Ace - Aiuto Crescita Economica nelle operazioni straordinarie

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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova L’Aiuto per la Crescita Economica nelle operazioni straordinarie neutrali dei soggetti che utilizzano i principi contabili nazionali: alcuni spunti di riflessione.* 1. Premessa.

L’art. 1 del D.L. del 6 dicembre 2011 n. 201, convertito dalla L. del 22 dicembre 2011 n. 214, tenendo conto delle esigenze di rafforzamento dell’apparato produttivo del sistema Paese, ha introdotto nel sistema tributario un’agevolazione denominata “Aiuto alla crescita economica” (cd. ACE), finalizzata all’incentivo della capitalizzazione delle imprese mediante una riduzione dell’imposizione dei redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio. Si tratta di una misura di riequilibrio che intende migliorare il trattamento di sfavore del capitale di rischio rispetto al capitale di terzi. In estrema sintesi, l’agevolazione consiste nell’ammettere in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Il meccanismo di funzionamento dell’ACE, che opera con modalità diverse per le imprese soggette ad IRES rispetto a quelle soggette ad IRPEF, è disciplinato nel dettaglio dal Decreto Ministeriale di attuazione del 14 marzo 2012 e illustrato dalla Relazione di accompagnamento (di qui in avanti, il Decreto attuativo e la Relazione). L’Agenzia delle Entrate ha di recente emanato una circolare contenente alcune precisazioni in relazione alle modalità di applicazione dell’agevolazione ACE e chiarimenti in ordine alla disciplina antielusiva1; in tale sede è stato chiarito che, in considerazione delle analogie che caratterizzano alcuni aspetti della norma che regola l’ACE con le disposizioni già previste per la “Dual Income Tax” (cd. DIT), devono considerarsi ancora attuali i chiarimenti forniti dall’Amministrazione Finanziaria in merito alle fattispecie che risultino assimilabili per le due discipline di riferimento2. La materia è stata approfondita sotto vari aspetti dalla dottrina e tra i contributi più autorevoli si rammentano la Circolare ASSONIME 17/2012, la Circolare dell’Istituto di Ricerca del CNDCEC 28/2012 e la Circolare del Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa-San Paolo 3/2012. Con il presente intervento si intende illustrare sinteticamente il meccanismo di funzionamento dell’agevolazione e quindi passare in rassegna le principali questioni che insorgono nel caso in cui il

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Cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, avente ad oggetto “Chiarimenti in tema di “Aiuto alla crescita economica (ACE)”. In passato, nella Circolare n. 35 del 20 settembre 2012, avente a oggetto “Rilievi interpretativi inerenti quesiti posti nel corso del Modulo di aggiornamento professionale (MAP) del 31 maggio 2012”, l’Agenzia delle Entrate aveva fornito risposta ad alcuni quesiti specifici relativi all’inclusione nella base ACE dell’utile 2011 accantonato a riserva e alla valenza delle perdite civilistiche. Ad oggi l’Agenzia delle Entrate non ha emanato Risoluzioni attinenti l’argomento in esame. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova contribuente sia coinvolto in operazioni straordinarie neutrali, quali fusioni, scissioni, conferimenti d’azienda, trasformazioni, ripercorrendo gli spunti interpretativi suggeriti dalla prassi e dalla dottrina. Con specifico riferimento alle operazioni straordinarie, l’ambito di indagine è ristretto a società che applicano i principi contabili nazionali. Un secondo intervento sarà dedicato all’approfondimento delle operazioni che formano specifico oggetto delle disposizioni antielusive di cui all’art. 11 del Decreto attuativo, quali: il conferimento di denaro infragruppo; l'acquisizione infragruppo o l'incremento di partecipazioni in società controllate; l'acquisizione infragruppo d’azienda o rami d’azienda; i conferimenti in denaro provenienti da soggetti non residenti, se controllati da soggetti residenti, ovvero da soggetti residenti in paesi “black list”; l’incremento di crediti di finanziamento nei confronti di società del gruppo. 2. Il meccanismo di funzionamento dell’ACE. 2.1 Decorrenza.

L’art. 1, co. 9, del D.L. n. 201/2011 prevede che l’ACE si applichi a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011. Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, quindi, l’agevolazione ha trovato applicazione per la prima volta nel modello UNICO 2012, relativo al periodo d’imposta 2011. 2.2 L’ambito soggettivo.

Come stabilito dai commi 1 e 7 dell’art. 1, D.L. 201/2011, possono beneficiare dell’ACE tutti i soggetti imprenditori, siano essi individuali o società di persone e di capitali, incluse le stabili organizzazioni italiane di enti commerciali esteri e gli enti commerciali, purché in contabilità ordinaria. Con particolare riferimento ai soggetti residenti all’estero che hanno trasferito la propria residenza fiscale in Italia nei periodi d’imposta successivi a quello di prima applicazione, rientra nell’ambito soggettivo dell’ACE la società estera che abbia trasferito la propria residenza in Italia, dal momento in cui assume la qualifica di soggetto residente ai sensi dell’articolo 73 del TUIR3.

