo, o, come vogliono alcuni, per mano del giovane Onorato. L'unico documento che accenni positivamente al fatto è un breve del 1444 di Eugenio IV, 3) in cui è detto i ... Iicet inter eos (i Caetani) occasione ínteremptíonis condam Rogeríi de Gagtanis ,.. capítales ínímícitíe exorte fuíssent etc, Il fatto deve essere awenuto verso Ia fine del 1435, o al principio del 1436; ttoviamo che il 27 marzo Ruggero era già morto, come risulta da una supplica della univer' sità di Spigno, rivolta al re Alfonso, in cui si domanda di volerla prowedere di un signore, possibilmente designando Onorato di Sermoneta o Antonello figlio del fu Ruggero. Non è possibile dire quali siano stati il movente e il modo dell'uccisione perchè non sappiamo piir di quanto è stato detto sopra. Volendo fare una supposizione, basata su quel che di solito accadeva tra i baroni del medio evo, arguirei che Ruggero, nella speranza di poter entrare in possesso di una parte almeno dello stato dello zio Cristoforo, sia ritornato alla fedeltà della parte angioina ed abbia preso le armi contro i propri parenti; nè vedo come avrebbe potuto agire differentemente perchè, in qualità di tutore del piccolo Onorato di Sermoneta, gli fu d'uopo militare con I'esercito pontificio guidato dal patriarca Vitelleschi. Ruggero avrà tentato di invadere lo stato di Fondi e da ciò saranno. nate violenze che condussero alla

di lui Spigno.

GAETANI DI FONDI E LA CONQUISTA ARAGONESE

morte.

Il

piccolo castello di Spigno, che trovasi presso Traetto, era un antico feudo della Casa, a) avendolo acquistato, il 26 febbraio 1363, Gacobello Caetani da Cardillo e Masello Brancaccio.

Per divisione ereditaria era pervenuto a Ruggero e questi, il 20 giugno 1434, ottenne da Ciovanna Il di donarlo al figlio, il generoso adolescenle Antonio, milite, recentemente legittimato. 5) Durante la prima fase della guerra angioina gli abitanti cooperarono unitamente a Cristoforo ed Antonello all'assedio di Gaeta; per rappresaglia, dopo la sconfitta di Ponza, la terra fu a tal punto saccheggiata e guastata dal conte Antonio " de PtIís u e da Antonio Spinello che i cittadini si trovarono nell'assoluta miseria e sarebbero morti di fame, così dissero, se non fosse intervenuta la clemenza ed umanítà del magnifico Ruggero Caetani che prestò loro denari e protezione. L'uccisione di costui evidentemente inimicò quelli con Cristoforo e perciò supplica' rono il re Alfonso perchè Ii liberasse dal giogo dei conti di Fondi, dando loro per dominus o il piccolo Onorato di Sermoneta, oppure lo stesso Antonello che già fu loro signore. ó) Ma la anni piir tardi, Cristoforo 7) per testamento lasciava al proprio figlio Onorato il castello di Spigno unitamente agli altri feudi, L p", *olto tempo esso rimase proprietà dei Gaetani d'Aragona. Del resto non sarebbe stato logico che re Alfonso favorisse i Caetani di Sermoneta, ligi vassalli di quello stesso pontefrce che aveva mandato il patriarca Giovanni Vitelleschi a contrastargli il regno. Costui, fra altre terre, occupò Piedimonte con la sua rocqa, ma Onorato Gaetani riuscì a ritorglierla con Ie armi; dopo di che il padre, ammirato del suo valore, gli donò il castello con atto del 16 ottobre 1437.Ù Per distrarre il patriarca dall'assedio di Montesarchio, il re si mosse con la sua gente nelle provincie romane e andò verso Sermoneta. C'informa I'autore della

loro domanda non deve

t) Pte. 1752.

\ /rc.

CoL, XXXV-34.

?

essese stata accolta, perchè troviamo che, due

Cosr., Lib.

XVll. l -55.

7) Iai,

\

Atc.CoI', l e) Iur,

-62.

t)

Rcsesto,ll'p.217.

XX-84: Cf. Prg. 2701.

6) Atc. CoI.,

XXXV-3| t Pre. 1712.


Fo!. lJrtrti é. C. Itrrígi

Ait-en-Pt ovenre

RENATO D'ANGIO (Nicolas Froment)


lÍeb.1436-14421

Ribellione dei Caetani di Sermoneta

,, Mestícanzc ',r) che il 15 maggio 1437 il Vitelleschi, mossosi da Sezze a Piperno, incontrò ivi il conte Antonio da Pontedera di Pisa, il grande ribelle che gli teneva le provincie romane in agitazione, il quale, unitamente al condottiero del re, Riccio di Montechiaro (che, abbiamo visto, si era trovato all'assedio di Gaeta unitamente a Cristoforo Caetani), si avanzava con 2000 fanti e 600 cavalli. Fu attaccata subito battaglia con esito favorevole al patriarca, il quale prese prigione il conte Antonio e vari baroni tra cui anche il nostro Onorato Gaetani di Fondi. In tal modo il giovane guerriero sperimentava una terza prigionìa nei primi due anni della sua carriera militare. Il Vitelleschi, con Ia inesorabile severità che lo rese tristamente famoso, quattro giorni dopo fece ímpíceare iI conte Antonío per la gola ad un olivo in nello tenímento 'de Píperno molto honoreoolmente, ma da poÌ che fu muorto fu spoglíato ín nudo de notte e fattoglí molto dessonore nella pe'sond e toccato dalli lopi.2) Non è improbabile che Francesco Caetani, il nuovo tutore dei giovani signori di Sermoneta, fosse presente alla cattura di Onorato. L'umiliazione subìta non fece che aumentare I'inimicizia del conte di Fondi contro i nipoti di Sermoneta, creatasi in seguito all'uccisione di Ruggero, ed egli si deve essere adoperato perchè il re dichiarasse Francesco e il suo pupillo Onorato Caetani ribelli, quali seguaci del papa e del partito angioino. Ora se pure il primo poteva essere considerato coipevole verso il re, non poteva certamente imputarsi uguale accusa al giovane Onorato, che ancora non, aveva né il governo del proprio stato né I'età atta a prendere Ie armi. Essi furono dichiarati decaduti da ogni diritto di successione nella contea di Fondi e negli altri feudi del Regno; questi vennero poi confermati a Cristoforo con atto del primo agosto 1437; nel lunghissimo documento relativo a tale concessione viene ricordata tutta la storia del trasferimento che il vecchio Giacorno II fece dei feudi napoletani a favore del secondogenito Cristoforo.

V

Alfou:o contro

Sermoneta.

3)

Non cercherò di seguire da vicino le vicende e la fine della guerra tra gli aragonesi e gli angioini, la quale si protrasse sino al 1442 in una serie di campagne e fatti d'arme che, se uno non entra nell'intimo della storia, sembrano pitr che altro un'accozzaglia di avvenimenti disordinati.

Re

Renato non fu più fortunato in questo che nei successivi tentativi per assicurarsi quella corona che Giovanna II gli aveva legata in eredità. Sua moglie Isabella per tre anni, da sola, aveva tenuto testa all'avversario mentre il re stesso era prigioniero in Borgogna. La virtir ed il coraggio della regina destarono I'ammirazione di tutti, ma la sorte delle armi non le fu favorevole. Cantava di lei il popolo:

Per Dío, non mi chíamate píù

regina,

Chíamatemi Isobella st)entuîata.

Haju perduta Capua gentile, La Fuglta píana cum BasíIícata.

a>

Renato, pagata una ingente taglia, aveva finalmente ottenuta la libertà e nel maggio 1438 era sbarcato nel porto di Napoli; poco dopo (18 nov. 1439) moriva il suo valoroso capitano e principale sostegno, Giacomo Caldora, dopo di che le condizioni del re andarono sempre peggiorando: grave era la mancanza dei denari indispensabili per sostenere Ie operazioni militari ; i baroni suoi seguaci defezionavano; ad una ad una perdette città e cutblla finchè si vide ridotto a possedere soltanto Napoli ed alcune terre sparse per il Regno. Ma anche Ia capitale t)

Mw., XXIV-ll, p. 26.

2) Ioí, p.27.

a)

Prx.2469.

,

Cf.

A, d'Ancona;

Pocsia popolare

lt., p. I ll.

Dirfatta

di rc

Rcnato.


I

GAETANI DI FONDI E LA CONQUISTA ARACONESE

Lib. V, Cap. XLIU.

gli fu tolta per un colpo di sorpresa il 2 giugno 1442, sicchè non gli rimase altro che riprendere, umiliato, la strada di Provenza. Passò per Firenze ove, quasi per dura ironia, il papa gli conferì I'investitura del Regno al momento che si trovava costretto ad abbandonarlo. Vedremo in seguito gli altri e sempre vani tentativi di Renato per impossessarsi di Napoli; della sua sfortuna non avremmo da lagnarci se avesse segnata la fine della dominazione straniera sulle belle terre dell'ltalia meridionale, ma purtroppo la mancanza di un sentimento nazionale ed il miope egoismo dei principi italiani in genere e dei baroni napoletani in particolare fecero sì che un sovrano straniero non venisse cacciato che per aprire le porte ad un altro. Prima di tornare su quanto successe durante il regno degli aragonesi, ricorderò che nel 1441, quando ancora durava la guerra tra Eugenio IV e re Alfonso, quest'ultimor per poter meglio operare contro lo stato pontificio, occupò la città di Terracina e la tenne sino al giugno 1443, allorchè gli venne concessa in feudo a vita, in seguito.al trattato col quale il papa Io riconosceva re di Napoli. Dstruzione Nel frattempo, e piùr precisamente verso I'anno 1441, re Alfonso, scorrendo Ia piana di san Felice' delle Paludi Pontine, spinse le sue truppe sin sotto Sermoneta nella speranza d'impossessàrsi della sua fortezza e della torre dell'Acquapuzza, che comandavano ed effettivamente sbarravano, a mezza via, la strada unica che congiungeva allora Terracina con Roma. Non dovrebbe fare meraviglia la supposizione che ad ispirare I'azione ed a fornire le truppe necessarie si adoperassero i Gaetani di Fondi, i quali ambivano al ricco stato del parente Onorato. Ma la terra resistette ad ogni attacco e perciò il re mise a guastg le campagne, catturò molti uomini ed innumereooli animali per un valore ascendente a 30000 ducati (alcuni documenti dicono 20000); al ritorno verso Terracina, investì ed espugnò la terra di San Felice, proprietà di Onorato di Sermoneta, e la distrusse sino alle fondamenta. Tenne il castello in suo possesso per vari anni e costrinse gli abitanti ad emigrare a Terracina. Così rimase deserta e diruta la terra che Giacomo IV aveva tratto dall'abbandono appena dieci anni prima; come vedremo nel capitolo LIII, Onorato l) stentò piir di trent'anni per riprendere possesso pacifico dell'avito feudo. ***

Morte

maggio l44l moriva in Fondi il magnifico Cristoforo Caetani.") Già sin dal 3l agosto 1438 aveva dettato il proprio testamento nel suo palazzo di Fondi, situato presso la porta quae dícítur de suso (di sopra) e la chiesa di S. Pietro, ed appunto nella stanza di cantone che, dall'alto delle mura cittadine, guarda nella bella campagna verdeggiante. Designò suo erede universale il primogenito Oncrato a condizione che cedesse al fratello secondogenito Giacomo Ia contea di Morcone ed il titolo. Divise Io stato nel seguente modo: Ad Onorato lasciò la contea di Fondi nonchè Traetto, la ,, bastída " (traghetto) del Garigliano, Sujo, Castelforte, Arenula (Lenola?), Castellonorato, Spigno, Sonnino, Sant'Agata, San Marco, San Giorgio, ., Pretemaggiore ', Riardo e Trentola' A Giacomo, lasciò la contea di Morcone ed i castelli di Rofrano, San Massimo, Longano, Casal Pizzuto, Roccamandolfi, Busso, Baranello e Sant'Arcangelo Trimonte; gli legò inoltre due coltri, due materazzi, due lenzuola, due cuscini, un paramento di tendine Per sopra

Il 9

t::il",:::. q! ; vrrù'lureru' del

a) Il Conte Colino nella :ua Sloria ili Fonilì (p. 127) è caduto in errore leggendo il confuso racconto che Notar Giacomo fa della morte dell'infante DonPietro d'Aragona(p,83), awenuta it ta ott. l43o durante I'assedio di Napoli, quando,

,)

c-zit c -339. xlx.

fuoco d'artiglieria contro la chiesa del Carmine in Cristoforo Caetani, ebbe la testa fracassata da una autore ha creduto di capireche I'ucciso suddetto cannonata. ll fosse invece il conte di Fondi (Cf. Cosr., Lib' XUI).

dirigendo

il

compagnia

di


Morte e testamento di Cristoforo

Ír44rl

ed intorno al letto, o, in altre parole, tutto quanto gli poteva occorrere per dormire nel talamo con Ia mogiie. A Colantonio lasciò Ceccano, Falvaterra e San Lorenzo (Amaseno). A Giordano, che aveva abbracciato la carriera ecclesiastica e piìr tardi divenne patriarca di Antiochia, lasciò la modesta sornma di un'oncia e gli ingiunse eli non domandare, esígere o richìederc altro. Ma essendo troppo esiguo il legato, ed in considerazione forse della magnifica attività militare spiegata durante Ia guerra, impose ad Onorato di prestargli annualmente oítam míIiciam íuxta formam Regní canstitutíonurn ín talíbus traditam. A Bonifacio, cavaliere gerosolornitano, lasciò 500 ducati e due corsíerì, di cui uno era destinato al Grande Maestro dell'ordine di Rodi. Ad Alfonso, ultimogenito ma unico sr.lo frglio legittimo, assegnò soitanto la città di Telese ed i castelli di Solopaea e Amorosi: ciò che confernna il detto popolare che gli ultimi arrivati hanno sempre torto. Dopo aver disposto per le doti delle figlie Terina, moglie di Giuliano da Celano, ed Agnesella, dispose che il suo corpo dovesse essere seppellito nella cappella gentilizia di S. Pietro di Fondi: volle che gli venissero fatte solenni esequie con cento torce e quattro cavalli coperti, secondo il costume dei conti del Reame; ordinò che i familiari seguissero il feretro indossando il mantéllum caputeum e con Ie scarpe di panno nero che loro legava. Dei figli Giovanni

e lacobella non si fa cenno nel testamento. r)

Appena avuta notizia della morte di Cristoforo, il re, in data del 15 maggio, dai suoi accampamenti presso Cajazzo, inviava ad Onorato Ia nomina di logoteta e Protonotario a vita. La carica cornportava un emolumento Crietoforo Caetani. di 365 once, ossia di un'oncia al giorno, 2) ed il sovrano' Monumcnto sepolcrale in Fondi. in considerazione del fatto che Onorato era di continuo dedito ai servizi suoi e ritenendolo in armís oírum stte3) Il giorno nuum et bellícosum, gli concesse di poter delegare dei sostituti a reggere I'ufficio. medesimo gli confermava altresì Ia successione nella contea di Fondi e negli altri feucli, nonchè nell'assegno annuo di 200 once; a scanso di malintesi dichiarò esclusi da qualsiasi diritto di a) successione i " ribelli ,, Francesco ed Onorato di Sermoneta. Cristoforo fu sepolto nella chiesa di S. Pietro, ove suo figlio gli eresse un rnagnifico monumento illustrato nella pagina seguente, sul quale fece incidere la seguente epigrafe: cRrsToFoRo HEc HoNoRAwS Ac[R]r uoNvn[EN]TA PAREIN]rI en[e]xrr PoslrQVE svo DE Notr,ttIN]E srcNA cATETANA Dorvtvs REcNt LocorHETA coMEse[vEl

-

-

FVNDORVM ATQVE ARMIS TIT[V]LVS')

lVSrRaVtr VTRVIM]QVE

che si può tradurre: Onorato eîesse guesto rnanumento a Crísi.o/oro, (suo) fiero genitare, e la casa Caíetano (vi) pose Ie ínsegne del proprio nome (in onore di lui che), Iogcteta del Regno e conte dí Fondí, anche con I'armi rese íIlustre I'uno e I'altro títolo, o)

ll

senso

non core a meno di leggere TITVLVM,

r) prc. 2701, Domus,

l-2,

7.

s) Arc, Col.,

XXXII-47.

a) Iui,

XXXV-38.

Funerali.


50

I

GAETANT

DI

FONDT

E LA

CONQUTSTA ARAGONESE

di Cristoforo in S. Pietro di Fondi,

Monumento sepolcrale

Ub. V, Cap. XLI[.

Caetani

Così, circondato d'onori, potente nel Regno e nel proprio stato, giunse alla fine clella vita. Per oltre cinquant'anni aveva seguito il mestiere delle armi segnalandosi per ardire, per costanza e per senno. Una rara sorte ci ha conservato due sue effigi in marmo : I'una è la statua sepolcrale che, per avere la testa quasi nascosta dalle tendine, non è stata rnolto rifinita; I'altra, più espressiva, è la figurina di lui inginocchiato davanti alla Madonna, nell'altorilievo del sarcofago. Le due effigi si rassomigliano e la seconda è riprodotta al principio di questo capitolo. Il battagliero Cristoforo fu uomo di statura probabilmente non alta, piuttosto tozzo, con faccia quadra, a cui il mento sporgente e le labbra serrate davano una espressione di austerità e di decisione. Triste a dirsi, è il solo dei Caetani, vissuti dalla morte di Bonifacio Vlll alla fine del medio evo, ossia per un periodo di due secoli, che abbia avuto la fortuna di non aver Ia propria tomba distrutta e dispersa; eppure neanche Ie sue ossa hanno potuto riposare in pace perchè mani sacrileghe, a traverso un foro sul fianco della cassa, con un rampino hanno tirato fuori le ceneri dell'illustre guerriero per carpire in mezzo ad esse qualche gioiello che e ornava Ia salma.

*** onorato

I.

A Cristoforo succedette il figlio Onorato, il quale diventò uno dei più ricchi e potenti baroni del Regno e fu, si può ben dire, il piir fedele seguace della casa d'Aragona. A prova del suo prestigio basta ricordare che, quando il re convocò il parlamento dei baroni


Onorato II

Ít44t-14521

in S. Lorenzo di Napoli,

5t

il

28 febbraio 1443, Onorato fu scelto da costoro came sindico dí tutto il baronaggio per chiedere al re che designasse quale suo erede al trono il figlio " Ferrante > d'Aragona che secundo se diceoa era nato de una donna moglíe de uno barberc et chi de...,(lu) donna del gran mastro de Sancto lacobo, fratello del re. Questi fu, senza dubbio, un sovrano saggio e previdente nonchè uno dei piir perfidi e crudeli tiranni che abbiano affiitto Ia bella città di Napoli. Comunque, il protonotario s'inginocchiò davanti al re e a nome di tutti i baroni lo 'supplicò che, per la pace del Regno e per farne perpetuare i benefizi, volesse nominare Ferdinando duca di Calabria e designarlo suo erede. l) Vedremo che, trentaquattro anni piir tardi (20 set. 1477), Onorato per una seconda volta fu incaricato di proclamare

il

successore

al

trono.

2)

Diventato compagno e consigliere inseparabile del sovrano, nel giugno di quell'anno fu da lui mandato, unitamente ad altri signori, al convegno di Tenacina per trattare con il cardinale Scarampo di Mezzarota, patriarca di Aquileia, la riconciliazione col papa, ed in quella occa3) Così pure nel 1447 il re inviò a sione il re donò otto ducati a quattro trombettieri del conte. Roma Onorato, Carlo di Campobasso, Carlo Caracciolo e Raimondo di Moncada quali suoi a) ambasciatori per assistere alla coronazione del nuovo papa Sisto lV e per prestargli obbedienza. Moltissime furono le grazie sovrane che vennero concesse al conte di Fondi ed alla sua famiglia, ma ometto di parlarne per non dilungarmi troppo; ricorderò soltanto che questi, se non formalmente almeno di fatto, ottenne che Ia carica di logoteta e protonotario diventasse ereditaria nella casa Gaetani; ciò è reso evidente dal fatto che il 2l febbraio 1450 il sovrano decretò che Baldassare, conte di Morcone, ") primogenito di Onorato, subentrasse de Íure nella carica il giorno che venisse a morire il padre, ed a tal fine ingiunse a tutti i baroni e dignitari e alle altre autorità di riconoscerlo subito come tale quando venisse a realizzarsi il caso. b) Inoltre, il 19 aprile del 1450 il re lo nominava regio consigliere ordinario e presidente del sacro regio 5) collegio e gli fissava una prowisione di 1000 ducati. Onorato ricostruì a Fondi il bellissimo palazzo che tuttora si vede in uno stato, purtroppo, di vergognoso abbandono: ampliò la rocca, edifrcò chiese ed abbellì Ia città. La sua magnificenza diventò famosa nel Regno e specialmente viva rimase nella mente dei posteri Ia fastosa accoglienza che diede all'imperatore Federico III in occasione della sua venuta a Napoli. Fu costui, grazie a Do, I'ultimo degli imperatori tedeschi che venne a farsi incoronare dal papa in San Pietro. Compiuta la cerimonia, il 24 marzo 1452, unitarnente alla vergine sposa, Eleonora di Portogallo, partì per Napoli. Prese la via della Marittima e il dì seguente fu ricevuto da Onorato Caetani nel castello di Sermoneta con così grande onore e magnificenza che le soldatesche si ubriacarono sguazzando nel vino sino alle ginocchia, come più ampiamente si dirà appresso. Proseguendo

la strada passò per Fondi, ove il protonotario Onorato Gaetani non volle 6) che íI conte di essere inferiore agli altri baroni nel festeggiarlo. Racconta Angelo da Costanzo natura sua eîa magnifico, e più di ogni altro barone del Regno spendeoa a suppellettili dí cum Honotatus Funilotum comes etc. oíam tueút uníoetse camis rhgresus, statím nullo olÍo a nobís super hls expectato manilalo elc. ,,. BaldassaÌem, nunc Mutconî comílem, ín logothetam et prothonolaríum .., accípíant eídemque in omnl-

o) Pcr volonta di Cristoforo doveva Giacomo, fratello di Onorato, diventare conte di Morcone (Cf. pag. 48); awenne però che, forsc per mutuo accordo, il titolo pcsò a Baldmre, ciò che fu formalmente confermato il 2o ott. 1116. b) ... ordlnamus nobíIibus oùls alía sex offcía prÍncípalía hulus rcgnl lenentíbus, necnon ptíncipíbut etc.

t) Arc.

p.240.

Cact., Mí'c. 324 il0071, c.

{) Cot., Lib. XVIll.

2)3t

...

!r1: premlssíc

bus que ail ... offtìum peilínete noscunlut parcan! Col., xxxll-47).

qua!ínus acten-

Cod.' Lib.

6) Arc. Gaet.

Xvlll.

\

Norat G.,

Arcs', coà. 1308, c. 58'

p.

199.

0) Lib'

XIX.

t) Mînletl Rícclo, Arc.

eac.

,', (Arc,

St. Nap., Vl,

Ricevimcnti

a

dati Federico

lll.


I

GAETANI DI FONDI E LA CONQUISTA ARAGONESE

Lib. V, Cap. XU[.

non solo abbondaoa di gioje, d'oro e di argento e dì paramentí ed altre cose comprate da luí, ma ne at)eoa tante de' suoí anlecessorì, che non fu uomo mediocte ín quella compagnía (dell'imperatorc) alloggíato per quelle case dí Fondí, che non aor.,sse almeno una cameta tappezzata con ogni cosa necessaria. tr, durò a lungo il ricordo che il conte, per meglio far spiccare Ia propria magnificenza, andasse incontro all' imperatore vestito di panno oilíssimo, chiamato u zegrina t' e soltanto sul cappello, fatto del medesimo panno, portasse un cerchio pieno di gioje valutate ad oltre 100000 ducati. Yezzi di altrettanto valore scintillavano sul capo e sul seno della moglie, Francesca di Capua, quando, nei giorni seguenti, andò ad incontrare I'imperatrice Eleonora. Nei due giorni di ricevimento furono spesi piir di 10000 ducati, somma cke a guel tempo Ie cose da oioere oalendo oíI prezzo, paîea gron cosa. Non meno onore fu reso all'imperatore dal principe di Rossano in Sessa e dal re in Napoli, ma tutto ciò non valse ad allietare la oírgo mouta,la quale non ebbe altra soddisfazione che di esser messa in letto col marito tutta vestita, in presenza di molti grandi dignitari, e di l) Il futuro vedersi le coperte tirate sino aile spalle. Neque alíud actum esf, ntsí datum osculum, successore dell'imperatore romano doveva essere germanico al cento per cento e peiciò non era neanche ammissibile che potesse essere concepito sotto il bel sole d'ltalia! casa

e

{.

*!F

Non dirò in queste pagine come il protonotario si pacifrcò con Francesco Caetani, I'infido e malvagio tutore del piccolo Onorato III, per tentare di carpire al nipote lo stato di Sermoneta, nè del susseguente riawicinamento dei due rami della famiglia, nè della guerra che questi si fecero quando Renato d'Angiò, nel 1458, ripetè il suo terzo tentativo, non piir fortunato dei primi, di scacciare gli aragonesi dal reame di Napoli. Di tutto ciò si parlerà nei capitoli seguenti. Prima però di addentrarci nel racconto dell'awenturosa e tormentata vita di Onorato III di Sermoneta, è opportuno dare qualche notizia su tre soggetti che interessano molto la nostra storia: cioè le antiche peschiere di Fogliano, la famosa torre dell'AcquaPuzza, di cui nessuno ai giomi nostri sembra conoscere'l'esistenza, e la terra di Cisterna che, diruta per quasi un secolo, gradualmente diventò il centro amministrativo di casa Caetani e oggl è un fiorente comune. r) Cf, Greg., Vll, p.

125.


CapttoLo XLIV.

LE PESCHIER,E DI FOGLIANO. (sec. lV - XV).

e peschiere di FogHlno fanno parte di quella lunga catena di laghi, di lagune e di pantani, che si stende quasi ininterrotta da Torre Astura al monte Grceo, lungo il Tirreno, dal quale è separata

da un'angusta duna detta volgarmente il .. Tomboleto ,'. Durante la stagione delle piogge le acque si accumulano in questo bacino palustre e, norl trovando sbocco al mare, vanno a mano a mano ' elevandosi sino a the, o naturalmente o per mano dell'uomo, si aprono un passaggio a traverso la duna. Allora il flutto tiepido e salmastro si precipita con impeto nel Tirreno e, spandendosi al largo, richiama il pesce che a larghi stormi risale Ia .. foce ' per Integna della citta di Perugia' entrare nei laghi ed ivi rimane imprigionato da un semplice congegno detto .. gli acconci ". Così anno Per anno si riforniscono pesce, che viene catturato durante I'inverno e spedito a Roma. gli " stagni di di d lago Fogliano e quelli adiacenti de' Monaci, di Caprolace e di Paola erano già i"*po d"i ,o*uni; essi rispondevano bene alle richieste dei grandi signori di quel famosi "l quuli facevano sfarzo delle loro ricchezze con festini che a noi sembrano leggendari. tempo, i phnìo'ricorda che Cesare'comprò 6000 morene da Caio lrzio della nobile famiglia Murena, signora r) di quei luoghi e che da quel pesce trasse il nome. Livio, parlando del castellum ad lacum presso la Fu"inu ,') probabilmente accenna alla villa, ricca di mosaici e di marmi, che sorgeva ivi esistenti foce del tugo di Fogliano in collegamento con le claustra o incastri di muratura ricortroviamo è la stessa che p", ,"gol"r" I'eflusso delle acque a servizio della pesca. Forse dopo gli scavi àutu pìL tardi con le parole dd tunes alóas. Quel poco che rimane della villa, di continuo fatti dalla nostra famiglia, si va disfacendo lentamente sotto il giuoco delle acque, che scopfono e ricoprono i ruderi con Ia sottile sabbia del mare. Un tempo questi luoghi, ora palustri e pressochè disabitati, erano centro di una comunità signore pagano amena e fattiva che sussistette sino alla decadenza dell'impero romano. L'ultimo ne fu il senatore Alfenio Conio Guliano Kamenio, che ebbe lì una villa e morì alla fine del exetcllus depopulatus Volscum dgrutn: caslcllum ai! Iacum Fuclnum of expugnalum (an' u' c' 346; Dgca I, Lib. 4, cap. XLVII)' Non mi pare che Livio abbia

t) .., Vlclot

r)

Riccht, p. 76'

voluto accennare all'odierno lago

di

Fucino, perchè i'agro dei

Volsci corrispondeva all'attuale agio pontino.

Epoca tomana.


LE PESCHIERE DI FOGLIANO

Lib. V, Cap. XLIV.

IV

secolo nella località ora detta San Donato, a breve distanza da Fogliano, ove la sua tomba fu rinvenuta da mia madre. I-'iscrizione mortuaria fu dettata dalla dolce consorte, la giovane Kamena che, úedooata nel casto letto rimase ín pianti eterní ,., con píccolí natí, gÍorno e

i

dí aoer peduto

Ia

della uÍfa. Fu Kamenio uno degli ultimi grandi dignitari romani: oicequestore candidato, pretore tríonfale, VII oíro degli Epuloní, padre íero. fante delle cose sacre del sommo inoitto Mitra, ecate arcibucolo del Dio Líbero, XV oíro S, F. taurobolíato, pontefice maggíore della madre deglí Deí, consolare della Numídía e oicaîío dell'Africa; morì il 4 settembre del 385, in età di 42 anni, 6 mesi e 13 giorni. La prima volta che troviamo menzionato il nome di Fogliano è il 28 apúle 977, quando Benedetto abate di Subiaco afrttava a Giovanni del fu Dernetrio duca di Gaetau) I'ínÍero fondo detto Fogliano con Ia città fortíficata e Ia rocca e con í due laghÍ detti Caprolace e Fogliano, con Ia chíesa di S. Donato etc. sino aI luogo che dicesí Astura íI cuí possesso era del monat' stero di S. Erasmo Celímontano dt Roìna per donazíone dí Tertullio padre dt S. Placidia. Il che sarebbe di straordinario interesse, se il summenzionato documento non avesse tutte le caratteristiche di un falso. Il che non deve destare meraviglia considerando che i bravi monaci sublacensi molto si perfezionarono nell'arte di creare documenti apocrifi per acguistare titoli ad una infinità di proprietà; ciò è stato estesamente illustrato dal Lanciotti nel suo libro intitolato I Falsari Celebri. Quindi, non potendo parlare della città fortificata e della rocca di Fogliano, dobbiamo lasciare le origini di questa palustre località nella inscrutabile oscurità storica dei bassi secoli. Nel 1134, al dire del Pantanelli, era in possesso di quei luoghi un certo Marino di Formosa, terracínensîs genere, signore del monte Circeo. Le peschiere di Fogliano diventarono poi proprietà della chiesa di S..Quinziano ed il 4 tnarzo l20l vennero donate, unita2) mente ad altri beni, da Innocenzo III a Girardo priore della basilica lateranense. Nel secolo XIII troviamo i laghi suddivisi in molteplici peschiere, o riserve di pesca, della cui proprietà si erano assicurati in prevalenza, e molto saggiamente, i monaci e le monache di varia denominazione e ciò avevano fatto in qualità di scrupolosi osservatori della regola del notte dolente

consolazíone

e di raffinati buongustai. La maggior parte di questa zona era compresa nel territorio di Ninfa e perciò, agli ultimi anni del secolo XIII, in seguito agli acquisti fatti da Pietro Caetani, passarono sotto il dominio e la giurisdizione della nostra famiglia. Erano inclusi nel territorio i pantani da Foceverde sino al lago di Caprolace e tutto il tomboleto, la foce, gli approdi nonchè le cerulee onde del Tir-

digiuno Acquisto

da parte

dei Caetani.

reno síno a cento miglía entro íl mare col diritto piscandí et exígendí rcsponsíones. È v"ro "h" nel secolo XV i Colonnesi pretesero che il litorale appartenesse al territorio di Nettuno, ma il fatto che le liti e le cause si risolsero a loro danno è una prova che le loro pretese non avevano fondamento. Pietro Caetani, nella serie di acquisti che fece tra il maggio 1297 ed il settembre 1301,3) entrò in possesso di alcune peschiere tra cui quella detta u la Fossella di S. Donato, ', che forse corrisponde alla odierna .. Fossa Papale " ed all'odierno Cannucceto di Pantano, ma la maggior parte di esse rimase proprietà dei vari conventi. Infatti troviamo che quello di S. Eufemia in Roma, addì l8 decembre 1367, vendeva per 130 fiorini d'oro le acque e le peschiere denominate ulo Paparuco >> e Ie Cande " (le Canne), poste nel lago di Fogliano, " ad Andreozzo di Lello GtbeIIi di Roma, 4 il quale nel gennaio seguente rivendeva queste a

t)

.) Il nome Demetrio non comparisce nel Coder Cajelanus e certameute nol vi fu mai un duca di Gaeta di questo nome. 3) Cf. Cap. XIV. /) C-695, opia dcl s, XV d'irtron. dcl 1280. Vtll. 11. r) Cher. Mtrzio: Cronaca Sublaerc, p. 128. BìbI. Vat.,5, Angelo in Pechcria,

I-

3, c.

148.


Compre e vendite varie

[acc. IV-1452]

55

Cola Paroni di Sermoneta ed a Pirrono suo nipote. l) Andrerzzo tuttavia rimase nel godimento della peschiera detta ,, Le Vaccucce ,, proprietà della chiesa lateranense che, il 28 agosto 1369, afrttava per dieci anni a Mactho Baronis e ad altri pescatori di Sermoneta per la non ingente corrisposta annua di 7 fiorini d'oro, 2) a condizione però di vendergli tutti i' pesci catturati aI prezzo d'uso ín Roma. I Caetani avevano certi diritti su queste due péschiere, ed infatti diovanni conte palatino, addì 24 maggio 1368, imponeva una multa di 36 fiorini d'óro a certi nettunesi per avere pescato clandestinamente nel lago di Fogliano. 3) Nel novembre dello stesso anno sua sorella Margherita, unitamente ai figlioli Bonifacio e Gentile di Nicola Anibaldi, rivendeva per 700 fiorini le medesime peschiere per metà a Francesca Conti, badessa di S. Eufemia, e per metà a Pietro Paolo di Andreozzo Ponziani, pescivendolo di S. Angelo in Pescheria, con il consenso di Giovanni Caetani Palatino. Queste due peschiere, a giudicare dalle descrizioni non sempre concordi, sembrano aver corrisposto al lago de' Monaci u) ed ai cannucceti di Fossella presso la torre costiera di Fogliano (da cui forse il nome le Cande o Canne). Adiacente ad esse e in prossimità forse della foce era la " Naois FuIgíaní , ; la parte occidentale del lago corrisponde probabilmente a << lo Grecesco >, appartenente

Grottaferrata. In quelle immediate vicinanze erano <( Ie Vaccucce ), proprietà del capitolo lateranense. Pietro del fu Nardo GorÍi di Velletri e suo figlio Nardo possedevano la tenuta ed i boschi di u Cerrítello ,, e metà del lago di Fogliano, tenuto pro índíoiso con il monastero di S. Lorenzo in Panisperna di Roma. b) Il convento di S. Eufemia, íl 26 novembre 1368, afrttava Ia sua metà delle due peschiere al suddetto Pietro Paolo pescivendolo. a) Nel 1379 Urbano VI, cercando di trovare denari per combattere lo scisma, costrinse il monastero di S. Maria di Grottaferrata a vendere il Grecesco, che fu comprato da Petruccio di Mucio Macthutií detto Picco, di Roma e probabilmente anch'egli pescivendolo di S. Angelo in Pescheria, per 300 fiorini. 5) Questa vendita forse non fu che una forma di ipoteca perchè il 26 settembre l4l0 troviamo che le peschiere di Grecesco e quella di Fogliano appartenevano ancora al monastero e venivano concesse da Govanni XXIII a Giacomo Caetani. ll7 gennaio 1423 Io stesso Giacomo comprava da Giovanni e Andreozzo Ponziani la metà loro spettante del Paparesco e delle Canne; I'altra metà, appartenente al monastero di S. Eufemia, non fu acquistatache nel1443 (16lug.) da OnoratoCaetani diSermoneta. Il lago e lapeschiera,, Crapulaci,,, acquistati nel 1298, non appaiono piìr in atti pubblici sino al 1442.6) Volle Onorato III costruire una nuova peschiera a rnonte di quella del Grecesco, suppongo verso Foceverde, ma il monastero di Grottaferrata, che se ne sentiva danneggiato, gli mosse lite; Ia causa venne rimessa all'arbitrio dal cardinale Scarampo di Mezzarota, il quale sentenziò contro Onorato suo compare ed ordinò che disfacesse la peschiera nuova e risarcisse

al

monastero

di

i

danni (13 giu. 1452).?\ Spettava allora al signore di Sermoneta il diritto di gabella e " falangatico >, su tutte le navi che sbarcavano sulla spiaggia e di questo diritto si valsero sempre i Caetani, come risulta da numerosi documenti del nostro archivio. Ma verso la metà del secolo XV sorsero gravi divergenze con Antonio Colonna, signore di Astura. Esse furono deferite all'arbitrio di Sveva Caetani, sorella di Onorato. 8) Oltre a ciò i nettunesi ed altri tentavano ogni tanto, come ancora fanno ai giorni nostri, di gettare clandestinamente qualche << martavello u tra le cannucce del lago, ma Il Lago dc' Monaci iofatti prese il nome dagli antichi monaci b) Vedi pianta dellc Paludi Pontinc data nel cap. LI.

a)

(o

monache) che ne furono proprietari

prima dei Caetani.

.)BîbI.Yat..S.A.inPach., l-4,c. l3r. )Ioi, l-5.88'. E)Arc.Col.,Ll-74. ')Bîb!.Vat.,lc.cit.,cc. Ll-74;Ptc.798. t) Bibl.Vot.,lc.cit.,l-ll, c.6ó. 0)C-410;Pre.880,551,1111,2709. \Ps.2599.

134,144;Arc.CoI., 3)

Cf. cap. XLVlll.


F È

F

Ik I f

LE

PESCHTERE

DI FOGLIANO

Lib. V, Cas. XLIV,

tale abuso veniva represso con gravi multe perchè la pesca fu sempre un diritto assoluto ed indiscusso dei Caetani Non ,venendo ad un fine i dissensi tra Onorato ed il monastero di Grottafenata, questo, che dal lago traeva ben tenue profrtto, finalmente si decise, addì l0 marzo 1474; a vendergli tutti i suoi diritti sulla peschiera del Grecesco e sulle fosselle e tenute di S. Maria di Padete per 1300 ducati d'oro di camera. l) Verso quest'epoca stessa i canonici di S. Govanni in Laterano vendettero ad Onorato * le Beccueeíe u (le Vaccucce) e u la Fosiellc ", dalle quali non avevano tratto alcun frutto da lunghissimo tempo per 'non e$ere accessibili, cireondate 2) com'er&no da ogni lato dalle proprietà di Onorato. Coei finalmente i Caetani entrarono in pieno possesso di tutti i laghi da Caprolace sino a.Foceverde. Continua tuttora la pesca con i metodi, pressochè immutati, in uso da oltre duemila anni, e le belle sprgole ed i cefali di Fogliano, accomodati in ceste con Ia neve di montagna, vengono ogni settimana trasportati a traverso le secolari macchie famiglie îomane che sono in grado di pagarsi tanto lusso. tt

tut.2512. ,

ad alli*are Ia

mensa delle

C-?39, l-X"

r

.1

-l


Capnolo XLV.

LA TORRE DELL'ACQU APUZZA. (sec. XII-XV)

via tra Sermoneta e Sezze, nel luogo appunto ove I'antica strada, che nel medio evo conduceva a Napoli, viene ad essere ristretta tra un dirupo e il pantano formato dalle copiose sorgenti sulmezza

furee dell'Acguapuzza, sorgeva anticamente un piccolo castello che la dominava.

Sigillo del card.

L.

Scarampo. a)

(r46r)

Era questo formato da una bella torre tonda, circondata da un piccolo fortilizio, a strapiombo quasi sul dirupo; nel vicino pianoro sorgevano alcune case ora totalmente distrutte. A quei tempi I'antica Via Appia era sommersa nelle paludi ed tmportanza strategica' intransitabile, e quindi I'unica strada da Roma a Napoli era quella che, addossandosi ai piedi dei monti di Norma, Sermoneta e Sezze, passava appunto per I'Acquapuzza che diventò così un importante punto strategico, perchè efficacemente sbarrava I'accesso agli stati

pontifrci dal lato di Terracina. b) Per .tale ragione la Chiesa fu gelosissima di questo castello e ne volle mantenere sempre I'effettivo possesso. Trovandosi sui confini fra i territori di Sezze e di Sermoneta, che avevano fra loro liti interminabili, fu teatro di continue guerriglie e di sanguinosi coiflitti. Nonostante la grande importanza che questo.piccolo fortilizio ebbe nella storia, esso, ai giorni nostri, è pressochè sconosciuto al mondo degli studiosi e perciò ho tentato di raccoglierne succintamente Ie memorie in questo capitolo. Poche e frammentarie sono le prime notizie che si hanno di questa solitaria torre. Alla metà del secolo XII ne era feudatario o castellano un tale Adenolfo de Aqua Put:rida, il quale si ribellò al pontefrce; questi gli rnandò contro le milizie romane che a lungo assediarono il castello. Alla frne Adenolfo dovette arrendersi a discrezione ed alzare sulla torre lo stendardo pontificio. Il giorno seguente (27 set. I 158) ad Albano fece atto di sottomissione prosternandosi, a piedi nudi, con una corda legata al collo, davanti ad Adriano IV e, dato in ostaggio il 6glio, fu perdonato e riebbe il fortilizio in feudo. r) a) Ncll'Arc. Caet. si conservano numerorc impronte dei b) ln un memoriale della mctà del sec. XV (C - 73?, si lcgge: lpsa îul! et erat, prout esl, ln loco edíló ct a naluta munÍto poslta et quod angustum e! dffictlc habebat, proul habe|,

An

t) Líb. Dcmw,

Ccns.,

l-2,

8.

l,

p. 427

i

CÎ, Mut., Ant.,

íla

hanseunlfrus

ìle Ragno

NeapolíIano

ad Uùcm el

conlra

et claoís quodammodo Matlllímc ctal, ptoul csl, ct quod quí íIlam oblínel Fro tcmpoîc sí supcúírc cuplo,l potest rcdeunlibus

vari sigilli usati dal cardinale.

Il, p.

331.

ecclesle Romanc

dampna

et

ct

prottíncíalîbus Martl!ímis et finltlmts mogna

incurslones hostíIcs facere

ct

permíllerc.


LA TORRE DE,LL'ACQUAPUZZA

Lib. V, Cap. XLV.

Non venne tuttavia meno il timore che la torre potesse cadere nelle mani dei nemici della Chiesa; ed infatti il nuovo papa Alessandro III, addl 22 novembre I 159, raccomandava al castellano che non si allontanasse dalla rocca senza lasciarne la custodia ad un fido balestriere, bene munito d'armi. l) Negli ultimi anni del pontificato di Alessandro III e nei primi anni di quello di Lucio III (ll8l'1185) era sorta di nuovo un'aspra guerra tra i sermonetani, da una parte, ed i ninfani e sezzesi con a capo Landolfo da Ceccano, dall'altra. GIi abitanti di Acquapuzza presero Ia parte di Sezze.z) Troviamo in quei tempi che la tenuta dell',.. Orgíol" r,, che stava tra rl fiume Acquapuzza ed il Ninfa, era stata tolta ai sermonetani per opera dei signori di Acquapuzza ed Alessandro III la fece restituire per mano di Fortunato, suo ostiario, e ne precisò i confini. D Il 14 marzo llB3 Oddolina, figlia di Adenolfo de Aqua Pubída e moglie di Roberto Frangipani, consentì alla divisione dell'Orgiale tra essa ed i signori di Sermoneta. a) Da questo documento risulta che allora esistevano selve e peschiere in quella località. Si venne ad accordi di pace, ma tuttavia negli anni seguenti continuò la guerra per i confrni; ai sermonetani si erano uniti gli uomini di Velletri e di Cori ; Innocenzo III cercò di ricondurre la pace e verso il 1207 incaricò Ugolino Conti, vescovo di Velletri, suo parente, d'imporsi di autorità e di ordinare, sotto pena di 1000 marche d'argento, tanto ai ninfani, ai sezzesi e a Sanguígno castellano di Acquapvzza, quanto agli uomini di Velletri, Cori e Sermoneta di rispettare le promesse fatte e di desistere da guerre, discordie, catture, incendi, rovine e dall'arrecarsi ulteriori danni, prudentemente esortandoli con le parole equítabítís sine uccísìone, mulilatione et incendío ,', 5)

i

,,

Et tunc si equitatseritís,

I

parenti di Sanguigno rimasero castellani d'Acquapuzza per vari anni; nel I 216 (13 set.) Onorio III confermò la castellania a Sanguigno di Parisi, nipote probabilmente dell'altro. 6) L'otto giugno 1224 rl castello fu affidato a magísteî Maxímus, suddiacono e notaio di Onorio III. D Della rocca si parla in un atto del 4 febbraio 1257.8) Il Contatoree) riferisce che da questo piccolo paese ebbero origine Giacomo vescovo di Frigento e Matteo vescovo di Telese. Rinnovatesi le interminabili discordie, nel 1268 i sezzesi armatí dí spade, rotelle, baliste, scudí, corazze e mazze di ferro, con bandíere spiegate e aI suono di tube assslírono Ia rocca di Acquapuzza ch'era della romana Chiesa ... con anímo di uccidere i custodi se aúessero fatto rcsistenza. Espugnata Ia rocca portarono prígioníeri in Sezze Gíooanní Famulo castellano, e frate Guido da Pescía minore osserùante deputato ín cose della rocca sfessc,' però tosto lí l0) ríIascíarono e rcstítuírono Ia rccca alla Santa' Sede. Nel 1272 il vicario pontificio in Roma ordinò alle città di Terracina e di Piperno ed agli abitanti di Acquapuzza di mandare uomini a Roma per i giuochi del Testaccio nonchè una certa quantità di vettovaglie, come per antico obbligo; le popolazioni si rifiutarono e perciò il vicario mandò gente armata a castigarle, ma il 22 luglio Gregorio X gli ordinò di desistere da ogni angheria. lr) Quando gran parte della Marittima passò nelle mani dei nipoti di Bonifacio VIll, la rocca dell'Acquapuzza non fu inclusa né negli acquisti né nelle concessioni in feudo, perchè forse il pontefrce non volle inacerbire gli animi dei sezzesi, che da secoli disputavano ai sermonetani I'annesso territorio. Non saprei dire a chi appartenesse durante I'anarchia che imperversò nelle .provincie romane dopo che i papi ebbero emigrato ad Avignone; mi pare difficile che i t) Coatal., p. 269. 6) Gio. Scl., p. 231. tl) Conlal., p, 199.

7)

2) Pant., I, p. Ioí,

p.239.

248. \ Pa.. 20O6,2807' {) Pre. 1096. t) Pant.,l, 298, cit. Arc, S. Maria. ')

u) Botg., p. 258, cit. Bibl. Colbe*ina, Cod' ó35' Contat.,

p.471.

tD Mot.,

D(V, p' 7l'


Proprietari vari

lu59-14n1

59

-t'è

1r,ltù

Torre di Acquapuzza (Stato attuale)

rettori della Chiesa ne abbiano Fotuto tenere Caetani

il

possesso

e forse ne cedettero, il vicariato

ai

o ai sezzesi.

principio dello scisma d'occidente, dietro istanza di Onorato I" Caetani, I'antipapa ln poseso dei caetani: Clemente VII, diede il casiello in feudo a Tuzio di Domenico di Sermoneta ed esso rimase in potere degli scismatici sino -alla fine del secolo.r) Con la morte di Onorato (1a00) e la vittoria delle armi della vera Chiesa, si può essere sicuri che il castello, assieme a Sezze, ritornò all'obbedienza di Bonifacio IX. Nel 1405 Innocenzo VII incaricava il rettore della Campagna e Marittima di preporvi una persona a sua scelta. 2) È da notare che in tutti questi anni la rocca dell'Acquapuzza rnai era stata direttamente affidata alla famiglia Caetani, nìalgrado la vicinanza dei loro feudi. Quando però al principio del secolo XV, nel corso della guerra tra angioini e durazzesi, le sorti di Luigi III d'Angiò, dopo la battaglia sul Garigliano (19 mag. l4ll), andarono declinando ed egli fu costretto a allontanarsi da Roma (l*g.), il papa Giovanni XXIII pensò bene di affidare il passo dell'Acquapuzza ai signori di Sermoneta che valorosamente combattevano per la parte angioina, sperando così di sbarrare I'accesso nello stato pontificio al re Ladislao. Il l8 dicembre di quell'anno fu concesso a Giacomo II Caetani, per la durata di tre generazioni, il vicariato generale del castello con tutti i diritti, le giurisdizioni, i proventi e i pedaggi per I'annuo censo di uno sparviero addestrato alla caccia degli uccelli (unum accipitrem bonum ad aucupia), da conregnarsi nella

Al

r) Cf.

parte

I, psc.3O2.

?) Gío. Ser., p, 158.


LA TORRE DELL'ACQUAPUZZA festa dei SS. Pietro e Paolo alla curia romana ubicumque fuefit, tuís ptibus, periculís et fortuna. t)

Occupata

da re Ladislao.

Assegnazione

ad Onorato

lll.

Ub. V, Cap. XLV.

et

ípsorum

fiIíorum sum-

Dalle parole della bolla si sente che guasi a malincuore il papa concede questo importante fortilizio; numerose clausole specificano che ufficiali e soldati ogni sei mesi prestino giuramento nelle mani del rettore di Campagna e Marittima, che i Caetani debbano quandochessia accettare presidî pontifici, che nulla si possa cambiare all'ordine delle esazioni e dei pedaggi e che mai la f,oúezza possa essere usata a danno della Chiesa. Dovette Giacomo prestare nelle mani di Antonio de Chalant, cardinale di S. Maria in Via Lata, lungo e solenne giuramento di fedeltà e di obbedienza, promettendo di combattere lo scisma e tutti i nemici della vera Chiesa. Per i Caetani I'Acquapuzza eta di suprema importanza, perchè questo passo era sul confine fra i territori di Sermoneta e Sezze ed il fortilizio poteva servire loro di baluardo contro le incursioni, che da piir secoli i sezzesi periodicamente facevano nel territorio di Sermoneta. D'altra parte Ia comunità di Sezze, per I'identico motivo, cercò d'impedire che i Caetani avessero il dominio di questo unico passo verso Roma. Il possesso della piccola rocca fu di poca durata, perchè probabilmente verso il principio del 1413, assieme a tutti i possedimenti di Giacomo II nella Marittima, cadde nelle mani di Ladislao e quando il re, dopo I'occupazione di Roma (mag. l4l3), costrinse Giacomo a prestargli obbedienza e gli restituì le castella, ne escluse la terra et fortellicíe Acquapucze, le quali erano state date a Paolo da Celano, commissario del re. 2) Durante le tumultuose vicende che seguirono il concilio di Costanza, Giacomo non si curò di pagare I'annuo censo di uno sparviero, né saprei dire se effettivamente fosse in possesso della rocca. Il 3 marzo 1423 la sua posizione rispetto alla Chiesa fu nuovamente regolata, avendo egli presentato dieci sparvieri in pagamento del censo dovuto per gli anni passati, ed in quella occasione regolò altresì le corrisposte arretrate per alcune altre terre.3) Il 16 febbraio 1426, il censo di uno sparviero fu 4) I Caetani rimasero nel possesso commutato nell'altro di dieci libbre di candele di cera. indisturbato della rocca sin verso il 1437, quando il cardinale Vitelleschi, incaricato di ristabilire I'ordine nello stato ecclesiastico, con mano ferrea demolì infinite torri e spossessò molti baroni delle loro fortezze; sotto scusa di necessità militari, tolse I'Acquapuzza al fanciullo Onorato III Caetani e si disse che ciò avvenisse per connivenza del tutore, lo zio Francesco. ù Pro forma gli fu 5) Dapprima la rocca fu afrdata data una u cedula ' o ricevuta con la promessa di restituzione. in castellania ad Antonio di Giovanni Gambariconi di Sezzeó) e, dopo il 1441, fu data in custodia agli uomini di, Velletri che la tennero sin verso il 1449. D Non credo improbabile che in quell'epoca venisse distrutto ed abbandonato il piccolo borgo adiacente alla rocca, perchè nel l4ll e nel 1426 è ancora detto casfrum, mentre che nel 1450 è designato castrum dirulum.ll Pantanelli afferma che gli abitanti emigrarono a Sermoneta. Onorato, dopo che con I'aiuto dei sermonetani, ebbe scacciato dal suo malgoverno Francesco Caetani, si adoperò insistentemente per riavere la rocca e finalmente vi riuscì per interessamento del suo amico, protettore e compare, il cardinale Ludovico Scarampo di Mezzarota. Questi, in data del 22 novembre 1449, con breve di Nicolò V, fece restituire dai velletrani la rocca in mano di Lorenzo Cecchi di San Casciano, il quale ne fu deputato castellano. Il seguente primo gennaio scriveva ad esso: De conmíssíone de nostro Sígnore, oruculo a)

L

intera complicata rtoria

di

Acquapuzza

dal tltl

in poi è espoota estesamente in un lungo

memoriale

di

Onoroto

lll

(C-73t\. r) Prg. 2558.

p. 122; Prg. lE4E.

2)

i)

Ptg,959. Gto. 5.1,, p.

s) Prg.

295.

a) Pts,. 1617, 1568; 7) Borg., p, 365.

1538.

Atc. Vat., Ara. 29,T".9,î. l%.

6) Can Doc.,


Disputato

at1t2l

possesso

oíoe oocís ad nuí facta, oí conmandamo debíate consígnare Ia roccha de I'Acquapuza con tucte sue munítíuni et pefiinentíe íntegramente ad qualuncha persona mandarà lg eI signor Hono-

rcto de Gagtani et consígnata Ia haoerrag rctornaríte qui da nui. t) Il sei gennaio Onorato si presentò personalmente alle porte del fortilizio, munito di questa lettera del camerlengo, che fu letta ad alta voce davanti a vari testimoni. Poi Lorenzo Cecchi prese per mano il giovane signore e lo condusse per il fortilizio, facendogli toccare le mura, aprire le porte, calcare il suolo e gli consegnò le chiavi. 2) Per questa restituzione Onorato pagò 902 ducati e, il 18 del mese, Nicolò V donò in perpetuo la rocca a lui ed agli eredi. 3) Non appena awenuta la donazione al favorito del potente cardinale Scarampo, sezzesi e velletrani alzarono un coro di proteste, allegando che Ia Chiesa si spogliava di un importantissimo fortilizio a favore di un barone e a danno delle popolazioni della regione, e tanto baccano fecero che il 2O del mese il cardinale dovette scrivere al compare Onorato di restituire la rocca in mano a Stefano da Reggio latore della lettera. a)

il

focoso Onorato non si volle piegare alle macchinazioni dei suoi nemici e vi fu una scenata davanti alla rocca dell'Acquapuzza quando egli si rifiutò di obbedire agli ordini ricevuti; protestò vivacemente presso il papa ; vi furono suppliche, incertezze, ordini e contrordini, finchè il 3l gennaio Onorato fu costretto a sottomettersi alle supreme autorità, ricevendo però in grandissimo e sacrosanto segreto la promessa di restituzione, dopo trascorsi due mesi. 5) Cessata I'eco delle prime proteste e fattasi una inchiesta per sapere a chi veramente spettasse Il passo dell'Acquapuzza ovc si riscuoteva il pcdaggio' di diritto la rocca, furono riconosciute le ragioni di Onorato e questi fu reintegrato nel possesso per cui, il 28 dicembre del 1450, completò tutti i pagamenti dovuti e ammontanti ad oltre 2000 ducati. ó) Riavuta la rocca, Onorato si afirettò, col consenso del papa, a munirsi di una copia di tutti i documenti riguardanti il tanto conteso possesso, D ben sapendo quanto questo gli sarebbe stato disputato nel futuro. Infrerivano piir che mai in quel tempo le liti, angherie e violenze tra Onorato Caetani ed i suoi sermonetani, da una parte, ed i sezzesi, idl'ultr". È naturale quindi che egli venisse accusato di pretendere indebite e immoderate esazioni al passo dell'Acquapuzza, per cui la rocca gli fu tolta nuovamente dal papa, ma, verificatesi infondate le accuse, il 4 di ottobre del 1454, fu reintegrato nel possesso di essa. 8) Quelli di Sezze però non la dettero per vinta e, il 14 dicembre 1457, mandarono una petizione a Calisto III, esponendo che essi nei tempi passati erano stati soliti di pagare le spese per il mantenimento della rocca, la quale veniva custodita dagli uomini di Cori e di Velletri; dicevano inoltre che, da quando Onorato ne era entrato in possesso, venivano talmente maltrattati e gravati che, se Ie condizioni perdurassero, dovrebe) bero i sezzesi trasferirsi in altra località e lasciare deserta ed inabitata la loro terra; affermazione alquanto esagerata. Comunque tanto fecero e tanto dissero da indurre il pontefrce a riprendersi Ia rocca; e vi riuscirono facilmente, perchè in quel tempo Onorato militava per Giovanni Evidentemente

7)

r) rìs. gll. C-762. lll.

zj loi.

r) Prc. 983.

9

Pre. 1091. ') Pte, 2193.

r) C.751.

'\

C-741

t C-742: C-744: C-715.

t) Pre.

1848,

2lll.


l-ib. V,

LA TORRE DELL'ACQUAPUZZA

62

Cap.

XLV.

d'Angiò (1459-1464) eperciò s'era inimicato I'animo di Pio ll. Nel 1468 I'Acquapuzza era tenuta da Govanpi Francesco di Bologna, familiare del papa, in qualità di castellano pontificio. r) Cambiati i'tèmpi e venuto al potere Sisto IV, la rocca fu restituita ad Onorato I'otto di ottobre 1471,2, softo cauzione di 10000 ducati d'oro. Poco dopo, ricevuto ordine per la ennesima volta di restituire la rocca (16 mar. 1474), Onorato si riflutò, per cui fu chiamato a Pagare la sua t Nel 1482 Sisto IV ordinò di consegnare ilfortilizio al rettore cauzione di 10000 ducati (16 apr.). di Campagna e Marittima e scrisse anche ai sezzesi che se ne impadronissero con Ie arrni. Molto ancora si potrebbe dire su come la rocca fu di continuo tolta e restituita, ma troppo noiosa sarebbe la storiella per chi Ia dovesse scrivere, peggio per chi la volesse leggere. Aggiungerò soltanto che probabilmente al principio del secolo XVI il fortilizio rimase in buona parte diroccato o abbandonato; il possesso della torre tuttavia si mantenne nella farniglia Caetani sino al principio del XIX secolo. Ancora nel settecento la via .. papale > sottostante era chiusa con un portone ed una catena di ferro ed ivi, secondo I'antichissima consuetudine, dai custodi del duca veniva riscosso il pedaggio dalle persone a cavallo, dai vetturali con some, dai calessi e dalle u) cÀtÍozze, ma i sermoo"tuni, sezzesi, bassianesi e cirsternesi erano liberi da qualsiasi gravame. Confini,

diritti e rcdditi.

.) I

confini, diritri e redditi di Acquapuzza nel secolo XV sono elencati in una carta del secolo XVll, che è una copia di un'altra autentica eltratta nel l45l dai registri della Camera Apostolica (C-762. III). In considerazione del suo speciale interesse, riproduco integralmente il documcnto:

Hoe est exemplum sloc bansumptum omníum et síngalorum íuium cl peilinènllatum rccchae Aquaepu!fidae et eÍus tenílotíi et ì!ístrlctus

ct

în prooíncia Marítím<ie síIuatae, oldeltcet herbatícorum

pascuorum, spícalícorum

ccntuum

el

passuum, frucluum et tedilítuum,

el cmolumenlorum, reddítuum eI setoítíorum omnlumque

okarum íuisdîctíonum línentìum, lam

dc

ail

pteìlíclam toccham quomoilolíbet per-

consueluilíne quam de íure, prou! ínfertus

pat

llcularllct apparebí|, rcperlum et ínoentum inler alla în rcgeslrc oc omníum cíoitolum et cashorum prcoìncíaet Marilímae, copíatum, exemplalum et ttan' tum Campaneae bonorum Comerce

sumplatum per me nolarlum ínfrascrlplum, ail ínslanlíam eI pelllionem magníficí et polentís ìlomíní Hononlí Caelanl de Setmínefo, ptesenle e! rccíplente pto eo seî lacobo notaríî lacobl

ile Bassíano ct àius csncellaio et ad hoc speclalíter mÌsso et ilcputalo, ile manìlalo' auclodtale et decrcto magnífct e! e*cellenlîs u. í. d, ilomíni Mansuell de Monsue!ís cioÍs pruslni, comílis palatlnl, prolínclatum prcdíctarum rcetofis

Ntrrilat Cíîtae

iftgnlssimî pro S.mo D. N. D' Nleolao papa quínlo nec non r. pahls e! exímtl legun doctorís ìlominî Angell ile Alletíís de IJrbc, canonícÍ lateranensís, ín dlclís prooíncíís spftitualls el

el alíatum guarumcumque ef possum seu regesl'fs Campaneae et Mait'

íurlum, íurísilíc!íonum et domíníi

ai!

rcrum

i!íclum caslrum, rcccham, tenlmentum

speclantíum, quae

ín

llmae contínerentut et

líbrís

rcperhentut' Datum

Romae apud San'

ctum Petrum sub Anulo Píscatotís i!íe t9 mensls íaruta:/í, pontifieatus nosttl anno 4o. Poggîus: a lergo : DíIectís filíis Mansuelo de Mansuetís legum iloclorí petusíno ac lhesawatío prcoíncía'

rum núharum

Campaneae

et Matítímae'

D

Quod quídem regestîum de ptesentí tígatum, tabulatum et scríptum ín caila coilna magna, contínens în se CLXXVIII cat' tas

et

íncípít

ín

príma

ípsíus rcgesttl ísto modo ínfraserîp'

caila

to oíilelícet: Tabula ínfrascríptí tegestrí et bonorum

Came'

tae ac omníum cloítatum et caslrotum ptooíncíarum Campaneae et Mbitímae ac bonorum, rerum, oassallotum' rcddíluum omnìum

quoÍumcumgue debîIorum

ptou! pailícularílet

et

et

oblígatorum Camerae suprcdíctae'

dís!ínciím latius ínfertus notalut; el

deínile sequítut tabula ípsíus tegestrí. Et post ípsam tabulam se' quuntut par!ícularílet omnes cíoítates et casba dd' ptooincíarum cum luríbus, íutisi!íctioníbus el peilínentíis eorumdem el ínlet ipsas cíoîtates' el castta, quasí ín fine ípsíus regesttÍ, fol' centesímo et sepluagesímo teilío et centesímo septuagesímo quatlo, scrípta omníbus cum Aquaeputidae preillcta rcccha annolata appatet lutìbus, íurísdíclíoníbus

el

pettínentlis sur's rhfrascrfpfr's, tenorís et

contínentíae subsequentís, oìdelícet :

lhcsauratíl, oírtute et ex causa manilalí praefalis dìl' rcclorl et thesaurcrto per praellbatum S. D. N' factí per guoìlilam breoe Sanctllatts elusdem eísilem lnde míssí et emanatí, cttius quídem

u Roccha Aquaepubídae: ín roccha Aquae Pubídae, sita ín prooíncia Mailímae iuxta Monlem Antígaaní, el a pede luxta Iocum ubl nascílurAquaputfido,domadío (!) et manuale Camerce Sanelae Romanae Ecclesíae , rcclot et thesawarius proaíncía'

brcoís lenor Per omnía lalr's est.'

rum

(1451 genn. 19)

-

o

Nícolcus papa guínlus' DíIecú

ffti

et apostolîcambeneilìclíonem. Cum ililectus nobílís oír Hononlus Caelanus ilomínus Sermonelae atl fugíenilas líles et

salute,m

conlroúetsías rccchae

et

cupial sche quae speclent

passum

ad

castrum dírulum

et tenímenlum Aquepulidae, oolumus el tenore

ptesenllum manilamus oobís eI oeslrun cuíIíbet ul ilelís el dai omníum et síngalarum laclatís eí oel suo ptocurctotî ttamsumpta passuum' tenímentî' confi níum' capllulorum, Paétorum, su lpturcrum,

') Atc' Vot., Am. XXVlll' Div' Cam'' n' 34' XXVlll, I]Év. Capr., T". 36, f' 266t C'2329' I'

) Arc.

et Maútímae ponít castellanutn, cuí lpsam castellaníam, factís subhastationíbus consuelr's ad Campaneae

oendunt hancum

íurís ilil. prorsinclatum mote solíto, ptetío quo possun! melíoi plus oferentí cum omnÎbus íuibus peilínenlíisque tocchae pre' díctae et eíus terrítoríi et dístfictus' otdelícet pascuís et heúa' lícís, spîcatícís el passtÚus, ftuctibus, teililítibus et censíbus ac emolumenlorum rcildítíbus et senítíis et omníbus alljs tutísilí' ctlonÍbus ail ptedíctam rcccham pertínenlíbus tam ìle consuelu' ilíne quam de iure. Qut quíilem caslellanus' sumplo oficío el

Cael', molteplici carte ín

C '2312' lli

Pe.q,'

297'

) Arc' Vol"

Arm'


Confini, diritti e redditi

[sec. XV]

63

datís cautíoníbus de rcccha rcddenda et rcsígnanda ín maníbus domínorum predíctotum, aufert transeuntíbus passaglum rc-

dunmodo ad lurmam non adscendan!, denatÍos duodecìm. Itcm pro qualíbet persona haebralca hsnseuntc per díctum territoríum

clperc rcddllus, census, fructus, íurc íurísdíc!íonemque manulenere et defendere tenítoríum rccchae predíctae ínferîus confinatum et

et passum denarios duodecím. Passagium oero aufeilur ct collígí facít caslellanus prc:líctus a lranseuntíbur per flumen ct per

alía facere eI exercete, ptou! ínfeius parlículadtet declarclur. IURISDICTIO, In prímís habet predícla rcccha pet se ipsam lerrìtofium suum posítum ín cftcuítu ipsíus luxta oíam Belllhomínís, Íuxta Pesclum Rubeum per montaneam oersus Antognîanam rccle ut prelendltur exeundo ad lerram Bassíaní et a oía Bellíhomínis, slcut oadet oÍa Antínae, et exeunCo ad. olam flumícelli sícut prelendít fossalum díctum Mortaccìnum, exeundo ad dictum flumícellum íuxla tenílotíum tetae Sclíae rccle ubi íunguntur flumína Pulridae el flumícellum, ab anlíquíIus collígít, solel pasrus exeundo rccle per flumen supefiorem usque ad fossatum Vínefij ínter tetrítoium Sermone!í et tetilofium Aquaepubídae exeundo ad fossalum rectum Veneií sícu! oadil ad fossalum Anlognaní, sícut oadíl rccle alle Gloctone usque ad puteum fossatl AntogníanÍ, ubÍ íunguntw lerrilo:ria Setíae, Aquaeputúìlae

et

BassíanÍ exeundo usque ad predictum

(l)

Rubeum. Quí castellanus predíclus potestalem et auctofifatem habet proced.endí et ínquírendí contra onnes delínquentes

Pasclum

ín praefoto tenílorío et díshÍctu, el ípsos punfie et condemnare Iam ín crímínalíbus guam ín damnís da!ís, secundum formam capítulorum danilorum

par dictos comítem el'

lhesaurailum, et secunilum formam cons!ítutíonum díctae curíae generalís, casíbus ad ípsam cuiam generulern ín omnÌbus sempet saloís et rcserúalìs.

IURISDICTI O. Item nullum slabílía

ín

habens,

oel

possídens bona

lerrÍtorío dlclae rccchae potest oendere ípsa bona

nísí quatenus de lícenlía, ooluntale et decreto predíc!í castellaní procedít et soloít pilmo predîclo caslellano capu! líhrum, oíde-

Iícet pto gualíbet IU RISD IC

líha denatíorum denarios duodeclm. T t O. Item castellanus ptedlctus íutlsdíctíonem

habet aufetendt passaglum |ranseuntibus

et

Ínlrcntíbus lenito-

stratam Antognaní ac per ilratam rcclam

IURISDICTtO

z

ltem ex antiqua consueluiíne castellaai,

oígínti quinque

líhís, et

ammíssíone bonorum pro guíbus tene-

balur soloerc passagiunt,

IURISDICTIO. Ilem ex antíqua consuetudine ac telatione plurimorum fiCe dígnorum massaríorum de tena Seliae castrorum Sermonetí ct Bassíaní Caslellanus quì pto temporc fuít, pro nunc est el ín fulurum erit, pafiter exhaherc grassíam pro fulcimentís tocchae ptedíctae pîo suae IíbíIo oolunla!Ís síne lícentía'offcialum predíctarum tettarum de ípsìs lettis, el fenea, arma cum familiatìhus suíd lamguam Sanclae Malis &cleiae offcíalís et castellanut.

BONA MOBILIA ROCCHAE PREDICTAE. Bona nobtlia rcperla et exìstentia ín rcccha predicla sunt lsla intrascripta, oídelicel: Una campanella dì mctallo, unum malaraccium fractum, una culcìlra fracta eum nodíca penna. Ilem 'trîa capílelía plena de penna, duae culcítrae tolalilet deslructae, unum prîmìalum de aete, una spumatoîia Prc aqua. Ilern duae peloes, una magna et und pafla. Item una balísla fracte síne cordula. Item unum suppedaneum síne coopertoîio. Item una leclíca pto leclo. Item duae prcdulae pro sedendo. Iten d.uo pedístallí ct una mensa pro comedcndo. Item una oeget capacítatís duarum caballotarum. Item

una predula pana. Itan

una lucema dì feno. Item

scríplam, oîilelícet pro qualíbet salma grunî per dÍclum lerríloium hanseunte ilenaríos duodecím. Ilem pro qualíbet salma pannotum colotís eI guatnellorum solíilos qualuor. Item pto quolibet

gualema lìbrorum ecclesíastícorum sctípta

qualuor. IIem pro qualíbet bonecta pet díctúm lenítoium lranseunle soL quatuor. Item pto gualíbet salma caseí per dÎctum lenílofium banseunle sol. quatuor. Ilem pto qualíbel salma cedre pet dÍclum lenÌtotíum lrcnseunte sol, guatuor. Item pro gualìbet salma olei pu dlctum tertítoium transeunte sol. qualuot ltem pro qualibet salma fenî pet dlctum lerríloríum transeunle sol.

qualuor, Item pro gualíbet salma canapìs sol' gualuor. Item pro gualíbet salma líní sol. guatuor. Item pro quolíbet líbto tabu' Iato sol. quatuot. Item pro quolibel equo, qul ductlut ad oendendum síoe dístrcctum sol. qualuor. Ilem pro gualÍbet salma pelllum sol. quatuor. Item pro guallbet cassa fenala sol. guaIuor. Item pro guolíbet leclo sol. gualuor. Item pro qualíbel salma anguíllarum slccarum sol. qualuor. Item pro quollbct cenlenario íestíarutn pecuilínarum et caprinarum per díclum tenílorlum transeunte sol. oígínli. Ilem pro gualíbet salma satdarum síccarum sol. iluos, Item pro qualìbet salma fabarun et alíarum lígumínum denados decem et oclo, Item pro qualíbet solma semlnìs Iíní denaríos duod.ecÍm. Item pro qualíbel salma mortulae per ilíctum tenitoríum transeunle den. gualuor. Item pro qualíbe! bestía baccína oel bubalína per díclum tenÍtoium lranseunte ilanaios duoilecfm, Item pto qualìbet salma satdarum rccentíum sol, tres. Item' pto qualíbet salma píscíum aquae dulcis per díctum tetrítoríum transeunle tol. trcs. Item pro qualíbet bestía porcina, pecudina, captìna pq dictum lerrítorìum banseunte,

rccchae

qui pet Sanclam Romanam Ecclesíam fuerunt in rocchd predícla, ptocesserunt tam ex offcio tocchae ptedìctae quam oigoîe oftcíJ sui prccedere et ìnqulrere coiztra omnes delínquentes In predícta roccha et eíus lenílorio et dístrictu, eI condemnarc et puníre, ac penas aufene ftaudantibus passum prediclum

ríum rccchae preilíetae secund.um modum et formam ínfra-

somarío, qui ducítut ad oendendum, denaríos duodecím. Iten prc qualíbet salma aerís per díctum terrítoríum lranseunle solídos

a peie

pred íct ae Acq uaeputr Ídae.

unum

tgrríbulum slne cathena. Ilem

in lìIterc

oetmen-

tana. Item unum salarolum pro saie. Item unus lapís pro mottato. Quae bona omnia íntenímus nos rcglstratorcs ln rcccha prcdícta apud notaríum Antoníum lacobcllí de castto Antícolí castellanum nunc rccchae prcdíctac.

BONA MANUALIA ROCCHAE AQUAEPU. TRIDAE. Sequunlur bona mdnualía rocchae prcdíclac, oí. delíce! posíta ín tetfilorío dictae rccchac, confinata ínfefiw, ín quantutn mensurae mensurantut et semínanlur. In úímís hahct toccha prei!Ícta pro ecclesijs S. Marìac ct Sanclae Ceciiíac dccem et octo mensutas teúatum posítat ín dlcto leftítoÌío Aquaepuhidac íuxla oíam Bellìhomínís, íuxla slratam pubblÍcam el íuxla alíos fines, Item habet predícla îocca pq eccleslam S. Mailae síIam ín dlcta rorcha ceîlas tefias potilas ín díclolenítorío Aguaeputrídac

ín contrata Fossatí Venetíj íurta ipsum fossatum, íuxtq rem Petrc Conte de Bassìano et iuxta alìos fines, rcmínís decem ct octo mensurarum, Item ptedícta rcccha habet peî cccletíam S.tl Nícolaí sítam in dícta roccha guasdam leîîas, positas ín dícto tetrítorio in conbala Monte, íuxta rem Stephaní lohannís Pcbí ile Setía et slratam pubblicam el íuxta alíos fines suos, semínis qualuot menturatum, Tenentur ením cleficí et benertcíatì preilíctarum ecclesíarum qualibet hebdomada facerc celebrarc mltsam ín díctis ecclesìjs, prout ín quodam líbello Po;roo not rcgisltotorcs scríptum inoenímus,

sì ftuctus íntendunt

percípere prcdictarum

lenarum, Item halr;t prelícta rcccha quoddam casalc posìtum ín tenítorío pre:licte rccche ín loco quî dícttur fossatum Vcnaíj, íuxla Ípsum fossatum eI íuxta rem Pedaní dc Basúano cI

íuxla alíos fines, iuxta rcm Palombellí dí Bassíaao,

tríum tubrotum >.

scmínís

a


Caprrolo XLVL

C

I S T E R N A. (sec.

XIV -XVD

Sulla Via Appia, a non grande distanza da Roma e proprio sul limite settentrionale delle paludi pontine, sorge I'antica ed oggi florida tena di Gsterna. Afferma il Tomassetti che essa abbia preso nome da qualche serbatoio che Nerone fece costruire per alimentare Anzio e che perciò nel medio evo fu detta Císferna

Sunto storico.

Neronrs.

La

maggior parte degli storici

Tres Tabernae

la

vogliono identificare con le

di cui parla Gcerone e, anche se ciò non è

è tuttavia certo che I'odierna piccola città è sorta nelle immediate vicinanze dell'antica località, ove si trovavano tre osterie per il ristoro dei viaggiatori i quali, venendo da Terracina, avevano percorso la lunghissima e deserta Via Appia. Stemma del card. Vtellcschi. g 1461') Ricordano gli Aut degli Apostolí che nell'anno 59 di nostro Cattedrale di Corneto Tarquinia. Signore, recandosi S. Paolo a Roma per essere giudicato dall'imperatore, gli venne incontro a Tres Tabernae un grande stuolo di fedeli, e vuole Ia leggenda che egli quel giorno fosse trattenuto prigioniero nei latiboli dell'antica l) torre che ancora ai giorni nostri si eleva sopra il palazzo Caetani. [n memoria di tale e così grande awenimento Tres Tabernae fu eretta in sede vescovile, ma di tale titolo si perdono le tracce alla frne del VII secolo, e verso la metà del XII si comincia a sentir parlare di Cisterna. Alessandro III nel I 159 passò per questa terra mentre si recava a Ninfa per farsi incoronare. C'informa la cronaca ceccanese a che nel 1165 i tedeschi dell'imperatore Federico I, in odio al pontefice, incendiarono I'abitato. Già da quel tempo la terra apparteneva ai Frangipani, le cui ragioni nel XIV e XV secolo passarono in mano.degli Orsini, dei " Ceccarelli " e di altre famiglie, sino a che si concentrarono tutte in quella dei Caetani. L'antica Gsterna ncn ebbe fortuna nel suo tentativo di sorgere e 6orire, perchè, ogn'i volta che cominciava ad assumere una certa consistenza, veniva di nuovo saccheggiata, arsa e 3) Per queste rasa al suolo; così nel 1328 le milizie di Ludovico il Bavaro ne fecero scempio. perfettamente esatto,

r) Mor,

IXXXIX,

pp. 78-84

)

Cl. Tomus.,II, p. 390.

8) Cf. pa*c

I, pse.223.


Sunto storico

[eec. I-aec. XVIII]

ragioni la terra, malgrado la ricchezza del suo territorio, rimase diruta ed abbandonata, ad eccezione della rocca, sin verso la fine del XV secolo. Cominciò a risorgere nel cinquecento quando la nostra famiglia ne fece il centro amministrativo del proprio stato e vi eresse il grande palazzo, ad ornare le grandi sale del quale, verso il 1570, furono chiamati i fratelli Zuccari. Nel l5T?troviamo che Onorato IV Caetani sollecitava suo padre Bonifacio perchè venissero ultimate le decorazioni in attesa della promessa visita di Gregorio XIII. I Caetani, in questo e nei due secoli successivi, vi costruirono tutti gli edifizi di una certa importanza che oggi ancora si vedono e crearono la piccola città, che però tardò a popolarsi per ragioni della malaria e dello stato selvaggio delle campagne; nel l70l contava

solo 1780 abitanti.

r)

Ora le campagne intorno a Cisterna sono attivamente coltivate, ma durante tutto il medio evo, quando gran parte del suo territorio apparteneva alla università di Ninfa, dall'uno e dall'altro lato della Via Appia, si stendevano sterminate foreste di cerri e roveri, che terminavano sul limite del u campo ,, di Sermoneta e delle paludi di Piscinara. Il pascolo era I'industria principale e nelle selvagge macchie dagli alberi secolari abbondavano i cignali ed i grandi cervi dalle maestose antenne, delle quali si rinvengono a volte belli esemplari negli scavi. Infatti nei secoli XVII e XVII Cisterna diventò un rinomatissimo ritrovo di caccia e memorandi furono Ie feste ed i banchetti dati nei boschi, ove i convitati videro il vino zampillare dalle quercie. Alla fine del cinquecento guando infierì il brigantaggio e sino all'epoca della caduta dei Borboni, queste macchie, solitarie e spesso impenetrabili, diventarono il covo di ladroni e malfattori, tanto è vero che i papi ordinarono il taglio delle foreste ai due lati della Via Appia

per una profondità di 200 metri. Con le carte del nostro archivio si possono seguire minutamente i trapassi di Cisterna da un proprietario all'altro a partire dal 22 ottobre 1338, quando Pietro del fu Riccardo Frangipani vendeva al venerabile Orso di Giacomo di Napoleone Orsini, canonico di Lincoln, la quarta parte del castello con la rocca nonchè un quarto della tenuta .di Tivera, la metà dei .. Castellari ', ovverosia il casale di S. Andrea, detto anche Grotta dí Nottole, e la quarta parte del 2) Gli altri membri della famiglia Frangipani grande palazzo e delle case adiacenti al Colosseo. mantennero le loro ragioni sino al principio del secolo XV. La narrazione delle molteplici e complicate compre'vendite, permute ed ipoteche successive di,Cisterna non presentano interesse che per I'erudito il quale vuole addentrarsi nell'intimo della storia, della topografia e delle famiglie della regione. Perciò consiglio il lettore di passare senz'altro al seguente capitolo mentre che, per debito di coscienza; ptot"goo a dare un breve sunto degli innumerevoli documenti riguardanti il castello, che si conservano nel nostro archivio.

*

*{<

Pochi mesi dopo la suddetta vendita da parte del Frangipani, ed appunto il 2 gennaio 1339, lo stesso Orso rivendeva i beni acquistati a Rinaldo e Giordano Orsini, figli di Orsello, 3) che è presumibile fossero suoi cugini. Giordano rimase per piùr di 40 anni signore di questa terra, ma nel 1383 la diede in securtà per la dote della figlia Orsina; ossia, per un corrispettivo di 6000 fiorini, cedette ogni suo diritto su Cisterna e Tivera al genero Giovanni .. Ceccarelli u di Sezze. a) Poi con testamento del 19 giugno l3B4 lasciava Orsina erede della terra di Gsterna, 5) chiamando Onorato I Caetani, suo nipote, alla tutela dei figlioli. r)

Tomass,,

Domcs,

l-2,

lf, p.390,

9,

:)

Regeslo,

Il, p. ll7.

D Cf. Caíel. Gcn., Tav.

[XV-B.

r) Pre.

l3El.

L) Pw.2206.

Alienazioni succesive.


Lib. V, Cap. XLVI.

CISTERN A

rimanente parte del castello apparteneva a Riccardo Frangipani, ma guesti, per 600 ducati ricevuti in prestito da Urbano VI, verso I'anno 1378 aveva dato in pegno al papa la terra di Cisterna unitamente alla rocca e alle tenute adiacenti. pensò bene di fortifrcare castello, spendendo ben 500 Durante lo scisma Urbano ducati in questi lavori, ma Onorato Caetani, suo acerrimo nemico, non ammise tale inframmet-

La

VI

il

tenza nel territorio che teneva in soggezione e senz'altro s'impossessò della rocca con le armi. Quando però le sorti di Onorato declinarono e I'esercito di Bonifacio IX lo andava ricacciando verso Fondi, l) Giovanni .. Ceccarelli " si mosse contro di lui e fu parte principale nello strappare Sezze dalle mani degli scismatici; in compenso di ciò il papa gli concesse (22 giu. 1399) di appropriarsi Cisterna e certe altre tenute vicine, che il conte teneva ancora occupate, e di rientrare cosi in possesso di quanto gli spettava per I'eredità di Giordano Orsini. Giovanni però fu preceduto da Giacobello III Caetani, il giovane nipote di Onorato, che con rapida mossa tolse il castello con le armi e lo tenne per se stesso. Poco dopo (l feb. 1400) ilpapaconcedeva a Giacobello laroccaela terra, donandoglialtresì i crediti dovuti dagli eredi di Riccardo Frangipani alla Santa Sede. Questi prontamente si accinse a riparare i danni arrecati agli edifizi ma, dopo un anno, non avendo potuto riscuotere I'ipoteca originale, oramai gravata anche dalle spese fatte da Urbano VI e da se stesso per il risarcimento e Ia manutenzione della rocca e della terra, vendeva I'ipoteca a Riccardo Rosa di Terracina (ll feb. l40l) per 1500 ducati d'oro. Nel successivo mese di luglio il Rosa convenne in giudizio Deodata Rosa, madre degli eredi Govanni, Nicola e Biagio Frangipani, per ilriscatto del rnutuo da lui acquistato da Giacobello, ma Deodata rispose: ,, Yo non oolio per alcuno modo recípere la Císternane fare guardarc

la rocha; ínnantí

oolsero che fosse perduta

". Nel dicembre Pietruccio Frangipani vendeva al Rosa un'ottava parte a lui spettante sul castello e, un anno dopo, Antonio u Gcf ìaní , de' Pierleoni vendeva allo stesso Rosa i diritti riconosciutigli dalla curia del Campidoglio con sentenza contro Riccardo Frangipani. Dopo molte controversie, che sono costretto di omettere, finalmente il 28 settembre 1404 i suddetti fratelli Frangipani vendettero a Riccardo Rosa per 5000 fiorini d'oro i loro diritti su Cisterna. Così troviamo nel 1406 il castello posseduto per metà da Orsina Orsini e da suo marito Govanni .. Ceccarelli >> e per metà da Riccardo Rosa; Orsina pretendeva che nella sua metà era inclusa anche I' intera rocca. Giovanni testò il I giugno 1406 ed è da supporre che pochi giorni dopo passasse a miglior vita. u) Il 6 luglio 1407 la vedova vendeva, o forse ipotecava, a Giacomo II Caetani la metà del 2) Scoppiata la guerra con re Ladislao, Orsina e le figlie Francesca castello per 500 ducati d'oro. e Luigiab) presero le parti del re, ragione per cui Giovanni XXIll, sullo scorcio del 1410, confrscò la metà di Cisterna a loro spettante e Ia donò al Rosa che per un poco rimase così 3) Nel l4l I la torre della rocca era diruta, ma esistevano ancora signore assoluto di questa terra. alcune case e la chiesa di S. Maria ; nel 1446 tutto il paese era in rovina. Nel 1420 Giacomo, padre di Giacobello Caetani (f 1408), con il consenso del papa s'impossessò di Cisterna e ne rimase padrone per 13 anni. Finalmente Orsina e le figlie si

di

") È dctto

o

íI nohíle, Giovanni di Cecco di Giovanni o di Sezze (V, suo testamento C-370).

Giacomo " totdanls

r) Vcdi

partc

l,

p.32?.

\ C-383.

r) Pre. l04l: Cf'

Giacobello Caetani fu nominato tutore delle 6gìiole. b) Perg. I lls, del X. | 4l l. 4, accenna a Francesca e Ncnna' commario

in C'340'


Alienazioni successrve

lr33e -15601

67

decisero a vendere Ie loro ragioni a Giacomo (lug. 1427) e nel 1446 Aldo Conti vendeva la dodicesima parte del castello ad Onorato III Caetani. r) Sarebbe troppo lungo il narrare.le agitate vicende, Ie ulteriori compre-vendite e le liti tra i vari 1468, possesso di questa terra, che si protrassero dal 1420 sino verso condomini per quando I'iritero castello passò definitivamente in mano della famiglia Caetani, in seguito alla vendita

al

il

fatta da Pietro Margani e da Evangelista Capodiferro de Madalenis al potente signore (il notaio del sec. XVIII, che redasse la copia autentica, scrisse forse per isbaglio " íI propotente sígnore u) Onorato III Caetani di tutti i loro diritti per 4600 ducati. 2) Questi, trovandosi in cattive condizioni finanziarie, contrasse dei mutui su Cisterna e nel 1475 ne concluse uno ingente con il cardinale Gugiielmo d'Estouteville, redatto sotto forma di vendita, con diritto di ricompera.entro 12 anni. Tali mutui nel 1483 erano pervenuti nelle mani di Geronimo ed Agostino Orsini, eredi del cardinale, e costoro trattarono con il protonotario Giacomo V Caetani per la retrovendita del castello. 3) Molto ebbe a soffrire Cisterna per tutte queste vicissitudini, e specialmente per le guerre tra i Colonna e gli Orsini e per quella di Innocenzo VIII contro re Ferdinando: la terra era abbandonata e quasi diruta, la rocca in gran parte smantellata. Nel settembre del 1499 Alessandro VI confiscava ai Caetani tutte le proprietà e con esse anche Cistema che, ceduta al giovane Rodrigo Borgia nel 1502, veniva affittata da lui a Pietro, ad Alessandro e ad Antonio a)

di

Sezze.

N.

t)Pre.2531,C-673ctc. \C-2282tCLC-2333.1V. 3)Arc.Coct.,Pre.pesim.dall40l.ll. lal li lrc. Col.,Yll-7iTheín.,lll-l00iReg.Vgt.3l7-Bon. lX,f. 155; Tomasl ll,p,59ltMor, Xlll,p.229.

Reintegrati da Giulio II in possesso del proprio stato, i Caetani poco si curarono di Cisterna durante la prima metà del sec. XVI, e fu solo verso il 1560 che la piccola borgata acquistò importanza come centro dell'azienda agricola. Bonifacio Caetani sopra i resti dell'antica rocca costruì il vasto palazzo baronale, tuttora abitato dalla nostra famiglia ed eresse vari altri ediÉzi ; le rovine annose sparirono e la terra a poco a poco si ripopolò. Ora, sotto I'incentivo del governo fascista, si è messo mano a grandiosi lavori di bonifica e Gsterna, importante stazione della direttissima Roma-Napoli, sta diventando il piìr promettente e prospero paese della parte settentrionale delle paludi pontine.

Com., vol. 51,

î. l26t

Prg. 2102.

Stcmma

di Alfongo I

d'Aragona.

Libro dell'Associazionc di S. Marta, Napoli,

1478.

11.21;vol.ort.

+)Atc.Vat.,Divqs'


LIBRO SESTO

ONORATO

III DI SERMONETA


Sarcofago

di

Urbano

VI

nelle Grotte Vaticane.

Caprroro XLVII.

I CAETANI DI MAENZ A E LE LORO PRETESE SULLO STATO DI SERMONETA.

OpO

subitanea e tragica morte di Ruggero, i due orfani signori di Sermoneta, Onorato e Beatrice, rimasero di nuovo senza tutore e soli in mezzo ai tanti nemici e parenti che ambivano i loro beni. Perciò gli uomini di Sermoneta nominarono sei governatori, o

la

rettori, che subito si rivolsero all'altro zio, Francesco Caetani di Maenza, perchè venisse ad gooemare Io Stato nomo et pet parte del dicto Signore Honorato como tutore et gubernatoîe suo' ímperò, che epso Signore Honorato era piccolino et no hatseria saputo

et gooernole. a) A tal fine, verso i primi di marzo del 1436, furono aperte di Maenza. ') trattative e preparati i capitoli che Francesco accettò, giurò e firrnò all'ombra dei castagneti di Bassiano, situati aI dí Ià del ponte dí Prete Amato. Per essi Francesco s'impegnava di risiedere in Sermoneta o in un'altra delle terre dello stato e, col solo titolo di amministratore, di reggerlo a nome del nipote come bono patre et goùer' natore. Ben sapevasi che a causa del mancante testamento di Giacomo lV, padre di Onorato, e forse anche di quello di Giacomo II, suo bisavo, Francesco, il defunto Ruggero e quelli di Fondi avevano avanzato certi diritti ereditari; perciò fu chiaramente stipulato che, se il detto Francesco poteva pretendere di avere ragioni sulle castella di Sermoneta, Bassiano, Ninfa, Norma, Sigi[o di Francesco Caetani

a) Gti

elemenri

di

Íegere

questo racconto sono

tratti dai

molte-

plici documenti, esistenti nel nostro archivio, relativi alle liti che Onorato ebbe con Francesco, tra cui i più irnportanti

) c-339. Lxxlll'

sono

ta

o Informatio

> (C-339. XXV, pubblicata in

Car.

Doc.,n, l2l);C-739' XXVil; C-339. XXVII ePtg.922, z5l9).

Francesco

di

Maenza

nominato tutore.


I CAETANI DI MAENZA E LORO PRETESE

Lib. VI, Cap. XLVII

e sulia tenuta di Zenneto, non potesse in alcun modo farle valere sino a che il nipote non avesse raggiunto la perfecta etate de oentícinque anní et da poí aIIu dicto tempo gli fosse lícíto de poter ademanda.re liberamente tuctì sog raíuni. I fortilizi dovevano essere custoditi dagli uomini di Sernnoneta e di Bassiano, i quali rimanevano sotto l'obbligo di fedeltà unicamente verso il loro signore, Onorato. I frutti e proventi delle terre, in eccesso aIIe expense comodamente da farese, dovevano conservarsi da due o tre fidati uomini di Sermoneta, scelti dalla stessa università, per la dote di rnadamma Beatrice, fidanzata, se non già sposata, al marchesr di Pescara. Doveva inoltre Francesco perdonare a qualsiasi vassallo dello stato, dal quale fosse stato o;fiso et displaciulo negli ultimi tre anni, ossia dalla morte del proprio fratello Giacomo in poi. Tali furono i patti firmati da Francesco; a maggiore garanzia, il giorno 25 mano, eglí confermò gli impegni presi in presenza de' sei governatori e della cittadinanza, congregata a pubblico parlamento nella sa/a maggíore della curia di Sermoneta, che suppongo fosse la gran sala dei baroni della rocca. Acguagruzza, San Felice

Porta principale

d

Maenza.

Certo Ia scelta del tutore non poteva essere piìr infelice. Francesco era uomo per natura rozzo,, battagliero, malvagio e rapace. Poca era la sua fortuna perchè, oltre agli accampati diritti sullo stato del nipote e alle castella di Giuliano e di San Lorenzo, non possedeva altro che Maenza e metà di Roccagorga u) pervenutegli dalla famiglia Da Ceccano per la dote della l) moglie Margherita de Cabannis, nipote di Margherita da Ceccano, contessa di Vico. Quest'ultime castella, situate sugli aridi monti che circondano la bella piana di Piperno, erano poco redditizie perchè limitato era il territorio e specialmente limitate erano le terre arabili spettanti ad esse, mentre invece numerosi erano i frgli dalle ... bramose canne >). Perciò essi ed i loro discendenti, noti alla storia come il ramo dei Caetani di Maenza, per piìr di a) Gutgae

Roccagorga nel

(Pant,, p.

trona Gorga 1)

di

XII

secolo

era detta Rocca Dompnae

lsl) in ricordo

Piperno che

vi

della sua fondatrice, la ma' si rifugiò quando la propria pa-

Atc. Vat. (S. Aneelo), Arm. XIll,

Caps.

5, n. 2.

tria fu rasa al suolo al tempo di Carlo Magno (Cf, Mor., XXVll,

p. 291, Llll, p.

2a5).


Malgoverno di

f14361

F

rancesco

7t

cento anni si adoperarono, per ogm vla lecita o illecita, a strappare ai cugini il ricco stato di Sermoneta ed i terreni di Ninfa. Maenza che, al pari di quasi tutte Ie castella laziali del medio evo, s'innalza su uno scosceso sperone di montagna, era una terra sicura e ben fortificata e, come tale, fu il centro dello stato. Nel punto piìr alto del paese i Da C-eccano eressero una bellissima rocca, tutta costruita a grosse pietre di taglio bene squadrate e che, per una rara fortuna, si conserva ancora pressochè intatta. La costruzione rimonta probabilmente alla metà del secolo XIV. Passata Ia terra in mano dei De Cabannis per il matrimonio di Carlo con Margherita da Ceccano, contessa di Vico, il loro figlio Raimondo de Cabannis nel 1390 fortificò il paese con una cinta di mura, come volle ricordare in una lapide tuttora murata nell'androne d'ingresso. u) Da luogo cosl sicuro, appartato e pur vicino alle terre di Sermoneta, poteva il nostro Francesco convenientemente governare lo stato del nipote Onorato e tramare nel modo migliore di sfruttarlo a proprio vantaggio e, possibilmente, carpirne il dominio. Non appena il nuovo tutore entrò in funzione fece una cosa buona, I'unica forse del suo govemo, e suppongo che la facesse per volontà degli stessi uomini di Sermoneta che I'avevano chiamato: venne cioè ad un concordato di pace con Nicolò Conti, signore di Montefortino (Artena), con Ia moglie di lui, Perna Caetani (che opino essere le figlia di Antonio da Filettino), e con i loro dieci figli e figlie, di cui per brevità ometto di ripetere i nomi. Erano sorte fra Ie due famiglie gravi discordie, nel corso delle quali Alessandro, figlio di Nicolò, fu fatto prigioniero e carcerato nella rocca di Sermoneta; in seguito a ciò divampò Ia guerra. Per porre fine ad essa vennero condonati tutti i danni e Ie offese, ed il 3l marzo fu giurata la pace dai procuratori delle due parti, convenuti nella stanza da letto del suddetto Nicolò, nell'arce di Rocca Massima. l) Ma questo, corne dissi, fu I'unico atto buono compiuto dal nostro Francesco. Per un mese appena si mantenne fedele al giuramenio prestato ai sermonetani, ef pog pígliò Io dominio per sè et faceoa como Signore et non como guberàatore et tírandícamente tenne lo dícto stato, no extimando lo Sígnor Honorato per niente. Si circondò di una schiera di bravi, assestnÍ et rìbaldi e, cacciata via ogni persona dabbene, si mise a straziare, ammazzare e rubare i cittadini come oerí cani. Giacomo de Gilio dovette fuggire col fratello, con la moglie e con i figlioli per salvarsi la vita; b) I'abate di Sant'Angelo di Sermoneta fu assassinato; molti furono esiliati; si appropriò i redditi delle terre ed a suo profitto vendè molto bestiame che apparteneva ai nipoti, e non ebbe esitazione alcuna d'intascare anche un tesoro di monete d'oro e d'argento, valutato ad oltre 3000 ducati, che fu trovato neIIí casali tenímento de Sermoneta. ") La

lapide scritta a caratteri gotici,

di non hcile

lettura,

a caun della profondità dell'incisione, dice: MiIIe suís oícíbus trccenlos frugífet annos

Nonagidla ùdgo rcnoocloetat ordíne Tgtan A* tua dum oalídís cingeral menía mutìs FeIÍx Ragmundus Ccchaní scema colendum Clarc dedit geníhíx genetoso palre Cabanus

híne! alta suís formosa

Magentia canrpís

Dant oleum collcs cerctem bachum quoque oalles chc

io iradurrei:

II Títano ftugífero (il sole) aoet)d ,ínnooalo ín oago otdíne trccento noúanla annì con nílle sue oeci, allorchè ebbe clnlo la lena con salde muta tl felícc Raimondo Cabanní, Lo pailoù da un padre generoto, un' íIlustre genítice, rampollo onotando ilí Ceccano. La lua tocca, o fotmosa Maenza, alta sî 1)

Rg.

Domus,

1081,

794,3150,3154, 1362.

-2,10,

adergc sopra

i

suoì

campì; ptoilucono olío

ì

colli, frumenlo c

aino le oallt.

A cano e

i primieri signori, i Da CecRaimondo Caetani, figlio di Francesco,

qu$ta lapide che ricorda

i De Cabannis,

lo stemma dei Caetani, araldicamente enato (Vedi Cap. LUlt) e, avendo restaurato ed abbellito la rocca, fece

sovrappose

incidere sopra la porta d'ingresso dell'appartamento: RAIMVNDUS GAITANIVS HANC ARCEM RESTITVIT Mccc [cL ....?l A lui si deve uno stemma Caetani, con tre ordini di onde, nella cala adiacente; I'altro sul caminetto, che porta lo stemma completo dei Caetani, partito con altro rtemma Caetani con Ie sole onde gemelle, fu fonc fatto eeguire dal nipote Ludovico, 6glio di lacobello e di Covella Gaetani di Fondi. b) Per I'elenco della roba rubatagli vedi C-lts,XU.

Pace

i ei

tra

Caetani

Conti.

Malgovcrno

di

Francesco.


I CAETANI DI MAENZA E LORO

74

Matrimonio di Onorato Caetani

c Catcrina Onini.

PRETESE

Lib. VI, Cap. XLVII.

Non òntento di ciò, per aumentaîe la condítione sud, ossia contÌo un compenso in denari, r) ma in ciò forse lo si' potrebbe cedette Ia rocca dell'Acquapuzza al patriarca Vitelleschi, scusare perchè, se non avesse ceduto di buona voglia I'importante fortilizio, il terribile cardinale ne avrebbe preso possesso con le armi. In mezzo a tante villanie e malgrado il malanimo verso i pupilli, non potè opporsi a che si compiesse il matrimonio tra Onorato e la domicella Caterina Orsini, frdanzati sin dal 1432. 2t La ceiimonia ebbe luogo, per procura, nel gennaio 1437, nel castello di Ceppaloni, con immis3) ma il matrimonio nsn fu consione dell'anello nel dito anulare della mano destra della fanciulla; alla maggiore età. Nell'atto di procura sutnato. che verso il 1441, guando Onorato si avvicinava relativo troviamo la prima firma autografa del battagliero protagonista di questi capitoli, scritta con mano non arrcora ben formata, ma già ferma e decisa:

del tutore, il quale piir che scrivere il proprio

e$sa segue quella scarabocchiata

probabilmente sapeva poco

nome. Con tale parentela veniva assicurata agli orfani Ia protezione del potente Francesco Orsini, prefetto di Roma.

Tutto ciò non impedì però a Francesco di nel suo malgoverno: cosa tanto piùr fa' cile in quanto il patriarca Vitelleschi, che dispoticamente e con mano di ferro governava il patrimonio di S. Pietro a nome del papa fuggitivo, era impegnato nella guerra napoletana, ragione per cui di bel nuovo regnava grande confusione nelle provincie perseverare

romane.

Come già si è detto, re Alfonso d'Aragona, verso la fine del 1437, aveva invaso Ia Marittima e si era mosso contro Sermoneta arrecando gravi danni. La guerra diede molto da fare al nostro Francesco a cui, del resto, il mestiere delle armi nori doveva essete una spiacevole occupazione. Per difendere lo stato rinforzò Ie guardie delle sue rocche;' a

Guerra contro

gli

Aragonesi.

:

Rocc.a

di

Sernioneta aveva posto come capitano generrile ii nobile Antonio di Giovanni Berardi da Cori, che fu incaricato

Maenza.

della sorveglianza generale di tutti i fortilizi. Doveva ogni mese vedere come stavano provvisti di soldati e, tra altro, Francesco gli diceva 2 ,, Tuctí chtllt che non te place, Ií cacciale, perchè nug pagamo bene et bene oolemo essere seîoutí )>. Lo incaricò inoltre di trattare con i conservatori di Roma che, ai primi di gennaio del 1436, dopo che il patriarca era venuto a trovarsi a mal partito nel napoletano ed aveva dovuto fug-

a Venezia, o

la città. Aveva bisogno di denari per pagare Ie soldatesche occorrenti per difendere il proprio stato contro i nemici della Chiesa e specialmente per guardare le castella di Lenola e di San Lorenzo de Valle (ora detto Amaseno), contro le quali Alfonso d'Aragona stava per muoversi con la gente d'arme che andava radunando a Fondi. Senza dubgirsene

bio

il

reggevano

protonotario Cristoforo Caetani era responsabile di tale impresa, che serviva ad un tempo

r) Cf. prg. 60.

2) Cf. pae.

38.

3) Pre.

460.

\

Mur. An', lX, p. 223.


Guerra degli

1t437.14421

ar:agones'i

75

agli interessi del re ed a quelli propri. In fatti Lenola, detta anche Inola, un piccolo paese che sorge su di un cocuzzolo roccioso a piedi del monte Nibbio, proprio sullo spartiacque della vallata che congiunge Fondi con la valle del Liri, faceva parte integrante della contea di Fondi. Il castello fu certamente occupato dalle milizie del patriarca per sbarrare I'accesso verso Frosi' none, e la custodia di esso venne affidata a Francesco, uomo sicurissimo, perchè 'considerava la terra come sua ed inoltre I'aveva a morte con lo zio Cristoforo, conte di Fondi, fedelissimo vassallo

di re Alfonso.

parecchio tempo Francesco aveva pagato le soldatesche di tasca sua, ma era stufo di sborsare denari. Perciò, il 13 gennaio 1438, fidandosi piir dei modi forbiti del suo capitano Berardi che della propria diplomazia, dava istruzioni a costui di scrivere ai governatori di Roma

Da

una lettera ben cauta, nella quale dicesse loro ciò che egli stesso, con il suo fare villano e prepotente, esprimeva rozzamente con le parole: u) .. Io non ooglio gente che pìaccía qd iqst; mandino denari perchè come farei ío Ii fantii ... io non posso píù sofrire a farc tanto tempo Ia guena alle míe spese,. omne síngolo (individuo) ne sarría stanco. Et che mandino qqatbíní e non parole, e, se me Ií ooglíono mandare, che me Ií mandíno presto/ ,, l) il 13 febbraio spediva il conestabile Riccio alla guardia di Lenola che era stata attac' cata dal nemico; inoltre aveva inteso che a Fondi si facevano brícole (trabucchi) e bombarde per ricominciare I'assedio. 2) Tarda dovette essere la risposta e piìr tardo ancora I'invio dei quattrini; perciò ai primi di aprilè, durando ancora la guerra, Francesco mandava a Roma il Berardi in persona per persuadere i governatori ed i conservatori a dare denari per poter sostenere

le

spese delle soldatesche.

i

suoi dipendenti era duro ed imperioso, come si rileva dal tenore delle sue lettere. Nel maggio scriveva a Giacomo Dulce di Sermoneta, suo castellano della rocca di Ninfa, che si sottomettesse alie ispezioni del capitano Berardi e gli diceva i ,, In chisto castello oolemo che oi tengate homini che síano homíní et non impedimenti, perchè 'nug oolemo pagaîe bene et 3) essere bene seroutí. Actendate aIIe bone guardíe de ù et de nocte. Valete ". Così durò il malgoverno di Francer"o p", oltr" ,"i anni sino a che Onorato, diventato uomo, ed i sermonetani ed i bassianesi stanchi delle prepotenze e rapine di lui, lo cacciarono a cÍò non mandasse tucto questo stato in tugna come .haoeoa comensato. Et como quistí hominí

Con

cacciarelo forono causa chíamarelo oenisse ad gooernafe, cosi so oolutì essere casone de ptomessa. come homo che non obseroa cosa che haÚesse . Ciò awenne verso il mese di febbraio'del 1442; a) non poco deve avere influito a tale determinazione la protezione che il cardinale Ludovico Scarampo di Mezzarota estendeva al giovane Onorato dopo che, con la cattura e I'awelenamento del terribile patriarca Vitelleschi in Roma e nello stato ecclesiastico. (Z upr. 1440), egli diventò onnipotente Divamparono in Francesco I'odio e lo spirito di vendetta; subito ricorse alle armi. Cercò con un colpo di mano d'impossessarsi di Bassiano, avanzandosi con circa mille fanti, tra forestieri e suoi vassalli di Maenza e di San Lorenzo. Fssi erano capitanati da quello stesso conestabile Riccio che, come si è visto, era stato mandato cinque anni prima alla guardia di Lenola. Non potè avere la terra ma, condottosi frn sotto le mura, mise la campagna a guasto, portò via il bestiame e causò danni per circa 10000 ducati. In queste lettere di Francesco,

assai spropositate,

a volte si è corretta un poco la

la interpretazione del terto, scritto nel dialetto della Gociaria'

)c-339.Lxxlll.2)j'33,.LXXVII'3\C'339.rXXXn.rC'339'XXVlll'

gra6a originale

per renderc meno diffrcile

Francesco cacciato

dal

governo.


I CAETANI DT MAENZA E LORO

16

PRETESE

Lib. VI, Cap. XLV[,

Vedendo di non poter aver ragione con la forza, ricorse alle vie giudiziare, alla frode ed alle congiure. Non abbiamo notizia di come reagisse Onorato: ma il modo come egli, oramai maggiorenne e addestratosi nelle armi, seppe in quell'epoca menare le mani contro i cugini di Filettino ed altri suoi nemici, non mi lascia dubbio alcuno che abbia permesso allo zio malvagio di sopraffarlo con la forza. A sedare le discordie, il l0 maggio ,1442, intervennero Alfonso, protonotario apostolico; ed Antonio de Rido, castellano di Castel S. Angelo e commissario generale del pontefice, ordinando formalmente tanto a Francesco-quanto ad Onorato di desistere dalle ostilità; li esortavano inoltre, qualora avessero ragioni da accampare I'uno contro I'altro, di sottoporle al loro giudizio. l) Lodo di Così fu fatto: Francesco citò Onorato perchè Ant' de Rido' gli venisse assegnato ogni suo diritto ereditario sui frutti e sul dominio dello stato; Onorato, di rimando, chiese che a sè ed ai vassalli venissero ripagati tutti i danni arrecati dallo zio, come inutilmente e di continuo già gli aveva chiesto di fare.

2)

La

differenza fu rimessa all'arbitrio

di An'

tonio de Rido, che in quel tempo en patrone de Roma et de tucta Ia prooíncia. [Jomo venalissimo, lasciò corrompere da Francesco ricevendo, a quanto si disse, 600 ducati tra denari et argento, ed emanò una sentenza tutta a sfavore di Onorato. Questi protestò e volle appellarsi contro il lodo ínjuxtamente et for de omne rascione dato, ma Antonio de Rido, castellano di Cartel S. Angelo. il castellano non gli permise di farlo e, con la Monumento sepolcrale in S. Francesca Romana. sua autorità, gli' impose di accettare il lodo e ratificarlo. In vigore del quale il malvagio Francesco fu rimesso al governo delle terre; ma tanta fu la ostilità delle popolazioni e tanto filo gli diede a torcere il giovane Onorato che, probabilmente, non gli fu possibile neanche di rimettere piede in Sermoneta. Il lodo venne quindi di nuovo contestato e discusso e, per mediazione e volontà del car' dinale Scarampo, patriarca di Aquileia, si venne finalmente, il 28 marzo 1444, ad un accomodamento o, pet dir meglio, ad un compromesso. In questo fu convenuto che, in base alla sentenza pronunziata dal De Rido, Francesco e Onorato dovessero godere ognuno certa quota della metà dei frutti delle terre.) in attesa che si determinasse chi avesse diritto all'altra metà. Doveva Francesco pagare la sua quota dei salari ai castellani di Norma e di Cisterna, mentre quelli di tutti gli altri castelli rimanevano a carico di Onorato. Entrambi dovevano considerarsi quali

si

signori ma, pur lasciando a Francesco la libertà di andare e stare ovunque volesse, il governo efiettivo dello stato doveva rimanere nelle mani di Onorato finchè si fosse definitivamente regolata

la

questione.

a)

La quota

spettantc

a

Francesco

etat lJn lerzo, ed un quailo ill un albo tetzo dclla melà, o$ia 10/48 di

Bassiano e delle altrc tcrre.

t)

C- 3945.

, C.t38. XXXI;

C-339.

XXVII.

Sermoneta,


Arbitrato di Ant. de Rido

1t442-tr.161

77

Tutto ciò non piacque ai sermonetani i quali, il primo aprile, per mezzo dei loro deputati Tuzio Razza, Giacomo de GIio (quello stesso che fu spogliato da Francesco) e altri, protestarono dichiarando di non voler accettare il lodo. al quale non si erano mai sottoposti. Affermarono inoltre di voler riconoscere soltanto Onorato come loro signore per la ragione che Ia terra non poteva essere retta da due domíni, specíalmente quando sono dí oolontà contrarìa, senza suo gÍale danno e dístruzíone,' e ricordarono di aver sempre ed unicamente obbedito al primogenito della Domus Gagtane e di non aver mai prestato giuramento di fedeltà, salvo, ut audiunt, al tempo quando la terra passò sotto la protezione ed il dominio della Casa. Le parti giurarono di perdonarsi Ie offese passate e di desistere da qualsiasi atto di ostilità sotto cauzione di 10000 ducati, per cui si resero garanti Alto Conti e Benedetto Caetani Palatino a favore di Francesco, ed il prefetto Francesco Orsini a favore del genero Onorato. l) Risulta che questi osservò gli impegni presi per il pagamento dei frutti; ma nutro qualche dubbio sul mutuo rispetto tra zio e nipote che, secondo le parole del compromesso, avrebbe dovuto essere non diverso da quello che deve vigere tra padre e figlio. Infatti Francesco, accordatosi con certi vassalli di Bassiano, non tardò a fare un secondo tentativo d'impossessarsi di questa terra. Poi cercò di levare al nipote Sermoneta con un colpo

di

mano, spingendosi personalmente con una schiera

fanti fin sotto la < porta di Torrenuova >r Pozzo. Ma Onorato stava all'erta e frustrò

di

che suppongo essere quella attualmente' detta del ogni sua insidia. Vistosi effettivamente messo alla porta, Francesco tramò per altre vie di raggiungere il suo intento e perciò pensò bene di pacificarsi'con il cugino Onorato II Gaetani di Fondi, protonotario del Regno, con il quale era stato in guerra sino allora per I'uccisione del fratello Ruggero. Ma ormai un comune interesse riawicinava le parti, e Ia concordia fu saldata col fidanzamento di lacobello, figlio di Francesco, con Covella, figliola di Onorato. Il papa Eugenio lV, con breve del 13 agosto 1444, accordò la necessaria dispensa matrimoniale. 2) In questa occasione Francesco e sua moglie Margherita de Cabannis promisero di dare a lacobello la rocca e la terra di San Lorenzo de Valle, un piccolo ed ameno paese situato ai piedi dei monti Ausoni, nella vallata di Piperno, quasi di faccia a Maenza.') Ma, come vedremo appresso, tutte queste macchinazioni dovevano un giomo tomare a danno di Francesco, spingendo il 6glio stesso a muovergli guerra. Forti di questa nuova parentela, Francesco ed Onorato di Fondi disegnarono come impossessarsi di Sermoneta, non importa se per vie legali o illegali. Ai primi di aprile del 1446 Francesco si fece donare dal protonotario tutte le ragioni a lui spettanti su Sermoneta, Bassiano, Ninfa, Norma, Cisterna, San Donato, Tivera e Castelvecchio, b) in base al preteso diritto ereditario che Onorato di Fondi accampava sulla metà del patrimonio dell'avo Giacomo II, nonchè come erede universale della zia Agnesella Caetani, vedova di Govanni Tomacelli, conte

di

Sora.

3)

Il

era

cinque del mese stesso, per atto pubblico, Francesco riconosceva che la suddetta donazione fittizia e simulata e che era stata fatta solo perchè egli potesse muovere causa contro

Onorato

n)

r.

di

Sermonela, hodiosum Ípsís Francìsco

Talc donazioncfu ecguita il 24 oov. usz (4rc. CoI.,

Le

pretcsc

di Franccsco contro il oipotc sono

e

s'impegnava,

susseguentemente

in

caso che avesse

al ricordato atto di donadi Macchia e Monte.

zione, e ri cctendono anche alle castella roduai (C-3r9. xxvll).

espostc

r) P$. 2645, 2156, 2066, 2?21, 2118, 2395, 2158.

comíti,

in un elelco redatto

5o).

b)

et

\

Arc. Col.,

l-62,

)

Tet. dcl 4 dcc, 1444: Arc,CoI.,LlY-72.

Matrimonio

fra Caetani Maenza e = Gaet. di Fondi.

di

Donazione fittizia.


I CAETANI DI MAENZA E LORO

78

PRETESE

Lib. VI, Cap "XLVIL

potuto far valere le sue ragioni, di restituire ad Onorato di Fondi ed ai suoi eredi tutto ciò r) che avrebbe potuto togliere al nipote. Francesco, awalendosi di questa falsa donazione, chiese al papa che si riaprisse la causa bontro il nipote, e Nicolò V, con rescritto del giugno 1447, l'affidò al cardinale Guglielmo d'Estouteviile. Dali'una e dall'altra parte vennero presentati memoriali, in cui si adducevano le ragioni ed elencavansi i danni subìti.2) Non sappiamo quale risultato abbia avuto la causa, ma non deve essere stato favorevole a Francesco, perchè nel l45l dtroviamo i Caetani di Maenza unitamente a quelli di Fondi intenti a intrigare presso'la curia, cercando di ottenere I'appoggio del pontefice. A tal effetto, nel marzo di quell'anno, i figli di Francesco si fecero presentare a Nicolò V da Luigi de la Palu; 3) ma il cardinale Scarampo, detto il carclinale Morinense, e dal cardinale Prospero Colonna; sempre vigile degli interessi del compare,'subito awertì questo che Alessandro, Caetani Palatino, vescovo di Terracina, suo'fratello Bonifacio ed Onorato conte di Fondi stavano preparando con a) Lo consigliava di venire a qualche accordo. A tale Francesco un trattato contro di lui. effetto s'intromise personalmente, conferendo con i Gaetani di Fondi, ed essi si dichiararono disposti a venire ad un accordo se Onorato di Sermoneta avesse pagato 7000 ducati d'oro per t) la rinuncia a qualsiasi pretesa su Ninfa e suilo stato di Sermoneta. Mu, a quanto pare, guesti non dimostrò inclinazione alcuna a sottostare al ricatto i anzi avanzava pretese sullo stato loro. Intanto, maturandosi il tempo in cui Iacobello di Maenza doveva sposare Covella Gaetani, la madre del primo diede corso alla promessa donazione del castello di San Lorenzo, e gli atti Matrimonio

fra

di

Caetani

Maenza

e

Caetani Palatini.

relativi vennero stipulati il 24 novembre 1452.0 Nqn contento dell'alleanza con i conti di Fondi, Francesco -volle stringerq legami di parentela anche con i Caetani Palatini e a tal efietto diede in moglie una sua figliola, "suPpongo Gio'rannella, ad un fratello del vescovo Alessandro. Il matrimonio ebbe luogo in San Lorenzo il 15 giugno 1453 e, in occasione deila .. basíatura ,,,.i Caetani Palatini vennelo ad un accordo con Francesco per cui essi gli donavano tutti i loro diritti sullo stato di Onorato di Sermoneta, ed egli, da parte sua, prometteva una dote di 3500 fiorini, la maggior parte dei quaJi' sarebbe stata pagata anno per anno quando haoerà Sermoneta e I'altre cose in plano,domínia. Vennero anche ad una perpetua confederazione in pace ed in guerra contro tutti, ad eccezione del sommo pontefrce. Per clare maggior valore a questo trattato, mandarono un ambasciatore al governatore di Roma, il reverendissimo messer Stefano Nardini, perchè lo approvasse con speciale decreto, ma il governatore, avvisato dagii amici di Onorato che si trattava di un'insidia contro questo, 7) rifrutò di accondiscendere alla domanda. Non mi *"runtfilr""t-;1";;;"o ubbiu anche tramato contro la vita di onorato; certo si è che nel decembre del 1453 Sveva Caetani, zia di questo, mandò ad awertire Monsignore (Colonna?) di avere inteso che un tale aveva detto: ,. Le Signor Honotato n'à scam' s) pata una, non scaînperà I'altra! Ancora de accetta,Ii bisogna morbel r, Come suole accadere, il mal serne che spargeva Francesco, portò frutti a'suo danno. La moglie aveva donato al figlio lacobello la terra di San Lorenzo, ma Francesco con la sua-solita malafede si rifrutò poi di consegnargliela. Perciò lacobello, nel quale correva il sangue malvagio del padre, si rivolse contro lui e con I'aiuto di Onorato Gaetani, conte di Fondi, (il quale per conto suo accampava certi diritti ereditari sul castello), ai primi di ottobre del 1454, prese con t) Arc. CoI., XX-89. 5) fuÍ,

p. 10,

o) C-814'

î) C-6S3. III; C-338. XXXI; C-339. XXVlll;

1) Ep.,

p.27.

)

Iot, p' 24.

etc.

s) Ep., p.

7.

r)

Iai, p. 9.


Macchinazioni ed insidie

11447 -14571

Ie armi la-fortezza

a

di

Roccagorga

e poi

s'impossessò

di

79

Maenza, residenza del padre, e la rnise

sacco. ")

Non tardò Francesco, per il suo fare odioso, a rendersi nemici tutti i parenti, in conseguenza di che costoro riallacciarono relazioni amichevoli con Onorato di Sermoneta. Il vescovo t) Alessandro Caetani Palatino venne ad accordi nel decembre 1454 e poco dopo anche i conti di Fondi si pacificarono con i cugini. L'unione tra i due rami della famiglia deve avere durato per qualche tempo, perchè nel novembrè del 1457 il protonotario Onorato scriveva al cugino assicurandolo che non avrebbe pensato mai di stringere una parentela con i Colonna senza prima consultarsi con lui da pog che fia naí fo facta Ia unione; ed aggiungeva: Se mrsser Francísco à oolutÍ semínare fiorì, 2) quíIli mecterando poche radícine, et de questo state cosi certi como semo'cha deoemo rnoríre. Purtroppo tale unione doveva durare appena un anno ancora ! Ma quanto si è detto sopra non rappresenta Ie sole macchinazioni nelle quali Francesco si dilettava; molteplici erano le vie che seguiva per raggiungere i suoi bassi fini che, in sostanza, si riducevano ad uno solo e cioè alla indebita appropriazione dei beni altrui. Fece oggetto delle sue insidie anche la sorella Sveva, contessa d'Albi, vedova di Lorenzo Insidie contro sveva' Colonna. Eru signora di Guliano, terra cedutale dai fratelli Francesco, Ruggero e Giacomo lV e dallo zio Cristoforo, in data undici maggio 1420, in cornpenso della dote che le 3) dovevano e che essi non si trovavano in grado di sborsare. Ora Franeesco, avendo in mente di spogliare la sorella di questa terra, sirnulò un falso atto di donazione,'in data 20 decembre 1418, da cui appariva che Berardo da Ceccano, figlio di Nicolò e di Miozia Caetani Palatina, avesse donato metà di Guliano a Margherita de Cabannis, moglie di Francesco. Fattc quindi chiamare il notaio Giacomo " tulianí u da Giuliano, lo costrinse a redigere I'atto in forma pubblica ed a firrnarlo, facendo apparire una serie di testimoni c[e, per misura di prudenza, furono scelti tra gente già passata all'altro mondo. Il notaio dapprima si rifrutò, ma poi (così riferì piìr tardi), imprigionato in una stanza e minacciato da Francesco, si trovò costretto a scrivere le parole z Actum Magentíe ín camera domíne \vfargheríte etc. ed a firmare ll istromento. Ciò awenne nel mese di settembre del 1446

o

1447.

quest'atto, o forse anche prima di perfezionarlo, egii, vivente ancora Eugenio IV, spogliò la sorella di detta terra e se ne appropriò i frutti. Sveva allora si rivolse alla Camera Apostolica che dichiarò nulli i pretesi diritti di Francesco, e la sentenza fu confermata in appello. Il papa ordinò (13 dec. 1447) la reintegrazione di Sveva nei diritti su Giuliano, iru)o' 4) Francesco si rifiutò di risarcire i frutti caito ad hoc, si opus fuerít, auxíIio brachíí secularís. indebitamente percepiti, peÈ la qual cosa fu scomunicato e, rifiutatosi di cornparire a udire la

Forte

sentenza,

di

fu

condannato

in

contumacia.

Per ordine del giudice, nella chiesa di Ferentino furono suonate le campane e fu chiamato il popolo ad udire la scomunica. Furono accese le candetre e poi smorzate e gettate a terra, e il sacerdote con la croce eretta si avanzò recitando preghiere e aspergendo I'acqua santa onde cacciare i demoni che tenevano incatenato il disgraziato Francesco. Giunto alla porta della chiesa, il sacerdote prese tre pietre e le gettò in direzione della casa dello scomunicato in segno

di

maledizione eterna.

5)

a) (C-SS7)' L'undici gennaio 1455 la questione venne risolta generale accordo, per cui Francesco fu costretto a conseun con

!)

Ep., b.

46.

2) troi,

p.59.

a)

Arc' Col.' LIX'43.

gnare

in

al figlio il castello di San Lorenzo de Valle e ricevette la terra di Maenza (Arc. Col., >tX - 97)'

restituzione

4) Ioi, Y

-23.

6) Ioì, Y -24.


I CAETA,NI DI MAENZA E LORO

Epilogo

PRETESE

Lib. VI, Cap. XLVII.

Tre anni pitr tardi I'atto di donazione pervenne nelle mani di Sveva (set. 1450), la quale davanti al giudice Boccapadule ne fece rilevare Ia falsita in base atla testimonianza dello stesso l) notaio Giacomo " Julíaní r, e di ciò fu redatto pubblico istromento. delte Ma già troppo si è detto delle gesta di messer Francesco. Aggiungerò ancora che,

controversic' passato

ad altra vita per il bene dell'umanità e per castigo dell'anima sua (ciò che deve essere awenuto verso Ia frne del 1464), la moglie e gli eredi di lui nel 1465 intentarono nuovamente un Processo per far valere i loro diritti e, il 17 settembre del 1467, vennero ai seguenti accordi con Onorato: 2) A questo dovevano spettare per intero Gsterna e Castelvecúio, nonchè certe proprietà in Bassiano e Sermoneta; Norma per metà ; Ninfa per 43145; Sermoneta, Bassiano e San Donato per 19124. Le parti rimanenti venivano attribuite ai Caetani di Maenza, ma solo in quanto al godimento dei frutti, perchè ad Onorato ed ai suoi discendenti doveva rimanere la completa signoria di tutte le terre. Onorato doveva consegnare a Gistoforo Caetani, figlio di Francesco, la rocca della diruta terra di Norma afrnchè Ia custodisse in nome suo; i Caetani di Maenza potevano anche valersi di metà del palazzo di Ninfa. L'anno seguente Onorato comprava da Pietro-Paolo Caetani di Sgurgola gli interessi che questi aveva su Ninfa e Norma 3) e nel 1473 pagavagli 3000 ducati. Questi accordi non furono suff,cienti a risolvere per sempre la questione di tale condominio, poichè i Caetani di Maenza, non essendo in grado di controllare la distribuzione dei frutti, sospettavano

di

essere defraudati.

Perciò, il 2l

febbraio del 1478, si venne ad una nuova transazione per cui gli eredi di Onorato Caetani cedevano ai figli e nipoti di Francesco la terra di Norma col suo territorio, in compenso del frutto che questi avevano diritto di percepire su tutte le altre terre dello stato. Tale accomodamento doveva rimanere in vigore vita natural durante di detti figli e nipoti di Francesco, ma dopo Ia loro morte sarebbero state ristabilite le condizioni di prima. a) Non so se nuovi dissidi siano sorti tra i signori di Maenza e quelli di Sermoneta dopo questa corv€Dzione; se anche vi furono, come è probabile, non ne ho trovato memoria sino all'anno 1516, quando piìr aspra e cruenta si riaccese la discordia, come si dirà nel secondo volume. Ed ora torniamo ad occuparci del nostro Onorato che, liberatosi della nefasta tutela dello zio, affrontava i primi cimenti della vita. r) l7c. CoL,tlXX-95.

2) Pry.

2653.

{) Pts,

2613.

r) Prs. 2609.


Caprrolo XLVIII.

PRTMI CIMENTI. (t442-1459)

r, prime gesta del nostro Onorato, dopo che lo zio Francesco fu scac- carattere di onorato' .iu,o p", il suo malgoverno, sono improntate da foga e da prepotenza giovanile.

Non

possiamo farcene meraviglia, considerato

che

il

poco

piùr

che ventenne signore, dopo essere stato tenuto per anni sotto il duro giogo del tutore, si trovò tutto ad un tratto libero ed assoluto padrone di un vasto stato. Lo zio lo aveva educato in un'atmosfera di violenza e crudeltà, caratteristica di quei tempi e, in particolar modo, delle provincie romane ove il patriarca Vitelleschi aveva dominato tirannicamente: la ragione era sempre del piùr forte. La tendenza a farsi giustizia da sè, quando non esiste I'imperio di una autorità superiore, è insito nella natura umana' e lo spirito battagliero, vivo Particolare di aÍresco in tutti i giovani, era fortissimo nel nostro Onorato al guale, per di nel marchio del castello più, la natura aveva fornito una fiammante chioma. ") Malgrado tutto di Sermoneta ciò I'animo suo era equilibrato e buono. (a. 1450 c.). Nei primi anni della vita fu dominato da una sola irresistibile ambizione, quella cioè di diventare un grande condottiero. Era I'epoca in cui risuonava ancora la fama dei grandi capitani, Sforza e Braccio, fondatori delle due principali scuole di milizia nazionale, e I'ltalia di quel tempo era tutta piena delle gesta dei loro discepoli Francesco Sforza e Nicolò Piccinino. Persino i legati della Chiesa, il patriarca Vitelleschi ed il suo successore, il cardinale Scarampo, compare di Onorato e suo angelo custode, erano più uomini di spada e despoti che nninistri di Dio. Ecco perchè, non appena Onorato giunse all'età di maneggiare le armi e si trovò ad essere libero signore di un vasto e ricco territorio, non potendo ancora mettersi al servizio di qualche grande principe in qualità di condottiero, bramoso di awenture e spensierato per I'età novella, volle subito cimentarsi a provare Ia forza del proprio braccio. Già nel 1437 aveva veduto la guerra portata ai piedi del monte di Sermoneta da re Alfonso di Aragona, il quale nel l44l distrusse completamente San Felice, feudo dei Caetani; forse avrà a) Così almeno mi pare possa dedursi dalle parole di Luca de Tozolis > che nel 1455 gli scriveva; quanflo I'alha paúe " Domus,

l-2, ll.

... IÍ dale ad ínlendere che la V. S. ha quanto che et píù, et ancho dellj capellj tosci (Ep., p, fO).

sparla

loro


PRIMI CIMENTI

Ub. VI, Cap. XLVill.

assistito allora ad alcune scaramucce. Lo stesso zio Francesco, assalendo Bassiano, gli deve aver dato occasione di uscire in campo con suoi frdati uomini d'arme di Sermoneta e quindi non c'è da meravigliarsi se, imbaldanzito da qualche primo successo, lo troviamo poco dopo alle prese col lontano parente Onorato Caetani, signore di Torre e di Filettino. La ragione della inimicizia non è da ricercarsi molto distante, perchè costui, avendo sposato Antolina de Caban-

i

nis, sorella

di Margherita,

era cognato di Francesco di Maenza e perciò evidentemente a lui

confederato. Ostilità

cor Ororato di Filcttino

Le inimicizie scoppiarono al principio del 1442 e vi fu vera e propria guerra, come disse lo stesso signore di Filettino scrivendo al governatoie di Roma con le parole : Et. guardate se io aoea licíta guerra conUo esso (Onorato) che tucto quello anno ... ce aoeoamo ofesí I'uno all'altro et piglíati et rescossi eomo se fa Ia gueÍra.. Nel corso di essa il signore di Sermoneta prese all'awersario, nel territorio di Anagni, 800 pecore; per rappresaglia I'altro gli portò via 50 giumente. primo, mal sopportando la perdita, si fece appoggiare dal cardinale Scarampo

Il

presso

il

spese.

l)

di Roma e

il

di Castel

Sant'Angelo, perchè I'awersario gli restituisse la preda, e la questione fu dibattuta ai primi di gennaio dell'anno seguente. Nella lite fu coinvolto anche Nicola Conti, signore di Montefortino, perchè il nostro Onorato accusava il di lui figlio Alessandro (quello stesso che pochi anni prima era stato carcerato in Sermoneta), di avere commesso scorrerie a danno dei vassalli suoi. L'accusa, a guanto pare, non era vera ed il vecchio Nicola, infastidito, scriveva al governatore pregandolo' di dare una severa lavata di testa ad Onorato, soggiungendo: Scrcli utile perché eI garsone impare aIIe soe

La

governatore

presso

castellano

\

questione

si rascinò per dieci anni, sino a che nel gennaio del 1452 fu portata davanti della curia capitolina, ed al senatore di Roma quali sentenziarono contro il signore di Filettino e, tra I'altro, questi fu

a Giacomo di Città Reale, giudice dei maleficî Nicola de' Porcinari,

i

in contumacia a morire col laccio alla gola; prospettiva che in ultimo I'indusse, verso la 6ne di luglio; a chiedere al cardinale Scarampo di agire da intermediario presso il potente cugino, dichiarando di voler vivere in buon accordo con lui e di voler essere sempre suo minorc parcnte.2) Ma ci vollero altri quattro anni prima che il signor di Filettino, che 3) disperatamente continuava a negare le proprie malefatte, sborsasse i 600 ducati dovuti. condannato

Matrimonio con Caterina Orsini.

Prima che cominciassero queste brighe, Onorato aveva già condotto in Sermoneta Ia sposa Caterina Orsini, frglia di Francesco conte di Gravina e prefetto di Roma; ciò deduco dal fatto che questi, il 27 decembre 1442, confermava di voler rispettare tutti i patti dei capitoli matrimoniali e, ciò che è insolito ed interessante, quasi per mantenere una tradizione di famiglia, sr impegnava di dare le debite cautele e di fare i pagamenti per la dote ín quello stesso modo che fu stipulato per Giovanna Orsini, quando andò sposa a Giacomo Caetani, padre di Onorato. a) Così Caterina divenne signora di Sermoneta e prese dimora nella rocca, donde non si mosse quasi mai, interamente assorta non solo a curare I'educazione dei frgli e I'ordine della casa, rna anche ad amministrare virilmente lo stato quando suo marito, come spesso fece, militava in distanti regioni. Donna dei tempi di Caterina Sforza e non dissimile da questa per carattere, metteva al mondo frglioli, mentre armava e difendeva Sermoneta contro i nemici della Casa; con anirno invitto sopportò l'awersa fortuna del marito, le spoliazioni, la povertà e, quel che

r) Arc. 1)

c,6t3.

Cpel., dcum. vari: vedi Cor. Doc.,

p.

128 e

*e.

3) Arc. Col., XXXVII .1.


Vita familiare

1t442-14441

83

fu piir duro, nella sua vecchiaia fu spettatrice della prigionia e della morte violenta dei frglioli e dei nipoti. Beatrice, sorella di Onorato e di qualche anno più anziana di lui, verso I'anno 1436 era stata data in isposa a Berardo-Gaspare d'Aquino, marchese di Pescara, figlio di Francesco, conte di Laurito e di Satriano, e di Giovannella del Borgo. Per dote ebbe 10000 ducati, per cui vennero dati in pegno i castelli di Monteroduni, di Macchia e quello diruto di Montaquila. La dote fu apparentemente liquidata il 9 ottobre del 1444, come risulta dal relativo atto firmato in Sgurgola 2) e, in sicurtà di essa, per

il

caso che Beatrice morisse senza figlioli

o divorziasse, furono date dal suocero Ie terre di Roccasecca, di Castrocielo e di Pescosolido. Troviamo tuttavia che i pagamenti vennero ritardati di vari anni. u)

Sigillo di Onorato

III

Caetani, ')

Come parte delle rispettive doti delle giovani spose vennero consegnati molte suppellettili di casa, argenti e gioielli di cui gli inventari, che tuttora si conservano, ci dànno una sommaria descrizione. Sono oggetti di cui ora non si trova piìr che qualche raro esemplare nei musei o forse nell'appartamento di qualche ricco industriale o arricchito di guerra; scorreido questi elenchi, i quali ci fanno intravedere un barlume della vita familiare di quei ternpi lontani, nutriamo il rammarico che tanti cimeli siano andati perduti per la noncuranza che ogni generazione ha delle proprie cose. Così vediamo che Caterina portò con sé in casa Caetani dei bacini con le armi degli corredo di 3) e Beatrice Beatrice caetani' Orsini rilevate in ismalto e moltissimi piatti, bocali, cucchiai e coltelli d'argento, portò in casa d'Aquino una infrnità di biancheria lavorata a nnerletto, a reticella e ad opera aprutina, un diadema con gemme e 89 perle, un anello con balesco, una brocca dorata ornata di rami di corallo, ed un astuccio bianco contenente dodici coltelli con manico di avorio, guarniti d'argento smaltato con le armi di casa Caetani. Le dita, a quanto pare, servivano da forchetta. Ecco I'elenco completo: BONA MOBILIA ET DOTALIA HABITA PER MAGNIFICHUM DOMINUM BERARDUM DEAQUINA MILTTEM IN DOTEM PRO MAGNIFICA DOMINA BEATRICE GAYTANA CONIUGE SUA SUB INFRASCRIPTO VALORE

IN

PR/'MIS

Tohaglíe octo da manj laborcle in bammace negra ín uno peczo

.

ducati

IIJ

GuardanappiquaclroinunopeczoIaboratídebammacenegrgdebrazadeceI,uno>

Maali quactro eiusdem talofis

de braza dece I'uno Mesalj duj biancht eìusdem mensure laboratí opere aprutino. Maali tre altri eíusdem operis et mensuîe Mesalj duj altri eiusdem opetís et mensure Mesalj duj altrì eiusdem operis . Guardanappi duj eíusdem operis et mensure Guardanappí duj altri eiusdem operis . Guardanappi duj altri . Guardanappi tre altrí eiusdem operis Mesali duj ad bambace biancha in uno peczo eíusdem mensute a) (c-630. A). Nell'ottobre del lllo Berardo-Gaspare, dovendo forse assentarsi, affidava al cognato Onorato il governo di tutte le rocche e dello stato e a tal efietto dava ordini peren1)

Del 1446

lY.27r C-673.

2)

C-352.

s)

XJ ilrJ VJ

IrJ urJ

rj U IJ

.

)

tori a tutti i suoi capitani, castellani e camerlenghi, altri uEciali di obbedire ad Onorato (Ep., p. 0).

C'339. XXXVlll'

ru IJ

massari ed


PRIMI CIMENTI

84

Lib. VI,

Maalj duj altri

puro ad bammace bíancha . ín duj peczí ad bammace biancha Guardanappí duj altrí ín uno peczo con bammace biancha Paro uno de lensola de quactro tele laborate ad opera aa duj faze Paro uno allro cosito ad retecelle et ad quactro tele . Para duj altrí puro ad rctecelle de quactro tele Paro un altro puro de cínque tele schetho senza labore . Para quaclro altre de lele schecte senza larsoro. Parc quactro albe de tele quactro schíecte . Matarazi duj grandí bíanchi, matarazo uno d.e paliocto, colcelra una de penne, capitalj duj Coltra una de cínque thele ad plaza, coltra altra de cínque thele ad plaza, coltra un'antra de quactro thele, coltra un'altra ad onde facta de cínque lhele . Thoaglia una grande ad auro Sumperticha una laborcIa de sela et de oro, sumpertícha una altra con maiore lista. Uno altro laborato de seta et de oro più bello et pgù riccho Peczi seg de thooaglie de faza de dece thooaglie I'una ad opera ad duj faze Pezo uno altro de thooalgie xxl ad bammace biancha schiecte, pezo uno altro de numero de dece da faze, pezo uno altro de numero de XI!, pezo uno altro de thooalgie V, pezo uno altro de thoalgíe xV, pezo uno altro de thoalgíe X píù larghe, pezo uno altro de thoalgie IIII da capo' pezo uno altro de thoalgíe v da pedi Concha una grande, conclta una altra mínore, concha una altra pgù mínore, lancelle dui grannj, lanzella una altra picchola stagnata, chocome dui I'una maiore che I'antra Frontera una de peczi XJ con castoni XJ con gualassci V et zepini VI perle LxxxwQ

Cap.

X[Xlll. IJ

ducati

IIU

Guardanappí quactro

.

intucto . Frontera una altra de pezi xl et castuni

a le

rose

x

U

xJ

vIJ

t

XIJ VJ

)

VJ

. .

XVIIJ XXXVJ

" ,,

XXVJ VIIJ

oX

, VIU "XV

XVJ

XX VJ

r

con gualassci VJ et zaphini v perle grosse grosse XXXVIIJ et una rosa senza

XXffiU et tra le castunj perle mino

ducati tucti

Pgrle '

Anello uno con gualasscio in tabula ,quactro Anello altro con diamante pictho Corregia una con cento rttscío in orala de pezi XXVI et certi pezi picchulj tra le barre,

txxv

" 'vJ

xlJ

corregia altra con cento oerde de pezi XII! con laooro per med[iJum, corregía altra piso libre VIIJ con cento tserde de pezi XIU con laooro.in torno, corregia allra con cínto azuro et uncie IJ de pezi XVI con laoorc per medium, corregia altra con cinto azuro de pezi XII per pezi XIJ con laooro con laúoro per medium, corregia altra con cento oiolato de duc. LXXXXVIU medium, ad ragsone de ducato uno I'oncia, summal VJ Cucchiarclle seg parisínj con smaldj ìnorati IIJ et trj. I Cucchiarellj seg altri bianchí Broccha una ínorata con uno coraglio, J VJ Sslera una de argento con cristallo dentro XXX Bocale uno de argenlo in orato et smallato con una aquila summa libre Il. ponderis Tassa una grande spasa laborata ad stampe in orata dentro con smaldi cínque dentro, librarum X cíolola una laborata ad stelle in orate dentro et fora con maníchíto coperchíata, unciarum VIJ ratione de ducoppa. una coperchlata in orata con smaldi duj dentro, coppa una alha copercatis VlllJ per chíata ínorata con duj smaldi denlro, coppa una altra coperchiata in orata un libram pochu con smaldi, oaso uno da tenere spetíe inorato ín parte, tassa una ad bocze XCV tr. J t:ecchia in orata, salera una coperchíata con smaldo ín coperchío, summa Bacile uno in orato con pízo, piso libre t! e uncie VII alla dícta ragsone . XXXIJ tr. J

in orata

cum armis

una altra

ponderis libra-

ín

rum IIJ uncia-

orata cum uno lione et arbore oerde in mezo, tassa una altra spasa inorata

rum J ad dictam

Tassa una spasa

stampata

domus Gagtane, tassa

rationem

XXVU

sensa smaldo

Bacile uno bíancho oecchio, scudelle XIIJ bianche, plactellj octo, tassa una grande copputa, buchalicto uno schieto inorato, tassa una ínorata dentro copputa grande,

tr.

llj

gr. XV

pisolibr.XXVIJ e uncie

VlllJ

ad


Corredo di Beatrice Caetani

lr436l

tassa ;?:T:t":*; per libra una pizula con smaldo dentro ad aquila et líone, tassa una altra biancha con Io . labro ínoralo, summe. du". Sxxxvo. IIrl tasse

tre pizule ínorate et smantate dentto,

tasse bianche quaclro

pizulj,

et gr. VIJ

CoIteIleraunacondudícicoIteIIjconmanechedeaooIioetguarnìtedeargento,summa> Zoppa una ínbrocchata de auro de belluso Summa ducati mille ( **xt, tr. III! et gr. Facze de cuscinj octo, camise de donne XXV, parc dui de lenzola de quactro tele,

XV '>

XXXX

donale. t)

Ma torniamo alla nostra storia. Si è visto che, nella guerra tra

aragonesi

ed angioini per

la successione al trono

di aveva proprie ribelle ed avuto le terre invase, stato dichiarato (1435-1442), era Onorato Napoli danneggiate ed occupate da re Alfonso; perciò nutriva malanimo contro di lui. Ma quando Eugenio IV, vista perduta la causa 'di Renato, cominciò a considerare I'opportunità di un awicinamento, anche Onbrato sperò di poter trarre buon partito da un accordo con il re. A

duca di Milano, il quale gli deve aver fatto parlare da parte del suo camerario, Francesco di Landriano che, agli ultimi del 1442, si fermò e fu ospitato magnificamente nella rocca di Sermoneta. Infatti, il 22 gernaio dell'anno seguente, il duca scriveva ad Onorato ringraziandolo ed assicurandolo che nulla gli poteva esser più grato che di vedere I'afetto e I'osseroanza di lui e della uniúerca casa caetana al serenissimo re d'Aragona e promettendogli di favorirlo unitamente al suocero Francesco Qrsini, se essi si fossero mostrati

ciò credo

influisse

il

proclivi ai desideri suoi. 2) Onorato cercò anche di regolare e consolidare i suoi rapporti con le altre famiglie romane: a Sveva sua zia prestò fideiussione quando essa venne a trattative di pace con Sagace, Grato ed Alto Conti nel febbraio del 1444,3) ed egli stesso nel giugno dell'anno seguente iniziò accordi di lega con Giovanni Antonio Orsini, conte di Tagliacozzo e d'Albi, e col fratello di lui Rinaldo. Agì da intermediario un << monsignore ,, di casa Orsini, forse Latino, poi cardinale dei SS. Giovanni e Paolo. Si raccomandava di tenere tutto mofto segreto afine non manchí (ad Onorato) Io faoore dello prefetlo (Francesco Orsini) e dello conte de Fondt a cui tale confederazione poteva spiacere. Il monsignore era assai premuroso che I'accordo venisse fatto, assicurando che egli ed i suoi sarebbero stati pronti a pagare due terzi delle spese, in qualunque evenienza della pace et della guefra, sicuro che uniti sarebbero stati piir forti dell'cftrc parte a) che, è lecito supporÌe, era quella dei Colonnesi. L'alleanza fu effettivamente conclusa il 19 agosto 1445 in Tagliacozzo e doveva durare cinque anni; per essa Ie parti s'impegnavano a non muovere guerra e a non concludere pace 5) senza mutuo consenso. Così Onorato entrava nella politica e nella vera guerra. Di questa fece il suo primo esperimento nel 1446 quando, sotto il vigile occhio del mentore, cardinal Ludovico Scarampo, potè muoversi con I'esercito pontificio che costui condusse contro Francesco Sforza nelle Marche e nel cremonese. ") Lo Sforza era il paladino del concilio e dell'antipapa ed era appoggiato dai frorentini e dai veneziani. Dalla parte di Eugenio erano Filippo Maria Visconti, duca di Milano, e Francesco Piccinino,6glio del famoso Nicolò, morto nel 1441, Bartolomeo Colleoni ed altri condottieri, con cui Onorato potè fare conoscenza e stringere amicizia. ") Il tg mag.

1446 riceveva una paga

di

ZO

fiorini síne rctenlîone pÌo paîte sue prestantíe (Arc, St. Roma, Mand.

cc. 180b, 232b.)

t) Pre.2136; C-339,

LXII.

\

C-641.

B) C-

ó,13.

4, C - ?39.

LXXXVII.

5) C - 660.

camerali,

Alleanza

con gli Orsini.

Campagna

contro Fr. Sforza.


PRIMI CIMENTI

86

Lib. VI,

Cap.

XLVil.

Non sappiamo molto della parte presa da lui in questa guerra, perchè ci rimane solo una lettera che egli scrisse di suo pugno, il 27 settembre del 1446, da Tavoleto presso Urbino, alla giovane moglie Caterina per dare notizie di sè. l) In essa racconta di aver partecipato alla cattura ed al sacco di Monte Boaggine nel contado di [{ontefeltro e di trovarsi in quel momento accampato con I'esercito della Chiesa ad un miglio da quello di Francesco Sforza, in attesa della battaglia imminente. L'oste andava ingrossandosi giorno per giorno con nuove squadre e ad ogni ora doveva giungere il conte Carlo (Gonzaga ?) con piùr di mille fanti. Onorato assicurava che Ie nooelle erano fucfe bone per Sancta Ecclesía'; ma, due giorni dopo, il duca di Milano subiva una disastrosa rotta a Casalmaggiore presso Cremona. L'eccidio Non credo che Onorato sia rimasto a lungo nel campo, perchè gli interessi familiari e di Ninra' le beghe che gli ordiva lo zio Francesco lo richiamarono d'urgenza a Sermoneta. Tra queste credo debba includersi un tentativo di ribellione di eerti vassalli, che condusse al tristissimo < fattaccio " di Ninfa, che sto per riferire. I colpevoli di tradimento, tra cui v'era pure un certo suddiacono, d'ordine di Onorato, furono rinchiusi nell'oscuro carcere, che trovasi nel basamento della torre di Ninfa. Non vi poteva essere prigione piir sicura, perchè nelle grosse mura non vi sono che due anguste finestre chiuse da grosse sbarre di ferro, e I'unico accesso ad essa è dato da un trabocchetto che si apre nella volta. Un giorno il castellano della rocca, per portare la cena ad uno dei carcerati, scese nella prigione per mezzo di una scala a piuoli, ma giunto Nicolò Piccinino; Medaglia del Plsane/Io.' all'ultimo gradino fu proditoriamente trucidato da uno dei Firenze, Museo Nuionale. detenuti. Costoro allora, saliti al vano superiore, da cui si comandava il ponticello levatoio della porta d'acccesso, cercarono d'impossessarsi della torre. Però le grida del castellano erano state udite da due servi i quali, accorsi in tempo ed ucciso il colpevole, costrinsero gli altri a ridiscendere nella prigione. All'udire la notizia Onorato, che stava a Sernnoneta, accorse in gran fretta con una comitiva di fidi vassalli e, preso da cieca iracondia, fece cavare i ribelli e cacciatili davanti a sè per Ie ripidissime scale sino alla piattaforma merlata dell'altissima torre, da lì li fece precipitare miseramente sul lastricato del piccolo cortile sottostante. Ora tale atto di giustizia sommaria non avrebbe suscitato le recriminazioni delle autorità ecclesiastiche, perchè Onorato aveva la podestà gladti et sanguinìs (e qui si trattava di vero tradimento), se non ci fosse stato di mezzo la uccisione del suddiacono il quale, come uemo di Chiesa, non poteva essere né giudicato né punito da un laico. Perciò Onorato, secondo

le norme canoniche, fu scomunicato e costretto a chiedere umilmente perdono. Trattandosi piùr che altro di una questione di forma, il cardinale Giovanni de

Grecis,

di Palestrina e penitenziere pontifrcio, d'ordine verbale del papa, il 17 maggio 1447, dette istruzioni a frate Andrea di Giacomo da Massa, priore del monastero di Fossanova, di sottoporre a penitenza e poi assolvere il colpevole. Perciò, esattamente due mesi più tardi, in una rovente giornata d'agosto, si radunarono nelle deserte e dirute strade di Ninfa il suddetto priore, Angelo di Cola, arciprete di S. Maria

vescovo

\) c-677,


Itet. 144,6-ag.

