Piemontesi ai confini del mondo

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Piemontesi ai confini del mondo 22 storie di esploratori atipici e navigatori irrequieti Prima edizione: maggio 2022 Stampa: Stamperia Artistica Nazionale, 2022 In copertina: illustrazione di Giuseppe Conti Illustrazioni interne: Giuseppe Conti e Alessandra Parigi © 2022 Fondazione Enrico Eandi Via Giovanni Battista Bricherasio, 8 10128 – Torino www.fondazioneenricoeandi.it info@fondazioneenricoeandi.it FondazioneEnricoEandi fEnricoEandi fondazioneenricoeandi ISBN: 9788899048082 Tutti i diritti riservati.


Introduzione 3 Africa: dove tutto ebbe inizio

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1.1 Bernardino Drovetti, archeologo o saccheggiatore?

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1.2 Carlo Vidua, un viaggiatore atipico

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1.3 Mal d’Africa

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1.4 Guglielmo Massaja: alle frontiere africane dell’Islam

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1.5 Augusto Franzoj, una vita come un romanzo d’avventura

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1.6 Ugo Ferrandi, il difensore di Lugh

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1.7 Enrico Baudi di Vesme, l’esploratore sfortunato

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1.8 Il Duca degli Abruzzi, pioniere in Somalia

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Le Americhe: una nuova frontiera

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2.1 Il tour presidenziale di Carlo Vidua

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2.2 Il Duca degli Abruzzi tra le vette del Nord

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2.3 In cerca di fortuna

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2.4 Carlo Bertero, il botanico inghiottito dalle onde

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2.5 Guido Boggiani, il fotografo tra gli indios

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2.6 Alberto Maria De Agostini, trent’anni nella Terra del Fuoco

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Asia: sulle rotte delle spezie

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3.1 Paolo Abbona, un missionario cuneese in Birmania

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3.2 Lungo la Via della Seta

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3.3 Filippo de Filippi e l’evoluzione della specie

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3.4 Camillo Candiani alla corte imperiale giapponese

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3.5 I paesaggi verticali di Vittorio Sella

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3.6 Le concessioni straniere di Tientsin

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3.7 Cesare Poma, primo console italiano in Cina

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3.8 La Società dei Pugni Giusti e Armoniosi

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3.9 La Cina dei Boxer nelle fotografie di Luigi Piovano

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3.10 Cosma Manera, al comando degli Irredenti

189

3.11 Giuseppe Capra, sulle tracce di Marco Polo

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Oceania: alla conquista dei mari del sud 4.1 Guido Cora, dal tavolo da disegno al Pacifico

Artide e Antartide: nelle terre estreme

211 213 223

5.1 Giacomo Bove, dall’Astigiano all’Antartide

225

5.2 Sulla Stella Polare con il Duca degli Abruzzi

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5.3 Umberto Cagni, l’eroe dei due deserti

237

5.4 Achille Cavalli Molinelli, un medico tra i ghiacci

245

5.5 L’avventura del dirigibile Italia

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Epilogo 274 Ringraziamenti 276 Bibliografia 278


Introduzione Da dove cominciare? Chi fu il primo avventuriero piemontese? Per il Dizionario Treccani (esiste forse qualcosa di più prosaico, di meno avventuroso di un dizionario?), l’“avventura” è: S.f.: Impresa rischiosa ma attraente e piena di fascino per ciò che vi è in essa d’ignoto o d’inaspettato. […] Per estens., prova, esperienza il cui esito è incerto o casuale (o che comunque si tenta avventatamente, con leggerezza, senza seria preparazione). E “avventuriero” viene definito come: S.m.: Chi va per il mondo in cerca di avventure e di fortuna. Il genere di persone ormai relegate alla narrativa per ragazzi e al genere di film che difficilmente vengono premiati ai festival, si direbbe. E tuttavia, la storia della nostra specie, esattamente come il libro che vi accingete a leggere, è popolata di avventurieri, fin da quando abbiamo mosso i primi passi lontano dall’Africa, dove è cominciata la nostra avventura collettiva. Fa parte, letteralmente, del nostro DNA. Come l’astrofisico Carl Sagan osserva nel 1994: Nonostante tutti i suoi vantaggi materiali, la vita sedentaria ci ha lasciati nervosi, insoddisfatti. Anche dopo 400 generazioni in villaggi e città, non abbiamo dimenticato. La strada aperta ci chiama ancora dolcemente, come una canzone dell’infanzia quasi perduta nella memoria. Investiamo i luoghi lontani con una certa aura romantica. Sospetto che questa attrazione sia stata meticolosamente 3


piemontesi ai confini del mondo / introduzione

chi sono i nostri esploratori? Africa

Americhe

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Asia

Oceania

Artide e Antartide

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piemontesi ai confini del mondo / introduzione

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Africa

dove tutto ebbe inizio

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piemontesi ai confini del mondo / africa

i nostri esploratori in africa - legenda Augusto Franzoj Il 26 gennaio 1887 si trova nel teatro della battaglia di Dogali come inviato del Corriere di Roma.

