OSSIER VENETO L’INTERVENTO..........................................11
ECONOMIA E FINANZA
EZA
Ferruccio Dardanello Alessandro Bianchi Andrea Tomat
POLITICA ECONOMICA .....................28 Daniele Marini Marialuisa Coppola
FOCUS VERONA.................................120 Flavio Tosi Andrea Bolla Cesare Veneri
PRIMO PIANO
STRATEGIE ............................................34 Giorgio Ambrogioni Vincenzo Mazzaro Luigi Giacomon Alessandro Vardanega
ACCESSO AL CREDITO ...................130 Amedeo Piva Giovanni Costa Samuele Sorato
IL NORDEST DA RIPENSARE? .....44 Stefano Lorenzetto Alessandra Ghisleri
COMMERCIO........................................136 Giovanni Cobolli Gigli Guido Cristini
IL VALORE DELL’IMPRESA.............48 Sergio Travaglia
ACQUISTI SICURI...............................140 Ugo Ruffolo Fabiola Treffiletti
IN COPERTINA.......................................16 Luca Zaia SEMPLIFICAZIONE .............................22 Achille Variati Gian Paolo Gobbo Ivo Rossi
MODELLI D’IMPRESA........................52 Luca Destro Alessia e Nicola Salatin Andrea Colombini Paola Sorio Paul ed Emmanuel Allibe Friver Alvidio Canevese Marzio Beggiato Gilberto e Claudio Malaman Claudio Diana Adriano Battiston Giuliano Guzzo Claudio Andreoli Maurizio Tobaldini Paolo Micheletto INTERNAZIONALIZZAZIONE...........90 Leopoldo e Michela Lago TECNOLOGIE.........................................94 Stefano Rossi Walter Bardelotto Fiorenzo Da Ros Manuel Marogna Francesco Fogliani Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese Lorenzo Peruzzo EXPORT ..................................................110 Danilo Caliari Domenico Pagani IL MERCATO DELL’AUTO ................116 Massimo Mazza
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MERCATO DELL’ARTE.....................148 Guido Candela Giovanni Pratesi
Sommario TERRITORIO INFRASTRUTTURE............................154 I fondi del governo Luigi Schiavo Renato Chisso Luigi Brugnaro SICUREZZA E TERRITORIO ...........166 Sergio Fattorelli EDILIZIA.................................................168 Gennaro Longo Silvio Amadio Giancarlo Mauro PROGETTAZIONE...............................176 Simone Bellamoli e Silvia Dalla Mura
AMBIENTE
GIUSTIZIA
GESTIONE RIFIUTI.............................178 Pietro Caucchioli e Maurizio Barbati
RIFORMA FORENSE .........................184 Maurizio De Tilla Maurizio Paniz Daniele Grasso
SANITÀ MEDICINA DEL LAVORO.................190 Federico Favaro
VENETO 2012 • DOSSIER • 9
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Proposte per la crescita di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere
opo quattro anni di crisi, il tessuto produttivo del Paese appare chiaramente provato. Queste difficoltà si riflettono in maniera diretta sull’occupazione che, secondo i primi dati del sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, quest’anno potrebbe ridursi di altre 130mila unità. Il quadro che emerge dalla lettura del Rapporto Unioncamere, diffuso in occasione della 10° Giornata dell’economia alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, mette in evidenza il fatto che le manovre di finanza pubblica, indispensabili per riportare i conti sotto controllo e riguadagnare la fiducia dell’Europa e dei mercati internazionali, quest’anno avranno un costo, in termini di recessione, molto elevato: -1,5% il calo del Pil che prevediamo quest’anno, con picchi intorno al -2% per quasi tutte le regioni meridionali. È chiaro che oggi il rigore non basta. Bisogna tornare a crescere, con interventi cantierabili nell’immediato che rilancino i consumi e attivino di nuovo la propensione all’investimento. L’aspetto che abbiamo ben presente, dopo questi anni così difficili, riguarda il fatto che i grandi mutamenti dello scenario geopolitico e le ricorrenti crisi del sistema economico-finanziario mondiale ci hanno fatti entrare in un’era nuova. Dobbiamo prenderne atto e smettere di comportarci come se tutto, tra poco, dovesse tornare com’era prima. Non succederà. Se l’impresa si riorganizza
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nel segno dell’efficienza, della qualità e dell’innovazione, anche le istituzioni - e le Camere di Commercio per prime lo sanno - devono fare lo stesso. Per questa ragione, abbiamo identificato cinque temi su cui lavorare e su questi abbiamo sviluppato le nostre proposte. Gli interventi che abbiamo ideato sono diversi e tutti privi di oneri sul bilancio dello Stato; riguardano la semplificazione, l’internazionalizzazione, gli investimenti, il credito, la diffusione delle imprese e il supporto al lavoro. Tra questi, la possibilità di ammortizzare gli investimenti aggiuntivi delle imprese in tre anni per rilanciare lo sviluppo; un patto tra governo e Camere di Commercio per portare sui mercati internazionali altre 10mila imprese nel prossimo triennio; una disciplina speciale che impedisca il fallimento delle aziende causato dai ritardi nei pagamenti della Pa, ma anche la proposta molto concreta - già affidata al Parlamento - di attribuire alle Camere di Commercio il compito di rilasciare una certificazione formale del credito tra imprese, esigibile in sede giudiziaria con tempi rapidissimi. Per sostenere la diffusione delle imprese, inoltre, proponiamo un rinvio dei pagamenti Iva e Irap per i primi due anni di attività delle nuove realtà mentre, in materia di lavoro, chiediamo di sostenere concretamente la riforma dell’apprendistato in chiave europea, realizzando un sistema stabile di certificazione delle competenze che, come in Germania, faccia perno sulle Camere di Commercio. VENETO 2012 • DOSSIER • 11
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Gli ostacoli da rimuovere per tornare a correre Alessandro Bianchi, presidente di Unioncamere Veneto
er il Veneto il 2011 è stato un anno a due velocità. L’economia regionale ha saputo reagire alla crisi degli anni passati, recuperando il terreno perduto soprattutto per quanto riguarda le vendite all’estero, l’agricoltura, il turismo e il comparto dei servizi. Tuttavia, la difficoltà a ripartire è stata particolarmente evidente per costruzioni, manifatturiero, commercio, aziende artigiane e l’occupazione è ancora in affanno. L’Europa ha accusato un profondo deterioramento del ciclo economico: i livelli produttivi sono rimasti in molti settori inferiori ai valori pre-crisi, gli investimenti non sono ripartiti e i consumi delle famiglie hanno mantenuto un trend decrescente, mentre le tensioni nei mercati finanziari hanno innescato una nuova recessione. Ciò nonostante, ci si attende che l’area euro registri una graduale ripresa economica se ci sarà una combinazione di riforme strutturali e disciplina di bilancio, essenziali per promuovere la fiducia e instaurare un contesto favorevole alla crescita sostenibile. L’economia veneta nel 2011 ha fatto registrare una crescita del Pil solo dello 0,6 per cento rispetto all’anno precedente, in forte rallentamento rispetto al +3 per cento del 2010 che aveva fatto ben sperare dopo la crisi 2009. Una ripresa più dinamica si prevede a partire dalla seconda metà dell’anno in corso grazie alla maggior vocazione al mercato estero della regione che permetterà di agganciare la ripresa della domanda internazionale. Un buon andamento delle esportazioni venete arginerebbe, infatti, la ventata recessiva che ha colpito i consumi e se l’euro continuerà a deprezzarsi le imprese esportatrici ne potrebbero guadagnare in competitività. Da almeno un paio di anni le aziende venete stanno ripensando al proprio modello di impresa e sono impegnate a presidiare i mercati mon-
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diali. Nel 2011 le esportazioni hanno raggiunto i 48,9 miliardi di euro, circa il 10,4 per cento in più rispetto all’anno precedente. La Germania si conferma il primo mercato di sbocco, seguita da Francia e Stati Uniti, ma è la Cina che si afferma sempre più come importante partner commerciale. Il 2011 è stato per l’economia veneta un anno di decelerazione della crescita. Per il futuro la ripresa dipenderà dalla capacità di affrontare i cambiamenti in atto e governarli. In una situazione in cui il tessuto produttivo chiede maggiore semplificazione e meno vincoli per affrontare la difficile situazione economica, il sistema camerale si conferma un importante interlocutore per le imprese e il soggetto in grado di affiancarle nel dialogo con la pubblica amministrazione. Le istituzioni camerali sono, infatti, impegnate per la crescita e il benessere dei territori, per il sostegno alle imprese e all’occupazione, per favorire l’innovazione e l’internazionalizzazione del tessuto produttivo. Queste priorità vanno accompagnate da altre tipologie d’intervento a esse funzionali, come la regolazione del mercato, la diffusione della cultura della legalità e i fattori di competitività che possono rappresentare le nuove direttrici di sviluppo per le imprese. VENETO 2012 • DOSSIER • 13
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Riforme, fare presto e bene Andrea Tomat, presidente Confindustria Veneto
l quadro che emerge in questa fase congiunturale riflette in maniera significativa il clima di grande difficoltà e di forte preoccupazione in cui stanno operando le imprese venete a causa della perdurante fase recessiva e di un ulteriore rallentamento dell’economia mondiale. Più del 40 per cento delle imprese regionali lamenta una flessione dell’attività produttiva e le prospettive per il secondo trimestre del 2012 confermano un clima di fiducia in progressivo peggioramento. Il sentiment degli imprenditori non è, purtroppo, incoraggiante. Le ultime rilevazioni in nostro possesso (relative al primo trimestre del 2012) evidenziano una sostanziale debolezza in tutti i principali indicatori economici, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: produzione -2,1 per cento, vendite in Italia -2,6 per cento, vendite Ue +1,2 per cento, vendite extra Ue +2,5 per cento, occupazione -0,0 per cento, prezzo materie prime +3,3 per cento. Di fronte a questa situazione il Veneto, e tutto il Nordest, chiedono risposte pragmatiche e rapide: non è più possibile rinviare scelte indispensabili per aiutare gli imprenditori a fronteggiare la pesante recessione. Abbiamo poche settimane per recuperare una situazione molto delicata. Certamente il governo si trova a operare in un contesto europeo difficile da gestire. Le iniziative prese presupponevano un sistema Europa che in realtà non sta dando le risposte che ci aspettavamo. Monti ha fatto fare all’Italia tutti i sa-
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crifici che erano stati richiesti ma, al momento, il risultato è che ci troviamo a tendere una mano verso qualcuno che non la vuole stringere. Serve un impegno congiunto di pubblico e privato per ridare positività a imprese e consumatori. Non possiamo più perdere tempo: bisogna avviare una politica di sviluppo e di sostegno alla domanda interna per gli investimenti. A inizio 2012 ad esempio è ancora rilevante il tema del ritardo dei termini di pagamento stabiliti. Ben il 62,3 per cento delle imprese venete denuncia una difficoltà in questo ambito. Chiediamo quindi una ulteriore azione del governo per il rilancio di una vera politica industriale e dello sviluppo. È necessario che il sistema bancario sia messo in condizioni di erogare più credito a costi accessibili e che per questo ci sia anche un impegno dei vertici delle banche nazionali e del territorio. Il Paese e la Regione devono porsi come obiettivo prioritario il sostegno alla crescita e all’iniziativa imprenditoriale con tutti gli strumenti possibili: in ambito finanziario, fiscale, amministrativo, infrastrutturale ed energetico, attivando anche tutte le opere realizzabili a livello nazionale e locale. Le risorse del bilancio regionale e dei fondi europei devono essere riprogrammati per sostenere le imprese e le loro trasformazioni. Ci aspettano mesi veramente difficili, serve coesione e compattezza, abbiamo tutte le capacità per ridare al nostro Paese e alla nostra regione il futuro che meritano, bisogna agire subito e in fretta. VENETO 2012 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
IL VENETO CHE FA SQUADRA La crisi non aspetta, ricorda il presidente Luca Zaia. E il patto tra Regione e parti sociali per lo sviluppo dimostra «un pragmatismo nell’approccio e nell’azione che dovrebbe essere preso a esempio» e la volontà di unire le forze a disposizione di fronte alle difficoltà del presente e del futuro Renata Gualtieri econdo Monitoregione, indagine dell’Istituto di ricerca Datamonitor, che rileva la il gradimento dei presidenti di Regione, Luca Zaia è risultato il governatore più apprezzato dai cittadini. Resta in testa con il 59,1 per cento dei consensi, ancora primo nonostante un calo dello 0,9 per cento che esprime il generale momento di difficoltà che sta affrontando la politica. Infatti, dei primi dieci in classifica, sette registrano un calo dei consensi. Senza dare troppo peso ai sondaggi Luca Zaia accoglie positivamente il giudizio espresso dalla gente e sottolinea che è stata premiata la filosofia della buona amministrazione, «quella che agisce concretamente per il territorio senza alzare steccati con nessuno, cercando sempre,
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fin dove è possibile, di fare gioco di squadra». Questo sondaggio diventa l’occasione per il governatore del Veneto per tracciare un bilancio del suo mandato, arrivato quasi al giro di boa. Tra i provvedimenti adottati dall’amministrazione regionale per lo sviluppo del Veneto, quale la rende più fiero? E quali sono le principali difficoltà che ha incontrato sin qui? «Fra le cose di cui sono più soddisfatto c’è sicuramente il Patto per lo sviluppo, che coinvolge tutti i settori della società veneta, dalle istituzioni agli imprenditori, alle associazioni di categoria. Poi abbiamo attivato e potenziato il Fondo di rotazione, del valore di 36 milioni di euro, che mette a disposizione risorse a tassi agevolati per aiutare le
imprese. Di recente abbiamo anche approvato un nuovo piano straordinario anticrisi per il 2012-2013, con un numero verde ad hoc, che dà la possibilità di ottenere finanziamenti agevolati, tramite i fondi di rotazione, in tutti i settori: artigianato, industria, commercio, servizi e turismo. Una ricaduta positiva in termini di sviluppo e occupazione, poi, l’avrà certamente il recupero e la riconversione dell’area di Porto Marghera, per la quale qualche settimana fa abbiamo firmato l’accordo di programma con il ministro dell’Ambiente: semplifica l’autorizzazione delle bonifiche, agevolando tre miliardi di finanziamenti pubblici e 2,7 miliardi di finanziamenti privati per insediamenti nell’area. Ancora, abbiamo fatto partire molti progetti
Luca Zaia
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IN COPERTINA
infrastrutturali: uno per tutti, la su- chi di “investimenti prioritari” per chiave nei quali ci proponiamo di perstrada Pedemontana veneta, a cui abbiamo finalmente dato avvio dopo quarant’anni di ordinaria burocrazia. Le difficoltà maggiori derivano dal non poter agire al massimo dell’autonomia nell’uso delle risorse: basti pensare al Patto di stabilità o ai soldi fatti confluire nelle casse romane per coprire i buchi degli altri». Ha ringraziato la Corte dei Conti europea per il giudizio positivo espresso sul modo con il quale avete indirizzato, con il vostro programma di sviluppo rurale, gli aiuti mirati all’ammodernamento delle aziende agricole, previsti dalla cosiddetta Misura 121. «Il giudizio della Corte dei Conti europea premia il lavoro svolto fin qui senza troppo clamore. La Corte ha riconosciuto la capacità di far emergere i progetti d’investimento che meglio rispondono ai bisogni del territorio e alle priorità dell’Ue. Noi abbiamo raggiunto questi obiettivi perché fissiamo i criteri di selezione con un sistema di punteggio che tiene conto delle priorità definite dal Psr regionale e con elen-
settore, selezionando i migliori progetti tra quelli già ritenuti ammissibili. Il Psr del Veneto, inoltre, è stato uno dei pochi, tra quelli analizzati dalla Corte dei Conti, a ridefinire le procedure di selezione in base alle “nuove sfide” introdotte dall’Health check. Anche con l’ultimo bando generale, la Misura 121 ha fatto registrare in Veneto un notevole interesse da parte dei potenziali beneficiari: a fronte dei 56 milioni di euro di spese a bando sono stati richiesti aiuti per oltre 94 milioni, con 1373 richieste arrivate all’Avepa». Come verranno distribuiti i fondi a disposizione grazie al patto tra Regione e parti sociali per lo sviluppo del Veneto? «Il patto serve per sviluppare una visione di crescita d’insieme che punti al 2020. Con questo accordo tra la Regione Veneto e le parti sociali intendiamo ridurre gli sprechi e potenziare l’economia di scala, rivedendo e rendendo più efficaci tutte le linee di investimento, dalle leggi regionali, ai finanziamenti europei e a tutte le fonti di entrata. I settori
intervenire sono quelli del credito e della finanza, dell’internazionalizzazione, dell’economia della cultura e del paesaggio, del turismo sostenibile, delle reti e aggregazioni d’impresa, della ricerca e dell’innovazione- con le nano e biotecnologie, le energie rinnovabili e la green economy-, delle tecnologie dell’informazione, della valorizzazione delle eccellenze, del lavoro, in particolare quello giovanile, dell’apprendistato, dell’imprenditoria giovanile e femminile, delle infrastrutture, dell’intermodalità e della logistica, del trasporto pubblico locale. E intendiamo rendere più efficace il sistema di interventi in aiuto delle nuove imprese e delle start-up, in modo da favorire in particolare i giovani e i progetti a più alta innovazione». In che modo sono stati individuati i problemi, le risorse e le soluzioni da contrapporre alla crisi in corso? Quello veneto potrebbe essere un modello da replicare a livello nazionale? «È la prima volta che c’è una condivisione simile attorno a un patto
Le difficoltà derivano dal non poter agire in autonomia nell’uso delle risorse
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Luca Zaia
operativo che individua i problemi, traccia le soluzioni, detta le tempistiche e soprattutto stanzia soldi veri. Di fronte alle difficoltà del presente e del prossimo futuro, con una crisi che ancora fa sentire la sua stretta, il Veneto ha deciso di fare squadra: tutti i protagonisti della vita pubblica veneta, istituzionali, sociali ed economici, si sono tolti le casacche e si sono seduti attorno a un tavolo per individuare le strategie possibili per rilanciare lo sviluppo, in una prospettiva di lungo periodo. Da questo sforzo comune è nato il patto. Lo abbiamo firmato insieme ai rappresentanti degli enti locali e delle parti sociali, con il mondo sindacale, gli industriali, le organizzazioni agricole, del commercio e degli artigiani. Un pragmatismo nell’approccio e nell’azione che dovrebbe essere preso a esempio. La crisi non aspetta». Ha stigmatizzato le violenze compiute nei confronti di Equitalia e dei suoi dipendenti. Cosa c’è di sbagliato nell’attuale sistema fiscale?
«Come ho detto più volte, le tasse vanno pagate. E la protesta, per quanto legittima, non può in nessun caso passare attraverso la violenza. Anche perché il problema non nasce certo dai dipendenti di Equitalia, ma semmai dalle leggi che costoro devono applicare. È risaputo che la pressione fiscale in Italia è esorbitante, molto più che nella maggior parte dei paesi europei, ma questi soldi servono per coprire gli sprechi o compensare le evasioni. La mia risposta in tema fiscale non può che essere il federalismo: indurrebbe a un’assunzione di responsabilità nell’uso delle risorse da parte dei diversi territori. Anche il presidente Napolitano ha ribadito che il federalismo non è più una scelta ma una necessità. Un ente regionale come Equitalia potrebbe esser utile sotto il profilo personale per un rapporto migliore, più umano, con il cittadino, e per ridurre i tempi biblici dell’agenzia, ma il ruolo di esattore rimarrebbe lo stesso. Le leggi che Equitalia deve applicare le può cambiare solo il Parlamento».
Ha sollecitato le agevolazioni e semplificazioni fiscali per le piccole imprese turistiche a dimensione familiare. È dalle piccole realtà imprenditoriali che bisogna ripartire per salvaguardare la vocazione imprenditoriale del Nordest? «A questo proposito, il settore turistico è uno di quelli inseriti nel piano anticrisi per l’accesso a finanziamenti agevolati delle aziende con problemi di liquidità, mentre prima era limitato al solo manifatturiero. Il tessuto veneto è caratterizzato già dalle piccole e medie imprese e naturalmente è queste che bisogna sostenere, in primo luogo. Ma bisogna anche fare in modo di fare sistema nell’ottica di una economia di scala. Così ne possono beneficiare tutti i segmenti produttivi e quindi la società veneta. Questa è l’ottica del piano per lo sviluppo, che non a caso è stato firmato dagli industriali come dagli artigiani, dai piccoli e medi imprenditori, dagli agricoltori e dai commercianti, insieme alle rappresentanze sindacali». VENETO 2012 • DOSSIER • 19
SEMPLIFICAZIONE
Un sostegno concreto a chi vuole fare impresa Il Comune di Vicenza ha approntato alcuni progetti per facilitare la nascita e lo sviluppo di imprese sul territorio. Achille Variati spiega cosa è necessario fare per snellire le pratiche burocratiche e le leggi che frenano gli investimenti Nicolò Mulas Marcello
l Veneto è la regione delle piccole e medie imprese che sono la spina dorsale della produttività italiana. Il territorio delle partite Iva. A Vicenza l’imprenditorialità è quasi una vocazione naturale, l’orizzonte cui tendere una volta entrati nel mondo del lavoro. «Per questo – spiega Achille Variati, sindaco di Vicenza – sappiamo bene cosa significa scontrarsi con la burocrazia quando si vuole fare impresa. Questo gli imprenditori lo sanno anche troppo bene, lo vivono ogni giorno sulla loro pelle. Purtroppo è inutile lamentarsi: le proteste contro un sistema che in molti casi sembra riuscire solo a mettere i bastoni fra le ruote delle imprese sono inascoltate. Da troppi anni ormai». Cosa fare dunque? «Meglio darsi da fare per aiutare chi vuole fare impresa. Concretamente. Poche settimane fa, ad esempio, abbiamo lanciato il progetto “Facciamo l’impresa”, pensato per creare e sviluppare una rete di facilitatori in grado di agevolare la nascita di nuove attività imprenditoriali. È un’iniziativa avviata dal Comune di Vicenza con il Progetto Marzotto,
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Confindustria, Apindustria, Confartigianato, Cna e Veneto Responsabile, una rete per la responsabilità sociale d’impresa e di territorio. Siamo tutti uniti nell’impegno volto a realizzare e sostenere start up d’impresa, con un percorso che partendo dall’informazione e dall’orientamento dei neo imprenditori passerà attraverso le fasi di formazione, selezione dei progetti e ricerca fondi per arrivare, infine, al-
l’affiancamento di tutor per dare il via all’attività. Vogliamo valorizzare e mettere in rete le competenze dei diversi operatori di settore, capaci di generare un’ampia offerta di conoscenza e sostegno alla creazione di nuove realtà imprenditoriali. Obiettivo del network è quello di condividere conoscenze, esperienze e strutture, per agevolare la nascita di imprese sane, che poggino su criteri di sostenibilità economica, sociale e
Achille Variati
Achille Variati, sindaco di Vicenza
Per scegliere quali opere realizzare abbiamo deciso di rivolgere la domanda direttamente a chi vive nei quartieri e nelle frazioni della città
ambientale, in grado di generare fatturato e lavoro». Qual è la situazione debitoria del Comune nei confronti delle imprese? «Il patto di stabilità blocca i pagamenti delle pubbliche amministrazioni, anche se sono virtuose e hanno i soldi in cassa, come la nostra. Questo vincolo non guarda in faccia a nessuno. È un problema grave, perché a essere penalizzate sono le imprese, una questione che dovrebbe essere affrontata e risolta dal governo. La nostra amministrazione, a differenza di altre, non ha mai avuto problemi, mantenendo storicamente una situazione ragionevolmente equilibrata. In ogni caso, abbiamo cercato di fare qualcosa di concreto per affrontare il fenomeno: l’anno scorso abbiamo deciso di vendere le quote di proprietà del Comune della
società Autostrada Brescia-Padova. Lo abbiamo fatto per raggiungere un doppio obiettivo: trovare le risorse per fare opere che altrimenti sarebbero rimaste sulla carta e, attraverso i cantieri, dare lavoro alle imprese del territorio in un momento di difficoltà, con la sicurezza di realizzare i lavori ed effettuare i pagamenti entro il 2012. Abbiamo venduto quote societarie non più strategiche per investire oltre 20 milioni di euro incassati (gli altri serviranno a estinguere mutui) in opere utili per tutti i cittadini e anche per le imprese che le realizzeranno». Come avete scelto le priorità? «Per scegliere quali opere realizzare abbiamo deciso di rivolgere la domanda direttamente a chi vive nei quartieri e nelle frazioni della città attraverso 16 assemblee pubbliche dal 26 gennaio al 14 febbraio 2012. Una
grande ed efficace operazione di amministrazione partecipata che abbiamo voluto chiamare “Tanti quartieri, una città”, resa possibile grazie ai suggerimenti dei cittadini che si sono rivelati di fondamentale importanza per avere un quadro completo della situazione: dallo stato dei marciapiedi alla manutenzione delle strade, dalla sicurezza nelle scuole alla riqualificazione degli impianti sportivi, dalla sistemazione del verde all’attenzione per gli utenti deboli della strada come pedoni e ciclisti. Stanno aprendo moltissimi cantieri per realizzare centinaia di interventi in tutta la città. Ne trarranno beneficio i cittadini, che vedranno realizzate nei propri quartieri opere attese da anni, ma anche le imprese, che potranno partecipare a gare d’appalto con la sicurezza di essere pagate entro la fine dell’anno». VENETO 2012 • DOSSIER • 23
SEMPLIFICAZIONE
Snellire la burocrazia per favorire lo sviluppo Nonostante il patto di stabilità continui a vincolare gli investimenti e i pagamenti di molti Comuni italiani, a Treviso la situazione sembra non destare particolari preoccupazioni. Gian Paolo Gobbo illustra i risultati raggiunti Nicolò Mulas Marcello
debiti degli enti locali nei confronti delle imprese, in base al tipo di contabilità che essi hanno, ovvero di carattere autorizzatorio, non si creano per mancanza di risorse, ma per problemi di liquidità o a causa del patto di stabilità. «Il Comune di Treviso – spiega il sindaco Gian Paolo Gobbo – finora non ha sofferto per carenza di liquidità poiché abbiamo una giacenza media di circa 35 milioni di euro. In più, le previsioni su questo fronte, posti i vincoli del patto, non possono che escludere la liquidità come problema per il nostro ente». In che modo sono stati possibili questi risultati? «Treviso finora ha anche saputo gestire i freni che il patto di stabilità ha posto sul fronte degli investimenti. Quest’anno la situazione del patto, per la difficoltà di vendere gli immobili e per il trend de-
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crescente nel rilascio di concessioni edilizie, è più problematica rispetto al passato ed è costantemente sotto controllo. Dal 2008 a oggi, da quando cioè il patto coinvolge gli investimenti, tutte le imprese che hanno lavorato con il Comune di Treviso sono state pagate nei termini previsti dal contratto, da qui l’assenza di debiti verso le imprese. Lo dimostra anche il fatto che le imprese che lavorano con noi non hanno mai richiesto la certificazione del credito introdotta dal legislatore proprio per consentire ai fornitori di enti pubblici di ottenere liquidità rispetto a fatture emesse e non pagate. Il meccanismo attuale del patto di stabilità frena gli investimenti solo nel momento in cui questi vengono pagati. Treviso, quindi, che ha disposto soprattutto nel passato di notevoli risorse, si trova ora, che molti investimenti già avviati negli
anni scorsi sono in chiusura, nella paradossale situazione di avere i soldi ma non poterli utilizzare per i pagamenti. Il denaro è depositato in Banca d’Italia (così lo Stato ha liquidità) e le norme non ci consentono di usarlo per pagare chi ne ha maturato il diritto. Il perdurare di questa situazione non può che andare nella direzione di impedire lo sviluppo delle imprese, che non riescono a rientrare delle somme spese per effettuare i lavori e che non vedono onorato il proprio credito». Cosa prevede la legge? «L’articolo 9 del decreto legge 78 del 2009 impone agli enti locali di dare atto della possibilità di effettuare i pagamenti correlati, già al momento dell’avvio dell’intervento. Cioè, quando un dirigente parte con un investimento deve dichiarare che ha tenuto conto di questa spesa nel programma dei
Gian Paolo Gobbo
pagamenti dell’ente. Ma il programma dei pagamenti futuri dipende da diverse variabili poiché il patto di stabilità cambia sia nel meccanismo che nella determinazione degli obiettivi da raggiungere, le risorse future sono incerte, tanto più ora che lo Stato continua a tagliare trasferimenti. Quindi, com’è possibile oggi dichiarare quello che sarà tra due, tre o forse più anni? Se aggiungiamo che la responsabilità di questa dichiarazione è personale, in capo al dirigente che rilascia, la norma non può in effetti che leggersi come un ulteriore freno allo sviluppo». La burocrazia in Italia pone molti ostacoli per chi decide di dare vita a una nuova impresa. Su questo fronte come si muove il Comune di Treviso? «Il Comune ha adottato varie strategie per aiutare gli imprenditori
Le imprese che lavorano con noi non hanno mai richiesto la certificazione del credito
ad avviare la propria attività, utilizzando sistematicamente tutti gli strumenti normativi consentiti per semplificare i procedimenti amministrativi e ridurre i tempi di conclusione di essi, passando progressivamente da procedimenti di domanda o rilascio dell’autorizzazione a procedimenti di segnalazione certificata di inizio attività, la cosiddetta Scia, che consente l’avvio immediato dell’attività. Abbiamo inserito sul sito web del Comune tutte le informazioni utili
per orientare le scelte imprenditoriali: schede procedurali, modulistica, riferimenti normativi, oneri a carico dell’impresa. Garantiamo inoltre la consulenza continua da parte degli uffici - nel 2011 il solo Sportello unico, composto dai servizi Attività edilizia e Attività produttive, ha fornito 19.712 consulenze telefoniche, ha ricevuto 16.854 utenti e ha inviato 5.681 consulenze telematiche. Collaboriamo poi con i gruppi di lavoro costituiti dalla Camera di Commercio, dalla Regione e da tutti i Comuni della provincia di Treviso per l’avvio dello Sportello unico telematico con flussi e processi semplificati. Aderiamo, infine, al tavolo permanente di confronto dei Comuni capoluogo di provincia del Veneto e la Regione stessa per una gestione condivisa del processo di liberalizzazione delle attività economiche in atto». VENETO 2012 • DOSSIER • 25
XXXXXXXXXXX SEMPLIFICAZIONE
Occorre puntare sulle eccellenze del territorio Il patto di stabilità limita spesso la libertà di azione dei Comuni, i quali sono costretti a studiare metodi per recuperare risorse. Ivo Rossi spiega come a Padova l’amministrazione comunale è riuscita a liquidare tutti i debiti con le imprese Nicolò Mulas Marcello
l tessuto imprenditoriale padovano è ricco di realtà importanti che, seppur rallentate nel loro naturale sviluppo dalla crisi economica, conservano importanti esempi di competenze manageriali. Per questo il Comune è impegnato a favorire la nascita e l’insediamento di imprese su tutto il territorio, sottolineando come in questo momento l’ente non conserva debiti con le imprese: «A Padova – spiega Ivo Rossi, vicesindaco della città – esiste un mix fatto di competenze, condizioni ambientali e qualità della vita tali da rendere vantaggioso insediarsi qui da noi». Favorire l’insediamento di imprese sul territorio è quindi una priorità. Su questo fronte come si muove
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l’amministrazione comunale? «Il problema fondamentale dell’insediamento sul territorio è legato ai tempi di restituzione delle decisioni da parte del pubblico. Per quanto riguarda il piano urbanistico, ad esempio, non abbiamo progetti giacenti, abbiamo approvato tutto, con la speranza che la congiuntura economica possa far partire le attività». Qual è la situazione circa le insolvenze da parte della pubblica amministrazione? «Fino a poche settimane fa avevamo sofferenze importanti perché i vincoli del patto di stabilità non ci consentivano di liquidare somme che le imprese vantavano nei nostri confronti. Stiamo parlando di svariati milioni . Ma for-
tunatamente sono entrati in cassa circa 30 milioni di euro derivanti dalla vendita di azioni che detenevamo della società Padova-Brescia e questo ha consentito, nel rispetto di stabilità, di poter liquidare tutti i debiti che avevamo. In questo momento diciamo che siamo quasi in equilibrio». Cosa invece devono fare gli imprenditori per favorire lo sviluppo dell’area industriale padovana? «Il tema principale è lavorare sull’innovazione di prodotto, guardare ai mercati esteri e quindi essere competitivi al di fuori dei confini nazionali. Attualmente la condizione è discreta, anche se andrà migliorata. La presenza di competenze legate all’università in questo senso ci avvantaggia».
POLITICA ECONOMICA
La crisi che trasforma il Veneto La congiuntura economica negativa che ha colpito i mercati ha conseguenze anche sul Veneto, che ora si ritrova a dover adottare scelte strategiche per poter fondare lo sviluppo dei prossimi anni. Indispensabili nel futuro scacchiere regionale saranno le infrastrutture, banda larga compresa Teresa Bellemo
nche il Nordest sta affrontando la crisi economica e, come altre realtà, è alle prese con un ripensamento profondo del suo sistema produttivo. Il Veneto negli anni era sempre riuscito a superare le difficoltà del passato in maniera solida, cercando di fondare la sua forza nella coesione
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e nella sua struttura produttiva, fatta di piccole aziende con pochi dipendenti diffuse nell’intero territorio. Il passaggio ulteriore è stato quello di convogliare questa diffusione di aziende in distretti industriali, in filiere produttive, in grado di bilanciare momenti di stress ipo e iper produttivo. La crisi di questi ultimi anni, in-
vece, ha minato le fondamenta della struttura economica veneta, complici anche le delocalizzazioni degli anni precedenti che ai fatti si sono rivelate una scelta strategicamente sbagliata. Calo della produzione e dei consumi, aumento dei tempi di pagamento e della disoccupazione, infine un triste fenomeno, l’incremento dei suicidi di imprenditori soffocati dai debiti. Il ritratto sembra quello di una regione attonita, che sta cercando di capire cosa cambiare e cosa modificare per ricominciare a crescere. Per Daniele Marini, presidente della Fondazione Nord Est, una ricetta potrebbe essere quella di allentare il Patto di stabilità e di riformare la burocrazia che spesso diventa un bastone fra le ruote per aziende e famiglie. Secondo Marini la situazione attuale spinge verso una progressiva polarizzazione sia del sistema produttivo che delle condizioni di vita della popo-
Daniele Marini
lazione. «Le polarizzazioni hanno un effetto generativo, poiché fanno emergere nuove capacità, nuove realtà economiche e sociali, nuovi modi di combinare i fattori dello sviluppo. Ma, nello stesso tempo, generano fratture, divaricazioni di cui bisognerà tener conto nella progettazione del futuro della società e dell’economia dell’area». La fine della crisi economica viene periodicamente posticipata, ma sembra quasi non arrivare mai. Non solo a livello concreto, ma anche a quello psicologico. Quali sono le difficoltà principali per gli imprenditori veneti? «Innanzitutto il livello della tassazione. C’è da ricordare, infatti, che oltre a quella nazionale si aggiunge l’addizionale locale, che appesantisce ulteriormente imprenditori e famiglie. Un secondo punto è la liquidità, che fa soffrire in particolare le imprese più piccole. È un problema non solo per chi lavora con la pubblica amministrazione, ma per l’intero sistema delle imprese. Le imprese più grandi magari possono avere meno difficoltà dal punto di vista della liquidità, ma anche una tensione minima, una volta che arriva alle aziende più piccole crea un effetto proporzionalmente più grave. Una terza questione riguarda la burocrazia. Proprio oggi che le imprese avrebbero
bisogno di avere meno vincoli alla loro azione produttiva, sembra ci sia un peggioramento. Infine, c’è il tema dei mercati locali: le imprese che hanno un mercato unicamente domestico a causa della frenata dei consumi vanno molto peggio rispetto a quelle aperte ai mercati esteri». La crisi economica non ha, ovviamente, ripercussioni soltanto sul sistema imprenditoriale, ma anche sulle famiglie, che vedono ridotte le proprie possibilità, quindi sui consumi. Come uscire dal corto circuito? «L’indebitamento del nostro Paese è molto alto, per cui quantomeno nel medio periodo non sarà possibile una riduzione significativa delle tasse che avrebbe invece potuto ridare un po’ di respiro a imprese e famiglie. Detto questo, ci sono molte altre iniziative possibili. Ad esempio, riformare la burocrazia, così che pesi meno su imprese e famiglie sarebbe già importantissimo. Per il sistema delle piccole e medie imprese gli aspetti burocratici hanno infatti un peso molto elevato, perché non hanno un ufficio dedicato a seguire questo genere di vicende. L’altra leva sulla quale provare a lavorare è il costo del lavoro, anche per le famiglie. È noto che la spesa sotto questo profilo è tra le più alte d’Europa e penalizza
sia i lavoratori che le imprese. Daniele Marini, Per questo intervenendo in presidente della Fondazione Nord Est questo settore si potrebbe anche far ripartire i consumi». In questo periodo il tessuto produttivo del Nordest sembra sentirsi particolarmente isolato, complici anche i recenti scandali che hanno colpito i vertici della Lega Nord, da sempre considerata la “voce del Nord”. Quali sono le urgenze di cui si dovrebbero occupare le istituzioni secondo gli imprenditori veneti? «Un punto su cui bisognerebbe provare ad agire è l’allentamento del Patto di stabilità, anche perché le amministrazioni locali venete sono tra le più virtuose del Paese e allentarlo potrebbe significare dare la possibilità ai vari comuni e ai vari enti di alimentare l’economia locale attraverso lavori infrastrutturali ed edilizi che da- VENETO 2012 • DOSSIER • 29
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rebbero un’iniezione di ener- Nordest locomotiva d’Italia? che spostano una parte della gia all’imprenditoria locale. Il problema maggiore è che su questo tema si dovrebbe discutere non solo con il governo centrale ma anche con quello europeo. L’altra urgenza è data dalle infrastrutture. L’alta velocità, la Pedemontana, i collegamenti con i paesi dell’Est, ma anche la banda larga, sono tutti aspetti che permetterebbero a chi fa impresa in questo territorio di poter comunicare velocemente con il resto del mondo agganciando i paesi che oggi stanno crescendo di più. L’opera del Passante è stata fatta, però è chiaro che mancano molte di quelle opere che in rete potrebbero ridare slancio all’economia regionale». In una realtà ancora molto coesa, dedita al volontariato e all’associazionismo, perché molte aziende hanno deciso di delocalizzare, sfilacciando così il tessuto che rendeva il
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A distanza di qualche anno dall’inizio del fenomeno, si può dire che è stata una scelta che ha portato i risultati e i profitti auspicati? «Innanzitutto si deve chiarire che delocalizzazione e internazionalizzazione sono due cose diverse. La prima è una strategia che nel lungo periodo si è dimostrata perdente: le aziende che hanno fatto una scelta di questo genere, portando parte della filiera produttiva ad esempio in Romania, hanno poi dovuto prendere e spostarsi ancora. Una strategia, come dicevo, in qualche modo fallimentare, tanto che oggi ci sono casi di imprenditori che ritornano a produrre in Italia perché la qualità della manodopera è molto più alta. Un altro discorso, invece, si deve fare per l’internazionalizzazione: ovvero per tutte quelle aziende
fase produttiva all’estero allo scopo di presidiare quelle aree. Producono all’estero ma in Italia non hanno diminuito la loro occupazione, anzi la hanno aumentata cambiando però le figure professionali. Oggi il Nordest è ricco di imprese che non hanno più operai al loro interno ma figure impiegatizie, ricercatori, manager; in Veneto, cioè, hanno la testa. Anche queste scelte modificano i rapporti su scala locale. L’internazionalizzazione ha, infatti, costretto le aziende più piccole che collaboravano con queste imprese più grandi a fare un salto di qualità perché hanno elevato il prodotto o il servizio che offrivano». Cosa resta del tessuto produttivo dei distretti industriali veneti, modello di sviluppo economico? «È corretto affermare che i distretti non sono più quelli di un tempo, quelli spesso assimilati alla coesione sociale veneta, ma è anche giusto ricordare che così la qualità professionale e artigianale delle imprese ha fatto un salto in avanti. Da un lato abbiamo perso un certo tipo di produzione, guadagnandone però dell’altra. Nel distretto dello sport di Montebelluna, ad esempio, saranno dieci anni che non si produce concretamente un paio di scarpe. Nonostante ciò, il rapporto con il tessuto sociale locale è continuo, soltanto di diversa qualità».