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In primis cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76 avente ad oggetto “Riordino delle imposte personali sul reddito al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese” e successive. 3 A partire dal periodo d’imposta di acquisizione della residenza fiscale in Italia, la società potrà, pertanto, fruire dell’agevolazione, considerando tutti gli incrementi e decrementi di capitale proprio realizzati a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2011; a nulla rileva il fatto che l’impresa abbia o meno fruito dell’ACE nei precedenti esercizi e resta ferma Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La Relazione precisa che gli enti non commerciali sono esclusi dall’agevolazione anche se svolgono attività d’impresa, poiché non sono esplicitamente ricompresi tra i soggetti potenzialmente beneficiari dell’ACE. Nel silenzio del Decreto attuativo, si ritiene che le società cooperative e di mutua assicurazione siano ammesse all’agevolazione, così come accadeva per la DIT; peraltro, a conferma di tale interpretazione, in un passo della Relazione si precisa che sono agevolate le riserve indivisibili delle società cooperative e dei loro consorzi. L’art. 9 del Decreto attuativo stabilisce l’esclusione dall’agevolazione dei soggetti sottoposti alle procedure di fallimento, liquidazione coatta amministrativa ovvero amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. La previsione in parola, come precisa la Relazione, si è resa necessaria in quanto “trattasi di procedure non finalizzate alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica per le quali, peraltro, si applicano criteri di determinazione del reddito diversi da quelli ordinari”. Al riguardo, con riferimento all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’ACE resta applicabile nel caso in cui la procedura sia finalizzata al risanamento della società con continuazione dell’esercizio d’impresa, come ad esempio accade nell’amministrazione straordinaria di cui agli artt. 70 e ss. del TUB4. Inoltre, si ritiene che in astratto anche i soggetti in liquidazione ordinaria e in concordato preventivo possano fruire dell’ACE, così come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria con riferimento alla DIT5. Infine, l’Agenzia delle Entrate cha chiarito che possono fruire dell’ACE anche le società “non operative” di cui all’art. 30, L. 724/1994, tassate in base a un reddito minimo presunto, confermando l’interpretazione già fornita in passato secondo cui tale reddito può essere ridotto delle agevolazioni fiscali spettanti al contribuente6. 2.3 Quantificazione dell’agevolazione per i soggetti IRES (artt. 1-5 del Decreto attuativo). l’impossibilità di beneficiare dell’ACE per i periodi d’imposta precedenti a quello di acquisizione della residenza fiscale in Italia (cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, par. 1.1). 4 Cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, par. 1.3. 5 Cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76, par. 2, in cui l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che “relativamente alle imprese sottoposte alla liquidazione ordinaria, alla procedura di amministrazione controllata di cui al titolo IV del R.D. 16 marzo 1942, n.267, a quella di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui al DL 30 gennaio 1979, n. 26, convertito dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, nonché al concordato preventivo con o senza cessione dei beni, si ritiene che le stesse rientrino nel novero di quelle ammesse alla agevolazione. Trattasi, infatti, di procedure finalizzate alla continuazione dell'esercizio dell'attività economica allo scopo di evitare l'instaurarsi di procedure concorsuali”. 6 Cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, par. 1.4. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Il presupposto per fruire dell’ACE è l’incremento del patrimonio netto dell’impresa, ragguagliato ad anno, rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2010 assunto al netto dell’utile di esercizio; la base di calcolo dell’ACE è quindi formato dalle variazioni in aumento e in diminuzione del patrimonio netto di riferimento di seguito illustrate, le quali assumono rilevanza a partire da momenti diversi. In particolare, rilevano come variazioni in aumento: -

i conferimenti in denaro; a titolo esemplificativo, rientrano in tale fattispecie i versamenti eseguiti a fronte della ricostituzione o dell’aumento del capitale sociale (o del fondo di dotazione degli enti commerciali), i versamenti a fondo perduto o in conto capitale eseguiti dai soci, i versamenti dei soci a titolo di sovrapprezzo emissione azioni o quote o per gli interessi di conguaglio, purché il relativo versamento sia effettivamente eseguito; il Decreto attuativo assimila ai conferimenti in denaro le compensazioni dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale e la “rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la società”, mentre la Relazione vi aggiunge la conversione di obbligazioni in azioni; sono evidentemente esclusi i conferimenti in natura e i finanziamenti in denaro erogati dai soci;

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gli utili accantonati a riserva, con esclusione di quelli destinati alle riserve non disponibili; al riguardo, il Decreto attuativo fornisce una nozione di “riserve indisponibili” che in parte si discosta da quella prevista dai principi contabili nazionali, considerando come tali le riserve formate da utili non effettivamente conseguiti in quanto derivanti da processi di valutazione, e le riserve formate con utili realmente conseguiti che, per disposizioni di legge, sono o divengono indisponibili per ogni utilizzo (distribuzione di dividendi, aumento del capitale sociale o copertura delle perdite)7; come precisato dalla Relazione, gli accantonamenti a riserva legale, statutaria o facoltativa e a riserve indivisibili delle cooperative sono invece agevolabili, così come le riclassificazioni di riserve indisponibili a riserve disponibili a seguito del venir meno delle condizioni di indisponibilità.

D’altro canto, rilevano quali variazioni in diminuzione della base di calcolo dell’ACE le riduzioni del patrimonio netto con distribuzione in denaro o in natura, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti di riserve

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La Relazione esemplifica alcune riserve di utili derivanti dalla mera valutazione: - la riserva costituita a fronte della valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto di - cui all’art. 2426 co. 1 n. 4 c.c.; - la riserva per utili su cambi non realizzati di cui all’art. 2426 co. 1 n. 8-bis) c.c.; - le riserve derivanti da rivalutazioni volontarie; - le riserve di cui all’art. 6 del DLgs. 38/2005. Per quanto riguarda, invece, le riserve indisponibili per ogni utilizzo, la Relazione cita la riserva per acquisto azioni proprie. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova di utile o di capitale; come precisato dalla Relazione, non devono essere considerate le riduzioni del patrimonio netto per effetto di perdite di esercizio. Le variazioni in aumento e in diminuzione sopra elencate assumono rilevanza a partire da momenti diversi: -

i conferimenti in denaro rilevano pro rata temporis a partire dalla data di versamento (ma nel calcolo dell’ACE dell’anno successivo rilevano integralmente), mentre gli accantonamenti a riserva degli utili rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le riserve stesse si sono formate;

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i decrementi patrimoniali invece rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati8.

