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Evoluzione di Wolbachia: esplorare l’infezione batterica più diffusa nel mondo degli insetti
MATTHIAS SCHOLZ
Albero filogenetico della nostra vasta collezione di genomi di batteri Wolbachia originati da diverse specie di insetti ospiti
Il batterio Wolbachia è uno dei più abbondanti simbionti intracellulari di nematodi, insetti e altri artropodi. Si stima che circa il 40-60% delle specie di insetti sia già infetto da Wolbachia. Tuttavia, le interazioni con i suoi insetti ospiti sono per lo più mutualistiche piuttosto che parassitarie. Anche se il batterio ha un forte impatto sulla biologia, l’ecologia e l’evoluzione dell’ospite, compresa la manipolazione della riproduzione dell’ospite al fine di aumentare la propria diffusione, alcune specie ospiti non possono più riprodursi, o addirittura sopravvivere, senza l’infestazione di Wolbachia. Per molti insetti, Wolbachia è un simbionte batterico essenziale che agisce come un mutualista nutrizionale, fornendo vitamine e sostanze nutritive importanti per la sopravvivenza dell’ospite e rafforzando il sistema immunitario dell’ospite. Ampliando il numero di genomi di Wolbachia disponibili, vogliamo creare un quadro dettagliato della diversità dei ceppi di Wolbachia, dell’evoluzione e del modo in cui Wolbachia si sta diffondendo tra i diversi insetti ospiti. Insieme agli scienziati dell’Univer- sità di Trento, abbiamo ampliato il numero di genomi noti di Wolbachia esaminando oltre 30.000 dati di sequenziamento shotgun pubblicamente disponibili di più di 500 specie di ospiti, con un focus principale sugli insetti ospiti. Assemblando oltre 1.000 genomi di alta qualità, abbiamo fornito una raccolta su larga scala di genomi di Wolbachia che aumenta sostanzialmente la rappresentazione dell’ospite. Abbiamo assemblato molti genomi di batteri per specie non rappresentate, tra cui farfalle, api, vespe parassitoidi e acari. Sulla base della nostra vasta raccolta di genomi, abbiamo creato un enorme albero filogenetico che in ultima analisi chiarisce alcune questioni aperte riguardanti la diversità dei ceppi di Wolbachia e la coevoluzione batteri-ospiti. Possiamo dimostrare che ogni specie di insetto è rappresentata dal proprio ramo di ceppi batterici nell’albero Wolbachia, confermando un forte adattamento funzionale del batterio a un nuovo ospite. Ogni specie ospite porta il proprio ceppo specifico di Wolbachia, ben adattato all’insetto ospite. Il nostro confronto dei genomi ha rivelato diverse funzioni dei geni batterici necessarie per infettare determinati insetti ospiti e per indurre fenotipi specifici. Comprendere la diversità di Wolbachia, il cambio di ospite e l’adattamento funzionale a nuovi ospiti di insetti non è solo interessante dal punto di vista evolutivo, ma ha anche una forte rilevanza pratica. Infettare permanentemente le zanzare Anopheles con un ceppo Wolbachia ben adattato è una strategia promettente per bloccare la trasmissione di malattie trasmesse dalle zanzare, tra cui la malaria e la febbre dengue.
Maggiori informazioni nell’articolo pubblicato su: Nature Communications (2020) 11(1):5235. http://dx.doi.org/10.1038/s41467-020-19016-0
PAROLE CHIAVE: evoluzione batterica, interazione ospite-microbo, cambio di ospite batterico
SPECIE: Wolbachia spp., Anopheles spp.
L’adattamento ai deficit idrici è uno dei temi più importanti negli studi di interazione pianta-ambiente. Il genere Arundo comprende numerose specie erbacee largamente distribuite in Europa. Arundo donax - ampiamente utilizzata come coltura da biomassa - è una specie sterile originaria dell’Asia e diffusa come specie aliena in molteplici areali europei. Al contrario, Arundo donaciformis ed Arundo plinii sono specie fertili ed autoctone, ma con una distribuzione nell’ecosistema d’origine significativamente inferiore rispetto all’alloctona Arundo donax
L’obiettivo dello studio è stato capire se la differente distribuzione delle specie negli areali europei è dovuta all’adattamento allo stress idrico e valutare il tasso di variazione intraspecifica dei caratteri fenotipici di interesse.
Popolazioni selvatiche sono state campionate in ambiente naturale, successivamente cresciute in ambiente controllato e sottoposte ad una serie di stress abiotici (tra i quali il deficit idrico). L’utilizzo della piattaforma di fenotipizzazione del National Plant Phenomics Centre (UK) ha permesso in maniera continuativa lo studio automatizzato e non distruttivo di caratteri indotti dalla limitazione di risorsa idrica: la sensibilità della traspirazione allo stress idrico, l’accumulo di biomassa e la stima di induzione di senescenza fogliare.