Marialuisa Coppola
Una risposta concreta alla crisi La stretta creditizia e il calo dei fatturati costringono molte aziende venete a chiudere. Per evitarlo e per ridare slancio all’economia, la Regione ha approvato un piano straordinario in supporto alla liquidità Teresa Bellemo
econdo le previsioni del 2012, per il Veneto si delinea una situazione economica piuttosto negativa. Secondo le stime dello scorso febbraio, la regione registrerà una flessione del Pil pari a -1,6 per cento, lievemente più marcata rispetto a quella del Nordest (-1,5%). Responsabile della contrazione, la riduzione degli investimenti delle imprese (-3,3%), i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione, che in tutta Italia arrivano a un ammontare di 102 miliardi di euro, infine la difficoltà di accedere al credito bancario. A ciò si deve aggiungere una decisa contrazione dei consumi delle famiglie (-1,8%), sulla quale pesa la previsione di un ulteriore aumento dei prezzi al consumo, quella dell’export (-1,9%) e l’aumento della disoccupazione, che dovrebbe risalire fino al 5,4%, al netto di tutta quella disoccupazione “fantasma”, riscontrabile nell’ampio ricorso alla cassa integrazione. In assenza di una strutturale ripresa, infatti,
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un’ampia parte di questi lavoratori potrebbe davvero perdere il posto di lavoro, alzando conseguentemente la percentuale della disoccupazione regionale. In un tale contesto, quindi, le imprese non possono e non devono essere lasciate sole. Occorre evitare che il peso degli ostacoli strutturali e la mancanza di credito limitino l’attività imprenditoriale. Inoltre, è necessario pensare a programmi di sviluppo che permettano alle esportazioni regionali di riprendere quota, facendo così ripartire l’intera economia veneta, da sempre strettamente connessa ai numerosi partner esteri. Seguendo questo percorso, non ripartirebbe soltanto la produzione, ma verrebbero incrementati ordini, occupazione e quindi anche i consumi interni delle famiglie. Per riprendere a crescere è necessario innanzitutto approfondire nuovi modelli di fare impresa e nuovi percorsi di sviluppo. È evidente, infatti, che questa crisi economica
non agisce soltanto in super- Marialuisa Coppola, ficialità, ma sta penetrando assessore alle Attività produttive della all’interno del tessuto pro- Regione Veneto duttivo veneto e ne sta modificando la morfologia. Anche per questo motivo il 2012 potrebbe essere un anno sicuramente difficile e complesso, ma che potrebbe mettere il Veneto in un binario di cambiamento. La sfida delle istituzioni sarà accompagnare le imprese venete verso questo cambiamento in modo da permettere loro di restare competitive sul mercato adattandosi alla continua evoluzione dei mercati. A questo serve il nuovo piano VENETO 2012 • DOSSIER • 31
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anticrisi in supporto alla li- 500mila. I fondi regionali in- rie prime per mancanza di liquidità delle imprese approvato lo scorso aprile dalla Regione Veneto. L’assessore allo sviluppo economico, Maria Luisa Coppola, esprime forte soddisfazione: «La conseguenza più grave e più evidente di questa crisi è rappresentata dalla stretta creditizia. C’è grande preoccupazione nel vedere le nostre imprese boccheggianti a causa del cosiddetto credit crunch, per questo abbiamo deciso di intervenire con un nuovo Piano straordinario anticrisi, in modo da fornire nuova liquidità alle imprese di tutti i settori». Il piano prevede finanziamenti agevolati a favore delle piccole e medie imprese e partono da 25mila euro fino ad arrivare a
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tervengono fornendo la metà del finanziamento, mentre l’altra metà viene liquidata dalla banca; gli interessi passivi vengono dimezzati e il rimborso dovrà avvenire entro cinque anni. Il problema spesso, come è già stato detto, è l’accesso al credito bancario che costringe appunto le aziende a non poter investire e innovare. Proprio per questo il piano prevede anche la possibilità di ottenere liquidità per anticipazioni di ordini e contratti di fornitura. A questo riguardo, l’assessore Coppola sottolinea: «Questa è un’assoluta novità in campo nazionale. È una risposta a quelle situazioni in cui le aziende, pur avendo ordini, non possono acquistare mate-
quidità, senza trovare copertura da parte delle banche. In questo modo non possono lavorare e rischiano seriamente di fallire. Con questo piano sarà possibile per le aziende presentare il contratto in banca e farsi anticipare la necessaria liquidità per l’acquisto di quanto serve. A queste condizioni ci aspettiamo che il sistema bancario non si tiri più indietro e dia la necessaria iniezione di liquidità a favore del nostro sistema produttivo. La crisi economica continua ad appesantire l’attività imprenditoriale e non riusciamo ancora a vedere una positiva evoluzione, per questo serve l’apporto di tutti gli attori coinvolti».
STRATEGIE
La managerialità per il futuro Il manager è uno dei motori dell’innovazione e l’obiettivo di Federmanager, secondo il presidente Giorgio Ambrogioni, rimane quello di favorire la crescita delle aziende attraverso l’affermazione della cultura manageriale, a partire dalle pmi Renata Gualtieri
ella tradizione del nostro capitalismo, che si è fondato su un fittissimo tessuto di pmi e su pochi grandi player, l’imprenditore ha saputo storicamente imprimere una precisa identità alla propria azienda, di cui è stato custode geloso. Se questa componente ha rappresentato in passato la marcia in più, oltre che un bagaglio essenziale e distintivo della classe imprenditoriale, «oggi – precisa il presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni – non basta più». Il sistema delle pmi, che rappresenta il 99% della realtà imprenditoriale, produce il 71,7% del valore aggiunto nazionale perciò deve essere sempre più contaminato dalla managerialità per affrontare le strade della crescita. È stato dimostrato, infatti, che gli imprenditori che hanno creduto in ciò hanno puntato su due cardini: internazionalizzazione e capitale umano e «questo prova che manager e imprenditori devono camminare insieme». Che posto occupano i manager nell’azione di risanamento del Paese e su cosa occorre puntare per crescere?
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«Il manager è uno dei motori dell’innovazione. Per dimostrarlo deve contribuire a cementare quello spirito di coesione di cui il Paese ha bisogno. Esercitare l’etica della responsabilità è il prerequisito di ogni buon manager, che deve inoltre saper fare da tutor ai giovani, facilitare il ricambio generazionale consentendo alle energie migliori di emergere. Anche le associazioni di categoria hanno un ruolo, in quanto catalizzatrici del cambiamento. Gli ultimi dati del centro studi di Confindustria prospettano un 2013 di recessione. Per riavviare il ciclo e dare un’iniezione positiva al Pil bisogna valorizzare quei giacimenti di intelligenza, competenza, creatività di cui è ricco lo spirito italico. Abbiamo comparti all’avanguardia che eccellono in competitività, innovazione e sostenibilità. Non potremo difendere questo patrimonio senza una politica industriale. In assenza di scelte coraggiose, di visione, non c’è futuro». Quali caratteristiche dovranno avere i manager del futuro? «Il manager che va incontro al
domani deve coltivare l’apertura, il confronto, abbandonare le logiche rivendicative fine a se stesse, potenziare la “mente innovativa”, sfidando la negatività. C’è una grande emersione dell’etica, come dimostrano numerose pubblicazioni recenti. Il dilagare della corruzione, la degenerazione di una politica che è divenuta collettore di interessi privati, hanno comprensibilmente innescato un moto di reazione. Dobbiamo però evitare la facile retorica dei valori. I valori vanno attualizzati nella storia, nella vita e nel conflitto, altrimenti rimaniamo nel vuoto esercizio intellettualistico. La sto-
Sopra, Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager
Giorgio Ambrogioni
ria fa cogliere al manager i trend evolutivi, la vita dà il senso della relatività e del mutamento, il conflitto offre quella “analitica degli ostacoli” che determina la crescita. Non abbiamo scelta: dobbiamo rispondere con forza alle esigenze di questo “tempo diverso” in cui, per dirla con Edgar Morin, “è per tutti difficile comprendere il senso della complessità crescente”». Come Federmanager favorisce l’inserimento di competenze manageriali nelle pmi per cercare di dare un contributo professionale allo sviluppo e alla crescita del Paese? «Abbiamo varato un grande progetto di sostegno allo sviluppo della piccola industria che esalta la bilateralità espressa da Confindustria e Federmanager, tramite Fondirigenti, che intende rafforzare i fattori della produttività, dell’innovazione
tecnologica, promuovere l’internazionalizzazione, le alleanze imprenditoriali, l’utilizzazione razionale della finanza strategica. Più produttività significa fare leva sull’efficienza dei processi aziendali, su accorte politiche di “saving”, su una promozione sistematica delle competenze, che sono strumenti indispensabili in contesti competitivi. Obiettivo di Federmanager è favorire la crescita delle aziende attraverso la presenza di una maggiore managerialità, in termini di cultura, capacità organizzativa e gestionale. Il “quarto capitalismo” quello costituito da medie aziende in cui l’imprenditore ha delegato la gestione ai manager, ha cambiato alcuni paradigmi che credevamo incrollabili. Per capire il “mondo che verrà” sarà importante investire in formazione e know how». La forza lavoro con profilo professionale elevato, nel pubblico e nel privato, dal 2008 al 2011 ha subito un calo del 20,8%. Quanto la preoccupano questi dati e quale le sue previsioni per il futuro? «Se riusciremo a mettere in campo le risorse migliori non c’è motivo di preoccupazione. Un sindacato conosce per definizione il conflitto, ma è anche titolare della forza morale che occorre per superarlo in nome di un progetto comune. È mancata questa koiné, questa sintonia di interessi e di aspirazioni VENETO 2012 • DOSSIER • 35
STRATEGIE
I dirigenti senior possono mettere a disposizione esperienze e competenze preziose per quelle aziende sprovviste di determinate skill
che dobbiamo ritrovare. Non anni hanno perso il posto di competenze attraverso attività consentiremo ancora lo spreco di talento e di intelligenza. Per affrontare l’emergenza occupazionale abbiamo aperto un tavolo sulle problematiche della dirigenza privata con il viceministro Michel Martone al fine di arrestare l’emorragia di professionalità elevate che la nostra economia in ginocchio non può certo permettersi». Qual è la posizione di Federmanager in riferimento alle problematiche dei numerosi dirigenti che in questi
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lavoro e al tema degli esodati? «Stiamo seguendo lo sviluppo di questa intricata vicenda, che potremmo definire come una “conseguenza indesiderata” della riforma delle pensioni. Abbiamo presentato al ministro della Cooperazione internazionale e dell’integrazione, Andrea Riccardi, il “progetto Senior”, che intende porre l’attenzione su questo delicato tema. Siamo convinti che i dirigenti senior possono mettere a disposizione esperienze e
di tutoring, che risultano preziose per quelle aziende sprovviste di determinate skill. Sulla questione degli esodati siamo convinti che si debba fare di più e meglio. Incalzeremo l’esecutivo per avere risposte certe. Il 2012 è stato proclamato dall’Ue anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. Credo che la valenza sociale e culturale della nostra iniziativa non abbia bisogno di ulteriori commenti».
Luigi Giacomon
Creare valore per crescere Una buona gestione è indispensabile alle imprese per stare sul mercato, competere, internazionalizzarsi. E, anche in un momento di crisi, secondo il presidente di Manageritalia Veneto, Pietro Luigi Giacomon, «l’impresa deve crescere, affiancando agli imprenditori validi manager» Renata Gualtieri
econdo Guido Carella, presidente di Manageritalia, siamo in un’economia con una presenza manageriale ancora troppo scarsa e per questo incapace di crescere. Oggi abbiamo solo 123 mila dirigenti in 32 mila aziende e in Veneto la situazione è anche peggiore. «Abbiamo 8.813 dirigenti, il 7,2 per cento del totale – sottolinea il presidente di Manageritalia Veneto Pietro Luigi Giacomon – e il rapporto tra dirigenti e dipendenti è dello 0,6 per cento, poco più di mezzo dirigente ogni cento dipendenti, a fronte di una media nazionale di 0,85 per cento e dell’1,6 per cento della Lombardia. E a livello provinciale Verona è prima e ha un rapporto di 0,81 per cento e Rovigo è ultima con 0,35 per cento. Insomma, il Veneto, patria delle pmi e dell’imprenditorialità diffusa, non può più rinunciare all’apporto che una valida gestione manageriale può e deve dare in sinergia con l’imprenditore». Un rapporto di Coldiretti ha rivelato che l’età media di chi è ai vertici in politica, eco-
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nomia e pubblica amministrazione è di 59 anni, dunque abbiamo la classe dirigente più vecchia d’Europa. Ma questo non vale per i dirigenti privati. Cosa è emerso dal rapporto Manageritalia e qual è in particolare la situazione in Veneto? «È emerso che l’età media dei 123.000 dirigenti privati presenti in Italia è di 48 anni, che non sfigura affatto con la media dell’Europa a 15, che risulta essere di 45 anni. Il Veneto, con 49,1 anni, è all’ottavo posto tra le regioni italiane. Sempre a livello territoriale, Belluno e Verona sono le province venete con l’età media più bassa, 48,6 anni, Rovigo quella con l’età più elevata, 50,6 anni. In Veneto, se vogliamo, c’è ancor più un problema di diversity, in quanto solo il 9,3 per cento dei dirigenti privati sono donna, contro il 13,3 per cento a livello nazionale. Tra l’altro, a riprova che la dirigenza privata non può sicuramente essere tacciata di vecchiaia, la stessa indagine della Coldiretti dice che è di 53 anni l’età media degli ammi-
nistratori delegati delle so- Il presidente di cietà quotate in Borsa. Infatti, Manageritalia Veneto, Pietro Luigi Giacomon i dirigenti privati hanno da sempre, e oggi ancor più, una professione talmente sfidante che è difficile si rischi l’invecchiamento. Basti pensare che ogni anno il 20 per cento cambia o perde l’incarico e che ogni dieci anni il 50 per cento dei dirigenti privati si rinnova». In che modo Manageritalia Veneto favorisce l’accesso alla dirigenza dei giovani? «Da anni lavoriamo per favorire l’accesso alla dirigenza dei giovani, e dal 2004 abbiamo inserito nel contratto dei dirigenti del terziario la figura del dirigente di prima, questo ha contribuito alla nomina di 6 mila nuovi dirigenti (12 per cento dei quali in Veneto), portando oggi l’età media di VENETO 2012 • DOSSIER • 37
STRATEGIE
Da anni lavoriamo per favorire l’accesso alla dirigenza dei giovani
ingresso a 37 anni. Oltre a cosa emerge su tutte ed è la beralizzazioni, troviamo gli inquesto abbiamo sviluppato iniziative, come sgravi e incentivi per giovani e dirigenti over 50 disoccupati, per aumentare presenza e competenza manageriale nelle aziende della regione. Con il progetto “Vivi tre giorni da manager” abbiamo poi favorito il contatto diretto dei giovani con il mondo del lavoro, i manager e le aziende del territorio». L’indagine condotta da Doxametrics per Manageritalia ci rivela che oggi i dirigenti sono più felici nella vita che nella professione, sono preoccupati, ma lottano con il morale alto. Come vivono dunque il loro ruolo in azienda, in un momento dove c’è bisogno di serrare le fila e quali rischi sono disposti ad assumersi? «In quell’indagine il 73 per cento degli uomini e il 76 per cento delle donne dirigenti crede che il proprio futuro professionale sia incerto e non dipenda solo dalle proprie capacità e competenze. E questo è il vero nuovo e amletico dilemma. Ma una
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consapevolezza di avere capacità e sufficiente aggio per guidare aziende e persone, di doversi gestire sempre più autonomamente il futuro professionale, ma anche di dover operare in un contesto dove c’è troppa attenzione al breve periodo e manca una visione di lungo pueriodo». Ritiene necessario un cambio di atteggiamento per tornare a crescere? «Mi rifaccio poi a un’indagine fatta con AstraRicerche a gennaio 2012 su oltre 1.000 manager associati per capire cosa fare per riprendere a crescere. L’85,9% dei manager è favorevoli alle liberalizzazioni di settori e professioni e le ritiene importanti. Ma questo non basta, i manager indicano quali condizioni sono necessarie per lo sviluppo. Tra questi, il taglio della spesa pubblica, il supporto di R&d e innovazione, l’ottimizzazione di tempi e modi della giustizia civile, la semplificazione burocratica, la diminuzione del costo del lavoro, l’avvicinamento tra formazione scolastica e aziende. A seguire, dopo le li-
vestimenti in infrastrutture, una politica industriale tesa a supportare i settori portatori di valore aggiunto e il finanziamento di settori che hanno un futuro». Manageritalia Veneto come contribuisce a valorizzare i manager quali portatori competitività e alla diffusione di managerialità nelle piccole e medie imprese? «Tra le tante iniziative messe in campo, mi pace ricordare “Cinemanager”che, lanciata nel 2011 e ripetuta nel 2012 a Verona, ha come obiettivo quello di far conoscere i manager in un modo nuovo e accattivante, attraverso la proiezione di film più o meno famosi. In particolare, vogliamo costruire un’associazione più propositiva sul piano regionale, puntando sull’aumento della visibilità esterna di Manageritalia verso la Regione Veneto e gli altri interlocutori privati e pubblici. Vogliamo contribuire a valorizzare i manager quali portatori competitività, valori etici e meritocrazia, e alla diffusione di managerialità nelle piccole e medie imprese».
STRATEGIE
Le nuove competenze dei manager di oggi La tradizione manageriale trevigiana si è evoluta, ha fatto tesoro dell’esperienza maturata e ne ha usufruito per affrontare le nuove sfide che il mercato moderno propone. Per Alessandro Vardanega le competenze vanno condivise anche tra settori diversi Nicolò Mulas Marcello
a crisi di questi anni ha portato molte imprese, anche di piccole dimensioni, ad adottare modelli di gestione organizzativa e finanziaria più avanzati rispetto al passato. L’incertezza congiunturale richiede che l’azienda abbia basi solide e si doti di un modello di crescita sostenibile. È un salto soprattutto culturale che Unindustria Treviso ha sostenuto con convinzione, realizzando anche strumenti appositi per favorirne la diffusione. «Se in passato – spiega Alessandro Vardanega, presidente degli industriali trevigiani – l’imprenditore, spesso geniale artefice di storie di successo partite dal nulla, sceglieva soprattutto i tecnici, quale risorsa strategica per la crescita dell’impresa, ora vi è attenzione e consapevolezza dell’importanza anche dei manager e, più in generale, di nuove competenze che vanno dal marketing al commerciale estero. Ritengo che la “risorsa sapere” sarà la leva grazie alla quale potremo uscire da questa crisi, mantenendo e innovando la tradizionale competenza manifatturiera per combinarla con la cultura dei servizi e della comunicazione». Dal punto di vista della formazione si fa abbastanza per la preparazione dei manager in
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Veneto? Ci sono iniziative di Confindustria a riguardo? «La formazione di buoni manager parte innanzitutto dalle università e nel Veneto vi sono eccellenti facoltà economiche di grande tradizione, come Ca’ Foscari a Venezia e altre più recenti come quelle di Padova e Verona. Molte generazioni di manager veneti, e non solo, hanno imparato le regole della gestione d’impresa in quelle aule, guidate da ottimi professori che in molti casi hanno trasferito il loro sapere nella consulenza diretta a imprese del nostro territorio. Altro importante riferimento per la cultura d’impresa e manageriale è naturalmente il Centro universitario di organizzazione aziendale, il Cuoa, dove si sviluppa una stretta collaborazione con il mondo delle imprese e quindi anche con le associazioni industriali delle province venete». Il Veneto ha una grande tradizione imprenditoriale. Come è cambiato il modo di fare impresa? «Vi è il passaggio, come detto, verso strumenti più completi e sofisticati di gestione d’impresa. Ciò che serve veramente è che questa cultura manageriale sia fatta propria non solo dall’imprenditore, se esso gestisce in prima persona l’azienda
Alessandro Vardanega
Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso
di proprietà, ma anche da tutta È fondamentale che la cultura manageriale l’organizzazione e naturalmente sia fatta propria non solo dall’imprenditore, dai collaboratori più stretti del vertice aziendale. Il dilemma ma anche da tutta l’organizzazione aziendale che si proponeva alcuni anni fa sui vantaggi tra una gestione a guida imprenditoriale o a guida manageriale - attuale ad esempio quando vi sono nella creazione di nuovi prodotti e nella loro inprocessi di passaggio generazionale - probabil- dustrializzazione. Siamo in una fase in cui enmente può venire superato se vi è una comune trambe le competenze diventano essenziali per il cultura gestionale avanzata. L’importante è che successo di un’impresa e quindi devono diventare l’azienda abbia prospettive sostenibili a lungo patrimonio comune del manager come dell’imtermine e capacità di generare profitto e svilup- prenditore, figura che sempre più spesso freparsi. In questo lungo termine - come insegnano quenta le aule universitarie in Italia e all’estero. anche grandi multinazionali come Ford o Fiat - Proprio per questo non è casuale che, in questo vi potranno essere fasi a guida imprenditoriale e territorio e proprio in questa fase di congiuntura fasi a guida manageriale, ognuna con un proprio economica difficile, vi siano manager che passano stile ma condividendo strumenti e obiettivi». a fare gli imprenditori, investendo capitali e comQuale tipo di management può e deve essere petenze, anche nell’industria manifatturiera in uno dei punti cardine di un reale aumento senso stretto. Queste storie, almeno dal nostro osdella capacità di essere produttivi e competere? servatorio, sono state premiate da buoni risultati, «Tradizionalmente, almeno in questo territorio, evitando anche la dispersione di un patrimonio le figure manageriali sono state portatrici di stru- industriale importante. Mantenere questo saper menti e modelli che hanno valorizzato e miglio- fare in cui il made in Italy eccelle, innestandolo rato gli aspetti gestionali, finanziari, societari e an- con nuove, avanzate, competenze terziarie è la che commerciali in imprese cresciute, spesso chiave di volta anche per uscire da questa crisi su rapidamente, su intuizioni e capacità focalizzate basi nuove».
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STRATEGIE
Una gestione di qualità «Non c’è eccellenza se non derivata da ciò che si fa bene, non c’è eccellenza se non dimostrata dai risultati ottenuti». Vincenzo Mazzaro, presidente dell’Associazione italiana cultura della qualità, indica la strada per migliorare le performance delle imprese Renata Gualtieri
a qualità oggi si rivela uno strumento fondamentale per la gestione delle imprese, sia nel settore pubblico che privato, uno strumento che supporta il raggiungimento degli obiettivi strategici delle organizzazioni in tutti i loro aspetti, di business, di soddisfazione dei clienti e del personale, d’impegno per fornire valore aggiunto alla società. Ciò è possibile attraverso una chiara definizione della strategia da adottare e una gestione dei processi e delle risorse efficiente. «La misura dei risultati raggiunti – precisa Vincenzo Mazzaro – è però l’elemento imprescindibile di verifica dell’efficace utilizzo dello strumento qualità». Come si esprime un comportamento manageriale di qualità? «Attraverso la definizione di chiari indirizzi, la capacità di gestire e modificare l’organizzazione per mantenerla costantemente in linea con i cambiamenti dell’ambiente circostante. Tutto questo unito alla capacità di responsabilizzare, coinvolgere e dare l’esempio».
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Vincenzo Mazzaro, presidente dell’Associazione italiana cultura della qualità
In che modo il modello dell’European foundation for quality management permette di orientare le imprese all’eccellenza? «Anzitutto introducendo il concetto di un chiaro legame tra ciò che l’organizzazione fa e quello che è in grado di dimostrare tramite i risultati raggiunti. In secondo luogo, tramite una visione dell’organizzazione come un insieme unico, coordinato e omogeneo, in cui ogni parte contribuisce al successo complessivo ed è necessaria per tale successo. In altre parole si tratta di un sistema “olistico” in cui il valore è dato non dalle singole parti, ma dalla efficace ed efficiente collaborazione di tutte per un fine chiaro, coordinato, conosciuto e condiviso da tutta l’organizzazione. Inoltre, tramite un chiaro legame tra la mission, la strategia, la gestione delle risorse e dei processi in ottica di efficacia e di efficienza. Il tutto verificato attraverso i risultati che l’organizzazione ottiene in modo equilibrato verso tutti gli stakeholder: clienti, società, personale, investitori o proprietari».
In qualche modo, oggi ognuno dovrebbe essere un “imprenditore di se stesso”
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Vincenzo Mazzaro
A cosa è legata oggi l’eccellenza? «Il modello Efqm definisce l’eccellenza come la costante attenzione e la capacità di ottenere risultati positivi verso alcuni fattori chiave, definiti “concetti fondamentali”: creare valore per i clienti, costruire partnership in grado di dare valore aggiunto all’organizzazione, che va guidata con ispirazione e integrità, gestirla con un sistema efficace di processi, ottenere il successo dal contributo del personale, favorire e indirizzare la creatività e l’innovazione, impostare un sistema equilibrato di misura dei propri risultati ed essere in grado di ottenere risultati positivi, essere socialmente responsabili in un’ottica di futuro sostenibile». In Italia quante sono le aziende certificate? «Bisogna distinguere tra certificazione secondo le norme Iso9000 (qualità) e le altre norme che guardano a ottiche particolari, quali l’ambiente (Iso14000), la sicurezza (Iso18000), e riconoscimenti d’eccellenza riferiti ai modelli quali Efqm (pubblico e privato) e Caf (solo pubblico). Mentre per le prime, che guardano alla conformità, ci sono molte decine di migliaia di organizzazioni certificate, per le seconde i riconoscimenti rilasciati sono dell’ordine delle centinaia: l’obiettivo è diverso, ma sicuramente ci si aspetta più attenzione verso quei riconoscimenti che vanno al di là della semplice verifica della conformità a una norma, per guardare alle organizzazioni in grado di
dimostrare una attenzione costante alla crescita della propria maturità, al miglioramento continuo e a percorrere costantemente un cammino verso l’eccellenza». Come sono cambiate la gestione e sviluppo delle competenze in tempo di crisi? «Da competenze prevalentemente tecniche o manageriali, a una forte integrazione tra gli aspetti tecnici, manageriali e di leadership. In qualche modo, oggi ognuno dovrebbe essere un “imprenditore di se stesso”, dovrebbe essere portato a dare il contributo delle proprie capacità in senso lato per il successo della propria organizzazione, curando per se stesso e per il suo contesto lavorativo gli aspetti tecnici, economici, gestionali, la definizione di una strategia e di obiettivi che contribuiscano a quel meccanismo complessivo che costituisce il funzionamento dell’intera organizzazione. Ognuno, dal vertice fino alla base dell’organizzazione, dovrebbe sentirsi parte di un sistema in cui “a cascata” gli obiettivi generali vengono calati a tutti i livelli dell’organizzazione, in cui le competenze individuali vengono accertate e accresciute come elemento di supporto alle necessità dell’organizzazione, ma anche della crescita personale». VENETO 2012 • DOSSIER • 43
IL NORDEST DA RIPENSARE?
La via della ripresa si chiama perfezione I veneti dovranno abituarsi ad avere un tenore di vita più basso e dovranno dismettere la produzione di bassa qualità per concentrarsi sull’eccellenza. Solo così la locomotiva veneta potrà tornare a correre Teresa Bellemo e difficoltà degli imprenditori veneti oggi sono più evidenti perché la crisi economica sta modificando anche la morfologia produttiva della regione. Una crisi molto più strutturale di quelle che ciclicamente si sono avvicendate dal Dopoguerra a oggi e che più di ogni altra modifica non solo le potenzialità degli imprenditori ma anche la portata del consumo e delle capacità di spesa delle famiglie venete. A rendere il tutto più complesso, la macchina statale farraginosa e sempre più lontana per chi vuole fare impresa. Dato che gli analisti so-
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Stefano Lorenzetto, giornalista e scrittore, ha da poco pubblicato per Marsilio il libro “La versione di Tosi”
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stengono che anche quando si chiuderà la crisi i livelli occupazionali non torneranno ad essere quelli di un tempo, rimangono poche alternative: ci si dovrà abituare ad essere tutti un po’ più “poveri” e servirà adottare uno stile di vita che abbia più a cuore i risparmi e non i consumi. Detto ciò, rimane una risorsa importante per il Veneto e per l’Italia: l’eccellenza. Questo perché le produzioni di scarsa qualità, intercambiabili con altre, sono già state sopraffatte dalla concorrenza sleale dell’industria cinese, e saranno sempre più in sofferenza. L’eccellenza ha biso-
gno di porsi come obiettivo una possibile perfezione, alla quale tutti devono tendere, a seconda del proprio ruolo, convincendosi che ognuno è fondamentale per la realizzazione del progetto comune dell’eccellenza. A sostenerlo è Stefano Lorenzetto, giornalista e scrittore che ha spesso fatto della sua regione, il Veneto, l’oggetto di studi e saggi. «Credo che in tutte le epoche dell’umanità ci sia stato e ci sarà spazio per l’eccellenza e che la qualità pagherà sempre. Per i veneti, l’unica speranza è che si specializzino sempre di più, ancora più di quanto fatto finora, per creare pro-
Stefano Lorenzetto
dotti e idee eccellenti». In che misura la crisi economica globale sta modificando la fisionomia del Nordest e del Veneto? «Dopo una lunga galoppata che ha trasformato questa regione e ha portato la mia generazione a essere la prima a poter contare sull’agiatezza e sul benessere, per la prima volta sentiamo questa ricchezza messa in pericolo. Gran parte dell’economia costruita sul debito, infatti, sta lentamente crollando e la conseguenza drammatica è quel terribile fenomeno dei suicidi. Qualche anno fa, più precisamente nel 2006, intervistai Eugenio Benetazzo, un trader veneto, fu lui il primo a parlarmi in anticipo di questo fenomeno. Quando me lo disse pensai che fosse una visione esagerata, ma ecco che oggi la situazione è questa, proprio a causa del debito. Anche in questa regione, dopo aver lavorato in maniera indefessa e a causa di una scarsa capacità previsionale, abbiamo creato un’economia basata sul debito». Quali sono le principali motivazioni di sofferenza per l’imprenditore? «Sono due. La prima è la tassazione altissima che riduce l’imprenditore a competere con i Paesi concorrenti, soprattutto con l’Europa Centrale, con due mani legate dietro la schiena. La tassazione effettiva arriva al 67%, è chiaro che l’imprenditorialità subisce un forte rallentamento. La seconda è che la Repubblica di Venezia, la più longeva della storia, è confluita in quella italiana, e per molti
veneti questo è assomigliato a una camicia di forza. La macchina statale, infatti, sembra quasi costruita per frenare la volontà di impresa. Una macchina farraginosa, elefantiaca, una burocrazia che frena e per questo fa percepire Roma come una nemica. Basti pensare che per piantare un bricola, che ha una funzionalità materiale ma anche un lato estetico, ci vogliono 32 diverse autorizzazioni. Una regione in questa condizione è destinata a soffocare». Qual è la visione e soprattutto quali sono le richieste dell’imprenditoria veneta nei confronti dello Stato? «Ormai anche chi non ha niente in comune con un partito come la Lega ha capito che per risollevare non solo il Veneto, ma anche le altre regioni italiane, serve il federalismo fiscale. Se ognuno usasse i suoi quattrini, a quel punto li amministrerebbe con un minimo di oculatezza in più. È ovvio che ci dovrebbe essere una quota nazionale per consentire a tutti di vivere decorosamente, ma non è pensabile che ci siano delle regioni che trainano altre dove si fa assistenzialismo o addirittura spreco allo stato puro. Risulta inutile tornare alle solite statistiche, ma a volte sono più chiare di mille parole. Nella Regione Veneto c’è un dipendente ogni 1.671 abitanti, nella Regione Sicilia uno ogni 348, il 412% in più. Non solo, i dirigenti regionali in Veneto sono 225, in Sicilia 2.150, l’855% in più. A qualsiasi cittadino onesto viene spontaneo chiedersi cosa ci sia di così diverso nell’ammi-
nistrazione di queste due regioni». Se anche il made in Italy, da molti considerato strumento per uscire dalla crisi, si appoggia alla manodopera a basso costo e delocalizza all’estero, facendo così chiudere laboratori che sono stati per anni la forza del Veneto, quale via per uscire dalla crisi può esserci? «Intanto non farei coincidere la qualità con il marchio. Io faccio coincidere la qualità con l’artigianalità. È proprio questo il grande tesoro svilito del Veneto: la manualità, la capacità manifatturiera. Escludo che dagli scantinati della Marca Trevigiana dove si trovano clandestini che lavorano 24 ore su 24 possano uscire delle vere eccellenze. Su questo fronte, la responsabilità delle griffe è enorme. Ho intervistato imprenditori che mi hanno mostrato fatture pagate 37 euro per un abito che richiedeva 96 passaggi manuali che alla fine in boutique arrivava a costare 2000 euro. I nostri artigiani sono stati privati anche di questo, le griffe hanno preferito puntare su laboratori in cui il lavoro veniva pagato un quarto. Noi non possiamo e non vogliamo competere con questa dimensione, gli imprenditori e anche i consumatori devono capire che l’eccellenza italiana va pagata per ciò che realmente vale e che i nostri Governi dovrebbero proteggere di più queste eccellenze, contrastando anche quei prodotti frutto di un lavoro mal retribuito, privo di diritti e di qualità». VENETO 2012 • DOSSIER • 45
IL NORDEST DA RIPENSARE?
La disillusione veneta Una pressione fiscale esagerata, gli imprenditori che non si sentono rappresentati, le famiglie che riducono i consumi. I dati di Euromedia Research dipingono un Veneto disorientato ma con la voglia di buona politica Teresa Bellemo
cosa nota che la matematica non è un’opinione. A fugare ogni dubbio sulla reale situazione dell’economia veneta ci pensano dunque i numeri dell’istituto di ricerca Euromedia Research. In Veneto la classe imprenditoriale è sempre meno fiduciosa nei confronti dei suoi rappresentanti, sia di categoria che politici, le famiglie fanno sempre più fatica a far fronte non solo a spese impreviste ma anche soltanto ad arrivare alla quarta o addirittura alla terza settimana del mese. A ciò si aggiunge una notevole riduzione degli investimenti a causa della difficoltà di accesso al credito, che si traducono in una mancanza di liquidità, causata anche dai ritardi nei pagamenti da parte delle amministrazioni locali. Inoltre, lo scenario economico delineatosi negli ultimi 10 anni non ha aiutato il Nordest, caratterizzato da piccole e medie imprese, a crescere e a fronteggiare la concorrenza proveniente da Oriente. Ma un vento di timido ottimismo soffia da Bruxelles. Secondo i dati della Commissione europea, infatti, le regioni italiane presentano buone perfor-
È
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mance per quanto riguarda la competitività del sistema territoriale, anche se appaiono ancora lontane dai risultati del nord Europa. La prima regione italiana, la Lombardia, si trova al 95simo posto. Secondo Alessandra Ghisleri, fondatrice della Euromedia Research, «l’ostacolo alla competitività di regioni come il Veneto deriva da un contesto italiano caratterizzato da un’elevata pressione fiscale (43,8%) che frena la produttività e lo sviluppo». È qui che si deve intervenire urgentemente per far ripartire produzione e crescita. In Veneto la base imprenditoriale è di centrodestra e leghista. Oggi, la Lega Nord, travolta dagli scandali interni, e il nuovo governo presieduto da Monti sembrano mescolare le carte. C’è una mutazione in atto? «In tutto il Nordest, e in particolare tra gli imprenditori del Veneto, regna un’insoddisfazione generale sull’operato del governo: negli ultimi 2 anni, gli imprenditori veneti sostenitori del governo sono diminuiti di quasi il 35%, arrivando a registrare un 15% di soddisfazione nei primi mesi del 2012. Il
55,3% degli imprenditori intervistati sembra essere disilluso nei confronti della politica: non credono più che le istituzioni possano fornire un sostegno efficace ed efficiente alle loro piccole e medie imprese. La disillusione nella politica, unita alle infrastrutture carenti (12,2%), alle tasse elevate (20,6%) e agli oneri previdenziali alti (5,8%) sembrano spingere gli imprenditori a delocalizzare le proprie imprese all’estero. Il 72,3% degli imprenditori veneti chiedono al governo e alle istituzioni (anche a quelle locali) di tornare a fare una “buona politica”: una politica in grado di approvare riforme del mercato per le piccole e medie imprese, riforme capaci di ridare una spinta propulsiva sia all’economia veneta che a quella di tutto il Paese». In questo periodo la figura dell’imprenditore sembra non avere interlocutori: la crisi economica, l’accesso al credito, la pressione fiscale. Chi potrebbe riuscire a incarnare e portare avanti queste istanze oggi e quali caratteristiche dovrebbe avere? «Il 50,3% degli imprenditori del Nordest non individua un
Alessandra Ghisleri
Alessandra Ghisleri, fondatrice di Euromedia Research
interlocutore che affianchi le imprese nella difesa dei propri interessi: il 23,2% degli intervistati crede che siano le associazioni di categoria le uniche in grado di tutelare le imprese, mentre solo il 12,2% ritiene che siano i politici locali a mostrare maggiore interesse per il loro mondo. Gli imprenditori avevano creduto fermamente che le associazioni di categoria potessero promuovere gli interessi delle imprese davanti alle istituzioni: in realtà, il 40,5% dichiara di esserne deluso vista la loro scarsa attività durante questi lunghi anni di crisi. Questa forte disillusione tra gli imprenditori sembra precludere ogni forma di dialogo con le istituzioni: si sentono abbandonati da un governo che non attua riforme in grado di dare una spinta propulsiva al mercato imprenditoriale delle pmi e si sentono dimenticati da chi li dovrebbe rappresentare al tavolo decisionale». Come stanno cambiando le abitudini di consumo delle famiglie italiane e, più nello specifico, di quelle venete? «Una ricerca condotta nel 2011
da Unioncamere rivela che tra il 2001 e il 2009 in Veneto il reddito reale procapite delle famiglie è diminuito da circa 16.100 a 15.300 euro (in Italia si attesta a 13.600 euro). Questa flessione ha di conseguenza rallentato la crescita dei consumi: tra il 2007 e il 2009 la spesa delle famiglie è diminuita del 7,8% (4,5% in Italia). Negli stessi anni, secondo l’Istat, il Nord è stata l’unica zona del paese in cui la spesa media mensile per alimentari e bevande ha registrato un incremento (+2,7%; Centro -2,7% e Sud e Isole 1,9%) contro una contrazione dello 0,6% per i non alimentari (abbigliamento, calzature, trasporti). Nel maggio 2012, sempre l’Istat ha detto che nel Nordest la fiducia dei consumatori cresce lievemente, anche se soprattutto a livello psicologico». Le famiglie italiane e venete sono meno inclini al debito. Oggi, con l’aumento della disoccupazione e della cassa integrazione e la sostanziale immobilità degli stipendi, è ancora possibile per le famiglie poter continuare a mantenere questo trend?