Tutte le variazioni valgono anche per gli esercizi successivi. Per completezza si rammenta che anche le operazioni disciplinate dalle disposizioni antielusive di cui all’art. 11 del Decreto attuativo, già citate in premessa, riducono la base di calcolo dell’ACE, talune con carattere permanente, altre in via transitoria; resta salva la facoltà per il contribuente di ottenere la disapplicazione della norma in questione mediante lo strumento dell’interpello disapplicativo di cui all’art. 37-bis, co. 8, del D.P.R. 600/1973. Nell’ipotesi di periodo di imposta superiore o inferiore all’anno solare, ai fini della quantificazione del beneficio ACE deve considerarsi quanto precisato dalla Relazione Illustrativa, secondo cui il capitale proprio va ragguagliato “alla durata del periodo stesso al fine di rendere tale variazione omogenea con il coefficiente di rendimento nozionale ad essa applicabile determinato su base annuale”. In particolare, per operare la corretta determinazione dell’agevolazione ACE è necessario effettuare il seguente calcolo:

Secondo l’Agenzia delle Entrate, con riferimento alle variazioni del capitale proprio derivanti da conferimenti in denaro, il ragguaglio va operato tenendo conto sia del lasso temporale intercorrente tra la data del conferimento e la chiusura dell’esercizio sia della durata complessiva dell’esercizio stesso9: 8

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la distribuzione di riserve di utili assume rilievo, quale riduzione del capitale proprio, a partire dall’inizio del periodo d’imposta in cui la stessa viene assunta, a prescindere dal fatto che la materiale erogazione ai soci sia successiva (cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, par. 2). Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


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A seguito delle recentissime modifiche introdotte dall’art. 19, co. 1, del D.L. 24 giugno 2014, per le società ammesse alla quotazione in mercati regolamentati di Stati membri della UE o aderenti allo Spazio economico europeo in data successiva a quella di entrata in vigore del Decreto Legge, la variazione in aumento di capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura di ciascun esercizio precedente è incrementata del 40% per il periodo di imposta di ammissione ai suddetti mercati e per i due successivi10. Sebbene nel D.L. 201/2011 non vi sia alcuna disposizione in tal senso, l’art. 11 del Decreto attuativo stabilisce che l’incremento del patrimonio netto possa essere agevolato sino a concorrenza del patrimonio netto esistente al termine dell’esercizio così come risultante dal relativo bilancio, assunto al netto della riserva per acquisto azioni proprie. Dalle istruzioni ai modelli dichiarativi emerge che, per esigenze di semplificazione11, tale grandezza deve essere assunta includendo l’utile dell’esercizio e al netto del risparmio fiscale teorico dovuto all’ACE. In tale contesto, come in precedenza chiarito, le perdite dell’esercizio non costituiscono variazioni in diminuzione della base di calcolo ACE, tuttavia influenzano il relativo calcolo poiché riducono il limite costituito dal patrimonio netto contabile. Una volta individuata la base di calcolo come sopra illustrato, è possibile determinare l’ACE in misura pari al rendimento nozionale, stabilito in misura pari al 3% per il 2013 e in misura crescente negli esercizi successivi12. Come precisato dalla Relazione, l’importo così ottenuto costituisce una deduzione dal reddito, da effettuarsi dopo lo scomputo delle perdite derivanti da esercizi precedenti. L’ACE non può generare una perdita fiscale o una maggior perdita fiscale per l’impresa, ma nel caso in cui l’importo del rendimento nozionale superi il reddito complessivo netto dichiarato, l’eccedenza può essere riportata a scomputo dei redditi di periodi d’imposta successivi, senza alcun limite temporale e quantitativo, tranne quello, evidenziato dall’Agenzia delle Entrate, di utilizzare obbligatoriamente l’ACE fino a concorrenza

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Cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, par. 2.1. L’agevolazione è subordinata alla preventiva autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del TFUE. 11 In tal è modo è possibile evitare complicatissimi calcoli iterativi, dovuti al fatto che l’importo del patrimonio netto dipende dall’utile di esercizio, che è influenzato dall’IRES, a sua volta ridotta dall’ACE. 10

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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova del reddito complessivo netto del periodo d’imposta cui si riferisce13. A seguito delle recentissime modifiche introdotte dall’art. 19, co. 2, del D.L. 24 giugno 2014, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 è prevista, a regime, in luogo del riporto in avanti dell’eccedenza ACE per incapienza del reddito, la facoltà di trasformare tale eccedenza in un credito d’imposta, determinato in ragione dell’aliquota IRES e utilizzabile in cinque quote annuali di pari importo in diminuzione dell’IRAP dovuta in ciascun esercizio. 2.4 Quantificazione dell’agevolazione per i soggetti IRPEF.

L’art. 1, co. 7, del D.L. 201/2011 estende il beneficio dell’ACE ai soggetti IRPEF imprenditori, siano essi imprenditori individuali, società in nome collettivo o in accomandita semplice; le modalità di determinazione dell’agevolazione per tali soggetti sono state stabilite dall’art. 8 del Decreto. In estrema sintesi, nell’ambito IRPEF la base di calcolo dell’ACE non è rappresentata dall’incremento del capitale proprio, bensì dal patrimonio netto contabile esistente al termine dell’esercizio, incluso l’utile di esercizio. In altre parole, si tratta di una grandezza “stock” e non del suo aumento rispetto al dato di partenza; di conseguenza, non assumono autonomo rilievo le variazioni in aumento e in diminuzione sopra elencate con riferimento ai soggetti IRES ma tali fattispecie influenzano la quantificazione dell’ACE poiché impattano sullo “stock” del patrimonio netto contabile, così come i prelevamenti di utili tipici delle società di persone. In conseguenza di tale scelta legislativa, tutto il patrimonio netto contabile costituisce la base su cui applicare il rendimento nozionale, con inclusione anche della quota di patrimonio di vecchia formazione (vale a dire, risultante dall’esercizio 2010), oltre che ovviamente la quota di nuova formazione, anche se derivante da apporti in natura e non in denaro. Parimenti assumono rilievo tutte le poste di patrimonio, come peraltro precisato dalla Relazione, senza distinzione in ordine alla disponibilità civilistica o fiscale, come ad esempio le riserve di rivalutazione, le perdite civilistiche, il capitale e le riserve costituiti a fronte di conferimenti in natura. Si tratta di una scelta dettata anche da esigenze di ordine semplificativo in considerazione dell’estrema complessità che sarebbe derivata dall’applicazione ai soggetti IRPEF di regole analoghe a quelle previste per le società di capitali.