L'eccidio di Ninfa

14481

Maggiore, Nicolantonio Impaccianti, chierico di S. Paolo, ed altri sacerdoti e benefrciati di dette chiese, nonchè largo stuolo di cittadini di Cori e di Sermoneta. Davanti a tanto concorso di popolo il giovane barone dovette spogliarsi tutto nudo, togliendosi persino le scarpe e le calze; gli fu tuttavia concesso, per ottimi motivi di ritenere le brache. Così ridotto, con una verga in mano ed una correggia al collo, secondo le prescrizioni canoniche, dovette inginocchiarsi sulla soglia di S. Maria Maggiore, confessare ad alta voce la colpa ed esprimere il proprio pentimento. Allora i sacerdoti presenti gli tolsero la verga che teneva nelle mani e, cantando i sakni penitenziali, Io fustigarono senza fargli troppo male. Poi, seguito da tutto il popolo, il nobilissimo e nudo signore dovette andare per gli aspri ciottolati della diruta città, che i roghi già stavano invadendo, sino alla chiesa di San Paolo, davanti alla porta maggiore della quale fu ripetuta Ia cerimonia. Compiuta la penitenza, tutti fecero ritorno a Santa Maria ove, davanti all'altare maggiore, Onorato, nudus et flagellatus, fu assolto dalla scomunica e dall'omicidio avendo adempito la penitenza che a lui dooeoa portare Ia salute e ad albi iI terrore. Quindi rimessosi, malgrado il caldo del solleone, un mantello o qualche cosa altro addosso, ordinò al notaio Antonio " Tutií ,, di Sermoneta di redigere regolare processo verbale dell'accaduto; ciò che fu fatto in mezzo alla navata centrale della chiesa, oramai quasi del tutto abbandonata, il cui tetto, dalle tegole sconl) nesse, minacciava di rovinare da un momento all'altro. Probabilmente, come onorevole ammenda, curò subito che si desse mano al restauro del tetto; fu iniziata la costruzione delle incavallature il cui legname costò 40 frorini ma, per condurre I'opera a termine, I'anno seguente fu necessario di vendere un pezzo di terreno, appartenente alla chiesa, del valore di 25 ducati d'oro. L'autorizzazione per la vendita fu redatta il 24 agosto 1448 dall'arcidiacono Pietro de Cervantes nel palatio cashí Nínfa. forse quello da me recentemente restaurato, a meno che non

si trattasse dell'altro della rocca. u) Giudico questo essere stato I'ultimo lavoro di restauro eseguito in una delle chiese di Ninfa che, a partire dalla frne del secolo XV, furono completamente abbandonate e caddero in rovina col resto della città. C'informa il Pantanelli 2) sull'autorità del Theuli, che una campana gotíca, la quale attualmente si trova nel campanile di S. Nicola di Sermoneta, fu portata ivi da Ninfa; nella medesima si legge f a soNtw HVIVs FVGIAT cRANDo ATQVE TEMpEsrAs. Anche le mostre della porta principale di detta chiesa provengono, pare, da S. Giovanni di Ninfa. Ma se poco venne fatto per Ninfa, che aveva perduto qualsiasi importanza strategica per il fatto che poteva battersi facilmente con le armi da fuoco dalle alture circostanti, ben differente fu il caso di Sermoneta, castello inespugnabile, che dominava Ia via di Napoli ed era diventata centro dello stato e dimora permanente della famiglia. Tutto il governo di Onorato, sin dai primi anni, è segnato da attività edilizia. Entro la rocca, che allora conteneva la u curia >), vennero costruiti nuovi edifizi, torri e cortine, come si dirà piìr tardi descrivendo il castello. Nella piazza del paese, prima dell'anno 1446, fu eretto a) Petrus ile Ceroants, atchídíaconus de Brunesta in etin cioítale et díocesi ostiensÎ et tselítemensí

ie casli Ninfarum .,. Fîoptú depopulatíonem ípsíus castrì ín ruoinam mazímam deoenerat îpsumque teclum et maíor

Chtísto pa.trÍs et domíni domíní loannís ostiensì (l) epíR. E. cardínalís oícafii (!) et ofrcíatís genaalís. Cum ...

pats ecclesíe predìcte dísfoct a et desltucta erat,,,. facullalem,,.. .,. unam oel plwes ex possessíoníbus dicle ccclesíe etc. (c-eol copia aut.)

clesía burgensí, ac

tmí,

ín

scopÍ S.

ad

nostram detleneint

(!) audìentíam, qualíter

t) Pry,. 1572, ó58;

C-684.

ecclesia S,

\ I' p. 413.

Ma-

concedímus oendendí

Restauro di S. M. Maggiore di Ninfa.


PRIMI CIMENTI

88

Lib. VI,

Cap.

XLVIII.

il

Forti6cazione

di

Sennoneta.

bel loggiato che tuttora si ammira e che diventò il centro civico dopo che i Borgia con le loro ricostruzioni ebbero distrutto quello della rocca. Anche la città, che si era ingrandita estendendosi al di fuori dell'antica cinta verso Ia sella che la collega al monte, ossia nel quartiere che prese il nome di Torrenuova, venne munita di nuove fortificazioni per proteggerla dal solo lato donde poteva essere attaccata con qualche possibilità di successo o, come dice un documento del tempo, per Ia protezíone e tutela della terra dai oíolentí attacchí (insultibus) deí nemicí. Ivi, e precisamente presso I'attuale porta del Pozzo, d'ordine di Onorato, si cominciò a scavare nella roccia viva un grande fosso, seu oallem,' I'appalto fu dato, il !9 giugno del 1448, a mastro Pietro Giovanni Perrerio, di u castro Rrpí ", napoletano, con obbligo d'iniziare i lavori il 15 luglio e di portarli a termine entro otto mesi. l)

'

Loggiato nella piazza di Sermoneta (rnetà sec. XV).

Ultimata Ia fossa, fu subito messo mano alla costruzione di un grosst'ssimo muto et degli zt torricielli tondí et scarpati a ercemplo di quegli che à fatti Ia SantÌtà Sua (Nicolò V). Lo spigolo della fortificazione era in vicinanza della cappella di S. Giovanni, ove trovavasi il cimitero della chiesa collegiale di S. Maria; su di esso, nel 1451, Íu costruita una torrícella munita di merli, di feritoie e bumbarderiis, dalla quale si poteva infilare con il fuoco il fossato nuovo. 3) Due anni piir tardi Michele di Prato, tessendo a Nicolò V le lodi per quanto Onorato stava facendo, parlava delle fortificazioni come di opera già completa. Anche delle chiese si occupò il giovane signore, ed in quella di S. Antonio fuori le mura fu posta una carnpana, nella quale il Pantanelli lesse: ANNo DolvttNl 1444. tmteoRE oNoRATI CAETANT s UaCISTER CICCVS ANTONIVS DE URBE ME FECIT lF. t) Panl.,l, p,95t Arc. Cae!,, Misc.

Razza, To.

Vll, p.

139.

2) Ep., p.

34.

3) Prc. 894.


Attività costruttrice

[giu.1448-147O]

Onorato fu

di

i signori de' suoi tempi, amante e protettore perciò fece decorare con pitture pregevoli le pareti delle stanze nuove e ridipingere alcune di quelle antiche, i cui antichi affreschi erano forse deteriorati o erano considerati brutture del secolo passato. Fece anche dipingere le volte delle

natura magnanimo e, come

delle arti. Volle abbellire

la sua dimora e

stanze

al

pianterreno

del

maschietto

ma

troppo, quando, dopo I'epoca borgiana,

Afireschi nelle rocu

di

Sermoaeta.

puresse

furono trasformate in prigioni (perchè diventate troppo oscure per potervi abitare, essendo state ristrette le finestre ed ingrossati i muri), Ie pitture rimasero annerite dal fuoco che i disgraziati carcerati accendevano per difendersi dal freddo e rischiararsi nella tetra solitudine. Nella sala del maschio, che precede queste stanze, fece affrescare lo stemma di casa Caetani e, dalla parte opposta, quello del compare, protettore e Stcmma del card. Ludovico Scarampo di Mezzarota. amico sincero, il cardinale Scarampo di MezzaAffresco nel maschio della rocca di Sermoneta. rota, in riconoscenza di quanto questi aveva operato a suo favore, proteggendolo nell'infanzia ed aiutandolo nelle dure ed awenturose vicende dell'ultima guerra angioina (1458'1464)Più tardi, verso il 1470,ù chiamò un artista di valore, che il Berenson crede della scuola clel Pinturicchio, il quale decorò le pareti delle due così dette << camere pinte >. Una di esse fu, di mia iniziativa e con mezzi forniti da mio padre, restaurata dopo esser stata liberata dell'imbiancatura che vi apposero ripetute volte gli affittuari i quali, nel secolo XIX, si servirono delle stanze corne

di

granai.

Nella prima sala

(i

cui affreschi non sono stati ancora completamente scoperti) si vedono

6gure mitologiche; Britomarte, ninfa protettrice'dei cacciatori, Nevedonte, Licoste, Meontadome, Opis, la vergine iperborea benefica alle partorienti, Lycor[is] (forse rappresentante Citera I'amante di Cornelio Gallo) ed altre deità, le une con I'arco in mano, altre suonando la viola o il liuto, altre in atto di cantare. Nella seconda sala, ben restaurata dal prof. Bacci-Venuti, si vedono le sette virtir con scettri in mano, sedute su altrettanti troni e ai piedi di ognuna giace in terra l'opposto vizio, raffigurato in qualche malvagio personaggio storico: ai piedi della Fede giace il filorofo Epicuro, a quelli della Prudenza re Sardanapalo, ed Erode, il crudele massacratore dei fanciulli, giace supino davanti al trono della Gustizia. Sulla parete dal lato della finestra siede in trono la Carità circondata da putti nudi che corrono e giuocano, e I'anonimb pittore si è adoperato, forse senza malizia alcuna, ad indicare chiaramente che essi appartengono all'uno e

I'altro sesso. Tutte le stanze erano arredate con un lusso non privo della dignitosa semplicità del primo Rinascimento.

rimasta una breve descrizione di esse dataci in una lettera di Michele di Prato, procuratore fiscale del papa, inviata ad Onorato il 15 novembrc 1453 dopo aver avuto un'udienza con Nicolò V, al quale aveva descritto la rocca e la vita castellana di Sermoneta, ove si era

Ci è

nov. l37l (Prg. 736) gia si parla della camera picla rccchae cashí Scrmíneli; ma sec, XIV dovevano essercene molte, oltre quelle del maschio' a) Nell'atto del

Domus,

l-2,

12.

3l

di

camere dipinte nel

Descrizione

della rocca

di

Sermoneta.


PRIMI CIMENTI

90

Lib. Vl,

Cap.

XLVil.

\.1 \*d

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-a.r-4" \_\

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'*t

*

Camere Pinte

u della

rocca

di

\

Sermoneta.

recato per portare un breve pontifrcio e dove era stato ospitato con grande magnificenza. Raccontò al papa che le pareti di tutte le stanze erano coperte di panícellí e di arazzi, che per terra erano stesi tappeti (suppongo orientali), e che erano scaldate da buoní fuochí, e prowiste di banchalí e di abbondante argenteria. Ma quello che piìr colpì il bravo Michele furono i letti. ,, Io ho dormíto, egli disse, in uno letto ehe eta come una montagna ornatíssimo dí copeila et di lenzuola et ú ortglierí et ... o'era una coltríce prtma di piuma, poi uno altíssímo et boníssímo materasso dí bambagia et etiam uno buonissimo materasso di lana tale che ín Roma sono moltí ficchí che non hanno tale quale è quello dí lana ín nel lorc lettí r. Non meno magnifrca era la mensa, dove sempre v'erano uccellame et fagíani et pol|amí non ín copia, ma a cataste; intendendo la qual cosa il papa si mise a ridere ed esclamò u

A

.catastel

/"

l)

di quello che fece Onorato quando venne a Sermoneta il cardinale Scarampo. Nella selva di San Biagio, purtroppo oggi distruttat Presso Gsterna, per dove passava I'antica via romana, furono preparati padiglioni, camere e tavole coperte d'argenteria. Faceva parte della comitiva Tommaso Parentucelli, figlio di un povero medico

Ricevimenti Ma tutto ciò era nulla in a sermoneta.

paragone

ma che dopo pochi anni doveva prendere il nome di Nicolò V. Rimase molto impressionato e disse che non uedeoa che Signore di cotestí paesí aoase saputo né potuto tanto farc. Maggiore onore ancora fu tributato all'imperatore Federico III. genovese, semplice suddiacono,

t) f'p- p. 34; pubbl ir Doc' Fsm', P'

E.


Vita familiare in

[1445 c. -1453]

Sermoneta

9t

Ad

Onorato era stato ordinato dal papa di comparire in Roma per assistere alla incoroil 7 febbraio 1452, il cardinale lo consigliava di condurre seco il figlio Nicola nazione perchè, malgrado la sua giovanissima età, fosse onorato dell'ordine militare dalle stesse mani dell'imperatore.2) La cerimonia ebbe luogo il 19 marzo dopo I'incoronazione e si svolse sul ponte S. Angelo, ove furono fatti circa 200 cavalieri, tra cui solo pochissimi erano italiani; ma suppongo che I'influente patriarca e camerlengo provvide che tra costoro fosse incluso il piccolo Nicola che gli stava tanto a cuore. 3) Così Onorato venne a conoscere I'imperatore e, grato degli onori ricevuti, Io volle ospitare nella rocca. Giunse in Sermoneta il 25 marzo I con una comitiva di 5000 uomini, e la sposa =ll Eleonora di Portogallo lo seguì il 27 , come venne ricordato in una lapide in casa della famiglia Vari, che il Pantanelli lesse. a) Tanta fu la fama del ricevimento che Sisto lV nel 1473 rammentava in una sua bolla 5) che I'imperatore complimentò Onorato, dicendo che era .. Onorato t' non solo Rocca di Sermoneta alla Íne del secolo XV' di nome ma anche di fatto. Ed il nostro messer Pittura di Benozzo Gozzolì h S. Maria di Sermoneta. Michele narrò al papa come nelle cantine, ripiene di botti che parcoano fatte aI tornio e contenenti più di mille .. some ', di vino, in gran parte cotto, le soldatesche imperiali avevano gozzovigliato andando nel oino insino aI gínocchio et come furono píení (ubriachi). Quieta' era però la vita familiare. ") La moglie Caterina vigilava I'andamento della casa, teneva gli inventari, che tuttora si conservano, della biancheria, dei rami e delle suppellettili, mentre sorvegliava la numerosa figliolanza che, gioconda e rumorosa, si trastullava nel cortile o correva per le grandi sale della rocca. Profondamente devota, s'inginocchiava ogni qualvolta udiva pronunziare il nome del pontefice e viveva modestamente, pronta però ad assumere attitudine virile ed energica quando lo richiedevano le difrcili ed awerse vicende della vita. Non mancarono queste. Era un'epoca in cui, sotto il manto della magnificenza e della signorilità, covavano le basse passioni umane, alle quali lo spirito del tempo poco si curava di porre un freno. Di esse troviarno un esempio caratteristico in numetose carte del nostro archivio riferentisi ad un fatto che, seppure solo indirettamente connesso con le vicende della casa Caetani, dó un'idea delle oscure trame che si ordivano tra signori dello stesso sangue: voglio dire del tentativo di awelenamento che il cardinale Prospero Colonna fece a danno

r) e,

dei Conti. Non è facile dire come o perchè nel nostro archivio si ritrovino tanti documenti relativi a questa truce ed oscura faccenda. Ricorderò tuttavia alcuni fatti che ad essa si collegano e che servono a chiarire questo punto. Onorato Caetani era imparentato con i signori e)

Tral'altro i coniugi si curarono di far contrarre matrimonio

spettabîIe adolescente Stefano di Lello degli Astalli di Roma e ilonína Lucteàa Caetani, ognuno degli spoei agendo a nome e conto proprio. La cerimonia si svolse nella sala dei

ka lo

baroni. davanti ad Onorato e Caterina,

') Pre. 581,

1 Ep., w.

12,

il Zt 13.

suna indicazione è data di chi fose. f,glia Lucrczia; dal fatto che aon è detta magnífica, dedurrei che la giovane fossc una bastarda, forse 6glia di Ruggero, a meno che non fos6€ frutto di qualche colpa giovanile dello stesso Onorato (c -796),

naggio 1452. Nes-

s\ Ct. Putot, l, p.

412.

{) l, p.

466.

s) Ple'2170.

Dspute Conti.Colonna

per Paliano.


PRIMI CIMENTI

92

Lib.

di Valmontone,

vl,

cap. XLVilt.

avendo suo zio

Ruggero sposato, verso il 1415, Francesca Conti, sorella di Alto, Grato, Sagace e l.ucido, car-

dinale di S. Maria in Cosmedin; t) tra costoro, il padre e gli zii di Onorato vi era stata guerra, seguíta poi dalla pace. Ildebrandino, padre dei suddetti Conti, fu signore di Paliano. Nel 1389 Urbano VI lo privò del feudo come ribelle, AÍresco nelle * Camere Pinte > della rocca di Sermoneta. ma Bonifacio IX lo rimise in possesso dichiarandolo vicario di detta terra per 29 anni. Martino V, a sua volta, gli tolse tale vicariato e lo conferì al nipote Antonio Colonna, Églio di Lorenzo e di Sveva Caetani, zia di Onorato. I Conti però, approfrttando della condanna inflitta ai Colonnesi da Eugenio IV (1431), 2) ritornarono in possesso del vicariato e da ciò nacque aspra inimicizia tra le due famiglie. Si ricorderà che nel febbraio del 1444 Onorato Caetani prestò fideiussione per la zia Sveva nel trattato di pace tra essa e i fratelli Conti, figli di lldebrandino. I Colonnesi tuttavia bramavano di riprendere Paliano, il che spiega perchè il cardinale Prospero, altro figlio di Sveva Caetani, tramasse, o potesse essere sospettato di tramare, a danno dei Conti. Scoppiato lo scandalo, Onorato, come fideiussore di Sveva, molto probabilmente ebbe in mano le copie degli atti processuali e cosi si può spiegare come si trovino nel nostro archivio. !l rir

Tentato avvelenamento

dei'Conti.

4i

Or ecco, a giudicare dalle testimonianze, quello che accadde durante l'estate del 1451. Un tale Bensivenuto era cuoco di Grato Conti e suo fratello Gianni era cuoco di Alto, fratello di Grato. I due cuochi avevano una sorella per nome Agnesa, fatta della stessa pasta fraterna che non era molto buona. L:otto giugno Bensivenuto viene a Roma per ricondurre certi cavalli de' suoi signori ed è incoritrato dalla sorella: questa gli dice che il v'enerabile don Nicola Pettinari, nipote di don Govanni Raya, fuoruscito di Paliano, voleva sapere se i due fratelli cuochi erano disposti ad awelenare, per conto del cardinale Prospero Colonna, i signori Conti. Bensivenuto senza tanto esitare rispose : u Io ci ooglio fare tucto Io mío potere >.

Così Bensivenuto andò dal cardinale e I'assicurò che egli era disposto ad ínfossícare Grato ed i frgli, mentre che Gianni avrebbe fatto lo stesso servizio ad Alto ed ai suoi figlioli. Rispose il cardinale : ,, Bastaoí l'anímo de farcIo et non curati de altro, chè oi faccío ricchí de denafi et de roba r. . Fu fornito il veleno. Due settimane dopo Bensivenuto andò a Paliano con intento di awelenare Luca Vaccino da Carpineto, castellano della rocca, dopo di che doveva far scroccare

l)

Cf. Alb. gocalog. a pag. 9.

t) Cf.

pae. 37.


Tentato avvelenamento dei Conti

[giu. -ag. 1451]

93

tre oolte la bombarda et mettere Io lenzolo ín cima della rccchd, come segnale ai congiurati del cardinale, nascosti nelle vicinanze, affinchè tentassero con un colpo di mano di entrare in Paliano. I-e famiglie Conti dovevano essere awelenate allo stesso tempo. Senonchè giunto nella piazza di S. Andrea di detta città, Bensivenuto andò a sbattere faccia a faccia con Andrea Conti, figlio di Grato il quala, certamente preawisato, lo fece gettare in carcere. Vennero poi arrestati il cuoco Ganni, Agnesa, don Nicola Pettinari, Antonio dello Schiavo ed altri congiurati. Quei disgraziati furono sottoposti alle piir orribili torture, alle quali presenziò lo stesso Andrea Conti. Quando, con una grossa pietra da bombarda appesa ai piedi, essi venivano sollevati con una corda legata ai gomiti dietro alle spalle, e quando lo strazio non sembrava sufficiente per estorcere tutta la verità, o quella confessione c.}re ricercavasi senza riguardo alla verità, allora Andrea Conti, per rendere piìr atroci le sofferenze, appesantiva Ia pietra brutalmente ponendovi sopra il pieda I colpevoli confessarono tutto: tutto quello che si vo.i, I Ieva. AIIora Andrea andò nella piazza, ove suo padre Grato 1 irh sedeva in pubblica udienza, e lesse le confessioni ad alta voce, perchè tutto il mondo le udisse; per vieppiìr infamare -?ti t, il cardinale, i risultati degli interrogatori furono divulgati anche con lettere dirette aí sígnorí e magnatí. Poi il cuoco Gianni, mentre protestava la propria innocenza, fu impiccato da un servitore ad una forca in Carpineto ; il reverendo don Nicola, che non poteva essere giudicato da un tribunale laico, per timore dei tormenti, ricorse al suicidio (o almeno così si disse essere. stato il caso) ; e, ptroh dolor ! Agnesa fu costretta con minacce e tormenti ad accecare il Rocca di Paliano, proprio fratello Bensivenuto nel castello di Gavignano. A che punto I'odio e Ia brama di vendetta può imbestialire I'uomo !! L'onore del cardinale Prospero era gravemente compromesso. Il papa ordinò subito a Nicola Amidano, vescovo piacentino, ed a Nicola de' Porcinari, senatore di Roma, di aprire un processo per appurare la verità. I Conti furono citati a comparire, ad inviare i testimoni e a consegnare gli atti del processo da loro eseguito; non si fecero vivi. A Roma non c'era chi li appoggiasse, perchè il cardinale Lucido era morto; i Colonnesi erano potenti. In conclusione, il tribunale, verso la fine d'agosto, dichiarò che il cardinale Prospero Colonna eta ptÍîo, ímmune e del tutto innocente delle accuse mossegli; Grato e Andrea Conti furono privati di tutti i loro beni, compreso il vicariato di Paliano e, per avere messo le mani sul prete Nicola ed averlo torturato, furono scomunicati in conformità alle leggi canoniche. È superfluo aggiungere che Paliano passò in mano dei Colonnesi. l) iJ

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I

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I

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Quali strascichi lasciò questa orribile tragedia? I documenti non ce lo dicono; trovo però una lettera scritta il 28 ottobre, senza indicazione dell'anno (ma che suppongo essere del 1453), con la quale Antonio Ncolai .. de Grecis ,, di Velletri awerte Onorato di stare in guardia perchè certi fanti del re avevÍrno detto: < .ffoi colle spalle del re aoremo muodo de hatsere r)

C - 777.

Il

al V.


Lib. Vl, Cap. XLVIIL

PRIMI CIMENTI

94

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CIRSTglrlro'

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DI SeRilÌOIIgTH'

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Re Renato in Italia Sermoneta,

de

de

certo,

et

Grato ,r. t\

anche Palíano "

; e poi aggiunse: .. .fúe è cascione

(Andrea) Io figlio

I

fanti del re, a cui accennava Antonio de Grecis, erano certamente quelli del duca di Calabria, Ferrante, il quale, spinto dal padre, durante I'estate del 1453 aveva iniziato la sua seconda campagna contro i fiorentini. Gò ci è indicato anche da una lettera del cardinale Scarampo, in data 26 settembre, in cui informava Onorato che il pontefice I'aveva assicurato che stesse di bono animo perchè la maestà de lo rc, né sua gente non oengnano per ofendere iI stato de Ia Ecclesia né di suoí amicí.z) Onorato tuttavia aveva buone ragioni di non fidarsi del re fintanto che il cugino Onorato, conte di Fondi, gli era ostile; è probabile anzi che già sin da quel tempo Onorato di Sermoneta fosse in simpatia, o anzi d'intesa, con re Renato, che i frorentini avevano chiamato al principio dell'anno per militare contro re Alfonso; la eventuale conquista del Reame da parte degli angioini avrebbe certamente dato buone possibilità al signore di Sermoneta per impossessarsi di Fondi e degli altri feudi dei parenti. In relazione a ciò troviamo nel nostro archivio una copia coeva del trattato che venne stipulato nel 1453 tra rg Renato ed i frorentini da Abramo Ardiccio di Vigevano, in nome del primo, e da Angelo Acciaiuoli, in quello dei secondi. Non so se tale documento pervenisse allora nelle mani di Onorato, oppure nel 1459 quando s' iniziò I'invasione del Regno da parte di Giovanni, figlio di Renato. Ad ogni modo riporto qui il testo integrale

di

questi interessanti capitoli.3) Promecte

Re

Trattato

Renato

di Renato con i

Che passarà ín ltalia allí seroitii de Fíorentiní et Sígnor Duca (di Milano) con caoallí domilía quattrocento. Che serrà in ltaIía alli xv de lugno. Che farrà gueîra ad onne inimico sou, del Sígnor duca etíam de Fíor."í ín quelle paúí dooe se dichíararà per le duí partí, excepto eI papa, et Re de Franza.

íj-"^"'::,:*:"::"fiH1: :

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che darrando n,l)) """:" Che glt darranno eI gooerno et obedientia delle loro genti tucte al modo usato. Che la prooísíone commencia un mese pima che ionga in ltalía. Che quando serrà in Asti o Alex.o Ii darcnno pa ptatanza XX'. fiorínì.

retentione.

el Re Che pog serrà in ltalia ail XV di danà in scripto le soe genti, et se manchassero de dìcto numeto li supplerà fin ail xv altrí dì, et non supplendo selli retenga pîo rata, fin che glí haoera îemessa. Promecte

Promectono I'una all'altro Che quando eI Re non oolesse essere più obbligato a dicti Capítoli, sía tenuto súísare Ia Comunita duí misí ìnanti. Et se Ia comunítà non ùolesse lui, aoisarelo pur duí misi príma, ma che la praoisione dellì x.^ ducati dure pur peî dtctí dog mesi. Et oltra ciò la Comunìtà glt debia dare al partire per benandata XX.^ ducati, Che ifrognando tornare in Franza, obseroare quello

ha

ptomesso,

o Proúenza, possa /asscre o far oenfue el fgliuolo [Giovanni] , c et aI figliuolo sía obseroato quello è promesso a lui etc.

Renato non condusse però a risultati positivi e, dopo avere.lasciato commettere alle sue soldatesche ogni specie di orrori, entro il termine di pochi mesi, fece ritorno in Francia sperando che il figlio, in qualche anno futuro, avrebbe potuto ritentare la

La

sorte

in Italia di

venuta

in migliori

t) c-717.

circostanze.

t)

Ep.,

p.31.

9 C-560.

Fiorentini.


PRIMI CIMENTI

96

Lib. VI,

,ilr[; Kot-,r#-.-.[ r*,""'7

Cap.

XLVIII.

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Lettera

Pacificazione

con i

di

Gaetani Fondi.

di re

Alfonso a Onorato Caetani

di

Sermoneta.

l)

Tramontate queste prospettive ed essendosi il conte Onorato di Fondi inimicato con Frandi Maenza a causa delle perfidie di costui, come già fu detto a pag.79, pawe giunto il momento propizio per promuovere un riavvicinamento tra i due rami di Fondi e di Sermoneta. A tal fine il nostro Onorato nell'agosto del 1454, trovandosi probabilmente a visitare le proprie castella presso Isernia, s'incontrò a Vairano Patenora col conte di Fondi e fu deciso di saldare la concordia stringendo un nuovo vincolo di parentela: ossia Onorato di Sermoneta promise che, trascorsi quattro anni, suo figlio Nicola, che era poco piùr che dodicenne, avrebbe sposato Bannella figliola di Baldassare Gaetani, primogenito di Onorato di Fondi. L'accordo fu registrato per mano di notaio il 2 settembre ed in esso venne stabilito che la giovane avrebbe portato seco la cospicua dote di 16000 ducati, di cui 5000 sarebbero stati pagati all'atto del matrimonio e la rimanenza a late in cinque anni. u) Ma, come vedremo, il matrimonio non ebbe piir luogo perchè, maturatosi il termine prefisso, scoppiò Ia seconda guerra angioina, che gettò di nuovo I'odio e la violenza fra Ie due famiglie. E fu un peccato, perchè Bannella, detta anche Mandella, diventata principessa di Bisignano, cesco Caetani

ù

(Ptg.2673). Mi rincrescemolto di dover riferire che in que-

sto tempo Onorato, avendo dovuto recarsi a

riguardanti

le

sue

gale. Una lettera

etella,

Napoli per quetiori

commise qualche grave infedeltà coniu-

del marzo

1454, assai confdenziale,

di un certo

di Napoli fu dimenticata tra le carte d'a6ari del nostro signore ed in essa oggi leggiamo: MaCnifce Domine ... quella che sempre se tecomanda a Vosba Sígnofia che, pet Dio Sígnote, è nolc (a voi), lo dì rnag non me díce altro senò : Francesco Gaetani

r) c-885.

u Quanilo

Io

Lo tempo che me scrisse Io St(testo: drtírre) ípso se à ttooata qualche jentíle lnnamorala eI non ó b*ogno de me; slcchè ío mende pozo despetate de ípso ! > Bisogna che lIí ilía ad entendere mÍlle frasche. Pet mía fè, Sígnote, ouí fale male ad non gnore

oene

Sígnore?.,,

ja è passato et dícame

oenhe, perchè síle desìato multo qua et omne tante míIliata de oolle (C-356).

síte lnnomlnato


Pacificazione con i Gaetani di Fondi

[ag.1454- giu. 1458]

si dimostrò donna di grande animo e si rese famosa quando nel 1487, al tempo della congiura dei baroni, sfrdò il re portando a salvamento i figlioli con ardita ed avventurosa fuga. Tale avvicinamento servì anche a condurre il signore di Sermoneta nelle buone grazie del sovrano e, I'otto settembre 1454, Alfonso gli inviava una lettera con firma autografa, invitandolo quale suo vassallo, a recarsi al parlamento convocato in Napoli per il 15 di ottobre per debítamente proooedere a la dífensione delo ... Regno che per IÍ Turchí et altfi inimícì dela fede cristiana ... non poczd essere inoaduto og ofeso. t) Così si vennero a stabilire contatti senrpre piir cordiali ed intimi tra Ie due famiglie, ed a guesto cooperò anche l'astio

di

Francesco Caetani

di

Maenza. Costui stava attivarnente complottando contro i due Onorati tanto che il cardinale Scarampo credette bene di awertire il compare con Ie parole z State cautí et dÍlígentí et fate bone scot)erte accíocchè il predícto Francesco non t)e possí fare danno alcuno ot)eî con caoalcate o\et ín altro modo.z) Le cose erano ora mutate: in luogo degli antichi dissapori, I'uno e I'altro Onorato si estendevano a vicenda ogni genere di cortesia. Anzi è probabile che Onorato di Sermoneta, smanioso di prestare seívizio d'arme, tentasse di unirsi al conte di Fondi in qualche impresa sotto le bandiere di re Alfonso. Difatti il 17 novembre il cardinale Scarampo scriveva al rettore di Campagna e Marittima (probabilmente dietro comandamento del papa), ordinandogli d'impedire che Onorato facesse qualsiasi mossa in favore del conte di Fondi. 3) Grande diventò la intimità fra i cugini. Non solo Onorato di Fondi usava molta delicatezza in quanto poteva riguardare una nuova parentela con i Colonna, 4) ma riusciva persino a farsi prestare dal " fratello " 1500 ducati d'oro papali. 5) Così pure, avendo il re convocato nuovamente tutti i baroni per il 20 maggio 1455 in Napoli, per la difesa e I'offesa necessaria contro quel íníquíssimo lraoíato di ,, Magometto >, grande, seoeto e maledetto, Onorato, dovendo presentarsi come signore di Macchia e Monteroduni, nominò procuratore il suo patríno (ossia protettore) Onorato di Fondi. ó) L'intimità si accrebbe ancora quando nel dicembre del 1457 il giovane Nicoia si recò a Fondi per fare conoscenza con la fidanzata. Fu ricevuto con grande cordialità come figÍiolo proprio della Casa e fece ottima impressione per I'apparenza bella et políta; ebbe agio di visitare Ia ridente piana di Fondi, Santa Maria di Sperlonga ed altre parti dello stato. 7) Anche re Alfonso aveva dimostrato cortesie e generosità verso il signoie di Sermoneta che vent'anni prima, quando era ancora fanciullo, aveva dichiarato ribelle e privato di tutti i beni nel territorio napoletano. Il 29 luglio del 1457 concesse ai vassalli di Onorato di poter attraversare le provincie del suo regno senza pagare pedaggio. 8) Così d'altra parte Onorato, conte di Fondi, si propiziava I'animo del pontefice mettendo a suo servizio una nave di mille << vegete " di portata per condurre frumento ed armi in aiuto delle truppe che, sotto la guida del cardinale Scarampo, militavano in Oriente contro il turco. Il 2l febbraio 1457 Pietro di Campofregoso, duca di Genova, rilasciava adeguato salvacondotto per Ia nave. ") Stabilitesi cordiali relazioni con la corte aragonese, convenne al giovane Nicola Caetani di trattenersi sovente ed a lungo nel napoletano per rafforzare il prestigio della propria famiglia ed assicurarsi favori ; e ciò fu piir che mai necessario quando, ai 27 di giugno 1458, re Alfonso si spense in Castel dell'Ovo ed a lui succedette, erede designato, il figlio bastardo Ferdinando. a)

(4rc. Vat., Atm, zs, T". zs, Com. 28, f. zto). Il

documenio parla 1) e)

di Onorato conte diFondi ma, ciò non

C-885,

c -956. Domus,

l-2,13.

)

Ep.,

p.

45.

\

Ioí, p. 45.

ostante,

potrebbe qui trattarsi dell'omonimo signore compiaceva anch'egli

r) Cf. pae. 79.

5)

di

Sermoneta che si

d'intitolani conte di Fondi.

C-959. l.

, C-926.

\

Ep., p. 55.

Rclazioni con Alfonso

V.


PRIMI CIMENTI

Causa con

Antonio Colonna.

Lib. VI,

Cap.

XLVIII.

Per un poco la sorte di questo sembrò incerta, perchè non si sapeva che posizione avrebbero preso i baroni, il pontefrce e gli altri principi dell'ltalia. A Napoli la situazione si schiarì immediatamente perchè il gran siniscalco Francesco Zurlo, il quale era anche castel' lano di Capua, si gettò ai piedi di Ferdinando giurandogli fedeltà ed il protonotario Onorato Gaetani, conte di Fondi, che era castellano di Castel dell'Ovo, gli prestò giuramento per questo e per Castelnuovo. l) In simili momenti ben conveniva dunque a Nicola di trattenersi presso la corte per tutelare gli interessi di casa, ed in breve spazio di tempo il bravo giovane si guadagnò il favore ed anche la intimità del nuovo sovrano : questi, il 13 luglio 1458, confermò ad Onorato i feudi di Macchia e Monteroduni 2) e nove giorni piir tardi gli concesse anche una annua provvisione di 500 ducati. 3) Preso da simpatia, il sovrano trattava il giovane come uno di casa e lo tratteneva presso sé anche la sera tardi o quando stava malato in letto; conversando da soli, si divertiva a fargli raccontare la vita trascorsa in Sermoneta e gli mostrava tanto bon faoore come se IIí fosse figliolo et anche piìt.4) Nel frattempo il nostro Onorato non si contentava di una vita tranquilla e comoda. Tutt'altro ! Egli eîa un vulcano di attività. Non solo si dava molto da fare per la torre delI'Acquapuzza, che gli perveniva nelle mani e gli veniva tolta periodicamente con tutta la regot) .u stava anche portando avanti due aspre liti: una con la comunità larità di un pendolo, di Sezze (la solita questione di confrni, di cui diremo poi) e I'altra, che gli diede molto da fare e che per poco non condusse ad aperte violenze, col cugino Antonio Colonna, principe di Salerno. I Caetani, con l'acguisto di Ninfa, ebbero la giurisdizione di tutto il suo territorio e síno

íI

maîe: spettavano loro la sovranità dell'approdo, la esclusività della pesca e quindi l" f""oltà d'impedire ud ul,ri di pescare. Per oltre un secolo e mezzo tali prerogative non furono mai contestate, sino a che il Colonna accampò come un diritto I'abuso esercitato dai naturali di Nettuno e di Astura di pescare al largo della spiaggia di Fogliano; per rincal' zare la dose pretese la giurisdizione su tutta la spiaggia e sul .. tomboleto " da Astura sino

a

cento míglía entro

al Grceo.

Maturatisi i malumori, il conflitto scoppiò nel 1453 in seguito ad un incidente di Poca fece importanza: alcuni nettunesi andarono a caccia di colombi lungo la marina; Onorato li deciso di arrestare ed Antonio mosse causa. Trattandosi di una controversia tra parenti, fu (5 gen. 1453)' rirnetterla all'arbitrio di Sveva Caetani, zia del primo e madre del secondo Per quasi un anno intero le parti si adoperarono a sostenere le proprie ragioni ed a presentare testimoni chiamati da ogni parte del litorale da Gaeta a Nettuno; ") molti furono i memo' riali e da parte dei Caetani furono presentate a Sveva anche centinaia di pergamene che, come b) è solito, non vennero restituite ed ora si conservano nell'archivio di casa Colonna. Finalmente I'otto novembre 1453 Sveva pronunziò un lodo sfavorevole al nipote; forse

peschiere e I'afietto materno offuscò I'imparzialità del giudizio. Confermb ad Onorato i diritti sulle ó) ma sentenziò che la giurisdizione del tomboleto da sull'apertura e sull'uro d"ll" .. foci ,r, Astuia al Grceo spettava ad Astura. Onorato, che aveva avuto sentore dell'esito, si rese con' redigere ed tumace alla lettura della sentenza: gliene fu comunicata copia, che la contessa fece a) 'fanto numerosa è la documentazione a riguardo esistente nel nostro archivio che senz'altro ometto di citarla' b) Per cortese permesso del defunto principe Marcantonio

r)

Nunzìante,

XVll, p'

581.

1) Ptc'

2157'

3)

Ple' 1754'

t Colonna quste pergamene, in numero di circa 600, furono foto' grafate e vengono ora pubblicate nei Regesla come originarie dell'archivio Caetani. a) Ep.,

p'

58.

6) Cf. Cap.

XLV.

6)

Cf' Cap' XLIV'


Arbitrato di Sveva Caetani

[gen. 1453-nov. 1454]

affidò a Bonifacio Caccianti, procuratore di lui. Andò in bestia e, senza tardare, Ie mandò la in cui, con termini non velati, si lagnava che avesse favorito il 6glio assegnandogli pitr di quanto chiedeva ed apertamente minacciava di ricorrere alle armi. 2)

seguente lettera

et

tamquam mater reoerenda, posl reconmendatíonem. Questa o oao de laudo, data per la S. V. nele difiercntie sono fra lo prencepe et me et, íntae tucte Ie particularitati, ce pare sia no solu fore omne forma de îasone, ma etiam conha omne honestate et pareme eomprehendere sarrà causa de major errore et donne speraoa ce sequisse mediante V. S. quiete, dubito ce sequirà Ia spada in mezo, et ouj ne sarríte eausa. Aoite dato al prencepe cssai più non ademandaoa et tolto ad me quello ce non fo mai difrerentía. Non íntendo paterlo et tucto è per lo peccato del iurumento haoea de non fare maí conpromesso in persona. So restato gabato pa Ia fede haoea ne la S. V. como matre, parendome essere certo mai oe deoessate graúare a la rascione, et no facesseno minor stima de me che del ptencepe come ad matre comuna, et de tucto ne ho oeduto lo contrario et più oramai cognoscho non ce essere nè amore nè carità. Io delibero non perdere lo mío per questa forma. Sperc ne la Santità de N. S. che modo aliquo me farrà gîaoarc a Ia ruisone et non permecterà me sía tolta per quata oía. Doglíome più de la fè perduta che de questa benedetta robbo. Sempre me reconmando alla V. S. Excellens

sera

ho receputa

potens domína, domina

la

Setmíneli,

copìa de

XII

la

sententía,

nooembrís 1453

d. o.

Reuerens nepos ut filíus Honoratus Gagtanus Setminetí etc.

(dec. 1454) ed il tribunale annullò la sentenza di Sveva (feb. la55). Per ribadire le proprie ragioni Onorato fece dire ad alcuni uomini del principe, che si erano azzardati di pescare, che gli avrebbe fatto bruciare le barche et farrianglie delle altre cose che non glie píaceriano. Il Carinci afierma che si venne alle armi. Finalmente Io stesso pontefice Calisto III intervenne nella questione (ll set. 1455) e Antonio, visto che le ragioni non erano dalla parte sua, si rassegnò, sicchè la vertenza, verso il principio dell'anno seguente, fu messa a tacere. Queste liti però non bastavano a calmare gli ardori giovanili del nostro Onorato. Di continuo gli bolliva nell'animo la brama, direi anzi la smania, di diventare un condottiero alla pari di Nicolò Piccinino, di Bartolomeo Colleoni e degli altri grandi capitani la cui fama risuonava da un mare all'altro. Voleva ad ogni costo avere una condotta, per quanto modesta; perciò insisteva presso il compare Scarampo, che negli anni precedenti gli aveva procurato un primo esperimento del genere, perchè gli ottenesse quanto desiderava. Il cardinale, che personalmente era un grande condottiero nonchè uomo di molto senno, era del parere che il compare avrebbe fatto meglio ad occuparsi degli interessi propri e della famiglia; perciò indugiava dicendo che a tempo debito si vedrebbe come meglío se pofesse esequire el ... pensíeîo con píit utile et honore; e due settimane piir tardi, e cioè il 12 novembre 1454, gli scriveva molto esplicitamente nei seguenti termini:

La

causa fu appellata

Magnìfice domíne compater et amice noster carissíme, post salutem. Hoggi haoemo receputa una tsostra letteru per la quale ce replícate eI desiderío uoslro [di avere una condotta],... non sapemo nè

de ooì. Et perchè non intendemo pienamente quato oostro pensíero, più piena notitia della oostra íntentione cíoè se íntendete adoperaroe in facto de arme o altramente, recordandooe che, al praente, eI mestiero de I'arme ha molto cattîoa conditione. Appresso pígliamo admíratíone ch'el desideria oostro sía tanto acceso de alienaroe da casa... 2\

oedemo dooe potere trooarùe loco degno

píaccíaoe darne

probabile che tanto premesse che per allora Onorato non si mosse; ma non appena cardinale guerriero fece vela per I'Oriente, inviato dal papa Calisto III con le galee ponti-

È

il

') c-863.

2) Ep., p. 44.


PRIMI CIMENTI

t00

condotta

con

Sipis, Malatesta.

Alleanza Caetani-Orsini^

Lib. VI, Cap. XLVII.

ficie a combattare il turco, Onorato si adoperò a trovare per conto proprio una condotta e non precisamente col piìr grande signore-galantuomo che vantasse I'ltalia. Era costui Sigismondo Malatesta, signore di Rimini e di Fano, famoso nella storia per Ie sue opere magnifiche, per le sue guerre e per gli amori che trassero poco vantaggio alle mogli e una triste fama all'amante Isotta degli Atti. Onorato ottenne di poter servire Sigismondo con la modesta condotta di sei lance, compresa la sua, per uno stipendio di 400 ducati papali I'anno. Il servizio durò circa un anno, a cominciare probabilmente dal marzo 1456, quando il re di Napoli era in guerra con il Malatesta nelle Marche; ma di ciò non si può essere sicuri, perchè il documento del nostro archivio non porta la indicazione dell'anno. u) Onorato fu al campo presso Norcia ed i suoi uomini fecero qualche danno mentre stavano negli accampamenti del ,, Pantano de' Grffi ,r, sicchè fu costretto a risarcirlo. Ogni tanto poi ritornava a Roma ed a Sermoneta per accudire ai propri interessi. Alla fine dei conti, per non essere questi regolati, Onorato si bisticciò col Malatesta, come risulta appunto da un memorandum del reciproco dare ed avere, che si conserva nel nostro archivio. l) Le attività di Onorato si rivolsero anche a consolidare Ia sua posizione dal punto di vista sociale, politico e militare. In un primo tempo rinsaldò I'alleanza con gli Orsini, famiglia guelfa, con la quale i Caetani furono confederati sin dal tempo di Bonifacio VIII avendo per nemico comune i Colonnesi. Nel corso di due secoli le famiglie s'imparentarono così frequentemente che si può ben dire che erano del medesimo sangue. Già nel 1445 Onorato si era alleato per cinque anni con i siMedaglia di Sigismondo Malatesta. gnori di Tagliacozzo; ora per poter meglio far fronte ad Antonio (PísanellQ. Colonna, principe di Salerno, dato che Ia causa allora vertente per Astura minacciava di passare dalle aule del tribunale al campo aperto, egli, il primo settembre del 1455, si alleò con i fratelli Napoleone e Roberto Orsini, cugini suoi per parte della madre. Convenuti nel palazzo di $onte Giordano in Roma, fu stipulato che I'alleanza avrebbe durato dieci anni e che le spese ed i lucri di guerra sarebbero stati ripartiti per due terzi agli Orsini e per un terzo al Caetani. b) tare

u) Non escludo per altro che questa condotta posa rimonqualche anno prima.

a

b)

In Deí

nomine amen. QuonÍam inter cetera que ad

statum et dígnítatem dominorum spectant, illud ante omnia etíttímanilum est u! se cum uníone, arnicitía, socíetate ac quadam

comuní oÌtendí norma oíoant, ne quod comuniter possídent comunítet negligere oídeantut, hínc est quod cum magníficí

domíní Neapuleo et Robertus míles, getmanì fratres de Ursínís, et magnificus domínus Honoratus Cagetanus de Sermineto habeanl nonnulla castra, suhdítos, tenímenta et oaría díoersorum genetum anímalÍa, el consueúerunt hactenus ut boni afines et

anímalia prcpia alteilus ípsotum domìnorum aut tuotum t)axalorum stare et petmaneîe ín tenímentís et pascuis alterius doninorum predíctorum, quod tunc et eo casu non leneatur patroflus huíusmodi anìmalíum sic ìn tenímentis, síloís et pascuís alteius depascentium nísí ad medíam fidam et meilíetatem ipsius sohterc quod quícutnque alíus erlraneus soloeret. Item ooluetunt et síbi ad ìnt)ícem ut supta promheîunl quod quandocumque altefi ípsatum parlíum fuerít bellum índíctum, Iís, conlrooersía aut ínímícítía mota, rsel ípsa quomodocumque prooocala. moùefit cuícumque penone cuíusrtísmodí status, gradus

consohinJ aclinentes sibí a:l inoicem de tebus omnihus propríjs semírc et complacere ac unìte oírsere sub eaAem cwa; ptoínde

aut dignítatís ettítefil, quod ex lunc et eo casu altera paîs guampilmum fuefit rcguisíta dabít auxìIíum, subsìdíum, consílíum et fatsorcm cum gentibus et oaxallís terris, oíclualíís, et cum petso-

ut hec eadem díÍIelctio, affnílas et uníta perpetuis îututís temporíbus augeatut et inoíolabíIítet obsenetur, hanc oíoendí ínter eos normdfit staluentes, ooluerunt ptefati dominí, sibí ad iflùi-

nís ptopríís usque ad eÍlÍemum sue prnsibíIílatk prout fuetít a parte alteru tequísíta, Hoc addíto quod quandocumque gentes úmigerc, tam egueshes quam pedeslrcs, Ae nooo fuerint conilucte ad

cem suh oerbo nobíIíum prcmìctentes, guod quand.ocutnque contígerit

ilefensíonem, statum, securítalem aut ad bellum ut supÍa molum

t)

Ep., p. 48.


Alleanze

[1445 -1458]

t0l

Calisto III forse ebbe sentore di questa lega e, preoccupato delle conseguenze che ne potevano scaturire, I'undici del mese ordinava ad Onorato e ad Antonio Colonna di por fine alle discordie che mettet)ano in perícolo tutta la regìone e di presentarsi, se necessario, davanti a lui in persona per scegliere due mediatori i quali accomodassero le questioni controverse ed egli stesso avrebbe nominato un terzo di parte neutra. l) Appianatasi finalmente la spinosa vertenza relativa a Fogliano, parve opportuno di stringere un'alleanza generale fra tutti i Caetani ed i Colonnesi per evitare che le loro inimicizie portassero al paesenuovipericoli; perciò, il 12 gennaio del 1458, nella roccadiSermonetavifuun memorando convegno a cui furono presenti, oltre Onorato, I'omonimo' parente, il conte di Fondi, ed il cugino cardinale Prospero Colonna. Quest'ultimo s'impegnò non solo in nome suo e dei fratelli, il principe di Salerno ed il duca dei Marsi, ma anche in quello dei complici Giacomo e Stefano Colonna, Giambattista Savelli e i suoi fra-

telli, Andrea di Moricone e quillí gentilomíni de Roccha Stni.balda.") È detto anche che Prospero ed Onorato

et

stato

di Sermoneta agivano ad

de Nostro Signore et Sancta

honore

Eeclesía,

mentre che Onorato di Fondi accettava ad honore et stato di sua maestà re Alfonso. La lega, confederatíone et uníone fu intesa come perpetua e perciò estesa agli eredi e successori dei contraenti con I'obbligo di stare ad uno bene et ad uno male, ad uno oolere et ad uno nolere, et haoere amící per amící et ínímící per ínímici. Piìr ferrno più solenne e più duraturo non poteva essere I'irnpegno, ed i capitoli 2) vennero Sigillo del Card, Prospero Colonna impresso nei capitoli della lega Caetani-Colonna. firmati dai contraenti e sigillati con il loro anello. Restava ora a vedere guanto la lega avrebbe durato. Assicuratasi 14 pace nelle provincie romane, Onorato ebbe premura di recarsi nel reame di Napoli, come risulta da una lettera del cardinale Prospero del 29 gennaio 1458 nella quale, incidentalmente, è detto che assai di rado concedevasi ai medici giudei licenza regolare per esercitare la loro professione. 3) Lo richiamavano colà i propri interessi nei castelli di Macchia aut ad inilícendum per alteram aut contra altetam díctarum partíum, quod huíusmodí stipendium gentíum de nooo ut suptd conduclarum seu conducení.atum soloalut peî ipsa.s pailes hoc modo, oîdelícet duas teilías íntegras partes soloenl ptefaÍí domíní

de tlsinís

et alíam integram tertiam

pailem soloet dominus

Honorctus memoratus. Et eodem mado omne luctum diclís occasíoníbus quetendum et ad eos petoentwum sorfiri (l) debeat ut supru, oídelícet quod due íntegîe teilíe partet cedant pîefalís domínís de Ursínís et alía íntegra tertía parc ceilat domìno Honorato antedícto. Et ooluetunt predícta durafi aà decem annos et obseflail debete ad penam decem míIíum ducatorum applicandorum parlí fi.dem serùantí, saloo sernpet mandalo summí pontíficis et sancte sedís apoitolice. Pto guibus omníbus et síngulís obseroandís dícte parles obligaoerunt omnÍa eorum bona; et scrípta sunt hec ad fiilem premítsotum pet me Petrum

t) Arc. CoL, Y -il.

2) Ep., p.

56.

3) Iot, p. 58.

Colam de'Lauro, de mandato ptefatorum domínorum de lJrsínis et subscipta sunt ma:nu prefat! domíní Rubeilí míIítis nomíne suo et getmaní fratit antedíctí, Actum Rome ín Monte Iordano,

sub anno Domíní mîllesímo CCCOLV., pontíficatus ss.ni ín Chftsto patrís et dní. nostrí dní. Calístí ilíoína prooídentía pape teilíj'anno ejus prímo, indítíone tettía, díe rterc pfimo sepfemóhs.

Io mísser Rubeilo dellí Ursíníni (!) a nome,mio et del síg. mio fratello síg. Napoleone afede ho socîípta de mía propría mano etc. (C-934t pubbl. in Cat Doc., p. 142). a) I domíní de Rocha Síntballt (Rocca Sinibalda nella Sabina) appaiono come aderenti anche alla lega del 2l set.1464 indetta da Paolo II tra Antonio Colonna, Napoteoné Orsini e Deofebo dell'Anguillara, ed alla guale parteciparono anche il nostro Onorato ed altri Caetani (Mur,, IU-XVI, p. ll7).

Alleanza generale caetani-colonna'


PRIMI CIMENTI

102

Tregua e Monteroduni presso Isernia, che gli furono confiscati al tempo della guerra Volturno ma che ora, entrato in buone relazioni con Alfonso, gli erano stati restituiti.

Lib.

vI,

cap. XLVilt.

angioina del 1435

del

In quei tempi ogni comunità aveva per nemici i propri vicini e perciò anche nella valle del Volturno i vassalli di Onorato avevano guerra con i montanari delle contrade limitrofe. Parve opportuno di venire quindi ad una convenzione o tregua con i capitani e gli ufficiali delle università di San Vncenzo al Volturno, di Castellone, di Pizzone e di Scapoli, affinchè gli uomini dell'una e dell'altra parte non si recassero offesa. ll 20 ottobre 1456 si convenne che, ove qualcuno degli abitanti violasse Ia tregua, il danno fosse subito risarcito oppure sottoposto ad un arbitro entro il termine di dieci giorni; fu aggiunta anche Ia strana clausola che, se entro i detti dieci giorni non fosse stata liquidata la questione o pronunziato il lodo, tosse licìto aIIa parte dampnificata fare represalgía usque ad condignam satisfactíonem dampní datí, sensa inconere a Ia pena de Ii presentí capitolí eontenta. Fu pure convenuto che Onorato, i suoi vassalli e la gente d'arme potessero transitare in tempo di guerra per il territorio delle università de dì et de nocte et a caoallo o a pede, con bestie carche e scharche ... et tucte rcbbe et mercantíe, a condizione però che non si movessero per 'ofiendere, o dopo avere offeso la sauafirtma maestà di .re Ferdinando; nel qual caso sarebbe stato lecito alle università di trattarli come oeîi inimící ... infra Ie antíque et consuete sbarre del(le) dícte castella. Così pure doveva essere nel caso che il re o don Alfonso d'Avalos, signore di quelle terre, muovessero guerra ad Onorato o ai suoi vassalli; allora le úniversità potevano unirsi alle truppe regie o del proprio signore senza che per Ia dicta ofent) síone la presente tregua ... se íntenda ropta et resti firma et oalída. Già si è ricordato quanto era incomoda la posizione di un barone che, essendo feudatario principale in uno stato e possedendo anche qualche feudo in un altro stato, si trovava costretto a perderlo ogni volta che i due sovrani, di cui era vassallo, venivano in guerra tra loro. Per tale motivo Giacomo II credette necessario scindere lo stato tra i figli e nipoti. Ora accadeva lo stesso ad Onorato per Ie castella di Macchia e Monteroduni, che oscillarono entro e fuori delle sue mani a seconda dello svolgersi delle vicende politiche del Regno: con tutto ciò aspirò tutta la vita a riunire la contea di Fondi al proprio stato della Marittima. :lc

*d{

Ludovico Ed ora, prima di addentrarci nel racconto degli awenimenti procellosi che sconvolsero il scarampo. Reame per I'invasione di Govanni d'Angiò, la quale già si delineava all'orizzonte, è bene dare qualche notizia piìr particolareggiata sul conto del cardinale Ludovico Scarampo di Mezzarota, patriarca d'Aquileia, camerlengo della Chiesa, condottiero e despota, che fu I'angelo custode di Onorato Caetani e della sua famiglia. Nato il primo anno del secolo XV nelle pianure del padovano da oscuro lignaggio ed awiatosi alla carriera ecclesiastica, si'elevò in questa rapidamente per il valore delle proprie doti e per Ia forza di carattere. Sotto il comando del feroce patriarca Vitelleschi, apprese I'arte della guerra e quella del despotismo e I'apprese tanto bene che si preparò a sostituire il maestro, come difatti avvenne nel 1440, per volontà o col consenso del papa Eugenio IV. Il 19 marzo ' il patriarca Vitelleschi, armato di tutto punto, passava davanti a Castel S. Angelo, seguendo le truppe che conduceva in Toscana. Gli venne incontro il castellano Antonio de Rido, amico fidato dello Scarampo, e Io trattenne in conversazione sino a che le truppe ebbero oltrepassato

card.

j) Ep., p. 51.


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É';,

CARDINALE

i-.

SCAII,{MI'O

DI

(Andrea l\4antegna)

IV\trZZ1\ROTA


Card. Ludovico Scarampo

[1400 -1465]

t03

la porta S. Pietro ; allora fece cadere tutto ad un tratto la saracinesca: vistosi separato dai suoi e circondato dalla gente armata del castellano, il patriarca sguainò la spada e tentò difendersi; ma ferito e buttato da cavallo con un'alabarda, fu preso prigioniero; si rassegnò a morire ed alla matrona romana leronima Orsini disse: " Sappi che ío non morirò dí queste ferite, ma di oeleno ". l) Ciò difatti avvenne il 2 aprile, dicesi, per ordine di Ludovico Scarampo, suo discepolo e rivale. Questi, al pari del predecessore, fu più uomo di stato e condottiero che non ministro di Dio. Sostituitosi al patriarca Vitelleschi, sconfisse ad Anghiari le truppe del Piccinino, in seguito alla quale vittoria, il primo luglio 1440, il papa lo elevò al cardinalato col titolo di S. Lorenzo in Damaso. Diventato legato pontifrcio, resse Roma con mano di ferro, soffocando nel sangue qualsiasi ribellione o delitto. Nel 1444 condusse I'esercito della Chiesa nelle Marche contro Francesco Sforza 2) e prese

parte ad altre spedizioni militari, la piir importante delle quali fu la crociata contro il turco. Calisto III, non'appena salito al soglio pontificio, concentrò ogni pensiero e tutti gli sforzi suoi per condurré a buòn termine una nuova e grande crociata: i suoi legati e nunzi percorrevano l'Europa per incitare i principi e le popolazioni a partecipare alla gloriosa impresa. A Roma fervevano i preparativi per la grande flotta che doveva sfidare gli infedeli; Iungo le sponde del Tevere si moltiplicavano Ie officine e nel 1455 il vecchio e lento fiume trovavasi trasformato in un vasto arsenale formicolante di operai. Il cardinale Scarampo fu nominato grande ammiraglio e legato in Sicilia, Dalmazia, Macedonia, Grecia e nelle isole del mare Egeo (17 dec. 1455)z singolare onore di cui si compiacquero piìr i nemici desiderosi di vederlo allontanarsi da Roma che non il cardinale stesso. Il 3l maggio 1456 il pontefice affisse la santa croce alla spalla del legato il quale, sciolti gli ormeggi delle sedici galee, 3) uscì dal Tevere e alzò le vele per Napoli e la lontana isola di Rodi. L'anno seguente I'armata turca, forte di circa 160 vele, si accostò all' isola àí Metallíno (Metilene) e ne bombardò il castello detto Molico; il patriarca mandò in difesa la propria fotta che il 4 settembre attaccò battaglia e disperse il nemico, il quale ebbe duemila morti e piir di mille feriti. Di ciò egli si affrettava ad informare da Rodi il compare a) col quale si teneva in continua corrispondenza. Tornato in ltalia e dopo avere cercato di assistere Onorato durante i duri anni della guerra angioina, moriva il 22 maruo 1465 e fu sepolto nella sua chiesa titolare di S. Lorenzo in Damaso. Gli fu eretto un monumento sepolcrale scolpito per mano di Paolo Romano nel 1467 ;' ma la tomba, guastata da un tale canonico Tocco per rubare gli ornamenti preziosi della salma, fu ricostruita nel 1505 a cura di Enrico Bruno, arcivescovo di Taranto. È probubile quindi che la statua del cardinale sia una copia poco'fedele di quella antica ed invero non rassomiglia afiatto al ritratto del Mantegna che si conserva a Berlino. Ludovico Scarampo, come titolare dei lucrosissimo patriarcato d'Aquileia, diventò uno dei piìr opulenti principi della Chiesa del suo tempo e lasciò un largo tesoro che, alla sua morte, fu in gran parte confiscato da Paolo II. Fu amante della vita fastosa, tenendo imbandita una lauta mensa_e, a dire del Moroni, è fama che in una sola notte perdesse al giuoco con re Alfonso ottomila ducati. Della vita privata del patriarca troviamo preziose notizie nella continua corrispondenza che tenne col suo compare Onorato e che, per una rara fortuna, si è conservata quasi per intero t) Mq., XXL col.

149.

t) Cf. p. 85.

?) Patot, pp. 557

-587.

a) Ep.,

p. 54.

6) Vos.,

ll, p. 648, u. l.

crociata i Turchi'

contro


PRIMI CIMENTI

r04

Relazioni familiari

con

i

Caetani.

nel nostro archivio. Essa va dal 1450 all'anno della sua morte.

Lib. VI, Cap. XLVlll.

È

pubblicata unitamente ad altre lettere del tempo, nel volume di questa collezione intitolato Epístolaríum Honorati Caíetaní. Continue e varie erano le cortesie che venivano scambiate: ad ogni momento Onorato, la moglie Caterina ed il figlio Nicola gli inviavano a Roma le primizie della campagna, le trote di Ninfa, nonchè capponi grassi, formaggi, pizze ed infinite altre cose gustose per la mensa; forte di tanta intimità il cardinale non si faceva scrupoli di chiedere melagrani e piante diverse per il suo orto presso Roma, e uomini apti et pratici a zappare la terra ed a riporre fieno e paglia per le sue proprietà presso S. Paolo di Albano; inoltre incaricava Onorato di comprargli larghe mandre di capre, prowiste dei relativi caprai, per pascolare le tenute, di fargli addestrare sparvieri, di procurargli muratori e così via. Ogni tanto protestava pro forma asserendo che le ,, rsísítationí u (così venivano designate tali cortesie), eran troppe e diceva: ,, So tante ef così spesse che ín oerità non senza grande molestia et afanno de mente Io rccordemo ... et pregamooí tsuí ooglíate metter fine ad questo ... Dio ce faza gtatia che oe ne possíamo rendere bono cambie ,r. Le relazioni cortesi durarono anche quando il patriarca incrociava contro i turchi davanti alla distante Rodi, ove gli furono inviate persino delle provature u, piccoli formaggi della palude pontina che non

"

posso immaginarmi siano arrivati molto freschi. Abbiamo già visto il magnifico ricevimento che

gli diede Onorato quando per la prima si rinnovarono. Il cardinale, sicuro di poter contare sul-

volta si recò a Sermoneta. Le visite I'ospitalità del suo protetto, affidò ad esso gli ambasciatori del duca di Milano (nov. 1454) ed altre persone tra cui I'eximio dottor Ludovico da Visso, il quale voleva trovare un luogo quieto ove concentrarsi negli studi. Il patriarca contraccambiava attenzione con attenzione, dono con dono, e quelli che faceva erano di non poco valore: in momenti di necessità non esitò di por mano alla borsa prestando ed anche regalando cospicue somme. Quando il figlioccio Nicola, primogenito di Onorato, divenne tagazzo, ne curò I'educazione e molto si occupò di lui. Nel febbraio del 145) gli scriveva perchè venisse a Roma ove desiderava che I'imperatore Federico gli conferisse il cingolo militare e da' quel giorno in poi, nelle frequenti lettere che gli scriveva, onorava sempre il fanciullo col titolo di m/es. Diresse i suoi studi e a tal fine lo tenne presso di sé per lunghi suo piacere inviandolo in vacanza a Sermoneta o richiamandolo al lavoro. Consapevole degli obblighi che gli imponeva il vincolo spirituale, ebbe costantemente a cuore la sicurezza dello stato e delle persone de' suoi protetti e, come camerlengo della Chiesa, gli fu facile di tenere un occhio vigile sul malvagio signore di Maenza; awertiva Onorato di ogni mossa che costui stava facendo nella speranza di earpirgli Sermoneta. Non sono in grado di precisare come nacquero il grande interessamento e il sincero affetto dello Scarampo per Onorato e Beatrice, né quando, o dietro sollecitazione di chi, ne diventò il protettore. Come tutti gli uomini ardimentosi che si aprono la strada nella vita con la forza della volontà e, se necessario, con quella del proprio braccio, ogni tanto il patriarca deve aver sentito il bisogno di dimenticarsi della vita aspra e tormentosa, perdendosi in cure paterne verso i due orfani e cercando riposo spirituale nella quiete e nell'affetto di una famiglia che aveva fatto sua. È probabile che, per quelle strane reazioni che sono insite nell'animo umano' trovandosi ad essere despota di Roma, dopo aver ordinato ad Antonio de Rido di imprigionare e poi di far morire il Vtelleschi in Castel Sant'Angelo, si intenerì al vedere questi giovani, oppressi e spogliati dal malvagio Francesco Caetani, chiedere protezione e giustizia allo stesso Antonio. Forse si sdegnò del trattamento di cui li vide vittime nelle mani del venale castel-

periodi,

a


Card. Ludovico Scarampo

t05

lano ed appunto perciò s'interessò ad essi; da allora in poi non tolse mai la sua mano protettrice dalle loro spalle, anche durante procellosi anni della guerra angioina quando, per ragioni di stato, non gli era facile di favorire apertamente Onorato resosi quasi ribelle alla Chiesa. E probabile che verso I'anno 1449, avendo Nicola, figlio di Onorato, raggiunto I'età di circa

i

7 anni, lo tenesse a cresima, ed infatti la copiosa corrispondenza familiare del patriarca, si conserva nel nostro archivio, comincia appunto con I'anno 1450.

che

*

{r$

Stavasi addensando sull'orizzonte la tempesta che doveva scatenarsi sopra il regno napoletano per le pretese degli angioini alla corona. Onorato aspettava ansiosamente che Renato o

di Calabria, si decidessero a salpare per I'impresa del Reame, e segrete intelligenze già esistevano tra di loro. Per I'impazienza di battersi, Onorato cercò di ottenere qualche condotta che desse sfogo al suo spirito bollente finchè fosse giunto il giorno in cui, sotto la bandiera dei gigli di Francia, avrebbe potuto muov€re contro il u caro parente >, Onorato II di Fondi, per conquistarsi la contea che considerava sua. Farsi giustizia delle prepotenze sofferte da parte del pro-zio Cristoforo e vendicare la morte del proprio tutore Ruggero, erano onori che voleva riserbati a sè. Perciò circa l'anno 1458 o 1459 diede incarico a Carlo de' Cesi, capitano generale di Sermoneta, di recarsi nel nord dell'ltalia per trattare una condotta sia con la signoria di Venezia, sia col capitano di essa, Bartolomeo Colleoni, o con Alessandro Sforza. Quel che chiedeva erano I00 lance e 60 fanti con stipendi di 40 ducati per le prime e sei per gli altri, oltre una provvisione (píactelto) di mille ducati annui. Ma condizione essenziale del contratto doveva essere che, se re Renato in qualsiasi momento si fosse mosso all'impresa del Reame, egli, Onorato, sarebbe rimasto libero di seguirlo per riconquistarsi la contea di Fondi.') \ suo figlio Giovanni, duca

(8p., p. oo). Due miaute delle isttuzioni non del tutto e senza data. Le credo del principio del t459 perchà in esse si parla dell'impresa di re Renato come di un pro")

concordanti

Domus'

1.2'

14,

getto, ma aou è da escludersi che sienodaattribuirsialperiodo postbellico, ossia

una rivincita.

al

14ó6, quando ancora nutrivansi speranze per


Caprrolo XLIX.

L'INV.A,SIONE

DI GIOVANNI D'ANGIO. (145e - 1464)

ERDINANDO," Ferdinando succede

ad Alfonso V.

il bastardo di re Alfonso, il 27 giugno del 1458, prendeva

la corona di un regno

che tutto presagiva sarebbe stato difficile a tenere. Per cominciare, il pontefice Calisto III negò persino di volerlo riconoscere come figlio naturale di Alfonso dichiarandolo supposto; con tale motivazione voleva rivendicare alla Chiesa I'antico stato vassallo non senza qualche aníère pensée di conferirne la corona ad uno de' propri nipoti. D'altra parte Carlo di Viana, figlio del re di Navarra, avanzava pretese e, quel che era piìr grave, Giovanni, figlio del re Renato d'Angiò, si preparava a scendere nel Reame per rivendicare con le armi gli antichi diritti della sua dinastia. Oltre d ciò molti baroni napoletani, ben conoscendo I'animo falso e crudele del nuovo re e seguendo i propri interessi, si ribellarono a lui; le popolazioni, vista scemata l'autorità sovrana, rifiutarono di sottostare ai gravami fiscali, sicchè, a rendere sempre piìr critica la situazione, le casseforti reali in poco tempo si trovarono completamente vuote. PiÌr che di ogni altra cosa, Ferdinando aveva bisogno di denaro per mandare avanti la guerra contro Genova, nel governo della quale repubblica, a dispetto del duca di Milano, si era insediato Govanni d'Angiò. Da lì si preparava ad invadere il regno napoletano non appena gli sarebbe stato possibile. Contro di lui erano schierati il Campofregoso ed i fuorusciti genovesi, che volevano riprendere il governo della repubblica, la flotta aragonese e re Ferdinando, mentre che Francesco Sforza, duca di Mil"rro, pur manten"ndo urr'upparenza di stretta neutralitàr, fomiva ai confederati armi e denari; ciò egli faceva non tanto per amore verso il re di Napoli, quanto per o)

tcll'Archloío Stofico ') Emilio Nunziante ha pubblicato pet Ie Prcoínce Napoletanc una bellissima ed estesa monografia intitolata I ptím| anni dí Fett!ínndo d'Aragona e I'Inoaione dí Gíooanní d'Angiò, chc è stata Presa come guida uella succinta narrazione chc dò dcgli awenimenti politici. Nel Prcseulc capitolo, secondo l'intento principale del lavoro, mi limito a t) Intatuiorc di un

privilegio

di rc

Fcrdioando

dcl 1466 (Prg. 2059)'

i Caetani prerero nplla guerra angioina, materiale quasi esclusivamente dalla voluminosa corri' spondcnza, conservata nel nostro archivio, pubblicata in separato

raccont$e ia partc che traendo

il

volume sotto il titolo Epistolafium Honoralí Caíetaní. Pet tale urotivo ometterò govente in questo capitolo I'indicazione dclle fonti.


127 fiu. 1458 - 25 ott.

Sbarco del duca Giovanni

14591

107

riprendere la supremazia su Genova e per odio della ingerenza francese nelle cose d'ltalia. Firenze, a cui i re di Francia, di Prov'enza e di Napoli, inviavano a turno i loro ambasciatori, manteneva una posizione abilmente neutrale. Le forze coalizzate contro Giovanni d'Angiò e Genova però mancavano di coesione. Dopo non molto tempo I'impresa contro Genova comintiò a prendere una brutta piega ed ogni speranza cadde quando, il 13 settembre del l459,il Campofregoso, in un supremo tenta. tivo per prendere la città di sorpresa, rimase ucciso. Allora Giovanni d'Angiò che, come sedicente erede al trono di Napoli, s'intitolava duca di Calabria, stimò giunto il momento opportuno di muoversi alla conquista del Reame ed il 9 ottobre alzò Ie vele da Porto Pisano con 18 galee e 3 fuste. La sua flotta apparve davanti a Napoli il 25 ottobre, ma difficilmente avrebbe potuto approdare se non fosse stato per MarinoGiovanni-Francesco Ruffo Marzano, duca di Sessa e principe di Rossano che, ribellatosi al re, guantunque cognato suo, permise all'invasore di sbarcare con le truppe, il ló novembre, a Castellamare (Castel Volturno).

In quei giorni

il principe di Rossano, per ordine del re, trovavasi

ad

assediare

il ribelle

Galeazzo Pandone, fratello del conte di Venafro, nel suo castello di Capriate, ") ed al proprio fianco aveva Onorato Caetani, signore di Sermoneta, con le sue genti. In segno di gratitudine ed in anticipo della paga, il 14 ottobre, il principe ordinava al giudio Guglielmo di Monterotondo di consegnare ad Onorato due piattelli d'argento, che il nemico Galeazzo aveva impe' gnato presso di lui per 60 ducati; ciò risulta da rescritto originale che conservasi nel nostro archivio, su cui è impresso il magnifico sigillo di Marino. Non v'è dubbio alcuno che i due signori, mentre stavano insieme, concertassero la via da seguire quando fosse giunto il momento opportuno di ribellarsi a re Ferdinando; Onorato, per parte sua, già .da vari mesi aveva deliberato di schierarsi con il pretendente se questi si fosse Ianciato all'impresa. D tutto ciò già dubitava il re ed in fatti, quando il Marzano gli richiese certe bombarde per condurre I'assedio di Capriate, Ferdinando trovò un pretesto Per negargliele; ciò forse servì di motivo al principe per dichiararsi offeso e schierarsi contro il proprio sovrano.

L'uno e I'altro dei suddetti baroni avevano in animo di aggrandire il proprio stato: Onorato di Sermoneta voleva togliere al cugino Onorato Gaetani la contea di Fondi e le altre terre che per diritto ereditario avrebbero dovuto spettare al proprio padre Giacomo IV, ma che l)' dal canto suo il prinabusivamente furono conferite a Cristoforo, padre del conte di Fondi cipe di Rossano voleva aggiungere al proprio stato Traetto, alcune altre terre della piana del 2) Garigliano e Piedimonte d'Alife, che invano aveva richiesto piìr volte a re Ferdinando.

Su questo punto Onorato di Sermoneta ed il principe non potevano essere d'accordo, perchè anche il primo pretendeva che Traetto, come uno dei piìr antichi feudi di casa Caetani, gli venisse assegnato, e di ciò forse ebbe promessa prima che il duca venisse nel Reame; ma non molto dopo si rassegnò a cedere al principe questo bellissimo castello che domina il Garigliano. Oltre a tali interessi materiali, ad inimicare I'animo dei due baroni contro re Ferdinando, ricordo delle persecuzioni di re Alfonso contro Onorato di Sermoneta v'erano da una parte

il

t) Galeazzo Pandone aveva ritenuto prigioniero Eurichctto de Fortis, barone di Muro, che Ferdiqando avcva inviato ambasciatore prcsro il duca di Milano. Rifiutatoii di venire alla corte 1) Cf. pae.

25.

t) Cf. Pio ll'

Comm',

f'

170,

per giustiGcani, fu ordinato al Marraao di ridurlo all'obbedicnza con le armi.

cit. Nunziantc, XlX' p' 330'

Onorato e

Marino Marzaoo.


L'INVASIONE DI GIOVANNI D'ANCIò

t08

Lib. VI, Cap. XLIX.

ancora fanciullo e dall'altra I'odio del Marzano contro il re, che la voce popolare voleva si fosse macchiato d'incesto con la propria sorella Eleonora d'Aragona, moglie del principe. Quando il duca di Calabria e Giovanni Cossa sbarcarono a Castellamare, trovarono ivi un cancelliere di Onorato di Sermoneta inviato per comunicare in via ufficiale, ma riservata, che il proprio signore si offriva di militare per il pretendente. In quel primo momento Onorato non intendeva dichiararsi apertamente ed alzare bandiera angioina, e ciò per due ragioni: voleva anzi tutto avere formale assicurazione scritta che gli verrebbero soddisfatte Ie proprie aspirazioni sulla contea di Fondi, e poi era trepidante per la sicurezza del figlio Nicola, il quale si trovava allora a Napoli o a Fondi e probabilmente tentava invano di far ritorno a Sermoneta, ma n'era impedito da re Ferdinando che già sospettava gli intendimenti del padre. Il duca Giovanni dAngiò, che nei documenti è comunemente designato come .. Monsignore ,,, scrisse (l gen. 1460) ad Onorato e, ricordatigli gli antichi vincoli d'amicizia, aggiungeva: Per la qual cosa oe confortamo quanto possemo alla obedíentía et fedelttà della Maestà sopradicta et nosba ad alsare Ie nostre banderc et monstrandole apeîtamente collí efecti et operctioní per Io stato nostro, como ando facto et fando Ie illustrissimi signuri prencepe de Taranto et de Rossano. t) Onorato allora si presentò al pretendente in San Germano e personalmente gli apri il proprio animo, dopo di che gli inviò il cancelliere Giacomo de Sanostris d'Amerino con un memoriale di quanto chiedeva come compenso per i servigi che avrebbe prestato, €, I dire il vero, le pretese non erano poche. Ecco il documento: l)

di

Richieste

onoratoalduca. con

In prima epsa prefata maestà o epso prefato oícarío conceda aIIo prefato signor Honorato Traietto lo suo contado, cioè Castellofoile, Sugio, Spígno, lo Gaiglíano, Gaslellonuoúo, le FruIle. Lo contado de Fondj con tutti eastella pertenente ad epso contado, Pedemonte d'Ahrt con quelli

casalj se tegnono peî casa Gaglana ad praso Telese, lo contado de Marcone, certe terre se tegnono per mr-ser tacomo Gagtano, qual terre et contado tutte de rascione et justítia pertengnono allo prefato signore. Item che mo' al presente sua iII.^" signòtia consígnj o faccia consegnarc allo prefato signore CastelIoforte, Sugio, lo Garígliano, quali se tegnono ín podere de epsa ill.^" sígnoría et queste li consigni o

.

faccia consegnarc como cosa pertínente ad epso sígnore. Item sua m.tà o ill.nd signoría conceda allo prefato signore Io críminale gooerno de Sancto Gíorgio, Vallefreda, Sancto Pollinaro, Sancto Andrea, Sancto Ambroscio, Pedemonte dell'Abadia de Sancto Gier' mano per accascione Ie predicte castella se II'à acquistate ad sue spese. a) Item sua ìII.-o sígnorìa o prefata m.tà concíeda ad epso prefato sígnore I'lsola, Castelluccio, I'lsoletta, b) qualí castelli se tegnono per conte de Fundí, et Monteaguilo, quale se tene per Io píscopo de Sergne (lsernia) et per li fratelli, quale castella per molto tempo s'è tenuto per Ii antecessuri de epso sígnore. Item che tutte predÍcte cose sua iII.^" signoría et epsa prefata m.tà lí faccía príoílegi ín forma con lutle clausole et círcostantíe se pertegnono in ipsí prioilegi. Item sua ma o ill.na sígnoría conceda allo prefoto signore uno delli septe prìmi offtij dello Regno, perchè da lugno tempo se nn'è tenuto uno o duj per Ií antecessuri de epso signore et de quato farnelli

ad epso et sue redi. o ill.na signofia día et .conceda allo prefato sígnore annualím, pet suct prooísíone, Item sua ^,ta ducatj duj mílía con Ii quali possa sequíre la corte de epsa m.ù et de questo ne lli conceda prirsilegí pet epso et sue heredj. príttilegío

a) Da quete parole parrebbe che Onorato avesse già iniziato azioni guerresche per conto suo. b) Castelluccio e Isola del Liri sono presso Sora e I'lsoletta

(Insula Pontís Solaratí) preso Ceprano. Apparteanero antica. ') Ep., p. 67.

ai signori d'Aquino. Cf, G. Marcheltí-Longhf .' La Fadi G. da Monte Longo, in Mem, Storíche Forogíulíesí, XlX, pp. 105-130.

mente

miglia


[1-17 gen. 1460]

Onorato passa al servizio del duca

t09

Item sua íll.^" signoria dia et conceda allo prefato signore caoallj quatro cento et fantj duj cento de prestanza ad marzo ducatj cinquanta per lanza et quattro pet paga et faccialj buonj ducatj dece per lanza lo mese et dui per paga. Ilem sua íII.^" signoria mo' al presente, día allo prefato sígnore per sooentíone delle genlj de epso sígnore tantj denarj possa mantenere epse genti quale tene allo presente, Item lo prefato sígnore, post hec predicta concessa et expedita, promette alsare la banniera de epsa prefata maiestà et iurarli (o)maggío et fedelítà et esserli fedelissímo oassallo et seroitore et promette fare guerra et rompere guerra contra omne peîsona h fosse comandato da epsa m,tà o ill.na sìgnoria et et díali

conlra omne persona fosse de contra ad epsa prefota m.ta o epsa ill^o sígnoria. Item sua iII.^" sígnoria confirmj aIIo prefato sígnore Machie et Monterodonj, soe naturalj tene, quale tene et possede. ") Item che sua íIL-o signoría tutte le sopradicte terre et locht Ii concíede, lí concieda omne aotorità de juslo et merum inperio cum gradio et mera podestà, con tutte chlausole necessaríe et oportune, et che ìn tutte lerre et lochi de sua signoria non ce possano commandare, nè fare comandare, nè farc executionj, nè fare fare agozinj, ne altri ptauj commissarii o per qualunca altro nome se possano chiamare, et questo Ii concìeda ad sè, sue heredj et soccessorj in perpetuo. Item sua maestà o íII.^" signoria Ií concíeda la ptooìsione dell'offtío, /il/í (glie li) concíeda sopra Ie terre sue et sí Ie colte delle terre de sua ill.^" sígnoría a quato nostro non bastassero, lo resto li concieda in loco dooe le possa aoere, altremente per possere molto meglo exequire Ia corte de sua m.tà et símiliter Ia ptooisione dellt dui mìlìa ducati per lo suo píattello.

cancelliere conferi con il duca Govanni e con I'onnipotente principe di Rossano ma costoro, pur facendogli ottima accoglienza, misero molt'acqua nel vino. Anzitutto il duca disse al rappresentante di Onorato che la contea di Traetto I'à pro' ... príma lasseria questa ímpresa che non osserocsse quello messo aIIo pîencepe (di Rossano) "f che à pîomesso et maxime aIIo prencepe che è cascione de darlt questo stato et tenelo piìt

Il

frate et che questo per níente se cce pensl. E lo stesso principe dichiarò che quello à fatto contra Io rc Ferrante, à fatto per queste terre ... et per queste terre ci à messo a ppericolo la peîsona et Io stato. La prowisione (piactello) doveva essere ridotta a 1000 ducati I'anno e la condotta a 100 lance e 50 fanti. La contea di Morcone non poteva essere concessa, perchè spettava a Giacomo Gaetani, sedicente conte di Morcone, b) ribeliatosi a Ferdinando ; in quanto alla carica di che

protonotario, era impossibile attribuirgliela per ora perchè già assegnata al conte Antonio Caldora. ") Queste ed altre osservazioni furono comunicate dal cancelliere ad Onorato con lettera dell'undici gennaio, in cui lo sollecitava di mandargli la procura per firmare i defrnitivi capitoli e, in suo nome, prestare omaggio di fedeltà; per non perdere tempo, il previdente segretario

di pergamena

ed inÉne si raccomandava dicendot.,. me mandate qualche denaîo che non n'ò più che non bisogni lassare Ia mula all'oste. Onorato fece qualche opportuno ritocco alle offerte del duca, riportando la propria condotta a 300 cavalli e 100 fanti e mettendo per condizione di potersi sin d'ora intitolare conte di Fondi e che il sovrano non avesse mai ad recogliere ín gratia Io conte (Onorato di Fondi). Volle pure che gli venissero assegnate le case che il cugino possedeVa in Napoli, I'antico feudo di San Felice e molte altre cose che gli facevano comodo.

gli

mandava anche I'occorrente foglio

.) Roasa figlia ed erede di Pietro d'Eboli, signore di Macchia, Monteroduni e Montaquila, sposò Tommuo Marzmo epoi, verso I'anno 1400, diventò moglie di Giacobello III Caetaai. Con testamento del 25 lug. len legò le suddette castella al figlio Giacomo IV, padre del nostro Onorato (Prg. 2877; C-ZîZ). b)

La

contea

di

Morcone spettava a Giacomo per dispo-

sizione testamentaria del padre, ma poi egli vi rinunziò a favore

del nipote

") La

Baldme o carica

ne fu spogliato (Cf. pag.. 48), gli fu conferita formalmente più tardi (in via

di promesa), ma il duca non I'onorò del titolo che dopo stato espulso dal Rego I

esser


L'INVASIONE DI GIOVANNI D'ANGIò

il0

Lib. VI, Cap. XLIX.

A tutte queste condizioni il duca Giovanni appose il suo "

Fiat " dicendosi ín pectore, con la mentalità di quei tempi, che dopo tutto il promettere non era cosa molto compromettente. I capitoli, redatti dal principe di Rossano in persona, furono formalmente firmati il 17 gennaio. l) Lc stesso avevano fatto, il giorno prima, il principe di Rossano e molti altri baroni, tra i quali Pietro Giampaolo Cantelmo, duca di Sora, Antonio Caldora, Cola di Gambatesa e Giovanni di Sanframondo che si schierarono col pretendente, non tanto, dice il Nunziante, per devozione verso Giovanni guanto per desiderio di metter fuoco ad una rivolta da cui, nella ridistribuzione di grazie e privilegi, avrebbero potuto trarre vantaggi personali. Pochi giorni dopo Onorato si recava a Sant'Angelo per prestare personalmente il giuramento d'omaggio e fedeltà nelle mani del suo nuovo signore. Tra i partigiani di Giovanni c'era, come si è detto, anche Gacomo Gaetani, conte di Morcone e fratello del protonotario Onorato, che militava agli ordini di Antonio Caldora. È probabile che il suo malanimo verso il re fosse dovuto al fatto che questi riversava ogni grazia sul fratello maggiore, mentre che a lui forse non era stato dato neanche quanto gli spettava per il testamento paterno. Il pretendente andava sistemandosi da uomo che ha deciso di prendere dimora stabile: si faceva prestare formale atto di sudditanza, distribuiva le cariche, ricompensava i suoi seguaci concedendo su carta feudi, privilegi ed emolumenti con I'intesa che i beneficiati andassero poi a prenderseli come e quando avrebbero potuto. Quello che non concedeva però erano denari, avendone ben pochi, ed i suoi baroni spendevano del proprio in conto credito verso il nuovo sovrano. Onorato

di

Sermoneta

e On. di Foadi.

Intanto re Ferdinando, che era stato guerreggiando in Calabria, ayeva fatto ritorno a Napoli il 23 di novembre ed intorno a lui si riunirono i baroni rimastigli fedeli, primo tra i quali era il protonotario Onorato Gaetani, conte di Fondi. Di lui il re si sentiva tanto sicuro che, scrivendo il l0 gennaio ai fiorentini, diceva loro : .I/ conte dí Fondî, uomo e di grande potenza e dí síngolarc prudenza e dí fede costantíssíma, è pronto a sffiíre coraggiosomente ogni dfficoltà e disagio.2) Dal racconto di questi awenimenti vedremo che i piìr fedeli e devoti seguaci, che ebbero i due contendenti, furono I'uno e I'altro Onorato. Alla fine della guelra quello di Sermoneta fu I'ultimo dei baroni a rassegnarsi che Ia causa del duca Giovanni fosse per sempre perduta, e I'incrollabile fede di Onorato di Fondi fu conforto ed appoggio morale e materiale a re Ferdinando; non solo il protonotario lo servì fedelmente di persona, ma gli prestò anche denari ed era pronto a sacrficargli persino I'avito patrimonio, cedendo Traetto e, se necessario, anche Fondi, al principe di Rossano, ove ciò avesse potuto salvare la causa del re, riconducendo alla sua obbedienza il potente barone, principale sostegno del pretendente. L'uno e I'altro Onorato sono figure fiere del quattrocento, uomini potenti, arditi e gene' rosi, ammirevoli per il loro costante attaccamento alla fede prestata: ciò che li distingue e anzi li fa emeigere dalla massa dei contemporanei i quali tutti, quasi senza eccezione, peccavano di quella mutabilità d'animo e mancanza di parola che, appunto, furono causa fondamentale della complessità, direi quasi della confusione, che caratterizza gli awenimenti politici dell'ltalia durante gli ultimi secoli del medio evo. Tra i due Onorati esisteva un odio inveterato e profondo che gli accordi di pace ed i progettati legami di parentela non riuscivano a velare. Esso devesi far risalire alla già menzionata illegale divisione del patrimonio avito, awenuta al principio del secolo, all'uccisione di t)

Ep., p. 70.

')

Ammtr,,

ll, p. 59.


Prime operazioni di

14601

Í17-24 sen.

gu erra

ill

Ruggero Caetani ed al fatto stesso che i legami di sangue, quando non creano vincoli d'afietto, spesso conducono ad una inimicizia crudele e, piir di ogni altra, tenace. Nella contea di Fondi era vietato che si pronunziasse il nome di Onorato di Sermoneta. Questi, avutane dal duca Govani I'autorizzazione, s'intitolò senz'altro conte di Fondi, e così firmava le proprie lettere e veniva chiamato dai confederati, ciò che, accoppiato alla omonimia ed al fatto che il duca gli concesse la carica di logoteta e protonotario del Regno, ha indotto piùr di uno storico a confondere i due personaggi. Onorato di Sermoneta ebbe subito I'incarico di custodire la zona che si stende da Cassino ad Isernia, località importantissima perchè, per la confluenza di pitr valli, era il passo per cui da Roma, da Rieti e da Aquila il nemico poteva penetrare nel napoletano. In questa amena regione, ove le belle piane del Liri, del Garigliano e del Volturno sono inquadrate da maestosi monti, Onorato, senza trovarsi troppo distante dal proprio stato della Marittima, poteva appoggiarsi alle sue castella di Macchia e Monteroduni e ad altre terre in cui aveva interessi e seguaci. Monteroduni che s'innalza sulla vetta di una collina a forma di cono (fatto al quale deve forse il suo nome), doveva essere pressochè inespugnabile. Veniva anche a trovarsi ai confrni dello stato del cugino di Fondi, che Onorato bramava discacciare dall'avito dominio, ma quello era tanto forte che, cosa degna di nota, Ia guerra non infestò mai le sue terre' Re Ferdinando si mosse subito ad offendere il nemico nella speranza di porre un argine al dilagarsi della ribellione ma, con tante terre da presidiare, si trovava a corto di denari e sprowisto di uomini. A noi che abbiamo veduto la vastità delle conflagrazioni moderne, appare quasi ridicola la esiguità numerica delle truppe con le quali si conducevano allora le guerre: vediamo il re in persona muoversi con 50 o 100 cavalieri, e le speranze dell'uno e dell'altro contendente awinghiarsi all'arrivo di quattro o cinque squadre. Una fortezza si teneva con un fido castellano ed una ventina di uomini, mentre un esercito di due o tre mila militi diventava

una potente massa

di

Onorato

di

Sermoneta

a Cmino.

manovra. ")

Il re temporeggiava in attesa che il duca di Milano e Pio II gli mandassero gli aiuti richiesti di denari e di uomini d'arme. Intanto Govanni d'Angiò allargava Ia conquista; gli Abruzzi, con la stessa città di Aquila, erano nel suo possesso e già si preparava alla calata nelle Puglie. Essa ebbe luogo durante I'inverno del 1460 e, più che altro, fu una marcia trionfale. Giunto a San Severo, ebbe in rnano la dogana delle pecore, ciò che apriva a lui una sorgente di reddito a rasciugava la borsa di re Ferdinando. Non ci è noto esattamente che cosa Onorato compisse nei primi mesi della campagna Cel 1460, ma è da supporre che rimanesse di guardia nelle vicinanze di San Gerrnano. Suppiamo però che, due giorni dopo aver prestato omaggio di fedeltà, il duca gli ordinava di recarsi subito a Teano con tutta Ia sua gente d'arme e con quella lasciata di guardia alla badia di Montecassino. Calvi, ottimo castello tenuto dagli angioini, dopo oltre un mese d'assedio, era stato espugnato da Ferdinando, ciò che per un poco sconcertò il duca Govanni. Questi volle riunire le proprie forze nelle vicinanze di Sessa e Teano e perciò aveva chiamato Onorato, ma poi (24 gen.) gli diede il contrordine di lasciare in guardia i suoi uomini e di recarsi subito personalmente a Teano per prendere accordi. l) Intanto una grave iattura era càpitata al nostro Onorato: vuole il Carinci che Pio II, nella speranza di staccarlo dalla fazione angioina e per impacciarlo, imprigionasse in Roma o)

Cesi

il

Castelsant'Angelo dat l37B

Chàteau Saint-Ange.

')

Cor

L. O., p.

192.

al

t+SS

fu tenutoda una guarnigionechevariòda 30 a 75 uomini; CÍ.Rodocanachí:

Prigionia di Nicola Caetaai.


ll2

L'INVASIONE DI GIOVANNI D'ANGIò

Lib. VI, Cap. XLIX.

il di lui figlio primogenito

Nicola. Risulta invece che Nicola, forse mentre trovavasi presso la in Fondi, venne arrestato sin dal dicembre, circa, del 1459 per mano del conte di Fondi, r) dietro ordine del re. Ferdinando in un primo tempo, quando ancora sperava di convertire Onorato di Sermoneta alla propria obbedienza, continuò a trattare il giovane Nicola (non era ancora ventenne !) con ogni riguardo al punto da condurlo seco alle cacce ; il 20 marzo 1460 gli scriveva in affettuosi termini, perchè vendesse il suo cavallo a Luigi de Toraldo. Ma poi, visto che il padre si ostinava nella ribellione, lo detenne in Castelnuovo e, resa man mano la prigionia piir stretta, Io fece rinchiudere nella Camera delle Bombarde ,,. " Come si è detto prima, re Ferdinando mancava di due cose essenziali per fare la guerra: uomini e denari. Con gran liberalità gli venne incontro Onorato di Fondi il quale gli diede 25A00 ducati veneti, in considerazione di che il re, il 15 febbraio 1460, gli vendè il castello di Traetto, Ia terra di Sujo, la torre sul Garigliano, le mole di Scauri e Castelforte. Questi beni avevano appartenuto a Ruggero Caetani, cugino di Onorato, sino a che, nel 1436, cadde trucidatg : allora per essere stato probabilmente ribelle a re Alfonso, tali beni ritornarono alla corona e furono concessi in feudo ad altri. Non contento di ciò, lo stesso giorno, il sovrano donava ad Onorato le terre di Alife, Dra. goni, Sant'Angelo, Raviscanina, Pietraroja, Crispano, Torre Francolise, Mugnano e Puglianello ed una casa in Aversa, che aveva dichiarato confiscati ai ribelli Della Ratta, a Giovanni da Celano ed a Marino Marzano. Gò egli fece in riconoscenza dei grandi servigi resi in questo turbine dí guerre, causato dagli angioini. 2) Era disposto a fare anche di piir. Come Onorato di Sermoneta mirava ad impossessarsi di Fondi, così quello di Fondi ambiva a mettere le mani su Sermoneta. Certamente il secondo chiese a Ferdinando di dargli libertà d'agire e, per accedere alla sua domanda, il re, Io stesso giorno 15 febbraio, guando gli concesse le terre di cui si è detto sopra, scriveva al tesoriere apostolico in Roma di indagare de la Sanctità Sua, sí Ii dÍspiacefia che nuì, correspondendo a le opere che ne ha facto e fa continuamente Io sígnore de Sulmoneta (per Ia quale haoímo facto rctenere suo figliuolo) li leoasiemo de mano Sulmoneta; ciò che gli sarebbe stato facile muovendo da Fondi e da Terracina. Ebbe cura di far assicurare al papa che, avuta la terra in mano, avrebbe disposto di essa secondo il volere del pontefrce. 3) Dimostrazioni e depredazioni a danno di Sermoneta da parte dei Gaetani di Fondi vi furono, ma il progetto di occupare la terra non ebbe esecuzione, ed in ciò possiamo vedere la mano protettrice del cardinale Scarampo. Egli continuava a vigilare il meglio che poteva sugli interessi del compare, quantunque questi, combattendo per il duca Giovanni, era virtualmente ribelle a Pio II. La posizione del camerlengo in tale frangente era assai imbarazzante ed egli si barcamenava il meglio che poteva, valendosi del proprio talento diplomatico e del grande ascendente di cui godeva nella curia. Cercò di favorire in ogni modo i suoi protetti. A lui si rivolgevano di continuo Onorato e Caterina Orsini perchè ottenesse la liberazione del figlio ed il cardinale faceva quanto gli era possibile. Siate certíssímo, scriveva, che noí eI tenemo per figlíolo como ooi et non restarcmo interponete ogní opera per la sua liberatione; che quando fusse necessità, ce caoalcatemmo ín percona ... Interea non oi bísogna dubítare ch'ello îecet)a alcun detrimento fidanzata

Liberalità di Onorato di Fondi.

Mire su Serrnoneta.

')

Ep., pp. 93, 116: C-2078.

2)

4rc.

CoI.,

XXXIII - 17; Prg. 276f.

9

Gíampícbo, doc.347,

p. 466.


Guerra nella Cioctarra

[r5 feb. - 26 mag. 146O]

ll3

nella persona. Ma quando Onorato chiese al cardinale cJre gli vendesse cavalli per far la guerra, questi cortesemente si riflutò. La prigionia del figlio non era del resto I'unica tribolazione che perturbava I'animo di Caterina, rimasta sola a reggere lo stato e a difendere Sermoneta, mentre suo marito guerreggiava dalle parti di Montecassino. Animati dalle strettezze nelle quali si trovava Onorato e forse anche incitati dal 'pontefice, i sezzesi sin dal principio del 1460 avevano ripreso la guerriglia contro Sermoneta. Caterina reagiva senza tanti riguardi, e Antonio di Paolo ., de Mattuzzo ,r, mercenario al soldo dei nemici, da lei preso prigioniero con i suoi uomini di arme, fu gettato in carcere, malgrado il consiglio un poco strano che le dava il cardinale Scarampo scrivendo: Vogliate con animo non muliebte, ma oirile et costante, sforzaroi tollerare (gli inconvenienti) perchè I'uno tempo adduce I'altro. Ma invece, appunto per motivo di tale animo virile, Caterina aggiungeva foco ad foco e aI mal eI peggío. Nella primavera, quando Ferdinando riprese la campagna, si trovava molto male in arnese ed il conte di Fondi stimava che, partendo da Capua, egli non avrebbe potuto r) mettere assieme piùr di 500 cavalli e 500 fanti. Il re dapprima si volse verso le Puglie, ma poco dopo cambiò consiglio e si ripiegò in Terra di Lavoro per muovere contro il principe di Rossano il quale si era fatto attivo. 2) Penetrò nella valle del Volturno, mettendo a ferro e a fuoco tutta la campagna ed impaurendo a tal punto le popolazioni che molte terre gli aprirono le porte. Per cominciare, prese, saccheggiò ed arse Pesche e poi pose il campo sotto a Macchia e Monteroduni, proprietà di Onorato Caetani. Costui si preparò alla difesa in Pettorano, in Venafro e nelle due suddette castella. Questa parte Pio II; appartamenti Borgia in Vaticano. della vallata del Volturno è assai amena, ma il terreno, collinoso e coperto di selve, si prestava bene alle imboscate. In una delle perlustrazioni il barone s'imbattè presso Isernia in una compagnia di nemici, forte di trenta cavalli e di altrettanti fanti, che era riuscita a far ribellare Macchia e stava lì in agguato del signor Onorato. Appena lo videro, gli si awentarono addosso al grido di: ,, Ragona, Ragona! Gagtana, Gagtanal ,'o) Onorato, capito che qualche cosa era andata a male nelle sue terre e che non poteva resistere, disperse i suoi pochi uomini ed egli stesso, seguito da otto balestrieri, si mise in salvo fuggendo per asprissimi sentieri di montagna ove, egli disse z Credo mag porci cínghíali ce foro, tanto era píaceoole et emeno (ameno). 3) Il 28 maggio il duca gli inviava le piìr cordiali condoglianze per la perdita di Macchia. Nelle altre terre però Onorato mantenne le sue posizioni, ed il tentativo del re di carpirgli Venafro per tradimento riuscì vano; cosa che gli meritò le congratulazioni del pretendente. 4) Non volendo perdere piir tempo in tentativi infruttuosi, il re partì da 'Vairano il 26 maggio

per offendere il principe di Rossano nelle sue quivi si dette a devastare Ie campagne. ") Dal grido di guerra giudico che

t)

Nunzíaate,

Donus,

l-2,

XX, p. 225.

15,

fossero gente d'arme

2) Ioì, p.

242.

stesse terre e facilmente

lo

ricacciò sino

a Teano;

del conte di Fondi,

3) Ep., p.

78.

a) Ep.,

p,8l ; Cf. Nuncíanlc, XX,

p, 24?, nota

l.

campagna primaverile'


I

Attentato

del Marzano contro

il

rc.

L'ecercito

pontifrcio entra

nel

napoletano.

L'TNVASIONE DI GIOVANNI D'ANGIò

t4

principe sembrò cambiare atteggiamento e fece conoscere il desiderio di voler trattare, se Ferdinando avesse acconsentito a concedergli Traetto, Calvi e tutto il paese intorno al Garigliano. Il re ne parlò al conte di Fondi, il quale generosamente rispose che non esitasse a sacrificare gli interessi di lui, se ciò poteva awantaggiare la causa aragonese; ma allo stesso tempo consigliava di non dimostrarsi troppo arrendevole, perchè questi non auspícasse che S. M. oenesse ad ogni sua domanda cosi liberamente, per oolerlo poi ingannare. t' La sera del 30 maggio il principe ed il re, seguiti da pochi gentiluomini, si abboccarono. Ma non era che un vile tranello, perchè finito il colloquio, Deofebo dell'Anguillara, che stava a franco del Rossano, cercò di accoltellare il re a tradimento. Ferdinando si salvò per miracolo; attese piùr anni e, quando frnalmente Marino Marzano gli cadde prigioniero nelle mani, crudelmente si vendicò. La situazione del sovrano era difrcile, ma coll'andar del tempo le cose migliorarono. Il duca di Milano ordinò al fratello Alessandro di scendere nel Regno, e finalmente anche Pio II si accinse a mandare in aiuto Simonetto da Castelpiero con le truppe pontificie. D'altra parte Gacomo Piccinino si awicinava per dare appoggio al duca Giovanni, e ben dice il Sismondi che in quelle provincie del napoletano si erano venuti riunendo tutti gli eserciti d'ltalia. La cam' pagna stava acquistando volume ed importanza. Finalmente il l0 di giugno I'esercito papale, forte di 2200 uomini e guidato da Simonetto, scendeva per la valle del Liri ed entrava nel Regno, passando per la contrada ove Onorato stava di guardia. Troppo esigue erano le forze di questo per fermarlo e dare battaglia, sicchè null'altro potè fare che guardare le castella e probabilmente anche la badia di Montecassino, awisando il duca delle mosse del nemico. Quando era già troppo tardi giunsero, venendo in gran fretta e senza carriaggi da Teano, il duca di Sora e Prospero Savelli' con 200 cavalli e 2) 300 fanti per appoggiare Onorato nello sbarrare la strada a Capodacqua e per soccorrere Sora. Questa località, a breve distanza ad oriente di Cassino, si prestava bene alla difesa perchè ivi la strada, che conduce a Napoli, valica un piccolo spartiacqug o sella, fiancheggiato da monInaspettatamente

tagne

Battaglia

di

Sarno.

Ub. VI, Cap. XLIX.

il

di difficile accesso.

Dopo aver subìto un primo scacco, però, le truppe pontificie, a cui era andato incontro Ferdinando, riuscirono a passare ed il 15 grugno giunsero a Capua. Tutti sentivano che le cose precipitavano verso una soluzione. Il duca Giovanni concentrò le sue milizie ad oriente di Napoli e si accampò entro Sarno, un piccolo paese ai piedi dei monti e sul limite della pianura di Pompei. In previsione della battaglia i due contendenti chiamarono a raccolta da ogni parte le truppe di cui potevano disporre. Onorato di Fondi mandò una delle sue squ.adre al re, ed il 23 giugno il duca Govanni scriveva ad Onorato di Sermoneta : ... oe rcplicamo, pregamo et incarcamo che, lo píù presto possete, con tucte oostre gentí che iongateínsemj con Io íIl. principe de Rossano ... perchè aI presente è tempo de ce .íongere tucti insemj et fare Io pìù forte capu che porrímo per ofendere Io ìnímíco.ll principe non potè muoversi, ma Onorato partì subito con 400 cavalli e 700 fanti, però, data la grande distanza da percorrere, non giunse a Sarno che al momento in cui la battaglia si era già risoluta in una disastrosa sconfitta per re Ferdinando (7 lug.). Non mi trattengo a parlare di questo memorando avvenimento, di cui il Nunziante dà una bellissima e particolareggiata descrizione; ricorderò soltanto come un colpo di mano, tentato dal re con poche squadre e perfettamente riuscito, diventò poi causa di confusione rJ Nunzianlc,

XX, p.

246.

2) Joî,

p.257.


Vittorie

[mag. - ag. 14601

angioine

il5

per essersi i mercenari precipitati a saccheggiare prima che la vittoria fosse completa, cosa di cui si valse il nemico per convertire il successo iniziale in disastrosa rotta. A stento Ferdinando riuscì a salvarsi, fuggendo verso Nola con soli 20 cavalieri; furono presi 2000 cavalli, tra cui gran schiera di illustri signori; molti rimasero feriti e morti, tra cui lo stesso Simonetto, capitano delle truppe pontifrcie. Quel giorno medesimo il duca Govanni scriveva una lettera giubilante a Sigismondo Malatesta ed una identica al principe di Rossano, raccontando particolari della vittoria; quest'ultimo, appena

ne faceva far. copia ed il 9 di luglio la mandava a Caterina Orsini per confortarla con la lieta novella ed assicurandola che ormai si poteva avere buona speranza che /o signor Honorato ... optenerà de fare alcuno cambío de alcuno de quístí signuri píglìatí con Io magnifico mísser Nícola oostîo figlio. ll Nunziante ha trovato copia della prima lettera ricevutala

in

nell'archivio

Sessa,

di

Milano.

*** Era trascorso poco più di un mese da questa vittoria che le armi aragonesi subirono una seconda disfatta presso San Flaviano negli Abruzzi (22 lug. 1460). Non fu una grande battaglia, nè I'esito fu molto evidente, ma le truppe di Alessandro Sforza e di Federico d'Urbino, dopo aver combattuto a lungo con quelle di Gacomo Piccinino, rimasero tanto logore da potersi considerare come messe fuori di combattimento. Queste due vittorie per un certo tempo diedero un marcato predominio alla parte angioina. Due anni piùr tardi, e precisamente il 18 agosto 1462, re Ferdinando ebbe la sua rivincita, infliggendo una grave e defrnitiva disfatta all'esercito angioino sotto le mura di Troja; fu tanto decisiva che il Da Trezzo, ambasciatore del duca di Milano, nel suo rapporto poteva giustamente esclamare 1 ,,, Sígnor mío, questa è stata quella gìornata che ha messo et fermato Ia l) coîona di questo Regno ín capo aI síg. Re.' el mo se pò díre ch'el è Re/ u Quel che accadde durante i due anni che decorsero tra la battaglia di Samo e quella di Troja, è minutamente descritto nella pregevole opera del Nunziante; quindi ometto di parlarne, salvo per gli episodi che interessano il nostro racconto, e non mi cimento a darne neppure un riassunto perchè ben difficile sarebbe il tracciare a grandi tratti Ie vicende di questa guerra. Essa non fu condotta secondo prestabiliti piani di camPagna, ma consistette in una disordinata serie di piccole azioni belliche. Fu una specie di partita a scacchi tra i due contendenti: grossi stuoli di armati percorrevano lo scacchiere cercando di awantaggiarsi dei punti deboli dell'awersario e creando centri di difesa; non v'era un fronte ben definito, ma bensì due eserciti che si compenetravano I'un I'altro, creando situazioni ibride, assurde €, d volte, addirittura comiche. Così ad esempio Castel dell'Ovo, nel cuore di Napoli, rimase in potere degli angioini, e spesso due baroni di parte awersa vivevano I'uno accanto all'altro

in tacita

tregua.

Tanto I'uno quanto I'ahro contendente stavano male in arnese ed anche peg$o a denari. È provato che la regina Isabella, moglie di Ferdinando, per ottenere quattrini, si mise davanti alla porta di S. Pietro Martire di Napoli, con uno bacile como chí adomandasse la elemosína ... et chì Io faceoa oolentíerí, Ií ringracíaoa, et chi non, Ií mandat)a presuní ín castello. Quando il re fu in grado di muovere nuovamente in campo con Ie milizie a stento riunite, lasciò il t)

Nunzíonle, XXLL p. 227.

caratteristica della guena'


L'INVASIONE DI CIOVANNI D'ANCIò

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Lib. VI, Cap. XLX.

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srr't-3W Terracina (dircgno del secolo

I XVII).

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protonotario Onorato, conte di Fondi, quale governatore in Napoli per Ia quale caoalcaoa con t) píù balistríerí et con píù capezeDall'altra parte il duca Govanni d'Angiò aspettava invano che gli venissero inviati denari dalla Francia e da Firenze, tanto che, quando i suoi condottieri più tempestavano per essere esercito pagati, eragli di mestieri contentarli a promesse e gabbarli. I capitani dell'uno e dell'altro iu-no ,"-pr" pagati male o niente affatto; i baroni vi rimettevano del proprio, sicchè alla lunga si stancavano, assumevano un comportamento equivoco o cambiavano addirittura di bundi"ru; la gente d'arme si rifiutava di combattere, a meno che ci fosse speranza di preda, o disertava per passate al servizio di chi era in grado di soddisfarli' In tali condizioni, né il re né il pretendente riuscivano a conseguire un'azione concorde dei propri condottieri e baroni, nè a radunare un esercito abbastanza.potente da poter accerI'unu"rrurio e gettarlo fuori del Regno. Verso dicembre, quando la stagione si faceva "hiur" si faceva un grande inclemente, ognuno si ritirava nei quartieri d'inverno ed alla primavera primi sforzo per ,"ggr"rr.llure trenta o quaranta squadre con cui riaccendere la guerra. Ai direzione ove tepori ricominciavano le disordinate azioni militari, che erano tante puntate nella meglio disposto o un barone si sperava di trovare il nemico meno forte, o una terra poco fortificata bandiera. Rimaniamo stupefatti a vedere con quanta disinvoltura questi signori mutavano u "u*biur di parte ogni qualvolta credevano veder la fortuna volgere a favore o dell'uno o dell'altro sino al giorno prima, era sovrano, e con quanta benignità costoro riprendevano in grazia chi, stato traditore e ribelle La compagine politica e militare non era basata sulla frducia e sulla fedeltà al giuramento comdato, ma tutto poteva canibiare da un minuto all'altro in seguito ad offese personali, a e si pensi avuti e a promesse piìr o meno effimere; con tale sistema le terre si conquistavano uguul" facilità, ma chi sempre vi rimetteva erano le povere popolazioni a cui p".d"n"no "on le messi venivano poste a guasto " l" "ur" a sacco. Quando entrava il vincitore, il popolo cuore desiderava che entrambi i contendenti andassero al diavolo, plaudiva, ma in fondo "l po.o i-po.tandogli se dominassero gli angioini o gli aragonesi, francesi gli uni e catalani gli odiati stranieri che, senza diritto alcuno, salvo quello arrogatosi in base a bastardi ultri, "niru*bi legami di sangue, si prendevano licenza nel dominare le popolazioni italiane.

r) Nofar G., p.

103,


[ag.

Caratteristiche della guerra

-nov.' 1460]

n7

Tale, in breve, era lo stato dell'ltalia meridionale durante i due anni di guerra decorsi tra la battaglia di Sarno e quella di San Flaviano. I due Caetani, Onorato di Sermoneta e quello di Fondi, si distinguono dalla maggioranza dei contemporanei per il fatto che rimasero nobilmente e immutabilmente fedeli ai rispettivi sovrani ed alle cause che avevano sposato, non ostante i sacriÉzi a cui dovettero sottostare.

*

,F*

Si è già ricordato che San Felice, ameno paese situato ai piedi del Monte Grceo, era un antico feudo dei Caetani. Nel l44l Alfonso d'Aragona, per vendicarsi del piccolo Onorato di Sermoneta e de' suoi tutori, I'aveva raso al suolo cacciandone gli abitanti. La vicina Terracina, sul confrne tra il regno di Napoli e lo stato pontificio, sofiriva ad ogni confitto politico e militare. Occupata da re Alfonso, fu a costui concessa in feudo a vita da Eugenio IV (la giu. 1443), e I'investitura fu confermata per dieci anni a Ferdinando quando, nel 1458, succedette al padre. Awenuta la rotta di Sarno, non fu difficile ad Onorato Caetani di Sermoneta d'incitare la popolazione di Terracina a ribellarsi, come si venne a sapere quando fu poi scoperto lo tractato che aveva con alcuni suoi fedeli. Vi accorse subito (5 sett.) Baldassare Gaetani, r) Ma la popolazione conte di Morcone (figlio del conte di Fondi), che era viceré di Gaeta. dopo due giorni di tumulto, chiese di mettersi sotto la protezione della Chiesa, e Pio II, temendo che Onorato Gaetani di Fondi o quello di Sermoneta occupassero la città, una delle porte dello stato ecclesiastico, la fece presidiare, unitamente a San Felice ed al Grceo, dal nipote Antonio Piccolomini. Tali preoccupazioni non erano ingiustifrcate perchè alcuni cittadini di Terracina si erano già rivolti a Caterina Orsini affinchè s'ingerisse del governo della città ; saputa la qual cosa, il cardinale Scarampo le scrisse lettera su lettera scongiurandola di non immischiarsi nella quistione.

Contento di quanto era accaduto, il 2l ottobre 1460, il papa concedeva I'autonomia ai terracinesi, poco preoccupandosi del fatto che re Ferrante era suo alleato. Onorato di Sermoneta subito si adoperò per rientrare in possesso del suo antico feudo, ma il pontefice gli vietò d'intromettersi nella faccenda e di riedificare il paese di San Felice. Allora il Caetani fece vive rimostranze per bocca del proprio cancelliere lacobello Matti da Sermoneta, ed il papa, certamente cedendo alle pressioni del cardinale Scarampo, il 3 ottobre 2) gli riconosceva il possesso della terra, purchè desistesse dall'opera di ricostruzione. Ma subito intervenne il malefico Francesco Caetani di Maenza, di cui si sono narrate le gesta nel capitolo XLVII, allegando certi diritti ereditari, e tanto fece che Pio II mise un fermo su tutto. Il 5 novembre il papa ordinava a Honorato 'Gaíetano de Sermoneto tsel Caterine eius consorfí di far partire immediatamente i loro uomini da San Felice e di deporre i frutti 3) della pesca e delle terre nelle mani di una persona scelta d'accordo col rettore della Campagna. Con tutto ciò Onorato mantenne iI pacífico e legittimo possesso, se non il godimento, della terra per la durata di sette mesi quando, superoeníentibus malioolis, gli fu completamente tolta perchè militava per Govanni d'Angiò contro lo stesso Pio II. La questione di San Felice si protrasse per molti e molti anni, come a suo tempo diremo. t)

Nunzisnle,

XX, p. 489.

2) Pre. 279 in Ep., p.

89.

B) Pre.274.

Ribellione

di

Terracina'


L'INVASIONE DI GIOVANNI D'ANGIò

l18

Lib. VI, Cap. XLX.

di Sarno, s'era incontrato con il duca Giovanni, aveva a viva voce le promesse avute e specialmente insistette che gli Ceppaloni (che di diritto spettava alla moglie Caterina) nonchè

Quando Onorato, dopo la vittoria preso I'occasione per ricordargli

date la terra di Montaquila, l'lsoletta e Castelluccio. Quest'ultimo castello era stato preso per mano di Pietro Giampaolo Cantelmo, duca di Sora, di Deofebo dell'Anguillara e di Antonio da Forlì, quantungue fosse stato promesso ad Onorato. Per accontentarlo fu dato I'ordine a Marchetto perchè prowedesse a che il duca di Sora cedesse Castelluccio, ma il prowedimento non condusse a risultato alcuno. Allora il duca promise ad Onorato di renderlo contento piir tardi quando venissero

si

fosse mosso contro San Germano.

Ci mancano gli elementi per ricostruire le singole mosse di Onorato; sappiamo però che seguì il duca a Campobasso, ove il 24 ottobre ricevette I'ordine di accamparsi a Ripa con la sua gente e con una squadra del duca di Melfi. Poco dopo fece ritorno al suo solito posto presso San Germano. Qui, lo raggiunse il duca Giovanni accompagnato dal principe di Rossano e da altri signori, ma, arrivato a Venafro, decise subitaneamente di tornare indietro dopo aver dato ordine ad Onorato di recarsi negli Abruzzi, col conte di Valmont e con Giovanni Cossa, per appoggiare forse il conte Giacomo Piccinino il quale stava facendo scorrerie nello stato della Chiesa. Ad Onorato, che protestava per non aver ancora ricevuto un << pícciolo >>, fu data Ia solita medicina, ossia la promessa che al suo ritorno dagli Abruzzi sarebbe stato Campagna

negli Abruzzi.

tutto. Egli aveva già messo mano

soildísfatto

momento di partire da Roccasecca per gli Abruzzi, per far fronte alle spese immediatg impegnò per 300 ducati certi ricchissimi panni che il duca gli aveva donato, forse al suo primo arrivo nel Regno; così inde-

a quanto aveva del suo e perciò, al

bitato partì. Si recò ad Aquila ed ivi gli furono dati finalmente 700 ducati, ma non sappiamo che cosa operasse in Abruzzo, benchè la comune impresa venga più volte ricordata nelle lettere del Piccinino. Voglio credere che a tale periodo debbano attribuirsi la espugnazione ed il sacco di Alfedena, presso Castel di Sangro, a cui egli prese parte con 104 uomini d'arme e con altri duecento e piìr de' suoi vassalli di Monteroduni e Macchia. Nella pugna perdette il cavallo che gli fu indennizzato mediante pagamento di I l0 ducati. La preda fruttò 1050 ducati, parte in bestiame e parte in denari, e di essa ci è rimasto un accurato e minuzioso resoconto, alla fine del quale appare I'assegnazione di ducati 2, tareni I e grani 7 per Ia pagha de Sancto Antonio, partecipe degli utili quale protettore dell'impresa. Verso il primo di gennaio del 146l Onorato partì dagli Abruzzi per rientrare nei quartieri d'inverno in Aquino e Pontecorvo, come risulta dal salvacondotto datogli da Giacomo Piccinino in data 29 dicembre. Ben presto si rese conto in ehe stato deplorevole erano cadute Ie proprie faccende durante la sua assenza. A Sermoneta aveva lasciato quale sua vicaiia generale Ia moglie Caterina Orsini ma, per quanto fosse energica e virile, i nemici non perdevano occasione per farle dispetti e recarle danno. Lo stesso Pio II, crucciato perchè Onorato combatteva a favore dei nemici della Chiesa, non le diede certamente il suo appoggio, né nella questione di San Felice né nella lite e nelle guerriglie che i sezzesi avevano riaccese non appena seppero che Onorato aveva alzato bandiera angioina. Anzi è probabile che il papa vedesse con piacere i danni che costoro arrecavano a Sermoneta; tanto è vero che Onorato, in una sua lettera a Govanni d'Angiò, dava sfogo al represso sdegno esclamando: DaI papa me son facte cose enorme ultromodum a Sermoneta, che, ín oerítà, da campo in fore, de tucte cose quel\a pooera terra è tractata come oeîa inímica e tornata penìtus disfucta. Oltre a ciò,


[ott.1460-gen.

1461]

Difficoltà e lagnanze di Onorato III

il9

non potendo curare i suoi interessi, soffriva una continua e fortissima diminuzione delle proprie entrate, cosa della quale probabilmente si compiaceva il papa perchè la situazione del dissobbediente barone Onorato si rendeva ognora piìr penosa e difficile. DifÉcoltà Perciò costui alla frne di gennaio del 146l scrisse a Giovanni d'Angiò vivamente lagnandosi e lagnanze e, con lettere quasi identiche dirette a Broccardo Persico, cancelliere di Giacomo Piccinino, a di Onorato lll. Luigi Dentice, signore d'lschitella, a Marino Marzano, a Giovanni Cossa, conte di Troja, e a Palamede Forbino, vicario del pretendente, cercò di richiamarne I'attenzione sulle gravi ingiustizie che gli venivano fatte. Anzitutto voleva che fossero mantenute le promesse dategli piir volte e che gli venisse conferita una delle sette grandi cariche, ed in ciò insisteva specialmente perchè agli altri erano stati distribuiti ricchezze ed onori, mentre a lui non venivano date che vane parole. Monsígnorc, scriveva al duca, ío so de quíIIí che son de carni et de ossa et, come sape V. I. S. meglíor de me, Ia natura deIIí homíní è tragilíssima et /assase conducere malto aIIi oítii et precipue ad quello della inoidía, eI quale in me îegna come in tucti I'albi mortalí. Io oedo quíIli che non meritano più de me, chi oíce rc, chí haoer delli fficíi princípali, chi passí renlí et cht de stato essere lbenelfacto et ío essere de tuctì quísti honorí absente. Ciò egli considerava una vera ingiustizia perchè, in {atto di qualità e benemerenze, si sentiva capace de tbarse la calza quanto ípsi. In secondo luogo aveva bisogno assoluto e inderogabile di denari: i soldati suoi, 220 cavalieri e 300 fanti, tutti boníssimi caoaltí et oalentí homini d'arme, non erano stati pagati che con quel poco che aveva potuto ottenere pignorando la sua roba. Il principe di Rossano gli era venuto in aiuto prestandogli denari di tasca propria, ma anch'egli non notava nell'oro e vedremo che dopo pochi mesi gli chiedeva urgentemente di restituirli. Onorato teneva 40 cavalli e 100 fanti in servizio attivo tra Sermoneta ed Aquino e gli altri, se non pagati degli arretrati, se ne sarebbero andati quanto prima. Così stando le cose, per la metà di marzo, ossia all'inizio della nuova campagna, non avrebbe potuto fornire quella bella compagnia (imprestanza) a cuí era obbligato per gli impegni presi. Per porre qualche rimedio a questo stato di cose chiese al pretendente licenza di batter moneta, l) ma non saprei dire se efiettivamente siasi valso di tale espediente, che doveva differire ben poco da quello più moderno di stampare biglietti di banca per far fronte alle necessità del momento. Proposta Rimproverava inoltre il duca di prendere, militarmente, così poco interesse alla zona di spedizione San Germano, la quale pur rappresentava la chiave che comandava I'ingresso delle truppe contro Fondi. pontificie e milanesi. Consigliava d'impossessarsi (della rocca ?) di San Germano e di attaccare poi Fondi con la cooperazione di Antonio Spinelli e della flotta angioina; era sicuro che non sarebbe stata impresa molto difficile, dato che gli uomini della contea segretamente solleci' tavano lui, Onorato, perchè venisse, assicurandolo che le popolazioni si sarebbero sollevate al suo arrivo. Inoltre il conte di Fondi per servire il proprio sovrano risiedeva di continuo /ore dello stato e la moglie, Francesca di Capua, si trovava con un piccolo frgliolo nel castello di Sperlonga, presso la marina, ed avrebbe potuto essere presa facilmente perchè la rocca non era molto forte. Anche i Colonna, egli asseriva, certamente avrebbero preso le armi contro il conte di Fondi. Fatto ciò, si sarebbe assediato Gaeta che sarebbe certamente caduta. Così tutta la regione sarebbe venuta nelle mani del duca, il quale avrebbe potuto lasciare il Piccinino a guardia gli Abruzzi e rivolgersi contro re Ferdinando dove, quando e come meglio gli fosse piaciuto. t) Ep., p. 129.


120

Misione di Michele

da Mantova.

L'INVASIONE DI CIOVANNI D'ANGIò

Ub. VI, Cap. XLIX.

Fiaccare Ia ,tracotanza del conte di Fondi era il sogno di Onorato; per non perdere tempo già lo designava nelle sue lettere mio parente, olim conte de Fundt e si fregiava del titolo di lui. Onorato si accorse ben presto, però, che le lettere, quando non andavano perdute per qualche mala sorte capitata al corriere, ottenevano poco effetto, e che il piìr grande torto proprio era quello di essere lontano dalla corte. Egli era costretto a rimanere di stanza al passo di San Germano, ove non solo Io ritenevano i propri interessi nella Marittima ma anche il desiderio di trovarsi sempre presso i confini della contea di Fondi in modo da poter piombarvi addosso al primo momento opportuno. Gli altri invece, che erano piir vicini. alla corte, riuscivano a carpire quei pochi favori, reali od onorifici, di cui il duca poteva disporre. Profondamente sdegnato scriveva agli amici: Parme essere scorf o come mammolo e questa non è stata, nè è la fe et speranza mia .,. Io non so più dooe me ooltare. Doglíome asere tractato ad modo de sbanío. ... Non credea, nè ho intentione essere peío tractato de tucti I'albi; et che aI tempo ho fame, me se debía denegare eI pane. Perciò decise di mandare laggiìr, dove trovavasi il campo, qualche,persona di cui poteva frdarsi, ed ai primi di febbraio incaricava il suo fido cancelliere, Michele da Mantova, di conferire personalmente col duca. La. minuta delle istruzioni impartitegli si . conserva nel nostro archivio. In esse, oltre ai punti sopra accennati, Onorato istruiva il cancelliere di richiedere Ia contea di Morcone per il fatto che Giacomo Gaetani, fratello del conte di Fondi, il quale da principio Re Renato d'Angiò. avevo militato col Caldora contro Ferdinando, ora aveva Medaglia di Píetro da Mílano; voltato bandiera. Firenze, Museo Nazionale. Quello però che piìr caldamente di ogni altra cosa era stato comandato al cancelliere era di adoperarsi íterum et ìterum con grcn ístantia per la liberazione del figlio Nicola,.possibilmente facendo uno scambio con Giovanni Malavolta di recente caduto nelle mani degli angioini. Diceva Onorato: quando tal cosa se temptasse, lo Papa operaria con don Ferrante che Io scambio aoefia efecto (ed in ciò si intravede I'opera dello Scarampo); poi' aggiungeva: Per Dio, lo supplícate Io wglía fare secondo sempte soa Serenità ce ha promísso, aliter ,,. ce sara necessarío ttendere cíò che haoemo per nol oedere et fare morbe in presonía; sentímó è mal tractato, etiam penítus desperato in modo non sarà forte un di a buctarese del castello ín su. Onorato, il quale amava il figlio suo di un amore sviscerato, si struggeva I'animo a saperlo prigioniero di quel re che, al momento oppurtuno, non, avrebbe avuto scrupolo di ordinare sorridendo la soppressisne dell'innocente giovane; durante i quattro anni della guerra, non cessò un istante dal cercare di trarlo in libertà. Si rivolse egualmente ad amici e nemici, a re Ferdinando, a Pio II, al duca di Milano, ad Ercole d'Este, al duca di Calabria, a Giacomo Piccinino; offrì prigionieri per lo scambio e 2000 ducati di taglia, ma tutto invano. Re Ferdinando sapeva che prezioso pegno aveva in mano; sapeva quanto sarebbe stato difficile soggiogare Onorato, il quale aveva quasi tutte le sue terre nello stato ecclesiastico: ne conosceva inoltre lo spirito guerriero e la natura appassionata ed ostinata, che lo rendevano un awersario forte e temibile. È patetico leggere quel grido di angoscia che s'insinua ,in quasi ogni sua lettera e si rimane ammirato che tanto dolore non sia mai riuscito a scuoterne I'attaccamento e la fedeltà verso il proprio sovrano, malgrado che questi avesse così poca cura di lui.


[feb - mar. 1461]

Missione di Michele da Mantova

l2l

Michele da Mantova, rnunito delle numerose istruzioni di Onorato e di non molti quattrini, il l8 febbraio 1461, intraprese I'awenturoso viaggio da Aquino a Salerno. Girando a largo dai nemici, per gli Abruzzi ed il Molise, giunse in buon ordine nei paraggi di San Angelo de' Lombardi, ma qui cominciarono i guai ed i pericoli. Per 13 giorni stette sprofondato ad Atripalda, non potenno andare anirna ueata per Io paese, perchè tutto veniva messo a ferro ed a fuoco dai nemici; ma frnalmente, per sentieri alpestri, potè giungere sino alla rocca di Merola, presso Salerno, ove si presentò al duca Giovanni che passeggiava in compagnia dei grandi dignitari. Monsignore (così era chiamato il duca) accolse Michele con lieta faccia e lo abbracciò gridando : u Che noùe bone haoemo de lo signor Honorctoi " Poi, sedutosi sotto un albero, concesse una lunga udienza al cancelliere. Assicurò Michele che non poteva dare un tomese a chicchessia, non piùr che oolare per arìa, sino a che verso il l0 aprile I'armata angioina non fosse giunta con denarí, sperase, in grandíssima quantítà,' poi tutti sarebbero stati soddisfatti. In quanto alle castella (di cui alcune erano state promesse ad un tempo a piìr persone !) disse che se fossero dug reami, a Ií damandatorí non bastarÌano, ma alm Io denaro se satisfarìa Ie cose promese. Gli onori, assicurò il duca, a suo tempo non sarebbero mancati, e casa Gagtana per Honorato Gagtano de Sermineta salirebbe in grande preminentie et sígnoría,' che in-!l; tanto Onorato tenesse i soldati in speranza e perciò era meglio che Michele rimanesse nel campo, affinchè la gente d'arme d'Aquino non si scoraggiasse vedendolo tornare a mani vuote. Erano tempi duri per tutti ! Il duca, facendo la josa, esclamò: " Non è sígnore de questo îeame che manze pÍù amaÍe Una strada di Sermoneta del sec. XV, rsíoande et aqua dt me! ,, Sicchè Michele nel suo rapporto giustamente osseryava che /o íIl. duca de Calahía combate ad dug parti, una è cum Ia pooertà, I'altra cum la foilunal Va da sé che Ia guerra, esattamente come al giorno d'oggi, aveva causato un terribile rincaro della vita ed il nostro bravo cancelliere non sapeva come avrebbe campato in attesa che venissero i denari; tanto è vero che scriveva: Dubíto che andag a caoallo et ritornerò a píedi. In quanto ai soldati d'Aquino bisognava gabbarli per tenerli quieti, e perciò I'ingegnoso cancelliere mandava ad Onorato un posf scriptum fatto apposta per mostrarlo ai soldati che diceva z Azíò non oedate stía a dormíre, questa matina seguente, ago îeceputo ín Salermo peî mano de meser Agabito... ducatì dua míIÌa et septocento; et questí m'à fato assígnare monsígnore per parte de la ínprestansa et spero che non tardarà dodece íorni haoerò Io íntegro spazamento; poi aggiungeva << balle su balle n, parlando di broccati d'argento e di magnifici cavalli da comprare. Doveva molto tardare tutto ciò prima di giungere al campo di mésser Onorato ! ! È perfettamente vero che il duca Giovanni si trovava in tormentosa penuria di denari, ma bisogna aggiungere che quel poco che aveva, lo elemosinava più volentieri ai baroni napoDomus,

l-2,

16,

Udienza col duca Govanni.


L'INVASIONE DI CIOVANNI D'ANGIò

t22

Caterina Orsini.

letani che ad Onorato. Quelli in vero, ribellandosi a Ferdinando, erano incorsi nel pericolo di tutto perdere se il partito angioino soccombeva; questi invece, le cui terre erano quasi tutte nello stato pontificio, aveva ben poco da perdere, ma se la impresa riusciva bene, avrebbe acguistato Fondi, ossia uno dei pítu ricchi e magnifici stati del Regno, sul quale nessun altro barone poteva accampare pretese. Pareva giusto quindi al duca Giovanni che Onorato spendesse del suo più di qualunque degli altri baroni. Nella conversazione tra il duca e Michele si parlò poco della liberazione di Nicola, perchè poco c'era da fare | << re Fenante )) non lasciava sfuggire le sue prede ! Non meno accorata per la prigionia del figlio, né meno soggetta à privazioni era Caterina Orsini che, fortificata nella inespugnabile rocca di Sermoneta, stava, vigile guardia, a difesa dello stato e della vita degli altri flglioli. Come luogotenente di Onorato amministrava e governava. u) Di grande aiuto le era il cardinale Scarampo, il quale vigilava gli interessi della famiglia e cercava di proteggerla sotto il largo manto della sua autorità. Numerose sono Ie lettere di lui che si conservano nel nostro archivio e da esse rileviamo che si occupava e preoccupava di ogni questione attinente alla famiglia: delle difficoltà per il possesso di San Felice, per cui consigliava prudenza e completa deferenza al pontefrce; della prigionia di Nicola, per cui mandò persona di sua fiducia a Napoli; delle meschine vendette personali contro Onorato, delle aggressioni contro Sermoneta e, in un momento di speciale difficoltà, donò persino 1000 ducati in riconoscenza delle cortesie e rlei benefizi avuti quando militava contro i turchi presso Rodi. Sono anche certo che egli ideò e promosse la nuova parentela-tra i Caetani ed i Farnese, che doveva poi avere così profondi effetti sulle vicende della famiglia. Ne troviamo il primo accenno in una lettera dell'8 ottobre 1460 che si riferisce alle conversazioni avute con Angelo Farnese; le cose procedettero rapiclamente, perchè I'otto febbraio seguente il cardinale scriveva che i parenti di Pierluigi Farnese avrebbero mandato un loro fiduciario a Sermoneta per oedere Ia donna, ossia Giovannella Caetani, forse ancora minorenne, la quale un giorno doveva dare alla luce Paolo III e la Bella Giulia, amante di Alessandro

Guerriglia

con Seze.

Lib. VI, Cap. XLIX.

VI

Borgia.

Anche I'eterna lite con Sezze si era riaccesa e richiese I'intervento del cardinale. Il lB gennaio 1459 Pio II aveva pronunziato una sentenza sulla questione dei confini ') *u, scoppiata la guerra angioina, erano divampati di nuovo i conflitti fra le popolazioni di Sezze e Sermoneta. Perciò il 2l giugno 1460 Antonio Piccolomini, commissario per il pontefrce assente, impose d'autorità una tregua di qualche mese. Pio ll, il 29 dicembre, ordinava che la tregua fosse prorogata di un anno 2) e ciò fu dovuto all'interessamento del cardinale Scarampo, il quale si affrettava ad annunziare alla comare Caterina la , buona novella che le era stato assicurato qualche respiro in mezzo alle difficoltà da cui era assillata. Ma la tregua ebbe poco effetto. Da un ricordo storico del nostro archivio 3) risulta che i sezzesi, contro la tregua imposta dal papa, fecero scorrerie, depredando 3000 bestie di Sermoneta e poi tornarono di nuovo con Baldassare Gaetani, conte di Morcone, derubandone oltre 2000 ed un'altra volta, spintisi sino al molino di Sermoneta, portarono via 300 porci. b) del

a) Nell'atto pubblico

rina è detta: magnífrca et

17 nov.

tloz (C-ztlz)

paile diclì sui

Cate-

Ursínis, conso$ atque genetalÍs commissaria ... Honorctí GagetanÌ Setmíneti nec non gubematrix et rectríx legitíma ex Pr2.

2649.

\

Theínen

lll,

p.

416.

t) Ep., p'

lene

Setmìne!í

etc.

de

')

excellentís consortís, oídelicel

... cum plenafia Polestate et aucthofitale omnia el síngula faciendí necessaila, ad opportuna quomodolíbet contíngentía etc.

excellens domína domína Calhatina

b) 66-

Un

elenco particolareggiato delle scorrerie e depredazioni


Affari familiari

[1460-fcb. r46rj

t23

Onorato bramava dr vendicarsi di tanti affronti e, il 15 aprile 1461, in una lettera cifrata al duca Giovanni scriveva:") Se /c S. V. haoe ad pígliare ímpresa IN TERRA DE RoMA sup|Iíco per Dío se dígne ad mia contemplatíone et síngulare satísfattione ptcLIARLA coNTRA sEzE MIA INIMIcA ab antíquo ef (la quale), depò ronNAI sERVIToRE vosrRo, NE HA FAcrr cRAVIssIMI opprobrii et de cíò piaccía a Ia S, V. fare certo. Caterina si adoperava a dimostrarsi riconoscente dell'aiuto e conforto che le dava il cardi- Abbazia nale Scarampo, inviandogli trote e simili ghiottonerie e cercando di soddisfarlo in ogni sua richiesta. diMontecassinoOnorato lo assisteva nella questione di Montecassino: il ricchissimo e potente camerlengo della Chiesa aveva concentrato le sue mire sulla bellissima badia di Montecassino. Nel 1454 en succeduto nella rettoria di essa ad Antonio Carafa l) ed ora ne voleva la signoria. A tal fine aveva prestato 10000 ducati a Ferdinando il quale, in momenti così gravi, difficilmente poteva rifiutarsi di accontentare lui e il pontefrce. D?altra parte gli ripugnava di mettere in mano ad uno prete ttecchio ed iffirmo una fortezza che era la chiave del piir importante passo per entrare nel Regno, specialmente poi quando sapeva che questo << prete >) era amico sviscerato di quell'Onorato, nemico suo, il quale teneva occupato Aquino, Venafro e tutte le terre della badia i poi, per necessità politiche si piegò a cedergli tutto íI cíoìIe e Io crímínale :' i*^j ritenendo per sè il castello. 2) t'.t Così veniva a crearsi una curiosa situazione: il re in possesso della rocca, Onorato in possesso militare delle campagne e dei dintorni, e lo Scarampo signore della Rocca lanula presso Montecusino. badia, a cui spettava in proprietà quasi tutta

^!é

'la

regione.

il

di

Fondi nonchè îegío eommíssarío e goúernatore generale a guerro. nell'abbadìa di Monteeassíno e nelle cíttà dí Venafro e Pontecoroo, diede ai monaci ampio salvacondotto per le terre di Sua Sereníssima Maestà il re Renato, ed altro, piìr ampio forse, ottenne per essi dal duca Giovanni verso Ia metà di marzo. Altrettanto avrà fatto re Ferdinando, sicchè i buoni monaci, dall'alto della loro badia, potevano, con tutta sicurezza, vedere ai loro piedi quel formicolio di gente d'arme, che ogni tanto scendeva o saliva per la grande vallata. Certo le loro campagne soffrivano per I'incessante e lento saccheggio. Poco dopor però, il duca Govanni mise un fermo a questi salvacondotti.' Onorato,

quale s'intitolava conte

*** Tale era la situazione nella valle del Liri quando, ai primi tepori della primavera, si riaccese la guerra. Onorato, accampato all'avamposto del Regno, awisava il duca Giovanni di ogni movimento e a tal fine aveva in Roma un cancelliere che, in segreto, gli comunicava le novità della curia, e spie che giravano per Ie terre occupate dai nemici. Le notizie più segrete è dato

in C- 1080; ivi si parla dei soldati ricettati dal conte di in Bassialo. Non maacarono altri insulti, tanto che

Morcone

I'undici aprile l4ól Onotato scriveva al cardinale Sarmpo: I sezísí me hanno dala tal feríta che mai me ne scotdatò et prímo soppoilatía omne íníuría de moglìete et figlìolî, che quello t)

Gotlole, vol.,

l, p. 541.

2) Nunzioatc, XX, p. 492.

me è facto per loto .,; lucto de lí míeí oassallí sonno artobatí et îerítí ct saccheggíatí (8p., p. llS). a) Si è potuto ricostruire questo cifrario qumi per intero. (Vedi Ep., p. 135). Le parole in maiuscole sono cifrate,

Campagna

primavcrile

dcl

1461.


L'INVASIONE DI GIOVANNI D,ANGIò

124

Lib. VI, Cap. XLIX.

lettere cifrate perchè molto frequentemente i corrieri cadevano prigionieri e di loro, a volte, non si aveva piir notizia. I cifrari, di cui si conservano vari u) esemplari nel nostro archivio, erano del tipo riprodotto in queste pagine. Ai primi di marzo del 146l Antonio Piccolomini, capitano generale della Chiesa, Giovanni, Andrea e Giacomo Conti, Baldassare Gaetani, conte di Morcone, ed il cardinale legato, con grande quantità di truppe, si preparavano a valicare, per la metà o fine di aprile, il passo di San Germano. Ad essi doveva unirsi il marchese di Pescara, cognato di Onorato, ma la morte lo distolse dall'impresa. Per un poco i! Piccolomini sperò di poter attirare dalla Tentativi per parte sua Onorato di Sermoneta ed incaricò Ludovico da Bologna, uno degli uomini d'arme scuotere la fede di costui, di fargli sapere che, se si fosse ridotto aIIa ooluntà de Nostro Sígnore, gh farríano di onrrato III' dare lanze et fantí et prooísioni et grandÍssímo stato, ma Onorato non si degnò neanche di rispondere; anzi, in questa occasione, fece dire al duca Giovanni : " Ad sua Signorìa haoemo una oolta data I'aníma et Io corpo et con quella intendemo oíttere et consumare Ii nostri iorni ". Nel frattempo anche I'altro Onorato, conte di Fondi, cercava di facilitare la strada a quelli di Roma, aprendo trattative epistolari col cugino; ma costui gli rispose sarcasticamente: ,, La mia f" ho obblígata et quanno haoerà consigniato lo stato mio (di Fondi) in míe mano, quale tene iníuste et índebite, et spero medíante (il duca d'Angiò) farmelo absente, sarò con Iui in bona concordia ,. Poi prese la lettera del cugino e la spedì al duca Giovanni, il quale la lesse al gran consiglio. Udita la lettera, si alzò Giacomo Piccinino, principale condottiero degli angioini, e disse : ,, Verso de la íniquità del parcnte (il conte di Fondi) per mìa fè, questo homo mag non ha pensalo de, perdere, nisi a Io presente, et ooria cerchare cum Euoe malitie de trarc qualche cosa da Io sígnol Honorato per poter monstrate, perchè haoendo qualche cosa tracta de pecto, per poter dicere: ecce Io sígnor Honorato cerca questo, ocordatímeme hora ,, : osservazioni non molto chiare, ma che ricevettero la cordiale approvazione di tutti i presenti. Gli intrighi del conte di Fondi erano contiíui ed insinuanti, tanto che Onorato ebbe a temere che il duca Giovanni venisse veramente a trattative col (< parente ", e che costui gli scalzasse tutte le aspirazioni per cui si era buttato a corpo perduto nei cimenti della guerra. Ltangioino smenti le ciarle, assicurando Michele da Mantov a che prìma staría a sententia de andare cum ogní cosa a dtabolo che oenire mancho de quello è promiso,' ciò che non impedì Onorato, in un'ora di scoramento, di scrivergli z Niuno sdegno me farría petdere sua erano comunicate per mezzo

di

se non questo: non che (io) anncsse ad seníre don Ferrando, ma annaría in loco che de me maí se senteria píù nooa; e poco dopo in un'altra lettera, malgrado il vergognoso deootìone

abbandono in cui si sentiva lasciato, esclamava: Monsígnore, quantuncha -Io mío parente me oada tentando come faceoa eI diabolo aIIi apostolí in Ia cena de Crísto, dico quel che dixe Pilato: u Quod scrrpsi, scripsí r,, (Jna oolta me so dato in anima et ín corpo aIIa S. V. et maì escerò de tale opÌníone et per epsa mecterò omne dì XX míIa oolte Ia percona, Ii figltuolt, lo

Corrispondenza

cifrata.

me trooarà coîona de oerc et integra rtdeltà et maí ne tro' contrario; faccía pure de me quel che Ií pare et píace !

stato

et ciò che

oerà

lo

ho,

et

sempre

a) Ad alcune o a tutte le lettere corrispondevano due o piùr segni per impedire che il nemico, con un Poco di pzienza, potesse decifrare le misive. Sappiamo infutti ehe alcune lettere

potrebbe essere facilmente decifrato contando il numero di volte

dell'alfabeto ricorrono moltofrequentemente ed altre di rado: così, ad esempio, nella lingua italiana la lettera piùr frequente è la E e poi seguono la A e la O; meatre, ad esempiò, le lettere B, G, X, Y e Z sone rare. Quindi, se aon si usassero

che ogni segno ricorre in un documento cifrato, attribuendo a quello piùr frequente il significato di E, al seguente quello di A e così via. Inoltre usavansi segni speciali per i nomi, per !e lettere doppie ed alcuni di essi, come anche certe parole, avevano signifcato nullo. Questi cifrari sono riprodotti in Epístolarium Honorc!í

vari segni differenti per una medesima lettera, un documento

Caíetaní.


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Caetanî-

CIFRARIO DEL PARTITO ANGIOINO (r459-1464)


[man-mag.

La

Intrighi e difficoltà

1461]

di Onorato si andava facendo sempre più difficile e

125

Era già da sei settimane che aveva inviato il fido cancelliere, accompagnato da due corrieri, per conferire col duca e, dopo ciò, aveva mandato altri tre messi, I'uno appresso l'altro, per sollecitare la risposta, ma nessuno de' sei si era fatto piir vivo. Il nemico si awicinava e già gli uomini suoi, dopo aver vanamente protestato, uno alla volta, se ne andavano disgustati di non ricevere un soldo; uno di costoro [u Giuliano di Lorenzo Altieri, nobile romano, che si fece scusare pel tramite del cardinale Scarampo. La importunità di quístí soldatí, scrive Onorato, quali tucto [t me molestano ín forma che oorría piìt presto ad omne hora haoer ad fare con Iì ínimíci, chè ne haoería qualche píacere. Almeno gli fosse stato possibile di mostrare una lettera del duca che.riaccendesse la speranza e la fiducia! Finalmente giunse la risposta del cancelliere ed il post scríptum pel gabbare i soldati. Onorato la trovò assai poco soddisfacente e rispose: Nuí rse mandemmo peî essere suboenutí de facti et non peî haoer parole ... et Dio sape, et anche t)uí, quanto simo assuctí. Arrivò anche una lettera dell'angioino con I'ordine categorico d'impedire il passo di Aquino alle truppe ecclesiastiche. Però denari e aiuti, niente! Onorato si ., arrangiasse u. Si vede che questo modo di comandare, che fu tanto in voga durante la guerra mondiale, è

di

situazione

penosa.

antichissima data.

Onorato, il quale vedeva andarci di mezzo la propria reputazione, aveva già proweduto il meglio che poteva facendo fortifrcare la località detta Capodacqua presso Cassino con fossi, antifossi, deviazioni d'acqua (tagliat), bastioni, steccati ed altre opere militari. Altrettanto faceva il duca di Sora. Se i baroni vicini gli avessero mandato truppe in aiuto, sperava bene. che aorebbe onoîe in quella localilà, forte per natura, ove già I'anno prima si era quasi riusciti a fermare I'esercito nemico. Onorato scriveva che si sentiva sicuro che gli awersari vi sarebbero oenutí con quello augurio che oeneîo I'altri anno. Già sin dal 24 marzo il nemico si era andato radunando nei vicini paesi di Campagna e Marittima e, ai primi di aprile, si avanzò con multo bemore temendo una forte resistenza. Invece tutti i baroni se ne stettero alle lor case, salvo il duca di Sora, il quale mandò Francesco di Ottaiano con 100 fanti e 15 elmetti; ma costui, vedendo il nemico forte di dieci squadre e di 500 fanti e Onorato con una sola squadra, li salutò tutti con la mano e se ne tornò indietro. Il 5 aprile il nemico passò senza difrcoltà alcuna e Onorato dovette contentarsi

Avanzata

del per

nemico Cassino.

di fare una dímosfrazíone da lontano. {r

** Così stando le cose, Onorato si sentiva sempre piir scoraggiato, e nelle numerose lettere Frecarie sue ai dignitari della corte ed allo stesso duca Giovanni, crescono d'intensità Ia ncta di disperazione ::îiÎ:: e lo sdegno per il trattamento che gli veniva fatto. Non senza ragione esclamava : " EI mío spaccíamento se rcsert)a alla oenuta del Messia! ,, La verità era che in Provenza si sentivano stanchi di dissanguarsi per una impresa nella quale si cominciava a perder fiducia; l) e il pretendente, nell'afiermare che i denari stavàno per giungere fua pochíssimi gíornì e che ad presente (20 mag.) debono essere conducte a Fiorenza groid" summe de denari, et píù che non credeoamo, raccontava fandonie non dissimili da quelle che Io stesso Onorato diceva ai propri soldati. Bisogna ricordarsi che erano tempi in cui la t) Ct. Nunzionte, XXl, p. 531,

nota I.


L'tNVAstoNE DI ctovANNI D'ANGIò

126

Lib. VI, Cap. XLIX.

fede politica contava poco e la dissimulazione era correntemente usata dai principi per governare; corbellare il prossimo per raggiungere un intento, buono o cattivo che fosse, era, nella mente degli uomini del quattrocento, equivalente al dimostrarsi abile ed intelligente. Il fatto stesso che i sovrani e i grandi condottieri non avevano spesse volte una linea di condotta ed un piano ben precisato e che le situazioni politiche e militari potevano cambiare inaspettatamente dalla sera alla mattina, induceva a guadagnar tempo dicendo bugie, nella speranza che qualche inatteso avvenimento desse alla propria barca una fortunata sterzata di timone. In vero la situazione cli Giovanni andava peggiorando di giorno in giorno e Ferdinando si faceva piir forte. La sollevazione di Genova contro re Renato, awenuta nel marzo del 1461, fu un grave colpo per il partito angioino; d'altra parte i rinforzi del papa e del duca di Milano, ' nonchè I'arrivo dall'Albania di Giorgio Scanderbegh con 800 albanesi rialzarono Ie sorti degli aragonesi. La guerra si anclò restringendo vieppiìr nelle Puglie. Grazie del ll pretendente lrcn presto si accorse che molti baroni, vedendo la mala parata, cominciavano duca ciovanni. a .. ciurlargli nel manico > e cattive, seppure menzognere, voci gli pervennero anche riguardo ad Onorato di Sermoneta. Ebbe timore quindi che il poco riguardo usato verso di lui gli facesse, da un momento all'altro, perdere la fedeltà. Cert4mente gli era stato riferito che il barone in un momento di esasperazione, aveva scritto ad alcuni cortigiani che, se il duca avesse continuato a trattarlo con tanto poco riguardo, avrebbe fatto bagagli e se ne sarebbe tornato a Sermoneta. Perciò'il 6 giugno gli dava formale promessa che I'alta e completamente vana carica di protonotario a vita gli sarebbe stata concessa non appena questa si sarebbe resa vacante e, quattro giomi dopo confermava a Caterina Orsini i diritti che aveva sul castello di Ceppaloni, devoluto alla regia camera per la ribellione di Giacomo Antonio Serino della Marra. Il primo Iuglio lo nominava capitano e governatore a guerra della città di Venafro. Sapendo però che tali palliativi non potevano contentare il maltrattato barone e, forse temendo che desse ascolto alle sollecitazioni e promesse che gli pervenivano da Roma perchè abbandonasse il pretendente, questi, qualche tempo dopo, per tramite del cognato Federico di Lorena, suggerì a re Renato di scrivere personalmente ad Onorato per assicurarlo delle grandi e reali manifestazioni di gratitudine di cui sarebbe diventato oggeito appena I'impresa del Reame fosse stata condotta a buon termine. Di fatti il 2 decembre 1462 il sovrano gli inviava una bellissima lettera. Ma 'di tutto ciò non era che un cumulo di parole . e promesse vane; le condizioni economiche Onorato rimasero così cattive che, alla frne di giugno, quando il conte Giacomo Piccinino con la propria gente d'arme, si ricusò di muoversi. Il congli chiese di venire in appoggio -(l ìug. 1461) dicendo : Desíderaoa che come quella (Onorato) s'è dottiero se ne rammuri"J ritrooata aI principìo di questa impresa, cosi egli fosse aI mezzo et fine; et anche ínsieme cum nu(i) partecípasse ogni honore et utile' ú

d.* prigionia

di

Nicola Caetani.

