Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La deducibilità dei canoni di leasing per finanziare l’innovazione di Fabio Gallio componente della commissione Area Fiscale Odcec di Padova. La Legge di stabilità 2014 ha introdotto, per i contratti di leasing finanziario stipulati dal 1° gennaio 2014, un regime fiscale che potrebbe rappresentare una leva importante per lo sviluppo e il sostegno delle imprese. In sostanza, per le imprese (e per i professionisti/lavoratori autonomi) è stata fissata la durata fiscale del leasing in 12 anni per gli immobili ed alla metà del periodo di ammortamento per i beni strumentali (incluso il targato concesso in uso promiscuo ai dipendenti). Si tratta di modifiche importanti che vanno incontro alle esigenze delle PMI e dell’impresa diffusa, le quali potrebbero utilizzare il leasing per finanziarie l’innovazione, con la contemporanea valorizzazione dei beni intangibili, quali i marchi e brevetti.
1. Premessa Nella Legge di stabilità 20141 sono state previste alcune disposizioni riguardanti la locazione finanziaria, tra le quali, si segnala quella di riduzione del periodo di deduzione dei canoni relativi ai contratti stipulati a decorrere dal primo gennaio 2014. In particolare, con la modifica dell’art. 102, comma 7, del Tuir, la durata del leasing immobiliare è stata fissata in 12 anni, anziché in 18 anni, come previsto precedentemente, mentre per i beni mobili la deducibilità è stata fissata in un periodo pari alla metà di un normale ammortamento, anziché pari ai 2/3 della durata dello stesso ammortamento. La modifica in oggetto ha effetto nei confronti delle imprese utilizzatrici che redigono il bilancio secondo i principi contabili nazionali, ossia che imputano i canoni di locazione finanziaria a conto economico. Invariata, è, invece, la disciplina per i soggetti c.d. IAS adopter che utilizzano il metodo finanziario previsto dal principio contabile internazionale n. 17, i quali imputano a conto economico e deducono le quote di ammortamento e gli interessi impliciti. Con tale regime fiscale più favorevole, i soggetti non IAS interessati, non solo avranno più convenienza ad acquistare beni nuovi, usufruendo, se del caso, di agevolazioni previste per l’acquisto diretto, quali la cosiddetta “Sabatini-bis”, ma anche potranno auto finanziarsi attraverso lo smobilizzo di un investimento, ottenendo immediata liquidità con cessione del bene senza perdere la disponibilità dello stesso, riacquistandolo in leasing (c.d. operazione di lease back). Tali operazioni potrebbero servire per finanziarie l’innovazione, sempre più necessaria per competere in un mercato globale, ma anche per valorizzare beni intangibili, quali i marchi ed i brevetti, i cui valori effettivi, soprattutto se sviluppati internamente, non sono quasi mai espressi nei documenti ufficiali, quali il bilancio d’esercizio; e questo malgrado gli stessi rappresentino gli assets principali per il successo dell’attività. Si pensi, ad esempio, ad una società di moda che possiede un marchio importante oppure ad una società che effettua ricerca ed abbia sviluppato un brevetto importante. A questo punto, però, è necessario effettuare alcune considerazioni di carattere giuridico in merito alla natura del contratto di leasing finanziario, per poi stabilire se dal punto di vista fiscale è possibile dedurre le quote di leasing avente ad oggetto un bene immateriale, considerato che le novità normative sembrerebbero interessare solamente l’art. 102 del Tuir che disciplina la locazione dei beni materiali. 1