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Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, al 31 dicembre 2015 e al 31 dicembre 2016 l’aliquota è fissata, rispettivamente, al 4 per cento, al 4,5 per cento e al 4,75 per cento (cfr. modifiche apportate dall’art. 1, comma 137, lett. a) e b), della L. del 27 dicembre 2013 n. 147). 13 Cfr. Circolare n. 12 del 23 maggio 2014, par. 2. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Altra peculiarità da segnalare è che la quota di reddito detassata a seguito dell’applicazione dell’ACE concorre comunque alla formazione del reddito complessivo, ai fini della determinazione progressiva dell’IRPEF, nonché delle detrazioni spettanti14. La misura del rendimento nozionale, la deduzione dal reddito postergata rispetto all’utilizzo delle perdite, il riporto dell’eccedenza a esercizi successivi o l’eventuale trasformazione in credito d’imposta da scomputare dall’IRAP invece sono aspetti comuni del meccanismo ACE applicabili sia ai soggetti IRPEF sia ai soggetti IRES. 3. L’ACE nelle operazioni straordinarie.

Il Decreto attuativo non disciplina il funzionamento dell’agevolazione in caso di operazioni straordinarie e al riguardo la Relazione precisa che “Non si è ritenuto di prevedere alcuna disposizione specifica concernente i riflessi dell’ACE in caso di operazioni straordinarie in quanto trovano applicazione, tendenzialmente, i principi generali che connotano tali operazioni”. Nell’attesa di conoscere quale sia la posizione dell’Agenzia delle Entrate in materia, si tratta quindi di declinare nelle diverse operazioni straordinarie i predetti principi generali con riferimento al peculiare meccanismo dell’ACE, cercando di valorizzare le scarne indicazioni a suo tempo fornite in materia di DIT dall’Amministrazione Finanziaria. Al riguardo, pare possibile enucleare alcune questioni comuni alle operazioni neutrali di fusione, scissione, conferimento e trasformazione: -

l’inidoneità di tali operazioni a generare di per sé variazioni in aumento del capitale proprio ai fini ACE, in quanto non assimilabili a conferimenti in denaro;

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la trasferibilità in capo alla società avente causa delle variazioni in aumento e in diminuzione formatesi in capo alla dante causa;

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la riportabilità in capo alla società avente causa delle eccedenze di ACE residue del dante causa;

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In altre parole, il reddito agevolato è rilevante ai fini dell'individuazione delle aliquote per scaglioni di reddito; in presenza di altri redditi imponibili, esso concorre alla formazione del primo scaglione e dei successivi fino a concorrenza del suo intero ammontare. Gli eventuali altri redditi, rispetto a quello agevolato, si aggiungono a quello agevolato ai fini della formazione degli scaglioni successivi. Parimenti, ai fini della determinazione delle detrazioni per carichi di famiglia, da lavoro, per oneri e per canoni di locazione, la quota ACE concorre alla formazione del reddito complessivo, rilevando in tutti i casi in cui la misura di tali detrazioni è correlata all’importo dei tale reddito. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


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l’idoneità delle operazioni straordinarie a produrre un effetto positivo in termini di incremento del patrimonio netto contabile, che costituisce pur sempre un innalzamento del tetto massimo per la fruizione della base ACE;

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l’applicabilità di norme antielusive.

3.1 Trasformazione.

Nell’ambito dell’operazione in esame si distinguono le trasformazioni omogenee, disciplinate sotto l’aspetto fiscale dall’art. 170 del TUIR, e le trasformazioni eterogenee, disciplinate sotto l’aspetto fiscale dall’art. 171 del TUIR limitatamente a quelle intercorrenti tra società di capitali ed enti non commerciali e viceversa. Sgombrando subito il campo d’indagine dalle questioni relative alle trasformazioni eterogenee di cui al citato art. 171, qui basti osservare che in tali operazioni la forma giuridica di partenza o di arrivo è esclusa dall’ambito applicativo dell’ACE e per tale motivo pare ragionevole ritenere che: -

nel caso in cui il soggetto derivante dalla trasformazione sia un ente non commerciale, sia esclusa la trasferibilità delle variazioni in aumento e in diminuzione e delle eccedenze di ACE residue formatesi in capo alla dante causa, da considerarsi irrimediabilmente perdute;

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nel caso in cui il soggetto derivante dalla trasformazione sia una società di capitali, non si generi alcuna variazione in aumento del capitale proprio ai fini ACE, poiché a seguito dell’operazione non si verifica alcun conferimento in denaro.