«A conferma di una crisi che ha travolto l’economia reale, l’85% delle famiglie italiane dichiara di trovarsi in una condizione di debolezza economica e di temere per il proprio futuro, lavorativo ed economico. In particolare, il 34,9% delle famiglie teme di non essere in grado di far fronte a spese impreviste di importante entità e il 50,9% delle stesse dichiara di riuscire appena a far quadrare il bilancio familiare. Secondo il rapporto Unirec 2011, in Italia esistono oltre 32 milioni di pratiche di crediti da recuperare con un debito che rappresenta il 2,4% del Pil, cresciuto dal 2010 al 2011 del 22% e raddoppiato rispetto al 2008. L’importo medio di rate e bollette è di 1.152 euro a famiglia ed è cresciuto del 17,2% rispetto al 2010. Il dualismo Nord-Sud su questo piano si annulla: l’emergenza è particolarmente sentita in Sicilia, ma anche in Lombardia e Veneto; se in Sicilia l’importo da recuperare è di 6.700 milioni di euro, in Veneto si aggira attorno ai 2.000 milioni». VENETO 2012 • DOSSIER • 47
MODELLI D’IMPRESA
La produzione industriale non rinuncia all’artigianalità Ampliando la produzione dagli accessori metallici per calzature, a quelli destinati alla pelletteria e alla bigiotteria, la Destro Paolo ha acquisito una struttura sempre più industrializzata, senza rinunciare all’alta qualità della produzione artigianale. L’esperienza di Luca Destro Eugenia Campo di Costa
a quasi totalità delle calzature griffate vendute nei negozi di tutto il mondo sono prodotte e commercializzate dai calzaturifici della Riviera del Brenta. Proprio nella zona tra Padova e Venezia, infatti, ha preso origine fin dal XIII secolo uno dei distretti manifatturieri più prestigiosi di Italia. Qui, nel 1974, è nata la Destro Paolo Spa di Vigonza, la cui attività iniziale era molto legata a quella dei calzaturifici. «Abbiamo cominciato produ-
L Luca Destro, titolare della Destro Paolo Spa di Vigonza (PD). Nelle altre immagini, momenti di lavoro all’interno dell’azienda www.destrogroup.com
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cendo accessori metallici per le calzature – spiega il titolare, Luca Destro, figlio del fondatore Paolo -. Poi negli anni abbiamo ampliato le tipologie di produzione, inserendo gli accessori per pelletteria e la bigiotteria, e lavorando costantemente anche sul livello di qualità dei prodotti». Dagli anni 90, la Destro Paolo è una realtà conosciuta dai più famosi brand nazionali e internazionali, con i quali sviluppa le collezioni, avendo acquisito nel tempo una struttura sempre più industrializzata, pur senza mettere mai da parte l’originaria impronta artigianale. Al di là di macchinari e tecnologie, Destro Paolo continua a investire molto sulle persone. «Puntiamo sulle risorse umane. L’acquisto di un nuovo macchinario, per quanto sia ovviamente importante, può dare un vantaggio competitivo nel breve periodo: nel momento in cui la concorrenza acquista il medesimo macchinario, il vantaggio creato viene già azzerato. Diverso è invece il valore aggiunto dato dalle persone: se si riesce a creare una squadra che sappia muoversi in autonomia, sappia prendere determinate decisioni, gestirsi in particolari circostanze, si può avere sicuramente una marcia in più». Questa filosofia si è rivelata vincente visti i risultati ottenuti. Quale bilancio può
Luca Destro
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Abbiamo investito molto sui trattamenti delle superfici dei materiali e sui materiali stessi: ottone, zama, metacrilato, legno pregiato, acciaio, argento
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trarre, in particolare, dall’attività e dal fatturato della Destro Paolo Spa relativamente all’ultimo anno? «Abbiamo chiuso il 2011 con risultati molto soddisfacenti: gli interventi fatti sia a livello industriale che di risorse umane ci hanno consentito di aumentare di oltre il 40 per cento la capacità produttiva: un ottimo risultato sotto l’aspetto prettamente industriale. Queste premesse sono state confermate all’inizio di quest’anno e sembra che per il 2012 i risultati siano addirittura migliori. Se nel 2009, annus horribilis della crisi economica, siamo riusciti a consolidare quanto conseguito fino a quel momento, negli esercizi successivi abbiamo instaurato un trend di crescita che ci ha portato, oggi, quasi a raddoppiare la produzione rispetto a qualche anno fa. Quest’anno infatti dovremmo arrivare a produrre circa 12 milioni di pezzi, contro i 7,5 dell’anno scorso».
La vostra produzione di accessori metallici si dirama nei settori calzaturiero, pelletteria e bigiotteria. «L’azienda si compone proprio di tre diverse divisioni - calzaturiero, pelletteria, bigiotteria – caratterizzate da peculiarità differenti. I prodotti di ogni divisione, infatti, presentano determinate caratteristiche tecniche o estetiche: ad esempio la bigiotteria, che è a diretto contatto con la pelle, richiede articoli anallergici, che non contengano piombo, che quindi vengano sottoposti a trattamenti particolari. Un’esigenza che magari non è sempre necessaria sugli articoli destinati a determinate calzature. Pertanto, nonostante le analogie, le lavorazioni sono tutte diverse e ad hoc, non esiste un lavoro standard, ogni progetto va studiato e realizzato a sé». Quale di queste divisioni rappresenta la percentuale maggiore del vostro core business? «Non saprei dirlo, nel senso che si intercambiano: ci sono momenti in cui lavoriamo di più con le calzature, altri in cui prevale la pelletteria, e vedo che anche la bigiotteria sta ❯❯ VENETO 2012 • DOSSIER • 53
MODELLI D’IMPRESA
❯❯ crescendo molto, in quanto rappre-
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senta un’ottima opportunità di business per il cliente finale. Tendenzialmente, quindi, direi che le tre tipologie produttive, da questo punto di vista, si equivalgono». Oggi la Destro Paolo, è una delle principali società fornitrici di accessori per le grandi maison della moda. Secondo la vostra esperienza, la fascia alta del mercato fashion, in quale misura ha risentito della congiuntura economica negativa? «Alcuni brand, quelli più orientati sui prodotti di massa che sulla vera e propria nicchia, hanno risentito della congiuntura negativa, sia nella fascia di prodotto media che in quella alta. I marchi concentrati esclusivamente e rigorosamente sul lusso, e sui prodotti di alta gamma, invece, stanno continuando a crescere, ad aprire negozi in diversi
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Abbiamo un ciclo produttivo completamente integrato: progettazione, sviluppo, industrializzazione e tutta la produzione sono effettuati in seno all’azienda
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paesi e, se hanno delle flessioni, queste sono minime e momentanee. Da quanto ci risulta, le proiezioni per questi grandi gruppi multinazionali sono senz’altro positive, dal momento che coprono anche quei mercati che oggi sono in forte ascesa». E la Destro Paolo quale strategia ha messo in atto, per non risentire della crisi economica? «Abbiamo insistito molto sull’alta qualità. Non abbiamo delocalizzato all’estero nel tentativo di abbassare i costi e i risultati ci stanno dando ragione. Abbiamo scelto di tenere i costi un po’ più alti in linea con la qualità superiore che offriamo: i nostri sono prodotti particolari, realizzati e rifiniti da personale altamente specializzato, articoli che conservano quell’impronta artigianale che li rende unici. Un altro aspetto molto importante per la nostra produzione è la flessibilità: a volte sviluppiamo collezioni anche nel giro di 24 ore, e un progetto, dal momento in cui nasce a quello in cui viene consegnato, deve essere realizzato al massimo in tre mesi. Se si considera che contiamo circa due mila progetti l’anno, è evidente che dobbiamo essere in grado di fare un ottimo lavoro in tempi stretti, nel rispetto delle peculiarità delle singole lavorazioni». Come riuscite a garantire questa flessibilità?
Luca Destro
«Abbiamo strutturato l’impresa con un ciclo produttivo completamente integrato: progettazione, sviluppo, industrializzazione e tutta la produzione sono effettuati in seno all’azienda. Dallo stampaggio a caldo/freddo, alle macchine CNC, dalle fasi di officina a quelle di assemblaggio, dai trattamenti delle superfici a quelli galvanici, dalle fasi di smaltatura, verniciatura, montaggi di pietre semipreziose, strass, perle, tutto viene eseguito internamente alla struttura. Tutti i lotti di produzione sono monitorati lungo il ciclo di costruzione, sottoposti a svariati test meccanici e climatici e il 100 per cento dei pezzi realizzati, viene sottoposto a un severo controllo finale prima di poter essere consegnato al cliente». Il ciclo produttivo interno richiede senz’altro un costante aggiornamento tecnologico. Quanta attenzione viene riposta, e quanto investite, in questo ambito? «Negli ultimi anni abbiamo investito prevalentemente sui trattamenti delle superfici dei materiali e sui materiali stessi, che spaziano dall’ottone alla zama, dal metacrilato al legno pregiato, dall’acciaio all’argento. Dunque il nostro interesse si è concentrato soprattutto sul come ottenere un certo tipo di prodotto. Ovviamente abbiamo investito anche su tecnologie e macchinari – dalle macchine a controllo numerico, a quelle a laser fino a tutto ciò che concerne la prototipia rapida - tuttavia stiamo portando avanti questo tipo di investimento con molta attenzione visto l’andamento del mercato, anche se, mediamente, almeno la metà del nostro utile ogni anno viene sempre destinata all’innovazione». Quali le prospettive per il 2012? «Probabilmente nei prossimi due o tre anni
il mercato subirà ancora qualche rallentamento, ma le prospettive per la Destro Paolo credo siano positive: i margini per crescere ancora ci sono, pertanto vedo il 2012 e anche gli anni successivi discretamente positivi. In questa fase abbiamo deciso di consolidare i risultati raggiunti e di captare le nuove tendenze, le esigenze del mercato. Di conseguenza stiamo investendo sia in termini commerciali che sulle risorse umane per essere pronti quando la situazione generale del mercato tornerà più stabile». A proposito di risorse umane, alla Destro Paolo è stata anche creata la figura del tutor formativo interno. In conclusione, possiamo approfondire questo aspetto? «Alcune risorse umane sono in azienda fin dalla fondazione e hanno maturato un’esperienza importantissima che credo debba essere trasmessa ai neo assunti, i quali possono essere magari molto specializzati su certi aspetti, ma altrettanto carenti in altri. Oggi quindi abbiamo un’equipe di ragazzi che vengono formati quotidianamente dai tutor anziani. Questi ultimi fanno anche formazione aggiuntiva ai responsabili di reparto, seguendo magari corsi di approfondimento e riportando le competenze in azienda, ovviamente adattandole alla nostra realtà. Grazie ai nostri tutor formativi interni, quindi, non vengono disperse le esperienze maturate, viene favorita la specializzazione degli addetti già presenti in azienda e viene fornita la formazione tecnica di base ai neo assunti». VENETO 2012 • DOSSIER • 55
MODELLI D’IMPRESA
L’innovazione trasversale a settori e mercati Calano i volumi a vantaggio di piccole produzioni ad alto valore aggiunto. La specializzazione e il servizio assumono sempre più importanza. Promuovendo una visione del prodotto a tutto tondo: dall’idea di base alla produzione in serie. L’esperienza imprenditoriale di Alessia e Nicola Salatin di Premec Luca Cavera
ssere innovativi non sempre significa inventare qualcosa di nuovo. Molto spesso l’innovazione si traduce e si concretizza nel trasferire soluzioni note da un settore all’altro». Alessia Salatin riassume così il percorso che negli ultimi anni ha portato Premec, gruppo che dirige insieme al fratello Nicola, ad ampliare il mercato di riferimento, applicando il proprio know how a nuovi settori. «Da struttura che lavorava quasi esclusivamente nella progettazione e industrializzazione di componenti e meccanismi per articoli sportivi – prosegue Alessia Salatin –, siamo riusciti a entrare anche nel-
«E
Alessia e Nicola Salatin, titolari del gruppo Premec, che ha sede a Godega di Sant’Urbano (TV). Al centro, Ferdinando Salatin, fondatore dell’azienda www.premec.com
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l’automotive, nel fitness, nell’arredamento e nel mondo del piccolo elettrodomestico. Avere avuto la possibilità e la competenza per confrontarci con mercati dalle esigenze così diverse è stato uno dei fattori che più ha contribuito alla crescita sia economica sia organizzativa del gruppo. Ci ha fatto conoscere realtà diverse e ci ha stimolato a trasferire idee e soluzioni da un ambito all’altro. Ed è stata anche un’opportunità per estendere l’applicazione di un’innovativa tecnologia di decorazione tridimensionale sviluppata negli ultimi anni». Qual è stata la performance del vostro business nell’ultimo biennio? NICOLA SALATIN: «Indubbiamente la congiuntura economica negativa che ha investito l’Europa ha penalizzato anche i nostri settori di riferimento. Crediamo che la migliore risposta che qualsiasi azienda possa dare a questa situazione di difficoltà sia quella di accogliere la crisi come uno stimolo per la riorganizzazione interna e la ricerca di nuovi mercati. Per noi, con un fatturato di circa 15 milioni di euro, l’ultimo anno è stato comunque molto positivo – nonostante sia stato gravato da un carico fiscale sempre più penalizzante. La nostra buona performance però è da leggere all’interno di un processo di riorganizzazione e diversificazione che abbiamo avviato da circa un decennio». Da quali società è composto il vostro
Alessia e Nicola Salatin
15 mln
EURO È IL FATTURATO 2011 DEL GRUPPO PREMEC, PERFORMANCE CHE CONFERMA IL TREND DI CRESCITA AVVIATO CON IL PROCESSO DI RIORGANIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE
gruppo industriale? ALESSIA SALATIN: «Alla casa madre, Premec - sede di tutte le attività gestionali e organizzative del gruppo, dalla progettazione della produzione alla logistica, e specializzata nello stampaggio delle materie plastiche, assemblaggio di semilavorati e finiti - si affiancano Bipoint - specializzata nella costruzione di stampi in acciaio e alluminio per materie plastiche, pressofusione e trancio-lamiera - e Boss - specializzata nella produzione di minuterie metalliche». Quali sono i settori e i target che in questa fase vi stanno dando i migliori riscontri commerciali? N.S.: «Automotive, fitness e attrezzi da bambino rappresentano oggi i mercati più importanti per il nostro bilancio. Inoltre, l’ingresso al settore auto ci ha permesso di avere accesso a tutti gli ultimi ritrovati tecnologico-produttivi dedicati alla costruzione di stampi – in particolar modo nell’ambito della progettazione e costruzione degli stampi dei gruppi ottici anteriori e posteriori dell’auto. Importante è anche la collaborazione
con i clienti del settore fitness, che si rivolgono solo ad aziende in grado di gestire internamente tutti i processi produttivi: dall’idea al prodotto, estremizzando l’aspetto qualitativo, estetico e funzionale. Quello degli attrezzi da bambino è il settore nel quale siamo entrati più di recente. È un mercato nel quale sta avvenendo un processo inverso a quello di delocalizzazione, in questo contesto la nostra organizzazione snella e dinamica ci premia, e che sempre più richiede un prodotto personalizzato». Quali investimenti sono stati necessari per raggiungere l’attuale livello di diversificazione? A.S.: «L’investimento più importante è stato certamente quello sulle persone. In questi anni abbiamo cercato di selezionare le risorse umane per la creazione di un gruppo di lavoro sempre più avanzato dal punto di vista del know how. Siamo convinti che la vera innovazione nasca da una stretta collaborazione fra i vari reparti interni. Questi, interfacciandosi con aziende esterne di consulenza e fornitori di prodotti e tecnologie, hanno generato quello che oggi rappresenta il nostro vero patrimonio aziendale: un legame sempre più stretto instaurato con i partner, con i quali collaboriamo a partire dallo sviluppo dell’idea di prodotto fino alla sua produzione – VENETO 2012 • DOSSIER • 57
MODELLI D’IMPRESA
SPECIALIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE l gruppo Premec nasce negli anni Settanta all’interno del settore delle minuterie metalliche, della costruzione di stampi, della torneria e della fresatura. Alla fine degli anni Ottanta, con la costituzione dell’attuale casa madre, Premec Spa, inizia la specializzazione nella progettazione, industrializzazione e produzione di componenti, meccanismi e parti per articoli sportivi – segmento di mercato che si impone come core business – e nella lavorazione e trasformazione di materie plastiche. Oggi il gruppo ha espanso il proprio raggio d’azione anche ad altri settori – automotive, arredamento, casalinghi, motoci-
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clismo, giardinaggio, elettrodomestico, idropulitrici, automazioni per cancelli – e gestisce tutte le fasi di processo: a partire dall’idea fino alla progettazione, prototipazione e alla produzione, con particolare attenzione alla fase di industrializzazione del prodotto. Questa comprende le sottofasi di progettazione e realizzazione interna delle macchine e delle attrezzature specifiche per la produzione del prodotto in serie, con la conseguente istruzione alle aree interessate per il set up e la gestione delle linee di lavorazione di tipo automatico, semiautomatico o manuale.
come testimonia l’elevato numero di brevetti l’abrasione. Questa tecnologia, oltre permetterci depositati nel corso degli anni». E le tecnologie che ruolo hanno avuto in questo processo? N.S.: «La specializzazione e il know how aziendale sono certamente gli elementi specifici, che ci permettono di differenziarci rispetto ai competitor, sia italiani che stranieri. Naturalmente però la tecnologia è fondamentale, oltre ad avere aggiornato via via il nostro parco macchine dedicato allo stampaggio di metalli e materie plastiche, abbiamo avviato una politica di investimenti mirati in tecnologie versatili e innovative. Un esempio è l’ultimo investimento effettuato in una nuova tecnologia di decorazione tridimensionale». In cosa consiste questa nuova tecnologia? A.S.: «Si tratta di un sistema che ci permette di decorare con qualità fotografica oggetti dei più diversi materiali – fra i quali plastica, metallo, legno e vetro –, con le più svariate forme, anche assai complesse, e colori e con un’enorme tenuta al-
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di rivisitare l’estetica dei prodotti dei nostri partner storici, ci ha permesso di entrare in nuovi settori. Le sue applicazioni variano in base al materiale di applicazione, per esempio, per il caso del legno, questa tecnica può essere utilizzata per riportare le venature e i colori caratteristici di legni pregiati. In tutti i casi, però, è garantita la definitiva stabilità della grafica, un’ottima resistenza a tutti gli agenti atmosferici e al graffio, l’assenza di spessore – dato che la grafica penetra direttamente la superficie dell’oggetto». Negli ultimi anni com’è cambiato il vostro modo di rapportarvi ai partner e al mercato? N.S.: «In Italia, il mercato si sta contraendo sempre più in termini di quantità, mentre aumenta la richiesta di lotti produttivi minori, però caratterizzati da un superiore valore aggiunto in qualità e tecnologia. Il nostro obiettivo è mantenere una struttura snella per garantire ai nostri clienti tempi di risposta immediati. C’è poi una forte richiesta di prodotti personalizzati – è anche in quest’ottica che va considerato il nostro investimento nella decorazione tridimensionale. A nostro vantaggio va il fatto che crescono la convinzione e la consapevolezza che una buona progettazione e industrializzazione del prodotto non
Alessia e Nicola Salatin
siano più un costo, bensì un investimento finalizzato a dare al prodotto un valore aggiunto. E questo si traduce in competitività economica, permettendo di ottimizzare i costi nonché tempistiche di produzione, innovazione e ulteriori investimenti. In un simile quadro diventa fondamentale il servizio che si fornisce al partner». Dunque, quale percorso seguite, oggi, nella progettazione del prodotto? A.S.: «Il punto di partenza è sempre l’esigenza, manifestata dal mercato, di una novità o di una nuova funzione per un prodotto esistente. Si lavora prima sull’idea, dalla quale inizia un percorso di sviluppo, industrializzazione e progettazione che poi prevede diverse fasi. Alla base c’è uno studio di fattibilità delle soluzioni individuate, con eventuale deposito di brevetti. Segue la realizzazione dei prototipi, corredati sia delle caratteristiche funzionali sia di quelle estetiche. Si passa dunque all’industrializzazione, finalizzata a verificare e determinare le tecnologie più adatte alla realizzazione in serie del prodotto. Questa fase prevede una serie di sottomomenti dedicati specificamente alla creazione delle attrezzature di produzione, che una volta definite permettono l’avvio della realizzazione in serie del prodotto, con la relativa determinazione degli aspetti qua-
La buona progettazione e industrializzazione del prodotto non sono più viste come un costo, bensì un investimento
litativi e produttivi». Quali sono le prospettive con le quali guardate al 2012? N.S.: «Crediamo che difficilmente le grandi commesse di lavoro rimarranno in Italia. Quello su cui noi stiamo puntando è una maggiore versatilità, tuttavia, ormai si lavora senza più alcuna programmazione che vada oltre pochi mesi. e questo certamente crea un’insicurezza generale. Nonostante un mercato in sostanziale crisi, però, nuove opportunità di business si stanno creando. Sta alle piccole e medie imprese saper cogliere con il giusto entusiasmo queste opportunità, puntando su un gruppo di lavoro selezionato che, avvalendosi delle tecnologie interne ed esterne, sia spinto verso una continua ricerca della crescita e del miglioramento. Per quanto ci riguarda, poi, ci teniamo a creare un indotto positivo sul nostro territorio. Siamo orgogliosi del fatto che tutta la nostra produzione, a differenza di quanto accade in altri contesti simili al nostro, avviene in Italia». VENETO 2012 • DOSSIER • 59
MODELLI D’IMPRESA
Dalla Cina all’Italia, una “rilocalizzazione” Dopo la delocalizzazione in Cina, la Ska Italia ha deciso di riportare parte della produzione in Italia, in un nuovo stabilimento che le permette di investire anche nella ricerca. L’esperienza di Andrea Colombini Lucrezia Gennari
alorizzare la produzione italiana, per le nostre imprese, significa anche rivedere scelte prese in passato, come quella della delocalizzazione. Spostare la produzione, o anche solo una parte di essa, all’estero, in Paesi che garantiscono costi contenuti, ha rappresentato per molte realtà italiane una risposta tutto sommato efficace ai contraccolpi della crisi economica. Ma in questo modo non si favorisce la ripresa del sistema Italia. La Ska Italia, azienda padovana specializzata nella produzione e commercializzazione di chiusure lampo, ha fatto una scelta controcorrente: quella di riportare una parte degli stabilimenti produttivi in Italia, dopo averli delocalizzati in Cina nel 1999. «Ogni imprenditore deve avere il coraggio, anche e soprattutto in questi mo-
V Andrea Colombini, amministratore della Ska Italia Srl. La sede principale dell’azienda è a Padova www.skaitalia.com
menti difficili, di investire guardando al futuro – afferma Andrea Colombini, amministratore della Ska Italia -. Seguendo questa filosofia abbiamo inaugurato un nuovo stabilimento tutto italiano, a Vercelli, dove abbiamo trasferito alcune produzioni prima dislocate in Cina». Quali le ragioni di questa scelta? «Dopo attente valutazioni, abbiamo scelto di tornare In Italia per offrire consegne più rapide e il marchio “made in Italy” oltre al fatto di poter sviluppare il nostro ufficio ricerca. La produzione in Far East aveva un livello qualitativo elevato, ma producendo in Italia possiamo garantire un servizio molto più rapido ed efficace. Ci permette inoltre quella flessibilità produttiva necessaria nel nostro settore, dove spesso si sommano esigenze di campionario con ordini modesti e frammentati con le produzioni stagionali». In che modo avete sviluppato la ricerca tornando in Italia? «Per offrire un maggior numero di soluzioni abbiamo installato una moderna galvanica che ci permette di presentare un’ampia gamma di finiture, anche personalizzate, sulle catene di metallo. Anche a livello umano abbiamo selezionato persone di altissimo profilo professionale, ben conosciute nel nostro settore che, oltre a dirigere lo stabilimento, effettuano una continua ricerca per innovare e migliorare la
Andrea Colombini
qualità e l’efficacia sia dei prodotti che dei processi produttivi, nonché per studiare nuovi articoli. In effetti, proprio in queste settimane, stiamo iniziando i collaudi dei primi prototipi di una nuova linea di prodotti in metallo, che hanno una scorrevolezza incredibile e un’ottima resistenza. La ricerca infine è volta anche a offrire soluzioni specifiche per il difficile settore dell’abbigliamento tecnico sportivo, per il quale abbiamo già immesso sul mercato due linee di prodotto: H2out e Ocean Race, lampo spalmate che coniugano i migliori elementi del settore tecnico sportivo a quelli del fashion». Nel nuovo stabilimento producete anche i vostri “classici”. «Nello specifico, il nuovo stabilimento produce le lampo burattate della linea Perfetta, e della linea Perfetta Simmetrica, oltre a produrre il nuovo articolo H2out congiuntamente a lampo in nylon normali e rovesciate. Entro breve sarà in grado di produrre anche lampo spirali metallizzate. Il progetto “Perfetta”, intrapreso nel 2002 con l’ambizione di diventare produttori di chiusure lampo per il mercato di alta fascia, consiste in lampo in ottone burattato con galvaniche dei cursori a telaio e cursori tecnicamente innovativi». Queste lampo hanno conquistato anche i mercati esteri. Quali gli scenari stranieri in cui siete più attivi oggi?
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La produzione in Far East aveva un livello qualitativo elevato, ma producendo in Italia possiamo garantire un servizio molto più rapido ed efficace
«Oggi Ska Italia è un’azienda in forte ascesa, certificata Iso 9001:2008 e Oeko Test, che tra i suoi clienti più prestigiosi annovera grandi nomi internazionali. In effetti in questi anni abbiamo saputo affermarci come una delle aziende di riferimento anche all’estero. La nostra sede centrale di Padova segue la distribuzione del marchio Ska in tutta l’Europa, il Medio Oriente e il Nord Africa. Dal 2009, inoltre, è attiva la società Guangzhou Sekura Ltd, che distribuisce il marchio Ska per il territorio cinese con la possibilità di fatturazione in moneta locale. Questa società lavora comunque in stretto collegamento con la sede centrale per garantire ai nostri clienti europei con produzione nel Far East una voce univoca per tutte le loro produzioni e il controllo dei terzisti grazie al personale in grado di comunicare in lingua cinese, inglese e italiana».
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MODELLI D’IMPRESA
Dall’industria all’interior design Dalle significative esperienze industriali nei settori automotive e nautica, Fasteners Pelosato punta ad entrare nel mondo dell’interior design. «Vogliamo unire tecnologia ed eleganza, dando forma a raffinate soluzioni di arredo». Il punto di Paola Sorio su un’innovazione che unisce know-how e stile made in Italy Luca Cavera
reare, anticipare, cambiare. Fasteners Pelosato inizia la sua attività a Verona nel 1995, partendo dall’intuizione e dalla convinzione che prodotti quali i fissaggi rapidi in plastica e metallo, considerati “poveri” e privi di significato, potessero in realtà diventare nel medio periodo nicchie di mercato interessanti da sfruttare. L’idea di azienda che emerge dalle parole di Paola Sorio, titolare, è semplice ma efficacie: «Il logo Fasteners Pelosato si identifica in un diamante, che racchiude oltre alle nostre iniziali, le cose importanti della vita, la passionalità e lo spirito con i quali dobbiamo guardare sempre ai nostri obiettivi. Un diamante che, nel suo significato di ricchezza e lusso, si identifica nella preziosità del nostro prodotto: povero e per molti sconosciuto, ma essenziale per l’interezza del prodotto finito». Quale è stata la motivazione che vi ha spinti a proporre i fasteners anche nell’interior design? «Siamo un’azienda che opera nell’ambito di nicchie di mercato, dove la tecnologia si congiunge all’estetica e al lusso. Crediamo siano maturi i tempi per portare la tecnologia dei fasteners anche nel settore dell’arredamento. Dopo un attento studio, abbiamo realizzato questo sistema di fissaggio che permette di as-
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semblare più elementi dando così forma agli spazi seguendo le richieste anche del cliente più esigente. Coniugando il nostro prodotto a materiali pregiati le realizzazioni possono essere molteplici: dalle boiserie, a librerie, pareti d’arredo, porte insonorizzate, testate di letti, armadi, mobili e tutto ciò che richiede il cliente». Quanto della vostra esperienza nell’Automotive e nella Nautica siete riusciti a trasferire in questa nuova specializzazione? «Il nostro background si è formato nella progettazione di elementi di fissaggio sia per l’automotive di altissimo livello, sia per la fascia alta del settore nautico. Nel corso degli
Paola Sorio
Sotto, i nuovi elementi di fissaggio sviluppati dalla Fasteners Pelosato Srl di Verona. A lato, Paola Sorio, titolare dell’azienda. Nella pagina accanto, un esempio di parete d’arredo www.fastenerspelosato.com
Riuscire a coniugare tecnologia, artigianalità e materiali di pregio è sicuramente un obiettivo che riconferma l’unicità del made in Italy
anni abbiamo sviluppato significative esperienze industriali, che ci hanno permesso di annoverare tra la clientela società leader. Apparentemente un prodotto poverissimo, il fastener è una tecnologia innovativa che permette di fissare strutture intercambiabili e sostituibili senza danneggiare i materiali. In un mercato sempre più attento ed esigente riuscire a coniugare tecnologia, artigianalità e materiali di pregio è sicuramente un obiettivo che riconferma l’unicità del made in Italy». Quali riscontri ha dato sull’andamento del vostro business l’introduzione del mercato arredo? «Ancora non ci è possibile quantificare concreti riscontri poiché siamo agli inizi di un lungo percorso, nel quale crediamo fortemente. Siamo riusciti ad interessare importanti partner a livello internazionale: i mercati di Francia, Germania, Russia e Paesi Arabi iniziano a guardare al nostro prodotto con particolare attenzione. Tuttavia, ad oggi, l’automotive e la nautica sono ancora il motore trainante della Fasteners Pelosato e rappresentano il nostro core business». Quali sono gli investimenti nell’interior design che avete previsto per i prossimi
mesi e quali gli obiettivi di crescita? «La nostra filosofia è sempre stata impregnata nella ricerca di nuovi prodotti, con un impegno costante volto al miglioramento dei metodi di fissaggio. In questo momento i nostri fasteners vengono impiegati in out-sourcing per la realizzazione di pannellature e rivestimenti, eseguiti manualmente da maestri artigiani costantemente in contatto con il nostro centro design. Tuttavia abbiamo in progetto di portare al nostro interno sia tutto il processo di ricerca e selezione dei materiali di rivestimento, sia la produzione delle pannellature. Vogliamo puntare al mantenimento della lavorazione artigiana, un valore aggiunto fondamentale per la valorizzazione di un prodotto “Made in Italy”. Un prodotto creato da mani artigiane è sempre più raro: noi vogliamo coniugarlo alla tecnologia. Gli obiettivi sono quelli di confermare i nostri risultati nei settori tradizionali e potenziare il contract, rispondendo sempre alle esigenze specifiche: tutto improntato alla massimizzazione della customer satisfaction». VENETO 2012 • DOSSIER • 63
MODELLI D’IMPRESA
Diminuiscono gli sprechi nelle cartiere Abk Group ha allargato i confini anche in Italia attraverso la creazione di Abk Italia, a Verona. Centrali gli impegni che hanno sempre contraddistinto il gruppo francese: sviluppare per le cartiere soluzioni più economiche dal punto di vista del fabbisogno energetico. Ne parliamo con Paul ed Emmanuel Allibe Nicoletta Bucciarelli
i terrà a giugno in Brasile l’edizione numero 40 della Giornata mondiale dell’Ambiente. Il titolo di questa manifestazione sarà “Green Economy: does it include you?”. È proprio verso questa condivisione di responsabilità nei confronti della causa ambientale che sta consolidando i suoi sforzi ABK Group, gruppo francese con una grande esperienza nell’industria della carta e cartone. «Recentemente abbiamo presenziato il 43° Congresso Aticelca tenutosi ad Ascoli Piceno. Il lavoro presentato “Reduce energy costs in papermaking by managing air process” mostra una metodologia per l’individuazione e l’eliminazione degli “sprechi d’energia” nel ciclo di produzione della carta. I risultati di 3 interventi effetuati dalla nostra filiale M.D.S. hanno validato tale metodologia». Spiega Paul Allibe, presidente del Gruppo, affiancato da Emmanuel Allibe, vicepresidente del Gruppo e presidente di Abk Italia. Come è strutturata la Abk Group? PAUL ALLIBE: «Siamo progettisti e costruttori di macchine per la produzione di carta e cartone da tre generazioni. Mio padre, Aimé Allibe, fondò
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Paul Allibe, presidente del Gruppo ABK con sede a Tullins, Francia www.abkmachinery.com
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la società nel 1952 e ora la dirigiamo io e mio figlio Emmanuel. Oggi il gruppo Abk realizza un volume d’affari tra i 75 e 100 milioni di Euro con 250 persone al suo attivo. Il 90 per cento del volume d'affari è esportato fuori dall’Europa, principalmente in Asia. Il gruppo Abk è composto da 6 società: Abk Machinery, Abk Italia, M.D.S., Abk Services, D.M.A. e Hydro-Motion». Come si sviluppa la ricerca in questa realtà? P.A.: «Gli investimenti nella ricerca e sviluppo oggi più che mai devono centrarsi sui bisogni reali dei clienti. Il peso del costo energetico sulla produzione è così rilevante da aver causato la chiusura di numerose cartiere in questi ultimi anni. Hanno resistito quelli che hanno avuto la capacità d’investire sull’ammodernamento dei macchinari. Di conseguenza il nostro gruppo ha sviluppato nuove soluzioni ad alto rendimento e quindi più economiche dal punto di vista del fabbisogno energetico. Proprio per incrementare le potenzialità di alcuni nostri macchinari chiave abbiamo stabilito una collaborazione con il Ctp di Grenoble (Centre Technique du Papier) che è direttamente collegato alla scuola cartaria di Grenoble, la più antica e prestigiosa d’Europa». Il gruppo ha anche una visione internazionale del mercato di riferimento. P.A.: «In una visione generale del mercato è necessario partire dall’analisi della differenza di consumo medio annuo. I paesi sviluppati (Nord
Paul ed Emmanuel Allibe
90%
EXPORT LA PRODUZIONE COMMERCIALIZZATA FUORI DALL’EUROPA, PRINCIPALMENTE IN ASIA, CHE POTENZIA LA LEADERSHIP SUL MERCATO CINESE
America ed Europa) sono attestati su un consumo procapite di 150 kg/anno mentre i paesi emergenti (Asia e India) sono su valori che vanno da 15 a 25 kg/anno. Considerando anche la differenza di popolazione in valore assoluto (Nord America + Europa circa 1 miliardo mentre Asia + India circa 3 miliardi), risulta evidente quali siano i mercati in crescita e dove siano le opportunità di business. Il gruppo Abk è arrivato molto presto in Asia dove è stato presente dal 1980 e per un certo periodo ha avuto anche un ufficio di engineering a Manila nelle Filippine. Oggi, seguendo l’evoluzione del mercato tale ufficio è stato trasferito in Cina». E l’azienda ha allargato i suoi confini anche in Italia. EMMANUEL ALLIBE: «In seguito alla liquidazione della società Over Meccanica ci siamo posti come candidati per acquisirne l'attività. In questo modo Abk Italia, una società di diritto italiano, è stata creata per riprendere le attività del sito produttivo di Verona, progettando e costruendo macchine per la produzione di carta e cartone avvalendosi dell'esperienza e dell'attività che aveva in passato Over Meccanica».
L’industria delle macchine da carta del Veneto può contare una grandissima storia alle spalle. Quanto ha inciso questa motivazione “storica” nella scelta di Abk Group di allargare i confini in Italia? E.A.: «Over Meccanica godeva di una buona reputazione come fornitore di macchine per la produzione di carta anche se questa non è stata la ragione principale del nostro impegno a Verona. Le nostre attività erano compatibili e complementari: compatibili perché avevamo mercati similari e complementari perché Abk Machinery ha una tecnologia che Over Meccanica comprava all’esterno per completare la sua fornitura». Quali altri mercati ha aperto la sede italiana? E.A.: «L’acquisizione della Abk Italia ci ha permesso di entrare a pieno titolo nel mercato della produzione di carte Tissue potenziando la nostra leadership sul mercato cinese e aprendoci anche le porte del mercato sudamericano. Le referenze di Over Meccanica in Medio Oriente ci hanno aperto le porte anche in questo mercato di nicchia». C’è qualche novità in vista per la sede italiana? E.A.: «Stiamo portando avanti i progetti di ampliamento della fonderia e di potenziamento del parco macchine. Inoltre, contiamo di rimettere in funzione l’impianto pilota avvalendoci della collaborazione di un centro di ricerche. Questo ci permetterà di validare alcuni progetti innovativi che abbiamo in programma».