Guglielmo Massaja Nel giugno 1846 viene nominato vicario apostolico dei popoli Oromo, risiederà presso il territorio dei Galla e la corte di Menelik II fino al 1879.

Enrico Baudi di Vesme Compie due spedizioni in Somalia nel 1890: da Berbera raggiunge i monti di Bur Dab, nel secondo viaggio visita Imi e Harar, qui viene arrestato ed espulso.

Ugo Ferrandi Nel 1895 partecipa alla spedizione per fondare una stazione di commercio nell’area di Lugh, chiamata poi Lugh Ferrandi in suo onore, dove avrà l’incarico di difesa militare e sviluppo commerciale.

Duca degli Abruzzi Nel 1893 presidia il porto di Mogadiscio, nel 1919 fonda il villaggio di Jowhar dove morirà nel 1933 dopo aver esplorato il corso del fiume Uebi Scebeli.

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DROVETTI TRA LE ROVINE DI TEBE, TAVOLA 73 DA "VOYAGE DANS LE LEVANT EN 1817–18" DEL CONTE DE FORBIN, 1819.

Con l’appoggio di Drovetti (e dei francesi), Mehmet Alì riesce a scacciare gli inglesi nel 1807 − non prima che gli inglesi abbiano tentato, senza successo, di uccidere Drovetti in un attentato. Scampato il pericolo, Drovetti collabora con il sedicente Khedivè a sedare la guerra civile nel 1811. La collaborazione fra l’Impero francese e l’Impero ottomano garantisce all’Egitto una stabilità che fa bene alla politica e ancora di più agli affari. I francesi contribuiscono a fondare e addestrare un esercito e poi una flotta egiziana (1815), e medici francesi aprono ospedali e vaccinano la popolazione contro il colera. Vengono istituite scuole

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con docenti francesi per la formazione di giovani egiziani. Agricoltura e commercio fioriscono, favorendo gli scambi con la Francia. Curiosamente, è sempre grazie a Drovetti se Mehmet Alì riesce a inviare, nel 1826, una giraffa al re di Francia, Carlo X, come segno di stima. Né la cosa deve sorprendere: Bernardino Drovetti gestisce infatti anche un fiorente traffico di animali esotici verso le corti europee. Grazie a lui, l’anno successivo, il Khedivè fa arrivare un elefante, Fritz, alla corte dei Savoia, come ringraziamento per le cento pecore merinos che Carlo Felice aveva donato all’Egitto. Sistemato nella palazzina di caccia di Stupinigi, Fritz sopravviverà per venticinque anni, diventando una sorta di mascotte. Molte fotografie dell’epoca lo ritraggono mentre passeggia nel parco circondato dalla folla: Fritz, l’elefante triste di Stupinigi.

L’interesse di Drovetti per le antichità egizie naturalmente non è un caso isolato: l’“egittomania” sta travolgendo l’Europa, in seguito al ritorno in patria dei militari che hanno servito nella terra dei Faraoni. La permanenza in Egitto risveglia in Drovetti una nuova passione, quella per le antichità. Tra il 1806 e il 1807 compie un primo viaggio alle grandi piramidi di el-Ghiza per accompagnare François-René de Chateaubriand, che fa tappa in Nordafrica durante il suo viaggio da Parigi a Gerusalemme. Insieme i due visitano anche “altri luoghi curiosi”2. A volte il signor Drovetti e io prendevamo i nostri cavalli e andavamo a passeggiare nella città vecchia, nella Necropoli o nel deserto. La pianta che produce carbonato di sodio rivestiva scarsamente le sabbie aride; gli sciacalli fuggivano davanti a noi; una specie di cavalletta emise il suo suono acuto e irritato: ricordava dolorosamente il focolare di chi lavora, in quella solitudine dove nessuna colonna di fumo rurale si alza mai per chiamarti verso una tenda araba. Quei luoghi sono tanto più tristi ora che gli inglesi hanno inondato il vasto bacino che serviva da giardino ad Alessandria: 2

De Chateubriand, F-R., Itinerario da Parigi a Gerusalemme e da Gerusalemme a Parigi andando per la Grecia e ritornando per l’Egitto, la Barberia e la Spagna, Firenze, s.e., 1831.

