Palazzo Caetani, 6, 2018

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FONDAZIONE CAMILLO CAETANI ROMA

Presidente Bruno Toscano Vicepresidente Piero d’Amelio

Consiglio Tommaso Agnoni, Massimo Amodio, Luciano Arcangeli, Rita Cassano, Lucio Caracciolo, Lelio Fornabaio, Andrea Gentiloni, Duccio K. Marignoli, Maria Cristina Misiti, Cesare Pasini, Lucia Pirzio Biroli Stefanelli, Antonio Rodinò di Miglione Giunta Bruno Toscano, Piero d’Amelio, Andrea Gentiloni, Antonio Rodinò di Miglione

Via delle Botteghe Oscure, 32 – 00186 Roma Tel. 06 68 30 73 70 info@fondazionecamillocaetani.it www.fondazionecamillocaetani.it


PALAZZO CAETANI Bollettino della Fondazione Camillo Caetani

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EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA


PALAZZO CAETANI Notiziario periodico

Direttore: Bruno Toscano Redazione: Rita Cassano, Caterina Fiorani, Giovanna Sapori, Massimiliano Tortora

Referenze fotografiche: Marcello Fedeli, Fondazione Roffredo Caetani, Paolo Virilli. Le schede non firmate sono a cura della redazione.

Edizioni di Storia e Letteratura via delle Fornaci 38, 00165 Roma Tel. 06.39.67.03.07 – Fax 06.39.67.12.50 e-mail: redazione@storiaeletteratura.it

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Sommario

 studi in corso

Alcune notizie inedite sulla committenza del cardinale Girolamo Mattei (1546-1603) (Giulia Marzani), 7; Giovan Francesco Peranda: il Demostene delle Segreterie italiane (Giada Durastante), 10; La committenza del cardinale Bonifacio Caetani (1568-1617) (Livia Nocchi), 13; I dipinti settecenteschi del palazzo Caetani di Cisterna (Libera Marta Pennacchi), 19; Sermoneta in epoca romana: da un manoscritto del canonico Pietro Pantanelli (1710-1787) (Anna Di Falco), 21; Teresa de’ Rossi Caetani (1781-1842) archeologa praticante (Ilaria Sferrazza), 23; Le bonifiche di Gelasio Caetani: tra trasformazione agraria e “utopia rurale” (Manuel Vaquero Piñeiro), 30; Il contributo di Paul Valéry alla rivista Commerce (Rachele Cinerari), 33

 acquisizioni e restauri

Il restauro della Calunnia di Federico Zuccari, 36; Giacomo Balla, ritratto di Onorato VII Caetani, 41

 Le collane, 42; Schede di libri, 44; Convegni e mostre, 46; Attività in collaborazione, 52; Borse di studio, 54

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Studi in corso Alcune notizie inedite sulla committenza del cardinale Girolamo Mattei (1546-1603) Gli studi che sto conducendo nell’ambito del mio dottorato di ricerca sulla figura del cardinale Girolamo Mattei (1546-1603) mi hanno consentito di indagare alcuni aspetti finora inediti della sua vita e dei suoi interessi come committente di opere d’arte. Come noto, Girolamo discendeva da una antica famiglia romana arricchitasi con il commercio di bestiame e lo sfruttamento di un vasto patrimonio fondiario ed era fratello di Ciriaco e Asdrubale Mattei, già molto studiati per la loro attività di committenti e collezionisti. Girolamo intraprese molto presto la carriera ecclesiastica, arrivando in poco più di venti anni alla porpora cardinalizia nel 1586. Da allora e fino alla sua morte prese parte a varie congregazioni speciali durante i pontificati di Sisto V e Clemente VIII, come quella per gli Affari di Francia, per la devoluzione di Ferrara e quella per l’attuazione dei decreti del Concilio di Trento, di cui fu segretario nel 1590. Fu inoltre Protettore dell’ordine dei Minori Osservanti dal 1588 e Protettore dell’Irlanda dal 1594 e si adoperò per l’educazione dei giovani, provenienti da nobili famiglie romane decadute, con la fondazione del Palazzo Caetani  6 (2018) 

Collegio Mattei nel 1603, istituzione curata dai suoi discendenti fino alla metà del Settecento. Il cardinale Girolamo, con il suo brillante cursus honorum, contribuì al consolidamento dello status sociale della famiglia che, proprio tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento, si andava affermando sulla scena sociale, culturale e religiosa romana con l’acquisto di feudi (come quelli di Antona, Giove, Castel San Pietro, Rocca Sinibalda e Belmonte); intrattenendo rapporti con alcune delle personalità più importanti del periodo, come il cardinale Federico Borromeo, Ferdinando de’ Medici e con alcuni appartenenti all’ambiente oratoriano in generale, anche attraverso la mediazione del cugino cardinale Girolamo Pamphilj (15451610). Commissionò e collezionò opere d’arte: un ospite già molto celebre del cardinale Mattei, nel giugno 1601, fu il Caravaggio (R. Parks, On Caravaggio’s ‘Dormition of the Virgin’ and its setting in The Burlington Magazine, vol. CXXVII, n. 988, luglio 1985, pp. 438-447), che per Ciriaco Mattei avrebbe di lì a poco dipinto la Cena in Emmaus, il San Giovannino e la Cattura di Cristo. 7


È in base a queste premesse che si può considerare il valore delle committenze del cardinale Mattei volte all’adeguamento degli ambienti di rappresentanza del palazzo costruito dal padre Alessandro – oggi Palazzo Caetani – alla rinnovata condizione sociale della famiglia. Per il grande salone del piano nobile fece realizzare tra 1598 e 1600 un elaborato soffitto ligneo a lacunari, in cui campeggia al centro lo stemma Mattei sormontato dal cappello cardinalizio, e commissionò la decorazione delle pareti a Paul Bril che vi affrescò in pochi mesi, con alcuni collaboratori, un alto fregio a doppia fascia con paesaggi, giochi di putti e figure allegoriche di Virtù. Altri due ambienti minori, destinati a cappella ed anticappella, vennero decorati nel 1600 da Cristoforo Roncalli con Alessandro Presciati e Giuseppe Aiello, e aiuti, con Storie di San Francesco e San Matteo e sei Storie di San Girolamo, gli stucchi messi in opera da Ambrogio Bonvicino (F. Cappelletti, L. Testa, Il trattenimento di virtuosi. Le collezioni secentesche di quadri nei Palazzi Mattei di Roma, Roma, Argos, 1994, pp. 13-23). Anticipo qui qualche novità emersa dalle mie ricerche nell’archivio familiare Antici Mattei, oggi in deposito temporaneo presso l’Archivio di Stato di Ancona. Come dimostrano alcune note della contabilità privata del cardinale, nel maggio 1601 Cristoforo Roncalli riceveva 110 scudi, in un unico versamento, a saldo di una «tavola» rea8

lizzata per la cappella del palazzo del cardinale («che lui ha fatto per la cappella del nostro Palazzo»). L’opera va, con tutta probabilità, identificata con quella che si trova citata nell’inventario ereditario di Giovanni Battista Mattei – nipote del cardinale in quanto figlio di Ciriaco e Claudia Mattei ed erede anche del palazzo alle Botteghe Oscure – del 1624 come «Un quadro di S. Girolamo di mano del Pomarancio con due teste una di qua, e l’altra di là una di San Matteo, e l’altra di S. Francesco dell’istessa mano con il suo ornamento indorato» (E. Schröter, Caravaggio und die Gemäldesammlung der Familie Mattei. Addenda und Corrigenda zu den jungsten Forschungen und Funden in Pantheon, LIII, 1995, doc. n. 5 p. 85). La sorte dell’opera in questione, ad oggi non ancora identificata, è ancora ignota: essa non viene mai più citata in nessuno degli inventari redatti nei decenni a seguire. Un’altra voce del marzo 1601 sembra suggerire che la cappella contenesse anche altri quadri per i quali si disponeva l’acquisto di tessuto in taffetà («per le cortine di quadri della nostra cappella»), forse alcuni tra quelli che figurano nell’inventario dei beni del cardinale del 1603: «Quadro uno con un christo à la colonna con le cornici intorno, et il Taffità; Quadro uno con la Madonna e figlio in braccio con le cornici e Taffità; Quadro uno di la Madalena con cornici e taffità» (in Cappelletti-Testa, cit., doc. I, p. 160). Anche in questo caso si tratta di dipinti non ancora identificati.


I documenti dell’archivio familiare tramandano memoria di un altro impegno finanziario, e di rappresentanza, sostenuto da Girolamo Mattei in quanto cardinale Protettore dell’Ordine dei Minori Osservanti nel «palazzo d’Araceli» noto come Torre di Paolo III (distrutto, insieme al convento annesso alla chiesa di Santa Maria in Ara Coeli, nel 1886 per lasciare spazio alla costruzione del Vittoriano). Il palazzo nel 1556 era stato donato in perpetuo da papa Paolo IV Carafa al guardiano e ai frati del convento d’Araceli, ma nonostante ciò i pontefici continuarono ad utilizzarlo come residenza alternativa a quella Vaticana e a quella del Quirinale, spostandosi spesso anche nel palazzo di San Marco al quale l’area capitolina era collegata con un passetto. Il 2 agosto 1585 Sisto V Peretti sancì il definitivo passaggio del palazzo all’ordine francescano e da allora divenne sede delle delegazioni straniere francescane a Roma. La presenza di Mattei era celebrata già nel 1591 in un affresco che ritraeva il cardinale Girolamo insieme ad un frate francescano, ma esso fu scialbato nella prima metà del ’700 e ne conosciamo il soggetto solo grazie ad una descrizione contenuta nelle Memorie istoriche della chiesa e convento di S. Maria in Araceli di Padre Casimiro Romano del 1763. Nel 1592 il cardinale Mattei veniva incaricato dal papa di sistemare alcune stanze del convento contigue al palazzo per potervi alloggiare parte della corte pontificia e della famiglia Palazzo Caetani  6 (2018) 

dell’ambasciatore veneziano a Roma (La storia del Palazzo di Venezia dalle collezioni Barbo e Grimani a sede dell’ambasciata veneta e austriaca, a cura di Maria Giulia Barberini, Matilde De Angelis d’Ossat, Alessandra Schiavon, Roma, Gangemi, 2011, p. 461). Le carte dell’archivio familiare confermano la notizia di alcuni interventi nel convento e nel palazzo, finanziati dal cardinale stesso, nella primavera del 1592 e ancora nel 1594; i mandati si infittiscono a partire dal 1597 per lavori che vengono condotti esclusivamente nel palazzo papale. Nella primavera del 1599 alcuni membri della famiglia del cardinale (l’auditore Francesco Fagnano, il cubiculario Orazio Polidori, il guardarobiere e loro aiutanti) vengono trasferiti nel palazzo d’Araceli; il cardinale stesso firma due pagamenti, entrambi in agosto, per alcuni lavori nel palazzo familiare alle Botteghe Oscure, proprio «dall’Araceli» dove quindi doveva anche lui risiedere. Lo spoglio dell’archivio familiare permette quindi di gettare nuova luce su un periodo poco noto della storia del palazzo papale capitolino prima della sua definitiva trasformazione, condotta nel corso del XVII secolo dall’ordine francescano per adeguare gli ambienti alle nuove esigenze di ricovero dei frati stranieri (M. Brancia di Apricena, Il complesso dell’Ara Coeli sul colle capitolino (IX- XIX sec), Roma, Edizioni Quasar, 2000). Giulia Marzani 9