'

Durante tutto guesto tempo il povero Nicola, frglio di Onorato, stava rinchiuso nelle carceri ^ dove si struggeva I'animo per Ia gran melanconía de perdere Ia iooentù nella dr Lastelnuovo solitudine ed inattività del carcere. Trattato da principio con grande cortesia da re Ferdinando, era stato poi messo nella .. Camera delle Bombarde u, da dove non gli fu permesso di uscire r'

per oltre dieci

mesi.

Le notizie dal di fuori gli pervenivano rade ed incerte, ed egli viveva nel continuo timore che qualche cosa di grave succedesse ai genitori ed allo stato. Aveva specialmente paura delle


{mar. - dec.

14611

Prigionia di Nicola Caetani

t27

spie che si avvicinavano a Sermoneta e ad Aquino con una o I'altra scusa. Venivano tesi tranelli e così sospettava fosse stato il caso quando la regina Isabella chiese a Nicola di dare una lettera di presentazione ad un certo frate Chíemenfo che doveva recarsi in quelle parti e che si era oflerto di parlare ad Onorato. Awertì la madre che certi uomini di Roccasecca avevano proposto di far ribellare la città. Nicola aveva però alcuni amici di cui poteva frdarsi, specialmente un tale Meo che segretamente portava lettere dal frglio ai genitori e viceversa, cucite nei vestiti o nascoste in un bastone; ciò è provato da una che tuttora si conserva nel nostro archivio, dalle pieghe della quale si vede che la missiva era stata ridotta ad un minimo volume. Essa è riprodotta nella tavola seguente. Per proteggerle dalla umidità o dal sudore del corpo, Nicola consigliava la madre di coprire le lettere (abogliarle) di cera. E specialmente raccomandava che fossero subito bruciate quelle proprie, perchè non venisse scoperto questo segreto mezzo di corrispondenza. Incitava madamma sua ma'dre ad usare ogni mezzo possibile per farlo uscire di carcere e, consono allo spirito de' suoi tempi, suggeriva cli fare promesse ed accordi che poi, uscito dalla prigionia, non òarebbe stato necessario mantenere. Molto temeva il conte di Fondi, che su di lui teneva un occhio vigile; un giorno aveva detto ad un tale, da poco liberato da Castelnuovo : ,, Hai oeduto che Io padre (Onorato) ef isso (Nicola) ónno cercato leoarme Io stato; ma diase bona ooglía ca non enserA da là per finchè Io re abia ointo o che Io padre

se accorde ! ,, Nell'aprile del 1461, per opera. del cardinale Scarampo, fu fatto un serio tentativo di sottrarre Nicola dalla tetra prigionia e cli trasferirlo sotto la sorveglianza del papa; così, almeno, sarebbe stato scongiurato il pericolo che a Nicola potesse òapitare uno di quei " inopinati accidenti > per cui le segrete cli Castelnuovo erano diventate tristamente famose. Pio II, indotto dal cardinale Scarampo, per due volte mandò commissari muniti di brevi a re Ferdinando ed al conte di Fondi, ma costoro non vollero nemmeno credere che i brevi fossero genuini e si ricusarono di rilasciare il prigioniero. Allora Pio II mandò Francesco da Siena con speciali poteri per trattare ma, tanta era la mala sorte, che costui venne arrestato presso Velletri clalla gente del Piccinino e condotto prigioniero a Palombara, ove fu tenuto sotto taglia di 800 ducati. Si voleva far pagare il riscatto ad Onorato, alleato del Piccinino, e quello, disperato, esclamava i u Ora non ce è più che oendere nè che ímpegnare et mag fui rcducto ad tanta mísería quanto hogí ! , Però questo ed ogni altro sforzo per liberare Nicola rimasero vani. Onorato, accasciato di spirito, vedendosi trascurato ed umiliato, per un momento pensò sul serio di piantare tutto e tornarsene a casa; ma prevalse la nobiltà dell'animo suo.

* {.* Non volendo entrare nei particolari minuti della guerra, dirò soltanto che con il finire del' I'anno 146l sembrò opportuno all'uno e all'altro awersario di ritirarsi nei quartieri rl'inverno, e ciò re Ferdinando poteva fare con animo piìr lieto del pretendente. Egli infatti, come dice il Nunziante,r) aveva rÍacquistato I'Abruzzo ín gran parte e così Ia Calabria; Ia Terta dt Laooro quasi tutta ridotta a quiete, molte terre prese, dìoersí signori tornati a deoozione. E, quello che più impoîtat)a, Ferdínando, con íncendiare Ie messí e con impedíre che Ia dogana delle pecore cadesse in mano aí nemíci suoí, aleoa tolto a costoro .., ogni modo dí procuratsí denaro. t) Nsazíonte, XXl, p. 529.


L'INVAsIoNE DI GIoVANNI D,ANGIò

128

Perdita

di

Aquino.

Lib. Vl, Cap. XLIX.

Anche Onorato si era preparato a svernare quando gli accadde un inatteso rovescio. Filippo de MíIis, governatore della badia di Montecassino per il cardinale Scarampo, istigò le popolazioni soggette ad Onorato a ribellarsi e, il 5 o 6 gennaio del 1462, penetrando con circa 100 uomini nella città di Aquino, riuscì a far sollevare il popolo, il quale prese le armi al grido u Víoa Ia Chiesa et Io Patriarca ! ,, Furono cacciati gli uomini di Onorato, non senza qualche uccisione, e furono saccheggiati i suoi quartieri asportando cavalli, armature, vestiti, bestiame e persino quei pochissimi denari di cui disponeva; il danno ammontò a circa 3000 ducati. Il capitano della guamigione fu imprigionato. Il fatto era tanto piìr grave in quanto, per vivere in armonia col proprio compare, Onorato aveva stipulato una tregua col De Milis; nonpertanto guest'ultimo, non contento d'aver occupato Aquino, cercò anche di sobillare gli abitanti di San Gorgio; Onorato, con in mano le prove scritte della mala fede dell'altro cóntraente, protestò energicamente per la violazione degli accordi di pace. Il De Milis gli rispose che si meravigliava della ingratitudine di lui verso il proprio compare e benefattore Scarampo. Quegli,

di rimando, fece depredare il bestiame degli abitanti d'Aquino. La situazione era quasi comica, perchè Aquino era feudo dell'amatissima sorella, Beatrice Caetani, vedova del marchese di Pescara, a cui Onorato, di fazione politica opposta,

Paghe arretrate,

aveva tolto Ia terra; ora veniva il cardinale Scarampo, protettore di Onorato e di Beatrice sin dai giorni della loro agitata infanzia, a togliere il possesso all'uno e all'altra e ciò a nome della Chiesa. Il duca Giovanni inviò ad Onorato le sue vive condoglianze e I'invitò a raggiungerlo con tutta la sua gente (22 gen.). Quest'affare di famiglia, però, si deve essere ben presto aggiustato, perchè nell'aprile ritroviamo lettere del nostro condottiere datate Ex Aquino. Intanto Onorato, per la mancanza di paghe, era stato abbandonato dalla maggior parte degli uomini d'arme e nessuno voleva più accordargli credito; quelli di Pontecorvo, che tenevano i suoi vestiti in pegno per i denari prestati al tempo della sua andata in Abruzzo, si facevano beffe del duca il quale aveva comandato che restituissero i pcnní rendendosi egli garante del debito. Del resto anche il principe di Rossano non si trovava in condizioni migliori, tanto è vero che nel maggio del 146l aveva urgentemente sollecitato Onorato a restituirgli quei denari che gli aveva pre'stato al principio della guerra, adducendo per motivo /c extrema necessità et Io afanno che quisti soldatí ce donano de contínuo. Finalmente nel febbraio la situazione fu alquanto migliorata per I'invio fatto dal re di Francia di una somma di 40000 ducati (correva voce fossero 100000) e Onorato si affrettò di mandare

al duca

il

conto della sua imprestanza che risulta come segue:

AVERE. Per servizio dal I feb. 1460 al 30 apr. 146l di 66 lance a 7 ducati al Come sopra per 66 fanti a 2 ducati Per servizio dal I mag. 146l al 28 feb. 1462 di 100 lance a 7 ducati Come sopra per 100 fanti a 2 ducati Per due anni di provvisione del Signor Onorato a ducati 1000 I'anno

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Disfatta del duca Giovanni

lgen 1462-rpr.14631

129

questa rimanenza di credito, ingente per quei ternpi, gli fu rimborsata nel mese di maggio r) e il duca cercò di scusarsi dichiauna piccola parte sulla sowenzione mandata dalla Francia, rando: ,, Troppo ben conoscemo quillo dinaro esseÍe stato Focho aI bísogno oostro ... ma c' è

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Intanto maturavano gli eventi e si awicinava la grande giornata campale, che studiosamente era stata evitata da entrambi gli avversari durante gli ultimi due anni. Il 18 agosto 1462, sotto Ie mura di Troja, I'esercito del duca Giovanni d'Angiò fu sconfitto e ridotto ad assai mal partito da re Ferdinando. Lo stesso conte Piccinino si salvò a stento facendosi tirare con Ie funi sulle mura della città, 2) e tutta Ia corrispondenza del condottiero, tenuta da Broccardo Persico, cadde

Battaglia

di Troja.

in mano del nemico. giorno stesso il pretendente scrisse a Onorato, dando una versione ad usum delphtní dell'accaduto, senza poter tuttavia celare la gravità della sconfrtta e I'invitava a raggiungerlo con tutta la sua gente usando ogni expedipíone. Il grave colpo ricevuto non tolse però a Giovanni la speranza di poter ancora 'conqui' starsi il Regno. Violando i patti della tregua stipulata con il re, raccolse le sue forze e, per via di mare, si recò negli Abruzzi e da lì a Sessa Aurunca, presso il principe di Rossano. Il primo novembre scriveva ad Onorato da Castel di Sangro avvertendolo che tra giorni si sarebbe recato a Macchia e pregandolo di preparargli gli alioggiamenti. Era da quasi un anno che non aveva aluto più contatto personale con il Caetani e col Marzano, i due suoi piìr leali amici e seguaci. Incalzato dal nemico, riunì intorno a sé quanti gli erano rimasti fedeli e, fatto centro nello stato del principe, vi si trincerò, facendo puntate offensive o difensive verso i castelli vicini. ll 2l novembre ordinava a Onorato ed a Deofebo dell'Anguillara di andare

Il

Castel di Sangro. Or awenne una cosa curiosa : il 26 novembre 1462 Onorato frrmava un regolare contratto per eui prendeva servizio presso il principe di Rossano come capitano di 50 coÍazze e 25 fanti ; la condotta doveva avere principio il I aprile 1463 e rimaneva inteso che Onorato sarebbe stato libero di assentarsi temporaneamente se lo richiedeva la difesa delle proprie castella; fu convenuto anche c-[e in ogni caso Traetto col suo territorio sarebbe rimasto di spettanza al principe. Evidentemente i due signori prevedevano che tra non molto il duca Giovanni, perduta ogni speranza, sarebbe partito per la Provenza ed il principe volle assicurarsi che il compagno di ven-

in

soccorso

di

tu,"nonl'avrebbelasciatoinassomentreeraallepresecolvendicativoreFerdinando. Tutto I'anno 1463 Íu speso in vani tentativi di riaccendere la guerra e Onorato, fedele agli impegni assunti, si tenne al fianco del principe suo amico, tanto è vero che questi il 23 aprile

lo lodava della sua

bona fermeze. pretendente stava a Sessa Aurunca, Onorato, per meglio concentrare le sue forze,

Mentre il prese stanza nella vallata del Volturno, sotto Isernia, dove poteva appoggiarsi alle proprie castella di Macchia, che aveva riconquistato, di Monteroduni e ad altre terre di cui teneva il possesso. Il 14 marzo 1463 credette opportuno firmare una tregua con la università di Isernia. Tregua per modo di dire perchè in essa fu precisato che le offese prontamente riparate, le legittime rappresaglie, nonchè la guerra aperta nel caso che si trattasse di difendere il proprio sovrano, non dovevano considerarsi una violazione della tregua stessa. In altre parole questo documento, caratteristico dell'epoca, stabiliva che i due awersari s'impegnavano a non molestarsi a vicenda,'oltre quanto era necessario per salvaguardare i propri interessi e quelli dei rispettivi sovrani. t) Cî.

Nunztonte,

Domus,

l-2,

17.

XXll, p. 2l

l.

\

Iot, p. 225.

Tregua

con lsernia.


L'TNVASIONE DI GIOVANNT D'ANGIO

t30

Fuga del

Lib. VI, Cap. XLIX.

duca. Ma le forze del duca Giovanni, asserragliatosi in Sessa Aurunca sotto I'usbergo del Marzano, andavano a mano a mano esaurendosi. Lo stesso principe, che proteggeva il disfatto pretendente, cominciò a preoccuparsi anche della propria salvezza, ed il 30 agosto 1463 comunicava ad Onorato di essere venuto otto giorni prima in bono accordio co la Magístà de re Ferdinando; e tre giorni dopo gli scriveva di nuovo : Nqí oi súisamo como símo oenuti in bono acordio et pache cum Ia M.ù de re .., Da nuí non haoeretí dapno excepto commandando Ia M.'! de re, ma ínnanti che ci mooíssímo ín contra oui, oe ndi aoiserímo tre [t ínnantì. Avuta notizia delle continuate attività dell'instancabile ed indomabile amico, il 3 novembre, I'awertiva di non muovere guerra ad Isernia dicendo che altrimenti a nui è bisognio aíutarla et faoorirla, la dicta cítà, Sergni, et tucti altri lochi quali fossero de la Maestà del re. La guerra era giunta al suo fine: ad uno ad uno si sbandavano i compagni di Onorato ed anche il Piccinino oramai si andava preoccupando piir della propria che della sorte del pretendente.

Per qualche

mese questi visse ospitato, tollerato

e

in casa del suo antico fautore ora diventato seguace di re Ferdinando. Onorato, quando verso la fine del 1463 vi fu una epidemia di peste, gli offrì di ricoverarlo nel proprio stato, suppongo a Sermoneta o Bassiano, ma Giovanni declinò I'invito. Dopo qualche mese, persa ogni speranza che qualche imprevedibile evento potesse ancora dare di volta alla ruota della fortuna, Ciovanni si ritirò nell'isola di Ischia che, unitamente a Castel dell'Ovo, era ancora in suo possesso e finalmente, il 4 aprile 1464, prese il mare abbandonando per sempre la sventurata impresa. Anche durante gli ultimi e piìr scoraggianti mesi, quando gli altri baroni già avevano voltato bandiera o si accingevano a tornare all'obbedienza del re, e persino dopo che il duca Govanni salpò per Ischia, Onorato rimase ostinatamente fedele al suo signore. sorvegliato,

*** r)opo la disfatta di Troja, vedendo che la causa del pretendente andava spegnendosi, l) Pcr Nicola' Onorato di Sermoneta fece un supremo sforzo per liberare il figlio, della cui sorte dubitava, a guera finita, ben conoscendo lo spirito vendicativo di re Ferdinando. Perciò ricorse alle infuenze dello Scarampo, del cardinale Prospero Colonna e di tutti gli amici per provocare I'autorevole intervento del duca Francesco Sforza. Il 26 settembre 1462 costui scriveva ad Onorato: Volgliamo operarc círcha la líberatione dello xpectabíle caoaliero d. Nicola Gaetano, oostro filglíolo, detenuto dal 1459 fine al praente per la M.'a del sìg. rc nel Castello nooo de Napolí. Et desíderosi noí fare cosa che píaccía aIIa M. V., haoemo ímposto al nobile Facío Galerano, nostrg famílglio, día operc con efecto collu prefata Maestà del signor re. Ma ricordava che, per riuscire nell'intento, era indispensabile redurs e aIIa deootíone del sígnore re et ad pilglíare questo partito salutifero et buono per Ia M. V. et quanto più presto melglio. Facio Gallarano, non senza correre qualche pericolo, si recò presso il sovrano per erporgli il mandato ricevuto. Ebbe per risposta che nulla poteva essere deciso in materia se non dietro il parere del conte di Fondi. r) Questi, durante tutta la guerra, fu il piùr fido e saggio consigliere che Ferdinando ebbe a fianco, e non v'era o deliberazione o trattativa o impresa a cui il conte non partecipasse; fornì liberalmente armi e denari ma, più che da condottiero, prestò

lentabu liberare

t') Arc.

Milano:1462.X. 19,31.


Tóntativi per liberare Nicola

4t462-t4631

l3l

I'opera sua come ministro di stato, lasciando al primogenito Baldassare, conte di Morcone, la gloria di condurre la gente d'arme alla battaglia. La chiave della prigione di Nicola era nelle mani del conte di Fondi. Il giovane era un prezioso ostaggio; la sua vita pendeva da un cenno del conte e ciò contribuì nel tenere a bada Onorato di Sermoneta durante tutto il periodo della guerra Motivo fondamentale che aveva spinto questo ad abbracciare la causa angioina era stato il desiderio d'impossessarsi della contea di Fondi che, per diritto ereditario, senza dubbio alcuno, gli spettava. Lo confessò lo stesso Onorato scrivendo al duca di Milano: Lc V. IIl.^" Sígnorta ne llo deoe amectere Io mío eîîoîe, se efiore se pà chiamare, consíderato ad mí mefitamente spectare et peilinere Io contato de Fundi, iure paterno, et io come príncipale della Casa mia ... t) il conte di Fondi, interpellato dal Gallarano, gli rispose recisamente che non avrebbe permesso la liberazione di Nicola 6nchè la guena non fosse finita ed il cugino ridotto ad obbedienza; perciò il commissario dovette partire con le pive nel sacco. Sulla via del ritorno passò per Seqmoneta per portare a Caterina Orsini la non lieta notizia e per consegnarle una lettera di re Ferdinando; in essa il sovrano diceva assai cortesemente che Onorato non aveva che a tornare all'obbedienza per ottenere la libertà del figlio. Profondo deve essere stato il dolore della povera madre che, quando aveva saputo della partenza del Gallarano da Milano, con ilerante uíso aveva creduta assicurata la liberazione del figlio. Fidente aveva già provveduto alla taglia per il riscatto. Dfatti, il 17 settembre 1462, per atto pubblico, Caterina e la università di Sermoneta si erano rese garanti per un mutuo di 2000 ducati da richiedere al cardinale Scarampo e a tal fine fu nominato procuratore Giacomo di Antonio Macthí perchè si recasse a Firenze o in qualunque altro luogo dove si trovasse I'opulento camerlengo. La notizia apportata da Facio Gallarano fu un duro colpo; tuttavia la virile madre scriveva al duca Francesco una lettera tutta forbita e circonvoluta, ma I'ira feroce che le consumava il cuore traspirava nelle parole 7 ,, Ma cognosco ben Io gssíduo latrare del conte de Fundi ! , 2> Al duca voleva dar prova della propria riconoscenza, se, come diceva, Ia oíta me sarà compagna; et de po, quantí de mi nascerando perpetuo allt pè de quella satando obblígatí; inoltre desiderosa di porgere uno special complimento al duca, aggiungeva: (Qui in Sermoneta), cagnolÍ per Suo nome se chiamano. fine ' allí Il commissario proseguì per Milano recando due lettere del conte di Fondi, una diretta al duca Francesco e I'altra alla duchessa Bianca, 3) in cui, dopo le solite assicurazioni di devozione, era detto: ,.. ma ín questo stando Ie cose ín Ii termínì che stando, non posso díre de bono anímo si; et non dubito se Ia V. III.^" Sígnona sapesse Io grande ínferesse ne porria oenire a Io stato mío pro la dicta lìberatíoÀe.

.

**n Partito il duca Giovanni da Ischia, si Íermò a Firenze donde fece dire a Onorato: Monsígnorc se contenta píglíe accordo con chí meglio parerà a Sua Sígnoria et sfuzese non mícterse ín potere del rc affnchè non lí sìa facto dispíacere in persona.. .. ^gcpienJi scfís esf ,.' per mezzo di Pietro Paolo gli fece mandare mille ducati confortandolo a non abbandodíctum nare la speranza di miglior fortuna. t) Arc. Milano:

l4$. lX. l.

r)

Iot, 1462.

Xll. 14.

8) Ioì. 1462.

Xll.

2.


132

L'INVASIONE DT GTOVANNI D'ANGTò

Ub. VI, Cap. XLIX.

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Epilogo della guerra

11464-t46gl

Il

133

e bene sarebbe stato anche per altri il seguirlo. piìr tardi, il principe di Rossano, sicuro della incolumità assicuratagli

consiglio era buono

dal Così, due mesi duca di Milano, e malgrado Ie supplicazioni della moglie, ebbe I'imprudenza di rispondere all'invito del re di presentarsi a lui. Non appena entrato negli accampamenti di Ferdinando presso il fiume Savone,a) I'otto giugno 1464 lu arrestato, vuolsi per mano di Onorato Gaetani di Fondi, il quale gli gridò: u Sta forte, chè seí prÌgione della Maestà di re Ferrando u. Il principe gli rispose:, u Tu ne men!í per tra gola, chèmi hatradíto íI duca di Milano: ah, duca Francesco, che ti ho fatto ío I '' Fu gettato nelle carceri di Castelnuovo, unitamente al figlio Govanni ancora fanciullo, ed ivi languì per 30 lungh'issimi anni, finchè un giorno fu fatto morire di morte t' oscura, dicesi. nel 1494, barbaramente ammazzato da un moro. . Non meno proditoria e triste fu la fine del conte Giacomo Piccinino. La potenza di questo grande capitano di ventura era tanto cresciuta che dalla volontà sua poteva dipendere, da un momento all'altro, la sorte del reame di Napoli o quella del ducato di Milano. Perciò i capi di questi due stati si misero segretamente d'accordo per sbarazzarsi di lui; ma non era facile mettergli le mani addosso. Si ricorse all'inganno e la falsità del duca di Milano giunse al punto di dargli in moglie Ia figliola Drusiana (13 ag. 1464) affrnchè, alquanto sopito il sospetto, si presentasse al re col quale si erano presi accordi per farlo perire. Il perfido Ferdinando accolse Ia sua vittima con le piir grandi dimostrazioni d'affetto; gli mandò incontro il conte Onorato Gaetani di Fondi, tutti i principi del sangue e molti gran signori del Regno. Poi, giunto il momento propizio, I'invitò a pranzo ma, appena entrato in Castelnuovo, lo fece arrestare e gettare nella terribile prigione detta .. Fossa di Niglio ,, quella stessa intorno alla quale sorse Ia leggenda del coccodrillo. Torturíto orribilmente, il l2 luglio 1465, il prode capitano moriva per lo scempio inflittogli; per coprire il delitto Ferdinando fece raccontare che il conte, essendosi arrampicato alla finestra per vedere il popolo acclamante il re, che aveva cacciato la flotta angioina da Ischia, era caduto ferendosi in modo da morirne. Al ricevere la notizia, Paolo II con lieto animo esclamava : ,' Hodie salus facta est totí Italíe et maxíme domuí duca de Milano e de sog posterg (sic) ! " Questo dramnm è mirabilmente narrato dal Giampietro. 2)

Fine

del Marzano

e del Piccinino,

I

** Dopo Ia partita, per non dire fuga, del pretendente, al nostro Onorato non restava ormai onorato ltl si arrende' ultru rirolurione da pr""d"r" che quella di sottomettersi. Era rimasto solo, e da solo non poteva battersi contro il regno delle Due Sicilie. Al principio del 1464 stava ancora asserragliato ne' suoi castelli di Macchia e Monteroduni, ove viveva in relazioni di buon vicinato con Isernia (rispettandosi la tregua firmata I'anno prima), e con Alfonso d'Avalos, suo parente, a cui Ferdinando aveva affidato la vicereggenza del Molise. Anche con Scipione Pandone, conte di Venafro, aveva stipulato una tregua, onde si poteva ben dire che la guerra tra i seguaci del pretendente e quelli del re era, di fatto, cessata. Ragione principale, forse, di tanta ostinazione era che Onorato non voleva prestare obbedienza al sovrano frno a che non gli fossero date positive assicurazioni riguardo al figlio prigioniero. A tal fine si adoperava con ardore il cancelliere del Piccinino, Broccardo Persico, ,

a) NoJar

G. alferma

r) Notar G.,

presso

la Torre Ftancolise'

p, 109; Ganpietto

it

Arc. Pr, N., VII, p. 373,' Trist.

Csracciolo in iìy'ur.,

Xlt, col'

78'

\

.4rc. Pr' N,,

Vll,

pp. 365'.'406.


L'rNVAsloNE DI GIovAI.tNI D'ANclò

134

Lib. VI, Cap. XLIX.

sincero suo amico, unitamente all'ambasciatore del duca di Milano ; il 16 aprile scriveva ad Onorato che il re era ben disposto verso di lui, ma che lo irritavano la estrema ed irragione-. vole pertinacía e Ia durezza contro Io stato,' lo consigliava vivamente a sottomettersi perchè così facendo si sarebbe anche assicurata certamente mosso contro

un anno egli

la

liberazione

di Nicola; altrimenti

il

sovrano

si

sarebbe

di lui e lo avrebbe dísfatto.

stesso sarebbe stato gettato

in

Broccardo non sospettava allora che entro quelle medesime carceri a fianco del suo amato

signore.

Per dare seguito alla minaccia, pochi giorni dopo Ferdinando ordinava al D'Avalos di schiacciare I'ostinato e incomodo barone. Il vicerè si mosse con 600 fanti e cavalli ma, a titolo di cortesia, volle dargliene awiso. l) Allora Onorato piegò capo all'inevitabile fato e si dichiarò pronto a riconoscere Ferdinando quale suo sovrano e prestargli omaggio di fedeltà; ai

il

Uberazione di Nicola.

primi di maggio del 1464, munito di un salvacondotto del re, 2) con tutte le sue genti d'arme, con i fanti, i familiari e i servi, armis, caríagiis et oalísiís, faúellís, sarcínís et omnÍbus bonis et rebus suís, prese la strada di Sermoneta. Dopo di ciò il frglio Nicola finalmente fu liberato, non gratuitamente, ma contro il pagamento di una taglia di 2000 ducati, ottenuti in prestito dagli strozzini del Ghetto. Prima però di lasciarlo uscire dal carcere il re volle che Caterina Orsini, a nome anche del marito e della popolazione di Sermoneta, si obbligasse formalmente che mai Nicola avrebbe preso le armi contro di lui e contro il conte di Fondi; e di tale promessa (15 apr: 1464) si rese garante il cugino Antonio Colonna, p'refetto di Roma. 3) Il procuratore loro si recò presso re Ferdinando il quale, il 15 di maggio, annunziava al papa di avere liberato il giovane e di avergli restituite le castella che aveva nel Regno, ed allo stesso tempo chiedeva a lui ed ai cardinali che volessero confermare a Nicola la terra di San Felice, detenuta ancora dalla Chiesa e lasciata incolta. Il 23 maggio conferiva a Nicola la investitura di Macchia e Monteroduni, già confrscati a suo padre. a) Ma non perciò gliene diede I'effettivo godimento, perchè il re era del parere che non conveniva essere troppo generoso, né aver troppa fiducia verso di chi sino a ieri eragli stato nemico. Così 6nì questa sfortunata impresa che recò danni grandissimi all'uno e all'altro awersario e per quattro anni straziò Ie terre d'ltalia, lasciando alla frne le cose esattamente al punto in cui stavano prima. La fortuna non volle che Onorato, signore di Sermoneta, diventasse conte di Fondi, ma neanche permise ai discendenti del superbo conte di Fondi di poter mantenere molto piir a lungo quel titolo e quel dominio che aveva dato tanto potere alla Domus Caìetana negli ultimi due secoli del medio evo. ') Melo,

Srssirtore, vol.

I,

parte

I, p,212.

!) Pfe, lE,l6.

t) Atc. Col., XL[V-3.

t) Pre, 558, 615,1464,1876.


CaprroLo L.

LA ROCCA DT SERMONETA. (sec.

XIII - 1484)

ATENAzlo, milite anagnino e parente di Bonifacio VIII, il 17 settembre del 1297, quale procuratore di Pietro Caetani, prendeva possesso della rocca e della terra di Sermoneta, di recente acquistata dalla famiglia Anibaldi. r) In quei tempi la rocca era più piccola dell'attuale s I'abitato era ristretto alla parte piìr alta del monte, ove gli scoscesi pendii rocciosi formavano un baluardo naturale pressochè inespugnabile. Delle antiche mura della terra rimangono poche tracce e di esse faceva parte la porta ad arco presso il loggiato della moderna piazza. Sulla vetta, che sovrasta alla sterminata pianura delle Paludi Pontine, s'inalzava la rocca eretta dagli antichi signori nei primi anni del secolo XIII e, dominante tutto, si elevava maeStemma degli Anguillara. Chiesa di S. Francesco, stosa ed altissima la torre, o maschio, che allora doveva avere un Capranica. aspetto veramente imponente, perchè era di un piano piir alta di quel che si vede ai giorni nostri. Il testamento che Onorato III dettò nel 1487 fu redatto nella torre .. Scarapazis >, e non v'è dubbio che con ciò siasi voluto 2) indicare il maschio, unica delle torri comodamente abitabile. Dell'antica rocca, che era tutta costruita con piccole pietre bianche accuratamente squadrate, non rimangono più, oltre il maschio, che una controtorre adiacente ad esso, chiamata il " Maschietto ,r, e le fondazioni di un edifizio sulle quali poi fu eretta la grande sala dei baroni, oggi detta .. Casa dei Signori u. Il portone d'ingresso, a quanto si dedurrebbe dal rinvenimento di certi grossi conci, era situato presso Io spigolo del Maschietto e rivolto verso oriente. Quello attuale, fu costruito dai Borgia con le pietre da taglio, acctrratamente lavorate, di un'altra porta d'ingresso, che fece parte di qualche grande edifizio eretto dai Caetani al principio del sec. XV. L'andamento delle mura di cinta doveva essere piìr o meno quello presente e nel centro della rocca vi era un largo piazzale con cistema, corrispondente all'odierna Piazza d'Armi, circondato per intero da edifizi. Esso era il centro civico, o << corte 'r, ragione per cui la chiesa ivi esistente fu detta S. Pietro in Corte

"

r) Cf.

parte

l, w*

122,

".

') Cf. pac, 159,

nota b),

L'antica rocca'


LA ROCCA DI

116

Ub. IV, Cap. L.

SERMONETA

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S. Maria e S. Pietro in

lX-ecc. XVI

Corte

t37

Di tutto

questo rimane ben poco; in un primo tempo vennero i Caetani che rimodellarono ed ampliarono la rocca e poi'nel 1499 I Borgia, i quali distrussero metà delle costruzioni erette dai Caetani per inalzare una poderosa fortezza meglio atta a resistere al fuoco delle artiglierie. Afferma il Pantanelli che le porte dell'antica curia sono quelle che si trovano di faccia alla chiesa di S. Giuseppe, appena si entra nel paese, a destra, ma di ciò non sono affatto convinto.

S. Pietro in Corte rimangono solo pochi frammenti sparsi per il castello. Questa piccola chiesa sorse negli oscuri secoli del medio evo presso I'apice della montagna ed appunto vicino alla odierna torre del Belvedere, ove si vedono ancora un pezzo del pavimento e Ia base di una colonna in situ. Alcune sculture sembrano essere del IX ed i capitelli del X e XI secolo. Essa viene ricordata negli antichi documenti. Verso i primi anni del secolo Xll i domíni di Sermoneta, che non sappiamo chi fossero, vennero a guerra con i sezzesi e con Lando Maiore de Ceccano, che suppongo essere r) quel Landolfo che nel ll25 giurò fedeltà a papa Onorio. Nel corso delle ostilità la chiesa collegiale di S. Maria di Sermoneta, che allora stava extra muros, ossia fuori della cinta fortifica,ta, fu più o meno distrutta, per il quale motivo il fonte battesimale e certi uffici sacri furono trasferiti a S. Pietro che invece trovavasi ín munítìone. Da ciò, nel 1235, nacque un'aspra lite fra i canonici delle due chiese, come risulta da una pergamena che lesse il Pantanelli e che, insieme a tante 2) altre, purtroppo è scomparsa. Nella ricostruzione della rocca da parte dei Caetani, San Pietro rimase compreso entro le mura di essa e così, pressochè immutata, diventò la chiesa castellana ed il consueto luogo di sepoltura della famiglia dopo che, al principio del secolo XV, il ramo primogenito di essa si stabilì definitivamente in Sermoneta. Nel 1493 Guglielmo Caetani ottenne da Alessandro VI di poter asportare da Roma una pietra sacra Campanile di S. Maria di Sermoneta. di marmo verde 3) che, è presumibile, doveva servire per la cappella gentilizia in S. Pietro' Per dare maggior importanza a questa chiesa, a cui i Caetani si erano molto affezionati, il protonotario Giacomo supplicò il pontefrce che venisse inalzata al grado di collegiata, col priore e con otto canonici; la domanda fu accolta il 27 gennaio 1498, ossia due anni prima

Di

S. Maria e S. Pietro

in

Corte.

4) Borgia facesse radere al suolo il vetusto monumento' Lu ,o""" degli Anibaldi, a giudicare dal maschio, doveva essere di considerevole mole, ed era un gioiello di architettura, tutta costruita con piccoli blocchi di calcare ben squadrati, con gli spigoli, i pilastri e gli stipiti di pietra da taglio accuratamente lavorati a punta di scalpello, con Ie porte a sesto acuto e le finestre bifore a colonnetta di marmo. Gli ambienti erano coperti di affreschi gotici, di cui rimangono ancora avanzi importanti al secondo piano del *"r"hio, illustrati nella pagina precedente; essi sono probabilmente le piìr antiche pitture castel-

che

il

Iane della provincia romana. Come in tutte le città del Lazio erette in cima ad uno scoglio, mancava I'acqua, e perciò quella piovana veniva fatta confluire dai tetti e dalle terrazze nelle cisterne, e la più grande e t)

Sln.l.,

Domus,

p. 121.

l-2,

18.

2) Pant.,

l, p. 175.

3) Arc. Vat., SuPPl., vol. 971

, c: 3'

')

1oí, Suppl., vol. 1058, c. 233.

Sistemazionc

delle acque.


LA ROCCA DI

r38

SERMONETA

Ub. VI, Cap. L.

piir ricca d'acqua era naturalmente quella della rocca; quindi, specialmente durante la stagione estiva, le donne del paese solevano salire al piazzale della corte con le brocche di rame in testa per attingere acqua e ciò facevano, ora sole ora a sciami, cantando le monotone cantilene della regione. Questa antica e pittoresca consuetudine ha continuato sino a non molti anni or sono, ossia finchè non fu completato il moderno impianto idrico. Usavasi gettare piccole anguille nelle cisterne del castello per purificare I'acqua, non saprei dire con quanto vantaggio all'igiene perchè i disgraziati animali erano destinati a morir di fame.

Franmento d'ornato,

Capitello. Chiesa

di S. Pietro in Corte di

Sermoneta.

Pochi sono sempre stati i sotterranei, perchè Ia gigantesca mole della rocca poggia intera sul masso vivo che non era facile a scavare, ma non mancavano perciò cantine e prigioni che prendevano luce da anguste finestrine fortemente sbarrate. Voleva una tradizione popolare che vi fosse un corridoio segreto che, sprofondandosi nelle viscere del monte, andasse a sboccare nella distante badia di Valvisciolo; ma le mie entusiastiche e'splorazioni al lume di torcia, quando da giovane frugavo i piir reconditi recessi del deserto ed abbandonato castello, non hanno confermato tale romantica leggenda. costruzioni I Caetani, non appena entrati in possesso di Sermoneta, misero mano a nuove costruzioni del sec' XIV' sacrificando in parte quelle antiche. Esse furono condotte piùr o meno simultaneamente a quelle della rocca di Ninfa, della Gvita Cajetana " " di Cecilia Metella, sulla Via Appia, e alle altre si protrassero forse sino al secondo decennio del secolo XIV. della Torre delle Milizie; i lavori Si riconoscono facilmente dallo stile e dalla fattura, e potremmo quasi' supporre che un medesimo architetto le dirigesse tutte. I muri del secolo XIV sono foggiati con blocchi di pietra squadrati col martello ed accuratamente posati; essi si differenziano da quelli piir antichi permaggiori dimensioni (circa 10X20 cm.). Le finestre delle stanze di abitazione sono bifore, con archetti a sesto acuto, colonnine di marmo e capitelli di travertino piuttosto elaborati; venivano chiuse da grossi sportelloni di legno, che giravano su montanti verticali, e forse in essi v'erano aperture minori per dare un po' di luce; ma di solito rirnanevano senza infissi e, tutto al più, per porre riparo alla tramontana o al cocente sole estivo, usavansi le .. impannate >>, ossia telai di legno ricoperti di tela, spesso dipinta con le armi dell'ospite e spahnata di cera, Le finestre delle torri erano del tipo di quelle che si vedono a Ninfa, e di cui vi sono ancora esemplari nella torre della Polveriera che guarda verso la Madonna delle Grazie. Alla parte superiore del vano c'era una piccola apertura quadra, alla quale i difensori si affacciavano per sorvegliare i dintorni e, immediatamente sotto ad essa, c'era una stretta e lunga feritoia che permetteva di mirare molto in basso quando si adoperava I'arco.


Costruzioni del sec. XIV

[ue7 -13381

139

di

quell'epoca fu la grande sala dei baroni, lunga 22 metri, adiacente al maschio; essa esiste tuttora ne' suoi elementi principali, ma non si distingue piùr perchè al tempo dei Borgia fu suddivisa in tante piccole stanze. Tre grandi archi a sesto acuto, che sostenevano i travi del tetto, la dividevano in quattro campate o segmenti, come si può vedere a pag. 94 nel disegno di ricostruzione eseguito dalla prof. Maria Barosso. Le pareti, senza dubbio alcuno, erano interamente ricoperte di affreschi. Vi si accedeva dal lato del cortile, in vicinanza del maschio, per una porta piuttosto angusta; ma I'ingresso maggiore era alla estremità opposta, attraversando una bella anticamera t) con volte a crociera, tutta dipinta ad affreschi, come risulta da un istromento dell' ll ottobre 1324 in cui è detto: Actum Sarmineti, ín curia dominí, ín camera maíon pÍcta, ín capìte sale magne. Ma,, purtroppo, per quanto abbia grattato i muri, non ho potuto trovare resti di pittura. Nella grande sala si svolgevano gli affari principali dello stato e a volte vi si riuniva

L'opera piùr imponente

Sala

dei baroni.

il

popolo. In essa si concentrava, suppongo, anche la vita familiare. I muri della rocca erano coronati da merli di forma ghibellina, perchè i Caetani, quantunque avessero abbracciato il partito guelfo, per un singolare attaccamento alle tradizioni familiari, mantennero sempre tale distintivo adottato al tempo in cui Mattia combatteva per re Manfredi e per Corradino. 2) Tale forma è chiaramente indicata nel quadro di Benozzo Gozzoli, di cui si dirà appresso. La merlatura, sottile ed elegante, non riposava su mensole ed archetti in aggetto, ma era a frl di muro; dietro ad essa correva uno stretto cammino di ronda, leggermente concavo, sul quale le acque piovane si riversavano dai tetti degli edifrzi retrostanti e che perciò fungeva da canale di raccolta. Le acque poi venivano convogliate lungo la parete esterna dei fabbricati in condotte di pietra murate in aggetto e defuivano verso la cisterna centrale del cortile. Sul maschio invece, e forse su qualcuna delle tórri di fiancheggiamento, la merlatura si appoggiava ad un triplice ordine di mensole ed era prowista di " machicoulis u. Quando, nelI'anno 1500 circa, .i Borgia fecero mozzare Ia grande torre demolendone I' ultimo piano, perchè" forse pericolante per scariche di fulmini o perchè troppo alta per una fortificazione moderna, le antiche mensole furono utilizzate a sostenere Ia pesante merlatura che tuttora si vede. Ma piùr che i merli e le feritoie, v'erano Ie ripide scarpate del monte a dare sicurezza alla rocca. Con la divisione ereditaria del l3l7 na i fratelli Caetani, il castello di Sermoneta fu assegnato in comune al tesoriere Francesco e al prode Benedetto; morto questo nel 1322, la rocca rimase per intero a godimento del primo il quale non ebbe né i mezzi né la premura di continuare le costruzioni. Roffredo, capo della famiglia, e i suoi figli poco si curarono di Sermoneta, perchè concentrarono il loro interessamento sui feudi nel napoletano, ove prima Traetto e poi Fondi diventarono la capitale dello stato. Il castello nel 1338 era affidato alle 3) Suppongo che cure di Nicola di ltri, milite, capitano e vicario del conte in Sermoneta. neppure Onorato I, durante lo scisma, abbia avuto o tempo o ragione speciale di occuparsi della rocca, sicchè è probabile che nessun'altra costruzione venisse intrapresa sino ai primi anni del secolo XV. fjna nuova fase d'interessamento cominciò col 1409 quando i Caetani, caduti in disgrazia di re Ladislao, ebbero tutti i loro feudi nel Regno confiscati e per necessità dovettero ridursi in quelli della Chiesa. Poco dopo, ripresi in grazia, Giacomo II donò Fondi e Ie altre castella del napoletano al secondogenito Cristoforo, ed il ramo primogenito pose radici permanenti nella Marittima facendo di Sermoneta il centro e la capitale dello stato. Grande fu la fedeltà dimostrata {)

Regeslc,

ll, p, 40.

1 Cf. parte l, p"c.54 e 153.

)

Regeca,

I, p.

17.

Costruzioni

del sec, XV.


LA ROCCA DI

t40

SERMONETA

Ub. VI, Cap. L.

e quindi vivo I'intesignori presero al benessere

dalla popolazione resse che

i

e alla sicurezza della terra. Non credo però che

Opere

di

Onorato

lll.

venissero

iniziati grandi lavori durante il malgoverno del rapace Francesco Caetani, tutore di Onorato lll, tanto più che a quel tempo il terribile patriarca Vitelleschi percorreva le terre soggette alla Chiesa, facendosi consegnare molte rocche dai baroni, altre radendo al suolo e decapitando la maggior parte delle torri affinchè fosse domata per sempre la superbia dei fastidiosi vassalli. Ma subentrato al governo Onorato III, pro-

tetto dal potente cardinale Scarampo, successore del Vitelleschi e I'uomo piìr influente di Roma, cominciò, quel che si può ben dire, I'epoca aurea del castello.

Il

giovane signore spiegò tutta

la magnificenza del Rinascimento tanto nel tenore della vita castellana quanto nelle costruzioni nuove e nell'ornamen'tazione della sua dimora, in guisa tale da meravigliare i suoi contem-

.-

.é. .ra

Finestra bifora della sala dei baroni (sec. XIV princ.).

poranei.

Già si è avuta occasione di parlare del ricevimento grandioso dato all'imperatore Federico III nel1452, delle nuove fortificazioni per munire la città e degli affreschi che Onorato fece dìpingere l) Nel castello stesso fece costruire nuovi appartamenti, torri e muraglioni, nelle stanze della rocca. ma ci mancano indicazioni precise di tali opere; molte furono poi rase al suolo dai Borgia. Tuttavia alcune costruzioni del secolo XV rimangono e si riconoscono facilmente dalla tessitura della muratura, che aveva perduta la perfezione e la beltà di quella del secolo precedente, pur rimanendo superiore all'opere dell'epoca borgiana quando i muri furono eretti in gran fretta da appaltatori i quali non pensavano ad altro che a soddisfare la furia costruttrice del pontefice e a trarne il massimo guadagno. Vi è inoltre una differenza caratteristica fra le opere del principio del secolo XIV e quelle della metà del successivo, ed è che nelle prime è rarissimo I'uso delle volte, tanto nelle torri quanto nelle case di abitazione (eccezione fatta talora degli ambienti al pianterreno), mentre nelle seconde sono comunissime le volte a sesto acuto. Gò si spiega per il fatto che I'aumentata grossezza dei muri meglio si prestava a sostenere la spinta laterale di esse. A questo periodo voglio attribuire la grande sala d'ingresso, le ( camere pinte >, la casa adiacente e I'attigua grande cucina. In uno degli edifizi, ora distrutti, Onorato affisse una lapide

con

il

suo stemma e la iscrizione: MCCCCLV

HONORATVS GAIETAI.IVS SERMVNETI r) Cf. Cap. XLVlll,


Opere di Onorato III

[r4oe - 14841

t4t

che ora trovasi murata sopra alla porta della Casa del Cardinale. Delle nuove opere è fatto cenno negli actum con le parole i ,, ín podio extra cdmeram noúain sítualam prope puteum curie (16. X. 1447); ,, in camera solarata " secunde turrís notse prope hertaríum (o hentarium?) curíe r, (13. Vil. 1450); << in camera nola turrís albe curíe >> (21. III. 1475). E nel 1453 Michele di Prato intratteneva il papa con la descrizione delle mura che Onorato aveva costruito dí nuooo ... et delle belle e forfÍssÍme toní della chorte... designíandogli Ie toní, chorte, sale, chamere, stalle, etc. Degni di nota sono gli architravi delle porte e del camino della grande sala d'ingresso' e delle stanze 'sottostanti: sono ornati di eleganti scorriiciature curve, di stile italo-catalano, che ricordano quello del palazzo Gaetani di Fondi ricostruito circa I'anno 1466. Su di e"oi vi sono stemmi sormontati da corona baronale, che sono stati obliterati accuratamente a colpi di scalpello. Tuttavia su uno di questi si distiguono chiaramente le armi r) della famiglia partite con quelle degli Aragona. I Caetani di Sermoneta non ebbero mai il diritto di valersi dello stemma sovrano, prerogativa concessa ai soli Gaetani di Fondi con decreto del 29 ottobre 1466. t) Gli architravi Finectra bifora d.lla sala dei baroni (sec. XIV princ.).

quindi debbono necessariamente essere posteriori a tale data. Non è facile spiegare come e perchè siano stati portati a Sermoneta, tanto piìr che Onorato non fu, a lungo, amico né di re Ferrante né dei ctlgini di Fondi. Ho I'impressione che egli, in uno dei brevi periodi di avvicinamento tra le due famiglie, abbia avuto Ia u occasione ,' di "o*prare dal conte di Fondi queste sculture ma poi, al primo dissapore, abbia fatto dare una iadil c"l" sc"lp"llatura alle odiate insegne. Onorato ebbe anche cura della chiesola di S. Pietro in Corte, ove erano stati sepolti 'il padre Giacomo lV et sui predecessores, ossia Gacobello lll e Giacomo II. Ivi esisteva ia cappella di famiglia che, nel testamento del 1477, volle fosse resa dígnam et nobíIem; dr fatti legò 400 aurei perchè il frglio Nicola gli erigesse un solenne monumento marmoreo nel quale apparissero scolpíte le armí della " Domus " del sígnore testatore, con descrtzíone dcl D ' nome e cognome suo, coll'anno del Signore, co| gíono et pontíficato elc. venisse I lavori furono ultimati qualche tempo dopo ed è probabile che, a ricordare I'opera, :

scolpita a grandi lettere I' iscrizione: ANNo sALWrs M'cccc

txxxllll lll:

ora murata come stipite nella porta di un'angusta prigione della torre del Belvedere, che sorse sulle fondazioni della chiesa, quando la fregola costruttrice, accoppiata con I'odio ed il disprezzo di Alessandro VI per la famiglia Caetani, Lece tabula rcsa di Essa vedesi

t)

Ve.di ioizielc al cep.

LVI

2) Pw. 2059'

,

c-2352. ll.


t42

LA ROCCA DI

SERMONETA

Aspetto estemo alla fine del scc. XV. Ricostruzione dal quadro di Benozzo Gozzoli.

Stato attuale.

ROCCA DI SERMONETA.

Lib. VI, Cup.L.


I r I i

Ricostruzione borgiana

[eec. XVI

143

lasciando che le ossa dei nobili signori di Sermoneta venissero gettate in qualche fossa comune o disperse in mezzo ai calcinacci delle demolizioni. [.e pietre della chiesa furono adoperate nelle nuove costruzioni e solo rimangono alcuni frammenti di ornato nonchè le basi ed capitelli delle colonne che servono di ornamento alla leggiadra Piazza degli Olmi ove, appena giunto, il visitatore si afiaccia per godersi il magnifico panorama delle Paludi Pontine.

S. Pietro in Cortg

i

Alla fine di

questo volume si dirà della trasformazione che subì Ia rocca per opera dei Borgia, che ne mutò I'ordinamento interno e I'aspetto esterno, come si può védere dai due disegni nella pagina di fronte; quello superiore è basato sull'accuratissima immagine della rocca raffigurata nella preziosa tavola di Benozzo Gozzoli, che si conserva nella cattedrale di S. Maria

di Sermoneta;') egli, per ritrarla, dovette salire su quel medesimo tetto, più o meno pericolante, dal quale fu presa la fotografia da cui è stato tratto I'altro disegno. a) Querto bclliscimo quadro, detto di S. Maria degli Angeli, Sermoneta dal scnato romano, comc

fu donato a S. Maria di

ricultava da certi documcnti dell'archivio dclla cattedrale di cui il dotto Pantanel[, alla 6nc del gecolo XVllt, ebbe notizia senza tuttavia potctli rintracciare. Ciò è confcrmato dal fatto che aul

quadro

ri

lcgge

in grandi lettcre S, P. Q. R' ll quadro

attribuito a Benozzo Gozzoli'

(f l4s4'c,)

viene

c ci vuole focsc donato

linno 1480 in ricordo del fatto che Sermoneta scarupò dal lagello della pectc (Panl., I, p. a70). La coinicc è probabilmeote del l5t7 perchè, nel t7E3, il Pantanelli le*c ai piedi di verso

cssa I'iscrizionc :

MDXVII . AVE

AVE.

.

REGINA . COELORVM . . ANGELORUM .

DOMTNA


Caprrolo LI.

LITI CON SEZZE E LA QUESTIONE DELLE PALUDI PONTINE. (sec. XI -1476)

E dovessi ripetere in

dal nostro archivio sulle interminabili liti tra Sermoneta e la vicina terra di Sezze, dovrei aggiungere un altro volume alla Domus. Per necessità quindi mi debbo limitare ad un brevissimo sunto, omettendo di citare Ia copiosa documentazione di guesta controversia le cui origini si perdono nel buio del medio evo: essa durò oltre sette secoli per avere finalmente un termine allo scorcio del secolo XVII quando Pio VI bonifrcò le Paludi Pontine. II motivo fondamentale fu un conflitto d'interessi dovuto al Motivi dei disidi. fatto che mal defrniti erano i confini dei rispettivi territori, un tempo goduti promiscuamente. Aggiungasi a ciò la questione delle inondazioni. Durante I'inverno le acque torrenziali, discendenti Sigillo dclla università di Sezze. dai monti, invadono la fertile pianura e, ora colmando I'una ora (aec. XV). ) I'altra parte con i detriti che convogliano, cambiano il loro malsicuro letto. Le due popolazioni perciò si adoperavano di continuo a deflettere il corso delle acque nella direzione che avrebbe recato loro meno danno, ossia nel territorio del vicino. Ora venivano sbarrate le u cavate >, ora' di notte, rotti gli argini: ed il mantenimento della sistemazione idraulica si faceva, piùr che altro, con le armi. Ardeva inoltre fra i naturali delle due terre quella spontanea inimicizia, purtroppo caratteristica dell'ltalia al tempo dei comuni, per cui la vicinanza era di pet se stessa motivo sufficiente per odiarsi e farsi guerra. Il primo ricordo di tale inimicizia risale al principio del secolo XII, s. Lidano. ossia ai tempi di S. Lidano. Egli, che poi fu protettore di Sezze, nel 1080 eresse un monastero, dedicato a S. Ceciliar presso il fiume della Cavatella, ossia precisamente in quella località che fu sempre causa e sede delle discordie; anzi fu lo stesso suo corpo il primo argomento di conflitto tra le due città che registri la storia. Richiamato dal Signore nell'anno I I18, sorse controversia tra i sermonetani e i sezzesi a chi spettasse I'onore di custodirne e venerarne le sante spoglie; alla frne, così vuole Ia tradizione, si convenne di afidarsi ad un curioso giudizio di Do. Il corpo del santo fu posto sopra {) c -2568.

queste pagine quanto risulta


[sec. VIII - rec. Xtrl]

Topografia ed idrologia

t45

un carro al quale vennero attaccati due indomiti giovenchi, l''uno di Sermoneta e I'altro di Sezze, e fu deciso che la salma riposerebbe in quella terra ove i giovenchi, Iasciati a se stessi, I'avrebbero condotta. In un primo tempo essi si mossero verso Sermoneta ma, forse spaventati dalle grida giulive della popolazione, voltarono e presero Ia strada di Sezze. l) Poco dopo Lando Maggiore da Ceccano unitamente ai sezzesi mosse guerra a Sermonetd, nel corso della quale rimase distrutta la collegiata di S. Maria. Per meglio comprendere quanto è detto nel presente capitolo è necessario dare uno sguardo alla piccola carta topografica delle Paludi Pontine, riprodotta nella pagina seguente, in cui sono segnati in rosso le antiche località della regione ed i corsi delle acque prima che venissero sistemati per opera di Pio VI. Sin dal secolo VIII era stato abbandonato il tratto della Via Appia, compreso tra I'odierna Tor Tre Ponti e Terracina, sprofondatosi nel torboso suolo delle paludi, ed il traffico tra Roma e Napoli svolgevasi interamente per la così detta u Via Consolare " che da Cisterna passa per Tivera e Ninfa e poi lungo il piede dei monti di Norma, Sermoneta e Sezze. u) A metà strada, tra questi due ultimi paesi, c'è Ia torre dell'Acquapúzza.2) In quell'epoca il fiume Ninfa ed il torrente Teppia confluivano in un tratto del Campo di,Sermoneta in contrada Vaccareccia; e perchè Ie acque non si sperdessero sui terreni coltivati, vennero in un primo tempo incanalate lungo una fossa che Ie convogliava al punto piir basso di Piscinara; ma le torbide acque nel corso di anni colmarono la fossa ed il terreno adiacente ad esso, formando quella specie di vasto argine ora segnato dalla via detta < dell'lrto >, perchè erta al di sopra della campagna. Ail'incrocio con la Via Appia antica si formò un delta, owerosia una elevazione del suolo sul quale Pio VI eresse il convento di Tor Tre Ponti. Colmatosi questo fosso, le acque vennero convogliate piir a mezzogporno in un altro letto, detto ,.. fiume Cavata ,r, perchè caoato a mano. d'uomo, le cui acque in parte si perdevano nella depressione della palude chiamata ora << le Congiunte " ed in pa*e riuscivano a trovare uno sbocco a mare, verso Terracina, unitamente agli altri fiumi. In vicinanza della Cavata correva un secondo 6ume detto .. la Cavatella ,, che, 'raccogliendo le sorgenti solforose dell'Acquapuzza ed, altre acque, passava sotto al monastero fondato da S. Lidano e poi ai piedi di una forte torre, detta Torre Petrata, che, come vedremo, fu argomento e teatro di tante battaglie. Presso questa torre la Cavata e Ia Cavatella corevano parallele e venivano quasi a toccarsi; gli argini di questi fiumi furono prowisti di certe bocche o sfioratoi per cui Ie acque delI'un fiume potevano in parte essere convogliate nell'altro quando I'alveo del primo era incapace di contenere I'intero volume delle torbide defluenti dai monti. L'aprire piir o meno queste bocche e il far defuire le acque in un senso o nell'altro voleva dire salvare il territorio di Sezze inondando quello di Sermoneta o viceversa, ragione per cui il possesso della Tone Petrata, che dominava la località, fu oggetto di eterna contesa tra le due popolazioni. Qui era il nodo della questione e I'osso delle contese antichissime Gà sotto il pontificato di Lucio III (ll8l-1185) si ricorda una crudele guerra tra i ninfani, che possedevano gran parte della pianura di Piscinara, ed i sermonetani, il cui territorio confinava presso a poco con la Via dell'lrto, che forse in quel tempo convogliava ancora le acque del Teppia; i primi fecero lega con i sezzesi. Si trattava di differenze su questioni di a) In alcuni tratti la Via Consolare è seguita dall'attualc Via Ninfina che conduce a Sermoncla, na in masima parte è diven-

')

Pant.,

Donus,

l, p.220iMor., I-XV, p. 58.

I-2,

19.

I

Cf. CQ., XLV.

tata una carrareccia, di cui a malapcna si distingue I'antica tra I'erba dei prati ed i cespugli dei boschi.

massicciata

Topografa

ed

idrologia.

Prime guerre.


LlTt coN sEzzE E LA QUESTIONE DELLE PALUDI PONTINE

146

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Ub. Vl, Cap. LI.

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Topografia ed idrologia

fi 207 - 13051

147

pascolo nelle contrade a mezzogiorno di Tor Tre Ponti, dove mal definiti erano i confini dei territori e dove esisteva confusione nei diritti delle rispettive comunità, ciò che fu causa dí dÍssensi e scandalí e di guerre. Le divergenze furono combattute dai signori di Sermoneta (non sappiamo bene chi fossero) e dal potente Landolfo da Ceccano, signore di Sezze. La guerra dilagò e coinvolse anche le popolazioni dell'Acquapvzza, di Cori e di Velletri. Invano, nel 1207, il vescovo Ugolino Conti (poi Gregorio IX) cercò di terminare le controversie imponendo Ia propria autorità ; esse continuarono cronicamente, come una malattia endemica, rincrudite dall'insolubile problema dei torrenti che inondavano le campagne. Pervenuti i Caetani in possesso di Sermoneta, Ninfa e San Donato, Bonifacio VIII volle porre fine ai mali e, il 29 maggio del 1299, indusse il nipote Pietro e Ia università di Sezze l) ad apporre per mutuo consenso gli esatti termini che dividessero i rispettivi territori, e con apposite bolle approvò e confermò I'accordo. Non vi è dubbio che il pontefice ebbe a cuore di ricondurre la pace e la prosperità nel territorio pontino, ed è possibile che si sia anche messo mano a qualche lavoro idraulico, benchè di ciò non apparisca memoria. Vollero alcuni, tra cui il Corradini, che Bonifacio VIII, per liberare le terre dei nipoti dal pericolo delle inon' dazioni, convogliasse tutte le acque nella cavata di Sezze e che ciò fosse principio e causa di tutti i mali che seguirono. Senonchè tale affermazione non ha fondamento, come giustamente afferma il Nicolai, massima autorità nella storia delle Paludi Pontine, perchè la controversia risale a tempi assai piìr antichi e la unica radice del male era un fatto fisico indipendente dalla volontà degli uomini: col successivo colmarsi delle depressioni del terreno e dei letti dei fiumi, la situazione idraulica della regione andava peggiorando di anno in anno e così ha continuato

Intervento

dei Caetani.

sino ai giorni nostri. Il territorio dei sezzesi, trovandosi pih basso di quello dei sermonetani e ninfani, fu sempre rnaggiormente esposto ai danni e perciò in genere furono essi a muovere lamentele. Torti vi furono, senza dubbio, da ambo le parti, ma il fatto che le innumerevoli sentenze e i lodi, pronunziati nel corso dei secoli, in massima non furono favorevoli ai sezzesi, dimostra che il Piit delle volte il torto era dal lato loro. Colmatosi I'antico fosso del Teppia, questo unitamente al Ninfa, al Fosso di Sermoneta, al Portatore e alle altre acque, per necessità dovette essere convogliato negli alvei della Cavata e Cavatella che, per quanto grandi, erano insufficienti a contenere le subitanee piene quando giungevano al loro massimo. Inoltre la Cavata colmandosi con il limo del Teppia, poco per volta diventò pensile ed era una continua minaccia alle campagne sottostanti. I sezzesi per conto loro alzarono gli argini della Cavatella e, presso la Torre Petrata, costruirono certi sfioratoi perchè le acque non straripassero e rompessero gli argini. Ma tutto ciò serviva a ben poco, perchè la radice del male non poteva essere estirpata con i mezzi dei quali disponevano gli uomini della regione ed era da ricercarsi a quaranta chilometri da lì, dalle parti cioè di Terracina ove

le

acque non trovavano sufficiente sfogo a mare. Comunque, I'accordo che Pietro Caetani fece con quelli di Sezze non riguardava

le

acque

ma i confini, e servl a ben poco. Non appena moÉo Bonifacio VIII, esso diventò nuovo motivo di dissapori, per cui venne annullato per mutuo consenso il 26 ottobre 1305 in un solenne convegno, nei campi vicini alla strada pubblica, presso la .. Fontana Rammaldina ,' : vi parteciparono Roffredo, conte di Fondi, e gli uficiali di Sermoneta, Norma, Bassiano e Sezze.2)

')

Regcsla,

I, p.

163,

) C.174 etc.

Accordo

del

1305.


LITI CON SEZZE E LA QUESTIONE DELLE PALUDI PONTINE

t48

Il

Portatore.

Dscordie

del sec. XV.

Lib. VI, Cap. LI.

Così si fece ritorno alle condizioni di prima e fu data piena libertà ad ambo le parti di litigare e farsi dispetti.') Stanchi delle guerre, nel 1336 si venne àd un generale accordo di pacel) che fu rinnovato il 19 agosto 1340,2) quando si cercò di,regolare laquestione dei pascoli ed il deflusso delle acque. Ma dato che i trattati di pace non segnavano che brevi parentesi alle guerriglie tra le popolazioni, verso Ia metà del secolo, Giacoma Orsini, vedova di Nicolò Caetani, sistemò tutto col semplice espediente d'impossessarsi della signoria di Sezze3) e, durante lo scisma, il Églio Onorato, diventato despota della Marittima, tenne la città in soggezione unitamente alle altre terre. Verso la fine del secolo la questione risorse sotto nuova forma a riguardo della naviga' zione del .. Fiumetto ,r, ossia del Portatore che, sgorgando ai piedi di Sermoneta, si univa alla Cavata e sboccava a mare presso Terracina, là ove sorge la torre di Badino. In quei ternpi il viaggiare per la Via Consolare non era cosa né piacevole né speditiva, perchè la strada era poco piir che una pietraia piena di buche su cui i veicoli navigavano come legni sopra mare in tempesta. Perciò era piir conveniente, specialmente per quelli che venivano da Roma, imbarcarsi su ., sandali > presso I'antica posta di Sermoneta e lasciarsi strascinare placidamente dalla corrente per i quaranta e piùr chilometri che il frume percorre per giungere a Terracina. Anche le rnerci venivano trasportate su e giìr per via fluviale,'e tale sisterna di locomozione durò sino

alla fine del secolo XVIU. Ora i sezzesi, per comodo loro, vollero costruire delle <( parate t' che ostacolavano la navigazione, per il quale motivo nacque acerba lite che, nel settembre del 1393, fu giudicata a a) Appianata una questione, ne sorgeva un'altra; sistemata questa, risorgeva favore dei sermonetani. la prirna; e così via in alterna vicenda ed in eterna successione. La gente litigava, si facea dispetti e prendeva Ie armi in quella stretta zona di confine, che separava le due terre nemiche. Nel 1420 il popolo di Sezze si mosse con il vessillo del comune spiegato al vento e, a mano armata, invase il territorio di Sermoneta; presso I'Acquapuzza guastò con ferramenti il fiumicello detto Falcone, per il quale defluivano le acque del Campo di Sermoneta, causando un ristagno. Allora Giacomo Il Caetani, benchè decrepito per I'età, prese le armi e la guerra divampò. Ometto di accennare alle citazioni, liti e guerriglie, alle sentenze, agli arbitrati e ai lodi, alle proteste e controproteste che si succedettero senza intermissione. Verso la metà del secolo XV, ai tempi di Onorato III, le differenze s'inacerbirono pitr del solito per la tenuta di Zenneto, in vicinanza di Foro Appio, ove i confini tra i due territori traversavano la Via Appia. Nel medio evo vedevasi ancora in quel punto un largo tratto dell'antica strada romana, coperta da grossi lastroni di selce, e perciò quella località fu detta u ad silícem ,, ed il terreno sottostante u sub silicem >, nome che si ritrova molto spesso nei documenti dell'epoca. Per togliere la causa fondamentale del male, Eugenio lV aveva ordinato che si scavasse un largo alveo il quale, raccogliendo le acque del Teppia, dell'AcquaPuzza e del Ninfa, le 5ì il lavoro non fu portato subito a convogliasse sino al mare per mezzo del Rio Martino; termine, ragione per cui si riaccese la guerra. Intervenne Nicolò V il quale, nel 1452, ofrìr ó) Nel gennaio del 1459 Pio II ordinò anche di mandare truppe per tenere a freno i sezzesi. che si completassero i lavori, a cui dovevano prendere parte tutti gli abitanti dei castelli vicini da Trevi onde por 6ne alla lunga e crucnta guerra. In qucl i Cactani nuovamentc si crano imparcntati con i vari rami dei Da Ccccano,pcrcuièda arguirc-chc inquerta gucrra esi avcsscro prcso le parti dei Da Ceccano (Gío. Set., 252).

ù Aí 22 gen. dcl tl2l il popolo di Sczze elessc Rinaldo Taccone a suo procuratore Pcr sottoPofie all'arbitrio di Rof' fredo Cactani c di Gacomo da Ceccano la conclugione di una pace tra i sezzesi e Tommaso da Ceccano, Bartolonco c Fran'

')

Reguta,ll, p.

q c-833.

102.

8) C'61 I

i

Regcsta,

Il' p.

125'

cerco

tcmpo

I

Cf. prrte L pag. 276-280.

')

Prg. 929,

68E.

)

C-809. I.


Discordie continue

1r336 .1476I

t49

non esclusi gli ecelesiastici, secolari e regolari. Doveva questo alveo, che era forse quello detto il .. fiume Honorati ,r, l) segnare anche il confrne fra i territori di Sezze e Sermoneta a modifica di quello stabilito per arbitrato dei cardinali Ludovico Scarampo e Prospero Colonna nel 1452- 2) senonchè nel 1479 Sisto IV annullò il motu proprío di Pio ll e ristabilì i confini come erano prima. Quando nel 1459 scoppiò la seconcia guerra angioina, alle controversie legali s'innestarono gli intrighi politici, ed i sezzesi si valsero delle genti d'arme del conte di Fondi per depredare il signore di Sermoneta ed aggiustare le cose proprie; ciò indusse Onorato III a scrivere al duca Giovanni d'Angiò, intento a conquistarsi il Reame, che la piìr bella ed utile impresa da farsi sarebbe stata di dargli aiuto per schiacciare una volta per sempre Sezze,la sua capítale ínimíca. Rimane fuori dubbio, da quanto si è detto, che la situazione era come una rnatassa nella quale si stringe un nodo di piir ogni volta che si tenta di tirare un filo per strigarla; era difficile dire se fosse stato meglio trattare i sezzesi con le buone o con le cattive. Nel'1474 Ie scorrerie e le violenze dei sezzesi diventarono piìr insopportabili che mai: non contenti di rubare bufale, vacche e cavalli nel territorio di Ninfa e di Bassiano, di portare via di notte i .. sandali ,r, o barche, che i sermonetani tenevano sul Fiumetto presso le loro mole, di metter fuoco alle capanne ove dorrnivano i guardiani di Onorato e così via, arrivarono nella loro barbarie al punto di prendere prigioniero il proprietario di alcune delle bestie rubate e, condottolo a Sezze, torturarlo atrocemente facendolo sedere su punte di ferro, riducendogli le carni a brandelli e schiacciandogli le dita con'cunei; dopo di ciò Io gettarono in

un immondo carcere perchè non parlasse.

3)

Che c'era du fur"l Ecco come due anni piìr tardi il quasi ottuagenario cardinale Latino Orsini, uomo pieno di senno e sperimentato delle cose del mondo, poco prirna di morire, quasi prevedendo quel che doveva succedere sotto i Borgia, consigliava il consanguineo Onorato. Gli scriveva: Segnore Honoraío, quesl.a Sezze, Dio Ooglia, non te faccia perdere Setmoneta ! Lí homínî de Seze ànna poco che perderc, et però se mectono ad giocho spesso con chi à molto cheperdere. homini oostri degono essere fastiditi de curare Ia infermità uosha (ossia le differenze con Sezze) per questo úe inectono in consîglio del bagno della Ponetta che, o te amaza, o te'necta, Deoì credere che Io loro consiglio et Io loro aoíso non le pò nettare. Consequens est te omazano. In nome ile lddto piglíate lo partito ín quesla causa, et facíte sezenses ooóís amicos et facite eos

Li

et

'

bonos amícos de Matnone Iniquítatís. Io per me non ò nessuna contemptione

né con Chtesta né con

popolo alcuno

della Chiesia che non

lo sedi con mio danno. Trooerai molti confortatorì a molte furie et a molte magnanimità. Níente dc meno, poi che te lrcoeranno messo Io capo nel foco, se ne staranno ad ríderc, o oero se reposeranno nell'animo. Hanc sqiplurctm ego dictaoí ef, nr'si tu bene ailoertas eam, timeo futurum iuditíum. Num tam dte 29 augusti 1476.4) lettore sarà già stanco di seguire tutta questa faccenda, interessante piìr che altro per il fatto che I'insoluto ed insolubile problema della bonifica pontina fu motivo della piùr iunga causa che, credo, ricordi la storia, considerato che si protrasse per oltre sei secoli. ")

Ma

il

a) Delle coatroverric discorrono a lungo (e notr senza qualche inesaEerzza)'il Ncolai nella sua oPera monumentalc cd ncl Dizionario sotto h voci Paludi Pontíne e Sezze.

t)

c.2256,

') C-635.

s)

c-2326.

4) C-2779.

lllb.

il Moroni

Consigli

del card. Orsini.


Caprrolo LII.

ULTIMI ANNT DI ONORATO III. (1464 -1478)

IÀ cominciavano i calori estivi quando Onorato, umiliato, disilluso a Sermoneta. ed impoverito, risalì la pietrosa e scosqesa strada che conduce dal piano alla porta di S. Nicola di Sermoneta. Ad accogliere Iui ed i bravi compagni di ventura vennero la fedele e virile consorte Caterina, la corte ed il popolo di Sermoneta, giubilanti di veder tornare dopo tanti anni il loro signore. Questi ritrovò lo stato disordinato ed in miserevoli condizioni, vuote le casseforti ed accumulati i debiti e Ie ipoteche contratti per sostenere le spese di guerra. Anche la liberazione del figliolo Ncola gli era costata una pesante taglia di 2000 ducati che, quando giunse il momento di regolare il conto con gli ebrei del Ghetto, era salita, per gli interessi maturatisi in sette mesi, a 2250 ducati. Come si vede, gli strozzini del secolo XV erano quasi altrettanto esigenti quanto Bartolomeo Colleoui. quelli della nostra assai piùr civile età. La quietanza finale Venezia (VenochÍo). fu firmata da Govanni Cresci e suoi soci nella piazza de' Giudei il 3 gennaio 1465. D V'erano inoltre molte gravi questioni da regolare riguardanti I'amministrazione dello stato Aspirazioni u Duove condotte. e le relazioni con Ie altre famiglie romane. u) Con tutto ciò I'indomabile Onorato, non appena messo il piede in Sermoneta, già voleva ripartirne per andare ai servigi di Francesco duca di Milano. A tal fine si era fatto dare una lettera di raccomandazione dal fratello di questo, Alessandro Sforza, scritta in data del 19 maggio, ma ben presto abbandonò I'ideai Ia lettera, 2) munita del sigillo, non fu mai presentata al duca e tuttora si conserva nel nostro archivio. Ritorno

che nel l45a i Caetani ed i Coloúna c questa sllsan'a fu osservata Per qualche anno, perchè di fatti, durantc la guena aagioina, Onorato aYeva con' tato su di *j pur la couquista della ontea di Foadi; così anche troviamo che nel settembre del lml' quando Paolo II votle riportare la quiete uello etato ponti6cio coll'indire una trcgua di dieci anui tra i Colonna, gli Anguillara e gli Onini, appaiooo, a) Abbiamo visto

eransi confedcrati,

t)

Pry.2415.

\

EP., C'2224'

C'223t'

coae ailhercntes

et

complíces

di

quelli, Onorato Caetani

moneta, Pietro Paolo Caetani di Sgurgola c Francesco

di

Ser-

(di Maen-

za?l (Mut., IU-XVI, p. ll7). Il ? del mese il papa aveva già ordinato a Govanni Conti ed a Nicola Colonna di restituire ad Oaorato le bestie tolte precedentemente da. Antonio Piccoìomini, duca di Anal6 (C - zzeo).


Dopoguerra

11464-14671

l5l

Ciò che I'indusse a non allontanarsi da Roma fu il fatto che Pjo II s'era gravemente ammalato. Quando il pontefice, malgrado un'alta febbre, partiva da Roma, in lettiga, per recarsi ad Ancona a salutare I'armata che doveva salpare contro il turco (18 giu. 1464), Onorato sperò sinceramente che il pontefice non si fosse sbagliato esclamando che non sarebbe tornato vivo in Roma; era lui che aveva fatto fallire I'impresa angioina e che aveva arrecato tanti danni e torti ad Onorato. Perciò quando giunse la notizia che il papa era morto in Ancona (15 ag.) tutti quelli di parte angioina si rallegrarono de Ia desÍata morte del papa Ia quale, essi dicevano, a nostrí amicí sarà de conforto e profecto asag, et ad ínímící sfaoore et danno. t) Rinacque allora la speranza che potesse tentarsi ancora una volta la conquista del Reame e tale speranza, accennata nella corrispondenza che Onorato teneva col duca Giovanni d'Angiò, 2) diventò quasi una certezza quando giunse la notizia che anche Francesco Sforza era morto (8 mar. 1466). Onorato, animato da infrenabile ardore, scrisse subito al duca Giovanni lettera su lettera imploran do ad eseguíre Ia impresa di quísto oostro Reame, dicendogli che, se mag fo acto a úencerce, è hogi. Lo consigliava di essere óono filgliolo del nuovo papa Paolo II, col cui favore si poteva sensa spada clnoare octenerc Ia ímpresa dello Reame, e insisteva che mandasse ambasciatori fissi a Roma, Venezia, Milano, Ferrara, Mantova e Firenze. Tanto era certo Onorato che la ricuperazione del Regno era imminente che mandò al duca il frdo cancelliere, 3) Gaspare da Mantova, con la cifra segreta per la futura corrispondenza. Giovanni d'Angiò rispose in data 27 matzo, awertendo Onorato di aver già mandato in ltalia degli emissari per conferire con gli amici, ed il 25 aprile I'assicurava che il buon esito della guerra, che lo teneva occupato allora, prometteva di poter tra poco pensarc e oacaîe, a) sensa dubio de Ia oÍttoria di questa ímpr*a, a I'altri nostri píù grcndí designi. D questi maneggi ebbe sentore re Ferdinando, il quale non aveva mai cessato di difr' dare di Onorato e quando, nel maggio 1467, questi e Sigismondo Cantelmo si accamparono con la loro gente d'arme presso i conÉni del Regno, il sovrano scriveva ai suoi agenti in Roma che quei due signori, come si sa, ne sono poco amící, e non ne possiamo se non prendere ombrezza e mala contentezza; ef così noi manderemo albe gentí ad alloggiare ín apposíto.s) La progettata impresa di Napoli da parte di Govanni d'Angiò non ebbe efietto, perchè la situazione politica dell'ltalia si complicò gravemente con la morte del duca di Milano. Ciò deve essere stato un'amara disillusione per Onorato di Sermoneta il quale era già pronto a tutto, tanto è vero che aveva cominciato per rifrutarsi di pagare al cugino Onorato di Fondi 6) 1500 ducati che questi gli aveva cortesemente prestato; dovette intervenire il pontefice a regolare questa piccola faccenda domestica.

Corrispondenza con Giovanni

d'Angiò.

D

I *d1

che le preoccupazioni belliche, le complicazioni politiche e quelle amministrative abbiano permesso ad Onorato di occuparsi anche un poco degli affari familiari e dell'educazione dei frglioli, benchè sembra che di essi si curasse principalmente la moglie Caterina. Ella, mentre attendeva alle faccende domestiche della rocca er in assenza di suo marito, amministrava Io stato, non si stancava di mettere al mondo frgli. il primogenito Nicola nacque verso il 1440, nei primi anni del matrimonio, e I'ultimogenito Guglielmo dopo oltre 24 anni

È du ,p"rure

di vita coniugale. 6)

t) Ep., C-2239. ll. C_930. \ pte.272.

2) Iot,

C-2252.

e) Ioi, C-971.1'

+)

loí, C-1032,

C-228O,

b) Volp. R. F., p.335.

Educazione

dei 6gli.


ULTIMI ANNI DI ONORATO III

152

Protonotario Giacorno.

Lib. VI, Cap. Lll.

Gà molto si è detto di Nicola e si è accennato che Gjovannella, verso il 1464, andò sposa a Pierluigi Farnese e che Iacobella, nel 1484, fu data in moglie a Paolo Margani ; di Polisena e degli altri figli di Onorato sappiamo pochissimo. Il secondogenito Giacomo, nato il 25 deeembre 1449, fu destinato alla carriera ecclesiastica forse nella speranza che, per i potenti appoggi su cui potevasi contare in Roma, salisse ai piìr alti onori. Giunto alla pubertà fu, probabilmente, educato sotto I'amorosa vigilanza del cardinale Searampo, ma, dopo Ia morte di questo, continuò i suoi studi in Roma con un honorando preceptoîe e per ripetitore aveva un certo Nardo. Menava la vita fastosa dei giovani de' suoi tempi e non esitava di chiedere alla madre, in termini piuttosto perentori, larghe prowiste per i propri bisogni : Voglio duí baríIi de oino bono, le scriveva nel 1467, et non aquato et una soma dì grano et tre ducatí come la príma oe notificaí; oramaí de tal cosa non oe scrít)o quando ce mancha, perchè sapete mese per mese quello cí aoete ad t) protsoedere. Mandateme quattro porcí, duí per mío uso et dui per Io mio caîo preceptore.

rapidamente

Coltivava I'amicizia dei cardinali Rohan, Orsini ed altri. Chiedeva che gli venissero mandate trote di Ninfa per farne dono a questi signori, ciò che sarebbe stato ufele et honor communo. Nel 1476 rivestiva già la carica di protonotario apostolico 2) e, il 20 agosto dell'anno

dal liberale Sisto IV la carica di tesoriere di Di lui però sappiamo poco, salvo per quanto riguarda la divisione ereditaria, sino

seguente, chiedeva

Bologna. 3) Nicola

genitore perchè

gli

impetrasse

Alessandro VI. Il fratello maggiore Nicola fu condottiero per professione e, non meno del padre, ardeva di cimentarsi in una guerra contro re Ferdinando, non fosse altro, per vendicarsi dei quattro anni di dura prigionia sofierti in Castelnuovo. Liberato nel maggio del 1464, non si era trattenuto a lungo nel grembo della famiglia. L'amorosa educazione impartita dal cardinale Ludovico a) guando I'impazienza giovanile non lo faceva Scarampo avevagli bensì fruttato una bella scrittura, correre troppo con la penna, ma non sembra aver giovato molto alla correttezza del suo stile, né avergli inculcato il gusto per gli studi letterari: il giovane patrizio non pensava ad altro che a diventare un valoroso capitano d'arme come suo padre e a godersi un tenor di vita, non consentitogli dalle ristrettezze frnanziarie nelle quali veniva a trovarsi la famiglia dopo Ia sventurata guerru. È n"ro che re Ferdinando, con decreto del 23 maggio 1464, gli aveva restituito in feudo Macchia e Monteroduni, ma efiettivamente si era ben guardato dal consegnargli le castella, perchè era d'opinione che, trattandosi di nemici di ieri, fosse bene frapporre qualche indugio tra il prometterè e il dare; ") perciò Nicola non godeva dei frutti di queste terre ed eragli mestieri cercare in altro modo il proprio sostentamento. In un primo tempo entrò al servizio della Chiesa come sbenuus gentíum armoîum ductor; 5' ma poco dopo ,i pensò di allogare Nicola col grande condottiero Bartolorneo Colleoni perchè s'istruisse nell'arte militare; e non fu certamente difficile, date le aderenze di cui disponeva suo padre Onorato. b) Ne abbiamo indicazione in una lettera di Bartolomeo che promette di

al

condottiero.

al

pontifrcato

di

prenderlo al proprio servizio:'

")

L'invcstitura di Macchia

c

rc Ferdinando lo scarcerò nel maggio 1464, quindi questa lettera si deve riferire a una secooda prigionia di cui non si ha

Monteroduni nou fu concesea

effettivamente che il I maggo 1475 (C-2133. l). b) In una lettera del 9 Bar. 1466, Bof6llo del Giudice si rallegra con Nicola per la sua liberazionc dalla prigionia 3

"

q.

') c-2270.

152',202b.

) C-2319.lll.

, c -2145- I'

altra memoria

(8p,,

2260).

"

a)

Vcdi

tavola o pag. 127.

b)

Arc. St. Romo, Mmdati 1464-66,


Condotta di Nicola col Colleoni

[cec. XVI

Fuori: Magnífico tanquam Honorato Gagetano Sermonete etc.

$

#*.;K

t).iì,

à--

9.(

domino

Enho: Magnífce tanquam frater.

Quesli

altre per Gaspare de d. Nicolò Gagtano

figlíolo per I'acconcio suo cum mí. Al praenle non mi accade far altra risposta, se non che ìn breoi

oostro

!-'

tempo sperc mandar da V. S. curn notse che credo píacerano. A li piaceri de Ia quale mí ofato.

gli

Ex Malpaga,

Paolo II. Grotte Vaticane (Gíoo. Dalmata).

Nicola deve

fratrí

passatí recepí lettere ùostre et

da Mantua ín recomendatíone

- -.

+=s-'D*?

J

Certamente

153

XI

maíì 1466.

Bartolomeus Cglionus elc. serenl'ssimí Venetiarum capítaneus generclis. l)

d.

d.

discepolo, ma il suo attaccaportò in un mare di difficoltà. Conviene esporre in poche

esser stato

un buono ed ardente

mento al' grande condottiero presto lo parole il quadro storico del momento. Con la morte del duca Francesco Sforza riprese vita il fantasma della guerra, che I'energico papa Paolo Il cercava di scongiurare per concentrare tutte le energie nella crociata contro i turchi. Tese erano le relazioni tra costui e re Ferdinando di Napoli. La repubblica veneziana' per gelosia verso Firenze, permise a Bartolomeo Colleoni di capitanare le forze dei fuorusciti frorentini, a cui si unirono Ercole d'Este, Alessandro Sforza di Pesaro ed altri signori. Davanti a tale pericolo, il 4 gennaio 1467, Firenze entrò in lega con Napoli e Milano. Il papa, pur difrdando di re Ferdinando, appoggiava la lega contro Bartolomeo. I due eserciti stavano per venire ad un conflitto e grandissima era la preoccupazione e nervosità di Paolo II. Il nostro Nicola, che in quel tempo era ritornato in Roma, pensò subito di raggiungere il Colleoni a Pesaro per fare un primo esperimento di guerra. Re Ferdinando fu presto informato dai propri ambasciatori di tali bellicose intenzioni e, nel marzo, Per mezzo del protonotario Rocca, fece capire al papa che gli sarebbe stata cosa grata se il Caetani ed i nipoti dell'arcivescovo di Milano fossero stati impediti di partecipare alla condotta del Colleoni; non poneva al fatto eccessiva importanza, osservando sarcasticamente che ancora che oadano, pet questo non 2) se ponerà Ie bandere nel saccho, e perciò si rimetteva al prudentissÍmo giudizio di Sua Santità. Paolo II non fu tardo nell'accedere ai desideri del sovrano; con la scusa di una quistione che Ncola aveva per certi caoalli con un tale c;apitanío, glí fece sequestrare la roba, ordinando al giovane di non allontanarsi dallo stato. Invano questi si rivolgeva al futuro parente cardinale Latino Orsini, all'arcivescovo di Rohan e ad altri amici perchè intercedessero presso il papa

")

,) Le genealogico

relazioni

di

sangue che si formarono

tratto dal Litta (Tav.

tra

i

Caetani ed il ramo degli Orsini di Bracciano sono illushate nel seguente albero

XXUI):

Carlo

- l4l7 -

1445

.

P"olutoòtrioi

1477 .

Roberto + l476.Vl .29

Napoleone

Latino

t

t

vlll . l0

Cardinale

1480 m.

m.

Violante Sanseverino

Francesca Onini

Virginio

Eleonora

- t46t -

f l5l0 Post' m. 1477

NICOLA II CAETANI

u r)

Ep., C-2261.

Domus,

l-2,2O.

\

1442

Tincherc, vol.

c. t l,

1494.

1490 -

Famoco condottiero

ant.

VIl.26

pP. 55' 90.

m.

Trifalda Orsini.

Ostacolata

condotta

col Colleoni,


ULTII\{l AtINI Dt ONORATo Ilt

t54

Lib. VI, Cap. Lll.

afrnchè questi lo lasciasse andare a prestar servizio in qualche parte d'ltalia con formale promessa, se necessario, di non unirsi al Colleoni ; faceva presente che I'immobilità forzata era Ia sua rovina, privandolo dei mezzi con cui pagare i suoi uomini d'arme, stazionati vicino a Roma, che impazientivano e se Ia prendevano con lui. Giorno per giorno Nicola faceva le vigilie nelle anticamere papali sperando di potersi gettare in ginocchio davanti al pontefice; ma questi, occupatissimo, traversava le sale conversando con i cardinali senza avere mai tempo di ascoltarlo e dargli una risposta. Il cancelliere del Colleoni fece osservare che il divieto papale era segno d'inimicizia verso il suo signore; ciò era la verità, ma il papa affermava che i suoi ordini riguardo a Nicola erano dovuti ad altri motivi. Il giovane prometteva formalmente di non raggiungere il Colleoni, anche offrendo sicurtà in denari, purchè gli fosse permesso di servire qualche signore, magari il papa stesso. Il cardinale Orsini gli chiese un giorno con chi sarebbe disposto di andare. Non con re Ferrante, gli rispose il giovane, perchè costui gli era nemico ed ancora non gli aveva dato le castella di Macchia e Monteroduni, ma si acconzaria con quelli della lega e specialmente col capitano di essa, il conte di Urbino; era disposto anche a servire la signoria di Venezia, con patto espresso di raggiungere poi il Colleoni; ma il cardinale gli disse: u Se Nosf ro Sígnore non te dà lícentia con Bartholomeo, meno te datà can Venesiani ! " Rispose Nicola z u Monsígnore, ío non ho altra speranza che ín Vostra Signoría. Supplicola se digne'mectere quístí tre partítí nantí Nostro Signore et, quando nesíun me ne oolesse concedere, per Io meno me conceda possd con seí o oclo caoalli andare et trooare qualche partito ad, seroire qualche segnoîe con Io quale passa oilere come gentíIe homo per finchè abia ín casa meglio eI modo ad possere stare ! ,, t) Tali lungaggini duravano da oltre tre mesi; già si era giunti alla fine di luglio del 1467 e la guerra in Romagna, dopo Ia indecisa battaglia presso Molinella (23 lug.), era degenerata in guerriglia. I documenti non ci dicono quale fosse eventualmente la sorte del nostro giovane

e

impaziente guerriero. C,erto è che egli non abbandonò

la

speranza

di

Di fatti, qualche anno S. Maria in Portico, si recò a

servire nelle armi.

dopo il 1468, quando il legato Battista Zeno, cardinale di Venezia, Nicola lo supplicò di adoperarsi perchè un certo grande condottiero che, tornato in Italia, era entrato al servizio della repubblica veneta, lo acconcíasse seco. A tal fine mandò al suddetto capitano, forse il Colleoni, una lettera per mano di Leonardo di Bassiano. 2) Dopo questo particolare, poche sono le notizie che si hanno di Nicola sino al 1478, quando succedette al padre nella sígnoria di Sermoneta; sappiamo solo che, migliorate le relazioni con re Ferdinando, questi, dietro formale promessa di fedeltà, gli restituì finalmente, il 3) primo maggio 1475, le terre di Macchia e Monteroduni che tanto gli aveva fatto sospirare. È.1

Svanita la speranza di potersi buttare in una nuova guerra, il nostro Onorato cominciò ad occuparsi sul serio della propria amministrazione e dello stato. Tuttavia, più a titolo d'onore che per altro, prestava servizio militare per Paolo II; ma le paghe di 200 fiorini che riceveva, corrispondevano di fatto alla remissione della tassa del sale che gravava sopra Ia comunità di Sermoneta.

a)

r) C-995: C-1040; C-993

\

c-353.

8)

C-2313.

l.

') àrc.

St. Roma,.Mand.

qm.

1469-70,

c. l40r; 1170-1, c. 216b.


Ferriere di Ninfa

[rec. XII -1478J

155

Si son rinvenuti tra le vecchie carte vari ricordi dell'interesse che egli prese nel meglio uti- Ferriere di Ninra' lízzarc la forza idraulica sviluppata dalle acque che in gran copia sgorgano dal lago di Ninfa. Sin da epoca assai remota avevano sèrvito ad operare alcuni molini e ne troviamo notizia nel Lìber Censuumt) ove, sotto I'anno lll0, si parla dei molendína que dominus papa nunc tenet, scilícet XII que sunt extra et unum quod est supra lacu. Essi vengono di nuovo ricordati nel ll54.D Dí questi molini diventarono proprietari i Caetani alla fine del secolo XIII: infatti nel 3) e in breve il marchese, 1298 Pietro II ne acquistava due dal eonvento di S. Maria del Mirteto acque del Ninfa. con varie compere, si assicurò di tutti i diritti sulle Nei primi tempi un piccolo lago, o < gora di molino u, ricopriva la copiosa sorgiva dalla quale scaturisce il frume, ed è assai probabile che esso venisse ingrandito nel secolo XIV inalzando il muraglione che argina le acgue; credo pure che questo muraglione, il quale, come si è potuto verifrcare nei recenti restauri, è poggiato su terreno irregolare ed infrdo, deve essere stato più volte riparato a causa delle falle formatesi sotto le fondamenta. Per rimediare a qualche difetto simile, per maggiormente elevare I'argine e per costruire gli edifizi occorrenti ad.una ferriera, sin dal 1457 Onorato si era rivolto al magíster Antonio Mirabassa di Marino, fabricator et compositor hedíficiorum, col quale aveva stipulato un contratto per cui I'architetto s'impegnava di approfondire ed ampliare I'alveo del frume Ninfa, perchè meglio fosse utilizzata la caduta, di erigere nel lago un reparíum di legname (suppongo una diga temporanea che trattenesse Ie acque durante I'esecuzione dei lavori), di cavare e completare le fondamenta di vari muri e di costruire una ferriera con altri edifizi. Maestro Antonio però, incassato qualche anticipo, non si curò di eseguire tali importanti lavori entro i limiti di tempo prefissigli, sicchè Onorato ebbe questione con lui. Per intercessione di amici la causa fu aff,data all'arbitrio del maestro Beltrame da Lucano e di Giovanni

da Lurago, architetti lombardi, e di Pietro da Patrica. Essi, riuniti in giudizio nella casa del notaio Tommaso di Leone, presso la Porta Sorda di Sermoneta, il 13 giugno 1457, sentenziarono che maestro Antonio fosse tenuto al risarcia) mento di danni per I'ammontare di 90 ducati. Maestro Antonio però fu lento a liquidare il dovuto, ciò che sta a dimostrare che il mondo non ha molto cambiato da quel tempo ad oggi. ll 12 ottobre Onorato inviava il suo procuratore Giacomo Macthí a Marino per riscuotere i denari; poco fortunato nel primo tentativo, dovette rinnovarlo il primo di novembre, 5) ma le antiche carte dell'archivio non ci dicono

i

il

valente architetto fu mai indotto a sciogliere cordoni della borsa. Non scoraggiato dal primo insuceesso, Onorato fece eseguire lavori da altri; ma non si può precisare se ciò awenisse prima che cominciassero le sue tribolazioni per I'invasione di Giovanni d'Angiò o dopo che essa giunse ad una infelice fine nel 1464. Certo si è che nel l47l lavori progettati da maestro Antonio dovevano essere stati eseguiti, perchè troviamo che in

se

i

i

tale data Onorato stipulava un contratto col pistoiese maestro Guglielmo Antonio di San Marcello il quale, per la non ingente somma di 52 ducati, s'impegnava di costruire alcune fórgie, (ígnenía) per la fabbricazione di chiodi grossi e minuti (48 alla libbra); I'aria occorrente alle forgie, e forse anche ai forni di cui si dirà appresso, doveva essere fornita da una batteria di mantici operati da un congegno mosso dalfacqua effluente dal lago; s'impegnava inoltre di costruire una ruota per arrotare i ferri ed una balca ad balcandum panni di lana di qualsiasi colore, anch'esse mosse da forza idraulica. Per balca ,, credo si voglia indicare uno spe-

"

r)

li'p.

403.

')

Pant.,

l, p. 233.

3) C- I

54.

{) Pre.

2ó40.

è) C -

959. II

;

C -960'


ULTIMT ANNI DI ONORATO III

156

Industrie

di

Ninfa.

Lib. VI, Cap. LIl.

ciale ordigno, come il valcatorium o la << valcheria >, mosso dall'acqua, che serviva a tenere " ', i panni agitati durante il processo di tintura. l) Non sono alieno dal credere che con la parola << tgnenía > s'intendessero anche i forni a vento per la riduzione del minerale di ferro, perchè nella minuta di un altro istromento senza data, ma evidentemente della medesima epoca, 2) troviamo che Onorato affittava per cinque anni la ferriera ad un certo Paolo de' Massimi con an focho (forgia) ed ezíam un'altra chasa posta apptesso la detla ferriera ne Ia quale possd metterc et tenere et ferrare (ridurre) Ia oena (minerale di ferro). Che si tratti di un forno a vento per ridurre il minerale di ferro in crogiuoli col carbone di legna, è indicato anche dal fatto che all'affittuario era data facoltà di fare carbone nei castagneti di Norma e. di Bassiano, pagando un macchiatico di quattro carlini al << quartarcne >>; evidentemente si trattava di quantità ingenti perchè nel contratto rimane stipulato che, se nelle macchie fosse venuta a martcare Ia legna per fare il carbone necessario, ípso facto cesserebbero gli obblighi da parte dell'affrttuario. Inoltre rimase stipulato che tutto Io fero che in ne Ia detta feníera Paulo, Idío concedenle, farà laootarc, si possa Iiberamente condurre et portare per tutte le terre del sígnor Honorato. Nel 1487 il figlio Nicola faceva costruire un maglio ed un'incudine per la ferriera di Ninfa, 3) e quindi suppongo che questa sia stata tenuta in operazione per molti anni se non per piir di un secolo. Coll'andare del tempo Ninfa sviluppò ancora maggiormente come centro industriale: ed in certi appunti del pdncipio del secolo XVI, che furono forse dettati da Guglielmo Caetani, si legge:

QuÍsfÍ sonno Ii edíficíí restano a

In et et et et

fare ín. Nempha.

primo uno montano da macenare Io ghiado píù una focína o oeîo foryía da menescalco píù uno ingnegno da fare corde ad acqua più uno ingnegno ad acqua da filare lana più uno albergo nello palaczo da fori Ia rocha$

le quali ultime parole reputo si

San Felice.

riferiscano all'antico palazzo comunale, mia attuale dimora. nettamente amministrativa, Onorato dovette occuparsi di quattro d'indole Oltre agli affari questioni che interessavano direttamente Io stato, ossia della lite con Sezze, della Torre del' l;A"qu"purza, di Gsterna e di San Felice. Delle prime tre non si parlerà in questo capitolo, essendosene già trattato ampliamente altrove. Si è detto anche 5) come il castello di San Felice al Circeo venne acquistato dal marchese Pietro Caetani nel l30l e come, caduto in abbandono durante lo scisma e le guerre di re Ladislao, venne ricostruito da Giacomo IV nel l43l per poi essere raso al suolo e spopolato da Alfonso d'Aragona nel 1441. Pochi anni dopo, Terracina ed il suo territorio vennero dati in feudo dalla Chiesa ai re di Napoli, i quali ne iennero il possesso sino al 1460 quando i terracinesi, sobillati dal nostro Onorato III di Sermoneta, si ribellarono a Ferdinando e si posero 6) sotto la protezione di Pio II. Questi si rendeva ben conto di quanta importanza per la Chiesa erano Terracina e San Felice con il Grceo, mirabile Íortezza naturale, che si trovavano al confine estremo meridionale dello stato pontifr"io. È v"ro che in quel tempo il papa ed il re erano alleati, ma Io

6)

Cf.

r) c-734-8. pEg. 39,48 c ll7l,

1)

c-734.A.

E)

Atc. nolatìle di

Sermonela,

G., fuc. l.

.) c- 2475.

5) Cap.

XV[.


San Felice

[1460.14731

157

II non ebbe scrupolo

alcuno di privare Ferdinando di Terracina, dimostra poteva I'amicizia convertirsi in ostilità. giorno all'altro da un come che egli sapeva bene Perciò in un primo tempo, dopo avere alquanto titubato, permise ad Onorato di riprendere possesso di San Felice e delle antiche proprietà della Casa; ma, sollecitato dal malvagio Francesco Caetani di Maenza, dopo un mese gli vietò di ricostruire o ripopolare la terra e di goderne i frutti. Con tutto ciò Onorato mantenne il possesso di essa per sette mesi, dopo di r) che gli fu tolta perchè militava per il pretendente Giovanni d'Angiò. Morto Pio II, Onorato cercò di riavere da Paolo II il possesso del feudo, ed a tal fine fu ordinata regolare istruttoria, della quale sono rimaste molteplici minute ed appunti. 2)

stesso

fatto che Pio

'/q

Cet

romba in

Ma le

suppliche

e

proteste

it'L"l,Y',ttt,""t.

di Onorato devono esser state accolte assai freddamente

da

quale non poteva aver simpatia per il compare e favorito del cardinale Ludovico Scarampo, suo acerrimo nemico. Del resto I'influenza del potente e ricchissimo camerlengo venne a mancare ad un tratto con la sua morte, avvenuta il 22 mari:,o 1465. Egli lasciò un immenso patrimonio che, dice il Gregorovius, avrebbe più volentieri legato ai turchi che al papa. Paolo II dichiarò nullo il suo testamento e versò il tesoro del defunto cardinale, stimato a 200000 ducati, nelle casseforti pontificie. Di ciò tutta Roma si rallegrò e rise. La questione di San Felice quindi non sortì effetto alcuno sino a tanto che visse Paolo II. Venne ripresa in esame da Sisto IV il quale, finalmente, nel giugno 1473, si degnò ricono' scere e riconfermare per donazione il possesso del castello alla famiglia Caetani, pur sempre riservando alla Chiesa la rocca e mantenendo il divieto che venisse riedificato e ripopolato il paese. t) Rimaniamo alquanto meravigliati di leggere nella bolla che, a motivo di tale atto di equità, è ricordata Ia rnagnifica ospitalità estesa nel 1452 da Onorato Caetani all'imperatore Federico III e, in seguito, a tanti altri gran signori ed ambasciatori. Risulta da una copia cartacea di un'altra bolla (senza indicazione del nome del pontefice e senza data), a) che potrebbe essere dello stesso Sisto IV, come dopo qualche tempo il castello di San Felice fu nuovamente donato ai Caetani assieme al lago di Paola, a S. Maria della Surresca ed al monte Circeo e con ampio permesso di richiamare gli antichi abitanti e di ricostruire loro Ie case (domícíIía)'

Paolo

II, il

2)

c-22?9.

t.

s) pry.

217o.

1)

c -)39. )(Vt,


ULTIMI ANNI DI ONORATO III

t58

Ub. VI, Cap. Lll.

il comune di Terracina protestò energicamente (lug.-dec. 1473) ed intentò un processo, ') tu gli appelli furono vani perchè San Felice spettava di pieno diritto alla famiglia Caetani. Fasti Non è da meravigliarsi se Sisto IV fu piìr accondiscendente de' suoi predecessori versó del Rinascimento' Onorato nella questione di San Felice, considerando quanto fu largo di concessioni alla propria famiglia ed agli amici. Egli fu il primo papa a portare il fasto della corte ed il nepotismo a quell'eccesso che ha macchiato la Chiesa durante il periodo piùr splendido del Rinascimento, quando i vicari di Cristo si ridussero a veri despoti, che spendevano i denari dei fedeli per procurarsi tutti i piaceri che può dare Ia vita terrena, ben poco curandosi di quella futura. È rimasta viva la memoria dello spettacoloso ricevimento che il cardinale Pietro Riario, nipote del papa, diede ad Eleonora d'Aragona, figlia naturale di re Ferdinando, quando nel giugno 1473, si fermò in Roma mentre si recava a Ferrara per diventare moglie del duca Ercole d'Este. Racconta I'lnfessura 2) che il convito fo una delle belle cose che mai fosse fatta ín Roma et anco fuorí dí Roma ... et fecense adrízzare una argentería con tanto ariento che maí fu creso che Ia Ecclesia dí Dío ne haoesse. tanto ... et Ie cose de magnare ínnorate (dorate) et Io zuccaro senza mísura che h fo adoperato appena si può uedere; et la ditta Líonora stette nella dítta casa (dei SS. Apostoli) parecchí di con molte damícelle et baronesse; et fo ditto che lo cardinale preditto a cíascuna de quelle donne che haoeoano Ia camera da per sè et oltre Ii altrt ornamenti, Ii teneoe uno pítale ínnorato. Ed osserva con ironia il diarista: " In qualche cosa bísogna che se adopefi Io tesauro della Ecclesía! , Due anni piir tardi anche re Ferdinando venne a Roma (6 gen. 1475) aIIo perdono et menò con esso moltí baroní eI signorí, anco moltí falconí, síchè ocísero quantí nibbg staoano nelli paesí nostrí. Dovendo passare ai piedi di Sermoneta, Sisto IV ordinò ad Onorato di prestarsi per fare onore al sovrano ed alla sua comitiva; ma dubito che i Caetani, mentre la comitiva reale cambiava cavalli alla vecchia << posta " di Sermoneta, abbiano fatto piùr che una cerimoniosa dimostrazione di devozione ed affetto, solita a farsi in quei tempi tra coloro che Non appena restituito I'antico feudo,

si odiavano. ") è Tanto vero che in quel tempo il 6glio Nicola Caetani teneva in Roccasecca una spia per sorvegliare le mosse del re. 3) campo Rorseilo. Ad interrompere la monotonia della vita di campagna awenne un incidente che, per un poco, mise in subbuglio i monti Lepini. Antiche erano le inimicizie tra i Conti ed i Caetani e molte le paci e tregue che invano si erano stipulate. L'ultima di queste doveva durare l0l anni, ma durò molto meno, perchè un bel giorno Ie comunità di Bassiano, Sermoneta e Sezze si misero in guerra con i naturali di Carpineto, vassalli dei Conti, per causa dei confini di Campo cordialmente

I sermonetani con buon numero di bassianesi e sezzesi, frequentemente derubati e vessati dai loro vicini, verso il mese di luglio 14V7, organizzarono una spedizione punitiva contro Carpineto: sorpresero gli uomini di questa terra mentre stavano mietendo e facendo I'aia ed

Rossello.

r) (Prg, 290).

Così pure

il tl ag. 1477 Onorato

scriveva

al re: AIIí píei dclla V. M$ me, mei figIíoIì el slato atiet semgrc cl hooatà fedellssímì et obedîentíssímí alla sacta V. M.tà quam Deus ex alto consetoel; avrebbe voluto aggiungere: pto Lucífero (C-2144)' Più sincere invece saranno state lc dimostrazioni di devozione che Ooorato fece agli ambasciatori dei re di Francia e di Portogallo, i quali furono da conmando

r) C-?-321. XVlllt, C-2329.

lV

et

alia'

2)

p. 77.

Iui ospitati e onorati quando si recarono a Roma; in conrcguenza di che Giovanni ll, re d'Aragona, gli seriveva il 5 mar. 1477: ... not ng eI dícho nostro fgo (el Rey de Castilla) non setemos ingratos anles cn cosas de honta g benertcío oueslto slempro con eI caso lo ttagha oos rcniletemos los úezet

e) c-233E,

g

copíosat (C-2143''t.


Campo Rossello

$473-14781

li

maltrattarono uccidendone vari a colpi di lancia e con frecce avvelenate (t?). Ma quando invasori vennero sotto le mura della terra, cercando di penetrarvi per darla alle fiamme,

assai

gli

159

furono presi alle spalle dai contadini aecorsi in massa dai campi. I sezzesi se la diedero a gambe; sicchè le cose presero una cattiva piega e 129 sermonetani, 32 bassianesi e tre sezzesi rimasero prigionieri.

Onorato, che stava in Roma, molto si stranì dell'accaduto e subito si adoperò per accomodare Ie cose; il 2l agosto scriveva : Píacecí grandemente síano tornati una gran parte et tenemo per certo alla receputa dÍ questa síano tuctí líberati, perchè sapemo Ie cose sondo ín tal modo ordínate da quà che non porriano parloríre altro. t) Fu fatta poi la pace, ma per Iiberare i prigionieri fu necessario cedere Campo Rossello. 2) Ormai Onorato, invecchiatosi innanzi tempo, aveva perso il suo ardore di battaglia e viveva tranquillo nel castello di Sermoneta, intento agli affari di campagna e ad avviare i figli per le vie della vita; poco sospettava quale triste sorte attendeva Ia maggior parte di essi. Con I'andare degli anni ebbe minor cura dell'archivio e perciò Ie carte che si conservano ci dànno poche notizie su questo periodo, e non è possibile, a meno che non si ricorra all'immaginazione, ricostruire un quadro vivo dell'ambiente familiare nel quale il nostro Onorato trascorse gli ultimi anni concessigli dal Signore. Molte notizie su questo argomento avremmo forse potuto avere se, nel secolo scorso, non fosse purtroppo sparito dalla biblioteca Magliabechiana di Firenze il manoscritto che Gaspare Veronese compose nel 1468 guando, fuggito da Roma per timore della peste, si ritirò per due mesi e mezzo nella rocca di Sermoneta, con grande cortesia ospitato da Onorato Caetani. In questo suo lavoro, lo storiografo di Paolo II, inserì un'ÍsforÍa naturale e una dacrízíone topografica di Sermoneta. La nostra famiglia non possiede copia del manoscritto, come ha creduto poter sperare G. Zippel, che ne fa cenno nella sua prefazione alle Vite di Paolo II. 3) Forse il codice originale è ora custodito gelosamente da qualche bibliofilo il-quale, probabilmente, non sa quanto valore avrebbe per altri ciò che per lui non è che un oggetto di curiosità nella propria collezione. Nel dicembre del 1477 Onorato si ammalò gravemente ed il 26 del mese testò ^) nella antíca torre dí Scarapaczís síta nella curia oor)erosia palazzo dello sfesso fesfafore, b) sh. senza dubbio deve essere stato il maschio della rocca, ove I'autore di questo volume attual-

Opera

di G. Veronese.

mente abita. Dispose di essere sepolto nella chiesa di S. Pietro in Corte, compresa entro Ia rocca, nella cappella ove erano stati sepolti il padre Giacomo IV 1433) ed predecessori suoi, e volle che figli abbellissero la cappella con un solenne ed ornato monumento marrnoreo sul quale

(t

i

.) Manca l'originale del testamento, ma ne esistono varie copie di cui C.2352, ll c C.-2500 sono complete. Sono dalate con l'aino 1478, Sixn IV anno VII, inilíclíone X, díe 26 Deccmbils: dati cronologici che concordano se, in conformità allo stile della Nativita o degli anni del Signore, si ag. giungc un'unità di più nella cifra dell'anno; di fatti nel febbraio 1478 già si parla di Onorato come defunto. b) È di6cile dirc quando e perchè la tonc prendesse il nome dell'antice e nobile faniglia dei Scarapazi, da cui credo dedvase quella odicrna dei Scatafassi originaria di Nnfa, ma che si trarferl a Sermouela dopo la distruzione e I'abbandono di ')

C-2345.

!\

Pant.,l. e,

496.

3)

i

quella città. Stephanus Víoìanî dictus Scanpallus appare come leste nella vendita di Norma fatta nel 1292 a favore del card. Benedetto Caetani (Regesta, l, p. ól). Esso è forse lo stesso .SrepÀanus Scarapatlus ricordato in altro istromento del tZal

l, p. 328) e come miler anagnlnus nel 1297 (Regesta, l, pp. I 12-114, | 18, 192). L'anno *guente, addi f set., Pietro Caetani donava d nobì!í oìrc Slephano dlcto Scanpalto magístro hoslíarlo di Bonifacio Vlll alcunc terre c il diritto che Stefano già possedeva tn communanfiIs dîcte lcne Nlnphe ct

(Pant.,

ín

clectione poteslatís seu rcctorîs clusdem tene (Iut',

p.

la3).

Mur, III-XIV, p. Xll.

l

Tertamcnto

e

mortc.


Testamento e morte

It477 -t4781

e della

t6t

il nostro archivio è ricco di documenti della sua epoca. Ho sempre creduto che vi sia qualche cosa di vero nella grafologia: nella scrittura si rispecchia I'anima dello scrittore ed in quella di Onorato si vede I'uomo guí a bíen soín de mettre les points sur les í; ogni parola, ogni lettera, persino ogni tratto sono staccati I'uno dall'altro. Tanta precisione e tanta ostinazione, guidate da un chiaro senso di giustizia, diedero a lui una condotta di vita che Io fa spiccare, con marcata differenza, sulla grande maggioranza de' suoi contemporanei; mentre questi curavano i propri interessi con spirito .. machiavellico u, seguendo il principio che la fede prestata fosse una convenzione temporanea in cui nessuna delle due parti riponeva eccessiva frducia, egli invece filò nella vita diritto come una spada, senza timore dei pericoli a cui andava incontro, senza riguardo a coloro che gli stavano intorno, e senza rammarico delle conseguenze di cui dovette pagare il fio. Come disse I'imperatore Federico III, fu egli invero qomo Onorato non solo dí nome mo anche ilt fatto.

questo amore dell'ordine

conservazione dobbiamo se

Stemma

di

Pietro Barbo (Paolo

S. Marco, Roma (Míno da

Domus,

l-2, 2l

lll).

Fiesolc).


LIBRO SETTIMO

"FINE DEL MEDIO EVO

i

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I

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Scultura rornana nel portico dei SS. Apostoli

in

Roma.

Caprror-o LIII.

LA CORTE DEL CONTE DI FONDI. (1464 - 1491)

A

narrazione completa delle vicende dei Gaetani d'Aragona, dapprima conti di Fondi e poi duchi di Traetto e di Laurenzana, ci condurrebbe fuori dell'àmbito prefisso a questo studio; quindi il racconto sarà limitato a quanto essi operarono nel secolo XV.

Si è già detto del capostipite Cristoforo Caetani, logoteta e protonotario del Regno, condottiero e fido seguace tanto di Giovanna II quanto di re Alfonso d'Aragona. Il figlio Onorato II, anch'egli protonotario, dopo la morte del padre (l 441), Íu il piìr fedele amico e sicuro consigliere di re Ferdinando; dalla prima ora che questi salì sul trono di Napoli, e specialmente durante la guerra angioina, gli fu costantemente a fianco Énchè giunse il giorno in cui ilpretendente Giovanni d'Angiò, sconfrtto ed umiliato, fu costretto a riprendere la via della Provenza (1464). Al momento più brutto della burrasca Ferdinando si trovò abbandonato da quasi

Partieolare della tomba di Paolo II. (Míno ilel Regro).

tutti, ma Onorato giammai titubò e infessibilmente gli rimase devoto. ") Il conte, alla fine della guerra, si awicinava ai cinquant'anni: uomo di media statura, piuttosto magro, con la fronte alta per incipiente calvizia, il naso aquilino, gli occhi un poco sporgenti ed il mento alquanto sfuggente. Di lui abbiamo un ottimo ritratto di Antoniazzo Romano. Al fisico corrispondeva

il morale. Non aveva la tempra maschia ma la ostinata tenacia nelle padre Cristoforo, e battagliera di suo azioni, negli afietti e nei rancori, propria di coloro che ambiscono far mostra di una petsonalità e di una forza di carattere che la natura ha loro negate. Grande fu la sua devozione al a)

...

Il

re nel suo privilegio del l. v. 1465.così si espnme: et barones rcgni ín faoorem rpsíus (di Giovanni

rnagnates

d'Angiò) con)ersí

a

nastra hobedíentía deoíarunt, paucís tamen

nobíscum remanentíbus, lnter quos ín ptímís anumetandus esl ,,.

Honorctus ,,, (Arc. Col., LXIV - I).

onorato II.


LA CORTE DEL CONTE DI

166

te e,

quantunque non legato a

lui da tenero

FONDI

Lib. VIl, Cap. LIII.

affetto (perchè dubito che Ferdinando abbia saputo

farsi amare), lo stimò come sovrano abile e saggio; e con vera nobiltà d'animo fu sempre pronto a sacrificargli tutto. Non solo si piodigò di persona, ma gli prestò anche denari e, quando questi non bastarono, gli offrì i gioielli di Casa, perchè li mettesse a pegno per procacciarsi di che pagare le milizie; si dichiarò persino pronto a rinunziare al proprio stato a favore di altri, se ciò poteva accontentare i baroni ostili e salvare la corona. Calcolatore calmo, anzi di temperamento freddo, non volle né seppe mai perdonare a chi avesse tentato offenderlo e tenacemente perseguitò i nemici.

'1,

)9

@NOA]*S'GAÎTAVS,

SEÓ5'DIA}\GÎA' G'c'

Ritratto di onorato tl Gaetani nel"triltico dí Antoníazzo Romano in Fondi.

futuro genero, il giovane Nicola Caetani, non permise per quattro anni e mezzo di uscire dal duro carcere, cioè finchè non ebbe la certezza che il padre di eostui avesse smesso ogni tentativo di carpirgli la contea di Fondi. Contro il proprio degenere figlio Pietro-Bernardino, che si era ribellato a lui, gli insidiava .lo stato e Io minacciava nella vita, concepì profonda animosità, per non dire mordente odio, e non diede pace al re finchè questi non I'ebbe imprigionato; una volta in carcere, permise che vi languisse per anni, mentre una sola parola sua al sovrano

Al

sarebbe bastata MagniÉcenza

della Corte.

a

liberarlo.

Vero principe del Rinascimento, fece mostra di una magnifrcenza, che meravigliò gli stessi suoi contemporanei abituati ai fasti dei gran signori; si è già ricordato la spettacolosa accoglienza che nel 1452 diede in Fondi a Federico III, quando si presentò all'imperatore in veste di panno umilissimo, ma col cappello ornato di oltre 100000 ducati di gioie. G narra Tristano Caracciolo,

l)

suo contemporaneo,

') Opwula Hist., I|fur., XXll, ol.

76.

di aver veduto lui e la

moglie vestiti

di tessuti di

seta e


Onorato II

[eec. XVI

167

)

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Palazzo Gaetani in Fondi (1470 c.)

d'oro, con corone $econdo iI costume regale, con collane e braccíati d'oro, splendidí e screziati di píetre e di gemme e con Ia sopratsoeste cascante sino aI malleolo del piede, cosparsa di che margherite e di peile. Non meno sfarzoso fu nell'addobbamento del suo palazzo in Fondi, ricostruì in forma molto piìr splendida ed artistica. Al principio drl XiV secolo, quando i Caetani subentrarono ai Dell'Aquila nel Possesso in. Pl*o sicchè Fondi' della contea, la città di Fondi si trovava in condizioni miserevoli ed infestata dalla malaria, la famiglia di preferenza risiedette nell'amena Traetto. Ma Roffredo III eseguì importanti lavori l) di bonifi"a, pavimentò le piazze, risarcì le mura castellane e molti edifizi, sicchè ben presto floride e diventò la capitale dello stato. I Caetani vi edifila città fu ricondott" a "ondirioni carono una rocca ed un palazzo, probabilmente sulle stesse fondazioni degli edifizi costruiti dagli antichi signori, e non sono alieno dal credere che la base del maschio, formata a grandi conci di pietra i"n" ,quudrati, sia opera di Riccardo dell'Aquila. Essi furono forse tolti da qualche monumento romano esistente nella vicinanza. Certo è che già sin dalla metà del secolo XIV il palazzo della famiglia sorgeva in quella località medesima ove vedesi I'attuale e ricorderò che nel 1378 vr fu tenuto il conclave che condusse

alla elezione dell'antipapa Clemente VII.

r) Cf. pa*e I, pag. 2l l.

e) Cf. parte

l.

pae, 293.

2)


LA CORTE DEL CONTE DI

r68

Ricostruzione

del palazzo,

FONDI

Lib. VU, Cap. Llll.

burrasca dell'invasione angioina, tornata Ia calrna nel Regno e pervenuta la famiglia a grandissima potenza e ricchezza, il conte Onorato volle rimodellare la propria dimora in forma più grandiosa e piìr consona al proprio stato: Il soffio del Rinascimento animava tutte le corti dei principi italiani di un fervore artistico ed Onorato non volle essere da meno degli altri: chiamò a sé da Napoli maestranze ed artisti, di cui non ho potuto purtroppo ritrovare i nomi, e cornmise loro la ricostruzione dell'avito palazzo, che è uno dei piir belli esempi che si hanno dell'arte italo-catalana. In esso si scofgono alcune pareti .ed elementi architettonici dell'antica residenza dei conti: così, ad esgmpio, la pgrta d'ingresso è nettamente di stile angioino e risale probabilmente ai primi anni del sec.-XV, Anche il.loggiato, illustrato nella'pagina precedente, è di stile ogivale e quindi anteriore alla ricostruzione. L'antico. palazzo era fornito, senzi dubbio, di finestre gotiche, probabilmente bifore; ess€ furono tutte sostituite da nuove finestre, uniche irel loro ge4ere e che, per Ia loro squisita bellezza, sono state ora dichiarate monumento nazionale; la parte superiore di esse è formata da una lastra di pietra tenera, lavorata a traforo in modo da sembrare un merletto e si direbbe quasi che in esse si sente I'influenza dell'arte moresca su quella catalana. Al palazzo non fu data quell'ampi"zza che forse il conte avrebbe desiderato,:perchè fu necessario ricostrùirlé sulle antiche mura e nell'area ristretta che è compresa tra 'la cinta castellana e la , chiesa di S. Pietro; tuttavia conteneva grandi sale con soffitti quattrocenteschi di legno dipinto, i travi dei quali erano sostenuti da mensole di noce, ornate da strane e grottesche figure, mostricciattoli di ogni genere e sesso. A prima vista queste sculture sembrano essere di un gotico primitivo ma, dietro piìr attento esame, sono da attribuirsi all'epoca di re Ladislao; evidentemente facevano parte dell'antica dimora. Quando nel 1925 visitai il palazzo, gli odierni promensole scolpito sulle Mostricciattolo prietari stavano demolendo quei preziosi resti del passato del palazzo Gaetani in Fondi. per sostituirvi travi di ferro e volticelle a mattoni, e mi stimai fortunato di poter salvare dalla distruzione alcune di queste interessanti mensole, che caricai sull'automobile per portarle a Roma. Due di esse sono illustrate in questo capitolo e una terza è rappresentata al piede dell'lndice delle Materie, in calce al presente volume. Così pure vidi cadere in franturni, sotto il piccone demolitore, la volta della grande cucina medioevale che si trovava allo spigolo sud-ovest del palazzo. . L'ediftzio poggiava direttamente sulle mura deila città, o per meglio dire, formava parte della cinta fortificata, e le frnestre dal lato di mezzogiorno davano sulla ridente campagna. Ai piedi di esse era il oiridario, chiaramente indicato nella pittura di Cristoforo Scacco, e nella località medesima tuttora vegeta rigoglioso un agrumeto, che segna i limiti dell'arttico giardino; era recinto di muro, all'esterno del quale trovavasi una vasca per abbeverare i cavalli ; all'interno c'erano un pozzo ed una peschiera. I.uogo di ricreazione della contessa e dei fanciulli di casa, aveva notevole importanza perchè è rnenzionato in molti documenti e nell'inventario, di cui diremo appresso, è designato come palcus. l) Passata

1) Inoent.

la

H.

G,, c, la,


Il palazzo

[eec. XV]

t69

L'epoca della ricostruzione del palazzo si può fissare con certezza al periodo 1466-1477. Infatti i rosoni nell'apice delle volte ed i caminetti portano lo stemma Gaetani partito con quello aragonese, e quindi sono posteriori al 1466 quando dal re fu concesso tale privilegio ; d'altra parte, qualche anno dopo comincia la grande'attività edilizia del conte Onorato a favore delle chiese di Fondi, attività continuata sino al giorno della sua morte (1491), ed è presumibile che prima di metter mano ad esse ultimasse la propria dimora.

'r Lt.ll .

.t.

{,-,?.}Í

--L= e rocca Gaetani di Fondi visti dall'esterno della città.

Palazzo

'

(Stato attuale con ripristino della merlatura)

al

è il

magnifico maschio consistente in una torre rotonda che s'inalza sopra uno zoccolo, o meglio torrione quadro, la base del quale è formato da grossi conci di pietra. Esso è diviso dalla rocca plopriamente detta, da una intercapedine, sicchè rimane completamente isolato. LIn arco, distrutto pochi anni or sono, impostato da una parte al palazzo e dall'altra al maschio, accavalciava la strada e costituiva Ia porta della città detta < de suso ,,, da cui si esce per andare a Napoli. Vi era inoltre un ponte di legno volante che congiungeva la sala inferiore del maschio' ove si conservava il tesoro, con le stanze d'abitazione del conte. ") Tanto la porta quanto il ponte sono chiaramente indicati nella pittura dell'epoca, riprodotta a pag. 178 ; le due porticine a servizio

Accanto

palazzo,

e

separato

da

esso dalla strada pubblica,

del ponte si scorgono tuttora. Non abbiamo elementi sufficienti per precisare in che epoca fosse costruita la rocca, ma è probabile che rimonti alla metà del trecento con aggiunte del secblo seguente. Difatti I'ediÉzio non è di struttura uniforme; nello stesso maschio si notano tre epoche distinte : la base antichissima, che credo del principio del secolo XIII; sopra questa, una torre quadra di muratura irregolare e scadente e, sopra essa, un'altra torre tonda accuratissimamente costruita con pietre a) Anche Cristoforo, padre di Onorato, abitò quete medesime stanze ed ivi dettò Donus,

l-2,

2?.

il

proprio testamento nel 1438 (Cf. pag. a8).

La

rocca.


LA CORTE DEL CONTE DI

170

FONDI

Lib. VII, Cap. LIII.

di taglio, probabilmente eretta da Onorato II. Le altre parti della rocca, costruite con pietrame irregolare, sono della stessa epoca della parte quadra del maschio, ossia del principio del secolo XV. L'intera merlatura, sostenuta da mensole in aggetto, è di epoca più tarda, probabilmente della fine del secolo; ora essa manca quasi totalmente ma, a giudicare dalla pittura dello Scacco, sembra che avesse la forma ghibellina consueta in tutti i castelli dei Caetani. Davanti alla rocca, dal lato esterno, c'era un bastione, o cinta di mura molto basse, che formava un avancorpo di difesa. Purtroppo, la maestosa rocca baronale è adibita ora a carcere e, giorno per giorno, va deperendo. Si è accennato che nella sala al primo piano del maschio era conservato il tesoro. Qui come nel luogo piìr sicuro, chiusi entro grandi casse di noce .intarsiate, erano custoditi i denari, le gioie e le carte più preziose del conte; quali e quanti fossero, ci è dato esattamente da un voluminoso codice pergamenaceo del 1491, che si conserva nel nostro archivio. Esso contiene I'inventario completo di tutte le proprietà di Onorato redatto, per ordine espresso del re, da appositi commissari ed in presenza della vedova, subito dopo la morte del conte, awenuta il 25 d'aprile. ") Il resoro. Sarebbe impossibile elencare qui I'intero contenuto del tesoro baronale, ma credo inte' ressante accennare ad alcuni particolari. Leggiamo nell'inventario : Perle 1555 del ptezzo da

t

ll2 a l0

ducati I'una

e del peso complessivo di 2libbre

ed

t12;

Perle 1440 comprate ad onza al prezzo di lS ducati I'oncia; pesano r ri8;

I

libbra

ed

Perle grosse 14; Crocetta di diamanti con una perla in mezzo e relativa catena d'oro; Fermaglio con un diamante a faccette, un rubino ed una perla a pera; Due u maniglie ' di l8 pezzi, con 9 diamanti, g rubini e 36 perle; Una guarnizione di cappello con 15 diamanti, 26 rubini, una perla con fermaglio di 2 rubini, uno smeraldo, una perla grossa et ín dícta pema quactro robinì, 4 diamanti e 35 perle;

Un diamante falso; Zaffii sette perfas ati; uno manco soa

perchè

Ío

posto

allo

cordíaleb) de

Io

comte ín qugsta

ultíma ínfirmítà, secondo díce madamma la comtexa.

i

Registrate queste e infinite altre gioie, regi commissari che redassero l'inventario, cominciarono ad estrarre dalle casse, uno dopo I'altro, pesanti sacchi di moneta. In primo luogo furono contate le monete d'oro, contenute in sette sacchetti e ammontanti a 13 460 ducati; poi quelle d'argento, custodite in 20 sacchi e rappresentanti una somma di 10910 ducati in carlini

i

papali, u del Reame > oppure < coronati >. Dopo ciò ripresero a fare I'elenco di altre gioie e oggetti preziosi: Una corregíola de argento con Ia quale se cegnea dícto quondam sígnor comte con boccola et mordente et appontatore quaranla dog de argento sopranaurato. Segue poi una lista interminabile di vasellame d'argento o dorato, con o senza I'arme della Casa, e tra esso quello tenuto in pegno per denari prestati: Lo argento che fo del sígnore Fabritio [di Capua?]; r) Questo codice di 27E carte, uno de' più pregevoli documenti medievali del gener., verrà pubblicato quanto prima nei

b) Cordiale: bevanda o rimedio atto a confortarc il cuore. Superstizioni delle quali non è immune il popolino, anche ai

Documcnti dell'Archíoío Caetení.

giorni d'oggi.


Il

[14ell

tesoro

l7l

Lo argento fo de la illustríssíma signora duchessa de Calabría ;") Lo argento che fo de lo rcoerendissímo sígnore cardinale de Aragona;b) Lo argento de la boctellaria; Lo àrgento de Ia cappella del dícto eondam sígnore. In prímís: calace uno tucto de oro smaltato con Ie arme del dicto condam signore, et con la patena de oro smaltata ín mezo, Seguono molti altri preziosi arredi: Una penna di due pezzi con una rosa di 16 diamanti, 12 rubini, 3 smeraldi, 7 diamanti

e 4 perle menute. Unitamente alle gioie e ai denari erano conservate nel tesoro ed in certi scrigni della camera da letto del conte le carte di maggior valore ed in special modo le " polizze ,', ossia Ie dichiarazioni da parte dei debitori delle somrne da loro ricevute in prestito da Onorato. In quei tempi quando non v'era modo di comprare azioni ed obbligazioni, come si fa ai giorni d'oggi, i ricchi signori '1it:t i:''4- .r.i4 davano ad interesse il denaro ai sovrani, ai parenti ed agli

4kr\

amici: per garanzia venivano accettati oggetti preziosio beni immobili; ma sovente i prestiti si facevano unicamente contro

iri:,

cambiali.

'

Così troviarno che il 24 marzo 1491, ossia pochi giorni prima della rnorte del conte, la regina aveva ottenuto da lui 2000 ducati ed un'altra volta già aveva avuto uguale somma, dando in pegno un prezioso fermaglio. Tra le polizze ve ne sono anche molte del re Ferdinando, come appare

dal

seguente specchietto:

Nell'anno 1458 ducati 3000

1465 ,' 1466 " 1467 "

" " "

3000

1166 1526

Nell'anno 1469 ducati 1549

" " "

" " 1477 ', 1470

lg00

l47l

3201 1084

ma queste somme, che ammontano a circa l6 000 ducati, Porticina nella stanza da letto del conte di Fondi' non rappresentano che una parte dei prestiti fatti al sovrano, il quale probàbilmente non li ripagò mai. ") In compenso . troviamo tra le carte del conte molteplici concessioni sovrane di feudi, esenzioni da imposte e pensioni che devono averlo soddisfatto ad usura. d) La camera del tesoro era collegata al palazzo con un ponte di legno volante, ciò "b" facilitava la sorveglianza del locale ove erano accumulate tante ricchezze e, in caso di pericolo, permetteva al signore ed alla famiglia di ritirarsi nell'inespugnabile torre.

o) Ippolita Maria Sforza, figlia del duca Francesco, morta

il te ag. l48s (Cf. Volp. R. F., p. b) Giovanni d'A,ragona, figlio veleno

nel

aa3).

di re Ferdinando, morto di

1485.

assegno annuo di 1000 ducati e che il 2 nov. 1458, in considerazione dei servigi resi, perdonò ai Gaetani tutti i delitti che potessero aver commesso per il passato, comprese le deÍo-

un

rclíones ohgínum et monlalíum

(Arc. CoI., XXXIU-|3).

.) Riferisce il Volpicella bp. qt e ns) che nel t465 c. il re prese in prestito dal conte di Fondi gioie per il valore di 60ff) ducati le guale ce le presle accíà se I impígna per Ii prcsentì

Duraute Ia guerra angioina (1459-l4U) gli concesse in feudo Ie tene di Alife, Dragoni, Sant'Angelo, Roceacanina, Pietraroia,

bísognl; nel l4E4 il re era debitore di 2zooo ducati. d) Ricorderò che nel 1450 re Alfonso gli aveva concsso

a Marco della Ratta (Mana, p.

Crispano, Torre

di

Francolise e Mignano, confiscate per ribellione 310).


LA COR E DEL CONTE DI

t72

FONDI

Lib. VII, Cap. LIll.

Leggendo il soprarnmenzionato inventario possiamo seguire i regi commissari nella esecuzione del loro mandato mentre si spostavano di stanza in stanza, e quindi rivedere con Ia mente I'in' tero palazzo. La camera da letto del conte di Fondi, che era anche quella abitata da sua moglie, era certamente il vano situato nello spigolo del palazzo, più vicino al maschio; era prowista di un caminetto eon mensole di stile catalano e di un piccolo balcone che dava sulla strada, al quale si accedeva per una graziosissima porticina di stile angioino. Adiacente ad essa era I'oratorio privato, sul cui altare c'era una imagine sacra o < cona " di legno. Subito dopo veniva la stanza da letto della contessa di Traetto, vedova dell'amato prirnogenito Baldassare, morto nel 1480, la quale nei suoi scrigni conservava i ricchi vestiti dell'amato consorte. Le porte di comunicazione tra una camera e I'altra erano munite di architravi e mensole di marmo, scolpiti in stile Rinascimento. Inventario

dei

vestiti.

i di

vestiti della contessa di Fondi. Riporto la curiosità delle lettrici che, soddisfare qui alcuni paragrafi dell'inventario, nella speranza meglio di me, sapranno interpretare la misteriosa fraseologia delle mode quattrocentesche: Item uno robone de oelluto nígro infoderato de tafecta nígto;

Nella u saletta delle

donne >> erano conservati

Item gonnella una de zambellocto de seta oerde; Item un'altra gonnella de tabí nígro fastrata de dammaschíno pagan.Tzzo; Ilem un'altra gonnella de seti pagonazzo con Ia cortapísa de oelluto nìgro; Item una gonnella de oelluto carmísíno con Ia cortapisa de oelluto nigro; Item una camorra de ímbroccato d'oro sopra siti oerde; Item mongile uno de panno de Burges leonato; Item mantello uno de acqua (impermeabile) de pdgonaczo de grana i

Item

ciopPetella

de

t) Panno nígro,

Per brevità ometto di descrivere i numerosi vestiti del conte, cioè i mantelli foderati di pelliccia, le cioccíe (calzari) di panno nero, i gonnelli, i mongili e i giupponi; dirò soltanto che quando pioveva portava, come si fa ai giorni d'oggi, una cappa d'acqua de panno nígro con

Io

scappuccío.2)

Poco distante, su per una scala, c'era il " guardaroba delle donne >) ove queste, suppongo, cucivano. Passando poi per la stanza che sta sopra I'ingresso del palazzo, si arrivava alla stanza Sanctí Petri e poi al guardaroba ove dormivano i paggi. In esse si scorgono ancora gli avanzi dei soffitti di legno e del fregio affrescato. Ivi erano custoditi, in numero straordinariamente grande, gli arazzi (pannì de rccza)" di lana e seta, con i quali venivano ornate le pareti delle sale in occasione delle feste e dei ricevimenti. Dovevano avere grande pregio anche allora perchè, nel suo testamento del 1489, Onorato l"!un* alcuni di essi facendone una descrizione particolareggiata. Erano tanti che non mi è possibile passarli in rassegna ma, per contentare la curiosità di chi s'interessa alle preziose antichità, riporto qui alcune clelle descrizioni contenute nell'inventario: In prímis, panni quactÍo con Ie gstoríe de re Priamo pet una cammeîa, con Ie tre banderole de Io lecto laboriate de sela et lana; Item psnno uno de altare de lana et seta con Ia Vergene Maria in mezo et con Sancta Catetina da le banne; Item panno un altro de lana et seta con fi.gure ad caoallo et ad pede: ùanno con caní, con uno cert)o ín mezo feruto aIIo collío de sceltto;

San Franciesco

r)

Inoenl.

et

tI. G', c.20b,

') hí.,

c.26o,

ad

caccía


Inventario del palazzo

[14e1]

t73

Item pannecto un altro de lana con certì homini et dompne ad caoallo ed ad pede, ín capo del quale è uno homo con uno falcone incappellato in pugno et una dompna che tene una ribera") per lo collío ; Item panno un altro de lana et seta figurato con homíní et dompne ad caoallo et ad pede, con uno falcone in capo del panno; aIIa mítà tene Io becho sopra Io groppone de un agrone et, ad quello dericlo, in pede, uno homo che tene uno agrone pú Io collo et uno falcon€ che

Io tene appíccíato,

t)

E così sino all'infinito!Noi ripensiamo a questi arazzi, non certamente nuovi nell'anno 1491, tra cui anzi ve n'era úno oecchissimo,' e, apprezzando il loro valore artistico e commerciale, ei meravigliamo come sia possibile che tuttil siano andati dispersi, perduti e distrutti. Strano invero sarebbe se un giorno, quando sarà pubblicato il nostro inventario, qualche ricco collezionista fosse in grado di riconoscere alla parete del proprio appartamento uno degli arazzi che un tempo ornavano il palazzo di Fondi. Purtroppo, guesto caso probabilmente non si verificherà. Ricordava mio padre che, quando era bambino, si usavano i vecchi e laceri arazzi" di casa per ricoprire i carretti con i quali si trasportava il mobilio allorchè si andava in villeggiatura a Frascati t ! V'erano inoltre le u coperte de carragÍo , di Valentia rosse o di panno russq tutte con lo stemma della Casa. Non dirò molto degli innumerevoli tappeti che, per necessità, sono descritti assai brevemente nell'inventario, accennando soltanto il numero delle rofe ,' grandi o piccole, ossia " gli ornati a forme di ruota o losanga che si vedono in quasi tutti i tappeti orientali. È d"gno di nota che erano tutti di piccole dimensioni, misurando nel lato maggiore da 8 a 15 palmi; alcuni sono descritti come ,eccÀíssímí. Ma troppo ci dilungheremmo volendo parlare delle molte cose elencate nell'inventario. Aggiungerò soltanto che i gentiluomini abitavano al pianterreno; ivi erano anche le scuderie che contenevano 24 bei cavalli, di cui uno de Ia racza de Santo Lonardo che'I donao Io sígnore re al sígnore conte Finestra del palazzo Gaetani in Fondi, per stallone che è cacciato ad pascere (tenuto a pascolo) per non sende posset sert)ire ad cosa aleuna. Di nome erano chiamati Andriano, Porcello, Moscatello, Angelino e così via. A servizio di questi, dei polledri e delle mule c'erano gli schiavi : Pebi Paolo nígro quale díce esse líbero facto per Io condam sìgnore; ítem Bucffirro nìgra quale dice esse francho facto per Io condam signore; ítem Andrea nígro schiatto et non líbero ; item Cíofolecto nigro schiaoo et non liberc; item Johan nigrc de Ia cocìna; item tuliano nígro de Io iardino ; item Petri loanni olibastro; item BaIiaIu nigro schíalrc et non libero et non chrístíano etc.z\

Ét,ffiffi ffffi íú,.r

a) Uccellí de riAera (riviera), Guglielmo Caetani scriveva

ossia

acguatici.

Il 5 nov.

al marchee di Mantova

1504

z Fin quí

non hanno píglíato cosa alcÀuna (cioè lalcoai), oedo per cagíon del!í tempí asciuplí, immo aríàíssímí, che son slalí ilí qua,la t) Inrenl.

11,

C., c. 23* e

see,

)

Ioí, c. 29".

qual cosa se ha judìtio de qua haoerne títarilata la oenula de Ií uccellí de rÍbera con li qualísoglíon oeniîe lí falconi (Arc, St. Mantooa, E. XXV-3).

Tappeti.


LA CORTE DEL CONTE DI

t74

Lib. VII, Cap. LIil.

FONDI

Ometterò la descrizione della cantina ben prowista di botti e della cucina e degli altri locali; dirò soltanto che nel guardaroba dei camerieri era tenuto il ben ordinato archivio, alla descrizione del quale il nostro inventario dedica 86 facciate di frtta scrittura. È un o"ro Regestum Chartarum del secolo XV. Alcuni dei documenti ivi segnati si trovano oggi tra le.nostre carte in

Roma. I-a grande sala di ricevimento, che serviva probabilmente anche da sala per i banchetti, era al primo piano, adiacente all'oratorio, e ad essa si accedeva direttamente dallo scalone per una grande porta ad arco. Leggendo l'inventario è possibile di vedere con Ia mente I'interno del palazzo del conte di Fondi quando era parato per un ricevimento; dico nelle grandi occasioni, perchè, quando non 'c'era necessità di sfoggiare la magnificenza baronale, e tappeti e arazzi e arredi preziosi erano rinchiusi nelle casse, nelle segrete e negli scrigni, in modo che le sale, prowiste com'erano di pochi mobili, dovevano apparire vuote e quasi deserte. o) Invece, nei giorni di festa, le stanze erano tutte tappezzate d'arazzi, con le portiere agli usci ed i tappeti in terra. Anche Ole panche erano coperte di arazzi. Sui tavoli di noce massiccia % scintiliava I'argenteria al lume delle candele fissate in candelieri I I d'argento dorato. Gedo che anche dei libri e dei codici miniati venisse fatta mostra in simili occasioni; infatti troviarno che il conte Mostricciattolo su una delle mensole in Fondi. per soffitto del palazzo Gaetani Onorato possedeva quindíci librí ad stampa tuctí íntabolati et coperti de dioerce opere nonchè vari codici in pergamena, tra cui I'opera di Valerio Massimo, le commedie di Plauto, il De BetrIo Gothorum di Procopio, l'Etica di Aristotele, le Tusculane di Tullio.

W

h

{e

** coshuzionisacre. Finita'la seconda guerra angioina nel1464, Onorato Gaetani mise mano alla ricostruzione del palazzo, descritto n"ll" pugin" precedenti, e forse anche ai restauri della rocca; allo stesso tempo iniziò quella serie di costruzioni sacre, alle quali si dedicò a varie riprese durante il resto della vita. In primo luogo riedifrcò I'antica chiesa sull'architrave della porta :

di S. Domenico come si legge nella iscrizione

HOC OPVS FIERI FECIT ILLMVS

ET

EXCMVS DNVS

D.

incisa

HONORATVS

GAYTANVS SECVNDVS. PRIMVS DICTVS DE ARAGONIA. COMES FVNDORVM. LOGOTHETA ET PROTHONOTARIVS REGNI SICILIAE. AD HONOREM DEI

ET BEATI PATRIS XII MAII XIII IND."

BEATAE MARIAE MCCCCTXVI DIE.

NOSTRI DOMINICI SVB ANNO

Delle spese fatte per guesto e gli altri edifizi sacri tenne accurato conto. Al tempo della sua morte fu rinvenuto un foglio di carta in cui erano registrate sei partite, ammontanti a 149 Non so bene spiegarmi perchè in un inventario tanto ") minuto del palazzo di Fondi non si sia fattc quasi cenno alcuno del rnobilio che invece è descritto per le altre rocche dello stato'

Forse vennero coasiderati cone

.

immobili per destinazione

dai commissari sopraccarichi di lavoro.

t


11466 -

Costruzioni sacre

r4erl

175

ducati, de li denari líberatí per lo sígnore ad maestro Lancillocto per la fabrica de Sancto Domínico de Fundí; r) dubito che il suddetto foglio si riferisca alla ricostruzione di S. Domenico poichè mastro Lancillotto poco tempo prima della morte del conte fu, probabilmente, incaricato soltanto

di

qualche aggiunta

o

restauro.

un quaternolo de quarto de foglio, di 24 carte, legato in pergamena, sulla coperta del quale era scritto : Quaterno de lÍ denarí despende Io sígnore comte per Ia fabbrica de Sancta Maria de Fundt et per Ia fabríca de Sancto Francìsco de Tragecto ") ef per Ia cappella che sse fa ín Sancto Francíscho de Fundi. Su un altro foglio era registrata una spesa di ducati 100 per la fabbrica di S. Angelo in Gaeta; nel 1477 donò anche alla chiesa dell'Annunziata della stessa città un fondo a benefizio dell'ospizio per i fanciulli segretamente esposti. b) 2) Eseguì inoltre dei lavori per abbellire la chiesa di S. Domenico di Gaeta, che il Gattola afferma fu costruita nel 1229 dai Dell'Aquila, antichi conti di Fondi, e soPra la porta fece porre un magnifrco stemma di marmo con lo scudo circondato da una corona d'alloro e che, àon"to dullu i. m. di mons. Ferraro a mio cugino Giovanni Lovatelli, si trova ora murato sul caminetto del mio studio nel Maschietto di Sermoneta. Nel medesimo anno furono da lui restaurati ed in parte ricostruiti Ia chiesa ed il convento di S. Francesco fuori di Fondi, a pochi passi dal palazzo baronale, completando così I'opera iniziata alla fine del secolo XIV dal famoso Onorato I Caetani, fautore dello scisma. In ricordo di 3) le parole: quanto operò, fece incidere sull'architrave della porta, con eleganti lettere,

Fu

rinvenuto anche

1479

HoNoRATVsGAYTANVSSECVNDVSDEARAGoNIAFIERIFECIT.

Poco prima della sua morte, ossia negli anni 1489-1490, mise mano ivi alla costruzione della cappella privata, accennata sopra, con intendimento di erigervi il proprio sepolcro.') A tal fine fe"" venire a Fondi gran quantítà de maîmo gentile ed aveva dato ordíne aI lartore de díctí a) marmorí et per suo coilicillo ordinao decta cappella se debbea fornbe Per mano de Massone; ma la morte gli impedì di ultimare il lavoro, che fu proseguito per ordine del re, e importò la spesa di 1200 ducati. Non so dire chi possa essere stato questo Massone ma probabilmente si trattava di quel Massone de Marco che, nel gennaio 1487, Onorato mandò a re Ferdinando per chiedere che facesse incarcerare il frglio Pietro-Bernardino; lo troviamo sovente menzionato nelle carte del conte. Al principio del secolo scorso si scorgevano ancora Ia cappella ed il monumento dietro I'altare maggiore, in uno dei muri laterali di sinistra. Sulla lapide si leggeva: IN HOC MAVSOLEO REPOSITVM EST CORPVS ILLMI. HONORATI SECVNDI GAYETANI DE ARAGONIA FVNDORVM COMITIS QVI IN VITA SVA DILEXIT DEVM ET MVLTAS ECCLESIAS REPARAVIT. OBIIT

A. D. MCCCCLXXXXI

DIE

XXV APRILIS IX INDICTIONE..I) .) Questo lavoro, iniziato già prima del tlze (Atc. CoI., UV-ao), fu ultimato dopo la morte di Onorato per ordine di re Ferdinando e importò unaspesa

di

looo ducati (C'2381. I).

b) (Copo"so, P. 232). Simile donazione fece anche alla thies ed all'ospedale di S. Maria Annunziata di Napoìi, corre risulta testamento del 1478 (Arc. Col., tlv-s6)In un primo tempo (14ù7) Onorato predispose di essere ")

dal suo

sepolto nella cattedrale

' t)

Int)ent.

H. G., c.

di S. Pietro, ma

8".

\

poi (tas9) cambiò

Mem. stot. dí Gaela, Il, p. 289.

d'idea e cominciò a costruirsi la cappella in S. Francesco. Negli appunti di Costantino Gaetani (ló30 c.) si legge: AII'atme sue al princípío del corc sono I'aquíIe coronale il'oto; all'al' Iate et aI quadro (di Gist. Scacco) è íI suo iltratto. AI bal' dacchlno ín mezzo sopra I'altare maggíote sono con I'atme st;a., quelle altrc della moglíe Pígnatella, he pignati neri ín campo oro (Gaet. MS., p. 35A), Ò Appunti del secolo Xvlll (C-2353. l). r)

Riprodotte a pae.

16ó.

a) Istruz' di rc Fadinando,

C'2381. l.

Monumento sepolcrale

di

Onorato Il.


.LA CORTE DEL CONTE DI

176

S. Maria di Fondi.

FONDI

Lib. VII, Cap. LIII.

Ma della sua tomba fu fatto strazio. Pochi anni prima di morire, cedendo alle preghiere dell'arciprete Nicola Pellegrini, cominciò I'opus magnum, ossia la ricostruzione della chiesa di S. Maria, detta ín Platea o ín Via di Fondi, che fu completata nel 1490, come si legge sulla lapide murata nella bellissima facciata; ma, a quanto c'informa I'altra lapide che trovasi presso la porta della sacrestia, il tempio non fu consacrato che nel I 508.

Il

Conte-Colino dà una dettagliata descrizione della chiesal) ed afferma che I'opera non fu ultimata perchè interrotta alla morte del conte. Manca difatti il campanile di destra, di cui era stato preparato il progetto ed erano state gettate le fondazioni che, non molti anni or sono, ancora si scorgevano. La facciata della chiesa, magnifica nella sua semplicità, è di puro stile Rinascimento. È rappresentata sulla copertina di questo volume. Sopra la porta monu' mentale, nella nicchia, sono tre bellissime statue: la centrale rappresenta la Vergine col Bambino; alla sua sinistra la figura del conte Onorato inginocchiato e a destra S. Caterina, con una palma in mano. Ha il volto di una fanciulla di straordinaria bellezza e non sono alieno dal credere che in essa, per volontà dell'innamoratissimo Onorato, sia stata raffigurata la giovane moglie Caterina Pignatelli. il conte non ha piir I'aspetto giovanile che si scorge 2) nel quadro di Antoniazzo Romano, di cui dirò appresso, ma appare più calvo ed i tratti del viso sono piir pesanti perchè forse lo scultore, per celare i segni della vecchiaia,

Opere d'arie.

arrotondò le linee. Nell'interno della chiesa ed in special modo sui pulpiti si vedono gli stemmi della Casa gaetana scolpiti con tutta la frnezza e I'eleganza dell'epoca; uno di questi è S. Caterina: forsc rappresentata riprodotto al principio del LVill capitolo. Per Io ornamento nelta persona di Caterina Pignatelli. et paramento della chiesa Onorato aveva ordinato una S. Maria di Fondi. speciale pecza de ímbroccato, con la quale furono fatti i oestímentì deí preíti et de altari. s) Tanto fervore nell'arte edilizia portò con sé un aflusso di artisti alla piccola corte del conte di Fondi. Si era in pieno Rinascimento ed i grandi signori di ltalia facevano a gara per attirare a loro i migliori pittori, scultori ed architetti a cui affidare I'abbellimento dei propri palazzi e delle chiese. Purtroppo, poco sappiamo di quel che accadde in Fondi, perchè rari sono i documenti che ci dicono della vita intima dei Gaetani d'Aragona durante quella che si potrebbe designare I'epoca aurea della contea, ossia nella seconda metà del quattrocento. Alla fine del secolo la famiglia vittima delle guerre e dei tumulti conseguenti alla calata di Carlo VIII. I feudi furono ""àd" confiscati e la contea di Fondi fu concessa ai Colonnesi. Tutto sembra indicare che in tale occasione I'intero archivio dei Gaetani fosse preso dai Colonna; e che una buona parte di esso fosse trasferito poi a quello nostro, nella rocca di Sermoneta, in conseguenza, forse, al r) p.

178.

)

Vcdi illmtr. a p. 166.

t

c-2381. l.