I dati hanno mostrato che Arundo donax e Arundo donaciformis hanno una risposta conservativa alla limitazione idrica, sviluppando una spiccata sensibilità stomatica, una precoce riduzione nell’accumulo della biomassa e una limitata induzione di senescenza fogliare. Al contrario, in Arundo plinii sono state osservate risposte non conservative. Significative variazioni intraspecifiche sono comunque state osservate in Arundo donax con alcuni ecotipi che hanno manifestato superiori caratteri di tolleranza allo stress idrico.
Il lavoro ha mostrato come la veloce induzione di strategie di difesa allo stress idrico in Arundo donax potrebbe aver indotto un vantaggio in ambiente naturale, dove periodi irregolari di ridotte precipitazioni ed alte temperature richiedono un attento utilizzo della risorsa idrica accumulata nel terreno. Ciononostante, la variazione fenotipica ed intraspecifica presente in Arundo donax suggerisce la possibilità di selezionare ecotipi di interesse agronomico con diverse combinazioni di caratteri di tolleranza, e quindi con superiore adattamento in areali svantaggiosi. Il lavoro mostra inoltre come l’utilizzo e l’ottimizzazione di tecniche automatizzate e non invasive di fenotipizzazione abbiano un ruolo cruciale nello studio delle interazioni pianta-ambiente.
Maggiori informazioni nell’articolo pubblicato su Global Change Biology Bioenergy (2021) 13: 753-769. https://doi.org/10.1111/gcbb.12810
PAROLE CHIAVE: deficit idrico; canna comune; fenotipizzazione
SPECIE: Arundo donaciformis, Arundo plinii, Arundo donax
Le fitochelatina sintasi (PCS) sono enzimi che svolgono un ruolo essenziale nella detossificazione di un’ampia gamma di metalli pesanti nelle piante. Nonostante l’enzima sia stato caratterizzato in dettaglio nelle angiosperme, il suo ruolo funzionale e la sua rilevanza nella detossificazione da metalli pesanti nelle piante terrestri non vascolari che ancora popolano il nostro pianeta (briofite) non sono stati chiariti. Poiché le briofite si sono separate dalla linea evolutiva che ha originato le piante vascolari circa 450 milioni di anni fa, le informazioni ottenute dalla caratterizzazione delle PCS di briofite forniscono importanti indizi su come l’antenato di tutte le piante terrestri sia stato in grado di affrontare la tossicità da metalli pesanti tipica degli ambienti terrestri e su come questo tratto si sia evoluto. Sebbene degli enzimi simili a PCS esistano anche nei cianobatteri, in questi ultimi sono molto più corti delle PCS delle piante terrestri, che presentano un lungo dominio C-terminale probabilmente coinvolto nella regolazione dell’attività enzimatica. I dettagli di tale regolazione sono tuttavia ancora in gran parte sconosciuti. Nel tentativo di ottenere informazioni più approfondite sulla funzione del dominio C-Terminale della PCS abbiamo isolato e caratterizzato il gene PCS da Marchantia polymorpha, una specie di briofita modello ampiamente utilizzata per studi funzionali. Il gene di M. polymorpha è risultato complementare mediante trasformazione genetica alla mutazione del gene PCS1 di Arabidopsis thaliana, dimostrando che il ruolo di PCS come attore principale nella detossificazione da metalli pesanti risale alle prime fasi della colonizzazione degli ambienti terrestri da parte delle piante. La caratterizzazione funzionale delle mutazioni sito-dirette nei motivi più conservati dell’enzima PCS di M. poly- morpha ha ulteriormente scoperto due motivi di doppie cisteine che reprimono l’attivazione dell’enzima mediante esposizione a metalli pesanti. Questo meccanismo limita l’eccessiva attivazione dell’enzima a seguito di esposizione a metalli pesanti, che potrebbe altrimenti causare una produzione incontrollata di fitochelatine con conseguente deplezione del glutatione, un agente riducente fondamentale per mantenere l’omeostasi redox nelle cellule vegetali. Questi risultati sono interessanti in quanto evidenziano una funzione ancestrale dell’elusivo dominio C-terminale della PCS nella regolazione dell’attività enzimatica. Potrebbero quindi essere rilevanti per ottenere tramite editing genomico delle specie di interesse agricolo con ridotta mobilità radice-germoglio del cadmio, prevenendo così l’accumulo di questo pericoloso metallo pesante nella catena alimentare e negli alimenti destinati al consumo umano.
Maggiori informazioni nell’articolo pubblicato su Journal of experimental Botany (2020) 71(20): 6655-6669. https://doi.org/10.1093/jxb/eraa386
PAROLE CHIAVE: metalli pesanti, fitochelatina sintasi, briofite
SPECIE: Marchantia polymorpha, Arabidopsis thaliana