 Giovan Francesco Peranda: il Demostene delle Segreterie italiane Di recente ho dedicato la mia tesi di laurea magistrale alla figura di Giovan Francesco Peranda con l’obiettivo di studiare da vicino il suo epistolario a stampa. Personaggio ben conosciuto nel panorama storico-letterario del tempo ma oggi quasi del tutto dimenticato, Peranda – originario della Valtellina – visse la propria vita prevalentemente a Roma. Attualmente il suo nome è ricordato laconicamente e per lo più lo si menziona associato a quello della prestigiosa famiglia Caetani, che egli ebbe modo di servire per oltre trent’anni. Sebbene il ruolo principe del Peranda fu quello di servire la famiglia Caetani come devoto e affezionato segretario, egli era anzitutto un brillante letterato, un uomo colto, dedito agli studi e all’arte in generale. La sua produzione lirica, di considerevole consistenza, spazia da alcuni sonetti comparsi in diverse raccolte miscellanee del periodo fino ad arrivare ad un’ Aminta, della quale è pervenuto un unico esemplare a stampa conservato presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. L’egloga risale al 1552 e precede di diversi anni l’opera omonima e ben più famosa del Tasso (1573). Alcuni versi inediti a Peran10

da attribuiti (in lingua sia latina che volgare) sono ancora oggi conservati presso l’archivio Caetani e furono composti, con tutta probabilità, in età avanzata (Figg. 1 e 2). La fama che riuscì a costruirsi nel corso del Seicento è legata, tuttavia, alla pubblicazione del suo epistolario. La raccolta vide la luce per la prima volta a Venezia nel 1601 presso Giovan Battista Ciotti e fu curata da Giangiacomo Tosi il quale, per primo, ebbe la premura di raccogliere e riordinare tutte le lettere. Malgrado esistano pubblicazioni accresciute con nuovi argomenti, corrette e riorganizzate, questa prima edizione sembrerebbe assecondare maggiormente la volontà del Peranda in quanto, al momento della pubblicazione, egli era ancora in vita e quindi il Tosi ebbe modo di conoscerlo bene, affiancandolo nella Segreteria del cardinal Enrico Caetani (1550-1599) per circa cinque anni. Il progetto non fu di facile esecuzione proprio perché il Peranda non predispose il proprio materiale per una eventuale divulgazione, motivo per cui il Tosi dovette scontrarsi con un’ingente quantità di scartafacci da assemblare ed organizzare. Al giorno d’oggi, difatti, le lettere originali,


Fig. 1 – Roma, Archivio Caetani, Poesie, busta 1, n. 53, n. 180081.

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Fig. 2 – Roma, Archivio Caetani, Poesie, busta 1, n. 60, n. 187127.

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inventariate in appositi registri che risalgono agli anni trenta del secolo scorso, non sono facilmente rintracciabili, dal momento che la numerazione delle lettere del Fondo Generale non corrisponde alla collocazione fisica dei documenti. Il corpus di epistole del segretario personale dei Caetani non si limita soltanto all’epistolario pubblicato. Attualmente, difatti, esistono molte altre lettere inedite registrate in archivio, oltre ad alcuni manoscritti in cui sono copiate tutte quelle missive che il Peranda inviò a Camillo Caetani (1552-1602), patriarca di Alessandria, nel quinquennio del 1591-1595. Al momento, sono riuscita a risalire a tre codici, uno dei quali è conservato proprio nel Fondo Miscellanea dell’archivio, con segnatura 57/903. Il codice, costituito da poco più di trecentotrenta carte e vergato da un’unica mano, presenta sporadiche

epistole indirizzate ad un tale signor “Azzelio” (aspetto che lo differenzia dagli altri due manoscritti, dei quali ho potuto prendere visione, custoditi rispettivamente presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma con segnatura Ges. 130, e presso la Biblioteca Palatina di Parma con segnatura Ms. Pal. 466). Desta un certo interesse il fatto che le epistole contenute in questi tre codici non furono incluse nella prima edizione a stampa. È possibile congetturare, dunque, che il Peranda non diede il proprio consenso per una loro circolazione poiché essi si configuravano come testi di carattere privato, all’interno dei quali egli trattava di negozi vari con il proprio corrispondente. I documenti originali (come riportato da Gelasio Caetani) sembrerebbero essere andati perduti. Giada Durastante

 La committenza del cardinale Bonifacio Caetani (1568-1617) Bonifacio Caetani (1568-1617) fu una personalità con interessi letterari, filosofici e per l’astrologia. Figlio di Onorato IV Caetani e Agnesina Colonna, venne avviato alla carriera ecclesiastica sotto la protezione dello zio Enrico, fu elevato alla porpora Palazzo Caetani  6 (2018) 

cardinalizia nel 1606 da Paolo V e nello stesso anno ottenne la legazione della Romagna, dove si distinse per il suo operato politico e per il suo mecenatismo (Caetani 1930, pp. 75; De Caro 1973, pp. 134-135). Le fonti tramandano la sua buo13


na fama, la spiccata passione per la letteratura e la satira, come dimostra anche la predilezione per l’opera di Traiano Boccalini, che gli dedicò diversi scritti, e del quale fu protettore insieme ai cardinali Pietro Aldobrandini e Scipione Borghese (Irace 2017, pp. 38-39). Bonifacio era anche vicino all’Accademia dei Lincei e fu su suo suggerimento che Tommaso Campanella scrisse l’Apologia pro Galileo (1616). Ai suoi interessi per l’astronomia si deve tra il 1613 e il 1614 la traduzione dal greco della Tetràbiblos di Tolomeo (Fiorani 2007, pp. 106-109). L’accostamento alle teorie di Galileo Galilei e Tommaso Campanella fu forse mediato dalla conoscenza della famiglia Cesi (Fiorani 2007, pp. 106-109), legati dal matrimonio del 1561 fra Angelo e Beatrice Caetani, oltre che dalla condivisa protezione di alcuni letterati e filosofi tra cui il filosofo Antonio Persio. Per quanto riguarda lo studio della sua committenza, solo di recente, dalle ricerche di Yuri Primarosa su Ottavio Leoni, sono emersi diversi ritratti di componenti della famiglia Caetani, tra i quali due disegni che ritraggono Bonifacio in abiti secolari e in veste cardinalizia, e un dipinto del porporato conservato a Palazzo Colonna (Primarosa 2013, pp. 144-146; Primarosa 2017, pp. 305, 332, 696697). A questi può essere aggiunto un ritratto conservato nel castello Caetani di Sermoneta (fig.1), poco considerato dagli studi e credo data14

bile intorno alla nomina a cardinale del 1606, che raffigura Bonifacio in piedi, su modello di quello realizzato da Scipione Pulzone per Enrico Caetani (Nocchi 2018, p. 226). La mano dell’autore credo possa avvicinarsi all’artista che dipinse il ritratto del cardinale Benedetto Giustiniani (Vannugli 2002, pp. 272-273): simili sono i tratti a volte spigolosi del volto e corredati da decise ombre, come anche il trattamento delle vesti e dei pizzi. Maggiori indagini potranno permettere un’approfondita analisi di questa opera, ma la raccolta ad oggi nota dei ritratti del cardinale lascia intuire l’importanza degli artisti ai quali si rivolse, tra i quali certamente spicca la figura di Ottavio Leoni, raffinato pittore che dipinse i volti delle grandi famiglie nobili romane. Per quanto riguarda le altre commissioni di Bonifacio a Roma, ho potuto consultare documenti inediti conservati in alcuni Libri Mastri, in cui, tra il 1608 e il 1612, sono indicati alcuni saldi di conti che mostrano l’andamento e le scelte della famiglia in una fase economica certamente non facile (Nocchi 2018, p. 226). Vengono ad esempio pagati diversi conti per lavori di doratura e altri non specificati al pittore fiammingo Annibale Durante, che lavorò in gran parte delle fabbriche promosse da Paolo V e Scipione Borghese (Fumagalli 1990, Fumagalli 1996, p. 349; Cavazzini 2011, p. 81). Nei pagamenti è più volte documentato anche il pittore Annibale Corradini per


Fig. 1 – Pittore dei primi decenni del Seicento, Ritratto del cardinale Bonifacio Caetani, 1606 circa, Castello Caetani, Sermoneta. Palazzo Caetani  6 (2018) 

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Fig. 2 – Ravenna, Sant’Apollinare Nuovo, soffitto con lo stemma di famiglia.

altri lavori di indoratura di carrozze e mobili, anch’esso protagonista dei cantieri della famiglia Borghese che, come Durante, lavorò alla pittura di alcune sale dei Palazzi Vaticani. I saldi dei conti sono riferiti inoltre a numerosi orefici e argentieri per l’acquisto di preziose suppellettili sacre e arredi, ma compaiono anche nomi di personaggi ancora da individuare e definire, come il pittore «Gherardo tedesco» o «fiamengo», pagato per un ritratto del cardinale Enrico e per lavori da lui commissionati quando era ancora in vita, ed anche per altri due quadri acquistati dal cardinale Bonifacio presso la sua bottega (Nocchi 2018, p. 226). Pur non conoscendo ancora l’iden16

tità di questo artista, non stupisce la scelta di un pittore nordico, data la predilezione della famiglia Caetani – in particolare del cardinale Enrico – per artisti come Francesco da Castello o Jan Brughel il Vecchio (Amendola 2011, pp. 63-65), che rispecchiavano il gusto devoto e conservatore della famiglia. Allo stesso tempo Bonifacio Caetani, sin dai primi anni del ‘600, si preoccupò di far terminare i lavori della cappella di Santa Pudenziana commissionata dallo zio Enrico Caetani e rimasta in parte incompiuta alla sua morte nel 1599. Diversi sono infatti i pagamenti riferiti a nome del cardinale per stuccatori e scultori, e in particolare uno del 1610 a «m.


Fig. 3 – Ravenna, Colonna di Piazza dell’Aquila.