Emmanuel Allibe, vicepresidente del gruppo ABK e presidente di ABK Italia, con sede a Verona www.abkitalia.it
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MODELLI D’IMPRESA
La ricerca, il valore aggiunto delle imprese strutturate La crisi ha accentuato la corsa al ribasso nel mercato degli impianti di refrigerazione. Valentino Verzotto, titolare di Friver Srl e presidente di Assofrigoristi, spiega perché saranno ricerca e innovazione a riportare il settore sulla strada della crescita Valerio Germanico
l settore della refrigerazione sta affrontando numerose criticità. Di queste si fa portavoce Valentino Verzotto, titolare della Friver Srl, azienda specializzata nella progettazione e commercializzazione di impianti di refrigerazione e condizionamento ad alto contenuto innovativo, nonché fondatore e presidente di Assofrigoristi: «La crisi ha certamente penalizzato gravemente il nostro comparto – che oltretutto fino a pochi anni fa era privo anche di un’adeguata rappresentanza di categoria. Se le commesse a livello quantitativo non sono crollate, il vero problema è rappresentato dalla corsa al ribasso e dalla competizione fra imprese strutturate e imprese non strutturate. Questi diversi modelli di business corrispondono anche a diverse proposte tecnologiche e qualitative, che però l’assenza di liquidità del mercato sta schiacciando sotto la logica del prezzo più basso a tutti i costi». Quali sono i fattori che hanno portato a un crollo dei prezzi? «Il nostro committente, schiacciato dalla necessità di ottimizzare, attualmente presta scarsa attenzione alla qua-
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Valentino Verzotto, titolare della Friver Srl di Santa Giustina in Colle (PD), è anche presidente di Assofrigoristi www.friver.it
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lità come valore aggiunto, guardando pressoché esclusivamente al prezzo più basso disponibile sul mercato. In assenza di un discrimine sul rapporto prezzo/qualità si è creato quindi un problema di competitività legato ai costi di sviluppo e produzione. Nel mercato, in questo momento, manca la comprensione che affinché un impianto risponda a determinati requisiti, questi abbiano necessariamente un costo per il produttore, che non è comprimibile al di sotto di una certa soglia, a meno di non perdere anche i requisiti richiesti al prodotto». Quali sono le possibili soluzioni per superare questa fase di impasse? «Poiché per il mercato la qualità dell’impianto è data prima per sottintesa, salvo poi costatarne l’effettiva validità nel tempo, non possiamo che contare sul fatto che i committenti si rendano conto, sulla base dell’esperienza diretta, che non sempre il prezzo più basso è anche il più conveniente. Per esempio, gli impianti in grado di garantire un consistente risparmio energetico richiedono inevitabilmente un investimento iniziale più alto, che viene poi ammortizzato nel tempo. Quindi crediamo che certamente le aziende più strutturate debbano puntare sulle fasce di prodotto a maggiore componente tecnologica e innovativa, dato che a parità di prodotto, sulla gamma degli im-
Friver
pianti tradizionali, le aziende non strutturate, avendo minori costi, sono irraggiungibili dal punto di vista dei prezzi». Dunque bisogna puntare sulla ricerca e l’investimento in sviluppo e tecnologia. «Il valore aggiunto di un’azienda strutturata, soprattutto nel nostro settore, è proprio quello di avere la forza e i mezzi per investire sulla ricerca di soluzioni innovative. Questo investimento si fa necessario quanto più si lavora su sistemi non in serie e che quindi richiedono procedure di controllo sulla progettazione e la produzione molto più insistenti. Alla fine però bisogna sempre riuscire a comunicare efficacemente al committente le caratteristiche che stanno dietro a due impianti di prezzo differente. Oggi tutti propongono il proprio prodotto sotto l’etichetta del risparmio energetico. Il problema è che il cliente solitamente è privo delle competenze tecniche per valutare le effettive prestazioni del sistema e quindi torna il problema della preferenza per il prezzo più basso». Quali sono stati i vostri più recenti investimenti e quali i risultati? «Nel 2011 abbiamo investito nella realizzazione di un laboratorio di ricerca e sviluppo per la progettazione e realizzazione di sistemi a risparmio energetico. E con l’acquisizione del brevetto Stk proponiamo impianti frigo-
Il valore aggiunto di un’azienda strutturata è la forza di investire sulla ricerca di soluzioni innovative
riferi con un risparmio medio del 40 per cento rispetto ai sistemi tradizionali. Oltre a questo, abbiamo sviluppato anche un sistema che riesce a far risparmiare fino a quasi il 50 per cento di energia elettrica. Questo sistema è abbinabile a diverse soluzioni tecnologiche e crediamo che abbiamo ulteriori margini di miglioramento. Parallelamente, oltre all’utilizzo dei più diffusi sistemi di monitoraggio elettronico a distanza, stiamo lavorando alla progettazione di un nostro sistema di telegestione per il monitoraggio e l’intervento tecnico da remoto». Quali sono le prospettive per il 2012? «Crediamo che la crescita e l’uscita dalla crisi potranno realizzarsi solo puntando su un prodotto innovativo e che quindi la sperimentazione e la ricerca siano l’unica strada percorribile. Inoltre, come Assofrigoristi, lavoreremo per dare maggiore tutela e rappresentanza alla nostra categoria, che in questa situazione di depressione economica è stata penalizzata anche a causa della sua scarsa visibilità fuori dal settore degli addetti ai lavori».
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MODELLI D’IMPRESA
Investire sull’efficienza Industrialtechnics chiude il 2011 superando i livelli pre crisi. Merito della flessibilità nella produzione dei suoi componenti meccanici di precisione, ma anche di investimenti mirati sull’efficienza dei processi. Il punto di Marzio Beggiato Carlo Gherardini
l periodo più difficile sembra passato. Almeno per alcune realtà imprenditoriali che oggi possono guardarsi indietro e, dati alla mano, tirare un sospiro di sollievo. È il caso, ad esempio, della veronese Industrialtechnics, azienda specializzata nelle lavorazioni meccaniche di precisione destinate all’industria, con sede a Villa Bartolomea. L’amministratore Marzio Beggiato può ritenersi soddisfatto dei risultati fin qui raggiunti e guarda al futuro con rinnovato ottimismo: «Il trend dell’Industrialtechnics, fin dalla sua fondazione nel 1978 è sempre stato in crescita, fino all’annus horribilis della crisi, il 2009, in cui abbiamo registrato un netto calo del fatturato. Superata quella fase, però, abbiamo ripreso importanti quote di mercato, arrivando a chiudere il 2011 con un fatturato di 18 milioni di euro, addirittura superiore ai livelli pre crisi». Nata come azienda meccanica operante nel settore della sub-fornitura, Industrialtechnics ha saputo unire la rapida crescita a un’evoluzione costante divenendo un gruppo in grado di fornire un prodotto finito assemblato che sa rispondere alle richieste, sempre più esigenti, dei clienti, italiani e stranieri. «La nostra tecnologia – continua Beggiato - è orientata verso i settori della meccanica di precisione con lotti di piccola/media serie a ciclo completo in Nelle immagini, alcuni particolari di lavorazioni base ai progetti forniti dai della Industrialtechnics di Villa Bartolomea (VR) clienti. Operiamo principalwww.industrialtechnics.it
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mente nei settori impiantistico, oleodinamico, aria compressa, componentistica, macchine utensili, automobilistico. In questa particolare fase, la maggior parte del nostro core business deriva dai compressori e dai settori eolico, veicoli industriali, caldaie e bruciatori». La forza dell’Industrialtechnics consiste nel non essere semplicemente un fornitore, ma nel porsi come un vero e proprio partner strategico per cui, oltre al prezzo e alla qualità, ogni lavoro non prescinde da altri fattori quali precisione e flessibilità. «I nostri prodotti sono componenti meccanici di precisione singoli e assemblati in base alle specifiche del cliente.
Marzio Beggiato
Gestiamo tutta la filiera produttiva, dalla progettazione delle attrezzature modelli, fino alla costruzione del prodotto e al collaudo». Oltre che dall’innovazione tecnologica, i buoni risultati dell’azienda derivano anche da una migliorata efficienza dei processi interni: «Fino a qualche tempo fa – spiega Beggiato - puntavamo sulla competitività dell’offerta del prodotto e del servizio, quindi sull’ottimo rapporto qualità prezzo, ma ci siamo accorti che molti nostri competitor ci superavano in efficienza e che questo fattore li rendeva vincenti anche se la loro offerta, in termini di prezzo, era meno competitiva. Così abbiamo lavorato su un’organizzazione interna forte e capace di
reagire alle richieste del mercato velocemente e con soluzioni efficaci. In particolare, abbiamo investito su programmi ad hoc per la gestione della programmazione e sul collegamento telematico di tutte le macchine e dei part program. Non siamo ancora la fabbrica del futuro ma, nell’ottica della filosofia Kaizen, siamo in continua evoluzione. Inoltre, lo scambio e l’aggiornamento continuo, anche con nostri fornitori primari quali fonderie e stamperie, ci permette di migliorare le performance dei prodotti riducendo alla fonte gli scarti». La gamma dei prototipi commissionata all’azienda spazia in una vastissima gamma di
18 mln FATTURATO È LA CHIUSURA DEL BILANCIO 2011 DELLA INDUSTRIALTECHNICS CHE HA RECUPERATO MERCATO SUPERANDO I LIVELLI PRE CRISI
forme, dimensioni e materiali. Viene poi trasformata in produzione di serie e si evolve quindi in diverse revisioni. «Il nostro business si rivolge principalmente ai mercati europei, ma ci stiamo ampliando anche a Turchia, India e Cina. Per il prossimo futuro, anche se lo scenario globale ha ristretto il
Abbiamo investito su programmi ad hoc per la gestione della programmazione e sul collegamento telematico di tutte le macchine e dei part program
campo a tutti i produttori, continueremo a impegnarci per non interrompere il nostro trend di crescita. Approfittiamo di questo periodo – conclude Beggiato - per ottimizzare la nostra produzione, la qualità e la formazione delle nostre risorse umane, portando particolare attenzione alla sicurezza e all’ambiente, aspetti sui quali stiamo implementando la certificazione». VENETO 2012 • DOSSIER • 71
MODELLI D’IMPRESA
I benefici della verniciatura per cataforesi Le nuove soluzioni nel settore della verniciatura industriale, efficaci e rispettose dell’ambiente, sono il risultato di una costante attenzione all’innovazione tecnologica e alla ricerca. L’attività di Arco illustrata da Gilberto e Claudio Malaman Guido Puopolo
a verniciatura per cataforesi è un trattamento superficiale di verniciatura in grado di conferire a elementi in ferro, acciaio e altre leghe una notevole resistenza alla corrosione. Tale procedura, grazie alle sue particolari caratteristiche, assicura infatti un’elevata e durevole protezione nei confronti degli agenti chimici e di altri tipi di attacchi, permettendo inoltre una migliore adesione delle vernici di finitura. Uno tra gli impianti di verniciatura per cataforesi più grandi in Italia si trova a Gazzo Padovano, presso la sede della Arco, società con una trentennale esperienza nel campo del rivestimento delle superfici, come sottolinea Gilberto Malaman, al vertice dell’azienda insieme al fratello Claudio: «Il nostro impianto rappresenta un’assoluta novità nel panorama nazionale, in quanto permette di aumentare la qualità del prodotto finito, abbreviando contemporaneamente i tempi di
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lavoro, con la possibilità di soddisfare ogni tipo di esigenza produttiva». Quali sono le caratteristiche specifiche che rendono questo impianto così all’avanguardia? GILBERTO MALAMAN «Sicuramente l’innovativa parte robotica e il sistema di monitoraggio continuo garantiscono una precisione e una costanza nella lavorazione difficilmente riscontrabili altrove, oltre che la massima attenzione a tutte le fasi di processo. In questo modo siamo in grado di ottenere un prodotto finito perfettamente rispondente alle caratteristiche tecnico, chimiche e qualitative richieste dal committente. L’impianto è dotato di un ciclo di pretrattamento a 13 stadi che si avvale di tutte le più moderne e consolidate tecnologie. Successivamente a questi passaggi viene effettuata la verniciatura, che avviene per elettrodeposizione. La vernice utilizzata, a base epossidica, garantisce infatti ottime performance in termini di adesione, resistenza e finitura». Altrettanto importanti sono i due im-
Qui sopra Claudio Malaman e a fianco Gilberto Malaman, titolari della Arco Srl di Gazzo Padovano (PD) www.arcosrl.it
Gilberto e Claudio Malaman
pianti di verniciatura a polveri. CLAUDIO MALAMAN «Disponiamo di due impianti di verniciatura a polveri con postazioni di verniciatura manuali e automatiche, che garantiscono qualità e controllo costante dell’applicazione, sia su particolari di piccole dimensioni che su manufatti estremamente grandi. Qui la verniciatura viene effettuata con prodotti a polvere con sistema elettrostatico; applicata come finitura o come trattamento di fondo secondo la tipologia del prodotto verniciante scelto, è particolarmente indicata per i materiali che necessitano di un rivestimento estetico ed elastico». A quali ambiti produttivi si rivolgono
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Il nostro impianto permette di aumentare la qualità del prodotto finito, abbreviando contemporaneamente i tempi di lavoro
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soprattutto i vostri servizi di verniciatura? G.M. «Operiamo prevalentemente a supporto del settore metalmeccanico in genere, ma anche del settore dell’arredamento, della meccanizzazione agricola, e dell’automotive». Quanto contano nel vostro settore le attività di ricerca e sviluppo e quale politica è stata adottata da Arco a questo proposito? G.M. «Il forte orientamento all’innovazione che ci contraddistingue è da sempre considerato come un elemento di vantaggio competitivo e fattore critico di successo. Questa propensione sarà ulteriormente rafforzata con la creazione di un laboratorio chimico dotato di tutte le più moderne attrezzature, per effettuare, direttamente all’interno alla nostra struttura, tutte le analisi e i controlli necessari, che ora sono commissionati a fornitori esterni. A livello qualitativo questo ci garantirà la possibilità di avere un controllo totale su tutto il ciclo produttivo, grazie anche alla supervisione di personale aziendale opportunamente formato».
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Quali accorgimenti avete adottato per cercare di ridurre al minimo l’impatto ambientale delle vostre lavorazioni? C.M. «Il sistema di qualità certificato di cui dispone l’azienda e la costante ricerca di soluzioni innovative non sono semplicemente finalizzati all’ottimizzazione del processo produttivo e alla massima soddisfazione del cliente, ma rivolti anche a garantire elevati criteri di ecosostenibilità. Per tale motivo le linee di verniciatura sono sottoposte ad accurati e frequenti controlli interni, finalizzati ad accertare e mantenere un basso impatto ambientale». Siete dotati di particolari certificazioni a questo proposito?
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Tutte le linee di verniciatura sono sottoposte ad accurati e frequenti controlli interni, finalizzati ad accertare e mantenere un basso impatto ambientale delle nostre lavorazioni
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C.M. «Arco ha ottenuto il rilascio, da parte della Provincia di Padova – Settore Ambiente – Servizio ecologia, dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Tale autorizzazione contiene le prescrizioni, i valori limiti alle emissioni, nonché la frequenza, la modalità di effettuazione e le procedure di valutazione dei controlli alle emissioni. L’azienda è inoltre dotata di un Sistema Qualità certificato secondo la norma Uni En Iso 9001:2008, cosa che assicura ai nostri partner un controllo costante sui prodotti lavorati, dalla fase di accettazione alla fase di spedizione». Quali sono stati i principali risultati conseguiti da Arco nell’ultimo anno di attività e quali, invece, le maggiori criticità con cui siete stati costretti a confrontarvi? G.M. «Il bilancio è sicuramente positivo. Abbiamo cercato di affrontare questa difficile congiuntura economica in maniera propositiva, vivendola come un’opportunità per migliorare i nostri processi produttivi e decisionali. Così facendo siamo riusciti a raggiungere tutti i risultati che ci eravamo prefissati. Certo la situazione generale è ancora piuttosto incerta, e la crisi di liquidità che affligge molti dei nostri partner si traduce in un ritardo nei pagamenti che condiziona non poco il nostro lavoro». Quali sono, infine, i progetti e gli obiettivi per il futuro dell’azienda? C.M. «Lavoriamo per il consolidamento del nostro marchio, forti di un’esperienza pluriennale e di un know how tecnico e progettuale ampiamente riconosciuto dal mercato».
MODELLI D’IMPRESA
Dalla chimica al packaging Diversificazione: ecco cosa potrà permettere alle aziende di superare questa fase di stallo e di sfruttare le nuove opportunità offerte dal mercato. L’esperienza di Claudio Diana Guido Puopolo uardare oltre la crisi, nella consapevolezza che, una volta ripartita la “locomotiva”, sarà fondamentale farsi trovare pronti. È questa la politica attuata dalla DIANA GROUP di Motta di Livenza, che nel 2010, in un’ottica di ulteriore diversificazione del business, ha provveduto all’acquisizione della Gross Imball Packaging Solution, azienda di San Giovanni al Natisone (UD) con un’esperienza ventennale nella produzione di film estensibili, bolle d’aria e polietilene espanso, trasformati in buste, fogli e profili angolari di varie densità. «La nostra è stata una scommessa, e ad oggi, visti i risultati conseguiti, possiamo dire di aver vinto», spiega l’amministratore del gruppo, Claudio Diana. La compagine societaria, che ha nella capogruppo DIANA il suo punto di riferimento, è infine completata dalla Dikema, fondata nel 2006 e specializzata nella produzione e commercializzazione di colle ureiche (UF) e melaminiche (MUF), colle viniliche (PVA), colle termofusibili (hot-melt), colle policloropreniche, colle poliuretaniche, (mono-
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DIANA GROUP ha la sua sede operativa a Motta di Livenza (TV) www.dianagroup.com
componente e bicomponenti) polimeri modificati, adesivi cianoacrilati, anaerobici e adesivi speciali strutturali bi-cartuccia, onde soddisfare le più svariate tipologie di incollaggio e sigillatura. «DIANA nasce come industria chimica e il suo core business è rappresentato dalla produzione e commercializzazione di solventi specifici per vernici, con applicazioni che vanno dal settore del legno a quello dell’automotive, dalla plastica alla cartotecnica, solo per citare le più importanti. A questo, negli anni, abbiamo affiancato la commercializzazione di abrasivi e sistemi di levigatura, stucchi e prodotti per la lucidatura, prodotti per l’imballo, e articoli tecnici per l’igiene, la pulizia e l’antinfortunistica», racconta Diana. «Proprio la possibilità di soddisfare le esigenze di una clientela così variegata, unitamente a una rete commerciale e logistica ben strutturata, ha permesso a DIANA di affermarsi come un interlocutore e referente affidabile per tutto il Triveneto, per l’approvvigionamento sia dei materiali di consumo che per l’automazione del packaging “fine linea”. La nostra struttura si avvale di funzionari tecnico-commerciali che, costantemente formati e aggiornati, sono in grado di suggerire le soluzioni più idonee in tempi rapidi. L’ampia disponibilità di magazzino e un celere servizio di trasporto, effettuato con mezzi propri, garantisce inoltre al cliente la massima puntualità nella consegna della merce. L’azienda è certificata ISO 9001 dal 2004 ed è in fase di completamento dell’iter per l’ottenimento della certificazione ambientale. A questo percorso si affianca una continua ricerca e sperimentazione di prodotti a basso impatto ambientale, unita a una razionalizzazione delle metodologie di produzione per contribuire, nel
Claudio Diana
nostro piccolo, alla salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo». Tra le novità più significative recentemente introdotte, c’è la creazione di un’apposita divisione interamente dedicata al packaging. «Questo è un settore nel quale crediamo molto», afferma l’amministratore. «Grazie a uno staff tecnico con un’esperienza pluriennale, siamo in grado di seguire il cliente nella progettazione e realizzazione della sua linea di imballo, dalle singole nastratrici, reggiatrici e avvolgi-pallets, fino al grande impianto automatico, con l’inserimento della robotica antropomorfa. Il nostro obiettivo è quello di offrire alla committenza soluzioni che permettano di ridurre al minimo il costo dell’imballo, garantendo l’assoluta sicurezza dei materiali contenuti al suo interno ma, allo stesso tempo, creando un packaging accattivante anche da un punto di vista estetico. Abbiamo appena messo a punto, in collaborazione con un partner straniero, un nuovo film estensibile, denominato “The Best Stretch”, un prodotto unico nel suo genere. Si tratta di un film a tre strati che sfrutta le proprietà di una formulazione a base di polietilene metallocenico e che porta a 10 micron lo spessore necessario al film per la fasciatura industriale dei pallets, rispetto ai film comunemente utilizzati da 17 micron o più. Una riduzione di spessore che ha un impatto sia da un punto di vista dei costi che
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Abbiamo appena messo a punto, in collaborazione con un partner straniero, un nuovo film estensibile, denominato “The Best Stretch”
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ambientale: passare da un tradizionale film da 17 a uno da 10 micron significa infatti ridurre la quantità di materiale impiegato da 720 a 240 grammi per palllet». Idee e spirito di iniziativa, dunque, non mancano, anche se inevitabilmente la situazione attuale influenza anche l’attività di aziende sane come Diana. «Riscuotere i pagamenti dovuti è sempre più difficile. Questo è un problema grave, che contribuisce a frenare quella ripresa che tutti invocano». Anche per far fronte a questa situazione l’azienda ha iniziato a rivolgersi a nuovi settori, ritenuti più “affidabili”, come l’industria metalmeccanica, alimentare e farmaceutica. «Così facendo siamo riusciti a consolidare il fatturato del gruppo, che nel 2011 si è assestato sui 16 milioni di euro», evidenzia l’amministratore. «Per il futuro, infine, abbiamo avviato un piano di informatizzazione della nostra struttura, con l’obiettivo di sfruttare al massimo le opportunità offerte dalle nuove tecnologie informatiche e gestire così al meglio anche i rapporti con i clienti».
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Qualità e sostenibilità, strumenti di crescita M
Attraverso più reparti dedicati alla termoformatura, alla schiumatura in poliuretano espanso e alla lavorazione dell’acciaio, A.B. Group fornisce un’ampia gamma di semilavorati e componenti finiti. Con un’attenzione particolare alla qualità e alla sostenibilità ambientale Lucrezia Gennari
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igliorare costantemente la qualità. Ottimizzando costi e tempi di realizzazione. È questa la prerogativa di A.B. Group, impresa di Curtarolo specializzata nella produzione in conto terzi di semilavorati e componenti in acciaio, lamiera, termoformatura di materie plastiche e coibentazione in poliuretano espanso. Alla guida dell’azienda, Adriano Battiston che, coadiuvato dai figli Vanny, Daniela e Chiara ha realizzato una struttura che propone una crescente qualità dei singoli servizi, progettando grafica, prototipazione, preserie e serie con rapidità di consegna e soluzioni tecniche avanzate. Come si struttura oggi A. B. Group? «L’azienda, nata mezzo secolo fa, è strutturata in più reparti collegati, che interagiscono costantemente tra loro. Operiamo prevalentemente in conto terzi e produciamo su commessa e su disegno semilavorati e componenti in materie plastiche di vario tipo, in laminato, in acciaio e lamiera, schiumati e non». Una delle lavorazioni in cui siete specializzati è la termoformatura di materie plastiche. «Grazie alla termoformatura di materie plastiche quali Abs, Pst, Hips, Pmma, acrilico, asa,
Adriano Battiston
plexiglass, metacrilato, policarbonato, Pvc e Petg siamo in grado di coprire una vastissima gamma di settori, riuscendo a realizzare dall’articolo più piccolo, come vaschette, copri tappi e involucri quadri elettrici, a quello più grande come macchine pressa rifiuti, docce solarium e idropulitrici. Disponiamo, inoltre, di una speciale termoformatrice Twin Sheet, tecnologia rara utilizzata solo da una decina di aziende in tutta Italia, che consente di termoformare due lastre contemporaneamente e saldarle fra di loro senza che si noti il punto di giunzione». Quali le innovazioni più recenti introdotte in azienda per quanto riguarda la termoformatura? «Mio figlio Vanny, responsabile del reparto, ha deciso di intraprendere un nuovo ciclo produttivo con un genere di plastica morbida (Eva) grazie al quale stiamo realizzando vari modelli di summer bag, city bag e vari accessori moda. La sezione si integra inoltre con un reparto di taglio dotato di quattro centri di lavoro Cnc a 5 assi, che ci consentono uniformità di taglio dell’intero lotto di produzione, anche nel tempo, e la realizzazione di asolature e forature di vario tipo». Come si configurano gli altri reparti dell’azienda? «Mia figlia Daniela segue il reparto della schiumatura in poliuretano espanso, in cui
vengono realizzati prodotti per l’isolamento e il rinforzo di pannellature di dimensioni anche notevoli, offrendo un’ottima resa sotto il profilo termico e acustico: si presta ad esempio alla produzione di particolari per banchi frigoriferi e casalinghi, pannellature per linee di condizionamento, ante per mobili, piatti doccia e bollitori per impianti a energia solare. Nel reparto dedicato alla lavorazione dell’acciaio realizziamo invece prodotti di subfornitura meccanica per l’arredo industriale, mobili per ufficio, scaffalature anche particolareggiate». A.B. Group è da sempre attenta al tema della sostenibilità, quali le scelte fatte in quest’ottica? «L’azienda è cresciuta credendo sempre più nell’efficacia di uno sviluppo produttivo sensibile ai grandi temi della salvaguardia ambientale. Abbiamo installato un impianto fotovoltaico completamente integrato nel tetto con una potenza di picco di circa 300 kWp. Con il supporto dei miei figli, il progetto imprenditoriale ad alta sostenibilità si è ulteriormente sviluppato nel tempo grazie anche all’evoluzione delle tecnologie intelligenti. Esso mira a perseguire le finalità economiche interagendo con l’ambiente, la società e i clienti, su cui naturalmente ricadono i benefici delle attività svolte».
In apertura, Adriano Battiston, titolare di A.B. Group. L’azienda ha sede a Curtarolo (PD) www.abbattiston.it
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Automazione per la minuteria metallica Migliorare la gestione del magazzino ottimizzando i costi operativi. È questa la soluzione di Viteria Euganea. Che ha puntato sull’efficienza e la personalizzazione nella fornitura e produzione di fastener. La parola a Giuliano Guzzo Manlio Teodoro
Da sinistra, Giuliano Guzzo, fondatore e presidente della Viteria Euganea Spa di Saonara (PD), con i figli Manuela, responsabile Hr, e Massimo, consigliere delegato www.viteria-euganea.it
a gestione delle scorte di magazzino può assorbire fino al 40-50 per cento del capitale investito da un’azienda. Per questo è fondamentale impostare una gestione ottimizzata, che permetta di contenere i costi e allo stesso tempo di fornire un servizio efficiente. La risposta della Viteria Euganea a queste problematiche è stata la scelta di un sistema di automazione logistica per la gestione delle scorte della propria fornitura e produzione di fissaggi e minuterie metalliche, destinati al mercato italiano degli Oem (Original Equipment Manufacturer) di primo impianto. Come spiega il fondatore e presidente della società, Giuliano Guzzo: «I servizi di gestione delle scorte dei nostri magazzini hanno il loro punto di forza in un sistema informatico in grado di memorizzare i codici, la descrizione dei materiali, di stampare etichette e documenti direttamente nel linguaggio del nostro partner». Nella gestione della società, il fondatore è oggi affiancato dalla seconda generazione della famiglia Guzzo, rappresentata dai figli Manuela e Massimo, rispettivamente responsabile Hr e consigliere delegato. Quale vantaggio competitivo vi ha dato il sistema di gestione delle scorte di magazzino? «Il sistema che abbiamo implementato è basato su un’analisi definita Abc, che classifica le scorte in tre classi in base alla spesa annuale per articolo. Questa classificazione è basata sull’idea che una
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Giuliano Guzzo
gestione razionale delle scorte dovrebbe focalizzarsi su pochi articoli critici in quanto più costosi, riservando minore attenzione agli articoli con spesa limitata. In questo modo, è stato dimostrato empiricamente che è possibile sfruttare la gestione delle referenze di classe C – articoli a spesa limitata – che possono costituire fino all’80 per cento dei costi totali di acquisto, rappresentando quindi un’area per importanti risparmi». L’offerta dei vostri prodotti comprende sia articoli unificati che su disegno. A quali esigenze va incontro questa seconda specializzazione del vostro business? «Abbiamo costantemente a magazzino una gamma di oltre 40mila fastener unificati pronti alla consegna. Per fornire tutti quei particolari non previsti dalle norme, ma che sono necessari per la funzionalità dei prodotti dei nostri partner, abbiamo un ufficio tecnico che elabora i disegni e soluzioni progettuali, che poi la nostra consociata Frabo avvia alla produzione. Quest’ultima ha una linea dotata delle più moderne attrezzature, costantemente aggiornate con piani di investimento pluriennali ed è specializzata sia nelle tecnologie di stampaggio a freddo, sia nell’asportazione con tornitrici alimentate da filo e da barra». La vostra fornitura e produzione comprende articoli di dimensioni minute, però realizzati in tirature elevatissime. In che modo viene svolto il controllo qualità? «Ci siamo dotati di una gamma completa di macchine selezionatrici con le quali possiamo garantire forniture con scarti inferiori a una soglia prefissata di parti per milione. Queste macchine rifiutano tutti i corpi estranei o malformati e assicurano una difettosità residua nelle quote o caratteristiche di riferimento dei particolari, sempre infe-
25 mln
EURO È IL FATTURATO REALIZZATO DALLA VITERIA EUGANEA SPA NEL 2011. RISULTATO RAGGIUNTO GRAZIE A RECENTI INVESTIMENTI CHE HANNO RADDOPPIATO IL POTENZIALE DELLA SOCIETÀ
riore a quella concordata con il nostro partner. Le diverse tipologie di macchine possono controllare fattori di perfezione differenti, come la presenza e la profondità dell’impronta della testa, l’altezza e il suo diametro, il diametro del particolare, la lunghezza del gambo e la lunghezza totale della vite, la presenza della filettatura. Inoltre, la nostra società, da oltre dieci anni, ha adottato un sistema di gestione della qualità in accordo con la normativa Uni En Iso 9001:2008». Quali sono le vostre prospettive per il futuro? «In seguito agli ultimi investimenti il nostro potenziale di crescita è quasi raddoppiato, portandoci a raggiungere nel 2011 un fatturato di circa 25 milioni di euro. Questo, insieme al continuo processo di miglioramento della nostra efficienza interna, ci permette di guardare al 2012 come a un anno in cui potremo confermare e migliorare tale trend di crescita».
Nelle altre immagini, il corridoio di un magazzino automatico verticale e il controllo di un particolare a disegno
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MODELLI D’IMPRESA
La diversificazione, ossigeno per l’impresa Diversificare per alcune aziende ha portato alla crescita in settori totalmente differenti tra di loro. È il caso ad esempio della Vmec che, partendo dalla lavorazione del metallo, ha sviluppato il comparto energia e arredamento Nicoletta Bucciarelli
econdo l’Istat la produzione negli ultimi mesi ha subito un calo medio del 9,2 per cento. Le diminuzioni più significative si sono registrate in alcuni settori in particolare, tra questi i settori della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-12,1 per cento). Vista la tendenza negativa non stupisce il fatto che alcune aziende coinvolte abbiano deciso di contrastare questo trend attraverso la diversificazione. Tra queste è interessante il caso della
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Claudio Andreoli è titolare della Vmec di Bovolone (VR) www.vmec.it - www.steelwoodconcept.com
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Vmec che ha puntato sulla lavorazione del metallo per crescere e quindi diversificarsi. «Nel 2007 abbiamo raggiunto l’apice del fatturato con la divisione meccanica - spiega Claudio Andreoli, titolare della Vmec di Bovolone - ma con l’avvento della crisi l’80 per cento dei nostri clienti ha delocalizzato nei paesi low-cost. Per questo nel 2009 abbiamo iniziato a sviluppare dei prodotti nell’ambito dell’energia rinnovabile attraverso la Vmec Energy. Grazie agli altri soci, progettisti e installatori, ci siamo impegnati a fornire impianti fotovoltaici “chiavi in mano” o solo materiale fotovoltaico». La crisi però in questo comparto si è fatta molto sentire. «Nel momento in cui la divisione meccanica ha cominciato a riprendere quota, è cominciata la recessione nel comparto energia a causa proprio della crisi in cui è capitolata l’edilizia. Siamo a volumi ridotti del 50 per cento rispetto al 2009 ma con un 30 per cento di nuovi clienti nei comparti industriali. Per questo abbiamo cercato di inserire altri prodotti nella nostra offerta come ad esempio le pompe di calore acqua-acqua e aria-acqua, con quest’ultime lo scambio termico avviene con un’unità esterna detta chiller. Si tratta di un meccanismo simile a quello dei condizionatori, che però permette di produrre riscaldamento, raffrescamento ed acqua sanitaria cioè l’acqua calda. Questo consente di eliminare il gas dalla casa e di mantenere solo l’elettricità, generata dal fotovoltaico. Per far funzionare meglio il tutto abbiamo
Claudio Andreoli
inserito anche dei prodotti di elettronica totalmente programmabile per la termoregolazione». Quali benefici comporta la termoregolazione? «Un’ottimizzazione del consumo termico della casa attraverso una logica di sensori. Attraverso la termoregolazione si riuscirà a ottenere fino al 25 per cento di risparmio. Per fare un esempio, un grado in meno in un anno corrisponde al 10 per cento in meno in bolletta. La soluzione integrata Pompa di calore + fotovoltaico + termoregolazione l’abbiamo chiamato “System All in one”». Avete sviluppato anche il comparto arredamento. «Si, ma la base di partenza è la stessa, ovvero la lavorazione del metallo. Abbiamo cercato di sviluppare l’arredamento e complementi d’arredo per la casa e l’horeca, unendo la nostra esperienza sul metallo alla lavorazione del legno visto che il nostro stabilimento si trova a Bovolone, distretto produttivo dei mobili d’arte povera. Qui abbiamo trovato dei partner che ci sostengono producendo il legno. Noi creiamo, progettiamo, assembliamo e commercializziamo producendo la parte in metallo. Lo facciamo con un brand nuovo che si chiama Steelwood Concept® il cui logo rappresenta l’anima del nostro prodotto, dato che è un albero fatto con fili di metallo. Prodotti al 100 per cento riciclabili, fatto che ci permette di restare in un’ottica di eco-compatibilità». Potrebbe farci un bilancio della vostra attività negli ultimi anni? «Il 2011 si è dimostrato difficile e lo stesso si sta prospettando per il 2012. Inoltre il fatto che la politica, nel campo delle energie rinnovabili, continui a cambiare le regole non ci aiuta di certo. Molti investitori esteri si sono ritirati e lo stesso vale per le banche, lasciando il tutto nelle mani di speculatori. Confidiamo che il quinto conto energia risolva qualcosa, ma il volume degli incentivi messi a disposizione sono molto bassi. Non vediamo un futuro eccellente e roseo; le aziende che riusciranno a sopravvivere saranno proprio quelle che sono riuscite a sostenersi da sole e la chiusura di altre aziende darà la possibilità a quelle che resistono di vivere meglio. Non
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La termoregolazione consentirà un’ottimizzazione del consumo termico e si riuscirà a ottenere fino al 25 per cento di risparmio
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si tratta però di una bella logica. Per questo ci auguriamo che la politica agisca». E per quanto riguarda l’arredamento? «Ci sarebbe bisogno di un maggior sostegno da parte delle banche. Ma in Italia mondo creativo e mondo finanziario sono totalmente distanti. Se la gente verrà messa in condizione di avere potere d’acquisto e di poter spendere allora l’economia si riprenderà». VENETO 2012 • DOSSIER • 83
MODELLI D’IMPRESA
Il termometro dell’economia nazionale dati diffusi dall’Istat riguardanti la produzione industriale italiana nel corso del mese di aprile evidenziano un calo del 9,2 per cento rispetto allo stesso mese del 2011. Questo valore è quasi esattamente sovrapponibile a quello che riguarda la Tobaldini, come osserva il presidente, socio e amministratore delegato Maurizio Tobaldini: «In effetti rispecchiamo fedelmente le fluttuazioni del mercato. Subiamo la flessione con qualche settimana di ritardo perché ci troviamo alla fine della filiera produttiva. La ripartenza, invece, è quasi immediata, perché a impianti sottoutilizzati i tempi di consegna si riducono. I nostri dati, i nostri grafici, concordano con quelli pubblicati due mesi dopo sui giornali economici». Tobaldini è un nome storico del comparto industriale del Triveneto e del settore del rivestimento superficiale dei metalli. A cosa è dovuta questa rispondenza quasi diretta con l’economia regionale e nazionale? «I nostri clienti continuativi sono circa 900 – il 65 per cento nel Triveneto, di cui il 40 per cento nel vicentino, il resto sparsi sul territorio nazionale – e questo ci permette di tastare co-
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Da sinistra, Maurizio Tobaldini, presidente, socio e amministratore delegato della Tobaldini Spa di Altavilla Vicentina (VI), insieme al figlio Andrea e al padre Gianni www.tobaldini.it
Il Triveneto è tradizionalmente una delle zone più produttive d’Italia. Non è quindi strano che dalla salute delle aziende di quel territorio si possa dedurre la tendenza nazionale. Maurizio Tobaldini fa un punto della situazione Amedeo Longhi
stantemente il polso dell’industria italiana. Il nostro lavoro non è indicato per committenti lontani, anche perché, in pratica, rappresentiamo un reparto per i nostri clienti. I costi del trasporto e i tempi di consegna non consentono delocalizzazioni, almeno per ora. Ma se l’Italia e l’Europa continuano a emanare leggi che mettono in difficoltà chi produce, anche il nostro settore potrebbe espatriare, se non altro per seguire i clienti che vanno a produrre all’estero. Nel 2011 abbiamo fatturato 9,2 milioni di euro con 94 dipendenti, ma nel 2007, il nostro anno migliore, eravamo in 122 e fatturavamo 10 milioni di euro. Il 2009 ha lasciato il segno, per fortuna anche la risalita è stata abbastanza rapida».
Maurizio Tobaldini
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Spesso le richieste sono multiple, il trattamento deve essere bello ma resistere alla corrosione
Quali sono le caratteristiche che attribuisce all’azienda? «Mi piace pensarla come un moderno centro commerciale, tanti negozi con qualità medioalta dove si viene serviti e dove si trova il giusto rapporto tra prezzo, qualità, affidabilità e servizio pre e post vendita. Nel nostro settore siamo ai vertici, tra le prime dieci realtà italiane, e lo dobbiamo a una condotta ispirata a valori come professionalità, rispetto delle regole e attenzione all’ambiente. Alcuni ci considerano cari e poco flessibili, ma questo è inevitabile se veniamo confrontati con aziende piccole, senza struttura e senza procedure». Nello specifico, qual è il vostro mercato di riferimento? «Il nostro mercato è quello dei metalli applicati all’edilizia, all’arredamento, all’automotive, alla meccanica e all’elettronica. In pratica, riceviamo manufatti in metallo e li ricopriamo con altri metalli. Per esigenze estetiche va bene la cromatura, se si vuole rendere un articolo resistente alla ruggine è indicata la zincatura o ancora meglio una lega di zinco-alluminio lamellare, se esso deve essere conduttore di corrente si applica il rame e lo stagno, se il pezzo è soggetto a usura meccanica si riporta del cromo duro a spessore o del nichel chimico. Spesso le
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richieste sono multiple, il trattamento deve essere bello ma resistere alla corrosione e viceversa. Si pensi ad esempio a un manubrio o un portapacchi di una moto che deve essere bello lucente ma non arrugginire in un tempo compatibile con la vita del mezzo. Normalmente una galvanica offre una sola tipologia di rivestimenti, noi li offriamo quasi tutti dalla “a” di argentatura alla “z” di zinco». Puntate molto sulla qualità. Come la garantite? «La qualità va perseguita sin dal momento della scelta dei fornitori e delle materie prime. Si prosegue mantenendo efficienti e affidabili le linee produttive, tenendo sotto controllo i parametri chimici dei bagni galvanici, garantendo la ripetitività del ciclo produttivo e poi, non da ultimo, curando la preparazione e la professionalità del personale». Programmi per il futuro? «Ridurre drasticamente i debiti. Non abbiamo ancora dimenticato la situazione economica e finanziaria disastrosa del 2009. In seguito riprenderemo gli investimenti. Vanno assimilati anche altri cambiamenti che il lavoro moderno impone: network, spersonalizzazione indotta da internet, cambiamento di etica commerciale, eccesso di burocrazia. Nella gestione aziendale ho iniziato il processo di delega delle funzioni e cercherò di mettere a frutto l’esperienza indicando la rotta, distribuendo le responsabilità, controllando e tenendo il timone».