Opere d'arte

Ir483 - 14eol

t77

;i

cartacei però andarono dispersi. provato dal fatto che I'archivio dei Gaetani in Piedimonte è, quasi assolutamente, privo

rnatrirnonio tra Vittoria Colonna e Onorato Caetani (1560)

Gò è di docurnenti

originali anteriori all'anno 1500. ")

Autografo

di

Onorato Gaetani, conte

di Fondi (1472).9

Mancando quindi la corrispondenza personale dei conti di Fondi del secolo XV, nonchè i registri di amministrazione, detti poi vacchette, non si son potuti ritrovare i nomi degli architetti che costruirono il palazzo e le chiese, né dell'artista che scolpì le belle frgure nella lunetta di S. Maria. Il Fogolaril) è del parere che sentissero I'influsso delle opere di Benedetto da Maiano

in

Napoli. Esistono però due bellissime tavole nella cappella gentilizia della chiesa di S. Pietro, le quali ci provano che Gistoforo Scacco da Verona e Antoniazzo Romano furono chiamati a

Fondi dal conte Onorato. Del primo abbiamo un trittico in cui, ai due lati della scena della Annunciazione, sono Ie figure di S. Onorato, con la rocca di Fondi nella mano sinistra, e di un altro santo, forse S. Benedetto. Per similitudine di nome, S. Onorato e S. Caterina, furono i protettori e Patroni scelti di preferenza perchè intercedessero presso Ia Madonna a favore di Onorato Gaetani e di Caterina Pignatelli; ed in fatti si vede I' uno nel trittico dello Scacco e I'altra nella lunetta di S. Maria. Non descriverò il quadro, di cui il Fogolari ha fatto una particolareggiata e bella analisi nella sua pregevole monografia; ricorderò soltanto che nello zoccolo, che dà rialzo al quadro, si scorgono due stemmi dei Gaetani (partiti con quello degli aragonesi) e, fra due 3) angeli, una veduta del palazzo e della rocca di Fondi' L'altra preziosa tavola è frrmata in grandi lettere ANToI{ATIUS ROMANUS PINXIT. Nel mezzo, la Madonna col Bambino, e, ai piedi della Vergine, Onorato in ginocchio, vestito di una zimarra di velluto e fra le mani la berretta baronale; sullo sportello di destra, S. Paolo con la spada e, su quello di sinistra, S. Pietro. Come data dei due quadri si può indicare con qualche certezza il periodo 1483'1489. [l guadro dello Scacco è certamente posteriore al 1466 quando i Caetani ebbero il privilegio

di

usare dello stemma degli aragonesi. a) e il Conte-Colino 5) che nella chiesa di S. Francesco di Fondi Riferiscono il Bruto Amante esisteva non molto tempo fa un altro trittico dello Scacco, in cui era dipinto Onorato inginoc,a) Ho potuto rilevarc questo dopo ua accurato 6ame Per' sonale detl'archivio sterso. Trovai tuttavia in esco tre voluoi assai interessanti contenenti una collezione di copie autentiche, estratte nel 1630.1640 dai registri della corte di Napoli' nolti

t)

Gslletlc Nulonalì, vol.

Domus,1.2, 2?.

V, p.

193.

, C'ztZl.

dei quali sono poi andati perduti. Questi volumi, di cui conservo copia fotogaGca, sono frequentemente citati nella Domus con I'indicazione 5G9t). 3) Vcdi lllu*r, a pag.

Arc.

Gaet.

Arag.,

rcgucntc. 1

p.

cod. nn.

300.

'130E,

01

q1nù

e. 193.

e


LA CORTE DEL CONTE DI

t78

FONDI

Lib. VII, Cap.

U[.

chiato ai piedi della Vergine. Se ne fa cenno anche negli appunti di Costantino Caetani del principio del secolo XVII. l) Era posto sopra all'altare, ma ora, purtroppo, è sparito, venduto certamente per pochi scudi a qualche inglese ! Su di esso c'era una iscrizione con la data A. D. I DEcEMBRIs MccccLXXXtlt e quindi è da supporsi che anche I'altro trittico in S. Pietro sia all'incirca di quell-anno. In quanto alla pittura de I'Antoniazzo sappiamo che nel 1489 I'artista dipinse per Giordano, arcivescovo di Capua, fratello di Onorato, una tavola rappresentante la Madonna col Bambino tra due santi che, ritoccata e guastata, 2) si conserva nella cattedrale di quella città; mi pare probabile che Antoniazzo dipingesse le due tavole quasi contemporaneamente, passando

vizio dell'un fratello

dal

ser-

a

quello delI'altro. Né può quella di Fondi essere stata eseguita molto piìr tardi perchè nell'aprile del l49l Onorato moriva in Fondi. Ecco quanto ho potuto dire della casa e della città ove visse e morì Onorato Gaetani, logoteta e nel 1490 Patazzo dei Gaetani e rocca di Foudi protonotario del Regno, uomo di (dal quadro di Ctlstoforo Scacco). stato e condottiero, signore di Fondi e di uq vasto stato, favorito dal re Ferdinando il quale, grato degli eminenti servigi resigli, con sincerita d'animo, lo aveva ricom' pensato riversando su di lui ricchezze ed onori. Ma, come dice Tristano Caracciolo: Di fronte a tante símili attrattìoe e delízie di una oíta ínganneoole, o piuttosto oanità, sospendí iI gíu-

dizío, finchè aoraí conosciuto I'sltro lato della oita.î

.i Vita

familiare.

Onorato sposò in prime nozze Francesca di Capua (apr. 1428 c.), figlia del ciambellano Fabrizio, e da essa ebbe otto figli; ne procreò altri tre per vie extra-coniugali. La sfortuna volle che il primogenito Baldassare, il quale nel 1443 aveva sposato Antonella, 6glia del famoso gran siniscalco Giovanni Caracciolo, non avesse prole maschia, per cui Ia discendenza ricadde sui figli di Pietro-Bernardino, uomo di natura bassa e malvagia, che causò al padre gravi dispiaceri. Non saprei dire esattamente quando incominciarono i dissapori fra questo e il figlio i pro; babilmente ebbero principio quando il vecchio Onorato portò in casa, novella sposa, una fanciulla di meravigliosa bellezza, Caterina Pignatelli. Incentivo ad essi debbono esere stati i legati e i larghi donativi che Onorato fece alla moglie per testamento nel 1478 e per atti pubblici

nel

1485.

Neppure col fratello secondogenito, Giacomo conte di Morcone, visse Onorato in buona armonia, forse perchè sospettava che quegli aspirasse a togliergli pa*e dello stato; forse, e ciò è piìr probabile, perchè, oltre al dovuto, lo limitò nel godimento dei favori che froccavano dal trono e dei benefizi provenienti dall'avito patrimonio. Per tale motivo Giacomo al tempo r) Vedi

nota

c) pae. 175.

!) Cf. Fogolarí,

op, cit,

t) Mun, XXII,

c, '80.


Ir428-

Vita familiare

14e61

della invasione

di Govanni d'Angiò

prese

179

Ie armi contro re Ferdinando nella speranza

che,

il pretendente, avrebbe potuto carpire parte almeno

del patrimonio del fratello. Per costante amico e vero conforto nella vita, Onorato ebbe I'altro fratello Gordano che, nel 1447, fu da Nicolò V eletto arcivescovo di Capua. Uomo di acuto ingegno, prudente e cortese, di spirito ilare, si acquistò la stima e I'affetto dei contemporanei e la benevolenza sovrana e ciò, non solo per I'alta coltura e per la magnanimità di cui era dotato, ma anche per I'esimie sue qualità militari. Nell'aspra guerra che Alfonso.d'Aragona dovette sostenere per conquistarsi il Regno scacciando Renato d'Angiò (1435-1442), il giovane prelato prestò opera preziosa, per la qual cosa diventò intimo e fu molto amato dal re e dal suo successore Ferdinando; questi, alla morte del conte Onorato, volle che venisse a far parte della famiglia reale, assumendone il nome e le insegne. Afferma il Caracciolo che I'influenza acquistatasi presso re Alfonso molto giovasse al fratello Onorato per assicurarsi Ia protezione ed il favore sovrano, ma a ciò, mi pare, avrebbero dovuto bastare i meriti di questo e del padre, Cristoforo. Nel 1485, per intercessione di Ferdinando, Gordano fu creato patriarca d'Antiochia da Innocenzo VIII, ma I'affetto e Ie cure sue non furono mai distratte dalla chiesa capuana, suúr sposd, che resse per oltre 50 anni. Lasciò in ricordo di sè moltdici opere, su cui ancora si vedono le sue armi, e scelse per ultima dimora la cappella di S. Lucia, da lui costruita nella cattedrale capuana, ove si era preparato il sepolcro. Moù il 13 ottobre 149ó dopo essere stato testimone di un triste dramma in seno alla propria famiglia, ma in tempo per non vedere la caduta della Casa gaetana dall'apice della fortúna. Di lui a lungo discorre I'Ughelli. rr Finita Ia guerra angioina, partito il duca Govanni da Ischia, tornò la quiete nel regno, e Onorato potè godere il frutto dei rischi e dei patimenti sofferti. Re Ferdinando, per quanto perfido e crudele contro i nemici ed i sospetti, mostrò paterno affetto e vera riconoscenza verso coloro che costantemente gli furono fedeli, né, a dire il vero, gli sarebbe convenuto agire difierentemente. Ad Onorato cercò di dare, in ogni occasione, prova della propria riconoscenza ") e mai vi fu tra i due un'ombra di difrdenza o un distacco per quanto minimo. È caduto in errore il Volpicella 2) credendo che I'Onorato Gaetani, di cui il re nel 1467 diffrdava, fosse il conte di Fondi, trattandosi invece dell'omonimo cugino di

vincendo

Sermoneta.

Il

conte di Fondi, invero, fu sempre considerato I'esponente per eccellenza del baronaggio ligio al sovrano; il 20 settembre del 1477, in occasione delle feste nuziali di Giacomo, signore di Piombino, e di Vittoria Piccolomini, figlia del duca di Amalfi, dietro desiderio espresso dal re, egli fu scelto da tutti i baroni presenti perehè in loro nome prestasse atto di fedeltà e ligio omaggio al fanciullo decenne Don Fernando, figlio primogenito di Alfonso, duca

di

Calabria.3)

vi è a riferire di speciale interesse sull'attività politica del conte durante i venti anni che trascorsero tra la guerra angioina e Ia congiura dei baroni (1486), nè intendo qui dilungarmi elencando le numerose concessioni di feudi e grazie diverse, di cui fu oggetto. Di essi parla il Volpicella; 4) sono anche registrate nella .. Platea u dell'archivio dei Gaetani di Laurenzana ed in quello nostro. Torniamo quindi a discorrere della vita privata del conte in Fondi. Nulla

.)

Così

il

29 ott,

1466

(Pry.2059) concedeva ad Onorato cd

privilegio

t) ql. 353.

z7

p.

3?5.

3) No,at C.,

p.

139.

in

una 6nissima miniatura

(CÍ.

Caíetanotum Genea'

logla, frgan a tav. LI)i a Giordanoconferì personalmentetale privilegio il t6 agosto lr'.et (Ughelk, col. lll).

ai auoi discendenti di chiamarsi d'Aragona e di accoppiare al proprio stemma gucllo reale ncl modo indicato al piede del t1 e.

33i.

Arcivescovo Giordano Gaetani.

Rapporti

di Onorato

ll

con Ferdinando.


LA CORTE DEL CONTE DI

t80

FONDI

Ub. VIt, Cap. LIil.

*

*rF Matrimonio

Onorato Il con C. Pignatelli.

di

Dopo la morte della moglie Francesca di Capua, con Ia quale aveva vissuto lunghi anni in perfetta unione, Onorato, essendo forse già sorto qualche dissapore tra lui ed il degenere secondogenito Pietro-Bernardino, deve aver sehtito che il palazzo di Fondi, rnalgrado tutta la sua magnificenza, era vuoto. E così accadde che una mattina trovandosi in una chiesa di Napoli, scorse una fanciulla di meravigliosa bellezza, Caterina Pignatelli, figlia del cavaliere Carlo, di nobile lignaggio, ma di estrema povertà. Fu un coup de foudre. Il contg oramai sessantenne, s'innamorò píi4zamente della fanciulla e istanianeamente decise di sposarla. D fatti di lì a pochi giorni, mÒntato a cavallo, andò alla casa del Pignatelli e chiese di lui; il cavaliere, alla notizia che il conte era all'uscio, si precipitò per le scale scusandosi e protestando perchè I'alto dignitario, invece di venire in persona, non I'avesse fatto chiamare a casa propria. ") Onorato che era uomo sbrigativo e, in quel momento, aveva speciale premura, senz'altro gli disse che era venuto per chiedergli se era suo piacere di darglt Ia figliuola per moglíe. Il cavaliere Carlo, preso di sorpresa e considerando la eminente posizione e I'eta del conte, per uh poco ebbe il dubbio se fosse la mano destra o la sinistra della figliola che venivagli richiesta, e perciò si dimostrò offeso. Ma il vecchio innamorato non tardò ad assicurarlo della onestà delle proprie intenzioni, ed allora il padre della fanciulla, dubitando che, per I'età, il conte non ci stesse del tutto con la testa, dichiarò essere molto onorato, ma che reputava necessario il l) consentimento del re. Questi, pur sorridendo, fu felicissimo di accordare al fedele protonotario una grana che non gli costava niente, e così le nozze furono concluse. Ciò deve essere awenuto verso la metà del 1478, perchè pare probabile che appunto subito dopo il matrimonio Onorato abbia voluto 2) quale parte del pioprio patrir,ronio dovesse, in caso di morte, stabilire per testamento (9 dec.)

in

usufrutto alla giovane moglie. Il conte, con la sua consueta magnifrcenza, riversò sulla promessa sposa gioie e regali di ogni genere, e le costituì anche una dote. Leggiamo nel già menzionato inventatio che le donò z' 1440 perle; un fermaglio ornato di un rubino a punta, di un diamante e di sei perle tonde; vari anelli di cui uno era ornato di un díam ante tonghecto et íncastato ín uno mezo fiIo smaltato de russo et burello et uno smíraldo ín uno anello d'orc líscío ... et uno rcblno ail tabola più granile de I'altro a tabola che nce è sfiialtato nigro con certe rcsecte; uno collaro d'oro dentro una casa de cogro che pesaoa líbre cínque, con Peîne cento ottanta dui, con uno zafino in uno cardo; una catena d'oro che pesaoa libre quactro manco dui onzeTutte le quali gioie furono a lei donat e dal sígnore comte ín casa de sou patre quando staoa passare

íurata.3) poverissima che, da un giorno all'altro, vide pioversi addosso questi e molti altri magnifrci regali, alla pari di quanto accade oggi, non ebbe difficoltà a sposare il ricchis' simo dignitario dai capelli bianchi; ma, a differenza delle ragazze modeme, sposatolo, gli si

La fanciulla

afiezionò non solo come marito, ma come caÍo padte teneramente amandolo

In

'a) Tra Onorato ed il Pignatelli esisteva un'aùricizia aatica. fatti la sorelta di Caterina, Lucrezia, cra 3tata educata in

t\ Ammir.,ll, p.

226.

)

Arc. CoL,

LlV.86.

3)

Inoent.

et nella

sua oec-

cara del conte, probabilmcute al seguito della prima rooglic Fraùcesca di Capua (Atc. Col., LIV-86).

H. G., c. 5,


Caterina Pignatelli

r47E -14861

t8r

ehíezza eon íttcredìbíIe sollecitudíne et seîoitìt gooenandolo. Anzi il loro contemporaneo Carac' ciolo, non senza qualche malizia, ci riferisce che correva voce che Io qovernasse cosi bene che per lo più il conte agiva ad arbitrio della contessa, massimamente dopo la prigionia del figlio Pietro-Bernardino. Onorato fu cosi felice che, non solo ebbe cura di trovar posti onorevoli nella corte del re ai fratelli di lei, aprendo loro /a sbada dí salbe, ma spesso spingeva la moglie a mandar loro notevoli somme di denaro, che faeeva nascondere nei pacchi di caci e prosciutti e in sinrili doni, perchè il figlio Pietro-Bernardino non se ne accorgessó. Ma ogni rosa ha la sua spina ! Caterina, mettendo il piede in casa come matrigna, urtò la suscettibilità del figliastro, e gli antichi dissapori, che esistevano tra questo e il padre, diventarono piìr vivi. Pietro-Bernardino, conte di Morcone, già da tempo covava tristi pensieri allorchè

la generale confusione,

conseguente

alla rivolta dei

scoppiata alla fine del 1485, gli diede I'opportunità aperto conflitto col padre.

baroni,

di venire ad

Debbo ricordare che I'odio suscitato nei vassalli da Ferdinando, appena salito sul tronoi con I'esosa sua personalità si assopì ben poco quando egli si fu assicurata la corona ed ebbe cacciato il pretendente Giovanni d'Angiò dall'ltalia. Il nuovo re diede prova palese delle sue esimie qualità di uomo di stato e di diplomatico, ma gueste non riuscirono a velare i suoi difetti, ossia la crudeltà, la perfrdia e I'avarizia che, colI'andar degli anni, si resero sempre piir crude. La partecipazione al governo del figlio Alfonso, duca di Calabria, piùr odioso ancora del padre, e lo scandaloso sfruttamento del popolo per mezzo di monopoli e di fiscalità feroci, portarono le cose ad un punto che, quando nel 1485 Innocenzo VIII Innocenzo Vlll. e Ferdinando vennero in disaccordo per la questione di Aquila, Roma,"-S. Pietro (Pollafuolo). i baroni tutti del Regno si dichiararono pronti a stringersi intorno al pontefice Per cercare di rovesciare Ferdinando dal trono' il re li convocò a parlamento in Napoli, ma i baroni si guardarono bene di mettersi nelle il principe sue mani, sicchè dei gran signori solo Onorato, conte di Fondi, il duca d'Amalfi ed l) e di Taranto, Íisposero all" "hiamuta. Gli altri si riunirono a parlamento in MelÉ tra essi Sanseve' c'erano molti parenti di Onorato: Troiano Catacciolo, fratello della nuora; Geronimo rino, marito dlila nipote Bannella Gaetani, e non mi maraviglierei che anche il nipote Fabrizio 1485 Spinelli ed il proprio frgtio ed erede Pietro-Bernardino fossero presenti. Il 18 novembre 2) Della guerra in campagna di Roma si dirà nel capitolo seguente; per scoppiò I'aperta rivolta. o* i du ,i"ordur" soltanto che I'intera faccenda fu assai mal combinata da Innocenzo VIII e che difettava la coesione tra i confederati contro Ferdinando; sicchè in breve questi, con I'abilità e con la perfrdia a lui consuete, gabbò il pontefice firmando un trattato che non aveva intenzion" ul"una di rispettare (l I ag. 1486). Indusse i baroni ribelli a rientrare ne' propri feudi, con la promessa di amplirrimo perdono a tutti, ma, rotta così Ia confederazione, ripudiò tutti gli impegni presi. Dopo un anno, arrestati i capi della ribellione, ad uno ad uno li fece sparire silenziosamente in modo che, per molto tempo, non si seppe nulla della loro crudele motte. 1) $tsn,,

Yll, 9. 222.

') Ndat G., p. 257.

Pietro-Bern.

e la

congiura

dei baroni.


LA CORTE DEL CONTE DI

t82

Coopirazione

di

Pietro-Bern.

contro

il

padre,

FONDI

Lib. Vll, Cap. LI[.

Pietro-Bernardino Gaetani, alla pari di molti altri baroni, era stato cuore ed anima per i ribelli, pur fingendosi devoto al sovrano, tanto è vero che, tl 22 novembre 1485, il duca di Calabria informava il suo segretario Albino che /o conte di llforcone con Ie genti del conte dí Popolt ha promesso saltare a Sezze, Fíperno e Sermonetd con copia dí fanteúe e disperdere per quell'ímpresa quanto tíene.l) Gò non deve recare meraviglia perchè.già da anni PietroBernardino aveva in animo e aveva tentato anche di carpire Sermoneta al cugino Onorato IIl. Il re, ben informato che il conte di Morcone, in rmo pectore, congiurava contro di lui, non ne fece cenno al vecchio Onorato, il quale era tenuto al buio del tradimento del figlio; 2) nè prese prowedimento alcuno contro il giovane perchè, come dice il Porzio, era dísposfo totalmente a oolere che iI merito dell'uno íI demerito dell'altro cancellasse. Pietro-Bernardino approfittò della confusione causata dalla rivolta dei baroni per cercare di carpire il potere al padre; ed anche dopo che, il 3 ottobre 1486, i baroni già ribelli ebbero prestato ligio omaggio a re Ferdinando nella gran sala di Castelnuovo, egli continuò a far guerra ul pudr", aiutato in ciò da Fabrizio .spinelli, nipote di questo per parte della figlia Sveva Gaetani. Occupò a mano armata alcune terre'dello stato paterno ponendovi castellani e gente d'arme propria, facendosi pagare le entrate e, da vero bruto piir che figlio snaturato, pubblicamente minacciava di morte. il conte Onorato scrisse al re chiedendogli d'intervenire energicamente a suo favore. Questi fece quanto potè per via di persuasione; ma, giacchè il conte di Morcone procedeva da male ín peggio, stringendo il padre in malo modo e non nascondendo ad alcuno che, se si presentunu I'o""urione, non avrebbe esitato a díspíacerli di persona sua propria (ossia ad attentargli

sparlava del padre

alla vita),

e lo

il re decise d'intervenire in aiuto del suo frdo protonotario. A tal frne gli mandò

in soccorso messer Troilo de Abenaboli con una squddra, Rinaldo Ferramosca da Capua con la sua compagnia e 30 cavalli leggeri, Cesare Pandone e Placido capitano di fanteria; ordinò 'inoltre al duca di Calabria (14 nov. 14S6) di inviargli in soccorso altre due squadre. Incaricò poi messer Pietro Olivieri di recarsi dal conte di Fondi per assicurarlo che I'avrebbe aiutato ed cosa e che aveva non solum deliberato aíutarlo de gente, ma etiam suppliîe -tp"t" in ogni ?) "ppoggi"to et arl omne altra cosa che Ii serà necasario, extimando le cose srre esser nostre.. oti" Così durarono le cose per oltre un anno. Piìr volte Onorato, istigato senza dubbio dalla moglie che odiava'il figliastro, supplicò il re che procedesse aIIa punitíone et castìgo di PietroBernardino e del nipote Fabrizio; ma Ferdinando sempre gli aveva fatto rispondere che Ie dffirentie domestiche Ií facesse asseltare daIIí parenli prioatamenle come si conoíene. Ma la situazione andò peggiorando,') sicchè Onorato, sapendo che il figlio ed il nipote si trovavano alla corte del re, verso la metà a)

malefatte del frglio sono ésPotte nel testameato che il 15 mag. 1487; in esso leggiamo; cause ilella dísercdazione son queste: c pimleramente

Le

Onorato fece

l*

che Píctro Berctdíno, cercando con ansíetà

Ia

morte dello

stetso conlc padre suo, nc ìnsidíò la oíta; perchè Bemrdíno mcileslmo plù oolte mínacclò dí oolet uceidere ìl conte ed altrl I qualí ooleoano coadiuoaio se non assecondasse la sua praÙa oolonta a dísdoro, danno e íngìwìa dello stesso testatotc, spa' oentanilolo anche con armí e con genlÌ atmale i petchè Píetrc Bercrdíno ptonunzlà plù oolte parole íngíuríose e pícne di rrlnlumelic contto Îl teslatorc i perchè conlro Ia oolontA del

di Fondl suo padrc occupò alcune fotlezze dl tetre e ca' stella, mutanilo í castellaní, í socl e glí uffciali a massíma

conte

'l

yolp. R. F., p.337, cir. Albiso.

\ p. 192.

di

gennaio 1487, supplicò questo per duplícate lngÍurla e ilanno ilel teslatote; petchè PÍetto Bcrctdlno se l' ín' lenileoa con malefcl malfaltoú c omicldl aI dì là e eonho Ia oolonta dello stesso testatorcl perchè Píetrc Berarilíno eta eil è malanente scoslumalo commetlendo crímint e delíltí, cause di íngatítudíne e ilisobbedíenza sía contro ll conte, padre suo, sta contro allri dat qualt gíustamente polè etsete ilkocdalo; petchè

íl

conte leslatorc consiìlercndo masslmamenle

í

cattioî

coslumí, i ilelíttl ilcl medesímo PÍebo Beraìlíno, ecl aftnchè il pabímonío ed í bcni del lestatote stesso sf consctùlno 'c non oailano ín manl al!ruí, dísetei!ò il meilesimo PÎelro Beratdíno per

Ie rcgionl e I delittí preilettl eil al!fl dsullantl dal

fallo

E) VoIp. R. F.,

conho Pielro Eercrilíno (Prg' 2S0S).

p.51.

prccesso


Pietro Bernardino

11485 - 14931

t83

líttere che li' facesse arrestare, perchè temeva non solo dello stato, ma della propria vita. Il re ancora una volta si ricusò. Allora il conte di Fondi mandò al sovrano Massone de Marco con incarico di dirgli in modo assai reciso che, se non venivano prese le misure richieste, disperando della situazione, avrebbe seguito uno deí due partíti, o abbandonare Io stato et con quellí poco mobili che lt è rcstato andare a finire questí pochí anni della sua oecchiezza forc del Reame, o preoeníte Ie insídíe de suo figlío et farlo ammazzaîe per non stare ad ogní hora con Io cortello aIIa canna. Ferdinando, vedendo il conte deciso a così radicali misure e temendo sul serio che abbandonasse Io stato, lasciandogli scoperta in tal modo la frontiera dal lato dello stato pontifrcio, il 2l gennaio 1487, fece arrestare Pietro-Bernardino e Fabrizio Spinelli e rinchiuderli in una camerc dí Castelnuovo. Il giorno seguente spedì al conte messer Antonio Cappello per comunicargli la notizia ed esortarlo a perdonare i colpevoli, facendogli osservare che stando I'uno e I'altro dellí predetti dooe ad isso conte è píacíuto farli colloci'are, ancora che Ia peîsona. et stato suo per tale detentíone sfessero sícuri, secondo luí ne ha fatto Íntendere, pur tuttaoolta che Ii oenissero in memoúa lò amore paternale, sapimo saríane constrícto ad píglíarne dispíaceie ét amaritudÍne, quello che non poterà succederc relornando Io conte de Morcone et Fabrttío ad oenía con díspositíone de fare da qua aoanti fficio, non de ínsíaduní, ma de obedíenti figltolo et nepote oerso esso conte de Fundí.t) Fabrizio Spinelli fu liberato dopo poco tempo, ma il severo conte non volle perdonare al figlio. Non sapeva farlo. La sua fermezza di carattere era diventata ostinazione senile; il risentimento ed il timore, suscitati dalle minacce parricide del figlio, venivano senza dubbio mantenuti vivi dalla giovane moglie Caterina. Pietro-Bernardino fu carcerato nella torre di S. Vincenzo e, appresso, di lui si seppe ben poco. Un soldato del castello, che tentò di farlo fuggire, fu squartato il 26 marzo, ma a la sententía non la oolsero legere lt iudtct de Ia oícaria excepto messer Scípio de Mectula de Man2) fredonía qualí era audítore ilello íIlustrÍssímo signore duca de Calabría, il crudele Alfonso. Contro Pietro-Bernardino 'fu intentatb regolare processo, in seguito al quale il padre Io diseredò, nominando in sua vece i figlioli Onorato e Giacomo Maria. Poco dopo si sparse la voce che il conte di Morcone fosse morto di mal malínconíco, ma la verità è che visse imprigionato almeno sino al 1492.") Mórto Onorato (25 apr. l49l), il re e il duca di Calabria, i quali sapevano che nel settembre 148ó, dopo la pace col papa, il conte di Morcone aveva cospirato ancora esortando i baroni ad assoldare Roberto Sanseverino per continuare la ribellione, 3) devono aver trovato opportuno la u eliminazione ,, di lui che, liberato o fuggito, avrebbe potuto mettere in pericolo

la contea di

n) Anche nell' inventario di O. G.

(c. l7b), in

data

gio 1491, si legge: Ilcm catenaunad'oro quale è de

I

mag-

Anlonio de Fructo, crcrío, che

míssere

slaoa plgno per trcnta ducatí ce

BqailÍno Gcytano de pÍso ìlc una lìha el dut onze, illcc Volp. R.

Pietro-Beni,

Fondi.

Questo dramma, per quanto voluto da Onorato, deve averlo profondamente accasciato: per risollevargli lo spirito e dimostrargli I'affetto e la stima, il re propose di dare in moglie al giovane Onorato, figlió primogenito di Pietro-Bernardino, e quindi nipote del conte, la propria nipotina Sancia d'Aragona, figlia naturale di Alfonso, duca di Calabria, nata da una certa Trusia Gazella.

r)

Arresto

e morte di

F.,p.76.

,') Not. G., n.

163.

')

Volp. R.

F.'p.337.

lo lIí

sìgnote comlc haoea prestafl.

dcxc che

Fidanzam.

di Sancia

d'Ar.

con Onorato

lll.


LA CORTE DEL CONTE DI

t84

Ub. VIl, Cap. Llll.

FONDI

ebbero luogo in casa del conte il 6 maggio 1487- l) Purtroppo non abbiamo i capitoli matrimoniali, ma possiamo essere certi che re Ferdinando ebbe cura cÀe tutto fosse ben disposto per assicurare la felicita ed il benessere futqro della nipote. D fatti troviamo che" il conte il 15 del mese redigeva il proprio testamento col quale confermava di aver diseredato il frglio Pietro-Bernardino e nominava erede universale il piccolo Onorato; dal. canto suo il re il 3l luglio concedeva a questo la carica di logoteta e protonotario del Regno a vita, pur lasciando all'avo tanto il titolo quanto I'esercizio del grado, ma dichiarando che dei due avesse Ia precedenza il nipote ; poteva questi reggere I'ufficio in assenza dell'avo e

Le

feste per

il frdanzamento

anche nominare un luogotenente.

2)

Vedremo nel capitolo LXI le brevi gioie matrimoniali della giovane coppia dello sposo dopo che ebbe assunto il titolo di duca di Traetto.

e le sventure

*** Mandella Gaetani.

Fuga

da Napoli.

Qualche mese dopo l'arresto di Pietro-Bernardino si maturò Ia vendetta di Ferdinando contro i baroni, già capi della ribellione: il 4 luglio 1487 li faceva arrestare. Tra questi c'era Geronimo Sanseverino, principe di Bisignano, marito di Giovannella Gaetani, meglio nota alla storia sotto il nome di u Mandella u, figlia del defunto Baldassare, primogenito del conte di Fondi. Della sorte del principe, piìr che di quella degli altri baroni, si preoccupò I'opinione pubblica; poco dopo corse la voce che era stato messo a morte perchè si era veduta nelle mani 3) del boja una catenella d'oro che gli aveva appartenuto. La moglie Mandella, donna, come dice il Porzio, 4 non meno dí animo che dí origine Romana.... degna oeramente d'esser annoúerata fra Ie píù celcbrl del mondo, nascondendo sotto I'abito donnesco un alto úalorre, aveva intuito il pericoloed aveva cercato di preparare Ia fuga dell'intera farniglia, ma la sagacia del re la prevenne. Tuttavia non si piegò sotto la sventura. Costretta dal re a rimanere in Napoli e sorvegliata dalle spie, ") prese la risoluzione di portare a salvamento i figlioli anche se Ferdinando, adiratone, si fosse vendicato poi sul corpo del marito; è probabile anzi che avesse intuito che la sorte di questo era già decretata. Perciò decise di fuggire e tutto organizzò Per mezzo di un suo frdato familiare. Sulla riva di Chiaja, dentro I'onde del mare, sorgeva una piccola chiesa dedicata a S. Leonardo, reputato protettore dei prigionieri; vi si accedeva per un ponte. La principessa, sotto scusa d'invocare la clemenza divina, prese ogni giorno a recarsi in detta chiesola in corn' pagnia de' figlioli e di qualche sua donna di casa. Quando tutto fu pronto, supplicò il duca di Calabria che le permettesse di avere per qualche giorno il figlio Onorato, il quale lo serviva in qualità di paggio, sotto pretesto che voleva andare aI perdono a S. Maria di 5) o, come asserì il re, sotto scusa di dover accudire ad affari dello stato. Poi, il Piedigrotta, 7 settembre 1487, prese il partito di fuggire. Altre ore due di notte chiamò a sè le donne di casa e le informò del suo proponimento.

Le povere femmine, rendendosi conto del pericolo dell'impresa, e per la sorveglianza della gente del re e per il rischio dei corsari e per le insidie del mare, pur abbondantemente spargendo Iagríme, si dichiararono pronte a seguirla oYunque. ùll rc(Volp. R. F., p. lot) \

Notar

G.,p.

16?.

2)

nelle sue igtruzioni aferma

Atc.

Goet.

Atog,,d. 130E.

il

contrario.

\

VoIp. R.

F.' p,427.

a)

p.204.

5) Norar G.,

p. 16l.


Fuga

[487.14e11

di Mandella

Gaetani

t85

i figlioli

per mano, si recò a S. Leonardo; senza recar sospetto per questo atto abituale, ive, sotto varie scuse, la principessa si sbarazzò degii uomini che l'accompagnavano; poi awiluppatasi il volto con un oelo aI costume delle dame napoletane, salì con la piccola comitiva Presi

su una barca che la condusse al brigantino che aspettava al largo.l) Appena scoperta la fuga, il re mandò una galea ad inseguire Mandella, ma ella sbarcò Eana e salva a Nettuno e si rifugiò presso i Colonna. Profondamente irritato di vedersi gabbato da una donna, il re, il 20 settembre, mandava Antonio Fiodo a Roma per fare vive rimostranze a Mandella per I'ofiesa arrecatagli, dimostrando così poca*fiducia in lui. Come mai, le faceva dire, poteva temere della sicurezza de' figlioli quando viva era la memoria degli immensi servigi resi a lui e al re Alfonso dal padre di lei, Baldassare, e dall'avo, il frdo protonotario Onorato, e da tanti altri parenti? Sempre I'aveva haouta in loeo de figliola e mai avrebbe 2) ella dovuto agire senza consultarsi col conte di Fondi. Vane furono le sue esortazioni afinchè tornasse nel Regno per vivere presso il vecchio nonno, perchè, come osservò I'Albino, Ia principessa preferi oíoere libera ín Roma, che tra' scoîÍeîe Ia o,tta più onoreoolmente (honestius) presso I'aoo paterno.3) Circa tre anni piìr tardi passò da questo all'altro mondo il principe di Bisignano. ll giorno di Natale del l49l fé tale temporale si de tempesta de úenti, de pogí, de grandene che tucta Ia notte non fé mag ahro, e ci informa Notar Gacomo a) che pubblicamente se diceoa che quella nocte Ii baruni del Regno quali staoano ccrceratí ín lo Castello Nooo etano slatí amazarati ín marí. Gli ultimi anni del magnifico Onorato Gaetani devono essere stati ben tristi; vuota era la casa e la presenza stessa dei nipotini non riusciva ad allietarla, perchè rievocava la memoria del loro padre imprigionato; dispersi la famiglia ed il parentado; Ia giovane moglie Caterina non poteva ridare vita al conte il cui corpo, minato dalla infelicità, andava ogni giorno più deperendo. . Ammalatosi, il 15 maggio 1487 testava5) in Napoli. Alla moglie Caterina legava il castello di Maranola, molte gioie ed altri beni. Le permise inoltre di fare con le vesti baronali panni

per gli altari o da destinare ad altre opere pie. Ma Ia sorte volle che soffrisse ancora per qualche anno; ammalatosi di nuovo gravemente di podagra, dettò un secondo testamento in data del 15 gennaio 1489,6) apportando alcune modifiche a quello precedente. Esso venne approvato e confermato dal re con decreto del I agosto 1490. D Anche questa volta le instancabili cure della moglie e la forte tempra vinsero il male; ma finalmente il 25 aprile 1491, il conte spirò nel suo palazzo di Fondi, nella stanza prospiciente la torre maestra della rocca'). Il re, risaputa Ia notizia, mandò una magnifica coltre di broccato per coprire il feretro, nonchè 700 canne di panno nero per il funerale. Il giorno 27 Onorato, vestito dell'umile saio di S. Francesco, fu sepolto nella cappella da lui costruita nella chiesa

di

questo venerato santo.

Re Ferdinando, preoccupato di salvaguardare gli interessi dei giovani eredi e della propria nipote Sancia, fidanzata al piccolo Onorato, volle che si redigesse un minuzioso elenco di tutto il patrimonio e a tal fine delegò speciali commissari.

a) (Inoenl.

H, G.,

cc. 3.

e

l3h). E non già

il

ZZ del mes€, corne asserisce Notar Giacomo

(p. tlZr,

né inNapoli, come sostiene

Bruto Amante G,. ll7).

1)

t) Porzio, p.204. t) VoIp. R. F., p. t60, istr. Arc. Gaet. Atog., ad. N. 5 (491), c. 20. Donus,

l-2,

24.

XCV[.

\

Íoí, p.

134.

t) p.

l7l.

5) Prg.

2808.

6)Pre' 30ó3'

Malattia

e

di

morte

Onorato II.


-l-!

:

LA

t8ó

CO.RTE DEL :CONTE

Onorato dunguc fu repolto in S. Flancesco

:DI FONDI

Ut. VB, Crp. Ufl.

"

di

Fondi, ma le sue.ossa non dovevano riposaretranquillené.sfirggireallarnalv'agi1à.ealla.*oltezzaUH*o8;RiferisceBrutoAmante"l) che le orde frbncesi tra il 1806 e il 1814, rovislcndo per !e chiese, .scoperchiarono la tonba del conte e trovarono il suo corpo peteu4rnente conserv.ato. "ll comandante volle per # la spada che. gli giaceva ,al fianco, Poi il popolo, credads in tn primo tempo c.he d trattasse dd corpo.di un.'santo,. volle trasportarlo in gran'pompa a S. ,Domenieo e lo depose,,dieto I'altare maggiore; ma poi le ossa vennero rimandate a S. Francesco ove, per stupida negligenzr dei frati, yennfio buttate nella fossa comune. Quando rwerente mi recai a visitare il luogo della *ryoltura &l potente e rnagnifrco nostro antenato, anaramente -$ostatai che la chiem scrviva di Sedle e 'd stalh. SÍc bansít glorta mundí! r) p. 301.

:

l


Caprrolo LIV.

GUERRA ORSINI.COLONNA. (1478-t4e2)

a vita di Nicola, comunemente detto u Cola ", primogenito di Onorato Caetani di Sermoneta, fu breve ed agitata. Non ancora ventenne fu imprigionato da re Ferdinando e tenuto per quattro anni e rnezzo in Castelnuovo di Napoli sino a che non fu respinta I'invasione di Govanni d'Angiò (1464). Riacquistata la libertà, si dedicò esclusivamente al mestiere delle armi ed in esso si mantenne sino al giorno della sua prematura e tragica

morte (1494). Di lui non abbiamo che poche notizie durante la vita del padre. Succedutogli nella signoria di Sermoneta (1478), .sua persona tutte le responsabilità come capo dello ricaddero sulla Sigillo di Guglielmo Caetar:L l) stato e della famiglia; ed il compito suo non fu facile, perchè gli ultimi anni del pontificato di Sisto lV ed i primi di quello di Innocenzo VIII furono turbati dai violenti conflitti sorti fra le due piir potenti famiglie di Roma, i Colonna e gli Orsini. In questa guena civile rirnasero coinvolti anche i Santacroce, i Della Valle, i Savelli, i Margani e i Caetani, farniglie quasi tutte imparentate I'una con I'altra. Ad illustrare ciò ricorderò che Nicola ebbe per moglie Eleonora Orsini, figlia di Napo- Parentele 2) e da essa per molti anni non romane' leone dei signori di Bracciano e sorella del famoso Virginio, ottenne prole. La sterilità di Eleonora deve aver turbato le relazioni familiari, tanto è vero che, pochi anni dopo le nozze, si credette necessario prendere prowedimenti per accantonare i 4000 ducati di dote, che un giorno si sarebbero dovuti restituire. È probabile perciò che Nicola contemplasse la possibilità di ottenere un annullamento di matrimonio. Nicola, per parte della sorella dell'avo, Sveva Caetani, era cugino in secondo grado di Pierantonio, del famoso condottiero Prospero e del cardinale Govanni Colonna, signori di Paliano, nonchè dei cugini di costoro, il protonotario Lorenzo, Fabrizio e Giordano Colonna, duca di Marsi. 3) La sorella poi di Ncola, Iacobella, prima del 1484 fu fidanzata a Paolo, figlio di Stefano, a sua volta figlio del settuagenario Pietro Margani. Gli sponsali di Iacobella ebbero a) La giovane sposa ebbe vita luogo il 4 aprile 1484 e le fu data una dote di 3m0 ducati d'oro. r)

C-2791.

Prg. t0é3 del 20

eo,

t) Cf. tav. 14E5, pubbl. ia

sd.

a pae.

ll3.

Du. Fm.' p. 13.

1 Cf, trv. rmal.

E pag. 23.

,

C-2358, C-236t. I. Pa ruo orcdo

vcdi


GUERRA ORSINI'COLONNA

Lib. Vll, Cap. LIV.

travagliata e piena di affanni, perchè aveva messo piede in una famiglia su cui sembrava gravare la maledizione di Dio. Il vegliardo Pietro fu trucidato da Prospero Santacroce; a vendicare I'avo, Paolo Margani, un anno dopo aver sposato lacobella, uccideva Bartolomeo Santacroce.

Paolo fu poi spogliato di ogni bene dagli Orsini e da Alessandro VI e sua moglie fu cacciata da Roma nel 1502, quando il papa perseguitò e cercò di sterminare I'intera stirpe dei Caetani; il figlio unico di lacobella, Pietro leronimo, nato durante il primo anno di matrimonio, giunto all'età di 3l anni, fu ammazzato barbaramente dai parenti di una donna del volgo con cui s'era messo a far I'amore. l) Durante il glorioso Rinascimento italiano la vita umana era stimata a vil prezzo e Ie probabilità di morire con tutti i panni addosso non erano poche.

**

Principio

del con0itto.

La dolorosa istoria ebbe inizio appunto il I 5 settembre 1480. Sull'imbrunire, il detto settuagenario Pietro Margani, ricco e preminente signore di Roma, stava seduto davanti alla porta di casa sua ciarlando con i familiari e godendosi il fresco della sera, quando improwisamente Prospero Santacroce, rientrato in Roma nascostamente dall'esilio, sitibondo di vendetta per ,"""oti offese, gli si awentò addosso e l'ammazzò a pugnalate. Pietro era suocero di Francesco :i della Valle In un momento tutta Roma era nelle fiamme della guerra civile. I Della Valle e Margani trovarono appoggio nei Colonnesi mentre i Santacroce si gettarono in braceio agli Orsini, in tal modo accoppiando i propri odi di famiglia e i propri conflitti d'interesse a quelli secolari delle due grandi famiglie romane. Intervenne il papa, esortando i baroni a non versare sangue fraterno, e I'indusse a prendere invece le armi contro il turco che, con minaccioso ardimento, si era impossessato di Otranto alzando, per la prima volta nella storia, lo stendardo della mezzaluna su terra d'ltalia (21 ag. 1480). I baroni fecero accordi di poco duratura pace ed entrarono ai servigi di Alfonso, duca di Calabria, il quale aveva posto I'assedio alla città con animo di ricacciare nel mare gli infedeli e liberare la patria dal nuovo fagello. Intanto Sisto IV, accecato da pazzo nepotismo, cercava di creare un vasto dominio al nipote Grolamo Riario in Romagna; non contento d'lmola e di Forlì, mise gli occhi su Faenza, Ravenna e Rimini e, nel 1482, incitò i Veneziani a muovere guerra contro il duca Ercole d'Este, signore di Ferrara, nella speranza di poter poi trasferire anche questo feudo della Chiesa all'avido nepote. Persino su Napoli aveva segreti disegni. In vista della guerra di Ferrara il pontefice richiamò a sè i baroni romani che militavano nel napoletano, ma solo gli Orsini risposero all'appello; i Colonna e i Savelli preferirono rimanere sotto le bandiere di Alfonso, duca di Calabria, il quale già si preparava a muoversi in soccorso del cognatq il duca Ercole, poco curandosi se ciò poteva dispiacere al papa. La nuova guerra aveva messo a fuoco tutta I'ltalia; contemporaneamente entro Roma si riaccesero Ie fazioni dei baroni. Il 3 aprile 1482 Iorio Santacroce con uno stuolo di armati assaltò la casa dei Della Valle e nei combattimenti che seguirono fu ucciso leronimo Colonna, 6glio naturale di Antonio, principe di Salemo. Nel frattempo I'esercito napoletano s'incamminava verso Ferrara, 88, avendogli il papa rifiutato il permesso di transitare per Io stato ecclesiastico, il duca Alfonso si aprì il passo avan1) Mur.,

XXlll-lll, o. ?65.


Guerra di Ferrara

[rct.1480.1483]

t89

zandosi sino a Marino, ove si accampò sotto la protezione della rocca del protonotario l.orenzo Colonna, mentre la flotta napoletana gettava I'ancora dinanzi ad Ostia. comando di Grolamo Riario e di Roma si erairo riunite le forze pontificie sotto Virginio Orsini, signore di Bracciano. Anche Prospèro Colonna, cugino del protonotario Lorenzo,

il

A

militava per la Chiesa unitamente a Nicola Caetani. u) Di questo, durante il primo periodo della guerra, sappiamo pochissimo. In parte fu occupato a tenere a bada i vicini che gli erano nemici; narra I'lnfessurar) che il 27 luglio del 1482, mentre Nicola tornava da una spedizione contro Piperno e Sezze con larga preda di bestiame, fu di sorpresa assalito da Andrea Conti e non solo perdette il bottino ma ebbe anche molti de' suoi uccisi, feriti e fatti prigionieri. Poco dopo Roberto Malatesta con un rinforzo di truppe veneziane sopraggiunse in aiuto del papa ed il 18 agosto I'esercito pontificio si mosse contro quello napoletano. Si venne a battaglia campale nei pantani infestati di malaria presso Campo Morto, in vicinanza di Conca (21 ag.). ll combattimento fu assai piir accanito e sanguinoso di quel che era consueto in quei tempi, quando il mestiere delle armi era un rnezzo per guadagnarsi più o meno disonestamente la vita e non era affatto considerato il compimento di un dovere, per il quale il cittadino è pronto a sacrificare se stesso. Tra una parte e I'altra vi furono 1000 morti ; il duca Alfonso ebbe la

Battaglia di Campo Morto.

peggio e molti de' suoi nobili cavalieri caddero prigionieri. Con tutto ciò Sisto IV, timoroso delle conseguenze della guerra che, iniziata per abbattere il duca d'Este in Ferrara, gli si era poi scatenata in casa propria, decise di accordarsi col duca di Calabria, con Milano e con Firenze (28 nov.); senz'altro piantò in asso Venezia e, senza imbarazzo o pudore, le chiese di desistere dalla guerra contro Ferrara che egli stesso, pochi mesi prima, aveva provocato incitando i veneziani ad unirsi a lui. Pacifrcatisi, il duca Alfonso entrò in Roma come amico e, il 30 dicembre 1482, ripartiva per portare aiuto a Ferrara. Fu fatta la pace anche tra gli Orsini e i Colonna e loro aderenti, ma nessuno credeva che avrebbe durato

a

lungo.

protonotario Lorenzo, che avea seguito la parte contraria alla Chiesa, fu rimesso in possesso di Marino a patto però che cedesse a Virginio Orsini la contea d'Albi contro Pagamento di 14000 ducati. A questa transazione, approvata dal re di Napoli, fu messa però una pregiudiziale da parte del protonotario, ossia che prima di cedere la contea d'Albi, venissero .ggiurtur" le differenze chp esistevano tra i Caetani, signori di Filettino, riguardo al castello di Trivigliano presso I'odierna Fiuggi; forse tale condizione fu avanzata come pretesto per tar-

Il

2) dare nella consegna della contea. b) erano signori di questo castello, quando nel Cristoforo Antonio Caetani, figli di Giacomo, " l4B3 Sisto IV, sotto la consueta accusa o scusa di omicidi e rapine, li privò di Trivigliano perchè fautori dei Colonnesi e conferì il feudo ai cugini Giovanni e Benedetto Caetani, frgli di Francesco. t Il nostro Nicola, che prima aveva militato per il papa, ola prese le parti dei Colonnesi, allontanandnsi dalla Chiesa, e perciò diede il suo appoggio ad Antonio e Cristoforo di Filettino, mentre Alto 4) Conti sosteneva Govanni'Paolo Caetani e i suoi nipoti Govanni e Benedetto. C'era poi un secondo Antonio Caetani, capo del ramo di Filettino e cugino in

di

di Lionatilo,

ma di

sett, 1482 riceveva il saldo di tre paghe ") Questi il 23 per la sua condotta (Men,, Doc., P. 295)' dal che pocsi"'o dedune èhc fosse al servizio della Chiesa sin dal nese di

qucsto non ho trovato cenno alcuno tra le carte del .nostro archivio e suppongo quindi che il cronista sia caduto in crrore: nè

aprile.

è questo I'unico che si riscontra nel suo diario. t)

p.97.

z) Infeu,, o,

107.

3)

Ceccaecí,

p.

17.

b) L'lnfessura parla

a) Infcss. sqivcz Alto.

essi come 6gli

I di

Caetani

Filettino.


CUERRA ORSINI.COLONNA

t90

Lib. VII, Cap. LtV.

primo grado degli altri, che, come cognato del cardinale Giovanni Colonna, teneva per la parte awersa alla Chiesa; altrettanto fece Paolo Margani, futuro cognato di Nicola Caetani.l) Per schiarire tale intreccio di parentele riportiamo in nota un albero genealogico dei signori di Filettino. ") Così stavano le cose guando, al principio del 1484, di nuovo si accese il conflitto fra gli Orsini e i Colonna in seguito ad una di quelle solite proditorie uccisioni tra i Della Valle e i Santacroce (21 feb.). In un baleno Roma si riempl di armati e per le strade echeggiarono le grida di guerra. Dccapitazionc di Intervenne il pontefice; ordinò al protonotario Lorenzo Colonna di presentarsi a lui e, non Lorenzo colonna' obbedito, fece dare l'assalto al quartiere Colonna presso SS. Apostoli. Il protonotario fu arrestato (30 mag.), dopo di che I'esercito pontifrcio si mosse contro Marino ed altre castella dei Colonnesi; Ia guerra civile divampò per tutto il Lazio. A rendere più violente le passioni, il 30 giugno, il protonotario Lorenzo veniva decapitato per ordine del papa nel cortile di Castel S. Angelo ed il corpo suo, mutilo e sanguinante, fu consegnato alla madre in SS. Apostoli. Si vuole che, spinta dall'ira, sollevasse il capo per i capelli esclamando : .. Quesfa è Ia test:a dí mío figlio, e Ia fede dí Papa Sr'sfo cÀe cí promesse, come lassassímo Marino, cí lasseD rebbe el mío figliuolol " Virginio Orsini e Giacomo Riario mossero contro Paliano ove Prospero Colonna, appoggiato dai signori di Filettino e da Nicola Caetani di Sermoneta, si preparava

a

resistere.

il

28 giugno 1484, mentre si recava con gente d'arme a presidiare Rocca Quest'ultimo, di Papa, fu affrontato da Paolo Orsini e sconfitto, perdendo molti de' suoi uomini, quali ammazzàti e quali fatti prigionieri, sicchè dovette ritirarsi verso la Ciociaria. 3) Meglio andarono le cose dalle parti di Paliano, ove Giacomo Conti fece un vano tentativo di espugnare Sgurgola, che era tenuta da Antonio Caetani di Filettino, signore di Torre. a)

-

Dal canto loro, ai primi di agosto, Cristoforo e I'altro Antonio Caetani di Filettino con 500 fanti assediavano il cugino Giovanni-Paolo b) ma, subìte alcune perdite presso Filettino, si ritirarono poi in Paliano a sostegno dei Colonnesi. Malgrado la esiguità delle proprie forze, questi ed i Caetani seppero battersi tanto bene contro I'esercito della Chiesa, molestandolo con fortunate sortite da Paliano, che Sisto IV cominciò a rendersi conto che non v'era possibilità di annientare la 6era stirpe ghibellina. Angustiato da a) ALBERO GENEALOGICO

PARZIALE DEI CAETANI DI FILETIINO.

Antonio Caetani

f

1420 c.

Onorato t l48l

Petruccio

t l45l

post.

I

(Figli di Francesco)

Giovanni

r) Infcs., p.

120.

')

Grce.'

Vll, p.

26E, cit' Diar. Sanai.

Crietoforo

1500 c.

castello

di Trivigliano (llea).

Giovanni Colonna.

(CÎ.

stesso ora parlando

aat.

sorclla del cardinale

0463)

di Tonc ora di Trivigliano, c cosl pure ora parla di Ciov'n.iPaolo e poi lo ricorda col nome di Pietro-Paolo che invecc è del ramo dei Palatini. La quirtione di Trivigliano ci Protralsc

1443

Fautori dei Colounesi. Privati del

Caterina Colonna Boncdetto

C

t

D.

l

Fautori della Chiesa. Ricevono Trivigliano da Sisto-lV.

b) Auche qui I'lafesoura contsaddice

Antonio

Antonio t t5t2

Franccsco

Gio.-Paolo

Giacomo

f

Caiet. Gcn., Tav. XUU-XLVI),

per motivi che ignoro. Nell'ag. 1,193 FabrizioColonna, chc avcva preso posscsso dcl cartello, cra in causacon PaoloCaetani, che forrc fu uno dcgli ultirni rampolli del ramo dei Palatini (lrc. Vat., atm. XXXÍV, vol. tO, f. t:).

\

Mur., tll-ll, Diario G.

Pontani,

p.

34.

*) Infcs., p. l4?.


[feb. 1484.9cn.

Sisto IV contro i Colonna

14851

le

r9t

La

fine era vicina; pochi giorni prima di morire, discorrendo con Giacomo Gherardi da Volterra il diarista e con alcuni cortigiani, s'informava, assai preoccupato, di quanto accadeva presso Paliano e chiedeva se il conte di Fondi (o forse il cronista volle dire Pietro-Bernardino, figlio del conte di Fondi) fosse frdo amico del conte Girolamo Riario, capitano generale della Chiesa, e se fosse soddisfatto delle vettovaglie inviategli, e bene dí lui parlò e disse male del sígnore (Nicola) dÍ Sermoneta e sogghignando Io mínacciaoa.l) Il giorno che questi si era reso disobbediente alla Chiesa, il papa gli aveva ordinato di restituire la torre dell'Acquapuzza ed allo stesso tempo 2) aveva autorizzato i sezzesi d'impadronirsene con le armi. Il 12 agosto 1484 spirava Sisto [V e I'annunzio della sua morte generò indicibile confu' sione e tumulti in Roma. Come scrisse Antonio de Vasco : In Roma sí comíncià a farc cose strane, cíoè rubare, ferire et altre símilí. Da tutte le parti della provincia accorsero i baroni per prendere posizione e per proteggere i propri interessi. Virginio Orsini e Grolamo Riario precipitosamente lasciarono i loro accampamenti sotto Paliano per correre a Roma, seguiti alle calcagna dai Colonnesi, dai Savelli e dai Caetani. Costoro, appena arrivati in Roma, fecero venire rinforzi da Terni e da altri luoghi e si rafforzavano ognuno nelle loro case: i Colonna a SS. Apostoli, i Savelli nel teatro Marcello ed i Caetani nell'lsola Tiberina ; tutta Roma era chiusa da barricate; non si circolava piìr e I'uno rubava I'altro. Finalmente il 29 agosto il cardinale Giovanni Battista Cibò fu eletto papa e prese il nome di Innocenzo VIII. Col suo awento al trono pontifrcio cambiò tutto I'indirizzo della Chiesa. I Colonnesi furono presi in grazia e gli Orsini trattati freddamente. Ciò diventò palese quando, il 25 decembre 1484, Giovanni della Rovere fu nominato prefetto di Roma e capitano generale della Chiesa; alla consacrazione degli stendardi nella basilica di S. Pietro ed alla consegna del bastone del comando furono invitati tutti gli ambasciatori e i gran signori di Roma: intervennero al completo i Colonnesi, quelli della Casa dí Sermoneta e Giacomo Conti; ma di Casa IJrsína non oí sí frouò alcuno et di questo fu díscorso molto't) In tale occasione fu concessa dal papa una condotta regolare aI magnífico e sttenuo condutlore ilÍ gente d'armí, iI Signor Nicola de Caietanís dí Sermonela, ed i capitoli relativi vennero frrmati il i gennaio l4B5 dal cardinale Guliano della Rovere, fratello del eapitano generale Giovanni. In essi fu precisato che Nicola doveva:

ciò e dal modo col quale si

svolgevano

cose nel ferrarese, si ammalò.

sua

fo) avere una condotta di 30 armigeri con adeguato numero di saccomannì eragazzí; 2") tenere per amici gli amici e per nemici i nemici della Chiesa, e non doveva entrare in accordi con terzi sotto pena della privazione di tutti i feudi; 3o) non tenere nei propri ranghi alcun ribelle della Chiesa; 4oj errere obbedieni" t"a"t" al papa ed ai suoi rappresentanti e far guerra conho chiunque gli

"

fosse comandato;

5o) Inoltre, doveva consegnare al papa, qualunque terra, o fortilizio conquistato, con licenza di ritenere per sé i beni mobili eJ i prigionieri; tuttavia doveva consegnare al pontefice i magnati cat' turati riservando a sè adeguata taglia; ó") la condotta do"J". durui" un anno a cominciare dal I maggio 1485, con facoltà di rinnovo uooo, salvo disdetta preventiva di due mesi; licenziato, non gli sarebbe stata concessa la per un "loo facoltà di prestare servizio ai nemici della Chiesa; 79 ù paga doveva essere di 40@ ducati riscotibili in dieci rate, di cui quattro al principio dell'anno e I'altre sei alla scadenza di ogni bimeshe; r) Mur., XXlll-lll,

p'

135.

z1

pon1.,1.,

e, 507.

s) Mur..

XXlll-lll, p.

518.

Contratto

di

condotta

di Nicola C.


/

GUERRA ORSINI.COLONNA

Lib. VII, Cap. LIV.

8") Ia Chiesa doveva fornire Nicola e la sua gente di alloggiamenti, strame, legna e dei vettovagliamenti necessari ; 9o) durante la condotta e dopo, per due mesi, non potevasi procedere conho Nicola e contro i membri della sua comitiva per delitti commessi prima del giorno in cui aveva cominciato la condotta; l0') Nicola aveva esclusiva autorità di punire suoi dipendenti, pur rimanendo sempre soggetto al legato apostolico ed al capitano generale della Chiesa; I lo) nessuno dei suoi uomini poteva essere assunto in servizio da altri dipendenti della Chiesa ; I 2o) esenzione da dazi, gabelle etc.; I 3") in caso di guerra contro uno dei grandí potentati d'ltalia sarebbe stata aumentata la condotta in proporzione di quanto sarebbe stato concesso agli altri condottieri; l4o) cessata la condotta, Nicola avrebbe avuto facoltà di passare al servizio di altri signori, purchè non nemici della Chiesa, ed a tal fine gli sarebbe stato concesso libero transito per lo stato

i

ecclesiastico; I 5o) doveva godere delle stesse facoltà condottieri:l)

Sconfitta di

Civita Lavinia.

di

hattare, governare, punire etc. concesse agli altri

Simili capitoli furono concessi a Prospero Colonna. La condotta di Nicola fu rinnovata per altri due anni il 7 giugno 1487 e così ancora il 14 luglio 1489;D anche sotto Alessandro Vl continuò a servire Ia Chiesa come condottiero frnchè lo incolse subitanea morte. Degno di nota è il fatto che buona parte della prowigione venivagli pagata scontando le tasse dovute da Ser' mo:reta e Bassiano per il sale ed il focatico.') Ìi a" sapersí, scrive Antonio de Vasco, î che poco dopo la creatíone del papa Inno. eentio ottaoo Ii sígnorí dí casa Ursina hebbero poca gratía apparcntarc con detto papa e non che íI papa Ia odiasse per fallimento né per male loro, ma per compíacere aI caúinale di Santo Pietro in Vínculq (Giuliano della Rovere), nepote îu dt papa Sísto morto, íI quale poteoa assai col detto papa, perchè eta suo soiscerato amíco benchè ín segreto si tenase per fermo che íI papa amasse detti sígnorí. Non è quindi da meravigliarsi che, pochi mesi dopo la elezione di Innocenzo VIII, ricominciasse il conflitto fra gli Orsini e i Colonna. Certamente i superstiziosi del tempo avranno detto che I'eclissi solare del 16 marzo 1485 fu un preannunzio divino della nuova guerra civile. Come al solito, essa cominciò con depredazioni di animali a danno dell'una o dell'altra partg i il 22 giugno Prospero Colonna e i Savelli andarono a Frascati, che apparteneva a Grolamo d'Estouteville, figlio del famoso cardinale e, conquistata la terra, presero questo signore il quale, legato come un salame, fu portato a Marino. La tregua era rotta. Poi si mossero contro Nemi ove stava Ia moglie dell'Estouteville, Ippolita Orsini, 6glia naturale di Napoleone e quindi cognata di Nicola Caetani. Tenendo il marito legato davanti a loro per proteggersi dai dardi e dai sassi, costrinsero anche questo castello ad arrendersi. Dopo di ciò i Colonnesi e Savelli si mossero contro Civita Lavinia, altra terra degli Estouteville, ed ivi si congiunsero con Nicola Caetani formando in tutto un piccolo esercito di oltre 100 .. elmetti u e 2000 fanti. Quando Virginio Orsini seppe che la tregua era stata violata, si preparò e reagire con tutti i mezzi a sua disposizione e nel frattempo mandò avanti, in soccorso di Civita Lavinia, 100 cavalli leggieri e 50 fanti sotto il comando di Paolo Vitelli, frglio del famoso condottiero. Costoro, partiti il 28 giugno, giunsero di notte presso I'accampamento nemico e ivi si misero in agguato. a)

tl 5 dec. l47B la somma dovuta per qu6te c. 47b),

tasse era

di l3ló froÀú (Arc. 51. Roma, Mand'

cam' (1487.E)'

(1492-D,

r) Arc, Vot.,lnn, VllL

Capituta

n. 49, c. XXXVI.

2)

bí, e. CXI c CCXXX.

9) Mqr.,

Xxlll-lll, p. 524.

.'

l42hi


Innocenzo VIII

[gcn.-rct.1485]

193

Ai

primi chiarori dell'alba avanzarono cautamente nella speranza di poter penetrare inosservati nel castello ov'erano attesi; passando davanti al campo nemico si accorsero che gli avamposti erano sprowisti di guardie e capirono che I'awersario, nulla sospettando, dormiva pacificamente sotto le tende; allora con subitanea e ardita mossa si gettarono contro il campo al grido di u Orso, Orso ! >, massacrando a colpi di spada e di lancia i cavalieri ed i fanti che, Ievatisi istupiditi dal sonno e tutti impauriti dal grido di guerra nemico, cercavano di trovare scampo correndo chi in camíscía e chí ín giubone. I valorosi signori delle case Colonna, Savelli e Caetani si salvarono a stento saltando sui cavalli a dorso nudo e senza speroni d'oro. Grande fu il bottino di cavalli, di armature, di bombarde di grosso peso e di altra roba; fu stimato a 20000 ducati, ma a chí hebbe Ie rcbbe, dice il cronista, non costò tanto.

ll

nostro Nicola, per così sfortunato accidente, perdette tutta I'argenteria che aveva seco; ma ciò non doveva bastare; il 3 di luglio gli Orsini con le genti di Civita Lavinia andarono a devastare le terre di Gsterna, di Ninfa e di Sermoneta e portarono via al non caro parente 12 000 capi di bestiame, che furono condotti a pascere I'erba degli Estouteville. Ai Colonnesi ed ai Caetani occorsero due settimane per rimettersi alla meno peggio in amese, durante il qual tempo Virginio e Paolo Orsini scorazzavano a loro piacere per le campagne. Per trovare denari le due famiglie alleate dovettero metter ipoteche sulle propde terre. Finalmente il 20 luglio, radunati circa 300 cavalli, passarono per Roma a portare il guasto in casa degli Orsini, dalla parte di Bracciano. I Intervento Intervenne il papa in favore di costoro che avevano /s I di Inn. VIII. ragioni da vendere; ordinò che fossero lasciate le prede, vaste mandre migranti da una parte all'altra del Lazio, e fece venire al palazzo, in Vaticano, Prospero e Fabrizio Colonna nonchè Nicola Caetani ed ivi li rttenne. Fattovi poi venire Girolamo d'Estouteville, indusse 6nalmente anche Virginio Orsini, il quale stava accampato sotto Virginio Orsini. Tivoli con truppe in ottimo arnese, a presentarsi a lui e così Afiresco nel castello di Bracciano. alla meglio fu raffazzonata la pace e ricondotta apparentemente la calma. l) I Caetani e i Colonna, che un tempo erano stati così crudeli nemici, ora si trovavano, Orsini. Unitamente avevano già subìto per Ia forza delle circostanze, ad essere alleati "on11s,gli Ia prova del fuoco. Perciò decisero di addivenire ad una vera e duratura lega offensiva e difensiva che, confederando tutte le loro genti, li rendesse un'unità di formidabile potenza. Lega Il 5 settembre 1485 vennero stipulati i capitoli della lega, a cui Nicola Caetani appose la caetani-colonna' firma a nome suo e dei fratelli Giacomo e Guglielmo: altrettanto fecero Prospero Colonna u nome suo e dei nipoti, nonchè Fabrizio Colonna a nome suo, del duca de' Marsi e dei propri nipoti. Tanto Prospero che Nicola erano in quel momento condottieri al servizio del papa e' forse pure Fabrizio. Convennero di non mai servire nel mestiere delle armi I'uno disgiunto dalI'altro; contrattando I'uno una condotta con qualche principe, poteva farlo a condizione però di ottenere identiche condizioni per gli altri due, né poteva uno dei confederati accettare una Ruova r) Mar., XXIII-[], p. 523; /afes., p. Domus,

l-2,

25.

l8l.


GUERRA ORSINI-COLONNA

194

Lib. VII, Cap. UV:

condotta senza il consenso degli altri. Con ciò i tre capitani venivano a fornrare una eondotta sola, il che fu convenuto specialmente in vista della guerra che si .maturava tra il papa e re Ferdinando. Inoltre le due famiglie si promettevano a vicenda aiuto e protezione tanto nella prossima offensiva quanto in difesa dello stato e delle persone loro. ") (Jn mese dopo scoppiava la guerra.

Capitoli della lega Caetani-Colonna.

a) Il trattato (Arc. CoL, Misc. Stor. II-A, 30,2) fu pub. blicato nel l90t in occasionedellenozze V. Colonna e L. Caetani. L'opuscolo è dificile a trovani e perciò riproduco il do' cumento qui in nota: Yhus. In nomc ilel Alttsslmo illo ct de sua Mabe glo' tíosissíma Vergínc Maia amen. ad honote Glorla exalta!ìonc el felícc stalo tle Il lnftalr:úptl Sígnor|. Capllull Conocnllonî et pactt Inílí fetmatt et faclì fta lí cx.ll

et poten!í sígnotl mess, CoIa Gagtano

signot

de

Smon.o

slgnoî Prcsperc sig. Fabrltlo Colomna pct cxaltatlone nel mlslteto tlel'armc pet hoaota glotîa ct fana pet aa4utcntione et felÍce

stato o ln lualo o Ín parta seîse chc tucti tte eoníunclamuúc sícno concunenll insiemi et fate uno Fer lcltti el lahtt pet luno

comc pmplo fosse homo

.

Item, chc fetmanilo eI concludendo nclla ilccta ímpresa dcl u! Eopts lt pÌefalí tlgno,tl sleno lenutÌ luno ad

Regno modo

laltd: at laltú ail lìtno pteslarc omne expedlente laoote trrl Io stato capítulato tanlo cotn aaxalll quantro eom genle d'arme personalmenle confedrscltmo ad alhi et I'aitrl al-

ocqulslare

lwn

qul de socto pìailítamentc se demusttaranilo. Primo, che ll prcfatl slgnoú o da mo o ln capo de la lorc fetma o quanda el besogno rccercasse non possano ecrcate nè

Regno.

potenlfa de ltalía a luctl tre lnsíemt benc consultqrnente confermato habíano ad cet' care pailÍto nel ileclo místíeto del'atme quello tanlo taceado pet I'uno facendo pet alhl et cussí se lntcada pet tucll come qualsía potèatíssfmo sígnorc

o gualc sia

peî uno, Item. Iî Ftenomínatí sígnorí per exaltallone de cíascheiluno ile loro ne Ia míIì!ía el nel míslíero de!'atme síeno tenulí tuctl

tre ínsíeml consulta delíberatíone ut soprq o annando uno de Ioto sìgnod ln pertono o ptoptíí cancelllieil o alt',i. spítiall man.

datt pet loro nomíne per haoer pailílo debíano

egualmente et

fcilelnenle cercarc et conttactate per uno quanto ehe pet lalli lanlo ile solilo ìle ptootsíone de stípendío et de conducla el booanilo parlílo fermatlo ct concluìlerlo pet uno quanlo chc Peî Ialhl equall lance sensa ftoda et sensa excep!íone olcuaa et quel tanto ile coniltllone de soldo de ptooísíone et de conducta ut suprd ser| capítolato slípulato fetmalo et concluso Fer uno sc Íntenìla equalmente esserc pet tuctí. Iten. Sj c cctsu ,tno ilel prefatî sìgnoi ils per se o dul lnsiemí trcoasse a !rcodsseîo ad meglíorarc condíIíone nel

ní-

stlerc dell'arme o soldo o conducta o ptooísíone tleno tenutl eo tunc síne ínletmíssione o da per se o peî tuetl dui lnsíemi oecuttend.o farlo întenderc a I'altro et per níenle possete appíc-

eI pattíto nè fetmatse aI decto tlipendio soldo o prooisíone tensa expressa oolonta d lícentia de luctí lre insiemí unítí et confetnatt, alhamenll facendo te post4 adsctíoerc et tnputailo ilc bailímento et rccercarlo secondo la norma de la míIítía el care

míslíeto de I'atme comanda et oole, Et plìt si aI prctcnlc o ad albo

futwo

tempo

o guando-

cumqua occttîrcste che se haoesse ad píglíare nooa lmpesa ín guesto Regno de SícíIía o pet Ia 5.tà /e N. S. o pet alba guale da potentía haoendoci tuctí lre lí prefalt úgnoil Interesse gtanàissímo

de slato

síeno tcautí t:uc/ri

tîe

ínsliení

et

Pet nlenle

uno tensa I'altto capítulare nè ctîam farc conùenllone alcuna o co la prefata o com quale tíd potenlíd: a chí tn dccla ìmpftsa cpectatse o ail altrl Feî cpsa comqelisse: sopta dc loto

de eíaschauno de loro pmprta fotse, sensa sensa glcuno rcguaìlo durante la ímprcsa del [ectó

come tmprcsa

teserúa

contractare patdto act mísllero del'arme sensa consulta cl unîls oolontà de tucll he ínsíemí a cola S.to Matre Ecclesla col summo ponlefice prercnle el futuro o col serent'ssímo signot Re o com

in slmîk causa !rcctando ca: dc Io stalo dc uno conra dc

solo

luclt trc.

de lucto slalo presenle eI fututo ile Ií ptefall, ctmc

augumenlo

el

pilolaaila ctíam concluèendo

et

B. sl

(quoil absît) che ad alcuno maio o tn rcba o tn stalu per qualungue occunente cessione peÍ gual sía sílgnore o polenlía o populo o uníoersîlà laltrí ilui síeno obligali nulla prceoccunesse quanilocumque

da dictl tte

sîiSnofi

se

donasse

ln

cedenle cxcusatíone adíutùIì et com tucla facultà fmoùzótlt com ptopúe peîsone com genle d'atme ad pè ad caoallo.com oaxalll eIíam com omfle possebîIe e! opottuno rcmedio pcr rcIcúare ct conserlare tndcmpne Ia paitc k fossc dala molestia gueta lempesla o qualsía iniuríoso qfando. eliam sí opus est olndícatla da tucte íníuríc II Josseto allate usque ail sanguínis eSusionem sensa qualsÌa reguardo prcpulsato omne qualc da teîîorc

et pawa Feî releoarc Ia

unanímítet

el

rcspondendo

fidelítet

parte

ofesa

com

fratetno amote

concordíler sensa duplíclta alcùna luno allalho sempet.

Et

pro ob*nalione potissíme del dccto contlguo Capilolo lo srg. mes:er CoIa pronette pet Iuí et aí tratelli Io signor Ptospeto peî epso ct neputi Io sígnot Fahítio per luíatet ,pcr lo ill. sÍg., duca suo ftalello el neputí in omnl Íwis et facll oalidíod modo c! fotma meilto in praadíctís et cîrcha ptaeilkfa sc recerca et conùene, Et Il preilíctì capltull conoenlíonl el pactl ut supra fetmatí promettono Il prefall sígnoú l4demínute obsetoarc ct fedelmente fare obsenate per omnrr sut posîIlones cl Fo,d.es pct se et per altd pu loto nomé sub fide ptocerun et magnalum; elíam suh obllgatíone de lucto loro stato presente cl tuturo. , Et pto obsefiallone omnlum et stngulorum pteillclorum ín antedíciís capítulÍs conlenlorum pro rcborc eI rtimíIatc maíoúbus rcrum omníum modo ul suprc cíascheuno dell prefatí slgnorí

hanno pute

ilata potestà ail me ìnftascfiplo Comile de

et liberc come ilando

Sermonela

ante dictl CapÍIuIi et subsctíplt de

Ioro propia mano et impressatí de lorc ptoprtl sígillì

Il

preno-

mínall et quí Ptesenll caPílulí. Factî li dectt Capítult terminall et conclusl p'q It prefa? slgnorí ct ptmí vttptl ín Sermonele la palatía maÍotl, dte

V

sept. MCCCCLXXXV.

Et tt ìlìct| Capìlull pactl e, conúentlont ul supra se înten. ilqno dutaluú fts Ií Ftàaomìoatí sígnod ilulcrrk la ímfrrcga dcl declo rcgno dal dt se comensarà d*la Ímpresa ct fino che sua tolalmèatc absolula e!

Íníla.

Cola gagtonus manu PtoPrla.


lnnocenzo VIII

[eet.1485-ag. f4861

Le relazioni tra

195

VIII e re Ferdinando di

Napoli erano andate diventando sempre piìr tese. L'antipatia fra i due era di antica data. Il papa, istigato da Giuliano della Rovere, mirava a ridurre il Regno a piir diretta soggezione della Chiesa e, guando si fu maturata la congrura dei baroni per rovesciare Ferdinando dal trono, Innocenzo VIII prese segreti accordi .con essi e, con I'aiuts di Genova e Venezia, sperò di poter insediare Renato d'Angiò sul trono

di

Innocenzo

Conflitto

tra Inn. Vlll, c re Ferdinando.

Napoli.

conflitto aperto scoppiò per motivo di Aquila la quale, il 17 ottobre 1485, ribellatasi a re Ferdinando, si era messa sotto la protèzione della Chiesa. Genova e Venezia, i Colonna, i Caetani, i Savelli e i baroni ribelli del Regno presero le parti del papa; Firenze, Milano e gli Orsini quelle del re di Napoli. Alfonso d'Aragona, duca di Calabria, si preparò a muovere contro Rorna. A lui, fingendosi arnico, Pietro-Bernardino Gaetani, conte di Morcone e figlio di Onorato conte di Fondi, unitamente a Restaino Cantelmo, conte di Popoli, dichiarava (15 nov. c.) di voler spender quanto possedeva per assalire Sezze, Piperno e Sermoneta. l) In ciò probabilmente le intenzioni di Pietro-Bernardino erano sincere, perchè volentieri avrebbe tolto lo stato o almeno arrecato danno a Niqola, figlio di queìl'Onorato che aveva così costantemente tentato di carpire'la contea di - Fondi. fl"Jf ultimi giorni di novembre il duca di Calabria si era avanzato verso Vicovaro; il grorno 30 il nemico fece una scorreria sino a Capo di Bove. Gli Orsini occuparono Ponte Nomentano. Rorna si preparava per un assedio; era tutta piena di armati e le porte si tenevwro tutte serrate notte e dì. ll'16 dicembre quelli di casa Colonna e Nicola Caetani, i quali erano stati ad Aquila per presidiarla dopo che si era data alla Chiesa, tornarono a Roma. Le genti di Nicola alloggiarono in casa dell'arnbasciatore del nemico re di Napoli, situata presso I'attuale Via Arenula, ii "*fini del Ghetto e, cacciati certi disgraziati ebrei ehe abitavano i locali al pianterreno, ne fecero stalle per í loro caoalli. Ciò faceva comodo perchè Nicola abitava poco distante nel proprio pÀazzo fortifieato sull'isola di S. Bartolomeo. [l 20 decembre furono fatte avanzare le bombarde pesanti per battere il ponte Nomentano gccupato dagli Orsini; vennero scortate da Nicola Caetani, da tre squadre dei Colonna e da altre truppe. Il giorno 28, arrivato finalmente Roberto Sanseverino per prendere il comando g"n"rul"'à"ll'"r.r"ito pontificio, fu dato I'assalto alla torre del ponte i cui difensori, per avere ferito il prode Fracassa, figlio del Sanseverino, furono tutti passati a frl di spada. Rotta così la cinta che gli Orsini aveyano stretto intorno a Roma, la guerra si sparpagliò per i castelli

Il

dei baroni.

per qualche tempo sino a chen avvicinatosi il duca Alfonso nuovamente alle porte di Roma nell'estate del 1486, il debole Innocenzo VIII, dubitando delle proprie forze, fu ben lieto di frrmare I'undici agosto un trattato di pace generale. Ferdinando non esitò un momento ad accettare tutte le condizioni che il papa volle chiedergli, perchè aveva già deciso nell'animo suo, pieno di perfidia, di nulla mantenere quando le carte gli sarebbero tornate in mano. In tal modo finirono la guerra tra Ia Chiesa ed il re di Napoli, quella tra gli Orsini e i Colonna nonchè la congiura dei baroni; ma a questi ultimi era riservata la crudele vendetta di re " Ferrante ", di cui si è detto nel precedente Le

cose durarono

capitolo.

\

Volotc.

R. F', p'

117.

in

questo modo

Battaglia

di

Ponte

Nomentano.


GUERRA COLONNA-ORSINI

196

Lib. VII, Cap. LlV.

*** Per un poco ritornò calma apparente nelle provincie romane

Afrari farniliari.

e di

di Bruno.") d'arme della Chiesa ricevendo una paga

giovane Guglielmo Caetani per sposare Francesca Conti, frglia

questa approfittò

il

Sin dal 1482 Guglielmo annua di 4S0 fiorini; t)

aveva servito come capitano ora, considerato che il fratello primogenito rimaneva senza proler parv€ necessario che egli si ammogliasse. I capitoli erano stati frrmati già sin dal lB dicembre 1487 quando Geronimo Conti, vescovo di Massa, aveva promesso la giovane in isposa con dote di 4000 ducati,2) ma il matrimonio non ebbe luogo che il l0 gennaio 1490 con Ia solita presentazione di doni nuziali di ogni genere, varianti dalle dieci galline che offrì Cicia, la nutrice di Guglielmo, al magnifico bocale d'argento donato dalla università di Sermoneta ed alle confettiere di Virginio Orsini, del conte di Fondi e di Giacomo Conti; anche mastro Solomone diede una tazzetta ed il parsimonioso MeIe íudeo dui cocchíariní. ?) - Pochi mesi dopo il fidanzamento di Guglielmo, e precisamente il 20 febbraio 1488, Beatrice Caetani, marchesa di Pescara, si ammalò gravemente e dettò il proprio testamento nel suo palazzo di Roccasecca. Istituì sua erede universale I'unica figlia superstite Antonella, contessa di Monteodorisi, cameraria del Regno, ragione per cui di solito è designata nei documenti come la " Contessa Camerlenga >. Dchiarò voler essere sepolta nella chiesa di S. Francesco in Roccasecca e rinunziò al nipote Nicola Caetani la dote ancora dovutale, nominandolo suo esecutore testamentario; ciò non impedì che piir tardi nascesse lite tra questo e Antonella sulla eredità della marchesa. 4) Apparentemente la pace diventò universale in famiglia. GIi antichi nemici si facevano complimenti lluno all'altro e, il 9 rnaggio 1491, Nicola Caetani scriveva al suo cognato ed antico aw€rsario, Virginio Orsini : Ho riceouta Ia lettera de S. V. ilLma ínsieme cum eI caoallo et cum Ii caní, eI quale dono oeramente ad ogní prtncípe saría condecente ... Il caoallo è síngulare e ríccemente ornato e farà aI proposíto mío quanto dír sí possa. Lí canî medesimamente, se soîanno corrîspondenti aIIa bellezza, come ío credo, me rcputerò aùere assaí conoeniente schudo questí suì leofierí

a lí schemi del mío IIl.^' e Reo.^o Mons. Ascanío eI quale, quando è tta di Bretagna, Ií pu che tiutti li altri caní debbano asere guzí. a) Della tranquillita, benchè

in

modo diverso, approfittò di Venafro per uro 350 asini che conduse a Sermoneta uell'ott. del lfiz ;

anchc Nicola Caetani comprando alla 6era

dí casa

sua

t) Arc.

dcgli

St. Roma, Mand. s16.,

Antiaori.

r) C-2363. XIl.

pusim.

')

Pw. 2O78; C-2?67.

ma non àaprei dire a che cosa veràmenle servfuccro tanti nobili anirnali (lrc. Gaet. Arag., cod. N. 4 fl3t6l, c..5s).

lV,

') Atc, Coct., De, vlri

pubbl. pcr

wc M. Crcteni c C.


Capmor-o LV.

CASE, PALAZ,ZI E CAPPELLE. (sec. XII-,sec.

XVI).

oN è possibile raccogliere in un solo capitolo Ie notizie storiche e dare una descrizione delle molte dimore costruite o abitate dai Caetani negli.ultimi tre secoli del medio evo. Basta accennare che più di 180 furono i fortilizi ed i castelli da essi posseduti. Già si è discorso del palazzo dei duchi di Gaeta, di quello dei conti di Fondi, delle rocche di Sermoneta, Ninfa, Traetto e di altri edifizi ancora. ln questo capitolo ricorderò soltanto le dimore dei Caetani in Roma e nell'avita città di Anagni. Dopo Ia caduta del ducato di Gaeta (A34 la consorteria caetana si divise in vari rami, uno dei quali si fissò nella Campagna e un altro in Roma. Sj crede che quest'ultimo ebbe di Bonifacio Vlll ' in Anagni, per capostipite Giovanni Caetani, nipote o pronipote forse di Gelasio II, e che prese dimora nell'lsola Tiberina; I'abate Costantino Gaetanil) asserisce aver trovato nei registri di Cencio Camerario che questo Gio' vanni pagava un censo di sei denari annui alla Camera Apostolica per la chiesa di S. Bartolomeo, ma, per amor del vero, debbo dire che ho invano sfogliato il Líber Censuum alla ricerca di tale notizia. Al principio del sec. XIII questo ramo si estinse in Perna Caetani, moglie di Matteo Rosso Orsini. Le proprietà passarono nelle mani degli Orsini e di altre famiglie e così pure le case sull'isola; infatti troviamo che Giovanni del fu Pietro de' Cardinali, nel suo testamento del 23 dicembre 1285, lasciava I'lsola Licaonia in eredità al figlio a condizione che, se mancassero discendenti maschi, I'isola, con le fortezze e case ivi poste, fosse per metà di Giovanni di Stefano Normanno e per metà di Anibaldo di Trasmondo.2) Questi è certamente lo stesso Anibaldo di Trasmondo della famiglia Anibaldi il cui figlio Ncola, nel 1297, vendeva a Pietro [I Caetani il proprio condominio in Sermoneta. 3) Gli Anibaldi vendettero al marchese Pietro non solo Ie loro terre in Marittima ma anche la Torre delle Milizie, e quindi mi pare probabile che gli cedessero pure i diritti che avevano sull'isola. Questa, detta Licaonia durante il medio evo, fu chiamata anche Tiberina, Sacra, Elemento

di

a6resco

nel palazzo

tl

Gaet. C., p. 37.

\ Dc

Cupít,

p.74.

3) Rcgola,

I, p, 127'

tcola Tibcrina.


CASE, PALAZZI E CAPPELLE

t98

Ub. Vll, Cap. LV.

x!':d:5 lsola

.'

Incisione

di S.

Bartolomeo vista

di G. Van

a valle.

Nieulandt (s€c.

XVll).

di Esculapio, < fra i due ponti > e, più comunemente ora, di S. Bartolomeo, dalla chiesa che ivi sorge. In questa riposa, entro una magnifrca vasca di porfido, il corpo di S. Bartolomeo apostolo che, cosi vuole la tradizione, I' imperatore Ottone III sottrasse a Benevento nell'anno 1000 Iasciando a quella città, a titolo di consolazione, Ia pelle tolta al santo quando fu scorticato vivo. r) Afferma Flavio Biondo che la chiesa venne restaurata da Gelasio II. Quello che i Caetani acquistarono nell'isola fu I'utile dominio dei caseggiati, compresi tn la chiesa e la piazza, da un lato, ed il Tevere, dall'altro; al nord il limite era segnato dalla úía communís che congiunge i due ponti; si tratta precisamente di quel gruppo di edifizi che si vedono raffigurati nella incisione del Nieulandt. La propiietà spettava alla chiesa ed i Caetani 3) pagavano ogni anno, il giorno di Natale, un censo di tre ducati d'oro. a Nel 1389 i caseggiati vengono descritti come composti di case, casamenti, o casareni " e di un palazzo con sale, camere, stalle ed una torre, appunto quella che tuttora si vede presso il ponte Quattro Capi ed è detta .. Torré Caetana 'r. ") Essa è chiaramente raffrgurata nelle due incisioni qui riprodotte. La proprietà si estendeva a valle dell'isola, sino all'estremità detta u la Galea o. Vi erano anche un portícato, ovverosia claustro, ed un orto, che deve essere stato assai piccolo perchè non si vede come tanta roba potesse essere contenuta in ispazio tanto ristretto, a meno che i terreni tenuti in enfiteusi non si estendessero, come è probabile, anche alla parte settentrionale de!l'isola. Durante il grande scisma il possesso di questi beni fu tolto ad Onorato I e, il 9 novembre 1389, fu conferito da Bonifacio IX a.l fratello Giacomo Caetani. a) La famiglia continuò a pagare il censo è quella stessa torre.che, nel secolo Xlt, è men" nel Líbet Censuum (vol, I, p. 7) con le parole: < gufcumgue tenebant luntm què est ín capíte pontís'tudeorum (ponte

r)

Forse

zionata

') Mon, Xl, p. 297.

2) C-

649.

I

Prg. I 189.

Quattro, Capi), secunìIum antíquí!àtem, I marabotínum soloebant Ecclcsle Romane r. Così pure al vol. II, p. 109 I < III| gul tenenttunùn a) Prg. I 169.

ín

capite

pontís tudeorum

IIII

denados popíensÍs >.


[rcc.

Isola Tiberina

Xll-XV[l

.rl

199

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sino al 1470 quando, essendo molto deperiti gli' edifizi, Paolo II acconsentì che il capitolo di S. Bartolomeo li vendesse ad Onorato III, r) Troviarno però che nel 1485 Nicola Caetani continuava a pagare tre. ducati d'oro per .Io íncenso (sic) della peîpetuq locatione, I'.a casa rimase dimora abituale dei Caetani in Roma sino ai primi anni del secolo XVI e, net 1638, fu ven-

dutadalcardinaleLuigiCaetaniaM.AntonioPalma. Ma non fu questa I'unica dimora della famiglia in Roma; sappiamo che Onorato I, nel gennaio del 1376, comprava da Paolo di Angelo Malabranca, cancelliere di Roma, un gruppo di case, orti, stalleetc. nonchè una torre, volgarmente detta < La Penna u in regione S..Angelo, presso I'arco ,r. Calcariorum u ") e Ia chiesa di Santa, Maria dompne Rose, località corri-

Michelangelo Caetani, ove sorge il nostro palazzo. D Gò egli fece certamente per formare una testa di ponte che proteggesse I'accesso all'isola. Nel 1465 Onorato III, pronipote di quello ora ricordato, aveva una casa presso Campo di Fiori. 3) Dei palazzi e delle ville in Roma, abitati dal principio del secolo XVI ad oggi, si dirà nel secondo volume della Domus.' accennerò qui soltanto che il,palazzetto sull'lsola Tiberina, diventato inadeguato al fastoso tenore di vita proprio del Rinascimento, fu abbandonato dalla

spondente esattarnente all'attuale

via

L'intera contrada, ove un tempo sorgeva l'emiciclo del Grco FIaminio, nel medio evo fu detta il . Calcarario r, perchè ivi, più numerose che altrove, fumavano le calcare che fecero così orribile scempio della gloria di Roma a)

monumentale

t) Pla. 2125.

1) BìbI. Vat., Atti de

Scanbie, S.

antica(Cf. G. Marchettí-LongÀf : . Il Calcarario o in lrc. S- P., vol. XLll e * Circus Flaminius, in Mem. Mor., Accad. Naz, dei Uncei, serie 5", vol. XVt).

A. in Peschedc,I-9.

) C-930.

Case

in

Roma.


CASE, PALAZZI E CAPPELLE

Lib. Vll, Cap. LV.

famiglia dopo che, nel 1522, ebbero acquistato una casa più comoda presso la famosa locanda dell'Orso, in via Tordinona. Ultirnamente il piccone demolitore scancellò dalla carta topografrca romana il vicolo Gaetanella, che ricordava la permanenza dei Caetani in quella parte della città. Ma nel 1626 anche questa dimora fu abbandonata perchè troppo umida e troppo soggetta alle inondazioni che, nel t 599, avevano costretto la duchessa Felice Maria Orsini a salvarsi in barca uscendo dalla finestra. In sua vece il cardinale Luigi acquistò il palazzo Rucellai sul Corso, eretto su disegni dell'Ammannati, ma, a causa di ristrettezze finanziarie, a sua volta fu venduto nell'ottobre l7l7 ai Ruspoli, di cui ha conservato il nome. I . Caetani allora occtrparono.una loro villa sull'Esquilino, benchè di solito' dimorassero a Cistema;., nel novembire.lTTî il duca Francesco acquistò il palazzo Mattei alle Botteghe Oscure, dóve attualmente ancora abita la nostra famiglia e dove furono scritte queste pagine.

*

*{r

casc in

Anagni

:i -

In Anagni i Caetani sin dal secolo XII fissarono Ia loro dimora in contrada Castello, ossia nel punto pitr alto della città, ove sorge la cattedrale ; di fatti troviamo che nel I 177 un Pelrus Gagetanus possedeva una casa in contrada ubí dicítur Castellum nooum. t) La'famiglia, contrariamente a quanto hanno creduto alcuni storici moderni, era nobile e potente molto prima che Benedetto Caetani,,il.futuro Bonifacio VIII, venisse onorato della dignità cardinalizia (1281), ed è quindi certo che, sin dal principio del secolo XIII, possedesse non una ma varie case in contrada Castello, e nella cattedrale aveva una cappella gentilizia detta dei SS. Pietro e Paolo. Benedetto sin dal 1278 si adoperò a costituire un ingente patrimonio familiare acquistando, con le rendite di cui godeva, case, terre e castelli e, creato cardinale (1281), potè meglio dar sfogo alle proprie ambizioni. Nel 1292 comprò da Corrado, signore di Sgurgola, le case e i terreni che possedeva in contrada Castello. Salito poi al soglio pontificio cercò di bttenere, direttamente o per mezzo dei nipoti, il possesso della maggior parte della detta contrada; e non credo di esagerare affermando che, al tempo della sua morte, Ia famiglia era proprietaria di piir di venti case con annessi cortili, portici ed orti. Così, ad esempio, I'otto agosto 1295, il nipote Benedetto, da poco elevato al cardinalato, comprava da Pietro del fu Nicola di Teobaldo de Luparia la metà della forre o casa nel luogo detto colle dei SS. Cosma e Damiano. Questa probabilmente era dirimpetto al palazzo di Bonifacio VIII, vicino alla porta dell'attuale chiesa dei SS. Cosma e Damiano.z) Dei vari acquisti del genere il piùr importante certamente fu quello stipulato con i propri consanguinei, i fratelli Adinolfo e Nicola, figli del defunto Mattia de Papa, i quali per la cospicua somma di 4000 frorini, il 30 maggio 1297, vendevano a Pietro II Caetani, conte di Caserta, vari edifizi e terreni in contrada Castello e Trivio e precisamente tre lotti (pefíae). Il riraggiore era limitato dalla strada pubblica (l'attuale Via Maggiore) e da un vicolo ed era adiacente alla chiesa dei S,S. Cosma e Damiano e separato dalle case di Filippo Musico da una oia, che deve essere appunto quella che da Piazza del Conte conduce al Duomo. Su questo lotto sorgevano una casa ed una torre corrispondenti all'attuale grande edifizio, chiamato il palazzo

di

Bonifacio VIII. r) De Mag. Am., Doc. LXXIV.

') Arc. An.,

fase. 10,

o. 4ó9.


Anagni

[rec. XIII]

201

Il secondo lotto era presso Ia suddetta chiesa dei SS. Cosma e Damiano e corrispondeva Palazzo di sia all'ingresso attuale del palazzo sia alle case che gli stanno dirimpetto. Tra la torre del Bonifacio vlll' palazzo e le altre case c'era I'ingresso (introgtus) per il quale si accedeva alla contrada Castello. II terzo lotto, che già appartenne a Oddone Rosso (Conti di Jenne?) comprendeva la easa tra la dimora papale e la chiesa di S. Michele. r) Dalla piantina a pag. 172 della prima parte di questo volume, si rileva chiaramente che Pietro Caetani comprò dai De Papa il corpo principale dell'attuale palazzo di Bonifacio VIII e le case adiacenti. Guseppe Marchetti-Longhi, il quale ha pubblicato un accurato studio sul detto palazzo,z' è del parere che il corpo principale dell'edifizio in questiohe fu costruito dal padre di Ugolino Conti, ") che salì al trono pontificio col nome di Gregorio IX. Dal marchese Pietro o dallo stesso Bonifacio VIII furono fatte ad esso varie modifiche ed aggiunte; ad esempio, i poderosi pilastri, o speroni, congiunti da archi, che si ammirano alI'esterno dal lato di ponente, appaiono evidentemente posteriori al corpo. principale dell'edifrzio e furono, credo, aggiunti all'epoca bonifaciana per resistere alla spinta degli archi e delle volte. Questo magnifico edifrzio diventò la dimora di Bonifacio VIII il quale fece addobbare a suo piacimento il primo piano, ma in quello superiore rimaseto, pressochè intatte, le antiche stanze; perciò si sono conservati in esse alcuni affreschi interessantissimi della fine del XIII secolo in cui, framezzo a vari ornamenti, si vedono scacchiere a quadretti rossi e bianchi, insegne, crede il Marchetti, della famiglia De Papa.3) Adiacente al palazzo pontificio sorse I'altro, ora detto p6to""6 di Traetto, che già appartenne al riipote Pietro, conte di baronale' Caserta e marchese della lVlarca Anconitana: dà sulla piazza che fu detta < del Conte (platea comitís), nome mante" nutosi da allora sino ad oggi quando, per I'infelice manìa Archi del Balazzo di Bonifacio Vlll di voler tutto rinnovare, è stata chiamata u Piazza Bonifacio in Anagni. Ottavo >, come se in Anagni non vi fosse a sufficienza di che tenere viva la memoria del graide pontefice. Il palazzo ricostruito dal marchese Pietro fu tanto vasto che necessariamente comprese nel suo ambito varie case, tra cui una vendutagli dai * Figli di Mattia " e forse anche quella avita. Egli ebbe la febbre della costruzione: ovunque eresse roccle e palazzi, e specialmente fu magnifrco nel foggiarsi una sontuosa dimora in Anagni. Vicino ad essa elevò una grande torre, ricordata nel 1297 come la turfis noúa domíní marchíonis, e davanti al palazzo proprio ed a quello del papa aprì la suddetta piazza, che nel 1297 è ricordata come platea noua. Che Bonifacio Vlil abitasse in uno di questi palazzi o in entrambi prospicienti sulla Piazza del Conte è a) Il Marchetti è dell'opinione chc i o Figli di Mattia " detti . De Papa ' siano una famiglia diversa da quella dei Conti, e si prepara ad iilustrarne la storia e la genalogia. Non è certo lecito pronunziarsi prima che non sia compiuto guesto

studio; a mio parere non

t)

Rcgcsla,

Domus,

ei

l, p. 100.

l-2,26.

i De Papa un ramo speciale di questa antichissima famiglia, che sin da tempi remoti si era dilfus per tutta la regione (Cf, tav. antiche tradizioni e, per ora almeno, voglio credere che

siano

geneal.

a pag.

ll

delta

devono ripudiare troppo leggermente le 1) Arc, S. P., vol.

XLIll.

e) Vcdi tavola a colori dcl flontcspizio.

I

parte).


CASE, PALAZZI E CAPPELLE

202

Quartiere Caetani

in Anagni.

Ub. Vll, Cap LV.

provato da una pergamena del 1305 in cui è detto : Actum in platea ante domos pîedicti Pelrì in quibus olím papa Bonífatíus morabalur. t) I due grandi palazzi, con Ia loro imponente mole, quasi completamente separano la parte principale della città, che sta in basso, da quella piir alta e piùr risiretta, detta contrada Castello, ove sorge Ia cattedrale. Breve è la distanza tra i palazzi e Ia chiesa; le mura cittadine e quelle dell'antica arr romana, da ire lati, rinserrano la contrada. Al tempo di Bonifacio VIII essa diventò il quartiere dei Caetani e fu di loro quasi esclusiva proprietà. Tra I'abitazione pontificia e la cattedrale doveva esistere una specie di porticato o passaggio coperto che, costeggiando le mura cittadine, passava da un cortile all'altro; per' esso Stemma Caetani palazzo Colacicchi nell'androne del il papa poteva recarsi al duomo per i sacri uffizi. Tra i due di Anagni. palazzi esiste ancora un'angusta strada che, rappresentando uno dei pochi accessi al quartiere doveva certamente essere fortificata. Come già si è detto in altro capitolo, il giorno del famoso attentato (7 set. 1303) il Nogaret e lo Sciarra con i congiurati devono aver Íorzato I'ingresso di questa strada ma, non potendo penetrare nei palazzi bene difesi, andarono sino alla piazza del duomo e, infrantane la porta, lo traversarono e quindi, per il passaggio coperto o porticato, penetrarono nel palazzo del pontefice prendendo il rrrur"h"r" Pi"tro e gli altri difensori alle spalle. úopo lu morte del papa il quartiere dei Caetani fu devastato dalle guerre intestine (1306),2) le case dei fuorusciti vennero guastate e la città non solo fu saccheggiata da Guarnieri di Urslingen nel 1348, ma ebbe molto a soffrire durante tutto l'esilio di Avignone e durante il grande scisma.

Non v'è quindi da meravigliarsi se nel Rovina

degli edifizi.

secolo

XV,

ogni qualvolta si accenna alle

case

dirute. dei Caetani in Anagni, queste 'figli vengono descritte come d"l mar"h"se Pietro, ossia verso il 1340, le numerose dimore di Dopo la mortJ dei loro proprietà vennero divise tra i vari eredi e di esse troviamo accenni frequenti nei docul45l , che ho ritrovato menti- d"ll'.po"u. lnteressante è la copia di un documento del 27 marzo nell'archivio dei Caetani di Anagni, contenepte I'elenco delle case confiscate dal papa agli eredi di Bello Caetani di Filettino, in cui tra I'altro si legge: In primis: Due dímore (hospitia) dirute in contrada Castello presso Ie mura della città. presso Ia Item z una dimora grande díruta che fu dt Gíortanni Caetani dí Seloamolle propríetà del eonle dt Fondi (Onorato I[ Gaetani)' Item: una casa díruta p/esso Ia casa dell'Ospizío dí S. Matteo de MeruIlaro, Item: una torre diruta, che sí chíama Torre de Gerlanda, presso Ia ptoptíetà del conte dí Fondi (forse era la tone di Pietro Caetani)' Item: una dímora grande che fu del defunto Píetro di Pileo, sítuata nella contrada Castello presso Ia Portella e presso Ie mura della città' Anagni). - Item: Ie case guastate e dírute ili Caietanel/a (presso I'attuale stazione di I vari rami dei Caetani mantennero a lungo la proprietà delle dimore avite nella vecchia Anagni, ma a poco a poco gueste passarono in altre mani; così Orazio Caetani di Filettino, morto t)

Rcgesta,

I, p. 242.

g) Cf. partc

I,

pae. 190.


In Anagni

[rcc. XIV-XVIII

203

nell'aprile 1670, penultimo del suo ramo, designò il marchese Tiberio Astalli suo erede universale e in tal modo questa famiglia entrò in possesso degli antichi palazzi dei nostri antenati; quello del conte Pietro in parte fu demolito da Torquato Conti, in esecuzione degli ordini dati da Pio IV (t 1565) che voleva costruire una fortezza in Anagni, r) e quel che rimase, nel 1699, in buona parte rovinò. Poi passò ai Gigli e da essi fu venduto nel l79l ai marchesi di 2) Traetto, mentre il palazzo di Bonifacio VIII diventò monastero delle cistercensi. Dopo lungo Jb"ndono e tanta rovina, finalmente il palazzo, che fu dimora di Gregorio IX e di Bonifacio, viene restaurato a cura del Governo. È du sperare che vengano anche riaperti gli archi lungo la strada principale e restaurati alcuni altri edifizi, come fu già fatto del palazzo ciò che renderebbe Anagni uno dei maggiori centri di attrazione della Ciociaria.

"ini"o,

*{<

Non voglio chiudere guesto capitolo senza dire qualche cosa delle cappelle di famiglia Cappelta antica nella cattedrale di Anagni. ù La piùr antica è quella dei SS. Pietro e Paolo, ove fu sepolto ":ti;"ij:' Bartolomeo Caetani, vescovo di Foligno, morto nel luglio del 1304. In sua memoria era stata rozzamente dipinta o scolpita la sua effigie, vestita degli abiti pontificali, b) e sulla lapide fu incisa o dipinta sul muro la seguente iscrizione: IN ISTO ANTIQVO

CAIETANORVM SACELLO REQVIESCIT CORPVS

DNI. BARTOLOMEI CAYETANI NOBILIS ANAGNINI EPI. FVLGINATE,N. A BONIFACIO VIII GENTILI SUO CREATO

Alcuni vogliono che Ia cappella fosse stata eretta da lui; nna dalia struttura la reputo molto 3) vennero sepolti Giacomo padre di Bartolomeo, il piir antica. In essa, al dire dello Zappasodi, a) vescovo Pietro (+ 1277), Roffredo II fratello di Bonifacio VIII, e Francesco abate di Subiaco. I Caetani d'Anagni ebbero molta cura della cappella, che nel 1596 fu completamente restaurata: verso la metà del secolo XVII, per il matrimonio di Vittoria Astolfr; vedova di 5) con Ambrosio Lauri, passò in mano a guesta famiglia e, orribilmente Gianfrancesco Caetani, restaurata verso la metà del secolo scorso, ha perduto, purtroppo, tutto il suo carattere originale. Benedetto Caetani, mentre ancora era cardinale (o forse nei primi anni del suo pontificato) volle che si costruisse una piìr grande e piir decorosa cappella per la famiglia, dedicandola a 6) S. Giovdùni Evangelista. L'anonimo autore della Genealogia deí Caetani d'Anagní vuole che fosse eretta nel 1292. Per farle posto fu demolita una costruzione del principio del XII secolo, sporgente dalla cattedrale nella piazza, e, sugli archetti romanici e sulle fondazioni dell'antico edifizio, sorse la cappella che attualmente si vede.

r) Bonifacio VIll fece molti doni alla cattedrale e tuttora conservano magnifici piviali da lui posseduti, pastorali, una campana grandc di bronzo con lo stemma del papa, oggetti

vi si

tutti benc illustrati nctla Roma t!í Danle àel Muf,oz. Sul caputo dei piviali, che si conscrvavano nel secolo XVII, ci vedevano ricamaùe le armi dci Caetani, degli angioini, dei puccio di

t)

9

p. 26'

Cact.

Xfi', p. 26.

t) Cf.

Sfóllío,

p' 230.

t) I, p. 431.

re d'lnghilterra ed un quarto

Btemma inquartato

di

rosso al

castello e d'argento a leone passante (C- l4l). b) È ricordata nel tertamento del vescovo Cristoforo Caetani di Filettino, morto verso I'anno 1642; fu distrutta nel l8gó quando fu reEtaurata la cappella.

') Cf. partc l,

pag.

185.

r) Cf. Cstcf. Gcn,, Trv. XLV.

cappella nuova

di s' Giov' Ev'


244

CASE, PALAZZI E CAPPELLE

o

l\

Lib. VIl, Cap. LV.

n

Kh i\\\)

Disegno del sec.

XVlll

raffigurante

gli afireschi della cappella

dei Caetani prima del restauro'

Afireschi

del

rnonumento

sepolcrale.

Qualche anno piÚ tardi Adeodato de' Cosmati ebbe I'incarico di adattarvi una specie di ciborio o baldacchino di marmo, fatto in modo da poter ricevere due casse sepolcrali, ornate di mosaici, sovrapposte I'una all'altra. Che questo monumento sia opera di Adeodato non può essere messo in dubbio se si paragona col ciborio da lui costruito per il cardinale Francesco Caetani in S. Maria in Cosmedin. Le casse sepolcrali sono probabilmente piÚ antiche e, credo, furono originariamente destinate alla cappella dei SS. Pietro e Paolo ; nel 1299 furono trasportate nella cappella nuova. Sulla parete fu dipinto un affresco che rappresentava la Vergine col Bambino: alla sua destra, un vescovo con I'aureola di santo, in atto di presentarle un sacerdote inginocehiato, probabilmente Bonifacio VIII; alla sinistra un altro santo, con tre raggi sulla fronte, presentava un uomo inginocchiato, rivestito del manto e coperto del berretto baronale (?), che aveva vicino a


Cappella di Anagni

p2s2-12991

205

sè una corona poggiata in terra; potrebbe rappresentare il marchese Pietro Caetani oppure Carlo II d'Angiò. L'affresco ebbe molto a soffrire dall'umidità e si guastò, specialmente dal lato sinistro, al punto da richiedere un restauro generale, che fu eseguito verso la metà del secolo scorso, barbaramente ridipingendo a tempera I' intero quadro. Per Ia Madonna e per le figure di destra fu piìr o meno rispettato il disegno originale; ma quelle di sinistra devono essere state in così cattive condizioni da non potersi piir distinguere con esattezza, ragione per cui furono ridipinte a fantasia. Anche I'iscrizione si leggeva con difficoltà sicchè nel rifarla ne fu alterata la grafia e la data, che fu scritta 1294 invece che l299.Ho sempre dichiarato che la data era errata perchè nel 1294 Roffredq II non era ancora morto nè Bonifacio VIII era ancora salito al soglio pontificio. Ciò fu confermato quando, poco tempo fa, ho scoperto nel nostro archivio un bruttissimo ma interessante disegno del sec. XVIII l) nel quale è rafigurato I'affresco prima del restauro. L'iscrizione, quale si vede oggi e opportunamente corretta, è la seguente: rN .

lsTo. TVMULO . nÈq .OSSA . DOMINI rFi . qut . NVTRIVIT . DoMlNV.

pETRr.

BONIFATIVM. PP. VIII . ITEM. SVPTVS.

2)

OSSA. DOMINI . GOFFREDI . GAYETANI. COMITIS . CASERTANI . ITEM . OSSA.

DOMINI .IACOBI . GAYETANI . HIC. RE,CONDITA. KAL . AUCVST.

ANNO

. DOMINI . MCC. IX)O(XMIIII.

II

testo fa credere che nel sarcofago superiore riposino le ossa del vescovo Pietro, e quindi esso dev'essere stato scolpito verso I'anno 1277; in quello inferiore (ítem subtus) furono poste Ie ossa del conte di Caserta e forse sotto ad esse, nello zbccolo del monumento, vennero sepolte quelle

di Gacomo,

Monumento sepolcrale dei Caetani nella loro cappella di Anagni.

padre del vescovo Bartolomeo, trasportatevi dalla cappella antica.') Questi sacelli ove furono riposti i corpi dei prossimi parenti di Bonifacio VIII e di vari dei loro discendenti, furono oggetto di venerazione da parte di tutti i Caetani,. a qualunque ramo appartenessero ; b) nel corso di piùr secoli non troviamo quasi alcun testamento dei nostri maggiori in cui le cappelle di Anagni non vengano ricordate con filiale pietà. n) Per

gli oneri delle

cappelle durante

il

sec.

messe

XVll

da

cclebrare nelle suddetle

vedi Arc.

An, S..l..l,

Pos.

18,

tab. n,4. b)

ln un

') C-

istromento

156.

del 1398 si parla della cappella Sanc!ì

t) Ncl dircgoo a

oas. 204

t wblq.

Bonífacl domìnorum de Guamazzoníóus, parenti dei Circtani (Cf. pa*e I, pag. 50), ma non so se con tale denominazione si volesse indicare quella costruita da Bonifacio fasc. 12, n. ó05).

Ylll (Arc. An"


Caprror-o LVI.

ARALDICA.

LI

di cui sino ad ora si è avuto memoria sicura, risalgono alla metà del secolo XII. Nel monumento sepolcrale di Magnaville, Earl of Essex, morto nel 1144 e sepolto nella chiesa del Temple in Inghilterra stemmi piùr antichi,

lo scudo del

guerriero

è ornato di un < carbonchio > o

rag-

a

16 bracci e, se questa figura araldica fu veramente intesa 'tale, come sarebbe il più antico esempio di stemma noto sino giera

ad Stemmi

in S.

Crirogomo.

stemma dqi Gaetani

pulpito

ii

d,Aragona;

S. Maria in

Fondi.

oggi. ")

Senonchè in questi ultimi anni i lavori di scavo eseguiti nella chiesa di S. Crisogono in Trastevere hanno portato alla luce degli affreschi del principio del secolo XII in cui sono raffigurati alcuni scudi inquartati di rosso e di argento con spade in

dubbio alcuno' hanno un signifrcato

i

arardico. Essi sono piir Le pitture sono certamente anteriori all'anno I 129. Infatti due lapidi murate nella parete della chiesa r) e gli importanti scavi, fatti eseguire ultimamente dal Ministero della Pubblica Istruzione, dimostrano che I'antica chiesa di S. Crisogono, presso I'abside della quale furono scoperte gueste pitture, fu costruita nel IV o V secolo sopra una casa romana, ad un livello molto piùr

"ntichlu;:#ti:::;1:i.'""'"

basso del suolo attuale, e che, nei primi anni del secolo XII, I'antico edifizio fu completamente raso al livello del piano di campagna e riempito con rottami delia demolizione; poi sopra ad esso, ma alquanto piir a destra, lu a fundamentís consttucta et erecta la nuova chiesa per

i

opera del cardinale Giovanni da Crema ed il lavoro fu portato a compimento nel 1129. Le pitture sono quindi anteriori al suddetto anno. Sulla parete di un vano, che forse fu la sacrestia, si vedono degli affreschi ben conseryati, in cui sono raff,gurati tre stemmi circondati da rami verdi a spirale, uno dei quali è riprodotto a pag. 23 della prima parte di questo volume. Sulla parete opposta, che è rimasta greùza, con i mattoni solo leggermente spalmati di malta, vi è un fregio dipinto a calce e terra rossa (forse un abbozzo dell'affresco che si voleva dipingere a) Gli embleini araldici sono di provenienza nordica, forse gerc vennero probabilmeate introdottiin ltaliaal principio

manica,

Xll dai baroni di origine nonnanDa. È naturale quindi che primi erempi di ctemmi si trovino in Inghilterra ed in Francia'

del rcc.

i

\

Cl.

Forcella,

lI, p. ló9, n' 4E6.7.

Così abbiamo il aigillo di Filippo, conte di Fiandra, con lo scudo portante un leone e due di Riccardo L d'lnghiltena del I 190 e I t94 portanti, il primo, due leoni rampaoti, ed il secondo, chc poi divennc I'arme della rcal Casa, trc leoni pasranti.


[acc.

Origini dell'araldica

Xl-XII

-* 5f,lG-1*nr-

- ' -=-;-Effit

Stemmi nei sotterraoei (secolo

.

-=

di S- Crisogono in

XII'

207

Roma

principio)

quando la parete sarebbe stata intonacata), formato da una serie di scudi inquartati di rosso e di argento con due o quattro spade variamente piazzate, com'è indicato nel soprastante disegno. Tale irregolarità non ci deve recar meraviglia considerato che al principio del secolo XII I'araldica, appena nata, non era ancora governata da regole fisse. È imporsibile affermare con certezza a quale famiglia debbano attribuirsi questi stemmi. Il conte Pasini-Frassoni in una sua interessante monografia l) sostiene che gli stemmi possano essere quelii dglla famiglia degli Epifanio da cui nacque il monaco Desiderio, abate di Montecassino ií quul", nel 1080, fu elevato al trono di S. Pietro e prese il nome di Vittore lll. È dubbio però se all'epoca della sua morte (1087) I'araldica fosse già in uso. ") Forse con uguale cettezza (o incertezza che sia) si potrebbe attribuire questo stemma a Gelasio II (lll8-lll9), fedele amico dell'abate Desiderio, per il fatto che la famiglia Gaetani, dalla quale si crede discendesse, ebbe appunto per stemma lo scudo inquartato di rosso e bianco, benchè privo delle suddette spade. Vano sarebbe discutere simile materia specialmente se si pensi che l'uso degli stemmi, sorto probabilmente ai tempi della prima crociàta (1096), fu da principio un'usanza non regolata né da tradizioni né da norme precise, e solo col secolo XIII diventò una sCienza quale si è

ai giorni nostri. I due principali rami della famiglia Gaetani, divisisi probabilmente verso Ia metà del secolo XI,' presero due stemmi diversi, il ramo de' Gaetani di Pisa usò lo scudo inquartato di rosso e di argento b) al quul" poi aggiunsero pali identici a quelli degli Aragona, mentre quello di Anagni usò lo scudo d'oro alle bande ondate gemelle d'azzurro, al quale nel 1299 Roffredo III inquartò I'aquila d'argento su campo azzuîro dei Dell'Aquila. Vuole la tradizione che Ie bande gemelle, ovverosia onde, ricordino due vittorie navali contro i saracenin 'ma altri dicono che rappresentino le onde dei due golfr che bagnano I'avita città di Gaeta. Lo stemma originale dei Gaetani di Pisa, di cui I'esemplare più antico: che si conosca è 2) è identico a quello della quello sul sigillo di Sigerio, della prima metà del secolo XIil, a; Gaeta. Probabilmente solo nel secolo XIV aggiunsero i pali d'Aragona, ma alcuni "ir,n membri della famiglia mantennero Ia forma antica. Nel 1596 I'abate Costantino Gaetani di Sicilia, passeggiando per Písa, fece uno schizzo assai rozzo di uno stemma da lui ritrovato, mantenuta sino

a)

ll

dubbio che

si tratti dello stemma di Vittore lll è

Ciacconio ed i MSS. della Bibliotcca NuionalediNapoli dannobensip€r qucato papa I'ioquartato di roaso e argento, ma invece delle due apade c'è un leone nel primo quarto. D'altra parte lo gtemma dei Morra, che il aumentato dal fatto che

il

') Rroirlo ArcIilíca, lug.

1914.

I

Cf,

partc

I,

pce. 32,

Pasini-Frassoni crede discendano dagli Epifanio, hanno le spade, ma non già la parte fondamentale dello stemma che sono i

quarti di rosso e di argento. b) ll primo e quarlo sono

di roso e gli altri di argento,

ma speaso si trovano colori errati,

Caetani di Pisa.


ARALDICA

Lib. VII, C"p, LVI.

riprodotto in questa pagina, che potrebbe essere quello del famoso Giacomo Gaetani, intimo di Bonifacio VIII, r)'benchè la forma dell'elmo e Ia posizione inclinata dello scudo indichino 'probabile che sia della metà del quattrocento. L'abate, con il suo consueto ardire, senz'altro piir attribuisce la . croce alla vittoria che lacopo Gaetani, nel l l lQ riportò contto i ' saraceni in

Tripoli e

Soria.

6t\ V<';!.,.

D.6AYTrìn lg

rn.lnC oP()

Stemma

di Gacomo de' Gaetani di

Pisa.

F.gli fu un ardente raccoglitore di notizie riguardanti la famiglia e ne' suoi voluminosi manoscritti, che si conservano nella Biblioteca Alessandrina di Roma, sono molti disegni da lui fatti per ricordare gli stemmi che ritrovò sugli edifizi e nelle chiese di varie città e nel camposanto di Pisa. Con.il crescere dellÀ potenza e del lustro dei Caetani di Anagni, quelli di Pisa cominciarono a voler ornare abusivamente il proprio scudo con le onde gemelle, adoperandole di

solito nel modo araldicamente piìr assurdo e scorretto.

a)

Forma dello onde dei Caetani.

Così fece pure il ramo dei Gaetani di Sicilia, disceso da quello di Pisa. Ricorda I'abate Costantino che quando uno di questi suoi remoti cugini, Cesare marchese di Sortino" giunse in Roma nel 1554, fu affettuosamente accolto come uno della famiglia (parenfe) da Bonifacio e dal cardinale Nicolò Caetani. E tanta fu la gratitudine e Ia soddisfazione per sì cordiale accoglienza, che Cesare abbandonò le antiche insegne del ramo e prese quelle dei signori di Sermoneta. Non difierentemente agirono quelli di Firenze, pur essi discende'nti dai Gaetaqi di Pisa' ")

A

voltc le onde rcns triple e postc in fascia'

r) Cf. pa*e

I,

pas,, ?2.


[rec.

Stemmi diversi

XIII-XV!

Alcuni rami poi, per anomalie araldiche, usarono anche una sola banda ondata e credo uno di essi sia stato quel Bocca o Bocchetta, lo stemma del quale è illustrato a Pag. 45 della prima parte. Nella mia eollezione conservo il sigillo originale in bronzo di Benedetto Gaetani, del secolo XIV, riprodotto ai piedi dell'lndice dei Capitoli. Caetani I primi Caetani di Anagni, come si è detto sopra, usarono le sole qnde, ed i piùr antichi esemAnagni. di plari (che reputo della metà del secolo XIII) sono quelli nel palazzo civico di Anagni, di cui uno è riprodotto sul frontespizio di questo volume. Di poeo posteriore è quello del vescovo Pietro, affisso alla facciata del medesim o palazzo e che vedesi impresso sulla copertina dei Regesfa Chaúarum. In questi stemmi e in tutti quelfi del secolo XiV e XV le onde Caetani sono stilizzate con la eleganza e forza caratteristica dell'epoca, seguendo i criteri geometrici illustrati nella figura n. I della pagina precedente. Coll'andare del tempo però la forma delle onde fu disegnata con minore cura (frg. 2) e nei secoli XVII e XVil degenerò al punto da diventare una coppia disordinata di serpi che sono un'afflizione a guardarsi I Caetani, discendenti da Giovanna dell'Aquila, usarono sempre le Stemma Caetani nell'atrio della rocca onde inquartate con le aquile, e propriamente dovrebbero dirsi " Caetani di Maenza. dell'Aquila >, Fa anche in ciò vi fu un abuso da parte di rami che non avevano nessun diritto a questa insegna. D'altronde già sin dal ser) colo XIV alcuni membri della famiglia ornarono i loro sigilli con la sola aquila, ma suppongo motivo. lo facessero perchè I'aquila si prestava meglio all'incisione e non già per altro determinato Caetani Errori di araldica si trovano assai frequentemente: così, ad esempio, Raimondo di Maenza nel secolo XV lece murare nell'atrio della rocca di Maenza lo stemma, illustrato sugli archi' in questa palina, in cui appaiono tre ordini di onde in fascia. Lo stesso vedesi tru"i d"ll" porte della sala maggiore del castello' CoLJn'altra bizzana variante del secolo XV si ritrova sulle pareti della scala nel palazzo 2) della Torre. lacicchi di Anagni, certamente appartenuto un tempo ai Caetani di Filettino, conti cardinale Leonardo Patrasso (f l3ll)' zio materno di Bonifacio VIil, al dire del Gacconio, 3) prese per insegna uno scudo Partito, avente a destra lo stemma Caetani e a sinistra una banda ondata di rosso su fondo argento. La notizia è probabilmente errata perchè sulla lastra sepolcrale del cardinale, che in Lucca, è inciso Io stemma di ,i

Il

"onr"rn"

Bonifacio

VIII.

4)

ícON FVrv6;

Al principio del quattrocento si staccò il ramo secondogenito, che fu detto " di Fondi ", il quale salì in-grandissimo favore alla corte ara' 29 ottobrc 1466 re Fergonese, tanto che

Gaetani Fondi.

di segno

di

tabellionato

di

Francesco Gallo (1662)6)

il

ad Onorato Gaetani di partire le proprie insegne con quelle aragonesi, come Uno de' suoi vedesi su tutti gli edifrzi fatti erigere da questo gran signore del Rinascimento. stemmi è usato per ornare la lettera iniziale del presente capitolo. iin"ndo

concesse

r) Vedi l, pú.271 e Misc. 352 IC-4391. Domw, I

'2,27,

ll,

\

Pae.

7l'

î

Vedi peg. 202.

r) T" tt, p, 330.

{) Vedi

parte

l, pag.44.

5) Arc. Cacl.'


Lib. Vlil, Cap. LVl.

ARALDICA

2t0

Giovanni Caetani, figlio di Roffredo III (t 1336 c.\ e di Caterina della Ratta, fu, a quanto pare, capostipite dei Gaetani di Castelmola, i quali quindi non dovrebbero usate le insegne di Govanna dell'Aquila, perchè non discendenti da questa. Nel 1453 re Alfonso confermò alla famiglia la castellania di Castelmola e, a quanto m'informa il conte Carlo Gaetani, in quella occasione la famiglia pose in cuore allo stemma Caetani uno scudetto d'oro a tre losanghe verdi poste in banda accompagnate da due rose di r) rosso, che erano le antiche insegne del castello di Mola. Altro non dirò degli stemmi dei due rami principali della famiglia, rimandando Io studioso di tale materia all'indice delle illustrazioni

in calce a questo volume. Un altro ramo della famiglia, detta di Gaeta, usò lo stemma riprodotto al principio del capitolo lll, che il De Lellis 2) dichiara di aver notato su varie tombe di questa famiglia tanto in Gaeta che in Napoli. L. Tettoni e F. Saladini nel loro Teatro Araldíco D affermano che nella chiesa di S. Barnaba di Brescia si vede un sepolcro dei Gaetani di questa città, su cui è rappresentato uno stemma con due scettri incrociati. Vane sono state le mie ricerche

per rintracciare qualdre cosa sulle imprese e sui motti della famiglia. Sappiamo soltanto che Camillo Caetani, morto nel ,1554, usò per impresa un albero i cui rami froriti si piegano sino in terra per indicare che I'animo suo era elevato, benchè il corpo fosse deforme per difetto di natura; in un affresco da me scoPerto nella rocca di Ser' moneta, sotto a tale insegna è scritto sILENTIUM: dalla quale parola deduco che quella Stanza fosse lo studio di questo dottissimo signore. Mio nonno raccontava che I'antico motto della farniglia fosse A61TATA cRESCVNT; non ho rnai rintracciato queste frere parole in alcun docu-

mento antico.' Al principio del seicento troviamo invece il vanitoso motto NoN CONFUNDITUR che vuol significare che i Caetani, come I'aquila, possono guardare in faccia al sole senza rimanerne accecati: e da tale concetto trasse il proprio segno di tabellionato Francesco Gallo, notaio di Sermoneta ed archivista della Casa. a) Ho detto quanto ho potuto raccogliere sulle insegne della Domu s Caíetana. Il blasone nobiliare è un pi"zioso retaggio per chi ha I'onore di poterlo usare; ma voglio ricordare a coloro cui dedico questo volume che le insegne furono create non Per fame mostra sui soffitti dei saloni e sugli sportelli delle automobili, ma per portarle sullo scudo nell'ora della battaglia' ') Vcdi

partc

l, $c'

274.

z) p. 4?0.

I L8pi, 1044, T" lV.

+te t-ri\TA'gR,E s

') Vcdi p.g.

gyNJj

ptecdcntc'


LIBRO OTTAVO

B.ORGIA

:


Stucchi nelle sale Borgia

in

Vaticano.

Canrolo LVil.

LA CORTE DEI BORGIA. (14e2-t4ee)

'uNDIct agosto 1492 il cardinale Rodrigo Borgia, dopo aver Etezione di largamente speso del suo, veniva elevato al seggio ponti- Alersandro Vl. 6cio. Nicola Caetani, unitamente a Battista Conti, era stato deputato alla guardia del conclave. I Farnese devono avere salutato con gioia il nuovo pontefice perchè Giulia Bella ", " figliola di Govannella Caetani e di Pierluigi Farnese, essendo I'amante del cardinale Rodrigo, v'era buona ragione di credere che, per I'influenza di lei, molte grazie sarebbero ricadute sulla famiglia. Forse anche i Caetani ebbero buone speranze, ma poco considerarono che I'ascendente di una donna, anche bella, sopra un uomo può essere transitorio. Certo è che i Caetani non potevano sospettare allora che, invece di onori e benefizi, sarebbero riservate loro soltanto umiliazioni e persecuzioni gravissime; in vero poco mancò che per opera di Alessandro VI e del suo crudele figlio Cesare, il ramo dei Caetani di Sermoneta rimanesse Alessandro Farnese (Paolo lll), completamente estinto dal pugnale e dal veleno. S. Pietro, Roma. Anni di sfrenate passioni, di corruzioni e di delitti che macchiarono non solo quanti si associarono ai Borgia, ma a strumento del piìr sfrenato e svergognato nepotismo e a ridotta infangarono la stessa Chiesa, l) teatro di sfacciata immoralità. Ce ne dà un'idea I'lnfessura che, descrivendo una delle prime feste date dal papa, si trovava costretto a dire: " E molte alhe cose sí dissero che non scrílo, le qualí o non sono oeîe, oppue, se lo sono, sono încredibili

".

r) p. 288.


LA CORTE DEI

214

BORGIA

Ub. VIil, Cap. LVil.

Matrimonio La parentela fra i caetani'Farnese'

Caetani ed i Farnese fu promossa dal cardinale Scarampo nel 1460 quando infieriva la guerra angioina. Ai primi di ottobre il cardinale scriveva ad Angelo Farnese, che stava a Vicovaro con due squadre di soldati a difesa di quella terra, proponendo il matrimonio tra Govannella Caetani e Pierluigi Farnese; Angelo ne parlò subito al fratello appoggiando I'idea. l) Appena avuta la risposta, lo Scarampo scrisse a Caterina Orsini, madre di Govannella, dando Ia buona notizia che lc parentezza prometteva bene. 2) Tutto procedette rapidamente, sicchè nel febbraio dell'anno seguente i Farnese chiesero di mandare uno deí soí ad oederc Ia donna.3) Il matrimonio ebbe luogo ai primi del l4M e, il 30 marzo, il marito Pierluigi delegava da Ischia il proprio procuratore per ricevere il pagamento della dote. a) Da questo matrimonio nacquero Angelo, Gabriele, Bartolomeo, Girolama, Giulia ed AIessandro, il futuro papa Paolo tll. Questi venne alla luce alla fine di febbraio del 1468. Studiò

G.q,. Giovannetta Caetani,

Sculture dí DeIIa Porla al palazzo Famese (sinistra) e a S. Pietro (destra).

in Roma sotto il

famoso Pomponio Leto e, per la sua cultura ed intelligenza, progredl rapidamente nella carriera ecclesiastica; però fu uomo di natura passionale e sfrenata e, in età di app€na 19 anni, forse per differenze d'interessi sorte in seguito alla morte del padre, s'inimicò

con la propria rnadre: per vendicarsi scagliò contro di lei accuse infamanti e la fece imprigionare. Intervenne però Inúoeenzo VIII che, sdegnato di quanto era accaduto, fece gettare in carcere in Castel Sant'Angelo lo stesso Alessandro (14S7). Il giovane prelato però riuscì a fuggire dal 5) castello e I'incidente non ebbe seguito, probabilmente per intercessione della stessa madre. Gulia, detta dai contemporanei u Giulia Bella " è iimasta famosa nella storia, piùr che Amori di Gulia Famese' per la sua bellezza, per essere stata l'amante del piùr spudorato dei papi. La tresca amorosa probabilmente cominciò prima che Ia giovane sposasse. Rodrigo Borgia, allora cardinale, la conobbe certamente in casa di Adriana Milla, madre di Orsino Orsini. Questa era parente e confidente del cardinale, il quale aveva affidato a lei l?educazione della propria figliola Lucrezia. La fanciulla frequentava Ia casa Orsini e quindi i contatti furono facili.

r) Ep., p. 90.

Li,a, Famae.

s) Ioí, po.90,92.

t)

Iot,

p. lO7.

') Atc.

Nop,, lgtr. Fameiani, n. 143.

E) Grce.

L, 8., p. 35 t


Giulia

11460 - 14e21

Farnese

215

Giulia era una vergine quindicenne, dai meravigliosi capelli d'oro, dai lineamenti classici, bella oltre ogni dire. Il cardinale s'innarnorò pazzamente di lei ; sia che ne diventasse I'amante prima o dopo il matrimonio, considerò assai opportuno di darle marito ed a questo ufficio poco glorioso fu scelto il giovane Orsino Orsini, signore di Bassanello. Il contratto matrimoniale fu concluso il 20 maggio 1489 nella camera stellarum 'della casa dello stesso cardinale Rodrigo Borgia, il quale volle presenziare la cerimonia che gli stava tanto a cuore. A garanzia della sposa si trovavano gli zii, il protonotario Gacomo Caetani ed il fratello, il generosus ur? Nicola, condottiero del papa; a franco dell'Orsini era la madre Adriana Milla. r) Il giomo seguente fu celebrato il matrimonio; fu certamente notata I'assenza alla cerimonia del protonotario Alessandro Farnese, fratello della sposa. Due anni dopo era notorio per tutta Roma che Gulia era la concubina del cardinale Borgia.

sculture

di

DcIIa

Poila

atr",ilt[r:il?'ì"ot'"1

ea

s'

Pietro (destra):

')

Una brutta luce ricade su tutti i protagonisti della tresca, specialmente su Giovannella e su Alessandro, ai quali la vergogna della frgliola e sorella servì di scalino per avanzare gli interessi della Casa. Ma non dobbiamo giudicare questi fatti secondo i criteri dell'epoca nostra (in cui a volte vediamo cose assai simili), ma secondo i concetti morali del glorioso e corrot-

i

tissimo Rinascimento, quando persino conventi erano diventati lupanaria, quando amori extraconiugali erano un complemento alla vita di quasi ogni famiglia e quando nobili bastardi pullulavano ovunque, a cominciare dalle case sovrane, ed onorevolissimamente erano considerati ed

i

imparentati. a)

Paolo

lll

le due

statue sulla tomba di in S. Pietro, scolpite da Giovanni della Porta, siano

V'è

poco dubbio che

quelle di Gulia Bella e di Giovannella Caetani: la prima è infatti rassomigliante al ritratto che si vede sulla medaglia sin'

di Giulia. La bellissima donna, che nel marmo rappresenta la Giuctizia, fu rafigurata completamente nuda' ura venne poi rivestita di bronzo dal Bernini. Su tale atto di pudore ricamò la fancrona

t) Prot, d, not.

Beneimbene,

cit. Greg.

L. B'.

doc. ?.

il Belli volle ricordare nel suo sonetto < La slalua cuperta >i dopo avere narrato un piccolo incidente che ometto, prosegue: tasia del popolo, come

Allota et Papa ch'eta Papa allota fecce fà ccù bronzo Ia camíscía

te

Che ccc se oede atlempí nosbi ancota.

(Vol. VI, p. 226, d.

1887).


LA CORTE DEI BORGIA

216

Matrim. di

G. Caetani c Fmn." Conti.

Lib. VIll, Cap. LVII.

Poco dopo il matrimonio di Gulia, e precisamente il l0 gennaio 1490, il giovane Guglielmo Caetani sposava Francesca Conti; grande fu la festa e molti furono i doni offerti dal popolo e dai gran signori l); fatto degno di nota è che, mentre tra i donatori appare Angelo Farnese, che offrì una confettera, non troviamo però il protonotario Alessandro, il quale evidentemente non intervenne alla cerimonia, come già era mancato a quella per gli sponsali della sorella Giulia. Persisteva ancora fresca la memoria dell'insulto recato da questo alla madre ed evidentemente i rapporti con i Caetani erano tutt'altro che amichevoli. Ma ben presto, con I'elevazione di Rodrigo Borgia al trono di S. Pietro, il comune interesse delle due famiglie fece passare una spugna sul passato. Erano tempi in cui ogni elezione di papa segnava un'ora di grandi preoccupazioni, di grandi speranze e di profondi mutamenti nella stessa politica della Chiesa: per i nipoti e seguaci del defunto pontefiee segnava Ia fine del raccolto; per quelli del nuovo, il principio della cuccagna. Pochi papi si macchiarono di nepotismo più sfacciato di quello che Alessandro ostentò a favore de' propri figli e parenti; al prediletto Cesare Borgia tentò di creare un regno nell' Italia centrale, quasi mirando a cedere a lui il potere temporale della Chiesa. Non è mio compito illustrare la storia e Io spirito dell'epoca borgiana, sulla quale si è già tanto scritto; mi limiterò perciò ad un semplice e fedele racconto della tragedia a cui andò incontro la Casa caetana.

** Al.

Farnese

PromoBso

cardinalc,

Giulia Farnese, spinta dalla madre, dai parenti e dall'afietto del proprio sangue, tanto fece che, il 20 settembre 1493, indusse il papa a conferire ad Alessandro il cappello cardinalizio col titolo dei SS. Cosma e Damiano; lo stesso giorno diede Ia porpora al figlio Cesare Borgra, al quindicenne Ippolito d'Este e ad altri nove prelati, dai quali si disse ricavasse circa 100000 ducati di benefizio. Alla promozione di Alessandro cercarono di opporsi il sacro collegio e re Ferdinando, ma più di essi fu forte un capello di donna; ragione per cui il popolo di Roma, sempre sarcastico e crudo nel suo parlare e che già aveva battezzato Giulia Bella coll'atroce epiteto di u Sposa di Gisto ", si divertì a soprannominare Alessandro il u cardinal gonnella u o, quello che è peggio, il u cardinal Fregnese ". I Farnese tuttavia si preoccuparono poco di quel che diceva il volgo e facevano gran festa in famiglia. Il 2l ottobre Grolama scriveva al marito Puccio Pucci rallegrandosi di quanto la sorella era riuscita ad ottenere a favore della propria Casa; Giovannella preparava una grande riunione familiare nel castello di Capodimonte e alla festa furono invitati il papa e 2) Cesare Borgia, ma non sappiamo se effettivamente vi siano intervenuti. I Caetani però non s'infangarono traendo profitto dalla colpa della loro parente. Il capo della famiglia era Nicola che già, sin dal gennaio 1485, era al servizio della Chiesa come capi' tano d'arme ed in tale qualità continuò a servire sotto Alessandro Vl fino al giorno della pro' pria tragica morte. ")

a) gamenti

Nei regishi valicani vi sono molte note relative ai paa lui fatti: 4ló ducati d'oro per una Paga del t4gzt

!) Cf. pag. 196.

2) Gee.

L.8.,

p. 61.

tó00 ducati per tre paghe del 1494 (CÍ. MenottÌ, Doc., p.

e

*g,i Arc, Vat.,

la:'l.. et Ex., vol.

78

nq, fr. rcs, l7l,l72).


I

[gen. l490-lug. 1494]

Farnese

2t7

il

proprio cognato Virginio Orsini col quale, pur non molto tempo prima, era stato in così buoni rapporti. Franceschetto Cibo, dopo la'morte di Innocenzo Vlll, aveva venduto Cerveteri ed Anguillara a Virginio.per 40000 ducati; di ciò si era adirato Alessandro VI e si stava per venire ad aperte ostilità. Il cardinale Giuliano della Rovere, che rappresentava la fazione del sacro collegio awersa al papa, si ritirò ad Ostia sotto la protezione di Virginio. Ivi furono raggiunti nel giugno del 1493 da Federico d'Aragona, principe d'Altamura e secondogenito di re Ferdinando, il quale era venuto a Roma nel novembre precedente per prestare obbedienza al nuovo pontefice. Nel traversare le Paludi Pontine si l) Parteggiavano per era fermato a Sermoneta, ove certamente fu ospitato da Nicola Caetani. gli Orsini anche Prospero e Fabrizio Colonna; alle foci del Tevere stavano di guardia undici

Nel 1493 dovette

prendore le armi contro

Conflitto

con gli Onini.

galee napoletane.

Intanto il papa aveva riunito un piccolo esercito guidato da Giovanni Sforza, suo genero, dal famoso capitano Fracassa di Sanseverino, da Nicola e da altri condottieri. Stavano di guardia davanti a Roma, coi mercenari attendati presso Capo di Bove e a Ponte Milvio, 2) donde questi marcní arrecavano molti danni ai pacifici cittadini ed agli agricoltori. Finalmente Federico tornò a Roma ad appianare la questione dei feudi, ma I'accordo non fu concluso che quando Virginio si fu finalmente rassegnato a pagare 35 000 ducati al papa per il riconoscimento di Cerveteri e di Anguillara. I buoni rapporti con re Ferdinando furono ristabiliti con la promessa che questi avrebbe dato la propria nipote bastarda, Sancia, in moglie a Golfredo Borgia, frglio dd p"pu. È vero che Sancia da poco era diventata moglie di

Onorato Gaetani, conte di Fondi e duca di Traetto, e che il matrimonio era stato lietamente consumato, ma erano tempi in cui piccole difrcoltà del genere etano agevolmente suPerate col volenteroso consenso di tuttiDella carriera di Nicola caetani sotto i Borgia sappiamo poco; ") durò meno di due anni perchè negli ultimi giorni del luglio 1494 un breve ed oscuro dramma lo tolse repentinamente dal mondo, preservandolo per certo da una non meno cruenta sorte che, se avesse vissuto, gli sarebbe toccata per ordine del duca Valentino, quando il papa rivolse le armi della Chiesa

i

Caetani e contro gli Orsini per impossessarsi dei loro patrimoni. Era tornato da poco in Sermoneta allorchè un certo Matteo da Pesaro, canonico di S. Govanni, gli somministrò del veleno che in brevissimo tempo lo condusse alla morte. Ignoriamo quale sia stato il movente di questo delitto: forse fu una vendetta personale di Matteo, ma non è da escludersi che Giovanni Sforza fosse responsabile del veneficio, connivente lo stesso duca Valentino, come estesamente si dirà appresso. Il dramma si può collegare ad una ribellione delle truppe di Nicola e a certi fatti d'arme; anzi non è improbabile che Nicola, forse sedotto dal cognato Virginio Orsini, abbia titubato nella sua fedeltà al papa. L'azione del veleno fu rapidissima; caduto in stato comatoso, non fu pih in grado di dettare personalmente il testamento al notaio Giacomo de Grazianis; perciò il suo cancelliere personale, Piacentino, collocò il notaio nella stanza attigua a quella in cui agonizzava Nicola e, tru""rro la porta, si mise a ripetere le ultime volontà del suo signore. Può essere che di fatti "trasmettesse le parole che a mala pena pronunziava il moribondo, ma è piùr verisimile che,

contro

dn pollr

17 lug. "1494 re Alfooso

esbaherc,

t) Tilnchcto, Donss,

gli

concedeva facoltà

cÀc

o de la Pîoolnlla ile Calabía, o de Tena ilc ll-1,

l-2.28.

p. 214.

\

Infcu.,

p,289,

Laoorc quatbo mllÍa lomola dt gano paganilo Io dertclo chc le rcoenea (Arc. Gaet. Arcg,, cod. No 4. (1336) c. 70).

Awelenamento di Nicola Caet.


LA CORTE DET BORGIA

218

vivere, il fido cancelliere, per tutelare gli interessi de' figlioìi e della vedova, fingesse di ripetere le parole che gli venivano mormorate, dettando invece ció che sapeya sarebbero state le ultime volontà di Nicola. Per testamento questi legava 5000 ducati di dote alla figlia Rogasia e nominava I'unico maschio Bernardino-Maria erede universale; qualora questi dovesse morire in età minore, nominava in sua vece eredi in parti uguali il protonotario Giacomo, $uo fratello, ed il nipote Jeronimo, figlio di Guglielmo. A questo non lasciava che i due splendidi e magnanimí corsieri, Falcone e Ducale. L'esclusione di Guglielmo fa supporre che qualche dissidio fosse sorto tra i fratellil) e guesto fatto, opportunamente accentuato dai Borgia, forse diede origine al sospetto che Guglielmo fosse colpevole del venefrcio. Per tali circostanze gli eredi credettero bene d'invocare la sanzione papale e, il 20 set. tembre, il pontefice confermava il testamento, osservando che si sarebbe potuto considerarq non valido perchè non eseguito secondo tutte le forme di legge.z) La notizia della morte era stata comunicata immediatamente alla curia per mezzo di Gjacomo Baldovino, cancelliere di Guglielmo; tre giorni dopo, ossia il 29 luglio, Alessandro VI, forse non senza qualche ipocrisia, scriveva rimpiangendo il casum inopínatum che toglieva a lui ed alla Santa Chiesa un suo alumnum dedítissìmum el fidíssímum. Con lo stesso breve concedeva a Guglielmo, per I'anno corrente, la condotta e il governo dei 60 militi che erano stati agli ordini di Nicola, ingiungendogli di valersi dell'aiuto di Bernardino di Carvaial, cardinale dei SS. Pietro e Marcellino, legato nella Campagna e Marittima, per ridurre all'obbedienza quei militi che si fossero dimostrati inobbedienti o ribelli. Il fatto che in quest4 lettera di condoglianza il papa abbia creduto opportuno di dilungarsi sulla ribellione dei soldati o, come credo debba leggersi, sul favore prestato da essi alla parte nemica (forse agli O$ini), mi fa supporre che la morte di Nicola sia da collegarsi con qualche incidente militare.') Nelle parole del pontefice pare quasi di scorgere un ammonimento a Guglielmo; e I'avere egli awertito del fatto anche il legato indica che I'incidente militare era stato considerato di molta gravità. Il 9 agosto il papa confermava e nominava ufficialmente Guglielmo suo eondottiero 3) senza piir fare accenno alla suddetta ribellione; questi, come rileviamo dai registri vaticani negli /nfrorlus et Exitus, tenne la condotta d'arme probabilmente sino al giorno in cui cadde in disgrazia dei questi avendo cessato

Ribellione

della rnilizia.

Ub. Vlll, Cap. LVll.

di

Borgia.

Molta oscurità circonda I'intero incidente che pure, a suo tempo, deve aver sollelato rumore e scandalo. Dai laconici appunti che abbiamo sul processo intentato nel 1500 al protonotario Giacomo, traspare una confusa storia di un certo notaio Onofrio precipitato in un pozzo, di un cane morto su cui forse fu esperimentato il veleno e della scarpa di un certo Cristoforo ritro. t) Celerum quoníam socíelalem lllorum sexagínta armîgercrum, quî sub eíusdem Nicolat ductu et stlpendíis nostfis míIítabant, nobís lntegam conseÍoart et stmul contlnetí oolumus, confilenles ín Domíno de probítate, fide ac strenuítate lua, GuíIletme fiIí ilíIecte, quoilgue llbi commíse-imus fidelite ac díItgenlet cxequerts, !íbí díclmus nos erre contentos, el íta presenllum lenore commíItimus ut cotundem sexaginla armlgercrum euram ac gubetníum pto presenlí anno capías et íIIos sub obedíentía tua ad mandatum nostrum regas el gubemes; mandan-

ex debilo fiàelÍtatís et pro caram habent gralíam nosttam uI pro eodem anno !Íbl

tes eisdem míIÍtíbua quanto

r) Pre.

630.

et

armigetls

\

Pte,,

442.

I

Pte' 320.

Iamquam eotum capltí et gubemalotí obeìllan! et Intendant. In qulbus, sí quí forsan ín hoc, quod non qedímus, esscnl rcbel-

et lnobeilíentes, ínoocabís ail íil audllum dílectt frlti ttosttt Bletnadtníl titulí Sanclorum Pcht et Matcclllnl presbít*í cdrdínalls, carlhagínensís et proolncíarum nosharum Campaníe et Maútllme legalÍ qul, sicut el sclrlbímus, tíbt assistel e! opilunls rcmedíjs ptefatos rcbelles ad debtlam obedentíam rcillgct e! tcpellet, Tu oem díctam socíelalem atmígercrum talllet contíles

nere et eo modo sluileas gubemare ut lndushlam ac fiilen-tuam commendate posrfmur et Ípsl non iluctoretn amlsísse sed gu-

bemalorcm mutasse oídeanlur (Prg. 30E).


Avvelenamento di Nicola Caetanr

F4e4.15041

219

vata in qualche luogo. r) ll 12 di agosto Giacomo e Guglielmo, scrivendo a Virginio Orsini, conte di Tagliacozzo, ricordavano guesto acerrímo et twbolentissímo casu dello [míseroi] et desfoilunato nostro fiatello. Nel 1498 si appurarono le responsabilità della morte di Nicola; Matteo da Pesaro fu imprigionato per veneficio da Pietro Menzi, vescovo di Cesena e uditore generale della curia apostolica, e privato della sua prebenda della chiesa di S. Giovanni u Donarum papíensís >r, ma si ignora quale condanna subisse. 2) Relazioni Due anni più tardi, quando il papa cercò di annientare la famiglia Caetani, Govanni tra i Caetani Cifra, capitano di Bassiano, il quale si era venduto al duca Valentino tradendo i propri signori, e Aless. VI. testimoniò che I'omicidio era stato commesso per mandato di Guglielmo e di Gacomo Caetani; accusa che mi sembra invece confermare il sospetto che gli stessi Borgia non siano stati estranei al veneficio. Infatti il papa in compenso del tradimento, addì I febbraio 1500, concedeva a Francesco di Ncola di Pietro Gfra alcuni benefrzi ecclesiastici in Bassiano, di cui aveva spogliato il protonotario Giacomo, dopo averlo incarcerato. 3) Giacomo e Guglielmo sembrano aver vissuto nella grazia del papa, quantunque questi già sin dal 1494 avesse in animo di privare essi e altri baroni delle loro terre per riversare ogni ricchezza sui propri bastardi. Il primo, come protonotario apostolico e segretario del papa, viveva in continuo contatto con il pontefice il quale spesso gli richiedeva favori personali. il l0 gennaio 1498 lo pregava di mandare dalle sue terre a Roma alberi e piante fruttifere bene imballate per ornare la sua vigna presso il palazzo a) Non v'è dubbio che, papale, essendone questa sprowista. come era costume della famiglia, Giacomo mandasse pure ad Alessandro VI frutta degli orti di Ninfa e belle trote peAlessandro VI. in Vaticano Sale Borgia scate ivi nel fiume. (Pínturtcchío) Come il piùr anziano della famiglia, aveva in mano gli afiari della Casa; ma la sua qualità di prelato lo riteneva di continuo a Roma ove assisteva alle molteplici funzioni della curia. Racconta il Burchard che in una di queste il protonotario dí Sermoneta, credendo che non gli fosse stato assegnato il debito posto, si volse contro di lui e, prorompendo per ínhonesta oerba, asserì essere egli non già patriarca d'Antiochia, ma barone dell'Urbe ed assistente del papa e perciò non voler soffrire di essere trattato secondo la volontà di un cerimoniere pontificio. 5) Pochi mesi dopo la morte di Nicola, e precisamente il 13 settembre 1494, la di lui sorella, Iacobella Caetani, moglie di Paolo di Stefano Margani, gravemente malata, dettava il suo testamento in Sermoneta nominando esecutore testamentario il nipote cardinale Alessandro Farnese; ma si riebbe del male, tanto è vero che sua madre Caterina nel 1504 Ie legava per testamento 50 ducati e Ia facoltà di vitto e di alloggio nel castello di Sermoneta per essa stessa e tre familiari. ó)

r) C-2469, pae. ultima.

5) Burch,,Il, p.

155,

o)

z) Arc. Vgl., Rec. E28, c. 187' cit. MenoW' Dq', p- 294. C-2499t Rr. 1881.

8) Menotti, Doc., p.

274.

a) Pry. 293.


LA, CORTE DEI BORGIA

220

Lib.

Vl[,

Cap.

LVil.

*

*{r

Sunto storico.

Intanto si preparava un grande e grave awenimento: la calata di Carlo VIII in ltalia. 'Essa segnò il rinnovarsi delle invasioni straniere che, con le guerre successive, straziarono I'ltalia col flagello delle armi per molti e molti anni e portò come conseguenza che per più secoli rimasero assoggettati il mezzogiorno alla nefasta dominazione spagnola e gli stati settentrionali alla prepotenza francese. Gli ultimi capitoli di questo volume si riferiscono a fatti intimamente connessi a tale avvenimento e quindi, prima di addentrarci in essi, sarà opportuno dare un brevissimo riassunto delle complicate vicende politiche del tempo. Estintasi Ia dinastia degli angioini, la casa reale di Francia accampò diritti ereditari sul regno di Napoli. Il saggio Luigi XI era morto (30 ag. 1483) e a lui era succeduto sul trono il giovane Carlo VIII, avido di gloria e privo di senno. Sollecitato da Ludovico il Moro, non esitò a lanciarsi nell'impresa di Napoli. Raccolse un bell'esercito, in cui erano molte squadre di mercenari svizzeri e il fiore della cavalleria francese I munito di una formidabile artiglieria

calò

in ltalia (set. 1494).