Agostino Gesso muratore scudi 40 di moneta quali selli fanno pagare per diversi lavori fatti alla nostra cappella di Santa Pudenziana come appare per la stima fatta da Carlo Maderno sino alli 5 di Gennaio passato», (Nocchi 2018, p. 226). Carlo Maderno era allora il protagonista dei lavori promossi da Paolo V nella fabbrica di San Pietro e di molte altre commissioni non solo papali ma anche private, ed era anche uno degli architetti di fiducia del cardinale Bartolomeo Cesi, legato ai Caetani, come già ricordato, da parentela e affini gusti di committenza. Di notevole interesse, e ancora in gran parte da indagare, è la fase della sua legazione in Romagna (1606Palazzo Caetani  6 (2018) 

1612) con sede a Ravenna, durante la quale si distinse per importanti committenze sulle quali ho di recente trovato alcune novità. Noto agli studi è il rinnovamento da lui voluto di alcuni edifici e in particolare del sontuoso soffitto a cassettoni messo in opera nel 1611 nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, al centro del quale campeggia lo stemma della famiglia (fig.2). L’intervento può essere contestualizzato nella fase di grande fervore che vide gran parte dei porporati romani impegnati nel restauro e rinnovamento di antiche chiese, compiuti con un’attenzione particolare per l’eredità storica e religiosa dell’edificio e dei quali il capofila fu il cardinale Cesare Baronio. Le iniziative di Bonifacio Caetani a Ravenna gli fecero conquistare la benevolenza della città, tanto che nel 1609 venne eretta in suo onore una colonna (fig.3), ancora oggi nella piazza dell’Aquila, che prende il nome dal simbolo della famiglia Caetani posto sopra di essa. Bonifacio promosse poi nel territorio importanti opere idrauliche, tra cui la riattivazione del porto Candiano e la sistemazione del Po di Primaro, che ebbe un nuovo corso chiamato “Cavo Gaetano”. Di alcuni di questi lavori rimane traccia in alcune inedite lettere del 1606 conservate nell’Archivio Caetani e scambiate con Giovanni Fontana, fratello maggiore di Domenico ed esperto architetto specializzato in opere idrauliche (AC, Fondo Gene17


rale, 19 luglio 1606, 162342). In una prima lettera del 6 maggio 1606 Fontana scrisse a Bonifacio Caetani per avvertirlo che sarebbe presto partito per Ferrara e chiedendo di far inviare alcuni materiali da Roma che sarebbero serviti probabilmente per la sistemazione del Po a sant’Alberto, nei pressi di Ravenna, luogo da cui è inviata la missiva (AC, Fondo Generale, 6 maggio 1606, 162554). Il 13 giugno seguente conferma di trovarsi a Ferrara, dove dovrebbe essere giunto anche l’esperto di sistemi idrici Bartolomeo Crescenzi (Fosi 1984, p. 180), allo scopo di esporre i problemi idraulici e i progetti da risolvere e attuare nel territorio. Giovanni Fontana si era occupato della realizzazione di numerosi acquedotti, della regolazione dei corsi del Tevere, Aniene e Nera, e della costruzione di alcune fontane pubbliche a Roma (Mangiasciutto 2009, pp. 419-420). È lo stesso Baglione (Baglione 1642, pp. 130-131) a raccontarci che Fontana venne inviato da Paolo V a Ferrara e Ravenna per occuparsi della canalizzazione e bonifica del Po, e a queste opere, come ipotizzato da Firpo (Firpo 1948, II, p. 132), potrebbe riferirsi anche lo scritto di Traiano Boccalini Modi di scolar l’acque, che ora inondano i territori di Bologna e Ferrara. Per comprendere l’importanza dello studio della legazione romagnola di Bonifacio Caetani credo sia infine importante segnalare un’altra missiva del maggio 1612 inviatagli 18

a Roma dal pittore romagnolo Ferraù Fenzoni (AC, Fondo Generale, 6 maggio 1612, 236754) nella quale leggiamo: «Il San Giovanni di V. S. Illma è di già finito che l’havrei anche inviato alla volta di Roma se non havessi dubitato per esser ancora così fresco». Non mi sembra sia particolarmente noto agli studi questo legame del pittore con il cardinale, anche se in effetti sappiamo solo che nel 1607 Bonifacio lo annoverava fra i suoi familiari (Scavizzi 2006, p. 180). Come è noto, Fenzoni lavorò in numerosi cantieri romani nel corso dei pontificati di Gregorio XIII e Sisto V, fino a quando non si trasferì in Umbria, dove lavorò assiduamente per il vescovo di Todi Angelo Cesi. Una volta tornato a Faenza nel 1599 ottenne alcune cariche pubbliche e lavorò soprattutto nel territorio emiliano, e intorno al 1611 a Ravenna dipinse diverse opere per la chiesa di sant’Apollinare, dove Bonifacio Caetani commissionò proprio in quell’anno il nuovo soffitto. È possibile quindi che il cardinale, forse anche alla luce del legame con la famiglia Cesi, si sia ben presto avvalso del Fenzoni. Il San Giovanni commissionato da Bonifacio non è al momento noto, ma è invece conosciuta una incisione di Villamena con un San Giovanni Battista di Fenzoni (Scavizzi 2006, p. 167) che potrebbe essere indicativa per immaginare il dipinto commissionato dal cardinale. Livia Nocchi


 I dipinti settecenteschi del palazzo Caetani di Cisterna Nell’ambito delle mie ricerche su Cisterna e sulla committenza Caetani nei territori del feudo sono stata invitata a prendere parte al convegno Il progetto MAGISTER: promozione della conoscenza e sviluppo del territorio applicati alla regione pontina, tenutosi il 30 settembre 2017 presso il Museo del Paesaggio di Maenza. Il progetto MAGISTER (Multidimensional Archival Geographical Intelligent System for Territorial Enhancement and Representation) del Dipartimento di Scienze documentarie, linguistico-filologiche e geografiche della Sapienza Università di Roma è stato finanziato dalla Regione Lazio con l’obiettivo di valorizzare i beni culturali e naturali di un territorio peculiare come l’Agro pontino, attraverso una base di conoscenza costituita da un sistema di OBDA Ontology-Based Data Access, un’ontologia multidisciplinare riferita a tre differenti domini della conoscenza, quello storico, quello geografico e quello letterario. Il mio contributo Geografia ritrovata: paesaggi pontini del XVIII secolo dal palazzo Caetani di Cisterna. Per un regesto delle proprietà Caetani nel XVIII secolo approfondisce dunque le tematiche dell’intervento Palazzo Caetani  6 (2018) 

presentato a Maenza ed è stato inserito, come anche quello di Francesco Tetro su Duilio Cambellotti, nella parte dedicata alle applicazioni e ai casi di studio del volume Il progetto MAGISTER: Ricerca e innovazione a servizio del territorio, edito nel 2018 a cura di Riccardo Morri e disponibile online in open access all’indirizzo http://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/312. Lo studio affronta l’esame dei dipinti settecenteschi della ‘Sala Zuccari’ di palazzo Caetani a Cisterna di Latina per metterne in luce gli aspetti utili ad una ricostruzione delle proprietà Caetani e dei paesaggi pontini nel Settecento. I dipinti sono ampiamente documentati, prima delle lacune causate dai pesanti bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, nelle fotografie scattate da Sir Ellis K. Waterhouse nel 1935 e da me ritrovate alla Conway Library del Courtald Institute of Art di Londra. Nonostante la denominazione della sala, i dipinti non sono in alcun modo riconducibili all’attività di Taddeo e Federico Zuccari, per evidenti motivazioni sia stilistiche che cronologiche. Le decorazioni pittoriche di palazzo Caetani offrono infatti la rap19


presentazione in vedute reali dei territori del feudo Caetani – ovvero dell’ambiente naturale, dei segni architettonici e degli insediamenti umani – nella percezione che di esso aveva lo stesso casato, artefice delle sue trasformazioni durante il ducato di Michelangelo I (1685-1759). Si è dunque proceduto ad esaminare le vedute raffigurate nelle quattro pareti della sala sulla scorta di un rapido esame delle fonti cartografiche dei secoli XVII e XVIII e delle fonti documentarie disponibili sulla figura e l’operato di Michelangelo Caetani, protagonista di una delicata fase di rinnovamento nella definizione e gestione del dominio, e prolifico promotore di nuove fabbriche e campagne decorative a Cisterna e in altri luoghi dell’area pontina. Durante le ricerche finalizzate alla realizzazione del contributo ho rinvenuto, nella documentazione del Fondo economico dell’Archivio Caetani numerosi pagamenti che confermano e arricchiscono alcune informazioni già presenti nella bibliografia relativa alla figura di Michelangelo. Ulteriori preziose informazioni sugli interventi artistici ed edilizi riconducibili alla sua poliedrica personalità di signore feudale, uomo politico e attento mecenate sono emerse inoltre dallo studio dell’inventario redatto alla sua morte e anch’esso conservato presso l’Archivio di famiglia. La trama della documentazione rinvenuta e dei dati emersi ha 20

dunque consentito di riesaminare i dipinti settecenteschi delle quattro pareti della sala che ancora offrono, nonostante le consistenti lacune, una visione ‘a 360 gradi’ del territorio del feudo come ridefinito nella prima metà del secolo XVIII, anche con le nuove fabbriche riconducibili proprio al ducato di Michelangelo. Dalla ‘regia villa’ fatta erigere a Cisterna lo sguardo dell’osservatore viene guidato fino a Ninfa, Valvisciolo, Sermoneta, Monticchio, per attraversare le paludi e giungere infine all’insediamento di Fogliano e al mare. È appunto la presenza del casino di caccia di Fogliano, costruito nel 1742 per ospitare i figli di Giacomo III Stuart, a fornire il termine post quem per la datazione delle pitture. I segni del dominio feudale – espresso dagli elementi di delimitazione e controllo del territorio come staccionate e torri, dai manufatti architettonici commissionati e dagli abitati sottoposti alla giurisdizione baronale – venivano posti in evidenza nel complesso decorativo in connessione ad episodi narrativi connessi al lavoro e alla pratica della caccia, sullo sfondo del contesto ambientale del vasto ducato di Sermoneta. Anche per quanto concerne la consuetudine delle battute di caccia e la rinomata ospitalità per la più importante nobiltà del tempo, in particolare gli Stuart, emergono


dunque le tracce dello stretto legame tra il territorio pontino e la figura del duca Michelangelo, tali da auspicare ulteriori e più ampi approfondimenti sia per importanti aspetti cultura-

li ed artistici sia per la storia di un contesto paesaggistico trasformato radicalmente. Libera Marta Pennacchi

 Sermoneta in epoca romana: da un manoscritto del canonico Pietro Pantanelli (1710-1787) Il ritrovamento di un manoscritto di Pietro Pantanelli, conservato tra le Miscellanee Razza nell’archivio Caetani, ha fornito nuove informazioni su ciò che molta letteratura ha da tempo stabilito e cioè la presenza di insediamenti romani nel territorio in pianura di Sermoneta. Molte informazioni contenute nel testo consentono oggi di conoscere l’effettiva entità e consistenza di tali ritrovamenti e di eseguire un riscontro puntuale tra lo stato attuale e i luoghi descritti dal Pantanelli alla metà del XVIII sec. Il manoscritto, composto da 91 pagine, ha il titolo: «Descrizione degli avanzi d’un antichissima/Villa nel Territorio di Sormoneta/Nella Contrada delle Vigne/Sotto la Badia di S.Pietro, e nelle Cese;/e si parla di alcuni sigilli in tegole, ed/in vasi di terra cotta rinvenuti per la med.a/e si danno alcuni lumi appartenenti alla/ storia di detta Terra, et anco all’/universale. Oprea del/Canonico Pietro Palazzo Caetani  6 (2018) 