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MODELLI D’IMPRESA
La burocrazia, un freno per l’impresa Otto anni di attesa non hanno portato ad alcun risultato. I permessi per la realizzazione di un polo produttivo di manufatti in cemento non sono mai arrivati. Paolo Micheletto ha quindi deciso di guardare altrove. La seconda sede aziendale aprirà i battenti in Romania la prossima primavera Adriana Zuccaro
dispetto della crisi, si rivela con insistenza la forza imprenditoriale sottesa a molti distretti produttivi italiani. Molte infatti le realtà aziendali condotte con lungimiranza e sostenute da importanti capitalizzazioni, che hanno saputo affron-
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tare le criticità economiche del “fare impresa” a colpi di ricerca, innovazione e sviluppo. Ma non sono poche le imprese che se pure votate all’eccellenza made in Italy hanno dovuto arrendersi ai freni che l’apparato burocratico italiano ha posto loro nell’attuazione di nuovi progetti. In tal senso risulta emblematico il caso della V.M.C., Veneta Manufatti Cemento, società avviata nei primi anni Sessanta dalla famiglia Micheletto e oggi giunta alla terza generazione, specializzata nella produzione di una vasta gamma di tubi e pozzetti a tenuta idraulica per condotte fognarie. «A seguito di una serie di ingenti investimenti mirati alla realizzazione di un polo produttivo che avrebbe preso vita ampliando l’attuale sede della V.M.C. a Resana, nel trevigiano; con in mano tutte le certificazioni necessarie per la messa in opera di un centro di produzione di pozzetti monolitici Perfect; assistendo al succedersi di ben tre amministrazioni locali cui ogni volta è stato presentato il progetto, abbiamo atteso i permessi per otto lunghi anni per ricevere infine solo dinieghi e pagare un triplice scotto in perdita di tempo, risorse e speranze». Una fotografia ben nitida, quella descritta dall’attuale titolare della V.M.C., Paolo Micheletto che, con la lucidità di un imprenditore che non può e soprattutto non vuole deprimere lo slancio espansionistico della sua impresa, ha dovuto abbandonare l’idea di ampliare in Italia quel ciclo di produzione di manufatti in cemento e
Paolo Micheletto
puntare all’internazionalizzazione dell’impresa. «Questa scelta alternativa, ponderata e analizzata anche attraverso attente ricerche di mercato, ci ha portato allo stanziamento di un nuovo centro di produzione in Romania dove sono stati sufficienti solo quattro mesi per l’ottenimento dei permessi – racconta Micheletto –. Lo stabilimento produttivo, attualmente in costruzione, verrà dotato di macchinari altamente performanti e allestito secondo parametri di efficienza e sostenibilità previsti dalle normative europee che regolano il settore. Per la primavera 2013 contiamo di attivare l’85 per cento delle risorse lì investite». Quali sono le caratteristiche che rendono la produzione di pozzetti Perfect meritevole di un investimento di oltre un milione e mezzo di euro? «Le indagini di mercato ci hanno informato sulla significativa richiesta dei prodotti prefabbricati Perfect con picchi notevoli registrati nei Paesi dell’Eurozona e soprattutto in Romania, Ungheria, Austria, Slovenia e intorno alle zone di Timişoara e Arad – afferma l’imprenditore –. Partendo quindi dalla disposizione del macchinario di produzione Perfect (il cui brevetto è austriaco: in tutta Europa e in Russia ci sono circa 20 impianti di cui uno è stato messo in opera in Italia dalla V.M.C.) abbiamo potenziato i nostri laboratori di ricerca e sviluppo, attivato importanti collaborazioni con gruppi universitari, nello specifico con la facoltà di Scienza e tecnica delle costruzioni dell’Università di Padova e con l’Università di Trento, e applicato il nostro know-how sui materiali collaudati per ottenere la massima resa e rispondenza alle prerogative che i pozzetti Perfect devono soddisfare». In Romania non saranno reperibili le materie prime uguali a quelle presenti in Italia, ma «anche lì abbiamo dotato la struttura e la compagine aziendale delle risorse sufficienti per poter individuare il materiale ad hoc disponibile in loco e immetterlo nel ciclo di produzione dei pozzetti Perfect per far sì che i manufatti in calcestruzzo autocompattante (SCC) siano perfettamente in linea con le ca-
1,5 mln EURO INVESTITI PER UN NUOVO CENTRO DI PRODUZIONE DI POZZETTI PERFECT IN ROMANIA
ratteristiche richieste dall’UE come la resistenza alle aggressioni chimiche degli scarichi fognari con alta presenza di solfati, la perfetta tenuta idraulica da e per l’esterno, e quindi la massima capacità ecosostenibile». Grazie all’utilizzo del calcestruzzo SCC, i pozzetti V.M.C. risultano altamente efficaci nella realizzazione di strutture fognarie in aree costiere. Questo perché «il nostro calcestruzzo brevettato è straordinariamente resistente alle aggressioni del sale marino, oltre che ai solfati. Stiamo infatti lavorando a delle opere sulle coste che vanno da Jesolo a Grado e da Rimini ad Ancona». La volontà di “fare impresa” in Italia è sempre stata la costante della V.M.C. ma «le condizioni burocratiche ci hanno davvero obbligati a intraprendere un’altra strada – precisa Micheletto –. Naturalmente la sede storica di Resana continuerà l’attività produttiva e di sviluppo ma, se solo avessimo potuto mettere in atto il progetto dello stabilimento di produzione Perfect avremmo creato un vero e proprio polo produttivo che, secondo gli studi, avrebbe messo a disposizione oltre 300 posti di lavoro».
In queste pagine, operatori al lavoro per l’installazione di pozzetti Perfect prodotti dalla V.M.C. Veneta Manufatti in Cemento Srl, di Resana (TV) www.vmcsrl.it
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INTERNAZIONALIZZAZIONE
L’innovazione apre nuovi mercati Un nastro trasportatore altamente innovativo destinato al settore alimentare ha permesso alla Tecnopool di conquistare i mercati internazionali. E l’investimento in nuovi sviluppi di prodotto non si ferma. Il punto di Leopoldo e Michela Lago Carlo Gherardini
Leopoldo e Michela Lago, della Tecnopool Spa. L’azienda ha sede a San Giorgio in Bosco (PD) www.tecnopool.it
nvestimenti mirati, finalizzati allo sviluppo tecnico di nuovi prodotti rappresentano da sempre la strategia vincente della Tecnopool, dinamica azienda veneta specializzata nella realizzazione di impianti di raffreddamento, surgelazione, lievitazione e pastorizzazione. «Fin dagli anni ’80 la nostra azienda ha orientato il proprio interesse, gli studi e la produzione verso le applicazioni dei nastri trasportatori a spirale
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che si rivolgono al settore dell’industria alimentare, proponendo una vasta gamma di tipologie di nastri, tale da adattarsi a qualsiasi tipo di prodotto: dalla frutta alla verdura, a tutti i prodotti da forno alla carne e al pesce» afferma il presidente Leopoldo Lago, supportato nell’attività dalla figlia Michela, managing director. Continuando a investire in nuovi sviluppi del prodotto, l’azienda è riuscita a tenere il mercato anche negli anni di crisi, riconfermando nel 2011 i risultati raggiunti nell’esercizio precedente e, soprattutto, consolidando la propria posizione all’interno del mercato statunitense, grazie alla realizzazione di impianti presso aziende molto rappresentative appartenenti al settore panificazione. In 30 anni di attività la società è diventata una delle aziende leader del settore e vanta la realizzazione di oltre 2.600 impianti, di cui l’80 per cento all’estero. In quali mercati siete presenti oltre a quello americano? LEOPOLDO LAGO: «La nostra penetrazione commerciale in Nord America si sta ulteriormente rafforzando quest’anno, anche grazie a investimenti effettuati dall’azienda in termini di personale commerciale destinato esclusivamente a questo mercato. Esportiamo comunque i nostri prodotti in ogni parte del mondo, prevalentemente in Russia, Far East,
Leopoldo e Michela Lago
Sud America e molti paesi europei. Anche la situazione del mercato italiano, dopo un periodo di forte stasi negli ultimi anni, sembra essere leggermente in ripresa e questo fa ben sperare anche per il prossimo futuro». Quali le ultime innovazioni che caratterizzano i vostri impianti? L. L.: «Negli ultimi 5-6 anni la Tecnopool si è particolarmente dedicata alla ricerca e ciò ha portato alla nascita e allo sviluppo dell’innovativo sistema di trasporto a spirale T-Worth, coperto da brevetto. Si tratta di una soluzione che certamente nella fase iniziale ha rappresentato una scommessa e ha richiesto un grande sforzo di adattamento degli impianti di produzione preesistenti, ma che poi ha dato e continua a dare grandissime soddisfazioni, non solo in termini di vendite, ma soprattutto di diffuso apprezzamento da parte della clientela». In che cosa consiste esattamente? MICHELA LAGO: «Il componente fondamentale del sistema T-Worth è rappresentato dal nastro, sul quale si sono concentrati gli sforzi aziendali di innovazione, e che oggi è arrivato alla terza generazione, garantendo ottime prestazioni e il raggiungimento di livelli di robustezza e affidabilità ancora maggiori rispetto alle precedenti versioni. Si tratta di un nastro a barrette in acciaio inox, di larghezza compresa tra i 200 e 1.300 mm, realizzato con maglie speciali a ciascuna delle quali viene agganciato uno speciale inserto in plastica autolubrificante che nella parte inferiore costituisce il pattino per lo scorrimento del nastro sulle guide, mentre nella parte superiore svolge la funzione di contenimento del prodotto». Lo scorrimento avviene, praticamente, in quasi totale assenza di lubrificazione.
Il movimento viene conferito da un gruppo di traino che lavora tangenzialmente al nastro in corrispondenza di ogni piano della spirale
«Esattamente, grazie ai suddetti inserti in plastica che si muovono su binari anch’essi in materiale plastico. Il moto viene conferito da un gruppo di traino che lavora tangenzialmente al nastro in corrispondenza di ogni piano della spirale. L’accoppiamento tra nastro e traino avviene con speciali ruote in plastica che, oltre a ridurre al minimo rumorosità e attriti, permettono, grazie a uno speciale sistema di aggancio/sgancio, di effettuare tutte le operazioni di manutenzione/regolazione in maniera molto semplice e in tempi ridottissimi. Questa tipologia di traino, che si differenzia totalmente dalle soluzioni a “tamburo”, lascia la spirale “aperta” e completamente libera da qualsiasi ostacolo che impedisca un’efficace e corretta circolazione dell’aria tra tutti i piani della spirale stessa. In questo modo i prodotti che sono oggetto dei trattamenti termici saranno sempre investiti da flussi d’aria costanti e di portata ottimale per il raggiungi-
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INTERNAZIONALIZZAZIONE
80% EXPORT LA TECNOPOOL ESPORTA I SUOI PRODOTTI PRINCIPALMENTE IN NORD AMERICA, RUSSIA, FAR EAST, SUD AMERICA E MOLTI PAESI EUROPEI
T-Worth è una tecnologia adattabile alle richieste di ogni utilizzatore, permettendo di realizzare soluzioni con ingresso e uscita in qualsiasi posizione
mento dei risultati che l’utilizzatore si sarà
prefisso. Questa caratteristica strutturale porta, inevitabilmente, anche a una semplificazione delle operazioni di pulizia». Quali vantaggi comporta dunque la tecnologia T-Worth? L. L.: «I particolari materiali impiegati per la produzione dei componenti di scorrimento permettono di ridurre fino al 90 per cento la rumorosità e gli attriti e, di conseguenza, anche la tensione a cui il nastro è sottoposto lungo il percorso. Grazie all’assenza di contatto diretto e quindi di attrito degli elementi metallici, il sistema T-Worth di nuova generazione garantisce la lunga durata dei nastri. Infatti, rispetto ai nastri trasportatori tradizionali, la parte metallica del nastro non viene mai sottoposta ad usura, mentre i pattini in materiale plastico, che eventualmente in alcuni tipi di applicazioni possono subire con il tempo abrasioni più o meno marcate, hanno la caratteristica di poter essere sosti-
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tuiti in brevissimo tempo (1 o 2 giorni per un intero impianto), operazione che quindi conferisce in qualunque momento al nastro stesso le caratteristiche di un nastro “nuovo”». Da sempre fate della progettazione “personalizzata”, sia in termine di gestione degli spazi che di specificità di produzione, il vostro punto di forza. Anche T-Worth è adattabile a diverse necessità? L. L.: «Certamente. Uno dei plus dei sistemi di trasporto T-Worth di nuova generazione è l’estrema flessibilità della struttura. Non si tratta infatti di un prodotto standard, ma di una tecnologia adattabile alle specifiche richieste di ogni utilizzatore, permettendo di realizzare soluzioni con ingresso e uscita in qualsiasi posizione e della posizione dei macchinari di eventuali linee esistenti. Il nastro viene fornito, a seconda dell’applicazione, con barrette singole o doppie, con rete in acciaio inox o in materiale plastico, idonee a temperature di esercizio da -40° a +250°C». Avete in previsione ulteriori sviluppi e innovazioni tecnologiche? M. L.: «Negli ultimi due anni, oltre alla quotidiana ricerca per il miglioramento tecnico dei nastri trasportatori che fanno parte da sempre della nostra produzione, abbiamo investito notevoli risorse economiche nello studio di un prodotto totalmente nuovo che presenteremo entro il 2012 e di cui non vogliamo al momento dare anticipazioni. Stiamo inoltre lavorando per la realizzazione di una sala prove che permetta alla potenziale clientela, grazie all’installazione di una linea completa, di vedere con i propri occhi la qualità produttiva ottenuta con l’impiego dei nostri macchinari».
TECNOLOGIE
L’automazione nel settore retail Tradurre le informazioni in efficienza. Perché l’efficienza è business. Stefano Rossi fa il punto sulle soluzioni per l’informatizzazione del punto vendita del mercato retail Valerio Germanico
el settore retail, nella Gdo e nell’hospitality sta avvenendo un processo di centralizzazione della gestione e del controllo. Il cambiamento è basato sulle nuove possibilità offerte dall’information and communication technology. Questa condizione si traduce in un flusso dati costante tra sede e punti di vendita che, adeguatamente regolato, si concretizza in efficienza: «L’efficienza è business» afferma Stefano Rossi. L’attenzione a questo concetto è stata fondamentale per lo sviluppo dell’esperienza imprenditoriale di AP.esse, società della quale Rossi è business development manager. AP.esse offre soluzioni di automazione dei processi di vendita e raccolta dati per tutto quanto concerne il mondo del retail e nello specifico
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Stefano Rossi, business development manager della AP.esse Spa di Gardigiano di Scorzè (Ve) www.apesse.com
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con un occhio di riguardo al franchising. I sistemi di cui AP.esse è produttore sono conosciuti come Axon POS System , una gamma completa con interfaccia touch screen, periferiche fiscali, scanner barcode e stampanti di ricevute. «Il design e l’affidabilità dei terminali Pos touch screen, dei dispositivi per la lettura dei codici a barre, delle stampanti di scontrini fiscali e di comande rappresentano una gamma di sistemi e soluzioni capaci di rispondere efficacemente alle complesse esigenze del mercato distributivo». Quali sono i principali vantaggi dell’automazione del punto vendita? «La connessione fra i punti cassa e il server centrale è principalmente un servizio a disposizione del consumatore. Questo, infatti, attraverso una tessera fedeltà e un sistema di raccolta dati omogeneo e centralizzato, può accedere alle promozioni in tutti i punti vendita della rete. Per il sistema centrale – ovvero per il franchisor – questo si traduce nella possibilità di conoscere meglio i comportamenti e le abitudini di acquisto dei propri consumatori. Inoltre, la razionalizzazione delle informazioni che questo sistema consente permette anche di intervenire sul riassortimento dei negozi, segnalando la fine delle scorte di un determinato prodotto prima che questo venga totalmente esaurito – aprendo così le porte a una gestione più razionale delle forniture». La vostra società ha scelto di concentrarsi soprattutto sul franchising. Quali sono state le motivazioni alla base di questa scelta? «La nostra è una precisa strategia, dettata dall’osservazione che quello del franchising sia in
Stefano Rossi
Le nostre soluzioni si rivolgono a ogni aspetto del punto vendita: dal terminale di cassa allo scanner, il tutto integrato da soluzioni software
questo momento e sarà nei prossimi anni il segmento di mercato con le più alte prospettive di crescita. Infatti, un’attività commerciale che oggi voglia accrescere il proprio business, può riuscire a farlo più rapidamente e meglio attraverso la formula dell’affiliazione commerciale piuttosto che con il sistema diretto. Dall’altra parte, abbiamo rilevato molto interesse da parte dei franchisor verso le soluzioni Axon. E poiché i franchisor più strutturati inseriscono nel pacchetto dei servizi destinati ai franchisee sistemi uniformi per tutta la rete, una delle nostre caratteristiche è quella di avere una gamma di portfolio molto ampia per dare al nostro cliente una estesa configurabilità del sistema». Guardando all’intero scenario di mercato, a che punto, nel nostro paese, è la diffusione di questi sistemi? «Esiste un’opinione, da sfatare, che gli imprenditori italiani siano poco favorevoli all’informatizzazione. In realtà, lungo il nostro percorso, abbiamo incontrato aziende serie che
cercavano interlocutori per l’avvio di collaborazioni che prevedessero l’integrazione dell’Information Technology nelle attività di business. Semmai, esiste ancora un problema legato all’infrastruttura territoriale e alla copertura della rete di comunicazione. La vera differenza fra l’Italia e l’estero, per quanto riguarda la diffusione di queste tecnologie, infatti, è rappresentata proprio dal livello di maggiore evoluzione nelle infrastrutture di comunicazione raggiunto dagli altri paesi rispetto al nostro». Qual è il valore aggiunto della vostra offerta? «Le nostre soluzioni si rivolgono a ogni aspetto del punto vendita: dal terminale di cassa allo scanner, il tutto integrato con la soluzione software. La forza di AP.esse nasce dalla capacità di indirizzare la progettazione dei prodotti e, successivamente, di personalizzare le soluzioni presso la staging room della nostra sede italiana. Prima di proporre un determinato tipo di tecnologia, dunque, ci poniamo come consulenti, perché la prima cosa da fare è com-
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TECNOLOGIE
prendere il modello di business del nostro in- efficienza all’intera rete commerciale». terlocutore. Da questa prima analisi, oltre a capire qual è la soluzione più adatta per uno specifico punto vendita, spesso gli stessi imprenditori si rendono conto che le informazioni in loro possesso rispetto alla propria organizzazione di locali commerciali, non sono le più adatte a far crescere con efficienza la propria rete. Il dato reale spesso si discosta parecchio da quello percepito intuitivamente. Attraverso la comprensione delle abitudini reali dei consumatori è invece poi possibile attuare strategie mirate e dare
In questo momento e per i prossimi anni, il franchising è il segmento di mercato con le più alte prospettive di crescita
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Qual è oggi la vostra organizzazione sul territorio italiano? «Abbiamo scelto di darci una struttura snella e focalizzata. Questo ci permette di seguire, attraverso un team diretto, il presidio dei clienti direzionali e, parallelamente, avere un canale distributivo delle nostre soluzioni per intercettare in maniera capillare il mercato italiano che, per sua caratteristica, è molto polverizzato. Per questo la nostra società è organizzata con una direzione amministrativa, tecnica e un team di help desk localizzati nella sede di Gardigiano di Scorzè (VE), mentre la direzione commerciale e marketing si trova a Casalnuovo (NA). Queste due sedi, oltre a ospitare le direzioni di funzione, sono sostanzialmente i punti focali per il presidio commerciale del territorio, ai quali si aggiungono un global support center e una struttura commerciale dedicata al mercato estero». Dunque la vostra società è attiva anche fuori dai confini nazionali. «Nel corso degli anni siamo arrivati a gestire progetti di automazione sia in Italia sia all’estero. In particolare, per quanto riguarda l’estero, abbiamo costituito una rete di delivery di livello internazionale. Il nostro team di personale qualificato per il supporto e la manutenzione ha un respiro paneuropeo e la gestione in esclusiva di brand come Axon, Micrelec, Cipherlab, Unitech, Godex, insieme alla capacità di integrare componenti di offerta complementari, consente di presentarci su tutti i mercati come un soggetto unico e qualificato, in grado di operare a 360 gradi. La nostra solidità commerciale ci ha permesso di finalizzare importanti accordi internazionali per la distribuzione di prodotti di identificazione automatica per i brand Cipherlab, Godex ed Unitech. La partnership è strutturata al punto che svolgiamo, per questi brand, le funzioni di casa madre per il mercato italiano e parte dei mercati della comunità europea».
TECNOLOGIE
I vantaggi della tecnologia a Led bbattere di oltre il 50 per cento il costo energetico e ambientale dell’illuminazione. Ciò che fino a poco tempo fa sembrava utopia è oggi possibile grazie allo sviluppo della tecnologia a Led, che per le sue particolari caratteristiche rappresenta la soluzione ottimale non soltanto per le esigenze dei privati, ma anche e soprattutto delle pubbliche amministrazioni. «Dimezzare i consumi significa tagliare di pari percentuale le emissioni nocive», afferma Fiorenzo Da Ros, presidente di City Design, marchio storico nel settore dell’illuminazione e dell’arredo urbano e parte integrante del Gruppo Arredo Plast. «A ciò va aggiunto il quasi totale azzeramento delle spese di manutenzione, che consente alla PA di risparmiare preziose risorse, garantendo al contempo l’assoluta qualità della luce». Arredo urbano e illuminazione a Led. Come nasce questo binomio? «La ventennale ricerca di City Design nell’arredo urbano, unitamente al costante contatto con progettisti ed Enti di tutta Europa ci ha portato, fin dai primi anni Duemila, a concentrare i nostri studi sulle tematiche ambientali, con una particolare attenzione al risparmio energe-
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Fiorenzo Da Ros, presidente della City Design di Ormelle (TV) www.citydesign.it www.arredoplastgroup.com
L’illuminazione a Led, capace di coniugare massima efficienza e ridotti consumi, va affermandosi sempre di più come la tecnologia del futuro. Ne parliamo con Fiorenzo Da Ros Diego Bandini
tico. Da questo input il Gruppo Arredo Plast ha fortemente investito per sviluppare il settore. Nel 2003 abbiamo così realizzato la prima installazione di lampade Led, per l’illuminazione della tramvia di Padova: a parità di illuminazione siamo riusciti a ottenere, rispetto al progetto originario, un risparmio energetico di oltre il 70 per cento. Da allora, a distanza di dieci anni, non è stato cambiato un solo Led, con un enorme risparmio nei costi di manutenzione». Quali sono i mercati nei quali vi state affermando maggiormente? «I prodotti City Design sono apprezzati in tutta Europa, perché al contenuto tecnico e alla qualità della luce, uniscono il tocco di esclusività del design Italiano. Non è un caso se il nostro contributo è stato richiesto anche per l’illuminazione di alcuni siti realizzati in occasione dei campionati Europei di calcio in corso in Polonia e Ucraina». Quali investimenti sono stati intrapresi per aumentare la vostra offerta? «Le energie e le sinergie messe a disposizione dal Gruppo Arredo Plast sono basilari, soprattutto in questa congiuntura economica, per sviluppare la ricerca sul prodotto. In particolare abbiamo lavorato per ridurre ulteriormente i consumi energetici e contemporaneamente assottigliare il gap di prezzo che
Fiorenzo Da Ros
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Per l’illuminazione della tramvia di Padova, a parità di illuminazione siamo riusciti a ottenere un risparmio energetico di oltre il 70 per cento
divide l’illuminazione tradizionale da quella a Led. La ricerca non tralascia comunque nessun fronte di miglioramento. Sappiamo, ad esempio, che la durata dei Led è fortemente legata al raffreddamento degli stessi: per questo, in occasione di una sperimentazione portata avanti a Venezia, sono stati introdotti i filtri ai fosfori remoti. Questo accorgimento tecnico ha consentito di ottenere luce con identiche caratteristiche di colore rispetto alle lampade tradizionali, con un ingombro simile a una normale lampadina e con temperature di esercizio inferiori ai 40 gradi. Con questi risultati la vita utile e attesa dei Led supererà le 100.000 ore di accensione, circa 24 anni». Come riesce City Design a competere in un mercato che registra la presenza di multinazionali come Philips? «La duttilità e il design sono la nostra arma per competere con questi colossi. Siamo in grado di approcciarci alla progettazione con l’elasticità necessaria per soddisfare architetti e ingegneri nelle personalizzazioni possibili degli accessori, quali per esempio pali e sbracci. Questi sono dei veri e propri elementi di arredo, di impatto immediato sul contesto architettonico, cui spesso il proget-
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tista vuole dare un segno visibile della propria capacità e creatività. Per dare la massima garanzia di affidabilità abbiamo poi scelto, unitamente al Gruppo Arredo Plast, la via della trasparenza della qualità: tutti le caratteristiche dei nostri prodotti sono certificate Imq, ente di riconosciuta serietà a livello mondiale». Quali i piani di sviluppo per il futuro? «Dobbiamo completare gli studi sul controllo remoto delle nostre lampade, affinandolo. Proprio in questi giorni abbiamo messo in commercio un sistema di telecontrollo che consente di intervenire in ogni momento, con un semplice pc, posto ad esempio in un ufficio tecnico comunale, sul consumo e sul funzionamento delle lampade, per tenerne sotto controllo l’efficienza, aumentare o abbassare il flusso luminoso in funzione di intervenute esigenze di risparmio o di maggiore luce, fare statistiche di consumo, cambiare orari di accensione e spegnimento e così via. Il prossimo step sarà quello di trasferire queste funzioni anche su tablet e smartphone». VENETO 2012 • DOSSIER • 101
TECNOLOGIE
Una rete ferroviaria più tecnologica e sicura Le tecnologie dell’informatica e dei sistemi di telecomunicazione applicati al controllo dei trasporti su rotaia e dell’alta velocità. Una specializzazione basata sull’introduzione dei più moderni sistemi hardware e software. Il punto con Francesco Fogliani Manlio Teodoro
n Italia la sicurezza ferroviaria è garantita dall’integrazione capillare nella rete di soluzioni di Information & Communication Technology. Una parte importante della rete commerciale italiana è gestita attraverso un sistema chiamato SCC (Sistema di Controllo e Comando), un’architettura che si basa su una serie di postazioni regionali dalle quali diversi operatori gestiscono il traffico in telecomando. Nelle più recenti realizzazioni, gli operatori sono supportati nel loro delicatissimo lavoro da un Sistema di Telefonia Integrata (STI) sviluppato dalla società Telefin, specializzata nelle telecomunicazioni dedicate alla circolazione ferroviaria. Come
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L’ingegner Francesco Fogliani è presidente della Telefin Spa di Verona www.telefin.it
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spiega il presidente, ingegnere Francesco Fogliani: «Il sistema è sostanzialmente costituito da un’intelligenza distribuita su un’architettura di rete Ip, ridondata allo scopo di evitare interruzioni di servizio. STI centralizza tutte le utenze e i servizi di telecomunicazione dell’intero compartimento e delle varie tratte e linee che fanno capo alla sala SCC – comprese le connessioni Gsm-R –, effettua chiamate generali e di emergenza e registra tutte le comunicazioni sensibili». Una delle specificità del sistema è la sua connessione dinamica a quello centrale, che è preposto alla circolazione, dal quale riceve dati sui treni in tratta e al quale cede dati diagnostici. «La nostra soluzione è presente anche nella SCC alta velocità di Bologna, che rappresenta il nodo ferroviario più complesso dell’intera rete ferroviaria italiana. Inoltre viene utilizzato anche sulla linea storica, sull’alta velocità di Settimo Torinese e nelle sale di Pisa, Bari e Palermo». Le soluzioni tecnologiche sviluppate da Telefin non si limitano però a STI, ma includono anche sistemi e servizi come Gris, sistema avanzato di diagnostica che si integra con gli apparati presenti in ambito ferroviario – diffusione sonora, monitor e teleindicatori, apparati di rete e di alimentazione. «Le nostre realizzazioni impiantistiche sono distribuite su tutta la rete ferroviaria nazionale. Inoltre, buona parte degli impianti di informazione al
pubblico, sonori e visivi, delle stazioni italiane è monitorata attraverso le nostre tecnologie (Stlc 1000) e l’architettura software Gris. A ciò bisogna aggiungere un dato importante: ben 142 km di gallerie della rete sono dotate dei nostri impianti e sistemi di telecomunicazioni e diffusione sonora, appositamente progettati e validati per l’emergenza secondo gli standard RFI». Da tre decenni Telefin realizza sistemi interamente dedicati al settore ferroviario, puntando sull’innovazione e collocandosi come prima società del settore ad avere introdotto il digitale nella telefonia selettiva, i protocolli Tcp/Ip e, recentemente, il VoIP. «I nostri risultati sono stati ottenuti grazie a costanti investimenti in ricerca e sviluppo. Tutte le realizzazioni hardware e software di Telefin sono interamente sviluppate dai nostri progettisti, che impiegano le nuove tecnologie puntando sempre la massima attenzione al campo di applicazione ferroviario. Inoltre, da anni collaboriamo a stretto contatto con numerose università, come quella di Trento, Verona e Padova, ospitando stage, finanziando la ricerca e accompagnando gli studenti più meritevoli nel completamento del percorso di studi, tanto che sono numerosi gli ingegneri della telecomunicazione che hanno sviluppato la loro tesi nei nostri laboratori. Analogo impegno viene dedicato verso gli studenti del vicino ITIS Marconi di Verona, ospitando
numerosi stagisti alla fine dell’anno scolastico.» Telefin, rafforzando negli anni la propria posizione sul mercato, si presenta oggi come società capo gruppo di una holding che controlla altre tre aziende acquisite. «Delta Sistemi, che è nata nel settore monetica e controllo accessi, e si sta solidamente affermando nei sistemi di informazione, controllo e video sorveglianza a bordo treno e stazione – prevalentemente in ambiente metropolitane e ferrovie concesse. Controlliamo anche SPE, che rappresenta la cultura storica dell’esercizio degli apparati Tlc ferroviari ed è pertanto dedicata alla manutenzione, all’assistenza e alla ricambistica dedicate ai reparti Tlc di RFI. Infine, Dmi Digital Media Industries, che è attiva nella progettazione e produzione di prodotti di comunicazione web, digital signage e web designer anche per tutto il gruppo».
In alto, una delle postazioni centrali della Sala SCC di Bologna. Nella foto piccola, console STI prodotta dalla Telefin Spa di Verona
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TECNOLOGIE
L’informatizzazione, motore di sviluppo entre all’estero, nel complesso, il 2011 è stato un anno di crescita per l’Information Technology, il mercato italiano ha chiuso in negativo. Il rapporto Assinform ha registrato un complessivo meno 4,1 per cento. Le cause? A pesare è stata la restrizione della spesa della pubblica amministrazione – la cui informatizzazione massiccia è ancora da venire –, ma soprattutto il calo di investimenti dell’impresa privata, che rappresenta il 90 per cento della domanda di informatizzazione e che, l’anno scorso, ha diminuito la destinazione di risorse per almeno il 4,3 per cento. In questo scenario di crisi si sono distinte alcune eccezioni, come quella della ComTel, system integrator che anche nel 2011 è riuscito a centrare l’obiettivo crescita, segnando a bilancio una crescita di fatturato del 17,5 per cento rispetto al 2010, attestandosi così a quota 47 milioni di euro. Per spiegare le ragioni del successo in controtendenza intervengono Giovanni Grechi, presidente e amministratore delegato della società, e Vincenzo Cassese, suo direttore generale. A fronte di un settore in difficoltà, qual è
M Da sinistra, Giovanni Grechi, presidente e ad della ComTel Spa di Milano, insieme al direttore generale Vincenzo Cassese www.comtelitalia.it
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Gli scenari dell’Information and Communication Technologies per il 2012. Le soluzioni, le visioni e la capacità di intercettare le esigenze di una platea variegata di soggetti e utenti. Ne parliamo con Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese Valerio Germanico
stata la leva che ha permesso di proseguire nello sviluppo? Giovanni Grechi: «Alla base della nostra performance di successo continua a giocare il suo ruolo fondamentale la nostra strategia di innovazione tecnologica. A questo, nello specifico, si è aggiunto, come determinante fattore di crescita, l’apertura ai mercati internazionali. Infatti, siamo ormai presenti in 130 paesi nel mondo, grazie a un network di system integrator stranieri. Questo significa che ComTel, attraverso il proprio sistema tecnico e organizzativo, può fare da focal point per tutte le problematiche tecniche e di sviluppo di soluzioni Ict per qualsiasi azienda italiana presente all’estero con sedi, filiali o uffici». Quali sono state, in concreto, i prodotti e i servizi che hanno fatto da traino? Vincenzo Cassese: «L’azienda è cresciuta perché ha saputo evolvere specializzandosi nell’offerta di soluzioni che vanno dal cablaggio fisico al networking, dal VoIP ai sistemi di video intelligence, video conference e applicativi. Inoltre, grazie al nostro Network Operation Center (NOC), attivo 24 ore su 24, possiamo affrontare e risolvere in tempo reale qualsiasi problema tecnico che dovesse interessare i sistemi dei nostri clienti. Questi sono rappresentati da piccole, medie e grandi imprese, compresa la
Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese
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Le aziende guardano alla tecnologia come fattore strategico. Noi le accompagniamo nell’implementazione
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pubblica amministrazione. La nostra forza è anche quella di saper rispondere alle esigenze diversificate di una schiera così varia di attori economici». Com’è organizzata internamente ComTel? G.G.: «Abbiamo due divisioni: Reti ed Enterprise. La prima è attiva sui mercati carrier, svolge attività di installazione, collaudo e manutenzione di apparati di telecomunicazione per gli operatori Tlc che erogano servizi locali, a lunga distanza o ad alto valore aggiunto. Invece, la divisione Enterprise, con una capillare distribuzione sul territorio nazionale e internazionale, si rivolge a una clientela business, proponendo soluzioni per reti voce, dati e convergenti, in grado di rispondere alle esigenze di sempre maggiore efficienza delle aziende di oggi». Quali sono le vostre previsioni sull’andamento del mercato nel 2012 e quali le strategie per affrontarlo? V.C.: «Per raggiungere l’affermazione in un mercato globale e competitivo, le aziende guardano alla tecnologia come fattore strategico. Però, alle reti e ai sistemi non chiedono più soltanto l’efficienza e l’affidabilità, bensì anche la capacità di integrarsi con una visione più ampia dei processi di business, che permettano di supportarne nuove strategie, applicativi e servizi.
47 mln EURO FATTURATO REALIZZATO NEL 2011 DA COMTEL SPA, SOCIETÀ DEL SETTORE ICT
Oltre che rispondere alle attese crescenti di una nuova generazione di utenti. Per assecondare questa richiesta – certo frenata a livello di investimenti dalla crisi, ma tuttora attuale per lo sviluppo del nostro paese –, stiamo proseguendo nella nostra politica di destinazione di risorse nell’aggiornamento, nell’adeguamento delle strutture e delle risorse e nella ricerca e sviluppo di servizi e prodotti in linea con gli scenari del futuro. Fra questi, nel 2012, la sfida maggiore sarà rappresentata dal cloud». VENETO 2012 • DOSSIER • 107
TECNOLOGIE
La diversificazione come strumento di crescita Sistemi per l’automazione capaci di assecondare le esigenze di ambiti tra loro molto diversi, dall’oleodinamica alla meccanica teatrale. L’attività di Tecnologie Industriali illustrata da Lorenzo Peruzzo Diego Bandini
er realizzare impianti e centraline oleodinamiche servono conoscenze e competenze multidisciplinari. Meccanica, chimica, fisica ed elettronica trovano infatti la loro perfetta integrazione all’interno di macchinari dall’alto contenuto tecnologico utilizzati in svariati ambiti produttivi, dalle acciaierie alle fonderie, passando per il comparto automotive e quello energetico. Da oltre vent’anni opera con successo in questo particolare settore Tecnologie Industriali, azienda padovana che, grazie all’esperienza maturata sul campo e a un know how tecnico e progettuale di primissimo livello, è oggi partner di realtà del calibro di Boschrexroth, come racconta uno dei tre soci del gruppo, Lorenzo Peruzzo. «Lavoriamo come fornitori di numerose industrie operanti nel Triveneto, per le quali costruiamo compo-
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nenti indispensabili per il funzionamento degli impianti oleodinamici. Offriamo soluzioni customizzate, sulla base delle specifiche esigenze e delle indicazioni che ci vengono fornite dai committenti. Laddove richiesto, inoltre, provvediamo a implementare direttamente i nostri prodotti sugli impianti finali, che nella maggior parte dei casi sono destinati al mercato estero, Europa, Far East, Nord e Sud America in primis». Attualmente l’attività nel comparto oleodinamico rappresenta circa il 70 per cento del fatturato di Tecnologie Industriali che, nonostante la crisi in atto, nel 2011 si è attestato intorno agli 11 milioni di euro, con un significativo incremento rispetto all’anno precedente. Tuttavia accanto a quello che può essere ancora considerato come il suo core business, negli ultimi dieci anni l’azienda padovana, anche in un’ottica di diversificazione produttiva, ha ampliato e rafforzato la sua presenza nel campo dell’automazione industriale e della meccanica teatrale, attraverso la progettazione e realizzazione di innovativi sistemi per la movimentazione scenica. «Affidabilità e precisione sono i requisiti indispensabili per lavorare in questo campo», spiega Peruzzo. «Normalmente infatti le scenografie teatrali, che possono sembrare delle semplici strutture di carpenteria metallica, vengono movimentate a spettacolo in corso. È quindi fondamentale che tutto funzioni alla perfezione, e che i movimenti siano i più silenziosi possibili, perché in caso di errore il rischio è
Lorenzo Peruzzo
quello di rovinare lo spettacolo stesso. Collaboriamo principalmente con Enti pubblici e Fondazioni teatrali. Di recente, ad esempio, abbiamo realizzato particolari scenografie per “La Traviata” in scena all’Arena di Verona, mentre abbiamo in corso importanti progetti anche con il Teatro Alla Scala di Milano». Ma per rimanere al passo con l’evoluzione dei mercati non si può prescindere dalla ricerca. Infatti Tecnologie Industriali già da diverso tempo ha instaurato una proficua collaborazione con l’Università di Padova su progetti specifici, e ha in prospettiva di attivare delle borse di studio per dottorati di ricerca collegati ai propri settori di interesse: «Nello specifico con i ricercatori dell’Università stiamo lavorando alla costruzione di innovativi banchi prova. Queste sono apparecchiature particolari, che possono essere utilizzate per testare dal singolo componente industriale (ad esempio valvole, motori, etc.) fino
La Tecnologie Industriali ha la sua sede a Padova www.tecnologie-industrialisrl.com
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Negli ultimi anni l’azienda, in un’ottica di diversificazione produttiva, ha ampliato e rafforzato la sua presenza nel campo della meccanica teatrale
alla macchina più complessa. Nell’ultimo periodo ci siamo concentrati sulla progettazione e costruzione di un banco prova per valvole petrolifere. Tali valvole sono di fondamentale importanza per le piattaforme petrolifere, in quanto, poste lungo le linee di piping, devono essere in grado di chiudere e isolare i tubi all’interno dei quali vengono convogliati il petrolio o il gas per evitare, in caso di emergenza, fuoriuscite di fluidi che, come nel caso del disastro del Golfo del Messico dell’aprile 2010, potrebbero provocare danni irreparabili per l’intero ecosistema». Per il futuro, nonostante il clima di incertezza che continua a gravare sull’economia italiana, Peruzzo si dimostra fiducioso, a patto che il mondo produttivo e industriale riesca ad avere la meglio su quella “mala finanza” che tanti danni ha provocato in questi ultimi anni. «Nel settore oleodinamico oggi gli spazi di crescita sono piuttosto ristretti soprattutto perché, operando per conto terzi, siamo legati alle commesse ottenute dai nostri committenti. Anche per questo - conclude Peruzzo - intendiamo incrementare la nostra presenza nel campo dell’automazione industriale e della meccanica teatrale. Qui, operando direttamente, possiamo essere, per così dire, “padroni del nostro destino”, e siamo certi che alla lunga la qualità del nostro lavoro verrà premiata».