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piemontesi ai confini del mondo / africa

la stazione meteorologica di Moncalieri. Sarà durante le estati trascorse con Denza che il giovane Duca svilupperà la passione per l’alpinismo. Nominato guardiamarina a sedici anni, il Duca si imbarca per una lunga crociera attorno al mondo a bordo della Amerigo Vespucci, durante la quale stringe amicizia con Umberto Cagni, che diventerà suo compagno d’avventura nelle successive spedizioni. I due uomini sono legati dalla passione per la montagna, qualcosa che sembrerebbe in contrasto con il ruolo di ufficiale di Marina, ma è l’alpinismo l’ambito nel quale per la prima volta il giovane Luigi Amedeo ottiene dei successi personali. Tra il 1892 e il 1894 il Duca degli Abruzzi si dedica alle scalate sull’arco alpino: Gran Paradiso, Monte Rosa (Punta Dufour, Punta Gnifetti), Massiccio del Monte Bianco (Dente del Gigante, Aiguille du Moine, Petit Dru), accompagnato dalle guide Émile Rey di Courmayeur e Jean Antoine Maquignaz di Valtournenche. In particolare, nell’agosto 1894, insieme ad Albert Frederick Mummery, a John Norman Collie e alla guida Joseph Pollinger, Luigi Amedeo affronta il Cervino lungo la Cresta di Zmutt, un’impresa che gli vale non solo la presidenza onoraria della sezione di Torino del CAI, ma anche l’ammissione nell’esclusivo Club Alpino Britannico. Nel 1893 la carriera militare reclama il Duca, ora tenente di vascello, che viene inviato in Somalia sulla cannoniera Volturno. La Somalia Meridionale è all’epoca dominio italiano. Fin dal 1869 infatti, il neonato Regno d’Italia ha cercato di acquisire dei domini coloniali e ha stipulato una serie di patti segreti per spartirsi con le altre potenze europee (la Gran Bretagna in particolare) un vasto territorio prevalentemente desertico, ma dotato di importanti porti sul Mar Rosso e sull’Oceano Indiano. Una serie di accordi con i vari sultanati nei quali è frammentata la nazione somala ha portato l’Italia a estendere il proprio dominio a sud del Corno d’Africa, ma la situazione si è ben presto inasprita. Il massacro di cinquecento soldati italiani a Dogali, per opera delle truppe del Ras Alula Engida, il 26 gennaio 1887, e il breve conflitto che ne è seguito hanno fornito l’opportunità al Governo guidato da Francesco Crispi di rafforzare la presenza italiana in Somalia, definendo un certo numero di protettorati e avviando un piano di immigrazione e colonizzazione. Ma i trattati e l’influsso di coloni non

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DUCA DEGLI ABRUZZI. FOTOGRAFIA TRATTA DA "THE NEW YORK TIMES CURRENT HISTORY: THE EUROPEAN WAR", VOL. 3, APRILE - GIUGNO 1915, P. 236.

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hanno garantito la pace nel territorio, che ben presto è tornato a esplodere in rivolte anti-europee. Nel 1893 la flotta sabauda della quale fa parte la Volturno ha il compito di sedare le rivolte scoppiate in Somalia contro la presenza europea e presidiare l’importante porto commerciale di Mogadiscio. Questa prima avventura africana lascerà il segno sul giovane ufficiale, che tuttavia continua a guardare lontano e a non porre limiti ai propri orizzonti. L’Africa occupa un posto speciale nei suoi progetti e nelle sue ambizioni. Dovranno tuttavia passare molti anni – e molte avventure – prima che Luigi Amedeo possa tornare al continente che tanto lo ha affascinato al suo primo incontro. È nel 1906 che il Duca degli Abruzzi, reduce da una estenuante avventura nel mare Artico a bordo del vascello Stella Polare (ne riparleremo), arriva in Africa, attratto dal fascino del continente visitato anni prima e ispirato dagli scritti dell’esploratore Henry Morton Stanley riguardo al massiccio del Ruwenzori in Uganda. Si ritiene che il Ruwenzori corrisponda alle Montagne della Luna descritte da Tolomeo nella sua Geografia del II secolo, ma nei tempi moderni queste cime sono rimaste sconosciute fino a quando Stanley non ne ha segnalata la presenza nel 1890. Diversi inglesi hanno raggiunto il Ruwenzori dopo Stanley e compiuto alcune ascensioni, ma il piano di Luigi Amedeo di Savoia è molto più ambizioso. Durante la