La restante parte del paragrafo sarà quindi dedicato alle trasformazioni omogenee. Sebbene la prassi e la dottrina non si siano espresse sul punto, al riguardo sembra pacifico che la trasformazione, in quanto operazione fiscalmente neutrale al pari di fusioni e scissioni, sia inidonea a generare variazioni in aumento del capitale proprio ai fini ACE. Tale assunto dovrebbe ragionevolmente valere anche nel caso di trasformazione progressiva da società di persone in società di capitali, in cui il soggetto risultante dall’operazione iscriva nella propria contabilità i plusvalori o i minusvalori latenti sugli elementi dell’attivo e del passivo attestati dalla perizia di stima; infatti, tali maggiori o minori valori contabili non corrispondono ad alcun conferimento in denaro (e nemmeno in natura) e inoltre la forma giuridica di arrivo esclude la rilevanza ai fini ACE delle riserve da rivalutazione. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Con riferimento alla trasferibilità in capo alla società derivante dalla trasformazione delle variazioni in aumento e in diminuzione formatesi prima del perfezionamento dell’operazione, in ambito DIT l’Amministrazione Finanziaria ha affermato il condivisibile principio generale secondo cui “… per quanto concerne l'ipotesi di trasformazione da società soggetta all'IRPEG a società non soggetta a tale imposta, o viceversa, la variazione in aumento del capitale investito, nei periodi d'imposta successivi alla trasformazione stessa, rileverà secondo le regole disposte dal decreto legislativo in esame con riferimento al nuovo tipo di società anche per le variazioni in aumento del capitale investito formatesi prima della trasformazione stessa”15. Tale orientamento si basava evidentemente sul fatto che sia la forma giuridica di partenza sia quella di arrivo erano ricomprese nell’ambito di applicazione dell’agevolazione ed è coerente con la natura della trasformazione, che costituisce una mera modifica statutaria ed è caratterizzata da un’assoluta continuità tra trasformanda e trasformata. Nell’applicazione concreta del principio sopra esposto, il caso più delicato è certamente quello della trasformazione progressiva, mentre in merito alla trasformazione regressiva sembrano sussistere maggiori certezze interpretative. In particolare, richiamando la sopracitata pronuncia dell’Amministrazione Finanziaria, in caso di trasformazione regressiva si ammetteva la possibilità di adottare il criterio di calcolo dell’incremento agevolabile basato sullo “stock” di patrimonio netto tipico delle società di persone, in luogo di quello basato sul solo incremento del patrimonio valevole per le società di capitali, anche in relazione al capitale formatosi prima della trasformazione. In dottrina si ritiene che tale interpretazione sia applicabile anche in relazione alla nuova disciplina dell’ACE; in altre parole, la società di persone risultante dalla trasformazione erediterebbe quale base di calcolo ACE il patrimonio netto esistente in capo alla società di capitale al momento della trasformazione, sebbene tale patrimonio si sia formato in esercizi precedenti e non abbia generato alcun incremento rilevante in capo alla società trasformanda. Al contrario, in caso di trasformazione progressiva, pare arduo ipotizzare che la società di capitali derivante dalla trasformazione possa assumere come incremento del capitale proprio lo “stock” di patrimonio netto esistente nella società di persone al momento della trasformazione16. Piuttosto, sembra ragionevole ritenere che si dovrebbero assumere le regole applicabili al nuovo soggetto e valutare la compatibilità delle operazioni in precedenza eseguite dalla società trasformanda. In altre parole, si 15 16

Cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76, par. 15. Cfr. MENEGHETTI P., CIRC.TRIB. 35/2012, ACE e operazioni straordinarie, pag. 17. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova potrebbero includere nella base di calcolo ACE in capo alla società trasformata anche le variazioni in aumento e in diminuzione avvenute prima della trasformazione, finché il soggetto aveva la forma giuridica di società di persone, purché rilevanti secondo la disciplina tipica delle società di capitali (variazioni intervenute dal 2011 in poi, quali ad esempio l’accantonamento dell’utile a riserva, i conferimenti in denaro, il prelievo degli utili da parte dei soci, etc., ma non l’iscrizione di riserve di rivalutazione volontaria o da conferimenti in natura). Per quanto attiene alla sorte delle eccedenze di ACE residue della società trasformanda, in dottrina17 si è ritenuto che possano trovare applicazione i medesimi principi interpretativi enunciati dall’Agenzia delle Entrate in relazione alle perdite fiscali18. In particolare, in caso di trasformazione progressiva, l’eccedenza maturata ante trasformazione in capo alla società di persone non sarebbe trasferibile alla società di capitali ma verrebbe attribuita ai soci, che ne potrebbero usufruire secondo le regole ordinarie nello stesso modo dell’utilizzo delle eventuali perdite acquisite. Invece, nel caso di trasformazione regressiva, l’eccedenza di ACE maturata in capo alla società di capitali sarebbe trasferita alla società di persone, ma non potrebbe essere attribuita per trasparenza ai soci; in altre parole, l’eccedenza continuerebbe a essere riportabile secondo le regole ordinarie, ma rimarrebbe imputata in capo alla società che le ha prodotte, e dovrebbe quindi essere scomputata anno per anno “in prededuzione” dal reddito imponibile nei limiti di capienza dello stesso e fino a esaurimento. In relazione all’applicabilità di norme antielusive, in ambito DIT l’Amministrazione Finanziaria ha ribadito che “Nell'ipotesi di trasformazione finalizzata ad ottenere vantaggi collegati alla diversa applicazione della disciplina della DIT, è applicabile la disposizione antielusiva di cui all'art. 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973”. Anche in ambito ACE il passaggio dal meccanismo tipico delle società di capitali a quello delle società di persone può comportare benefici fiscali, anche rilevanti, poiché in capo alla società derivante dalla trasformazione assume rilevanza l’intero patrimonio netto formatosi prima dell’operazione straordinaria (ad esempio inclusivo di riserve di rivalutazione). Al riguardo, in dottrina si ritiene che nell’ambito ACE l’operazione non dovrebbe essere qualificabile come elusiva poiché ci si trova di fronte a regimi alternativi paritetici, messi a disposizione dal legislatore in funzione della veste

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Cfr. CAMERINO M., IL FISCO 31/2012, Aiuto alla crescita economica: effetti delle operazioni straordinarie, pag. 4938. Cfr. Risoluzione del 16 maggio 2005 n. 60. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova giuridica dell’impresa e, pertanto, sarebbe irrazionale ipotizzare che la scelta tra tali regimi possa essere legittimamente effettuata solo in sede di costituzione e non anche in sede di trasformazione19. 3.2 Fusione.