Legge 27 dicembre 2013, n. 147. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova 2. Leasing finanziario E’ possibile definire sinteticamente il leasing finanziario come un contratto atipico (2), nel quale un soggetto (utilizzatore) richiede alla società di leasing (concedente) di acquistare un bene da un produttore/venditore (fornitore) allo scopo di farselo concedere in godimento a fronte del corrispettivo di un canone periodico, con diritto di riscatto alla scadenza del contratto stesso. La giurisprudenza ha distinto due tipologie di leasing: quello cd. di “godimento” e quello c.d. “traslativo”(3). La prima tipologia di locazione finanziaria (quella di godimento) è caratterizzata per avere ad oggetto beni consumabili nel processo produttivo, la cui produttività coincide con il periodo di durata del contratto, strumentali all’esercizio dell’impresa e con un minimo valore residuo al momento del riscatto. Si tratta di un contratto la cui causa è riconducibile al finanziamento a scopo di godimento. La seconda tipologia (quella traslativa), invece, è caratterizzata dall’avere ad oggetto beni che alla scadenza del contratto mantengono un rilevante valore economico, ben al di sopra del prezzo di riscatto. In questo caso, si tratta di un negozio la cui causa è da ricondurre al finanziamento a scopo di trasferimento della proprietà del bene, cui sarebbe assimilabile la disciplina dettata dal legislatore per la vendita a rate con riserva di proprietà. L’operazione ha lo scopo di far acquisire ad un soggetto utilizzatore la disponibilità di beni senza dovere sostenere l’intero costo in un’unica soluzione. Attesa la natura finanziaria dell’operazione, il pagamento del canone è considerato non proprio come corrispettivo per la locazione del bene ma piuttosto come modalità di restituzione di un finanziamento che è pari al costo del bene (e delle spese accessorie) aumentato del compenso per l’attività del finanziatore (sotto forma d’interesse sul capitale investito)(4). Il leasing finanziario si distingue da quello operativo, il quale, non prevedendo generalmente la clausola di riscatto finale del bene ed essendo un contratto che coinvolge due soggetti (il produttore che concede in locazione il bene ed il locatario) e non tre, come generalmente nella locazione finanziaria, è assimilabile ad un contratto di locazione, affitto, o noleggio, in cui il locatore concede in godimento il bene contro il corrispettivo di un canone. A questo punto, è possibile verificare se le novità in commento possono essere applicate anche alla locazione finanziaria dei beni immateriali. 3. Quote di ammortamento e canoni di locazione finanziaria dei beni immateriali. La disciplina fiscale delle quote di ammortamento del costo dei beni immateriali è stabilita dall’art. 103 (rubricato “Ammortamento dei beni immateriali”), del Tuir, il quale sancisce che: “Le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50% del costo; quelle relative al costo dei marchi ...” e del valore dell’avviamento iscritto in bilancio in misura non superiore ad un diciottesimo; mentre, quelle del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti in bilancio in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge. Difformemente da quanto previsto per i beni materiali, nella disciplina fiscale manca una norma specifica che regoli il trattamento tributario dei costi relativi alla locazione finanziaria dei beni immateriali strumentali, quali, ad esempio, i marchi d’impresa o i brevetti. La deduzione dei costi connessi ad un’operazione di locazione finanziaria per l’acquisto dei beni materiali, invece, è disciplinata dall’art. 102, comma 7, del Tuir, il quale, dopo le modifiche in esame, 2
In quanto privo di una disciplina specifica e per questo regolamentato dall’art. 1322 c.c. rubricato con “Autonomia contrattuale”.
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Cfr. Cass., SS.UU., 10 gennaio 1992, n. 199; Cass., 3 maggio 2002, n. 6369.