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EXPORT
Tiene l’export nel manifatturiero a produzione manifatturiera italiana si riposiziona sui mercati di sbocco esteri: l'export italiano verso l’Ue è calato dal 61,4 per cento del 2000 al 55,6 per cento del 2011; mentre verso i Paesi emergenti il dato sale dal 21,3 per cento al 29,3 per cento. È quanto emerge dal rapporto sugli scenari industriali elaborato dal Centro studi di Confindustria. Per quanto riguarda il made in Italy il Csc evidenzia come sia cambiata la specializzazione merceologica. I beni legati alla moda sono passati dal 21,5 per cento dell'export nel 1991 al 13,9 per cento nel 2011, mentre i prodotti con maggior intensità tecnologica ed economie di scala sono saliti dal 60,8 per cento al 66,9 per cento. Il quadro della situazione fotografato da Confindustria ben si accorda con quanto ha fatto registrare l’Atrepan, azienda del veronese impegnata nella fabbricazione di attrezzature per panificazione. Un settore che richiede una forte base tecnologica e che sta avendo particolari consensi all’estero. Approfondiamo la questione con Danilo Caliari, titolare della Atrepan. Le vostre attrezzature per la panificazione sono particolarmente apprezzate all’estero. Dove in particolare? «Attualmente il nostro mercato si è espanso molto nell’Est Europa e Russia dove fino ad ora si consumava un solo
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Danilo Caliari è titolare della Atrepan di Buttapietra (VR) www.atrepan.it
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Il mercato della panificazione sta scoprendo nuova linfa nei paesi arabi e dell’Europa dell’Est, dove sta crescendo la produzione di molte tipologie di pane. Ne parliamo con Danilo Caliari Marco Tedeschi
tipo di pane e da qualche anno è stata incrementata la produzione di tutte le tipologie di pane presenti nell’Europa occidentale, portando di conseguenza le industrie panificatrici all’acquisto di attrezzature in Italia, Francia e Germania. Un’altra grandissima fetta di mercato estero è presente nei paesi arabi dove esistono vere e proprie industrie per la produzione di pane». In che modo vi state espandendo nel mercato estero? «In particolar modo lavorando come terzisti per le grandi aziende produttrici di forni per panifici che vendono in tutto il mondo; poi il nostro marchio si sta espandendo grazie a un continuo investimento su pubblicità mirate sul web, riviste del settore e visitando fiere che si tengono in varie parti del mondo». Quanto conta all’estero la garanzia del made in Italy per i prodotti che realizzate? «Fortunatamente il made in Italy è ancora molto apprezzato e ricercato nel mondo soprattutto nel settore alimentare, quindi il marchio italiano è ancora il nostro fiore all’occhiello e una fonte di grande garanzia». Avete intenzione di espandervi anche al settore pizzeria. Quali altri possibili mercati vi aprirà questo nuovo reparto? «Inizialmente punteremo tantissimo sul mercato italiano offrendo soluzioni “chiavi in
Danilo Caliari
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Attualmente il nostro mercato si è espanso molto nell’est Europa e in Russia, dove si consumava un solo tipo di pane, ma da qualche anno è stata incrementata la produzione
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mano” a prezzi di fabbrica a chi volesse intraprendere un’attività di pizzeria o pizzeria d’asporto. Per l’estero anche in questo settore punteremo principalmente sulla qualità dei prodotti e naturalmente sul “made in Italy” che sulla pizzeria sarà sempre al primo posto». Che cosa presenterete alla fiera Iba di Monaco? «Oltre al mercato mondiale la fiera Iba per noi rappresenta una grandissima opportunità per espanderci nel mercato tedesco e per “sfidarlo” potendo contare proprio sulla qualità e la precisione dei nostri prodotti. Naturalmente per ampliare questo mercato puntiamo molto sulla finitura degli articoli. Alla fiera presenteremo: telai d’infornamento, carrelli per forni rotativi e teglie e celle di lievitazione, cioè celle con temperatura e umidità controllate per far lievitare la pasta in modo veloce e naturale, usate sia nel settore pizzeria che panificazione». Potrebbe farci un bilancio del 2011 e un quadro di come sta andando il 2012? «Il 2011 è stato un buonissimo anno, anzi direi uno dei migliori; nonostante la crisi abbiamo chiuso con un ottimo fatturato. Que-
st’anno siamo un po’ in calo con le vendite in Italia, ma grazie al continuo incremento di clienti esteri siamo in linea con il 2011, quindi al momento direi che il 2012 sta andando molto bene nonostante la situazione mondiale attuale e la grandissima concorrenza che si è creata nel nostro settore». In che modo siete riusciti a rendervi competitivi in un settore che non conosce tempo? «La nostra ditta da sempre ha puntato sulla tecnologia, investendo molto nell’acquisto di macchinari all’avanguardia, investendo sull’automazione per abbattere i costi di manodopera e poter evadere gli ordini in tempi brevissimi». Come viene applicata nello specifico la tecnologia? «Da sempre la nostra azienda ha puntato sull’automazione e su macchinari all’avanguardia per velocizzare la produzione. Attualmente ci teniamo sempre aggiornati su nuovi possibili macchinari visitando fiere di settore». VENETO 2012 • DOSSIER • 111
EXPORT
Sportswear e tecnologia umentare l’export italiano di 280 miliardi l’anno entro il 2020: è questo l’obiettivo indicato al governo di Mario Monti dalla società di consulenza McKinsey. Nel 2010 le nostre esportazioni sono state di 334 miliardi e la stima per quelle del 2011 è di 370: quel che viene ipotizzato è dunque quasi un raddoppio dell’intero export italiano nel giro di 8 anni. Il risultato, secondo la società di consulenza, dovrebbe arri- Nicoletta Bucciarelli vare soprattutto aumentando i flussi commerciali verso la Cina e gli Stati Uniti anche se incrementi significativi sono ipotizzati anche per altri paesi, come Germania, Polonia, Gran verso la fine degli anni ‘80 alla commercializBretagna, Olanda. Sembra già essere avviata su zazione diretta di propri prodotti attraverso la questa strada la Plastotex, azienda che negli partecipazione a fiere di settore e al potenziaanni si è sempre più specializzata nel settore tes- mento della forza vendite». sile dell’abbigliamento sportswear e che esporta Poi siete passati a una specializzazione il 90 per cento della sua produzione. «La nostra molto più tecnica. azienda è nata nel 1984 come evoluzione della «Esattamente. A cavallo tra gli anni ‘90 e 2000, precedente azienda Resintecnica, fondata nel l’azienda ha iniziato a specializzarsi sempre più 1974. – Spiega Domenico Pagani che insieme nel settore tecnico, grazie allo sviluppo di inal padre gestisce l’azienda vicentina. - Da una novative tecnologie e all’inizio della produzione fase iniziale di start-up dove l’attività principale della prima membrana traspirante Tek Series® era di servizio nel finissaggio tessile, si è passati che ci ha permesso di affrontare un mercato esigente e specializzato come quello dell’abbigliamento tecnico sportivo». Quali sono le caratteristiche di queste membrane traspiranti? «Sicuramente la caratteristica principale delle membrane Tek Series® è quella di essere estremamente confortevole. Quando si fanno sport outdoor, le condizioni meteorologiche influiscono in maniera determinante sul benessere e sulla prestazione dell’atleta. Le membrane Tek Series® garantiscono completa protezione dagli agenti atmosferici quali acqua, neve e vento mantenendo allo stesso tempo un’elevata traspirazione. Questo permette di conservare sempre una perfetta regolazione del microclima interno, in qualsiasi condizione meteo ci si trovi,
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Domenico e Bruno Pagani, alla guida della Plastotex di Montecchio Maggiore (VI) www.plastotex.com
Con la realizzazione della prima membrana traspirante Tek Series® la Plastotex si è imposta in un mercato esigente e specializzato come quello dello sportswear outdoor e sta aprendo le porte anche ai tessuti rifrangenti per ciclismo, running o altri sport. Ne parliamo con Domenico Pagani
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Domenico Pagani
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Tra le novità c’è Pixel, la cui struttura del tessuto assomiglia a tanti piccoli pixel indipendenti, che danno vita a una rifrangenza compiuta
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ottimizzando in questo modo il benessere e il comfort durante l’attività fisica». Oltre alle caratteristiche tecniche, una cura particolare è riservata anche allo style del prodotto. In che modo viene curato? «Lo stile viene in gran parte determinato dalle tendenze provenienti dal mercato e dalla ricerca continua di nuovi materiali, oltre che dalle richieste dei nostri clienti e dalle proposte dei fornitori. Il connubio di questi elementi da vita alle nostre proposte stile per la stagione a venire». A chi vi rivolgete principalmente attraverso questo prodotto? «Il nostro target di riferimento sono le aziende che producono abbigliamento tecnico sportivo. In modo particolare però ci rivolgiamo al mondo degli sport outdoor come il ciclismo, lo sci e gli sport di montagna. Ad ogni modo i nostri tessuti si adattano bene a chi pratica ogni genere di sport all’aria aperta». Quale potrà essere l’evoluzione di questo settore e verso quali nuovi traguardi si potrà giungere?
«L’evoluzione credo che si cercherà nel potenziamento della strada già tracciata, ossia il miglioramento tecnico delle proprietà fisiche delle membrane traspiranti. Osserveremo un incremento della traspirabilità nei capi di abbigliamento a fronte di una sempre più alta protezione dalle intemperie». A questo proposito, c’è qualche novità che avete intenzione di lanciare a breve sul mercato? «La novità principale, l’abbiamo chiamata Pixel, in quanto la struttura del tessuto assomiglia a tanti piccoli pixel indipendenti, che danno vita a una rifrangenza compiuta e piena se osservati a distanza. Questo permette di ottenere sia un miglioramento estetico al capo rispetto all’utilizzo del classico tessuto a bande rifrangenti e allo stesso tempo garantisce una completa traspirazione al capo di abbigliamento. Tutto ciò consente di rivedere completamente l’utilizzo di materiale rifrangente protettivo all’interno dei capi sportivi, siano essi per ciclismo, running o altri sport. Una rivoluzione dalla quale ci attendiamo ottimi risultati». ❯❯ VENETO 2012 • DOSSIER • 113
EXPORT
❯❯ Quali sono le conoscenze che dovete mettere in campo all’interno di questo settore così specifico e su quali collaborazioni potete contare? «L’esperienza maturata in più di 40 anni di lavoro, le tecnologie dei nostri laboratori, la professionalità e la preparazione dei nostri collaboratori ci garantiscono le conoscenze per affrontare sfide tecnologiche sempre più difficili e stimolanti. Inoltre collaboriamo con importanti aziende di settore e a fianco dei più importanti centri di ricerca di numerose Federazioni Sportive Nazionali, in particolare dello sci e del ciclismo». Quali sono gli investimenti che dovete costantemente realizzare per essere competitivi? «Gli investimenti principali sono quelli in innovazione tecnologica e in ricerca e sviluppo. Tutto questo tramite nuovi macchinari produttivi e di laboratorio, in grado di attuare avanzamenti tecnologici e aprire nuove opportunità e nuove applicazioni. La parte creativa del nostro lavoro è quella che più ci stimola e più ci spinge a sfidare gli standard attuali ponendosi nuovi obiettivi di volta in volta». Un settore come il vostro deve essere supportato da una ricerca costante e approfondita. Voi sotto questo punto di vista a chi vi appoggiate? «La ricerca viene eseguita per intero all’interno dei nostri laboratori. Solamente una fase di controllo e verifica dei dati viene fatta presso laboratori internazionali al fine di verificare e ufficializzare i risultati ottenuti». Potrebbe farci un bilancio del 2011 e delle prospettive aziendali per questo 2012? «Il bilancio 2011 è stato positivo e per il 2012 ci auguriamo che gli sforzi fatti e che si stanno 114 • DOSSIER • VENETO 2012
facendo possano dare i risultati attesi. Questo anche grazie alle collaborazioni e ai contatti che abbiamo con il mercato internazionale. La nostra azienda è infatti fortemente protesa ai mercati esteri, a oggi esportiamo più del 90 per cento della nostra produzione nei mercati di tutta Europa (Europa del Nord in particolare), in Canada, Stati Uniti e Cina. Stiamo per posizionarci nel mercato russo sul quale contiamo molto in chiave futura». Qual è l’andamento del mercato? «Questo periodo economico è sicuramente il peggiore dal dopoguerra in poi. Le crisi internazionali, la globalizzazione, le disparità di trattamento delle aziende in Italia rispetto alla concorrenza estera mettono a dura prova la volontà e la possibilità di fare impresa in questo Paese. Le piccole aziende, come la nostra, sono sempre più soffocate da obblighi burocratici e da livelli di tassazione insostenibili, che mortificano la dignità dell’impresa e di chi la rappresenta». Che cosa si dovrebbe fare per essere più competitivi sui mercati internazionali? «La situazione italiana deve cambiare rapidamente al fine di consentire alle aziende di fare investimenti con programmi a medio-lungo termine, estremamente necessari per garantire un futuro di sviluppo e progresso alla nostra società».
Nelle immagini, il nuovo prodotto Pixel che consentirà di segnalare la presenza delle persone in condizioni di scarsa luminosità. Le foto sono state eseguite in condizioni di luce e in condizioni di buio con flash acceso
IL MERCATO DELL’AUTO
In controtendenza rispetto al settore Un caso di crescita che si distacca dall’andamento nazionale. Vicentini Spa si conferma uno dei nomi più forti sul panorama veneto delle concessionarie auto. E grazie ad acquisizioni strategiche e a nuovi modelli, si presenta più saldo dinanzi a un mercato sempre più critico Filippo Belli
l mercato dell’auto accusa il duro colpo della crisi. Dopo un biennio altalenante sul fronte delle vendite, stentano a palesarsi i segnali di ripresa per uno dei comparti maggiormente strategici dell’economia europea. E da questo scenario non è escluso il veronese, che ha seguito tale andamento rispecchiando il calo nazionale. Esistono, però, alcuni casi in controtendenza. Tra questi, quello della Vicentini SpA è senz’altro esemplare. Una mosca bianca che, come conferma il Direttore Generale, Massimo Mazza, «in totale controtendenza, nel 2011 ha fortemente confermato la sua leadership con volumi e fatturati da record».
I L’interno di uno dei saloni della Vicentini Spa con sede a Verona. Nella pagina a fianco, dall’alto, i modelli Up! 5 porte (Volkswagen) e Boxter (Porsche) www.vicentinivr.it
I RISULTATI
Andiamo nel dettaglio. Tra il 2010 e il 2011, la Vicentini Spa, che ospita nei suoi saloni marchi quali Volkswagen, Audi, Porsche e VW Veicoli Commerciali, è passata da 4.880 a 5.800 auto nuove vendute. Stabile, anzi, in leggera crescita, anche il fronte dell’usato, dalle 2.800 alle 3.000 unità. Tutti fattori che hanno permesso un incremento del fatturato attestatosi, alla fine dell’anno precedente, sui 181 milioni di euro (nel 2010 erano 158). «Tale trend ci ha permesso di incrementare anche il numero dei nostri collaboratori – spiega il direttore generale Massimo Mazza – passati da 172 a 203». LA STRATEGIA
Come si spiega il dato di crescita in un contesto depresso come quello dell’automotive? Nel caso di Vicentini Spa ha inciso certamente una strategia che ha portato a un grande rinnovamento di immagine del gruppo. «Abbiamo investito affinché potessimo ripresentarci sul mercato con una nuova sede più bella e funzionale, capace di attirare l’attenzione degli acquirenti – spiega il Direttore – Ma questo è solo un tassello di una strategia più ampia che ci ha spinti a migliorare e implementare tutti i servizi corredati alla vendita auto». Secondo Mazza, «in questo mercato si resiste unicamente se si è in grado di affrontare le nuove e complesse sfide del campo dell’auto, 116 • DOSSIER • VENETO 2012
Massimo Mazza
sfide che si concentreranno su un’adeguata offerta di servizi. Oltre alla vendita di mezzi nuovi e usati – prosegue –, possiamo ora contare su un impeccabile meccanismo di assistenza con ricambi originali sempre disponibili, su un reparto carrozzeria dotato dei più moderni sistemi di controllo sullo stato della vettura, su prodotti finanziari e assicurativi e, non ultima, su un’agenzia di pratiche auto per espletare le formalità in poco tempo e senza doversi spostare dalla concessionaria». L’ACQUISIZIONE DI “FILIPPINI - MN”
Sempre nel corso del 2011, la Vicentini ha acquisito il 100 per cento delle quote della storica concessionaria Filippini, di Mantova, ora inglobata totalmente nel gruppo diretto da Mazza. «Con questa fusione, abbiamo creato un indotto occupazionale tale da far lavorare 232 persone. Una cifra destinata ad aumentare ancora al fine di rafforzare l’attività del post vendita e, in particolare, del reparto carrozzeria – sottolinea –. Il fatturato consolidato, a seguito dell’acquisizione di Filippini, è salito nel 2011 a quota 209 milioni di euro». PROSPETTIVE FUTURE
Nonostante il successo delle ultime stagioni, il manager di Vicentini Spa non nega le difficoltà congiunturali con cui l’intero settore automobilistico deve necessariamente fare i conti. «Il 2012 si presenta ancora più complesso di quello trascorso – sostiene Massimo Mazza –. La crisi internazionale, e Italiana in particolare, non accenna a risolversi e, ancora una volta, l’automobile è al centro dell’attenzione per nuove
209 mln
232
IL FATTURATO
I COLLABORATORI
IN CRESCITA, ANCHE GRAZIE ALL’ACQUISIZIONE DELLA CONCESSIONARIA DI MANTOVA
SIGNIFICATIVO L’INDOTTO OCCUPAZIONALE GENERATO DALLA CONCESSIONARIA
tasse e nuovi balzelli». Soprattutto, risulta difficile fare previsioni. «Delineare una prospettiva sul comparto, in questa situazione, è complesso». Sul domani della società, però il direttore generale si palesa ancora una volta fiducioso. «Una cosa è certa: la Vicentini è preparata alle sfide del mercato con strutture e personale di primordine. E, non ultimo, con prodotti decisamente all’avanguardia che anche nel corso di quest’anno non mancheranno». MODELLI DI PUNTA
Inutile dire che a fare la differenza, comunque, resta la qualità dei modelli proposti. Soprattutto, Vicentini Spa sceglie di scommettere, sul fronte Volkswagen, sulla nuova Passat Alltrak, sulla nuova “up!” 5 porte, e sul nuovo e perfezionato Crafter, che potrebbe far incrementare significativamente il volume dei veicoli commerciali. Per quanto riguarda Audi, dopo il successo della A6 Allroad, si punta alla nuova A3. Infine, Porsche, ha appena consegnato alla concessionaria la nuova Boxter, un vero e proprio gioiello per gli appassionati della casa automobilistica di Stoccarda. VENETO 2012 • DOSSIER • 117
FOCUS VERONA Nei primi nove mesi del 2011, cresce di 1500 unità la popolazione della città di Verona, attestandosi oltre quota 264 mila. Ma contando la provincia, il traguardo del milione di abitanti è sempre più vicino
FOCUS VERONA
NEL SOLCO DELLA CONTINUITÀ 300mln -12% BILANCIO
SPESA PUBBLICA
Il consuntivo 2011 del Comune di Verona approvato lo scorso aprile dal consiglio comunale
La complessiva riduzione di spesa del personale operata nello scorso mandato dall’Amministrazione Tosi
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Flavio Tosi
Anche per il prossimo quinquennio le chiavi di Palazzo Barbieri saranno nelle mani di Flavio Tosi. Così, neppure due mesi fa, i cittadini di Verona hanno riconfermato la loro fiducia al sindaco, che cercherà di ricambiare «mantenendo il bilancio del 2012 invariato» e impegnandosi a «inaugurare il passante nord entro fine mandato» Giacomo Govoni
60mln EURO
L'investimento complessivo del privato nell'ambito del project financing per il recupero dell’ex Arsenale austriaco
arò qui in ufficio, come sempre, a lavorare». È nel commento asciutto alla sua recente riconferma a sindaco di Verona la chiave del successo di Flavio Tosi. Spiccato senso pratico e “allergia” ai proclami, le doti che hanno conquistato i veronesi e hanno permesso alla città di fare un balzo in avanti. «Del filobus si parlava da 20 anni – sottolinea Tosi – e noi siamo arrivati all’aggiudicazione della gara e quindi alla realizzazione certa; del passante nord si discuteva da 40 anni e noi nelle prossime settimane firmeremo il contratto». Opere che ridurranno l’inquinamento e dunque, miglioreranno la qualità della vita all’ombra dell’Arena. «Stesso discorso per il termovalorizzatore di Ca’ del Bue, già appaltato, che permetterà di smaltire i rifiuti altrimenti destinati alla discarica». Perché il “modello Tosi” piace tanto sia sotto il profilo amministrativo che politico? «Il cosiddetto modello Tosi non è altro che l’unione di quattro componenti: normalità, sem-
«S
plicità, politica del fare e rapporto diretto con i cittadini. Comportamenti che, rispetto al modo di operare di quella parte della classe politica a cui eravamo abituati, capisco possano risultare eccezionali e che probabilmente si sono rivelati vincenti anche all’interno del partito. Credo mi abbiano votato come segretario della Liga Veneta perché hanno visto in me la figura che può rafforzare e allargare il consenso della Lega stessa». Nella nuova giunta spicca la riconferma di Pier Luigi Paloschi come assessore al bilancio? «In questi ultimi anni siamo riusciti a mantenere il bilancio sostanzialmente invariato, circa 300 milioni di euro, senza tagliare servizi ai cittadini e opere pubbliche. Con manovre straordinarie che hanno previsto l’alienazione di immobili o partecipazioni, abbiamo ridotto la spesa per il personale e migliorato l’organizzazione della macchina amministrativa. Operazioni che non hanno depauperato il patrimonio del Comune e ci hanno garantito nel tempo maggior stabilità, capacità di investimenti e livello di patrimonializ-
Flavio Tosi, sindaco di Verona e neo segretario nazionale della Liga Veneta
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500mln PASSANTE NORD La cifra stanziata per la realizzazione del Passante nord con il traforo delle Torricelle, che la Giunta Tosi conta di inaugurare prima della scadenza del mandato
zazione adeguati». Come si prospetta il documento economico del 2012, in primis sul versante delle entrate? «Nel 2012, anno di spaventosa pressione fiscale sui cittadini, di cui nulla resta ai Comuni, prevediamo di mantenere il bilancio invariato, grazie a un’operazione straordinaria di aggregazione delle due principali aziende comunali: la multiutility che gestisce l’energia e l’azienda ambientale. Quanto all’Imu, cercheremo di impostarla come una tassa patrimoniale, per non penalizzare la prima casa e le attività economiche, ma tassando progressivamente chi ha più proprietà. Dobbiamo invece ancora decidere se ritoccare l’addizionale Irpef, ora allo 0,3%, mentre da agosto sarà introdotta con effetto immediato la tassa di soggiorno». In tema di opere pubbliche e pianificazione urbanistica, quali voci contate di spuntare presto dall’agenda di mandato? «Vorremmo far partire il prima possibile il cantiere per la realizzazione del filobus, che andrà a rivoluzionare il concetto di mobilità urbana. Co122 • DOSSIER • VENETO 2012
sterà circa 160 milioni di euro, finanziati per il 60% dallo Stato. Altra priorità è la realizzazione del parcheggio all’ex Gasometro, oltre al recupero dell’ex Arsenale austriaco: un project financing che prevede un investimento complessivo del privato di circa 60 milioni di euro, a fronte di un contributo del Comune di 12 milioni di euro, ricavati dalla vendita del Palazzo del Capitanio». E per la mobilità di larga scala, quali interventi vedranno la luce nel prossimo lustro? «Entro fine mandato, speriamo di inaugurare il Passante nord con traforo delle Torricelle, la metà mancante della circonvallazione cittadina. L’opera, che vale 500 milioni di euro solo per la realizzazione, di cui più di 300 verranno investiti dal soggetto promotore nei 49 anni di gestione, ridurrà il traffico di attraversamento in alcune zone della città, oggi semiparalizzate nelle ore di punta. Il passante si snoderà su un tracciato di oltre 11 km - due in galleria naturale e due in galleria artificiale - e prevede la realizzazione di due ponti sull’Adige».
FOCUS VERONA
GERMANIA E CINA, FRONTIERE DEL RILANCIO Un’alleanza commerciale da tutelare con la Germania e una finestra sui mercati emergenti da spalancare: su questo binario, secondo Andrea Bolla, corre il futuro economico di Verona Giacomo Govoni
li addetti del manifatturiero veronese lo considerano un freno secondo solo ai ritardi dei pagamenti da parte dei clienti. Per gli operatori del comparto dei servizi è in assoluto lo scoglio più grosso alla volontà di fare impresa. Stando alle risposte fornite all’ultima indagine congiunturale di Confindustria Verona, il costo del lavoro è in cima ai crucci degli imprenditori locali. Ai quali farà di certo piacere che a occuparsi del tema del fisco nella squadra nazionale di Confindustria ci sia da alcune settimane Andrea Bolla. «I punti fermi del mio lavoro – assicura il presidente degli industriali veronesi – saranno le riforme a costo zero, come la semplificazione normativa e la
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+489 ISCRIZIONI
Le società di capitale in più registrate nel 2011 alla Camera di Commercio di Verona rispetto all’anno precedente. È la forma giuridica che offre il contributo più rilevante al saldo annuale delle imprese
stabilità delle leggi, la riduzione del cuneo fiscale, la revisione dell’Irap e la lotta all’evasione, i cui frutti devono essere utilizzati per diminuire le tasse a chi le paga». Giorgio Squinzi ha affidato a lei la regia confindustriale sul grande nodo della fiscalità: come hanno salutato questa nomina gli imprenditori veronesi e che riflessi possono attendersi? «È sicuramente un riconoscimento alla centralità del sistema produttivo della nostra provincia e della nostra regione, con imprese eccellenti che hanno reso grande l’intero Paese. Il fisco è un tema cruciale perché di fatto è l’unico strumento di politica economica con cui lo Stato può stimolare la crescita. Il mio
obiettivo è proprio lavorare affinché il nostro Paese possa transitare da un fisco opprimente a un fisco leva di sviluppo». A preoccupare le aziende produttive locali sono anche i ritardi nei pagamenti. Quali settori lamentano maggiormente questo fenomeno e quali strategie avete in cantiere per contenerlo? «A soffrire di più sono i settori che lavorano molto con la pubblica amministrazione, come le imprese medicali o delle costruzioni, ma non dobbiamo nascondere che ci sono anche casi di aziende in sofferenza che non riescono a pagare i propri fornitori. Quanto ai crediti verso la Pa, è indispensabile allineare la normativa italiana a quella comunitaria, imponendole ter-
Andrea Bolla
mini di pagamento contenuti e certi. Intanto, per dare un po’ di ossigeno alle imprese in difficoltà, stiamo lavorando anche sul fronte fiscale per alzare il tetto massimo delle compensazioni, ora fissato a 500 mila euro». In un mercato interno così asfittico, a consolare è sempre l’export. A quali traiettorie straniere stanno guardando le imprese veronesi che mirano a incrementare il loro fatturato? «I mercati dell’Ue rimangono quelli con cui le nostre imprese, nonostante la congiuntura, conservano i legami più stretti. Si registra un aumento delle esportazioni nei Paesi a più alta crescita come i Bric. Secondo gli ultimi dati tutti questi Paesi, India a parte, hanno avuto incre-
menti significativi degli scambi con Verona. Su tutti la Cina, con un incremento di oltre il 28%. Interessante sta diventando anche il mercato turco. Per dare supporto alle nostre imprese, da qualche mese ospitiamo presso la nostra sede un ufficio di Sace, offrendo un servizio di consulenza per utilizzare al meglio le opportunità di questo importante gruppo assicurativo». Oltre che in chiave strettamente commerciale, come può essere declinato in un’ottica di ripresa il legame privilegiato con i partner tedeschi? «Il mercato tedesco è il primo di Verona sia per import che per export. Per far sì che nuove imprese tedesche investano nel nostro territorio e che le “vecchie” continuino a farlo, abbiamo ideato un pacchetto di 12 iniziative per agevolare e sviluppare i rapporti con la Germania. Si va dall’individuazione di un team di professionisti di lingua tedesca che risponda ad esigenze strategiche e operative della gestione aziendale, alla consulenza sul trasporto di merci pericolose, sulla normativa tecnica e certificazione di
prodotti, alla formazione del personale». Il contributo più rilevante al saldo annuale delle imprese registrate alla Camera di Commercio di Verona viene dalle società di capitale. Oltre a questa tendenza all’aggregazione, quali altre strategie possono dare slancio alla crescita del tessuto imprenditoriale veneto? «Il fattore dimensionale è cruciale per le imprese. Essere più grandi permette di avere maggiori risorse per andare sui mercati lontani, riuscire a investire in R&S, avviare progetti a lungo termine. In quest’ottica stanno avendo molto successo i contratti di rete, a Verona con il nostro supporto ne sono già stati sottoscritti 8. Ci crediamo al punto che insieme alle territoriali di Vicenza, Padova e Rovigo abbiamo costituito una rete per offrire formazione di alto profilo per manager e imprenditori. La patrimonializzazione è un altro aspetto fondamentale su cui lavoriamo da tempo con le istituzioni regionali che propongono prodotti di private equity tagliati sulle pmi».
A sinistra, Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona e responsabile del comitato tecnico per il fisco di Confindustria nazionale
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VINO E MODA, IL MADE IN VERONA PIACE ALL’ESTERO La vitalità dell’imprenditoria giovanile scaligera è lo specchio di un’economia che reagisce alla crisi scommettendo sui settori che riscuotono il maggior gradimento nelle vetrine internazionali. Il punto di Cesare Veneri Giacomo Govoni
n tessuto produttivo dinamico e aperto ai mercati internazionali. Quella di Verona è la quarta provincia importatrice e l’undicesima esportatrice su scala nazionale, anche l’anno scorso il profilo più “fotogenico” delle imprese veronesi è stato quello rivolto verso l’estero, capace di generare un valore complessivo dell’export di quasi 9 miliardi di euro. «Il made in Verona – afferma Cesare Veneri, segretario generale della Camera di Commercio locale – continua a essere molto apprezzato al di fuori dei confini nazionali. Penso in particolare all’agroalimentare, al vino, ai macchinari, ai si-
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L’aumento del valore delle esportazioni provinciali rispetto al 2010, che pone Verona all’undicesimo posto a livello nazionale
stemi arredo e moda, dall’abbigliamento alle calzature». Qual è l’indice di gradimento dei prodotti veronesi fuori dall’Italia e quali i mercati di destinazione più ricettivi? «Alcuni settori specifici, ad esempio il mobile e il marmo, stanno vivendo un momento difficile, mentre altri sembrano resistere meglio alla crisi. Il 2011 è stato un anno positivo per le nostre esportazioni, cresciute complessivamente del 10,6%. L’auspicio è che la domanda estera possa fare da traino per la nostra economia anche nel prossimo futuro. Tra i primi mercati di destinazione troviamo Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Stati
Uniti. La Cina è diventata il nostro 13° mercato, la Turchia il 15°, con tassi di sviluppo a due cifre». Che novità emergono dall’ultimo rapporto sullo stato dell’economia provinciale, presentato nel corso della recente Giornata dell’economia? «I dati presentati in quell’occasione hanno evidenziato per il 2011 una situazione di luci e ombre: all’aumento del valore delle esportazioni e al saldo positivo tra iscrizioni e cancellazioni di imprese, fa da contraltare la preoccupazione sul fronte dell’occupazione, soprattutto giovanile. I primi dati del 2012 confermano le difficoltà riscontrate nella seconda
Cesare Veneri
parte dell’anno scorso: nel primo trimestre il saldo tra iscrizioni e cessazioni di imprese è stato di -692 unità; nello stesso periodo, è aumentata la Cig straordinaria e in deroga, rispettivamente del 34% e del 21% su base annua. Aumentano anche le preoccupazioni relative alla disoccupazione, arrivata al 6,3% nel primo trimestre 2012 in Veneto, sebbene a livello nazionale nello stesso periodo sia del 10,9%». Incoraggia il saldo tra iscrizioni e cancellazioni tra le imprese under 35, che a Verona fa segnare +1.125. Quali i settori principalmente interessati e su quali converrà orientarsi in futuro?
«Le imprese under 35 iscritte alla Camera di Commercio di Verona a fine 2011 erano più di 10mila. Esse rappresentano il 10% del totale delle imprese. Il settore che presenta il maggior numero di imprese giovanili è quello delle costruzioni, seguito dai servizi alla persona e dai servizi di alloggio e ristorazione. Proprio questi ultimi, insieme ad altre attività del terziario, ma anche all’agricoltura, sono settori dove i giovani aspiranti imprenditori possono trovare interessanti opportunità». La provincia di Verona abbassa la media della disoccupazione regionale: quali interventi avete in animo nei prossimi mesi per non uscire da questo binario? «Una delle principali caratteristiche dell’economia veronese è la polisettorialità. Verona ha molteplici vocazioni: agricoltura, industria, turismo, ser-
vizi. Ciò ha contribuito a rendere solida la struttura produttiva provinciale. Il tasso di disoccupazione del 4,5% nel 2011 è stato di poco inferiore al 5% regionale, ma i più recenti dati regionali confermano che il trend è sicuramente in crescita e ciò ci preoccupa». Quali interventi predisporrete per fronteggiarlo? «Proprio per questo nel 2012, oltre ai consistenti contributi a sostegno di programmi di ricerca e consulenza tecnologica, agli incentivi per la banda larga e la connettività di rete, per l’internazionalizzazione e l’innovazione tecnologica, la Camera di Commercio ha attivato un’articolata specifica iniziativa finalizzata al sostegno diretto dell’occupazione giovanile e femminile mettendo a disposizione delle imprese, attraverso uno specifico bando, oltre 550.000 euro».