Con riferimento all’operazione di fusione, i profili d’interesse ai fini dell’ACE sono di vario tipo. In primo luogo, come peraltro chiarito dalla Relazione20, la fusione non è idonea di per sé a determinare alcuna variazione rilevante ai fini ACE, né in aumento né in diminuzione, neppure nel caso in cui a seguito dell’operazione si determini una variazione del patrimonio netto della società incorporante o risultante dalla fusione a causa dell’emersione di avanzi o disavanzi, siano essi da annullamento o concambio. Infatti, ai fini della fruizione dell’agevolazione, non rilevano gli incrementi patrimoniali in natura, ma solo quelli in denaro ovvero gli accantonamenti di utili a riserve disponibili. Inoltre, in questo contesto, deve considerarsi irrilevante la circostanza che fra gli elementi dell’attivo dell’incorporata siano incluse somme di denaro21. Per quanto attiene alla trasferibilità delle variazioni formatesi prima del perfezionamento della fusione, in ambito DIT l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che “la società risultante dalla fusione o quella incorporante, possa, a partire dalla data in cui ha effetto la fusione, determinare l'incremento del proprio capitale investito, assumendo anche la variazione in aumento del capitale investito delle società fuse o incorporate”22. Si riteneva quindi che la fusione, in forza del principio di neutralità e continuità fiscale che la caratterizza, non ponesse alcun ostacolo al subentro nell’importo delle variazioni in aumento e in diminuzione valide ai fini dell’agevolazione, sebbene maturate prima dell’operazione straordinaria, e la dottrina reputa che i suddetti chiarimenti siano estendibili anche all’ambito ACE. In altre parole, al fine di determinare l’incremento di capitale proprio rilevante ai fini ACE, la società incorporante o risultante

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Cfr. ASSONIME, circ. 17/2012, La disciplina dell’ACE (aiuto alla crescita economica), par. 3.2.2, pag. 81; di parere opposto sembrerebbe essere l’Agenzia delle Entrate che, nella Risoluzione del 28 aprile 2008 n. 177, in tema di trasformazione di S.p.a. in S.r.l. al fine di fruire del regime di determinazione dell’imponibile su base catastale per le società agricole, considera elusiva l’operazione di trasformazione. 20 La Relazione precisa che “Non rilevano, altresì, … i decrementi conseguenti a operazioni di fusione e scissione”. 21 Cfr. Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa-San Paolo, Circ. 3/2012, Aiuto alla crescita economica (ACE), pag. 46. 22 Cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76, par. 15. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova dalla fusione dovrebbe sommare al proprio incremento anche quello manifestatosi presso le società incorporate o fuse23. Il principio sopra richiamato deve essere temperato nel caso in cui la società controllante incorpori una propria partecipata in cui abbia effettuato in precedenza un conferimento rilevante, che costituisce operazione da sterilizzare in quanto potenzialmente elusiva. In tale situazione, con riferimento alla DIT, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che la disciplina relativa alle sterilizzazioni dei conferimenti a società appartenenti al medesimo gruppo non doveva risolversi in annullamenti ingiustificati dell’agevolazione; di qui la necessità di eliminare le sterilizzazioni dei conferimenti da parte della controllante incorporante a favore della controllata incorporata e, nel contempo, di ridurre gli incrementi di quest’ultima derivanti dai predetti conferimenti24. L’indicazione può ritenersi valida anche per l’ACE. Un’ulteriore questione riguarda il subentro della società risultante dalla fusione nelle deduzioni ACE non operate dalle società partecipanti, ante fusione, per incapienza del relativo reddito imponibile e per tale ragione riportate a nuovo. La dottrina propende a favore della soluzione affermativa, in virtù della regola generale di subentro della incorporante nella posizione soggettiva delle incorporate. Inoltre, si ritiene che il riporto delle eccedenze ACE non dedotte dalle società partecipanti alla fusione non subisca l’applicazione della disciplina antielusiva speciale (cd. “test di vitalità” e limite del patrimonio netto) di cui all’art 172, co. 7 del TUIR, che riguarda le perdite e le eccedenze di interessi passivi, poiché essa non è richiamata dal Decreto attuativo ed era ritenuta inapplicabile anche ai fini della DIT25. Un’ulteriore questione attiene all’applicazione del limite stabilito per i soggetti IRES dall’art. 11 del Decreto attuativo, secondo cui la base di calcolo dell’ACE non può eccedere il patrimonio netto contabile esistente al termine dell’esercizio così come risultante dal relativo bilancio, al netto della riserva per acquisto azioni proprie. È noto che la fusione può comportare una variazione nel patrimonio netto contabile complessivo delle società fuse o incorporate a seguito, ad esempio, dell’emersione di plusvalori o minusvalori del patrimonio trasferito. In dottrina si ritiene che, nel caso in cui il patrimonio netto complessivo si incrementasse a seguito della fusione, questo fenomeno consentirebbe di elevare il tetto 23

Da quanto sopra discende naturalmente che il subentro può eventualmente riguardare anche variazioni di capitale proprio complessivamente di segno negativo, con la conseguenza che, a seguito della fusione, in caso di prevalenza di variazioni negative pregresse, si potrebbe quindi verificare una riduzione della base di calcolo ACE (cfr. ASSONIME, cit., pag. 75). 24 Cfr. Risoluzione del 16 maggio 2002 n. 147. 25 Cfr. ASSONIME, cit., pag. 77; CNDCEC, circ. 28/2012-IR, L’aiuto alla crescita economica (ACE), pag. 19; Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa-San Paolo, cit. pag. 46; Cfr. CAMERINO M., cit., pag. 4937; LANDUZZI F., RIV.OP.STRAORD. 1/2012, L’ACE nelle operazioni straordinarie, pag. 10. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova massimo per la fruizione della base ACE, permettendo di utilizzare variazioni in aumento rimaste in precedenza inutilizzate dalle società partecipanti; la situazione opposta dovrebbe verificarsi in caso di riduzione del patrimonio netto complessivo26. 3.3 Scissione.