A lui, fortunato nelle prime mosse, i

principi italiani opposero poca o nessuna resistenza, purchè tirasse avanti per Ia sua via. Quando giunse davanti a Roma (31 dec.) Alessandro VI, tutio impaurito, si rinchiuse in Castel Sant'Angelo. Il re avanzò su Napoli senza quasi colpo ferire; I'esercito napoletano si dileguò come nebbia al vento e re Alfonso II fuggì in Sicilia, addicando (23 gen. 1495) a favore del figlio Ferdinando ll. ll 22 febbraio Carlo VIII entrava nella capitale del Regno. Mu, dopo tre soli niesi di permanenza, i principi e le repubbliche italiane si strinsero in lega contro I'invasore e Carlo Vill, temendo di rimanere chiuso in trappola, si decise a tornare in Francia (20 mag.), lasciando Montpensier con parte dell'esercito a mantenere le posizioni. Sulla via del ritorno passò nuovamente per Roma (l lug.) e poi, avanzando per il parmense, presso Fornovo, si aprì la strada a traverso I'esercito dei collegati (battaglia del Taro, 6 lug.). Intanto Ferdinando ritornava dalla Sicilia, ove si era rifugiato, ed entrava in Napoli (7 lug.). ' Poco dopo questi moriva (7 ott. 1496) ed anche Carlo VIll cessava di vivere il 7 aprile 1498. A lui succedette Luigi XIl, il quale nel 1499 invase Ia Lombardia e I'anno seguente si preparò a riconquistare il regno napoletano al cui trono era salito Federico, zio del defunto Ferdinando II. Prima di muoversi Luigi XU aveva stretto un segreto accordo a Granata (ll nov. 1500) con Ferdinando il Cattolico, re d'Aragona, in base al quale i due sovrani decisero di spartirsi il regno di Napoli: le provincie settentrionali sarebbero andate ai francesi e quelle meridionali agli ,pagnoli. Questi ultimi, condotti dal " Gran Capilano o, Consalvo Fernandez di Cordova, sotto veste di venire in aiuto di Federico, entrarono nel napoletano per mare (giu. l50l), mentre i francesi condotti dal duca di Nemours, al quale si era unito Cesare Borgia, penetravano dalla parte dello stato ecclesiastico (lug. l50l). Quando il re di Napoli si vide tradito, fuggì (4 ag. l50l) e cercò rifugio presso quello dei nemici che I'aveva attaccato a viso aperto; .r"i-llO+ moriva in Francia. Così crollò la dinastia degli aragonesi discesa da Alfonso il Magnanimo.

del Regno, francesi e spagnoli vennero alle mani per la divisione delle primi ebbero la peggio e dovettero ritirarsi lasciando i re d'Aragona signori

Impossessatisi

spoglie (1501);

i

assoluti dello stato napòletano (mag. 1503).


[rct.-dcc.

Calata di Carlo VIII

1494]

221

*** Carlo VIII, dunque, dopo aver traversato il Piemonte e la Lombardia, nel novembre 1494 entrava nella Toscana. Il pontefice si apprestava a impedire ai francesi di passare per lo stato di ecclesiastico, ma era tanto impaurito che non sapeva veramente che partito prendere. Re Alfonso gli mandò in appoggio le sue milizie a Roma; esse presero la via più breve, ossia quella delle Paludi Pontine, in vista di che, il 2 ottobre, il papa scriveva al protonotario Giacomo Caetani awertendolo di mettersi d'accordo con il commissario pontificio Martino Zabatta, perchè ad un modico prezzo dalle sue terre fossero prowedute alle truppe napoletane le vettovaglie e Ie altre cose necessarie. l) Il giorno otto scriveva nuovamente ordinando di mettere a disposizione dei regi i bufali occorrenti per trainare i carri delle bombarde, sapendo che i Caetani disponevano di molti capi di questo bestiame e chiedendo inoltre che fosse fornita la mano d'opera (oastatore) per spianare le strade e costruire i ponti. 2) Scriveva pure a Guglielmo ripetendogli le medesime istruzioni e ingiungendogli di unirsi immediatamente all'esercito del re con tutta la 3) sua compagnia in buon arnese, e di mettersi a completa disposizione del sovrano. Gli uomini d'arme di Cuglielmo, che allora si trovavano a Fondi, indugiavano a raggiungerlo in Sermoneta, per cui re Alfonso ordinò loro di spostarsi immediatamente (17 ott.). a) Queste non furpno le prime ed uniche difficoltà che Guglielmo aveva insontrato con la nuova truppa che aveva ereditato dal fratello; erano tempi agitati durante i quali difficilmente si tenevano a freno i soldati e alcuni di questi, dopo aver riscosso la ìmprestanza, lo desertarono per passare ai servigi di Gacomo Conti e di altri signori. In questa ed in altre occasioni egli si rivolse di frequente per aiuto e consiglio al cognato Virginio Orsini, gran conestabile e generale d'arnrata per il re di Napoli, con cui si trovava di nuovo in buoni rapporti, tanto è vero che il 30 ottobre Gacomo si adoperava a reclutargli soldati a Bassiano. t) Ai primi di decembre Carlo VIII si mosse per traversare lo stato ecclesiastico, ma già sin dalla fine di novembre alcune delle sue'truppe eransi mosse in avanguardia facendo bottino ovunque capitavano, E così accadde che, il 27 novembre, mentre madonna Adriana Milla, Geronima Farnese e Giulia Bella si recavano dal castello di Capodimonte a Viterbo per visitare il cardinale Alessandro, s'imbatterono in una pattuglia di cavalleria francese che le prese prigioniere e, unitamente alla loro scorta, le condusse a Montefiascone. La notizia inopinata riempì Alessandro VI di spavento; subito mandò un suo camerario da Ascanio Colonna in Marino perchè si adoperasse per Ia liberazione delle signore, ciò che gli fu accordato facendogli però pagare una taglia di 3000 ducati. 6) Evidentemente Carlo VIII, cedendo ad un impulso cavalleresco, non si era reso conto che Ia fortuna gli aveva messo in mano uR mezzo effrcacissimo per fare del pontefrce quel che gli fosse piaciuto. Le truppe francesi avanzarono su Roma e il papa, disperando di poter resistere, cominciò a curarsi piir degli affari propri che delle sorti del regno di Napoli. Permise quindi I'entrata di Carlo VIII in Roma (31 dec.) ricevendolo con molta deferenza, ma per prudenza si rinchiuse in Castel Sant'Angelo con vari cardinali. Mentre I'esercito napoletano si ritirava verso il sud, per Roma vagabondavano i lanzichenecchi ed i guasconi. L'esercito francese proseguì la sua strada e quasi senza colpo ferire entrò in Napoli.

s. 8li

f) Prg. Gtcg.,

298. Vll, p, 355.

\

Prs.22l,

'

r) Prg. 305.

r) C-2417.

lll.

6) Menottt, Doc., pp.

292-293.

e) Greg.

L. 8.,

C.alata

Carlo VIll.


LA CORTE DEI

Lib. VIll,

BORGIA

Cap.

LV[.

di quanto operassero i Caetani in tali frangenti; mons. Borgia l) afterma che Guglielmo fu mandato dal pontefrce alla custodia di Velletri, ma pare assai più probabile che egli rimanesse nel proprio stato a presidiare le rocche di Sermoneta, dell'Acquapuzza e gli altri fortilizi, perchè ai francesi non fosse possibile, con un colpo di mano, impossessarsi di fortezze poste sulla strada che li conduceya a Napoli. Nel corso della guerra e per I'andirivieni degli eserciti, Ia rocca di Gsterna e quei pochi edifizi che la circondavano ebbero molto a soffrire. A quanto pare il castello fu presidiato da truppe pontifrcie; il castellano, Cesare de Beccatellis, spese largamente del suo per riparare la rocca e le mura di cinta. Perciò il 26 maggio 1497 il papa ordinava che le somme spese gli 2) venissero rimborsate dalla tesoreria della Camera Apostolica. Ma la tempesta durò poco. Carlo Vlll dopo alcuni mesi dovette battere precipitosamente in ritirata, perchè alle sue spalle si addensava la lega degli stati italiani che volevano schiacciare I'invasore straniero. Guglielmo Caetani, come capitano d'arme del papa, prese parte alle azioni guerresche, cooperando probabilmente con I'esercito della lega. Dopo la battaglia del Taro passò nel napoletano, ove la guerra si protrasse fiaccamente durante tutto I'anno seguente fra le truppe francesi, capitanate dal Montpensier, che cercayano di mantenere le posizioni conguistate, e quelle di re Ferdinando II di Napofi, in soccorso del quale erano venuti il marchese di Mantova, capitano generale della signoria di Venezia, Fabrizio e Prospero Colonna nonchè il duca di Urbino e il duca di Gandia con le truppe pontificie. Con esse militava Pochissimo sappiamo

Ridrata

di Corlo VIll.

il

nostro Cuglielmo. 3) Intanto era awenuto in Napoli il matrimonio di Gofiredo Borgia con la principessa Sancia d'Aragona, Ia divorziata moglie di Onorato Gaetani di Fondi; nel maggio del 1496 gli sposi partirono da Napoli per andare a Roma ad ossequiare il papa e nel traversare la Marittima pernottarono con tutto il loro seguito nella rocca di Sermoneta, ospitati dal protonotario Gacomo e dagli altri della Casa. a) Gò deve essere stato il 18 maggio perchè il 20 i novelli sposi entravano

Ale$andro Vl contro i baroni,

in

Roma.

Verso la 6ne del 1496 gli ultimi avanzi dell'esercito francese nel napoletano capitolarono e la situazione generale poliúca si schiarl, sicchè il papa si trovò in condizioni di poter dare corso alle mire nepotistiche che da vario tempo era andato accarezzando: egli macchinava di spogliare ad una ad una le famiglie baronali di Roma e di arricchire con i loro beni i propri frgli e parenti ; non contento di ciò si proponeva di sottomettere i principi e comuni dell'ltalia centrate al 6glio Cesare e di creargli un regno che, col crollare della dinastia aragonese, speraya potesse anche stendersi sino al napoletano. Queste erano le mire del papa; le sue relazioni con i baroni cominciarono a farsi piir tese. Nemici gli erano i Colonnesi che avevano parteggiato per Carlo VIll, nemici gli Orsini che si battevano insofferenti del giogo che il papa voleva loro imporre. Appena tornato dalla Spagna Giovanni Borgia, duca di Candia e frglio di Alessandro VI, quest'ultimo affidò il comando dell'esercito contro gli Orsini al duca Guidobaldo da Urbino; accanto a lui pose Govanni, nominandolo altresi rettore del Patrimonio di S. Pietro dopo aver privato il cardinale Alessandro di questa carica. La fortuna dei Farnese cominciava a declinare e la disgrazia era vicina; giA sin dal sett€mbre 1496 Govanni Carlo, agente del marchese di Mantova, scriveva che, se Gulia Bella non si affrettava a salvare il fratello, questi avrebbe perso la benevolenza del papa.

r) p. 3E9.

,

Arc, Vst', Divm, Cm., vol. 51.

f.

126.

8) Nolor. G.,

p.2O2.

a) Pre. 300.


Calata di Carlo VIII

lr4e5-r4e7l

La guerra contro {li Orsini 6nì con la grave sconfrtta dei pontifici a Soriano (23 gen. 1497), ove il duca di Gandia rimase ferito e il duca Guidobaldo cadde prigioniero. Costretto a firmare una pace umiliante, mentre gli Orsini rivolgevano le loro armi contro i Colonna, il papa si preoccupò di trovare altrove un osso meno duro per mettervi i denti. Il vistoso patrimonio dei Caetani attirò la sua attenzione; essi erano poco numerosi e quindi meno forti delle altre due famiglie baronali. L'ascendente di Giulia sul papa era di molto diminuito e I'animosità contro i Farnese si andava accentuando. Il conflitto scoppiò quando nel 1498 le genti del cardinale Alessandro e del cugino Pietro Paolo derubarono una carovana di muli carichi di stoffe appartenenti a C.esare. Il papa scrisse violente parole al cardinale accusandolo di manutengolo. r) Questi si trovò in situazione difficile, anche finanziariamente, ciò ehe è provato dal fatto che Io zio Guglielmo Caetani,

nell'aprile 1497, dovette venire in soccorso prestandogli gran parte delle proprie argenterie. 2) Per'dar mano alle spoliazioni non rimaneva altro che trovare un pretesto e queato non tardò a presentarsi. ,)

Grce,

L,8.,

p.

105,

\

c-2144.

Autografo

di

Alasandro Farnc.e.


Capnolo LVIII.

GUERRA CON SEZZE. (t4w)

LEssANDRo

i

Origine

del con0itto.

VI non ebbe difficoltà a trovare un pretesto per mettere

Caetani in istato di accusa e spogliarli del loro patrimonio; esso fu fomito dal rinnovarsi di quelle interminabili liti, discordie e guerre che, da oltre 300 anni, infierivano tra i signori e le popolazioni di Bassiano e Sermoneta, da una parte, e Ia comunità di Sezze, dall'altra, per i mal determinati confini e I'insolubile problema del decorso delle acque. Come al solito, bastò un piccolo incidente per dar fuoco alla guerra. Riferisce il Pantanelli z D Era gíà ínsorta dffirenza ha sezzesi e bassíanesí pet un arbore di cerro, e per certe oígne ìn Sigillo di Giovanni de Sacchie, contrada del Cerro che possedeoano Ií bassíanesí nel territorío dí arcivescovo di Ragusa. l) Sezze dalla parte de' montí. Pretendeoano Ií sezzesi d'csígere tre libre ín ogní anno da' bassianesí per fclí possessíoní, e dÌ fatto ne' tempi addietro fu pagato un tal canone. ... Essendosí ímpegnatí Gacomo e Guglíelmo Caetaní aIIa dífesa de' proprj oassalli bassianesí, ne seguirono tanti malí che fa orrore lo rammentarli

Questi fatti si svolsero verso il mese di febbraio del 1499. I bassianesi per affermare i loro diritti si recarono in massa ad occupare certi appezzamenti di terreno incolto nella località detta < Io Colle Canne ' e si misero a-lavorarli; a ciò si opposero i sezzesi i quali, accorsi sul luogo, ne scacciarono I'awersario e s'impossessarono di una zappa in segno dí domínío. Non tardò la reazione dei bassianesi, i quali il primo marzo si avanzarono a mano armata, sino al casale di S. Maria nel territorio di Sezze ed ivi, in una delle baruffe, uccisero un certo reverendo Astorre Cerrone. Le cose durarono per qualche tempo in questo mod9, sino a che presero una piega tanto brutta che I'otto maggio il pontefice dovette intervenire ordinando che tutti deponessero le armi sotto pena di 2000 ducati. Ciò non ostante, le provocazioni individuali dall'una e dall'altra OÍensiva

dei Caetani.

parte furono tante che il conflitto scoppiò di bel nuovo. I Caetani assoldarono truppe mercenarie e a tal 6ne fu mandato a Roma Alessandro Assalone, 3) il quale il 18 maggio rilasciava ricevuta per i denari pagati ai militi svizzeri. Il 23 del ) C-2422.

l

vol.

l, p.

531.

s)

tqto: cd

solanilo

(C-2461).


Origine del conflitto

[fcb. -giu. 14991

mese con le lsro truppe e coi vassalli di Bassiano e di Sermoneta si mossero ai danni dei sezzesi; reagirono questi e, di rimando, giorao 26 il piccolo esercito dei Caetani penetrò

il nella pianura di Sezze, nella località ove i

fiumi Acquapuzza e Falcone si riversavano nella guastò e ne gli Cavata argini in modo che le acgue si precipitarono nei campi dei sezzesi detti < lo bass,o de Ia puza tartarena Campella u, inondando le terre coltivate a lino, a canapa e ad ortaglie, sommergendo le semine di grano e di biada e causando danni stimati a 5000 ducati. Non contente. di ciò, Ie truppe dei Caetani, il 3l maggio, si rivolsero contro una torre dei nemici, detta " Io Porto " (o anche dell'Insoglío), che espugnarono, e ne uccisero il castellano Tuzio dlAndrea Rossi. Come preda furono asportati una bombardella, 4 schioppetti, 4 balestre grosse e 3 piccole, l0 u decine u di polvere da bombarda e molte altre cose e poi fu guastata Ia torre, arrecando danni stimati ad oltre 2000 ducati; si cercò anche di espugnare la famosa Torre Petrata, ma, non riuscitivi, gli assalitori fecero ritorno a Sermoneta strascinandosi appresso i cittadini di Sezze fatti prigionieri. È dilficile dire in tutti questi .. fattacci > quanto sia stato il torto dei Caetani e dei loro vassalli e quanto quello dei sezzesi: queste pagine sono state scritte quasi esclusivamente in base agli atti d'accusa contro i primi, perchè di quelli contro i sezzesi non ci sono rimasti che brevi notizie. Senza dubbio alóuno, vi furono torti dalle due parti, ma la storia di tale interminabile vertenza c'insegna che gli uomini di Sezze incessantemente provocarono i loro vicini, perchè, come aveva deito il cardinale Latino Orsini, r) essi avevano poco da perdere e sempre qualche cosa da guadagnare. Fatto sta che Alessandro VI vide in queste turbolenze tnchicsta un'ottima opportunità di intervenire per raggiungere i propri loschi fini; ed è certo che quando pontifrcia' il 2 giugno delegò Giovanni de Sacchis, arcivescovo di Ragusa, o) 3 dirimere la questione, gli dette segrete istruzioni d'indurre i Caetani a commettere qualche errore. A tal uopo gli conferì pieni poteri di giudicare a suo completo arbitrio e piacimento sommarìamente, semplí-' cemente e u de plano u, senza strepito e figura dí gíudízío. Sin dalle prime mosse I'arcivescovo dimostrò difrdenza e una palese ostilità verso i Caetani mentre tutte le sue simpatie erano a favore di Sezze, ove fissò la sua dimora nei dieci giorni che durarono Ie perizie e Ie procedure giudiziarie; né ci sorprende che fosse sfarzosamente ospitato dai maggiorenti della città. È probabile anche che Giovani Cifra di Bassiano, mentre agiva da nunzio e procuratore dei Caetani davanti all'arcivescovo, fosse già d'acccordo con guesto per tradire i propri signori; il suo tradimento in un primo tempo gli fruttò la rico: noscenza di Alessandro VI e, dopo la morte del papa, gli fruttò anche di essere processato e di aver la testa mozzata per ordine di Guglielmo Caetani. ll 4 giugno I'arcivescovo, seguito dal corteo di scrivani e segretari, in magna pompa salì per la scoscesa strada selciata fino alla rocca di Sermoneta ove fu ricevuto dal protonotario Giacomo; consegnò a questo un breve pontificio, che il protonotario ricevette e lesse con quella umíItà ,clrc conoenioc e quindi il commissario diede lettura di un editto (nooerÍfís) col quale imponeva, sotto pena di l0 000 ducati, che si deponessero le armi e si obbedisse alle disposizioni pontificie. Il documento, munito di sigilli, fu firmato con ogni dovuta forma, ed il protonotario Gacomo s'impegnò per iscritto di fare quanto gli veniva comandato, in fede di che anch'egli appose il suo sigillo alle proprie dichiarazioni. .)

Ltarcivercovo

perchè giÀ

di

Ragusa era uomo pratico della regionc

nel 1495, quandoera governatoredí Roma, era stato

') Cf. pae. 149. Domus,1.2, 29.

inviato da Alessandro VI a dirimere certc vertenzc sorte fra e i velletrani (C-2420 al c.2432, Il passim).

rermonctani

i


GUERRA CON SEZZE

Ub. VIll, Cap. LVIII,

Lo. stesso giorno I'arcivescovo proseguì per $zze; ivi furono ripetute le formalità suddette, dopo di che andò a riposarsi in casa del nobile Govanni di Francesco, ove fu ospitato con, i tutta la sua famiglia durante l''intera permanenza nella, regione pontina. I-'indomani, dopo aver nuovamente imposto che nessuno osasse commettere qualsiasi atto di violenza, diede ascolto alle lagnanze ed alle ragioni delle due parti. In rappresentanza del. protonotario venne Giovanni Gfra, il quale portò seco una cesta di frutta che i Caetani mandavano in omaggio all'arcivescovo. Questi nel pomeriggio scese nella pianura sottostante all'Acquapuzza e potè costatare con i propri occhi il danno arrecato dalle inondazioni. Seduta stante, invitò per iscritto Giacomo Caetani a trovarsi I'indomani mattina, assai per tempo, nella medesima località,. ma questi gli fece rispondere parergli equo che prima di continuare I'inchiesta sui danni arrecati dai propri vassalli ai sezzesi, visitasse le località presso Bassiano ove questi ultimi avevano com. messe violenze che furono origine" dello scandalo' Di conseguenza il ó giugno il commissario si recò ad ispezionare i terreni contesi nelle, rocciose ma pittoresche valli dei monti Lepini, ove fu incontrato da Gacomo Mondo e da tre bassianesi; il protonotario non intervenne e motivò la propria assenza asserendo che non poreva fidarsi degli avversari e che perciò mal oolentìeti GD eondurîa in simíIe locho quale è in locho forte. Accompagnato dai rappresentanti delle parti, il commissario, abbondantemente sudando per il cocente sole, di piìr o meno buon animo, visitò díIigenter quei minuscoli campicelli che I'indefessa e mirabile industria dei nostri contadini crea anche nei luoghi più scoscesi tra le falde'degli aridi monti. Accomodamenti In un primo tempo parve che le cose si sarebbero aggiustate. L'otto giugno vi fu un c diffidenzc. convegno, generale presso la torre dell'Acquapuzza ove I'arcivescovo di Ragusa, seguito. dallo sciame di sezzesi che non lo lasciava mai, fu incontrato sulla strada dal protonotario Giacomo, e dal giovane Guglielmo Caetani, accompagnati dai loro ufficiali e vassalli. La comitiva salì poi su un ameno piccolo pianoro adiacente alla torre ed ivi fu fatta una Pace generale; gli awersari si abbracciarono con bocche amare e poi, amícheoolmente conoersando, pranzarono tutti insieme, seduti all'ombra delle grandi quercie. Gacomo promise di far riparare gli argini a proprie spese (e così dicendo batteva, con la mano sulla borsa), purchè i sezzesi fornissero il legname per fare le palizzate di chiusura. L'indomani mandò 60 uomini ad eseguire il lavoro. ed effettivamente fece chiudere varie delle rotture, ma non tutte, perchè voleva che mentre egli stava riparando a tutto quello poco.dí ínnooamento (così si chiamavano i frutti delle cavalcate) che aveva causato, anche'i sezzesi, come prími ínnooatorí, riparassero, alle proprie malefatte. Ma costoro si guardarono bene dal farlo, sicchè la situazione s'inasprì di nuovo ; il commissario fu largo di rimproveri ai Caetani ma parco e moderato verso i propri ospiti. La sua parzialità era evidente e' perciòl.il protonotario gli scriveva: So slcfo alquanto sorpreso per. oedere quella" (l'arcivescovo) haoere qualche dffidentia della seroítù mía come (se a) príoato benefattor mío li haoesse manchato; eI chic non piaccía a DÍo ché ín quello. nessuno della Casa mía fu maí, cioè manchare alle ptomesse lorc. Il l0 giugno apertamente si lagnava della mala fede de'suoi awersari e pregava I'arcivescovo di, scegliere altra residenza; diversa da Sezze; e a proposito gli scriveva: Li píaccía confefirse in altro locho commodo perchè quello dooe sfa (cioè Sezze) ad mí et allí meí (non piace) maxime per essere io oenuto all'oúine dí V. S. solo et ínerme ... et loro sono oenuti. per omni oolta con moltitudíne de homíni posti ín lochi secretí, che per omní oerco non son termíni eonoenientí tra, persone.che habiano animo oílere

ín Pace.


[siu.-ag.

Inchiesta e sentenza

14991

q\l$i"r,r

227

\

)l

I

@ffir

g: Rocca

di

Sermoneta' Studio

dell'A'

nel Maschietto'

Sentcnza In queste condizioni la causa fu discussa a Piperno nella chiesa della Beata Vergine, trasfordell'arciv. mata in tribunale. Furono rivangati gli archivi, presentati antiche decisioni e lodi e finalmente di Raguaa. il 17 giugno I'arcivescovo di Ragusa emanava una sentenza tutta a favore dei sezzesi. Questi si alfrettarono a far redigere per mano di notaio un verbaie di tutto il processo (omettendo naturalmente gli argomenti e le accuse addotte dalla parte awersa), e questo lunghissimo docul) mento, in mancanza di altri, ha servito di base a quanto si è narrato sopra. Ai Caetani toccò ad ingoiare I'amara pillola che era stata loro preparata dal papa, il quale subito si afirettò a ratifrcare e confermare le decisioni del proprio commissario. lmbaldanziti dal successo e díetro tacíta ed, inùero, subdola esofiazíone del pontefrce, i sezzesi proseguirono con le loro violenze e rapine, asportando bestiame e imprigionando persino vari sudditi dei Caetani. Insofferente di tanto insulto, il protonotario Giacomo si rivolse al pontefice: Giulio II, nella famosa bolla con la quale condanna I'operato del proprio predecessore e reintegra i Caetani nei loro feudi, afferma esplicitamente che Alessandro VI, come preso da meraviglia gli rispon-

desse: ., Non sanno i sígnorí dí Sermoneta dífendercì da loro daII'íngíurie dei rustící sefdníl > Per Ia qual cosa Giacomo, allettato da sífatte persuasíoni e stímando che dette parole fossero state pronunziate per afetto, e che per esse, quasí con íI beneplacíto e Ia oolontó dt AIessandro VI, gli fosse lecíto respíngeîe Ie ìngiuríe e rccuperaîe i bení toltí con quei mezzi ed apedientí che meglío gli poteoano seîDíîe, non altrímentí ínterpretando a quale scopo Io

,

c-246t, C-2465. I,


stetso pontefice

la forza. Ripresa

del conflitto,

Lib. Vlll, Cap. LVlll.

CUERRA CON SEZZE

228

an)esse

proferito

tali

parole,

t'

procedette senz'altro

a

farsi giustizia con

,

Furono chiamati tutti i vassalli a prendere le armi e, radunato largo stuolo di soldati stipendiati, tra cui erano anche certi lombardi e balestrieri a cavallo, 2) bene forniti di bombarde e di altre macchine belliche, verso il mese di agosto, i fratelli Caetani entrarono in aperta campagna contro Sezze. Non conosciamo esattamente lo svolgersi degli eventi, ma sappiamo che la guerra fu feroce e cruenta. Obiettivo principale dei Caetani fu Ia famigerata Torre Petrata, ove i se2zesi si erano asserragliati e donde eseguivano scorrerie continue nel Campo di Sermoneta. Il piotonotario Giacomo, scambiata la veste sacerdotale con I'usbergo, animava il piccolo esercito forte di 500 uomini, capitanato dal fratello Guglielmo. La torre fu presa e, unitamente all'Acquapuzza, servì a sbarrare efficacemente i passi dal lato di Sezze. Aspri furono i combattimenti e molte le stragi nelle quali, come.risultò dal susseguente processo, morirono anche quaranta homine^s absolute.óoní, ossia quararità disgraziati che nulla avev:rno a che fare con le" contese. Nella contrada ,Tartàrette si venne a battaglia campgle, e vuolé il Paùranelli che in essa morissero oltre 600 uomini. I motivi immediati del confittoi vennero persi di vista e divampò ta fiamma dell'antico odio tra popolo e popolo, che da 300 ànni dividev.a Ie due comunità. Vi furono stragi senza quartiere ed ai vinti, che chiedevano pietà olfrendo di farsi riscattare con laute somme, i sermonetani e i bassianesi imbistialiti ferocemente rispondévano: u Non taglia,

ma catne ooglíamo ! ,

^)

cercarono di riconquistare la Torre Petrata e vi sarebbero b) riusciti se non fossd loro scoppiata la bombarda che avevano portato per batterla. Così stavano le cose quando Alessandro, visto maturato il frutto delle proprie maecÀina-

I

sezzesi contrattaccarono

e

zioni, intervenhe con mano di ferro per strangolare le vittime predestinate. a) SuplÍces eliam înterfectl dîcendo: " Volumus catnem

nlst

,.

b) II pitolhonolato, sÍgnore dt Setmonela, contendendo dt confinì con_quelll ù Pípcmo (t) In conflìctu tu supctlote et oí motl XXV huomlní. II papa manilò pet luí et hallo meslo ln castello. Dl pot It ha falto tone beatìame per píù dl olto' r) Trad. leterale dcl teto dclla bolla. Prg.

30ó0.

\

C-2468.

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ilucatî. Strmasf

úo è'dí Caa suo. che

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tenà anèhé Io ilato. Queslo Frolonola' e! comqtcnù &nnoneta imfi sia lucla

guaillsl dí enarc cht ha de petdue,

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terminí sua (Avviso del lettcra a c. ll2).

I ott.

1499,

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accù ognuno slîa nc' Arc, St. Fftcnze, 6lza xlil,

penttcntîeri apparecchiatl


Cepnor-o LIX.

LE PERSECUZIONI. (1499-1503)

APPIcLIo per condannare i C,aetani era buono e Alessandro VI non se lo lasciò sfuggire. ,: 22 settembre 1499, con la bolla Sacri Apostolatus mínisterío, dichiarò Caetàni ribelli e rei

ll

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di

i

lesa maestà per aver sprezzato suoi comandamenti e perciò scomunicati, decaduti da tutti pti-

i

vilegi, dignita e diritti e privati di tutti i loro feudi che, Ípso facto, venivano devoluti alla reverenda Camera Apostolica; l) prosciolse tutti i castellani, .off,ciali, vassalli e dipendenti dal vincolo della fedeltà giurata e minacciò le massime pene a chiunque avesse \rl prestato aiuto o favore ai figIí dell'iníquítà, Giacomo i e Guglielmo, e a chi si fosse opposto agli officiali e alle truppe pontificie che verrebbero mandate conSupposto ritratto di Luciezia Borgia. tro i ribelli ex-signori di Sermoneta. (Ptntutcchío). Appart. Borgia, Vaticano. La tfemenda condanna, redatta in duri ed imperiosi termini, fu affissa 'alle porte di S. Pietro, affinchè nessuno potesse addurre la scusa di non averne avuto conoscenza. Nello stesso tempo furono mandati ai Caetani i salvacondotri necessari perchè potessero recarsi a Roma per giustifrcarsi e, se"volessero, appellarsi contro la condanna. Giacomo stava nella Torre Petrata quando gli giunse la terribile notizia; esterrefatto dal tradimento, si rese,conto della situazione disperata nella quale si veniva a trovare: senza dubbio buona parte delle truppe mercenarie ed alcuni vassalli avrebbero defezionato per Paura del papa e, in ogni caso, la forza armata di cui disponeva era insufrciente per opporsi all'esercito ponti6cio che tra poco avrebbe marciato contro i ribelli. Perciò prese il partito di correre ogni rischio della persona nella speranza di salvare Ia propria Casa e, munito del salvacondotto che AIes. sandro VI gli aveva mandato sotto forma di breve, partì inconfihenfe dalla Torre Petrata per presentarsi a giudizio; ma non giunse salvo neanche alle porte di Roma, perchè fu arrestato

peristradaegettatonellecarceridiCastelSant'Angelo.2).,.:. f) lrc. St. Modcno,

d*.creuitC'2469.

condaana.

)

Prg' 30ó0;Cf.'BurcÀ"

ll' p' 5ó3'

Ancsto dcl

prot. Giacomo.


LE PERSECUZIONI

Ub.

Vl[,

Cap. LIX.

Ia

sorte toccata al fratello, si guardò bene dal cadere nelle mani del pontefrce e, messo da parte il breve pontificio che tanto poco gli garantiva I'incolumità, fece quanto potè per salvaguardare se stesso e la famiglia, ritirandosi nella rocca di Sermoneta e preparandosi ad una disperata difesa. Il pontefice ordinò ai propri capitani d'arme d'impossessarsi delle terre e dei fortilizi dei Caetani e, a quanto pare, fu mosso I'assalto contro Sermoneta. Arsedio Non sono riuscito a trovare documenti che comprovino I'assedio della rocca, del quale ha di sermoaetr. sempre perdurato la tradizione nella nostra famiglia; ma il Pantanelli, traendo argomento da una certa storia manoscritta del vescovo Alessandro Borgia, narra nella sua operal) che il papa mandò dapprima il commissario apostolico Geremia Volaterrano, vescovo d'Assisi, e quindi sped Cesare Borgia con un esercito di italiani e francesi per impadronirsi del castello. Non mi pare probabile che Cesare fosse presente a questa impresa, perchè in quel momento, 2) del resto non credo che il raccome falco in cerca di preda, seguiva da vicino Luigi XII; conto del vescovo Borgia sia molto attendibile. Tuttavia riporto qui, per quel ehe vale, il brano seicentesco citato dal Pantanelli, sostituendo al nome Giacomo quello di Guglielmo perchè, come si è detto, il protonotario era già prigioniero in Castel Sant'Angelo Guglielmo, dopo

Quesfo (Guglielmo) sí fece forte co' suoí uomíni e due cannoní, aoendo giuralo che prìma dí dare le terre in mano del duca ooleoa fare Ií suoi sforzí ín difenderle. Vedendo cittadtni et altrí famíglíari prender I'armí. lento e codardo cemento, nessuno dí essÍ che suo sígnore s'era esposto quioi aaoísalo da eserclito, poca Íl suo dooe rifrescò in úicínanza, Valentino essendosÍ accampato peî quella ilì peîsons Don Guglíelmo tefta rilrooarsí una spía che sarebbe stato ímpossíbíIe I'ímpresa di con molta gente armata alla difaa. Sentendo ìl duca ciò pígliò Ia rísoluzione'di mandare a parlare a iletto Guglíelmo, ed ínfattí oí ínoiò un suo capítano a iltrglt che eglí s(. parfisse 'col meglio che: goase e /ascrlasse quelle. lerre ... Don Guglielmo rispose che eglì aoe,oa gíuràla' f"d"ltà a' suoi tassallti ed a semprc difenilerlí da qualsíooglía ínsulto, anche a costo della propría'oita. Ritornrllo quel capìldno dal

Il

il

fu

aI

lt

ìlí fu

dí tal modo che senza dar altro tempo sì pose eglì stesso alla testa di quelle .genli e marcíò aIIa oolta i!í quella terrq; e quando fu gíunto in poca dístanza r;omínciò a sgrídare il capitano

duca etc, s'Ínfi.erì

'altit ltalíant sotto I'azfrancese, suo prímo comandanle; onde quato spinse un corpo de' Francesi, ed questa gente con gîzfi(f impeto entrata per epil essere so/i cannoni, due essere zardo dell'artÍglíería, che perduti e dopo entraio andò etc.; sopra 200 e fuiÍa, ii ríuscì impadronírsi della terra, aoendo francesí quell'esercíto addosn etc. facendone gran strage,,.

La tradizione dell'assedio era viva nel secolo XVII quando monsignor Onorato Caetani 3) ricordando la valida difesa che fecero della scriveva a Massimiliano Gaetani di Laurenzaria terra persino le donne. Mio padre mi ha raccontato di avere esso udito ripetere I'episodio dal duca Michelangelo: nel settecento additavano ancora nell'armeria di Sermoneta certe armature che, secondo una leggenda, avevano servito alle donne per la difesa della patria e del loro onore contro il Valentino. Comunque, la rocca cadde in potere del papa, il quale subito mandò fantí e gante a caoallo a Sermoneta,. le università di questa terra e di Bassiano dovettero piegarsi e prestare omaggio di fedeltà al pontefrce. A tal fine alcuni dei maggiorenti si recarono a Roma; tra questi certo non sarà mancato Giovanni Gfra. Per pacificare gli animi il papa si affrettò a riversare le sue grazie sulle popolazioni ritornate allora all'obbedienza della Chiesa e il 16 ottobre riduceva , di molto I'onere alle due comunità per I'acquisto del sale dalla Camera Apostolica, esentandole per guattro ,anni dai pagamenti ed inoltre esonerava,Sermoneta dalla tassa di focatico. Però nel profondo del cuore i vassalli rimasero fedeli ai loro antichi signori da cui avevano r) I, p. 539.

)

Cf. Gcs., Yll, p.

425'

) N. l7EE34.


Assedio di Sermoneta

[rcL-nov.1499]

231

avuti grandi benefizi; difatti vedremo che, saputasi la morte del pontefice, immediatamente si ribellarono ai Borgia e giubilanti acclamarono la moglie di Guglielmo, accorsa Ít riprend€re possesso dello stato. Fuga Perduta ogni speranza di poter resistere, il signore di Sermoneta non pensò ad altro che a e dirpenionc mettere in salvo sè e la famiglia e specialmente i giovani eredi, alla cui vita insidiavano i Borgia dei Caetani. perchè volevano estinguere completamente la stirpe. Alcuni furono messi in salvo nel napole. tano, altri furono nascosti presso, famiglie di contadini, ma probabilmente Jeronimo, il primoge. nito di Guglielmo, non potè sfuggire ai sicari dei Borgia ; difatti troviamo che nel 1502 quest'ultimo, scrivendo della strage fatta del suoi, ricorda il fratello Giacomo morto avvelenato, il nipote r) Bernardino-Maria trucidato dai sicari del Valentino, ed anche un proprio figliolo. Guglielmo si mise in salvo fuggendo a Mantova, ove trovò ricovero, ospitalità ed'aiuto presso il generoso marchese Francesco Gonzaga e la nobile consorte, Isabella d'Este, che della loro casa fecero asilo agli esuli della tirannia borgiana. 2) riferisce che: L'anonimo autore seicentesco delle OnEní dell'antichíssíma Casa Caetaní Guglielmo ridotto a poùeîtà de fratelli ... fu necessítato fuggíre il sdegno del papa .., e ricoùercrsí íncognito aIIa corte,del marchese di Mantooa, dal quale scopeîto can occasione dí caùalcare un índotníto caoalto, che, benchè irragioneoole, sentì Ia braoura" di Guglielmo, e del nobíIe aspetto, fu accarezzato, e difeso dalle forze del papa Alessondro VL r La vecchia madre Caterina Orsini e la moglie Francesca Conti non furono trattate duramente, forse per riguardo alla potenza de' loro parenti, e fu lasciato loro un poleîo nido, che io, credo sia stato il palazzo che i Caetani possedevano sull'lsola Tiberina. Troviamo anche che a" Caterina relícte quondam Hsnoratí de Caietanís, privata di ogni titolo e dei mezzi indispen-' 3) Camillo, sabili per vivere, il papa faceva passare una pensione di quindici ducati mensili. secondogenito di Guglielmo, un bambino di pochi anni, gracile e deforme, fu sottratto ai sicari borgiani nascondendolo presso un'umile famiglia di Pitigliano. Il nipote Bernardino-Maria, unico figliolo maschio del defunto Nicola ed erede dello stato di Sermoneta, riusci a rifugiarsi nel regno di Napoli, ove, possedeva due castella, Macchia e Monteroduni, nei quali si credette sempre,

ì

sicuro,'sino

al giorno

che. cadde trucidato.

*

{r*

,

il

papa si atteneva ad un piano chiaro e ben. meditato,, alla esecuzione del quale non ,voleva fossero, frapposti indugi:: il 22 settembre, ave;r'a scomunicato, e condannato i Caetani; nell'ottobre fu conquistato Io stato ed il 18 novembre (ossia due mesi prima che i giudici avessero pronunziato la sentenza defrnitiva) già ordinava che si iniziassero grandiosi lavori per rimodellare e ricostruire in gran parte la rocca di Sermoneta; voleva trasforrnarla in un'inespugnabile. Íortezza, atta a resistere alle artiglierie che in quel tempo avevano

Nel

perseguitare

la famiglia,

preso considerevole sviluppo. Alessandro V[ ebbe, sempre

la passione delle costruzioni militari e, già sin dai tempi del mano a varie opere tra cui è da ricordare Ia rocca di NePi.

suo.cardinalato, aveva, messo. Sennoneta doveva, diventare un importante punto, strategico del vasto dominio che voleva preparare al duca Valentino, una formidabile rocca atta a sbarrare completamente la strada di Napoli. A tal fine il" 18 novembr:e 1499 faceva stipulare un regolare contÍatto con magístro a) CÍ,

o$. 242,

2) Oile,,

p. 30.

n)

Arc.

i!,

St. ilt Roma, Mandati 1500.150?

i Arc, Vat,, Divcrc. Com., T." LlV, f'

160.

Ricootruzioac

dclh

di

rocca

Scrm<ineta.


LE

.

PERSECUZION

Lib. VIll, Cap. LlX.

I

tohanni , nestasío"di Fírenze e mastro lohannello da Milano archítectí, abitanti in Sermoneta, il lavoro del palazzo, owerosia rocca. Costoro si obbligavano di cominciare- le costruzioni il I di marzo 1500 e di ultimare il lavoro entro 15 mesi, adoperando di continuo non meno di 30 mastri senza contare i manovali a questi occorrenti. Calcolando Ia capacità. edilizia di tale maestranza ,e confrontandola con il volume delle. costruzioni borgiane che attualmente si vedono; si trova una perfetta corrispondenza. Agli impresari fu data ampia facoltà di tagliare legnami, cavare pietra e pozzolana, e di procurarsi"altri materiali da costruzione nei territori di Bassiano e Sermoneta, salvo il risarcimento di danni a terzi; il papa anticipava 1000 ducati per la preparazione del cantiere di lavoro e gli impresari si obbligavano a prestare debita cauzione. L'istromento fu firmato in Roma nell'aula Papagalli, in presenza dell'arcivescovo Francesco Borgia. l) Nel contratto medesimo si specifica che i piani e la direzione del lavoro sarebbero stati affidati ad un commissarío et prefecto da nominarsi dal papa. Il lavoro procedette sollecitamente ed il 15 agosto 1500 il Cattanei scriveva:2) [Sermoneta] è grossa di'moltt /ogi (fuochi?) ef [il papa] fece Ià fare cefto muro in fortezza e pftncipio de una gran rocha

per

:

ma non è fenita.T) Sembra probabile che . Antonio Gamberti, detto da Sangallo, abbia avuto "a che fare. col progetto di ricostruzione perchè, come dice Vasari, questi non solo fortificò Castel continuo attese a Sant'Angelo e Gvita Castellana, ma mentre quel pontefice uÍsse, egli fabricare. La diversità di stile però delle costruzioni sermonetane da quelle delle opere note del

il

dt

credere che questi non sia stato responsabile che per il concetto fondamentale della.ricostruzione, come piìr ampiamente discuteremo nel capitolo seguente. Intanto, ad. ogni buon effetto, papa faceva presidiare il castello e a Piedimonte di Sermoneta teneva molta a) cavalleria, della quale era capitano Natale di Nocera.

Sangallo,

mi.fa

il

proccrco Per dare qualche valore giuridico alla spoliazione e per assicurarsi del possesso dei feudi, . il papa ordinò che s'intentasse regolare processo contro i fratelli Caetani affrdando la causa a (rctani' i. "jn,'o

Pietro Isuali, o) arcivescovo di Reggio, governatore di Roma, a Matteo Baldeschi (de Ubaldí), vescovo di Nocera, ed a Giulio Scorziati senatore di Roma (23 nov.). I capi d'accusa erano quelli già sommariamente esposti nella bolla di condanna del 22 settembre e, in buona parte, furono basati sulla falsa testimonianza del notaio Govanni Cifra di Bassiano che, corrotto dal denaùo borgiano, tradì i propri signori malgrado i grandi benefizi di cui la sua famiglia era stata oggetto. b) Fu chiamato in giudizio Guglielmo, contro cui era stata spiccata citazione pubblicata in Sora e irt Segni, ma questi già stava lontano e si guardò bene di comparire: la citazione era stata diretta a lui ed alla moglie Francesca Conti la quale, a quanto pare, si era rifugiata a Segni presso la propria famiglia. Il 2 decembre il commissario riferì sull'esecuzione della citazione; poi si chiamarono e si esaminarono vari testimoni ; Guglielmo fu dichiarato contumace e quindi reo confesso. Il giorno seguente il protonotario fu cavato dal carcere e condotto nella grande sala di Castel Sant'Angelo, ove'i commissari gli diedero lettura degli ordini ricevuti a) Pictro tsuali cardinale

(o lsualles) il 2E sett. 1500 fu promo3so

di S. Griaco.

t) Arc. Vot.,Arn, XXXIV, T," Scm., cir. Psnt.,

l,

p. 541.

b)

Nel l5o4 G, Cifra fu processato o condannato in rcguito a regolare proce$o (C-249E. D.

alla de'

capitazione 13,

t. 34O.

E)

Atc.

Sr,

Mantooo, E.

XXV,

c*cti.

\ Teto: fetnlta.

r) Arc. S. M.

di


Proce sso contro

[nov. I499-gcn. !500]

i

Caet ani

dal papa per I'istruz[one del processo. Egli giurò di dire tutta Ia verità e,

233

a

quanto traspare dalle monche parole dell'unico documento esistente su guesta causa, avanzò una protesta a nome dei propri vassalli e poi fece Ie sue deposizioni.') L'undici decembre il protonotario venne richiesto di nominare i suoi awocati per la difesa, ma egli si rifiutò di confutare le accuse, dichiarando voler rimettersi interamente alla pietà del papa e di non voler altro awocato che lui. Contro questo protestarono i giudici, insistendo che si difendesse onde essi potessero esplicare il loro ufhcio, ma, per quanto facessero, il protonotario si ostinò nella decisione presa e durante tutto il processo non cambiò attitudine. Quali le ragioni? Sembrano due: anzitutto la sola vera scusa che il protonotario poteva addurre era il fatto che Io stesso pontefice lo aveva incitato a contrawenire alle ordinanze ed a riprendere le armi contro i sezzesi; ora come poteva egli apertamente riversare le accuse sullo stesso pontefice ? Quindi sperò che, rimettendosi alla clemenza sovrana, Alessandro VI gli avrebbe perdonato, sapendo di essere egli stesso più colpevole del protonotario. In secondo luogo questi forse era già convinto che qualsiasi difesa era inutile, perchè il pontefice non si curava delle colpe dell'accusato, ma mirava unicamente a far emettere una sentenza che servisse ai propri fini. Il protonotario era condannato già prima di essere giudicato ed infatti il 7 decembre, ossia appena iniziato il processo, il Cattanei scriveva al marchese Gonzagal) che il prothonotarío Io presonoe e príoato de offtii et beneficíi condannato a Ia morte,' quindi egli sperò che, rimettendosi interamente alla clemenza di Alessandro VI, avrebbe potuto sviare il colpo che il papa e Cesare Borgia avevano in animo d'inferirgli; forse anche cercò di creare difetti di forma per cui un giorno, quando fossero tornati tempi migliori, il processo avrebbe potuto essere dichiarato non valido ed annullata Ia sentenza. I giudici gli diedero un termine perentorio di 30 giorni per la difesa. Il 29 del mese il notaio del tribunale riferi al pontefice lo sviluppo del processo e I'attitudine presa dal protonotario ed il papa rispose che sí dasse corso aIIa gíustizic. Il processo fu ripreso il 2 gennaio del 1500 I Giacomo, non ostante che i giudici I'invitassero nuovamente a difendersi, avvertendolo che i suoi awocati sarebbero pagati dalla corte, si limitò a pronunziare multa amplo oerba a riguardo del papa. Allora vennero letti i numerosi capi d'accusa che coprono tutti gli eventi descritti pìecedentemente. Scopo principale del processo era di legittimare la confisca delle terre. Ora queste solo in minima parte erano feudi concessi dalla Chiesa, perchè quasi tutte le proprietà dei Caetani erano state acquistate, ai tempi di Bonifacio VIII, a contanti da persone private, e quindi potevano essere confiscate, ma non già devolute alla Chiesa per disob.bedienza dei signori. I giudici trovarono argomento a confutare questo stato di cose. basandosi sul fatto che al tempo dello scisma Onorato I, partigiano degli antipapi, fu privato di tutte le sue proprietà che vennero donate in feudo al fratello di lui Giacomo II, a condizione che sempre egli ed i suoi eredi fossero rimasti fedeli alla vera Chiesa. Ora Giacomo II, nonchè Onorato III ed i figli Giacomo e Guglielmo, discendenti ed eredi di Giacomo II, in piùr occasioni si erano dimostrati disobbedienti agli ordini dei papi, ragione per cui tutte le loro terre, diventate feudi della Chiesa per Ia concessione fatta da Bonifacio IX a Giacomo II, a) Nel uostro archivio, in calce ad una copia cartacea dclla

bolla di Alessandro Vt e della suss€guente sentenza' cooo alcuni fogti contenenti dei laconici appunti, scritti con mano alhettata da qualcuno che, vèrso la fine del recolo XVl, compulsò il grooso volumc di 520 cartc nel gualc era stato registrato l'intero proc$so. Sono brevi frasi che accennano al contenuto dei t) Arc. Donus,

St. Manloos,

l-2,

)O,

E. XXV,

digp.

paragra6 più importanti, seguite dal numero della pagina; ognr tanto

v'è una data (c-246g).

ll

volume originale intitolato Guben lJrbís, Teracínensís rcbellíonít,'che faceva parte dell'archivio del governatorato, è probabilmente perduto perchè, malgrado le più diligenti ricerche, non ho potuto rintracciarlo.


LE

Sentenza.

PERSECUZIONI

Lib.

Vl[,

Cap. LIX.

dovevano ora rimanere legittimarnente devolute alla Camera Apostolica. Tutto ciò, come si vede, era un cavillo giuridico de' piùr strampalati, ma serviva bene ad Alessandro VI e quindi poveva bastare. Anche Caterina Orsini e Francesca Conti, quali madre e sposa di Guglielmo, furono interpellate e portate in causa. Il protonotario, secondo la procedura di quel tempor fu sottoposto a crudeli torture e, fra atroci spasimi, fu indotto a confessare cose contrarie al vero. Finalmente il 29 gennaio 1500 fu pronunziata la sentenza dal governatore e controfirmata da Matteo Baldeschi, vescovo di Nocera, e da Lorenzo de Arianis, luogotenente del senatore. In essa si ripete, quasi parola per parola, il contenuto della bolla pontifrcia con la quale i Caetani erano stati dichiarati ribelli. Il protonotario Giacomo fu prìvato di ogni dignità e condannato ad essere oerbaliter et actualiter degradandum. I due fratelli furono inoltre condannati alle spese, ma in vero non è facile vedere come avrebbero potuto pagare quando ogni loro bene era stato confiscato. Con separato giudizio Guglielmo, perchè contumace e perciò reo confesso, fu condannato alla decapitazione.

All'udire la sentenza, Giacomo, demoralizzato da-tanta iniquità e terrorizzato dalla tortura, ringraziò i giudici; confessò il súo errore e nuovamente si rivolse alla clemenza del papa supplicando che la esecuzione della sentenza fosse dilazionata per salvarlo dall'onta estrema della degradazione, Questo era il solo mezzo rimastogli per sperare una via di scampo. Riferito il tutto al papa, questi ordinò ai giudici che la sentenza contro il protonotario fosse sospesa ed il 3 di febbraio decretò che la degradazione fosse mutata in perpetuo carcere. Tali ordini furono impartiti al castellano di Castel Sant'Angelo, ma Giacomo ben sapeva che altra sorte I'attendeva. Intuì che dopo essere stato privato dello stato e della libertà, tra poco slrrebbe Protesta del

prot. Giacomo.

stato privato altresì della vita. Prima di morire volle redigere una fiera protesta contro I'iniqua sentenza. Forse a ciò fu indotto anche dall'annunzio, giunto sino a lui, che Sermoneta stava per essere venduta a Lucrezia Borgia. Solo, privo di notaio e di testimoni, il 4 di febbraio nel tetro carcere vergò di sua mano Questo documento semplice e dignitoso, in cui ricorre una patetica nota di stanchezza e di dolore e I'affrdò a Giovanni Staglia e Giacomo Balduino, ignoti suoi fedeli, perchè I'uno o I'altro presentasse la protesta a qualche pubblico notaio in presenza di testimoni onde, cambiati i tempi, valesse un giorno a rivendicarlo dell'infamia subìta e a far riavere, se no4 a sè, ai suoi successori almeno, quanto ingiustamente era stato tolto ai Caetani. Due giorni dopo, il documento veniva redatto in forma pubblica da un notaio di Roma e firmato da Pietro d'Arezzo e dal chierico Ludovico Zefrro di Lugnano, presente il cavaliere gerosolomitano Giacomo Ruffino. ")

In questo dramma v'è una pagina oscura, che solo le carte del processo potrebbero mettere in chiaro: lo stesso Giacomo sorvola su tale punto dicendoz consíderatís etiam aliquibus, que nunc sum contentus síIentío preteríre, et que íntendo latíus suo tempore prosequí et specí-

Il

Sanudor) afierma essere egli morto peî aoerc detto quello che sarebbe stato meglio tacere, ciò che potrebbe riferirsi a qualche parola d'accusa pronunziata contro il papa per I'incitamento da lui avuto ad agire a danno dei sezzesi, o contro il Valentino in collegamento alla morte di Nicola Caetani. Da questo momento in poi nulla sappiamo piìr di Giacomo perchè

ficare.

a) (Arc, Ccel., Misc. 94: pubbl. Grcg nel nostro archivio. f) ll, p. 204; Cl. Guicclaulíni, ll, p. 66.

L,8,, doc. n. l9). Non

sono stato

in

grado

di

ritrovare

il

documento originale


[gcn.-lug.

l5OOl

Condanna e morte

del prot.

Giacomo

la Mole Adriana, a traverso i secoli, fu muto testimonio d'infinite tragedie, Ie grida delle cui Avvetenamento vittime si smorzarono impotenti contro le impenetrabili sue mura ciclopiche. Il papa e il duca di Giacomo' Valentino avevano decretato di disfarsi del protonotario e dopo di lui, avevano in animo di sterminare tutta la famiglia: trascorsi altri cinque mesi, il detenuto fu fatto morire in silenzio : síne strepítu. Un potente veleno somministrato in qualche vivanda; un'agonia ignorata da tutti. Fiùr che la mano del papa bisogna vedere in questo delitto quella del Valentino: sei giorni dopo l'awelenamento di Giacomo, Alfonso di Bisceglie, marito di Lucrezia Borgia, cadeva ferito sulla scalinata di S. Pietro ; il 18 agosto il Valentino faceva sgozzare il ferito da Micheletto quasi in presenza di Lucrezia e di Sancia. Così si preparava il dominio di Cesare. r) La mattina del 9 luglio fu annunziata la morte del reoerendo e magnífico protonotario di Sermoneta e all'ora del vespero, Ia salma vestita di nero (come era solito vestirsi Giacomo mentre viveva) fu portata, con ogni debita riverenza, su di un cataletto coperto da un ricco pallio, dal castello alla chiesa di S. Bartolomeo all'lsola. Quivi abitavano le donne di casa Caetani, nel palazzo che tuttora si vede a sinistra della chiesa. Nella sala mortuaria la salma fu scoperta dalla madre Caterina Orsini e dalle sorelle lacobella Margani e Giovannella Farnese. Mi sembra di sentire i singhiozzi della forte e virile Cat'erina che, quarant'anni prima, aveva difeso a mano armata i suoi pargoletti asserragliati nella rocca di Sermoneta, mentre il marito combatteva in Terra di Lavoro per la sfortunata causa di Giovanni d'Angiò. Coraggiosamente aveva protetto i figlioli da cento insidie ed aveva dominato, temuta e rispettata. Ora si vedeva ridotta alla miseria, prigioniera in casa lropria, impotente a proteggere i suoi dalla distruzione. Altri erano presenti alla mesta cerimonia: forse tra questi la bella Giulia che vedeva ora il suo ascendente sul papa così diminuito da non poter salvare nemmeno Ia vita de' suoi parenti. Tornano in mente le parole del pontefice: " IuIía, me míserum cuî non defendis / " che gli vengono fatte esclamare in quella atroce satira < II dialogo con Ia Morte ", scritta contro di lui appunto in quei mesi. 2) Il protonotario fu sepolto nella stessa chiesa di S. Bartolomeo; pochi anni dopo la sua salma fu trasportata nella cappella di Bonifacio VIII in S. Pietro e nel 1605 trasferita nelle grotte vaticane, ove tuttora si legge la consunta lapide: D^ O. M. IA . KAIETANO . DOCTRINAE . ET. VI RTUTUM . MERITIS. APLICO. PROTHON OTARIO. QVYOM . DE. EO. MAIORA.

SP

[e]nanur.rruR . MoRs . IMPoRTUNA [rnnna]awnvM . ABSTvLIT . AETATIs. [sunr. AN]N . AcEN . L. MEN . vt . DtEs .

xv,

(Stemma).

Intanto Alessandro VI aveva già disposto per appropriarsi dei feudi dei Caetani a favore Vendita dei figli: decretò che quelli fossero venduti onde sowenire alle grosse spese che gravavano di sermoneta' sulla Chiesa a causa del mantenimento delle terre confiscate ' e, il 12 febbraio 1500, veniva eseguita Ia vendita dei castelli di Sermoneta e Bassiano nonchè delle tenute di Ninfa, Norma, Tivera, Gsterna, San Felice e San Donato a favore di Lucrezia Borgia, duchessa " Vigiliarum ,, (Bisceglie) e principessa di Salerno, per il ptezzo di 80000 ducati d'oro. Il denaro, almeno r) Cf.

Relaz.

di Paolo Cappello.

q) Ssnsilo,

lll, p, 209.

") Arc. Val.,

Divers., vol. 53,


LE

Lib. Vlll, Cap. LlX.

PERSECUZIONI

fu ricevuto da Antonio " de Spannocchis ", depositario della Camera Apostolica, ma il papa, non sentendosi del tutto sicuro, fece aggiungere al contratto la clausola che, in caso di evizione, la somma sarebbe stata restituita a Lucrezia. Il documento originale con la firma autografa del pontefice trovasi nell'Archivio di Stato di Modena. r) spoliazionc Gli altri rami dei Caetani della Campagna e Marittima seguirono Ie sorti di quello di Sermodei baroni' neta. D essi sappiamo ben poco; nella bolla del 17 settembre 1501, ove sono elencate tutte apparentemente,

le terre confiscate, troviamo anche Maenza, Norma e Roccagorga, proprietà di Raimondo Caetani, che fu dichiarato ribelle per avere seguito le parti dei Colonnesi. Trivigliano e Torre Cajetani vennero tolte ai Caetani di Filettino che già dicevansi della Torre ,. A che persecuzioni " tutti questi venissero sottoposti, oltre alla spoliazione delle loro terre, non ci è dato di sapere; però non è improbabile che esse fossero severe. Apprendiamo dal Burchard 2) che quando, dopo la morte di Alessandro VI, i cardinali si recarono a trattare con il castellano di Castel Sant'Angelo, venne liberato tra altri un abate Caetani, ma ignoriamo di che ramo fosse. Anche i Gaetani d'Aragona, già partigiani di Carlo VIII, furono spogliati dei loro feudi nello stato pontifrcio, cioè di Ceccano, Sonnino, San Lorenzo, Vallecorsa, Pofr e Falvaterra. II papa seguiva gn piano ben cqncertato a danno della nobiltà feudale. Nepi era già stata tolta ad Ascanio Sforza al principio del 1499 ed era stata donata parimenti alla figlia Lucrezia; il 4 di settembre Francesco Borgia, vescovo di Teano, aveva preso possesso del castello a nome di lei. Venne poi il turno degli altri baroni: ai fratelli Pojano fu tolto Piediluco ed il lago adia' cente. I D'Avalos d'Aquino, marchesi del Vasto e di Pescara, perdettero la bella terra di Monte San Giovanni. Si rivolse il papa anche contro i Colonna, i Savelli e gli Estouteville, indeboliti dalla guerra napoletana e disfatti dal crollare della dinastia aragonese. Erano colpevoli i Colonnesi di aver seguito le parti di Carlo VIII e poi, pacificatisi con re Ferdinando II, figlio di Alfonso, di esser rimasti a lui fedeli quando il papa, appoggiandosi a Luigi XII, volse Ie sue armi contro la dinastia napoletana. Quali e quanti fossero i feudi che incamerò il papa si vede dall'elenco, dato a pagina 240 dei beni concessi agli infanti Giovanni Borgia e Rodrigo d'Aragona. Espugnata la rocca d'Ardea, che era di Fabrizio Colonna, il papa ne fece asportare tutta I'artiglieria mandandola a Sermoneta; dopo la sua morte gueste bocche da fuoco rimasero Iì salvo un cannone con le armi Orsini che, nel 1508, Fabrizio Colonna chiese gli fosse restituito perchè specialmente caro ai Colonnesi; suppongo fosse un trofeo di guerra strappato ai nemici ereditari. Dopo avere consumate tali spoliazioni in massa' Alessandro VI, con sfacciataggine inaudita, si compiacque di enumerare tutte Ie vittime nella sua bolla Coelestís Altitudinis, di cui si dirà appresso; con essa spartiva la preda tra i due infanti nipoti e ad un tempo preparava alla posterità un solenne documento nel quale è formulata la confessione delle proprie malefatte. ")

Non meno feroce fu il modo col quale perseguitò i signorotti di Romagna. Il Cattanei nel suo dispaccio del 30 luglio 1500 diceva che tutti, a cominciare da Manfredi di Faenza, avrebbero seguito il fato del protonotario di Sermoneta, o nel miglior caso, la sorte di Cate' 3) rina Sforza che si era ammalata di rabbia impotente. Fiero del bel patrimonio che in tale maniera era venuto brigantescamente costituendo ai propri bastardi, nel luglio del l50l Ales.) Il

Cattanei,

il Z dec. 1499, parlando

delle spoliazionr

scriveva: I Caetani] sonno parcntl de' Colonesí. Ha dubítalo íI papa non ge la retolíano (Sermoneta e I'altre tene) cosl c'lnconbara, nè pofia far pegíot capítale a soí fiIioll che

')

Docum.

cstensi

;C

-2471

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Cl. Burch., III' p.

15

slatî ile símîIe famílíe tmpatínlatl cum lí Prcdílll Ursínî el che gíà mìIIe anní sonno statí slgnotí de tal tene, noile expefienttc te ne sonno ocilule cl sc oedrcno (Atc. St. Mantooa, E. xxv).

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Colonesl

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p' 53'


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Spoliazione dei baroni

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LE Ales. VI vicita Sermoneta.

Cerare Borgia.

PERSECUZIONI

Lib. Vtll, Cap. LlX.

sandro VI volle visitare i lavori di fortificazione che aveva ordinato in Sermoneta e che, a notma del contratto con gli architetti, dovevano appunto essere ultimati per la fine di maggio. Lasciò Roma il 27 del mese, sfacciatamente affidando la gestione del palazzo e degli affari correnti alla figlia Lucrezia, con autorità di aprire tutte le lettere. Così per la prima volta, dal tempo della leggendaria papessa Giovanna, la cristianità vedeva Ia Santa Romana Chiesa retta da una donna. Un fremito di sdegno deve avere sco$so I'animo dei fedeli. l) ll pontefice soggiornò a Velletri e il 3l luglio si recò a Sermoneta " p". ammirare la nuova lortezza. Passò per Gsterna e per la diruta Ninfa e, nel salire per i contrafio*i di Norma, vide apparirsi innanzi, in cima allo scosceso sperone di montagna, la rocca tutta sfavillante nel suo bianco manto di fresco intonaco. Non v'è ricordo a Sermoneta di che cosa egli vi operasse, ma è da credere che dispensasse benefizi e grazie per cattivarsi I'animo dei nuovi vassalli della figlia. ") ll 3 di agosto faceva ritorno a Velletri in mezzo a piogge tempestose che gli impedirono di andare a Nettuno, Nepi e Civita Castellana, ove si disse avesse avuto intenzione di recarsi per vedere Ie nuove fortificazioni, che da per tutto aveva ordinato: Sí stíma farà quel " medemo ín 19, fortezze dí caxa Colonna e dí caxa Saoella ,, scriveva Marin Sanudo. 3) A partire dal giorno in cui il castello di Sermoneta cadde in mano del pontefice, fu presidiato permanentemente, come risulta daglí Inboítus et Exitus della Camera Apostolica a) e dai mandati dell'Archivio di Stato. 5) Nel l50t erane castellano Antonio Giovannidi Torres, probabilmente uno spagnolo, alla dipendenza del quale stavano sei archibugieri; Michele di Fonterabbia era al comando delle truppe che ammontavano a 100 fanti; sin dall'aprile 1502 questi vennero ridotti a 25 balestrieri a cavallo, di cui Michele en caput o prefectus. che Sermoneta e la sua rocca erano state vendute nominalmente a Lucrezia, ma È ""ro in realtà ella non ne ebbe mai I'effettivo possesso ; il fratello Cesare non poteva permettere cher una fortezza di tanta importanza fosse nelle mani dell'odiato Alfonso d'Aragona, marito di Lucrezia: odiava non solo il cognato, ma I'intera casa d'Aragona. Geloso altresì dei grandi favori che il papa aveva riversato sulla sorella, tanto fece che riuscì a scostare l'uno dall'altra. Dfatti tanto Paolo Cappello 6) quanto Sanudo 7) riferiscono che príma era ín gracía del papa madona Lugrecia, soa rtola, Ia qual è saoia e líberal, ma adesso (prima metà del 1500) iI papa non I'ama tanto e Ia manda a Nepí, e lt à dà Sermoneta .,, benchè íI ducha ge I'à tolta d.ícendo: u È, dono, non lo potrà mantenír n. Perciò presumo che la guarnigione della rocca fosse efiettivamente alla dipendenza del duca Valentino. Intanto si preparava un atroce dramma. Cesare Borgia, spinto dall'odio e per promuovere i propri interessi, il 15 luglio 1500, di notte, faceva proditoriamente assalire da certi sicari Alfonso d'Aragona mentre questi saliva gli scalini di S. Pietro per ritornare in Vaticano, ove abitava con la moglie. Ferito da piùr pugnalate, riuscì tuttavia a salvarsi ; per un mese pericolò tra la vita e la morte, amorosamente curato da Lucrezia; ma il feroce Cesare il 18 agosto entrò nella stanza ove giaceva il convalescente e, scacciatene la moglie e Sancia, fece strangolare il cognato per mano del proprio capitano Micheletto, il fedele esecutore degli assassiríî da lui decretati. 8) Egli non cercò di negare di essere stato autore del delitto; anzi sostenne che I'aveva ordinato perchè Alfonso gli minacciava Ia vita. a) Troviamo infatti che in preparazionc a questa visita dci feudi, addi 26 maggio, aveva fatlo confermare le esenzioni delle comunitl di Bassiano e Sermoneta, di cui si è detto prima.

5)au.

r) Gtes. L. 8., p.

157. \ l50l-1503,fr,17,19,22.

Borgla, p. 394t Butch., o)Albeti, Ill,p. ll.

lll, p. l5V,

)11,p.846.

a

favore

r) Arc. Vst., Rcg. 532, f. 74. c rs. 8)Gree.L' 8.,p.136.

\ lV, p. 77.


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LE.PERSECUZIONI

240

Lib. VIII, Cap. LlX.

fatto, i Colonnesi d'accordo con il re di Napoli s'impossessarono con un colpo di mano della rocca di Sermoneta e, il 25 di agosto, il Cattanei riferiva ad Isabella d'Este che i Colonnesi afférmavano aver presa Sermoneta per custodirla a benefrzio di Rodrigo, il figliolo dell'ucciso Alfonso. r) Eliminato costui, la bella Lucrezia diventò nuovamente disponibile come strumento per creare parentele politiche che potessero awantaggiare gli interessi del papa e del duca Valentino; perciò fu ripresa in grazia. Già nel mese di novembre 1500 si parlava di dare la vedova in moglie ad Alfonso d'Este, principe ereditario di Ferrara; le trattative non furono facili perchè complicate da un vergognoso mercanteggiare politico, ma finalmente il I settembre l50l furono conclusi gli sponsali ad oerba ed il papa mise mano a grandi preparativi, perchè voleva che la figlia si sposasse con tutta Ia pompa e magniÉcenza dovuta ad una principessa di Saputosi

il

sangue reale.

Rodrigo,

In previsione del prossimo matrimonio il papa si preoccupò che le numerose castella confi-ducadi scate ai baroni nello stato pontificio non,uscissero dal possesso dei Borgia e dei loro discendenti. rermone."'

'

Perciò decise spartirle tra il figliolo di Lucrezia, Rodrigo d'Aragona, bambino di appena due anni, e l' .. Infante Giovanni >, Quel misterioso fanciullo che si supponeva essere figlio di Alessandro VI, ma che nessuno sapeva dire chi avesse avuto per madre. Non esitava il popolo ad affermare che era il frutto dell'incestuoso amore tra il pontefice e la propria bastarda Lucrezia; 2) pare non improbabile che fosse un figliolo illegittimo di lei. A questo fanciullo di tre anni veniva concesso il ducato di Nepi con altre 36 castella; al piccolo Rodrigo fu donato il patrimonio dei Caetani, comprendente 28 castella, e Sermoneta veniva eretta in perpetuo a ducato. Queste donazioni furono confermate dalla bolla Coelesfi's Altitudtnts del 17 settembre 1501. ") Lucrezia partì per Ferrara ove finalmente trovò un ambiente elevato che Ia tolse dal fango della propria famiglia; dovette lasciare il figliolo Rodrigo in Roma, ma non aveva ragioni di preoccuparsi del suo benessere 6sico perchè lo stato che gli era stato assegnato gli dava una rendita di 15 000 ducati annui. La tutela del fanciullo fu affidata a due cardinali, il patriarca d'Alessandria e Francesco Borgia, arcivescovo di Cosenza. Il piccolo Rodrigo, oltre a Sermoneta, possedeva anche il ducato di Bisceglie come eredità paterna. Il 7 gennaio 1502 re Ferdinando ed Isabella di Castiglia ordinavano che si confermasse il ducato di Bisceglie ed il possesso di Quadrat a a Roilrígo Borgía d'Aragona, duca dt Biseglia e Sermoneta, sígnorc dí Quadrata.3) Il 14 di luglio 1502 il cardinale Francesco Borgia, quale tutore di Rodrigo, dava in affitto (arrendamento) a Pietro di Alessandro e ad Antonio di Sezze tutti i frutti e le entrate di Sermoneta, Bassiano e Norma per la durata di tre anni contro una corrisposta di 3000 ducati e 1000 salme di frumento. Nel contratto veniva stipulato che Michele di Fonterabbia sarebbe rimasto alla guardia del castello e venivano enumerati tutti i patti riguardanti il modo a) A Rodrigo vennero Sermoneta, Bagsiano,

a$egnate:

Ncpi, Palestrina, Rignano, Castelauovo, Gcnazzano, Pa-

:

liaro, Cave, Marino, Rocca di Papa, Frascati, Montecompatri, Rocca Priora, Montefortino, 7-agarclo, Roccacasca, Capranica, San \4to, Pisoniano, Ciciliano, Olevano, 7-arcati, Torre Mattia,

Ninfa, Norma, Tivera, Gsterna, San Felice, San Donato, Albano, Nettuno, Ardea, Gvita Lavinia, Nemi, Genzano, Castel Gandolfo, Roccagorga, Son' nino, San Lorenzo, Ccccano, Pofi, Vallecona, Santo Stefano, Monte San Giovanni, Strangolagalli, Falvaterra, Giuliano, Ripi'

Serrone, Piglio, Torre, Trivigliano, Vico, Collepardo, Supino, Morolo, Sgurgola, Piediluco, Montalto, Sari e Ariccia (lrc.

Vat., Reg. Al. VI, n. 871, f. 66; Arc. Cacr., Misc. 94,

Arhara.

A

p, lZst

Gioranni furono date:

t) Luzìo, p.

56,

2) Cf. Grcg.

L, B.' p.

175.

\

Ioí,

p. 176.

c-24E31.


Sermoneta

F5o0 -15021

241

di condurre le tenute. ") Questo documento prova che il frutto delle castella andava realmente al piccolo Rodrigo, ma Cesare, per essere in grado di meglio disporre delle rocche e degli uomini d'arme, nel novembre del 1502 entrava in confederazione con il piccolo suo nipote.r) * Torniamo ora a seguire le vicende dei Caetani di Sermoneta, che Ia tirannia borgiana aveva sparpagliati per I'ltalia. Guglielmo si era rifugiato alla corte del magnanimo marchese Francesco di Mantova. Forse in un primo tempo ebbe I'idea di passare ai servigi di Venezia; almeno così fu riferito al pontefrce il quale, duramente perseguitando le proprie vittime, fece dire dal suo oratore al consiglio della repubblica (25 mag. 1500) che Gaíetano Guíelmo, rcbel[o di Sancta Chíesa, tolto a soldo (di Venezia), sia ccsso,' ma gli fu risposto dí quel sígnore non haoer noticía alcuna.z) Bernardino-Maria, figlio unico superstite di Nicola Caetani, era per diritto signore di Bernardino caetani' Sermoneta. Nel 1502 aveva compiuto 15 anni appena ed era un adolescente di natura gentile e di straordinaria bellezza. Ignoriamo in qual modo evadesse alle perfidie dei Borgia; sappiamo solo che si rifugiò nelle proprie castella di Macehia e Monteroduni, presso Isernia, ove, trovandori in territorio napoletano, poteva reputarsi al sicuro. Debbo ricordare che quando Beatrice Caetani, verso I'anno 1444, sposò Gaspare d'Aquino, marchese di Pescara, il fratello Onorato lll le assegnò una dote di l0 000 ducati, in securtà della quale ipotecò al cognato i suddetti castelli assieme a quello di Montaquila. Dopo un certo tempo Onorato venne ad un accordo con Gaspare, per cui questi gli restituì il possesso reale delle castella lasciando sopra essi e sopra il castello di Sermoneta una ipoteca di 4600 ducati per la parte ancora insoluta della dote. Verso I'anno 1488 venne a morire Beatrice, lasciando erede universale la unica Églia Antonella, ma disponendo per legato a favore del nipote Nicola Caetani la remissione dei 4600 ducati della dote che non erano stati ancora pagati. Antonella però non si volle piegare alla volontà materna ed intentò una causa a Nicola (1491), causa che, dopo la morte di entrambi, fu rinnovata e proseguita tra Bernardino e gli eredi di Antonella.3) Senza voler oltre seguire le vicende del pro..rro, in cui gli zii Giacomo e Guglielmo non furono sempre d'accordo coll'orfano nipote, dirò soltanto che Bernardino mantenne il possesso dei castelli che gli vennero riconfermati da re Federico, successore di Alfonso d'Aragona, il 16 aprile 1497, edi cui prese possesso il 17 gennaio 1499.4) Caetani, il giovane BerQuando Alessandro VI confiscò Sermoneta e disperse la famiglia n"rdino si rifugiò nel Regno, ove ricevè protezione ed aiuto da re Federico, come risulta da t una nota del 6 settembre 1500, in cui questi scrive a Pietro (di Vicenza' vescovo di Cesena?): Voi sapite e possífe comprendere quante cause e ragíoní ce moúeno a dooer tenere caro Io magnifico Berardino Gagetano ... però che lui et Ie persone et Ie robe non hat)e tisparmíate ne respaîmería ín serúízio nostro.5) D" ciò si vede che Bernardino parteggiava per il re. Felice e per odio Quando questi nel l50l fu scacciato dal Regno, approdò alla spiaggia di San Borgi" saccheggiò e bruciò Ia tena omonima, immemore che essa de íure spettava a Ber"i nardino. Gli abitanti, che da poco erano tornati a ripopolare questa terra dopo la distruzione 6) operata da re Alfonso nel 1441, in parte si rifugiarono a Sermoneta, in parte a Terracina. a) ?rg. 2302. Nell'archivio d'Este in Modena v'è un registro intitotato: IJbet arrendamentorum tenatum ad lll.mos

Nepesin. Duces Wantes spectanlium eorunilem langenlíum

alearq' sctìpturar. slalut

(cit, Geg. L. 8,, p. t77)

D.aos Roiletlcum Bon dc Aragonía &tmonell el Io, ile Bon

t) c-29E1.

lY, w, 42g, 465, XIII: C-319. LXVlll.

Sonudo,

Domus,

l-2, jl,

t) /oi, lll. p. 34?; Arc. St. Venczia, Saie Scnato sereti,

a)Prc.

1907,2639.

b)

Arc. Coet.,N. l447ll.

\ C'2363' Xllt Reg. 38, c' 33h. !) Orle.,p. l0; cf. Pre. 1907del l.u. 1501.


LE

242

Uccisione

di

Bernardino.

PERSECUZIONI

Lib.

vm, cap. LtX.

Di

Bernardino nòn abbiamo altra notizia se non quella della sua crudele morte, awenuta gli ultimi giorni di maggio del 1502. Dimorava nel castello di Monteroduni, ove aveva fatta grande

amicizia con alcuni spagnoli che si trovavano lì di passaggio. II paese sta in cima ad un colle di forma conica, ai piedi del quale si apre la bella vallata del Volturno. Un giorno, mentre scendeva per una strada campestre per andare a vedere certi suoi cavalli, che stavano ad erba, incontrò questi signori ad un passo che I'aspettavano. Erano otto e armati, e tra loro si dice fosse Micheletto Corella, ") il sicario di C.esare Borgia e I'esecutore di ogni suo triste mandato. Quando Bernardino li scorse, andò loro incontro con Ia berretta in mano e cordialmente li salutò come amici, ma quelli senza dir altro gli furono addosso e, ferendolo da pitr parti a colpi di giannetta e di spada, in un sìrbito Io ammazzarono. Lasciato il corpo esanime a dissanguarsi per terra, partirono senza indugio alla volta di Roma, dove giunsero giubilanti a riferire il loro successo a Cesare Borgia. l) V'è poco dubbio che il capo di questi sicari fosse Micheletto; così afiermano il Gustiniani (31 mag. 1504) e Sebastiano di Branca Tedalini;2) nella bolla di Gulio II del 24 gennaio 1504 si parla solo di alcuní satellití del diletto figlto tI nobíIe uomo Cesare, duca Valenfíno. Secondo il Menotti, 3) fu Bianchino da Pisa a strangolare Bernardino, ma da una lettera di Guglielmo sappiamo che il giovane non fu strangolato, bensì ucciso a colpi di spada da otto spagnoli.

Dopo

Uccisione

di

leronimo.

il tramonto dei Borgia, Micheletto venne imprigionato in Tor di Nona (21 mag. 1504)

e contro lui fu intentato un processo per I'uccisione del duca di Gandia, del signor di Camerino e de' suoi figlioli, del giovane e bello Astorre Manfredi, signore di Faenza, e di suo fratello, del duca di Bisceglie, del vescovo di Cagli, di Bemardino e di tanti altri. Con tutto che molti di questi delitti non richiedevano ulteriori prove, Micheletto fu assolto. Guglielmo stava a Mantova e la notizia della uccisione del nipote Bernardino-Maria, comunicatagli da Roma, gli giunse il 6 di giugno 1502. Il giorno seguente, profondamente addolorato di quanto era accaduto ne scriveva al cavaliere Enea Furlano Gonzaga: ... pà aduncha pensaîe V. S. in quanto afanno et dolore me rítroao, prioato del stato, de un fratello, de un figltolo, et de un nepote, et con pocha-spetanza de homo che tsíoa et in grandíssíma pooertà, et Iíberamente questa bastonata è stata de forte, che maj píu serrò contento, non tanto per Ia morte, ma peî íI crudo modo della moile ... Dalle parole con le quali dà sfogo al proprio dolore apprendiamo che i Borgia erano responsabili non solo dell'uccisione di Bernardino e dell'avvelenamento del protonotario Gacomo, ma anche della morte di un figlio di Guglielmo, che non può essere stato altri che il fanciullo leronimo. Egli deve esser perito verso la fine

del

1499, probabilmente trucidato sotto le mura di Sermoneta come apparirebbe da una notizia trovata dal Carinci, il quale ha creduto si riferisse a Bernardino-Maria. Il primo dell'anno seguente il Cattanei, il quale evidentemente non era al corrente della fuga di Guglielmo e di Bernardino, scrivendo al marchese Gonzaga, presso il quale probabilmente già si ritrovava il primo, diceva: EI papa ha dato iI domínío di Nepe, de Cioítacastellana e di Sermoneta ín oíta a Madonna Lucretía, haoendo destructí Ií signorí de Sermoneta' excepto uno prothonotario detenufo, ossia Gacomo che stava allora sotto processo. Anche la vita di Guglielmo era minacciata, ma gli stessi mandatari, a cui era stato dato I'incarico dal Valentino o dal papa di disfarsi di lui, lo awertirono che si stava preparando r) Michele Corella, un bastardo di Valenza, la cui famiglia i Borgia in ltalia; di bassa statura e meschina apparenza

seguì

r) Arc. Gonrcga, F. ll, E,

Busta

2459t Cf.

C-25O0,

t)

per cui venne chiamato " Micheletto >,

fu

capitano d'arme c

sicario principale del duca Valentino (Menoltt, Diario, p.

303.

\

p.4O5.

p.

136).


Strage dei Caetani

[r5or - 15031

243

casa ín cielo. L'odio e il desiderio di vendetta gli facevano mordere le dita dalla rabbia; era pronto a morire : Pur che prima possesse, esclamava, con Ie mej mani sodísfare I'anímo mío, come spero de potere, et intanto è necessario che mí guarde Dio A oppîeso iI Sígnor Marchese ... Credeoa che Ia fortuna et la mía mala sorte fosserc stracche et satíe de tanto tormentarme ; ma ío cognoscho che ogní di trooano nooo modo de adcorarme; et con tutto questo so delliberato esserc fermo et costante et lassare aIIe donne eI piangere. La lettera era firmata: De V. S. seroÍtorc Guglielmo Gagtano ìnfelíx. Non meno inviperito di Guglielmo era Giovanni Sforza, il divorziato primo marito di Lucrezia, il quale assieme a tanti altri esuli e proscritti meditava vendetta. Di ciò si preoccupavano tanto il duca Valentino quanto il papa; essi avrebbero voluto estinguere quel covo donde

a fargli una

di

awersa fortuna sarebbe uscito uno sciame di nemici per buttarsi addosso ai Borgia. Il papa volle porvi rimedio sin dal settembre del 1501, come ci risulta dalle parole dei legati estensi al loro duca: ... et inbata poi Sua Santità ne Ie cose del sígn. marchese de Mantooa, damnoe assai sua signoría che sola leg fosse acceptaculo de gente falita, e che fussero ín contumacía non solo sua, ma etiam del crístíanissimo re, et se bene nui se sforzassemo de escusar il predetto signor marclzae, dícendo ch'essendo liberaIíssimo come è, se oergognaria a prohibire I'addito in le terre sue a chi Ii oa, maxime a signorí... t) Del resto il disprezzo del duca Ercole di Ferrara e del marchese di Mantova per Ia banda dei Borgia non era di gran lunga inferiore all'odio degli esiliati. Quell'odío, dice il Luzio, 2) non ebbe píù limití quando i sìgnorí dí Mantooa si oídero costrettí all'atto odíoso, umiliante di dtsdire I'ospitalità concesla alle oittíme dí quella bufera politíca. Gà ai 2 di febbraio l50l il marchese Francesco scriveva a Giovanni Gonzagaz Lí forcuscití dí MíIano síamo constrícli, c.tm Ie lacrgme sul core, caccíarlí. Unitamente a costoro dovette anche allontanarsi Guglielmo il quale si recò alla corte cesarea, munito di una calda lettera di raccomandazione del marchese Francesco in data 28 febbraio 1501.") Poco dopo però faceva ritorno a Mantova, ove Ia magnanimità del marchese e della belIissima e nobile Isabella non aveva limiti; oltre a proteggere gli esuli ed ofirire loro I'ospitalità dello stato, li ammettevano alla corte ove risplendevano piìr che altrove le arti e i gentili costumi del Rinascimento. Guglielmo, assieme agli altri esuli, visse lì in continuo contatto con i marchesi e con Ia famiglia, in cui già si distingueva per le sue forme Ia " Bella Giulia ', Gonzaga. I legami di amicizia e di riconoscenza che egli contrasse allora durarono tutta la vita; ma anche durante i giorni di'miseria Guglielmo desiderava esprimere la sua gratitudine. Il 15 di febbraio del 1503 Cesare Gonzaga, che si recava a Roma per servire nell'esercito del duca Valentino, e Baldassare da Castiglione che lo accompagnava, portavano a Caterina Orsini ed a Francesca Conti una lettera di Guglielmo in cui questi li raccomandava dicendo z rítrooandome io tanto ohlígato ad tuctí duí ed aIIe Case loro quanto non poteia maí exprimer, desídero grandemente per le SS. f/. se IIi faccia tucta quella dímosbatíone che la sorte in la qual ce ritrosapevano che al primo giorno

a)

et

míseram

SeLmc Ccsar,

quandogue rccupetare non desperet, ftetus magnanlmltate, Iuslicla,

Ail maîeslatem tuam tanquam ad síngulate confugíum et tullsslmum poilum fidelium S. R. Inpefi, se t*ípìt M.cus Gu-. Ilelmus Sermonete Dominus, gui nulla sua culpa, nullo cfimíne ponlificíís gentíbus poere$íoae heret!ítaria slalus sui spolíatus,

'a

f) Lett. diSaraanie Bellingcrl

Grcs.L,8.,Doc,29. :) p. ó1.

lndígnam

palítut soilem. Al quum tacìlc

S.mo Impetalotl.

amíssa

M. Tuc Ser.^e commendanilum pulaol, síquídem lanta homínis spes, lanla fides a M. Tua spemenda míníme oìdelut, meque EÍilem deoofelícítate, gloia tua, Sacúque Impedl Ronant, eum

lissíme commenilo (Luzío,

p.

62).

Guglielmo

a

Mantova.


LE

Morte di Alegsandro

Vl.

PERSECUZIONI

Lib. VIll, Cap. LIX.

ùamo ce concede ín honorarlÍ et oferírlí ahneno questo pot)eîo nido che cí è rímcsso, che, quanào dal canto mío se facesse tutto quello che possea fare ín tempo che era ín casa, non poteria ricognoscerglt ín Ia míIlesima parte. t) Gunse finalmente I'ora della liberazione, della reintegrazione e della vendetta. La fortuna dei Borgia cominciava a volgere; già i baroni della Campagna Romana si erano sollevati per combattere una lotta disperata onde liberarsi dal giogo; Cesare dovette tornare precipitosamente a Roma. Dopo la sconfitta che Gonsalvo aveva dato ai francesi nel napoletano, i Borgia non sapevano ormai piìr ove rivolgersi per aiuto se non alla Spagna, quando esercito alla riconquista del Regno e questo si accampò presso Roma Luigi XII mandò un "ltro nell'agosto del 1503. In quel mentre, il 18 del mese, moriva repentinamente Alessandro VI e allo stesso tempo il duca Valentino cadeva ammalato. Non si può afiermare con sicurezza quale fosse la causa del male. La voce piùr accreditata in S.oma era che, ad un pranzo dato in una vigna presso il Vaticano, il papa avesse fatto preparare del vino awelenato per sbarazzarsi del ricchissimo cardinale Adriano Castelli, ma che per uno scambio di bottiglie (altri dicono per abile inganno del medesimo cardinale) lo stesso pontefrce ed il duca bevessero il tossico. Appena spirato, il cadavere si gonfiò e diventò nerissimo: lo più brutto moilo non

fu

oíslo maí, nero pìù che

Io Diaoolo.

All'annunzio della notizia il marchese di Mantova, che si trovava in quel momento eon I'esercito francese a Isola Farnese presso Roma, si affrettò a scrivere ad Isabella la lettera orarnai famosa in cui descrive come l'anima di Alessandro, venduta per patto a Satana, fu da sette diavoli portata all'inferno e come il cadavere del pontefice, tumefatto ed irriconoscibile, del cataletto fu strascínoto per un facchíno, cum una earda ligata aI pede, aI loco di Ia sepultura peî non trooarcí alcuno che Io oolesse toccare; fullí facto uno deposíto tanto misero che Ia nana moglie del zoppo I'ha Iì a Mantot)a píù honorcoole. Giovanni Sforza, esultante di gioia, scriveva allo stesso marchese ringraziandolo altresì delle buone notizie sulla malattia del Valentino ed aggiungeva: (pregola) se altro Ia íntende del dícto Valentino, che pur eI síí moîto, ad oolermene dare qualche adùiso, che Ia me farà síngulate apiacere. Da ogni parte si elevavano cori di gioia e di trionfo; ciascun barone spogliato si affrettò a tornare in patria per riprendere possesso delle castella di cui era stato privato. Giovanni Sforza rientrava a Pesaro; Guidobaldo ed Elisabetta corsero ad Urbino; i Colonna del napoletano e gli Orsini si affrettarono a tornare nei propri lari, festosamente accolti dai vassalli, stanchi di un odioso regime che tutti avevano sempte sentito che non poteva durare. Alle grida di gioia si mescolavano quelle di vendetta contro il duca Valentino il quale, come belva ferita, si era rintanato a Nepi in attesa dei risultati del conclave. Primi a rientrare nei

loro I

Caetani

tornano

a

Sermoneta'

possessi furono

i

Caetani.

Forse I'indomani stesso della morte del papa, oppure nei due o tre giorni successivi, prima che la lieta novella potesse giungere a Guglielmo in Mantova, la moglie Francesca eonti (che suppongo trovavasi a Segni), unitamente al fratello Federico, accorse a Sermoneta chiamata dai vassalli. Fu accolta festosamente dalla popolazione giubilante e riprese possesso della città, ma non potè entrare nella rocca perchè il castellano, alzati i ponti le.vatoi, la teneva con le milizie borgiane, in attesa di vedere che piega avrebbero preso gli awenimenti. Il duca Valentino tentò di scongiurare lo sfacelo generale che minacciava il malfermo patrimonio borgiano ; ai Colonnesi fu promessa Ia restituzione delle terre confiscate e fu proposta r) Ar.. Cael., Misc, 94, p,

106


[18

ag..6 srt.

Fine del regime borgiano

1503]

245

una parentela col piccolo Rodrigo. Nella speranza di salvargli lo stato di Sermoneta, il 25 agosto Prospero Colonna scriveva alla comunità dichiarandosi altameite meraoiglialo delle nor)ítà awenute senza riguardo alcuno agli ammonimenti da lui dati quando, pochi giorni prima, tornando verso Roma, era passato da quelle parti; dovevasi dare licentia aI sígnor Federíco et aIIa moglierc del signor Guglielmo, altrimenti, aggiungeva Prospero, , . . úe chiarísce che me serrà l) necessafio . .. oeniroi íncontro e faroi Io pegío cÀe posso. Lo stesso giorno anche il cardinale Francesco Borgia, tutore del piccolo Rodrigo, da Roma indirizzava agli uomini ed al comune di Sermoneta una lettera del seguente tenore: 2) Prestantíssími oirí, amicí nostrì cha.rrsshní, salutem. Haoemo inteso che ín quessa terrà se è facta certa noeità senza alcun respecto del soerc iqramento de fideIUà et homaggío haoeoate prestito aI oosho sígnore; non se possemo indurre a crederlo Ber modo alcunp, perchè nonsaPemo certo nonesser cdusa ne$suna che oe habbía spínlo a quato. Pure quando sía che per alcun partîcolare che altramente non ce persuader4a aut aliter guomodocumgue in la terra habbíate receptato alcuno contra Io stato del oostro sígnor du.eha, oe dicemo che subito, oísta la presenle, Ii date lícentia, facendo demonstratione della ooslra solíta rtdelUà; Ia quale per fino ad mò haoemo cognoscíuta intemerata et salda, Altramente facendo, cognoscerete eoíde,ntemente et teneteoí ín mano Ia oe$tra ulltma ruina; perchè excellentiq del síg. ducha de Romagna ha facto ferme et perpetua ligq st c.anfederatíone con lí lgnori Colonnesi et capítulato per certa tutels et securità de quato stato, rettitgendo lqro tucte sue lere. Et per più chíaro efecto già sf è mandato per lucto lo sforza ]el cqnps Qe spagnoli che subíto t:enítà per desfactíone de rebelli noslri et de sua excellenlia, et senza alcuna remissigne se prgcederà ad tale

Ia

exterminío.

Notíficanilorse che una zitella de casq Colomns nooiter se è coníunela 9l eEnctrupo eI matrímonío col oostro signor ducha Et non oí geneti desdegno della Tone della Pretata che ex nurqc 0i promqttemo èaroela ín mano et apríre quella contemptÌosa bocca, poi che è oenqlo eI tempo. Nec qlia, bene Valete, RQme, ex palalío apostolíco, die XXV augusti MDIII.

F. car.Ií"

cu$

enlíqqs tnanu plaptta.

Ma le promesse di restituire ai sermonetani la Torre Petrata, oggetto di tante esntese, e di permettere che si aprisse la contempsíosa bocca, per dare sfogo alle acgue nel campo di Sezze, a nulla valsero, perchè le popolazioni ben intuivano che il temuto e odiato regime borgiano era giunto al suo frne. Guglielmo, che stava a Mantova, si affrettò ad accorrere e il 6 settembre già si trovava a Sermoneta. I vassalli giubilanti gli vennero incontro a piìr di 30 miglia, e il ritorno dell'esiliato signore fu una marcia trionfale: lungo la strada homíni et donne indiîerentemente t:ecchí et gíooaní gli facevano ala, dando sfogo alla propria contentezza e, quando giunse alla porta di Sermoneta, I'impeto degli abbracci fu tale che si trovò sbattuto a terra dalla stafetta. La rocca ancora teneva per i Borgìa, ma cum alchune bone proúisioní et maxíme cum círca mille bocte de artíglíaría, non già de bronzo, mc d'oro (ossia 1000 ducati) et con questo mezo eI terzo di, il castellano, che forse era lo stesso Antonio de Torres messovi da Alessandro VI, gli consegnò eI forte castello fabrícato ín (sua) absentía.3) Guglielmo prese subito dimora nella magnifrca ioftezza che cortesemente gli aveva costruito il nemico e si fece consea) gnare la lÍsta de denarj dooeoa fiscolere eI castellano de Sarmoneta de papa Alexandro.

t) c-2498.

2)

C-2495.

2)

C-2199; Arc.

St. Mantooa,

tr.

XXV.

r) C'339' XXXIX'

Di6de ai Sermonetani


LE

246

Lib. Vlll, Cap. LlX.

PERSECUZIONI

Profondamente riconoscente rivolse il pensiero subito ai Gonzaga, suoi generosi e magnanimi benefattori, e scrisse commoventi lettere al marchese, a Laura, a Isabella d'Este ") e agli altri

della corte di Mantova, dichiarando tanta essere la gratitudine che teneva la terra agli ordini del marchese e sarebbe stato lieto che,questi, se voleva, avesse inviato il castellano e gli ufficiali di sua scelta a prender possesso della terra. cesare Borgia. La stella dei Borgia era tramontata e, quanto Alessandro aveva edificato sulla perfidia e sulla violenza, versando sangue innocente, all'istante stesso della sua morte doveva tutto crollare come un giuoco di carte. Il sogno suo di creare un regno italico sotto lo scettro del 6glio, rassomiglia in certo modo a quello di Bonifacio VIII a favore del nipote Pietro; ma diversi furono lo spirito informatore e le modalità che i due pontefici seguirono nel tentativo di attuarlo. Del resto I'uno e I'altro fallirono nell'intento, perchè I'ltalia non era ancora matura per liberarsi dal giogo straniero e I'individualismo dei comuni e delle famiglie feudali impediva che le provincie d'ltalia si saldassero in un tutto organico. Ma mentre quel poco, che il nepotismo di Bonifacio VIII era riuscito a edifrcare con mezzi e per vie legali, sopravvisse alla di lui morte e durò per varí secoli, il frutto del criminoso nepotismo borgiano, pochi giorni dopo la morte di r\lessandro VI, si disfece e marcì. Il sagace duca Valentino aveva tutto predisposto per I'eventuale morte del papa e ogni cosa aveva preveduto, salvo il caso che egli stesso si ammalasse in quel momento medesimo. Prima che si fosse alzato dal letto, già gli si era scatenata addosso Ia tempesta. Sotto Ia protezione dell'esercito francese, il duca con Vannozza e Scala d'accesso al maschio e ponticello levaloio. con Goffredo si ritirò a Nepi; probabilmente (Disegno di Aldo Mazza.\ portò seco anche i bambini Giovanni e Rodrigo. Il nuovo papa, Pio III Todeschini . Piccolomini, permise a Cesare di tornare in Roma (3 ott.), ma gli Orsini e quanti da lui erano stati offesi gli si awentarono contro furenti, sicchè fu costretto a rifugiarsi precipitosamente in Castel Sant'Angelo; anche Rodrigo, il piccolo duca di Sermoneta, fu portato in braccio per il corridoio segreto costruito da Alessandro VI, e condotto a salvamento nella Mole Adriana, perchè c'era chi insidiava alla sua vita. Il cardinale di Cosenza, suo tutore, propose di vendere mobili r)

Pet guatlro anni ín

Ií qualí dalla

son stalo exagìtato non había

lmpetuosa foiluna

maí non che securo potto, ma

pú tempeslosa spíagía Ia ímmensa henígníà

tíltooala, îeputando senza dubio alchuno de quella ha usata oerco dí me et Ia oenetanda ombra delle ílI. síg. suo Consoile haoeme tenuto et tenetmi oggl rn uila (Lettera alla Matchesana de Mantooa mia

uníca Protelhíce

el

Pabona).

,.. Non Ia tedíarò cum scríoerglí

longamenle, reputando

solo esserc

ofitío mîo dì tenetli in

tíone mia, et ail

I*i

lassar

la

memoría

Ia setoítù e!

cuta de senitsi de

ni

deoo-

ín quanlo

cognosse díslenilerce ogní mìa facultà, che non allto cunto deoe teneila che de quale sí ooglía altto suo seroílorc et oaxallo et tanto pìù guanlo Ia oÍta e'l slalo mío po' dite esset gíuslamente soí, che da IeI mí son slatt donafÍ (Lettera al marches€ Francescoi Arc. Sl. Manlooa, E, XXV.)


Cesare Borgia

[ag. 1508.u8r]

l.

'iì .f,'

e suppellettili per ottenere I'indispensabile per Ia sussistenza del bambino e per pagare le spese

r.

ifl:lù til li; îi [.) írt

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,:i^"il

247

,

I 1

di viaggio sino in

Ispagna, ove avrebbe potuto

almeno considerarsi

al

sicuro. ")

Dopo ciò si perde traccia completamente dell'infante duca di Sermoneta, il primo a portare guesto titolo. ll Gregorovius opina che fosse educato in Napoli a cura del cardinale, suo tutore; forse trovò asilo presso la zia Sancia d'Aragona. Questa morì nel 1506 e nell'agosto del l5l2 anche il piccolo Rodrigo spirava in Bari. l) Cesare fuggì

in

Ispagna ove morì combat-

tendo. Prima di partire cercò di mettere in salvo le proprie ricchezze accumulate ; una parte di esse, imballate in casse, affrdò nel decembre 1503 alI'ambasciatore estense per essere mandate a Ferrara; ma nel 1507 Giulio II vi mise il sequestro, spada facendosi consegnare altresì il tesoro che Cesare del Valentino' aveva lasciato in custodia a Firenze. Una parte però, e saranno stati gli oggetti di maggior valore, senza dubbio, il duca portò seco in Ispagna e fra questi, certamente, vi deve essere stata Ia sua 6.C. bellissima spada di parata, opera eseguita da Ercole su disegni forse del Pollaiuolo. Ignoriamo in quali mani questa spada sia rimasta dopo la sua morte. Al principio del secolo XVIII apparteneva al duca di Montallegro, il quale nel 1734 la portò seco dalla Spagna a Napoli; dopo il 1759 la donò ad un tale, dalle cui mani passò in quelle del famoso abate Galiani. Questi ebbe dapprima in animo di ofirirla al papa, ma poi invece la ritenne con intenzione di illustrarla con una dotta monografia. Quando monsignore Onorato Caetani, fratello del duca Francesco di Sermoneta, seppe dell'esistenza di questo prezioso cimelio, fece di tutto per acquistarlo, ma I'abate Galiani non volle cederlo; nel 1,781 questi portò la spada a Roma e il 23 maggto la mostrò al monsignore, a cui disse Spada di Cesare Borgia. che la credeva incisa su disegni di Michelangelo. Onorato era un intellettuale del secolo XVIII, fervido e superficiale raccoglitore di notizie storiche. Si appassionava nel rievocare Ia grandezza della nostra famiglia e voleva comporre una grande opera su Bonifacio VIII. Quando ebbe a)

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.,.

meglío

Gteg.

à slarc cosl lontano el securc che oicíno cum perículo comc

L. 8,, p. 30.

ÌI

dímostra che setla (Gteg'

L, Il.,

doc.

5O).


LE

248

PERSECUZIONI

Lib. Vlll, Cap. LIX.

veduta la spada non si diede piùr pace o, per meglio dire, tanta poca ne diede all'abate Galiani che questi, nel suo testamento del 1787, ordinò che Ia spada fosse offerta ad Onorato per 300 ducati; e, in caso che non volesse accettarla a tali condizioni, doveva essere presentata in dono all'imperatrice Caterina di Russia. ") Felice di essere entrato in possesso di tanto tesoro, monsignore Onorato, in un momento di entusiasmo, pensò di riporre la spada nella bellissima armeria di Sermoneta, accompagnata da un'ampollosa iscrizione lapidaria che ricordasse come questa spada fu brandita dal duca Valentino all'assedio di Sermoneta, nella difesa della quale anche le donne, armate di corazza, difesero ad un tempo la loro patria ed il loro onore. È unu fortuna che non abbia dato corso a così nobile pensiero, perchè pochi anni dopo, e precisamente nel 1798, le truppe francesi inalberarono sul castello di Sermoneta lo stendardo della libertà e, in nome di questa, tutto saccheggiarono ed ai quattro venti dispersero la preziosa armeria. Così si salvò il cimelio noto ai collezionisti come la " Regina delle Spade u, unico oggetto esistente che si è certi abbia appartenuto al crudele Cesare Borgia. La spada è ora custodita, con amore, dall'autore di queste pagine. Charles fiarte nella suà opera o Autout des Boryía u ") (pp. 1a3.209) dà un'ampia e dettagliata descrizione della spada,

bcandosi su documenti che sono ora in possesso dell'4. A Monsignore Onorato spetta anche il merito di aver

t) Dall'

Yrrcae

: p.

. Codice Caetani u della Divina Commedia, che, avuto in eredità paterna da mio fratello Leone, è stato da lui ceduto a me mentre si stampauo queste ultime pagine.

acquistato I'antico

209.

Iscdzione sull'elsa della spada

di

Cesare Borgia.')


Cnpnolo LX.

RICOSTRUZIONE DELLA ROCCA

DI

SERMONETA.

(r500- r503)

o

grà accennato che Alessandro VI, appena impossessatosi del patri.monio dei Caetani e due mesi prima che fosse pronunziata definitiva

la

sentenza sulla loro colpabilità, aveva affidato a messer Govanni Anastasio fiorentino e a mastro Giovannello da Milano, architetti, il compito di rimettere a nuovo e di ricostruire !n buona parte la rocca di Setmoneta; sin dal tempo del suo cardinalato aveva avuto la passione delle costruzioni militari, ed ora il castello dei Caetani, bello ed imponente, ma di forma militarmente antiquata, gli olfriva I'occasione di compiere I'opus magnum. Esso doVeva diventare, dopo Castel Sant'Angelo, la piìr formidabile Lortezza del Lazio, e non solo era destinato a guardare e completamente comandare la via consolare che da Roma conduceva a Napoli, ma doveva anche essere baluardo inespugnabile del vasto dominio che il papa traiziale di p€rgat!Éla delittuosamente andava costituendo ai propri bastardi. del 1399.) La frne del medio evo segna una importante fase nell'evolu- Evoluzione zione dell'architettura militare, perchè le armi da fuoco, che per 'ot;l:lj::t*" un secolo e mezzo erano stati strumenti di guerra che facevano qualche lumore, molto fumo e poco danno, ora cominciavano ad essere formidabili ordigni, capaci di demolire in breve tempo le relativamente esili mura delle rocche medioevali. Nel corso di alcuni decenni I'architettura subì una profonda trasformazione: alle torri fu data sagoma rotonda e agli spigoli degli edifizi avanzati la forma di sperone; furono inclinate le scarpate, perfezionati gli angoli di tiro; la mertatura fu abbassata, arrotondata e costruita a casarnatta, e, più di ogni altra cosa, fu aumentato di molto lo spessore delle mura perchè resistessero al martellamento dell'artiglieria. La rocca medioevale di Sermoneta era fortissima specialmente per la vertiginosa altezza delle mura che sovrastavano ai precipitosi pendii del monte, ma le pareti, di poco piìr di un metro di spessore, dovevano considerarsi come insufficienti per resistere ai colpi di cannone e

di

bombarda.

Perciò fu deciso di trasformare radicalmente la rocca. La parte settentrionale ed occidentale, dov'erano molti vetusti edifizi che facevano corona alla grande piazza, o << corte ,', furono r) Prs. l2ó9. Domu,

l-2,

32.


250

RICOSTRUZIONE DELLA ROCCA

DI

SERMONETA

Lilr. VIII, Cap.

[X.

per dar luogo alle nuove forti6cazioni; è probabile che, sin dalle oúgini, questi edifizi non fossero costruiti con molta solidità, né forse i Caetani credettero rtecessario completamente demoliti

rimodernarli, perchè i fianchi del monte sono tanto scoscesi che v'era poco pericolo che il nemico attaccasse da quel lato. Verso la città invece le costruzioni antiche erano molto piir solide e perciò gli aíchitetti borgiani considerarono sufficiente di rinforzarle con un grosso muraglione che, quasi a guisa di camicia, ricoprisse ed abbracciasse tutta la facciata esterna delle cortine e delle torri.

-_*.. .

Corpo

di

?. ì

guardia nella Torre del Belvedere'

Questo fu il criterio generale ideato forse da Antonio Giamberti, detto da Sangallo, al quale il papa aveva affidato la maggiore parte delle opere di fortificazione che stava eseguendo in Roma e nelle molte rocche di cui si era impossessato. A questo valente artista ed architetto credo debba attribuirsi il piano generale del sistema di difese concentriche di Sermoneta che è perfettissimo, ma dubito che egli si sia addentrato oltre nel progetto. Molto aveva da fare, ed è probabile che lo studio dei particolari e I'esecuzione del lavoro fossero lasciati completamente ai suddetti mastri Giovanni Anastasio e Giovannello da Milano; ciò si vede dallo stile delle costruzioni che differisce rnolto da quello del Sangallo Precisato guesto piano generale, ai primi di marzo del 1500 fu messo mano all'opera. Si cominciò per radere al suolo I'antico centro civico del castello che abbracciava il lato settentrionale della piazza d'arme, e con esso cadde sotto il piccone demolitore la vetusta chiesa di S. Pietro in Corte e andarono barbaramente distrutti i sepolcri dei Caetani e disperse le loro ossa. Il pietrame si accatastò nella piazza, e i calcinacci e detriti si scaricarono per il dirupo del monte. Poi si cominciò ad elevare le nuove mura periferiche della rocca secondo i piani prestabiliti e, com'è naturale, il primo materiale adoperato fu il pietrame tratto dagli edifrzi medioevali demoliti. Questi, secondo Io stile del tempo, erano .stati costruiti con blocchetti di pietra accuratamente squadrati, che furono utilizzati per formare il paramento esterno delle nuove mura, le quali perciò, nella parte inferiore, hanno I'aspetto di costruzioni medioevali; ma, dietro attento esame, si scorge che Ie pietre non furono composte con quella cura ed esattezza caratteristiche delle opere del trecento.


llsool

Esecuzione dei lavori

251

Dato I'enorme spessore dei nuovi muri, in breve tempo fu esaurito I'antico materiale e fu necessario cavare pietra per proseguire I'opera. Per facilitare il lavoro, le cave furono aperte ai piedi delle nuove muraglie, tagliando a picco la scarpata del monte, e dal lato occidentale fu scavato un lungo e largo fossato, seguendo accuratamente la base delle mura; la cava fu appositamente approfondita di molto sotto il primo ponte levatoio. Altro materiale fu ottenuto spianando i massi di roccia viva che affrorava irregolarmente nell'antico piazzale e scavando Ia grandiosa cisterna centrale. Con tali criteri si ottenne il doppio vantaggio di avere il pietrame a piè d'opera ed allo stesso tempo di rendere piir elevate le cortine e Ie torri, la cui base è formata di alte pareti di roccia' viva, accuratamente sealpellata a fior di muro. Ferveva I'opera: mentre che i 30 mastri muravano, centinaia di manovali, di donne e di tagazzi, con le cofane e le ceste in testa, salivano cantando per le passarelle e sulle scale a pioli portando malta e pietra; i nnastri afferravano le cofane e le ceste e ne scaricavano il ,

in costruzione; queste erano di sì grande spessore che, piir di mura, avevano I'aspetto di dighe e'di terrazze.

contenuto sulle muraglie

Ingente era' la mole e massima Ia furia del lavoro, perchè il papa voleva che I'opera fosse finita il piir presto possibile ed impazientava; anzi tanta fu la fretta e cosl poca la sorveglianza che gli scaltri appaltatori molto spesso muravano a malta soltanto il paramento esterno e nell'interno del muro, che dovevasi costruire < a sacco >, buttavano i grossi massi di pietra e qualunque cosa capitava loro fra le mani, mescolandovi poca o niente calce, col risultato che spesso I'interno norl era altro che un' muro a secco di pietrame scaricato alla rinfusa. Tale difetto si è risconirato piir volte nel corso dei re-

t:*,

Secor'do ponte levatoio della rocca.

il crollo del grande muraglione addossato ., al maschietto >, awenuto nel 1836, dipese appunto dalla frode commessa dai .. cottimisti " di papa Alessandro VI. Ciò sta a provare che pelo, ma non hanno perduto il vizio. gii- appaltatori da allora a oggr hanno cambiato il cornpiuta I'opera. Clli edifizi nuovi e le Óorn" per contratto, nello'spazio di 15 mesi fu aggiunte fatte dai Borgia all'antica rocca dei Caetani sono chiaramente iirdicate con tratteggio nella pianù qui appresso pubblicata mentre gli antichi edifizi sono segnati in neretto. La nuova Íortezza era imponente. per la mole e perfeita nel suo piano generale. Cinque sistema di diíesa' erano Ie linee concentriche di difesa che il nemico doveva superare prima di poter penetrare nel maschio e dirsi padrone assoluto di Sermoneta. La prima cinta era formata dal castello e dalle mura della città. Perduta questa, i difensori si raccoglievano nella iarlezza a cui la .. Gttadella ,, formava un baluardo avanzatoi perduta anche quest'ultima, la difesa si riduceva alla rocca propriamente detta. Dai lati settentrionale e orientale essa era incspugnabile, perchè le cortine di enorme spessore s'inalzano ad altezze vertiginose. stauri e


252

RICOSTRUZIONE DELLA ROCCA

DI

Ub. VIll, C"p. l"X.

SERMONETA

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Pianta del castello

[rcc. XVI]

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RICoSTRUZIoNE DELLA ROccA

Errori

di

costruzioni.

DI SERMONETA

Lib. Vilr, Cup.rX.

L'ingresso era difeso dal maschio, dal maschietto e dalla torre della Calatora (saracinesca). Per penetrare nella piazza d'arme il nemico doveva abbattere due ponti levatoi protetti da profondi fossati e, per avanzare dal primo al secondo, doveva percorrere tre rampe di scalinate rinserrate come in un pozzo dalle suddette torri; sarebbe stato impossibile a qualsiasi squadra di soldati, per quanto protetti dalle armature, di trattenervisi, neppure per qualche minuto, sotto Ia grandine di pietre piombanti da 35 metri di altezza. Ma supposto pure che il nemico fosse penetrato nella piazza d'arme ed avebse occupato le varie case che le fanno corona, non poteva però dirsi in possesso del castello, perchè il vero cuore della difesa era formato dal gruppo di torui che circondano il maschio e dal grande cammino di ronda che congiunge questo alla torre del Belvedere. Alzati i due piccoli ponti levatoi interni, illustrati a pag. 246 e 256, la rocca propriamente detta rimaneva completamente isolata dagli altri edifizi da profondissimi cortiletti. E cosi pure, perduto il cammino di ronda, potevansi isolare il maschio e maschietto alzando un terzo ponticello levatoio interno. i Non voglio insistere oltre nella descrizione della rocca su cui, deo fa:oente,' intendo pubblicare .un giorno un'estesa monografiu, che dovrà anche illustrare la vita castellana in tutti i suoi particolari ora comici, ora prófondamente drammatici, Aggiungerò soltanto che la rocca, perfetta nel suo insieme, non è priva di difetti che forse furono rilevati il giorno stesso che Alessandro Vl, perito nell'arte, col suo seguito di dignitari e prelati visitò la nuova lorlezza tutta abbagiiante per il manto di fresco intonaco bianco. I due architetti, a cui fu affidato lo studio dei dettagli e I'esecuzione materiale dell'opera, forse érano Merlafura con sportelli di guardia. poco piir che capomastri. Non erano evoluti né educati alle idee moderne e, semplicisti della vecchia scuola, di costruire una fortezza adatta alle nuove esigenze militari, quando ebbero ricevuto I'incarico imposte dalle perfezionate artiglierie di grosso calibro, non fecero altro che duplicare o guadruplicare lo spessore dei muri e della merlatura, senza però distaccarsi in alcun modo dal tipo

delle opere difensive delle rocche medioevali. Si attennero alle antiche forme di torri quadre, alle merlature rettangolari con anguste feritoie e non pensarono ad obliquare le cortine né ad arrotondare i baluardi per attutire I'urto dei proiettili; non si curarono di inclinare le feritoie per coprire gli angoli morti, ma invece le costruirono strette ed orizzontali col risultato che, nei merli di due metri di spessore, le feritoie hanno quasi la forma di canocchiali a traverso i quali a mala pena si scorge un piccolo tratto del distante orizzonte. E, quello che è peggio, si dimenticarono di provvedere le torri di appostamenti per i cannoni, quasichè si dovesse ancora combattere con I'arco, con le balestre

e

con

i

a

mano sulle teste degli assalitori, eroicamente arrampicantisi su scale a pioli. merlatura, secondo Io stile antico, fu proweduta di ganci di ferro o pietre forate per

sassi gettati

La gli

a bilico usati per proteggere I'apertura tra un merlo e I'altro. A tutti guesti inconvenienti dovettero prowedere i Caetani dopo che rientrarono in possesso della rocca. Nella prima metà del secolo XVI essi fecero svasare I'apertura fra i merli per potervi piazzarc I'artiglieria e dall'un all'altro gettarono volticelle ribassate che proteggessero gli artiglieri dal tiro nemico; in tal modo, dal lato della città, la merlatura borgiana fu trasformata

fissarvi

sportelloni


[aec.

Particolari costruttivi

XVI princ.l

255

\ \'

t-:

Y/

-f Merlatura rimodellala sulla-torre della Polveriera

una serie di casamatte simili a quelle di Castel Sant'Angelo e sopra ad esse fu eretto un secondo ordine' di difese. Questa parte del castello, a causa delle suddette volte, fu chiamata la * Lammia ,. ") Ad opera compiuta, la rocca di Sermoneta diventò un'imponente e formidabile fortezza; cararrerc inespugnabile e minacciosa dominava tetramente la grande piana malarica e deserta delle Paludi dell'opcra' Pontine; non fu mai destinata ad abitazione della duchessa Lucrezia, di Cesare Borgia o dei loro discendenti a cui, nella mente del papa, spettava dimorare nei sontuosi palazzi di Roma o nelle amene ville, ove tenere coÌte sfarzosa in contatto della vita mondana. Al massimo poteva servire di rifugio in momenti di pericolo. Per questi motivi non si pensò di costruire entro il castello un bel palazzo con eleganti loggiati, né si ebbe cura di ornare gli edifizi con sculture che il papa ordinò dre m"nifestassero la magnificenza del Rinascimento. È e pitture ".ro "he gli stemmi dal tempo e borgiani, che certasi eseguissero dei graffiti, ma questi sono stati distrutti mente non avranno mancato, furono, perchè odiosi, scancellati o smurati appena i Caetani rimisero piede in Sermoneta. Forse I'ornamentazione degli edifrzi doveva farsi in un secondo tempo, e quel poco che ancora si vede fu eseguito dai Caetani nei primi anni del secolo XVI. Dal giorno che morì Alessandro VI ad oggi la rocca non ha subìto trasformazioni o aggiunte di sorta, ad accezione del rifacimento della merlatura, di cui si è detto sopra. Soltanto la così detta .. Casa del Cardinale , fu sopraelevata nel secolo XVII per disporvi I'armeria, ed in questo ed in quello seguente alcune torri furono ricoperte con tetti per alloggiarvi la guarb) nigione; ma queste brutte soprastrutture furono da me demolite nel corso dei restauri.

in

o) Lammia

o

lamia, voce greca: volta

o

copertura

camere, sale, grotte elc. b) Lo etato della rocca, prima che fossero iniziati

delle

i lavori

di reslauro, è stato da me minutamente registrato c illustrato con numerosi disegni in un volume ora depooitato ncl nostro archivio (Misc', C'7Sl).


Caprrolo LXI.

CALATA DI CARLO VIII. (t49t -t528)

ppENA spirato

il protonotario Onorato II Gaetani, re Ferdinando

prese tutte le precauzioni necessarie per salvaguardare lo stato e gli interessi del nipote ed erede, piccolo Onorato. Si è

il

già parlato a lungo l) del rninuzioso inventario che, per ordine sovrano, fu redatto dell'intero patrimonio della Casa. Ferdinando, amandolo como figliolo, credette suo dovere il proteggere il discendente del suo piùr fido amico e consigliere, ma aveva anche buone ragioni nel curare gli interessi della propria nipote Sancia d'Aragona, figlia naturale del duca di Calabria, Alfonso, sin dal 1487 fidanzata all' infante conte di Carlo Vlll. Museo Nazionale, Firenze.

Fondi.

Perciò il I luglio l49l mandava alla madrigna Caterina Re Ferdinando a tutela degli Pignatelli, tutrice degli eredi, particolareggiate istruzioni sul modo eredi Caetani, col quale dovevano essere governati la casa e Io stato; 2) esse cominciavano con Ie parole: Instructioni ad Vui III.'" Catherína Pìgnatella, muglíere del quondam IIl.^" Honorato Gagtano d'Aragona conte de Fundi, de quanto particularmente haoete da esequíre cbca Ia gubernatíone et administratione partícularmente della tutela delli III.^í neputí et heredî dí decto quondam conte. Le istruzioni prowedevano ad ogni piìr minuto particolare dell'amministrazione. A governatore del maderno conte di Fondi fu nominato Gian Battista Brancaccio. Furono designati tutti gli officiali e le persone di servizio con Ie paghe rispettive e furono persino date le disposizioni relative agli umilissimi schiavi restati oecchi et ínabíIí, i quali si dovevano lassare ín Fundi in poterc de lo erarío ed a cui si dovevano dare le spese necessaríe et oestire per r non andareno mendícando et se nde haoerà quello serùí!ío se nne porrà. Appresso ordinarìte, diceva il re, li ofrtialt et regímento della casa della III.^" madalta Cíancía de Aragona, moderna contessa de FundÍ et de Tragecto, secundo appresso se adùene. Un tanto dovevano ricevere di prowisione i singoli membri della famiglia; tante erano I'argeni"ri" Ie vesti di ognuno.

"

r) Cao Llll. Donus,

l-2.

?3.

t) C-2381. li Atc.

Gact, Arcs., cod,. 1308, cc. 195-225.


CALATA DI CARLO VIII

Lib. VIU, Cap. LXl.

L'amministrazione del patrimonio dei minorenni diventò quindi una gestione di ordine quasi statale; tra le carte del nostro archivio riguardanti questa gestione vi sono le numerose Insbuctìonì et ordenalioni se donano per nuí contessa de Fundi, balia, tutríce et gubernatrice ai castellani, mastri massari ed altri officiali. Durante gli anni seguenti il re in persona osservava con occhio vigile I'amministrazione come se fosse cosa sua propria, e forse cominciava un poco a considerare come tale I'ingente patrimonio di questi fanciulli; il loro genitore, Pietro-Bernardino, imprigionato sin dal 1487 in Castelnuovo, verso il principio del 1493 fu fatto silenziosamente emigrare a miglior vita al pari degli altri baroni

ribelli; ma del breve e truce dramma che si svolse nei muti sotterranei non si seppe mai nulla.

E

così arriviamo all'epoca borgiana.

*

,F* Matrim. di Sancia

d'Ar.

con G. Borgia.

Ilnperava Alessandro VI dal trono pontifrcio e Carlo VIII, re di Francia, si preparava a calare in ltalia, sotto scusa di muovere contro il turco, ma in realtà con lo scopo di impossessarsi del regno di Napoli. Prevedendo il pericolo, il sagace e ben informato re Ferdinando si adoperò a separare il nuovo papa dalla Francia e a tal fine aveva mandato a Roma il figlio secondogenito Federico, principe di Altamura. Questi si mise all'opera per promuovere anzitutto la concordia traAlessandro VI e gli Orsini, l) e finalmente nel luglio 1493 riusiì non solo in ciò, ma anche nel prendere accordi per gli sponsali tra Gofhedo, figlio del papa, e Sancia d'Aragona: parentela che doveva saldare I'amicizia tra le due famiglie e la cooperazione dei due stati vicini, nonchè intralciare le mire di Carlo VIII. Vtra un solo piccolo inconveniente e cioè che, da poco tempo, Sancia ed Onorato Gaetani si erano sposati ed il matrimonio era già stato consumalo. Ma non valeva la pena di preoccuparsi di particolari'coóì poco importanti ! Trattative per creare legami di sangue tra gli aragonesi e la famiglia del papa erano già state awiate sin dal principio dell'anno e, in un primo tempo, fu progettato di dare in moglie Lucrezia, frgliola naturale di Ferdinando e di una certa Ravignana, a Goffredo Borgia. La giovane alcuni anni prima (l4BZ) era stata promessa a Federico, duca d'Urbino, ma poi il re la promise anche al ribelle principe di Altamura, Pirro del Balzo, scusandosì di cib col dire che I'aveva fatto solo per prooare se It baronì andaoano a buon gíoco o no (1486); nulla essendo stato però concluso, nei primi mesi del 1493 ói pensò di dare la giovane in moglie a Goffredo. II re si dichiarò disposto a concedere allo sposo il principato di'Squillace, che impor2) tava una rendita di 6000 ducati, ma il papa sperava meglio e si raffreddò. Finalmente nel luglio del 1493, Federico d'Aragona, mentre stava occupandosi in Roma delle già menzionate trattative di pace, in base ad istruzioni ricevute dal re, si accordò con Alessandro VI perchè, invece di Lucrezia, fosse data in moglie a Golfredo la bella Sancia, che in quel tempo si godeva la luna di miele col conte di Fondi. Il 3 agosto furono stipulati i nuovi capitoli matrimoniali, a cui il re aveva dato per lettera il suo preventivo assenso, e immediatamente si mandarono nunzi tanto a Onorato e alla contessa madre, Caterina Pignatelli, in Fondi, quanto alla contessa Sancia (la quale per modestia si era ritirata a Roccamonfrna presso la regina), per ottenere con la gratia di Dio tucte due Ie suipture de Ie renuntie.sr Non s'incontrarono difficoltà e perciò, non saprei dire in vero in base a quale argomento, il pontefice si afirettò a sciogliere il matrimonio tra Sancia e Onorato. r1

qf.

pag. 217.

2) Volp, R. F., p'

263,

3) Tttnchcn,

Il' p.

l9E'


[1482

Divorzi e matrimoni

-r4e6l

259

Fatto ciò il principe Federico assumendo la veste di frdanzata, ricevette il 16 agosto al dito I'anello nuziale, atto che sembrò tanto comico che i testimoni si misero a ridere e altrettanto fece il papa quando diede il rituale abbraccio alla maschia sposa. l) Non so fino a che punto tali sovrane disposizioni piacessero a Sancia, che era una fanciulla di quindici anni appena, di straordinaria bellezza, piena di grazia e di fascino, ma di natura orgogliosa; nè so guanto fossero di gradimento ad Onorato a cui, a titolo di consolazione, il re promise di dare in moglie la propria figlia naturale Lucrezia e di conferirgli inoltre un titolo ducale. Comunque, tutto fu aggiustato e, il 24 novembre 1493, col consenso del ponteÉce, furono firmati in Castelnuovo i capitoli matrimoniali, per cui il re prometteva di dare entro quindici giorni la figliola Lucrezia in moglie ad Onorato con dote di 12 000 ducati e quest' ultimo prometteva di costituire alla moglie un dodarío o t)ero dona!íone propler nuptías di 6000 ducati. 2) Il 28 del mese Ferdinando conferiva al futuro genero il titolo di duca di Traetto 3) e, secondo le promesse fatte, I'otto di decembre fo dicta Ia messa dello SpÍríto Sancto dello matrimonío eontracto ha lo sígnore Honorcto ... et madamma Lucrezía Raoignana rtgliola naturale dello sereníssirno rc Fenando. a) Mentre gli sposi si godevano la luna di miele, il 25 gennaio 1494 moriva in Castelnuovo il Serenissimo Re, detto il Bastardo, dopo aver regnato con straordinario senno ed abilità per 3ó anni, durante i quali si creò la non immeritata ed imperitura fama di essere il'sovrano più sleale, crudele e rapace de' suoi tempi. II suo successore fu Alfonso II, inferiore per senno, ma di animo anche più malvagio del padre. La cerimonia della incoronazione fu frssata per I'otto maggio. Il nuovo re si trovava imbarazzato nel rispondere alle domande e suppliche per favori ed onori che in tale occasione gli venivano fatte dal pontefice e dai baroni; perciò chiese al cognato Onorato Gaetani di rinunziare alla carica di logoteta e protonotario del Regno, che era stata promessa a Goffredo Borgia, assicurandogli sotto giuramento di volergli conferire il primo dei sette uffici principali che sarebbe rimasto vacante, e ad un tempo gli permise di continuare nel godimento della prowisione di un'oncia al giorno, che aveva sino allora ricevuto per I'ufficio del protonotariato. La rinunzia fu redatta in forma di decreto in data 5 maggio 1494 5) e fu riconfermata il 26 otto-

bre

1496.

Alla cerimonia della incoronazione intervennero tutti gli ambasciatori, compreso quello ancho dello gran Turcho, e tutti i baroni, tra cui fu presente lo stesso Goffredo Borgia che in quell'occasione doveva togliere Sancia per isposa. Così s'incontrarono

i

due mariti, quello divor-

ziato e quello futuro. Onorato Gaetani, duca di Traetto, e Alfonso Piccolomini, duca di Amalfi, tenevano le briglie del freno quando il nuovo re uscl in solenne processione' per le strade di Napoli, cavalcando sotto il pallio, con la corona in capo e Io scettro ed il globo nelle mani. Tre giorni dopo ebbe luogo il matrimonio di Goffredo e Sancia. Durante tutte queste festività non cessò mai di piovere. ó) Di Iì a poco Carlo VIll, re di Francia, calava in ltalia con un grande esercito per conquistare il Reame; dopo essersi trattenuto per un poco in Roma, ne partiva il'28 gennaio 1495 alla volta di Napoli. 7)

r) Arc, Fireue,

t\ Arc.

CoI..

cí2. Grcs.,

XXXV-42; Arc.

Yll, p. 712. Arcg,, ad.

Gaet.

2) 1308,

Arc. Gaet. Arcg,' d. 130E, c. 8ó. s) No,or G., p, l8l. c' 92.

7)

3) Iol, c.90, Cf. pas. 220,221.

')

Nolor G., p. l7B.

Matrim. di Lucrezia d'Ar.

con On. Gaet,

Rinunzia

alla carica

di

protonotario.


CALATA DI CARLO VIII Disfatta

degli aragonesi.

Lib. VIII, Cap. lJI.

Prima che questi si movesse, re Alfonso II, preso di spavento' e ben rendendosi conto dell'intenso odio che verso di lui nutrivano tutti i vassalli, addicò (2 gen.) a favore del figlio Ferdinando II. Questi, appena salito sul trono, cercò d'impedire I'avanzata del nernico ma ogni sforzo fu vano, perchè le truppe napoletane si ribellavano, si sbandavano e fuggivano all'appressarsi dei francesi, sicchè Carlo VIII potè proseguire tranquillamente il viaggio con un tempo magnifrco che sembrava una primavera e, senza quasi colpo ferire, giunse a Napoli. Vistosi perduto, il nuovo re raccolse intorno a sè nel piazzale di Castelnuovo i baroni che gli avevano testè prestato lfuio omaggio e li sciolse dal giuramento di fedeltà; poi, salito con la famiglia su alcune galee, salpò per Ischia abbandonando il Regno all'invasore. Dopo tanti anni di duro e crudele governo degli aragonesi, i baroni napoletani sperarono che la venuta di Carlo VIII avrebbe segnato una nuova era di felicità e di pace. Anche il giovane Onorato Gaetani, duca di Traetto e conte di Fondi, quantunque imparentato coi reali aragonesi, diede lieta accoglienza ai francesi; a ciò sarà stato forse anche indotto dal ricordo del proprio padre Pietro-Bernardino che, tenuto per molti anni prigioniero nell'oscuro carcere di Castelnuovo, eravi perito per volontà, forse, piìr di Alfonso II che del vecchio Ferdinando. Il nuovo re, appena salito sul trono, per pro- 4" piziarsi I'animo dei baroni, fece liberare i prigionieri politici che da anni marcivano nelle se'

,{€

Ferdinando II torna a Napoli.

grete; ma quando queste anime sparute uscirono alla luce del sole, tra essi non si ritrovò il padre di Onorato Carlo VIII non regnò piìr di tre mesi nel Card. Oliviero Carafa (f l5ll). napoletano. Il papa, Venezia, Ludovico il Moro, Cattedrale di NaPoli. I'imperatore Massimiliano e Ferdinando il Cattolico si collegarono (31 mar.) per schiacciarlo. Il francese, vedendo addensarsi la tempesta alle spalle, si affrettò a far ritorno in Francia col mangrosso dell'esercito, lasciando il Montpensier con 5000 cavalli ed un corpo di fanteria a

Ie conquiste fatte. Il 7 luglio 1495 Ferdinando II faceva ritorno in Napoli e, con le truppe pontificie capiGonsalvo tanate da Prospero e da Fabrizio Colonna e con I'aiuto del .. Gran Capitano " baroni e vasFernandez, si adop"rò ad annientare o ad espellere dal Regno il Montpensier. I padre salli tornarono volentieri alla sua obbedienza, perchè Ferdinando era assai dissimile dal e dall'avo e anche perchè in pochi mesi i francesi erano riusciti a rendersi odiosi a tutte le poa danno di polazioni per la loro congenita tracotanza nonchè per le violenze e i soprusi commessi del " mal tutti, specialmente delle donne napoletane. AIle loro truppe si deve anche lo spargersi agli eminentissimi cardinali. franzese u che in breve tempo appestò tutta I'ltalia, dai rozzi contadini

tenere

Onorato non volle tornare con gli altri baroni all'obbedienza di Ferdinando II; anzi militò per i francesi in Calabria, ragione per cui il re lo privò senz'altro di tutti i feudi e li concesse u prorp"ro Colonna. Poche ,ono l" notizie che si hanno circa le azioni e la condotta dei negli archivi Gaetani durante la calata di Carlo VIII, nè ho creduto eseguire minuziose ricerche a questo studio. napoletani perchè la storia dei duchi di Traetto esce dai limiti prefrssi


[gcn. 1495-mag.

Perdita di Fondi e Traetto

14971

261

Faccio però una supposizione che appare assai verisimile e cioè: Prospero Colonna, uno dei pitr fidati, abili ed influenti capitani di re Ferdinando II, con il tacito consenso di questo, di sopruso occupò lo stato di Fondi e Onorato, non riuscendo ad ottenere giustizia dal re, si buttò completamente dalla parte dei francesi. Sappiamo per certo che, nel corso dei combattimenti, Onorato cadde nelle mani di Gonsalvo e, il 3l maggio 1496, f.u condotto prigioniero a Napoli con due galee de franci de pau unitamente al conte di Loria, al conte di Nicastro e ad alcuni signori francesi. Alle navi andarono incontro il principe di Altamura assieme ad altri dignitari e, appena approdati, i prigionieri furono consegnati al vicecastellano di Castelnuovo. Una grande r) ,noltitudin" di gente si era adunata sul molo per assistere allo sbarco. Con tutto ciò il re volle perdonare ad Onorato, il quale fu subito rimesso in libertà; anzi, pur non restituendogli i feudi che non poteva nè voleva togliere a Prospero Colonna, lo riprese 2) in gruriu ed il 14 di giugno lo nominò luogotenente nelle terre dell'abazia di San Germano. Nella motivazione del decreto è detto che erano momenti in cui, per il bene dello stato, era necessd rio non solo mantenere nella loro fede i fedeli, ma anche riìlune sul retto sentíero eil alla stessa fedeltà alcuni i qualí ímprudentemente se ne etano allontanati. Il titolo di proprietà dei Gaetani su Fondi e Traetto non rimontava ad infeudazioni concesse dagli aragonesi e neanche dagli angioini, .ma era una acquisizione di diritto che si perde nella oscurità del XII secolo; perciò, malgrado le ripetute infeudazioni e giuramenti di iigio o*uggio, era alquanto discutibile se le terre potevano semplicemente esser dichiarate devolute alla corona per ribellione: si trattava piuttosto di una vera confisca di proprietà private. In considerazione di ciò e del modo col quale Prospero Colonna era entrato in possesso delle castella nonchè per riguardo anche alla zia Lucrezia, il sovrano permise che Onorato continuasse a fregiarsi dei titoli di duca di Traetto e conte di Fondi. Tale ibrida situazione si mantenne per

più

anni.

7 ottobre 1497 moriva Ferdinando II e a succedergli fu chiamato lo zio Federico, fratello di Alfonso II. Quando il nuovo sovrano sbarcò al molo principale di Napoli, gli vennero incontro tutti i dignitari e molti baroni del Regno, tra cui furono notati i principi di. Bisignano, di Salerno e di Meifr, nonchè Prospero Colonna ed Onorato Gaetani. Questi certamente sperò che forse il 3) nuovo sovrano, quul. ,uo cognato avrebbe trovato modo di restituirgli almeno parte dei feudi. Di fatti Federico gli diede subito prova di simpatia ed it 26 del mese gli confermò il privilegio concessogli da Alfonso II col quale, in seguito alla rinuncia all'ufficio di protonotario, a) gli aveva promesso uno dei sette uffici del Regno con la provvisione di un'oncia al giorno. Ma evidentemente ciò diede poca soddisfazione ad Onorato, il quale vedeva Prospero godersi gli antichissimi e redditizi feudi di Casa gaetana, mentre a lui non rimaneva che un vano titolo ed il godimento di una pensione e forse qualcuna delle terre di minore importanza. Non sappiamo con esatlezza quanto sia accaduto, ma sembra probabile che Onorato alla lunga si ribellasse e cercasse di togliere a Prospero con qualche colpo di mano Fondi e Traetto, ragione per cui fu dichiarato decaduto dai feudi. Di ciò non abbiamo prova diretta, ma è certo che il 20 maggio 1497 rc Federico concedeva a Prospero, formalmente in feudo, Traetto con il titolo ducale, Fondi col titolo di conte, nonchè Ambrifi, Acguaviva, Itri, Sperlonga, Monticelli, Campodimele, Mola, Pastena, Castelforte, Sujo, Castelnuovo, Le Fratte, Spigno-Saturnia, Castellonorato ed anche la piccola Maranola che, per disposizione testamentaria, era stata lasciata in godimento da Onorato ll alla giovanissima moglie Caterina Pignatelli.

Il

')

Notar G.,

p.203,

\ Atc, Gaet. Atog.,

coà. 1308, c.

96,

8) Notar G,,

p.

210.

a)

Atc. Goct' Arug., colJ' 1308, c. 98'

Disobbedienza

di

Onorato

Gaetani.

Confrrca

di

Fondi.


CALATA DI CARLO VIII

262

Teutata riconquista

di

Fondi.

Ub. Vlll, Cap. LXl.

L'elenco dato qui sopra non abbraccia tutti i feudi che il giovane Onorato aveva ereditato dal vecchio conte ornonimo, e perciò è probabile che in un primo tempo Piedimonte e le altre terre gli fossero restituite dopo che fu ripreso in grazia. D fatti troviamo che il 18 febbraio 1498, quale signore di Ceccano, dava in feudo alcune tenute ai fratelli De Frigellis di Traetto. l) È *"h" d"goo di nota che nel regio privilegio del 20 maggio sono ricordati tutti i grandi meriti di Prospero per i quali, si dice, gli vengono concessi i feudi; ed è ricordato che egli aveva tenuto e tuttora teneva il possesso di essi, e che la infeudazione gli era stata promessa t)ítta úoce da re Ferdinando II senza che fosse stato redatto però un regolare diploma; ma non è accennato il fatto, eome di pragmatica, che detti feudi erano stati devoluti alla corona per ribellione dell'antico feudatario. Sulla disobbedienza di Onorato Gaetani si tace come se non si volesse imputargli colpe specifiche, il che mi conferma nella convinzione che le terre erano state concesse al Colonna per la sola ragione che sarebbe stato difficile negargliele: si poteva quindi sostenere che I'infeudazione alla famiglia Colonna non fu mai perfetta, ma per cosi dire temporanea, e di questo argomento si valsero più volte i discendenti di Onorato nei tentativi che fecero poi per ottenere la restituzione dell'avito dominio. ll privilegio che arricchiva i Colonna a danno dei Gaetani fu redatto in Castelnuovo, in presenza del luogotenente di Goffredo Borgia, logoteta e protonotario del Regno. 2) Onorato, rimasto col vano titolo e con poche castella, non volle contentarsi di tale stato di cose e perciò nel marzo del 1498 cercò di scacciare i Colonna da Fondi. A tal fine ingaggiò uomini d'arme in Caeta ed in altre parti di Terra di Lavoro e Ii raccolse in Ponteeorvo, donde voleva muoversi contro Fondi ; senza dubbio alcuno era già d'intesa con molti degli antichi e fedeli vassalli. Di tale mossa il re fu awisato da alcune persone di Gaeta ed immediatamente (8 mar.) scrisse all'f//usfn'ssimo Duca cognato nostro carissìmo z Quanto díspíacere et ansía. ne habiamo lassamo giudicar a ùoi, ch' una tal cosa come questa, che ne seguíria ínconoeniente grande, cercate de tentu senza saputa et conscíentîa nostra. Pq questo tle dicímo che incontínente receputa la presente debbiate montar a caoallo et oenfu da noí et non manchate per quanto haoete cata Ia gratía nosba. î In uguali termini scriveva alla sorella Lucrezia a) ed allo stesso tempo ordinava a tutti i regi ufrciali di procedere contro i ribelli. Malgrado tutto ciò le cose continuarono per qualche anno alla meglio e senza apparenti conflitti. C'informa NotarGacomo t) che il 19 maggio 1499, quando fu battezzato in Castelnuovo il neonato di re Federico, I'infante fu tenuto a battesimo da Prospero Colonna e da altri baroni, tra cui era pure Io signore duca de Tragecto, nomíne Honoruto Gagetano.

*

** Calata

di Luigi Xll

in

ltalia.

La disfatta toccata a Carlo VIII non distolse i[ successore Luigi XII dall'idea di conquistare il regno di Napoli, ma prima di muoversi volle assicurarsi le spalle ; perciò I'undici novembre 1500 strinse in Granata una alleanza segreta con Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia per spartirsi il Regno. Mentre il re di Francia calava in ltalia, gli spagnoli, guidati dal " Gran Capitano ' Gonsalvo Fernandez, sotto pretesto di prepararsi per la guerra santa, radunarono un forte esercito t) Arc. Col., LVIII-lE, A.

') Arc, Gact. Atog,, qd,1308, c. 102.

3) /ol,

c. ll5.

4)

/oi

fasc,

3,

n.28.

5)

p. 226,


[feb. 1498-lug. rSOl]

Riconquista di Fondi

in Sicilia

facendo gran mostra d'esser amici e sostenitori di Federico. Sottb tale ipocrita veste e adducends il pretesto di venire in suo aiuto, I'esercito spagnolo penetrò nel napoletano metten-

dosi al fianco ed alle spalle del re; e sol quando i francesi, capitanati dal D'Aubigny, si awicinarono ai confini del Regno, I'infame tradimento diventò palese. Federico si vide perduto ; pur cercò di fronteggiare il duplice nemico appoggiandosi principalmente ai Colonnesi. Fabrizio fu incaricato della difesa di Capua, Prospero di quella di Napoli, mentre che il re si rafforzava in Aversa. Onorato Gaetani, è inutile dirlo, s'era subito messo d'accordo con i francesi che avevano promesso di restituirgli lo stato. II fratello Giacomo-Maria senz'altro passò apertamente alla parte nemiea, mentre Onorato, che era al corrente del patto di Granata, si tenne tranquillo in Capua in attesa del momento propizio per agire. ") Quando il D'Aubigny, verso i primi di luglio l50l stava per penetrare nel Regno, il duca inviò segretamente a Fondi un suo balestriere, per nome Cola Muzo, col mandato di incitare Ia popolazione a ribellarsi contro il giovane Pompeo Colonna (che poi fu cardinale dei SS. Apostoli), il quale reggeva la città per Prospero. II messo si abboccò fuori Ie mura con uno dei giudici goternatori, ma questi non gli volle dar retta, ed anzi con disprezzo gli rispose: " Me meruoíglio de oui che questa cífà se uolesse rendere ad un baleshierc ! , Pompeo, saputo di queste mene, si recò subito a Napoli per conferire con Prospero. Allora il duca Onorato si decise ad impossessarsi della città con un colpo di mano e, da Traetto, s'accordò col cugino Ludovico (detto Loíse) Caetani di Maenza. Questi, unitamente alla propria madre Cubella, zia paterna di Onorato, l) e ad un certo Giacomo, detto Scccomanno, bastardo di casa Gaetani, riunì alcuni fuorusciti e, armatili di tutto punto, li condusse in un giardino fuori le mura di Fondi, detto il tanuardo. La confusione causata dall'awicinarsi dei francesi e I'assenza di Pompeo permisero loro di agire apertamente: invitarono i giudici governatori ad approfittare del momento per riaprire le porte ai loro antichi signori, ricordando alla popolazione i tanti benefizi che per due secoli aveva ricevuto dalla Casa. I giudici convocarono i cittadini a consiglio; cercarono di prevalere i partigiani dei Colonnesi arringando il popolo a rimanere fedele a questi; ma alcuni aderenti ai Gaetani misero un fermo alle inutili disquisizioni alferrando uno degli oratori per i capelli e trattandolo in malo modo, mentre altri giovani ardimentosi correvano a rompere la Portella, donde penetrarono Ludovico e la sua gente. Un prete entrò nella chiesa di S. Francesco, e ne tolse una bandiera di casa Gaetani, che pendeva dal sepolcro del vecchio conte di Fondi, ed il manipolo armato percorse Ie strade della città sventolando questo stendardo al grido di u Caitana, Caitanal ,, e ,, Franzo, Franza ! , La popolazione, che in massima parte era rimasta fedele ai suoi antichi signori, si sollevò cacciando i partigiani dei Colonna. Subito furono inviate staffette al duca di Traetto per invitarlo a riprendere possesso dello stato e questi, dopo circa dieci liorni, venne a Fondi. Il popolo gli andò incontro in processione, festosamente inneggiando al suo ritorno e sventolando i vessilli di casa Gaetani e di Francia. Da Iì a poco giunsero le truppe francesi, accompagnate, pare, dallo stesso Cesare Borgia, ed una compagnia, sotto gli ordini del bastardo di Savoia, alloggiò in Fondi. Ivi Onorato, che I fatti che seguono

sono stati desunti da un grosso fadepoaizioni testimoniali fattc nell'anno 153é nella causa intcntata da Lucrezia di Montalto al cognato Ferdi-

a)

scicolo originale

di

a) Cî. paz.77.

di Onorato Gaetani. Queste carte ri trovano nel vol. Ill dei MSS. di Costantino Gaetani (p. 44?.536), conservati nella

nando

Bibl. Alessandrina.

Onorato s'imposrcssa

di

Fondi,


CALATA DI CARLO VIII

Diafatta

di

Federico

Lib. VIII, Cap. LXI

tradizionale aveva ripreso possesso dall'avito palazzo, estese ai liberatori la munifica ospitalità, si correvano dellu ,ua famiglia; furono fatte grandi feste, lauti banchetti e quasi ogni giorno Gaetani sventola. giostre e torneì. Su Fondi, su Piedimonte e sulle altre antiche castella dei vano i gigli di Francia. Po"o dopo I'esercito si mosse contro re Federico, e Onorato con la sua gente si diresse ll. verso Capuu, to" Fabrizio Colonna stava in difesa. Non vedendo scampo' la popolazione offerse di capitoiare (24 lug. l50l) ma, mentre si stava parlamentando, i francesi, approfittando di un la misero a sacco facenmomento d'incuria àei napoleluni, penetrarono di sorpresa nella città e

done orribile scempio ; e Ie donne pottate expette per ogní loco et multe donne pef non íncapareno se geclaÚano in fiume dooe mag se recordò tale tradímento et tale saccho. t)

Onorato ebbe

il

la

soddisfazione di veder prigioniero

suo nemico personale Fabrizio Colonna; poi accompagnò

I'esercito francese che, senza colpo ferire, penetrò in Napoli. ") Il re fuggì per via di mare e, passando davanti al Circeo, si fermò per fare scempio di San Felice' Reintegrazione Ricuperato il Regno, Luigi XII ricompensò i baroni dei Gaetani. che gli avevano prestato aiuto, ed il 3 aprile 1502 da Blois conle tmaùa, inrsestioa e rcíntegrata Onorato in tutti i feudi già posseduti e che per brevità ometto di

enumerare Fu dato ordine al duca di Nemours e agli uffrciali del Regno di rimettere onorato e il fratello Giacomo-Maria in possesso delle castella, e al privilegio il 2) re appose la propria firma ed il proprio sigillo' Il patto di Granata era stato redatto, forse ad arte, in tal modo che non poteva tardare a nascere discordia Porta della Chiesa di S. Pietro in Fondi. tra i francesi e gli spagnoli; infatti non appena re Federico fu cacciato, incominciarono i due eserciti a venire alle mani. Non cercherò di ricapitolare qui Ie vicende di questa guerra; dirò scltanto che Onorato e Giacomo si tennero sempre dalla parte dei francesi combattendo il Crande Capitano a cui, dopo la fuga del re Federico, si erano uniti i Colonnesi. Onorato prese parte alla battaglia di Cerignola (28 apr. 1503) e con I'esercito francese in rotta si ritirò a Fondi. degli spagnoli dovette abbandonare Io stato, dopo averlo retto per appena due All'uppr"rrarsi -" b) Il duca Onorato si ritirò in Gaeta Prospero Colonna si affrettò a riprenderne possesso. unni, con la moglie ed i figlioli e vi si fortificò in attesa che venissero i soccorsi dalla Francia. Gonsalvo dovette Quondo finalmente, dopo *o1to ritardo, giunse il màrchese di Mantova, levare I'assedio da Gaeta e ritirarsi a San Germano e dietro al Garigliano. Allora Onorato e suo fratello, aiutati dal bastardo Giacomo Saccomanno, di bel nuovo presero possesso del loro ù Hei

(4 ag. l50l) ... scrrlsí tle Ia llberatÎone del síg' Fa' ... chc è ttàlo líbeîato ín cambío ilel pfincípe dí

brícío Coluna

Bísìgnano .,. Anchora non se ínlenile che ftonzosí síano ínbatí in Napolí, dîcesí che hefi spínrsa íI tetmíne de Iì seí zoml Io

de

Federíco di leoar cíò che Ií píaceoa Ischía et consígnar Napoft el Ie forteze

fuoe

atsegnalo

aI rc

castello

et andt

in

qual

t)

Notu

G.,p,241.

2)

Arc,

Gaet.

în man de Ftanzosí (Arc. St. Mantotsa, E. XXV.3). b) I Colonua dovetteto salvaguardare il possesso dei feudi non solo dai Gaetani di Fondi ma anche da quelli di Sermoneta, perchè questi, anche dopo ultimata la guerra angioina (1464), continuarono ad atfetmare i toro diritti sulle castella nel napoletano (Cf. c-25oo).

Arcg.,Îa*.4, n' 5, opia s' XVII'


Vicende dei Gaetani

[15o1. !5361

265

stato, riconquistando altresì gli antichi loro feudi di Ceicano, Fofi, San Lorenzo, Vallecorsa, Sonnino e Falvaterra. Poi, riunitisi all'esercito principale, andarono ad affrontare il nemico sul Garigliano. La sorte fu loro awersa e, il 27 dicembre 1503, Gonsalvo sconfisse I'esercito francese. Perdita Onorato e suo fratello si ritirarono nel loro castello di Monticelli (Monte San Biagio), ma vedendo ff:::l lo stato perduto ed il nemico appressarsi, di notte tempo partirono con quattro cavalli e si rifugiarono a Maenza presso il cugino e confederato Ludovico Caetani, di cui si è detto sopra.' Da lì, verso il I gennaio 1504, scrissero a Guglielmo Caetani pregandolo di dar loro ospitalità in Sermoneta; poi si rifugiarono in Francia. La duchessa di Traetto, Lucrezia d'Aragona, con i figlioli rimase in Monticelli e fu fatta prig'oniera; madre e figli furono rinchiusi per alcuni giorni nel suddetto castello, poi vennero relegati nella campagnd presso Terracina. ") Per due anni i fratelli ramingarono esuli in Francia, in Ispagna ed in altre parti del mondo, ovunque seguiti nell'infelice vita randagia dal fedele Ruggero Fuzzella di Traetto, loro mag-

b)

giordomo.

A

'

dei danni sofferti, per esser sempre rimasto fedele alla causa di Francia, concesse a Onorato la capitaneria del castello di Valenza nel ducato di Milano

compenso

Luigi XII (16 giu. 1505).