[Duca degli Abruzzi | Cronologia] Traversata dell’India fino all’Himalaya con Umberto Cagni e Filippo De Filippi Il Duca degli Abruzzi compie la sua prima navigazione intorno al globo a bordo della Amerigo Vespucci

1889 74

1893

Scalata del Monte Saint Elias (Alaska) con Cagni, De Filippi e Vittorio Sella (fotografo ufficiale) Viaggio intorno al mondo sulla Cristoforo Colombo insieme a Cagni

1894-1897

Viene inviato in Somalia per presidiare il porto di Mogadiscio

Spedizione al Polo Nord sulla Stella Polare

1897

1899


spedizione del 1906 scala sedici cime, una delle quali prende il nome di Monte Luigi di Savoia. La sua spedizione traccia le prime mappe affidabili del Ruwenzori, oltre a compilare rapporti sulla flora, la geologia, l’idrologia e la glaciologia dell’area. Con lui ci sono Achille Cavalli Molinelli e Umberto Cagni, le guide alpine Petigax, Ollier e persino il cuoco Gini, tutti membri della spedizione della Stella Polare nelle acque dell’Artico.

Durante la spedizione del 1906 scala sedici cime, una delle quali prende il nome di Monte Luigi di Savoia. La sua spedizione traccia le prime mappe affidabili del Ruwenzori, oltre a compilare rapporti sulla flora, la geologia, l’idrologia e la glaciologia dell’area. L’impresa ottiene il successo sperato. Cavalli Molinelli si dimostra, alla pari del Duca e di Cagni, un abile scalatore, a sottolineare il fatto che, sia sul mare che sulle montagne, gli uomini d’azione non conoscono ostacoli, proprio come nei romanzi d’avventura. In quanto al Duca, il 18 giugno, separato dal resto del gruppo e insieme a Joseph Petigax, César Ollier e Joseph Brocherel, conquista le due vette maggiori e le battezza coi nomi di Margherita, regina d’Italia, e Alessandra, regina d’Inghilterra. Cagni punta verso le cime maggiori con Cavalli e Brocherel per una sintetica ricognizione del sistema. Il 22 giugno arriva sulla vetta

Spedizione al Ruwenzori (gruppo montuoso tra Uganda e Congo)

Insieme a Cavalli Molinelli compie il giro del mondo sulla Regia Nave Liguria

1902-1905

Si occupa della bonifica agricola lungo il Fiume dei Leopardi in Somalia

Fonda il Villaggio Duca degli Abruzzi in Somalia

Spedizione nel Karakorum (Pakistan)

1906

1909

1919-1933

1920 75



le americhe una nuova frontiera

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piemontesi ai confini del mondo / americhe

FOTOGRAFIA DI UNA DONNA INDIOS SCATTATA DA GUIDO BOGGIANI INTORNO AL 1900. SI TRATTA DI UNA DELLE LASTRE EREDITATE DALL’ESPLORATORE ALBERTO VOJTĚCH FRIČ. SI RINGRAZIA PAVEL SCHEUFLER PER LA CONCESSIONE DELL'IMMAGINE.

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con la civiltà. E così, nel 1888, Guido Boggiani Gli indios Kadiweu popolano vi si reca, con la scusa di commerciare in pelli ancora oggi alcune zone del e animali, ma in realtà per esplorare quei luoMato Grosso in Brasile, la loro ghi sconosciuti. popolazione è di circa 1.800 Prende contatto con gli indigeni Chamacoindividui considerati ottimi co, e nei cinque anni successivi raccoglie appuncavalieri. ti e materiali che, una volta tornato in Italia, gli permettono di dare alle stampe una serie di raffinati studi etnografici, tra i quali vale la pena ricordare I Ciamacoco (1894) e Viaggi d’un artista nell’America Meridionale. I Caduvei (1895). Il materiale raccolto viene ceduto a diversi musei: il Museo Kircheriano (oggi Museo preistorico etnografico di Roma Luigi Pigorini), il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, il Museum für Völkerkunde di Berlino e il Museo di Stoccarda. Il Museo Civico di Storia Naturale di Genova acquisisce la collezione di esemplari di flora e fauna del Chaco − un’area di estrema biodiversità comprendente molte specie indigene ed esclusive. Nel 1896 Boggiani torna nella giungla, questa volta con le migliori macchine fotografiche sul mercato, con tutto il necessario per sviluppare le lastre fotografiche di vetro e comincia a muoversi fra i villaggi della regione, fotografando gli indios. È sua convinzione dichiarata che solo attraverso una ricca documentazione fotografica sia possibile studiare in maniera scientifica queste popolazioni.