Pantanelli citta/dino di essa» e descrive in modo minuzioso i luoghi, i manufatti e le circostanze delle scoperte archeologiche. Nel testo si narra del ritrovamento di un edificio nella Vigna Scatafassi, situata sotto l’Abbazia di Valvisciolo, a forma di cerchio di diametro di 10 metri circa e profondo 4,5 metri circa, con un grande pilastro centrale e altri muri intorno «fatti a rete, e perciò sono detti reticolati dal’antiquari». Pietro Pantanelli, canonico della cattedrale di Santa Maria di Sermoneta, ha dedicato tutta la vita allo studio della storia del territorio: ogni notizia su scavi e ritrovamenti lo spingeva a recarsi personalmente sui luoghi e a descrivere, da testimone oculare, ciò che vedeva: «e specialmente vi si vedeva la superficie d’un cerchio, che era tutto ripieno. Fu dunque questo evacuato nel 1753; e fù creduto per allora un’antica Pescheria; mà vi furono ritrovati tanti avanzi del gentilissimo in esso, e per le vicine Vigne, cioè di 21


stufe, di Bagni, di Templi, di Abbitazioni, di Sepolcri, e d’altre cose simili, che ci fanno anzi conoscere esser reliquie d’antichissima Villa, e forse anche di luoghi pubblici». Pietro Pantanelli è un erudito e dedica molte pagine del manoscritto a circoscrivere storicamente i reperti. Una delle ipotesi a cui perviene è che i resti facciano parte di una grande villa appartenuta a Caio Titinio Settimino «il quale [se non vogliamo crederlo in qualche tempo padrone della medesima] era probabilmente Pretore di Sermoneta, o almeno della provincia Pontina. Si trova egli nominato in moltissimi sigilli, impressi pure in Tegole, ritrovate né muri, e sito di questa nostra Villa, e ne hò non pochi presso di me». Nel testo troviamo anche la descrizione e il rilievo grafico di molti dei materiali fittili erratici ritrovati nella Vigna, come tegole, lapidi, frantumi di vasi, molti dei quali al momento del recupero vengono trasferiti dal Pantanelli a Sermoneta presso la propria abitazione con l’intento di analizzarli, disegnarli e arricchire il proprio antiquario personale (tutti materiali di cui oggi si è persa memoria). Egli così scrive: «Si sono anche dissumati nello scavo del mentovato Cerchio alcuni grossi pezzi di Piatti grandi con vernice rossa, mà non così sottile e bella come quella de Piattini, in alcun’ de quali si vedono impresse piccole rose, cipressi et altri lavorii». E ancora: «Non è fuori di proposito, ch’in tanti piccioli vasi di terra cotta, 22

ch’in questa villa si vanno ritrovando [ed io ne ho avuti alcuni intieri, non più grandi dell’Ampolline della Messa] servissero a Gentili per i preziosi liquori, cò quali aspergevano i cadaveri pria di bruciali». Il saggio di Massimo Cattaneo dedicato allo storico sermonetano, pubblicato su Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna a cura della Fondazione Camillo Caetani, ricostruisce la biografia di Pietro Pantanelli e la sua attività di storico e scrittore. Cattaneo ha consultato l’archivio Caetani e censito tutte le opere di Pietro Pantanelli in esso conservate provenienti dall’archivio di Giacomo Razza, contemporaneo del canonico, e acquistate dai Caetani da un privato, nel 1916. Tra le opere del Pantanelli, Cattaneo cita anche il nostro manoscritto sulla villa romana, ma si limita a trascriverne il titolo e in nota ad aggiungere poche altre informazioni. Cita anche una storia in latino sulle diocesi di Priverno, Terracina e Sezze, dedicata al vescovo Palombella, un altro scritto sul problema dei confini tra Sermoneta, Bassiano e Sezze e la celebre storia su Sermoneta «Notizie istoriche, e sacre e profane, appartenenti alla terra di Sormoneta in distretto di Roma», presente nell’archivio Caetani in forma manoscritta in più versioni. Nel testo sulla storia di Sermoneta Pantanelli ci informa dei ritrovamen-


ti archeologici in pianura, così come nel nostro manoscritto l’autore ci fa sapere dell’opera su Sermoneta: «Negli anni addietro fu da me ridotto in cinque libri un volume di notizie istoriche appartenenti a Sormoneta mia Patria, e certamente con non poca fatica, perché per esser un’opera nuova ne da altri intrapresa, convennemi a per partorire l’idea, e per raccoglierne i lumi da scrittori, e dagl’archivi e per esaminare lo più propabili delle tradizioni, travagliai molto». Altre notizie sui ritrovamenti della villa romana le troviamo nei diari che Pantanelli scrive dal 1751 al 1756 (trascritti e pubblicati nel 1997 da Francesco D’Erme). Leggiamo infatti nel diario che un anno dopo gli scavi del 1753 nella vigna sotto l’Abbazia «verso le 21 ore è

passato monsignor Vescovo à cui ho dato una copia della descrizione da me fatta sopra le antichità notate alla vigna di Scatafassi e vicine, e sono 14 fogli di carmi, et ho dedicata al medemo». Si tratta quindi di un estratto del nostro manoscritto e probabilmente del tentativo del canonico di interessare il vescovo Palombella per la stampa di questa come di tutte le altre sue opere dedicate sempre al prelato. Ciò tuttavia non accadrà, ed è solo grazie alla famiglia Caetani che due secoli dopo, tra il 1909 e il 1911, su iniziativa di Leone Caetani, verrà data alle stampe l’importante opera sulla storia di Sermoneta. Anna Di Falco

 Teresa de’ Rossi Caetani (1781-1842) archeologa praticante Molte sono le dame di casa Caetani che nelle diverse generazioni hanno contribuito con la loro iniziativa ed il loro gusto ad ampliare il patrimonio artistico della famiglia. Tra la seconda metà del XVIII secolo e il secolo successivo furono anche le consorti dei duchi Caetani a lasciare una decisa impronta nella cultura familiare. Palazzo Caetani  6 (2018) 

Teresa Corsini (1733-1779), moglie di Francesco V Caetani (1738-1810), si impegnò nella scelta del nuovo arredo del palazzo a via delle Botteghe Oscure, acquistato dal duca nel 1776. A lei sono indirizzate, ad esempio, le lettere della prestigiosa manifattura lionese che era stata incaricata di produrre i parati serici per la Galle23


ria nobile e di cui si conservano incredibilmente alcuni frammenti (A. González-Palacios, Arredi e ornamenti a Palazzo Caetani, in Proporzioni, 5, 2004, pp. 184-228). Ma Teresa Corsini morì prima di vedere realizzato il completamento delle decorazioni del palazzo. La seconda moglie del duca Francesco V non fu all’altezza di proseguire il raffinato progetto. Fu invece in occasione delle nozze del primogenito Filippo III (1758-1790) con Elena Albani (m. 1784) che furono realizzate alcune delle decorazioni dei soffitti dell’appartamento nobile, probabilmente anche in una sorta di sana ‘competizione’ con le decorazioni che in quegli anni si eseguivano nella residenza della famiglia della sposa (E. Debenedetti, Itinerario della decorazione settecentesca di Palazzo Caetani, in L. Fiorani, Palazzo Caetani. Storia, arte e cultura, Roma 2007, pp. 171-192). Successivamente il palazzo divenne la residenza di una delle figure femminili più interessanti a cavallo tra i due secoli: Teresa de’ Rossi, moglie di Enrico II Caetani (1780-1850). Piuttosto che nella promozione dell’attività artistica, la sua figura fu di grande impatto per la formazione dei suoi figli e per lo sviluppo delle loro personalità che condussero la famiglia fino all’aprirsi del XX secolo. Teresa de’ Rossi nacque nel 1781, figlia dell’erudito, scrittore e commediografo Giovanni Gherardo de’ Rossi (1754-1827). Il de’ Rossi, figlio di un banchiere, si occupò prima 24

di finanza e solo in seguito si rivolse agli studi letterari (DBI, vol. 39, 1991, ad nomen). Fu un appassionato ed eclettico cultore delle belle arti ed un profondo conoscitore dei fenomeni artistici e istruì la sua amata figlia in questo modo, introducendola negli ambienti dei salotti e delle accademie, primo fra tutti quello che lui e la moglie Clementina Ingami tenevano nella loro residenza. Tra i numerosi e prestigiosi incarichi ricevuti nel corso della sua vita ricordiamo che fu il fondatore de Le Memorie per le belle Arti e membro dell’Arcadia, Direttore della Reale Accademia di Portogallo e Direttore dell’Accademia Reale di Napoli a Roma. Scrisse numerose commedie ed inoltre saggi, critiche, satire, poesie e anche la biografia dell’amica e pittrice Angelica Kauffmann. Intensa fu la sua frequentazione della famiglia Caetani e in particolare con l’ambiente culturale che ruotava intorno a Francesco V e ai cenacoli istituiti spesso nella sua villa a Roma sull’Esquilino. De’ Rossi era infatti membro dell’Accademia Esquilina, fondata nel 1799 dal duca Caetani, che aveva la sua sede proprio nella villa presso la basilica di Santa Maria Maggiore, e che era dedicata alla poesia sulla scia della più celebre Accademia di Arcadia (M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, vol II, p. 316). Fu probabilmente per la frequentazione della residenza Caetani da parte del padre che Teresa conobbe


Enrico, del quale divenne moglie nel 1800: «Mentre egli [Enrico Caetani] era giovanissimo, avendo la figlia del Cav. Gian Gherardo de’ Rossi avuto una febbre maligna, i genitori di essa chiesero il permesso di farle godere l’aria nei giardini della villa di Santa Maria Maggiore; essa era molto giovane, bella, vivace ed attraente; i giovani si conobbero e si divertivano a rincorrere insieme le farfalle che egli acchiappava ed essa poi dipingeva. Don Enrico si innamorò della fanciulla, ed a dispetto dell’opposizione dei suoi, se la sposò». Pare che il matrimonio fosse stato celebrato in forma privatissima al Sant’Uffizio (Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani duca di Sermoneta, raccolti dalla sua vedova (1804-1862) e pubblicati pel suo centenario, Roma 2005). La nuora, Henriette Ellis, detta in famiglia Enrichetta, la ricorda così: «Donna Teresa a parte le doti di bellezza e d’ingegno, aveva un’indole indomita, e persuasa di non poter essere mai dalla parte del torto, voleva diriger ogni cosa a modo suo» (Alcuni ricordi… cit.). Il suo carattere fu forse uno dei motivi per cui le nozze non furono felici. I due coniugi nel palazzo alle Botteghe Oscure occuparono due appartamenti differenti al piano nobile e, quando il duca Francesco morì nel 1810, don Enrico si trasferì nella villa a Santa Maria Maggiore. In anni dunque difficili questa donna colta e dal forte carattere riuscì, grazie alla sua educazione e alla sua iniziativa, non solo a mantenere e gePalazzo Caetani  6 (2018) 

stire le proprietà della famiglia con grande risolutezza ma anche a mantenere vivo quell’amore per l’arte e la cultura che era stato sempre più o meno presente tra le mura delle residenze Caetani. Per sanare la difficile situazione economica della famiglia alcuni appartamenti del palazzo vennero affittati e uno degli abitanti fu il cardinale Ercole Consalvi (1757-1824). Colto protagonista della vita politica di Roma, fu devoto amico della duchessa, e continuò ad esserlo nell’esilio durante l’occupazione francese. Il cardinale Consalvi, ritratto dai più importanti artisti dell’epoca a Roma, da Bertel Thorvaldsen a Thomas Lawrence, ebbe anche un’altra privilegiata amicizia femminile, quella con la duchessa di Devonshire, Elisabeth Hervey Foster (1757-1824). La nobildonna inglese aveva scelto Roma come sua residenza e divenne una grande mecenate, anche grazie al Consalvi stesso, oltre a dimostrare profondo interesse per le attività di scavo che in quegli anni prendevano il via nelle aree centrali della città (B. Riccio, Omaggi inglesi, in Maestà di Roma: da Napoleone all’unità d’Italia. Universale ed eterna, Capitale delle arti, Milano 2003, pp. 193-197). La duchessa Caetani trovò in Consalvi un uomo di larghe vedute e disponibile a condividere le sue ricerche e la sua passione archeologica, senza pregiudizi. La passione dilagante verso l’archeologia infatti in quegli anni sembra contagiosa e la duchessa fu 25


entusiasmata a tal punto che si dedicò di persona a vere e proprie campagne di scavo – spesso anche con metodo discutibile – nella zona di Cerveteri e nelle contigue località costiere ricche di siti etruschi. Possedeva una casa a Santa Marinella e probabilmente da lì disponeva i suoi spostamenti sui cantieri di scavo. In questa residenza collezionò anche reperti archeologici provenienti da aree sepolcrali della zona. Uno degli scavi più noti intrapresi dalla nobildonna fu quello nella Necropoli dei Monteroni nel 1839, ma forse già iniziato dal 1836, che ebbe termine solo con la sua morte nel 1842. Testimonianza di questa passione è anche una lettera pubblicata nel “Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti” intitolata Lettera del cavalier Pietro Manzi a S. E. donna Teresa de Rossi Caetani duchessa di Sermoneta sopra le ultime scoperte fatte lungo il litorale dell’antica Etruria nello stato pontificio (Civitavecchia 26 gennaio 1883, Pietro Manzi, Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti, vol. 58). L’interesse archeologico portò la duchessa a far scavare anche nel giardino della proprietà di famiglia sull’Esquilino: nella villa, infatti, già in passato erano venuti alla luce resti antichi pertinenti a edifici di epoca imperiale e in particolare dei celebri Horti di Mecenate. L’area della chiesa di San Matteo e dell’annesso convento fu acquistata nei primi anni dell’Ottocento dalla duchessa che vi fece eseguire alcuni lavori al fine di annetterla al giardino già esistente. 26