A sinistra, Cesare Veneri, segretario generale della Camera di Commercio di Verona
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ACCESSO AL CREDITO
LIQUIDITÀ GARANTITA ALLE FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ I dati contenuti nella relazione annuale della Banca d’Italia per l’anno 2011 evidenziano una contrazione nella propensione al risparmio delle famiglie italiane e un calo nelle erogazioni di nuovi prestiti per l’acquisto di abitazioni pari a 49 miliardi, il 12% in meno rispetto all’anno precedente. Per fronteggiare la congiuntura economica che ha colpito molte famiglie anche nel 2012, Abi, in accordo con i consumatori, ha prorogato fino a fine luglio il
termine di presentazione delle domande per il Piano Famiglie. Il progetto ha permesso finora di sospendere oltre 60mila mutui, pari a 7,3 miliardi di debito residuo, che hanno garantito una liquidità complessiva di oltre 464 milioni di euro, con un corrispettivo per nucleo familiare di 7.200 euro. Dai risultati raccolti nel mese di aprile, si registra una lieve ripresa sui prestiti delle banche italiane a famiglie e imprese con una liquidità garantita di 1.504 miliardi. VENETO 2012 • DOSSIER • 129
ACCESSO AL CREDITO
MORATORIA SUI MUTUI, PIÙ OSSIGENO ALLE FAMIGLIE In un momento difficile di trasformazione sociale, la famiglia sta dimostrando capacità di tenuta, grazie alla propensione al risparmio, la resistenza all’indebitamento e la propensione alla patrimonializzazione. Ne parla Amedeo Piva Elisa Fiocchi
l “piano famiglie”, frutto dell’accordo tra Abi e Associazioni dei consumatori, nasce con l’obiettivo di accrescere la sostenibilità finanziaria delle operazioni di credito ipotecario delle famiglie, prevedendo la sospensione del pagamento di rate di mutuo erogato per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale al verificarsi di certi eventi documentabili, come ad esempio, perdita del lavoro dipendente, cassa integrazione, morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza in grado di ridurre la capacità di rimborso dei mutuatari. «Le caratteristiche a cui punta oggi la famiglia nella gestione del proprio denaro risiedono nella protezione e sicurezza, semplicità e contenimento dei costi e in una nuova centralità del rapporto con la banca» spiega Amedeo Piva, presidente di Abi Veneto. «In questo senso si riorganizza l’offerta delle banche, in questo quadro s’inserisce per l’appunto il piano famiglie, siglato per fronteggiare le situazioni di difficoltà a causa
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della crisi». I dati raccolti al 30 novembre 2011, parlano di oltre 55mila mutui sospesi dalle banche che hanno garantito alle famiglie interessate una liquidità complessiva di oltre 420 milioni di euro, pari a 7.636 euro ciascuna. Amedeo Piva analizza i primi risultati ottenuti dalla moratoria nel 2012 e le azioni svolte dagli istituti bancari veneti in seguito alla seconda proroga dell’accordo grazie alla quale sarà possibile presentare le domande per la sospensione delle rate fino al 31 luglio. Il Veneto ha costantemente ricoperto un ruolo di centralità per le banche: come sta cambiando il modello organizzativo e di offerta dinanzi alle nuove esigenze delle famiglie? «Viste le criticità date dalla congiuntura economica che stiamo vivendo, le imprese bancarie devono attuare un cambiamento. Sono infatti costrette a ricercare forme di finanziamento alternative per potere continuare a svolgere la loro attività di finanziamento a imprese e fami-
Amedeo Piva, presidente di Abi Veneto
glie. Riguardo alle nuove esigenze delle famiglie, vanno ricercate soluzioni a sostegno del potere d’acquisto, in particolare dei soggetti finanziariamente più deboli». Nel 2011, in Veneto sono stati destinati alle famiglie 45 miliardi di euro per una crescita, a ottobre scorso, del 4,6% rispetto al 2010 e dati importanti si rilevano a Vicenza (8 miliardi con +6,2%). Quali strumenti e futuri piani di investimento saranno destinati a loro supporto? «I finanziamenti alle famiglie continuano a mantenersi con segno positivo, trainati ancora principalmente dai mutui per l’acquisto di abitazioni. Secondo i nostri ultimi dati, a marzo 2012, i prestiti alle famiglie venete hanno avuto una variazione annua intorno al +2 per cento. Questo dimostra il fatto che le banche del nostro territorio continuano a sostenere i nuclei familiari, che rimangono il tessuto della società. Se non sono sostenuti loro per primi, l’Italia intera ne risentirebbe. Per cui l’ottica con la quale ci muoviamo deve essere necessariamente globale. Con l’ultima proroga dell’iniziativa di sospensione dei mutui, le parti si sono impegnate a un confronto al fine di promuovere le possibili sinergie e di verificare i possibili miglioramenti da apportare al funzionamento delle altre misure di sostegno previste dal piano famiglie». I contratti che nel Veneto hanno usufruito della moratoria dei mutui sono stati 6.685. Quali vantaggi tale misura ha garantito in termini di liquidità? «I dati di fine marzo 2012 ci dicono che le operazioni di mutuo sospese sono l’11,1%, su un totale nazionale di 63.975 operazioni. Mentre le
quote capitali e gli interessi relativi ai mutui sospesi nel periodo sono il 13,2 per cento. Sono numeri importanti se si considera anche il contesto nazionale: oltre 60mila mutui sospesi, pari a 7,3 miliardi di debito residuo, che hanno garantito alle famiglie interessate una liquidità complessiva di oltre 464 milioni di euro, pari a 7.200 euro a famiglia. In generale però anche in questo momento difficile di trasformazione della nostra società, la famiglia sta dimostrando una capacità di tenuta. La propensione al risparmio, il diffuso orientamento di cautela verso il rischio, la resistenza all’indebitamento e la propensione alla patrimonializzazione, che tradizionalmente rappresentano i tratti principali dell’approccio economico dei nostri nuclei famigliari, pur subendo delle attenuazioni, rimangono centrali anche nell’attuale fase di crisi economica». Come le banche intervengono, invece, nella gestione del risparmio delle famiglie? «Si assiste a un diffuso spostamento delle scelte dei risparmiatori su strumenti più liquidi: da fine 2010 a fine 2011 le persone fisiche detentrici di almeno uno strumento finanziario sono diminuite e, fra questi investitori, si è ridotta la diversificazione del portafoglio medio, che oggi si aggira intorno a circa 2 tipologie di strumenti finanziari a testa. La tendenza è investire in prodotti non particolarmente complessi e in forme di investimento facilmente liquidabili all'occorrenza. In particolare, l’interesse dei clienti si va maggiormente concentrando su depositi e titoli aziendali. A ciò ovviamente si accompagna la rimodulazione dell’offerta da parte delle banche». VENETO 2012 • DOSSIER • 131
ACCESSO AL CREDITO
CONTI PERSONALIZZABILI E FORMULE SOSTENIBILI Dalla partenza del “piano famiglia” dell’Abi, in Veneto sono state accolte un migliaio di richieste per un totale di 65 milioni di euro. Ma esistono anche mutui a tasso variabile con rientro libero, che definisce i rimborsi delle quote in base alle proprie disponibilità Elisa Fiocchi
regolatori dell’attività bancaria e l’Unione europea sono molto attenti ai coefficienti patrimoniali delle banche e all’incidenza del debito sovrano sul Pil che sono stati alla base delle crisi finanziarie a partire dal 2008. Tuttavia, in questa fase economica, non si tratta esclusivamente di un problema di coefficienti patrimoniali: «I regolatori dovrebbero fare attenzione anche alla dinamica reddituale» sostiene Giovanni Costa, presidente della Cassa di risparmio del Veneto, che analizza gli strumenti attivi in sostegno delle famiglie e le politiche per rilanciare l’economia del Paese. Perchè assume un valore cruciale oggi il ripristino dei flussi di reddito? «Se una banca non ha un flusso appropriato di reddito non ci sarà mai un’adeguata dotazione di capitale che la possa salvare e dare tranquillità ai clienti. Lo stesso vale per le imprese e per le famiglie. Solo la ripresa della crescita può garantire questo. La spesa pubblica ha un ruolo im-
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prescindibile nel rimettere in moto la crescita. Ma data la scarsità di risorse bisognerà dedicarsi a riconvertire la spesa pubblica esistente puntando solo sugli investimenti in grado di aumentare la produttività». Quale dovrebbe essere l’obiettivo comune delle politiche pubbliche e delle scelte degli imprenditori e delle banche? «La mobilitazione dei fattori della crescita: competitività delle imprese, efficienza del sistema Paese, dinamismo sociale, inteso come mobilità e meritocrazia, e coesione sociale in termini di solidarietà e consenso. Nessuno pensi di potersi salvare da solo: banche, imprese, istituzioni, famiglie, in questo momento sono tutti chiamati a fare la loro parte di sacrifici e a dare il loro contributo alla ripresa della crescita. Noi siamo impegnati con tutte le nostre forze a fare la nostra». Come giudica il ruolo e il contributo offerto finora dalle associazioni di categoria, dai consorzi fidi e da Veneto Sviluppo nel sostegno
Giovanni Costa, presidente della Cassa di risparmio del Veneto
alle famiglie? «Il loro ruolo è fondamentale perché consente di concentrare l’attenzione sui problemi più diffusi e maggiormente sentiti delle varie categorie e permette di supportare le aziende nell’accesso al credito. Veneto Sviluppo, in particolare attraverso le misure anticrisi e il fondo di garanzia, ha recentemente innovato l’offerta di strumenti in sinergia con le banche che consente di agevolare una platea più ampia di beneficiari e con un maggior numero di soluzioni. Per quanto riguarda il sistema dei Confidi, preziosi nell’accompagnare le aziende socie verso la corretta gestione dell’accesso al credito, auspichiamo un ulteriore sforzo per far crescere le realtà di dimensioni adeguate al fine di concedere garanzie utili al sistema in termini di minore impegno di capitale». Il Piano famiglia predisposto dall’Abi quali risultati sta raccogliendo sul territorio? «Dalla partenza del Piano Famiglia dell’Abi, in Veneto, dove il Gruppo Intesa Sanpaolo è presente con la Cassa di risparmio del Veneto e la Cassa di risparmio di Venezia, sono state accolte un migliaio di richieste per un totale di circa 65 milioni di euro, di cui circa 300 risultano ancora aperte, per un totale di circa 20 milioni». Come Cassa di risparmio del Veneto si interfaccia invece a tutte le altre famiglie che non riescono a pagare il mutuo ma che non rientrano nei requisisti di sospensione previsti dall’Abi? «Proponiamo mutui a tasso variabile con “rientro libero”, ossia con un piano sostenibile che consente al cliente di definire, all'interno di de-
terminati parametri, i rimborsi delle quote in base alle proprie disponibilità. Questo permette di pagare rate di soli interessi e rimborsare il capitale nella misura stabilita dal cliente, in base alle proprie entrate diversificate lungo la durata del mutuo. Inoltre i clienti possono chiedere la sospensione delle rate fino a tre volte nel corso della vita del mutuo il pagamento fino a sei rate consecutive. In questo caso la durata del mutuo viene allungata in base alle rate sospese. Se il reddito della famiglia dovesse ridursi, possiamo accordare modalità di restituzione più diluite nel tempo. Non dimentichiamo che i nostri clienti possono optare per una polizza che copre da eventi che possono compromettere la capacità di rimborso del mutuo, tra cui il rischio di disoccupazione e l’inabilità da infortunio o malattia». Quali ulteriori formule vantaggiose di conto corrente offre l’istituto bancario alle famiglie? «Un conto modulare ossia personalizzabile che risponde a una diversa filosofia rispetto ai classici conti “a pacchetto”, nel senso che s’individuano le effettive esigenze del cliente a cui si propone un insieme di servizi con un costo che diminuisce con l'aumentare dei prodotti posseduti. Ma soprattutto il cliente acquista solo ciò di cui ha bisogno. Nel 2012 vogliamo continuare a puntare sui giovani perché significa investire sul futuro, ma non dobbiamo dimenticare che è proprio sui giovani che ricadono gli effetti di una crisi più lunga e grave del previsto. Per questa ragione abbiamo avviato una serie di iniziative nell’ambito del progetto “Superflash”» . VENETO 2012 • DOSSIER • 133
ACCESSO AL CREDITO
CONTO DI DEPOSITO, GARANZIA PER LE FAMIGLIE In questo momento le famiglie hanno bisogno di sicurezza e cercano investimenti poco speculativi, con orizzonti temporali brevi e spese fisse ridotte il più possibile. «L’acquisto della casa? Rimane ancora una priorità». Il punto di Samuele Sorato Elisa Fiocchi
al perdurare della crisi economica che si registra da ormai quattro anni, la Banca popolare di Vicenza ha erogato finanziamenti alla propria clientela con un tasso di crescita annuo triplo rispetto a quello medio del sistema bancario italiano. Nel bilancio 2011 tali impieghi hanno raggiunto i 30 miliardi di euro, evidenziando un aumento di 1,6 miliardi, messo a confronto con la stima di crescita dei prestiti bancari, che per la media del sistema s’attesta all’1,8%. Alla politica di sostegno all’economia reale, con uno sforzo che si è indirizzato anche al sostegno delle imprese, l’istituto ha affiancato e promosso una gestione aziendale che ha ridotto i costi e mantenuto, dopo importanti svalutazioni prudenziali, un risultato netto elevato. Il direttore generale della Banca popolare di Vicenza, Samuele Sorato, spiega perchè il bi-
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nomio vincente tra efficienza operativa e solidità patrimoniale consentirà all’istituto di sostenere concretamente imprese e famiglie anche nel corso del 2012. Il bilancio chiude il 2011 con la crescita del 95,2% del risultato netto delle gestione operativa, con impieghi in essere per 30 miliardi di euro. Com’è cambiata la gestione aziendale nell’ultimo anno, nell’ottica di ridurre i costi e di sostenere le famiglie più in difficoltà? «Per una banca del territorio come la nostra, in una situazione di difficoltà come quella che stiamo attraversando, è fondamentale continuare a sostenere le famiglie e le imprese. Per loro la banca è sempre presente, soprattutto nei momenti più difficili: dei 4,2 miliardi di euro di finanziamenti concessi nel 2011, oltre 3,2 sono andati alle famiglie, alle piccole e medie imprese, ai commercianti e agli artigiani, a testimo-
Samuele Sorato, direttore generale di Banca popolare di Vicenza
Dei 4,2 miliardi di euro di finanziamenti concessi nel 2011, oltre 3,2 sono andati a famiglie e imprese
nianza della nostra coerenza con la missione di banca popolare al servizio della crescita del territorio e del benessere della collettività. A fine 2011 il dato degli impieghi in essere in Veneto è stato di oltre 11 milioni, di cui circa 3,7 alle famiglie e 7,2 alle imprese». Come stanno cambiando le esigenze delle famiglie venete? Con quali priorità si rivolgono all’istituto bancario? «L’acquisto della casa rimane ancora una priorità. Abbiamo molti giovani che si rivolgono a noi per un mutuo o per ottenere dei finanziamenti, ma anche famiglie che, grazie alla flessibilità dell’attuale mercato dei mutui, chiedono di rinegoziare il prestito che hanno acceso presso un altro istituto. Noi cerchiamo di venire incontro alle loro richieste e necessità, valutando sempre attentamente il profilo di ogni cliente». In questa fase economica, quali formule di investimento e di conto corrente risultano particolarmente vantaggiose? «In questo momento le famiglie hanno bisogno di sicurezza e cercano investimenti poco speculativi, con orizzonti temporali brevi e spese fisse ridotte il più possibile. I
conti di deposito, ad esempio, rappresentano una valida alternativa alle forme di investimento tradizionali; a differenza dei titoli di Stato, infatti, non prevedono l’apertura di un deposito titoli, non hanno costi o commissioni di acquisto e vendita, e soprattutto permettono di decidere la durata dell’investimento in base alle proprie esigenze». La Banca popolare di Vicenza ha aderito alla moratoria sui mutui per le famiglie in difficoltà. Di quali condizioni favorevoli usufruiscono oggi i nuclei familiari? «La nostra banca, in linea con le disposizione del Piano Famiglie dell’Abi, ha attuato l’adeguamento delle rate alle reali condizioni delle famiglie. Nel caso di reali difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo, la banca sposta la scadenza delle rate arretrate prolungando il piano di ammortamento fino ad un massimo di 40 anni dalla prima rata. Inoltre, è disponibile una gamma completa di prodotti dedicati alle famiglie che consentono una gestione semplice ed economica delle esigenze familiari, sia recandosi in filiale che tramite internet». VENETO 2012 • DOSSIER • 135
COMMERCIO
Risollevare il potere d’acquisto Impedire un’ulteriore flessione della domanda interna è determinante. Occorre evitare il previsto innalzamento dell’Iva e intervenire sul costo dei carburanti. L’opinione del presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli Francesca Druidi
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azionalità nella scelta dei prodotti, riduzione degli sprechi e spese legate all’effettivo bisogno. Sono le principali tendenze d’acquisto dei consumatori italiani nei primi mesi del 2012, coerenti del resto con quelli registrati nel 2011. A evidenziarlo è il numero uno di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli. «C’è grande attenzione alla convenienza e al rapporto qualità/prezzo: le promozioni sono viste con favore - nei supermercati quasi il 30 per cento della spesa è composto da prodotti in promozione e cresce il peso della marca del distributore (l’offerta di prodotti di qualità simile a quella dei marchi leader ma disponibili a un buon prezzo)». Apprezzati i discount, ma anche i negozi di prossimità. «Nel campo non alimentare, un peso sempre maggiore è giocato dalle grandi superfici specializzate e dalle catene di negozi, in molti casi gestiti anche in franchising». Qual è l’impatto delle principali strategie della Gdo per non intaccare il potere d’acquisto dei consumatori italiani? «Sono impatti molto importanti per i portafogli dei consumatori: nel settore alimentare della Gdo il risparmio annuo derivante dalle promozioni è di 5,7 miliardi di euro (230 euro a famiglia) e quello relativo alla marca del distributore è valutabile in 2,5 miliardi di euro (100 euro a famiglia). Queste azioni in favore della convenienza creano vera tutela del potere d’acquisto: il tasso medio di inflazione registrato nella Gdo, nel periodo compreso da gennaio ad aprile 2012, è stato pari al 2,5 per cento, ben al di sotto del dato Istat, che ha visto una crescita del 3,3 per cento. Anche nel settore non alimentare l’impegno verso la convenienza è stato significativo: nella distribuzione moderna, i prezzi dell’abbigliamento nel periodo gennaio-marzo 2012 vedono un calo del 4 per cento rispetto all’anno precedente, mentre gli elettrodomestici segnano un -6 per cento nei primi due mesi dell’anno».
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Giovanni Cobolli Gigli
Fino a quando la Gdo potrà applicare queste misure? «Certamente tutti questi sforzi hanno un costo, che si riflette nella redditività media del settore, in diminuzione da anni: l’utile netto è stato, infatti, nel 2010 inferiore all’1 per cento del fatturato. Una situazione che non potrà continuare in eterno». Quali direttrici occorre perseguire per la ripresa dei consumi? «La ripresa dei consumi deve essere il propulsore della necessaria crescita del Paese. Per realizzarla, non vi è altra via che ridare potere d’acquisto alle famiglie, considerando che il reddito reale pro-capite dal 2007 al 2011 ha visto un calo del 7 per cento. Ma in uno scenario che già prevede per il 2012 una riduzione dei consumi di circa l’1,5 per cento, il tema ora più urgente è quello di trovare risorse per evitare interventi ulteriormente depressivi per la domanda interna, in primo luogo l’aumento dell’Iva già pianificato da ottobre 2012. Il terremoto in Emilia ha purtroppo complicato il quadro, ma la sollecitazione che possiamo fare al Governo Monti è quella di essere maggiormente incisivo e coraggioso con la spending review, di varare la riforma assistenziale e di continuare con grande determinazione la lotta all’evasione. Le strade per recuperare risorse esistono: bisogna che l’esecutivo tecnico agisca con prontezza ed efficacia, per evitare che l’economia italiana, sopraffatta dalle troppe tasse, si avviti su se stessa avviandosi su un percorso senza ritorno». A incidere in maniera pesante è soprattutto il prezzo dei carburanti. Come si può intervenire? «La dinamica dei prezzi dei carburanti in Italia sta incidendo in maniera molto rilevante, diretta e indiretta, sull’inflazione e quindi sul potere d’acquisto delle famiglie. Questo trend dipende certamente dalla crescita del prezzo della materia prima, ma gioca un ruolo importante anche il peso delle tasse, Iva e accise.
Dall’inizio del 2011 a oggi, ci sono stati 5 aumenti delle accise, l’ultimo di 2 centesimi a seguito del terremoto che ha colpito l’Emilia a maggio, che hanno complessivamente inciso per oltre 20 centesimi sul prezzo finale. La prima cosa da fare sarebbe, dunque, quella di alleggerire l’incidenza delle tasse sul prezzo dei carburanti. C’è poi un secondo fronte: in Italia, benzina e gasolio costano di più rispetto alla media degli altri paesi europei a causa dell’arretratezza e dell’inefficienza del mercato». Cosa va cambiato? «Il settore è caratterizzato da una filiera integrata verticalmente, troppi impianti, poco self service, poca vendita di prodotti non oil e dalla limitata presenza della grande distribuzione. Per abbassare il prezzo occorre modernizzare la rete distributiva, promuovendo l’ingresso di nuovi e più efficienti player sul mercato, come la grande distribuzione. I recenti provvedimenti in materia di liberalizzazioni si muovono in questa direzione, ma occorre eliminare i freni che ancora esistono, come ad esempio l’obbligo del metano/Gpl per la realizzazione di nuovi impianti, in modo da aumentare la concorrenza e avere prezzi più bassi».
Giovanni Cobolli Gigli Presidente di Federdistribuzione
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COMMERCIO
Marca commerciale, risorsa per imprese e consumatori Crescono in Italia le vendite dei prodotti a marca del distributore. Anche l’offerta si amplia. A illustrare le opportunità legate alle private label è Guido Cristini, coordinatore scientifico dell’Osservatorio sulla marca commerciale Francesca Druidi rosegue il trend positivo per la marca commerciale nel nostro Paese. Nel 2011, la quota delle private label è cresciuta del 7,1 per cento, in linea con gli incrementi degli ultimi anni. In base al rapporto annuale sulla marca commerciale, presentato a gennaio 2012, il mercato di largo consumo della marca commerciale vale oggi in Italia 9 miliardi di euro e i prodotti a marca del distributore ne rappresentano il 17,2 per cento delle vendite. Guido Cristini, docente di marketing presso l’Università di Parma e coordinatore scientifico dell’Osservatorio sulla marca commerciale, spiega le ragioni che ne influenzano il quadro evolutivo. A quali fattori va attribuito il crescente sviluppo dei prodotti a marca del distributore? «Intervengono sia fattori da domanda che da offerta. Per quanto riguarda questo secondo versante, va segnalato innanzitutto il processo di “modernizzazione” che sta caratterizzando la distribuzione italiana negli ultimi anni. Il prodotto a marchio identifica un elemento complesso che richiede organizzazioni avanzate dal punto di vista della struttura dei canali – ipermercati, superstore, supermercati, dotati di superfici medio o medio grandi – e della gestione del lavoro, considerando i molte-
P Guido Cristini, coordinatore scientifico dell’Osservatorio sulla marca commerciale
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plici aspetti coinvolti quali la costruzione degli acquisti, il marketing, la ricerca e sviluppo, il packaging. L’Italia è ancora in ritardo rispetto alle realtà del nord Europa - in Gran Bretagna, ad esempio, le private label rappresentano il 40 per cento delle vendite totali delle grandi catene di distribuzione – proprio perché, fino a non molto tempo fa, disponeva di punti vendita piuttosto piccoli e poco strutturati dal punto di vista organizzativo. Un supermercato di prossimità ha al suo interno circa 2mila referenze, in prevalenza marchi industriali; solo con un assortimento di 8-9mila referenze c’è spazio per dare un’alternativa vantaggiosa al consumatore». Mentre per quanto riguarda i fattori relativi alla domanda? «Un primo aspetto consiste nel fatto che il prodotto di marca industriale è ancora molto forte in Italia; sotto questo profilo siamo un’eccezione nel mondo, grazie anche alla nostra storica e radicata industria agroalimentare. Però i fattori di percezione della marca commerciale sono ormai molto vicini a quella della marca industriale. A incidere è anche, in maniera inevitabile, la crisi economica: le private label costano in media il 20 per cento in meno rispetto alle marche leader, con variazioni notevoli a seconda della categoria presa in considerazione. Le promozioni attuate individuano, inoltre, un ulteriore fattore in grado di accrescere l’attrazione della marca commerciale. Tra offerta e domanda s’impone poi in modo trasversale un elemento centrale: in questi ultimi
Guido Cristini
Tra offerta e domanda s’impone poi in modo trasversale un elemento centrale: in questi ultimi dieci anni i distributori hanno migliorato l’offerta dei prodotti a marchio
dieci anni i distributori hanno migliorato l’offerta dei prodotti a marchio. Praticamente tutte le insegne hanno lavorato sul consolidamento della propria marca commerciale, offrendo al consumatore un prodotto conveniente, buono e qualitativamente certificato». In quali settori, in particolare, è cresciuta la quota della marca commerciale? «La crescita maggiore si registra nel fresco confezionato e nel mondo del freddo (surgelati), comparti dove sono state inserite numerose referenze. In aumento soprattutto le marche commerciali premium, che intercettano l’esigenza da parte della clientela di prodotti di alta qualità - affettati, formaggi, biscotti, piadine, olio d’oliva - venduti a prezzi più elevati delle tradizionali marche commerciali ma comunque inferiori a quelli delle marche industriali premium». Quali sono i principali vantaggi per la distribuzione? «Se il prodotto offerto nel punto vendita ha lo stesso marchio dell’insegna, scatta il consolidamento del valore dell’insegna stessa e la con-
seguente fidelizzazione del consumatore. Questo processo non è però automatico, occorre lavorare bene per non innescare l’effetto opposto. Il distributore trae, inoltre, vantaggio dalla marca commerciale perché questi prodotti presentano un margine di profitto più alto rispetto a quelli delle marche industriali. Questo a causa dei fenomeni di contrattazione verticale che riguardano industria e distribuzione. Un ulteriore effetto registrato è proprio la riduzione del potere contrattuale dell’industria». Quali sono le opportunità connesse alla marca commerciale per le imprese? «È particolarmente difficile entrare a far parte dell’assortimento della grande distribuzione. Molti prodotti ne sono, infatti, esclusi. La strada per queste realtà produttive è investire ingenti risorse in comunicazione e innovazione oppure diventare copacker, ossia fornitori per conto dei distributori. La marca commerciale rappresenta un significativo mercato di sbocco per le pmi del Paese, considerando il complesso della forza lavoro e dell’indotto relativo alla logistica e al packaging». VENETO 2012 • DOSSIER • 139
ACQUISTI SICURI
La prevenzione parte dall’utente Nell’epoca degli acquisti on line, Internet può essere terreno fertile per truffe e reati informatici, ma con un po’ di attenzione e qualche semplice regola, anche il web può diventare sicuro. I consigli di Fabiola Treffiletti Teresa Bellemo
l web sta diventando uno strumento insostituibile, non solo per lavoro, ma anche per molte delle attività che svolgiamo quotidianamente. E-mail, notizie, musica, stradari, social network, ma anche e-commerce, settore in cui in Italia le quote di mercato stanno acquisendo ogni anno maggiore importanza. Un mondo che corre su un linguaggio binario sempre aperto e veloce nell’aggiornarsi e nell’arrivare a casa di chi lo sceglie, con prezzi competitivi. Nonostante il suo appeal, però, non si deve dimenticare che la rete presenta molti fattori di rischio. Tra truffe, atti persecutori, furti di password, violazioni della privacy e pedopornografia, nel 2011 la Polizia postale e delle comunicazioni ha indagato più di 6.000 persone. Per questo motivo chi acquista on line deve fare attenzione a evitare tutte quelle situazioni poco chiare dietro le quali possono annidarsi tentativi di frode e furto di dati
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Nella foto, Fabiola Treffiletti, ispettore della Polizia postale e delle comunicazioni
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sensibili. Conservare le password in luoghi sicuri, non rispondere a email in cui vengono richiesti i propri dati bancari o le coordinate della carta di credito, aggiornare sempre l’antivirus del proprio computer, acquistare su siti noti e trasparenti: grazie a queste regole anche il mare magnum dello shopping via Internet può diventare sicuro e non essere considerato una minaccia. Lo spiega Fabiola Treffiletti, ispettore della Polizia postale e delle comunicazioni. Quali sono le truffe più comuni? «Su internet si possono mettere in atto molti tipi di reati, ma è d’obbligo fare una distinzione: non tutti possono definirsi “reati informatici”. Ad esempio, per alcuni di loro, il web è solo uno strumento che serve ad amplificare maggiormente la sua efficacia. I reati prettamente informatici riguardano l’accesso abusivo al proprio sistema informatico, il furto di password, il danneggiamento informatico. Le truffe hanno molta eco per via del numero di utenti coinvolti, che può essere molto alto, e perché non sono del tutto arginabili. Alcune di esse sono legate a finti siti di e-commerce o annunci di vendita tra privati dove, dopo l’acquisto, la merce è difettosa o non arriva. Una parte delle truffe realizzate attraverso la rete è legata al cosiddetto phishing, ovvero l’invio di mail a molti utenti con lo scopo di ottenere le coordinate di home-banking o i numeri della carta di credito, provocando un danno economico, an-
Fabiola Treffiletti
Di sicuro non sono le società di commercio elettronico, solide e certificate, che mettono in atto la truffa attraverso carta di credito
che ingente, all’utente. Infine, ci sono le frodi legate ai pagamenti tramite l’uso indebito delle carte di credito, grazie a clonazioni o a semplice trascrizione di numerazione e scadenza». Come può avvenire il furto del “denaro elettronico”? «Innanzitutto si deve chiarire che una cosa è recuperare i dati e un’altra è riuscire a utilizzarli. Ci sono due modalità di furto relativo al denaro elettronico: da una parte, vi è la clonazione, che necessita di tecniche legate alla manomissione del Pos e degli Atm. Qui viene “copiata” la banda magnetica ricreando un supporto identico all’originale in modo da poter pagare nei negozi o prelevare da qualsiasi sportello bancario. Dall’altra, vi è il recupero fraudolento degli estremi della carta con la finalità di operare su Internet. Le due modalità si differenziano per via della maggior semplicità di quest’ultima tecnica che per essere messa in atto necessita soltanto della data di scadenza, del numero e del cvv2 della carta di credito. In entrambi i casi, co-
munque, la parola d’ordine è prevenzione». Quali sono le operazioni di controllo e prevenzione effettuate dalla Polizia Postale e delle comunicazioni? «Lavoriamo su due fronti: monitoraggio e prevenzione. Il primo consiste nel controllo costante della rete per recuperare le informazioni e rilevare possibili abusi, come nel caso della pedopornografia. In questo caso non c’è bisogno di una querela, è sufficiente che la Polizia postale chieda l’autorizzazione di intervenire al magistrato. La truffa, come la maggior parte dei reati informatici, invece, parte sempre da una persona danneggiata che presenta querela, in virtù della quale vengono effettuati accertamenti. Nell’ambito della prevenzione organizziamo incontri di sensibilizzazione, per esempio, un punto su cui puntiamo molto è la formazione nelle scuole. Sono state organizzate diverse iniziative a riguardo, e altre verranno portate avanti, al fine di “formare i formatori”, sensibilizzare cioè il docente, che a sua volta sarà portavoce di questi messaggi tra i ragazzi. È importante dare ai cittadini consigli preventivi, riteniamo utile dotare di una specie di patentino i ragazzi che si approcciano alla rete». Come proteggere i dati personali da hacker e truffatori on line? «La protezione deve essere svolta su due livelli, quella del computer e quella dell’interfaccia a Internet. Si devono usare sistemi operativi nuovi, aggiornare i software antivirus e anti- VENETO 2012 • DOSSIER • 143
ACQUISTI SICURI
RISULTATI OPERATIVI DELLA POLIZIA POSTALE E DELLE COMUNICAZIONI Soggetti tratti in arresto 92
63 53 49
43 37
4
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0 2009
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Pedopornografia
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Computer Crime
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Illeciti nel commercio elettronico
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Stalking (atti persecutori)
Fonte: Polizia di Stato
spam in maniera ciclica. Se si usano connes- traverso carta di credito. In questi casi, infatti, sioni wireless si deve ricorrere a sistemi di sicurezza e password sicure per conoscere chi usa quella determinata rete, dato che ognuno è responsabile del proprio traffico. Nel momento in cui vengono richiesti i dati personali si deve sempre verificare la fondatezza di questa richiesta. Anche a livello bancario sono stati fatti passi avanti per rendere sicuri i meccanismi dell’home banking, grazie all’uso di token e one way password. A questo servono anche gli alert tramite sms dei pagamenti con bancomat e carta di credito, in modo di tamponare i possibili danni dovuti a furto e clonazioni». Molte persone non comprano on line per il timore di incorrere in frodi. Quanto questo problema è ancora reale? «Da un certo punto di vista questo atteggiamento è un controsenso poiché ciò che è più rischioso è la trattativa tra privati. Di sicuro non sono le società di commercio elettronico, solide e certificate, che mettono in atto la truffa at-
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il protocollo di trasmissione dei dati relativi alla carta è sicuro. Sono rischiosi, invece, tutti quei siti anonimi nati solo per cercare di ottenere dati sensibili e le già citate trattative tra privati». Quali sono i parametri per capire se un sito di e-commerce è affidabile? «Innanzitutto, si deve fare attenzione a non inserire in qualunque sito i dati della carta di credito e della password perché i siti affidabili utilizzano per l’inserimento di queste informazioni pagine crittografate, utilizzando il protocollo https, in modo tale che nessuno possa vederli. Per non incappare in raggiri di qualsiasi tipo è fondamentale che l’utente legga in modo approfondito le mail di phishing perché anche quelle più curate contengono qualche errore di ortografia o di scarsa formalità. Inoltre, è importante diffidare dei prezzi troppo bassi e controllare la credibilità del venditore attraverso i feedback o i motore di ricerca perché dopotutto internet è anche una miniera di informazione».
Valter Rigobon
Dalla parte dei consumatori Le associazioni dei consumatori segnalano un forte aumento dei reclami che riguardano acquisti via Internet, complici venditori non troppo trasparenti, acquirenti poco attenti e una legislazione ancora carente Teresa Bellemo
l commercio elettronico anche in Italia sta diventando una fetta sempre più ampia degli acquisti di beni e prodotti di consumo. La diffusione di Internet in casa e attraverso gli smartphone ha fatto sì che questa pratica si stia diffondendo in larga parte della popolazione. I fruitori principali di questo canale sono sicuramente i più giovani, ma negli ultimi anni anche persone meno giovani, complici comodità e ottimi prezzi, si stanno avvicinando agli acquisti on line. Parallelamente al fenomeno, di certo positivo dato il risparmio e la velocità, stanno aumentando le segnalazioni di truffe e inconvenienti legati agli acquisti via web. Le associazioni dei consumatori sono le prime ad accogliere questo tipo di reclami. Valter Rigobon, presidente di Adiconsum Veneto, fa notare che se prima capitava una volta a settimana di ricevere una telefonata inerente gli acquisti on line, oggi le segnalazioni sono quotidiane e sempre più numerose.
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Valter Rigobon, presidente di Adiconsum Veneto
I reclami più frequenti riguardano la mancata ricezione della merce, prodotti che non corrispondono alla descrizione fatta dal venditore, la scarsa comunicazione e la difficoltà di avere un interlocutore, soprattutto quando la controparte non ha sede in Italia. Per evitare queste esperienze negative, i consigli sono semplici: acquistare in siti certificati e conosciuti, digitare i propri dati soltanto in pagine crittografate, usare preferibilmente carte prepagate e ricaricabili in modo che, nel caso qualcosa andasse malauguratamente storto, il danno sia il più possibile ridotto al minimo. Infine, evitare le trattative tra privati, le più pericolose perché in quel caso reperire la controparte in caso di truffa, se non impossibile, di certo è molto complesso. In più, secondo Valter Rigobon, denuncia la mancanza nel nostro Paese di «una legislazione chiara, il nostro obiettivo è quello di mettere sullo stesso livello venditore e consumatore, nel web come nel mercato “fisico”». Negli ultimi anni c’è stato un aumento di consumatori che si sono rivolti a voi per denunciare un raggiro? «L’aumento c’è stato ed è stato notevole. Ma le colpe del consumatore in questo sono molto limitate. Si fida delle cose che legge o delle cose che gli vengono raccontate nel sito Internet, dopotutto non si potrebbero fare operazioni di acquisto a distanza senza instaurare un rapporto di fiducia reciproca. Il lavoro che stiamo facendo noi su questo fronte è dare un’informazione sempre più precisa e più attenta. Purtroppo in molti casi se delegassimo completamente il ruolo di informare alle aziende non sempre sarebbe soddisfacente». In base ai vostri dati, qual è l’identikit di VENETO 2012 • DOSSIER • 145
ACQUISTI SICURI
chi acquista on line? «Sono prevalentemente giovani, la fascia d’età va dai 20 ai 40 anni, quindi molto meno attenti e più superficiali rispetto a chi ha un’esperienza più approfondita. I giovani acquistano anche per le persone anziane, per i genitori, perché hanno più dimestichezza con gli strumenti informatici rispetto alle persone adulte. Andando più su con l’età, dopo i 40, l’attenzione è molto più sviluppata, si accertano su quali siti frequentare, stanno attenti alle indicazioni che ricevono. Sono tutte accortezze che si maturano con l’esperienza quotidiana, avendo contatto ogni giorno con queste piattaforme». Cosa si acquista sul web? «In genere si tratta di accessori per l’abbigliamento, come scarpe e borse, materiale elettronico o automobili. Ma in quest’ultimo caso spesso si arriva alla trattativa tra privati che è il fenomeno più pericoloso perché non ci sono norme che vengano in soccorso a questo tipo di compravendita. Difficilmente, infatti, la persona truffata può rivalersi con chi in teoria è responsabile della truffa. Perciò è preferibile trattare su siti internet sicuri di e-commerce, dove si interagisce direttamente con un’azienda, questa modalità è certamente la più consigliabile». Quali iniziative mette in campo Adiconsum? «Spesso andiamo nelle scuole per spiegare ai ra-
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gazzi e ai genitori qual è il comportamento da tenere in casi sospetti. Per prima cosa ci si dovrebbe accertare che il sito sia conosciuto e certificato. La seconda cosa è diffidare da merce i cui costi sono fuori mercato, regola che bisognerebbe applicare in qualsiasi tipo di compravendita. Infine, meglio pagare sempre con carte di credito prepagate, ricaricabili poiché, in caso di phishing, l‘entità della truffa sarebbe minore. E per evitare di perdere soldi sarebbe meglio preferire il pagamento alla consegna». La legislazione su questo fronte dovrebbe migliorare, modificarsi? In che direzione? «Fino a cinque o sei anni fa questo era un mercato di nicchia, mentre oggi corrisponde al 20 per cento del fatturato complessivo dei beni di pronto consumo. Con il decreto legislativo n. 206 del 2005 si sono fatti enormi passi avanti su questo fronte, mentre sul piano dell’e-commerce i piani sono ancora fortemente sbilanciati a favore dei venditori. Per questo ritengo che la legislazione si possa sempre migliorare. Inoltre, ritengo che quella vigente possa essere assolutamente migliorabile, soprattutto in termini di sanzioni. Quando ci si accorge che c’è un comportamento truffaldino o disonesto, visto che non è sempre facile trovare i responsabili, si dovrebbe sanzionare anche pesantemente, sia per risarcire i truffati sia per disincentivare gli atti criminosi. In questo non si deve vedere un’azione persecutoria, piuttosto è un modo per vincolare il venditore a dei comportamenti virtuosi, è questa la legislazione buona. L’autorizzazione alla vendita avviene se si rispettano delle regole di trasparenza, di serietà e di pulizia, il lavoro principale, dunque, andrebbe fatto a monte».
MERCATO DELL’ARTE
Attenzione politica e leggi flessibili L’arte in Italia è una buona opportunità d’investimento, sostiene Guido Candela: «Essere un mercato marginale non significa che non conviene operarvi». Ma servono maggiori provvedimenti, come avviene in Francia Elisa Fiocchi
n una graduatoria mondiale dove in testa alla classifica corrono Cina e Stati Uniti, il mercato dell’arte italiano occupa un ruolo di assoluta marginalità, con un volume d’affari di quasi 1,4 miliardi di euro e un andamento a due velocità, in cui il contemporaneo brilla e il moderno arranca. Nella seconda parte del 2011, le vendite di autori impressionisti o moderni si sono ridotte del 12%, mentre le performance del segmento contemporaneo sono rimaste stabili. Guido Candela, che all’interno della società di consulenza Nomisma occupa il ruolo di responsabile scientifico dell’Osservatorio sul mercato dei beni artistici, ritiene necessario, per accentrare il mercato, alimentare un sano collezionismo: «Bisogna cioè convincere le famiglie che questo mercato non è truccato, che l’acquisto, indipendentemente dal valore dell’opera, non è un investimento a perdere e perchè ciò avvenga serve una parola: trasparenza». Le previsioni elaborate dal centro studi sul sentimento di operatori e galleristi per il 2012 indicano poi che l’arte moderna continuerà a essere più a rischio rispetto alle opere più recenti, ma con una sostanziale stabilità dei prezzi in entrambi i campi. Quali scenari attendono il mercato dell’arte nel nostro paese?