[Guido Boggiani | Cronologia] Secondo viaggio nel Chaco con scopi fotografici

È ad Asunción per avviare un'attività di commercio di pelli e di bestiame Guido Boggiani viaggia in Argentina per esporre i suoi dipinti

1887

Prima spedizione nel Chaco e primo contatto con le popolazioni indigene

1888

I suoi resti vengono ritrovati da José Fernandez Cancio nel Chaco

1889

Viene visto per l’ultima volta ad Asunción

1896

1901

1902 111


piemontesi ai confini del mondo / asia

PASSAGGIO DIFFICILE PER LA SLITTA SCENDENDO DAL LATO SINISTRO DEL BASSO GHIACCIAIO SEWARD, VITTORIO SELLA, 1897. TUTTE LE FOTOGRAFIE PRESENTI IN QUESTE PAGINE SONO © FONDAZIONE SELLA, BIELLA.

MONTE SANT’ELIA DALLA SECONDA CASCATA DEL GHIACCIAIO NEWTON, VITTORIO SELLA, 1897.

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VITTORIO SELLA A CINQUANT’ANNI SUL GHIACCIAIO BALTORO, VITTORIO SELLA, 1909.


DONNA IN ABITO DI GALA AL VILLAGGIO DI CHEGHEM, VITTORIO SELLA, 1896.

NONNO E NIPOTE A ZINAGA, VITTORIO SELLA, 1890.

DONNE E BAMBINI A ZINAGA, VITTORIO SELLA, 1890.

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piemontesi ai confini del mondo / asia

VITTORIO SELLA, VITTORIO SELLA MOSTRA UNA MACCHINA FOTOGRAFICA AL NIPOTE FRANCO, 1932.

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Tuttavia lo spirito della sperimentazione non si spegne e, negli anni Trenta del XX secolo, Sella rivisita i suoi lavori precedenti, applicando ai suoi vecchi negativi un procedimento denominato “viraggio a doppio tono”, da lui stesso messo a punto, e mirante a ottenere un maggiore impatto estetico nella fase di stampa. Né la fotografia di Sella si limita ai paesaggi: spazia dai semplici ritratti, alle istantanee della vita familiare, alle foto di viaggio, dalla Sardegna al Marocco. Le fotografie di Sella vengono esposte di frequente e gli valgono una quantità di premi internazionali lungo un arco di quarant’anni di attività. Secondo il famoso fotografo americano Ansel Adams, la purezza dell’interpretazione fotografica di Sella ispira riverenza religiosa24. I viaggi e le scalate gli lasciano comunque il tempo di dedicarsi anche all’attività imprenditoriale − dirige per un breve periodo la tintoria del Lanificio Maurizio Sella e nel 1902 fonda in Sardegna, con il fratello Erminio e il cugino Edgardo Mosca, l’azienda vinicola Sella & Mosca. Viene inoltre nominato presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Gaudenzio Sella & C. della quale è cofondatore nel 1886. Si spegne a Biella nel 1943. Oggi, i negativi e le fotografie di Vittorio Sella costituiscono il cuore della Fondazione Sella, dedicata alla loro tutela e diffusione, un punto di riferimento e una fonte di materiale per scrittori, fotografi, ricercatori e appassionati di montagna.

3.6 Le concessioni straniere di Tientsin Un altro dettaglio che spesso trascuriamo quando volgiamo lo sguardo a oriente, riguarda la diffusione della religione cristiana. Fin dal VII secolo, una parte delle tribù mongole si è convertita alla religione cristiana, nella sua variante ortodossa, e fin dal XIII secolo ci sono stati frequenti contatti fra la corte degli Yuan (di fatto, Gengiz Khan e i suoi discendenti) e il papato. Questo pone sotto una prospettiva particolare la missione di Marco Polo, che viaggia verso oriente con suo padre e suo 24

Wright J. e Lenman R., Mountain Photography in The Oxford Companion to the photograph, Oxford, Oxford University Press, 2005.