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Così la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 12 agosto 2003, n. 175/E. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova sancisce che “per i beni concessi in locazione finanziaria l’impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Per l’impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa; in caso di beni immobili, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore a dodici anni”. A questo punto, visto il vuoto legislativo tributario, appare opportuno procedere a stabilire se i canoni di locazione finanziaria pagati da un’impresa per l’acquisto di beni immateriali ex art. 103 del Tuir si possano ritenere deducibili. In particolare, con riferimento al soggetto locatario, si tratta di verificare se sia applicabile l’art. 103 del Tuir, ovvero la disposizione specifica di cui al comma 7 (seconda parte) dell’art. 102. In caso contrario si dovrebbero applicare le regole generali sui componenti del reddito d’impresa di cui all’art. 109 del Tuir. Innanzitutto si potrebbe sostenere che l’art. 103 del Tuir non sia applicabile. La norma fa infatti riferimento all’ammortamento del costo di acquisto che può essere sostenuto unicamente dal proprietario del bene; non c’è invece alcun riferimento alla deducibilità dei canoni di locazione finanziaria. Si tratterebbe quindi di: verificare se nel Tuir sia rinvenibile un principio generale che definisca i criteri di deducibilità dei canoni di leasing per il soggetto utilizzatore; verificare, in caso affermativo, se tale principio possa essere esteso alla locazione finanziaria di beni immateriali. Le uniche disposizioni del Tuir che regolano la deducibilità dei costi per canoni di leasing sostenuti dall’utilizzatore di beni materiali ammortizzabili sono il citato comma 7 dell’art. 102 e l’art. 164 del Tuir. In particolare, con il comma 7 dell’art. 102 il legislatore tributario ha legato la deducibilità dei canoni alla durata dell’ammortamento, determinata sulla base dei coefficienti di ammortamento ministeriali. La regola che si può trarre dalla norma è quella della durata minima pari almeno alla metà del periodo di ammortamento dei beni materiali, costituendo la regola fissata per i beni immobili una eccezione. Il legislatore non ha, invece, introdotto una norma specifica che regola la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria dei beni immateriali ammortizzabili, perché tale fattispecie, al tempo della emanazione della norma relativa ai beni materiali, sicuramente non era di interesse generale. Individuata la regola potenzialmente applicabile, si dovrebbe fare un ulteriore sforzo interpretativo in quanto si dovrebbe ammettere che, con riferimento ai beni immateriali ammortizzabili, il periodo di ammortamento minimo deve essere determinato non sulla base dei coefficienti ministeriali, ma sulla base delle specifiche regole dettate dall’art. 103 del Tuir. In definitiva, considerata la natura antielusiva del comma 7 dell’art. 102 del Tuir, e la difficoltà di trasferire le regole specifiche stabilite dalla citata norma alla locazione finanziaria di beni immateriali ammortizzabili, si potrebbe sostenere che la stessa non sia a rigore applicabile alla fattispecie in questione. Dovrebbe quindi tornare applicabile l’art. 109 del Tuir con le usuali regole di competenza, inerenza ed imputazione a conto economico, che dovrebbe avvenire sulla base della durata contrattualmente prevista della locazione finanziaria. Tali dubbi sono stati risolti dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 27/E del 25 febbraio 2005, la quale ha sostenuto che, pur in assenza di specifiche disposizioni, il trattamento fiscale da riservare all’acquisto del marchio mediante contratto di locazione finanziaria non può sottrarsi ai principi desumibili dalle disposizioni normative previste per i beni materiali, secondo cui il regime fiscale dei Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova canoni di locazione finanziaria deve potersi ricollegare alla disciplina prevista per l’ammortamento dei medesimi beni. Pertanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, la deducibilità dei canoni di leasing dei beni immateriali deve fare riferimento al periodo di ammortamento previsto dall’art. 103 del Tuir, in quanto la fissazione di un termine minimo di durata del contratto di leasing finanziario è volta ad impedire un utilizzo elusivo dello strumento negoziale; in altri termini, si vuole evitare che, ricorrendo allo schema negoziale del leasing finanziario, il conduttore deduca il costo sostenuto per la disponibilità del bene impiegato nel processo produttivo in un tempo molto più breve rispetto al corrispondente periodo di ammortamento previsto con riferimento all’acquisto in proprietà. 