Lanciani trascrive un passo del Nibby sulle scoperte fatte nel giardino della villa: «È positivo che (la via di s. Matteo) sta sull’andamento di una antica, si perché viene indicata nell’Ordo Romanus dell’anno 1143 e nella pianta del Bufalini del 1551, come la sola che direttamente comunicava da s. Giovanni a s. Maria Maggiore, come ancora perché l’antico pavimento fu trovato l’anno 1828 dalla duchessa di Sermoneta, e da me medesimo ne fu trovato il proseguimento l’anno scorso 1836» (R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno alle collezioni romane di antichità, 3, 1550-1565. Dalla elezione di Giulio III alla morte di Pio IV (7 febbraio 155010 dicembre 1565), Roma 1907, ed. cons. Roma 1990). Questa sua grande passione fu certamente trasmessa al figlio Michelangelo II che fu, come lei, un appassionato cultore e amante delle arti. Probabilmente fu proprio la conoscenza diretta di oggetti antichi e monili etruschi provenienti dalla collezione della madre che lo suggestionarono nella fortunata produzione di modelli per gioielli realizzati dalla famiglia di orafi Castellani. Donna Teresa morì nel 1842. Venne sepolta in San Carlo de’ Catinari, dove è sepolto anche il padre, e non nella cappella Caetani in Santa Pudenziana. Nell’archivio Caetani si conserva ancora l’inventario redatto alla sua morte, nel quale sono descritti i beni conservati nel suo appartamento a Roma, e anche nella residenza di Santa Marinella e nel casino di Ca-


stel Gandolfo, anche se ci fu una lunga causa tra la famiglia e l’erede da lei designato, il suo segretario (AC, FG, n. 186485, 4 aprile 1842). Si trattava principalmente di reperti antichi raccolti durante gli scavi che nel corso degli anni seguì a Roma e nel territorio a nord di Roma, in particolare della zona di Cerveteri. È da sottolineare che tra gli oggetti conservati nelle stanze della duchessa non ci fossero solo gli arredi consueti di un appartamento di una nobildonna ma una quantità enorme di reperti, addirittura «tre ceste con diversi cocci levati dalli scavi» o «due casse con diversi frammenti di pietre», la maggior parte non di particolare valore, ma che letteralmente riempivano le stanze in cui ella viveva. Tra questi oggetti non mancavano reperti etruschi: vasi in cattivo stato, frammenti

Fig. 1 Palazzo Caetani  6 (2018) 

di rame «rinvenuti nello scavo Zambra»; ma anche curiosità come «un cenerario egizio di alabastro» o tessere di mosaici in vetro; molti gioielli di oro antico, tra cui bracciali, fibbie, orecchini. Tra questi materiali si conservavano anche note degli scavi fatti in vari luoghi, come la tenuta di Cortocorvi e addirittura in una camera strumenti per gli scavi: «Tre girelle per uso di pozzo, diversi pezzi di corda, sette pale, tre secchi, una accetta ed una caravina, una girella di ferro con due rote di metallo». La duchessa possedeva inoltre una ricchissima biblioteca. La bellezza di questa donna ‘moderna’ e dal vivace intelletto è tramandata da due ritratti ancora oggi nelle collezioni di palazzo Caetani. Si tratta di un disegno, probabilmente a matita, noto solo da una fotografia di un artista non identificato (Inv. 873, cm. 36,5x28,5, Roma, Palazzo Caetani; Fig. 1). Marchetti Longhi (Le grandi famiglie romane, cit., tav. XI, fig. 20) pubblica il ritratto di Teresa de’ Rossi, lo ricorda conservato a palazzo Caetani e lo descrive come disegno di «A. Minardi»; l’iniziale non corrisponde al nome del pittore Tommaso Minardi ma sappiamo che in quegli anni era intimo della famiglia Caetani (G. Capitelli, Una proposta per Minardi giovane: il ritratto di don Alfonso Caetani (1810 circa) in «Palazzo Caetani», 4-5, 2016-2017). Dell’originale non abbiamo più notizie. L’altro ritratto è invece una miniatura su tavola firmata da Antonio Calliano (1785-1824). 27


Calliano era un esponente della cultura accademica e classicista romana, aveva studiato a Roma all’Accademia di San Luca nel 1812 venne chiamato dal Re di Napoli a partecipare ai lavori di decorazione dell’Appartamento nuovo nella Reggia di Caserta realizzando, nella volta della sala di Marte, il dipinto con Il Trionfo di Marte. A Napoli inoltre lavorò come ritrattista per la corte di Murat. Dopo la restaurazione borbonica si trasferì

Fig. 2 28

in Spagna alla corte di Madrid dove lavorò e rimase fino alla morte. Negli anni romani era stato il maestro di disegno della duchessa. Il dipinto, qui riprodotto in dimensioni maggiori dell’originale (Fig. 2) e ancora conservato con la sua cornice coeva (cm 9x9, inv. 181, Roma, Palazzo Caetani), può essere datato tra il 1805, anno in cui il pittore è sicuramente a Roma, e il 1812, anno in cui venne chiamato a lavorare a Caserta. Don-


na Teresa a quell’epoca aveva circa trent’anni ed è infatti ritratta come una giovane donna di bell’aspetto e dallo sguardo vivace su uno sfondo paesistico. Alla sua sinistra un vaso antico di grandi dimensioni di cui si vede solo una porzione con una protome. Non è possibile identificare il luogo che si intravede sullo sfondo ma il modo di rendere il cielo e le montagne è veramente caratteristico del nostro artista e vicino ad una delle sue opere più celebri, ovvero il ritratto di Gioacchino Murat (17671815), che eseguì nel 1813 circa durante la sua permanenza alla corte di Caserta (Caserta, Palazzo Reale). Il nome di Calliano compare anche in riferimento ad un disegno inserito in uno degli album di disegni di Michelangelo II conservati nell’archivio Caetani (Fig. 3). In questi due album ci sono soprattutto disegni di Michelangelo, ma in qualche caso è possibile riconoscere la mano di altri artisti o leggere i nomi degli autori, così come accade in questo caso. Si tratta di un bel disegno a matita che rappresenta una mezza figura di un uomo dall’aria malinconica, poggiato ad un tavolo mentre legge un libro, con la testa poggiata sulla mano e lo sguardo rivolto verso l’alto come se avesse interrotto la sua lettura preso da altri pensieri. Il disegno è molto finito e in basso, sulla carta azzurra dei fogli dell’album sui quali i disegni sono incollati, si legge «Don Enrico Caetani da Antonio Calliano - Torinese». Non è facile identificare con sicurezza l’auPalazzo Caetani  6 (2018) 

tore di questa nota. Gli album passarono nelle mani di Onorato, figlio di Michelangelo, quindi potrebbe essere lui l’autore delle iscrizioni dato che conosceva bene le memorie del padre e anche quella del nonno Enrico, che sarebbe l’effigiato. La datazione potrebbe effettivamente corrispondere a quanto si legge nella nota manoscritta dell’Album, dato che Calliano fu al servizio della duchessa in una data compresa tra il 1805 e il 1812; in quegli anni il duca Enrico aveva tra i venticinque e i trent’anni e i tratti della figura del disegno sono quelli di un giovane uomo. Forse l’idea era quella di realizzare un pendant per il quadretto sopra descritto oppure era semplicemente un gentile omaggio

Fig. 3 29


di Calliano alla sua allieva. È da notare che nella stessa pagina in cui è incollato questo disegno ce ne sia un altro, molto diverso, che raffigura tre farfalle descritte con precisione quasi scientifica e colorate con toni vivaci e realistici. Al centro del foglio una nota a matita, di una mano differente da quella soprastante, scrive «Teresa Caetani», come se il foglio fosse stato disegnato dalla duchessa stessa. Enrico e Teresa, come già riportato,

«si conobbero e si divertivano a rincorrere insieme le farfalle che egli acchiappava ed essa poi dipingeva»: difficile non pensare romanticamente che questo possa essere uno dei pegni d’amore che il giovane Caetani offriva alla sua futura sposa in un tempo in cui le difficoltà tra loro erano ancora lontane. I due fogli forse non sono stati messi vicini per caso. Ilaria Sferrazza

 Le bonifiche di Gelasio Caetani: tra trasformazione agraria e ‘utopia rurale’ Nei primi decenni del XX secolo, la storia della famiglia Caetani appare strettamente legata alla figura di Gelasio Caetani (1877-1934). La ricca documentazione conservata presso l’archivio Caetani, riconducibile direttamente ai molteplici impegni pubblici e privati di Gelasio, offre la possibilità di individuare un ricco ventaglio di filoni di ricerca, molti dei quali ancora attendono di essere adeguatamente indagati. Se la sua azione diplomatica a Washington in qualità di ambasciatore dell’Italia è nota per quanto riguarda le trattative sulla ridefinizione dei debiti con gli Stati Uniti o le relazioni con la comunità di italo-americana e in particolare con 30

le associazioni fasciste d’oltreoceano, molto meno conosciuti sono gli interessi di Gelasio Caetani nel settore dello sfruttamento minerario. Favorito dalla sua formazione universitaria in ingegneria, Gelasio fondò una società di consulenza e fu chiamato a impartire lezioni presso l’università di Harvard, impegno didattico che rafforzò in lui la convinzione che la tecnica e la meccanica andassero collocate al centro del processo economico. Orientamento che si dimostrò fondamentale nel momento in cui Gelasio, a partire dal 1927, cercò di applicare le sue conoscenze teoriche alla risoluzione dei tanti problemi ambientali che alle soglie del XX se-


colo ancora condizionavano negativamente il vasto patrimonio fondiario dei Caetani. Ma i fascicoli di Gelasio Caetani sono ugualmente importanti per quanto riguarda altri aspetti, come la creazione del Comitato nazionale italiano per i soccorsi alle vittime della guerra nel Belgio (191416) o le attività della Società per gli studi sulla Malaria (1926). Se il primo punto rinvia al contributo italiano alla storia delle associazioni umanitarie dopo la prima guerra mondiale, il secondo collega direttamente Gelasio Caetani alla Fondazione Rockefeller, impegnata in Italia nel campo della lotta contro la malaria. Tra i tanti percorsi di ricerca da seguire ci sarebbe, ad esempio, accertare la possibile partecipazione di Gelasio Caetani ai lavori dell’Organizzazione di igiene della Società delle Nazioni (1922). Tuttavia, da un punto di vista quantitativo, la parte più consistente del materiale a disposizione riguarda i progetti di bonifica e di miglioramento patrimoniale attuati dai Caetani a partire dagli inizi del XX secolo. In perfetta linea di continuità con la lunga storia che segna il rapporto della famiglia Caetani con un territorio fortemente condizionato dalle acque e da un’agricoltura condotta in avverse condizioni ambientali, le ricerche sulle trasformazioni fondiarie intraprese da Gelasio Caetani stanno permettendo di scandire meglio la distribuzione temporale delle azioni portate a termine. I progetti di intervento cominciarono a essere valutaPalazzo Caetani  6 (2018) 