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piemontesi ai confini del mondo / asia

rovine. Sono credenze molto radicate nei cinesi, che sbarrano anche le porte di casa contro gli spiriti maligni e utilizzano porticine apparCapra verrà ricordato tate. Una porta attraverso la quale sono come “l’erede di Marco passati più defunti, deve essere murata Polo”. Nel 1928 percorre un per sempre. Se avvengono calamità, siccilungo viaggio in Asia che tà, epidemie, danni alle campagne, il geosegue a ritroso i passi del mante ne studia la causa, cerca la corrente viaggiatore veneziano. malefica che va solo in direzione rettilinea e vi fa erigere contro un muro, o una pagodina, o una torre, sia in edifici pubblici che privati. Il Genio malvagio non trova più l’entrata e se ne va.41 L’occhio del naturalista permette a Capra di cogliere le meraviglie del paesaggio attraverso il quale si trova a passare, e la complicata situazione politica cinese, ormai in procinto di sprofondare nell’anar41

Capra G., citato in Barbero Ruffino L., Sulle Tracce di Marco Polo, Cuneo, Araba Fenice, 2007.

"SAMARKAND", DIPINTO DI RICHARD-KARL KARLOVITCH ZOMMER (1866–1939), DATA SCONOSCIUTA.

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vivai di razze e strati di terre diverse Un viaggio anche più lungo egli intraprende nel 1928 attraverso le zone più nevralgiche dell’Estremo Oriente e del Medio Oriente. Egli dà veramente prova di tenacia e di resistenza salesiana, poiché ha già superato la cinquantina e l’Asia è, forse, uno dei più faticosi continenti per un viaggiatore che voglia fare sul serio. Da questo viaggio egli ricava una interessante opera, intitolata Sulle orme di Marco Polo. Giuseppe Capra approfondisce la sua indagine esplorativa specialmente nella provincia dello Scen-Si, che ha per capitale Sian o Ciangan. È la regione che s’identifica coll’antico Katai di Marco Polo, ed è attraversata da una delle massime arterie fluviali della Cina, l’Hoang-ho, o Fiume Giallo. Regione in gran parte montuosa, essa costeggia ad occidente, il Thibet, ed è quasi orlata dalla catena di montagne che da Marco Polo prendono il nome. In questo giro il Capra fa il viaggio di Marco Polo a rovescio. […] In mezzo a questi vivai di razze, a questi strati di terre diverse, quante luci e quante ombre, magiche e misteriose insieme! È la parte settentrionale dell’Asia, la meno oleografica e la meno conosciuta, e forse la più interessante. Fuori dai grandi tracciati turistici, e dalle grandi escursioni superficiali, quest’Asia interiore – posta a ridosso del più titanico blocco di montagne, il così detto “Tetto del Mondo” e da esso quasi nascosta come da un enorme paravento – presenta ancora tutti i più interessanti aspetti dell’antichità mongolica, coi suoi usi, i suoi costumi e i suoi tipi ancor quasi intatti e ben si può dire immutabili. Mortari C., Il mondo esplorato da tredici piemontesi, Torino, Edizioni Palatine di R. Pezzani & C., 1947, p. 149.

chia, arricchisce le sue esperienze di viaggio di incontri affascinanti e pericolosi − nobili locali, mercanti e carovanieri, signori della guerra. Lungo il Fiume Giallo ha modo di ammirare e descrivere tanto gli argini eretti dall’Impero Celeste duemila anni prima, che le poderose opere di ingegneria che gli italiani stanno costruendo per conto del governo di Chang Kai-shek. I rapporti fra il direttore del Kuomintang e il Regime italiano sono infatti ottimi, e garantiscono ricche commesse ad aziende e contractors italiani. Nella provincia dello Hubei, Capra visita la capitale Hangkou, restando sorpreso dall’attività frenetica nelle strade. Hangkou è un porto fluviale di importanza strategica per i commerci interni alla Cina e la 203


piemontesi ai confini del mondo / artide e antartide

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artide e antartide nelle terre estreme

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piemontesi ai confini del mondo / artide e antartide

BOVE SULLA NAVE "VEGA", 1879. FOTOGRAFIA DEL GOTHENBURG MARITIME MUSEUM, SVEZIA.