Nel

1506

i Gaetani, a tenore della pace conclusa tra Luigi XII e Ferdinando il Catto-

lico, furono perdonati e poterono ritornare in patria, e il re di Spagna, per placare gli animi, a norma della capitolazione del 2l decembre 1506, reintegrò Onorato nello stato di Piedimonte, promettendo che, sempre quando le contee di Fondi ed il ducato di Traetto, nonchè ltri, Castellonorato, Sperlonga e le altre terre che già appartennero ai Gaetani, fossero ricadute in potere del fisco, sarebbero state restituite a lui o ai suoi discendenti senza prescrizione di tempo. Lo stesso giorno gli concesse il principato di Altamura unitarnente alle castella di Montepeloso, r) Minervino, Mottole e Grottole. Così pure il 7 maggio 1507 reintegrò il fratello Giacorno-Maria nel possesso della contea di Morcone e delle terre di San Marco de' Cavoti, San Giorgio, 2) Caivano, Pietramaggiore, Coffrano, San Andrea, San Severo e Calitri. La contea di Fondi rimase ai Colonna. A partire da questo momento i Gaetani si mantennero fedeli ai sovrani spagnoli e prestarono il proprio braccio in loro difesa, ricevendo in cambio molte grazie e onori. Nell'impresa di FriscíIone Ferdinando, Églio di Onorato, fu capitano di 200 cavalli leggieri e suo padre si portò in Romagna con 50 lance, prendendo parte alla battaglia di Ravenna (apr. l5l2), in cui gli imperiali subirono una gravissima disfatta. Nel I 5lB ri recò in Ispagna con speciali incarichi ed in tale occasione abbiamo un breve di Leone X, il quale lo chiarna nostto secundum caînem afrní., Al secondogenito Luigi, il 3l agosto 1521,la repubblica veneziana diede una a) condotta di 60 cavalli leggieri. Francesi si riaccese nel 1528 ; quando I'esercito, capitanato dal maresciallo di Lautrec, penetrò nel napoletano, Giacomo-Maria prese subito la parte dei francesi, per il quale motivo venne dichiarato ribelle e più tardi relegato in un castello, non riacquistando Ia libertà che nel 1536 a condizione di non uscire dal Regno; anche Federico, 6giio di

Ma la gueÌra contro

i

fedeltà, Onorato gli concme in perpetuo di tingere e lavorare 150 panni all'anno nelle oficine di Piedimonte (Arc. Gaet.

d

Per i particolari sulla rotta del Gariglianc veii Arc. St. Manlooa, E. XXX;3, lett. di G. Caet.,3 e I' gen. 1504. b) Il tZ dec. 1507 in compenso de' servizi resi con costante a)

') Atc.

Gact.

Aras., coa' 1308r cc.

ll7, l2l'

Arc. St. Vcnezîa, Seralo sercti, reg. 49, c. 24b. Domus, l

-2, ?4'

173' lJs.

Atag., fasc. 32, n. 6).

\

Ioì,

c.

144.

a)

Arc. Va,.., Arn, 40, vol. 3. Brcv. 1516, nn.357'358.


CALATA DI CARLC VIII

Lib. Vlll, Cap. LXI.

Onorato, nella speranza di riacquistare i feudi aviti, fu uno dei primi a passare al nemico non appena i francesi si awicinarono a Napoli; ragione per cui fu diseredato dal padre e poi decapitato nel 1528 per ordine del maresciallo di Lautrec ; ma Onorato volle sempre rimanere fedele al prestato giuramento e si adoperò alla difesa di Napoli (mag. l52S). Poco dopo la caduta della capitale, nel mese di agosto passava a miglior vita. I suoi discendenti non abbandonarono la speranza né desistettero dal pretendere di rientrare in possesso degli antichi titoli e feudi, forti delie promesse fatte loro da Ferdinando il Cattolico. Il 28 decembre l57l Luigi Gaetani, pronipote di Onorato lll, presentò un memoriale a Filippo II, re di Spagna, rievocando le vicende degli antenati e, ricordando tutte le promesse e i privilegi avuti, supplicava che il titolo di duca di Traetto, di cui ancora si valeva, venisse trasferito sulla terra di Piedimonte. Nel 1586 Luigi Gaetani, nipote del ptedetto, rinnovò la domanda ed un ultimo tentativo fu fatto verso il 1640 quando alcuni notai furono incaricati di redigere copie autentiche di tutti i documenti relativi alla casa Gaetani, contenuti nei registri

della corte.

*** Con questi brevi cenni sui conti di Fondi chiudo la prima parte della Domus, nella quale ho seguito Ie vicende della famiglia Caetani durante il medio evo. Mi misi all'opera diciassette anni or sono e solo una tenace costanza mi ha permesso di condnrla a termine, seppure imperfettamente, perchè i portentosi awenimenti che hanno sconvolto il mondo e i doveri di cittadino, ai quali non potevo sottrarmi, quasi per cospirazione continua, mi hanno costretto a sospendere il lavoro a piùr riprese e per lunghi periodi. Avrei potuto ancora estendere le ricerche negli archivi, ove sempre si scopre del nuovo senza mai giungere ad un termine; avrei dovuto completare e perfezionare la parte già composta: ma, ammaestrato dal passato, prudentemente lieenzio alle stampe il manoscritto afrnchè i suoi fogli non s'ingialliscano e fors'anche vadano dispersi. E nella speranza che mi siano concessi il tempo e la quiete per portare a termine la seconda parte di questo lavoro, mi congedo dai lettori dicendo

Romae,

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hal. Feb. MCMxxw.

:


AB.BREViAZIO]NI ',

BIBLIOGRAFTA E

TNDIC[.


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I

ABBREVIAZIONI E SEGNI CONVENZIONALI. (Vedi pure Fonti e Opere cílale)

n. !

I

T. m. P' Pag.

vol. fasc.

f.

: nato : morto : testa o testamento ' : sPosa o matrimonio : pagina : pagina della Domus : volume : fascicolo : foglio .

c. : carta' colonna 'ep. : epistola

: ant. : post. : princ. : prob. Cf. : cit. : I : ?? : ! : Reg.

registro

antefiore al posteriore al principio del probabile confronta

citato da, citando incerto

dubbio sic.

Parole del testo o traduzioni letterali ín corcíoo. I ] Parentesi quadre: lacuna nel testo. ( ; Pur"ntesi tonde : aggiunta esplicativa al testo. N. 176422 : Archivio Caetani: numerazione progressiva dei documenti cartacei. C - 1213 .l

:

Archivio Caetani: nuovo ordinamento cronologico

dei documenti cartacei. Prg. 3747 : Archivio Caetani: numerazione progressiva delle Pergamene.

Per le pergamene, già pubblicate nel Chartarum, viene indicato semplicemente

il

I e Il

volume dei Regesfa numero della pagina.


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P... Anagni

attraverso

i

secoli; Veroli,


ROCCHE, CASTELLA E FEUDI DI CASA CAETANI.

A

u apuzz a, piccolo fortilizio pressol'omonimo passo tra Sermoneta e Sezze (1379-sec. Xvlll). Cf. Domus. Acquaviva, piccolo castello nei monti Ausoni, confinante con territori di Fondi e di Vallecq

i

corsa; probabilmente ereditato dai Dell'Aquila nel sec. XIII. Nel t49t era già disabitato e nel 1496 fu perduto assieme a Fondi. Acuto, pr€sso l'odierna Fiuggi, probabilmente posseduto dalla famiglia sin dal sec. XIII. I Caetani Palatini ne furono signori nel sec. XtV: da esìi prob. passò ai Da Ceccano, CÍ. Domus. Ailano, Roccarainola, Santo Padre e Pulcherini, nella provincia " Vallis Berventane ; feudi " tolti da Carlo III ai Fuscaldo per donarli ai C.

(l.xlt. t3ot) e da essi rivenduti ai Fuscaldo

nel

1407.

Alabro (Torre de),

presso Ferentino. Vedi

Morolo. Aldobrandesco (Contado),

nella Tuscia,

comprendente Soana, Pian Castagnaio

e altre

castella di cui non si ha I'elenco completo. Feudo degli Aldobrandeschi, posseduto dai C.

in

al matrimonio di Margherita A. con III C. (tzoo - t300); poi trasferitb da Bonifacio VIII (roz - ú$) a Benedetto C. e seguito

Rofiredo

a questo

nuovamente concesso dal comune di Orvieto (tltl - Bzz) i dopo di che cessò il dominio dei C. su queste terre. Cf. Domus.

A li f e ,

presso Piedimonte d'Alife, Crispano, Dragoni, SantAngelo, Raviscanina, Pietraroia, Mugnano, Francolise e Puglianello, feudi da Ferdinando I confiscati a Marino Marzano e donati

a Onorato II G. (ro.ll. t460), il quale però ne mantenne il possesso solo per pochi anni

al t464?). Altamura (Principato di), (sino 1506

a

Onorato

della perdita

di

lil

concesso nel

G. d'Aragona in compenso

Fondi.

a) Questo elenco di .186 possedimenti, compilato

guasi

eclusivamente in base ai documenti dell'Arc. Caetani, è tutt'altro che completo, specialmentc per quanto riguarda il Contado Domus,

l-2,

35.

Altricoste

(presso

")

Orbetello)). Vedi Anse-

donia.

Alvignano, castello presso Caiazzo, che Onorato II G. acquistò da Francesco d'Aquino (20.w . t446). Ambrif i, castello disabitato che Ferdinando I confiscò a Fabrizio Spinelli e donò a Onorato II G. (r .vr . r4eo). Amorosi, presso Cerreto Sannita, che Gistoforo C. legò per testamento (31 .vllt.la3s) al figlio Alfonso. Anagni, culla dei C. e da essi posseduta in signoria dal tlsg al t+oo. Cî. Domus, Ansedonia, con il porto di Feniglia e Port' Ercole, Monte Argentario, le isole del Giglio e 'di Giannutri, Orbetello, Marsigliano, Altricoste, Capalbio, Montauto, Monteti e Serpena, conferito in feudo dal mon. di S. Anastasio cd Aquam Saloíam a Benedetto C. (tz. tIl . t 30i), il quale prob. ne perse però il possesso dopo pochi mesi, in seguito alla morte di Bonifacio

VI[.

CÍ.

Domus.

Argentario. Vedi Monte Argentario. Arnara, presso Frosinone, tenuto in complesso condominio dai C. Palatini, da quelli di Filettino e dai Da Ceccano dal tl+o alla fine delsec. XV. Astura, acquistato verso l30l dai Frangipani e rivenduto ad essi nel llo4. Posseduto nuovamente nel B$-1385..Cf Domus. Atina, appartenente alla contea di Caserta, do-

il

nato da Carlo

e venduto nel

Bagnolir

II a Roffredo Il C. (zo .tt.t295) t305.

pr€sso Cerreto Sannita, concesso in

feudo a Cristoforo C. (t.vt. t42t) con la contea di Sant'Agata de' Goti. B ar an e I I o, San Massimo e Longano, tra Campobas-so e Isernia, entrarono in casa C. per la dote

di

Isabella de Pizzutis (rcoo c.) ed alla fine del sec. XVpassarono al ramo dei G. signori di Riardo. Aldobrandesco,

i

feudi dei Gaetani d'Aragona e quelli degli altri in poi.

rami, dal medio evo


DOMUS CAIETANA

274

Baselice,

Montemarico e Sardiolo, nella provincia di Benevento, prob. donati da Carlo II, furono

venduti da Rofiredo III C. verso llanno t327. Bassano. Vedi Busso. Bassiaoo, tra Sermoneta q Sezze, aqguistatg dagli Anibaldi nel tzsz e venduto verso la metà del secolo XIX. Cf. Domus. Bolsena, ove al principio del sec. XIV i C. possedevano alcune proprietà.

Cl.

Domus.

Busso ld.tto anche Bassano, Bassiano, Lobusso, Basso), presso Campobasso, San Massimo e Roc. camandolfi furono donati da Carlo III a Giaco' mo II C, (to. vttt . t3oa) ed alla fine del qec. XV pasoarsno al ramo dei G. signori di Riardo. Caivanor pr€sso Napoli, venduto da Alfonso V (metà sec. xv) ad Onorato ll G. e probabil" mente confiscato per ribellione al nipote Giacomo verso I'anno 1502. Caleno, presso Carinola, ove i C. possedevano proprietà nel l474lqlb. Calvi, piccolo castello ora detto Calvi Riso:ta, presso Teeno, acquistato nel tzgt e venduto nel Bo4. Cl. Domus,

Campagnano, presso Bracciano. Vedi Ma' rino. Campello, castello disabitato nella contea di Fondi, posseduto alla fine del sec. XV. Campodimele, presso Fondi, prob. ereditato

dai Dell'Aquila (tzol) e

posseduto sino alla

frne del sec. XV.

Capalbior d

ptesso Orbetello.

Vedi Anse-

oni a.

Capo di Bove. Vedi Cíoítas Caíetana.

Capriati al Volturno,

acquistato da Fran-

G. d'Aragona nel tsol. Carpineto Romano, nei monti Lepini, eeduts in feudo (lr.vflt.t299) dal capitolo di 5. Giov. in Laterano a Pietro C. Verso la metà del sec. XII passò, per úa di donne, ai Da Ceccano, Cl, Domus. cesco

Carpino,

castello nella Campagna e Marittima,

acquistato da Pieho

C. (to.ll.Ba3) e

man-

tenutosi nel possesso della famiglia sino alla seconda metà

del sec. XIV.

Carpino (Lo),

(o.tt.t+ll)

castello diruto nella Campania che Onorato G. acquistò da

Nicola o de Arcis ".

II

Casa Selvatica e Santa Croce, territori disabitati (castelli diruti ?) in Capitanata, confiseati ai Monforte e donati da Ferdinando I a Onorato II G. (rs . !x. l46t). Caserta (contea di), data in feudo da Carlo II (zo.tt. tzgs) a Pietro C. e perduta nel tlos.

Cf.

nel t6l8 rientrò in possesso dei C. in seguito al matrimonio di Francesco con Anna Acquaviva; venduta (ze.vrtl. t750) da Micheiangelo C. a Carlo III riceven{o in cambio il principato di Teano. Castelf orte, presso Traetto, ereditato dai DellAquila (tzgs) e perduto unitamente a Fondi alla fine del sec. XV. Castellonorato, presso Formia, costruito nelle proprie terre da Onorato I C. verso il 1390 e eonfrseato a favore dei Colonna nel Domus. Eretta in principato,

1496. Cf. Domus. Castelluccio di Vallemaggiore, presso Bovino, dato in feudo a Benedetto C. (princ. sec. XIV) e venduto da Rofhedo verso ill.tlz. Cartelluzzo (Castel Liri?) e Isoletta del Liri, presso Sora, sui quali Onorato III di Sermoneta nel t46o accampava diritti forse per ragioni dotali. Cf. Domus. C a s t e I m o I a, presso Formia, di eui i discendenti di Giovanni C. (1tzoz), detti G. di Castelmola, ebbero la castellania e che tuttora posregfono. C a s t e I p iz z u t

o,

presso Isernia, prob. eoncesso

in feudo da Ciovanna II (omaggio di fedeltà 26.1x.u26) a Cristoforo C., che lo legò al figlio Giacomo, sig. di Riardo ff ttoz ..). Castelvecchio (le Castella), castello diruto presso Cisterna, acquistato nol sec. XV come tenuta e lungamente posseduto dalla famiglia C. Castro, feudo nello stato ecclesiastico, acquistato da Pietro C. e confermato da Bon. VIII

(ro . Ir. rrot). Ceccano, feudo dei Da Ceecano, nel quale i C. nel see. XIV acquistarono diritti per via di dohne; i G. d'Aragona entrarono in pieno possesso della terra (sec. XV), che però perdettero verso l'anno 1496. Cl. Domus. Ceppaloni, presso Benevento, su cui Cate'

rina Orsini, moglie di Onorato III C. aveva diritti per donazione fattale dalla madre. Nel 146l Onorato si fece assegnare il castello dal pretendente Giovanni d'Angiò, ma probabilmente non ne ebbe mai il possesso effettivo.

Cf.

Domus. pr€sso Venafro, comprato

Ciorlano, cesco

G. d'Aragona nel

da Fran-

to5l.

Cisterna,

una delle principali proprietà della famiglia dal secolo XV ad oggi. Cf. Domus.

Circeo. Vedi San Felice. Civitas Caietana, piccola borgata sulla via Appia, adiacente alla rocca di Capo di Bove (Cecilia Metella), posseduta durante i prir,ni anni del sec. XIV. Cf. Domus.


Rocche, castella

e feudi di Casa Caetani

Cof f iano, feudo disabitato del Molise che faceva parte del patrinronio di Onorato II G. nel 149t. Collefegato, presso Cittaducale, posseduto sino al tlze. Collemedio, castello della Campagna, acquistato da Pietro C. p6l 1299; prób. passò ai C. Palatini (metà sec. XIV). Conca, castello diruto e tenuta dei quali i C. godettero per breve tempo nel sec. XV e XX.

Crispano, presso Casoria. Vedi Alife. Cusano, in Terra di Lavoro, nel l4el apparteneva a Onorato II G., il quale lo cedette ai C. Palatini in cambio di Pofi. Dragoni, prèsso Piedimonte. d'Alife, Vedi

Alif e.

275

terra da Ferdinando perduta unitamente

I

(25.v ,t4lz). Fu prob.

a Fondi.

Gaetanella,

piccolo fortilizio e tenuta presso I'odierna stazione di Anagni; forse antichissimo possesso dei C. che passò al ramo di FiIettino.

Gari gliano (torre di Docibile al traghetto (scafa) e a

12 canne

sul), unitamente della ripa sini-

stra del fiume, ereditata dai Dell'Aquila, rimase sempre stazione importantissima del confiRe me-

ridionale dello stato dei C. e fu perduta unitamente a Fondi nel llgo. Cfl Domus. Garigliano (tore di Pandolfo, sulla foce del), più volte posseduta per conquista. Cf. Domus. Gavignano, castello pressó Segni, entrò in pos-

di dote e d'acquisto verso la frne del sec. XIII: dopo contrasti fu sesso della famiglia per via

Due enta, castello donato unitamenté alla contea di Caserta da Carlo II a Roffredo II C. (zo.tl.1295) e venduto dopo pochi anni; posseduto nuovamente nel sec. XV. Vedi San-

il

perduto verso

Geranor

1307.

pr€sso Subiaco,. f"cevu parte della ere-

dità da Pietro C. nel t:lz.

t'Agata de' Goti. Ercole. Vedi Port'Ercole. F a I v a t e r r a, preeso Ceprano, acquietato da Pie' tro II C. (taoz ".), rimase in possesso della famiglia sino alla fine del sec. XV quando

Giannutri (l sola di), presso Orbetello. Vedi Ansedonia. Giglio t(lsola del), presso Orbetello. Vedi

prob. fu perduto unitamente a Fondi. Cf. Domus.

sul quale i G. d'Aragona godettero di certi redditi sin dal 1443 e che nel sec. XVI diventò Ioro feudo.

Feniglia (Forto di),

presso Orbetello.

Vedi

Ans edonia,

Filettinor

le sorgenti dell'Aniene nei rnonti Simbruini, concesso da Bonifacio VIII a Pietro C. (0.x. t297), il quale vi acquistò pr€sso

anche molte proprietà private. al ramo detto u di Filettino "

Il castello passò (Cf. Domu) e

nel 156o fu venduto alla Camera Apostolica da Marzia Colonna, vedova di Antonio C. Fogliano, famosocentro di pesca, facente parte del tenitorio di Ninfa. CÍ. Domus.

Follaceca (?), acquistato da

Francesco G.

d'Aragona nel ló51. dai duchi di Gaeta passò ai Dell'Aquila al principio del sec. XII e quindi per eredità di Giovanna a Roffredo III C. (tzss). Fu feudo principale dei G. detti " d'Aragona * sino al

Fondi,

t496 quando essi ne furono spogliati da Rospero

Colonna.

CÍ.

Domus.

Fontana, presso Ceprano, feudo concesso da Carlo II a Roffredo ll C. (zo.tt.tzg5) e venduto verso I'anno

1306.

Francolise (Torre di

Fracolise), concessa in

feudo da Ferdinando I ad Onorato G.

(to. u . t+oo)

e prob. tenula solo per pochi anni. Fratte (L"), sul Garigliano. Onorato G. ne aveva il governo nel l+oo; in reguito comprò la

Ans ed oni a.

Gioia Sannitica,

presso Piedimonte d'Alife,

Giove,

castello nella vallata del Tevere, acquistato da Pietro C. nel 130t, il cui contrastato possesso fu perduto verso il 1330. Cf. Domus. Giuliano di Roma, presso Ceccano; al principio del sec. XIV entrò in possesso dei C. per via di matrimoni con i Da Ceccano e fu ee-

duto (tl.V.1420) ai Colonna per

la dote di

C. Cf. Domus. Giuliano in Campania, in località . al Palmentello ,, acquistato da Onorato II G. (o.ut. Sveva

l47o)

Gorga,

e

del sec. XV. ai tempi di Bo-

posseduto sino alla fine

presso Segni, acquistato

nifacio VIll, passò ai C. Palatini che ne godevano ancora il possesso verso la metà del sec. XV.

Grottole,

presso Matera.

loso. Introbuono,

castello venduto da Cristoforo C.

a Giacomo Cantagallo nel

Isola del

t+oz.

Lirir

Onorato III

Cl.

Vedi Montepe-

presso Sora, sul quale castello C. nel 1460-1464 accampava diritti.

Domus.

Isoletta sul Liri. Vedi Castelluzzo.

Itri,

una delle principali fortezze della contea di Fondi, di cui seguì sempre le sorti. Cl. Domus.


DOMUS CAItrTANA

276

Jenne,

pr€sso Subiaco, donato verso

il

l2gg

dai conti di Trevi al card. Francesco C., dal quale passò ai C. di Filettino che lo possedevano ancora nel Bl7. Laurenzana, presso Potenza, col titolo ducale fu concesso a Francesco G. d'Aragona verso il principio del sec. XVII ed è tuttora posseduto dai G. L e n o I a , fece sempre parte della contea di Fondi e nq/seguì Ie sorti sin dal sec. XIII.

Limatola. Vedi Sant'Agata de' Goti. presso Isernia. Vedi Baranello. Loratino. Vedi Roccaradobona. Macchia, Monteroduni e Montaquila, presso Longano

(zs.vtt,t+lz) da Rogasia d'Eboli al figlio Giacomo IV C., i

Isernia, furono lasciati per test.

cui discendenti ne mantennero il possesso sino al principio del sec. xVI. Cf. Domus. Maenzar pl'€sEo Piperno, antico feudo dei Da Ceccano: per test. di Margherita contessa di Vico (tz.vl. t3E4), passò ai De Cabannis e da questi a Francesco C. di Maenza (princ. sec. XV).

I

di Francesco nel t606 vendettero il al card. Aldobrandini. Cf. Domus.

pronipoti

castello

Maranolar pr€sso Gaeta, seguì quasi sempre le sorti di Fondi. Cf. Domus. Marino, presso Roma, feudo dei Tusculani, ai Frangipani, agli Orsini e poi, assieme ad altre terre, per testamento di Giordano (tlol) a Onorato I C., i cui nipoti nel 1423 Io vendettero ai Colonna. CÍ. Domus.

passò

Marsigliano

(presso Orbetello?).

Vedi An-

sedonia.

Melizzano. Vedi Sant'Agata dei Goti. Milizie (Torre delle) in Roma, posseduta durante la prima parte del sec. XIV. CÎ. Domus, appartenne ai Gaetani di Ca-

Mola di Bari,

Mola di Gaeta. Vedi Castelmola. Montalto, presso Civitavecchia, antico feudo degli Orsini: per test. di Giordano (trsl) fu legato ad Onorato I C. e da questo ceduto a Giacomo Orsini (tn . vl. l3B5). Montaquila presso Isernia. Vedi Macchia. Montauto (presso Orbetello)). Vedi Anse' oni a.

Monte Argentario, presso Orbetello. V'edi Ansedonia. Montebuono, presso Sorano, fece parte del Contado Aldobrandesco (Vedi ivi).

Montellanico, presso Segni. Vedi .Patrica. Montelongo, castello presso Montellanico, prob. acquistato da Pietro

Baselice. Montepeloso, Mottole, Grottole ed il principato di Altamura, concessi nel t so6 dal re di Spagna a Onorato III G. in compenso della perdita di Fondi. Feudi confermati nel I 5l 7. Monfu venduto da Luigi G. verso il tooo.

tepeloso

Monteroduni, presso Isernia. Vedi Macchia. Monteti (presso Orbetello)). Vedi Ansedonia.

Monticelli

C. (tzso-tlol), il

cui

(ora Monte San Biagio), fece parte di Fondi, di cui seguì le sorti.

della contea CÍ. Domus.

Morcone

(contea di), unitamente a Piedimonte, fu donata da Sveva Sanseverino al figlio Cristoforo C. (l+oz-tlts); diventò titolo del primo-

genito dei G. d'Aragona e fu perduta con Fondi nel t496. Cf. Domus. Morolo, presso Ferentino: antico castello dei Conti che assieme alla Tore d'Alabro pervenne ai C. per test. di Giovanna C. Palatina, vedova di Rinaldo da Supino (zo.x .lrn).

Mottole. Vedi Montepeloso. Vedi Alif e. N e p i , lasciato per test. da Giordano Orsini a Onorato C. (1383) a garanzia di debiti, e da

Mugnano,

pr€sso Avellino.

questo assegnato a Giacomo Orsini

C|

(t+.VI

. 1385).

Domus.

Ninf a, acquistato nel 1297 e posseduto sino ad oggi dalla famiglia. CÍ. Domus. Norma, acquistato dal card. Benedetto C. nel

dei C. di Maenza nel quali nel lote lo vendettero al card.

1292, diventò feudo

sec. XV,

i

Scipione Borghese. Cl. Domus.

Oratino

stelmola (sec. XV).

d

nipote Bonifacio Palatino Io lasciò alla chiesa di Anagni (1326), con tutto ciò i Palatini ne mantennero il possesso sin verso Ia fine del sss. XlV. Montemari co, in provincia di Benevento. Vedi

(Loratino). Vedi Roccaradobona.

Orazzano ed Orcula, in Terra di Lavoro, concessi in feudo a Cristoforo C. (t .VI.la2l) uni-

di Sant'Agata. Orbetello. Vedi Ansedonia. O rcula, in Terra di Lavoro. Vedi Orazzano. Orsara. Vedi Sant'Angelo dell'Orsara. Pastena, presso Pico, fece parte della contea di Fondi di cui seguì le sorti. Patrica, presso Ceccano: i diritti su questo tamente alla contea

a quelli su Montellanico, Prossedi, Roccagorga, Villa Santo Stefano, ArnarE, Ripi, San I. orenzo, Carpineto, Gorga e Giuliano di Roma furono lasciati per testa' castello, unitamente

mento (zt .xl .1431) da Berardo da Ceccano a Bonifacio e Pietro-Paolo C. Palatini.


Rocche, castella

Piancastagnaio,

e feudi di Casa Caetani

fece parte del contado aldo-

(Vedi .ivi). ll zz.vl.t3t4 veniva dato in feudo da Benedetto C. a Bonconte brandesco

Monaldeschi.

donato (o.tx.ure)

da Sveva Sanseverino-al flglio Cristoforo C. e tuttora posseduto dai G. d'Aragona. Cf. Domus.

Pietramaggiore

(Prete Mayoris), feudo forse

a Gistoforo C. per eredità della madre Sveva Sanseverino (tlzt) e perduto pervenuto

prob. unitamente a Fondi nel

Pietraroia,

presso Piedimonte

Alif e.

d'Alife. Vedi

San Felice, castello sul Circeo, acquistato nel t30l e venduto nel lztl. CÎ. Domus, San Giorgio la Molara, in prov. di Benevento, acquistato da Cristoforo C. nel 1426 e posseduto dai G. d'Aragona sino al princ. del sec. XVI. presso Piperno, antico feudo dei Da Ceccano che, al princ.

castello presso Amelia, acquistato da Pietro C. nel l30l e alienato o perduto assieme a Giove (tlao ".). presso Orbetello.

Vedi Anse-

donia. Presenzano,

concesso in feudo assieme a Caserta da Carlo II a Roffredo II C. (zo .tt.tzg5)

e venduto dal frglio Pietro nel l3ol. Prossedi, presso Ceccano. Vedi Patrica. Pruno, castello prob. situato nella Ciociaria: nel lllz faceva parte dell'asse patrimoniale di Pietro C. e nel t39B veniva dato in feudo da Giovanni C. Palatino a 'Nicola da Ceccano. Puglianello, presso Caiazzo. Vedi AIife. Pulcherini, presso Minturnd, nella o Vallis

". Vedi Ailano.

Raviscanina,

presso Piedimonte

Maenza

e poi ai G.

ai C. di d'Aragona, che prob.

d'Alife. Vedi

Alif e. Riardor

pr€sso Teano, appartenne a Cristoforo C., il quale legò il castello all'ultimogenito

Alfonso (t+lo), ma poi ne prese possesso il secondogenito Giacomo (tlol), i cui discendenti costituirono il ramo dei signori di Riardo. Ripi, presso Frosinone. Vedi Patrica. Roccagorga, presso Piperno, antico feudo dei

Da Ceccano, dai quali passò ai C. Palatini (t+lt) e, unitamente a Maenza (Vedi ivi), ai C. di Maenza, i quali Io vendettero verso 1626.

Roccamandolfi, nell'altipiano del

Matese.

Vedi Busso.

Roccaradobona e Loratino (Oratino)), nel napoletano, venduti

il t+.1x. t406 da Cristo-

foro C. a Giovanni

di Cantagallo.

passò

lo perdettero nel 1496. Cf. Domus. San Marco de'Cavoti, in prov. di

Bene-

vento, acquistato nel 1400-t414 da Cristoforo C., i cui discendenti lo possedettero sino al sec. XVI.

San Massimo, presso

duto verso Ia metà del sec. XIV.

Porchiano,

l'anno

al tgn. Cl, Domus.

del sec. XV, per via di donne

presso Ceccano, forse comprato da Bonifacio VIII al tempo del suo cardinalato; fu perduto prob. assieme a Fondi nel 1496. Ponte AIbaneto, casale nella Capitanata, posseduto da Benedetto C. (tltz; e prob. veu-

Port'Ercole

delle

Paludi Pontine, acquistato nel l2g7 e posseduto

San Lorenzo (odierno Amaseno),

t4so.

Pofi,

Berventane

Roccarainola. Vedi Ailano. San Donato, castello diruto e territorio sino

Piedimonte d'Alife,

277

Campobasso. Vedi

Busso.

Santa Croce, in

Capitanata. Vedi Casa Selvatica Sant'Agata de' Goti, presso Caserta, e Ducenta, feudi di casa D'Artus, donati da Carlo alla moglie Giovannella C. (l+oo) unitamente forse a Limatola, Melizzano, Tocco e Valle. Giovannella legò al fratello Cristoforo C. queste terre che, confiscate da Ladislao, furono

da Giovanna II date in feudo a Cristoforo unitamente a Orazzano ed Orcula, ma poi la

i C. della Maria Surresca, santuario Santa tenuta presso il Circeo, posseduti assieme regina ne privò

San Felice (Vedi

ivi). Cf.

e a

Domus.

Santa Maria dell'Oliveto, acquistato da Francesco G. d'Aragona nel t651.

Sant'Angelo, presso Piedimonte Alife. Vedi Alif e. Sant'Angelo dell'Orsara, monastero diruto e tenuta nel napoletano, posseduti dal card. Benedetto C. (Bon. VIII) e prob. perduti dai nipoti poco dopo la di lui

Sant'Arcangelo,

castello in Terra

morte.

di Lavoro,

posseduto da Gistoforo C. e nel l43B legato per test. al figlio Giacomo.

Santo Padre,

presso Sora.

Sardiolo, in

provincia

di

Vedi Ailano. Benevento. Vedi

Baselice. Scauri, torre e mola.presso Formia: fece parte dell'eredità di Giovanna dell'Aquila (rzee) e fu posseduto sino al 1496. Cf. Domus, Selvamolle (Selva dei Muli), castello e tenuta presso Frosinone, acquistati (rzet-+) da


DOMUS CAIETANA

278

card. Benedetto C. (Bon" VIII) sin oltre il llre. CÍ. Domus,

e

posseduti

S e r m o n e t a, principale feudo della famiglia, acquistato nel tzgl e tuttora posseduto. Cf. Domus. Serpena (presso Orbetello?). Vedi Anse-

donia. S gurgol a,

castello presso Anagni, acquistato da Pietro C. nel 1299, posseduto dal ramo di Filettino sino alla seconda metà del sec. XVI. Cf. Domus.

Soana. Vedi Aldobrandesco (Contado). Solopaca, presso Ceneto Sannita.Vedi Telese. Sonninor pr€sso Piperno, acquistato dà Onoe posseduto dai G. d'Ararato I C. (rrl ".) al sino t+go. gona Sonnula, (prov. di Benevento)); castello venduto da Roffredo III C. verso I'anno 1327 a Carlo d'Artus. Sperlonga, piccolo castello sulla riva del mare presso Fondi, di cui seguì Ie sorti. Cf. Domus. Spi gno Saturnia, .presso Formia, acquistato da Giacomo II C. nel $$ e posseduto dai

G. d'Aragona sino al 1496. Suio, sul Garigliano, fece parte della contea di Traetto, di cui seguì le sorti. Surtesca. Vedi Santa Maria della S. Telese, pre$so Solopaca, in prov' di Benevento. Cristoforo C. per test. (lt .VIII. la3s) istituì I'ultimogenito Alfonso erede nella città di Telese e nei castelli di Amorosi, Solopaca e Riardo. Tivera (Tiberia, Castel Tiberio), antichissima bdrgata, presso Cisterna, diruta nel sec. XIV, e tenuta: acquistata al princ. del sec. XV, è tuttora posseduta da Giovannella C. Ct. Domus.

Tocco. Vedi Sant'Agata de' Goti. o r r e C a j e t a n i, castello presso Fiuggi, acquistato nel 1295"1296, passò ai C. di Filettino di

T

cui diventò feudo principale e nel cui Possesso rimase finchè il ramo si estinsé alla fine del sec. XIX. Cf. Domus.

Torrechia,

tÒrte e ténuta presso Cisterna, possedute nella seconda metà del sec. XV.

Traetto (odierna

Minturno), antica contea dei

Dell'Aquila, ereditata da Ciovanna

(

I

2ol) ; eretta

ducato (esl,il feudo fu perduto nel 1496, ma i G. d'Aragona ne mante[nero il titolo

in

durante il xvt secolo. Cf. Domus. Trentola, baronia presso Caserta, era posse-

duta

da Gistoforo C. nel

dal figlio Onorato

II

1438

e fu

venduta

alla moglie Caterina Pi-

gnatelli. presso Subiaeo, concesso

Trevi,

in feudo asVallepietra e Filettino a Pietro C. (tx lzsz); fu posseduto dai C. Palatini e di Filettino sin verso il sec. XVI. Cf. Domus. Trivento, contea presso Campobasso, che nel l4óo spettava a Onorato II G. Trivigliano, presso Fiuggi, acquistato da Roffredo II C. nel t295; appartenne ai C. della Ciociaria (prob. ai Palatini) fino a che Fabrizio Colonna li spossessò nel t491. Vairano, presso Caianello, dato in feudo da Carlo II a Rofiredo Il C. nel tzsl e venduto dal figlio Pietro nel marzo t305. Vallecorsa, castello presso Fondi, forse acquistato al tempo di Bon. VIII, passò ai G. d'Aragona che prob. lo persero nel t+go unitamente sieme

a

a Fondi.

Valle di Maddalonir pr€sso Caserta. Vedi Sant'Agata de'Goti. Vallemarina, presso Monticelli, fece prob. parte della contea

nata che

ma non è menzio-

in un privilegio del t5.x.t400.

Valleoscura, di

di Fondi,

Cristoforo

presso Sora, appare come feudo

C. nel tlzo.

Vallepietra,

presso Subiaco.

Vedi Trevi.

Zancati, presso Anagni, antico feudo degli Anibaldi posseduto da Maria Conti, moglie di Bonifacio C. Palatino, per pochi anni nella seconda metà

del sec. XV.

Zenneto, torre e

tenimento presso Tor Tre Ponti nelle Paludi Pontine: furono causa di interminabili conhoyersie nei sec. XV e XVI.

Cf.

Domus.

t


7fr1 ú, ulù

I

\

!,:

\

rr/ V,t

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI AUTOGRAFI ED ISCRIZIONI, $utografo di Docibile II di Giovanni I pat1. imp. ' Igcriz. sulla torre del Garigliano

" di Pandolfo di Capua ' di Giovanni I, in Caeta, Autografo di Gelasiq II Bqlla dí Gelasio II . Autografo di Galgano Gaetani " '

Segno

del card. Nap. Orsini del .not. N. di Siracusa di tabellionato di N. da Vico

l, ,

,

dei da Carrara

"

))>

l0

Alessandro Farnese

>))

t3

>))

28

3l

>)

)>

t)

>.

>)> >)) >>

II, "

Iniziale del trsg

)t 144 163 221 227

>)>

pog. >)

))t

23 44 45

>>

121

>)>

t5l

il,o >> ))>

))

))

di Qaete

.

.

l,

pog.

Crescenzi

209

Dell'Aquila

>t>

Comune

di Acuto

98

t45 24t

.

Da Ceccano (l), in catt. di Anagni

VII

.

>)> ))> DD

275 279 279 291

" 293 301 ' 324 " II, ,r4 ,, 14 , 19 "54 "89 " 135 " 144 " 16l " 213 ))

))

Pino del Balzo . Orsini-Del Balzo Colonna Insegna di Perugia

t9 36

Card. Pietro Stefaneschi Card. Anibaldo da Ceccano

)>

>

.

Card. Ludovico Scarampo Anguillard. Università di Sezze. Card. Pietro Bardo (Paolo II) Borgia .

>

>)

SIGILLI.

234

Sigerio Gaetani di Pisa

202 206

Card. Ben. Caetani (Bon.

207 208

ù

))

>))

Stemma iapale in ltri . Margherita di Durazzo.

266

))

Comune

Clemente

221

.

STEMMI VARI.

28

249

l,

di F. Gallo

96

STEMMI CAETANI. Sulla tomba del card. L. Patrasso. Della famiglia Bocchetta di Pisa. In una casa di Sermoneta Sulla rocca di Capo di Bove Dei Gaetani di Castelmola Nel palazzo Colacicchi di Anagni. Gaetani d'Aragona, in S. M. di Fondi Di Gelasio II ()), in S. Gisogono Di Giacomo Gaetani di Pisa

tabellionato

))>2W

Sigillo di Anibaldo da Ceecano Urbano V

177 ))

BENE vRr-ErE

, Di Gelasio II (?), in S. Gisogono.

di

II, p"g. 208

l3 t60

))

Segno

ll

.

Lettera di Alfonso d'.A,ragona Autografo di Onorato III Caetani di Onorato II di Fondi "

di

I

>>

.

?

)))> >))

Iscriz. di Adeodato Cosma Autografo di Cristoforo Caetani.

"

pes.

Oàde Caetani Nella rocca di Maenza

l,

VIil)

Pieho Caetani Giovanni Caetani (Palatino?) Anibaldo da Ceccano .

pog. 32

>> > )) )> )) )> ))

5l 160 27 I

279


DOMUS CAIETANA

280

Bolla Bolla

di Gelasio II . di Bonifacio VIII

II

Giacomo

l, pos. 3l

" 56-220I II,"

Caetani

>>>28

Da Carrara

Scarampo Francesco Caetani di Maenza Onorato III Caetani. Card.ProsperoColonna. . Università di Sezze. Gugliemo Caetani Arciv. Giovanni de Sacchis . Card. Ludovico

. > t) , . .-> ,>

> > .

>

57

!)

7t

)>

85

)>

l0t

>

144

))

187

)>

224

MONETE E MEDAGLIE. Marino II, duca di Gaeta. Senatorato di Rofiredo II Caetani

Riccardoldell'Aquila BonifacioVlll

l,

poe.

' > . >

)>

3 79

))

103

226

>>

16- I 7

> )> 44 ), )> 86 > )) 100

d'Aragona. Nicolò Piccinino Sigismondo Malatesta

Alfonso

o'tl'"':

,;,":

)) , Rocca di Paliano >> Rocca Janula presso Montecassino. . )> " Palazzo Gaetani in Fondi. . ) " Pal. e rocca Gaetani in Fondi . II, u Isola Tiberina, vista a,valle . )> " Pal. di Bonifacio VIII in Anagni . >>

VEDUTE DI CITTÀ.

Cajetani Sgurgola Orvieto: Porta Rocca

S. Fortunato di Todi Badia

l,

'.

Via di

)>

))

Anagni.

Mura pelasgiche di Alatri. Traetto: porticato della rocca Orvieto: Palazzo del popolo Tone di Castelmola Carpineto

)>

))

104

126 137

di Valvisciolo

Cappella di Bon.

VIII in S. Pietro.

S. Mich. Arcangelo di Caserta S,, Michele Arcangelo di Ninfa.

S. Maria di Sermoneta . di S. Pietro di Sermoneta. Cappella Caetani in Anagni .

))

>>)>))

Porta

di'S.

Pietro

173

t86

>>)

2n 218 237 244

di Fondi

.

NINFA.

Scena di Salomè, alîr. in S. Pietro.

260

Pianta delle

Porta Muturru. Roma: Porta S. Lorenzo . Acuto; Piazza della Corte

.

Strada di Falvaterra Castel dell'Ovo .

)>

258

>>

>)>

Castellonorato

Maenza: Porta principale. Terracina

249

IT, "

)))

267 274

284 313 315 72

il6

PALAZZI E ROCCHE. Pal. ducale diGaeta: scala.

)> > )> ))

>> >) )) )

finestre got. sottopaSsaggio .

Anagni: palazzo civico

l, FdE. l5

)) >) 16 ') .>) l7 >)>39

pos. 46

di S. Michele Arcangelo. l, Fos. ll3 Antro)>>..>> t09 )) )) Aflresco di Urbano V il8

259

))>

201

Chiesa

Ihi:

Itri

169 198

'

Via di Itri.

Trevi

))

167

)' > ll3 ll, o 137 )) > 138 > )> 204 >>205 )> )> 264

Antro di S. Mich. Arc., pianta . )> Antro di S. Mich. Arc., sezione > Abside di S. Pietro . >

))

93 123

>)>76 '> '85'87 )) l0l

Sculture

. l, pos. . D> . ))

.

trtZ 313 J

CHIESE.

-

Torre

,"

Castel dell'Ovo . >> Porta del pal. Gaetani in Piedimonte II,

96

>

()) di Roffredo III Caetani )> Antonio Caetani, patr. di Aquileia II, " Senatorato

Traetto: porticato della rocca I, pog. 100 Torre Cajetani: porta d'ingresso. . )) ' 106 Orvieto: Porta Rocca . )) " 137 ,, Pal. di Bonifacio VIII. . )) 143 " . )) > '218 " Pal. del Popolo . Palazzo d,:i P:Pi ti

rovine

>

)) >)

,>

>

lt9 il0

ill

305 308

ROCCHE DEI CAETANI. Traetto: porticato Tore Cajetani; ingresso Capo di Bove (Cecilia Metella) Traetto: porticato

I, pog. 100

))

))

> ))

104

154 211

Itri

)) ) >>237 )) )) 258

Castellonorato. Maranola

II,'

20

>)>

2t

)>>

59 74

Castelmola.

Tone dell 'Acquapuzza Maenza Sermoneta

>))

Fondi

))

8t )>

169


Indice delle Illustrazioni

281

TORRI. Di

PIA

l, pog, l2 > )) l3l )> )> 153 )> > 237 ll, n 59 ))>61

Pandolfo di Capua, sul Garigliano

Olevola al Circeo

..

Cecilia Metella Castelmola. Acquapuzza Passo dell'Acquapuzza

N

TE.

di S. Mich. Arc. sopra Ninfa I, p"g. l l0 >> 172 Quartiere Caetani di Anagni >> 308 Rovine di Ninfa. Sermoneta II, " 132

Antro

Paludi

Pontine

.. , "

146

SCU LTU RE. SERMONETA. Stemma Caetani afisso Casa del sec. XIV

Loggiato nella piazza

in una casa. l, p"e, II, "

l2l 27

)) )) 88 >))91 u .r, l2l )) > 137

Quadro di Ben. Gozzoli in S. Maria

Strada del sec. XV S. Maria

ROCCA DI SERMONETA. ll,pog. 8l >> 89 >> 90 >)>91

Affresco nel maschio Stemma del card. L. Scarampo . * Camere Pinte " Veduta esterna (Pitt. diB. Gozzoli) Afiresco nelle " Camere Pinte u. Salone dei Baroni

Ornati parietali Finestra bifora; prospetto

)

> ;

.

.

.

SeZrOne.

Veduta generale . Studio dell'4. Pianta del pianteneno Spaccato N O-S E. Ponte levatoio presso

Corpo

di

il

maschio.

guardia

Secondo ponte levatoio.

.

Pianta della merlatura Pianta dei sotterranei t. I\lterlatura con sportelli. della tore della Polveriera Ponticello levatoio intemo

"

)) )) 92 >))94 >) )) 136 >>140 >> l4l )) )) 142 >> 227 >>237 > )> 239 >>246 )) )> 254 )) )) 251

> )) 252 > >) 253 >> 254 >)255 > )) 256

Palazzo

e rocca.

.

Porta d'appartamento Finestra di stile italo-catalano Mostriciattolo di mensola Statua di S. Caterina Pittura di Cristoforo Scacco .

Domus,

l-2,

36.

)

D

Bonifacio VIll; Grotte Vaticane Angelo della tomba di Bon. VIII. Tomba di Bonifaciò VIII Bonifacio VIII; Bologna >) > Anagni Benedetto XI; Perugia Partic. della tomba di re Roberto .

Roberto il Savio; Napoli. Tomba di Carlo duca di Calabria Ciborio di S. M. in Cosmedin. Sarcofago Savelli; Roma (Aracoeli) Cola di Rienzo; Roma Tomba di re Roberto; Napoli .

S. Caterina da Siena; Roma Bonifacio IX; Grotte Vaticane . Card. Brancaccio; Napoli Monum. a Maria d'Aragona . Porta del pal. Gaetani in Piedimonte Statua equestre di re Ladislao Pietra sepolcr. del card. A. Caetani Monum. sep. di Cristoforo Caetani. Sarcofago di Urbano VI . Monum. sepolcr. di Antonio de Rido

Busto

di Pio II

.

Sculture di S. Pietro di Sermoneta

Aquila romana dei SS. Apostoli Angelo della tomba di Paolo II Finestra del pal. Gaetani in Fondi

FONDI. Cortile del palazzo Gaetani Moshiciattolo di mensola

Leone dell'epoca ducale ; Gaeta Pietra sepolcr. del card. L. Patrasso dei Bocchetta; Pisa Facciata di S. Fortunato in Todi Bonifacio VIII; Firenze Carlo II d'Angiò; Campidoglio.

ll, p"e.

) >

>))60 >> 65 )) )) 82 ' u 83-87 )) )> 9l > > 158 >>167 > )> 194 >) 203 )) )> 222 )) ) 229 > >) 241

)) > 262 )) > 264 > )) 295 >. > 304 > > 3ll II,n I >D5 ))>8

) ))

l8

41,49,50

)) )> 72 >)'76 > > ll3 > > 138 > )) 165 > >) 165 )D 173

ORNATI E PITTURE.

167 168

D>169 )) > l7l >> 173 > )) 174 "" 176 > )> 178

l, fag. I

))>44 )>>45 ))>46

Finestre del pal. ducale di Gaeta. Consacraz. S. Lud. di Tolosa . Ornato del sarcofago di Bon. VIII Innocenzo

Afiresco Urbano

l, pos. l6 >)>70

" ' 88-91

)) )) 109 lll; affresco in Subiaco di S. Mich. Arc. di Ninfa > > ll5

V;

S. M. Maggiore di Ninfa

)) >) ll8


DprwvF, cATETAN,A.

292

di Salomè; S. R, di

il9

Ninfa.

l,

Luigi d'Angiò consacrato da Bon. VIII Bon. VIII proclama. il'giubileo . Benedetto XI; mon. in Rerugia. Card. Giacomo Colonna; mosaico Cattura di: Bonifacio VIII

))

>))

159. 167, 170 176

I;.ettere iniz. d'una perg. del tzrz

>)>

tBt

Partic. della tomba di re Roberto . Iniziale B del Liéer SerJu.s De.prpt.

>))

194

InizialeS

)>

Scena

>

>

>)

>

Giova4n+ I,; afiresco-

pog. )>

>)) )i> >)>

>>

215 ))

))>

in S. Nicola di Filettino. VI; afhesco" . Iniziale d'una bolla di; Aless. III Stemma papale in Itri . A{hesco in Maranola. . Affresco

>))

Innocenzo

>>

138

252

269. 27?' 281 297, 3Al

>)> >>. >)>

31 8.

Iniziale della reg. Isabella .Affresco nel castello di Sermoneta

II,

Affresco nel maschio.di Sermoneta

))

)>

89

>

)>.

91,

Quadro

di B.

Gozzoli in.Serm.

.

u Camere Pinte o della rocca di:Serm. Decoraz. parietali della rocca di Serm.

Mostricciattolo

di

Affresco cappella Caei,, in Anagni, Fantasia

Stucchi'delle sale Boggia Spada di Cesare Borgia

.

.

II d'Angiò;

In[ocenzo

Caapidoglio.

III.

Luigi d'Angiò cons. de Bop. VIII Be.pédetto

XI

Qard. Giacomo Colgnna

Giovannal .

VI.

Innocenzo

203 262

. D > 269' 281 . 295 . . 30+ . )) >. 3l.l II; " I )> > . 44 > 7t

IX.

.

))

))

Card. Rinaldo Brancaccio. Re Ladislao . . Alfonso d'Aragona Urbano VI

)>

> > 76 Rido > >, 8E NiccolQ Piccinino Sigismqndo Malatesta . > )), 100; FigII . . , . )),, l,lA Rp:rato.d'Angiò- . .. .! .. > )), lZD, Bartolomeo Colleoni . >, > 15.0; . > ), 157' Paolo II SistolV . , " 157 S. Caterina,(Cat91ina Pignatelli?), . " 176 InnocenzoVIII . > r8t Antonio de

)>

Alessandro Farnese (Paolq I[)..

>.>

>)

t68

Giulia Farnese

>>

))

179

Alessandro

t78

Lucrezia Bolgia (?)

197,

Carl'o

244,

Card. Oliviero Carafa.

))> t)) >> >)> >. )) >>

)>

.

VI

))

))

.

VIII

)t

>>

193

213, 215

219,

>>

229 217

Dt)

260

))

2lo 213 247

248

R ITRATTI Bonifacio Bqnifacio Bqnifacio

DEI CAETANI.

VIII; Firenze l, pos, 58 VIII; C,rotte Vaticane . >- > 61 >; > 9l Vlll; Bologna >

l;

pos.

) )>

S. Caterina da Siena Bonifacib

l,

Virginio Orsini

RITRATTI VARI. C:rlo

.

92 136,

>>

)) ; iscrizione

36 81,

>>

))

Rarticolare del quadro di C, S"u""o : Elemento d'affresco,; pal Bon. VIII, .

)). > >

>))

))

mensola

U

Roberto il Savio Cola di Rienzo

poe. 60

> )) l3g, > )> 197. >> 170

Card. Antonio, qatr.

.

di{qgileia

Cristoforo

Qnoratq II di Fondi Gatsrina Pignatelli ()) Gìo,yannella

r

D_

>. l?5'

Il,, ) 18, " 41.49, )>

.

> ) >

"

l6Q

176, 2J+


INDICE DEI CAP,ITOLI -i--:--::----:

PARIE PRIMA Lieno i GENESI DE,LLA FAMIGLIA

CRprrolo

I: LE ORIGINI

Formazione

dei

Pug.

cognomi. Origine dei Caetani. Falsificazioni

di

3-7

docurnenti

genealogici. Suddivisione della famiglia. Férme 'del cógnome.

Ceptroto

ll: I DUCHI DI GAETA .

8-t8

,

Ipati e consoli di Gaeta. Invasione dei saraceni e guera contro essi. Battaglia del Gar'igliano. Toni del Garigliano. Opere degli ipati [:oro governo.. Testamehto di Docibile. Quartiere ducale. Governo dei duchi. Pahimonio ducale. Fine del ducato-dei Caetani.

Captroro III: LA FAMIGLIA .. DI GAETA " ED I GAETANI DI NAPOLI La famiglia di Gaeta. Lapidi ed iscrizioni. I Gaetani di NÍupoii. Érirne notizie su di essi.

t9-22

Clptrolo IV: GELASIO II

23-31

Antenati e parentele. Educazione di Gionunoidaetano. iondiriooiiel papato. Giovanni cun"elliire. Urbano II. I cardinali Gaetani del XII seòolo. Con"i"ué. Elezione di Gelasio II. Oltraggio dei Frangipani. Fuga a Gàeta. Ritorno a Roma. Eeeondo oltraggio

dei Frangipani. Partenza per la Francia. Morte.

; . ;. iori Bónifacitr VI[.

ClprroloV:IGAETANIDIPISA. Discendei,iza. Rèlazittni Falsificazioni di Gàigano tle Gaetaiiis

;. Abaie Cóstantinó

32-35 Gaetani.

Clprtoto VI: I CAETANI DI ROMA E DI ANACNI Rime notizie sui Caetani di Roma, Parentela con gli Orsini. Norme seguite nei nomin*e

i

figli.

16-42

I Caetani di Anagni. Prime notizie. Parentele. Albero g"n"u-

logico riassuntivo.

. VII: I PARENTI DI BENEDETTO CAETANI . Genitori di Boniiacio VIII. I Patrasso. Mattia. ll vescovo Pietro. I Caetani

Capmoto

ghibellini. Lotte tra guelfr

e ghibellini. lntervento del iescovo Pietro. Albero

genealogico Conti-Patrasso-Cdciarii.

>

43-50


DOMUS CAIETANA

284

CRPITOLO

Parte I 5l-55

Pus.

VIII: GIOVENTÙ DI BENEDETTO CAETANI

Educazione. Dimora a

Todi. Gratitudine verso Todi. Sentimenti ghibellini.

Inizio della carriera.

Capttoto IX: BONIFACIO

VII

>

56-81

Suo carattere. Accuse. Dupuy e gli atti del processo. Fisico di Bonifacio VIII. Linguaggio immoderato. Sentimenti religiosi. Elezione di Celestino V. Sua prigionia. Jacopone da Todi. Pietà di Bonifacio VIII. Accuse di eresia, di magia, di libertinaggio. Giacomo Gaetani di Pisa. Salute. Motivi dell'inimicizia e guerra contro

i

Colonnesi. Persecuzioni. Nepotismo. Il card. Stefaneschi. Albero genealogico Da Ceccano-Stefaneschi. Accusa di simonia. Provenienza delle ricchezze. Costituzione del patrimonio familiare. Bonifacio VIII giurista. Rendite dei pontefici. Acquisti a contanti. Magnificenza. Tesoro. Corte pontificia. Roffredo Caetani senatore. Sonetti e satire.

Capttoro

X: LA CAPPELLA DI BONIFACIO VIII IN S. PIETRO

82-88

.

Antica Basilica di S. Pietro. Statua di Bonifacio VIII. Descrizione della cappella. Card. Benedetto Caetani. Demolizioni del 1605. Sepolture. Apertura

del

sarcofago.

Ltsno II. GENESI DEL DOMINIO. Captroto XI: ANTICHI POSSEDIMENTI

Pug.

9l-95

Possessi nella Ciociaria. Primi acquisti. Selvamolle. Albero genealogico dei Bussa. Proprietà nel napoletano. Calvi. Norma. Aggruppamento degli acquisti.

Capttoto XII: I FEUDI NEL NAPOLETANO

96-102

Concessioni di Carlo II. Matrimonio di Giovanna dell'Aquila. Dissidi familiari. Albero genealogico dei Dell'Aquila. Vendite di feudi. Caserta.

XIII: TORRE E LA INFERMITÀ DI BONIFACIO VilI

"

t03-106

"

107-120

CRproro XV: SERMONETA, BASSIANO E SAN DONATO Descrizione e notizie storiche. Gli Anibaldi. Acquisto dei ue castelli. Presa di possesso.

"

l2l-124

Caprrolo XVI: SGURGOLA

"

125-128

CEPITOIO

Acque di Fiuggi. Arnaldo di Villanova e Bonifacio VIII. Castello di Tone. Archivio dei Caetani della Torre.

Capttoto XIV: NINFA Ninfa all'epoca romana. Origine. Incoronazione di Alessandro III. Signoria dei Conti. Antro di S. Michele Arcangelo. Fondazione di S. M. del Mirteto. Frangipani e Anibaldi. Pretese dei Colonnesi. Proprietà terriera e confini. Acguisto dei beni comunali. Rinunzia dei Colonnesi. Sanzione pontificia. Aspetto di Ninfa: la rocca, il palazzo comunale, S. Maria Maggiore. Inventario della chiesa.

Descrizione. Signoria dei Conti. Acguisto di Pietro Caetani. Opposizione dei Conti. Loro albero genealogico. Perdite del castello. Riconguiste.


Indice dei Capitoli CeptroLo XVII: SAN FELICE AL CIRCEO L'antica Grcei e la villa di Lucullo. Terracina sesso

Parte I Pag. 129-l3l oppressa dai Frangipani. Pos-

dei Templari. Acquisto di Pietro Caetani. Esistenza travagliata della tena.

Captroro XVI[: MARGHERITA ALDOBRANDESCA E ROFFREDO CAETANI . Gli AldobLandeschi. tesche di Margherita con Nello della Pietra. Pia dei Tolomei. Roffredo III Caetani. Suo calattere. Insignito del cingolo militare. Ma-

"

132-144

"

145-150

"

t

"

158-163

trimonio con Margherita. Leggenda islandese. Relazioni con Orvieto. Dissapori familiari. Divorzio. Margherita sposa Guido di Santa Fiora. Sposa Nello della Pietra. Lo stato aldobrandesco concesso a Benedetto Caetani. OstilitĂ di Orvieto. Margherita divorzia da Nello.

Cepttolo XIX: LA TORRE DELLE MILIZIE

.

Storia e leggenda. Descrizione. Origine. Acquisto dagli Anibaldi. Ricostruzione.

I

Caetani perdono

tapassi ereditari e

il

possesso. Calata

di

Enrico

VII. I Caetani

reintegrati.

vendite.

XX:

CAPO DI BOVE (Cecilia Metella) . Vicende varie e descrizione. Acguistato da Pietro Caetani. Ricostruzione della rocca. Cioitas Cajetana. Perdita del castello. Calata di Enrico VII e assalto

Ceptrolo

5l

-15l

alla fortezza.

Captrolo XXI: SOGNI DI EGEMONIA Apogeo di potenza. Pietro Caetani. Cappella gentilizia in Anagni. Aspirazioni su Gaeta e Teracina. Spedizione in Sicilia. Aspirazioni al potere sovrano.

Llnno III.

I NIPOTI DI BONIFACIO VIII. Clprrolo XXII: ATTENTATO DI ANAGNI Rapina del tesoro di Bonifacio VIII. Ribellione dei card. Colonna. Crociata contro i Colonnesi. Consiglio di Guido da Montefeltro. Distruzione di Palestrina.

Pag. 167-180

dei feudi colonnesi. Confiitto con Filippo il Bello. Missione del Nogaret. Congiura dei baroni. Assalto ad Anagni. Difesa dei nipoti di Bonifacio VIII. Armistizio e nuovo assalto. Cattura del pontefrce. Schiafto di Sciarra. Liberazione. Ritorno di Bonifacio VIII a Roma. Ultimi istanti. Epistola di un difiamatore.

Confisca

Clpttoro XXIII: GUERRA TRA I CAETANI ED I COLONNA . Prime aggressioni dei Colonnesi. Attitudine di Carlo II e dei pontefici. Situazione dei Caetani. Nogaret a Ferentino. Guerra con questa cittĂ . Sciarra nel Sublacense. Lega d'Alatri contro i Caetani. Morte di Benedetto XI. I popolo di Roma condanna i Caetani. Perdita di Ninfa. Conclave di Perugia. Compro'

dei Francesi. Accordi segreti tra i cardinali. Elezione di Clemente V. Guerra civile in Anagni. I Caetani cacciano i loro awersari. Guerra con Sezze. Uccisione di Pietro Caetani. Spese di guerra' Fine messo Caetani-Colonna. Intervento

della prima fase della guerra.

'

t8l-t93


DOMUS CAIETA.NA

286

Clprroro XXIV: I PROCESSI DI AVIGNONE E DI VIENINE Motivi del processo d'Avignone. Opera del Nogaret e di Filippo il

Paile I 'Pas. 194-7-02 Bello.

Elenco delle accuse. Preparativi e testimoni. Difensori. Argomenti giuridici della difesa. Epilogo. Compiacente debolezza di Clemente V. I Templari. Registri abrasi. Processo Caetani-Colonna a Vienne. Carattere e portata dei due processi. CRPITOTO

XXV: EFILOGO DELLS GUERRA TRA I CAETANI ED I

COLONNA

,,

203-214

"

215-220

"

221-225

"

226-233

"

234-237

Tregua del 1312. Calata di Enrico VII. Re Roberto i:ontro l''imperatore. Senatorato di Roffredo III. Matrimonio ,Caetani-Della Ratta. Benedetto Caetani podestà di Siena. Sua prigionia. Ripresa della guerra. Fac.e del 1320. Roffredo podestà di Siena. Ballata politica. Carattere di Rofiredo. Sue opere. Bonifrca di Fondi. Ripresa della causa Caetani'Colonna. Guere in Toscana. Arbitrato di

re Roberto àel 1327.

CepIToIo XXVI: BENEDETÍO, CONTE PALATINO . . . Matrimoni di Benedetto. Perde il contado aldobrandesco. Il comune d'Orvieto gli conferrna il feudo. Guena ua guelfi e ghibellini. Benedetto podestà d'Orvieto. Prigionia. Testamento e morte.

Ceptrolo

XXV[:

FRANCESCO

IL TESORIERE

Gioventù e educazione. Depone Ia veste talare. Crociata contro Lodovico il Bavaro. Fuga dell'imperatore. Discordie familiari. Testamento e cause relative.

Caprtolo

XXVil: IL CARDINALE FRANCESCO

Matrimonio e divorzio. Promozione al cardinalato. Rertauri di S. M. in Cosmedin. Attività politica ed ecclesiastica. Rapporti con la famiglia. Dimora in Avignone. Conclave di Carpentras. Accuse di fattucchieria. Morte. Divisioni ereditarie.

Captrolo XXIX:

I GAETANI DI CASTELMOLA

Origine. Redditi sulle mole di Gaeta. Giovanni Caetani. I banderesi e lotta contro i baroni. Eredi e discendenti di Govanni. Rivilegi della castellania

di

Mola.

Lreno IV

L'ESILIO DI AVIGNONE E LO SCISMA. Caprtolo XXX: LA GUERRA DEI BARONI

Pas. 241-251

Guerra civile ed anarchia. Giudizio storico. Guerra Caetani-Da Ceccano. Carpineto. Conflitti e tregue. Tentativi di pacificazione. Eccidio di Anagni. Colpo di mano di Benedetto Palatino su Anagni. Espugnazione di Sezze e di Ferentino. Nicolò Caetani. Manimoni Caetani-Orsini-Da Ceccano-Conti. CEPITOTO

XXXI:

GUERRE DI NICOLÒ IN TE,NRA DI LAVORO

.

Gaeta e Ten-acina. Conflitto con Gaeta. Guerra con Terracina. Espúgnaziorie di Tenacina. Nicolò battuto dai genovesi. Perdita di Traetto. Luigi d'Ungheria. Nicolò dichiarato ribelle. Conflitto con Giovanna I. Battaglia d'lni. Snatagemma del conte e sconfrtta dell'esercito napoletano. Accordi con

di

Sessa. Assedio

Ia

regina,

"

252-261


Indicq dei; Qap.itoli

287

Parle I

Capttoto XXXil: COLA DI RIENZO

Pag.2;,62-270

Rivoluzione àel 1347. Misure contro i baroni. I Caetani rifiutano obbedienza. tribuno contro i Caetani. La cavalleria disobbediente al tribuno. Gueniglie nella Campagna. Accordi col tribuno. Battaglia di S. Lorenzo. Ribellione dei baroni e tramonto del tribuno. Nicolò milita per il re d'Ungheria. Assedio di Sessa. Batteglia di'Ortie€Ua, Nicolò scerfigge. Luigirdi Taranto. Fine di Carlo,di Dtrrazzo.

Il

Peste

Capnolo

del

1348.

XXXil: I CAETANI

PALATINI

"

271-277

"

278-290

"

291-296

"

297"303

"

304:310

"

3ll-324

Rami secon{ari,.l Caetani di Filettiuo. I'Caetani Palatini. Bonifacio figlio e Giovanni.. Occupazione di Acuto. Farsn' tela con i Da, Ceccano. Testamento e mortq di Giovanni.

di

Benedetto.. Tqst?mento,,Benedetto"

CepnoT-o XXXIV,: GIOVENTÙ DI ONORATO I" Guene fra i Da Ceccano. Giacoma Orsini occupa Sezze. Il'cardinale Anibaldo da Ceccano. Siemmi dei'Da Ceccano. Il card. Anibaldo conro Giacoma Orsini. Delitti di Cecco da Ceccano. Il papa tenta instaurare ordine. Anagni in signoria dei Caetani, tattative con Bello e Giovanni per Falvaterra. La peste bubonica del 1367-63. Testamento di Onorato. Espugnazione di Ferentino. Urbano V torna a Roma. Guerra con Sezze. Vendita di Ninfa. Reliquie di S. Tommaso d'Aguino. Urbano V ritsrna ad Avignone. Gregorio XI. Ritorno a Roma. Ostilità del popolo. Gregorio XI ospitato da OnoJato.

Caprroto XXXV': PRIMA FASE DELLO SCISMA Conclave. Elezione di Urbano VI. Congiura dei cardinali. Onorats li ospita in Anagni. Urbano VI dichiarato.illegrttimo. Elezionedellantipapa Clemente VII. Gratitudine velso Onorato. S, Caterina,da Siena.,

Caproro XXXU: GUERRA NELLA CAMPAGNA E MARITTIMA,

.

Conflitto fra i due papi. Giordano Orsini ed il popolo romano. Battaglia di Marino. Clemente VII e Onorato. Matrimonio di lacobella Caetani con Bal' dassare di Brunswick. Clemente VII a Napoli. Benefica Onorato; Partenza, per la Provenza. Onorato in Avignone. Guena contro.Velletri.

CRpIToIo

XXXVII: DISTRUZIONE

DI ]NINFA

Guerra dirOnorato,con.i Palatini. Espugnazionadi Ninfa e Norrna. Benedetto Palatino muove causa. Distruzione.di,Ninfa. Leggende. Guena'contro Velletri. Battaglia miragolgsa.

Caprroro

XXXUII:

GUERRA CONTRO

I'

DURAZZEST

E

COINTRO

ROMA Carlo III di Durazzo in'aiuto di Urbano VI.: Onorato milita per Luigi d'Angiò. Baldassare di Brunswick accecato., Morte di Giovanna I e di Carlo III. I DuÀrro in Gaeta. Divorzio di l-ra.li.dao. Governo di Onorato. Fondazione di Castellonorato. Giordano Orsini dà in pegno Marino. Attività militari di Onorato. T.rrucin". Anagni. Sermoneta e'Sezze. I'Da Ceccano. Tregue con Bonifacio IX. Colpi di mano contro Roma.' Condanne, solenne. Congiura del .1400. Bonifacio IX muoye guerra. Disfatta e morte di Onorato.


DOMUS CAIETANA

288

PARTE SECONDA Lreno V. FINE DELLA DINASTIA ANGIOINA NEL NAPOLETANO CaptroLo

XXXX:

GUERRE DI RE LADISLAO E FINE DELLO SCISMA

Pus.

l-13

Sunto storico (1400-1417). Ladislao contro Onorato Caetani. Trattato fra re Ladislao e lacobella Caetani. Morte di lacobella. Giacomo II e re Carlo III di Napoli. Grazie di Carlo lll e Ladislao a Giacomo II. Giacobello III seguace di Luigi II d'Angiò. Margherita di Durazzo e re Ladislao. Giacomo II reintegrato nei feudi. Cristoforo. Innocenzo VI e Ladislao. Gregorio XII. Disgrazia dei Caetani. Albero genealogico dei Conti. Concilio di Pisa. Alessandro V contro Ladislao.

i

Persecuzioni contro D'Artus. Contese per il possesso di Roma. Giovanni XKII. Incerto poisesso dei feudi. Ladislao s'impadronisce di Roma. Morte di Ladislao.

Caprtolo XL: IL CARDINALE ANTONIO con

.

.

,,

14-18

"

19-35

Patriarca d'Aquileia. Promozione a cardinale. Cittadino di Firenze. Rapporti pontefrci. Partecipa al concilio di Pisa. Morte.

i

Captroro XLI: REGNO DI GIOVANNA

II .

Sunto storico (1+14-1433). I Caetani riprendono i loro feudi. Guerre con Gaeta. Maranola e Castellonorato. Sforza caccia Braccio da Roma. Albero genealogico dei Colonna. Conflitto Caetani-Conti. Matrimonio di Giacomo IV con

Giovannella Orsini. Aftari familiari. Divisione dello stato. Cristoforo difende Napoli. Re Alfonso e Braccio in soccorso di Napoli. Alfonso il Magnanimo. Ruggero. Giacomo II. Giacomo IV vicerè degli Abruzzi. tegua con i Carrara. Cristoforo e Rinaldo degli Albizzi. Martino V. Morte di Giacomo IL Vendita di Marino. Brighe con Gaeta. Assedio di Aquila e morte di Braccio. Guerra contro gli aragonesi. Trattative di Cristoforo per condotte. Divisione ereditaria fra i Caetani. Tiberia. San Felice al Circeo.

Clproro XLII: PONTIFICATO DI EUGENIO IV. Nepotismo e morte di Martino V. I Colonna ne detengono il tesoro. Conflitto ha Eugenio lV e i Colonna. I Caetani dichiarati ribelli. Donazione fittizia

'

36-40

dei beni nella Marittima fatta da Gistoforo a Giacomo IV. Divisione dello stato. Matrimoni Orsini-Caetani. Affari familiari. Morte di Rogasia d'Eboli. Ruggero tutore dei nipoti Onorato e Beatrice. Uccisione di Ruggero.

I GAETANI DI FONDI E LA CONQUISTA ARAGONESE Cristoforo. Sua figliolanza illegittima. Uccisione di Giovanni Caracciolo.

Captroro XLIII: Sconfrtta

di Onorato II

"

4l-52

"

53-56

Gaetani presso Brindisi. Pretendenti alla successione di

Giovanna II. Assedio di Gaeta. Invasione di re Alfonso V. Battaglia navale di Ponza. Uccisione di Ruggero. Spigno Saturnia. Alfonso V contro Sermoneta. Disfatta di re Renato. Distruzione di San Felice. Morte e testamento di Cristoforo. Funerali. Onorato II. Ricevimenti dati all'imperatore Federico III.

Clptroro XLIV: LE PESCHIERE DI FOGLIANO Fogliano nell'epoca romana. Il senatore Kamenio. Acguisto da parte Caetani. Compre

e vendite varie.

dei


lndice dei Capitoli Parte

CRpnoro

P"s.

XLV: LA TORRE DELL'ACQUAPUZZA

ll

57-63

Sua importanza strategica. Proprietari vari. In possesso dei Caetani. Occupata da re Ladislao. Assegnazione della torre a Onorato III. Disputato possesso della tone. Confrni, diritti e redditi.

Captroto

XLU:

CISTERNA

Sunto storico (sec.

64-67

I-XIV). Vendite da parte dei

Frangipane

e

alienazioni

successive.

Ltsno VI. ONORATO III DI SERMONETA. CapttoLo XLVII: I CAETANI DI MAENZA E LE LORO PRETESE SULLO STATO DI SERMONETA Francesco di Maenza tutore di Onorato III e Beatrice. Pace tra i Caetani e i Conti. Malgoverno di Francesco. Matrirnonio di Onorato e Caterina Orsini. Gue;ra contro gli aragonesi. Francesco cacciato dal governo. Arbitrato di Antonio de Rido. Matrimonio tra Caetani di Maenza e Gaetani di Fondi. Donazione f;ttizia di Onorato II a Francesco Caetani. Matrimonio fra Caetani di Maenza e

Pug. 7l-80

Caetani Palatini. Macchinazioni. Ribellione di lacobello Caetani di Maenza contro suo padre. Insidie contro Sveva Colonna-Caetani. Epilogo delle conhoversie.

CRpttolo XLVIil: PRIMI CIMENTI Carattere di Onorato III. Ostilità con Onorato di Filettino. Matrimonio con Caterina Orsini..Vita familiare. Coredo di Beatrice. Alleanza con gli Orsini. Campagna di Francesco Sforza. L'eccidio di Ninfa. Restauro di S. M. Maggiore di Ninfa. Fortiflcazione di Sermoneta. Attività costruthice di Onorato III. Afireschi nella rocca di Sermoneta. Descrizione della rocca. Ricevimenti. Vita familiare in

8

t- t05

Sermoneta. Dispute Conti-Colonna per Paliano. Tentato awelenamento dei Conti. Re Renato in ltalia. tattato di Renato con i fiorentini. Pacificazione con i Gaetani di Fondi. Relazioni con re Alfonso V. Causa con Antonio Colonna. Arbitrato di

Sveva Caetani. Condotta con Sigismondo Malatesta. Alleanza Caetani-Orsini. Alleanza generale Caetani-Colonna. îegua del Volturno. Card. Ludovico Scararnpo. Sua crociata contro i turchi. Sue relazioni familiari con i Caetani.

Captroto XLIX: L'INVASIONE DI GIOVANNI D'ANGIÒ

.

Ferdinando I succede ad Alfonso V. Sbarco del duca Giovanni. Onorato III Marino Marzano. Richieste di Onorato al duca e suo servizio militare. Onorato III'di Sermoneta e Onorato ll di Fondi. Onorato di Sermoneta a Cassino. Prigionia di Nicola. Liberalità di Onorato di Fondi. Mire di questo su Sermo' neta. Guena nella Ciociaria. Campagna primaverile. Attentato del Marzano contro re Ferdinando. L'esercito pontificio entra nel napoletano. Battaglia di Sarno. Vittorie angioine. Caratteristica della guerra. Ribellione di Tenacina.'Campagna negli Abruzzi. Dificoltà e lagnanze di Onorato III. Proposta spedizione contro Fondi. Missione di Michele da Mantova. Udienza col duca Giovanni. Caterina Orsini. Gueniglia con Sezze. Abbazia di Montecassino. Campagna primaverile del l4ó1. Tentativi per scuotere Ia fede di Onorato III. Conispondenza cifrata. Intrighi e dificoltà. Avanzata del nemico per Cassino. Precarie condizioni del duca. C,razie del duca Giovanni. Rigionia di Nicola. Perdita di Aquino. Paghe arretrate. Battaglia di Troia. Condotta di Onorato III col Marzano. Tregua di Isernia. Disfatta e fuga di Giovanni. Tentativi per liberare Nicola. Epilogo della guena. Fine del Marzano e del Piccinino. Onorato III si arrende. Liberazione di Nicola,

e

Domus,

l-2,37,

"

106-134


DOMUS CAIETANA

290

Porte

CapmoLo L: LA ROCCA DI SERMONETA L'antica rocca. S. Maria e S. Pietro in Corte. Sistemazione delle acque. Costruziorii del sec. XIV. Sala dei baroni. Merlatura. Costruzioni del sec. XV. Opere di Onorato III. Cappella gentilizia. Ricostruzione borgiana. Caprtot-o

LI; LITI CON SEZZE E LA QUESTIONE DELLE PALUDI

PONTINE.

ll

Pag. I 35-143

.

,> 144-l4g

Motivi del dissidio. S. Lidano. Topografia e idrologia. Prime guene. Intervento dei Caetani. Accordo del 1305. Il Portatore. Discordie del sec. XV. Onorato III. Consigli del cardinale Orsini.

Caproro LII: ULTIMI ANNI DI ONORATO III Ritorno a Sermoneta. Aspirazioni a nuove condotte.

"

150-16l

Corrispondenza con

Giovanni d'Angiò. Educazione dei frgii. Giacomo protonotario. Nicola e sua condotta col Colleoni. Opposizione del papa. Ferriere di Ninfa e altre industrie. San Felice. Dificoltà di possesso. Fasti del Rinascimento. Campo Rossello. Opera di Paolo Veronese. Testamento e morte di Onorato. Suo carattere.

VII. F INE DEL M EDIO EVO. L,tsRo

Caprrolo

LIll: LA CORTE DEL CONTE DI FONDI

Pag. 165-186

Onorato Il. Suo carattere. Magnificenza della corte. Palazzo di Fondi. Sua ricostruzione. La rocca. Il tesoro del conte. Polizze. Inventario dei vestiti. Arazà. Tappeti. Schiavi. Archivio. Costruzioni sacre. Monumento sepolcrale di Onorato II. S. Maria di Fondi. Opere d'arte e pitture. Vita familiare tormentata. L'arcivescovo Giordano Gaetani. Rapporti con re Ferdinando. Matrimonio di Onorato II con Caterina Pignatelli. Doni nuziali. Pietro-Bernardino e la congiura dei baroni. Sue cospirazioni contro il padre. Questi si rivolge al re. Arresto e morte di Pietro' Bernardino. Fidanzamento di Sancia d'Aragona con Onorato III di Fondi. Mandella Gaetani e sua fuga da Napoli. Malattia e morte di Onorato II.

Caprroro LIV: GUERRA ORSINI-COLONNA . Parentele tra le famiglie romane. Principio del conflitto. Invasione dei turchi. Guera di Ferrara. Battaglia di Campo Morto. I Caetani di Filettino. Loro albero

187-196

IV contro i Colonna. Decapitazione di Lorenzo Colonna. Guerriglie. Conclave. Contratto di condotta di Nicola Caetani. Si riaccende il conflitto Orsini-Colonna. Fatto d'arme di Civita Lavinia. Intervento di Innocenzo VIII. Lega Caetani-Colonna. Confitto fra Innocenzo Vlll e re Ferdinando. Battaglia di Ponte Nomentano. Matrimonio di Guglielmo. Vita familiare.

genealogico. Sisto

Caproro LV: CASE, PALAZZI E CAPPELLE

.

"

197'205

L'isola Tiberina. Dimora dei Caetani. Case in Roma ed in Anagni. Palazzo Bonifacio VIII in Anagm. Palazzo baronale. Quartiere Caetani in contrada Castello. Rovina degli edifizi. Cappella dei SS. Pietro e Paolo. Cappella di S. Giovanni Evangelista. Monumento sepolcrale ed affreschi'

di

Caprtoto LVI: ARALDICA Origine dell'araldica. Stemmi di S. Crisogono. Gaetani diversi. Caetani d'Anagni. Gaetani di Fondi. Imprese e motti.

2A6-210

di

Pisa. Stemmi


Indice dei Capitoli

29t

Lreno Vlll.

I BORGIA. Ceptroro LVII: LA. CORTE DEI BORGIA Elezione di Alessandro VI. Matrimonio Caetani-Farnese. Amori di Giulia Farnese. Matrimonio di Guglielmo Caetani con Francesca Conti. Alessandro Farnese prornosso cardinale. Alessandro VI in conflitto cogli Orsini. Awelenamento di Nicola. Ribellione della milizia. Relazioni dei Caetani con Alessandro VI. Sunto storico. Calata di Carlo VIIL Sua ritirata. Alessandro VI contro i baroni.

Parte ll Pag.207-223

CaprtoLo LVIII: GUERRA CON SEZZE

"

224-228

Caprtoto LIX: LE PERSECUZIONI

,,

229-249

"

249-256

Condanna. Arresto del protonotario Giacomo. Assedio di Sermoneta. Fuga e dispersione dei Caetani. Ricostruzione della rocca di Sermoneta. Rocesso contro i Caetani. Sentenza. Proteste del prot. Giacomo. Suo awelenamento. Vendita di Sermoneta. Spoliazione dei baroni. Cesare Borgia. Rodrigo d'Aragona duca di Sermoneta. Bernardino Caetani. Sua uccisione. Uccisione di leronimo. Guglielmo a Mantova. Morte di Alessandro VI. I Caetani tornano a Sermoneta. Diffide. ai sermonetani. Cesare Borgia. Spada del Valentino.

Ceprroro LX: RICOSTRUZIONE DELLA ROCCA DI SERMONETA. Evoluzione dell'architettura militare. Architetti. Sistema di difesa. Errori di costruzione. Carattere dell'opera. Saccheggio e abbandono della rocca. Restauro.

Caprtolo LXI: CALATA DI CARLO Vill

257-266

Re Ferdinando a tutela degli eredi Gaetani. Divorzio di Sancia d'Aragona da Onorato III Gaetani e matrimonio con GofĂŽredo Borgia. Lucrezia d'Aragona sposa Onorato lll. Rinunzia al protonotariato. Disfatta degli aragonesi. Cacciata di Carlo Vlll e ritorno di re Ferdinando II. Disobbedienza di Onorato llf. Confisca di Fondi. Tentata riconquista di Fondi. Calata di re Luigi XII. Onorato III riconquista Fondi. Disfatta di re Federico. Reintegazione dei Gaetani. Disfatta delĂŹ'esercito francese e perdita definitiva di .Fondi. Sorte dei Gaetani d'Aragona.

Sigillo di Benedetto Gaetani ( Fiue sec. XIV).

di

Pisa.


INDICE DEI NOMI

Abudi"

(castetlo

dell)

Abenaboli

(Iroilo de) II,

182.

Abruzzi, Abruzzo, 182, 222, 237, 256, 266, 268, 3l2t ll' 44, lll, I15, I18, ll9, l2l, 127-9; (swtizíerc) 63; (vicerè a guerra) Il, 2&-9 o. Caetani Cristoforo e Giaco' mo IV, Perdicasso Barrili; (vicereggente negli) II, 25 u. Caetani Gistoforo.

Acaia (principe di) 214; o. Giovanni. Accia, Azia o. Datia (porta). Acciaiuoli Angelo, card. di S. Lor. in Damaso 318; II' 95. Acciaiuoli Donato (cav.) II, 16l (padrino della 6glia) u. Caetani Antonio (card.)' Acobelli (libraio) 292. Acqua Salvia (di) 142; u. Anastasia (mon. di S'). Acquapendente 137; o. Orvieto. Acquapuzza (torre, rocca dell') 302; ll, 12, 31,57'63' 72, 98, 145, 156, l9l, 222,273; (castellano) u' Cecchi di S. Casciano, Ciambariconi, Giovanni Farnulo, Giovanni Francesco di Bologna, Maximus' Sanguigno, Vclletri;

i confini) 109; II, 31,58,60t (abitanti dell') ai giuochi det Testaccio in Rom* II, 58; emigrano a Sermoneta ll, 60; (fiume) ll, 57'8, 62, 148, 225t (guerre per

ll, 57, 145; (passo e diritti di pedag' gio) II, 57, 59, 61, 63; (beni e giurisdizione) II, 63; (chiese) II, 6? o. S. Cecilia, S. Maria, S. Nicola; (con' trade) II,63 u. Monte; (signoridell')tolgonoe restitui' scono ai sermonetaai l'< Orgiale > ll, 56; (convegno dell') fi, 226,228.

(acque sulfuree)

92; o, Sismano (castello di). di), vescovo di Porto 98; ll, 2, 261, 273.

Acquasparta

Acquasparta (Matteo

Acquaviva

69.

Acquaviva (d'): Coradutius 312. Corradus, comes

Adenolfo u de Aquc Putrida Il, 57. Adeodato o. Millini. Adimari Alamanno, procuratore del card, Antonio C. renzc II, I 6.

"

132.

Abafardus (Col4 312.

S, Valentini 312.

Giovanui II, 32. Iacobu 312. lordanus 312. Nicolaus 312.

Acquaviva d'Aragona (Anna d), m. (1618) Franc. c. lo2,206. Acuto 39, 274-5, 295; ll, 273. Adelasia, m. lldebrandino Aldobrandeschi 140. Adelicia di Rao, m. Gofhedo I dellAquila 99. Ademarus (d.) 21. Adenolfo, conte di Teano (1060), di Adeuolfo 19. Adenotfo, padre di Adenolfo conte di Teano 19.

in Fi-

Adria (de) 312; o. Riccardus. Adriana (Mole) u. Castel S. Angelo, Roma. Adriano (card, di S.) 133 ; u. Orsini Napoleone. Adriano IV pp. 125; ll, 57. Adriano V pp. 54; u. Fieschi (Ottoboni). Ahodisio (abbazia di S.) 33. Agabito... (meser) Agata (Sant') Agatio (capp.

II,

ll, l2l.

48.

di S.) in S. Pieho Mart. di Napoli 20.

Agnelli G. 80. Agnes de Bat 231 , Agnesa (nadonna), alla corte di Napoli 300. 92-3, Agaesa, sorella di Bensivenuto e Gianni

ll,

(S.), chiesa di Orvieto 142. Agostino (chiesa di S.) in Carpineto 244. Agoùo (de) 3l2i o, Amelius de Corbario, Iohannes, Agresta, m. Giovanni G. di Nap. (sec. XIII) 22. Agricole (St.), chiesa di Avignone 231. Agnese

Agrimonte (Raimondo d'), rettore della Tuscia (1305) 190. agione II, 173. Agropoli preaso Salerno 10. Ailano II, 4, 5, 29, 271. Alabro Cforre Ae) il, 273. Alamania (de) 312; o. Nicolaus miles. Alatri 44,91, 103, 28r,317; (arc.) 186, 190; (lega) lE6; (mura ciclopiche) I 86 ; (fuorurciti) l9l , 203 ; (S. Stefano) 305; (di) o. lacopo, Ugo. Albalato (Gerau di), arcidiac. di Muruedro l4E, Albaneto u. Ponte, Torre.

Albani (palazzo) in Gaeta 13. Albania ll, 126. Albano 44, 46, 70, 108, 156, 161 ; 11, 57, 24At (S. Paolo presso) ll, 104 u. Scarampo di Mczzatota; (card' di) u. Patrasso Leonardo, Albegnà (fiume, rocca) 132, 142.

Alberico, maestro di Gelasio II pp' 24. Alberico (march.) 4; o. Tusculani. Alberico, due di Spoleto 10. Alberigo (hatQ 208, 246; o. Manfredi (Alberigo dei). Alberta di Alvano Ddaco, m. Crerc. G. di Pisa 24. Alberto I d'Àustria, 162. Albertoni (degli) Giovanni Battista II, 37. Albeto (di) 256: o. Francesco'


DOMUS CAIETANA

294

(contea di) II, 30, lE9; (conte) o' Colonna Lorenzo, Orsini Giovanni Antonio e Virginio; (contasa) u' Co' lonna C. Sveva. Albino, legretario di Alfonso d'Aragona II' 182, 185. Albizzi (degli) Rinaldo, ambasciatore fiorentino, lI, 16,29,33. Albornoz Egidio, vesc. di Sabina, caú. 281'2' 288-9. Aldobrandes chi l32i (albero geneal. parziale) 140:

Albi

Aldobrandino o. Ildebrandino. Bonifacio, di lldebr. 132, 140. Enrico, di lldebr. 140. Guglielmo, di lldebr. e di Adelasia 132, l4O

passim

; (àona'

zione agli Orsini) 140; (a Benedetto III C.) l3E, 140-3; (investitura di Benedetto) 220i' ll, 273.

di

Rodrigo d'Ara-

ll,

Alessandrina (biblioteca)

(iniziale

di

di Roma 32, 35.

una bolla)

(rifugiato a Ninfa) 108; 297; (pet la custodia dell'Acqua-

ll, 58; (restituisce I'o Orgiale " ai II, 58; (a Cisterna) II' 6:1.

puzza)

lY pp.43-7,49,52,72'92'251

Alessandro

'

sermonetani)

275; o.Conri

Rinaldo.

V pp. II, l, VI pp. 86, 160; ll' 122, 137, l4l' l5l, 10,

Alessandro

Alessandro

17.

160, 192, 213, 216-25, 227-36,238-46, 249,251' 252,255,258.60; (confiÙca Cisterna) Il, ó7; (spoglia Paolo Margani) II, 188; (percguita i C.) Il' l88'

ll' 2l9t (bolla u C"e' ll, 229 , 236 , 240 ; (iicostruisce la rocca ") di Sermoneta) 11,231,238'40; (mo*e) lI' 244, 246; 229-44t (pittura del Pinturicchio)

lestis

Altitudinis

ll,

;

252; (si (cottimisti di) II, 251 (visita Sermoneta) accorda con gli Prsini) ll, 258' Alessandro (di) u. Antonio. Alessandro di Montefortino, contro Roma lI, 37. 67. Alessandro di Sezze, afittuario di Cisterna de Subura 146' Pandolfo di fautori Pietro), (6gli di Alessio

'

ll'

Alfano (tomba in S. M. in Cosn.) 227. Alfante (lsuardo), magister hostiali:us 222-3. Alfarano (pianta di S. Pietro) 82' Alfedena (sacco di) II, I18.

I

d'Atagona,

d'Aragona) II,

.

ll

d'Aragona, duca

di

Calabria

II, l8l-5;

il

Magnanino,

ll2,

re di Napoli

l3l; Il'

165, 179, (adottato da Giovanna II) ll, 19, 20, 26; (entra in Napoli) II' 26; (repudiato da Giovanna ll) ll, 27; (occupa Napoli e 81, 85, 95, 106-7,

(amante)

di Moctula; (re di Napoli) Il, 217, 220-1, 236, 241; (conferma Castelmola ai G.) ll, 210; (inco. rouazione) ll, 259; (addica) ll, 260. Alfonso, protonotario apostolico

Alife II, ll2, l7l,273;

II,

(signori

76.

di) 91.

Aligerno, di Leone di Gaeta 19. Aligerno <Kaietanus r, di Leone prefetturio 21. Allacci 80. Aloa (S.t.) a Napoli 300. Alopo (Pandolfello d'), camerlengo del Regno II, 19. Altamura 41, 267; (principato di) II, 265, 273; (principe) o. Federico d'Aragona, Pirro del Balzo. Alteriis (Angelo de) di Roma, canonico II, 62. Alteville (comes) u. Capua (Bartholomeus de).

Altieri Giuliano di Lorenzo ll, 125, Altino (libero transito per) II, 29. Altopascio (sconfitta dD 213. Altricoste ll, 273. Alvaro Didaco (di) o. Alberta. Alvignano Il, 273. Arnalfi 9; (ducato di) II, 30; (duca

di) u.

Piccolomini

An'

Amante Bruto 97. Amageno o. San Lorenzo, Amati Girolamo ó1.

Amati, Amatoui, Amatori, Armati gli) di Anagùi 5l-2 o. Armato:

(famiglia de'

Amatone di Giovami Amatori 152. Amatono d. Iohannis d. Amatonis 52. Amator lohannis, vic' gen. in Tuscia, podestà di Tuscania 5l

.

Amatori di Todi 50. Giovanni di Amatono d. Ioh. d' Amatonis 52, 142, Gregorio Amati, m. Marozia Crescenzi 5 | . Leo Amatonis de Guarcino 52. Raynutius Amatoris 51, 52, Amballi lB7 o. Anibaldi. Arnbrifr (castello di) 322; ll, 261 , 273. Ambrogio (Sant'), Ambroscio (Sancto) Il, 27,. 108.

di Milano (l') 208. Amelia 45, 47. Amelius de Corbario seu de Agotho 312. Ambrosiana

Americo, Aimery de Chalús, card. (amministr. per Govanna

254.

aletrinus (ep.) 36.

Alfonso

II, 97 ; (distrugge San Fe-

i delitti ai G.

tonio.

III pp. 36, 109, ll8;

Alessandro

(sua morte)

(condona

u. Scipio

Tommaso 140.

Alessandria II, 95. Alessandria (cardinale, patriarca di), tutore gona 240.

II, 74;

II, ll7;

Sancia d'Aragona; (paggio) 0. Sanseverino Onorato; (segretario) u. Albino; (uditore)

(dimora a Roma)

96'271

la Marittima)

u, Trusia Gazella; (figlia) 0.

m. Orsello Orgini 133, 139, 144; (matrim. e divorzio con Nello) 133-4, l4l,l43; m. Rollredo lll C. 77, 96, 135, 140; (divorzio) 139-40; m. Guido Aldobr'

Umberto 140. Aldobrandesco (contado) nella Tuscia

e protonotario) Il,

col papa) II, 5l; (nomina Baldassare G. logoteta e protonotario) ll, 5l ; (stemma di) ll, 67; (invade

Alfonso

Ildebrandino minore 140. Ildebrandino Novello 140. Ildebrandino-Rosso, di Guglielmo 132, 140. Margherita, di Aldobr. Rosso; 33, 95-7, 100'l' 132'44, I 8 l, I 83, 2 I 5-9 ; detb contessa Rubea I 32' 137, 139 ; ava di Aldobrandino Orsini 37 ; m' Guido de Monfo*e 132 ;

;

logoteta

49; (si riconcilia

t7l

Ildebrandino maggiore, 140.

; (contessa di Santa Fiora) t4l 144; (falsa Margherita) 144.

ll, 48: (nomina Otorato C.

lice)

Guido, di lldebr., m. Margh' Aldobr. 140. lldebrandino, m. Adelasia 132, l4O, 217.

140

II,32; (chiamato asuccedere nelregno) II,44: (sbarca alGaeta) Il, 45; (muove su Sermoneta) II, 4ó, 48; (occupa Tenacina) II, ,18; (distrugge San Felice)

Gaeta)

Amerino (d') o. Sanotris (Gacomo de)' Amiata (monte) 132. Amidano Nicola, vecovo piacentino Il, 93. Amiens ó0, 135. Ammannati, architetto II, 200. Ammanati Nero, della " Società Benedetta Amorosi ll, 49, 273. Anacleto Il pp, 4; o. Pierleoni (Pietro).

u

33.

I)


Indice dei Anagni, Alagna, Anagnia passími (arc. capit.) 109; (arx romana) 174; (attentato òi) 49, 57, 64, 78, 105, 125, 128, 162, r67-8t, t83, r85, r8B, 190, 194, 205-6, 230, 232, 243; (banchetto ia) 246; (cappella dei C.) 48, 92, 16l, 219, 227; 11,200,203-5; (casa di Pietro Pileo) ll,202; (case dei C., 273, 277,283, 317 ll, 197, 200-3 ; (case di Filippo Musico) ll' 200; (castello) 248; (contrada Castello) 5O-1, 9l-2' 16l, 172, 174,191,223;ll,200-2; (ubi dic. Castellum novum) II, 200; (contr. Gcntulmu) 92; (contr. Severana) 92 ; (contr. Trivio)ll,2001(contr. Tutolil2TT i (duomo di S. Maria) 51. 84, 92, 158, 174-5, 247-8, 279, 293; II, 200, 202-3; (doni di Bon. VIll) ll, 203; (eccidio di) 247; z

(fortificazioni)

174;ll,203;

203, 317; (ghibellini) 174, ciensi) II, rnonti di)

(fuorusciti) 102, 184, 186,

l9l;

(mon. delle Cister-

203; (gueríglie contro) 184; (S. Cosma nei 226; (mata) 174-5; ll, 202, (pal. civico)

39, 43-4, 248, 281 t 11,209;, (pal. Colacicchi)

ll,

202,

209; (pal. di Pietro C. e Bon. VIII) 79, ll4, 154, 175, l9l, 290t ll, 197, 200-2; (pal. baronale o di

Traetto) ll, 2Ol t (piazza Bon. VIID II, 201 ; (p,iazza del Conte) 16l, 174; II, 201; (platea nova) II, 201; (in platea ante domos Petri C,) ll, 202t (podestà) 215, 273, 282,290; (porta Matrona) 175; Po*ella (la) II, 202; (quartiere dei C.) 174-5, 177 t ll, 202; (S. Michele, chiesa) II, 201 I (SS. Cosma c Damiano, chiesa e colle) II, 200-l ; (S. Matteo de Merullaro, ospizio) II, 202; (signoria di) 282-3,285: (statua di Bon. VIll) 84, 158, 279; (statuti) 184, 192; (statutari) 192; (stazione di) ll, 202; (tenuta Gaetanella) 233; (territ. di) II, 82; (torre de Costa) 277,305; (tone de Gerlanda) Il, 202i (torre di Pietro C.) 122, 174; (turris nova d. marchionis) II, 201 ; (Via Maggiore e vie)

It,

200.

Anastasia ad Aquas Salvias (mon. di Anastasia, m. Romanello Orsini 135,

S.) l4l-2.

Anastasio Giovanni, architetto fiorentino Anastasiola (ancella di Docibile II) 14.

Anatolio o. Nantolio. Ancarano (tregua di)

Il,

ll,

249'50, 254.

29,

Ancona II, l5l. Anconitana o. Marca. Andaon (monte) presso Avignone 3l . Andrea (vigilia di S.) 253; Andrea (S.) sul monte Andaon 3l ; (casale di S.) presso Cisterna Il, 65 u. Castellari (i) o ; (piazza di S.) in Paliano Il, 93.

Andrea (Sant')

ll,

ll, 27, 108;

ultra serras Montorii (casale)

33.

Andrea, naturale di Giordano Orsini 3l5i u. Orsini. Andrea di Berardo, procuratore di Amelia 47. Andrca di Giacomo da Massa, priore di Fossanova Andrea nigro (schiavo) ll, 173. Andriano (cavallo di Onorato II G,) Il, 173. Andrieu, cappellano del card. Ftanc. C' 232. anello II, 84; d'oro II, lE0,

II,

86.

An*tasio u. Iohanni Angeli (omes S.) u. Iamvilla (Andius de). Angelino (avallo di Onorato II G.) lI, 173.

in Rona, 66, 146, 148, 202, 267, 289,297-9, 321; ll, 8, 22,76, 82, lO2, l9O, 214, 220.1, 229-30, 232, 234, 236, 246, 249, 255t fuonte S.)in Roma II, 9l; (rione di S.) in Roma29; (tirolo di S.) 122; in Pescheria (S.) 288; (vicolo di S.)

Angelo (Castel S.)

nomi

295

288 ; a Nilo in Napoli (S.) 3l I ; dslle Fontanelle in Todi (mon. di S.) 53; di Orsara (mon. di S.) 93; di Terracina (castrum di S.) 254-5, 317; sopra Ninfa (S.) lll-2 o. Maria di Monte Mirteto (S.). Angelo (Sant')

21il ll, I10, I12, l7l

; (contessa di) o. Sus

(llaria de). Angelo de' Lombardi (Sant') ll, l2l. Angelo di Cola, arciprete di Ninfa ll, 86. Angelus Zacheus de Frusinone 281. Anghiari (battaglia di) II, 103. Angiò (d') u. Carlo I, Carlo II, Luigi II, Luigi lll, Luigi di Taranto, Renato, Roberto: Giovanni (di re Carlo ll) 249. Giovanni, duca di Calabria ll, 95, 102, 149, 155, 157, 165, 179; (invasione del Regno) ll, 106-134; (trattative con Onorato tll C.) II, 108-l l0l (baltaglia del Sarnd II' I l4-5 ; (udienza data a Michele da Mantova) ll, l2O-4 ; (difrcoltà finanziarie) ll, 116, 126, 128-9; (sconfitta di Troia) II, 129; (disfatta e fuga) II, 129-l3l; (speranze

di

riconquista)

Il, l5l.

Luigi (erede di Giovanna I) ll, 5. Margherita, m. Franc. del Balzo 299. Angioini 183, 258,311, 313; (registri) 67, 204, 223,236, 257: ll, l7Z, 203, 220, 261. (conte dell') 68, 132; (torre dell') 217 Anguillara 145. Anguillara (stemma) Il, 135 (tregua con i Colonna) t 50:

ll,

t

.... m. Francesca III C. 251.

l0l, ll4, ll8,

Deofebo II, Pandolfo 45. Pietro 301. Raimondo, capitano

129.

di Filippo di Nantolio 257. (famiglia) 36-286 passím; (parentela con i C. Palatini) 286; II, 135, 137, 197; Anibaldi da Ceccano (gli) 50; Anibaldi della Molara (ramo degli) 122; Ani' baldi di Cave (gli) 276 I Anibaldi di Sermoneta 75: Anibaldo 148-9. Anibaldo " Maggiore " 50. Anibaldo, di Trasmondo II, 197. Bello 305. Bonifacio, di Nicola II, 55. Gentile, di Nicola Il, 55. Giovanni 148, 248. Lorenzo lB7. Nicola, di Anibaldo ll, 197. Nicola, di Teobaldo, rn. Matílona de Papa 49, 50, 215. Nicolò, di Pietro, m. Maria Orsini 133. Pietro 133.

Anibaldi

Riccardo, card, 50, 122, Riccardo 75, l3O, 146; (dominus Militiarum)

l'{8;

(nilira

per Enrico Vll) 157. Riccardo, di Teobaldo 152. Teobaldo

50,136,152.

ll,

197, Anibaldo-Gaetani (detto) Trasmondo

279 o,

Ceccano (card. Anibaldo

d.). Anici (gli) 5. Anicio u. Flavio.

(')

Aniene 271. Annunciazione (scena dell') Annunziata di Gaeta (chiesa dell')

ll, ll7. ll, 175,


DOMUS CAIETANA

296

Anrcdouia 137, Anselmo

di

l42t ll,

Aq

273.

Bergamo, medico

di

pp'

Bon. VIII o' Torre.

Anticoli 39, 103-5, 203, 272; Anticoli (Leonardo d'), vesc. di Anagni 190. Antignani (iurta Montem)

Il,

Rinaldo

di) II, 179, 219 t.

Gaetani Gior-

(di

I)

Goffredo

I

99.

aquile u. araldica. 5; (patriarca

di) II, 14, 15, lO3 u. Caetani Antonio, Moravia (marchese di), Portogruaro (Antonio di),

Corradino, di Corrado 323. Corrado II, 37. Filippo 222-3, Antognani (fosatum) II, 63. Antonazzo di Colapietro II, 35. Antoniazzo Romano, pittore ll, 165-6, 176-8, Antonio (rocca di S.) 247 i ptesso Marturano (osp.

di S.)

245.

ll,

ll, 27,

dell'Aquila 99. Adinolfo V, di Gentile 16l. Antonella, * Contesga. Camerlenga , ll, 196, 241. Berardo-Gaspare, marchese di Pescara, m. Beatrice C. 11,72, 83, 124, 128, 241; (muore) ll, 124. Gentile I 6l

Guglielmo 46.

ló5, 190'l; II, 158;

u.

Appia (via) 108, I ló, l2l, l5l-2, 154-6' 302tll, 37, 138, 145 u. Cajetana (Civitas); (in loco ubi dic' sub Silice) 156.

Appio u. Foro.

II, 170. Aprano (de): appontatore

Bartholomeus 312' Monacus 312.

Petrus dictus Bulienus 312.

3l2t

l18, l8l, 195;

(messer

(arsedio

Lallo dt) 269;

df

266;

(governatore

II, 2S o. Giacomo IV Caetani; (vicereggente in) ll, 25 o. Cristoforo Caetani. Aquila (dell'): (amiglia) 3, 14, 37, 91, 97, 99, 2ll di)

t,

167, 175; (albero genealogico dei) 99; (stemma) 97:

... 6glia di Riccardo II, 99

II' 207' ZlQt o. Caetani.

Andrea, di Riccardo I, duca di Gaeta 99. Giovanna 95- t 00, 237 , 249'50' 282 ; (erede di Fondi) 77' 91,97,140; m. Rofiredo lll C' 77, 91,95' 98'9,

l4o, 205,233,235; II, 209-10. Giovanna (di Ruggero II) 99. Gofiredo I (di Riccardo I) 99.

II (di

Gofiredo Gualterio? 99. Maddalena

(di

Ruggero Ruggero

I)

II)

di

Tommaso, conte

Aracoeli Aragona

Belcastro 216.

(in) u. Maria (S.). (d') 6, 50, 60, 67-8, 85, 93,97,159, 16l, 195, ; ll, 141,207;

(cardinale) o. Giovanni d'Aragona;

Giovanni

il

Ferdinando

Il, 188-9, 195, 257. Alfonso, duca di Bisceglie, m. Lucrezia Bor$a ll, 235, 238, 240. Gancia o. Sancia. Eleonora (sorella di Ferdinando I), m. Marino Marzano II, t07. .l58. Elmnora (Gglia di Ferdinando l) II, Enrico II, 45. Alfonso, ducai di Calabria

Federico (di Ferdinaudo ll,2l7, 258.9,261. Ferdinando, duca di Calabria II, u. Ferdinando I. 179. Ferdinaudo II (di Alfonso I), duca di Calabria Giovanni (di Ferdinando l), cardinale Il, l7l. Lucrezia (di Ferdinando I), m. Onorato lll G. II, 258-9,

Rodrigo, lglio

II,

di

I

245-7. 238t iro. OnoSancia, di Alfonso duca di Calabria rato III G., 183-5, 217, 257-8; m. Goffredo Borgia

ll,

II

ll,

217, 222, 258-9.

32, 205t

ll,

206-210t (aquila et lione)

ll,

ll, 172.

Arcabonus (Bernardus) 312. Arcangelo (S.) 46, ddleFontanelle (fratiminori 46; super Nmpham (S.) u. Michele (S.).

ll9;

Arcangelo Trimonte (Sant')

Arce (d') u.

96'7,99;

(moneta)

58;

II, 84; (scettri iacrociati) Il, 210; (spade) II,

206-7. 21azi asl palazzo di Fondi

99.

99.

ll,

ll, 265. (hatello di Alfonso V) II, 45. Lucrezia Borgia II, 67, 236, 240-1,

32

II,

Rocca,

Archipresbitero (de): Antonius 3t2.

II (di Golfredo I)

5l;

2ó1.2; (prigionien) Pietro, infante

(aquila)

Peregrino (di Riccardo I) 99. Riccardo (di Riccardo II) 99.

96.

Cauolico.

Alfonso 93-4.

araldica

99.

Riccardo (1304) 99. Riccardo t' consote e duca di Gaeta 3,

II,

(d'):.

l,

Aqua Putrida rr. Acquapuzza' Adenolfo. Aquas Salvias (ad) u. Anastasia (mon' di S.). (Carolus àe)

(5.) 99, 287.

Tommaso

Aragona

lll,

83.

.

u. Alfonso I il Magnanimo, Alfonso II, Ferdinando I e II,

lO8.

Roma.

Aquila 312; 11,32,

ll,

Francesco

reale d')

Apostoli (SS.) 30, 147, 158,

l16; (po*a)

123, 127-8.

228, 214 o. Gaetani; (titolo) 237 ; (stemmi della esa

93, 95.

5 o. falsificazione.

Apollinare (Sant')

Mezz-arota Ludovico.

II, I18.9, l2l, Aquino (d'): Adelasia, m. Rugg. Il

Antonio, cospiratore terracinese 253. Antonio da Forlì ll, I18. Antonio da Trivigliano 301. Antonio di Sezze ll, 67, 240. Antonio Giovanni di Torres, cctellano di Sermoneta II, 238, Antonio Nicolai < de Grecis u, di Velletri

di

Scarampo

Aquino

219; (campana della chiesa di S.) II, 88 a, Sermoneta; (la pagha de Sancto) ll, I lE.

Riccardo

167.

Aquileia

Antiochia (d'):

ll,

ll) 97-9; ll,

Ruggero

(di Riccardo ll) 99, 243. Ruggero II (di Goffredo) II, 99. Tommaso (di Ruggero II) 99. Ruggero

dano.

apografo

III (di

? 99.

Ruggero

62.

Antimo (Gregorio di) 21. Antinae (via) II, 63.

Antiochia (patriarca

uila (dell'):

Riccardo

103-4.

Marinus, frater Antonii 312.

48.

di S.)


Indice dei nomi Archis (Cristoforc de) 256. architettura militare (evoluzione dell') ll, 249, archivio o. Alatri, Bertino (mon. di S.), Caetaui, Caetani della

Torre, Castel S. Angelo, Colonna, Ferentino, Fortunato in Todi (S.), Lorenzo in Genova (S.), Lucca, Montecassino, Orsini Napoleone, Parigi, Pietro (basilica di S.),

297

Astol6 Vittoria, m. Gianfrancesco C. di Auagni ll, 203. Astura 75, 94, ll2, 16l, 191, 307, 309, 316zll, 54,98. lO0, 273; u. Torre Astura; (signori di) u. Frangipani. Atene (duca d') 213. Atenolfo di Capua 10, I l.

Atina, Atino 96, 100, 193t

Scolasdca (protocenobio di S.), Strassoldo in Attimis (conti di); Subiaco, Todi, Vaticano; capitolare 109 o. Anagni: notarile 34 o. Palermo, Pisa; di Stato o. Modena, Roma, Firenze, Napoli. 2fugiaazz6 (altipiano di) 272. Ardea (castello di) 29; (incantatori di) 190; (rocca di) II, 236,

Atratina o. Mole. Atripalda ll, l2l. Attendolo Muzio u. Sforza. Atti (degli) Isotta II, 100.

240. Ardiccio di Vigevano (Abramo) Arenula u. Lenola.

Aubigny (d') ll, 263. aurei bizantini 14.

ll,

95.

ll,

273.

Attico (villa di) presso Capo di Bove | 5l Attimis (in) u. Strassoldo (conti di),

.

II, 84; (imbrocchata de) II, 85. Aurunci (monti) 91, 97. Ausoni (monti) 98, 2?5; ll, 77. Austria (d') o. Alberto I; (duca) II, 15.

auro (ad)

Arenula (via) ll, 195; o, Roma. Arezzo 45, 162, 209-10 ; (ambasciatori

di,

162 t

(éi) ll, 234

o. Pietro. Argentario (moate) 132, 142.

autografr

argenteria

II, 84-5, 170-1. Argento (Monte) l0'

Autun 290; (nilite di) u. Lauraboni Bernardo. Auxur u. Giove Anxur.

Arianis (de) Lorenzo ll, 234; tr. Scorziati Gulio. Ariano (conte d') u. Sabrano (Govanni di). Ariccia II, 240. ariete 146. Aristotele, Ettca ll, 174. Atles 292-3; (arcivesc. di) u. Cros (Pietro de), Armanei (Francesco), teste al processo di Avignone 160. Armata (Perna) 52.

Avalos (d') don Alfonso lO2, 133-4. Avalos d'Aquino (d'), marchesi di Vasto e di Pescara II, 236. Avellino (conte di) 94, 99t u. Aquila (Riccardo dell'), Balzo (Raimondo del). Aversa 67, 269, 3l Il, 28, 263. Avignone passím; (cattedrale) 231-2t (corte pontificia) 193-4, 279, 242,246; (esilio dù 167, 190, 220, 222, 239,

l;

armature

ll2,

291, 302; fualazzo dei papi) 232, 289, 300-2, 320; (pal. del card. Franc. C,) 230, 233; (processo di) 44, 56, 58, 61,64, 66,72, 75,84,92, n4, 123, 136-9, 160, 177, 194,210,226-7 t (St. Agricole) 231 ; (venduta ai papi) 229; 16, 202. avorio lI, 85.

52.

VIII pp.

279.

ll

Armato: di Todi

ll,

ll,

Armati u. Amati. Nicola, can. di Reims, vesc. Pandolfo di Anagni 248. Armatus (lacobus), nepos Bon.

o. Indice delle lllustrazioni

ll,

52.

ll, 230, 255-6. ll, 249.

Azia, Accia 156; o. Datia (porta).

armi da [uoco

armi u. stemmi. Arnaldo, maestro di Benedetts C. (Bon. Vlll) 52, Atnan 243, 271, 277 i ll, 240, 273 o. C.eccano (Giovan.

ni I

da).

Arpino (Antonio di), giudice di C. e M. 305. Arq (d') o. Douét. Arras 85, 226: (can. di) u. Caetani card. Francesco. ll, 240, Arrigo, senatore di Roma (1266 c.) 48. Arringo (piuza dell') a Sgurgola 125. Artena 206 u. Montefortino. artiglieria ll, 230-1, 236, 245, 249, 254. Artois (Roberto d') 300. Artus (Carlo d) 210. Arx Circaea o. Circeji (rocca). arrendamento

Asciano 207-9. Ascoli (vesc. di) 256. Ashby prof. Thomas 145. Asinalonga 207. Assalone, ad Solando u (Alessandro) 11, 224. " Assereto Bimio II, 44-5. Assisi 64, 133l. o. Caetani Filippo; (vesc. di) Geremia Volaterrano.

Astalli (degli): Stefano

di Lello, m. Lucrezia C. Il,

Tiberio

II,

203.

Asti II, 95. Domus,

l-2,

Bacc.hi (Peschiera di) 130. Bacci-Venuti, pittore II, 89. baciatico 98. bacile II, 84. Badino (torre di) II, 148. Bagnoli II, 273, Baiardo, Boiatdo 252, Baiona 85. 155. balca ad balcandum, nelle ferriere di Ninfa Baldassare da Castiglione ll, 243. Baldeschi, de Ubaldis Matteo, vesc. di Nocera 234. Baldo di Conte della Tosa (di) u. Bartola, Baldovino Giacomo, cancelliere dei C. il, 218, 234. belesue ll, 225balestrieri o. Roma, banderesi; (balestrieri a cavallo)

ll,

232,

ll,

228,

238. Balet (Guglielmo de), rettore di 173. Balialu uigro (schiavo) baltute l9l ballata politica 208.

ll,

II 230

o.

C. e M. 205.

Ballea Neapolis (monte di), odiema Magnanapoli in Roma 14ó.

91.

Balnhusin (Sifridus

de) 177.

Baluzio 146. Balzani Giacomo 286.

38.

ll,


DOMUS CAIETANA

298

Balzo (del):

Bauco 285.

Bertrando, padre di Raimondo, conte Bertrando, grande giustiziere 299.

di Avellino 94,269.

Bavaro

Caterina, del grande giustiziere Bertraldo, m. Onorato

284,

I C.

286,299.

Francesco, del grande giustiziere Bertraado

Pirro II,

299,

ll 83-4.

banchieri 33,78, 123, 152, 174, 2Ol ; o' Gaetani Giacomo di Pisa, lombardi, Spini (gli), Templari. banderesi di Roma 235-6,271,280,283-4,289,321. banderole de lo lecto ll, 172. Bt 231; (comte du) 232. Bar-sur.Aube (de) 230; u. Evrart. Baranello nel Molise ll,42,48,273. Barbiano (Alberico da), condottiere 297-9. Barbo Pietro, poi Paolo III (stemma) II, 16l. Bardano

Ben.22; u.

226.

Benedetto

II, 155. Il, 137, 141,250,254;

Iohannes Longobardus.

de Moneta (Pandolfo), mercante pisano 33.

Benedetto, abate Benedetto, padre

288; II, 195, 197-9,235. Subiaco

ll,

177.

26, 40' 47,269; II, 198' Benincasa (Benincm dei), cittadino anagnino 248. Benevento

Benone ó6' Benozzo Gozzoli, pittore

II,

142-143,

Bensivenuto, cuoco dei Conti

II, 92,93.

in Todi 46. Berardi Antonio, di Giovanni da Cori 1l' 74-5. Berardi Tommaso, grar maectro dei Templari 130. Bentivenga (frate), priore dell'ospedale

222,

Trevi II, 148. Bartotomeo di Guido 103.

di Lombardo 109. 156; r. Capo di Bove.

309,

Baschi

m, Ildebr. Rosso Aldobrandeschi

140.

di Ugolino 133. Baselice 210; ll, 274. Basilio (S.) 147; (strada presso le Milizie) t47. Bassano in Terra di Lavoro II,5. Bassianello (signore di) ll, 2151 o' Orsini Orsino. Bassiano l2l, 222, 233, 250, 271,294,305: (castello) ll4, 116, 122-4,130; (comune) 192, 286, 306; (hutti, redditi) 224-5,245; (territorio) 112,232i ll, 6,22, 34, 37-8,63, 77,80, 82, 123, 130,160, 192, 221, 230, 238, 240,274; (bmianesi) 72, 224-226, 228; (castagneti) 71, 156; (cuù) 72; (assedio) 75; Raniero,

(pace con Seze) 147-8; (guerra con Srzze) 149,2247 (vendita) 235; (gsena con Carpineto) t58-9; o. Cifra

Giovanni, Ant. di Alessandro, Antonio di Sezze,

Lco-

nardo. de Ia pura tartarena Campella (lo) >, nei campi

Berìino II, 103. Bemardo, vesc. di Gaeta 18. Bemazono, Bernardino u. Vernazzone. Berni comm. Giuseppe 279. Bernini I!' 215. Bertini (mon' S.) 26, 27. Bertrando, rettore di C. e M. 203. Biagio (chiesa di S,) nella u Civitas Cajetana " 155; di Ninfa I17, ll9, 120; (selva di S.), presso Cisterna II, 90. Bianchi Gherardo, di Gainaco, card. dei SS. Apost. 139, 148.

Bianchino da Pisa ll' 242. Bicius de Francesis de Fighino, mercatoî forentinus 172. bifore (finestre) ll5, ll7, 154,211,226.

Billiano (de): Antonius 312. Berteraymus,

m. Caùerina de Cantelnis 312.

Robertus 312.

Binduccio,6glio Biondo (Flavio) Bisceglie

dei

(mes.

Gulielno da) 74i, u. Mondagout Guglielmo.

sere

Bartolomeo

133. Baschi (di):

74, 103-4, 148; (da) u. Anselno, Longhi;

Bergamo

Bartolomeo da

ll, 225,

187'

di Subiaco II, 54. di Ciano di Anagni 248.

Benedetto da Maiano

Barrili Perdicasso, vicereggente degli Abruzzi II, 28. Bartola (madonna), di Baldo di Conte della Tosa, moglie di Nello de' Pannocchieschi 143' Bartoli u. Roucheri. Bartolomeo nell'lsola Licaonia (chiesa di S.) 37, 86, l8l,

di

o. Sermoneta

194; o. Boccasini Nicolò. Benedetto XII pp. 225, 245-7,250,254. Benedetto XIll antipapa 319, 320.

82, ll0-l' l15, ll8-9; 11,94, 139.

Bartolomeo (frate) 62. Bartolomeo, abate del mon.

o. zoppa.

lX pp.25; u. Tusculo (Teofrlatto di). XI pp. 57, 156,167,177, l8l-2, 184-5'

Benedetto Benedetto

Il, 84. Banea ll, 27.

basche (soldatesche)

II,85;

u. Società. (S.) II' 177.

Benedetta

di), rettore di C. e M. 116.

Elaroso prof. Maria

sezzcsi

(deauro de)

(rocca di).

bane

basso

belluso

Belvedere (torre del)

Bari 156, 291,3141 ll, 247. Barnaba (chiesa di S.) II,210; o. Brescia. baronale (grande sala) 153; baronali (costumi) 275. baroni (congiura dei) II, 195; u. Regno di Napoli. Baronis u. Mactho.

*

II, 63. Bello, cospiratore terracinese 253.

Belli hominis (via)

Beneaccorsi

Bargiaco (Gacomo

Francesca,

Belcastro (conte di) 216; tt. Aquino (Tommaro d'). Bella Giulia o. Gonzaga Giulia, Borgia Lucrezia. Bellante (conte di) 268. Belli Gioacchino (sonetto) ll, 215.

Beltrame da Lucano, architetto

45.

barese (arcidiacow)

bascales

Bavarozza (dictus) o. Zurulus (Gurellus). Bayazet I, inperatore dei turchi 313. Beccatellis (de) Cesare, castellano di Cisterna 11,222. Beccuccie (le), peschiera di Fogliano ll, 56; u. Vaccucce (1").

258.

Raimondo, di Bertrando, conte di Avellino 94. vedova del corte Bertrando, sign. di Teano 269. bambace

in Gaeta 13. (il) o, Ludovico.

Bausan (via)

di

Margh. Aldobrandesca 133.

II,

198'

(di) ll, 235, 240, 242 o. Aragona (Alfonso, Ro-

drigo

d'),

Bisenzio (conti

Borgia Lucrezia. di) 45.


Indice,dei nomi di Glasgow 198. di) u. Sanseverino Geronimo;

6l-21(palauo a Anagni) 154, 191,290;

Biceth Baldredo, can. Bisignano (principe

(principessa

di) 96 o. Gaetani Mandella. Bista dc S. Kassiaoo notario (ser) 34, Biveratica (regione), in conttada delle Milizie 147. Blois II, 264. Bobo o Boveschi (dc) u. Orsini : Orso, di Pietro 37. Pietro, padre di Orso 37. bocate de argento II, 84, 196. Bocca (famiglia) u. Bocchetta. bocca (contemptiosa)

33,

Boccaccio

2OO-1, 2)O-21 (difensori) 198; (registri)

tro Federico I) 148; (statua in bronzo, Bologna) 91,125: (di Firenze) 58; (di Orvieto) 138; (nel duomo d'Anagd) 158, 279; (d'argento e marmoree) 196; (tesoro rubato) 6E, 77-8, 167-8, 190; (tiara) 77.8; (tomba scolpita da A. di Cambro) 84, 9l , I 5ó, 194 : (ultimi istanti) I 78-9 ; o. Caetani Benedetto.

IX pp. 84,!304, 306, 313-4, 317 -24 ; ll, l, 6' 7 , 15,92, 198, 233 i, (atmi) 320; (guerra contro On. I C.) 323-4t (tregue con On. I C.) 318-21.

Bonifacio

U,

79.

Boccapecorini (i) di Roma 28. Boccapianola Francesco (vusalli di) II, 32. Boccasini Nicolò, card. o. Benedetto XI.

Bocchetta, Bocca

(famiglia dei), diramazione dei G. di

Pisa 45:

Pietro 33; u. Gaetani di Pisa, boccola

bocze (ad)

la)

II, l7l.

Bordeaux (arcivesc.

48, E4,91, 125, 158; II, 1521(da) u.

Giovanni

Francesco.

II,

lI, 274; (da) o. Zaccaria.

ll'

ll

245,247; (arcivescovo di Cosenza) Francesco, cardinale, 232,240; (vescovo di Teano) ll, 236.

195, 221, 225,228.

Bona6danza (nesser), arcipr. di Bonaspene (Giovanni di) 140. Bonaventura

Valentino; I 60 ; II, 213, 220, 222-3, 2?0.1, 234-5, 218, 240-2, 244, 246-7 , 255 t (creato cardinale) 24lz (relazioni con Rodrigo d'Aragona) (spada) Il, 247-8; (a Fondi) II, 263.

Cesare, duca

ll,2l6t

bolognese (cronista) 213,

bombarde

ll,

'lodi 52'

(S.) 47.

di Ugolino, can. di Todi 52. Bongiovanni, conte gen. e rett. di C. e M. 282'3. S. Bonifaci (cappella) ll, 205; o. Anagni, Guarnazzonibus Bonavero

(d"). Bonifacio

IV

pp. (S.) 61, E2-3, 86,

Bonifacio

VIll

pp. (Benedetto Caetani)

l,

passím

; II,

100' I 35,

; "papa 159, 179; (Malefacius) 178-9; (podctà di Orvieto) I 38; (giurista) 73 ; (accuse di eresia) 57, 64'5,68; (liber'

147, 159, 208-9, 233, 246-7

240.6,

251,255; (riedificano castello di Sermoneta) ll, lt5, 137, 139, l4O, l43i (sale) II, 213, 229; (architetti) fi, 250, 254: Alessandro, vesc, di Nocera 250, 303, 310; ll, 230.

del giubileo 263 u. Bon. Vil;

Bohena 132-1, 137, 220;

Bonfacio (spirito familiare di Bon. VIII) 66. Bonifacio ed Alessio (mon. dei SS.) in Roma; II, 17. bonifica idraulica a Fondi 2ll. Bonisci (i), nobili di Roma 28. Bonretour (frlz de) 231. Bonvillars (Ugo di), rettore di C. e M. 236,285-7. Borbone (di) Gacomo (marito di Giovanna ll) ll, 19' 2l'2.

di) 198 i o. Clemente V. Borgia 122, l3l,2lO; ll,149,213,217-8, 231,

II, 84; u. tassa,

Bofillo u. Giudice (del). Boiatdo 252; o. Baiardo. Bojano 26E. bolle pontiGcie, passím; (ritmo nelle) 26. Bologna

ló0-3; (ric;

193; (sarcofago) E4, 86, EE, 180-l; (satire e motti 80-l; (soggiorno a Rieti) 116; (spedizione con-

II, 245; o. Sezze.

II, 170. boctellaria (argento de

ll,

197, 2OO-3; (a Orvieto) 143; (partito) 144; (precetti giuridici) 152; (prigionia in Anagni) 183; (processo contrd chezze)

27Q.

Boccapadule (giudice)

299

imperadore

o

tinaggio) 66-7 ; (magta) 57,65-6; (nepotismo) 59,69'72; (simonia) 57,69-72; (sodomia) 57,66'7,72; (accuse in Avignone) 138, 140; (afiresco di Giotto) 84; (attentato d'Anagni) 167-180; (banchiere) o. Spini; (bolle raschiate) 20C ; (canon. di Luigi lX) 138; (capp. in Latenno) 263 ; (in S. Pietro) 82-E, 285 ll, 235 t (in Ana-

(card. creati) l9E;" (cattura) 176'7, t92; (conflitto con Filippo il Bello) l7l ; (corte) 76-9; (congiura del Nogaret) 248; (crociata contro i Colonnesi) 169-71; (cursori) o. Orlauduccio, Perugia (Ugone da). (discordia con Carlo d'An$ò) I ó3 ; (distruzione di Pale-

soi) U, 204-5;

strina) 169'70; (epistola diffamatrice) 1793 (gubileo) 158-9, 263; (groxo paparino) 103; (incoronazione) 77-8, 94, 96; (infernita) 103-6; (inventio corporis) 88, 180; (Liber sextus Decretaliuml 74, 2151, (medio) u. Anselmo di Bergamo, Fabriaao (Manzia di), Levante (Galvmo di), Pistoia (Accursino di), Villanova (Arnaldo di) ; (morte) 156, 192; (ohaggio) 128 ; (orazione)

Giovanni, duca di Gandia ll, 222. ll, 276, 240-1, 246, Giovanni, < I'infante 246, 262; m. Sancia d'Aragona GoÉredo

"

ll,

ll'

217,

222, 258-9. Lucrezia ll, 214, 229, 234, 242, 255; (divorziata da Giov. Sforza) ll, 243; m. Alfonso d'Aragona ll, 235.6, 238, 240:' m. Alfonso d'&te II, 240. Rodrigo, cardinale; (eletto papa) ll, 213-6t (camera stellarum nella cca di) ll 2l5t o. Alessandro VI' Borgo (del) Giovannella Bosco

II,

83.

Faito 173; o. Ceccano, Pietra Rea.

Bosone,

erd.

(t

11781 23.

Bossuto, arciv. di Napoli 301. Botteghe Oscure (via) II, 200; Bove (di) u. Capo di Bove.

u. Roma.

Bovschi Pietro o. Bobo, Orsini. Bracciano

37, 251;

II, t87,

Braga (arciv. di) 26,

29t o.

193; u' Orsini Napoleone. Burdino.

Braheriis (Pietro de) 96.

Brancaccio: Cardillo II, 46. Carlo, retlore di C. e M. 317. Gian Battista ll, 257. Masello ll, 46. 322; 17. Rinaldo, card. 3l

l,

ll,

Brancaleoui Pietro Francesco, senatore Breganto (sartore chiamato el) 300.

II,

17.

Brelspear (Bosone), card. dei SS. Cos. e Dam. 38, Brescia 148; (di) II, 210; o. Gaetani.


DOMUS .CAIETANA

300

Bretagna (levrieri

di) II,

196.

bretoni (nilizie) 291,293,297, 303, Brettoni (de') o. Colle, Brigida (S.) 289. Brindisi Il, 43. Britomarte (ninh) ll, 89, Broccardo u. Pereico, broccha inorata Il, 84. Brunesta (de)

di Taranto II' Brunswick-Grubenhagen (di):

di

II, m'

Enrico

C. 293'4,

29?' 300, 3l

buchalicto schieto inorato II, 84. 156; u. Capo di Bove. bucranii 173. Buctiforro nigro (schiavo) Budana (Petrus) 312. Budes 298. Budetta (Monacus) 312. Budone (Govanni), rettore di Anagni 281. bufali ll, 221. Bulfolareccia (tenuta della), presso Cisterna ll, Bulgamini (torre dei), presso il Tevere 29. Bulgarellus (Berardus), iuder (l 193) 39. Bulienus (dictus) u. Aprano (Petrus de).

l5l,

l,

313.

34i

o. Tiberia.

Bulzone (Rinaldo), di Terracina 127. Buonaccorsi di Pisa (di): Cetta, di Notto 67.

ll,

247.

ll,

Golfredo 173, 185, 192. Guttifredus d. Petri (1193) 39. Perna 93. Ruggero 273,

l,

I

Bl

4, 243 ; (pace) 207, 223 ; (parentela) 267 ; 72, 116, 128,170, l9l, 202-3, 207, 2l2i

-21

(processo)

(geoealogia) o. Caíetanorum Genealogía; (case e cappelle) tr. cap. LV, S. Pietro in Vaticano, S. Pietro in Corte, Fondi; (divisione ereditaria) Il,139; (grido di guerra) II, ll3, 263; (lega con i Colonna) ll, 193-4; (Torre Caetananell'isola di S. Bartolomeo) II, 198; detti Caetani dell'Aquila ll, 209; (consorteria) ll, 197 t (codice della Divina Commedia) II, 248; Orìgîne ilell'Antlch. Casa

Caetanì

ll,

231 :

... (abate) 11,236. ... (sorella di Bon. VIII) 37. ..., di Rolfredo I, m. Adenolfo de Papa 49. ..., di RoÉredo I, m. Catenazio o Vern"z'one 50. Adinolfo, di Mattia, pod. di Orvieto 45, 138. Agnesella, di Giarcno II, m. Giov. Tomacelli II, 77.

Bussa di Anagni: (messer) 20E.

Giacomo, di Nicola 93. Giacomo, m. Perna Bulxn 93, 203, Gofredo, cappell. pont. 93. Golfredo, di Nicola 93. Nicola, miles 93. Nicolò 203. Ruggero, podestà di Spoleto 93.

Aldobrandino, card. di S. Susanna e vesc. di Sabiaa 27, 38. Anatolio, signore di Gaeta 5, 9. Anatolio, duca di Tenacina I l. Annechino, detto il Gots 5. Aatonello, di Ruggero ll, 27, 4-6. Antoaio, di Ciacomo ll, cardinale, patr. d'Aquileia, 4; II,

I,

di Anticoli: in Filettino 272. 50:

10, l4.lE.

Antonio II,

di

Batolomeo,

di

70;

Bartolomeo 93.

Nicola, di Bartolomeo 93. Pietro, di Nicola, can. di Anagni 93, Busso nel Molise II, 42, 48, 274.

99.

Aragni4S-4; a CapodiBove 156; su porta Mamurra a ltri 258; a S. Maria in Cosmedin 227; sulle nonete (di Roffredo II) 79; in Veroli 9l; (le onde araldiche) 79, 97, 163, 2581' II, 208-9 (stemmi in urarmo) 44;

l7

Burano (lago di\ 142. Burchard ll, 219. Bvèach 262. Burdino, arciv. di Braga 26i (antipapa Gregorio Vlll) 29. burgeasi (in ecclesia) II, 87; u. Bruuesta (archidiaconus de). Burgentici (Mattheus de) 312. 172. Burges (panno de) Bussa (famiglia) 92; (albero geneal.) 93:

Bussa di Selvamolle

Il,

passrm; (archivio) 5, 144, 244, 276, 286; (carte del card. Nap. Orsini) 144; (cronaca manoscritta) 292, 300, 322i (invenLtario perduto) 155; (pergamene dei duchi di Gaeta) 34; (cappella) iu Anagni 219,285 t in S. Pietro 86, 263; (donne abilitate alle successioni) 299; (Guaitani di Orvieto) 138; (cognone) 6; (origine catalana) 199; (esponente del guelfismo) 153, 2131' (cittadini onorari di Todî) 264i (proprietà a Ferentino) 186; (castella presso Alatri) l9l ; (feudi nel napoletano) 96-102, 182-3; (guena contro i Da Ceccano) 243;(lega di Alatri) 186; (lotta con Sezze) 286, cap. LI, u. Sezze; (origine della riccheza) 72; (quartiere in contrada Castello) 172; U, 200-3t (stemmi, insegne) u. cap. LVI, Gaetani d'Aragona; sul duomo di Anagni 279; ai paramenti di Bonifacio VIII pp. 88; sul palazzo civico di

(motto u agitata crescunt >) 163; lI, 210; Caetani-Colonna (compromesso del 1305) 100, 188; (guera) 68, 149,

Notto 67.

Ruggero, vicario

Cacciaguida 243.

Caetani

ll,

Eluonarroti Michelangelo

82.

Gregorio, cognominato 22.

299,

Caccianti Bonifacio

l)

II,

Cacapece: Govanni 2l-2.

311.2.

Bussa

Antolina, m. Onorato C. CaÀo 246;, ll, 73.

Iacobello, m. Covella G. di Fondi II, 73. di Iacobello II, 73, Margherita, m. di Francesco G di Maenza Il, 72, 77 -9, 82. Raimondo, di Carlo ll, 73. Raimondo, di Francesco ll, 73.

103.

Iacob.

Enrico Il, 299. Ottone, di Enrico II (m. Giovanna Brusco (Nicola) o. Orsini. Brutto, messo di Firenze 80. Bucci (Natolio dD 321.

...

Cabannis (de),

Ludovico,

II, 87; o. Pietro de Cervantes.

Bruno Enrico, arcivesc. Baldassare,

305' 3A9'10' 317.

(sepolcro

di

in Anagni) ll. 203.

Giacomo IV, marchesa di Pescara 11,39,71-3, 104, 128, 160; (suo corredo) II, 83-85; (dote, test. e morte) II, 196, 241.

Beatrice,

l5t.

Onorato IV, card. di S. Pudenziana 86. Gacomo, abate di Subiaco, vesc. di Foligno


Indice dei

30t

Caetani:

Caetani! Bella u. Caetani Palatini. Bello o. Giacomo I. Benedetto I, di Roffredo I (Bonifacio VIll), I parte passhn; ll,159, 203; educato a Todi 51.2; can. di Todi 52; priore di S. llluminata 52; segretario del card. Ottoboni Fieschi 54; card. 53, l0l, l12, ll4, 125, 133,161, 182 ; assume la procura di Margh. Aldobr. I 33 ; restaura

di Todi 53; o. Bonifacio VIII

Calatrava 182; podestà PAPA.

It, di Giacomo fratello di Bon. VIll, card. dei SS. Cos. e Dam., 69, 70, 85-6t II' 200. Benedetto lll, di Pietro II, parte I passím; ll, I 39 ; capostipite Benedetto

dei Palatini 4 ; m, Frandesca Orsini 251 ; m. Luigia Conti 251 z m, Giovanna Orsini 102, 251 ; m. Flavia de Sus 216l investito del contado aldobrandesco 77, 138, l4l, 183 ; cittadino di Orvieto 142,217 ; rettore della Tuscia 52, 142; (vicario) u. Amati (Govanni); rettore di C. e M' 149, 205-6,219; rettore del Patrim. di S. Pietro 163 I statutario di Anagni 192 ; podestà di Siena 206, 219 i pri' gioniero in Palestrina 206-7 , 219 i podestà d'Orvieto 2l I ; podestà di Castro di Maremma 21 9 ; (casa a Orvieto) I 42 ; (vittoria su Giovanni da Ceccano) 204 I (vittoria su Ricc. da Ceccano) 204,244; (testamento e morte) 216' 219.

Bemardino-Maria (di Nicola II) II, 218, 231, 241'2. Bonifacio I (di Canillo I) 251 t ll, 65, 67, 208. Bonifacio II, di Onorato lV, vesc. di Cassano 88. Bonifacio III (î lB57), capost. dei C. della Fargna4l. Camillo I, di Guglielmo 251; (impresa) ll, 2lO, 231. Cino, Cecco ? (di Roffredo lll) 267 . Costantino, di Anatolio, ipata, 9. Crescenzio, di Crescenzio Prefetturio 24. Crescenzio, fratello di Iohannes 27. Crescenzio, nipote di Gelasio II, . gloriosus " 24, 30'37. Crescenzio (padre di Gelasio II) 23-4. Cresceuio Prefetturio 24. Criscencius ducibus fundanis 24. Cristoforo I, di Giacomo Il, capostipite dei G. di Ara- gona 41, 212, 270, 284,312; conte di Fondi, protonotario del Regno II, 6-50,74-5,79, lO5, lO7, 139, 165, 179; (guenee tregue con Gaeta) 11,21.2,32,45; difende Napoli 11,25-6; fa legittimare i figli U, 27, 30; vende Marino ai Colonna il, 3l : (relazioni con Rin. degli Albizzi) ll, 33; rinunzia ai diritti sulla Marittima II,

34,37-8; m. Isabella de Pizzutis II, 42; 't69; muore II, 48; (tomba) ll, 49-54. Cristoforo

nomi

II (di

Onorato

I)

(testamento) II,

299.

Gistoforo (legittimato da Ruggero l) ll, 27. Dauferio I, di Marino II, capost. dei conti di Traetto 14. Docibile I, ipata (90ó) ll,13, 2l; (alleanza con-i saraceni)

9, t0 ; (testamento) I 7. Docibile II, di Giovanni l, ipata 7,9, 14, 16; (autografo) 3; (torre sul Garigliano) 11,255; (testarnento) ll, 14, t6-7,32. Enrico, cardinale ll, 256, Ersilia, di Guglielno 251. Filippo 46.

Filippo II, di Francesco IV, rn. Topazia G. 34. Filippo lV (di Enrico II) 88. Francesca I (di Pietro ll) 246,251 ; uccisa da Cecco da Ceccano 280.

Francesca 250.1.

II, di Rofiredo III, m' Ber. da Ceccaao 9E,

Francesca Ill (di Nicolò l) 41, 251. Francesco, dei minori osservanti 70; abate

di

Subiaco II,

203.

I, di Roflredo ll, card. di S. Masia in Cosmedin, parte passÍm,' m, Maria da Supino 134, 173, 2261 creato card. l9E; legato a latere a Modena 22Ei compta i diritti su Sgurgola 126; costruisce la chiesa nella Civitas Cajetana 156; muore in Avignone lEz, 233; (accuse di fattucchieria) 230.1; (attività politica) 22Ei (casa presso i SS. Quauro) 153,229; (diriui sulla torre delle Milizie) l4E ; (palazzetto in Avignone) 230 ; (sigillo)

Francesco

I

232;

il,

Francesco

2A4.

II, di Pietro ll,

tesoriere eboracense pcsslm,' teso-

riere di Tours 221 ; comproprietario delle Milizie 149, l5O, 225; m. Francesca di Tommaso da C,eccano224, 251; scomunicato 224-5; (testamento) 224-5, 247,294.

lll, di Giacobello III, capost. dei C. di Maenza di Maenza Il, 8, 38-40, 52, 60, 82, 86, 96-7, 104, 139.40, l5O, 157; ribelle a Eugenio IV pp. 11,37 ; ad Alfonso d'Aragona II, 47; (tutela dei nipoti Onorato III e Beatrice e suo malgoverno) II, 71.80; (pretese su San Felice) II, I I 7. Francesco lV (di Filippo l) lO2, 206. Francesco V (di Michelangelo I) I l7 ; ll, 2OO, 247. Gaetana, madre di Giovanni Gaetauo Orsini (f 1232) 37 : Francesco

4l ;

signore

proava di Perna Orsini 70. Gemma (sorella di Docibile II) 16, Giacomo, di Filippo (1240) 46. Giacomo, di Giovanui (1283), forse fratello di Petna 37. Giacomo, di Giovanni, fratello del card. Aldobrandino 38. Giacomo, can. (parente di Bon. VII| 153, Giacomo, di Giovanni 33, 48, 92, 96, Giacomo (fratello di Bon. VIII) 85. Giacomo, padre del vesc. Bartolomeo 70; II, 2A3, 205. Giacomo I, detto Bello, di Rofiredo IIl, capost. dei C. di

Filettino 41, 105-6, 235-6, 245-6, 250-1, 254, 265, 282-3,; m, Maria di Tommaso junior da Ceccans 251', 271, 290; impiccato dai banderesi 236, 272, 283.

Il, di Nicolò I, condomino di Sermoneta 287, partigiano di Urbano Vl pp.225, 294,300-3; signore di Anagoi 282-3; conte di Fondi e sig. di Sernroneta II, 3.31, 66, 71, 148, l9E, 233; m. Sveva

Giacomo

294;

Sanseverino

II, 3; nilita

contro

gli

antipapi

II, 4-6;

feudo l'Acquapuzza ll, 12, 59; (tregua con i Conti) II, 24; divide lo stato tra Crist. I e Giac. IV C. II, 25,139; acquista alcune peschiere di Fogliano ll,55: (morte) II, 30, l4l. Giacomo, Giaobello III (di Giacomo Il) 41, 251, 312; ll' 4-6, 46, l4l ; occupa Cisterna II, 66; m. Rogasia ricer.e

in

d'Eboli II,

109.

lll) 41, 251 ;il,3l'2' 35,37, 3E, 71, 79, 107,109; m' Gov. Orsini 11,24,30, 35,

Giacomo

lV

(di Giacobello

82; vicerè degli Abruzzi II, 28; (tregua con i Canara) ll, 29; milita per Firenze II, 34; ottiene dallo zio Cristoforo le terre della Marittima ll, 34, 37-E; m' Angela

ricostruisce San Felice l3l ; ll, 156; Il, 35, 39, l4l, 159. Giacomo V, di Onorato lll, protonotario apost. 86; II, 67'

Orsini

II, 35;

muore intestato

152,215,217-9, 221-2, 224-236, 241-2; in lega con Colonna II, 193; arrestato e prigione in Castel S. Angelo Il, 229-31; (processo) 1I,232-4; (avvelenamento e sepoltura)

ll,

160, 235-6.


DOMUS CAIETANA

302

Caetani:

Cactani: Giovanna V Giovannella,

(di Bonifacio I) 251 . di Onorato III, m. Pierluigi

Marino Farnese

ll,

122,

152,160, 213-6, 235.

I, di

Giovanni

l0-3;

(tomba

Docibile

I,

ipata

di

Gaeta 8-17; (torri)

in S. Erasmo, a Gaeta) 13,

ll, di Docibile II; duca e console di Gaeta 7, 17. Iil (t I 009), duca e console di Gaeta e di Fondi I 8. Giovanni tV (t l0l2), di Giovanni III, duca di Gaeta 18. Giovanni V, ultimo duca di Gaeta 9, 18, 21.

Govanni Giovanni

Giovanni, u glorioso ipata u, figlio del conte Anatolio 9. Giovanni (zio di Getasio ll) 24-5. Giovanni, card.

di S. M. in Cosm.24-6,28; o.

Gela-

Giovanni (1139), capostipite dei C, di Roma 41. Giovanni (nipote di Gelasio II) ll, 197. Giovanni, abate di S. Paolo di'Roma (1229) 40, 48. Giovanni, civis anagninus (1233) 40, Giovanni, civis romanus (1233), paúe di Giacomo 37, Giovanni, fraiello del card. Aldobr. 38' Giovanni, di Ceccano (l 196) 40. Giovanni, di Rofiredo III, capostipite dei C. di Selvamolle e dei G. di Castelmola 4l z 237,255 ; castellano di Castelmola 235; presidia Sessa Aurunca 255 o. Gallardo; m. Agnesina Colonna 283; muore di peste 2361 (case

in Anagni) 283; ll, 202,

2lO.

Giovanni (di Roflredo l) 33, 48, 96. Giovanni, illegittimo di Benedetto lll C. 216. Giovanni, illegittimo di Bonifacio C. Palatino 273. Giovanni (legittimato da Ruggero l\ ll, 27. Gregorio (t 1024), di Leone Prefetturio (nipote di Doci-

II)

14.

di Marino II

di

Gaeta, capostipite dei couti

Gregorio, di Castro Argento 14. Gregorio, di Marino lV?? di Anagni, card. di S. Lucia in Septisolio (t I I lE) 26. Gregorio, m. Sicelgarda (1128) 22. Gregorius, di Anagni (o Subiaco)), card. (XII s.) 26. Guglielmo (di Onorato III) l3l , 251 ; ll, 137,151,156, 160, 173,218, 223-4, 226-31, 265 ; (sigrllo) II, 187 ; in 193; rn. Francesca Conti II, 196, lega con i Colonna 2 t6 ; condottiero lI, 218-9, 221-2;h guerra con Seze II, 225-6; (tuga a Mantova) 11,231,241-5; furcesso e duca

ll,

sentenza) Iacobella

ll, 232-4i (ritorno a Sermoneta) ll, 245-6. l) 284-5, 3ll I m. Baldassare di

(di Onorato

Brunswick-Grubenhagen 293-4, 299t despotessa di Romania 299; (testamento) 317; (sottomissione a Ladislao

II,

2-3. e morte) Iacobella I (di Giacomo IV) ll, 24, 35. Iacobella II, m. Paolo Margani Il, 152, 160,187-8,219, 235. Iacobello o. Giacomo I. Iacopo (messer), prob. parente di Pietro vescovo 52. Ieronimo, di Guglielmo II, 218, 231, 242'

I

I

Ildizio (l176) 39.

di Anagni (1223) 40. Leone Prefetturio (di Docibile I) 21. Leone Prefetturio (di Docibile II) 14. Leone II, duca di Gaeta col nipote Giov. V (1015) 18. Leone (di Onorato VII) l2l ; m. Vittoria Colonna II, 194. Lucrezia, di Ruggero (l) II, 91. Ludovico (di Giacomo IID II, 39. Luigi, cardinale II, 199.200. Iohannes,

I, di Costantino (86ó) " glorioso.ipata , 9. Il, di Docibile II, duca di Gaeta 14, 16; (moneta)

3.

Marino III (di Marino II) 14. Marino IV, padre? del card. Gregorio di.Anagni 26. Maru (sorella di Docibile II) 16. Mattia (avo? di Bon. VIII) 4l-3. Mattia, capitano di Manfredi 43, 45,47, 52t ll, 139. Megalù, badessa (sorella di Docibile II) 16. Michelangelo II (di Enrico tl) 88; II, 230. Nicolò I, di Rolhedo Ill passím,. m. Violante della Ratta 206; m. Giacoma Orsini 249'50; ottiene il cingolo militarc 253; (vittoria su i gaetani) 252-3; (guerra con

Terracina) 253-256; (espugnazione

sio II.

bile

Marino

di

Sessa) 254-5;

(guerra contro Giovanna l) 256-7 | (corsari del conte) 255; (battaglia di, ltri) 257-60 (presa di Traetto) 26t ; (trattative con Giovanna l) 265-8; (contrasto con Cola di Rienzo) cap. XXXII; (guerra contro Tom. da Cecano) 278; muore di pate 235, 250,270, 282,

Il (di Onorato lll)251 tll, 104-5,.l08, l4l, l5l-2, 156, 158, 165, 195-6, 199, 231, 234, 241; creato cavaliere II, 91, 104; fidanzato a Bannella Gaetani II, 96-E; imprigionato II, lll.3, ll5, 120, 122, 126-7, I E7 ; (tentativi di liberazione) II, I 30- I . 134 ;, m. Giacoma

Nicola

Orsini II, 148; liberato ll, 134, 150; (condotta col Colleoni) II, 153-4; m. Eleonora Orsini di Bracciano II,

.l89, 153, 160, 187; condottiero del papa II, l9l-3, 213,215, 216.9; in lega con i Colonna Il, 189-90, 193-4; ribelle alla Chiesa II, l9l ; sconfitto a Civita Lavinia II, 192-3; (testamento e morte per veneficio) II,

217 -8. Nieolò, cardinale II, Onorato I, di Nicolò

ló0, 208. I; I, parte passím;

(gioventù) 278-90; Anagni 282-3; m. Caterina del Balzo 284; espugna Ferentino 285-6; occupa Sezze 28ó; (diritti su Ninfa) 287; (colpo di mano su Roma) 2E9; rettore di C. e M. 290, 293, 303-4, 319, 322: istigatore dello scisma 292; governatore di Roma 292; (letten di S. Caterina di Siena) 294-6; (scomunica) 286, 295, 297, 304; (parentela con Giovanna I) 299 ; bene6ciato da Clemente VII pp. 301-2; (prima guerra con Velletri) 303 ; signore

di

(guerra con

i Palatini) ?04,309;

(espugnazione

e di Norma) 305; (guerra contro

i

di

Ninfa

Durazzesi

e contro

;

(governo)

Rona) 3l I ; si schiera con Luigi d'Angiò

3I2

314-6; (sigillo) 314; (confine dellostato) 314: (fondazione di Castellonorato) 314-5 ; (attività nilitari) 316-7; (tregue con Bonifacio lX) 118-221 (congiura per ripristinare i banderesi) 321 ; (navi corsare) 321 ; (cingolo militare) 322; (conguta) 322-3 i acquista terreni nel rione Campitelli di Roma ll, 199; (disfatta e morte) 318,324t (tatamento) 2E4-5; ll, 3, 31, 65-6, 138, 148, 175, 198, 233. Oaorato III (di Giacomo IV) 251, 270; signore di Sermoneta ll, 26, 18-9, 4l-161,179, lE2, 199' 231, 233' 235, 241; riceve Federico III imp. II, 51, 157; (lite con Ant. Colonna) II, 55, 98-9; (sue diftcolta per il

ll, 6O-2; compera Cisterna Il, 67; (tutela dello zio Francesco e liti) II, 7l-82, 851. (sigillo) II, 83; (pace con i Conti) II, 85; (alleaua con

pmesso dell'Acquapuzza)

gli Orsini) II, 85, 100; guerreggia ne[e Marche II, 85-6; (penitenza di Ninfa) II, 86-7; (attività edilizie) II, 87.92, 140-l; (condotta con Sigismondo Malatesta) II, 100; (tregua del Volturno)ll, 102; partigiano di Gio-


Indice dei vanni d'Angiò

ll,

106.134t ribella Terracina,

II,

I17,

156-7; governatore di Monteessino II, 123; (cihari) ll, 124t, perde Aquino ll, 128; (sua paga) ll, l2$-9t al servizio di Marino Marzano ll, 129; (tregua con Iseraia) ll, 129, 130; si arrende a re Ferdinaudo ll,133.4; sce

le

nuoyo con Giovanni d'Angiò II, l5l ; costruiferriere di Ninfa II, 155; ospita Paolo Veronese

di

Il, I 59;

(testamento e morte)

II,

135, I 59,' 160 ; m. Ca-

ll, 74, 83, 23lt 235; (monumento sepol159-160; (autografo) ll, 160; (suo carattere)

terina Orsini

crale)

II,

Ir, tó0-1. Onorato IV, di Bonifacio I (1542) 251 ; 11,65' 177, 230. Onorato, figlio legittimato da Ruggero II, 27. Onorato VI, di Michelangelo I, monsignorc9,38-9, 228; ll, 230; acquista la spada del Valentino Il, 241'Et acquista il Codice della Divina Commedia ll, 248.. Orso (magn. sig.) (1163) 7, 39. Perna, di Gaetana, m. Matteo-Rosso Orsini (t 1280) 37, 70; 197. Perna (1284), m. Nicola Bussa 93. Pema, di Costanza Stefaneschi 71, 279.

ll,

Perna, nipote di Giacomo Stefaneschi, madre del card. Anibaldo da Ceccano 37. Petrus ll, in Marchia Anconitana gen. rector 52. Pietro (1159) 38-9, 91, 125. Pietro (l 177) ll, 200. Pietro (l 193) 39. Pietro, conte d'ltri (1239) 46, Pietro, di Filippo (1240) 46' Pietro I (fratello di Roffredo f) 43,92; Pietro Viatico 46'8;

di Todi 5l'3;

vesc. di Sora 46; vesc. la pace fra Todi e Amelia podestà

procuratorePer

47: libeta Comacchio 4E; di Todi 48; vesc.di Anagni 4E:.ll'203'205'

209. Pietro

II, di Roffredo tl, parte I passím; 11,54'5, 135, 147,

155-6, 159, 197, 200-3, 205, 246 ; m. Giovmna da Cec' cano 50, 160, 221,251; conte di Romagna 6E; consigliere di Carlo II di Napoli 96, 160; conte di Cmerta 96, lO2, I 35, 163, 208 t vende i feudi minori I 00 ; vende Ca' serta I 0l -2 : costruisce un palazzo a Torre Caietani I 04'5 ; acquista motini dai monaci di Monte Mirteto I I I ; acqui' sta Ninfa 115-6, 218; trasferisce uD tesoro da Anagni

a Rona l2?; signorc di Sgurgola 125-6' 173; marchese della Mare Anconi.ana 126, 152, 160'3, 167'8, 174, 202, 22,6, 233,2E6i acquista il lago di Paola e il nonte Circeo 130, 260; podesta di Orvieto 138, 160; corn' pra beni in Orvieto l3E; castello di Giove l4l' 217; la torre delle Miliùe 146-7; signore delle Milizie l4E, 163; perde Ninfa l4E; restaura Capo di Bove 153; 155-6; rettore'della Marca Anconitana e del ducato di Spoleto 160; promuove la costruisce la Civitas Cajetana

guerra contro

i

Colonna

I

69 ; podestà

di

Ferentino I 84 ;

fa pace con Giov. da Ceccano 185; acquista Falvaterra 214; i beni di R, Frangipani in Terracina 260i (palaao nuovo in Anagni) l14, lól; (sigillo) l0l, 160; (torre nuova in Anagni) 122, 160-l; ucciso 102, lO5,153, lE2-3. 192,202. Pietro lll, di Onorato IV (1562) 88, 251. Polissena

(di Onorato IID

II,

152'

Railaldus RoÉridi de Uberto 38-9. Roasa

u.