ti da Onorato e Gelasio Caetani nei primissimi anni del Novecento. I fascicoli disponibili, caratterizzati dalla presenza di un considerevole numero di bilanci, estimi planimetrie e disegni, offrono numerose conferme sul fatto che l’obiettivo di risanare un territorio così ampio e costellato di criticità, da subito rappresentò un banco di prova sulla effettiva validità delle soluzioni tecniche da adottare. È il caso della dettagliata relazione elaborata nel 1913 dall’ingegnere Giuseppe Barra Caracciolo di Roma. Il progetto, intitolato “Relazione per la bonifica di prosciugamento meccanico delle terre di Treponti dell’Ecc. ma Casa Caetani”, nel ricollegarsi a un precedente progetto del 1910 di bonifica idraulica, prevede la costituzione di un grande impianto idrovoro (accuratamente descritto) destinato a scaricare le acque nel fiume Sisto. La relazione è ricca di dettagli e di considerazioni tecniche che compongono un’interessante pagina di storia dell’ingegneria idraulica in Italia alle soglie del XX secolo. Come risulta dalle numerose lettere e annotazioni personali, emerge la partecipazione diretta di Gelasio Caetani alle operazioni di riforma fondiaria, seguendo da vicino gli interventi. Dopo il suo rientro definitivo in Italia nel 1927, egli si fa carico della direzione delle aziende di campagna, dedicando tempo e sforzo progettuale al lavoro di bonifica. Tra gli obiettivi perseguiti spiccano la trasformazione dei terreni da pascoli31


vi a seminativi, oltre al dissodamento in vaste zone di bosco; ugualmente le aziende agricole andavano dotate di strutture adeguate all’immagazzinamento dei generi (silos) e alla stabulazione degli animali; i poderi vengono accorpati e modificati al fine di ottenere un equilibrio tra capitale e lavoro. Appare radicata in Gelasio la convinzione di rivolgere i suoi sforzi a «un territorio che sta sul nascere», organizzato intorno a unità agricole modello con accesso diretto sulla strada, ricchi di gelsi, olivi e viti; ove portare a termine la realizzazione di zuccherifici, di fabbriche di conserve alimentari. Appare evidente che Gelasio, dopo tanti anni a contatto con la progredita agricoltura degli Stati Uniti, aspirava a realizzare nelle terre di famiglia una visione integrata tra agricoltura, trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Visione oggetto di studio da parte degli americani come attesta la lunga relazione inviata nel 1934 all’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia parlando delle bonifiche intraprese (costi, investimenti, malaria). Altresì sono numerose le pratiche ministeriali per la concessione di mutui e prestiti. Al riguardo e per quanto concerne i rapporti con il potere politico, sono ricorrenti le attestazioni di frizioni e contrasti con Arrigo Serpieri e l’Opera Nazionale Combattenti per i metodi adoperati nel portare a termine il programma di «bonifica integrale». Infatti si conserva un lungo memoriale riservato 32

fatto recapitare da Gelasio a Mussolini per conto di un nutrito gruppo di proprietari avversi alla trasformazione integrale dell’Agro Pontino, in quanto i lavori da realizzare richiedevano ingenti capitali, mancavano delle certezze per il futuro e le scelte adottate sembravano una vera e propria ‘espropriazione’. Pagine, queste e molte altre, decisamente interessanti sui termini e le forme del dibattito pubblico/privato nascosto sotto l’apparente cappa di uniformità e piena condivisione imposta dal regime. Se le carte riconducibili all’ambizioso programma di rinnovamento fondiario perseguito da Gelasio Caetani nel corso del primo trentennio del Novecento costituiscono un punto privilegiato per entrare nel merito dell’articolata realtà politico-tecnica messa in movimento dall’ambizioso programma di bonifica integrale, allo stesso tempo sono preziose le attestazioni riferite al trasferimento e insediamento di famiglie coloniche provenienti da altre regioni. Il modello a cui ispirarsi era la costruzione di una società rurale fondata sul contratto di mezzadria, largamente reputato il migliore in quanto salvaguardava gli interessi di entrambe le parti e allo stesso tempo contribuiva, in una visione di chiaro stampo paternalista, alla pace sociale nelle campagne. In questo contesto, come sta emergendo dalla ricerca in corso, sono numerose le testimonianze concernenti le pratiche seguite per consentire lo spostamento di coloni delle


Marche, della Toscana e soprattutto dell’Umbria. Seguendo tale schema, conseguente alla costruzione nelle terre redente di una nuova società, Gelasio ribadisce ripetutamente che le case rurali e l’organizzazione degli spazi produttivi dovevano riprodurre le soluzioni proprie della fattoria poderale, vista in termini di perfetta sintesi sociale tra proprietari e contadini. Perciò l’Agro Pontino, recuperato alla civiltà, era una concreta manifestazione della società senza classi e divisioni sociali propagandata dallo Stato fascista. Come parte di una visione ideale da radicare in

una terra strappata alle acque e alla malaria, risultano di grande suggestione i lavori prospettati a Ninfa nel 1923, nell’aspirazione di convertire il podere in un’azienda agricola piena di alberi da frutta e ornamentali. In considerazione dell’evoluzione ambientale conosciuta dall’antica città medievale, le notizie su Ninfa costituiscono una bella raffigurazione della progressiva evoluzione dell’ambiente da luogo abbandonato a spazio bonificato, da azienda agricola a giardino storico. Manuel Vaquero Piñeiro

 Il contributo di Paul Valéry alla rivista Commerce La rivista Commerce, attiva dal 1924 al 1932, si sviluppò sotto la guida attenta e scrupolosa della direttrice Marguerite Chapin Caetani, benché il suo nome non comparì mai nei 29 numeri pubblicati. Il suo impegno fu affiancato dal contributo di alcuni collaboratori, tra i quali, oltre a Valéry Larbaud e Leon Paul Fargue, figurava anche il nome di Paul Valéry, che la principessa di Bassiano aveva conosciuto nel 1921 grazie a Nathalie Barney (Sophie Levie, Commerce 1924-1932: une revue internationale moderniste, Fondazione Camillo Caetani, 1989, p. 62). Pare che sia stato proprio quest’ultimo ad Palazzo Caetani  6 (2018) 

avere l’idea di fondare una rivista, suggerendo durante una conversazione a Villa Romaine, dove Marguerite viveva con il marito Roffredo Caetani, che sarebbe stata una buona idea continuare le loro conversazioni utilizzando una rivista letteraria (Sophie Levie, Commerce 1924-1932, p. 16). Nella loro abitazione a Versailles, i due erano soliti invitare personaggi di spicco della cultura parigina dell’epoca, per conversare di questioni perlopiù relative alla letteratura. Intorno a Commerce si creò una fitta rete di protagonisti della letteratura europea dell’epoca e la Caetani – da tutti sti33


mata e ritenuta una direttrice abile e intelligente – creò una sorta di gruppo di lavoro, con redattori fissi e altri occasionali provenienti da altre nazioni, che agivano come agenti letterari che le consigliavano i testi da pubblicare. Anche grazie al loro lavoro Commerce accolse alcuni tra quelli che sarebbero diventati i grandi nomi della letteratura europea novecentesca, tra i quali possiamo ricordare Aragon, Claudel, Ungaretti, T. S. Eliot, Gide, Breton, Faulkner, Joyce, Virginia Woolf, Pasternak. Commerce volle essere una rivista aperta alla letteratura mondiale, con uno sguardo sempre rivolto al presente e al futuro più prossimo, ma contemporaneamente anche alla tradizione, a opere che in qualche modo erano riuscite a sopravvivere alla propria epoca. Una caratteristica che la distingueva dalle altre riviste dell’epoca, fu quella di non avere manifesti programmatici che ne delineassero le intenzioni; essa inoltre non aderiva a nessuna corrente letteraria e non forniva quasi mai al lettore coordinate che permettessero l’inquadramento del testo che veniva presentato. Ciononostante l’analisi dei carteggi permette di delineare quelle che furono le premesse della rivista e di vedere con chiarezza come essa contenesse chiaramente l’impronta dei suoi redattori. Paul Valéry lavorò come consulente della rivista, occupandosi sia di scrivere le prefazioni di alcune opere, sia di tradurre alcuni testi dall’inglese; in particolare egli lavorò a lungo 34

sulla traduzione dei Marginalia di Edgar Allan Poe, che furono per lui una lettura fondamentale. Su Commerce Valéry pubblicò alcuni suoi scritti, tra cui due poèmes en prose: ABC e Amphion. Osservando questi testi si ha l’impressione che Valéry abbia utilizzato Commerce come un tavolo di lavoro sul quale sperimentare le sue idee letterarie. L’essentiel serait d’acquérir une autorité en prenant dans le Monde des Lettres ou sur les confins de cet humble monde, une position stratégique singulière – celle des gens absolument libres d’esprit, qui n’ont plus à se faire connaître et à tirer des coups de revolver sur le réverbères, et qui n’ont pas, d’autre part, d’attachement à un système quelconque. […] Mon idée serait que nous n’ayons pas l’air d’être tournés vers le public, et comme debout sur une scène. Mais que nous paraissons comme entre nous, le public étant autorisé à regarder par le fenêtre (Armani A. S., Un anneau de corail, lettere di Paul Valéry a Marguerite e Roffredo Caetani, Roma, Bulzoni Editore, 1986, p. 25)

Così scriveva a Marguerite Caetani nell’aprile del 1924; in queste poche parole è racchiusa buona parte dell’atteggiamento di Valéry nei confronti di quel Monde des Lettres a cui fa riferimento in questa lettera. Egli si schierava in nome della libertà e della non appartenenza a nessuna corrente letteraria ed ebbe sempre un atteggiamento particolare nei confronti del pubblico. Un’idea fondamentale del pensiero valéryano – che egli affrontò su Commerce attraverso la pubblicazione della Lettre de Madame Emi-


lie Teste – è l’idea della molteplicità del soggetto, accostata alla sfiducia nello strumento linguistico che egli riteneva insufficiente a descrivere la condizione monadica dell’individuo, il cui io è molteplice. Negli aforismi raccolti sotto il titolo di Littérature, e pubblicati sulla rivista nel 1929, Valéry chiariva inoltre la sua idea secondo la quale un’opera non può mai considerarsi finita, ritenendo fondamentale che l’attenzione fosse rivolta al processo creativo e non al prodotto ultimato. Egli sosteneva che all’opera fosse garantita la possibilità di durare quando essa era capace di divenire altro rispetto al modo in cui il suo autore l’aveva concepita. Il lettore aveva secondo lui il com-

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pito di partecipare dell’opera assieme all’autore. La centralità del ruolo del lettore e della ricezione creatrice occupò una grandissima parte delle riflessioni di Valéry, qualificandolo come una sorta di precursore delle successive teorie della ricezione. Per dieci volte i contributi di Valéry furono pubblicati in apertura di Commerce, a testimoniare l’importanza che essi avevano e quanto – come afferma Sophie Levie nel suo saggio Commerce, une revue internationale moderniste – Paul Valéry rappresentasse in qualche modo l’ideologia della rivista (Sophie Levie, Commerce 1924-1932, p. 84). R achele Cinerari