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a percorrere il passaggio a nord-est con successo, pur restando intrappolata fra i ghiacci per circa dieci mesi fra il settembre 1878 e il giugno 1879. Il vascello completa il periplo del continente eurasiatico (35.000 chilometri) nel 1880, rientrando nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez dopo aver toccato Siberia, Giappone, Cina, Singapore e Ceylon. Nei mesi trascorsi fra i ghiacci, gli uomini della Vega hanno vissuto in igloo e svolto tutta una serie di esperimenti scientifici e osservazioni naturalistiche, etnografiche e astronomiche, e Bove, in qualità di addetto ai cronometri e alla navigazione, è stato coinvolto in prima persona in queste attività.

sole, sole e sole Faticosissima era la strada: orizzonti limitati, gialle colline, e poi gialle colline; valli profonde e malinconiche, fiumi e torrenti incassati fra alte e difficili sponde, sentieri che si inerpicano sul dorso di nude e rocciose montagne, alcuni ciuffi d’alberi, e poi sole, sole e sole. Nei tratti dove il piede si sentirebbe più fermo e la marcia potrebbe essere più spedita, non è che una successione di erbe tanto alte che vi si cammina dentro un’angusta galleria. I villaggi sono a due o tre ore di distanza e quasi sempre si riducono a 4 o 5 capanne, e a una decina di campicelli coltivati a pistacchio, manioca, banane… La descrizione della risalita del Congo nelle parole di Giacomo Bove tratta da Mortari C., Il mondo esplorato da tredici piemontesi, Torino, Edizioni Palatine di R. Pezzani & C., 1947, p. 38.

È, come prevedibile, un trionfo. Insignito del cavalierato dell’Ordine del Dannebrog dalla corona danese, e nominato tenente dalla Regia Marina italiana, Bove si mette immediatamente all’opera per organizzare la propria spedizione geografica e scientifica. Il suo progetto consiste nel circumnavigare l’Antartide, dalla costa dell’Argentina a Città del Capo, al fine di raccogliere dati scientifici e cartografare le coste del continente, all’epoca certamente il luogo più misterioso del pianeta. L’ambizioso progetto di Bove non trova particolare sostegno in patria, e infine viene scartato per mancanza di fondi. Sarà perciò il Governo dell’Argentina a finanziare due spedizioni, coordinate da Bove, una nel 1881–1882, e una nel 1883–1884. Il progetto originario di Bove viene tuttavia alterato per favorire gli interessi economici del Governo argenti-

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piemontesi ai confini del mondo / artide e antartide

l'attesa del ritorno Il grande tentativo fu iniziato nel febbraio del 1900, al terminare della notte polare. Il giorno artico sembrava essersi iniziato sotto favorevoli auspici. Il cielo era terso. Una splendida aurora rosa e verde annunziò il sorgere del sole, che fu salutato con grida di gioia. Ma se l’apparenza di questo nuovo giorno era bella, la temperatura era bassissima: 43 gradi sotto zero. Il tentativo fu rimandato di qualche giorno. La partenza delle due spedizioni avvenne in marzo. Fu un momento commovente. Sembrava di sentire nell’aria che qualcuno avrebbe potuto non tornare più… Fu quindi, al punto di partenza, una lunga e terribile attesa, circa tre mesi. Spesso il Duca e i suoi uomini scrutavano gli orizzonti sconfinati attendendo di vedere piccoli punti lontani e balzanti. Nulla! Più drammatica era l’attesa, quando soffiavano le raffiche delle tremende bufere artiche, sotto la cui ala nera anche l’eterno giorno si eclissava. Finalmente – dopo cento e quattro eterni giorni di attesa – si vide, sulla sterminata distesa bianca, un minuscolo corteo di slitte apparire. Fu una festa! Si trattava della spedizione del comandante Cagni, che tornava con la vittoria. Mortari C., Il mondo esplorato da tredici piemontesi, Torino, Edizioni Palatine di R. Pezzani & C., 1947, pp. 101–102.

[Umberto Cagni | Cronologia] Traversata dell’India fino all’Himalaya con Filippo de Filippi e il Duca degli Abruzzi Umberto Cagni compie il suo primo giro del mondo sulla Vettor Pisani

1879-1881

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1893

Scalata del Monte Saint Elias (Alaska) con Filippo de Filippi, Duca degli Abruzzi, Vittorio Sella Viaggio intorno al mondo sulla Cristoforo Colombo con il Duca degli Abruzzi

1894-1897

1897


internazionale e in Italia tanto da Giovanni Pascoli quanto da Gabriele D’Annunzio – e quest’ultimo non mancherà di menzionare “la volontà spietata e senza voce” di Cagni, e il suo “sguardo come il taglio della piccozza”3. Le attenzioni dei poeti sono forse un destino peggiore del congelamento e della morte per assideramento.