303

Caetani;

C ae t ani:

cospira

nomi

Rogasia'

Rodúgo 270.

Rolhedo (avo di Bon. VIID 38, 40. Rofhedo I (padre di Bon. VIII) 42-9, 53, 205, 251. Rolfredo II, di Roflredo I e di Emilia Patrassso 49,63,92-4, 96, l 0t, lo3, 1 35, 193, 196, 205, 226 ; 11, 203, 205 ;

m. Elisabetta Orsini 4E, 216, 251; senatore 79, 2A5.

di

Roma

ll,

Rofiredo III, di Pietro II, parte lpasím; 139, 147-8, 167, 207, 210; m. Margh: Aldobr. 76.7, 96t divotzia 134, 139-41 ; m. Giov. dell'Aquila 95,99, 135, 137-E, l4O-205, 235, 249; m. Cat. della Ratta 100, 205, 234,250:. rettore di C. e M. 128, 135, 149, 163, 205; detto il " Conticello 135,208i riceve il cingolo militare I 36 ; condottiero di re Roberto I 49, 205, 209-1 0 t podestà in Siena 207: (ballata politica) 208-l 0; (questioni con i terracinesi) 252; (canllete) 2l 0; (mpnete senatoriali)

"

205, 226; (opere) 210-l; (testam€nto) 250; (morte) 225, 235, 245-6; (sepoltura) 2l l.

(di Nicola II) II,

Rogasia

Ruggero (feudatario nel

218.

l24O) 46.

I (di Iacobello lll) 251 ; 11,8, 22,32-4, 3E-9,44, 46, 79, 105; in guerra col mon. di Montecassino II, 27; m. Francesca Conti II, 27, 9l-2; fa legittimare i figli Il, 27, 30; rinunzia a Sermoneta Il, 34, 3Ei ribelle a Eugenio IV pp. II,37; tutoredi OnoratoIIIC. II,39; trucidato ll, 40, 46, lll-2. Sancia (di Nicolò I) 250, 267, 278, 2E6, 322. Sveva, di Ruggero I, m. Orsini lacobello ll, 27,38. Ruggero

Sveva,

di

Iacobello

Ir, 55,

Colonna Lorenzo Il, 36,39, arbitra nella lite Caetani-Colonna

III, m.

78-E0, 85, 92, 187

;

98.

II, capostipite dei G. di Pisa 4, 32. Caetani d'Aragona u. Gaetani d'Aragona. Caetani della Fargna: Ugo, di Docibile

Rita 4t. Teresa 4l .

Caetani della Torre 271; (archivio) 39,lA6zo.Caetani di Filettino.

Caetani di Assisi: Filippo, cappellano del card. Fr. Caetani 233.

Caetani di Castelmola d.

Caetani di Filettino: 271-2,318;

ll,

Gaetani

conti della

di

Castelmola.

Totte 37,41, 105-6,

189,202,209, 236; (albero genealogico)

rr, t90: Aaatolio 105. Antonio (di Iacobello I) 272, 285, 323t 11,73, 190. Antonio (di Onorato II) 190. Antonio, di Giacomo (f 1500 c.) II, 189, 190. Bello I u. Caetani (Giacomo I). Benedetto

(di

Francesco)

Il, 189, 190.

Cristoforo (di Giacomo) II, 189. Cristoforo, vesc. di Laodicea (aut. biogr. Bon. Vlll) 84, 203. 174, Ftarcesca 272. Francesco (di Petruccio) II, 190. Giacomo (di Antonio) II, 37' Giacomo (di Antonio) ll, 189-90' Gianhancesco, di Orazio, m. Astolfi Vttoria ll, 203. Giovanni (di Francesco) II, 189, 190. Giovanni-Paolo (di Petruccio) ll, lE9, 190.

l9l. ll,

Lionardo (?) II, 189. Nicolò, di lacobello 272. Onorato (di Antonio) II'

82'

190'


DOMUS CAIETANA

104

Cagli (vescovo dit' ll, 242. Caiazzo (conte di) u. Origlia Pietro. Caieta, nutrice di Enea 8. Caíetana (Domus per gens) 48, 196, 2821 11,77, 160. Caietana (Meotia) f. Lautfridi de Anania 40. Caietanella, Gaitanella (case dirute di) ll, 202. Caietanus (lohannes) 23; o. Gelasio II. Caietanus (Petrus), procuratore (1282) del capitolo di S. M.

Caetani di Filettino: Orazio (di Pi:r.o) ll, 202'3. Petruccio (di Antonio) II, 190. Perna, di Antonio, m. Conti Nicolò Pompeo, massacrato dal popolo 272. Tuzio, di lacobello 272. Caetani di Firenze II' 208.

Caetani di Maenza 4l: Cristoforo (di Francesco) II,

ll'

73.

di

80.

II, 53. Caitanus (lohannes) olim Cais Irzio

Giovannella, di Francesco, m. '.. Caetani Palatino Ludovico (di lacobello) ll' 263,265. Raimondo (di Franceco) ll,2O9, 216.

Il,

78

Caivano

Covella, m. Stefano Colonna 37. m. Orso de' Bobo 37. Giovanni, di Crescenzio 37; o. Gaietanus (lohannes)' Perna, di Giovanni, m. Matteo Orsini 36-7, 41,216'279' Caetani di Selvamolle 4l ; u' Gaetani di Castelmola' Caetani Palatini 6, 37, 41, 128, 149'50,220, 223,

225, 236, 246-8, 27t-8, 28t,287, 298, 3A4'6'309: Alessandro, di Bouifacio, vesc. di Terracina ll, 78, 79' Antonio, di Giovanni (1335) 276'7, 304'

(t

Bonifacio

1340)

233,244'9,273'5i con'

giura per impossessarsi di Anagni 173' Benedetto, di Giovanni 277, 3Ol , 304'6; Benedetto-Onorato (di Benedetto?) II' 77.

ll, 2, ll'

(di

III) 150'

Benedetto

1

da Ceccano)

280;

(testamentol

223, 244' 273'

Bonifacio (di Bonifacio) II, 78. Boaifacio, di Giovanni 277, 294, 301, ?04, 306, 3lB' 327' Cecco o. Francesco. Federico, di Paolo 277. Francesco, Cecco, di Giovanni 277, 294,301' 3D4' Gian-Felice, di Bonifacio 128. Giovanna, di Bonifacio, n. Raimondo da Supino 273' 275' Giovanni,

di

(t

Bonifacio

1370) 247' 251, 267' 273'7,

282, 284,286-7, 294,301,3014; n' (1355 ant') Vannozza di Nicola Conti 251, 273'5; prende Acuto 275; (sigrllo) 271, 277: ftrace con Tom' da

Ceccaao)

280;vende un quarto di Ninfa 304; (testamento) 276'7 i

(morte) 287;

II,

55.

Giovannfluigi, di Onorato (1548) 128' Lella,

di

Benedetto

IIl,

m. Gac. da Ceccano 219' 244'

Maria. Calatora (tone della)

Calatrava (casa, ordine di) 93, 162; o. Angelo di Orsara (S.). Calcarella, vena di acqua a Ninfa 120. Calcari (l'arco dei), . Calcarario > 288 ; II, I 99; u. Penna (La).

Caldora; u, Caudola: Antonio, conte, protonotario del Regno II, 109,

Calisto III pp. riprende I'Acquapuzza I 06. calitri II, 265. Calvet (museo) in Avignone 293.

Camenio o. Kamenio. camera apostolica ll,

Pietro-Paolo

(di Bonifacio)

ll' 80' 150' 190.

Rita u. Margherita.

di

Giovanni 277, Z.enobia, di Federico (1527), ultima del tamo 277. Caetanus (Rodericus?), Fundorum et minturnensis comes 270'

Tuzio,

ll4,

103,

274,

79, 197, 222, 229-?0, 234'35t

o.

(Antonio de). Camera delle Bombarde Camera stellarum

in

Castelnuovo

ll, 215; o' Rodrigo

Il, ll2.

Borgia (casa di).

Camerario (Cencio) 108. cameraria del Regno

II, 196; o. Antonella

d'Aquino.

camere nove, pinte etc. o. Sermoneta (rocca di). Camerino (signor di) ll, 242. Camerlenga Contessa

II, 196; o. Antonella

d'Aquino.

II, 85, 192. di ronda 155; il, 254; o'

Campagra Qa)

190.

120.

Introitus et Exitus; (depositario della) o. Spannocchis

Miozia, di Giovanni, m. Nicola III da Ceccano 276' Nicola, di Bonifacio 247, 276' 280. Onorato, di Gan-Felice, 128.

II'

II, 61, 99, l0l'

Calvi (città Ai) 94, 96, 100; II, lll, Cambio (Arnolfo di) 60' 65, 82-4.

cammino

Pietro (di Benedetto III) 219. Pietro, di Giovanni 294, 3Ol, 304.

ll0,

II, 32, 37, 43-7,

Caleno 26E; ll, 274. calice II, l7l. Calisse prof. Carlo 4. Calisto II pp. 227.

Lucrezia, di Benedetto lll, m. Erm. Monaldeschi 204' zl9' Margherita, di Bonilacio, m. N. Anibaldi 276' 286; ll, 55' Miozia, di Benedetto III, m. Tom. da Ceccano 251, 273'

(di Bonifacio?)

rct. (1327) 223. ll, 254; u. Sermoneta (rocca di).

Calandra (Nicola),

camice

251,273.

Paolo

Bove.

(duca di) o. Alfonso I d'Aragona, Carlo, Ferdinando d'Aragona, Roberto; (duchessa di) o. Sfona Ippolita

Giacomo, capitano d'arme

219'20, 222'5,275'6t 251' 27t; podestà di 244, 220' 207, Conti m. Maria Anagni (l 3 I 5) 21 5, 27 3 ; podestà di Todi (l3l 6) 27 3 (dissensi con Francesco ll C.) 224; (pace con Tom' ll

Bonifacio

di

99, 100-1, lll, 149, 161,207,212, 219, 222, 234, 274; II, I10, 127, 217, 260; (di) u. Ruffo;

Calabria

Gaetana,

di

civ. Napolli (1201) 22.

ll, 265,274.

Cajetana Civitas o. Capo

Caetani di Roma 7, 36'7, 4l:

Benedetto,

Sermoneta 122.

Caietus o. Portus.

Francesco u. Caetani (Francesco III). Iacobello (di Francesco) ll, 77, 78.

Cecilia Metella, Ninfa'

Sermoneta (rocca di). camowa

ll,

172.

7, 14,38,

40,

4t, 46, 59' 68' 7l' 9l'2'

128, 115, 16l-2, 170, 173, 184, lE6, lEE, 195-7, 208-10, 212, 214, 219-20, 223, 228, 236, 257, 261,265,271, 273-4,276, z$l, ?05, 314. Campagna e Marittima 6, 40, 95-6, 128, 135, 149, 16l, 163,167, 182, 187, 204-5,211, 219,223, 225,235-6, 247 -8, 252-3, 272, 282-3, 286, 290, 292-4,302,304, 316-9, 322-4;

ll,

97'

ll7,

125, 197, 2lB, 244,

236r (carica di rettore) 292; (eotte, signore) o. Cae-

I); (famiglie principali) 241 ; (giudice gen.) u. Norcia (Matteo di Pietro da); (guerra) 297'303t

tani (Onorato


Indice dei nomi (legato) rr. Carvajal (Bernardino); (ret'

;

(guerriglie) 3l I

tore) o. Balet (Guglielmo de), Bertrando, Bongiovanni, Bonvillaro (Ugo di), Brancaccio (Carlo), Caetani (Bene' detto III), Caetani (Onorato I), Caetani (Rofiredo III)' Fieschi (card. Ludovico), Geraldo, Mansuetis (Mansueto de), Raimondo, Sanseverino (Tommaso), Tiberti (Napo'

di), Vintron delegato da Clemente VII)

leone de'), Vintron (Roberto (Ruggero): (rettore

(Onorato

l);

(rettore per Bonifacio

de Rodez o. Caetari

IX) u.

Maffrolo;

u, Marcellini (Arnolfo): (vicario generale) o. Castelnuovo (Bernardo di), Puntignano (Atto di); (luo' gotenente) u. Rinaldo; (vicario pontificio) u' Roberto re di Napoli; (luogotenente di re Roberto) 242'31 (tector

(tesoriere)

u. Iohanues de Luca; Honoratus Gaytanus Fundorum, Campanie et Marittime comes 314. Campagnano ll, 274. Campana in Viterbo (i possedimenti di), donati a Pietro II C. r 48. generalis)

Carnpania Campella

u. (lo

Campagoa. basso

de la puza tartarena), nei campi dei sez'

z*i ll, 225. Campello ll, 274. Campidoglio 2E, 36, 60, 148, 162, 224' 262'3,321'2t II, ó6. Campitolii (porta) della roccà di Sgurgola 126. II, l18;

Campobasso

(Carlo di)

Campodimele ll, 2, 261, 274. Campo di Sermoneta ll' 145, Campofregoso (Pietro

II,51.

di) ll, 97,

cannoni

II,

Cannucceto

Alessandro

di

di) Il,

189.

l8l, 229t ll,138, 195, 217,274: e storia) l5l-7; (chiesa di) u. Biagio (S.),

52,147-8, 16l, (descrizione

Nicola (S.). Capodiferro o. Pandolfo. Capodiferro de Madalenis Evangelista II, 67. Capo di Vacca (torre) 152. Capo Silice di Altura (detto) 130 o. Sasso, Capocci (torre dei) 145: Giovanni, costruisce una torre 146. Nicola, vesc. tusculano 284. Capodimonte (castello di) ll, 216, 221. cappa con scappuccio ll, 172. Capranica ll, 240. Capriate (castello di)

Cap

II,

54.

Alfirellus 312. Augustinus 312. Bonusannus 312. Caprolace (lago di), presso Fogliano 94,115, l2ltll, 53-5, Capua 9-12, 18.20,29, 44, 88,94, 99, lE5, 193, 214, 221, 269,311-2; 44, 98, tl4, 179,263-4; (arci-

ll,

vec. di) o. Caetani (Antonio), Gaetani (Giordano) ; u. Giovanni principe di Acaia, Leonardo; o. Eboli (Guglielno

Erasno (torre

di) u. Roberto, II, 176;

96;

Alteville 312,

compra Vairano 100; logoteta

e protono-

tario del Regno lE5. Fabrizio ll, 170, l7E. Francesca, m. Onorato G. tl, l19, 178, 180. Giacomo, compra Atina 100. capuani 269. Capuano, di Sessa Auruuca 254.

Caracciolo:' Antonella, contessa di Traetto, vedova di Baldasare Aragona ll, 172. Bernardo, vicecamerario 102.

II,

G. di

51.

di

Giovanna

ll) il,

?2.

Pietro (1121) 22.

di) II,

Cantagallo (Giovanni

7.

Cantelmis (de); Catherina 31 2. Iacobus 312. Rostainus senior 312.

Can tel mo: Pietro Gampaolo, duca di Sora II, I l0' I18. Restaino, conte di Popoli II, 195'

Ser Gianni (graa siniscalco di Giovanna ll) ll, 19,20, 43, 178. Traiaao II, l8l. Tristano, scriuore II, 178, l8l. Caraczula (Caùerina), baronie Capistrelli dominà 312. Caraczulus (Petraconus) 31 2.

Carafa:

Canterano (castello) 222.

Andrea 31 7. Oliviero, cardinale carbonchio ll, 206.

Cmtolio (lohannes de) 312.

Carcassonne

Sigismondo

II, l5l.

274.

Capasso Bartolomeo

2l-2,

Capece (Marco) 212. Capecelatro 97.

Capistrelli (baronia) 312; (domina) o. Caraczula (Catherina). caPitali II, 84. Capitanata 216; o. Ponte Albaneto. Domus,

(principe

ll, lE2; d. Ferramosca Rinaldo.

Bartholomeus, comes

Carlo

ll,

di S.);

Gualtiero Viola (commisario

(diritto) 199,

Canossa l7l.

Capalbio

ll, lO7, 274.

ro (de):

Bartolomeo

V.

presso Fogliano

ll, ll4, 125. Cecilia Metella), Civitas Caietana,

di

Bove (Tomba

Capua (di):

carost 123. canonico

Capo

(da)

106'7 '

230, 236, 256,

di Pantano,

Silvestro (S.).

Braccio da Montone; (pitture nella cattedrale)

Campo Rossello Il, l5E-9. Campo Saraceno, presso Fornia 10. Campolinus dictus Musciattus, mercante 172. cancelleresco (stile) 26. Cancellieri (Andrea) (1381) 310. Canne, Cande Qe), peschiera di Fogliano 11,30, 54'5.

di) u.

(in) o.

Capodacqua, presso Cassino

di), 148,228.

Campo Lazzaro (questione di) 28ó. Campo Morto, presso Conca (battaglia Camponesco Domenicuccio ll, 43, 45.

Candia (Pietro cani ll, 196.

Capite

305

l-2.

39.

ll,

263.

'183.

Cardinali (Giovanni de') II, 197. cardo Il, 180. Carinci Gian Battista 7, 43, 155, 184, 190, 277. Carinola (Alessandro di), n. FJngarda 99. Carità (ospedale della), in Todi 46; (priore) u. Bentivenga; (6gura della)

II,

carlini d'argento 267

t

E9.

papali,

del Reame, coronati

II,

I 70.


DOMUS CAIETANA

306

Carlo Carlo

I

d'Angiò 22, 53,93.

(i) II, ó5; u. S.

Castellari

II d'Ansiò, re di Napoli 33' 6l' 63, 65, 67, 73-4, 76, 79, 96-8,100,2, 105, l4t,143,148,160-2,178, " t82, 185, 188, 203, 213,216, 234, 249; ll, 205; (pace cou Carlo di Valois e re Filippo di Francia) 93-41dona Caserta a Rofiredo II C' 135; (discordia

con Bonifacio VIII) 163 ; (statua bio ?) ó0. Carlo III di Durazzo 3ll-41 ll, 4.

di Arnolfo di

Cam-

Castelli Adriano, cardinale ll, 244. (di) 178 o. Orsini (Napoleone); (terra

Castello

in Anagni 39, 50, 9l-3,161, 174, l9l ; 100, 202; (casa, quartiere dei C. in) 5l' 172; o.

Castello (contrada),

Il,

u. Castelnuovo. 260; (torre del) 268 o. Toraldo; (il così detto), presso Formia 314; ll, 21, 102;, (tenuta di), presso Ci-

Castellone

ll,

sterna

35.

Castellonorato

314-5t

Cmtellonuovo

in

ll,

21, 32, 48, 261, 265, 274.

27

7,

27

9,

30

l,

3t

I ; ll, 92'3,

I

58-9,

274; (battaglia Ael 1379) 29E; (chiesa di S. Ago' stino) 244' (signore di) o. Ceccano (Giovanni I da); (stemma del card. Anibaldo da Ceccano a) 279. Caryino 233, 235; ll, 274. Carrara (conte di) ll, 8, 22:

Caetelluccio

II, 108, l18,

Cagtelluccio

di Valle Maggiore, in prov. di

Castelluzzo ll, 274. Castel Mattia, detts <

ll,

II,

II,

86.

249,

(S.) 34; u. Bista; (di

San)

o.

Cecchi

33, 49, 96, l0l-2, 16l, 163, l0z,2A5'6, 2O8, 2t7, 249' 3l2i alieuata a Bart. Siginolfo lOt; donata da Carlo II a Rofiredo ll C. l35 t (vendita) 192; ceduta al conte di Telec 193; (conte) Il'

Caserta

216,

2OO-1, 205 o. Caetani (Pietro, Rofiredo

l[);

Cassano (vesc. di) 88; rr. Caetani (Bonifacio). Cassaro (principi di), discendenti dei G. di Pisa

ll, 98' ll2'

II, ll4.

Cctelpizzuto ll, 274. Castel S. Angelo u. Angelo (S.) Castel Tiberio u. Tiberio. Castelvecchio ll, 77, 80, 274. Castel Volturno (Castellamare) II, 107-E. Castiglia (di) o. Isabella regina di Napoli, Govanni gola. Cutiglione (Baldassare Aa) il, 243' castoni II, 84. CastracaDe (Castruccio) 213. C6vo lt, 274. Castro Argento (conti di) 6, t4. Castro di Maremma 219. Castrocelo II, 83. Castrovetere 45. Catacombe (alle) 152 u. Sebastiano (non. di S.)

in

Sicilia 34'

Catanzaro (dD

98-9; o.

125.

RuÉo. (messer)

Catenazio di Anagni lite anagnino

II d'Ara-

50, 53,

l5?' 198;

uri'

ll, 135:

(nob.), di Teobaldo 1234'

ll2.

di Guernà"?on€ 198. Veroazzone, Guernazzone, Gernazzone, Bernazono' Bernar' dino 50, 153' 198. Teobaldo,

313:

ll, ll8,

ll, 97-8, ll5,

l3O.

129.

ll, 2, 48, 108, ll2' Gandolfo ll, 240.

Castelforte

Caterina (mon. cisterciense di S.), in Gaeta

261,274.

\,

Caterina Caterina

Castellamare o. Castel Volturno.

di Stabia 2lO;

ll,

Cattanei

26.

Castellani Fortunato Pio (orefice) 88. Castellani Michele, ambasciatore fiorentino

II,

imperatrice

Siena (S.)

di

29.

Russia

ll,

248,

di Rogasia d'Eboli II' 39. G. L. II, 232-3,236, 240, 242, di Traetto,

damigella

Caudola o. Caldora:

ll,

19; da

289, 294-6; dei Funari (chiesa di S.) 288; Caterina (s.) 172, t76-7.

Castel Giove u. Giove. Castellaccio o. Castel Mattia. Casrellamare

C. e M' 205.

catalani 186, 190, 199' 228, 269,319. Catania 35.

41.

Castel

(contea

274.

Castel dell'Ovo 311, di Sangro

240.

27.

Castelpiero (Simonetto da)

ll, lll, ll4'

.

t26-7, 130, 133, t52, 165, 187, 25E-9,260-2. Castelnuovo Parano

Cassino Cassoni (padre M.) Castagnaio o. Pian.

214, ZEl

Castelnuovo (Bernardo di) 128; vicario gen. in Castelnuovo di Napoli l0l,2l4, 237, 3ll;

Carvaial (Bernardino di), cardioale Il, 218' Carvera (chiesa di) 162; (rettore) o. Martinez (Lorenzo). Casa del Cardinale II, l4l, 255; o. Sermoneta (rocca di). casa de coyro II, 180. Casa dei Siguori II, 135; o. Sermoneta (rocca di). Casa Selvatica ll, 274. Casacanditella II, 29. Casal Pizzuto II, 4E. Casalmaggiore, presrc Creurona

" l9l,

al Cstellaccio

41, 234-5, 237; ll, 210, 274; (eastellano) u. Gaetani di Castelmola (Carlo), Gaetani di Napoli (Fran-

Castelmola

Cartagine (l'antica) 169.

Castel

233t lI,

II, 200; o. Anagni, Castello (con-

Castellum novum (ubi dic.)

cesco, Giacomo). di Campagna

Canoccio (messer), catalano 199.

il,

Foggia

274.

Castelnuovo

Ardizone (da) II' 29. Obizo (da) II, 29.

di)

ll, l0E, 261.

Campania

trada).

Carpineto 233, 243 -6,

Casciano, Kassiano (Lorenzo).

de

Anagni.

Carpenhas 229-30.

Il,

di Nicolò

Papa) lE6.

Castello Novo

Carlo IV re, incorouato (1355, 2El. Carlo V imperatore 237. Carlo VIII, re di Francia ll, 176, 220'2, 236,257'260' 262. Carlo, duca di Calabria,6glio di reRoberto 149'50,212'3, 222, 274; u. Angiò (d')' Carlo Martello, re di Napoli 77,93'4,96' carmisino (velluto) ll, 172. Caroli o. Ludovicus.

casamatta

Andrea (casale di), .Grotta di

Nottole.

Iohannes Antonius 312'


Indice dei

Maria, di Tommaso II iunior, m, Iacobello I C. 251,271, 290. Nicola III, di Berardo III, m. Miozia C. Palat' 276, 278.9, 298,301-2, 318.

Lisius 312. Raymundatius 312.

Cava dei Tirreni (mon. della SS. Trinità di) 22. Cavalli (contrada), in Roma 277 ; o. Monti (rione)' Cavallo (piazza), in Gaeta 13. Cavata (6ume) ll, 145, 147-8, 225;, o. Sezzs. Cavatella (6ume della) Il, 144-5, 147 t o. Sezze. Cave 206, 267, 276' 281; ll, 240'

NoÉo 246, 301. Orlando 248, Patia, di Berardo

IV, strangolata 280. Perna, m. Tom. II da Ceccano 71. Riccardo u Vetulus (di Govanni lll) 243, 246-7' 251, C. 204, 244. 280; scon6tto da Benedetto Rinaldo, di Giovanni III, sconfitto da Guglielmo d'Eboli

"

283; o. Gaetanella.

Cea o. Porta. Ceccacci Casali Giuseppe 103'4. Ceccano 3, 4, 37 -8, 40, l9l '2,

243, 246, 248' 280, 305 | 274 ; (possedimenti dei 265, 262, 240. 236, ll, 2, 49, Caetani)9| ; (contrada detta la Pietra Rea o del Mal' consiglio) 173; (S. M. a Fiume presso) 241, 244,279.

Ceccano (da)

famiglia passím; (guena fratricida) 244i

(albero genealogico Da Ceccano-Stefaneschi)

7l;

(genea'

C.) 24?, 245, 2711 (dí'

i con i C, 274; con Giov. Palatino 276:

logia) 224i (guerra contro scordie)

(pace

con Pietro Colonna) 276; (stemma nella cattedrale di Aaagai) 279t Anibatdo < Gaytani de Gaytani ", di Berardo II, card' di

S. Lor. in Lucina 71, 262, 265,279; (stemna\

241 ,

244,279.

Anibaldo, iltegittimo di Giacomo I (sigillo) 279. Anibaldo I (di Landolfo ll) 224Antonio (di Berardo IV) 280. Bello o. [Giaco]Bello II. Berardo (di Nicolò II) 79. Berardo ll, di Anibaldo l, m. Perna (Caetani?) Berardo Berardo

307

Ceccano (da):

Caudola:

Cayetanella

nomi

III (di Toronaso IV, di Tommaso di

Ceccanese,

Berardo

II,

II) 7l' 318. I, m. Franc. C- 98, Gdanzata

224. Stefano, card. (princ. sec. Tomasello 246-8. Tommaso Tommaso,

Tommmo

251.

a Stefaneschi 71.

Fr.

264. Francesco,

Giacomo

I

di

278, 280.

Riccardo 28'{-5.

(di Berardo

lI)

219, 244, 246'7, 251, 278,

284. [Giaco]Bello Il (di Berardo lll) 276, 278, 3lE. Giacomo, da Trevi II, 148. Giordano, mrd. (l196> 243'4. Giovanna, di Landolfo II, m. Pietro C. 50, 160, 221, 243. Giovanna, di Landolfo lll, m. G. Stendardo 100. Giovauni I (di Lardolfo I) 243. Giovanni II (di Landollo Il) 173' 184'5, 243. 173, 185, 204, 224. Gior\*oi III (di Anibaldo 173, 185' 192' 243. Goffredo (di Giovanni Guglielmo (di Landolfo lI) 244, 274. 5E' 137' 145, 147. Lando (Landolfo I) Maiore Landolfo II (di Govanni l) 160, 173, 186, 192, 243.

ll,

l)

ll,

(llD

92. Lofredo (di Berardo IV) 280. Margherita, di Riccardo, contessa Cabannis 246: ll, 72-3. I-andolfo

Ill

I

272,

C.) 278; mutilato

da

da Ceccano 280.

III (di arelli:

Tommaso C ecc

Francesca,

Berardo

IID

278.

di Govaani II, ó6.

di Sezze 315, 318; lI, 6, 65'6. Luigia, di Giovanni II, 66. Cecchi di San Casciano (Lorenzo) II, 60. Giovanni.

Il,

144.

Berardo II, 24. Giovanni II, I 12. Giutiano, m' Terina G. II' 49. Paolo II, 12, 24, 60. Stefano 305. Celano (conte di) o. Colonna (Odoardo).

Celetino

Tommaso

(lll\ 244,

I, di Anibaldo I, seniore 224; ll, l4E, di Ber'ardo, m, Miozia C. 251. II (di Berardo lI, 71, 224, 244, 251,

Celano (da):

7l'

III) 100. It (o I), m. Franc. C. 224, 251. Francesca, di Giacomo I, m. Giov. Conti 298. Francesco, trucidato (1339) al banchetto di Anagni 246' Francesco

243.

276, 2791' (guerra coa Nicola

V pp.63, 74,85, l0l, ll2, 136, l6E,

199; u. Monone (Pietro di);

Franc*ca (di Landolfo

di

XIll)

Ceci Getulio 53. Cecilia (monastero di S,)' presso Sezze Cecilia Metella o. Capo di Bove.

Cecco o. Francesco IIl. Cicco (1336) 246, Francesca (di Berardo II) 71. Ftancesca,

lll

Bartolomeo) 62-

Celio (il) 77; o. Roma. Cenci Pietro, romano, congiura contro Cencio Camerario, Líbet Censuum Ceppagatta II, 29. Ceppaloni 11, 74, ll8, 274.

ll,

i banderesi 321. 197.

Ceprano 91, 203-4, 233, 235' 283, 316t, (presso) Cereti (comes) o. Sanframondo (Nicola di). 264. Cerignola (battaglia dr) o. Ninfa. Cerreto, Cerritello (selva di) Cerreto Alto I13. Cerreto la Croce I13. Cerritello (tenuta) II, 55; o. Cerreto. Cerro (contrada àel) ll, 224. Cerrone Astore ll, 224. Cervantes (de), arcidiacono II, 87. Cerveteri ll, 217.

ll,

Cesare (Giulio)

ll,

Cesarii Grossi (Élia Cesarius

Cse

ll5;

53.

d.) 22 u.

Sicelgarda.

(S.) ll8.

(Q

I13.

Cesena (vescovo

di Vico, m. Carlo de

196'7,

(leggenda riportata da frate

di) tl, 219,

Ccsi (Carlo de') II, 105. Chalant (Antonio de), card. Chartularia (torre detta) 28.

241

II,

;

60.

o. Pietro Menzi.

II'

108.


DOMUS CAIETANA

308

Chiaja (riva di) ll, 184; u. Napoli. Chiana (di) u. Val. Chianzano (il conte di, 212. Chiara (chiesa di S.), in Napoli 194,

Chiaramoute (di): Costanza, di Manfredi

Grce (maga) 129.

Grceo (monte) 203,222,264,313.

Chiesa Romana

II,

Mirteto

199,

287; prepcti a S. Maria di

lll ; (monastero delle) II, 203;

Monte

o. Anagni.

l2l , 316, 318 ; II, 6, 35, 76-7, 80, 90, 145, 156, 193, 200, 222,235,

24; (cancelliere) o. di Pisa (Gacomo);

privilegi) I 77 ; (tesoro I 90) ; (registri) I 90 ; (guerra contro i Colonnesi) 202t h domibus S. R' Ecclesie 218; (tesoriere) u. Cortonis (Giovanni de); (vicario in Filettino) u'

di Acuto 277;

cotloca pubblici parlamenti di feudatari 288 ; (rettori) 289; (dignitari) 291, 293 ; (debito) 292; (capitaao gen') u. Carlo lll di Durazzo; combattuta da Onorato I C. 318. 84.

Ciacci Gaspero 140. Gacconio Alfonso 20, 38, 44-5 t ll, 207 ' Ciano di Benedetto, di Anagni 248. Ciambariconi (Antonio di Giovanni) II, 60'

238,240,274 ; (descrizione e storia) ll, 64-7 ; (selva detta di Ninfa) I 13; (incantatori) 196; saccheggiata da Ludovico il Bavaro 223. Citera, amante di Cornelio Gallo

II,

89.

Gttà di Castello 39, 207 t, ll, 16. Città Papale 140.2; o. Palestrina. Città Reale (di) o. Giacomo.

ll,

Gttadella

251

Cittadi ni: Celso

;

u. Sermonera (rocca di),

208, 210. di Neri di Ranieri

Simone,

210.

.

Cittadino (Mario), magister lignaminis dei- Colonnesi 169. Cittaducale (governatore di) II, 28. Gttanova (vescovo di) u. Giberto veneto. Cividale (can. di) 221; o. Caetani (Francesco). Civitas Cajetana di Cecilia Metella II, 138,274i o. Caietana, Capo di Bove. Civita Castellana ll, 212, 238, 242.

Civita Lavinia

ll,

192-3, 240.

civitella 235, 245. Clemente (S.) 70; (card. col titolo di) o. Tommasi (Giacomo

Cibo:

ll, 217. Giovanni Battista, etetto papa II, l9l I u' Innocenzo VIII. Ciccus Antonius de Urbe (magister) II, 88. Cicerone, Tusculane ll, 174, Cicia, nutrice di Guglielmo C' II, 196. Ciciliano ll, 240. ciclopiche (mura) 98, 107, 170, 186; o. Alatri, Norba, Pa'

Gaetani); di Ninfa (mon. di S.)

Franceschetto

lestrina, Roma.

Cifra: Francesco,

lI,

Cisterna, Cisterna Neronis, Tres Tabernae

127.

(S.) passrn; (riforma)

e

II,

Felice.

cisterciensi (monaci)

Gelasio ll; (banchiere) rr. Caetani (vicario gen, in Tuscia) u. Amator lohannis; eredita Ia contea di Fondi 99; (questioni matrim. di competenza) 100; (diritti) 205; su Ninfa I 14; (feudali) I 16; (beni ceduti dai C,) 123; contende il dominio sul contado aldobrandesco 135, l40t cede Val del Lago a Orvieto 138; (beni urbani in Orvieto) I 38 ; (protettore) u. Francia (casa reale), Roberto re di Napoli; (prerogative) I 7 I ; (scritture

chocome

129-31, 260, 307, 317t ll, u. Marino da Formosa, San

Ciriaco (cardinale di S.) ll, 232; u, lsuali Pietro, Roma. Ciro e Giovanni (martirologio dei SS,) 38.

313.

Bussa (Ruggero)l protettrice

94, l2l,

156-7, 264t

Circo Flaminio

Manfredi 313. Oddolina, m. Dego della Ratta 206, 314. Chiaromonte (via), in Gaeta 14. Chiamento (frate)

ll7,

98,

Clemente

lll

Clemente Clemente

lV pp. 47-8, 72. V pp. 44,72, lOO, I82,

antipapa

ll8.

25-6, 129. 189, 194-5, 197-201,

203-5,215,221, 302; vuole riondurre la concordia tra i baroni 128; (bolla) 177, l9O,192,199-201,203; (elezione) 229; (partenza per Avignore) 241 ; (norte) 23Ot o. Goth (Bertrando di). VI pp. 250, 254, 265, 267,279, 288, 302. Clenente Vll antipapa 225, 297-305, 309,318; ll, 4,59, 167 o. Roberto di Ginevra; (bolla) ló1, 287, 293-4, 299, 300, 304; (stemma nel museo Calvet in Avignone) 293; (iacorcnaúone a Fondi) 293; (truppe bretoni di) Clemente

di Nicola lI, 219.

Giacomo, del notaio Giacomo ll, 62. Giovanni ll,219, 225-6, 230,232. Nicola, di Pietro II, 219. Pietro II, 219. Cigliano 212. Cimbro (seggio di), della region Furcellense 22; o. Napoli. Cimminis (Georgius) 3t2' Cina (la) 270. cingolo militare 136, 253, 263, 322; u. Caetani (Nicolò I' Onorato I, Roffredo IID, Cola di Rienzo. Cinta Nuova (strada della), a Itri 258. Cinthiis (Giovanni de), procuratore di On. I C. 2E8. cinto II, 84; o. corregia.

;

297 assenagliato in Sperlonga 298; (stemma in ltri) 301 ; parte per Avignone 302; muore 319. Clermont (di) u. Isabella regina di' Napoli. Cluny (mon. di) 27; (abate) o. Ponzio; (tomba di Gela-

sio

II)

31.

cocchiarini II, 19ó, Coch E. (H.), incisore 199. codice 70 o. Gorgio (S,).

ll,

Coelatis Altitudinis (bolla di Alessandro CofÉano

Vl) ll, 236,

240.

265,275.

Cola di Rienzo 202, 209, 246, 260, 262-70 ; (tdbunato) I 50, 235, 243, 262, 288 ; (anonimo biografo) I 36, 241, 262 ; (supposto littatto) 262i (cingolo militare) 263; (caduta e uccisione) 267. Cola, m. Notto di Buonaccorsi di Pisa 67.

cioccie'll, 172. Ciociaria (la) parsín,' o. Campagna. Ciofolecto nigro (schiavo) ll, 173. cioppetella ll, 172. Ciorlano ll, 274. ciotola II, 84. Ciprignano (Gpriano)), presso S. Germano 5. Gpro (di) 299 o. Maria; (cardinale di) o' Ugo

'

Cola (di) u. Angelo.

di

Lusignano.

Colacicchi (farniglia Anagni.

di Anagni) 103; (palazzo)

ll,

202 1 o.


Indice dei

collaro d'oro II, 180. Colle Canne (lo) ll, 224. Colle de' Brettoni, prmso Velletri 309.

di), in Abruzzo 222t ll, 275.

233, 271 , ll, 275. Collemezzo (Pietro di), vesc. d'Albano 4ó. Cotleoni Bartolomeo II, 85, 99, 105, 150, 154; (condotta Collemedio

di Nicola C. con) ll, 152-3. Collepardo 317 z ll, 240. Colonna (rocca di) 169. Colonnesi panlm; discendenti

Colonna, Alberico

4;

167 -9, l7 (lega con

l,

(guerra con r

i C.) 68, 76,

del

marchese

100, 102, 149'

88, 90-4, 203, 205-6, 213, 243, 286 : 1

i

Da Vico e gli Anguillara) 68; (rocca in Palestrina) 68; cardinali 72, ll2, 168, 130'l o. Gia' como, Giovanni, Pietro (palazzo in Avignone) 231 ; scomunicati I 12; (proceso Caetani'Colonna) 72, ll2,

;

l9l ; (compromesso del 1305 con i C.) 100' 188; (feudi coufiscati) 107; (dominî su Ninfa) I l2-3; (archivio) I 14' 244, 27 6 ; (càre in Roma) I 46 ; (quartiere preso SS. Apostoli) 146-7; possessori diCapo di Bove 157; (crociata ló8, l7l, 197, 202, 217 ; (feudo di Nepi) ló9; (stato) I 70 ; (famiglia) 201, 212.3 t II' I 19' I B5' 187'9' 222, 236, 238, 244-5, 262-4 i (geaealosia) ll, 23 t espo' nente del ghibellinismo 213-4; (pace del 1327 con i C.) ribelli a Eugenio IV pp. 267; ottengono Marino II, contrQ

3l;

II, 92: alleati dei C. II, 150, 189, 193-4; si impossessano di Fondi II, 176, 260-5; in guerra con gli Orsini II, 187-196, 223; s'impossessano di Sermoneta ll, 240: :rrmo di Palestrina, di Paliano 267t o. Mutino

V;

di gente d'arme) o. Turella (Domenico); Sancia C. u. Colonna (Stefano). Agapito, di Giovanni 69, 116, 267 7 ll, 23. Agapito, di Pierro tt, 23. figli

(capitano

di

Agnesina, m. (1360 ant.)

Giov. C. 236,283.

lV C. II, 23,

177.

Agneina, m. Onorato Anna II, 23. Antonio, principe di Salerno II, 23. 36-7, 92, 134, 188; in lite con Onorato III C. ll, 55, 98'101.

ll,

A,rcanio

(1494)

Fabrizio

11,23, 187, l9O, 193-4,217, 222, 236,260,

221. Ascanio, di Fabrizio II, 23. Ascauio (Colonna?), monsignore II, 196. Caterina, m. Antonio C. di. Filettino ll, 23, 190.

263-4. Giacomo,

card.6l,68-9, 116, 190,23Q'2t

S. M. Maggiore in Roma) Giacomo (1458) II, Giacomo o. Sciarra

Gianni,

di

Stefano

C. di Rienzo

170.

i

Giovanni, di Stefanello e di Sancia C. 267 ; ll 23; orga. nizza un colpo di mano contro Roma (1397) 321.323. Ieronimo, naturale di Antonio II, 188. Landolfo (fautore di Bon. VIII) 170. Lorenzo, di Agapito, conte di Albi II, 23, 30.1, 36, 92. Lorenzo, di Odoardo, protonotario 23, 187, 189-90. Lucia, di Stefano, m. Tebalduccio da Vico 68. Ludovico ll, 26,32. Mabilia, sorella di Oàdoae 243. Marcantonjo, di Ascanio (t 1585) II, 23. Marcantonio, principe ll, 96. Matteo (fautore di Bon. VI[) 170. Nicola; di Stefanello e di Sancia C.267,321.3;11,23.

lI,

Nicola (1464)

II,

150.

Oddone, di Giordano ó8. Oddone Novello (1216), fratello di Mabilia 243. Oddone, cardinale ll, E,23,30; u. Martino V, Odoardo, duca di Marsi ll, 23, 36. Ottone (fautore di Bon. VIll) 170. Petruccio, di Stefanello II, 23. Petrus de Columna (sec. XI) 3. Pierantonio, signore di Paliano II, 187. Pietro, di Giovanni, card. ó0-1, 68,72,76,85, 115-6, 136, 147, t68, t83, 187-90, 194-5, 201-3, 212-3, 226-7 , 230-2 i ll, 23 ; podestà e rettore di Ninfa I l2-3 ; cognato di P. Savelli 157; (processo coniC.) 170; reintegrato

nel cardinalato 190; dimora in

II' 23. Pietro, di Stefanello e di Sancia Pompeo, cardinale ll, 263.

Pietro, di Giordano

C.

capo delle milizie sotto

in

Giovanni, padre di Giov. badessa 69. Giovanni, senatore 79, 116; ll, 23, Giovanni, card,, zio di Stefano 168. Giovanni, di Antonio, cardinale 11,23, 187, 190,

Capite

9l-?, l0l'

130'

ll, 23, 128, lE7' 189, 190' 192-4, 217, 222, 245; si impossesa di Fondi ll, 261-4.

Rodolfo 301. Sciarra (Giacomo)

64,78,85, I16, 128,

l8l,

183, 185-6'

191, 218,222; 11,23; (congiura contro Bonifacio VIII) 173.8; (leggenda dello schiafio) 177; occupa il mon. di Subiaco 185; u. Stefano Stefanello iuvenis, di Stefano iunior (1344) m. Sancia C. 267, 286. Stefano, m. Covella C. 37.

322t

ll,

231

Stefaao (1293), padre di Lucia ó8. Stefano, detto Sciana 68, 74' Stefano (1312) 157. Stefano, detto seniore, di Giovanni 222, 224, 250, 267 t ll, 23.

Tancia

II,

ló8,

l9l'

263, 265-7

t ll,

206'7, 214, 23.

23.

marchesa

di

Pescara

Vittoria, m. Leone C.

Silv.

270.

Prospero, condottiero

Vittoria,

69.

'

t49.

II,

ll,23t

267

Prospero, erdinale 11,23, 36-7,78,

di Stefano seniore l0l. Stefano (145E)

ucciso 266.

Avignone

231.

Stefano,

Giordano 317. Giordaao, di Agapito ll, 23-4,30-1, Giordano, di Odoardo ll, 23, 187. Giovanni, badessa di S. Giovanna,

di

(mosaico a

l0l.

263;

265

309

Colon na:

Cola u. Muzo, Paroni. Colapietro (di) o, Antonazzo. colcetra de penne II, 84.

Coltefegato (castello

norni

II,

ll,

23.

194.

.,. (zitella di casa), frdanzata a Rodr. d'Aragona 245. Coloseo 28; ll, 65; u. Roma. coltellera de argento II, E5.' coltra II, 84, 165. Comitissa Rubea o. Aldobrandesca (Margherita), Commestibili (piazza), in Gaeta 12. Compagni

(Dino) 34, 56.

Componiscis (Lallus de), comes Montorij 312.


.--."---

a

-:

DOMUS CAIETANA

310

cona di legno ll, 172, Conca Il, 169,275. Conca (Ettore di) 46. concha II, 84. Concilio o. Costanza, Pisa. conestabile del Regno (gran)

Co

II, 26;

II,

Congiunte

(le), nelle paludi pontine

196.

di

(Va)

II,

145.

Gaeta) 23-4.

Consalvo (card.) 84. Consalvo o. Femandez Consolare

o. Montone (Braccio da).

di

126"E.

ll) ll)

Cordova.

u. Appia, Via.

consorteria famigliare

II)

Giovanni (di Corrado I) 127. Giovanni, di Littefrido, card. 49. Giovanni, proconsole 49 t, ll, 9. Giovanni (deuo Conti). 103. Giovanni (1305) 203,214,248. Giovanni, cardinale II, 9. Giovanni, di Giacomo ll, 9, 124, 150. Golfredo, dí Gualgano di Sgurgola 3E, 125. Golfredo (di Gualgaoo. 127. Govitgla? (di Gualgano 127. Grato II, 9, 24, 34, 38, 85, 92-3.

l9l,

confettiere

Coniulo (famiglia

nti:

Gordano (di Corrado

4, 6, 14, l9'

di

36, 125-6. Gualgano I ?

Constantio (Ludovicus de) 312.

Gualgano, sig.

Consulta Araldica 6.

Gualgano

(ll)

Contatori, Contatore 254-5, 317. Conte (piazza del) Il' 201 ; o. Anagni' Conte della Tosa 143; o. Baldo (Bartola di). Contelorio 49. Contessa Camerlenga II, 196; u. Antonella d'Aquino. Conti (casa) passím; signori di Sgurgola 125, 127 z (torte) 145; (famiglia) 11,18,92, l5E, 201; (albero genealo'

Gualgano

III (di Corrado l) 127. IV (di Corrado II) 126-8.

grco) 127;

Adenolfo

II, 9:

II'

9. Adenolfo, proprietario

di

Gavignano 75.

Adenolfo, di Giovanni 297-8, 301, 303, ?17'8. Adinolfo, canonico 51. Adinolfo da Supino, vesc' di Conz.:- 126'7, 173. Adinolfo, di Mattia (l 193) 39. Agnesa, di Filippo di Jenne 49; (sorella di Al. tV) 92. Aldobrandino, di Giovanni 298, 301. Aldobrandino, Ildebrandino ll, 9, 24' 34, 38' 92. Alessandro, di Nicolò ll, 73, 82.

Alto, Aldo 11,9, 22, 24, )4, 38, 67, 77,85; avvelenamento)

ll,

(tentato

92-3,

Francesca,

di

Bruno,

n.

Gugl. C- 251

231-2, 234, 243-5.

"

di

Sgurgola

126-7.

9.

Nicola, di Mattia (Conti?) 153. Nicola, di Montefortino 246-7. Nicola, padre di Vannozza 251, 273, 277. Nicolò, m. Perna C. Il, 73, 82, Oberto, di lldebrando (1068) 49.

di

251

Trasmondo 49.

Rinaldo, di Filippo di Jenne 44, 49:, u. Alessandro IV. Rinaldo da Supino t84, 186, 226; u. Supino. Roberto, di Rinaldo da Supino 185. Sagace

II, 9. II, 9, 24, 34, 38, 85,92.

Simeone

t II' 8'

9'

ll, 9, 196' 216,

(di

Gualgano

lll)

38, 125-7.

II,

9. Torquato ll, 203. Tommao da Morolo 184. Trmnondo, di Littefrido 49. Tristano, di Filippo 49. Ugolino, di Tristano, della famiglia Conti di Anagni, vesc. di Velletri 49, ll0-t ; ll, 147, 2Ql; o. Gregorio lX. Vannozza, di Nicola, m. Giov. C. Pal. 251, 273, Stefano

di Grato 11,9, 124, l9O-1, 196,

l[l) II,

Ruggero

Francesco II, 9. Gemma (di Corrado l) 126'7. Geronimo' vescovo di Masa II, 196. Giacoma (di Corrado ll) 127. Giacoma II, 9. Giacorro, maresc. pont. 109'

Giacomo,

273-6. Mazia (di Gualgano Nicola, di Giovanni

Riccardo,

Federico,

22, 24, 27, 92.

Lirrefrido, di Amato (1124) 49. Lotario, di Trasmondo 49; o. lnnocenzo III. Lucido, cardinale II, 9, 38, 92-3. Maria (di Corrado ll) 127. Maria, m. 1123 Bon. C. Palatino 220, 244, 249, 251,

244. Pietro II, 9.

lll)

di Bruno ll, 9, 244'5. Filippo, di Utolforo 49. Filippo, di Tristano di Jenne 49. Franwa, di lldebrandino, m. Rugg. C.

Ildebrandino o. Aldobrandino. lldebrandino, di Valmontone 251, 317. lldebrando (l0lE) 49. Ildebrando (1332), vec. di Padova 150. Litolforo, di Ildebrando (106E) 49.

Ottaviano (1204) 109. Paolo, preposto I 50. Paolo, milite 150, 214, 222, 246, 247 ; ia lega con Benedetto C. Palatino 248; capitmo dei gaetani 253. Pietro (di Corrado II) 1.26-8; (casa a Lunghezza) 168,

Alto (14E3) Il, 189. Altrude (di Gualgano lll) 125, 127. Amato, di Ildebrando (10óE) 3' 49. Andrea, di Grato ll, 9,93,95, 124, lÙg. Antonio II, 9. Avernin (?) ll, ?3. Battista II, 213. Bruno, padre di Francesca 25ltll,9, 196. Caterina, m. Raimondo C. di Maenza'll, 9. Corrado I (di Gualgano lll 92, 126'7. Corrado II (di Gualgano lll) 126-7; signore ll, 200. 126'7 ' Cubitosa (di Gualgano Federico, di Stefano II, 9.

Gualgano

Sgurgola

125-7.

277.

Conti < de Papa > o. Papa (de): di Mattia 173. di Adinolfo di Mattia, m. Ben. lll C. 251. Matalona, di Maaia di Adinolfo 50.

Adenolfo,

Aloisia, 221.

Mattia, di Adinolfo 50.


Indice dei Conti " de Papa ': Mattia < de Papa" 173. Nicolò, di Mattia 173. Conti di Jenne (l): Oddone Rosso II, 201. Rosso 49. Conti, signori di Sgurgola (i) 37. Conti di Segni (i) 279. Conti di Valnontone (i) 49. Conticello (il) 135, 208t o. Caetani (Rofiredo III). Convenano (conte di) o. Orsini (Francesco). Conza (vesc. di) 126; (arciv.) Il, 22 o. Conti (Adinolfo). coperchiata u. ciotola, coppa, salera. coperte de carriagio ll, 173. coppa ll, 84. coppa d'oro (investitura colla) l,{2. copputa o. tas6a. Copronimo u. Costantino V. coraglio (con) II, 84; u. broccha. Corbario (Anelius de) seu de Agotho 312. cordiale II, 170. Cordova (di) ll, 220; u. Fernandez (Consalvo). coregiola de argento

Corella (Micheletto) Cornelio Gallo

Corneto

II,

Marozia, m. Greg. Amati 51. Cresci Giovanni II, 150. Cretico tr. Metello (Quinto Cecilio). Crisogono (chiesa di S.), in Roma 23 Cúspano ll, ll2, l7l, 275. Crispoltis (i De) 128. Cristoforo (un certo) ll, 2t8. crocetta di diamanti II, 170.

i ll,

crociate

(le) 2Ol, 223, 2641 ll, 188,

crociati

(i)

207.

207.

33.

CrociGm (chiesa detta del), in Roma 61. Cros (Pietro de), arcivesc. di Arles 292. Cuccolo (Antonius Nicolai de) 312, Cuneo (conte ài) 297; o. Barbiano (Alb. da). Cupermni (comes) o. Enguineo (Ludovicus de), Brutius d. Thomasii 312. Freda, patruus Brutij et Lid'i 312, Lisius d. Thomasij 312. Thomagius 312. Cusano ll, 275. cuscinj (facze de) II, 85.

ll3.

89.

132,207,219,288.

Coronati o. Quattro (i SS.). Conadino di Svevia (leggenda) 307-9; ll, 139. Corrado, arciv. di Nicosia 320. Corrado (Antonius de), de Luceria, fuàet 312. Corraduccio, del fu Filippo di Sant'Angelo II,27. corregia

gremensis card. 36; u. Guido. Ctescenzi (i) 24, 36, 152:

Curcumello (de):

II, I 70. lI, 2421 u. Micheletto.

Cori 109; II, 58, 61, 87, 147; (confrni tra Ninfa e)

3n

nomi

E4.

Correr Angelo u. Gregorio Corsi o. Ladrone. cono leonino (il) 26.

Xll.

(legato in) II, 103; u. (in) u. Lorenzo (S.).

D"hazi. Damaso

Scarampo

di

Mezzarora.

Daniaao (S.) o. Cosma e Daniauo (SS.). dammaschino

ll,

172.

Daúe 7O-2, 88, 132, 243, 246; (morte di Pia de' Tolorrei) 133-4;(anonimocommentatore) l4l, 158, 169-70, 176; o. Dvina Commedia. Danzi, farniglia ghibellina di Anagni 174. Datia, Azia, Accia (porta Appia) 156; o. Roma. Dattero (Gerardo) 47.

ll, 172. Davidsshn (Roberto) 58, 66, 134, l4O-1, 144, 163, 179, Corte (in) o. S. Pietro. 221. corteo pontificio 77. Decamerone (il, 33, 270. cortine II, 250, 251; 0. Sermoneta (rocca di). decine (peso) ll, 225. Cortonis (Giovanni de), tesoriere 236. Decretalium (Liber sertus) 74,215, 227 1 (iniznle tratta dal) Cosenza (cardinale di) II, 240, 246; o. Borgia (Francesco). 252. Cosimato (S.), di Rona 277. defeusor Urbis u. Montone (Braccio da). Cosna (S.), nei nonti d'Anagni 2261Ccx;ma e Damiano (SS.) Delfinato 202; u. Vienne. 38,70, 85; ll, 216:' (card. dei) u. Brekspear (Bosone), Demetrio, dua di Gaeta (?) II, 54. Caetani(Benedetto),Farnese(Alessandro); (chiesaecolle) denari II,197; (papiensis) ll, 196. Il, 200; u. Anagni, Dentice (Lui$), sigaore d'lschitella II, ll9. Cosmati (de): Desiderio, abate di Montecassino 24-5; ll, 2O7i o. YitAdeodato, di Cosma 16l,227, 229t ll,2O4. tore lll. Giovanni"84. Deux (Bertrando de), legato di Clen. Vl pp. 267. Cosmedin (in) u. Maria (S.). . Dacono (Pietro) 24. Cossa: dialogo con Ia Morte (il) II, 235. Baldassare, cardinale o. Giovanni XXIII. diamante II, 170,1, 180; pictho II,84. Giovanni II, 108, ll8-9. Ddaco u. Alvaro. Costa (tone da), presso Arragai 277,305. Difesa Marittima di Gaeta 13, Costantino imperatore 9, 176. Dlloto (Andreas de) 312, Costantino V Coproairno, imperatore 108, ll3. diritto canonico 74; di successioae 126. Coetaatinopoli 5,9, 17. Divina Commedia (Codice Caetani) II, 248; o. Dante. Cctam (concilio dt) ll, 1,22. Divitiis (de) 147; o. Salvatore (chiea di S.). Costanzo (Agelo dl\ 212. èir.onio 13941 ; u. Aldobrandesca (Margherita), Caetani Coucy (rocca) 146. (Fraacesco, Rofredo III), Pannocchieschi (Nello de'), Colonua (Piero). Crasso (Licinio) l5l. Crema (da) ll, 206; u. Govanni (cardinale). dodario II, 259. cortapisa


DOMUS CAIETANA

312

Domenico

di Fondi

II,

(chiesa)

(chiesa

di S.)ll, 174'5, 186; di

Gaeta

175.

Domicella, dama di Sancia duchessa di Calabria, m. Diego della Ratta 205, 234. Domes (des) u. Notre Dame, Rocher. Domus 0. Donarum papiensis ll,2l9r o. S. Giovanni (chiesa di), Pavia. Donato (San) ll2, l2l, 222, 233, 250,307 ; (confrni) I I 3 ; (castello) ll4, 122-4; (acquisto) I ló' 130; (toce) 122, 124: 11,77, 80, 147, 277 ; ceduto a Giacomo lV C' ll' 34,37.8; (chiesa) II,54; venduto a favore diLucrezia Borgia II, 235; assegnato a Rodrigo d'Aragona II, 240. Donato (S.), presso Pisa 30,34; della corte di Terra di Nome

Enguiueo (Ludovicus de), comes Cupersani 312' Enrico lll imperatore 20.

Enrico Enrico Enrico

abita nella torre delle

Caietana,

(oratorio

di) 30,

ll, ll2,

l7l, 275. Dragoni Drosu, di Gregorio, m. Marino G. 21. Du Boulay 51, 62. ducati II, 83-5, l7O-1,183, t87, 193.196'

216'9' 221, 225,231-2,240-1, 245, 248, 259; d'oro II, 198-9'

Duchesne (mons.

96, 162; Luigi) 23.

ll,

275.

Duèse (Gacomo), card. vesc. di Porto u. Giovanni XXII' 75' Dulce di Sermoneta (Gacomo)' castellano di Ninfa Dupuy (atti del processo contro Bon. VIII) 57' 67, 132, 178,

180, 199. Duraguerra (Pietro Valeriano), card. 148, 152' Duranti (Guglielmo), vesc. (1305) 190.

i)

Epicuro (frgura

di) Il,

89.

ll,

247.

29; o. Roma. (Earl of) II; 206. Este (archivio d') ll, 241; o. Modena. Esguilino (rione) Essex

Este (d'): Alfonso II, 2,10. Ercole II, 120, 153, 158, 188,243. Francegco 228.

Ippolito, card.

II,

216.

Isabella, m. Francesco Gonzaga estense (cronaca) 267.

signori

lf, 211,240,243'4,246.

di Gvita Lavinia II, 192'3'

lll

card' Vtelleschi II, 44; d'Angiò del Regno II' 48; dà Tenacina in feudo a re Alfonso II, 17; scava il Rio Martino [],

Il, 37; invia nel napoletano il

Eberhurd 81.

investe Renato

Eboli (d'): 39.

Capua 19i' 199, 224' Macchia, Monteroduni e Montaquila

Guglielmo, sig.

Pietro, sig. di

di

109. Roasa, Rogasia,

di

Pietro, m. Giacobello

II,

39,

III C' Il'

39'

Tommaso (1240) 46. eboraceose, ebocense (tesoriere)

u. Caetani (Francesco II)'

Eboracum u. York. l0l. ebrei (gli) 201; 192. eclissi solare Ederado, conte di Traetto (1049) 24. Eleonora di Portogallo, imperatrice ll, 5l'2, Edoardo II, re d'lnghilterra (t307) 190' 200' Egeo (mare) It, 103' Egidio (monaci di S.) 31.

ll,

ll,

9l'

Egitto 30.

Eitel Anton 75, 160, 202Elisabetta, m. Guidobaldo

di

Montefeltro

ll,

244'

elmo 219: II, 208. Elsa (torrente) 142. emblemi o. araldica. Emilia (senatrice), m' di Giovanni III duca Emilia di Guarcino ú. Patrasso (Enilia)' Enilio Lepido, distrugge Norba 107'

(di Omero)

I'

r 48. Eugenio (Cesare

D')

20.

[,uprariola, di Scherano famulo 14.

t09.

Enea

2Q2-3;

guasta la Civitas Caje-

2362 Girolamo, di Guglielmo card. II, 192-3. Guglielmo, card. di Rohan II, 67,78, 152'3. pp. l0B-9, 129. Eugenio Eugenio IV pp. l12;11,77,85,92, 102; fuggeda Roma

Ladislao, Margherita:

Carlo (duca dil 237 255'6, 260, 269'70' (di Carlo III) 313.

II,

in Italia 148,

Epfanio (stemmi degli) il, 2A7; o. Vittore lll. Erasmo (S.) 2,{.5; (cattedrale), a Gaeta 13' "15.6; (torre),

ll, 241. Estouteville (d'),

Giovanna

Gasparra

;

u. fattucchieria'

envoùtement

estensi (legati)

311'3'

Durazzo (ài) 313; o. Carlo III'

cala 149

tana 155; incoronato in Roma 156, 203; muore 157, 204, 213. Enrico IIl, re d'lnghilterra 54. Enrico d' Inghilterra (principe) 132.

II'

durazzesi (guerra contro

Milizie

presso Capua 94; (castello) 3ll-2. Erchemperto t 0, Ercole, artefice della spada del Valentino Erode (figura dD II, 89.

Douet d'Arq 232.

216, 235. Ducenta (castello Aù

IV imperatore 25, l7l. V imperatore 26-9. VII imperatore 44, 2l8t

di Gaeta 18' 2l '

Europa

ll,

103. Eustachio (maestro)

al concilio di Parigi (1290) 60. evizioae (Gdeiussione contro) 150. Ewart de Bar-sur-Aube 230-2. Fabrat ria (l'antica) 243t t. Ceccano. di), nedico di Boa.

Fabriano (Manzia facze u. cuscinj. Faenza

20E:

It, l8E,

Vil

pp.

103.

236, 242; (tig. di) o. Astorre (Man-

fredi). Faggiuola (Uguccioae della) 160, 213.

Faito o. Bosco. falangatico (diritto di) IL 55. Falcone (Eumicello detto) ll, 148,225. falconi II, l5E, 173. faldistorio di Federico II inp. 76. Falsari celebri (i) 70, l7l ; o. Lanciotti. falsifrcazioni nell'arc' Caetani 5' 34. Falvaterra

214, 235, 249, 250, 283'42

265, 275.

"

famiglia

"

dei cardinali (la) 230.

ll'

49, 236, 240'


Indice dei IL

Fa+rulo (Giorannì), csslel{ano de-ll'Acquapuzza

ll2;

ll, 213-6, 122-3; (parentqla in Roma) ll, 214-5t

con

i C,) il,

Regno)

Il,

rettore del Patrimonio

ll, 223;

u. Paolo III

di

-lacobella

C,

di S. Pietro ll, 222t

ll,

"

219;

(autografo)

ll, 122, 214. ll, 214. Gabriele, di Pierluigi ll, 214. Geronima, Qirolama, di Pierluigi ll,

Zl4, 216, 221.

Giulia, detta u Gulia Bella o, di Pierluigi

lI, 2l6t

i (sculture) ll,

prigroniera

215; "

dci francesi

ll, 122,213-4,

Sposa

ll,

di

Chrirto

>

It,

8, 10,

ll,

18,23, 174, 177.

214,222, 233,249, 271,

da Federico d'Aragona vesc.

di Alife

ll'

ll'

264.

24.

Feniglia (porto di) ll, 275. Cattolico, re Ferdinando

di

265-6. Ferdinmdo I, re di Napoli

II, 95-260 Passími succede nel

il

Regno

II,97;

ll,

di

Alfonso

II,

re di Napoli

Spagna

ll,

(guerra nelte Marche)

220, 260, 262'

Il'

100;

II, t70,

31

dichia-

ll,

II ll,

Il, l5l, 158' 188-9,240, 243,247;(Porta Leone di) 2281 (sig. di) o. Este (Alfonso, Ercole d'). Ferraro (mons. Salvatore) E, 17, 24t ll, 175. feudale (terra) I 16; (nobil$) 2E6; feudali (diritti) I 16' l23i (servizi) 9ó, l14. feudatati (pulblico parfamento éi) 236. Fiandra (maresciallo di) 157; o. Anibaldi (Riccardo), Colonna Ferrara

(Stehno); (conte di)

ll,

206.

Fieschi:

Luca, card. 149, 175, 177' l9E; rettore di C. e M. prefetto di Fondi 323. Ludovico, card' 318. Ottoboni, card. 54. Fiesole (chiesa di) II, t 7; (amnrinistratore) o. Antonio Caetani (card). Fiesole (Mino da) 84. Fighino (Francesco de) 172, u. Papa (De)' Conti. " Figli di Mattia " Filaqi di Candia (Pieuo) o' Alessandro V papa. Filettino 37,41,233, 250, 271, 285' 318' 323; ll, 82, 189-90, 202-3,275; (castello, rocca) 105, 2'l2i (san'' tuario di S. Nicola) 272; o. Caetaqi. Filippeschi (i), in Orvieto 45, 204, 218. Filippo II, re di Spagna 11,266. Filippo il Bello, re di Francia 54' 57' 67,72'88, 163, 182,

l9O, 192-4,222i (pace di Tarascon con gli Aragonesi) 93 ; (confiitto con Bon. Vill) I 7l ; (ambasciata a Perugia) lE8-9; (persecuzione contro Templari) 195' 200'li

i

123; cattura a tra' Monteassino al card. Scarmpo 133; (sottomissione di dimento Giacomo Piccinino 133.4t si oppone alla condotta di Onorato III C.)

Fiodo (AntoaiQ It, lE5. fiorentine (truppe) 202,264-5; fiorentini

l-2,

40.

ll,

ll,

t

2.

(calunnie contro Boa. VIII) 200; falsario 206. Filippo, coate di Fiandra (sigillo di) Filippo, del qd. l,ombardo (1204) 109. 137-8, 140-1, lóE. finestre bifore

Domus,

II,

180.

II, l0ó; (guerra in Calabri{ II, ll0-l; concede feudi a Onorato G. II, I 12 ; (guerra in Tena di Lavoro) II, l13; (attentato allasua vita)ll, l14;vince aTroja II, 115, 129; o*iene Terracina I[' l17; cede

rato 6upp$to

lt,

IL 220,

rurore

Ferentiro 183, 223, 233, 273, 2El, 317 ; (possedimenti dei C. in) 91, 186; (dioceci) 92 u. Selvamolle; (ard" vio) 173; capitano o, Supino (Rinaldo da); (guena) lE4; (beni dei signori di Supino) lE6; (fuorusciti)

ll,

294 11,35. 3E, 72, El, 109, ll8, 277t cedruta a Giacomo IV C. II, 34, 37; distrutta da Alfouso V d'Aragbna II,48, El, ll7; ceduta a Oaorato C- lI, ll7-8; (quistione di) Il, 122; restituita a Nicola C. ll, 134; (storia) II, 156-8; (vendita di) II, 235; assegnala a Rodrigo d'Aragona ll, 240; bruciata II, 241 ; saccheggiata

183;

fermans (vesc.) u. Bongiovaani, Vecchi (Antonio de'). di Cordova (Gonsalvo), detto il < Grau Capitano " 220, 262; contro il Montpensier U, 260; cattura 263t alleato con i 261 ; in Sisilia Onorato G. 264; sconfigge I'esercito francese II, 2ó5. Colonnesi Ferramosca da Capua (Rinaldo) II, lE2. Ferrando, Ferraute o, Ferdinando t d'Aragona

;ll,

S. Felice (Angelo de),

VIII) ll,

Fernaodez

Federico Il d'Aragona, re di Sicilia ó8, 109, 148, 16l'2' 178. 220, 241 , Federico d'Aragona, re di Napoli (1501) l3l 26t ; (lettera a Onorato C..)11,262t si appoggia ai Co' lonnesi ll, 2ó3; saccheggia Sal Felice 11,264. Federisozzq, di Gacomo di Federico 147.

'

lRnecelzo

222, 236, 24A, 258, 262lelato re II, 260;

fermaglio

166.

Felice al Circeo (San) 129-31,

Ferdinandc II d'Aragsna,

Ferillus (Angeiillt$)

Federici Gjovanni Battista 8, 32' 97. Federici prof. VincenTo 34. Federico I imperatore 39, 81,97, 108; II' 64. Federico II imperatore 22, 43, 46, 99; (ftldistorio) 78. imperatore II, 104, 16l ; incoronato a Roma II, Federico ricevuto in Sermoneta II, 90-l' 157; ricevuto 51,

in Fondi

cel

ll,

ll,

lll 9l;

(pace

I 9 I -2 ; (comune) 184, 203 ; (epugnazione) 248, 285ó (cHem di) 79. Ferentinua (mag. Iohannes) (1196) 40.

221.

Guidotto, vesc. di Orvieto 221. 122, 213-4. Pierluigi, m. Giovannella C. Pietro Paolq, cugino di Alessandro ll, 223. Ranuccio 45. Farneto (nob. Pietro di), di Ranuccio 220, 275, fattucchieria (envoùtement) 230-1. Febbre (della) u. Madonna (cappella della). Fede (6gura della) II, E9. Fede (Giacomo Tutii) II, 40. Fe d ele: Barbare di Traetto 315.

Pietro (S, E. prof.) 4,

Il, l8l-2; i Il,

arresta baroni ribelli II, 184; (conf,ittoe paceson In. 195; muore in Castelnuovo 259. nocenzo VIII)

Ferdinando IV, re dj Napoli 13. Ferdinaqdo, capp. del card. Pietro Ispaqo 196.

di Pierluigi

222-3, 235

ll, l53i fa redigere ipven-

di

26t.

papa.

Angelo, di Pierluigi Bartolomeo,

Colleoni

Onorato II G. tl, 170, 257 : debitore verso Onplato II G. ll, l7l; concede lo srens.lq arago-nese ai G. II, 179, 209; (trattato qon i baroni del

Alessandro, di Pierluigi, card. II, 215,221; prigione in Castel S. Angelo 214; cardinal u Gonnella ll, esecgtore testamentario

il

Nicola C. coa

5E'

(palaz-zo

216;

,t3

tario dei beni

Fa4o (signore di) u. Malatesta Sigisnoudo. Faraonc (Giacomo), di Gaeta 259.

Farne-ss (i)

nomi

ll'

l7l'

201'

ll,

Finle

Heindc.h 51, 55, 58, 84.'5,

lO3' l?8, 221.

(i) 168' 209' 213'


DOMUS CAIETANA

3t4

264.6i (gena conho i) II, 95; fiorentino (Anonino).ó8,

169, 172,202, 204,2t0, 213,254,264 | U, 29, t07 116, l3l,l5l, 208, 232, 247; (Libreria Medicea) 32; (duomo) 58; (S. Maria del Fiore) 84; (fioriui d'oro)

l2?,315t in lega con Gregorio XII contro Ladislao II, l0; conferisce ciitadinanza ai C. II, 16; (ambasciatori ia Napoli) u. Albizzi (Rinaldo degli), Castellani (Michele); (trattato con re Renato) II, 95; (lega contro Venezia) II, I 53 ; (Biblioteca Magliabechiana) II, I 59 ; si accorda con Sisto IV pp. II, lE9; parteggia per Ferdinando I di Napoli ll, 195; (di) u. Caetani, Giovanni Anastasio. Fiuggi II, lE9; (sorgenti dD 103. Fiume (a) u. Ceccano, Mada (S.). Fiumetto D. Portatore. Flaviano (San), negli Abruzzi II, I 15, I 17. Flavio Anicio 4. Flavio Biondo II, 198.

sportate

rico III) il, 166; (palazzo G.) ll, 167-74,

lE0, 185, 197;

Fleury (Rohault èe) 77-8, 84. Florense (congregazione detta) I I I

; d. cisterciensi

(4nonaci).

Florentia, sig. di San Ci.iuliano, m. Amerigo de Sus 2ló. Florentino (Ambrosius de) 63. Flumicellum (flumen) II, 63. Foceverde ll3, ll5. Foggia (prov. di) 233; (conte di) ù, Montone (Braccio da). Fogliano (lago di) 94, ll4-5, l2l-2, 161 ; II, 53-7; (tom. boleto) II, 98; (vertenza per) ll, l0l; (centro di pesca) I, 275. Foir (Gof,redo di), abate 140-1. Foligno 45, 65, 70t (veseovo di) u. Caetani (Bartolomeo), Follaceca (?) ll, 275. Fondi, Fundi pcssrm,' (duchi) 6, 9l; (ducatd 10, 14; (duca) u. Marino II, Marino III; (contea) 14, 77,91,

95-t00, 129, 140, 233, 235, 252-3, 256,2E5, 299, 317 i l, 75, 102, t05, t07-8, I I I, t20, 124, t3t, 150, 166-7, 163, 195; (ereditiera) o. Aquila (Giovanna dell'); (conte) o. Aquila (GoÍredo I, Riccardo II, Riccardo III, Riccardo IV; Ruggero I, Ruggero II dell'), Caetani (Nicolò I, Onorato I, Rofredo III), Colonna (Prospero), Gaetani d'Aragona (Onorato Il, Ooorato III); (contessa) u. Aquila (Giovama dell'), Orsini (Giacoma), Aragona (Sancia d'), Piguatelli (Caterina); Fundorum et minturnensb cones ,. Caetanus (Rodericus); Fundorum, Campanie et Marittime comes o. Caetani (Onorato I); detto il " Conticello > o. Caetani (Roffredo III); (conti) 22, 41,91, l2O, 149-50, 205, 212, 246, 27 6 i Il, 7 7, 266 t (feudi nel napoletano) I 83, 2l l o. Traetto ; (guerre con i Palatini) 225 3 (decrbione, lago, mura castellane, bonifica idraulica, pavimentazione) 2 I l -2 ; $ oca) 2 I I -2, 253, 25 5, 302 ; (palazzo) 2l l -2, 284,293; (fuoruscito) u. Rossi (Pietro di Giov.), (vesc.) u, Tacconi (Leonardo); (convento deipredicatori) 287; (conclave) 293-4; (chiesa di S. Pietro) 2937 (nrtl;zie) 29E ; (rappreseutaute sindacale) u, Paulotti (Pucciarello); (mon. di S, Fraacesco) 314; (prefetto) u. Fieschi (card.

Fontanelle (acque minerali delle), presso Fiuggi Fontanil 105.

Fontanelle (delle) ,16, 53; o. Arcangelo (S.). Fonterabbia (Michele di) tl, 238. Forbino Palamede, vicario di Giovanni d'Angiò Forcella (sedile di) 22; o, Gregoio (mon. S.). forgia (in Ninfa) II, 155-ó.

103; fonte

Il,

Fornovo

ll,

220.

Foro Appio II, 148. Foro Romano 27. Fortebraccio (Oddo) u. Montone (da). fortiflazioni: delle castella acquistate da Bonifacio VIII pp. 79 ; di Niufa I 16; della fine del sec. Xll o del principio del XIll (caratteristicz) l45i della torre delle Milizie 146-8, 152-3; dt Capo di Bove 152-6; dei conti tusculani del sec. XI 152, l55i della Civiras Cajetana 155; delI'Isola Licaonia 16l; del quartiere C. in Anagni 174; di Selvamolle t84; r.r. Acquapuzza, Fondi, Sermoneta. Fortis (Enrichetto de), ambasciatore II, 107. Fortunato (chiesa di S.), a Todi 46, 48. Fortunato, ostiario Fossa

Alessandro III pp. II, 58, Castelnuovo di Napoli ll, 133.

di

di Niglio, in

Fossa Papale, presso Fogliano Foseae

II,

54.

Milis (carcere di), nella rocca di

Sermoneta

It,

di Sermoneta ll, 147. Fouquères (Arnaldo), vesc. di Sabina 149. Fracassa {capitano), u. Sanseverino Francesco, Fragagnani (casale di) 216.

Fosso

Francesca (strada) 132, Francesa..,, prima moglie di Ben, III C. 134. Francesco (S.) d'Assisi 63-4 i ll, lB5 ; (frati ninori di) 20, 46; di Massa Marittima (chiesa di S.) 133; del Monte iu Gaeta (S.) 20; di Orvieto (S.) 132; di Foudi (chiesa

di S.) 315; ll, 175, l7E, 185, 263; ía Roccagecca (chien di) II, 196; diTraetto (convento) 270; (chiesa di) II, 175; tomba di Rofiredo III C. 2ll; tomba di Giacoma Oreini 250, 270, 2E4-5; tomba di Nicolò I e di

Onorato

I C,

270.

Francesco, abate di Subiaco, de domo Ramaldielis lE5. Francesco (Luzio di), di Anagni 248.

II, 3;

u.

Francesco da Siena (commissario

di Pio II) ll, 127.

(S.), Maria (S.), Pietro (S.); 165-E6; (milizie adunate a) II,

Francesco da Trevi II, 148. Ftancesco Pietro Nicola, sindaco

di Alatri

(ambasciatori fiorentini Francesco

(corte del conte)

II,

a) Il, 291 (chiese)

40.

43, 99,267; (cronaca di) 40, 243; (priore del mon. di) II, E6; u. Andrea di Gacomo (fra). Focsella fueschiera di), presso San Donato 124;ll, 54-6.

Fossanova (badia)

Fraocesco

(S.),

I19.

II, l6E; (Antonio da) I lB. Formia6, 15,234;(mole) 9; (il cosìdetto u Castellone")314. Forno (Giovannella del), detta . Bannella ,, m, Gistoforo C. ll, 42.

Luca); re Ladislao si accampa presso la città II, 2; donata a Giacomo ll C. U, 3; assegnata a Onorato ll G. II, 48-9 I concessa ai Colonnesi ll, 176, 265; (trattato di) Domenico

177,

II, 170.1; (inventario) II, 172-4, (astrvioai sacre) ll 174-6; (opere d'arte) t[, 176.8; (titolo di proprietàdei G.) II,261 ; (confisca in favore di Prospero Colonna) ll,26l-2t (riconquista) II, 262-4;, la Portella, giardino detto il Januardo ll, 263t (giudiei governatori di) II, 2ó3. Fontana (castello di) 96, 193- ll, 275. Fontana Rammaldiua l9l I ll, 147. (tesoro)

Forlì

Flaynundo, Flaimundo (de Sancto) ,r. Sanframondo (di).

''

(proposta spedizione contro) ll, I 19; (scutture traa Sermoneta) II, l4l; (ricevimento di Fede-

74;

t33,147. Firenze 34-5, 41, 63, 75-80,95, lOO, 123, 158, 162-3,

Francesco

di Albeto 256. di Ottaiano lI,

125.

186,


Indice dei l7l; (rivoluzione) 212, 233, 302.; (govetno) 302; (esercito) 3l2l hancerli (papi) 227-8; (truppe repubblicane) 27Oi hancesi (i) ll, 220-2, 230, 244, 246, 260, 263, 266 ; occupano Sermoneta ll, 248; saccheggiano il cagtello ll, 2561. disfatti a Cerignola II, 264; saccheggiano Capua e entrano in Napoli ll,264t sconfitti da Gonsalvo Fernandez .ll, 265; (signori), pri-

francesc: (clero)

gionieri in Napoli II, 201 ; mal franzese Francesis de Fighino (de) 172. franci de pau (galee de) II, 261.

Il,

260.

Francia parslm,. (re di) I[ 95, lg7, 128-9t o. Carlo VII, Filippo il Bello, Luigi IX, Luigi X, Luigi XII I (ciuadella dei re) u. Audaon (monte); (lotta con il papato) 167; (agente in ltalia) o. Supino (Rinaldo da); (ampione) u. Grande (Govanni de Ia); (sceau de secré du rcy) 231 ; (chiese) I 16; (le bandiere, il vessillo) 174, l78t (i

di)

(patrimonio artistico) 233, 27Oz (torre di Giordano Orsini nel regao di) 3t6; (ambasciatori ospitati da Onorato IIt C.) il, I 5E; u. (casa reale di) protettrice di S. Chiesa l7l ; II, 2207 (gigli di) II, 95, 264i (gtido di guerra) ll, 263. Francisco (San) ll, I 72. Templari

201

angipan

i,

Fran gepanem, Fragapane, Fraiapane (origine del

41(i) 3,29, ll2; (quartiere) 27;signoi di Astura 75 ; (predominio in Marittima) 106 ; possessori di Ninfa 109; (discendenti) I t2; possessori del Circeo 129; (rocca Traversa) 317; (nella leggenda di Ninfg) 307. Benedetto, congiura contro Anagni (1340) 248. Biagio, di Deodata Rosa II, 66. Cencio, oltraggia Gelasio II pp. 28, 30; riceve Ninfa da soprannome)

Eugenio

315

Il

Fructo (Antonio de), erario di Onorato G. II, 163. Fucinum (castellum ad lacum) 53; o. Fogliano, Fulgiani (Navis) ll, 55; u. Fogliano Fumi L. (note agli Annali Urbevetan) 216, 218. Fumone 93, 106, 135; (castello, rocca) 40, ó3; (feudatario) o. Bussa di Anagni (Giacomo); o. Longhi (Alessandro). Funari (dei) o. Caterina (chiesa di S.); (via) 288. fundum, prigione della rocca di Sermoneta II, 40. fuoco greco 29. Fuori Mura (strada), a ltri 258. Furcellense (tegion) 22; u. Cimbro. Furno (Angelutius de) 312.

ll,

Fuscaldo:

II, 29. Giovanni II, 4. Fuzzella (Ruggero) di Traetto, maggiordomo Antonello

ll, 265.

I

Francisorum (societas) 172. Francolise o. Tone. Fr

nomi

108.

Giovanni, di Deodata Rosa ll, 66. Graziano (1217), rn. Giacoma l12.

Landolfo 193. Leone (l I 18) 28, 30. Nicola, di Deodata Rosa II, 66. Oddone (1198), di Pietro l0E-9. Pietro, padre di Oddone 109. Pietro, del fu Riccardo II, 65. Pietruccio II, 66. Raimone di Roma 130. Riccardo 260. Riccardo II, 66, Roberto, m. Oddolina de Aqua Putrida

Martino 152, Paolo 153. Pietro 152. Sabo, di Martino 152.

3-32, 41, 96, 99, ló1, 2lO, 235, 252-66, 3Ol, ; ll, 5, 21, 32, 44, 45, 9E, I 19, 207, 2lO, 262; (dtcal 8.16, 36, 9l , 97 o. Caetani, Aquila

Gaeta

315,321

dell),

II, Mariao II I (ducato) 7, 7, 20; (peryamene) 7; (diritti sulle chiese) 17; (ipata) o. Giovaani I; (ipati) 32,79; (Riccardo

9l, 97;

II,

56.

(de) u. Musciatto. Frascati ll, 173, 192, 240; (pre*so) 223 o, Molara (cmtello della).

P.

Docibile

(stenma)

(cattedrale) o. Erasmo (S.); (chiesa cattolica sopra le cantine di Docibile II) ló; (golfo) 15, 98, 163, 2ll I (monete) I (vesc.) o. Bernardo; (palazzo ducale) 14-6:'ll, 197; (da) o. Gelasio II; (famiglie ducali) 97; (signori) 129; feudo della Chiesa 162; (Mole) o. Ca. stelmola; (proventi detta dogana) 234; (doganadel sale) 237; (personaggio eminente) u. Faraone (Giacomo); (fuga di Pio IX a) 293; (esilio dei Dutano) 313; (castello) 313; (guene e tregua con Crist. C.) 11,22-2, 32 ; (vicerè di) IL I I 7 u. Gaetani Baldassare; (chiese di) 175; (msediata !a Gonsalvo di Cordova) 264. Gaeta (Di): famiglia 6, 19-22,24,41 ; (stemma) 7; II, 210 ; (denominazione de Gaieta o Gaietae) 19 :

7;

ll,

Ftanzesi

Frati (C. e L.), Indíce delle caúe ìlì Frati (Ludovico) 60.

153:

Cecco 153.

.

Ill pp. 108-9.

E. (1146), nipote di Cencio

Gabelluti (i)

BíIanclottí 80.

Fratte (e) 11,27, l0E, 261,275. Frédol (Berengario), card. vesc. tusculano 74, 200. Frigellis di Traetto (fratelli de) ll, 262. Frigento Giacono di Acquap'"2a. (vec. di) II, 58, Friscilone (impresa di) ll, 265.

Frishga (Otton. di) (t ll5E)361(".".di) o. Radevico. Frizzillo (Sebastiano) di Traetto, m. Barbara Fedele 315. frontera ll, 84. Frosinone, Ftusinone, 281, 285, 316; (rocca) 248, 253; II, 75; (tribqnale) 249; (assedio di) 265; (de) o. AngelusZacheus; (not. Nicola di Orlando da) 254.

ll,

Andrea (1346), scutifero del re 20. Crinito (1333), cavaliere 20. Cristoforo (1340), rettore di S. Martiro d'Ocra 20. Flora (1331), sepolta in Napoli 19. Giannetto (1336), valletto 20. Giovanni (1084) 19. Giovanni (1313), giudice 19. Giovanni (1337), possidente 19. Guido (1306), feudatuio in Traetto 19, Leone (dominus) 19. Lorenzo (133E), cameriere maggiore 20. Maratda (1 174), di Stefano 19. Matteo (1322), signore feudale 19. Pietro (1174), di Stefano 19. Pietro (1301), avvocato dei poveri 19. Pietro (1330), vesc. di Valva 19. Pietro (1339), dell'ordine di S. Francesco 20. Stefano 19.

vitale (1300)

19.


DOMUS CAIETANA

3t6 Gaetauella (tenuta detta), prreÉso Anagùi Craetanella (vieolo)

in

Roma

Il,

ll,

233t ll, 275.

200.

Il,

182: (irorte) U, 170; (sepolcro) i75, 183, 85-6. Oaorato IIt, di Pietro Bernardino, duca di Traetto, ú. Sancia d'Aragona II, 183-5, 217, 257't (goverhàtore di) t,. t

(i) 234, 256-7 i sconGtti a hîi 252.3i (capltano) u. Conti (PaoQ, Guindaccio (e,o*ado); saccheggiaro Traetta 255. u. gemvesi (i).

gaetani

Gaetani u. Caetani, Griatani (Ganni), Niccolò

lll.

Gaetani d'Ategorra (i): logoteti del Regno, conti Fondi, conti di Morcone, duchi di Tràetto, signori

di

di Piedimonte, principi di Altamura, duchi di Lauienlsia passím,. (titolo di proprietà su Fondi e faetto) ll; 261 : (vessilli, bandiera) ll, 263; (castélla) 11,264; (archivio)

22; ll, 179; (stemmi) ll, 84, 169, 175-7,206-7,209; (palazzo) II, l4l; spogliati di Ceccano, Sonnino, S. Lo. renzo, Vallecorsa, Pofr e Falvaterra ll, 2363 (gli eredi tutelati da Ferdinando ll) ll, 257:' (pakimonio di casa) 11,257 :

Btancaccio (Gan Batt.); divorzia II, 222,258; crezia d'Aragona 11,259t, fautote dei franeesi Il, luogotenente di Ferdinando in S. Germano

II

decaduto dai fuudi

il

II, lE3-4; cotte di Morcone, 'gona

Alfonso, duca

di

II, 51,96, lO9, ll2, 122' 124, l3l, 172, 184, 185; vicerè di Gaeta Il, l17; Morcone

(vedova) u. Traetto (contessa

ciolo

II,

di); m. Antonella Carac'

176.

Bonifacio, di Cústoforo C., cav. gerosolomitano Il, 49. Colantonio, di Cristoforo C. ll, 49, Colella, di Cristoforo C. 234. Covella, m, Iacobello de Cabannis ll, 73, 77'8. 263. Cubella (di Onoratd ll) Federico, di Ononto lll, decapitato ll, 265-6. Fèrdinando, di Onorato, III, capitané ll, 263,265, 42, 48, Giacomo, di Cristoforo C. contè di Morcone, t06.t t0, 120, 178-9. lE3, 263"5, Giacomo Maria, di Pietro'Eernardino Giordano, di Cristoforo C. arciv. di Grpua, ll, 42, 49' 178-9. Giovannella, Bannella, di Baldassare, in. G, Sanseverino Il, (fuga da Napoli) 184-5. 9ó, Ciovanni, di Cristoforo C. II, 49. Gofredo 6. Luigi, di Onorato IIl, condottiero ll, 265. G. II, Luigi, nipote di Luigi e pronipote di Onorato

ll,

ll,

ll,

l8l;

lll

266. Magda (contessa) 5. Mandella, Bannella o. Giovanaella. Massimiliano, duca di Laurenzarta ll, 230. Onorato II, di Cristoforo C. 212, 2J4, 237, 270; costruisce il palazzo di Fondi 284; conte di Fondi, logoteta

del Regno

ll, 42, 46,48-9,51,77-9,105, lA7,

lO9,

lrc, lB-4, ll9, l2o, 124,151, 165-16ó, 195,202, 2621 pngioníero ll, 43, 47 1 alla battaglia di Ponza II,45; riceve Federico III imp. ll 51,1671' si pacifca con i C. di Maenza, ll, 52; con Onorato III C. ll, 96-7; castellano di Castel dell'Ovo e di Castelnuovo ll, 9E; (alleanza con i Colonna) II, l0l ; (suo carattere) II, ll0; protonotario e goverBatore di Napoli; Il, 116-7; mantiene prigioniero Nicola C. II, 130-4: (ritratto) II, 165-ó; (sua corte) II, 16-173; (tesoro e inventaio) ll l7O-3: (ar"*i) Il, 172'3; (costruzioni) ll, ll,177; (rapporti l12, 179; (privil6giq dsll. II, 179; m. Cat. Pignatelli ll,

174.6; (statua) ll,176; con re Ferdinando) II, sternma d'Aragona)

II,

alleritò

di

in

195; (piigionia e.morte

Alfonso d'AraCxtelnuovo) II,

258,2@.

Laurenzana 5.

di

261:'

261.2 3 signore di Ceccari<i 11,262; riconquista Fondi II, 262.41 rcintegtato da Luigi XII nei feudi ll, 2641' reintegrato da Feidinando Cattolico rcllo stdio di Piedimoúte e nel prineipato di Alramuta Il, 265; (maggiordomo) o. Fuzzella (Ruggero); difeirde Napoli ll, 266t, rnuore II, 266. Onorato, di Gus. Ant, (sec. XVIII) 22E. Piotto'Bernardino (di Onorato II) II, l90t ribelle al paàte 165'-6, 175, 178, 180.2; imprigicinato e diseredato

Alfonso,

Baldassare, conte

ll,

ll,

Agnesella,

di Cristoforo C. ll, 49. di Gistoforo C. ll, 42, 49,

m. Lu260-l ;

(autografo)

t80-1, 25E, 261; (congiura del figlio P,-Bern.) !I, 182.3; protonotario del Regno lI, 257; (testamento)

Sveva (dì Onoratd II) II, lS2. Terina, Caterina, di Gistoforo C.

II,

49.

Gaetani: Giacomo, detto Saccomanno, basiatdo ll, 263-5, Giovanni (10E3), capostipite dei Gaetani spapoli 32. Iohannes, diginitario alla corte di Paisquale II (Xll sec, princ.), ftatello di Crescenzio e parentè di Gelasio ll

pp,26-7, Petrus, monaco della badia

di S. Matteo di

Castello

(fi2743) 22. Gaetani di Brescia ll,210. Gaetani di Castelmola e Selvamolle (i)41,235.7; {stemma) 234. Angelella, di Fazio 236. Angelona, di Giovanni 236, Antonio, di Faao 236. Carlo, detto Sacco (illegittimo Carlo, di Onorato" conte 237

di Giov. di Rofi. lll) 236. i ll, 210; o. Caetani Gio-

vanni.

Fazio, di Giovarll 236.7. Fazio, nipote At Faao 236-7. Francesco, di Carlo Sacco 237. Giacorno, detto Sacco, di Carlo Saceo 237. Giovauni, padre di Carlo Sacco o, Caetani Govanni. Loffredo, di Giovanui 236. Luigia, di Giovanni 236. Nardello ài Fazio 236. Onorato, di Vincenzo, airt. della Ist. gen. della cesa Gae-

tanì 234,237. Rita, di Giovanni 236. Stefao, di Govanni 236.

Gaetani di Firenze (i) 35. Gaetani di Napoli (i) 19, 22, 36, 41, 236: Anna qd. Iohannis, (l0l3r 2l. Bartolomeo, di Giovanni (sec. Xlll) 22. Carlo detto Saeco a. Gaetani di Castelmola. C€sario (1265), preta obb. a Carlo I d'Angiò 22. Filippo (12ó5), presta obb. a Carlo I d'Angiò 22.

Francso II, 96. Giacomo (1265), presta obb. a Carlo I d'Angiò 22. Giovanni (n. 1120 c.), di Orso e di Sica 2l ; cognominato Caetano 22.

Giovanni (1265), presta obb. a Carlo Ciovanni, padre di Anna 21.

I d'Angiò 22,


Indice dei Giovanni (sec. XIII), m. Agresta 22. Gregorio, m. Sicelgàtda d, Ceearii Grossi (l 128) 22. Gregorio domni Gregorii Gaytaho (ll50) 22' Iohannes de Neapoli (1076) 21. Ligorio (1265), présta obbr a Carlo I d'Angiò 22.

ú

Orso

317

Gaetani di Sicilia 35, 4l; II, 208: Cesare, marchee di Sortino tl, 208.

Gaetani di Napoli:

Limpiade,

nomi

14, 23-4, 32-35, 3E, 164; ll' 197, 207-8; (manoscritti nella Bibliot. Alecaandrina) II, 263.

Costantino, abate

Pietro, di Ceiare, ptincipe di Cassato, 34. Pietro, di Stefano (f 1459), capoctipite 41. Topazia (ló52), di Pietro, m. Filippo C. 34.

2l-2.

Gaetani di Spagna (i) 7, 4l ;

Marino (1093), m. Drosu 21. Marino (1265), presta obb. a Carlo I d'Angiò 22. Matteo (12ó5) presta obb. a Carlo I d'Angiò 22. Orso (1093-.1103), di Mariao 21, 22. Petrona (1265), presta obb. a Carlo I d'Angiò 22. Pietro (967) 41.

32:

(stemma)

Giovanni (10E3), capostipite 38, 41.

Gaetani,Otsini: Giacorno,

di Giovanni 37.

Giovanni

(f n7D

37,

Gaetdni-Stefaneschi:

Benedetto 11,209.

Giacomo, card. 198, 230, 262" o. Stefaneschi. (al), o. Giovanni (S.). Gaietano (Petrulus q. dic. de)' schiavo 14. .l39; u. Bianchi (Gherardo). Gainaco, presso Farma (di) Gaitaoa fuortri), a Todri 273. Galea (la), dell'lsola di S. Ba*holomeo II, 196. eàlee de frauci de pau II, 2ó1. Galeotta (Erricus) 312. Galiani (abate Ferdinando) ll, 247-8. Gallarano (Facio), i,onririssario di Franceiscó Sforza Il, 130'1.

Bocca, Bocchetta ll, 209. Cerione, di Marzucco (ll0l) 33.

Gallardo (Leonardo), vicario Galletti I 5l .

Tommaso, di Giovanni (sec. XIII) 22. Gaetani di Pisa (i) 6, 20, 30, 32-5,41, 45; (tamo di

Sicilia) o. Cassaro (priaeipi di), Sortino (inarchesi di); (diramazione) o. Bocchetta; u. Marictimae, Nomiiris; (sigillo) 277; (stemma) ll, 207-E: Andrea de Gaetanis, 61. qd. d. Vannis 34. Bandino, di Marzucco (ll0l) 33. Beuedetto, di Oddone 33. Benedetto, di Gacomo 213.

Crescenzio, m, Alberta

Drea,

di Alvaro

Gallia (legato

Didaco 24.

di M.

Lorenzo 34.

di Giacoiiro 67, 178'9Marzucco (ll9l) 33. Gaetanuccia, di Giacomo ó7. Galgano, di Mazucco (ll0l) 33. Galgano (autografo) 33; opetà di falsi6tazione (sec. XV frne) 34. 33. Gherardo, di Gaetano ([ne sec. Gherardo, di Marzucco (l l0l) 33. Gherardo' padre del card. Gregorio 26. 27. Gherardo, caid. Giacomo, di Oddone, sig. di Pietracassa, banchiare di

Gaètanello, Gaettrnuccio Gaetano,

di

X)

(f lli4)

VIII pp.33-4, 67,178-9,213; detto Sciana rone 66; intimo di Bon. VIII, pp. II' 207-8.

Bon.

Ba'

Giovanni, nel 1063 si reca in Ispagna 38. Golfredo, card. (l 182'l2l l), parente di Lucio lll pp' 27 ' Gregorio, di Gherardo, card. dei SS. Apostoli 26' 30,38' Cuido, di Lamberto giudrce 33. 33. Gusmano, di Marzucco Iacopo II, 208. Lamberto, giudice 33. Leone, vesc. di Pisa (1049) 33.

(ll0l)

Lorcnzo 31. 30, 33' Marzucco Nico!ò, intimo di tson. VIII pp. 33; parente del baachiere Giacomo l0l-2. Oddone, padre di Giacomo 33: socio degli Spini 66' Pietro, card. (1165'll8E) 27. Pietro, di Bocchetta (sec. XI) 33.

(ll0l)

Piero, di Benedetto (1405) 33. 33. Ranieri, di Marzucco Ruberto, di Piero {1096), sindaco 207. Sigerio (sec. XIII) 32;

(ll0l) ll,

Stefano

(1053), AiLorenzo 33.

Vannes de Gaitanis 34. Vitlano, card. (1144-74) 27,

Pisa 33.

tl. S9. Il,

Gallo Francesco, notaio

Gaetani (C'regodo)' Pierleooi

: 209, 210,

Galluzzi (Comacchio dei), podestà a Todi 48. Gambatesa (Cola

di) II, ll0.

Gand (Enrico di), vescovo (1290) 59. Gandia (Borgia Giovanni duca di) ll' 222, 22?, 242, Garampi Giuseppe, card. 205. Garibaldi (Domeúieo de), capitaao geuovese 255. Garigliaao E, 14,97, 16l, 252,2E2; (battaglia del 915 contro i ruacoi) I 0-2 ; (torre di Docibile al traghetto) I 0- l ' I 6' 255 z ll, 2, 27 5 t (tone Ai Pandolfo di Gapua alla foce del) 323 i' 11, 27 5 ; (di) u. Ursolo ; 9E, I 00, 3 I 4,5 ; ll, 2, 21, 32, 4E, I I 2 ; (piaoa) ll, I 07-8, I I I, I 14 ; (Gonralvo di Cordova dietro al) ll, 264t (rcitta dei haueesi sul) II' 265; (navi' glio del eonte di Fondi) 255,268. Gartamicia u. Gaetani di Pisa (Gaetanuccia).

I I -2, 255, 257 ,

261

, 26f,

(scafa o tragheuo del)

Gattola (Erasmo) I 3-34. Gaufredo (abate), rappresentante di Giacomo II d'Aragona ó7' Gavignano (castello di) 75, 100; Il' 93. gavoccioli (enfature della peste dette) 270.

Gaytani de'Gaytani (Anibaldo) da Ceccano, eard', o' Cccano (Anibaldo da). Gazella (Tuscia) II, lE3'. Gela:io II pp. 20, 21-31 , t4, 37 129, 227 ; Iohanner Caie-

'

tanus, Giovanni da Gaeta, di Crescenzio' natione Gaiete, ex patre lohanne Coniulo 23; (" Passio S' Herasmi o'

di) 24; cancelliere di S. Chiesa, diac' mrd' 25; restaura il corso leonino nelle bolle 26; card' di S. Maria in Cosmedin 27 ; eletto papa nel conclave di

opera

al Palatino 2E,129; oltraggiatodaiFran' gipani 28-9; ordinato ptete 29i (secoudo oltraggio a S. Prassede e fuga a Avignone); 30'l ; (vita commentata da Cost. Gaet.) 34; restaura la chiesa S' Bartolomeo ll'

S.

di

di Nicolò I C. 254, 256.

inl 26i, u.

(Pietro). Gallo (Cornelio)

r,r. Andreart.

Gaddo,

Gaetano

Sebastiano

198

;

(stemma)

Gemini (duca

ll,

207

;

muore a Cluny 3l '

di San) u' Orsini (Virginio)'


DOMUS CAIETANA

3t8

Gemma (monte) lO5, 125. Gemme (domine) u. Giacomo. Gemona

II,

15.

Genazzauo (da):' Pietro, congiura contro Bon. VIII di Pietro 185, 192.

pp. 173, 185, 192.

Stefano,

Gcnazzano

ll,240. dei Caetani d'Anagni

u Genealogia

geuealogiche (ricerche)

5, 2?,40.

" ll'

203,

di Napoli 2l; riassuntivo Cae49; Da Ceccano'Stefaneschi 7l; Bussa 93; Dell'Aquila 99; Conti sig.d di Sgurgola 127; Conti di Valmontone II, 9 Aldobrande-

genealogico(albero): Gaetani

tani 4l;

Conti'Patrasso-Caetani

schi 140; Colonna

II,

23.

Gennarum (learc?) 233. Genova (cattedrale di S. Lorenzo)

30-l

;

(arcivesc.),

o. Por'

chetto Spinola; (doge, duca, vessillo) 255: (duca di) u' Campofregoso (Pietro di) ; (guera) II, I 06-7, I 26 ; alleata

VIII pp. ll, 195. 255-6; (galee, navigli) 255' 270; (ammiraglio)

con Innocenzo genovesi

o.

Clemente

Simone.

Genzano

di S' Martino ai Monti

Gentite, card.

Gerano ll, 275. Gentulmu (contrada in) Anagni. 92. Geraldo (S'), cappella a Velletri (iscrizione) 310. Geraldo, card. vesc. di Sabina (t 1303) 163. Geraldo, rettore di C. e M. (1373) 236. Géraud (Hugues) 231 . Gerberts, o. Silvestro II papa. Germania 20, 203. germanica (scuola) 243. Germano cassinese (San) 5, 268; ll, 108, l 18'20, 124, 264

Giacomo, di Sezze 2E0. Giovanni, condomino di Norma

c. il4.

;

(mon') 314; (vassallo) 0. Vitticece; custo' dito da Onorato C. ll, I I I ; (abazia di) ll, 261 ;

di

Ferdinando

ll in)

o. Gaetani d'Aragona

u. Rufino Giacomo. (re) u. Coradino. Gesserin (Giacomo Ae) 172, lM.

Gerusalemme 3O7;

Gherardi da Voltena (Giacomo), diarista ll' l9l. Ghetto (ebrei del) II, 134, t50; (conGni del) II, Roma, giudei, ebrei. Gherardo, vesc. di Sabina o. Bianchi. ghibellino (partito): in Anagni 43, 174; (lotte con

195;

o.

i guelfi) 4?-5, 167, 202, ZlE; Mattia C. risolleva il partito 45,52; Todi in mano ai ghibellini 45, 52'4; invita Corradino a scendere in Italia 47 i ptevale a Rorúa 4E; ghibellini della Romana Chiesa 54; alleato dei mistici con' tro Bon. Vlll pp. 63; causa della guerra Caetani.Colonna 6E, 73 t i ghibellini dell' Umbria prendono Gubbio 160 ;

di Rin. da Supino 183 ; nel subla' ; il popolo romano ghibellino I E7 ; nel conclave di Perugia lE9; sconfitto allamorte di Euio VII inp.

famiglia ghibellina cense I 85

204, 213; di Cometo e di Togcanella 219; a Orvieto 218; (capi) o. Filippeschi (i); chiama Ludovico il Ba. vato

id ltalia

222-3.

(il) 213;

(esponente priacipale)

u. Colonna(fa'

miglia).

Giacoma, moglie di Graziano Frangipani ll2. Giacomo II d'Aragona, re di Sicilia 58, 60, 67, E5, 97, 140,

4

r4E. r59. r95.

94;

vende Norma a Ben.

Gorgio (di S.); codice nell'archiv. capitolare di S. Pietro 70; (compagnia italiana) 297-8i (capitano) u. Barbiano (Alberico da); (capitano gen.) o. Conti (Adenolfo); di Gaeta (molino) I 9 ; di Napoli 19, 20 ; (archivio) 22; in Velabro 7l ; (card. di) u. Stefaneschi (Giacomo Gaetani). Gorgio (San) ll, lz9, 265 i (Gentile di), m. Ilaria de Sus 21 6. Giorgio a Liri (San) ll, 27, 4E, lOE. Giorgio la Molara (San) ll, 277. giostre 136-7.

Gotto (mosaico della Navicella) 70; (affresco in S. Giov. in

lll).

gerocolomitano (cavaliere),

ghibeltinismo

di Velletri) 310:

Giordano (di)i

9l;

(Onorato

u.

(stemma).

(cappella nella catt. Domenico, card. 310. Gioia Sannitica ll, 275,

174.

Gentili (dott. Egidio) 40.

(luogotenente

VII

Ginnasi

ll,24O.

(signori)

Giacomo (Ceccarello di) 306. Giacomo di Acquapuzza, vesc. di Fúgento II, 58. Giacomo di Città Reale, giudice II, 82. Giacomo domine Gemme di Anagni (nob.) lE3. Giacono Juliani da Giuliano, notaio II, 79. Giacomo Simone, detto < de Magistro " di Traetto 287. Giamberti (Antonio), detto da Sangallo ll, 232, 25A. giannetta (arma) ll, 242. Gianni, cuoco di Conti Alto II, 92-3. Giannutri (isola di) 142; ll, 275. Giaovilla (Filippo di), m. Ilaria de Sus 216. Gbelli di Rorna (Lello) II, 54. Giberto veneto., vesc. di Cittanova II, 15. Gidocica (Wolfrarirmus de) 36. Gigli, proprietari in Anagni lI, 203. Giglio (isola àell 142; ll, 275. Giglio (Giacomo de) II, 73,77. Gignano (Nicolaus de) prepositus Caroli de Aquila 312. Gimundus (1139) 36. Ginevra 293,301; (di) o. Roberto (card.); (la croce di)

Laterauo) 84, l5E-9. Giovanna (papessa) ll, 238. Giovanna l, regina di Napoli; ll, 19-22,26-7, 30,32,43; (relazioni con i C.) ll, 2E-9, 32-3, 37; legittima i 6gli di Crist. C. ll, 42; vende Avignone ai papi 229; minorenne 254 ; (amministratore) 0. Americo (card.); cognata

di Carlo di Dvazzo 255; m. Andrea d'Un-

256i (guera contro Nicolò I C.) 257-60; (capo dell'esercito) o. Nantolio (Filippo di): (seneghetia

u. Guindaccio; (trattative politiche e diplomaI C.) 265-6; (accordo con Nicolò I C.) 26Ei m. Luigi di Taranto 269, 278, 292, 299;, favorisce lo scisma 292,302i m. Ottone di BrunswickGrubenhagen 293, 299, 3l I ; (parertela con Onorato I C.) 299; Carlo lll di Durzo le mntrasta il trono 3l I -3 ; (prigionia e morte) 313; ll, 43; u. Muro (castello di). Giovannello, da Milmo, architetto ll, 232, 249-50, 254. Giovanni (S.): (rocca di), a Ferentino 28E; (chiesa di), a Ninfa I 18; (porte di S.) in Ninfa II, E7 ; (decapitazione di) afhesco in S. Pietro di Ninfa l19; (porta di), aRona 156; < al Gaetano " (chiesa di), in Pisa 33; < de Platea " (cm. di), in Todi 52 u. Maccabrino; in Laterano 28, 84, 96, 149, 243, 274' 321; (pirtura di Giotto) 159; (incoronazione di Enrico VII; 203; (capitolo e canonici) 24i; ll, 56; (porta\ 321; scalco)

tiche con Nicolò


Indice dei

nomi

(chicsa di) in Trivigliano 221 ; " Donarum papiensis u in Pavia ll, 217 ; (*".) r,. Matteo da Pesaro; di Ponte

di) II, 2; di Sermoueta (cappella di) Evangelista (cappella aella catt. di Anagni) Il,

Silice (chiesa

II, 8E;

203. Giovanni Incarico (castello di San) 99. Giovanni e Paolo (chiesa dei SS.), in Gaeta 14; in Roma (casa del card. Duraguerra presso) 152;11,85; (card, dei SS.) u. Orsini Latiuo.

Govanni Giovanni Giovanni

Vlll pp. 9, X pp. 10.

240,275i (di) o. Sabba (Petruccio);

I da); ll, 275.

Ceccano (Giovanni

XXII pp. 70, 207, 209,221-3, 225, 233, 246-7,

d'); o. Duèse (Giacono). XXIII pp. ll, I, ll-2; concede alcune peschiere ai C. II, 55; concede loro Acquapuzza II, 59.

Este (Francesco

Giovanni

Giovanni Il, re d'A,ragona II, 158, Giovanni, caucelliere pontificio (1159) 38. Govanni, arciv. di Toledo 46. Giovanni, principe di Acaia, di Ingcramo (?), arciv, di Capua

ll,

Giovanni Carlo ll, 222. Giovanni da Crema, card. II, 206. Giovaani, di Demétrio, duca di Gaeta ()) It, 54. Giovanni, di Francesco di Sezze ll, 226. Giovanni, di Landolfo 192. Giovanni da Lurago, architetto II, 155. Giovanni, di Stefano Normanno ll, 197. Giovanni Famulo, castell. dell'Acquapuzza Il, 58. Giovanni Francesco Daniele (padre) 5. Giovanni Francesco di Bologna, castellano dell'Acquap""'a

giupponi

u

Giove

. Anrur ,

Giovenale

ll,

275.

(tenpio di), a Terracina 254. (Gov. Batt,), architetto 227-8.

Girard de Bar-sur-Aube, templaro 262. Girardo, priore lateranense Il, 54. Gisburnensis (Walter) 7E. Giscardis (Gacomo de), d'Aquino

giubone

II,

Bo6llo

vic. del card. Antonio C.

159

proclamato

da

Bonifa-

263; (anno santo del

1400)

192.

II,

152.3:

152.

Gerardo, di Govanni 109. Giovanni, di Leone 152. Gregorio, di Govanni 109. Leone, del fu Giovanni 152. giu.ìi"io 3; Dio 199. u Giulia Bella Giuliano (San)

"

di S.), in

Sermoneta

ll,

137.

di Grouaferrata 316.

Giustizia (afresco della)

II,

89.

Gusto (chiesa di S.), in Lione 229i (casale di S.) Glasgow 198; (can.) o. Biseth (Baldredo). Gloria (piazza della), a Ninfa 120. Gofredo arcidiac., can. 'di Todi 52. gonnelli

II,

lI,

5.

172.

o. Femandez. Gonzaga (í) ll, 246: Gonsalvo

Carlo, conte II, 86. Cexarc ll, 243. Enea Furlano 11,242. Fraucesco, marchese di Mantova

'

Giovanni

Giulia Laura

Gotga Gorga

ll, II,

ll,

ll,23l,233,241-4, 246.

ll,

243. 243. 246.

275.

di Piperno, fondatrice di Roccagorga ll, Gorii di Velletri u. Nardo, Pietro. Goth (Bertrando di) 189 ; o. Clemente V. Goto (detto

72.

il); o. Caetani (Annechino).

Gottifredo (frate), vicario di Ninfa ll5. Gozzoli (Benozzo), pittore ll, 142-3. Grado (chiesa di S. Pietro in) 33.

" Crran Capitano r u. Femmdez (Gonsalvo). G'ran Compagnia; u. Guaraieri. Granata (patto, accordo di) II, 220, 262-4. Granelli (lanni), di Siena 206. Grange (Govanni de la), caîd, 292. srani

giudei 169; (porta dei), a Sessa Aurunca 268; (piazza de') ia Roma II, 150; u. Judeorum pontis, ebrei.

Giudice (del)

172,

211,237,257; II, E4'5.

Grassinis (Pietro de), vesc.

in Aquileia 5; II, 15. Gsmondi (i), priraaria famiglia di Pisa 32. giubileo (1300) 73, 77, l5E; (oblazioui dei fedeli) 75; (aflresco di Giotto) 84, cio Vlll pp. 159; (bolla) 323.

ll,

Giuseppe (chiesa

Graf Arturo (leggenda di Celestino V) 62. gra6ti II, 255; o. Sermoneta (rocca).

62.

Giovanni infante , o. Borgia (Govanni). Giovannozzo, protogiudice 237. Giove (castello di) l4l, l8l, 204, 217, 233;

o.

247.

232, 249.50,

254.

di)

Giulio Cesare (palazzo a Palestrina) 170.

214. Giovanni Anastasio, architetto fiorenrino

(sigoore

(rocca) 318.

Giuliano in Canpania Giulio II pp. E6; ll, 2421 (bolla di reintelrazione dei feudi ai C.) III, 227; sequ*tta il tesoro dl Cesare Borgia Il,

Giuseppe (frate), abate giuspatronato 16l.

10.

302; (elezione) 22E, 230; (tentativo di Hugues Giraud per affatturarlo) 231; (bolla) 274i (consanguineo) u.

ll,

319

o, Farnese Giulia.

216; (signora) u. Florensia. Guliano di Roma 243, 277, 280, 3lB, 321 ;11,72,79,

di Aîagîi 275.

Grau (Gregorio di Katupani arciv. di) 175. Gravina u. Orsini (Ferdinando, Francesco). Gravina (Domenico) 257. Graziani (Francesco) 184. Grazianis (Giacomo de), notaio ll, 217. Cuaziano (Giovaaui) u. Gregorio VI papa. Grecesco (lo), peschiera di Fogliano II, 55-6. Grecia (legato in) u. Scarampo di Mezzarota'

Grecis (de): Giovanni, card.

di

Antonio Nicolai

II, 93,95.

Palestrina

Il,

86.

Gregorio (mon. di S.), di Napoli 22. C'regorio (Berardo di S.) 93. Gregorio Yl pp. 25. Gregorio VII pp. 5, 25, 66, l0E, l7l; brando da). Gregorio Vlll antipapa 29; u, Burdino.

IX pp. 49, 70' 74, 109, lll, ; o. Co*i (Ugolino). Gregorio X pp. II, 58.

C,regorio

(regisri) 37

o'

Soana (llde-

129; ll, 147;


DOMUS CAIETANA

920

Gregorio Xl pp. ?30, 236,31V; ritorna a Rorra 289-90 i ottiene un prestito da Onorato I C. 292:' Cf' II' "' Gregorio XIt pp. ll, l, 7, 6, l0'l' 17. Caegorio, duca di Napoli (915) l0' ll. Gregorio di Antimo 21. Gregorovius Ferdiuardo 37, 6E, 148, 219' 243, 292' Grenoble (cronaca di) 176. Gri6 (Pantano de'), presso Norcia II, 100' Grilfs (Carlutius de) 312. Grimoard (Guglielmo de), nunzio ap. 2EE; u' Urbano V pp'

Guido di Pilep, rettore io fq*iu 47. Guidolaldo da Urbino (ducal ll, 2Q2-).

Groenlandia 270.

.

Grogseto 144.

Grossi u. Cesarii (6lia d.). grosso d'argento del sènato rpmano

79; paparino di Bon' VIll

pp.103.

ll, 65. Grottaferrata (rnon. di) l3O, 298,316; II,

55-6; (abate) u'

Giuseppe (frate).

Grottole, assegnata a Onorato G. ll, 265, 275' Guaiferio, m, Maru (sorella di Docibile Il) 16' Guaimaro, principe di Salerno l0'l' Guaitani o Caetani in Oruieto (128t> 118'

II,

E4.

ll,

Guarnieri, duca guascone

di

dei)

ll, 205; u'

Urslingen, 26E, 281

Anagni'

; ll. 202'

(truppe mereenarie) 292, 298, 303' 305;

Guastalla (concilio

di) (ll0ó)

Gianni [Gaetani] 67 u' Nicolò Iacopo u. Gaetani

di Pin

ll' 221'

26.

Guatani:

lll

Fusco (capitano dell'esercito

di Giovanna I) 219.

Giovanni (ll?lJ 22. guzi (cani) Il, 196.

Fleemskerck (disegno del Laterano) 158. Herasmi (passio S.) u, di Gelasio II, codice 24. hertariurn, hentarium u. Sermoneta (rocca di).

u. . Biveratica u d') 172, lE4.

Hiberatica o Liberatica.

Hirricon (Thierri

(regione).

Conadino 47.8, 94, 312. Honofrius Morini 312. Honorati (fiume) II, 149. Hugonis de S. Miniato (d.) o. Nicolaus.

papa'

(Giacomo)'

Gubbio 160. Gubernatori Urbis, Terracinensis rebellionis (procesao) Gucci de' Tolomei (Deo)' di Siena 206' guelfo (partito) passím i tumulti tra guelfi e ghibellini

ll,

R.

160.

Iacobr (d'), m' Raynutius Amatorig

E3-4.

Guarnazzoni (cappella

ccio:

da

Huyskens

Guarcino 44, 52, 198, 2S5, 317; (da) o' Patrasso' guardanappi

n

Corrado di Napoli cnpitano {ei gaetani t53.

Hohenstaufen (gli) 46'7, l7l:

Grotta di Nottole

gualasci

G ui

233'

in Ana'

gni 43; guerra nell'Orvietano contro Mattia C' 45' 52-3; i C. divenuti guelÈ 73, 213; i C' fautori del

5l'

Iacopo d'Alatri 70' Iamvilla (Amelius de), comes S. Angeli 312' Ianua (nob. AQ 255; u. Percivallus. ignenia di Ninfa ll, 156' lhoannes de plebe Tuf6ae 39. Illuminata (priore di S.), o. Caetani (Benedetto inbroccato d'oro II, I 72. lmola ll, tE0; (Benvenuto d) 56'8. Impaccianti (Nicolantonio), chierico II, Q7' impannate

II,

l3E.

Imperato (Pietro de), in Roma 4. imprestanza (servizio militare) II' 109'

ll9" 221' ll, 240; o. Borgia Giovanni'

Infante Giovanni Incarico u. Giovanni (San).

della

Incoronata (chiesa

dell'), a Napoli, afiresco I 3E'

160; la lotta tra ghibellini e guelf innestata alla guerra Caetani-Colonna 167, 202; i senatori guel6

infeudaziooe (atto

di) ll4.

partito 153; scon6tto

a Gubbio da Uguccione

Faggiuola perdono

I'u6cio a Rona lE7; al

cenclave

di

Perugia

189; (quartiere occidentale di Roma fortifcato dal) 203; padroni della C. e M. 204, 212; (sconGtta di Altopascio) 213; inguena controOrvieto (1313) 218; (i Monaldeschi capi del) a Orvieto 2lE; re Robe*o sostenitore del partito

Guetnazzone

o.

242i aFitenze 264'

Catenazio.

Guernazzoni (Bartolomeo), statutatio del com' di Anagni 192' Guerra (Giacomo de), caa. di Anagni 274' Guglielmo, duca di Puglia 29. Guglielmo il Malo 99' Guglielmo Antonio di San Marcello II, 155' Guglielmo da Bergamo (messer) u. Mondagout Guglielmo' Guglielmo di Monterotondo, giudio II' 107'

Guido (di): Bartolomeo 103. Giovanni, condomino di Norna 94' Orlando, di Bartolomeo 103. Pietro, milite anagnino, | 26, Guido Cremensis card. (d.) 36'

Guido, da Pescia (ha) lI' 58. Guido de Francesis de Fighino, miles, mercator loreutinug 172'

l)'

Ingerano (di) 214. Inghilterra 54, 132,

190; It, 203, 2O6; (re) u' Eduardo II'

Riccardo.

III pp' 49, lO9, ll2,129, 146; ll, 54' lY pp. 46'7,72,99' lnnocenzo Vl pp. 282, 302; (bolla I giu' 1362) 236t(aÍ' freco a Villeneuvelés-Avignon) 2Et ; (norte) 2EE' Innocenzo VII pp. 157 ; ll' 7. Innocenzo VIII pp. ll, 179, 187, 192, 214; contro Ferdinando I di Napoti lI, l6t; (statua io S' Pietro) II' l8l ; (pace con Ferdinando D tl, lE3; favorirce i Co' lonnesi Il, l9l ; interviene fra Colonna ed Orsini Il' 193; (conflitto con re Ferdinando I)JI' 194'5; alleato cor Genova e Venezia lI, 195' Innocenzo Innocenzo

Inola u. Lenola. tnsoglio

(del[) o. Porto (torre detta lo)'

tnsula Pontis Solarati

II,

l0E.

Introbuono 11r 275. Introitus et Exitus II, 218< Iuventarium Honorati Gaietani " II, 170. investitura delle cariche ecclciastiche 25; lotta contro le in' vestiture 26'7; formalità ll4; colla coppa d'oro e coi vessilli 142.


Indice dei nomi Iohanner, comes Campanie,

di Veroli

(wa Sferra in Via Papa) 301 i (da) o. Spinello (Andrea); (redditi) 306; conquistata dai C. II, 2l ; (di)

7.

Iohannee de Agotho 213.

di Docibile II)

lohannulus (fanulo

Iovis (de), Rinalduccio

u. Nicola; assegnata a Prospero. Colonna

14.

4l

(Cecco d'), not. apost. 2E3. ius cosciandi 185.

.

Rodolfo l4l. Violanta l4l.

ipati 5, 9-ll, 16.7, 32; o.

.fu"opoo" (fra) da Todi 59, 63-4, 71, 75, 135-6, 168, 180. Januardo (giardino detto il), a Fondi ll, 26?. Jenne (Gennarurn?) 49, 233t ll, 2Ol, 276; (sig.) o. Conti (Filippo, Rosso).

Gaeta.

Ippolito (Bernardo di Sant'), serviem armorum 63. Irlanda (decine dell') i3.

Irto (via dell)

II,

145.

Inio (Caio) II, 53. lsabella di Castiglia, lsabella

Johan nigro (schiavo)

regina

di Napoli II, 240, 258, 262.

di Clernont (m. di Ferdinando I) IL 46-7, ll5, 127.

Lorena, regina di Napoli, m. di Renato d'Angiò fi, 45.7. lschia (isola d') II, 130, 214. Isfitella (signore d') o. Dentice Luigi, iscùione e lapidi: di Pandolfo di Capua, sulla u torre a mare > del Garigliano I l-2; di Giovanni I Patrizio, sulla torre del Garigliano l0-l ; del ponte di Giovanni I Patrizio, a Gaeta Isabella

ll, ?f.l"

Itri

famigiia 217; I

321

di

ll,

173.

Johannello da Milano o. Giovannello da Milano. tohanni Anestasio u. Giovrn'i Anastasio.

Judeorurr pontis II, t98; o. giudei, Quattro Capi (ponte). Juliani u. Giacomo. Juliano nigro (schiavo) ll, 173.

K"-"nin (Alfenio Conio Giuliano) ll, 53-4. Katupani Gregorio (di), verc. di Strigona 175. Kinsicha (in) o. Marcho (porta di S.)'

13; sulla tornba di Gicvanni I Patrizio 13; gotica, in S. Maria Maggiore di Ninfa ll8; romane e gotichesu porta Mamurra, a Itri 258; sul sarcofago di Giacoma Orrini, a Traetto 285; nella cappella di S. Geraldo, a Velletri 31 0 ; di Vitale di Gaeta, in S. Pietro Martire in Napoli 20; di Gelasio II, nell'abside di S, Maria in Cosmedin 27; di Gacomo Gaetani Tommasi, in S. Clemente 70; sotto Ia statua di Bonifacio VIII, a Bologna 84; del card. Benedetto C., nelle grotte Vaticane 85; di Giovanna delI'Aquila, a S. Sabina 99; sopra la porta del granaio, a Ninfa I t 7; di Binduccio, nella chiesa .li S. Francesco di Massa Carrara 133 ; del card. Antonio C., patriarca di Aquileia II, l8l nella campana di S. Antonio fuori le mura di Sermoneta II, 88; di Onorato III C. nella rce di Sermoneta II, 140; di Cristoforo C. II, 49; in S. Pietro

Labro (lohunnes de) 312. Ladislao di Durazzo, re di Napoli 157, 313-4, 323-4; ll, l-13, 21, 156; contro Oaorato C. II, t.3; ccnfisca i feudi dei C, tl, 8, 139; s'impadronisce di Roma II, 12;

in Corte II, l4l; otto il quadro di S. Maria

tandi (Ascanio), storico 310.

degli

ai Colonna Il, 3l ; occupa Acquapuzza 60. Ladrone Corsi (Pietro di) II, 29. Lago (del) o. Val del Lago. Lamberto, abate del mou. di S. Bertino 27. lammia (nel castello di Sermoneta) ll, 255. lancelle II, 84. Lancillouo (maeetro) ll, 175. dona Marino

II,

Lanciotti Antonio 185.

Angeli in Sermoneta ll, l4i1nel trittico di Antoniazzo in Fondi II, 166; inS.DomenicodiFondill, 174 in S, Francesco di Fondi ll, 175- sulla tomba di Onorato II G. II, 175; nella cappella dei SS. Pietro e Paolo di Anagni Il, 203; nella cappella Caetani, in Anagni It, 205 i sulta tomba di Giacomo C. in S. Pietro II, 235; sull'elsa della spada del Valenúno Il, 248. Iseo (Giacomo d'), architeuo (1163) 39.

Landolfo, card. (1301) 67. Landolfo (di) u. Govanni. Landolfo di Capua, di Atenolfo 10, I I

lsernia II, 96, lO2, 108, lll, 130,133,241; (tregua con Onorato C.) lI, 129. lslanda 270; leggenda islandese 137. Isola II, lOE; u. Isola del Liri. Isola di S. Bartolomeo, Licaonia in Roma 7,37, l6lt ll,

L,aon (Caetani Frmcesco tesoriere di) 226. La Penna, nel rioue di S. Aneelo in Pescheria di Roma 2E8.

Romano,

6, 195, 197-8; o. Bartolomeo lsola del Lin U, 275. Isola Farnese ll, 244. Isolani Giacomo, card. Isoletta

ll,

(chiesa

di

Liri ll,

22,

275.

Ispano (detto Pietro)

u. Rodriguez.

Isuali, lsualle (Pietro), arciveec. e card.

II,

232, 234.

Itri II, 2, 139,265, 275; (clnte d') o. Aquila (Gofredo I, Golhedo II dell'), Caetani Pietro; (rigooù 14, 41, 46, 91, 99; (roca) 98, 256; (conflitto an C*eta) 252-3; (battaglia e stratagemma di Nicolò I C.) 257-60, 266i (descùione) 257 -Bi (lite fra gli eredi di Nicolò Domus,

l-2,

41.

l)

;

principe di Capua

19.

Landriano (Francesco di) II, 85. l.angres (Caetani Francesco can. Laugtoft (Pietro lanzichenecchi

di) 57,

ll,

di) 221, 211.

58.

221.

lap;di o. iscrizioni. Lapo (Arnolfo di) u. Canbio (Arnolfo di). Larath (de) o. Ratta (della).

78; (palazzo) 78, E4;, o. Giovanni in Laterano (S.); (can.) u. Colonna (Stefanello). Latemno passÍm: (concilio del I I 16) 26; (residenza prediletta di Bonifacio Vlll) 781 (cappella di S. Tommaso) 84; (descrizione) l5E; (concilio tenuto da Bonifacio VIll) l7l; (guena) 194; (cappella di Bonifacio Ylll) 263; (Carlo lV incoronato imperatore) 2Et ; o. Govaani (S). Lauraboni (Bernardo), podestà di Anagni 290. fsg16n"'na o. Gaetani di Aragona. laurenziano (anonimo, del sec. XIV) 133-4, 143. Iateranense (basilica)

S.).

(l') il, 108, llE.

Isoletta sul

(1060)

282-3

r

ll, 203. Laurito II, 45,83; (conte (Riccio di).

L,auri Ambrosio

di) o. Aquino (d'),

Montechiaro


DOMUS CAIETANA

322

Lautrec (maresciallo

Lazio

II, 137, l9O,

di) Il, 265-ó.

lombardi: (banchieri) 201 ; (truppe) 269; dai

193, 249.

soprannome Frangipani

4;

sulla di-

dei C. dai duchi di Gaeta 7; ru Silvestro II e su Michele Scotto 66; norbana, sul lago di Ninfa 107; della Torre di Nerone 145; dello schialfo di Sciarra Colonna 177; di re Martino e della fata Ninfa 307-9t della battaglia miracolosa di Velleri 310, Lellis (Carlo de) 19-22, 24, 35,210, 277. scendenza

Lrllo Gibelli di Roma ll, 54. Le Moine (Giovanni Monaco), di Piccardia, card. 590. Lenola, nei Monti Ausoqi 98, 253l' ll,276l coùsegnata a re Ladislao II, 2; assegnata a Onorato G. II, 4E; (asrediata) lensola

ll,

II,

74-5.

E4-5.

Leonardo (chiesa di S.), in Napoli Leonardo di Bassiano ll, 154. Leonardus, aulae imperialis aot. 39. leonato II, 172. Leone (chiesa di S.), a Ninfa I lE. Leone lV pp. 9. Leone X pp. 8l; ll, 265.

II,

di

d'Alatri

Sermoncta

103.

Il,

155.

Leonessa (della): Enrico II, 46. Filippo 94. Giovannetto, di Filippo 94. leonino (corso) 26. Lepido (Enilio), dirtrugge Norba 107.

lrpini (nonti) 92, 95, ll4, l2l-2,

124-5, 272; II, l5E, 226. Levante (Galvano di), medico di Bon. VIII pp. 103. levrieri di Bretagna II, 196. libbra, libra 207,232; lI, U-5, 180, 183, 224; d'aryato 79; di denaú del seuato 92, d'oro di curia 17.

ll6t

Liber arrendamentorum Sermoneti ll, 241. Liber Gnsuum 40, 108; Il, l9E; o. Cencio Liberatica u, Biveratica (regioue). libri intabolati Il, 174. Licaonia o. Isola di S. Bartolomeo, Licij (comes) o. Pehua,

Camerario.

Liciniana (località detta) 22.

Licinio Gasso

l5l.

ll,

ll,

276.

Lincoln (can. dil

Longhi (i

marchesi)

40:

Alessandro 106. Guglielmo (de'), da Bergamo, card. (1302) l4E, l9E. Longo (Giovanni), aut. della croiraca di S. Bertino 26. Iongobardi

(i) 8;

(conti) a Fondi e a Sessa 97,99.

Longobardo: Giovanni, beneventano 22. Purpura, di Giovanni, m. Gaetani Gtegoio 22. Longotto (Perinus àe) 312.

gelo); (titolo di S.)

22l1ll, 65; o. Caetaai (Francesco), Onini

(Orso).

Lione 176, i89-90, 221, 232i (ehÀ*, di S. Gusto) 229; (Caetani Francesco .an.) 221. Liri (valle del) ló1, 314; ll, 75, lll, ll4, 123. Lisieu: (Caetani Francesco can. di) 226. Loctini (Giovanni), notaio di Sermoneta ll, 38.

II, 103;

u. Roma.

Lorenzo (San), Lorenzo de Valle (San), oggr Amaseno 277, 280; II, 49, 72, 75, 77-8, 216, 240, 277 ; (assedioe conquista) ll, 74, 265. l,oreto (conte di) u. Laurito. Loria (Ruggero di) 133. Loria (conte di) It, 261. Lo Salto (località detta), in territ. terracinese 253. LiLri (Checco), vicario in Acuto per il vesc. d'Anagni 275. Louvre (parlamento) l7l. Lovatelli Giovanni (conte) II, I 75. Luca (frate Gioyanni de), rettore di C. e M. 281. Lucano (da) II, I 55; u. Belhame (mastro). Lucca.2l3;ll, 209; (arc. della cattedrale) 28; (R. Arc. di Srato 44-5)i (chiesa di S. Romano) 44. Lucca (Tolomeo da) 180. Luceria (de) u. Corrado (Antonius de). Lucia (S.), in Septisolio 26; (card.) u. Gaetani (C'rcgorio); (cappella di S.), nella cattedrale di Capua ll, 179. Lucia, schiava II, 39.

Lucio III pp.27, lll; II, 145. Lucullo (villa di), al Grceo 129. Ludovico da Bologna ll, 124. Ludovico di Tolosa (S.) 70. Ludovico da Vigso II, 104. Ludovico il Bavaro (calata in ltalia, 202, 213-4, 64; (crociata contto) 223-4, 273. Ludovico il Moro u. Sforza Ludovico.

lndovico, verc. 144-5.

Ligula (fiume) 130. Limatola

220-1.

Lombardo (6gli del qd.), cedono Ninfa a Innocenzo III pp. 109. Lombardo (maestro Bonifacio), di Vicenza 66. Lombardo (Pietro), serviens armorum 63. Lombez (di) o. Pilifort. Longano di Molise lÍ, 42, 48, 276.

.

l,eone Ottiense 10. Leone (porta), di Fenara 22E.

Uccste (Ggura di) II, 89. Lidauo (S.), protettore di Sezze

Lucano,

lI, 7, 276. Lorena (Federico di) II, 126; tr. Isabella. Lorenzo (abate di S.) 272 u. Rinaldo; (tenuta di S.) l22t di Genova (cattedr. di S.) 30-l ; di Roma (porta di S.) 266.7; in Damaso (S.) 3lE; (card.) u. Acciaiuoli (An-

Pietro 28. Tommaso, not.

assoldati

da

Loratino (Oratino)

184-5.

Leone (di): Angelo (1295), milite

ll,

Lonbardia

Leccae Salvatore, canonico 13. lecto (Franciscus de) 312.

del

niliti

Beltrame

Giovanni da Lurago. Lombardi (Giovanni), di Roma, vicario di Bon. C. Palatino 273.

Lazzareschi (dott. Eugenio) 45. Lazzaro o, Campo.

leggenda sull'origine

C. II, 22E; (architetto) o,

megalenensis

II,

Ludovicus C.arcli 312. Lugnano (Zefiro Ludovico di,

222: ll,

2E.

11,

234.

Luigi IX, re di Frmcia 47, 138,293. Luigi

X,

re di Francia 230; (sigillo) 231.

Luigi XI, re di Francia ll, 220. Luigi XII, re di Francia ll, 230,236,244; (accordo segreto con Ferdinando il Cauolico) ll, 220, 262i (calata in ltalia) ll, 262-4i reintegra i G. nei feudi ll, 264-5; (lega col

re di Spagna) ll, (privilegio) ll, 2U.

262;

riconquista

il

Regno

ll,

264,t


Indice dei nomi Luigi Luigi

ll d'Angiò II, l0-1. III d'Angiò, re di Napoli ll, 19, 20, 27.8, 43.

[.,nigi d'Ungheria 256.7, 260, 263-9. Luigi di Taranto (consorte di Giovanna l) 269, 278, 293, 299; Luigi d'Angiò 312; (codicillo) 314. Lunghezza (convegno

di) ló8,

200.

Lupidio (fommaso da S.) 208. Lurago (Govauni da) II, 155. Lusignano (Ug" di), card. di Cipro II, 38. Luzio di Francesco, di Anagni 24E. Lycoris (ninh)

II,

89.

a'Íodí 52. lll C. 219' Macchia II, 77, E?, 97 -8, I 01, I 09, I I l, 133, I 54, 231, 241, 276; espugnata da re Ferdinando ll, l13; (vassalli) II, llE; (atloggiamenti in) II, t29; feudo di Nicola C. ll, 134, 152; (signore di) u. Eboli (Pietro d'), CaeMaccabrino, can. di S. Giovanni

Maccarone, destriero

di

Benedetts

Macedonia (legato in) o. Scarampo Macello (S. Vito iî) 322.

di

Mezzarota.

machecoulic 146. Macidonus (Petrillus) 312. Sermoneta

II,

55.

Macthutii u. Petruccio. Madalenis (de) u. Capodifeno. Maddalena

lE9.

(S.) 61.

Madonna della Febbre (cappella della), nelle cripte vaticane 8E.

41, 243; ll, 75, 77,79, lO4, 236' 263' 265, 276; (Caetani di) II, 7l-E0; (rocca e mura) ll, 73-4, 209; (signore di) u. Cabannis (de), Caetani, Ceccano

Maenza

(d"). Ma6olo, vesc, di Piacenza, rettore di C. e M. 3 19. Maggiore (porta), in Orvieto 138.

di)a BonifacioVlll pp.57,65-6; sigillo d'oro di Arnaldo di Villmova 104-5; magia nera 231; bac-

magia (accuse

chetta magica

307; o.

di Rimini

II,

Il,

100,

ll5,

120.

'Malconsiglio (località) 173,

248; o. Pietra Rea. Malefacio (papa) o. Bonifacio VIII papa. Malesicco (Guido di), card. vesc. di Palestrina Il, 17. Malpaga lst. Mamurra (porta), di hri 25E-60. Mancinelli (Antonio) 310. Manenti (conti di) 45. Manfredi, re di Sicilia 43, 45,47, 65; l39z (capitano d'arme) o. Caetani (Mattia).

ll,

ll,

Manf redi: Alberigo, di Faenza 202; o. Romagna (Alberigo di). Astorre, di Faenza 11,276,242. Manfredonia (de) II, 183. maniglie (gioielli) II, 170. Manno, orefice bolognose 84. Mansuetic (Mansuetus de), rettore

Il, 103. de acqua ll, 172.

di C. c M. II,

ó2.

Mantegna, pittore

rrantello

Mantova (marchese

di) II, 173, 231, 241, 243.4, 246, di Venezia ll, 222t o. Gonzaga.

264t,

Gaspare, cancelliere

Il, l5l.

Michele, cancelliere lI, l2O-1, 124-5. Maometto II, 97. Manzia di Fabriano, medico di Bon. VIII pp. 103, marabotini 46i 198. Maranola 98t 11,2,261, 276; assediata da Nicolò lC.26l; (strada verso Fornia) 315; (alfresco aella chiesa) 3lE; venduta a Origlia Pietro II, 2l riconquistata da Crisioforo C. Zl-2,.32; dotata a Caterina Pignatelli Il, tE5. Marca Anconitana 33, 44, 52, 160, ló3; (marchese della) o, Caetani (Pietro ll). Marcellini (Arnolfo), tesoriere di Benedetto XII pp.,247. Marcellino (arc. di S.) 22. Marcello (di San) o. Guglielmo Antonio. Marche ll, 65, 100, 103. marche d'argento 63, 156-7, 203,253. Marchetti-l,onghi prof. Giuseppe 51, 2E8; Il, 201, Marchetto, olFciale di C. d'Angiò IL I18. Marcho in Kinsicha (porta di S.), in Pisa 34. Marcia (conte della) o. Borbone (Giacomo).

ll,

Macthi u. Matti.

di

199.

Mantova (da)r

macchine belliche 169.

Macto Baronis

ll,

capitano gen.

tani (Bernardino-Maria, Onorato).

288 II,

Malatertal Malavolta (Giovanni)

Maria 93. Nicola, di Teobaldo II, 200. Orlando, di Pietro 173, 175, l9s, 192. Pietro, di Nicola di Teobaldo ll, 200. Pietro 85, 173, 175, 185, 192.

II,

Angeto, cancellicre di Gov. Colonna 265, Paólo, di Angclo, cancelliere 288; It, 199. Malaria, malefica fata di Ninfa 309.

Sigismondo, signore

Luparia (de):

Teobaldo

Malabranca:

Roberto

Luni (veoc. di) u. Colonna (Stefanello).

323

fattucchieria.

0. Cittadino (Mario). Magistris (de) 39, 44, 49, 16l, l7?,248. magister lignaminis

Magistro (Gacomo Simone detto de), di Traetto 287. magistro hostiario 222-3; o, Alfante (lsuardo), Mistretta (Matteo di).

Magliano 142. Magliata da Pionbino 134.

in Roma u. Ballea Neapolis. Magnaville, Earl of Essex ll, 206. Magnanapoli

Magno (mou. di S.), in Fondi II, 2. Magno (Nicola), giurisperito 282.

Maiano (Benedetto da) II, 177, Maione, min. di Gugl. il Malo 99. mal maliaconico II, 183.

;

ll,

ll, 48, 265, 277.

Marco de' Cavoti (San)

Marcovaldo, fratello di Sihedo 99. Marcovaldo, capitano (l 199-1202) 109. Maremma 133; (Castro de) 219. Marescotti (i) in Siena 207, 210.

Margani (i) II, lE7-E:

ll,

Paolo, di Stefano, m. Iacobella C. Pietro, avo di Paolo ll, 67, lE7-8. Pietro leronimo, di Paolo II, 188. Stefano,

di Pietro

ll,

lE7-E, l9O, 219.

lE7, 219.

Margarita (madouna), alla corte di Napoli 300. Margherita, duchessa di Durazzo 300, 313-4, 324. .$fargherita di Fereotino 127.


DOMUS CAIETANA

324

Margherita, schiava

II, 39.

Maria (cittàdi Santa) 182. Maria (S.): di Anagni (catt. di S.)

5l; di Bassiano (chiesa di S.) 221 ; di Carpiaeto (chiesa di S.) 22lt a Fiume in Ceccano (chiesa di S.) 40, 241, 244,279; del Fiore in Firenze 84; de Populo a Foligno (mon. di S.) 70; del Verde a Foligno (mon. di S.) 70; di ltri(chiesa di S.) 16; delle Marmore(mon. di S.) 109 u. Marmasolio; di Monte Mirteto (mon. di S.) ll0-2; lI, 155 u. Angelo sopra Ninfa (S.), Stramma (o); del Rosario, nella chiesa di S. Pietro Martirc in Napoli (cappella di S.) 20; inAracoeli di Rorra (S.) 241 ; i Coamedin (5.) 27, 44, 70; ll, 92, 204; (decùione) 227-9i (card.) u. Caetani (Francesco), Conti (Lucido); Gaetani (Govanni) ; Maggiore (S.) 84, lTOi Maggiore, di Ninfa (chiesadi S.) l0E, ll5, llE-20, 183 I II,86-7; (piazza) ll5, 120, 183; sopra Minerva (5.) 294-5; II, 17; Nuova (card. di S.) 152 u. Duraguerra (Pietro); della Rotonda (S.) 168, 170; in Secundicerio presso il Palatino (chiesa di S.) 29; in Via Lata (card. di S.) 149 u. Fieschi (Luca); di Selvamolle (5.1 226; (can.) u. Caetarú (Francesco); di Sermoneta (collegiata di S.) 106, l2l-2; ll, 88, 137, 143; (can.) o. Pantanelli (Pietro); (procuratore del capitolo) u. Caetani (Pietro); della Sunesca (peschieÍa di S.) 130; ll, 157,277 i (diea di S.) l3l; in Todi (S.) 4E; del Vescovado, in Todi (chiesa di S.) 52; dell'Orto, presso Velletri (monache di S.) 303; di Viano (monache di S.) 52; (rnon. di S.) 126-7 t (nonaca) o. Conti (Gemma, Maria, Mazia); casale in territ. di Sezze ll, 224; degli Angeli (quadro detto di S.) in Sermoneta ll, l43i dell'Acquapuzza(chiera dis.) II,63; dell'Oliveto II, 277 t detta in Platea di Foadi (chiesa di S.) ll, 175-6,206; di Pariete (fmelle e tenute di S.) II, 56; di Piedigrotta in Napoli (chiesa di S.) II, l84l in Portico (card. di S.) II, 154 o. Zqo Battista; Dompne Rose in Roma (chiesa di S.) II, 199; di Sperlonga II, 97. Maria di Cipro 299. Marini (mons. Gaetano) 109. Marini o. Honofrius. Marino 251, 314-7, 318, 321, 323; ll, 192,221,276; (castello) 144,32ù (battagliadel 1379) 29&9; (siguore) u. Orsini (Giordano, Napoleone, Orso); (vendita) II, 3l; (di) 155 o. Mirabassa; assediata Il, 190; restituita a Lorenzo Colonna II, 189; all'lnfante Giovanni ll,240. Marino I di Napoli, 16. Marino di Formoea, sig. del monte Circeo II, 54. Marinulus (famulo di Docibile Il) 12. Marittima (la) 45, 94-5,96, 108, 112, 129, 142, 183, l9l, 233, 243,248,252, 272, 285, 287,314;ll, 102, llf , 120, 148, 197, 222i (dominio dei C.) 76; (castella di Bonifacio Ylll) 124; (possesso degli Anibaldi) 147; (castella di Pietro ll C,, l52t (beni di Francesco C.) 224 ; (tene di Nicolò I C.) 265 t (signori) o. Caetani Palatini; u. Campagna e Marittima; (iuvasione) 74; (despota) o. Caetani (Onorato). Marittima pisana u. Donato (S.), Terriccio; (conti) u.Gaetani di Pisa. Marmasolio (monastero di), ossia di S. M. delle Marmore, presso Ninfa 108-9. Marmore (delle) u. Marmasolio. Marra (della) 279: Giacomo Antonio Serino II, 126. parrocchiale

Marsi (duca dei)

[, l0l, lB7, 193 u. Colonna (Giordano,

Odoardo); (Rao signore di) 99. Marsica (a) 254. Marsiglia 302, Marsigliano l42t ll,276. Marta (assoc. di S.), a Napoli 324. Marta, schiava II, 39. Martinez (Lorenzo), rettore di Carvera 162. Martini Lorenzo, frate (diario) 60,221. Martini (Meo), di Anagni 282. Martini (Simone) 70,279. Mailini continuatio (cronaca) 68, 147.

Martino (chiesa di S.), a Ninfa I lB; ai Monii (card. di S.) 174 o. Gentile; d'Ocra (S.) 20; (rettore) u. Gaeta (Cristoforo Di). Martino IV pp. 54, 59,93. Martino V pp.267t II,92; favorisce Luigi III d'Angiò Il,

19; eletto al concilio di Costanza Il, 22; ordina a Ruggero

C. di

restituire Montecassino

Il, 27;

legittima

i

figli di Ruggero e di Cristoforo C. II, 27,30,42t protegge Giacomo II C. II, 28; (nepotismo) II, 30; conferma I'Acquapuza a Giacomo IV C. il, 3l i muore

II,

36.

Martino o. Rio. Martino (eggende del re), a Ninfa 307. Martino, arcidiac. gaetano 17. Martino di Porto 262. Marturano o. Antonio (ospedale di S.).

Marzano (di): Giacomo, conte

di

Squillace, anmiraglio

3i4.

Govanni, di Marino lI, 133. Giovaani Antonio, duca di Sessa II, 44, 46. Gofredo (ammiraglio di Giovanna l) 257. Marino-Giovanni-Francesco Rulfo, duca di Sessa, principe di Rossano II, 107-110, 113.5, ll9, 128.9, 133;(sigrllo) ll, t07; fa patti con Giovanni d'Angiò ll, I l0; (guerra contro re Ferdinando) ll, 112.4; (lettera di Giovanni d'Angiò) il, I 15 ; si accorda con re Ferdiaando Il, 130; (prigionia e morte) ll, l33t u. Rosano (principe di).

Rimrdo 4ó. Tornmaso

II,

109.

di SerIl, 135, 254, 256; di Fondi ll, 167, 169. Musa (da) II, 86 o. Andrea di Giaeomo (fra); (vesc. di) II, 195 o. Conti (Geronimo). maschio

o. Capo di Bove, Milizie, Ninfa, Traetto;

moneta

Massa Marittima (chieea di S. Francesco) 133, Massarina (via), presso Gaeta 16, Massiliense (preposito)

(1334) 249.

Marsillana 132. Massini (Paolo de'), afÉttuuio

di Ninfa II, 156. d'Austria inp. Il, 243, 260. Massimo (castello di San) lI, 5, 48,277. Massose de Marco ll, 175, 183. Massuccio II di Napoli (detto) u. Stefaoi (Tonmaso di). Massimiliano

I

matarazi. batarasso

II, 84,

90.

Matilde (contesa t lll5) 26, Matina (Lisulus de) 312. Matina Napolli (terra di lohannes C.

it)

22.

Matric.io (de): Giovanni, di Sessa Aurunca 254. Lorenzo, di Sessa Aurunca 254. -atrimouio dei preti 25. Matrona (porta), della cattedrale di Anagni 1V5,248.