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Acquisizioni e restauri Il restauro della Calunnia di Federico Zuccari Nel 2017-2018 è stato compiuto il restauro di una delle opere più importanti della collezione della Fondazione Camillo Caetani e certamente la più celebre. La tela, di quasi cinque metri di base e più di tre di altezza, rappresenta una complessa allegoria della Calunnia ideata da Federico Zuccari prima del 1572, data dell’incisione che ne trasse Cornelis Cort, e ispirata a quella della Calunnia di Apelle. È interpretata come raffigurazione della polemica e della vendetta di Zuccari contro il cardinal Farnese che gli aveva tolto l’incarico della decorazione del suo palazzo a Caprarola (1569), come è stato approfonditamente illustrato nella mostra Innocente e calunniato. Federico Zuccari (1539/40-1609) e le vendette d’artista, a cura di Cristina Acidini e Elena Capretti, Firenze, Giunti, 2009. La Calunnia zuccaresca è nota in due versioni: quella (144×235) nelle Collezioni Reali ad Hampton Court e quella Caetani (315×486). Quest’ultima era nella casa di Federico Zuccari a via Gregoriana, fu venduta dagli eredi agli Orsini, da questi ai Lante e acquistata infine all’asta dai Caetani nel 1827. Probabilmente già allora non era in buono stato di conservazione. 36

L’intervento di restauro è stato operato dalla ditta Tecnireco dopo che in-


terventi precedenti non professionali, dei quali l’ultimo eseguito tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, avevano causato una vera e propria Palazzo Caetani î ‚ 6 (2018) î ‚

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alterazione della pittura che non consentiva una veridica lettura dei caratteri e delle qualità della pittura ma soltanto quella della immagine della grande tela. Come illustrano le relazioni di lavoro di Paolo Virilli e di Sabine Valloise, il lavoro ha comportato la sostituzione del telaio ligneo con uno metallico, la rimozione delle stuccature, delle ridipinture e di varie sostanze sovrammesse alla pellicola pittorica nell’ambito dei restauri precedenti, e inoltre di polveri e fumi. Alla fase di pulitura della superficie pittorica e di reintegrazione della tela con inserti è seguita quella dell’integrazione mimetica delle lacune degli strati pittorici per ricostituire il tessuto cromatico e, infine, quella della ripresentazione finale. È stata così recuperata tutta la pittura originale conservata, tenendo conto che si tratta di una stesura del corpo pittorico piuttosto economica su una preparazione di scarsa consistenza. Questi caratteri di esecuzione sono evidentemente da collegare alla destinazione e alla funzione della Calunnia che sono ancora da chiarire. Il restauro e la nuova collocazione nella Sala Commerce in Palazzo Caetani della monumentale opera mettono finalmente in giusto risalto la sua importanza, la rendono accessibile a tutti i visitatori di Palazzo Caetani e, anche grazie allo studio di una opportuna illuminazione, completamente godibile. Proprio nella Sala Commerce vis à vis con la Calunnia si è svolto, nell’ottobre 2018, un seminario internazionale dedicato all’opera di cui sarà pubblicato un resoconto. 40


Giacomo Balla, Ritratto di Onorato VII Caetani

Acquistato nel dicembre 2017, il ritratto di Onorato Caetani, opera di Giacomo Balla del 1912, si affianca al ritratto di Gelasio Caetani dello stesso artista e già di proprietà della Fondazione. Palazzo Caetani  6 (2018) 

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Le collane Archivio Caetani

a cura di Caterina Fiorani

Collana concepita per accogliere in una serie organica le pubblicazioni sui diversi fondi dell’intero corpus documentario della famiglia.

Volumi pubblicati 1. C. Fiorani, Il fondo economico dei Caetani duchi di Sermoneta, 2010. 2. G. Bassani, M. Caetani, «Sarà un numero bellissimo». Carteggio 19481959, a cura di M. Tortora, 2011. 3. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, I. Briefwechsel mit deutschsprachigen Autoren, hrsg. von K. Bohnenkamp und S. Levie, 2012. 4. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, II. G. Ungaretti, Lettere a M. Caetani, a cura di S. Levie e M. Tortora, 2012. 5. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, III. Letters from D.S. Mirsky and Helen Iswolsky to M. Caetani, 2015. 6. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, IV. Correspondance française. Paul Valéry – Léon-Paul Fargue – Valery Larbaud. Édition présentée et annotée par E. Rabaté et S. Levie, 2016. 7. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, V. Correspondance française. Marguerite Caetani, Jean Paulhan et les auteurs français. Édition présentée et annotée par L. Brisset et S. Levie, 2017.

Arte, archeologia e storia urbana a cura di Giovanna Sapori

Ideata per accogliere studi su temi in diverse forme e misure connessi alla famiglia Caetani.

Volumi pubblicati La pittura del Quattrocento nei feudi Caetani, a cura di A. Cavallaro – S. Petrocchi, 2013. G. Ioele, Prima di Bernini. Giovan Battista Della Porta scultore, 2016. G. Sapori, L’Album amicorum Caetani e le sue immagini. Aristocrazia germanica e viaggi di istruzione a fine Cinquecento, con una Nota tecnica di Maria Cristina Misiti, 2019.

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Atti e rendiconti

a cura di Caterina Fiorani

Raccoglie gli atti dei convegni che si sono svolti presso il palazzo Caetani.

Volumi pubblicati 1. 2. 3.

Luigi Fiorani, storico di Roma religiosa e dei Caetani di Sermoneta. A un anno dalla morte, a cura di C. Fiorani e D. Rocciolo, 2013. Giorgio Bassani, critico, redattore, editore, a cura di M. Tortora, 2012. Il Novecento di Marguerite Caetani, a cura di C. Fiorani e M. Tortora, 2017.

In corso di stampa: 4. Avanguardia a più voci. Scritti per Jacqueline Risset, a cura di A. Cortellessa, U. Todini, M. Tortora.

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Schede di libri Giorgio Bassani, Italia da salvare. Scritti civili e battaglie ambientali, a cura di Cristiano Spila, Milano, Feltrinelli, 2018. C’è un luogo comune, difficile da scalfire, che descrive Giorgio Bassani come scrittore lirico, elegiaco, intimistico; questo, ad esempio, il j’accuse lanciato da Fortini alla pubblicazione del Giardino dei Finzi-Contini, per tacere dei protagonisti del Gruppo63, che non esitarono a definire Bassani una «Liala degli anni Sessanta». Troppo facile poi il passo successivo, che di fatto ha bloccato Bassani nell’immagine dell’intellettuale disimpegnato, au dessus de la mêlée, recalcitrante di fronte a qualsiasi tipo di militanza. Faceva gioco, in questa rappresentazione, anche l’estrazione liberale e crociana, nonché la non appartenenza – a volte avversione – a qualsiasi schieramento marxista. La nuova edizione di Italia da salvare. Scritti civili e battaglie ambientali, curata da Cristiano Spila, smentisce la vulgata stancamente ripetuta, e riconsegna invece ai lettori la fisionomia di un intellettuale che si schiera in prima linea per difendere e preservare il territorio, e pronto dunque a combattere battaglie civili. Questa riedizione einaudiana, inoltre, aggiunge alla precedente nuovi testi: aumenta pertanto quel coefficiente di impegno che in Bassani non è mai venuto meno. Nonostante molti non abbiano voluto vederlo.

Palazzi del Cinquecento a Roma, a cura di Claudia Conforti – Giovanna Sapori, volume speciale del «Bollettino d’arte» (2016), Roma, Ministero dei Beni e delle attività culturali, 2017. Architettura e decorazione dei palazzi a Roma nel Cinquecento sono il tema del libro che raccoglie diciannove scritti di studiosi italiani, francesi, tedeschi e olandesi che indagano l’origine e lo sviluppo del tipo edilizio del palazzo romano anche a confronto con esempi europei, in particolare a Londra e a Parigi. Ma la maggior 44


parte degli studi propone nuovi metodi di indagine e inediti punti di vista. Per quanto riguarda l’architettura i palazzi romani sono esaminati tramite categorie come l’ornamento lapideo delle facciate, il portale, le stalle, la scala, i soffitti, i camini. Una ampia sezione è dedicata alla descrizione dei palazzi nelle guide di Roma, a partire dal primo Cinquecento, e alle immagini dei palazzi tradotte in incisione. Nuove proposte riguardano l’intero arco del lavoro della decorazione, dai progetti grafici alla realizzazione in pittura e stucco ad opera di maestri ed équipes al servizio dei papi e dei più importanti personaggi, da Farnese a Este a Medici, da Colonna a Mattei, a Massimo per la creazione e l’ornato delle loro residenze. È naturale che Palazzo Caetani, già Mattei, compaia in più occasioni nel libro. Così gli affreschi del piano nobile con le Storie di Alessandro del giovane Taddeo Zuccari, protetto dei Mattei, esemplificano insieme al ciclo del castello Orsini a Bracciano, il suo stile neoraffaellesco pieno di fresca naturalezza e amabile grazia. Tra i soffitti speciale attenzione è dedicata a quello monumentale e fastoso del salone Caetani fatto decorare dal cardinale Girolamo Mattei, opera (1599) intagliata, dipinta e dorata dello scultore e architetto Pietro Paolo Olivieri, del legnaiolo Giovanni Volpetta e dell’intagliatore Carlo Nuti.

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Convegni e mostre Onorato Caetani a Forlì Dal 10 febbraio al 17 giugno 2018 si è tenuta a Forlì, presso i Musei San Domenico, la mostra L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio, curata da Antonio Paolucci,

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Andrea Bacchi, Daniele Benati, Paola Refice e Ulisse Tramonti. La Fondazione Camillo Caetani ha partecipato attivamente all’evento, con il prestito del busto di Onorato Caetani, realizzato da Giovan Battista Della Porta.


Lelia Caetani a Milano Il ritratto di Lelia Caetani, realizzato da Gino Severini e posseduto dalla Fondazione, è stato esposto alla mostra Post zang tumb tuuu. Art life politics: Italia 19181943, tenutasi tra il 18 febbraio e il 25 giugno 2018 a Milano presso la Fondazione Prada, e curata da Germano Celant. Come

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si legge nella presentazione, «la mostra esplora il sistema dell’arte e della cultura in Italia tra le due guerre mondiali, partendo dalla ricerca e dallo studio di documenti e fotografie storiche che rivelano il contesto spaziale, sociale e politico in cui le opere d’arte sono state create, messe in scena, vissute e interpretate dal pubblico dell’epoca».

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Armi e potere nell’Europa del Rinascimento, Roma 2019 Cesare Borgia è un personaggio leggendario – nel bene e nel male – ammirato addirittura da Machiavelli. La sua immagine è legata anche alla violenza e al coraggio, e trova la sua icastica rappresentazione nella spada. E

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proprio la spada alla cinquedea appartenuta a Cesare Borgia, il duca Valentino, è stata prestata dalla Fondazione Camillo Caetani alla mostra Armi e potere nell’Europa del Rinascimento. L’esposizione, curata da Mario Scalini, si è tenuta a Roma, presso Castel Sant’Angelo e palazzo Venezia, tra il 26 luglio 2018 e il 27 gennaio 2019.