Abbandonato gran parte dell’equipaggiamento, dopo dieci giorni di marcia, Cagni e i suoi uomini sopravvivono in una singola tenda insieme con i dodici cani rimasti. Rientreranno a Teplitz il 23 giugno 1900, dodici giorni dopo essere stati dati ufficialmente per morti. Nel corso di tre mesi, 104 giorni per la precisione, hanno coperto 1.400 chilometri a piedi. Dopo quest’impresa, il trentottenne Cagni decide probabilmente che il tempo delle avventure è finito. Torna perciò al proprio servizio regolare come ufficiale della Regia Marina e nel 1908 comanda le operazioni navali di soccorso in seguito al grande terremoto di Messina. 3 D’Annunzio G., La Canzone di Umberto Cagni. Merope, in Corriere della Sera, Milano, 24 dicembre 1911.

Spedizione al Polo Nord sulla Stella Polare Arriva a 380 km dal Polo Nord Partecipa alla campagna coloniale in Libia

1899

1900

1911-1912

FOTOGRAFIA DI UMBERTO CAGNI (CA. 1932).

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piemontesi ai confini del mondo / artide e antartide

EINAR LUNDBORG TRA IL 1926–1930.

verno italiano autorizza l’uso di tre idrovolanti: due Dornier Do J Wal, pilotati da Luigi Penzo e da Ivo Ravazzoni, e un Savoia-Marchetti S.55, pilotato dal tenente colonnello Umberto Maddalena. Il 9 giugno viene finalmente stabilito un contatto radio tra la banchisa e il Città di Milano. La stazione radio della nave, sotto il comando

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del capitano Ugo Baccarani, intercetta le coordinate dei sopravvissuti e la ricerca ha inizio. Intanto, sulla banchisa, fra il 15 e il 16 giugno, Malmgren crolla semi-assiderato e chiede di essere lasciato indietro. Il suo corpo non sarà mai ritrovato. Il 18 giugno, Roald Amundsen e altri cinque scompaiono su un volo per Spitsbergen per aiutare nelle operazioni di salvataggio. Il capitano Gennaro Sora degli Alpini Sciatori italiani, trasgredisce agli ordini ricevuti e parte con una slitta con gli esploratori dell’Artico Ludvig Varming e Sjef van Dongen per cercare di raggiungere la zona dello schianto. Il 20 giugno Umberto Maddalena finalmente individua i sopravvissuti nella “tenda rossa” e sgancia dei rifornimenti, molti dei quali risulteranno danneggiati e inutilizzabili. Piloti italiani e svedesi lasceranno cadere altro materiale sull’accampamento di fortuna, questa volta con successo, due giorni dopo. Il 23 giugno il pilota svedese Einar Lundborg convince Nobile a lasciare per primo la banchisa, ma una volta tornato per recuperare gli altri, si schianta contro l’antenna radio e rimane a sua volta intrappolato con i sopravvissuti. Le operazioni di salvataggio vengono sospese in attesa dell’arrivo di velivoli leggeri in grado di atterrare sul ghiaccio. Il 6 luglio Lundborg viene prelevato dalla banchisa dal suo copilota, lo svedese Birger Schyberg, in un leggero biplano Cirrus Moth. Schyberg intende anche salvare gli altri cinque sopravvissuti (incluso il cane di Nobile), ma il cambiamento delle condizioni del ghiaccio lo obbliga a rivedere i propri piani dopo aver portato Lundborg in salvo. L’11 luglio un aereo lanciato dalla rompighiaccio sovietica Krassin avvista Mariano e Zappi, che ancora camminano sul pack. Il pilota sovietico Boris Chukhnovsky tenta un atterraggio senza successo, e solo il giorno successivo riesce a salvare i due italiani. I cinque sopravvissuti dell’Italia vengono tratti in salvo dal Krassin più tardi lo stesso giorno. Sulla via del ritorno verso Kings Bay il Krassin recupera anche Chukhnovsky e i suoi quattro membri dell’equipaggio. Questo il bilancio finale del disastro dell’Italia: · Umberto Nobile: sopravvissuto; · Finn Malmgren: morto durante il viaggio per chiedere aiuto;

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