Indice dei nomi Mattei (palazzo) II, 200. Mattei (Domenico Barnaba) 279. Matteo (S.) 108; de Castello (badia di S.| 22; di Ninfa (ospedale di S.) 120; de Metullaro (Ospizio di S.), in Anagni II, 202. Matteo, vesc. di Telese ll, 5E. Matteo da Pesaro, can. di S. Giovanni ll, 217, 219. Matteuccio (nob.), vicario del card. Nap. Orsini 150.

II'

I 17'

t3l, lr5. ; o' Anagni,

Maximus (rnagster), castell. dell'Acquapuzza II, 58, Mectula de lVlanfredonia (Scipio de), uditore II, lB3. Medicea (Libr.), di Fhenze 32. i

Medici (i) 84: Rinaldo (de') l4l. > u. Ludovico

vescovo'

Mele iudeo II, 196. Melfa, Éume Il, I l. Mel6 (duca di) II, ll8; (baroni al parlamento in) (principe

di) Il,

Ii' l8l;

261.

Melioris (Rinaldo de) l4l. Melizzano ll, 276. Menzano 206. Menzi Pietro, vesc. di Cesena

ll, Meo, confidente di Nicola C. ll, Meontadome (ninh) II, 89.

Ninfa I 17; di Cecilia

I

Mesa u. Torre.

Scarampo Ludovico'

di S.) ll0-3, ll5, l19.

Mchele di Fonterabbia, capitano Il, 238' Michele di Prato, Procuratore fiscale II, E8-91,

Cosimo

-

Innocenzo

o. Innocenzo

l4l.

di C. Borgia ll, 225, 238, 242.

Migl iorati i

VII pp. Il,

VII

papa.

7.

ù

ll,

214-5, 221.

C.osma 227.

di Pietto

227. Millusus (Gregorius) 21. Minciolus (fanulo di Docibile II) 14. Minerva (*p.4 ,. Maria (S.). Cosma,

Minervino ll, 265. Mioiate (de S.) 34; u. Nicolò. Minicuccio Ugolino di Aquila u. Camponesco Domenieuccio. Minnaccaro, cospiratore terracinese 253. minori osservanti (i) 70; u, Caetani (Francesco); (chiesa a

Orvieto) 138. Minturno 12, 15, 98, 255, 314; u. Traetto. minturnensis comes

,.

Mirabassa (Antonio), Mirabilia 145.

Caetanus (Rodericus),

di Marino,

architetto

Il,

155.

Misericordia di Pisa (la) 23. Mistretta (Matteo di), magistro hos;tiano 223. Mitilene (isola di) II, 103.

Michelangblo Caetani (via), in Roma 288; II, 199. Michele (chiesa di S.), in Anagni ll, 2Ol. Michele Arcangelo di Caserta (catt. di S.) l0t; sopra Ninfa

Micheletto Corella, sicario

acquistata dal and. l,Nap. Orsini 150; (in cqntrada) o. Biveratica (regronQ; (strada) u. .Basilio (S); Militiarun, de Militiis (titolo di . dominus ") 146, l4E, u. Anibaldi (Riccardd, Caetani (Pietro II); fualatium)

225;

Mirteto o. Monte Mirteto. Misciatelli (marchese Piero) 296.

nesalj II, E3-4. Meta (rotta dei ghibellini a pian della) 45. Metallino (Mitilene), isola I!, 103. Metella, di Quinto Cecilio Metello Cretico I 51. lVletello Oetico (Quinto Cecilio) l5l.

(di) o.

Ill C.

disfatto a Casalmaggiore II, 86; (cameriere) u. Francesco di Landriano; (ambasciatore) Il, 104 u. Trezzo (da); in aiuto di re Ferdinando tt, ll4; (tradimento veroo Giacomo Piccinino) ll, 1331 u. Sforza (Francesco), Virconti (Filippo Mada), Miliciae Tiberianae u. Milizie (tone delle). Milis (de) Filippo, governatore di Montecassino II, l2E. Milizie (torre delle) l8l, ?29, 233,271, 274ill, 138, 197, 276; venduta a Pieho II C. 130; (storia, leggenda e descrizione) 145-150 t (fortilizio intorno alla torre) I 52 ; (architetto) l53l trasformatain palazzo 16l; (Pietro II, C. sig.) 163 ; (condominio di Francesco C. tesoriere)

Adeodato,

della mole Adriana 297 ; della Torre delle Milizie 146; di forma ghibellina l53ill, 139; costruita a casamatta ll, 249: con sportelli di guardia Il, 254; lammia Il, 255. Merola (rocca dD II, l2l, Merullaro (de) u. Matteo (S.),

Metella 153

di Ponza II, 45; ricon. con re Alfonso d'Aragona II, 65;

prigionieri della battaglia navale

Millini:

127.

Mercanzia Gtrada), in Orvieto l3E. merlatura del palazzo e della cinta di

.;. nipote di

n, l3l, l5l; u. Ambrosiana; (duo. Visconti (Bianca); (ducato) ll, ltt,265:o. Valenza; in lega con Firenze e Napoli II, 153; si ac. corda con Sisto lV pp. II, 189; parteggia per Ferdinando re di Napoli lI, 195; (da) II, 120, 232, 249 ,. Gió. vannello, Pietro; (fuodsciti) ll, 243i (duca di) II, 95, 106"7, 1il, il5, tzo, 126, t3l, 134, t50-t ; tibera i

147-

Benedetta t ; mercator florentinus 172 o. Bicius, Campolinus, Guido, Nicolutius de Francesis-

(antro

II, l7l.

Mihel (St.) 232. Milano 204, 208,222i

Milla Adriana, m. Orsini ,..

219.

Merangoli (totre detta de), in Roma 2E8mercanti pisani 33 o, Ammanati (Nero), Beneacconi (Paudolfd, Gaetani di Pisa (Giacomo, Oddone), o Società

Mezzarota

Lodovico 157. Mignano

cilia Onorato

Mattia (Figli di): (casa in Anagni) 178; II' 201 Papa (DQ. I\lattuzzo (Antonio di Paolo de) II, ll3. Mauri (faniglia di Anagni) 174.

o megalenensis

Migliorati:

chessa)

Mattuti j: Antonellus frI. Honofrii 312. Honofrius 312. Matti, Macthi (Giaeomo, Iacobello) da Sermoneta

325

Modena 228, 2842 lli 236' 241 . Modena (Gacomo), giurisperito 198. Modica (contesa di), madre di Co:t. di Chiaramonte 313. Modone (vesc. di) 0. Patrasso Benedetto. moggio di terra | 16.

Mohler (Ludwig) 65, 170-1, 188. Mola, presso Ciaeta 235-6, 237, 260; ll, 276; (castellano) o. Gaetani di Cctelmola; (tregua con Cristoforo C.) II, 2l; (stemma del castello) II, 210; assegnata a Prospero Colonna 11,261. Mola di Bai. lI, 276.


DOMUS CAIETANA

) z()

Molara (castello della), presso Fnscati 223; u. Anibaldi. Molay (Giacono di), gran maestro dei Templari 201.

Molc Atratina

12.

Motico (castelto), nell'isola di Mitilene

II, l0t.

Molinella (battaglia di) II, 154. Molise (contado di) 182; ll, l2l, 133; (vicereggente) Avalos (Alfonso d'),

o.

Montefeltro (di):

208. (duca di) 3t3.

Federico, conte 160; Guidantonio lI, ló.

Molteni (Enrico) Momblanco

Mon. Tropualdu (q. nominatur) 22. Monaci (lago dei), presso Fogliano 94, ll3; Monaco (Govanni), card. u. Le Moine.

contro i Fil,ppo"h) 204; (capi del partitoguelfoin Orvieto)218: .,., di Orvieto, m. Aldobrandesca Onini 133.

Bonconti, di Ugolino 218-9. Corrado, padre di Manni 219. Ermanno, Ernaldo o Corrado ?, m. pucrezia

senatoriali

)) di Ben. III

C'

duchi

di

Gaeta di battere) 17;

276'

Farolfo, di Andrea 53. Leone, di Andrea 53.

monete

Pietro, di Andrea 53. Monte Mirtcto, presso Ninfa 107'

144.

ll0-2; tl'

155.

Montemorisco 210.

Mortenegro (Marco di), di Amelia 47. Monteodorisi (c€ntessa di) ll, 196; u. Aquino (Antonella d'). Montepeloso

di Guido e di Margh. Aldobrand. 132, 135,

ll, 265' 276'

Montepulciano 45.

di), notaio (1397) 320. Monterano (Gentile di) II' 8. Monteroduni ll, 39, 77, 83, 97-8, 102' 109' 129, 133, 154, 231 , 241-2, 276i (signorQ u. Caetaui (BernardinoMontepulciano (Francesco

144. Tommasa, di Guido 132, 135,216. nongile II, I 72. Guido (coute) 132-1,

Montacuto, Montauto nelta Tuscia

142-3,220,275-6; o.

Acuto.

Maria,Onorato),Eboli(Pietrod');(descrizione)tl, ass€diata

Montagra Spaccata, presso Gaeta 18. Montaguto (castello di) 33. Montallegro (due di) ll, 247. Montalto l?2, 2l2i ll, 240, 2767 (ca*elb) 316. Montalto (Lucrezia di) ll, 263. montano da macenare lo ghiado II, 156' Montaquila II, 108-9, 241, 276; (castello diruto) ll' 83; ceduta a Onorato C. II' llE; (srg. di) u. Eboli] (Pie-

tro d').

II, 63. 189.

Monte, contrada dell'Acquapuzza

Monteacuto, castello presso Subiaco Monteagaao (Corradus de) 312.

70.

Monte Argentaio 11,276, Monte Boaggiue, II, Só.

l4l,2l5: ll, 276. Montecassino (abazia di) 7,22,24-5,27,29,97,322; ll, 27, lll, ll3, 128; (pergamene dell'arc. C.) 34; (guerra con Onorato I C.) 314.; guardata da Onorato lll C. II, I 14 ; (giuriadizione cedúta al card. Scarampo) lI, 123 t (regio commissario e governatore) u, Caetani (Onoratd; (rettore) o. Carafa (Antonio), Scarampo (card.); (goverMonrebuono

276.

Andrea 53.

l.

Monte (Orsini Napoleone dal) r\{onte (Petrus de) 39.

ll'

Mootemarte (di):

Monf orte (di): 140,

ll,

Montemarico

caÀ.74.

durante Ia guena Angioina II, ll9. Moneta (de) o. Beneaccorsi (Pandolfo).

Anastasia,

Guidobaldo, m' Elisabetta 11,244. Taddeo (1275) 47. Montefiacone ll, 221, Montefortiao, oggi Artena 206,246-7 111,37,73,82,240;, (di) u. Alessandro; (sig. di) u. Conti (Ncola). Monte Giordanc (palazzo di), in Roma II' 100-1. Montelanico 243,273,277; ll,276; (sig.) u. Ceccano (Giovanni I da).

Montclongo 186, 220,233,271,273,276, 306t Montemarano (Ugolinuccio de' signori di) 217.

205,226; d'oro, d'argento II, l70i battute

Monferrato (rnarchee dD 3l

258.

Monteleone (signora di) u. Florensia. Monteleone (Francesco di) 98'

219.

Ugolino, padre di Bonconti 218. Monbeliaut (conte di) 232. Moncada (Raimondo di) II, 51. Mondagout (Guglielmo), da Bergamo, Mondo (Giacomo) ll, 226. Mondragone (rocca di) 268. Moneca (Teodon de) 22. moneta (diritto dei

l\,

Guido 169.

ll,5?,55.

Monaldeschi (i) 45, 47,133, 142; (battaglia

204, 2lB. Manni, di Conado

natore) u. Milic (Filippo de); (abate) u. Deriderio, Oderisio, Pietro. Montechiaro (Riccio di), conte di Laurito ll, 45,47. Monte Circeo o. Grceo. Montecompatri Il' 240. Montefeltro (contado di) II,86.

lll;

da re Ferdinando II, ll3; (varsalli) II' ll8;

feudo di Nicola C. ll, 134' 152, Monterotondo (Guglielmo di) IL 107. Monte San Biagio o. Monticelli. Moute San Giovanni ll, 236, 240. Montesarchio II, 46. Montesorio (Rinaldo de) II' 46. Monteti II, 27ó. Montevairano (Roberto di) 210. Monti (rione), in contrada Cavalli, in Roma 277. Monti (Giovanui), notaio di Vallccorsa lI, 3. Monticelli, ora Monte San Biagio 98; ll,2, 265,276; sn ribella a ladislao II, I I ; ipotecata da Ruggero C. Il, 22; aasegaata a Prospero Colonm II,26l. Montjoie (Bernardo della Sala, conte di) 297-8.

Montone (da): Braccio

ll,6, 10,26; occupaRomall,22;

polilt, 26-7;

paciere

entra

inNa-

iu Napoli II, 29; aedia Aquila

lI, 32; (no*e) il,2A,32. Oddo Fortebrarcio ll, 37. Montorii (comes) u. Componiscis (Lallur de). Montpellier I 59. Montpensier (comandante di Carlo VnD II, 220,222,260. Morandi (Giov. Batt.), di Napoli, antiquario 5.


Indice dei nomi Moravia (Giovami, marchese di), patriarca di Aquileia ll, 14. Morcone II, I10, | 17, 123-4, l3l, 178, l8l-3, 195; ipotecata da Ruggero C. lI, 22; (titolo <ii) ll, 4l-2,

48; (conti di) 4l u. Gaetani d'Aragona (Baldassare, Gacomo, Pietro.Bernardino) ; (contea di)

276i

assegaata a

II, 5l; mordente

restituita

II,

Giac. G.

ll, 48;

II,

108-9, 120,

ceduta a Baldass. G,

a Giacomo.Maria G.

ll,

di), inquisitore 232.

Moricone (signore

di) IL l0l ; u.

Morinense (card.)

u. Palu (Luigi de la)'

Savelli.

Moro (il re), nella leggenda di Ninfa 307. Moro (il) u. Sforza (Ludovico). Morolo lE6, 243-4, 246, 273-4t 11,240, 276; (torre di Vitagino presso) 245; (dg.) o. Supino (Raimondo, Rinaldo da).

Morolo (da) o. Conti, Supino (da): Rinaldo, nipote di Nicolò I C. 264 Tommaso 173, 184-5, 192. Mona (stemma dei) Il, 207. Morrone (Pietro di) 62-4, 196; u. Celestino

V

papa.

Mortaccinum (fossatum dictum) II, 63. mosaico della Navicella a S. Pietro in Roma 70; di S. Pietro e S. Paolo sopra la tomba di Bonifacio VllI pp. E4; nella capp. gentilizia di Aaagni 16l; del card. Ciac. Cclonna 170; del ciborio di S. Maria in Cosmedin 227. Moscatello, cavallo di Onorato II G. II, 173. Mouche u. Musciatto. Mottole ll, 265, 276. Mugello (di) o. Rossoni (Dino dei). Mugnano ll, ll2, 276. MuÈoz prof. Antonio ll, 203. Miina Eugène 84. mura (cinta di), a Gaeta 15 ; caetare e tusculaae a Civitas Caietana 155; castellane di S. Felice al Circeo l3l ; di

Fondi

2ll; di

Sesea

Aurunca 268:' diTodri 273t di

Ninfa I 17; di Sermoneta Il, 88; muri della rocca di Sermoneta ll, 135-40, 249-55; di Maenza 11,73-4, 209. Murena (famiglia) u.

lnio

(Caio).

Muz"apsds (Nicolaus) 312.

Nanteuil (lthier de), amb. di Filippo

di),

capitano

di

il Bello 168. I di Napoli

Giovanna

257,

259.

lll, imperatorc (arc. di) 232. Napoli passÍm; (duchi) 6,9, 16,20,24 o. Gregorio, Sergio lV; (ducato) 10, l7; (regno) 36, 96, 222, 254; (ammbistsatorc del regao) u. Americo (catd.); (re) o. Alfonso d'A;agona, Alfonso ll, Carlo Il, Federio d'Aragona, Federico II, Ferdinando I. Il, IV, Ladislao, Roberto; (regina) o. Giovanna I, II; (R' Arc. di Stato) 40; Ghada) 98, 302; (battaglia navale del golfo) 133 u. Napoleone

I

3E

;

(chiesa

300: (S. Angelo aNilo) 3ll;(Muuccioll di) 156u. Stefani (Tommaso di)

98,

ll2,

;

(Castelnu ovo) 2l

4, 237 , 3l I

I ll,

t52, t82-3,185,187,258-621 i (Castello dell'Ovo) 300, 3l I -3 ;

126, 130, 133,

ll, 97-8, I 15, 130; (segeio di Nido) 235 ; (Piazza della Sellaria, Portanova, la Scalesia) 300; (palazzo dell'arcivesc.) 301 ; (Piazza del mercato) 3 I 2 ; (assoc. di S. Marta) 324t (arcivese.) u. Bossuto; (nunzio apost.) o. C,rimoard (Guglielmo); bloccata da Luigi III d'Angiò ll, 26; occupata da Alfonso

V

d'Aragona

ll,

32-3; (parlamento in Niglio " in) ll, 133 (case di Onorato G.) II, 109; (porta di S. Pietro Martire) II, I l5; (Onorato G. governatore) II, I 16; in lega cou Firenze e Milano II, 153 ; (artisti e maeetranze)

S. Lorenzo) II, 5l; (.

Fossa

di

ll, l6E; (S. Maria Annunziata) ll, 175; (parlamento dei baroni) ll, 97, l8l-2t (S. Maria di Piedigrotta) ll, .l84; (S. Leonardo sulla riva di Chiaja) II, 184-5; difesa da Prospero Colonna ll, 263; occupata dai Francesr ll,264t (invasione di Giovanni d'Angiò) ll, 106-35, l5l; (sette primi o6ci) II, l08r (la Chiesa dàin feudo Tenacina) II, 156; (rivolta dei baroni) ll, l8l-2, 185, 195; (cameraria) o, Aquino (Antonella d'); (calata di Carlo VIII) ll, 257-66; riconquistata da Luigi Xll di Fraacia ll, 264. Nardini (Stefano), governatore di Roma II, 7E. Nardo, precettore di Giac. C. lL 152. Nardo, di Pietro Gorii di Velletri II, 55. Natalc di Nocera, capitano ll, 232. Natoni (Stephanus de) (1196) 40. Navarra (re di) 290; ll, 45, 106. Navicella di S. Pietro r,. mosaico. Necus Prumptus, reggitore di Terracina 254.

Neni II. 192, 240. Nemoun (duca

di) ll, 220, 264.

Nepi 169, 316; con6scata

ll, 238, 244, 246, 276i

(rocca)

II,

231

;

11,236; (duca di) rr. Borgia (Giovanni); me-

gnata all'lnfante Giovanni

Muro (castello d) 3131(barone di) o. Fortis (Enrichetto de). Muro (Iomnaso di), giurisperito l9E. Muno (frate Giovanni da), card. 198. Murrone (mon, del) 270i o. Morrone (Pietro di)" Muruedro (arcidiac,) u. Albalato (Gerau de). Musciatto Guidi de' Franzeri (Giovanni) 172, lB4, t6E. Musici: famiglia ghibellina di Anagni 174: Filippo II, 200; u. Anagni. Muzo (Cola), balestiere ll, 263,

Nantolio (Filippo

Loria (Ruggero di); (chieaa dell' Incoronata)

di S. Chiara) 194, 203, 222, 264, 313; (catr.) 225; ll, 263; (S. Pietro Martire, S.. Aloa e S. Severino)

(palazzo rcale) 255-6

265.

170.

moresca (arte) Il, 168. Morfontaines (Tommaso

327

II, 240; a Lucrezia

Borgia

II,

242. Nera (madonna), m. Nello de' Pannocchieschi 143. Nerone (Torre dD 145 u. Milizie (torre delle). Nettuno 252, 303,314t ll,98, lE5, 238, 240. Nevedonte (ninfa) Il, 89. New York Time 243.

Nibbio (nonte) aibby II, 158.

ll,

75.

Nicastro (conte di) ll, 261. Nicola (santuario di S.), in Filettino 272i (potta di S.) uSermoneta; di Bari (chiecctta di S.), nella Civitas Caietana 155-6.

Nicola di ltri, castellano in Sermoneta Nicola di Teobaldo o, Pietro. Nicolaus de Alamanja, mils II, 312.

II,

139.

Xl papa. lll pp.37, 40, 66-7,70-2, 140,279. Nicolò IV pp. 44,60,79, 131, 135, 197, 199, 226. Nicolò V pp. l12, t38; II, 78, 88, 90, 179; concede a Onorato lll C. l'Acquap.-a ll, 60-2; contro i sezz$i Nicolaus hoetiensis episc. 176; o. Benedetto

Ncolò

il, t48. Nicolò ('abate), seguac€ dei C. a Sersa 256. Nicolò de S. Miniate d. Hugonis, not, 34.


DOMUS CAIETANA

328

Nicolò di Napoli (detto) u. Spiuelli (Nicolò)" Nicolutius de Fraaceqis de Fighino 172, Nicosia (Corrado, arcivesc. ài) 320.

II,

(rocca) 94,

(vescovatotrasferito

C.

card. Benedetto

ll2, ll4;

(monte

di) l15;

menti per) 123; (Caetaui Palatini signori

Nido (seggio di), in Napoli 235. Nieuhndt (G. van), incisore Niem (Teodorico da) 1l l.

ll4, 183' 276i II, 80; aVellgtri) 108; sotto la rignoriadel

di);

Guido (Giov.

.

(easa-

èl) 220;

(rendite) 273,305; (feudo) 276; espugnata da Onordto I C. 305; ceduta a Giacomo IV C. lI, 34;

198.

Nilo (S.), eremita greco 18. Nilo (S. Angelo a) 3l I .

all'accordo presso la Fontana Rammaldina Il, 147 ; (pace con Sezze) II, 148; (castagneti) II, 156; venduta ll,

Nîmes 197. Ninfa parÍm: (villa di Tiberio, presso) 45; (rocca)76, 107,

ragona

ll7, 146,153, lE3, 187, 294,305,307; ll,86t (origine, leggende) lA7-2Ol (anrro di S. Mich. Arc.) I l0-3; (conúni) 109, I 13; (chiese) u. Biagio (S.), Govanni (S.), Maria di Monte Mirteto (S.), Maria Maggiore (S.), Leone (S.), Martino (S.), Paolo (S.), Parasceve (S.), Pietro (S,), Salvatore (S.), Veneziano (S.); (piazza di S. Maria) ll5, 120, 183; (selva) It3-5; (torre e palazzo di Pietro II C.) 116-7, 154; Il, 80, 87, 138, 187; (mura merlate di cinta) I17, 307; (faniglie maggiorenti) u. Razza, Scatafassi, Vari; (nomenclatura di cittadini) I 19; (fontana Calcarella, quartiere Vicus de Salpis, piazza della Gloria, ospedale di S. Matteo) 120;

(acquisto) 130; (concessione

t confiscata ll, 236 ass€gnala a Rodrigo d'AII, 240; (a6ttuari) u. Antonio di Ale*sandro,

159, 235

Antonio di Sezzp. normanni (baroni)

N

ll,

206t

mercenari 303,

ormanno:

ll,

Giovanni, di Stefano 197. Pandolfo, fratello di Stefano 29-30. Stefano 28.30, J6.

Notre Dame di Parigi (catt.

di) 51,

l7l;

(can.) o. Conti

(Adinolfo); des Doms a Aviguone (catt. di) 231,279. Novelli (Amaldo), card. di S. Prisca 200. Novello (Guidd, conte 65. Novello di Vico (Nicolò detto), not. dei C. 152; segno di tabellionato 221.

in

feudo) 138; tolta dal popolo romano l4E; contestata tra C. e Colonna ll2,

7l ; (guerra col popolo romano) IE7; (porcari incantatori) 196; (Valvisciolo) 201; (perdita) 212; (signord u. Caetani Palatini (Giovanni), Caetani (Onorato I, III, Giacomo II); (teudo) 276i (distruzione) 304-lO; (de facto Nymphae) 205 ; occupata da Giacomo II C. II, 6; ipotecata da Ruggero C. ll, 22i ceduta a Giacomo IV C. ll, 34, 37.8; (paen con Sermoneta, Velletri e Cori) II, 58; (" fattaccio " di) II,86; (porte di) S. Giovanni II, E7; (trote) ll, 104,152,2t9; (scorrerie dei sezzesi) II, 149; (lago, molini) II, I 55; (ferriere) 11,255-6 o. balnea, igaenia, valcatorium; (afútto) u. Maseimi (Paoto de'); (palazzo comunale) I I 5; II, I 56; (diritti ceduti a Stephano dicto Scarapatio) II, 159; devastata dagli Orsini ll, 193; (castellano) u. Dulce (Giacomo); (vendita della tenuta) 11,235; a Rodrigo d'Aragona ll, 240. Ninfa (6une) l17; II, 145, 147-8, 155. Niufa (leggenda della male6ca Íata) 3O7, 309. I

Nia6na (via) II, 145. Nocera (vesc. di) 310; 11,272,234; o. Baldeschi(Matteo), Borgia (Al$sandro). Nocera (Natale di), capitano ll, 232. Noferi di Pisa (S.) 34. Nogaret (Guglielno di) 57-8, 61, 64, 66-7, 72, 85, 114, 202i lzE, 142, 160, 172-8, 183-4, 194-2001 (masnade) 78; (congiura) 105, 248t (accuse contro Bonifacio VIII) 138; (teste prezzolato) u. Armanci (Franc.); (trattato con Riaaldo da Supino) 184; (scomunica) 185, 194; guardasigilli di Filippo il Bello 195; (cornplice) o.

ll,

Musciatto. 291 , 316 t II, I l, I t 5; (conte) o. Orsiri (Nicola, Pirro). Nome (Terra di), presso P;a 30, 34. Nomeutano (battaglia di Ponte) Il, 195.

Nola 251 ,

Norba 107-8; u, Norma. norbana (leggenda) 107.

lr{orcia (Matteo di Pietro da), giudice gen. di C. eM.253t (campo presso) II, 100. Norma 107, l9l, 222-3, 271, 2E4, 287, 294, 304 ; lI, 7 l, 76-7, 2?8, 276; (condomini) o. Giordano (Gov. di),

O""tund", m. Rinaldo Orsini

133.

Ocra (d') o. Martiao (S.). Oddo d, Trasmundi zaocatensis (Anibaldi) 39. Oddolina, di Adenolfo de Aquaputrida II, 58' Oddone d. Sermineti 122. Oderisio, abate di Moutecassino 24, 97. Oderisio (R. d4, pittore 138. Olevano 203; ll, 240; (sig.) o. Colonna (Pietro). Olevola (torre), preeso

il

Circeo

l3l.

Olivieri (Pietro)

lI,

Otrmo (quartiere

dell'), a Owieto, 142,

182.

Omero (poetd 129. oncia 97-8, l0O, 234-5,246,253,

257, 306; It, 260.1,

di carliui d'argento 267: {orc 93-4,96,98, 100.1, 193,205,221-2, 234,237,313:, ll, t80, lE3. Onofrio (notaio) II' 218. Onorato (S.) II, 177. Ooorio III pp. lll-2; Onorio IV pp. E5. Opis (ninfa) II' 89.

II,

58.

Opus Metricum rr. Stefaneschi (Giac. Gaetani). Orania (m. Docibile II) 16. Oratino o, Loratino. Orazzano ll, 276. Orbetello 133. 142, 2l6t ll, 276. Orcula lI, 27ó. Orgiale (tenuta dell) tl, 58. Casa Caetani ' (MS.) " Origini dell'antichissima Origlia (Pietro), conte di Cuazzo ll, 21. Orlandi (gli), famiglia pisana 32.

ll, 2tl.

Orlando di Bartolomeo, nilite d'Anagd 103. Orlaudo (Monte)' presso Gaeta I E. 104. Ottanduccio (cursorc di Bon.. Orsa (torre dell'), a Siena 206. Orsara (di) u. Angelo (S.). Qrsini parsím: (capostipite) o. Bobo o Boveschi; (arc. di

Vil)

Bracciano) 37; pretendono al contado aldobrandesco I 35; (card.) o. Napoleone; ricevouo gli speroni d'oro I 62 ; (pa-

îeúelò 263; (parentela con i C.)

II' 38' 153; pro-


'lndice .dei Qr ri.n

i:

i

II,

i Colonna) Il, lE9, 195; devastano Cisterna II, 193; (battaglia di Ponte Nomenlano) II, 195; (conffitto con Alessandro Vl) ll, 217 , 222-1 i.(cattone con le armi d"clù IL 236 t coatro Cesare Borgra ll' 246 t si Sccprdano con Alessandro VI pp. II, 25E. (pace con

II,

67.

Aldobrandesca,

di Guido

133.

Aldobrandino, nipote di Margh. Aldobr. 37. Anastasia, m. Giordano Qrsini 316. Andrea, naturale di Giordano Orsiní 315. C. 251 Angela, di Giacouro, m. Giacomo

lV

'

9n

Orsini:

púetarî di Gsterna lI, 64; (argenteria con lq ar,ai degli) II, 83; (alleanza con Onorato III CJ ,tl, 85, 100; '(trcgua coD Colonna) .l1, :150; (guerra Onin!'C.oloryra) Il, l8E; 187-96; spogliano dei leni Paolo Matgani

Agostino

,nprni

74,152,86,

9t,

|

Jl, 35,

l6f,2t4, 243;.si

a{o'

.pera per la.scarcerazjqne del 6gli" Nicola'll' l'12' l15' 127, l?l; vicaria gen. in Sermoneta ll, ll3, ll8; Teracina llinvoca per il goverpo della citta II' ll7;

(diritti su Ceppaloni) card. Scarampo) -ll,

II, l18,

ll7'

12ó; (c.orrbPondelza col

123, \27t:(patto Per,la libe'

134; peneguitata da.Al.essandro Vl pp. ll, 231, 234-5; (restamento) II' 219; Eleonora, di Napoleonc di Braccimo, m. Nicola Il C.251 t razione di Nicol4

ll,

u, t53, 160, 187. Gentile, m. RoÍredo II C. 48' 216,211. Fetice Maria, di Ferdinando, m. Pietro III C. 251;,U, 200. Ferdinando di Gravina 25 t. Francerca,

m. Benedetto

Francesca

ll, 153. di Gravina

Ftancesco

lll C.216' 2rl.

77, 82, 85:'

; ll,

II, 3E;

I

I

,

27

,

di lll C. II,

prefetto

garaote Per Onorato

;

conte 'di Roma II' 74'

29

77.

Gentile, di Bertoldo 132, 140-1, lE7. Gentite, di Matteo Rosso I il vecchio 140' 216-7, 2Jl. Geronimo II, ó7, Giacoma, di Orso, m. Nicolò I C. 249-50, 253,,270t ll, 148 27Et, stipula un concordato per,{ifenlere $ezze 280; muore di peste 250,264. Giacomo, di Giovanni Gaetano Orsini 37. Giacomo, (detto degli O.), reputato di Gordano 315-6. Giacomo, di Napoleone 48, 178. Giacomo di Tagliacozzo 251 t ll, 36. Gia.'autonio, principe di Taranto ll, 4t-5. Giordano, di Orcello ll, 31, 65. Giordano, di Orso 249, 263, 285, 715; eredita le carte del card. Napoleone e il castello di Marino {44; (mili' lhiel 297-E; (fratello illegittimo) a. Brusco (Nicola); (guerra con Adenolfo e Aldobrandino Conti e con i Palatini) 298; (tetamento) 316; (eredità) 3lE.

Domus,

l-2,

42.

C. 13d, 2,15-6,

di,Pino, m. Giacomo Iy C,

Giovaqnella,

,?51

35,82.

i .Il, 24,

Giovanni 37. Giovanni 297,312. Giovanni II, 29. Giovanni Antonio, conte di Tagtiacozzo II, 85. Gio.-Franc., di Ludovico di Pitigliano, m. Enilia .Gio.-Gaetano, .di Gaetana Gaet-aui 37. .Gio.-Gaetano, di Matteo-Rosso e di Perna C.

III

Ieronima

II,

C, 251. 37,

40.

ll,27,

?8,

papa.

103.

Lolli 312. Ippolita, naturale di Napglegne

ìo,hannes

ll, 192.

Latino, card. dpi SS. Giov. e Paolo 11,85, 1.49,:1,52-4, 225. Ludovico

di Pitigliano

di

Orsello e

251 .

di

Margh. Aldobr. 133, 1.35, l?9, 144. Mattpo 37. Matteo Rocso, diGentile, aard. 168, 178, l8J, 169. '197, Mattco Rorco I, di Gio. Gae.tano, m..Pcmr. C,.36.7, +1, 197:' m. Giovanna delllAqrdla 99. t69, 2l6i Matteo Rocso,ll (di Maueo Rocso I) 216. It{apoleone, di Matteo Roeso .4E. ,'Napofeone, di Rinaldo, card. 60, 133, l?940,173, lE3, I 90,,l 95, 2O?, 219, 222, 228, 230, 249 t (ntaighi conMaria,

ll,

,

tro,i C'), 100;l ;,$ettera a Carlo II) rlf l; riceve Pian Cptagnaio t43; legato in Toscana ,144;, (carte e Marino

in

posseuo

di

Onorato

conitana 160;

al

conclave

;

I C.) l44t proprietario legato aella Marca

di Perugia lE7;

An-

Napoleone

Ordni dal Monre 109. :Napoleone.

di Cartello l7E.

Napoleone di.Bracciano, padre di Eleonora

25I,

tt,

100-|,

153,160, 172, 192.

di Matteo 215, 251.

Giordauo, card. vesc.

lll

di Nola 263, 316. Gr[elllo, di Rinaldo, n. Margh. .Aldobrandesca Nicola, coate

251

Gravina e Conversano Francesco,

m. Benedetto

dclla torre dellc Milizie 150

di

Elisabetta,

,Francesco,

Guido, di Romano 132. Iacobclìo, -illegittimo di Franc6co, m. Sveyl C,

lll

104, 150-1,

di

25t.

70, 279; o. Nicolò

38.9. Battista, cau. di S. Pietro (1416) 86. Bcrtoldo, di Gentile il vecchio 140, 168. Bertoldo; di Romano 224,250,267; .irnprigionato da C,ola di Rienzo 263. Bobo 37. Brusco Nicola, fratello di Gordano 298. 153. Cailo di Bracciano C. 251 ;i11,27,:38, Caterina, di Francesco, m. Onorato

ll,

Giovanna,

di

Sabina

II,

3E.

, !44; conte palatino 139; rig. di.Marino 251;

133-5, (testa-

mento) 133, ' 139. Orsina, naturale di Giordano, m. Giovarni Ceccarelli 315'6' 318: II, ó5-6. Osinp, srg. di Barsarello, m. Gulia Faroese II, 214-5. Orro, di Gentile, rettore dclla Turcia 140-1, lóE. Qp, illcgittino di Giordaro 315-6. Ono, di Napoleone 152. Orso, catronico di Uncoln II, 65.

Ono II, 29. Paola

II,

153.

Paolo 157.

Il, l0-1. Paolo Paolo (1485) II, 190, 193. Perna, di Gentile 70-1, 279. Pietro 217. Pirro di Nola 251 t ll, 24. Poncello 217. Raimondo 264. Riccardo 148. Rinaldo, di Matteo Roso, m. Ocelenda 133.

(l4ll)


DOMUS CAIETANA

930

Orsini

palatim (conte) o. Aldobrandeschi (lldcbrandino Rosso), Orsiai

di Onello 249, 26it I1,65,85; prigioniero di Giov. C, 235, 265; faulorc dell'antipapa 297 ; rettore del Patrimonio per Urbauo VI pp' 298; si schiera con

Rinaldo,

Luiei d'l\neiò 312. Roberto, di Bertoldo, conte palatino 25O, 267,278. Romano, dettoRomanello diCentile 132, 135, 144, 177,

(il

colle) 27, 29; u. Roma. Albani in Gaeta 13; ducale in Gaeta l4-7 ; di Guaiferio in Gaeta 16; civico in Anagni 39, 43-4, 248,

palazzo

:

281; dei C. in Anagoi 79, ll4, 154, 175, l9l, 290;

apost.,

in

7E-9, l58i di Traetto 98; del

Laterano

in Ninfa ll5, ll7: di Pietro II C, in orI I 6 ; papale, in Orvieto I 38, 143 ; del popolo, in

comune

2t7.

di Bracciano ll, 100-1, 153. Trifalda ll, 153. Virginio, duca di San Gemini, m. Giovanna V C. 251. Virginio, di Napoleone di Bracciano, condottiere II, lE7, Roberto

II 153; comanda I'esercito 189; assedia Paliano II, 190-l I sconÉgge i C., i Savelli e i Colonna a Civita Lavinia II, 192-3; (ritratto) ll, 193; (guerra contro Nicola C.) ll, 217; conte di Tagliacozzo ll, 219; gran conestabile e generale 196; m. Trifalda Orsini

pont.

(Orsello).

Palatino

II,

il re di Napoli ll, 221. (grido di guerra) ll, 192.

d'armata per

* Orso, Orsol

"

Palermo 34-5. Palestina (a) 201.

Orso (locanda delf), a Roma Il, 200. O*icella (battaglia di) 269. Orto (dell') u. Maria (S.). orvietane (crouache) l4l ; orvietani (gli) 137, 196, 204,207,

217, 298t (ambasciatori) 138; (cronisti) 140; orvietano (esercito) 138; (l'Orvietano)

vieto Orvieto 143; pontificio, sul Quirinale 145; di Trajano 147 ; di Capo di Bove 147, 152-5; delle Milizie 16l ; di Cesare, in Palestrina 170; del papa, in Anabni l9l; diaconale di S. M. in Cosmedin 227 ; di Castelmola 237 i Barberini, in Roma 262 ; àei papi, in Avignon e 232, 2E9, 300.2,320; del card. Franc. C., in Avignone 230,233 1 dei Caetani ll, 197-ZA3; dei Gaetani d'Aragona, in Fondi II, 167-74.

l4l.

Orvieto 45, 53, l5E, 16l,22l; (cronaca) 6, 162, 190; (po' destà) o. Bonifacio VIII, Caetani (Adinolfo, Benedetto III, Pietro II); (pace con Todi) 47i (statue di Bonifacio VIII) E4, ll1, l96t (beni di Pietro II C. dati in permuta) | 16; (S. Francesco) 132, l38l (un Monaldeschi di) 133; contende alla Chiesa il contado aldobr. 135; Acquapendente e Val del [.ago 137-8t (palazzo papale) I 38, 143 ; (porta) u. Maggiore, Postierla, Rocca ; (strada) o. Mercanzia, Corso; (torre) o. Tone del Papa; (erercito) l4t; (quatiere dell'OLno) t42; (palazzo del popolo) 143; (i sette consoli) 143, 2l6t (il card. di) I 74;

39, 64, 123, 158, 169, 206-7, 267, 322; (caduta) I 15-6; citta Papale 140-2; (vesc.) o. Grecis (Giovanni dè), Lusignano (Ugo di),Ranieri (Teodorico); (rocca dei Colonnesi in) ló8, 170; (mura ciclopiche) 170; Il, 38, 86, 240.

Palestrina, Penestrino, Preneste, Prenestina

Paliano 103,2A5,267 2El; I1,95, l87i (di)u.Pelle (Nicola); (sig. di) u. Cólonna (Antonio, Giovanni, Pierantonio, Prospero), Conti (lldebrandino); (rocca) ll, 92-3 ;, (catellanb) u. Vaccino puca); (piazza di S. Andrea) II, 93; (vicariato coaceso ai Colonnesi) Il, 93; asse-

diato da Virginio Orsini

ll, 190-l;

all'Infante Gio'

guel6

vanni II, 240; (fuoruscito di) u. Pettinari (Nicola). Paìiano (Crescenzio di), giurisperito 9E. paliocti (de) II, 84. Palladio (detto il) u. Sebastiano al Palatino (S.) Palma (M. Antonio) lI, 199. Palmarola (isola di) 17. Palo (Perellus de) 312. Palombelli de Bassiano II, 63.

nesc (Guidottd.

Palu (de la) Ldgi, cand. Morinense Il, 78. Paludi Pontine, 120-2, 129 ll, 135, 143,217, 221,255;

e Filippeschi) 204; (guerra tra e ghibellini) 2lE; (in domibus S. R. Eccl.) 218; (avalleria) 219; (beni dei C. in) 220; (vesc') o. Fr' (battaglia fra Monaldeschi

Orvieto (di): Guidozzo (nob.), vicario di Pictro II C. 130. Teodorico, di Giovand di Bonaspeme, vescpale 140, 142; o. Ranieri (feodorico).

di Gni Pa-

Otbom (prof. Henry F.) 243. Ostia 25, 29, 108, lll,176, 185; Il, 87' 189 217; (vicario in) o. Cervantes (Pietro de); e Velletri (vesc. di) o. Cer. vantes (Govanni de); (sconftta saracena) 9 ; (vesc.) u. Nicolaus Ugolino; (card. vesc.) o. Boccasini (Nicolo), Ottone.

O*rogoti (glil 254. Otranto II, 188. Ottaiano (Francesco di) Il, 125. Ottone I imperatore 5, 6, 32.

Ottone

lll

imperatore

II,

198.

Ottone, card. di Ostia 25; o. Utbaso Il papa. Ottoni (i trd, imperatori 18. Ourri (mesire), inquisitore 232. Ovo (c*tello); o. Napoli (castel dell'Ovo).

Pado"o l5O, 221. Paglia (valle del) 132. Palatini o. Caetani.

(questione delle) II, 144-91 (arta topografica) ll, 145-6. Paadolfo Capodiferro, principe di Capua 9-l l, 12, 18,20-l t (torre alla foce delGarigliano) ll-2,25r,257,268i o.

Torre a Mare. " de Subuxa >, senatore di Roraa 146.

Pandolfo

Pandone: Ce*"r"

II,

ló2.

Francesco,

di Capua II, 29.

Galeazzo,

II,

107.

lordanus 312. Scipione, conte di Venafro panni de raqz o. arazi.

ll,

133.

(Nello de'), sig, della Pietra; 97, 133-44, 183; o. Aldobrandesca (Margherita), Baldo (Bartola di), Nera (madonna), Tolomei (Pia de').

Pannocchieschi

lEl,

Pantanelli (Pietrd, storico

tzl-2,

di

Sermoneta

45, 108, lll,ll7,

309.

Pantano (Bartolomeo

di), sindaco di Ninfa

ll5.

Pantano de' Gri6, prcso Norcia II, 100. Paola (lago di) 94, l2l, 129-31, 317 ; II, 53, 157 ; u. Maria della Surresca (S.) Paolo (S.): prigioniero a Cisterna II, 64; (nosaico nelta capp. C. di S. Pietro) 84; di Ninfa (chieea di) I l8; Il, 87 ;


Indice dei (chierico)

rr. Impacciati (Nicolantonio) I

di Sgurgola (chiesa

di) 135; (can.) u. Caetani (RoÉredo III); fuori le mura di Roma (basilica) 9,26,30,40,48' 61,75, 118,289; (abate) u. Caetani (Giovanni); sulquadro di Antoniazzo Romano, a Fondi ll, 177 t di Albano II'

82;

(ciborio)

t04.

II, 103, 133,

l5l,

159, 199; (lega con Antonio indìce tregua fra i Colonna e gli Or' sini ll, 150; (crociata contro i turchi) II, 153; appoggia la lega contro Colleoni ll, 153; contende San Felice a Onorato III C. Il, 157 ; (particolari della tomba) II' 153,

Paolo II pp.

Colonna)

II, l0l;

165; (storiografo) o. Veronese (Gaspare); (stemma card. di Pietro Barbo) II, 16l. Paolo IIt pp.,ll, 122, 213, 2l5t u. Farnese Alessandro' Paolo Romano, scultore

II,

103.

Papa (de) 50, 16l, 173, 214, 247t11,201; o' Conti

.

Adenolfo, avo di Matalona' sposa ... C. 49. Adenolfo, di Mattia 173-4, 291-2, 251 t 11,200 ; partecipa all'atteutato di Anagni 49; capitauo del popoto a Ana-

gni 175; scomunicato 185; partecipa alla 186; nemico dei C.215; o. Conti.

lega

di Alatri

Aloysia (Luigia), di Adenolfo, m. Benedetto lll C. 251. Matatona, di Mattia 49, 50, 215. Mattia 49, 173, 175, 186, l9l, 203, 214'5; II, 200. Mattia, di Adenolfo (f n77 c.), . nepos Gregorii IX ' 49, 50, 215. Nicola, di Mattia 49, 173, 185-6, l9l'2t ll, 2OO. Papagalli (aula), in Roma II, 232' Papale (via) 28. Paparesco (Lo), nel lago di Fogliano ll, 30, 54'5.

0.

gross€.

Paparoni (Scotto),di Ninfa 109, ll4. papiensis (denarii) il, 198; * Donarum " II' 219; a. Giovmni di Pavia (chiesa di S.). Parasceve (chieea della S.), a Niafa I 18. Parentucelli Tommaso u. Nicolò V papa. l7l Parigt 221, 226 ; (Notrc Dane) 5

t, ; (arc. naz') 57, 212; (concilio naz.) 59, 69; (teologi) 104' 196; (uni' versità) 196; (bibliot. naz.) 230; (can.) o' Caetani

(Fraacaco). Parisi (di) u. Sanguigno. Parma o. Biauchi (Gherardo), Gainaco. Paroni (Cola), di Sermoneta ll, 55. parysini II, E4. Pasini-Frassoni (conte) Il, 207.

ll

pp. 26-7,38, l0E,

di)

288, 298t

ll, 74, 222t

pedaggro

98,

2ll.

Pedari di Bassiano Il, 63. Pedemonte u. Piedimonte. Pélague (Arnoldo di), card. 230. pelasgrche (mura) 186. Pelle (Nicola di Bartolomeo), di Paliano 103. Pellegrini (Nicola), arciprete di S. M. di Fondi

dei)

peniteuziere maggiore Penna

ll,

ll,

176.

16.

II, 16, E6.

(La), torre in Roma

II,

199.

di

Genova, pitata 255. Perdicasso o. Barrili. Pereta (castello di) 133. pergamene : dell'arc. di S. Lorenzo di Genova 30; dei duúi di Gaeta nell'arc, di Montecassino 34; di Anagni 38; apocrife del fondo pisano 30; alterate 36. perle II, 84, 170, l7l, 180. Pe ronti: Antonio, di Terracina ll, 2, 3. Giovanni 244. Perrerio (Pietro Giovaoai), de castro Ripi lI, BB. Pcrrone o. TorÍe. Persico (Broccardo), cancclliere di Gac. Piccinino II, ll9, Percivallus

113-4.

i

onclave (1294) 62, 100, 187-9, di Benedetto XI) 167; (convenzione Caetani-Colonna del 1305) 191,212, 214. Perugia (da) Angelo, maestro di Ben. C, (Bon. VIII) 52;

Perugia

45-6, 53, 60-l

228; (non.

sepolcr.

Ugone (currore di Bonifacio VIID 104. perugini (fanti e cavalli) 218. Perusia (miles de) 39; u. Ugolinus (d). Peruzzi (i), mercanti di Firenze 100. Pesaro II, 153, 217, 219, 244; (da) u. Sforza (Matteo).

no (d'). (6une)

in

Cosmedin

196.

II, 2' 261,276. Paterini (i) 176-7. Pastena

Patasso (vescovato di) 44. Patrasso di Guarcino (i) 44, 49, 502 Adelasia, di Pietro 44. Andrea dictus de Patra:c, nilite, di Pieto 44, 49. Benedetto, veac. di Modone 44, 49. Enilia, di Pietro, m. Rolhedo C. 44, 48-9, 92, 251 , Leonardo, di Pietro, card. di Albano 44.5, 49,51, 53, 70, lE7, l9E; lI, 209i o. Errata-Corrige' Maria, di Pietro 44. Nicola, podestà di Todi 53. Pietro 44, 49.

I

(rettore) o. Borgia (Giovanni),

; (rettore) u.. Caetani (Benedetto lll), Orsini (Rinaldo); nella Tuscia 47; (rettore) o. Pileo (Guido di). Paulotti (Pucciarello), sindaco di Fondi 303, Pavia u. Giovanni . Donarum papiensis " (S.). Pavo (Berengario de) 9Z Famese (Alessandro)

Il, 32, II, I 13. Pescheria (id u. Angelo

Pescara

228. Paecarano (porcari incantatori

Patrica 186, 277,2802 ll,155,276. Patrimonio di S. Pietro 8,9, 53, 163, 241,254, 265,

Pescara II, 72,83,124,128, 160, 196, 216,241; (mav chesa di) u. Caetani (Beatrice); (marchese di) u. Aquino (Berardo.Gaspare d'); (marchesi di) u. Avalor d'Aqui-

ll7'

129. Pasquale (fra), autore del cero pasquale di S. M.

Pasquale

?3t

penitenziaú minori (ordine

de Papa, " Figli di Mattia >:

paparino

nomi

Pesche

(S.).

Beccuccie (e), Cande (le), Cannucceto di Pantano, Capo di Bove, Caprolacc,

peschiera

l3O,156;11,54-6; o. Bacchi,

Fogliano, Fossa Papale, Fossella, Grecesco (lo), Maria della Surresca (S.), Navis Fulgiani, Paparesco (lo), Vaccucce (lQ. Peschum Rubeum

ll,

(iurta)

Pescosolido II, 83. peste bubonica 284; Petrarca (Francesco)

II,

64'

130.

230, 241, 262, 267. Petravalida (Riccardus àe) 312' Petre Conte,

di

Bassiano

II

63.

Petri Johanni olibastro, schiavo Petrileonig

II,

u. Pierleoni.

Fetri Paolo nigro, schiavo

ll,

173.

173.


DOi,îUS CATÉTANA

332

Petroni (Riccardo) da Siena, caÀ. 74, 148, 198. Petruccio, di Mucio Mactutii detto Picco, di Rona II, 55. Petrulo, di UÉolo di Grigliano (famuio di Docibile Il) 14. Petrulus, qui dic. de Gaietàno (famulo di Dócibile ll) 14. Petrus comes Licij 312. Petrus de Urbe (S.) o. Pietro (S). Petrus Lofredi 38. Petrus presb. Pettorano

ll,

Pietro (5.) pcssím : (cattedra) 25, 6zf, I I I ; (noeaico iafigúrante)

84; (navicella) 294; (patrimonio di) o. Patrirtoniol in Vaticano (basilica di S.) 54, 86, 149, 159, 196, 203, 231 -2, 27 4 t ll, I 9 l, 2l 3 -5, 229, 235, 238 ; (confr:seione) 9; (can.) o. Caetani (Benedetto, Francesco), Orsini (Bai" tisa); (aic. capitolare) 70,88; (cappella di Bonif. Vlll)

(1903, 21.

Pettinari (don Nicola), fuoruscito

di

Paliano

ll,

61, 136, 263, 2E5;

92-3.

Vl[)

di Nicola C. II, 217-E.

168, 175;di Nirfir llE-9; aCastello 2l; de Scletis 221, 2261 (piorc) o. Caetani (Francesco); di Napoli 19; in Grado, irr Pisa (chiesa) 33; fureposto) u. Gaetani di Pisa (Benedetto); in Vncis, in Anagni (chiesa) 39; (priore) u. Rogerio; Ma*ire, in Napoli 300; di... 2l; rappreseniato sulla tavoila di Antoni.-o Romano, in Fondi

II,

piacentino (vesc.) o. Amidano Nicola. Piacenza (vesc, di) o. Maftolo.

Pian Castagnaio 132, 143, 219;

ll,

277.

Piazza, storico 108. Piazza d'armi o. Sermoneta (rocca di). Piazza del Conte rr. Anagni. Piazza degli

ll,

Olmi u. Sermoneta (rocca di).

Picaloctus: Giovanni (nob.), vassallo di RoÍredo Leonardo (nob.), vassallo di Rofrredo Piccardia (di) u. Le Moine.

C. 93. U C. 93.

177

;

(sepolcro

di

Cristoforo

C. in Fondi)

ll,

ll4;

t

l8;

ll,

ll,

Piccolomini (i) 208: Alfonso, duca

di AnalÉ

II, ll7, Vittoria II, I79. Aatonio

ll,

259.

122, 124, l5O, l'79.

Piceno (il) 44. Picingli, stratega 10.1,

Pico,(cartello)

1, 97, 99;:(conti) b.

Aquila :(Ricitardo I

dell'). Piedigrotta II, 184. Piediluco ll, 236, 240. Piedimonte Casal di Sessa 29.

d'Alife 4l 266,277.

Piedimonte

177,262,264.5,

(ir 3, 4,5;

(quartierd 27, 29:

Antonio Gratiani (de') tl, 6ó. Gismundus (1139), (de domo Petrileonis) 36. Pietro, card, legato in Gallia (fiaiglet ll) 4, 26. Pietro, di Leone 25-6. Pietra (Nello della) u. Pannocchieschi. Pietra Rea o del Malconsiglio (ocalità derta) 173, 248;, o. Ccccano. Pietracassa (rocca

di) 32.

ll

il,

ll,

ll3.

lll.

Pietro, d'Alessandro, 'afittuatio ll, 240. Pietro d'Arezzo ll, 234. Pietro, di Leone o. Pierleoni. Pietro da Milano, incisorc II, 120. Pietro, dél fu Nardo Gorii di Velletri ll, 55. Pietro da Parrica, architetto Il, 155. Piero dc Pileo ll, 202, Pietro di Sezze, aGttuario ll, 67. Pietro di Vcenza, vesc. di Ceseta (?) ll, 241. Pietro Paolo, messo di Giov. d'Angiò II, l3l, Piglio II, 240. Carlo, cavaliere II, 180. Caterina, m. Onorato II

G. ll, 177-E, l8l-3, 261 ; ll, 175; rafigurata nella stahra di S. Caterina ll, 176; (doni uuziali) II, 180; ottieue Maranola Il, 185; (istruzioni di re Ferdinando a) ll, 257-8. (sternna)

Piedimonte di San Germano II, 108, Piedimonte di Sermoneta ll, 232. Pierantoni, storico 108.

Pietracarella 216.

i

Pignatelli:

i ll, 5, 46, lO7;8,

Petrileonis

49

(Giuliano della); in Corte di Sernoueta (chiesa di)-ll, 135, l4l-2; (sepoltura di Gac. C.) 30; (di Gac. IV C.) tl, 35; demolita 25Oi e Marcellino (card. dei SS.) II, 218 u. Bernardino di Carvajal, Roma; e Paolo (cappella dei SS.), nella catt. d'Anagni ll, 200, 203;4i (et*za di), nel palazzo di Fondi 172. Pietro e Stefano (badia dei SS.), detta di Valvisciolo 76, Pietro d'Aragom, di Sicilia 93. Piero (prete per nome), a Vahnza 231-2. Pietro, m. Cubitosa Canti 127. Pieuo, abate di Montecassino 314. Pietro, prefetto di Rona (l I l8.l 139) 28, 36. Pietro, rig. di Sgurgola u. Sgurgola. Pietro Ispano, verc, di Sabina u. Rodriguez. Pietro, vesc. di Segni (1183)

ll,

Francesco, di Nicolò II, 85. 26 appoggia Giacomo, corisponde con Onorato C. Gov. d'Angiò IL viuce S"n'Flaviairo Ii;115; " (salvacondotto a Onorato C.) IL I a guardia negli Abruzzi II, I 19; (can ellicre) o. Persico (Broccirdo); al gran consiglio angioino l24t Onorato C. gli liÉuta I'appoggio ll, 126; arresta I'inviato di Pio l'I 9p. Í1, 127 i sconfitto a Troja Il, 129-302 m. Drusiana Sîorih, 1331, (piigionia e morte) 153. Nicolò II, 81,85, 99, 103; al servizio diFirenze 11,33; (medaglia) U, '86. Picclonem (Pietro), procuratore del pàpbló di Nidfà 183. Picco (detto) o. Petruccio di Mucio. Piccolomini o. Todeschini (Pio III).

Il,

(tavole dello Scacco e di Ant. Romano) ll, 17V-E1 (porta) ll, 264t it Vincoli (card. di) II, 192 o. Rovere

lt

Piccinino:

Pierleoni,

ll, 235; (altari) 75, 166; (antica

basilica) 82, 86; (costruzione della nuova basilica) E6; (tomba di Bonif. 194; di Fondi (chiea di)293;

I t3.

Piaceatino, cancelliere

ll, 265, 277. II, ll2, 172, 277.

Piettàmaggiorej Petièmaggibrè

Pietaroia (Pietraroja)

Lucrezia, di Carlo II, lE0. Pileo (de) 47 ; ll, 202 o. Guido, Pietro. Prata. Pilifort di Lonbez (abate) 190. Piliucti (coutrada), presso Roma 130. Pilis (Aatonio de) II, 64. Pinturicchio (ecuola del)

Pio

ll, 89,229.

II pp. Il, lll, 120; imprigiona Nicola C. [, l12; in aiuto di re Fernarido II, ll4; presidia Terracina II, l17; contro Onorato III C. II, l18; (sentenza per i con6ni tra Sezze e Sermoneta) ll, 122; invia commissarii per liberare Nicola C. ll, 137 ; completa i lavori per


Indice dei nomi il

Il' l4E-9; Protegge i terracinesi conll, 156-7t muore ll, l5l, 157.

frurne Honorati Fernando

tro re

333

Pompei (pianura

di)

II, tl4.

Ponpcjo (amiglia C. otiunda del grao) 5.

Pio lll pp. ll, 246. Pio IV pp. ll, 203. Pio VI pp. ll, 145. Pio IX pp. 293. Piombino (da) 134 u. Magliata; (Gacomo sig. di) Il, I79. Piperno 22t, 223, 243, 287, 316: ll, 72, 77, lE2, 195;

Pomponio Leto Il, 214. Poncius mon. S. Bertini 27. ponte ù. Govanni Patrizio, Qurttro Capi, Regim lde.lle); drcllelvtililig 1463 di volante della tone di Ninfa Capo di Bove 154. Ponte (rione), in Roma 321.

(can. di) o. Caetani (Francesco); ,per i giuochi del Testaccio in Roma ll, 58; o. Gorga; (spedizione contro) o. Cae-

Ponte (via del), a Ninfa 120. Popte Albaneto (casale di)' io ,Capitaqata ?16; U, 277. Ponte Milvio ll, 217l, u. Roma. Ponte Nomentano (battaglia di) II, !95; u. Rona. 123, l2$, 2$2t ('ú'g) 9 Pontecorvo 99, 314,322: Aquila lRiccardo I dell'). Pontedera di Pisa (conte Antonio da) U, 47.

tani (Nicola)t (ehi,esa della B. Vergine) flitto per i confini) ll, 228.

Il,

227;,(con,-

ll' ll8,

Pipemo (Blacio), giurisperito 198.

Pipino: Franceco 81, 175.6. Giovanni, nob. di Altamura 267.

Fi

ro'n't

.di Tenacina 257.

Bartolomeo,

Pirrono P'sa 6,

Ponticello II, 3. Pontine o. Paludi; pontino (qgro) ll2. Ponza (isola di) 17; (battaglia navale dù U, 45.

i:

,Giordano

di

di ilerracina, card.

.Fo.npia'ni:

.130.

Sermoneta, pescivendolo

II,

Andreazzo, Anlrpqzz.o, dpl ,{t9n

55.

18, 20, 24, 26, 32-3, 38' 47, 66'7, t40,204, 213, 222t11,207, 242; (duomo) 30; (arc. notarili) 34; (camposanto) 45; (sindaco) o. Gaetani di Pisa (Ruberto); (vesc.) o. Gaetani (Leone); (arcivesc.) o. 'Ranieri CIeodorico); (di, dt o. Bianchino; (concilio di) ll' l' I' 17; in lega con Gregotio XII contro Ladislao II, [0.

7,

Pisano: Andrea 58. Pandolfo (storiografo di Gelasio ll, 2t'6' 29, 3A, t29. pisano (fondo) dell'arc. Caetani 23, 30, 34; (cittadino) u. Sardo (Rinieri). Pìscina,(contrada), in Roma 288. Piscinara

94, ll5, l9l ; II,

P.isoniano

ll,

145.

240,

Pistoia (Accursino da), medico di Bon. pistoiese (maestro) u. Guglielmo Aatonio.

Vil

pp.

103.

Pitigliano l4O-3, 217, 251 ; ll, Z3l; (di) u. Orsini (Ludo' vico); (conte) o. AldobrandscH (lldebrandino Rouo). piviale reputato

di

Gelasio

II pp. 30.

Pizzone (signore di) o. Avalos (Alfonso d'). 42' ,Pizzutis (lsabella de), m. Cri*oforo.C.

ll'

II,

lE2' Plaisian (Guglielno di) 195, 199. Platea u. Gaetad di L,aurenzana (achivio dei).

Placido, capitano

Platina (Bartolomeo o Battista) El. 174. Plauto (commedie di) Plessis (Golfredo du), ambasc. di Fil.

ll,

il Bello lE8. Plinio 107. Po (6urne) 28. Pofi t88-9, t9t,212-3, 220, 233,235' 245' 271,276t ll, 236, 240,265, 277, (dsnori di) u.'Caetati Palatini Poggibonsi 172; u. Staggia (castello di). Poitiers 190; (concistoro) 197 i (il cotte dli) 231'2. Poiano (fratelli) ll, 236. Polham (Arm. di) 81. l7l. polizze Pollaiuolo (il), disega la spada del Valentino

ll,

di

Innocenzo

VUI)

ll7;

ll,

247 i (crataa

ll, l8l.

Pollinaro (Sanctd o. Apollinare (Sant')' Polonia (a) 33. polvere da bombarda 11,225. Polveriera al Palatino 27. Polvcriera (torre della) ll,138,254t r,' Sermoneta (rocca'di)'

\1, 90, :r5. Giovanni 3A, 55. Pietro Paolo, di Andreaap Ponzio, abate di Cluny 27.

ll,

$. Angelo iu

Pescheria

51.

Pophis (de): Guidano 208.

Pio (messer), di Guidano 208. Popoli (conte di) tt, J82, 195;,o. Csqtelao (Restabo). Popolo (porta del), ip Roma 2O9, t22. Populo (de) o. Maria (mon. di S.). Porcello, cavallo di Onorato Il G' ll, l7t. Porchetto Spinola, a-rcivesc. di Genova 61. Porchiano ll, 277. Porcinari (Nicola de'), senatore ll, 82, 93. Porta (Usulus de) 312. Porta (Guglielno della), scqbprc ll, 214'5. Porta Cea di ltri 258. Porta Fracta dn'Íodt 273. Portaaova a,Napoli 300. Portatore ll, 147-9, Portella, passo del Reeoe ll,'3. Portella (la) di Anagni ll, 2O2i di Fondi ll' 263. Port'Ercole ll, 277. Fortor(lò), o dell'lnsogli,o (torre detta) ll, 225; (castellano) o. Roesi Tuziq. Porto 69, lO8, 226, 230, 262 ; (can.) o. Caetani (Fraacerco) ; (vesc.) o. Aqquasparta (Matteo di), Duèe (Giacomo);,o. Martiao; Porto e Qelva Candida (diocesi di) II' 17 .o. Caetad

(Atonio).

Porto di Ponte 130. Porto Pisano It, 107. Portogalto (di) u. Eleonora; (re di)

n'

156.

Portognraro.(Aatonio di), patsiatca di Aquileia Portus Caietue 8. Fosterula, località in Terracina 130.

II,

15.

Postierla (porta), a Orvieto l3E. potere temporale (simbolo del) 159.

II, 77, 88; u. Sermoneta. di S.), sull'Esquilino in Roma 29, 30.

Pozzo (porta del) Prassede (chieca

Prata (card. Pileo di), vecc. di Tivoli 322. Frato (card. da) 189. Prato (Giovaoni del, mago 232.

Prato (di)

tl, 88-91, l4l1' o. Michele.


DOMUS CAIETANA,

334

Prefetti di Vico (de'): Maufredi 218' Pietro, m. Tommasa di Monforte 132, 115. Prenestina (via) 22?i prenestinus (epirc.) 39; u. Palesttina. Presenzano 96, 100, l9J; ll, 277. Prete Amato (ponte di), presso Bacsiano II, 71. Pretemaggiore o. Pietramaggiore. Priamo (ystorie de re) ll, t 72'

Prignano (di):

Bartotomeo, arcivesc.

di Bari 29t ; o. Urbano Vl

Francesco, nipote di Urbano principatua in electione 25.

papa.

VI pp. 3lt'

rato

II e IIl,

t.

Proveuza 61, 213, 229, 269, 289, 3Ol, 3232 11,95,107, 125, 129, t65: (conte di) o. Renato d'Angiò. provenzate (nobilta) 211; ptoveazdi 269. Prudenza (6gura della) II, 89. Prumptus u. Necus. Prunn 233. Ptwo ll, 277. Pucci (Puccio), m' Grolama Farnese

II, lll, ll3,

216. 126; (duca

di) o. Gu'

Puglianello ll' ll2, 277. Putcarino, oggi Pulcheriai 216l. ll, 5, 277. Puntignano (Atto de), vicario gen. di C. e M. 249.

Puriano 66. Purpura u. Longobardo. Futridae (fumen) o. Acquapuzza.

di Portanova 277. Raya (don Giovanni) ll, 92.

Quagliauo 212. Quaranta (Renzd, cartellaao di Traetto 261' Quartaccio dell'olio 237. quartarone (misura) II, 156. quartiere dei Frangipani 27, 29 ; dei Pierleoni 27 ; Íqti6cato nei moaumenti antichi 29; dei C. in Anagni 174'177; 197-203.

Quattro Capi (ponte), in Roma 288; II, 198. Quattro Coronati (SS.) 61, 153,229' Quinziauo (chiesa di S.) U, 54. Quirinale (colle) 145; o. Roma, Tone Mesa'

(i), faniglia di Ninfa ll9. R,""a Tuzio, di Sermoneta Il, 77. (da) u.

h) n' di

173.

Frisinga 36.

(arnigd ll, l9l.

Ragusa (arc. di) u Sacclis (GovaDri de). Raimondo, rcttore di C. e M. 22?' 22r. Rainaldus d. Rofridi de Uberto (Caetani)) 38 9' Rainoni (Ceao) 305. Ramadori (dott. Cesare) 34. Ramandielis (bastardo de domo) 185. Rambaldo, giudice e vicario di Amelia Rammaldina

o. Fontana.

o. Napoli (regno di). Stefano.

Reggio (arcivescovo di) o. lsuali Pietro. Regina (ponte della), pre*o Cisterna tl3. Reims (can. di) o. Armato (Nicola). Rénan @rnesto) 172-3, 199.

Renato d'Angiò, re di Napoli lI, 43, 44, 4748, 85, 105-6, 179, 195; (trattato con i Fiorentini) Il, 95; (mefulia) II, 120; fa invadere il Regno tl, 105-6,

Giacomo Girolamo

(1256) 47'

ll, 190. II,

188, IE9,

l9l.

Pietro, cardiaale tl, 158. ribcra (uccelli de) Il, I 73. Riccardclli (Francacantonio) 212, 259. Riccardo d'lnghilterra 132. Riccardo I, re d'lnghilterra II, 206. Riccardus de Adria 312. Ricci (Giovanui), nob. di Alatri l9l. Riccio, constabile Il, 75.

Rido (Antonio de) Riccuc

fi|.... 21,

Ricnzo

(di) o.

Rieti 61,

ragazzi

in Napoli 300.

ll, ll2,

Razza

Riario:

Lonardo (cavalli de Radevico (Rahewinus, rcc' XII), can.

Ara-

123, 126. Renazzi (Filippo) 74. Riardo ll, 48, 277,

(Rodrigo d'). Quodrata (si$tore di) u. Aragona

R.""" d" Smto

Il) ll, 258. di Ferdinando ll) o.

Ferdinando

Ravignaoo (Aodrea),

Raviscanina

Reggio

II,

di

Ravignana Lucrezia (f. naturale gona (Lucrezia d').

Reame, Regno

glielmo.

ll,

il, 2t0.

Ravignaaa (amante

Alfonso; del Rego u' Gaetani (Om'

Cristoforo), Borgia (Gofiredo).

Puglie (le) 29, l9O;

249-5Q|

Marco II, l7l. Violanta, di Diego, m. Mcolò I C. 206, 249, 3134. Ravenna Il, 188; (battaglia di) II, 265. Ravennana (porta detta), nclla basilica di S. Pietro in Roma 82.

o, Giovannozzo.

protonotaúo apo6t.

Ratta (della), Larath II, ll2: Agnesa, di Dego 205, Antonio, conte di Carerta 312. Baldarsare, conte di Caserta 312. Caterina, di Diego, m. Rofredo III C. 100, 205, 234-5, Diego, conte di Carcrta, m. (1299) Domicella 205-6,234t rn. Oddolina di Chiaromonte 206, 249. Francesco, di Diego 206.

proce$o Caetani-Colonna u. Avignone, Caetani. Procopio, De bello Gothorum ll, 174; proprietà di diritto pubblico e privato 16'17. Prossedi 277, 280t ll, 277. Protoeenobio u. Scolaotica (S.), protogiudic.e

Ranieri (Teodorico), cand. 140; u. Orvieto (di). Rao, conte di Teano, rig. di Marci 99. Rapicanus (Antotrius) 3t2. Rapino II, 29.

ll6,

Il, 76, lO2,

lO4.

Cola.

139;

II, lll.

Rifornatori di Roma (i 2E0, 282. "at") Rignano U, 240. Rigomapo 207. Rillis (de), Rilla Berada, m. di Conti AIto II, 34. Rinini II, lE8; (cignorc di) II, 100 o. Malaterta Sigismondo. Rinini (Gozio, o Lucio? di), giurisperito 198. Rinaldo, abate di S. Lorcnzo 272. Ringarda, noglie di Riccardo I dell'Aquila 99. Rinieri Sardo, piaano, aut. della Historia di Pira 32. Rio Martioo (oso di), piesoo S. Donato 307; II, 148.

Ripa, presoo Campobasso

ll,

llE.


Indice dei nomi Ripi 277 ; ll, 88, 240, 277. riviera o. ribera. Roberto, duca di Calabria, di Carlo II d'Angiò 100-2, l7E, 182, 234 t u. Roberto d'Angiò. Roberto, principe di Capua 29, 99, Roberto d'Angiò, re di Napoli 149' 192, 202.3, 209.10, '2t8, 221-3, 231, 235,244-8,25?,273-4, 299; (coadottiere) o. Caetani (Rolfredo III); (tomba in S. Chiara in Napoli) 194, 203, 264; il Savio 194, 203, 214; sena' tore

di Roma 204;

stico 204-5, 219

vicario imperiale dello stato ecclesiai capo del par-

i (palazzo in Napoli) 212

2 I 3 ; (arbitrato del 1327) 21 4 ; (soldati catalani di) 228, (luogoteneati in Roma) u. Caetani (i); protettore della Chiesa 242t vicaúo pontifrcio nella C. e M. 252. Roberto di Ginevra, card. o. Clemente VII antipapa.

tito guelfo

robone

ll,

172.

Rocca, protonotario II, 153. rocca 0. Acuto, Albegna, Antonio (S.), Canterano, Carpineto, Castellonorato, Ceccano, Circeo, Cisterna, Colonna, Coucy,

Felice (San), Ferentino, Filettino, Fondi, Frosinone, Fumone, Giovanni (S,), Giuliano, Itri, Milizie, Mondragone, Ninfa, Norma, Palestrina, Patrica, Pietra'Cassa, Scauri, Sermoneta, Sgurgola, Subiaco, Terracina, Traetto, Tra' versa, Vetralla. Rocca (po*a), di Orvieto 137.

II, l7l.

Roccacanina

Rocca d'Arce 182. Rocca di Papa 316; ll' l9O, 240. Roccagorga 213, 277; ll, 79, 236, 24Q, 277; Rocca Dompnae Gurgae II, 72. Roccagugtielma 314, 322; (sig.) o. Spinelli (Luca). Rocca Janula, presso Montecrcino ll, 123. Roccamandolfi, Rocca Minolfa ll, 5' 48, 277. Rocca Massima (arce di) lt' 73. Roccamon6na 11,258,

Rocca Priora

ll,

240.

ll, 7, 277. ll, 4, 5, 29' 277. II,83, ll8, 158,240; (chiesa di S.Francerco)

Roccaradobona (Campobarso) Roccarainola Roccasecca

ll, r96.

Roce Sinibalda, nella Sabina II, l0l. Rmher des Doms, in Avignone 230. Rodano (il) 230,3C1,; (S' Eeidio presso le foci del) 3lRodez (de) u. Vintron. Rodi (isola di) Il, 1034, 122.

IV

pp. 38. Rodolfo, cappellano di Adriaoo Rodriguez (Pietro), detto Ispano, card. vesc. di Sabina 85, 8S, 142, 176, lS7, 19E,233; sepoltoin S. Pietro 85; (casa in Anagni) 174. Rofiredo, consul et

dur

61.

qd. Iohanni, di Veroli 7.

Rolridus Uberti anagn', rector beneventanus 40. RoÍrano

ll,

48.

Rogata(f 1298), di Ruggerodi Sgurgola t27. Roger (Ugo), fratello di Clemente VI pp. 2E8. Rogerio, priore di S. Pietro in Vineis (1 193) 39' Rohan (Guglielmo card, di) u. Estouteville (d)' Roher (Ludovico di) 96. Roma passr'm; Castel Sant'Angelo o. Angelo (Castel S.); (fa' miglia de Imperato) 4; (i Crescenzi) 24; (i dodici rioni) 2E; (biblioteca Alessandrina) 35; (universita detta la Sa' pienza) 74i (faniglie medievali) 79; (strade) 96, 136; (osgedale di S. Spiritol 99; (mura ciclopiche) 107; (le sette chicse) l0E; (contrada Piliocti) 130; (casa del

335

card. Napoteone Orcini) 144; (mon.

di S. Anastasia

di Acqua Salvia) 142; (antiche piante e

vedute) 145;

(incendio sotto Nerone) 145; (torre dellc Milizie) o. Mi' I'uie; (battaglie per le vie all'incoronazione di Enrico VII) 149; (monumento repolcrale) u. Capo di Bove; (centro

suburbano di Triopio) l5l I (i Caetani espulsi) 156; (porla < Datia > o di S. Sebastiano, porta S. Giovanni) 156, ,21; (dignità di patrizio) 162; (S' M. della Ro' tonda, S. M. Maggiote) u. Maria (S.); (S. Martino ai Monti) f 74; (le case dei C.) l8l ll, 197, 199-2001 Michelangelo Caetani (via) tI, 199; (cappella Caetani in S. Pietro,) o. Pietro (S.); (senatori) u' Orsini (Gentile)' Savelli (Lue), Brancaleoni Pietro Franc., Porcinari (Ni-

cola de'), Scorziati Giulio; (antiche franchigie) lE7; (chiesa di) o. Chiesa; (porta del Popolo) 201, 3221 (quartieri occidentali) 203; (S' Pietro) o. Pietrs in Vaticano (S.); (u6ci del senato) 224i (luogotenenti del re Roberto in) o. Caetani (i); (milizia dei balestrieri) 235'6; (ritorno di Urbano V da Avignone) 236; (guerra civile) 241-2. 263 u. Cola di Rienzo; (tregua con Velletri) 267 ; (rione Monti in contrada Cavalli) 277 I (S' Coseue riformatori) 280, 282; (i quattro 2?5-6, 280,283-4; (regime popolare) 288, 320-l; (ponte Quattro Capi) 2E8; II, 196l (lsola Î'

úmato)

277; (i

banderesi)

berina) u. Isola di S. Bartolomeo; (ritorno di Gregorio XI) 289-90t (ponte Salario) 2927 (ritotno del papato da Avi' gnone) 294; (S. M' sopra Minerva) 295; (chiese e mo'

aasteri) 299; (grotte vaticane) u. vaticane; (guena) 3l I ; ; (congiura per úpristinare il governo popolare)

(senato) 3 I 6

320-l;

(colpo

di

mano (l4OO)

323;

(governatore) u.

I), Stefaneschi (Pietro); (governatore di) ll, 78, 52, 225, 232 u. Isuali Pietro Nardini Stefano, Sacchis (Gov. de); (senatore) 79, 146, 204, 217, 281 " 289 o, Caetani (Rofhedo ll), Colonna (Govanni)' Pandolfo . de Subu:ra o, Roberto d'Angiò; (vicesenatore) o, Caebni (Roffredo lll); (prefetto) u. Vico (GiovSciana de); (archivio del governatorato)ll' 233; APostoli (casa dei SS.) [ 158; (SS.) n' I90'l; (cardinale dei SS.) [,263 o. Cotonna (Pompeo); Basilica lateranense Caetani (Onorato

ll, 54, 55; Borgia (cue dei) ll, 215.; Botteghe (via) ll, 200; oCalcarariou Il, 199.; (can* di) rr. Malabranca Paolo ; Griaco (titolo di S.) ll,232t (conservatori di) II, 75; Corso ll, 200.; Gisogono (stemmi nei sotterranei di S.) Il' 206-207:

Oscure celliere

curia apostolica (uditore) o. Menzi Pietro; Ermrno Celimontano (monastero di S.) II, 5'{; Esquilino (villa sull')

II, 200;

Eufemia (convento

di S.) II' 54'5;

Farnese

ll,

200; Galea (pd*") ll, 214-5; (la) netl'lsota di S. Bartolomeo, II, 198; Ghetto lI" l5O, 195; Giovanni (po*a S.) 11,26; Giudei (piazza Gactanella (vicolo)

dei)

II, 150;

Judeorum

(in

capite pontis)

ll, l99i

o'

(S.) II, 103; Quattro Capi (ponte); Lorenzo in Damaso

Lorenzo in Panisperna (monastero di S.) II' 55; Maria. in Cosmedin u. Maria (S.); Maria dompne Rose (chiesa di S.) II, 199; Mattei (palazzo) II, 200; Monte Gior-

dano (palazzo di) IL 100, l0l ; Orso (locaada de$ II' 200 ; Papagalli (aula) II, 232 i (p*te di) lL I 59 ; Pietro (porta S.) ll, ! 03 ; Pietro in Vincoli (S.) II, | 92 ; Pietro e Marcellino (ritolo dei SS.) ll, 218 ; Ponte Milvio Il' 217 ; Ponte Nomentano (battaglia di) ll, 195; (prefetto di) u. Orsini (Francesco), Rovere (Giov' della); Rucellai al Corso (palazzo) II, 200; Scarampo di Mezzarota (orto

del card.) II, 104; Teatro Marcello

II' l9l;

Tordinona


DO,MUS 'CAIETANA

336

II, 200, 242; turds porids tuiletiium II, 198'l tone .La Pcnna!, nel iione'S.-Àngelo Il, 199; Vaticano (rate Borgia) II, 213, 219. Romagaa 68; II, I 54, 188, 23ó, 245', 265 ; (corite) o. Cae'

Sacco (Carlo), sopramom. Saccomanno

tani (Pietro U); (Alberigo di) tr. Mauhedi (Alberfuo dci)' Romania (despotesa di) tu. Caetani (lacobella).

Saccomauno o. Gaetaai

Sacco (valle saccomanni

ll'

ll,

cipessa

di

parte

225.

di Rinaldo da Trevi 184. Massino, di Rinaldo da Trevi 184. Pieno, di Giovanni, di Fondi, fuoruscito a

Terracina 253'

Rinaldo da Trevi 184. Stefano, di Rinaldo da Trevi'184. Tuzio dilAodt"", cdstellalo ll' 225. Rosconi di Mugetlo (Dino dei) 74.

di) ll,235.

Salomé (scena di), aÉresco in 196. Salomone (mastro)

ll,

(di),

Sancto Flaynuado (dc):

Giovanni

Sangallo (detto da) o. Gamberti Antonio. Saugro (Ihomasius de) 312. Sanguigno di Patùi, castellano II, 5E. Sanouis d'Ameriuo (Giacomo de), cancellierc

f2'

217.

rubbia di grano 79; di'terreno l3t. Rubea (Stefania), madre di Matteo Onini

II, ll0.

Nicolaus, comes Cereti 312.

di S. Pietro io Vncoli IL 191"2, 195,

(f

ll'

1246'è'1

37

'

Saaseverino,

Sancto Scverino

Fracassa,

di Robe*o

ll'

(de):

195 217.

Genonimo, principe di Bisiguano, m. Bannclla le4'5. 261; (arresto e morte)

llt

del'

Rufio o. Marzauo Marino, principe di Rorue' Ru6ro, ùesc. di Soana 132. Ruggero (Pietro di), railitc auagaino 127' Ruge"ro di Sgurgola. figlio di Pieuo e di Cubitoia Coati 127' nuge"-, nipote di Giovanni canaèlliere Pontificio (l ll9) 38' Ruspoli (i princiPi):l3l ; II, 200' Rueda (di) o. Caterina Il. Ruatico (meiier), priore, can. di Todi 52'

II' l8l'

Iacobur 312. l,antislaus, cones Tricarici 312. Onorato, di Geronimo tt' lE4.

ll,

195. Roberto Stcphrnus 312. Sveva, rn. 'di Giacomo Tomnaso, rettore di C.

ll

C.

ll'

3, 29.

e M. 292'

Violantc

II,

153.

Sanaone 196. Saasovino (castelto

di) 206'7, 219.

Santacroce (i)

187-8' 190:

Il,

Prospero, uccide Picao

(co'ote

M"tg""i II,,18E'

di) 45,83' 133, 142; (primo conte)

o. Aldobrandeschi (lldebrandino)

(Arnaldo) t59.

Sabba @etnrccio)' di Giuliaao romano 321' Sabina (S.): (apide di Giovanaa dell'Acuila nella chica di)

292'

Sabina (la) 38,69,85, 108' 139,142,146-9,163' 174' 198; II, l0l; (vesc.) o. Biarchi (Ghcra!de)' €aetaai (Aldobranilino), Fouquèrcs (Arualdo)' Gcraldo' Onini (Giordano), Rodriguez (Pietro)'

ll.

Umberto (conte) 45, Santo Padre ll, 4, 5, 277. Sapienza (università della), io Roma 74. raraceni (i) 81 12.30, 169 1 (sconÉtta navale a Ostia) 9; {rcon' (alleanza cou Docibile I) 9; fitta del GÀrigliaro)

l0'l;

Campo. 'scardanapolo (6gura

'

:

Guglidmo (contc) 45. Guido (coute) 134, t3942; o. Aldobxaaderchi'

(rconerie) 108; (vittoù conbo

Sabrano (di):

321'

Ugo 321.

Saatafiora

224'7

G'

II'

234'

Iohannutiu 312.

ll,

t08'9'

Franciscus, niles 312.

Giacoma, del conte di Catanzaro' m' Riccardo I'Aqoila 98, l0l.

Eu*asio, sr' Ilaria de Sus 216. Giovanni, conte di Ariano 312. Sacchis (Giovanni de), arciv. di Ragua

tl'

Sansaini cav. Ponpeo (fotografo) 200

Americur 312.

Ruffo di Calabria:

9; (-"14 156; (cad-l

221.

Antonius (domnus) 312.

Rovere (della):

Sabacúata

di)

Ninfa I 19.

Salpis (vicus de), quartiere di Ninfa 120. Saltuares (isolette dette), a Ninfa 107. .salvatore de Divitiis (chiesa di S.), in contrada delle Milizie 147 t di Ninh (pota di S.) I 18: (chiesa) I tE 9' Salvias (ad Aquao),u. Anastasia (non. di, S.). Saucia, m. Roberto duca di Calabria 234.

Sanf ramondo

Rorula (ancella di Docibile Il) 14. Rotonda (della) u' Maria (S.). Roucheri (o Bartoli), dottore in legge in:Todi

rubino II, 170-1, 180. Rucellai (palazzo) II, 200; u. Roma' Rufino Giacomo, cavaliere gerosolomitauo

di Cartdnola (Carlo, G"cono).

Salimbeni (i) di Siena 207. Salisbury (Caetaoi Francecco can.

io Atagni t 74:

Giovanni II, l9l' Giuliano, cardinale

dcl) 91, 125, 161,293, 317.

II, l9l.

l0l,

Deodata, m. Frangipani II, 66. Riccardo di Terracina II, 66. Rose (dompne) u. Maria (chiesa di S.), Roaa. Rocpi, faniglia di parte ghibellina in Anagni 174' Roinano (principe di) ll, 52; o. Mariano. Rossi u. Aldobrandeschi, Rubea; (famiglia 'de'),

Andrea

Castel'

l; il'

Rosa:

'Balduino,

di

Gaeteni

Sala (Bernardo dèllo) 297-8,30t. Saladini F. u, Tettoni L. Salario (pontQ, presoo Roma 292. ralera ll, 84. l2l; (priucipe di) II' 98' 100. Salerno 10.1, 221,31 lE8, ,261 ; o..Colonna (Antonid' Guaimaro; (prin.

203. ionanici (archetti) Romàno (chiesa di S.), in tarcca 44. Roncella (Guillehour) 312.

ghibellina

o'

nola (Carlo).

Sardcgna 67.

di

d'll'

89.

i) lL-208;

saraoeno Ú'


Indice dei nomi Sardinolo 210. ll, 277. Samo (battaglia dD Il, ll4-5, ll7-8. sarracenicum opuc 170. Sarriano (Bcmardo da) 309. Sasso, detto Capo Silice di Altura 130. Satana ll, 244. Satriano (conte di) Il, 83; u. Aquino (Francesco d'). Saturnia 132, l4O.

Sardiolo

Savelli (i) 3,79, 153, 156,241; ll,187-8, 236; (cu") ll, 238:

191"3, 195,

Buecio 246, 323.

Cola, di Buccio 246, Cola II, 37.

ll,

II, l0l. di Roma lE7.

I 14.

297:

di), a Fondi 11,263.

Ludovico, senatore di Roma 148. Savone (6ume) ll, 133. Sari Il, 240. Saxia (in) u. Spirito (orpcdale di S.). Scacco Cristoforo, da Verona II, l6E, 170; (trittico in Fondi)

t77.

di), vice amm. del Regno 214. (la), a Napoli 300.

Scalea (Ademario Romano Scalesia

Scambiia (Stefanello de), notaio 267, Scanderbegh Giorgio II, 126. Scapoli (università di) Scarabelli 133. Scarampo

di

II,

Mezzarota Ludovico, card. patriarca

di

Aquileia

97, 99t promuove parentela fra i C. e Farnese II, 122, 214; grande ammiraglioconlro i turchi 11,97,99, lO3; (ritrattci) Il, 103; (orto) II, 104; furoprietà in S. Paolo rettore di Montecasgino ll, l21 t 126; legato in Macedonia II, l0;

di Albano) II, 104;

occupa Aquino ll, (per la libcrazione di Nicola C.) lI, 130-l; (tettamento annullato da Paolo lI) U, 157; (sepolcro) II, 103. Scarapazi (faniglia dei) I[ I 59; (torrd Il, I 35 ; o. Sermoneta

'

(rocca di).

(gli) di Ninfa, cmigrati a Sermoneta ll9; ll, 159. Scauri, Scaule, Sebuli (rocca di) 98,323; ll, .1, 21, 277 ; (mole di) I 12 ; (nolini) 100. Scherano (famulo di Docibile II) 140. schiavi (di Docibile II) 16; (di Onorato lll G.) ll, 173. Schiavo (Antonio dello) ll, 93. :chioppetti 11,225, Scatahssi

l-2,

il

porto di Gaeta 13,

224-5; di Benedetto C. Palatino 245,24'8t ài

47.

o.

Sgurgola.

Sebmtiano (porta di S.) 156 u. Appia, Datia; alle Catacombe (mon. di S.) 152; al Palatino (mon. di S.) 27; di Napoli (rnon. di S,) 22. Sebastiano (Nicolaus de S.) 312. Secundicerio (chiesa di S, Maria in) 29. Sede (S.) passím; (diritti su Ninfa) I 16; (potere temporale) 2E9,323; vacante 156, lE4. Segni ll, 232,244;, (contea di) 205; (conti di)4,50,24X,

279; (ve*. di) 40, lOE

II

I o. Pietro.

Sellaria (piazza della), in Napoli 300, Selvamolle,'Selva de' Muli 41, 50, 93, 186, 212-3, 2t3,

235, 245; ll, 202,277; (condomini) o. Bussa (i); nella dioc. di Ferentino 92, 184, 188-9, 250; (S. Maria di) 226i (tocca) 236-7; distrutta dai banderesi romani 236; feudo di Giov. G. di Castelmola 2E3. senatori di Roma o. Roma; (monete dei) u. Caetani (Roffredo

102 ; (signore) u. Avalos (Alfonso d').

ll, 51, 55, 60, 75-6, 78, El-z, E5, 90-1, 102-4, lt2-4, ll7, 120, 122, 125, 127-8, 130-1, 140, 149, 152; (sigillo e stemma) ll, 57, 59: (lettera di) ll, 95,

Domus,

Maria, presrc

rato I C. 286; di Giovanni e Nicola Colonna 322-3. Scorziati Giulio, senatore di Rorna 232, Scotta (Clarice), m. Tragmondo Conti 49. Scotti (la'famiglia), di Siena 207. Scotto (Michele), flosofo (leggenda) 66. Scozia 297, Sculcula

Savino (San) 219. Savo (Petruccio) u. Sabba. (bastardo

195.

290, 319-21; Il, 156,202; (guerre) 130. 277, 3O3; (prima fce) 275, 291-6, 3lE; (istisatore) o. Caetani (Onorato l). scismatici (glù la7, 298, 305, 317; (sconunica) 297 ; (nilizie) 318; (capitano) u. Ceccano (Nicolò il da); (rocca) ú. Castel S. Angelo. Scletis (de) o. Pietro (chiesa di S.). Scolartica (arc. del Protocenobio di S.), a Subiaco I 12. grande)

Giovanni C. Palatino 275 ; di Caterina del Balzo e di Ono -

Pietro (f 1288) 135. Pietro, fratello di Giovanni 157.

Savoia

(il

tesoriere

37.

ll,

de)

Scintillig (Gliberto scisma

25, 185; dei ladri del tesoro papale 761 di Filippo il Bello l7l; di Nogaret 194; di Francesco C.

Giovanni, sig. di Capo di Bove 156-7. Guglielmo, di Buccio 24ó, Luca, di Giovanni 152, 162,289; senatore Iúabilia, m. Agapito Colonna 69. Pandolfo, senatore di Roma 79, 246. Paolo 321.

Prospero

di Pisa (Gia-

como).

scomunica

Giacomo 289. Giambattista

Schupfer on. prof, Francesco E. Sciarra o. Colonna (Sciarra, Stefano), Gactani

scomparsa S.

Francesco 246. Francesco

3t7

I e lll);

senese, sanese

(cronache) 312.

(!a gente) 208;

senesi

(le ballate) t35; (i)

139-4C, 207; (poeti antichi) 208. sepolcrale (monumento) o. nome di persone. Septisolio (in) u. Lucia (S.). Sergio lV, duca di Napoli (ll2l) 2O-2' Sergíus... consul et dur Neapolis (967-1024) 21. Serino o. Marra (della).

Sermoneta l

1

in possesso degli Anibaldi 7r,94, ; (guerre per qucationi di con6ni) 09'1 0 ;

passr'rn,'

l2, 22, 2

1

0

1

(cittadinidiscendenti dai Frangipani) I 12; (conune) I 13, 286, 306 (delimitazione dei con6ni) I l-1; acguistata da Pieuo II C. I14, l16, 130; (descrizione) l2l; (contrada di Torrenuova) I 2l ; (collegiata di S. Maria) I 2l -2 ; (Oddone e Stefano u domini Sermineti >) 122: (sig. di) 248 o. Aninaldi (Riccardo), Caetani (Guglielmo); (pagamenti) 123 ; (immisioae in possesso) 124; (stato) 183; (Írutti) 224-5, 245; (nonte) 265; (spedizione di Angelo Malabranaontro)265 1(sindaco) 286; (guarnigione) 304 ; (comandante) o. Spinello (Andrea); (olim de Nimpha uunc habitator mstri Sermineti) 306; occupata da Giacomo Il C. II, ó; ipotecata II, 22; ospita ambasciatori fiorentini ll,

29; ceduta a Giacomo IV C. II, 34,

37 -B z

minacciata da


DCMUS CAIETANA

33&

picta, in capite sale magne II, 139; Scarapazis (torre) ll, 135, 159 t (sotterranei) ll, 252;, stemma di Onorato III C. ll, 140; stemmi II, l4l ; turis alba curie II, l4l; (pianta di) ll, 132.

Alfonco V di Napoli II, 46, 48; (assedio di)11,74,230-l ; fa mutuo per la liberazione di Nicola C. Il, l3l; scampa dalla peste II, I 43 ; asr€gnata a Francesco e Benedetto C. II, 139; (opera perduta di Gaspare veronese) ll, 159; devartata dagli Orrini asregnata

II, 193;

occupata dai Colonnesi

a Lucrezia Borgia Il, 242i

occupata

ll,24O; dai fran-

II, 248; (pace con Sezze, Ninfa e Acguapuzza) Il, 58; (discordie con Sezze) l9l; (guerra con Sezze) Il, ll2.ll3,122' 137, 144-5, 147-9, 224; (vertetna con Velletri) 11,225; in guerra contro Carpineto II' 158-9; (pace) II, 159; (abitanti, uourini) II, 72 o. Gilio (Gia-

cesi

como dc), Matti lacobello, Pietro di Leone, Razza Tullio,

di

Tuzio

di

Domenico; (afrttuari

di)

II

240 u. Antonio

di

Sezze; Angelo (chiesa di.S.) Il, 74; Antouio (chiesa di S.) II,88; (campana) Il, 8E; (Campo dt II, l4E,228; (capitano) ll, 139, 105 o. Cesi Alessandro, Antonio

Sermoneta

Riccardo II dell'); (nobili) 254-5; (maggiorente) u. Toraldo (Nicolò di), Capuano, Matricio (Giovanni, Lo-

kri; (castellano di) II, I 39 o. Nicola di ltri; (condominio in) II, 197 o. Anibaldi Nicola; (confini di) IL 149; (costruzioni in) II, 138-40; (u curia > di) (Carlo de'), Nicola di

di) 11,240-1, 145-7 o. Rodrigo Borgia d'Ara' di) II, 88; (Fosso di) II, 147; Giovanni (cappella di S.) II, 88; GiusePpe (chiesa di S.) II, 137; (governatori, rettori) ll, 7l ; Madonna delle Grazie (chiesadella) II, 138; Maria (chiesa di S.) ll, 39, 88, 143; (campanile) 137; (pergamene) ll, 137; (quadro di S. Maria degli Angeli) ll, 143; Nicola (chiesa di S.) II, 87; (campana) 87; (porta di S.) II, I 50 I (Piedinonte di) ll, 232; (protonotario di) Il, 219' 235"6 o, Caetani Giacomoi (piazza di) II, 88; (loggiato) Il, E8; (vecchia posta) II,158; (Porta Sorda) Il, 155; (po*a del Pozzo) II, 77, 88; (esenzioni per la comunità di) ll, 238t (tassa sale e focatico) Il, 154, 192'

II, 87 ;

renzo de), Tagliacozzo (Guglielmo), Tommaso; occupata da Nicolò I C, 254; assediata (1347) 268t (fuorusciti, mura castellane, porta dei Gudei) 268; (duca di Sessa)

(duca

o. Marzano (Marino, Giovanni Antonio); (duchessa) II,

gona, Francesco Caetani; (forti6cazione

230; (porta di Tonenuova) ll, 77; (quartiere di) Il, 88 (vicaria generale

in)

II, tl8

;

u. Orsini Caterina' l5?, 210, 224, 265, 286,

(di):

Domenico 302. Giacomo, giurisperito 198. Oddone, not. (chierico di Bonifacio VIII) 200. Rinaldo (1297) 122. Tuzio, feud. di Acquapuzza 302. Serpem II, 278. Serrone 261 ; ll, 240, serventese a Carlo duca di Calabria 212. Segsa Aurunca 43, 99, 255-7 | ll, 52, I ll, l15, 129.30; (contea) 97; (conte) u. Aquila (Goffredo I, Riccardo I,

43 u. Giovanna II di Napoli. (archi a): del palazzetto di Capo di Bove I 54; della chiesetta di S. Nicola di Bari 156; (porticato a) della rocca di Traetto 2l I ; (balcone iibassato), a Ceci-

sesto acuto

lia Metella 154; o. Fondi, seta

Sermoneta,

ll, 84, I 72. in Anagni in Napoli 300.

Severana, contrada

Severino (S.), Severino (de

S.) u.

92.

Sanseverino.

Severinus (Antonius) 312.

Severo (San) ll, 111,265. Sexo (Pietro de), giudice 53. Sezze 109-|0, l2l-2, 204, 208, 243, 250, 273, 276, 286,

122, 135, t37, l4a'2,

306, 315-8; \, 63, 66-7, 98, t45, 149, 182,147-9, 189, 195, 224, 234, 240; (guerre per questione di

159, 197, 219, 222, 230, 235-6,239; (rocca degli Anibaldi) 122, 124, 183; (quadro di Benozzo Gozzoli) 142; (disegno, stato attuale) ll, 142; (ricostruita da Alessardro YI) ll, 2Vl-27 fuiano terreno) ll, 237 ;

con6ni) 109-10; (delimitazione dei confini) I l3; (guerra con Sermoneta ed i C.) l9l-2; ll, ll3, ll8, 122-3, 137, 144-5, 147-9, 156,224-E; contto i Caetani l9l ; (comune) 244-5; espugoata da Benedetto C. Palatino

Sermoneta (rocca

305;

\

di)

ll4,

122-4,

40,74,89-90,

l0l,

ll' 249-156t (atheschi) II, 89, ll, 176l (arrneria) ll, 230, 248, 255-6; Bekedere (torre del) ll, 135, 142,250,252; Calatora (toue della) ll, 252t < Camere Pinte u Il, 90, 92, l4O; (camino) 154, ll, l4l ; (cammiuo di ronda) ll, 252; (cannoni) ll, 256t (capitano) o. Berardo da Cori; Casa del Cardinale ll, 141,255; Casa dei Signori 210, ll, 135; (castellano) lI, 238,245 o. Ar.' tonio Giovanni di Torres; Cittadella ll, 251 ; corte II, 249; cortile ll, 256t cortine Il, 250; finestre bifore II, 137, l4}-l; forti6cazione ll,23Bt fossati ll, 252;etatfrú ll, 255t hertarium (hentarium) ll, l4l; iscrizione di Ooorato lll C. Il, 140 ; Lammia ll, 255 ; Maschietto II, 135, 17 5, 227, 251 -2 ; maschio 94, I 22, 2lO ; ll, 135,

(abbandono, restauri) 140, 210; (archivio)

11,246; (fulminato) ll, 256; (merlaiura, merli ghibelliai) Il, 139, 252, 255 ; Píazza d'Armi II, 135, 250, 252t Piazza degli OlBi ll, 143; Pietro in Corte (S.) ll, 135-7,141-3, 159:' (sepolture dei C.) II' l4l,l43; (armi della Donus) II' l4l ; (demolizione) II' 250; podio (in) II, l4l ; Polveriera (tone della) ll, 138' 255i ponte levatoio II, 251-2; ponticello levatoio II, 246; puteum curie (prope) II, l4t; (sala dei baroni)

252;

(scala d'accesso)

153,210;11,94,119; in curia domini, in camera maiori

24E, 274; (pace con Nicolò I C.) 248; Giacoma Orsini le impone un podestà 278; conquistata da Onorato I C. 286; (di) u. Ciarnbariconi, Ceccarelli (Giovanni), Giordano (Giacomo di), Laccono (Monaldo), Taccone (Andrea), Alessandro, Andrea mag. Leonis, Antonio, Pietro, Giovanni di Francesco, Pietro; occupata

da Giovanni Ccccarelli ll, 6; (liti per I'Acquapuza) ll, 31, 58, 6l-2; (pace con Sermoneta, Velletri e Cori) II, 5E; (sigillo dell'università) ll, 1441' (Cavata di) II, 147; (signoredD II, 147 o. Ceccano(Giovannil, Landolfo da); (pace con i Da Ceccano presso la Fontana Rammaldina) ll, 147-8; (guerra e pace con Carpineto) II, 158-9; (territorio) ll, 224 o. Cerro (contrada del), casale di S. Maria; (acque nel campo di) 11,245; (procuratore) 0. Taccone Rinaldo; (protettore) o. Lidano (S.). Sferra (casa), in ltri 301.

Sforza:

II, 105, ll4, 153; sconfitto" a San Flaviano ll, l15;(lettera e sigillo) II, 150. Ascanio ll, 236. Caterina lI, 82, 236. Drusiana ll, l3t. Francesco II, 81, 85-6; sostiene Giovanna II di Napoli II,

Alessaudro


Indice dei

nomi

Sindici:

Sforza:

32; nelle Marche II, 103; duca di Milano ll, 106' 130-1, 133, l5O-1, 153, l7l; per la liberazione di Nicola C. II, 130, l3l , 133; (matrimonio e tradimento

ll,

1331, (ambasciatore) di Piccinino Giacomo) (morte) Il, l5l. 217,243-4, Giovand, m. Lucrezia Borgia

ll,

134;

ll,

tppolila Maria, di Francesco

II, l7l.

Augusto 309. Michelangelo (aut. storia dei

Siracusa:

Giovanni); Conti (Gualgano, Corrado, Pietro); feudo di ll C. 105; (descrizione) 125-8; (chiese di S. Paolo e di S. Stefano) 135; (rocca) 273, 2761 (monti) 307.

Pietro

(di)

l8l, 243, 245. Pietro lEl, 184, 203, 205. Sica, m, Orso Gaetani di Napoli 2l-2. d. Cesarii Grossi, m.

Sisto

sicula (cronaca) 312.

Siena 45, 47, 139-40, 213, 219. (notai) 34; fuodestà) u. Caetani (Benedetto IIl, Rofiredo III); (conriglio) l4l;

;

(i

Nove ed il partito popolare)

(Historia) 210 o. Tommasi ; (S. Caterina da) 2E9, l0; (da) 148, 294, 296; in lega contro Ladislao 127 o. Francesco Petroni (Riccardo). 197 ; Sifredo, fratello di Marcovaldo 99. di Govaani C. Palatino e dei sigillo: di Pietro II C.

;

ll,

ll,

l0l;

277; di Anibaldo da Ceccano 279; d'oto, allestito da Arnaldo di Villanova per Bonif. VIll pp. 104'5; del card. Franc. C, 232; o. Iadice illustrazioni

Gaetani di Pisa

ll, p. 279. Siginolfo (Bartolomeo) 96; conte di Telese l0l-2, 193. Siginolfo (Marino di) l0l. Silice (in loco sub) l16; II, 148; o. Appi6 (vix1. Silicis (via) 147. Silla (generale di) 107; u. Lepido (Ernilio). Sitvestro in Capite (badessa di) u. Colonna (Govanna)' Silvestro II pp. (leggende) 66. Silvigaario (Meo), cospiratore terracinese 253. Sinbilico (Giorgio di), negromante, detto Giorgio Ungaro 65. Simbruini (monti) 272, Simeozzo, Simeone (Pietro) E6' Simone, a4miraglio genovese 255. Sineonc, vesc. di Terracina (1195) Simone . de Tarquinio (frate), inquisitore 147'

lll.

"

157.

ll, 64-5. smeraldi II, 170-1,

lE0. Smirne 2611. Soana 132, 140, 142-3; ll,278; (conte) u. Aldobrandeschi (lldebrandino Roso); (vesc,) o, Rufino; aseediata dalI'esercito

di Orvieto l4l ;

(comune) 217.

Soana (lldebrando da) u. Cregorio

VII

papa.

ll'

ll4-5' Simonetto da Castelpiero simonia (accuse di) 70-2t o. Bonifacio

di) 57, 66-7 72; o, Bonifacio

VIil

papa.

ll,

Gregorius Gaetani 22.

u. Sarriauo (Bernardo da). Sicula (Orazio), di Gprignano, not. 5.

207

Í,

smalti

soldi lucchesi 46.

(comandante)

(tone dell'Orsa) 206

IV pp. II, ó2, 91, 149, 152, 157-9, 187-192; (fasto e nepotismo) II, l5E, l8E; (morte) II, l9l; (tomba)

sodomia (accusa

Sicilia 34-5, 6E, 93, lO2, I 33, I 4;8, 167, 31 3 i ll, lO3, I 33, 207-8, 220; (guerra di) 53, lA9; (regno) 54, 93 o. Napoli (regno di); (giustiziere) o. Tuttiaco (Ottone di) ; (re di) 67, 77; (re normanni) 97; (vicerQ u. Caetani (Francesco lV) ; (spedizione contro Federico d'Aragona in) 16l-2. Sicilia (Giacomo di), fratello di Alfonso d'Aragona 93,

309;

di), presso Acquasparta 92.

Sismano (castello

Società Benedetta, casa commercíale 33. Sodoma 30.

u. Conti:

Giordano 126, 184. 184, Gualgano

siciliane (navi)

di Anagni 235.

Giovanni, not. Nicolaus 163.

II,

20, 32. Sgurgola 37-8, 50,75, 92, 173, 177,181, l9l, 205,220, 222"3, 233, 248, 27 l, 27 3, 27 6, 284, 286, 294, 305 | Il, 63, 200, 278; (sig.) o. Caetani Palatini (Federico,

Sgurgola

Da Ceccano) 171,243,248.

Siracusa 35.

Sirisalis (Maffutiw) 3 12.

Ludovico il Moro ll, 220, 260. Muzio Attendolo II, 20, 22, 24-7,32; occupa Roma II, 22; espugna Aversa 26; annega nel Pescara ll,

Sicelgarda

739

VIII

papa.

49, 278. Solopaca Sommariva (Angelo da), cardinale

ll,

II,

17.

4E, 236, 240, 265, 278. Sonnino 287; Sonnino (Roberto di) 2E7. Sonnula (ca*ello di) 2l0i ll, 278. soprainsegna, suprasiga 219. Sora 46, 49,93,2101 11, 108, | 14,212; (conte di) u. Conti (Ricardo), Tomacelli Giovanni; (vesc.) u. Caetani (Pietro-Viatico); (passo di) 93; (duca di) II, l14,

ll$, 125 u. Cantelmo Sorano l4l, 143, 217.

ll0,

(Pietro Giampaolo).

Soria (in) II, 20E. Soriano (sconfitta di\ ll, 223. Soriano (Berardo di), frate 66.

4l;

ll, 208 Sortino (marchesi di) 34, Gaetani Cesaré. Sosmani (ca:tello di), presso Todi 53. Sp

o.

Gaetani

di

Pisa,

ada:

Ajugata, di Govanni 123. Giovanni, cittadino anagnino 123. Spade (Regina delle) u. Valentino (spada del).

7, 24,32,38, 41, 92, 148,297; ll, 222,244, 247; Qe di) ll, 265-6 o. Ferdinando il Cattolico, Fi-

Spagaa

II,

Giacomo II. 220, 238,242,262-5. Spannocchis (Antonio de) ll, 236. Spartaco (i soldati dí) 125. Sperlonga 98, 21O, 253, 298, 300, 3022 265, 27E; (Santa Maria di) ll, 97.

lippo

spagnoli

speroni

Il,

d'oro 162; (cavalieri a)

(Rolhedo

2l3i

ll, 2, ll9,

o. Orsini,

Spinelli: Antonio

ll,

Caetani

III,

Nicola). Spigno, Spigno Saturnia 98; (tregua fra

261,

II, 46, 48, 108, 261, 278; C., Conti e Da Celano) II, 24.

46,

ll9,

Fabrizio II, l8l-3; (arresto) Il, 183. Luca, sig. di Roccaguglielna 322.

Spinello: Andrea, da ltri, capitano di Sermoneta 304-5. Nicolò, detto Nicolò di Napoli 292.


DOMUS CAIETANA

340

Spin cllo: Nicolauc, miles 312. Spini (casa), banchieri di Bonifacio Vlll pp. ?3, 6,75, 174. Geti 33. Simone Gherardi di Firenze 152. Spinola u. Porchctto. Spirito (ospedale di S.), in Roma 99; in Saxia dc Urbe 281 ; Spirito Sancto (messa dello) ll, 259. Spoleto 10, 34, 45, 52,93; (ducato) 160; (duca) o. Alberico; (podestà) o. Bussa (Ruggeró); (rettord u' Cae'

tani (Pietro

ll).

Spoleto (Corrado di), giurisperito 196. sportelli per merlatura l5i; ll, 254. Squillace 314 ; (conte di) o. Marzano (Gacomo) di) II, 258. Srabia (di) o. Castellamare. Staggia (castello di), presso Poggibonsi

Staglia Giovanni stagno, staynata

;

(priocipato

172, l&E.

ll, 234. ll, E4.

m' di un C. parente di Bo-

nif. VIII pp. 71, 279.

I, di

Paolo 71. Francegco ll, di Stefano 71. Giacomo Giovanni Gaetani, di Pietro sen., card- 37' 47' 54, 74.5, 230, 262, 279; protettore di Giotto 70; (opus metricum 70,77\; card. di S. Giorgio in Velabro

7l; Paolo, Pernai

creato da Bonif. VIII pp. 198. Pietro sen. 7t. di Costanza 279; t. Caetani (Perna).

di

Pietro Stefani iun. (di Francesco I) 71. Pietro sen., milite, governatore di Roma 71. Pietro, card. (stemma) 145. Stefano, di Pietro sen. 71. Stefani (Tommaso di), detto Massuccio architetto ll' 156Stefano (S.) 76; (terre) 280; di Alatú (abazia di) 221 (chiesa

di) 305; di

Sgurgola (chiesa

di)

Stendardo (GuglieLno) 100. Stephani lohannis Petri de Setia (res) II' 63. Stephano (lohannes de S.) (l 139) 16.

(d.)

39,

II,

Giacomo 173. Giovanni, di Rinaldo 186.

Maria, m. Francesco C. 173, 226-7, Maria, di Giacomo, m. Gofiredo da Ceccano 173. Nicolò 246. Rinaldo, di Tommaso 186, l9l-2, 195, 203; complice di Nogaret 173, 183-4, 197,2232 capitano di Ferentino, agente del re di Francia 183-4; scomunicato lE5; (beni nel territ. di Ferentino) I E6; fuoruscito ài Aragni 223 ; sig. di Morolo 244,246,271-4tin legacon BenedettoC. Palatino 244, 246, 273; trucidato al banchetto in Ana' gni 246; Raimondo, detto anche Rinaldo 273; ú' Cotrti Rinaldo.

:

135; (caa.)o'

di Rinaldo l7t, 181, t9l'2,2O3'

I 59.

246.

Tommao 186, l9l-2, 2A3, 27i. suprasiga

u. sopainsegna. o. Maria (S.).

Sunesca (della)

Sus (de): Amerigo 216.

Ilaria,

di

Amerigo, contessa

di

SandAngelo 134, 216'

219.24. Susanna (card.

Sutri

ll,

di S.) u.

Caetani (Aldobrandino).

12.

Tacaaetricapita (Cecilia Metella) I 5l Tacca (Enrico) lI. 33. Tac co n e: Andrea di Sezze, not. 200' 306. Rinaldo, procuratore

di

Sezze

Il'

.

l4E.

Tacconi: Leonardo, vsc. di Fondi 280. Rinaldo? 208; o. Zaccono' iaffecta Il, 172.

Tagliacozo 251

; ll, 85, 100, 2lE;

(conte di) o. Orsini

(Giacomo, Gov.-Antonio, Virginio).

-Iagliacozzo (di): Bartolomeo

Stephanus de Tebaldo 36, Stephanus Scarapatius

Adenolfo, arcidiac. barese 226. Adenolfo, vesc. di Coma 121-7, l1J.

Roberto,

Caetani (Rofhedo lll); di Valvisciolo l!3 o. Pietro e Stefano (badia dei SS.). Stefano (Santo) ll, 240. Stefano, fratello di Tommaso (12231 40. Stefano da Reggio Il, 61. Stefano dei duchi di Napoli 16. Stefano d. Sermineti 122. Stefanno Normanno (Giovanni di) ll, 197. Stella (Giorgio) 323. stemma: di Gaeta 7,2O; dei Di Gaeta 7,19,20; dei C. d'Anagni 7; dei G. di Pisa 20; dei G. di Spagoa 32 ; della città di Pisa 32; dei Crescenzi 36; di Leonardo Patrasso 45; dei Tomacelli 84; dei C. 44' 88' 9l' 279; del card. Pietro Stefaneschi 145; dei Da Ceccano, conti di Segni, e dci conti tusculani 279; di Clemente Vll pp. 293i del popolo romano 321; di Margherita di Durazzo 324; o. araldica, Indice illustrazioni II' 278.

Stephanus, can. aretinus

2&l; ll, 240; (catello) lE6'

Supino (da) lól ; ù. Conti, Morolo (da):

({i) 70, 279 :

.,., senatore 162. Costanza, di Pietro seniore, Francesco

Strigona (vcsc. di) o. Katupani. Strozzi (AnnibalQ, fiorentino 309. Subiaco 26, 2331 (badia) 70, ll2, lE ,2ZZ,28l; (abatc) u, Caetani (Bartolomeo, Benedetto, Francesco), Francesco de domo Romandielis; (alfresco di Innocenzo lll) 109; (archivio) l5l: (rocca) 185. sublacense (chronicon) 185. Subuxa (de) 146. suessana (cronaca) 252, 254-5,257; sue€sani (D 26S. Sujo 98, 246;11,2,21, 48, lOE, ll2, 261, 27E; (conti di) 6, 14, 9l; (provend) 100; (bagni) 269; (signori) u. Aquila (Gofiredo II, Riccardo I dell'); (trcgua con C. Cristoforo) Il, 21. Sulmo o. Sermoneta. Sulmona 63,266. Sulmona (lacobus de) 312. sumperticha Il, 84.

Supino 186, 247,

stalle u. Sermoneta, Fondi.

Stef aneschi

Stamma (lo) u. Angelo sopra Ninfa (S.). ll, 240. Straasoldo in Attimis (archivio dei conti) 5. Strangolagalli

Guglielmo

di Ninfa I15. di Sessa Aurunca

254.


lndice dei u. Luigi:

Filippo, principe, fratello di re Roberto 203. Robcrto, principe 256. Taranto (principc di) Il, 43-5, 108,

l8l ;

(arcive^rc.

di)

II,

tesoriere apostolico II, I I 2. teroro papale (inventario 1295)

t03.

nifacio

Tarascon 93-4,

tareni

257; II,

Testaccio E4-5.

Taro (battaglia del) 11, 220, 222. Tarquinia o. Corneto, Tarquinio (de) u. Simone (frate). Tartarette (battaglia delle) II, 228. Tasselli Domenico.(disegni di S. Pietro) 82-3. Tavoleto, presso Urbino ll, 86. tazze

ll, E4-5, 19ó.

II, I ll, 113.4,236; (conte) o. Adenolfo, Rao; (signora) u. Balzo (vcdova del); (vesc. di) u. Borgia (Francerco). Teatro Marcello, in Roma Il, l9l. Tebaldeschi (card.), romano 291.

Teano 19, 99, 269;

Tcbaldo (Stephanus de) 36. Telcre l0l-2, 193; ll, 44,49,58, 108, 278; (conte) u. Siginolfo.

Tcnpio

130.

Templari (i) 57, 72: proprietari di S. Felice al Grceo 130; (gran maestro) u, Berardi (Iommaso); (proceso) 195, 200-t; banchieri dei papi 2Ol, 232; u. Girart. Temple in lnghiltena (chiesa del) il, 2A6. Teobaldo u. Catenazio. Teobaldo (maestro), doctor.iuris, a Spolcto 52. Teobaldo (di) o. Pietro del fu Nicola. 'feodorico (Ranieii), vesc. di Città Papale l4l-2; u. Ranieri

Tmderico, card. Teodora (scnatrice), m. Marino I di Napoli 16. Teodorico re (palazzo a Terracina) 254. Teofrlatto, rcnatore 10. Tcppia (torrente) ll, 145, 147-8. Tercnziano (S.), in Todi 52.

Tena di Lavoro 7, 23.4, 41, 91, 95, 97, 16l, 182,250, 262,268,298, 312, 314; ll, ll3, 127, 217,21r, 262; (saerre di Nicolò I C. in) 256-61 Terra di Nome (oratorio di S, Donato di) 30, Tena Santa 197. 199-201,322. Terracina

341

terremoto (sctt. 1348) 150. Teniccio de la Marictima 34; u. Gaetani de Pis. Tertullio, padre di S. Cecilia ll, 54.

Tamigi 132.

Taranto (di)

nomi

E, ll,25, 29,97-8, 108, lll-2, l3l, 161,243,

Vlll

77; (rapina) ló7-B o. Bo-

papa.

in Roma (giuochi del) II, 58.

t€stamento ù, nome delle persone.

L. e Saladini F.,

Teaho Aralilico ll, 2t0. 103, l9E, 217l (inondazione) 4 ; (foce) 262, 321; (cartello sulla foce) o. Porto. Theobaldi (Giacomo), sindaco di Anagni lB4. thoaglia ad auro Il, 84. tiara pontificia 77 8. Tibcria o, Tivera, Tiberianae o. Miliciae. Tiberina (isola) u. Isola di S. Bartolomeo Tiberio imp. (villa presso Ninfa) 45. Tiberti (Napoleone dc'), rettore di C. e M, 246-6.

Tettoni

Tevere (fiume)

9,.2j,289; ll,

.

Ticchiena

l9l.

Tito (arco di), in Roma 27-8. Tivera, îberia, Castel îberio, presso Ninh 45, l2l, 316; u,34, 65, t45, 235,240,278. Tloli 224, J09, 322; (vesc.) o. Prata (card. Pileo di). Tocco (canonico)

Tocco

ll,

Il,

103,

278.

Todeschini Piccolomini o. Pio

lll

papa.

Todi 45, 50'1, 54, 59, 63-4.7t, 75,133, 136, l6E, lEO; Itr, 6; (chiesa di S. Fortunato, Opedale della Carità) 46 ; (lapide in S. Pieho, archivio) 47; (insurczione ghibellina sedata da Pietro Vatico) 48; (chiesa di S. IVlaria) 48; (cattedrale) 52-3; (podestà) u. Caetani (Benedetto l, Rof-

fredo I), Galluzzi (Comachio dei); (vesc.) a. Caetani (Pietro Viatico), Caetani Palatino (Bonifacio) ; (cavalleria) 264; (i Caetani cittadini ororari) 26,1; (Porta Caitana, Porla fracta, mura cmtellane) 273. Toledo in lspagna 32, 41, 461' (arciverc.) o. Gioyanni. Tolomei (de'):206-9; (guerra contro) 210:

Deo 206-9.

Pia 133, l4l. Spinello (messer) 208. Tolomeo, conte tusculano 108. Tolon 70, 287; o. Ludovico (S.).

Tomacelli

(stemmi dei)

84:

2ó0; (rocca di S. Angelo) 254.5, 317; assediata da Nicolò I C. 255-6; (comune e sindaco) 20ó ; (contrada Trabesia) 31 7 ; (di) r,. Pironti (Bartolomeo, Gordano), Rosa ;

Andrea (fratello di Bon. IX) 317, 323. Antonio (hatello di Bon. lX) 322. Giovanni (fratello di Bonifacio lX) 321 . Giovanni, conte di Sora, m. Agnesella C. 11, 77. Tomassetti prof. Giuseppe l12, l18, 120, lrl , l5t, 155. tombe u. nome delle persone. Tommasa, m. Corrado II Conti 127. Tommasa, moglie del Prefetto di Vico 135.

(reggitore di) u. Nesus Prumptus; ricondotta all'obbedienza

T

315, 320.1; ll, l12, 145, 147.E,241; (duca) o. Anatolio; (vesc.) o. Simone; (rocca Traversa) 129, 317 | (località Posterula) 130; (selva) 130; (guena con i C.) 245, 253 ; (comunità, cittadini) 253.4, 257 ; (pace ( I 347) con Nicolò I C.) 2567 (beni di Riccardo Frangipani in)

occupata da Alfonso V di Aragona ll, 4E; (convegno di) ll, 5l ; pcr i giuchi del Tetaccio in Roma ll, 5E; (disegno di) II, I ló; data.in feudo a re Alfonso

del papa

Il, 3;

Fcrdinando ll, ll7, 156; tolta da Pio II a re Fernando ll, 157 t in lite con i C. Il, l5E; (campagna prear) Il, 265. Tcrracinensis retcllionis (Gubern, Urbir), processo ll, 233. terraciuese (località Lo Salto in tent.) 253; terracinesi (i) 129, l1l, 252,'317 t (guerra con Nicolò I C.t 256. tcre montane (capitano delle) II, 25 u. Caetani Cristoforo,

c a rc

Domus,

l-2.

44.

om

masi:

Ciacomo Gaetani,

di

Gualgano, card.

di.S.

Clemente 37"

3E, 70. Gualgano (m. una sorella di Bon. Vlll) 48, 70. Tommroi, Hlstotîa dí SÌena 133, 2lA. Tommaso d'Aquino (S.) 99; (cappella di), in Laterano 64. Tomnaso, di mser Tommaso da S. Lupidio, giudice 208. Tommaso, fratello di Capuano, nob. di Sessa Aurunca 254. Tommao, fratello di Sretano (1223) 40. tomolo di cereali 237, 255; ll, 217. Topalici (rocca di) ll, 15.


DOMUS CAIETANA

342

trabucchi l9l, 257. (conti) 6, 14, Traetto, oggi Minturno pcsrrm,' (fiume) o. Ederado, Aquila (Golfredo I, Riccardo II, Ruggero Ruggero dell'), Caetani (Dauferio I)l (di) o. Frigellir (de), Frizzillo (Sebastiano), Fuzzella (Ruggero), Giacomo Simone; (palazzo) 98; (rocca)99, 100, 2l I , 254 ; (descrizione) 2l I -2; (chiea di S, Francesco)

Toraldo (de): Luigi

ll,

Nicola di

l12. Sessa

II, 200, 242t o. Roma. Tor Trc Ponti l2l ll, 145, 147.

Tordinona

Torelli (Guido), capitano Torello (capitano) 219.

ll,

32.

torncsi grossi 104.

torre:

di

Piazza Commestibili

in

Gaeta 12 ;

di

29; di S' Erapr6ro Capua 94; degli Auioaldi o. Sermoneta;

occupata

Caserta

ll9,

gero

305,307 1

146; di Pandolfo di Subuxa e dei figli di PietroAles-

sio a Magnanapoli 146; di Capo di Bove l5l'2' 154'5; dell'Orsa, in Sicna 2ll di Castelmola 234, 237; di

;

Vitagino, pretso Morolo 245. del Castellone' plesso Formia 268; di Acuto 275; da Costa e delle Coste, preso Anagni 277, 305; dei Meraagolini, in Roma 2EE; di Castellonorato 315; di Pian Cartagnaio 143; di Civitas Cajetana 155 ; dei Frangipani 27; di mattoni in Roma tore del Belvedere ll, 250 29, 145 di Traetto Sermoneta (rocca di); torre Caetana, nell'lsola di S. Bartolomeo Il' 198; torre del Garigliano, di Docibile

2ll;

,.

ll, o della Scafa 11.2, 16' 255; torre de Gerlanda ll, 202 u. Anagni; tone a Mare, o di Pandolfo di Capua ll-2, 255, 257, 268, 323t totrc Mattia II,

torre Mesa, nel Quirinale t45; tore di Mola, Gaeia 260; torre Olevola l3l ; torre del Papa, a Orvieto 138; torre Perrone (tenuta di) 152; torre Petrata Il, 145, 147, 225, 228-9, 245 l tone di Îivi-

2f0i

presso

gliano 250; o. Acquapuzza, Anguillara, Capocci, Conti; ocdf Indice delle rocche e castella ll, 273. Torre Albaneto (casale di) 220. Torre Atura 94,98, l2l,16l, 193,309,316; o. Astura. Torre (couti della) 41, 106, 271; o' Caetani di Filettino. Torre Cajtani 231, 271, 283; comprata da Pietro II C' 103; (descrizione) lO3-6; terra del card. Franccsco C. 177; ll, 82, I90, 209,2781 (sig. di) o. Caetani (Ono-

rato), Caetani di Filettino (Antonio): confiscata all'Infante Giovanni ll, 240. Torre di Ceprano 235.

Torrc Fraucolisc

ll,236t

Il

da re Ladislao ll, 2t vi dimora Rug' C. ll, ?1 ; conquistata da Caldora Giacomo II, 46; asegnata a Onorato G. II, 481 ccduta al principe di Rossano II, lt0; venduta da re Ferdinando Il, ll2; (contessa A\ il, 172, 257 o. Catacciolo (Antonella), Aragona (Sancia d'); (duca di) Il, 184, 217, 259.6 o. Gaetari d'Aragona (Onorato); Colonna (Prospero); (palazzo di), in Anagni ll; 201 i (marchcsi di) II, 203; (titolo di propietà dei G. su) II, 261 ; (duchessa di ll, 265 u. Aragona (Lucrezia d').

9ó; di Scauri 98; di Ninfa lO7, 116'7, in Orvieto 116, 138; di S. Donato 122, l24t di Pietro ll C. in Anagni 122' 16l' l74t di S, Felice al Circeo 130; di Govanni Capocci

di

l,

211, 250, 284t 11,39, l75l saccheggiata dai genovcei 255-6; (fuorusdti) 257; (memoriale del popolo di) 259 u. Riccardelli; ptesa da Nicolò I C. 261 ; (castellano) u. Quaranta (Renzio); (via pubblica) 314;

Cencio

Fraugipani o. Chartularia; dei Bulgarnini smo,

ll;

9l

Aurunca 254.7, 268,

Trajano imperadore (palazzo

ll, ll2, l7l, 275.

Giovanni 19. Pietro, m. Maralda di Gaeta 19. Tranto (Bello di, 256. Trasaquis (Enricur de) 312. Trasmundi Zancatensis (d.) u. Oddo.

'

28, 292; Crisogono (chiesa di S.) ll, 206-7. di Terracina 1293A, ?17 t ll, 3. tregua: fra Cristoforo C. e Gaeta ll, 2l; ka C. e Coati ll, 24; di Ancarano con i Da Carrara ll, 29; o. Ceccano

Trastevere

Traversa (rocca),

(da), Colonna, Conti, Sezze. ^îrcnro 213, 222. Trentola ll, 48, 278. Treponti o. Tor Tre Ponti. Tres Tabernae ll, 641 o. Cisterna. îrevi 75, 184, l9l-2, 220, 233, 248-9,280, lr, 24, l4E, 27E; (da) o. Rossi; (signori) u. Caetaui Palatini; (castello) 271, 276.

Trevi (da): Bartolomeo

244, 273

173, 185, 192, 243. Nicola 280. Trezzo (da), ambasciatore di Milano Il' ll5. Tricarici (comes) u. Severino (Lantislaus de S.). Tririta (mon. della SS.), di Cava dei Tineni 22. îiopio (centro suburbano di), presso Cecilia Metella I 5l . Massimo

Torrenuovadi Scrmoneta l2l : (porta, quartiere di) Il, 77,88. Torrer (Antonio Giovanni di), castellano di Sermoneta 11,238,

245.

Tonice 285.

Tripoli II, 20E.

îor,ita

Trivento

207. Toruiti Giacomo (mosaico in S. M. Magg. di Roma) 170. Torti (Giannozzo), governatore di Rorna II, 8. Tor Tre Ponti Il, 145-ó.

Tora (della) 143.

in) u. Orsini (card. Napoleone); in) 213.

Torcanella o. Tuscania. Tours 221; (can. e tesoriere) u. Caetani (Francesco). Tozolis (Luca de) ll, 81. Trabatam furesso) 255. Trabesia o. Traversa (rocca).

147.

Franesco 244. Giovanni 280.

Torre Gaetanella, presso Anagnt 233. Torrccchia (tenuta di) ll, 35, 38, 278.

Toscana passr'm; (egato della) 162; (guerra

di)

Transo (di):

(re

ll,

278,

Trivigliano 233, 250,271

di S. Govanni)

, 281, 301 ; ll' 189-90' 278; (chicsa ; (di) tl. torei (feudo) 273; (da)

221

u. Antonio: coniscata ll, 236; all'Infante Govanni ll, 240t o, Caetani di Filettino. Troja (conte di) II, E, ll9 o. Cosa (Giovanni); (battaglia dD il, il 5, t29-30. Trombecte (Pietro) 253. Tronci (opere del) 35. Tropualdu u. Mon. Troyes (Guichard de) 195. Trusia Gazella Il, lE3,


Indice dei nomi l9l.

Tufano

Tuff,ae (de plebe) 39; o. Imnnes. Tufoli (porta), in Anagni 174. turchi (i) 254, 3l3t ll, 157, 258-9; (inperatore) u. Bayazet l; (invasione di) ll, 97; (guena in oriente contro) ll, 97, 100; (crociata contro) II, 103, 153; (armata contro) II, l5l; in posesso di Otranto II, 188' Turella (Domenico), capitano dei Colonna 206. turre albas (villa ad) o, Fogliano (lago di). Turrito (Gacomo) 84. Tuscania, Toscanella, Thoscanella

51, 132, 207, 219 (po-

destà) u. Amator lohannis.

Tuscia

47, 5l-2,77,96,140, l6l' 190' 219-20,271,275; Patrimonio; (vicario gen. della Chiesa in) o. Amator

o.

Iohannis; (rettore) o. Agrimonte (Raimondo d'), Caetani (Benedetto), Orsini (Orso); (nella) o. Aldobrandesco (contado), Monte Acuto. , tusculana (cinta di mura dell'epoca), a Civ. Cajetana 155; tusculani

Alberico

(conti) tOE, 112,243; discendenti dal march. (fortificazioni del Xl sec. dei) 152; (stemma)

4;

279; tusculano (conte) u. Tolomeo; (vesc.) u. Capocci (Nicola), Ceccano (Anibaldo da), Frédol (Berengario). Tusculo (conti di) 24, l55t Alberico 25. Teo6latto, di Alberico 25; o. Benedetto IX papa. Tutii (Giacomo) o. Fede. Tu tiis (de): Andrea, di Alatri 103, 105. Nicola 103. Tuttiaco (Ottone di), giustiziere di Sicilia 93' Tuzio, di Domenico, feudatario deli'Acquapuzza

ubddu

(gti)

ll,

59.

160.

Ubaldi (de) o. Baldeschi Matteo. Uberto (de) u. Caetani (Raiualdus). Ughclli 43. Ugo, card. (lllE) 29. Ugo d'Alatri, card. II, 129. Ugolino, di Bonifazio, can. di Todi 52. Ugolino, vesc. di Velletri o. Conti.

de' signori di

Montemarano 217. Ugulinuccio {Jgolinus, miles de Perusia (d.) 39. Ulisse 12.

Unbria 46, 160. Filippo, condottiere 26E. Giorgio 65; o. Simbilico'(Gorgio di).

261;

ungheresi

(gli) 266, 268'9.

Ungheria 256, 260, 263-6,268-9; (re) o. Luisi. Ungheria (Andrea d'), fratello del re Luigi 256, 269-70. Urbano II pp. 25-6. Urbano IV pp. 72. Urbano V pp. 276, 285i (canosizzazione) I 18; (alhesco in S. M. Magg. di Ninfa) llE; ritornadaAvignone236, 286, 288; (bolla\ 277 , 287-8 ; ritorna ad Avignone 289 ; (stemma) 291 ; o. Grimoard (Guglielno).

Urbano

VI pp. 303, 305. ?09,317; ll, 55, 66,71,92;

(elezione) 29 I

302; scomunica Onorato 304; chiama in aiuto Carlo III di Durazzo 3ll z o. Prignano (Bartolomeo). Urbino (codice di) 6l ; (conti di) 47 Il, 86, 244; (Federico di) I 15 I (duca di) 222, 258 u. Montefeltro (Federico da) ; (àa) 222 o. Guidobaldo. Urbevetana (Cronaca) 62, 70, 74, 138, 140; Urbevetani (Annali) 133, 216; u. Fumi. Urbeveteri (Theodoricus de), camerarius Celestini V pp. 63;

o, Ranieri Teoderico, card. Urbs o. Roma. Ursa (de) u. Victi (Christophorus). Ursi (de filiis) u. Onini. Urslingen (di) u. Guamieri. Ursulue (famulo

di

Docibile

ll)

14.

V.""ar"""i" (contrada), presso Ninfa 109; II, 145. Vaccino (Luca), da Carpinelo, castellano della rocca di Paliano ll, 92. Vaccucce (le), peschiera di Fogliano ll, 55. Vado Marittima (terra di), presso Pisa 34. Vairano Patenora 93-4,96, 100, 193; II; 96, | 13, 278. valcatorium, valcheria nelle ferriere di Ninfa Il, 156. Val di Chiana 207. Val del Lago 137.8, 142, 196. Valentia 173. Valentini (cones S.) o. Acquaviva (Coradus de). Valentino (porto di San) 45. Valentino (duca) II, 217-246 passím; o. Cesare Borgia; (capitano d'arme e sicario) o. Micheletto Corella; (ipada del)

ll,

il, 247-8. Valenza 162,231; (bastardo di) u. Micheletto. Valenza, nel ducato di Milano ll, 265. Valerio Maseimo (opera di) II, | 7,t, Valle (Della): famiglia 187-8, 190:

ll,

Francesco

II,

188.

ll, 2, 236, 240, 265, 278; (porta Il, 3; (barone di) o. Aquila (Ruggero dell").

Vallecorsa 98-9, 235;

de Missore)

Valle di Maddalone ll, 278. Vallefredda (Vallefreda) II, 27, 108. Valle Maggiore (di) 233 Vallemarina ll, 278. Valleoscura tl, 278.

t

o. Castelluccio.

Vallepietra 105, 233, 250, 271-2; Vallis (Rodrigo de), capitano 257.

ll,

278.

ll,

IJngaro:

ungherese (esercito)

,43

; (carattere) 292':

dichiarrato papa illegittirno

293; Giacomo C. neprendele parti294,300; (lettera Siena) 295; assolda la compagnia di S. Giorgio 297; (conflitto armato con I'antipapa) 297'8; (supremazia) 299; Onorato I C. gli toglie Acquapuzza

di S. Caterina da

ll8. Valmont (conte di) Valmontone 4,49,206,247,251; (signori

di) II, 92

o.

Conti.

Valois (Carlo di) 93, 148, 16l. Valva (vescovo di) u. Di Gaeta (Pietro). Valvisciolo (badia detta di), pre*so Ninfa 76, ll3, 201, 287 II, 138; u. Pietro e Stefano (badia dei SS.). Vannozza, madre dei Botgla ll, 246. Vari di Ninfa I 19; Vari di Sermoneta(famiglia) Nicola, not. I 14; (monogramna) 107.

ll,9l:

Vasari Giorgio 11,212. Vasco (Antonio de) varllame di Onorato

II' l9l-2. ll G. ll,

vassallaggio (omaggio

84, 170. di fedelta e di) 125-ó.

Vasallo (Raioondo), capitano 257. vastatore ll,221. Vasto (mardresi del) II, 236; u. Avalos d'Aquino (d'). Vaticano passÍm o, Roma.

;


DOMUS CAIETANA

344

Vico (da) 68:

Vccchi (Antonio de), vesc. fermano 320' Vccchionesi (Bartolomeo

de'), giudice pisano (1053) 33.

Vclabro (in) o. Giorgio (S.). Vclletri 108, | 10,1, 162, 223, 25Q, 267 1 ll, 127, 238; (convento dei hati minori) 5l; (guerre per i confini) 109; ll, 147:. (vcsc.) o. Conti (Ugolino); (guerra con i C.) 245-6, 303 i (S. M. dell'Orto prcsso) 303; (Colle de' Brettoni prcco) 309; (battaelia miracolosa) 310; (cappelle Ginnasia, capp. di S. Geraldo) 310; (capitano a guerra) u. Strozzi (Annibale); (istoriografo) o. Borgia; (pace con Sezze, Ninfa e Acquapuzza) ll, 58; custodisee I'Acquapuzza Il, 60-l; .(vicario nella citta e diocesi di) II, E7 u. Pietro de Cervantes; (di) tl, 93 o. Antonio Nicolai de Grccis; custodita da Guglielmo C.

il,222. velletrani ll, 225. velluto Il, 172. Venafro ll, I 07, I lE, .133 t (conte di) u. Pandone (Scipione) ; (capitano e governatore dif*a da Onorato C. II, di) lI, 123, 12ó o. Caetani (Onorato); (fiera di) II'

ll3;

t96.

229, 288, 3Ol. 105, l5l, 153-4, IEE-9, 222, 241, 260,

vcnasrino (contado)

Vcnezia

ll,74,

265; chcsc allcata

(capitano) o. Colleoni (Bartolomeo), Mantova (mar189; di); degictc dalla guerra coltro Ferara

Il,

di

Innocenzo

VIII

pp.

Il,

(possedimcnto

Vlll pp. 196.

Yercna 47; (da) l6E, l7O, 177; o. Scacco CristoÍoro. 159. Vcronesc (Gaspero), storiografo di Paolo Il pp. Vescovado (del) u. Maria (chiesa di S.) vesilli (investitura colla coppa d'oro e coi) 142.

tl,

Yetralla 263. via o. Albano, Angelo in Pescheria (S.), Bausan, Chiaromonte, Funari, Massarina, Gaetanella, Napoli, Ninfa, Papale, Ponte (del), Prenestina, Roma, selciata, Silicis, Traetto; Arenula, in Roma tl, 195; comunis, di S. Bartolomeo in Roma Il, l9E; Consolarc ll, 145, 148 o. Appia; dell'l*o ll, 145t Maggiore, di Anagni II, 200; Appia II, 145, 148- Michelangelo Caetani, in Roma II, 199; Ninfina ll, 145; Tordinona Il, 200;

(Margherita

240; (contessa di) da); (de) o. Prefeui.

Maffeo 284, Villanova (Arnaldo

da),

medico

di Bonif. VIII pp.

104-5,

tz6, t96. Villa San Vito

Il,

2.

Villeneuvel&-Avignon (certosa dù z8l.

al

Vncenzo

Volturno (San)

II, 102; (sig.) u.

Avalos

(Alfonso d').

M.

225,

Virgilio (poeta) 8. viridario del palazzo di Fondi ló8.

Visconti (i),

famiglia pisana 32:

Bernabò (guerra conrro) 2EE-9.

Bianca

II, l3l.

Filippo Maria, duca di Milano ll, 32, servizio di) u. Torelli (Guido). Visro (da) r.r. LudovicoVtagino (tone di), presso Morolo 245.

Er;

(generale al

II,

ll,

Il

u.

IV

ncl

81, lO2-3, 140 44; patriarca aapoletano oceupa Piedimonte II, 46; scon6gge gli aragonesi a Piperno II, 47; occupa I'Acquapuzza ll, 60,74; (stemma) 75, 64; a Venezia II, 74; muore avvelenato

ll,

ll,

04. Virelli (Paolo), condottiero I

ll,

192.

47, 66, 206, 216,2j3, 271,289; ll, 12,221, (chiesa magg.) 132; (beni di campagna in) l4E; (beni

Viterbo

di

Benedetto

lll

C. in) 219.

Viterbo (Matteo da), affresco a Villencuve-l&-Avignon 2Bl.

Vito in lvlacello (5.) 322; (titolare di) o.

Brancaccio (card.

Rinaldo).

Vito (San) Vittore Vittore

149.

ll,

6, 43, 53-4, 56, 67, 69, 70, 74, 77, E0, tE9, t90, t98-9, 226, 257.

Giovanni, cronista

ll,

240.

Vitticece, confederato del conte

301.

Viana (Carlo di), figlio del re di Navarra Il, 106. Viano (S. Maria di) 52, 126. Viatico (Pietro) u. Caetani (Pietro I). Vicaria (iudici de la) Il, 183. Vicenza ó6; (di) u. Pieho, vescovo di Cesena.

Vico 218, 285, 297 t

Villani:

Vitali, priore di S. F-gidio 52. Virelleschi (Giovanni), card., inviato da Eugenio

Nicola, giurisperito l9E.

Via Lata (S. Maria in)

Vllamagna (moa. di) 39; (castello) 247. Villamarina, presso Monticelli Il, 2.

Viola (Gualtiero) o. Caracciolo.

Vcroli (di):

in ltri

Vicovaro ll, 195, 214, Victi de Ursa (Christophorus) 312. Vienne nel Delfinato lEl, 184, 194, 202, 214, 227. Vigevano (di) u. Ardiccio Abramo Vigiliarum o. Bisceglie.

245-6.

Vcraazzonc u. Catcnazio.

Papa (vicolo detta),

io Roma Il, 200.

vicolo Gaetanella,

Vintron de Rodez (Ruggero di) rettore di C. e

Verginc Maria (8.) II, 172, 177; (chiesa della), in Pipcrno ll, 227 t, col Bambino (statua in S. Maria di Fondi) ll, 176; (tavola di Antoniazzo Romano) II, 177-6; (dipinta nella cappella C. di Anagni) fi, 244-5.

Pietro, supercocus di Bon.

Novello 152,221. Pietro 4E. Tebalduccio, di Manfrclo, 68.

Vincis (chiesa di S. Pietro in) 39. Vinerij (fosratum, ll, 63.

195.

Vcncziano (chiesa di S.), in Ninfa ll8. Venora (dueato dD Il, 30. Vehtotene (isola di) 17. Vcrde (mon. di S. Maria del) 70. Vcrgeri (Pietro Paolo), il vecchio II, 16.

Vcroli 7, 38, 233, 285, 298; (coneilio) 26; dci C.) 91.

Giovaani, pteteLto 263-4. Giovanni Sciarra, prefetto 322. Maufredo 6E, 216.

lll lV

pp. 25t

di Fondi

207. andpapa 36, l0E.

Volatenano (Geremia), vesc. d'Agsisi

Vo!rci

(i)

314.

ll,

ll,

2t0.

107.

Vohaire (Arouet de) 229.

Voltcrra (da) u. Gherardi Giacomo. Ceccano

Voltumo 242.

E, 269,, (vallc del) ll, 102, lll, ll3,

129,


Indice dei

nomi

345

ll, 240, 278. Zxncdto (de) 38 o. Anibaldi: Bcllo 305. Giovanni 248- o. Anibaldi. Maria Gregorii 40,

Zancati

lVaddingo 270.

248i

Zancati,

Walsingham 174. lVestmin*er (Matteo

di) 61. lVilbraham (Ada), madre ddfA. U, 256. Wyngaerd (Anton Van den), artista 1,45.

Zappasodi dott. Pietro 40, 246-8.

7-an 256.

YorL, Eborr"um 221, 226t (can. e '(Francesco

Yrci

tesoriere) rr. Caetani

de) 39.

(lacobus.

zecca romana (moneta della) 79,

di Lugnano ll, 234. Zenneto (tenuta di) ll, 72, l4E, 278. Zeno (Battista), card. 154. Z-efiro (Ludovico),

Il).

Zppel (G.) 7-^b^ttu (Ma*ino), commisario pontifcio Zaccaria

pp.

ll,

221 .

108.

Zacca'ia (eredi di), feudatad di Bolsena 220. Zaccono (messer Monaldo) da Sezze 208; o, Tacconi Rinaldo (?) Zachcus de Frusinone r.r. Angclus.

zalf,no

II, 84, 170,

Z-agarolo

180.

68, lรณ9; ll, 240.

zambellotto

ll,

172.

ll,

ll,

159.

zoppa imbrocchata II, 85, Zuccari (fratelli), pittori II, 65. Zurcio (messer Bonayero di Ugolino di), can. di Todi 52. Zurlo (Francesco), protonotario del Regno 26, 98.

ll,

Zu rulus: Ciccus 312. Franciscus de Neapoli 312. Gurellus, dictus Bavarozza 312. Iacobus 3 I 2,


ir lÉ

F: V

DOMUS CATETANA

346

ERRATA CORRIGE. PARTE I.

Pg. l7 r. 22 comes leggÍ comites, 33 u I Guemaro lcggi Gurmano. " 45 " 5 aggiungeîe dopo gemelle: In capo ad essa vi è la segucnte iscùione : SEPULCHRUM "

VENERABTLIS PATRTS

DOMINI LEONARDT DE GUARCINO DEI GRATIAM EPISCOPUS ALB.\NENSIS ET SA,CROSANCTE ROMANE ECCLESIE CARDINALIS A. D. MccC Xt Vlil DECEMBRIS. ln bq$oîilievo, a sinisrra, il cappcllo cardinalizio e, a dertra, lo gtemma Caetani con 19 sole onde gemèlle.

" " " " " " " " , " " , , "

70 85 97 97 109

lt5

r. " "u

29

antica baailica dgglwrgí

di S. Pietro.

4-5 6glio di Giacomo leggf di Giovanni. 14 Riccardo lY leggl Riccardo lll. 24 sec. XIV leggi eec. XIl.

C.

a)

lcggí e ad O. e ad E. e ad O. e a nota ultime righe: L'accusa di aver ucciso CelqtinoV non Cf. pag, 196 accusa 6'.

198 r. 205, 209 , 225 , 234 " 234 , 246 " 252 "

fu

lanciata contro Rofiredo

l0

Glascow leggi Glasgow. Rofredoll.

I l3

gli eredi Rofredo 9 Bon. l"ggí Roftedo e gli eredi di Bon. Coletta Gaet. lcggd Colella Gaet. in reconde nozzc leggt' in aerrze \oae.

12 Rofiredol 32 Arcialo ' 18

lll,

ma contro I'avo Rofredo

Il;

Asciano.

32 Roberto di Vintron lcggrr Ruggero. 24 Boiardo leggl Baiardo. PARTE II.

Pg. 15

nota

a)

aggíungerc: Nella suddetta biblioteca eristc un registro delle lettere e degti atti del card. Aatouio, c il registro terzo della cua cancelleria (1397.1.3- l398.VIIl .9), di cui aifu dsta comunicazione dopo che già erano stampate queete pagine; nc ho fattp eseguire copia fotografica per il nortro archivio. cattedrale di S. Maria lcggd collegiata di S. Maria. precisamente

, " " "

143 177 25E 265

r. l0 , I Vittoria Calonn^ luSgt funesina Colonna. > 36 contessa madre t cotrtctsa aYa. 2l le contee di Fondi legg{ la contea. "

INDICE. Aragona (d'): aggíungí Giacomo di Sicilia, fratello di Alfonro 93. Caetani Palatini: aggìung! Tomasicchia, illegittima di Bonifacio 273. Caldora: aggíungí p.

Candola.

Caudola: Icggi Candola.


ALBERO GENEALOGTCO SCHEMATICO

DI CASA CAETANI ' I

:'

."DAr-l *NNO rZgO"-*È'' S'ECOLO *Vt '' '. "4.

"

..."]

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-.i,.i.,,- -i;s

'.',

,i:l'


ALBERO GENEALOGICO SCHEMATICO DI CASA C.A,ET^A,NI DALL'ANNO 12OO AL SECOLO XVT

MATT}A

GIACOBA

(?)

I

ROFFREDO t 1275 c. m.

PIE.TRO I + t277 Vescovo

Emilia Patrasso

GIOVANNI

Elieabetl

FRANCESCO

i t3t7 Cardinale

II

ROFFREDO +1296

-1278-

I

BENEDETTO I t1303

orsini? BONIFACIO VIII

PIETRO II t 1308 m.

Giovanna da Ceccano

BENEDETTO Iil t 1322 m' guattro mogli

FRANCESCO

BONTFACIO î

.ROFFREDO

t

BENEDETTO

f

. m.

V.

1340

c.

i l4l? c.

t

l42O

ONORATO t 1400

PALATINI

Berardo da Cecano

I

GIACOMO II +

Balzo

caterifr

pct.

conti

t

1465

co". c"Joni

FRANcE$co f t5ó0

I

t

pot. m. Lorenzo Colonna t

t

Bur.-G"rj

cRrsroFoRo NICOLA II +

t4s4 m.

Eleonora

t l4VV m' G. Orsiui A, Orcini

c.

Orsini

cateriJ

orsini

v GUGLIELMo

f 1500 f r5re Protonotario m. Francesca

ERSILIA t t53l e'

I

Conti

CAMILLO + t554

I

P.

Cardinale Forno

t 1492 c. co.t"nl ooini

oI{oRAro

III

t lj:u S. d'Aragona

t

1496

Arciv. di Capua

BALDASSARE

t

1478 c.

Primogenito

clAcoMo

î

1550 c.

Cost. filgnutulli

d,Aragona

LUIGI f

croRDANo

pignatelli

BERNARDINO

L.

ANTONIO I + l4t2

l44r

oNoRAro rr + l49l m. F, di Capua C.

t l47E

d'Aquino

GIACOMO

BERNARDIN9 + 1502

I 1574

1488

f

Gov. dal

GIACOMO IV

1455 m'

CRISTOFORO m.

BEATRICE ONORATO IIt

d'er.

ANT6NI6

ru

1408 m,

Roas d'Eboli

SVEVA

c.

f r5Er

1423

GIACOBELLO

Brunswicl

RAIMONDO IACOBELLO 1504

1362 c.

Sveva Sanseverino

m.

i

t

m.

+ t4t2

FRANCESCO ilt RUGGERO t l4ó0 c. + 1436 m' trucidato Margherita de Cabannis

GIOVANNI

: RAMO RAMO DEI DEI FILETTINO CASTELMOLA

Orsini

TAcoBELLA B.

t l3ó0

m.

m.

Caterina del

RAMO DEI

da Ceccano.

della Raua

Giovanna Conti

BENEDETTO

1346 B.

G.

Primogenito

BONIFACIO

m.

Riccardo

NICOLòI FRANCESCAII BELLO

n. Giac. da Ceccano

1370

FRANCESCA I

G. dell'Aquila C. della Ratta

+ t359

GTOV.A,NNI

ItI

t 13?6 c' m. M. Aldobrandesca

LELLA

1329

m. Maria Conti

I

II

l?3O Tesoriere +

1528

c'

FERDINANDo

t

1546

Primogeuito

RAMO DI

MAENZA

RAMO DI

SERMONETA

R^A,MO D'ARAGONA


..

_'i

FINITO DI STAMPARE IL 29 AGOSTO MCMXXVTI PER I TIPI DELLO STABTLIMENTO TIPOGRAFICO FRATELLI

SNANN lN

SANCASCJANOVAtr;. DI FLSA (flRÉNZE)

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