Per l’operazione di scissione valgono le medesime considerazioni svolte con riferimento alla fusione; tuttavia, con riferimento alla trasferibilità delle variazioni in aumento e in diminuzione e delle eccedenze ACE residue formatesi in capo alla dante causa, si pone la questione delle modalità di ripartizione di tali importi tra le società partecipanti alla scissione. In ambito DIT L’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che “Relativamente, infine, all'ipotesi di scissione sia totale che parziale, di società, il criterio in base al quale deve essere effettuata la ripartizione della variazione in aumento del capitale investito, è individuabile nella disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 123-bis del TUIR, nel senso che la predetta variazione deve essere ripartita esclusivamente in proporzione alle rispettive quote di patrimonio netto contabile trasferite o rimaste nella società scissa”27. La dottrina conferma che la ripartizione tra la società scissa e le beneficiarie (in caso di scissione parziale) o fra le sole società beneficiarie (in caso di scissione totale) dell’incremento di capitale proprio in precedenza formatosi sulla scissa debba avvenire secondo il criterio fissato dall’art. 173, co. 4, del TUIR per le posizioni soggettive, e cioè in proporzione alle quote di patrimonio netto contabile rispettivamente trasferite o rimaste sulla scissa. Il medesimo principio è da ritenersi valido anche per le eccedenze di ACE formatesi presso la scissa in precedenti periodi di imposta, da riportare in avanti, senza che in tal caso trovino applicazione i limiti in materia di riporto della perdite fiscali, come già osservato in relazione alla fusione28. Ai fini dell’ACE si pone una questione specifica per la scissione che si presentava solo marginalmente in ambito DIT. Infatti, nel meccanismo applicativo della nuova agevolazione, le riserve di utili soggette a vincolo di indisponibilità non concorrono a formare l’incremento di capitale proprio rilevante e, conseguentemente, la variazione della natura della riserva da indisponibile a disponibile (e viceversa), per effetto della istituzione o della decadenza del vincolo, determina corrispondenti variazioni della base di

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Cfr. ASSONIME, cit. , pag. 79 e MENEGHETTI P. cit, pag. 13. Cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76, par. 15. 28 Cfr. ASSONIME, cit. , pag. 78, Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa-San Paolo, cit. pag. 47, LANDUZZI F., cit., pag. 11 27

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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova calcolo dell’agevolazione. Per tale ragione, la società scissa, oltre ad essere titolare di una base ACE attuale, può anche essere titolare di una base ACE “in fieri”, costituita da riserve di utili indisponibili che potranno eventualmente assumere rilevanza in futuro. In tale contesto la dottrina ritiene inappropriata l’applicazione del principio di ripartizione in proporzione alle quote di patrimonio netto contabile, tenuto conto che la rimozione del vincolo di indisponibilità dipenderebbe da dinamiche delle riserve in capo alla beneficiaria e, quindi dalla composizione delle riserve trasferite; a tal fine, quindi, sembrerebbe corretto attenersi ad un criterio analitico-contabile, quantomeno nel caso in cui sia possibile ricostruire quali sono le riserve di utili, vincolate e non, in concreto attribuite alle società beneficiarie29. 3.4 Conferimento d’azienda.

Per quanto riguarda i conferimenti di azienda o di rami di azienda, in dottrina si reputa unanimemente che le variazioni di patrimonio netto rilevanti ai fini ACE accumulate presso la conferente restino in capo a quest’ultima e non si trasferiscano alla conferitaria. Infatti, ai sensi del comma 1 dell’art. 176 del TUIR, quest’ultima subentra nella posizione del conferente in ordine ai valori fiscali degli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda conferita, ma non eredita le posizioni soggettive, tra le quali deve includersi l’incremento di capitale proprio rilevante ai fini ACE30. Analoghe considerazioni valgono per le eccedenze di ACE residue in capo alla società conferente31. Dal versante della società conferente, il conferimento di azienda potrebbe comportare un beneficio ai fini ACE poiché l’eventuale plusvalenza da conferimento incrementa l’utile di esercizio suscettibile di essere accantonato a riserva disponibile e, quindi, è in astratto suscettibile di assumere rilevanza ai fini dell’agevolazione32. A nulla rileva la circostanza che trattasi di utili non assoggettati a tassazione per effetto del regime di neutralità di cui all’art. 176 del TUIR: ciò che conta esclusivamente è che l’utile rimanga all’interno dell’economia dell’impresa e non sia ripartito tra i soci. Dal versante della conferitaria, nel caso si tratti di società di capitali, è pacifico che l’apporto dell’azienda non sia idoneo a determinare un incremento di capitale rilevante ai fini ACE, trattandosi di un conferimento in natura. In ambito DIT l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che “laddove 29