4. Conclusioni Alla luce di tali considerazioni, si può concludere che la nuova normativa sul leasing è possibile applicarla anche ai beni immateriali ammortizzabili, facendo, però, riferimento al periodo di ammortamento previsto dall’art. 103 del Tuir. Comunque, la possibilità di dedurre più velocemente le quote capitale dell’investimento detenuto in leasing rispetto alla precedente normativa permetterebbe ai soggetti di valutare l’opportunità di porre in essere un’operazione di lease back, con l’obiettivo di reperire nuove risorse per finanziare l’attività, anche di innovazione, e di valorizzare il patrimonio immateriale. Il lease back, infatti, è una fattispecie contrattuale, che si sostanzia in un’operazione attraverso cui un’impresa vende un bene di sua proprietà ad una società di leasing, la quale a sua volta retrocede in locazione finanziaria il bene al venditore. La società di leasing diviene pertanto proprietaria del bene e si obbliga al versamento del prezzo di vendita all’impresa alienante; quest’ultima, venduto il bene ne ottiene il godimento dietro pagamento dei canoni di locazione pattuiti con la facoltà, al termine del contratto, di esercitare l’opzione per l’acquisto del bene. Dal punto di vista fiscale, la tassazione della plusvalenza realizzata dall’impresa alienante non è ancora molto chiara, e vi è un contrasto tra quanto sostenuto dalla dottrina (5) e da una parte della giurisprudenza (6), che ritengono che la plusvalenza vada tassata secondo le risultanze di bilancio, e la tesi dell’Amministrazione finanziaria e da un’altra parte della giurisprudenza (7), che, al contrario, ritengono corretto applicare le specifiche norme tributarie previste dal Tuir. Infatti, se dal punto di vista contabile l’art. 2425-bis, comma 4, c.c., prevede che l’eventuale plusvalenza, data dalla differenza positiva tra prezzo della vendita e valore contabile netto del bene, deve essere ripartita in più esercizi in funzione della durata del contratto di leasing finanziario, dal punto di vista fiscale l’Agenzia delle Entrate ritiene che la modalità di tassazione si discosta dalla logica contabile. In particolare, secondo l’Agenzia, da ultimo con la circolare 23 giugno 2010, n. 38/E, che riprende quanto affermato nella precedente circolare n. 218/E del 2000, nel contratto di sale and lease back sussistono, dal punto di vista fiscale, due distinte operazioni: la cessione del bene e la locazione finanziaria dello stesso. La qualificazione fiscale dell’operazione in due distinte fattispecie comporta che, in relazione alla cessione del bene strumentale oggetto del contratto, torna applicabile la disciplina di cui all’art. 86 del Tuir in caso di emersione di una plusvalenza e di cui all’art. 101 del Tuir in caso di minusvalenza.
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Cfr. S. Fiorentino, L’imputazione della plusvalenza da sale and lease back: spunti di riflessione sui principi di derivazione e competenza nel reddito d’impresa, in “Rassegna Tributaria” n. 1/2010, pag. 70.
6 Cfr. Comm. trib. prov. di Modena, 12 gennaio 2011, n. 5. 7 Cfr. Comm. trib. prov. di Roma, 12 maggio 2011, n. 266. Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Conseguentemente, la plusvalenza concorrerà integralmente alla formazione del reddito imponibile: per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è realizzata, ovvero a scelta e su opzione del contribuente, in quote costanti nell’esercizio in cui è realizzata e nei successivi ma non oltre il quarto, se il bene è stato posseduto dal contribuente per almeno tre anni. Secondo questa impostazione si genera una divergenza tra disciplina civilistica, che prevede l’imputazione della plusvalenza lungo la durata del contratto, e quella fiscale, che prevede la tassazione nell’esercizio di realizzo della plusvalenza o al limite una tassazione rateizzata al verificarsi delle condizioni sopra esposte, con la conseguente necessità di procedere all’iscrizione in bilancio della fiscalità differita. Qualunque sia la tesi ritenuta corretta in merito alle modalità di tassazione della plusvalenza, è indubbio che la possibilità di dedurre più velocemente i canoni di leasing permetterebbe di limitare gli esborsi tributari, essendo meno complicato correlare gli importi dei componenti positivi con quelli negativi. Pertanto, le imprese saranno più incentivate a cedere i propri beni immateriali per poi riacquistarli in locazione finanziaria. Con la conseguenza che il soggetto utilizzatore avrebbe a disposizione liquidità da utilizzare per finanziarie la propria attività e rivaluterebbe, quanto meno nell’informativa di bilancio, il bene immateriale, con tutti gli effetti positivi di cui si è già evidenziato.
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