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Il mito di Niobe a Tivoli

Gli alberi di Ninfa

L’Istituto di Villa Adriana di Tivoli ha ospitato dal 6 luglio al 23 settembre 2018 la mostra E dimmi che non vuoi morire: il mito di Niobe, curata da Andrea Bruciati e Micaela Angle. Anche la Fondazione ha dato il suo contributo, attraverso il prestito del volume La morte di Niobe di Alberto Savinio, pubblicato nel 1924. Come si legge nella scheda di presentazione, obiettivo della mostra è stato quello di esplorare «il mito di Niobe attraverso un’attenta analisi dell’evoluzione e della fortuna di esso nei secoli».

Giovedì 19 aprile 2018 alle ore 16.00 è stato presentato a Palazzo Caetani (‘Sala convegni’ al piano terra) il volume curato da Antonella Ponsillo, Gli Alberi del Giardino di Ninfa. Ne hanno discusso con la curatrice i presidenti delle Fondazioni Camillo e Roffredo Caetani e il direttore del Giardino di Ninfa Lauro Marchetti.

Beatrice Caetani Mercoledì 28 marzo 2018, alle ore 17.00, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea (Palazzo Mattei di Giove - Via Michelangelo Caetani 32, Roma), è stato presentato il volume Virtù più che virili. Le lettere familiari di Beatrice Caetani Cesi (1557-1608), Viella 2017, curato da Caterina Fiorani, e con sag-

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gi di Rita Cosma e Manuel Vaquero Piñeiro. Sono intervenuti Luciano Palermo, Raffaele Pittella e Luca Serianni, mentre ha coordinato l’incontro Patrizia Rusciani. Hanno partecipato all’evento anche la curatrice del volume e le direttrici della collana La memoria restituita Marina Caffiero e Manola Ida Venzo.


La Calunnia di Zuccari Il 24 ottobre 2018 si è svolto nella Sala Commerce di Palazzo Caetani un workshop dedicato all’opera di Federico Zuccari La Calunnia: arte, storia e restauro. Il capolavoro è stato recentemente restaurato dalla Fondazione. Hanno discusso dell’opera, analizzata secondo diverse prospettive, Bruno Toscano, che ha introdotto la seduta, Cristina Acidini, Luciano Arcangeli, Simonetta Prosperi Valenti, Giovanna Sapori, Paolo Virilli, Julian Brooks, Giorgio Marini, Catherine Monbeig Goguel, Patrizia Tosini.

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Il Gruppo dei Romanisti ieri, oggi, domani: una tradizione che si rinnova II Gruppo dei Romanisti, fondato circa novant’anni fa, è un noto sodalizio di cultori di Roma, i quali si incontrano in riunioni perio­ diche allo scopo di trattare e dibattere temi e problemi relativi alla città e sono decisi a operare al fine di tenere desto in ogni campo lo spirito della romanità e metterne in luce il patrimonio storico-artistico, le vicende, le persone, le tradizioni, il dialetto. La Giornata di studi che si è tenuta 15 novembre 2018 in collaborazione con la Fondazione Camillo Caetani ha inteso celebrare e rinnovare la memoria del Gruppo dei Romanisti, ribadendone la presenza e l’impegno ininterrotto nel panorama culturale romano e nazionale.

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 Attività in collaborazione Riordinamento del fondo musicale Roffredo Caetani Si è concluso il lavoro di riordinamento e inventariazione del Fondo musicale di Roffredo Caetani, oggetto della tesi di diploma della Scuola di Specializzazione in “Beni archivistici e librari” dell’Università degli studi di Roma La Sapienza. La documentazione è testimonianza dell’attività di compositore perseguita dal duca, spesso ignorata in patria per la sua dedizione alla musica da camera: partiture, spartiti, parti e ancora libretti d’opera, materiale di studio e di lavoro, ma anche documentazione di varia natura, testimone delle singole esecuzioni, quali locandine, programmi di sala, appunti di scena, ritagli di giornale, fotografie, registrazioni sonore ecc. Fu lo stesso Roffredo a dedicarsi per primo al riordinamento delle composizioni e del materiale di lavoro e successivamente, nei primi anni ’70 del Novecento, la figlia Donna Lelia Caetani insieme al marito l’on. Hubert Howard, quest’ultimi si affidarono al duca Filippo Caffarelli, presidente dell’Accademia Filarmonica Romana nonché consigliere della Fondazione istituita dallo stesso Roffredo e intitolata al compianto figlio Camillo. Egli offrì la propria preparazione per stabilire il metodo di classificazione e dare preziosi consigli a William Howard, nipote di H. Howard, il quale materialmente si occupò di riordinare e schedare la musica del duca, producendo nell’aprile del 1973 un primo catalogue delle opere. Successivamente alcuni fascicoli furono riordinati, o comunque rimaneggiati, da H. Howard come testimoniano le annotazioni autografe sulle carte e sul materiale di condizionatura. Partendo da queste basi è stato ragionato l’inventario, con l’obiettivo di dare unitarie52

tà ai precedenti lavori e integrarlo con alcuni fascicoli creati o chiusi dopo la morte del duca Roffredo, procedendo al riordinamento dell’intera documentazione in sezioni omogenee. Il fondo archivistico conservato presso la Fondazione Camillo Caetani in Roma rappresenta ciò che è sopravvissuto della produzione musicale del duca, poiché i grandi depositi delle sue opere pubblicate, tenuti a Magonza da Schott, sono andati distrutti o perduti durante la II Guerra Mondiale, motivo per cui in alcuni casi rimangono solo pochi esemplari o addirittura una sola copia. Ilaria Bortone L’inventario informatizzato del Fondo Piante e Mappe Nel dicembre 2018 si è concluso il progetto di riordinamento e schedatura informatizzata del fondo Piante e Mappe custodito presso la Fondazione Camillo Caetani a via delle Botteghe Oscure. Il progetto, finanziato dalla Regione Lazio, si è posto come obiettivo l’informatizzazione dell’inventario di questo peculiare complesso documentario, costituito da cartografia storica e moderna, disegni dei palazzi di famiglia, planimetrie dei possedimenti nell’Agro Pontino, progetti di bonifica e disegni tecnici realizzati dall’ingegnere Gelasio Caetani, per un totale di circa 950 carte che ricoprono un ampio arco cronologico (sec. XV-1961). Non si hanno notizie del processo di formazione e sedimentazione delle carte, ma è plausibile che le stesse fossero servite ai Caetani per conoscere i possedimenti di famiglia così da esercitare i propri diritti di proprietari. La presenza di una numerazione


da due indici (nomi e luoghi), indispensabili strumenti per una puntuale esplorazione del fondo. Per la schedatura informatizzata è stato utilizzato il software Archimista che, oltre a consentire una descrizione archivistica conforme agli standard internazionali di riferimento, mette in relazione i diversi complessi documentari dell’archivio Caetani, tanto da potervi effettuare una imprescindibile ricerca trasversale. Agostina Trovato Centenario della Prima guerra mondiale

originaria apposta in numeri romani sui documenti più antichi testimonia un possibile primo tentativo di ordinamento intrapreso, ma rimasto incompiuto, da Gelasio Caetani intorno agli anni Trenta del secolo scorso. Il complesso archivistico si è costituito in seguito all’accorpamento di materiale dai contenuti affini e supporto analogo, che si presentava arrotolato o custodito in cartelle rigide. In relazione alla tipologia documentaria e all’oggetto rappresentato, la documentazione è stata articolata in 6 serie (Mappe storiche, Proprietà Caetani a Roma, Proprietà Caetani in Campagna, Bonifiche, Disegni tecnici di Gelasio Caetani, Varie), quindi ricondizionata e collocata in apposite cassettiere. L’inventario è stato corredato Palazzo Caetani  6 (2018) 

Il 17 aprile 1916 Gelasio Caetani minò il tunnel sotto la Cima del Col di Lana, consentendo all’esercito italiano di conquistare un fondamentale punto di osservazione e così controllare il territorio circostante. È uno degli episodi più celebri della guerra ’15-’18. La Fondazione, in occasione del lungo centenario che ha riguardato la Grande Guerra, ha partecipato alle celebrazioni con una specifica iniziativa scientifica: la digitalizzazione delle lettere inviate dall’ufficiale del genio, Gelasio Caetani, ai suoi familiari. Si tratta di circa 300 documenti che permettono di conoscere dettagli finora poco noti e che possono costituire una preziosa testimonianza per gli storici. Già nel ’19, al rientro dal fronte, Gelasio pubblicò questo epistolario, in un’edizione privata, di appena 50 copie. Nel 2007, poi, la Fondazione Camillo Caetani ne ha curato una ristampa, particolarmente apprezzata. Anche per questo motivo si è poi proceduto alla digitalizzazione del volume del ’19, disponibile ora gratuitamente online. 53


 Borse di studio In seguito alla convenzione stipulata nel febbraio 2003 tra il presidente della Fondazione Camillo Caetani, avv. Giacomo Antonelli e il direttore del Dipartimento di Studi storico-artistici dell’Università Roma Tre, prof. Vittorio Casale, la Fondazione eroga annualmente una borsa di studio su argomenti storico artistici pertinenti la famiglia Caetani. Si riportano qui di seguito i nomi dei vincitori e i titoli delle tesi assegnate: ––

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2018-2020 Giovanni Barco, Luoghi, dinamiche e strutture del monachesimo medievale sui monti Lepini tra XII e XV secolo 2017-2019 Giulia Marzani, La committenza del cardinale Girolamo Mattei (1546-1603) 2016-2018 Diego Gallinelli, Trasformazioni dell’uso del suolo e dell’assetto economico-agricolo nell’antica provincia di Campagna e Marittima. Ricostruzioni 3D del paesaggio all’epoca della signoria dei Caetani 2015-2017 Alfredo Franco, Organizzazione del territorio e regime delle acque nei feudi Caetani tra Medioevo ed età Moderna 2014-2016 Livia Nocchi, La committenza delle famiglie Caetani e Cesi a Roma (1560-1590) 2013-2015 Ilaria Sferrazza, La collezio-

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ne Caetani nel Settecento: acquisizioni e dispersioni 2012-2014 Francesco Leonelli, Onorato VI Caetani e la cultura romana di fine Settecento 2011-2013 Veronica Giuliani, I paesaggi di Ninfa. Cultura e natura nel disegno storico del territorio 2010-2012 Matteo Braconi, Il mosaico dell’abside della Basilica di S. Pudenziana a Roma. La storia, i restauri, le interpretazioni 2009-2011 Giulio Del Buono, L’area del Foro Olitorio, del Foro Boario e dell’Isola Tiberina fra tradizione e trasformazione: sviluppo di un paesaggio urbano tra la metà del IX sec. e la metà del XII sec. 2008-2010 Federica Savelli, I Caetani e la contea di Fondi tra XIV e XV secolo: la produzione artistica e le sue vicende conservative. 2007-2009 Giulia Facchin, Archeologia e storia di un paesaggio urbano: l’area a nord di via Botteghe Oscure 2006-2008 Giovanna Ioele, Giovanni Battista Della Porta scultore (Porlezza 1542 - Roma 1597) 2004-2006 Cecilia Metelli, Il distacco delle pitture murali negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo 2003-2005 Laura Gori, I Caetani e le arti nella seconda metà del Cinquecento


Fon

Ar Col

fondazione camillo caetani roma

L’ALBUM AMICORUM CAETANI E LE SUE IMMAGINI

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GIOVANNA SAPORI

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GIOVANNA SAPORI

l’album amicorum

caetani e le sue immagini Aristocrazia germanica e viaggi di istruzione a fine Cinquecento

In sovraco

Album am carovana,

edizioni di storia e letteratura

Palazzo Caetani  6 (2018) 

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