Cfr. ASSONIME, cit., pag. 79; MENEGHETTI P. cit., pag. 12; cfr. GAIANI L., CORR. TRIB. 18/2013, L’ACE fa i conti con il consolidato e con le operazioni straordinarie, pag. 1398. 30 Cfr. ASSONIME, cit., pag. 73; Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa-San Paolo, cit. pag. 47; 31 Cfr. Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa-San Paolo, cit. pag. 48; IZZO B., MIELE L., CORR. TRIB. 6/2012, Ai fini ACE per le operazioni straordinarie rilevano i principi generali, pag. 394. 32 Cfr. ASSONIME, cit., pag. 73; IZZO B., MIELE L., cit. pag. 394; MENEGHETTI P. cit, pag. 15; CAMERINO M., cit., pag. 4935. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova  Tel. 049 651894  Tel. 049 661482  Fax 049 8753420  C.F. 92204470287  www.odcecpadova.it  e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA


Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova l'incremento del capitale investito sia effettuato mediante un conferimento di azienda (o di ramo di azienda), ancorché quest'ultima, nei suoi elementi dell'attivo, contenga delle somme di denaro, il conferimento relativo alla componente denaro non configura incremento del capitale rilevante ai fini DIT. Infatti, il conferimento di azienda è da considerarsi nel suo complesso quale conferimento in natura, atteso che l'azienda costituisce una "universitas" di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridicoeconomici diretti a consentire l'esercizio dell'attività d'impresa”33. In dottrina si ritiene pacificamente che tali conclusioni valgano anche per l’ACE; secondo taluni l’interpretazione varrebbe anche quando la conferitaria viene costituita proprio grazie al conferimento34. Infine, anche per la conferitaria l’operazione in esame comporta un effetto positivo indiretto ai fini dell’ACE, perché dall’apporto dell’azienda discende un innalzamento del tetto massimo per la fruizione della base ACE dato dal patrimonio netto contabile35. Se invece la conferitaria è una società di persone, assumono rilevanza anche il capitale e le riserve costituiti a seguito di conferimento in natura, e quindi anche d’azienda. In tale contesto, se la conferente fosse una società di capitali, essa non perderebbe base ACE poiché non sarebbero applicabili le norme antielusive specifiche che riguardano i soli conferimenti in denaro e le cessioni d’azienda infragruppo, mentre in capo alla conferitaria si incrementerebbe il capitale agevolabile. Tale effetto a prima vista moltiplicativo potrebbe apparire contrario al sistema; al riguardo in dottrina si ritiene che probabilmente si tratta di una conseguenza fisiologica della scelta di attribuire il beneficio ACE anche in relazione agli apporti in natura comunque effettuati in favore delle società di persone36, ma potrebbe trattarsi di un difetto di coordinamento tra il regime ACE dei soggetti IRES e quello dei soggetti IRPEF che l’Agenzia delle Entrate potrebbe opportunamente chiarire. Ancor più discutibili appaiono le conseguenze che potrebbero prodursi nel caso in cui anche la conferente sia una società di persone e, comunque, in presenza di catene societarie già esistenti di società di persone; in tale situazione, l’applicazione del criterio dello “stock” di patrimonio tipico dei soggetti IRPEF potrebbe condurre al riconoscimento del beneficio ACE a ogni livello della catena societaria, generando effetti cumulativi dell’agevolazione che sembrano contrari a un’interpretazione sistematica della disciplina ACE.

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Cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76, par. 4.1.1. Cfr. MENEGHETTI P. cit, pag. 15. 35 Cfr. MENEGHETTI P. cit, pag. 15; CAMERINO M., cit., pag. 4935. 36 Cfr. ASSONIME, cit., pag. 93, nota 163; Cfr. MENEGHETTI P. cit, pag. 16. 34

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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Infine, si ritiene che ai fini dell’ACE il conferimento d’azienda non possa essere assimilato alla fattispecie di cessione d’azienda e che quindi non possa, per tale via, determinare una penalizzazione per la conferitaria in caso di riorganizzazione di gruppi societari37. Sul punto si rammenta che la cessione d’azienda, se effettuata in ambito infragruppo, costituisce operazione da sterilizzare in capo all’acquirente tramite apposito decremento in quanto potenzialmente elusiva ai sensi dell’art. 10 del Decreto attuativo; da essa, infatti, potrebbe derivare un trasferimento di liquidità a favore del cedente che potrebbe poi essere impiegato per creare all’interno del gruppo effetti moltiplicativi dell’ACE osteggiati dalla norma antielusiva. Nel conferimento d’azienda tale circostanza non può verificarsi, mancando per definizione un trasferimento di liquidità, ma l’applicazione della norma antielusiva potrebbe controbilanciare l’effetto positivo ACE derivante dalla plusvalenza da conferimento. Al riguardo è stato ragionevolmente osservato che se la finalità del Decreto attuativo fosse stata questa, la norma non si sarebbe rivolta alle sole cessioni di azienda infragruppo né si sarebbe focalizzata sul corrispettivo lordo pattuito tra le parti, ma sulla plusvalenza stessa; d’altro canto, residua un qualche margine di dubbio poiché la norma non distingue tra corrispettivi pagati in denaro e quelli corrisposti in natura38, né attribuisce una qualche rilevanza all’effettivo pagamento. La questione meriterebbe quindi una conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate.

*A cura di Pietro Freddo, Dottore Commercialista, componente della Commissione Fiscalità Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova, con il coordinamento di Alessandro Grassetto, dottore commercialista, presidente della Commissione Fiscalità Odcec di Padova.

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Cfr. ASSONIME, cit., pag. 74. In passato, con riferimento alla riduzione della base di calcolo DIT derivante dal corrispettivo pagato per l'acquisto di aziende, l’Amministrazione Finanziaria si è limitata ad affermare che “ … il corrispettivo non deve essere necessariamente in denaro; pertanto, anche il corrispettivo in natura riduce la variazione in aumento del capitale investito” (cfr. Circolare Ministeriale del 6 marzo 1998 n. 76, par. 6.2). 38

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