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«Il mercato italiano è sempre più lento di quello internazionale. Quest’anno si sta verificando però una situazione di ripresa sul mercato mondiale e su quasi tutti i segmenti, in particolare sul contemporaneo, molto forte, sul moderno, sugli impressionisti, sull’antico. Il problema vero è che questa ripresa si evidenzia fortemente in America, e questo non vuol dire che non ci siano acquirenti europei, ma avviene su un mercato che ha meno problemi dal punto di vista congiunturale e per questo sta andando bene. Il mercato di Londra anche, mentre dove esistono criticità è in Europa. L’Italia è marginale anche perchè nell’ambito di un sistema economico congiunturalmente debole e quindi se una ripresa c’è, non è così forte come sui mercati internazionali». Come giudica le leggi che regolano il mercato dell’arte in Italia? «Mi meraviglia la grande disattenzione che il sistema politico ha nei confronti di questo mercato. Si prendono dei provvedimenti sul settore delle macchine, degli elettrodomestici e così via, ma nessun ministro alza la voce su questo mercato. L’aumento dell’Iva ad esempio, ha avuto un effetto molto forte sull’arte perchè l’importazione è rimasta al 10 per cento e quindi abbiamo peggiorato dell’1% la
nostra competitività sui mercati internazionali. Quando si parla di cultura e sviluppo dentro non ci possiamo mettere solo i musei, c’è anche un mercato degli artisti su cui bisogna porre l’attenzione. Abbiamo rottamato le macchine per rilanciare il mercato, ma nell’arte cosa è stato fatto concretamente?». Che segnali di risposta da parte delle istituzioni sono arrivati? «Nessuno. Eppure la Francia sta attuando di recente numerosi provvedimenti, ponendo grande attenzione alle aste, ad esempio. Se, infatti, questo Paese all’inizio del Novecento era il primo mercato mondiale, adesso nella graduatoria è sceso al quarto se non al quinto o sesto posto. Dunque si stanno muovendo per fare in modo che il mercato si polarizzi anche a Parigi. Oggi l’Italia è all’1% fisso nella graduatoria, cioè non fa alcuna differenza, ma si vuole comunque che quella voce appaia in virtù della nostra grande tradizione. Il primo mercato è la Cina, che ha superato gli Stati Uniti di un punto percentuale, ma in pochi ci credono per via dei dati presentati: alcuni mass media denunciano che non siano verificati o verificabili. Sicuramente case d’asta grosse ne sono nate e molto artisti cinesi tradizionali di fine Ottocento fanno prezzi incredibili, ma basta che due tra que-
sti pezzi non siano stati venduti o pagati che la graduatoria cambia subito. Parliamo di 4050 milioni di euro a scambio». In Italia in che percentuale incide il mercato del sommerso? «Nell’ultimo periodo la sensazione è che il fenomeno sia in calo. Una grossa fetta di scambi avviene tra privati e qui dire ciò cosa è nero e cosa non lo è diventa veramente complicato, anche perchè il privato non può fatturare. Il fatto che non si conosca questa dimensione è prova della disattenzione su questo mercato che dovrebbe avere regole flessibili applicabili e non invadenti per eliminare il sommerso». Come evolverà il mercato dell’antiquariato? «Ha già pagato in termini di perdite: sono usciti gli operatori più deboli, i prezzi si sono adeguati al nuovo interesse quindi ci sono segnali positivi se guardiamo in avanti, terribilmente negativi se guardiamo indietro. Ma questo fa parte della ristrutturazione che se completata, renderà nuovamente interessato il mercato. Il contemporaneo è sempre quello più dinamico ma si possono fare grandi investimenti come grandi perdite perchè parliamo di artisti che non sono storicizzati o hanno una tale notorietà».
Guido Candela, responsabile scientifico dell’Osservatorio sul mercato dei beni artistici di Nomisma
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MERCATO DELL’ARTE
Nuove leggi per l’antiquariato Molte gallerie chiudono a causa delle infinite lungaggini burocratiche e aprono all'estero. Ormai sono decine gli antiquari che si sono trasferiti nelle grandi capitali europee oppure a New York. Ne parla Giovanni Pratesi Elisa Fiocchi
a Federazione italiana mercanti d’arte ha chiesto norme sulla tutela e sulla libera circolazione dei beni artistici per fronteggiare la profonda crisi che sta attraversando il mercato dell’antiquariato. Tra il 2010 e il 2011, hanno chiuso 480 esercizi, pari al 20%, con dati allarmanti in Triveneto, Calabria e Sicilia che hanno perso il 50% delle attività. «Il mercato dell’arte è strettamente legato alle condizioni economiche generali – sostiene Giovanni Pratesi, presidente dell’Associazione antiquari d’Italia – e non mi pare di vedere all’orizzonte tempi migliori, nonostante l’ottimismo degli antiquari, che continuano con eroismo a tenere aperte le gallerie». Non va meglio nemmeno per le case d’aste, nove hanno chiuso i battenti tra Milano, Genova e Venezia, senza
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contare le tante gallerie che scelgono di spostare la propria attività all’estero. Quali scenari si configurano per il mercato interno dell’antiquariato nel 2012? «L’emorragia è destinata a estendersi. La sola possibilità che mi viene in mente è quella di aprire il mercato dell’arte italiano alla comunità europea, almeno per le opere con una soglia di valore da stabilire con il ministero, che parrebbe sensibile alla sopravvivenza di questo settore nel nostro paese». Come andrebbero riviste le regole sulle esportazioni per equiparare l’Italia agli obblighi degli altri paesi europei? «In Italia si continuano a fare leggi e decreti come se le condizioni del mercato dell’arte fossero quelle del 1902 o del 1939. Allora il nostro paese esportava capolavori che hanno
Giovanni Pratesi
In Italia si continuano a fare leggi e decreti come se le condizioni del mercato dell'arte fossero quelle del 1902 o del 1939
formato o arricchito i musei di mezzo mondo. Oggi agli Uffici esportazione vengono presentate povere opere smesse, ma con più di cinquanta anni, e molto raramente operette di un qualche pregio, che subito vengono fermate per approfondimenti. Le opere veramente importanti che si possono ammirare nelle gallerie degli antiquari, sono riportate in Italia dall’attività appassionata dei mercanti che, nelle grandi aste internazionali, riacquistano opere di arte italiana a suo tempo uscite dal nostro paese». E attraverso quali provvedimenti concreti si possono riformare altre regole del settore? «Attraverso un semplice regolamento: accettare l’opinione della commissione scientifica periferica, senza l’ulteriore controllo della commissione ministeriale, che è ciò che inceppa l’iter per ottenere l’attestato di libera circolazione. Ovviamente ci sono varie altre disfunzioni che abbiamo segnalato al segretario generale, Antonia Pasqua Recchia, nel corso di un colloquio lungo e fattivo che ci lascia sperare che talune criticità saranno risolte. Ma sappiamo bene quali difficoltà emergeranno dall’opposizione di chi detiene un piccolo centro di potere e ci tiene moltissimo a conservarlo». Quale impatto potrebbe avere sul mercato dell’arte il disegno di legge dell’ex ministro Giancarlo Galan per il contrasto dei
reati nei confronti del patrimonio culturale? «L’ex ministro e i suoi consiglieri ritengono che il commercio antiquario sia in mano ai tombaroli e ai ladri che si occupano di furti d’arte. Ritengo che per ovviare a questa mancanza di cognizione, le botteghe antiquarie superstiti dovrebbero essere visitate con più attenzione dai legislatori anche per rendersi conto a quanti e quali adempimenti ogni antiquario deve sottoporsi per svolgere una normale attività di commercio». La Biennale dell’Antiquariato che appuntamento rappresenta per il settore e con quale giro di affari? «È la mostra più antica al mondo, la prima edizione risale al 1959, insieme a Maastricht e Parigi è uno degli appuntamenti imperdibili per il collezionismo pubblico e privato. Non è possibile precisare il volume degli affari in quanto le trattative sono coperte dalla discrezione più assoluta. Sicuramente chi riserva i propri acquisti alla mostra di Palazzo Corsini, viene tutelato in tutte le forme: dalla provenienza delle opere, al loro stato di conservazione, all'attribuzione al maestro o alla scuola, dati che vengono verificati da una commissione scientifica formata dai maggiori storici italiani. Inoltre i titoli di lecita provenienza sono verificati dal riscontro dei Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio artistico».
In apertura, Giovanni Pratesi, presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia
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INFRASTRUTTURE
Grandi opere, dai progetti ai cantieri Non solo grandi reti. Secondo Luigi Schiavo, il termometro che misurerà il livello di competitività infrastrutturale del Veneto, terrà conto anche della capacità di costruire «una comunicazione di piccolo-medio cabotaggio efficiente e rapida» Giacomo Govoni
egli ultimi anni, i provvedimenti di riequilibrio dei conti pubblici hanno regolarmente sacrificato le spese in conto capitale. A risentirne di più, guardando all’elaborazione Ance sulla legge di stabilità 2012, sono stati in particolare gli stanziamenti per nuove infrastrutture, ridotti nel 2012 del 19,3% a livello nazionale. Per quanto riguarda il Veneto, a compensare parzialmente ci ha pensato il Cipe,
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che l’anno passato ha deliberato il finanziamento di due grandi opere: 706 milioni di euro per la prosecuzione dei lavori del progetto Mose di Venezia e 920 milioni per il tratto Treviglio-Brescia della linea ad alta velocità Milano-Verona. E anche il 2012, si è aperto con l’assegnazione di ulteriori risorse. «Dopo una lunga attesa – spiega Luigi Schiavo, presidente dei costruttori veneti – il Cipe ha sbloccato 353 milioni di fondi Fas 2007-2013, a cui vanno aggiunti 171 milioni di fondi strutturali europei». Oltre 500 milioni di euro a disposizione del rilancio infrastrutturale veneto. Come saranno impiegati, anche nell’interesse dei costruttori? «Dai capitoli di spesa una buona parte di questi fondi interesserà l’edilizia scolastica, la mitigazione del rischio idrogeologico, attività manutentive di opere ed edifici. Il settore
delle costruzioni è quindi sufficientemente interessato. Adesso, però, occorre recuperare il tempo perso e individuare e implementare i progetti in tempi rapidi». Ciò non toglie che nell'ultimo quadriennio gli investimenti pubblici per infrastrutture in Veneto si siano pressoché dimezzati. «La drastica riduzione delle gare pubbliche ha riguardato in primo luogo i piccoli investimenti, quelli dei Comuni per la viabilità, per l’edilizia scolastica, le ristrutturazioni e la manutenzione della città. Il paradosso è che il calo dei lavori non dipende, in molti casi, dalla mancanza di risorse. In Veneto, in particolare, molti Comuni hanno soldi in cassa, ma non possono spenderli a causa dei vincoli del patto di stabilità interna, che colpisce in modo lineare e indiscriminato tutti gli enti locali. La sola
Luigi Schiavo
regione Veneto ha una disponibilità di 1,3 miliardi. Per questo da tempo chiediamo una modifica più equa dei vincoli del patto di stabilità, che tenga conto della virtuosità dell’ente». Quali sono gli sviluppi del tavolo sull’alta velocità Milano-Venezia che state sperimentando insieme a Confindustria e alla regione Veneto? «Nel giro di qualche settimana sarà pronta la bozza del piano finanziario su cui si baserà il project financing. Abbiamo seguito il modello della Tgv Tours-Bordeaux, primo grande esempio di project per l’alta velocità ferroviaria che prevede una suddivisione a metà tra investimenti pubblici e privati, con il coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti, della locale Cassa depositi e prestiti, ma anche di Comuni ed enti locali intermedi. Consegneremo la bozza alla Regione perché la presenti quanto prima al governo». Quanto migliorerebbe il traffico verso l’estero dei prodotti veneti a fronte di un adeguamento infrastrutturale? «Il Veneto è attraversato da due
corridoi trans europei di grande importanza: uno estovest e uno nord-sud. Potenzialmente il nord-est si pone come uno degli snodi principali dei grandi flussi europei, proiettandosi verso i Paesi dell’Europa dell’est, ma anche nella direzione del vicino Oriente e della Cina, grazie ai porti di Venezia e Trieste. Dotarsi di un sistema infrastrutturale adeguato, fatto non soltanto da grandi reti, ma anche di una comunicazione di piccolo-medio cabotaggio efficiente e rapida, misurerà nei prossimi anni la nostra capacità di competere». Di recente ha esortato il presidente di Confindustria di Squinzi ad affidare la delega alle infrastrutture a una figura di spessore del mondo Ance: che importanza avrebbe un segnale di questo genere? «Gli investimenti in infrastrutture e costruzioni rappresentano la principale strategia anticrisi. Grazie alla sua lunga filiera, ogni euro investito nel nostro settore ne genera 2,5 nel medio termine. Questo è “il moltiplicatore keynesiano” che
analisti ed esperti economici conoscono bene. Il nostro Paese, oltretutto, ha “fame” di investimenti. Attribuire una delega per le infrastrutture a un rappresentante dell’Ance significherebbe lanciare un messaggio chiaro sull’agenda delle politiche economiche di questo Paese. Mi pare che Squinzi, che conosce molte bene il settore, anche dalla prime dichiarazioni ne sia comunque più che consapevole». Cosa manca per soddisfare il fabbisogno infrastrutturale delle nostre regioni? «Scontiamo ritardi nella costruzione di una rete infrastrutturale al passo con i nostri obiettivi di competizione internazionale. Le nostre città hanno bisogno di manutenzione costante e un piano straordinario di riqualificazione che recuperi il tessuto urbano anche dal punto di vista di una certa funzionalità sociale, della mobilità e della qualità del vivere, correggendo la miopia della pianificazione fatta dai Comuni nel passato. Proprio questa è la ratio affidata al recente Piano per le città».
In apertura, Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto
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INFRASTRUTTURE
Agganciare i binari della competitività La marcia verso una compiuta intermodalità dell’apparato infrastrutturale veneto, ben attrezzato dal punto di vista stradale e portuale, passa per il potenziamento del traffico merci su rotaia. L’analisi di Renato Chisso Giacomo Govoni na dotazione infrastrutturale nel complesso superiore a quella delle altre regioni del Nordest, ma con una distribuzione della rete ferroviaria sottodimensionata e disomogenea sul territorio. Il tallone d’Achille del sistema logistico e dei trasporti veneto, rilevato l’anno scorso dallo studio dell’Istituto Tagliacarne, è lo stesso su cui l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla logistica Renato Chisso si batte oggi con più forza. «Senza l’alta capacità ferroviaria – spiega – le grida di quanti chiedono di spostare traffico merci da strada a rotaia, che spesso coincidono con chi si oppone alla nuova ferrovia chiamandola Tav, sono destinate a spegnersi. Mentre noi ne abbiamo davvero bisogno». Eppure di recente l’abbiamo sentita esprimere il suo scetticismo rispetto alla realizzazione della tratta ad alta velocità Verona-Padova. «Non ho alcun scetticismo
U A destra, Renato Chisso, assessore alle politiche della mobilità e infrastrutture della regione Veneto
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circa il fatto che l’alta capacità ferroviaria sulla direttrice estovest, cioè dentro il corridoio V, si debba fare: da Verona a Padova e da Mestre al confine orientale, oltre che verso ovest, cioè verso la Francia, la Spagna e il Portogallo. Mi intestardisco tuttavia a chiamarla alta capacità ferroviaria, perché il termine è fuorviante politicamente ma, soprattutto, sostanzialmente scorretto: ci serve un’altra coppia di binari che attraversi il Nord Italia soprattutto in funzione del trasporto merci e dell’intermodalità». Quali sono i nodi più difficili da sciogliere e che tempi si prevedono, al netto degli ostacoli? «Il problema principale riguarda il finanziamento dell’opera poiché i soldi necessari sono oggi difficili da reperire solo da parte pubblica, mentre i ritorni sono di lungo periodo. Il Veneto su questo punto ha una carta in più, data dalla disponibilità del sistema privato di sostenere una quota dell’inve-
stimento necessario: un fatto che già di per sé rende più appetibile per la parte pubblica reperire le risorse finanziarie. Altre problematiche sono, invece, legate alle procedure e ai vincoli di varia natura che riguardano le grandi infrastrutture, che in Italia ne rendono la realizzazione comunque più lenta e, dunque, più costosa che in altri Paesi». Quanto alla rete stradale, lo scorso febbraio avete aperto il bando per la costruzione dell’autostrada regionale Nogara-Mare Adriatico. Che novità ci sono e qual è la rilevanza strategica di quest’opera? «La Nogara-Mare è una delle opere strategiche regionali che servono al territorio per dare fiato allo sviluppo e compensare il gap esistente con il resto d’Italia e soprattutto con le altre regioni europee economicamente avanzate. Sono arrivate più proposte concorrenti e dovremmo avere presto delle novità, con l’ipotesi di avviare concretamente i lavori all’ini-
Renato Chisso
L’Alto Adriatico si propone oggi come terminal competitivo e naturale, attraverso Suez, per l’Europa centrale e dell’est
zio del 2013. Questa arteria “sbottiglia” il basso Veneto, collegandosi peraltro con altre autostrade quali la Valdastico Sud, la Bologna-Padova e la futura Nuova Romea, fornendo un itinerario parallelo e molto permeabile al grande asse dell’A4, della quale può diventare anche supporto e alternativa rispetto al cuore della pianura padana». Al momento l’alta velocità ferroviaria taglia fuori una
“capitale” industriale come Vicenza. Come vi state adoperando per dotarla delle infrastrutture che merita e quali costi richiederebbe? «Un sistema ferroviario ha senso per le economie che riesce a sviluppare e sostenere. Il sistema economico di Vicenza, tra le prime tre province più industrializzate d’Italia, ha dimostrato con i numeri e il sostegno alla progettazione di una nuova stazione nell’area della Fiera, la
convenienza della fermata e l’esistenza di un bacino d’utenza redditizio per il trasporto ferroviario ad alta velocità, anche in termini di trasporto merci. La necessaria infrastruttura avrebbe un costo complessivo previsto di circa 900 milioni di euro e sarebbe realizzabile in 6 anni. Un bel risparmio rispetto ai 1.400 milioni ipotizzati a suo tempo per una nuova sta-
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INFRASTRUTTURE
zione sotterranea all’altezza di dell’intensificazione dei traf- Veneto è un cantiere aperto, quella storica. Ricordo, peraltro, che il progetto di massima del tracciato dell’alta velocità tra Verona e Padova è già stato approvato dal Cipe nel marzo 2006 e che questa iniziativa rappresenterebbe la chiusura della “seconda” fase prevista allora». Sulla scia di un supply chain marittimo che lo vede dominare sull’Adriatico, quali carte può sfoderare il Porto di Venezia per raccogliere le sfide competitive che arrivano dal Nord Europa? «Nel suo complesso, l’Alto Adriatico si propone oggi come terminal competitivo e naturale, attraverso Suez, per l’Europa centrale e dell’est nei suoi scambi economici con il resto del mondo. A fronte di questa opportunità, noi abbiamo due obiettivi. Il primo è realizzare concretamente e in maniera coordinata una rete portuale che comprenda tutti gli scali dell’Adriatico del nord, per essere all’altezza
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fici mondiali marittimi. Il secondo obiettivo è il porto veneziano off shore, capace di soddisfare le esigenze delle grandi navi giramondo e di ridurre le rotture di carico, grazie anche al sistema idroviario padano veneto che collega la laguna di Venezia con la parte meridionale della Lombardia. Aggiungo un obiettivo altrettanto importante, su cui abbiamo già iniziato a operare, che è quello di migliorare il collegamento tra il porto veneziano e le grandi infrastrutture di trasporto via terra». Secondo un calcolo dell’osservatorio Nimby, più della metà delle proteste contro le opere giunte dal Nord Est nel 2011, sono di marca veneta. Quanto le “voci del no” metteranno a repentaglio in futuro la realizzazione di importanti infrastrutture? «Nel prendere atto di questo fatto, del resto ovvio visto che in campo infrastrutturale il
ricordo che siamo in deficit di opere trasportistiche sia su scala nazionale che rispetto a regioni europee di importanza economica pari alla nostra, dove le opere si sono fatte, si stanno facendo e si faranno. Ogni opera è una ferita per il territorio, ma spesso agli interessi legittimi di molti cittadini si aggiungono i no di carattere politico, di quanti sperano che restare indietro dia una sorta di “rendita elettorale”. Devo dire però che nel nostro Veneto abbiamo avuto e abbiamo anche tanti “comitati per il sì” sulle tantissime opere necessarie alla comunità locale e all’economia regionale. Il mio invito è quello di sempre: non possiamo permetterci di non fare. Discutiamone per fare meglio, anzi in maniera ottimale. Aggiungo che quanti in passato si sono opposti a gran voce al passante di Mestre oggi lo usano spesso: perché serviva e serve».
INFRASTRUTTURE
Guadagnare il centro della ribalta europea Inserirsi nelle traiettorie dei traffici internazionali rappresenta una mossa decisiva per «una grande città policentrica come la nostra Venezia metropolitana». Lo sguardo di Luigi Brugnaro sul sistema infrastrutturale della Laguna Giacomo Govoni l mese scorso l’autorità portuale di Venezia ha illustrato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i progetti di sviluppo dello scalo lagunare. In quell’occasione, è stata presentata la piattaforma in acque profonde in grado di rendere l’operatività del Porto di Venezia perfettamente concorrenziale con gli scali del nord Europa. «Il progetto della nuova piattaforma offshore – commenta Luigi Brugnaro, presidente di Confindustria Venezia – è strategico per intercettare nuovi volumi di traffico da dirottare in Adriatico». Quali altri interventi concorrerebbero a consolidare Venezia quale snodo primario nella rete dei corridoi di tra-
I Sopra, Luigi Brugnaro, presidente di Confindustria Venezia
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sporto transeuropei? «Oltre alla piattaforma, il district container e un’efficiente viabilità in entrata e in uscita dal porto, in collegamento con la Romea commerciale e in raccordo con il passante. Una questione infrastrutturale fondamentale riguarda Porto Marghera, dove si legano enormi professionalità ed esperienze: dalla manifattura tradizionale all’industria d’alto valore aggiunto, dall’informatica alla ricerca fino all’innovazione tecnologica. Da questo grande polo affacciato sull’acqua bisogna ripartire per una nuova crescita tenendo conto, inoltre, dei nuovi traffici legati allo sviluppo della piattaforma logistica dell’interporto nonché al futuro terminal delle autostrade del mare
di Fusina». A proposito di Porto Marghera, poche settimane fa ha speso parole dure circa lo scarso coinvolgimento degli imprenditori nella questione delle bonifiche. Cosa lamenta in particolare? «Noi esprimiamo apprezzamento per l’accordo di programma sottoscritto, tuttavia, il giudizio resta sospeso per quella parte che dev’essere ancora espressa in regolamenti, protocolli, tariffe, procedure, tempistiche e quant’altro serva per assicurarne il pieno funzionamento. Rimaniamo a completa disposizione per essere coinvolti nella definizione di queste modalità operative, nella convinzione che solo questi pas-
Luigi Brugnaro
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Sarà importante sostenere la realizzazione di nuove opere capaci di aprire Venezia al Nordest e, al contempo, di porla al centro dei traffici internazionali
saggi renderanno davvero concreto il recupero e il rilancio ambientale e produttivo di Porto Marghera, asset decisivo dell’economia locale e non, che da tempo chiede una svolta». Il reticolato logistico di Venezia, tuttavia, non si avvale solo dei terminali sull’acqua. Quali altri collegamenti, compresi quelli su ferro e su gomma, giudica fondamentali per il territorio? «Per una grande città policentrica come la nostra Venezia metropolitana, sarà importante sostenere la realizzazione di nuove opere capaci di aprirla al Nordest e, al contempo, di porla al centro dei traffici internazionali: in questo senso è assolutamente decisivo credere nel corridoio europeo 5 Lisbona-Kiev. Le opere fondamentali per la competitività di questo territorio sono il completamento del Mose con il sistema delle paratoie alle bocche di porto per la salvaguardia, la linea ferroviaria di alta velocità e capacità per le persone e le merci
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e la metropolitana di superficie con i treni ad alta frequenza. A cui vanno aggiunte la dorsale Mestre-Orte, nota come Romea commerciale, la terza corsia sulla Venezia-Trieste, l’autostrada del mare Meolo-Jesolo, i caselli sul Passante a Cappella e PianigaDolo e un nuovo collegamento ferroviario con Chioggia». Nella mappa delle opere importanti per lo sviluppo commerciale veneziano e regionale, spicca il polo logistico di Dogaletto. Quanto lo considera importante per dare impulso al “supply chain” lagunare? «Ogni investimento teso a valorizzare l’attività logistica negli scali portuali è importante e va sostenuto. Nel caso specifico, non tutti gli elementi della proposta in discussione sono chiari per cui sono necessarie alcune verifiche in forza delle quali appare prematuro esprimersi. Sarà inoltre importante puntare con convinzione sul gioco di squadra con gli altri scali vicini, per raf-
forzare la capacità attrattiva». A livello istituzionale, quali provvedimenti in tema di crescita infrastrutturale saluterebbe con favore? Alcuni significativi passi avanti sono stati fatti e bisogna continuare sul percorso intrapreso: si pensi, ad esempio, al Passante, destinato a diventare sempre più il nuovo raccordo anulare della Venezia metropolitana, che ha permesso al traffico di bypassare il nodo di Mestre, rilanciando la sinergia tra i territori con ricadute positive. Sarà importante eliminare le lungaggini di una burocrazia che troppo spesso si è messa di traverso sulla via dello sviluppo e della ripresa economica. E, soprattutto, far partecipare gli imprenditori e tutte le forze produttive della società a una programmazione e una definizione coordinata delle condizioni concrete degli interventi, affinché il coinvolgimento sia effettivo e non solo di avallo a soluzioni già preconfezionate». VENETO 2012 • DOSSIER • 163
SICUREZZA E TERRITORIO
Progettazione integrata contro il rischio idraulico In questi anni sono state numerose le calamità naturali che hanno colpito le regioni italiane. Per evitare il ripetersi di questi eventi è indispensabile attuare una politica di prevenzione, con azioni mirate per la messa in sicurezza del territorio. Il punto di Sergio Fattorelli Guido Puopolo
Italia è uno dei Paesi più esposti al cosiddetto rischio idraulico. Esondazioni di fiumi e torrenti, frane e smottamenti sono eventi calamitosi che purtroppo si ripetono ormai ciclicamente sul nostro territorio, causando ingentissimi danni, sia diretti che
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Il Consiglio di Amministrazione di BETA Studio Srl. Da sinistra l’ingegner Enrico Frank, il professore ingegnere Sergio Fattorelli (Presidente), l’ingegner Massimo Coccato e la dottoressa Lorena Rossi (Amministratore Delegato)
indiretti, a persone e beni, con conseguenze drammatiche anche per il tessuto economico e produttivo nazionale. Oggi esistono però i mezzi e gli 166 • DOSSIER • VENETO 2012
strumenti per prevenire, o quanto meno limitare, i fattori di rischio alla base di questi avvenimenti. Tra gli interventi che è possibile mettere in atto, ad esempio, si stanno sempre più diffondendo le casse d’espansione: opere che, poste a monte delle zone da proteggere, permettono di accumulare temporaneamente, in caso di piena, parte delle acque dei fiumi, riducendo di conseguenza i pericoli per il territorio a valle. «Un esempio di questo indirizzo - spiega l’ingegner Sergio Fattorelli, Presidente della società di ingegneria padovana BETA Studio - è quello adottato dalla Regione Veneto che, a seguito del disastroso evento di piena del novembre 2010, ha individuato proprio nella realizzazione di undici casse d’espansione gli interventi prioritari per la messa in sicurezza del territorio colpito dall’alluvione». BETA Studio, che dal 1977 fornisce
consulenza e servizi tecnici nell’ambito delle discipline inerenti alla tutela, pianificazione e gestione delle risorse idriche e naturali, è infatti tra le protagoniste di questo piano di lavoro, avendo progettato le casse d’espansione sul torrente Timonchio a Caldogno e sul fiume Agno-Guà, nei comuni di Trissino e Arzignano, per la messa in sicurezza del territorio vicentino. «La progettazione di tali opere non è priva di difficoltà, in considerazione della multidisciplinarietà degli aspetti coinvolti, che spaziano da quelli propriamente idraulici e strutturali a quelli socio-economici, ambientali e urbanistici», sottolinea il professor Fattorelli. «Tali elementi, anche in virtù della necessità della condivisione dell’intervento da parte delle popolazioni interessate, impongono l’adozione di specifiche scelte progettuali, al fine non solo di minimizzare
Sergio Fattorelli
gli impatti, ma anche di valorizzare l’integrazione con lo stato dei luoghi, favorendo così la riqualificazione ambientale dell’area su cui insistono». Per affrontare e risolvere queste problematiche, BETA Studio ha potuto contare non solo sull’esperienza maturata nella progettazione di interventi analoghi in differenti regioni, tra cui l’Abruzzo, la Lombardia il Friuli e il Trentino Alto Adige, ma anche su un background tecnologico e informatico di altissimo livello che, negli anni, ha permesso alla Società di assumere e mantenere una posizione di leadership nelle consulenze in materia di risorse idriche e nella progettazione di opere di ingegneria idraulica. «Tra gli aspetti più delicati nella progettazione delle casse d’espansione vi è infatti quello del loro corretto dimensionamento idrologicoidraulico, indispensabile per
La Regione Veneto ha individuato nella realizzazione di undici casse d’espansione gli interventi prioritari per la messa in sicurezza del territorio
assicurarne un funzionamento ottimale in occasione del verificarsi degli eventi calamitosi. In aggiunta al know-how specialistico acquisito da BETA Studio in 35 anni di attività, la Società si avvale di una tecnologia d’avanguardia - come per esempio la modellistica idrologica e idraulica, le informazioni telerilevate quali il laseraltimetro e il remote sensig che consente la simulazione del funzionamento delle opere progettate, la verifica dei vantaggi a valle in termini di drastica riduzione dell’estensione e frequenza degli allagamenti, l’analisi dei costi e dei benefici, il loro corretto inserimento nel contesto ambientale e territoriale». Come accennato in precedenza, un aspetto di grande ri-
levanza riguardante la realizzazione di casse d’espansione è relativo all’inserimento di tali opere in un determinato contesto ambientale. «La presenza in BETA Studio di un gruppo interdisciplinare, che spazia dalle competenze ingegneristiche a quelle geologiche, forestali, agronomiche e naturalistiche, ha consentito di prevedere interventi di riqualificazione, compatibili con la funzionalità idraulica della cassa. Il nostro obiettivo, infatti – conclude il Presidente –, è quello di creare, anche attraverso un mirato modellamento del terreno all’interno dell’opera, una buona varietà di habitat che possa arricchire la biodiversità faunistica e incrementarne il valore paesaggistico e le opportunità ricreative del territorio».
Qui sopra, la cassa di espansione realizzata da BETA Studio sul torrente Agno-Guà, nel comune di Trissino (VI) e, a fianco, lavori per la sistemazione idraulica del torrente Uque a Ugovizza (UD)
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EDILIZIA
Chi sceglie di “delocalizzare” restando in Italia L’esperienza di tre imprenditori che hanno portato la loro capacità di fare edilizia pubblica e privata fuori dalla regione di origine. Una case history che sfata molti pregiudizi sull’efficienza produttiva delle imprese meridionali. La parola a Gennaro Longo Valerio Germanico
rano gli anni Cinquanta e Sessanta quando dal Meridione d’Italia si partiva per andare a lavorare nel grande Nord industrializzato. Oggi molte delle distanze che un tempo dividevano le due aree del paese si sono certamente accorciate, altre invece sono rimaste le stesse. Tanto che dalla metà degli anni Novanta il fenomeno, seppure con forme e dimensioni sostanzialmente
E
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diverse, è ripreso. Oggi succede però anche qualcosa di nuovo. A lasciare la terra natia non sono più soltanto le persone, bensì anche le imprese. Queste, continuando a vedere ignorato il proprio merito nel territorio di origine, sono costrette ad abbandonarlo per trasferirsi in regioni in cui il tessuto economico e sociale è capace di apprezzare la qualità del lavoro e dove queste imprese riescono finalmente a otte-
nere un premio alla propria eccellenza. Un caso esemplare è quello della Elle Due Costruzioni – impresa edile dei fratelli Gennaro, Domenico e Pasqualino Longo, tutti e tre soci e amministratori della società – che ha lasciato la Calabria per trasferire la sede a Dueville, in provincia di Vicenza. Quali sono state le ragioni che vi hanno spinto a cambiare regione, soprattutto in un momento diffi-
Gennaro Longo
Stiamo realizzando i cinque nuovi pontili di imbarco per l’aeroporto di Bologna
cile come quello che sta attraversando l’industria delle costruzioni? «La Calabria si trovava già in difficoltà prima dell’inizio della crisi economica. Adesso, quella che in altre realtà è crisi, lì è diventata povertà. Il tessuto produttivo è totalmente immobile, da parte delle istituzioni locali non arrivano incentivi per favorire la cultura del lavoro – gli stessi lavori già eseguiti vengono pagati dopo molti anni –, gli istituti di credito non erogano credito per le imprese. Prevedendo che la situazione potesse soltanto peggiorare col tempo, nel 2008 abbiamo raccolto le nostre forze e abbiamo deciso di provare a ricominciare in un altro contesto. In questo, anche dal punto di vista economico, abbiamo avuto pochissimi sostegni, perché eravamo visti
dalle banche come un’impresa giovane e quindi con poche garanzie». In base a quali criteri avete scelto di collocare la società proprio in Veneto? «Abbiamo considerato quali potevano essere i territori con le maggiori opportunità e li abbiamo individuati nelle regioni del Triveneto e in Emilia Romagna. Queste sono regioni dove viene apprezzata la serietà del lavoro e si vedono riconosciuti i propri meriti, anche dalle istituzioni locali. Certamente all’inizio, qui a Dueville, abbiamo riscontrato una certa diffidenza, ma col tempo abbiamo potuto dimostrare le nostre capacità e ci siamo scrollati di dosso i pregiudizi che inevitabilmente accompagnano noi meridionali quando ci spostiamo al Nord». Quali sono stati gli ultimi
Gennaro Longo, socio e amministratore di Elle Due Costruzioni Srl di Dueville (VI) Nelle altre immagini interventi eseguiti presso l’aeroporto G. Marconi (BO) www.elleduecostruzionisrl.it
lavori più importanti e in questo momento in quali lavori siete impegnati? «Fra i lavori recenti, uno dei più importanti è stato ultimato a novembre 2011 in Calabria, a Lamezia Terme, dove abbiamo realizzato il parcheggio dell’aeroporto – un lavoro con un importo di circa un milione di euro – e in seguito abbiamo anche fatto dei lavori di cavidotto all’interno della pista. Sempre per quanto riguarda i lavori aeroportuali, attualmente stiamo lavorando presso l’ae-
EDILIZIA
A Dueville stiamo costruendo la nuova tenenza dei carabinieri, una struttura che si svilupperà su un’area di circa 4.200 mq
roporto Guglielmo Marconi costruendo la nuova tenenza di Bologna, dove stiamo realizzando i cinque nuovi pontili di imbarco che permetteranno l’accesso agli aeromobili direttamente dai terminal. Si tratta di strutture già presenti in grandi aeroporti come quello di Malpensa, Venezia e Fiumicino. Il progetto è stato studiato in maniera tale che, una volta ultimati i lavori, non si noterà alcuna discontinuità nell’aspetto delle facciate esistenti a vetrate continue: le nuove strutture risulteranno perfettamente integrate nello stile architettonico attuale». Quali lavori state realizzando in Veneto invece? «Proprio qui a Dueville stiamo
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dei carabinieri, con residenza annessa. Il complesso si svilupperà su un’area di circa 4.200 metri quadrati, con un costo complessivo dell’opera di quasi 2,5 milioni di euro. Il progetto è finanziato dal ministero della Difesa, da fondi della Regione Veneto e dai Comuni di Dueville, Monticello Conte Otto, Caldogno, Montecchio Precalcino e Costabissara. Questa struttura, infatti, rappresenterà un grande presidio in un’area nella quale esiste attualmente soltanto una piccola caserma alla quale fanno riferimento più di 45mila abitanti. Sarà dunque un’opera strategica per questo territorio e verrà completata entro luglio 2013».
Cosa ha permesso alla vostra impresa di aggiudicarsi questi bandi aeroportuali e un’opera nel settore sicurezza? «Trattandosi di lavori pubblici, naturalmente è stata importante la nostra capacità di gestire la gara, con un’offerta – adeguata nel rapporto fra costi e qualità – tale da permetterci di ottenere l’appalto. Naturalmente siamo stati sottoposti a numerosi controlli per verificare il nostro metodo di lavoro, la nostra puntualità e attenzione alle norme di sicurezza. Soprattutto nel caso dell’aeroporto di Bologna, il nostro lavoro è stato seguito dalla direzione in maniera scrupolosa, ma anche cordiale». Dopo i terremoti delle ultime settimane, in Emilia si è aperta la questione della sicurezza delle strutture produttive. Qual è la sua opinione in merito, c’è stata una sottovalutazione
Gennaro Longo
LE COSTRUZIONI, UNA VOCAZIONE DI FAMIGLIA a Elle Due Costruzioni ha le sue origini nella ditta artigianale fondata da Francesco Longo a Lamezia Terme nel 1980. La svolta inizia nel 2005, con la partecipazione ai primi appalti pubblici, per poi completarsi tre anni dopo con l’ingresso nella società dei tre figli, Gennaro, Domenico e Pasqualino. Questi danno all’impresa un taglio eclettico, che consente loro di lavorare in più settori dell’edilizia: dal privato al pubblico, dal residenziale al multifunzionale, dalla ristrutturazione alla nuova edilizia. Inoltre sono stati gli arte-
L
del problema? «L’impressione che si ha dall’esterno è certamente quella di una sottovalutazione del problema sismico, sia da parte dei committenti, sia dei costruttori, sia degli organi di controllo. In realtà credo che cercare delle colpe in generale sia sbagliato, anche perché fra i crolli vi sono edifici con coperture in eternit, che certamente non potevano essere costruzioni recenti. Credo che il vero problema sia stato determinato dal fatto che nessuno si aspettava un terremoto in quell’area geografica e quindi si riteneva di
fici del passo più importante per l’azienda: lo spostamento della sede in Veneto, a Dueville (VI). La ricollocazione territoriale ha dato un nuovo slancio all’attività dell’impresa, che nel Nord Italia è riuscita a esprimere tutto il proprio potenziale, aggiudicandosi gare d’appalto per la realizzazione di grandi opere pubbliche. Oggi i tre fratelli, tutti e tre soci e amministratori, gestiscono gli interessi dell’impresa in territori diversi: Gennaro in Veneto, Domenico lavora a Bologna, mentre Pasqualino segue le gare d’appalto in Calabria.
costruire nel migliore dei modi. Adesso però, per la ricostruzione, si dovranno ripensare sia la progettazione sia l’esecuzione. E soprattutto per quanto riguarda le opere pubbliche, dovranno essere messe in campo nuove e maggiori risorse. Perché è impensabile che la corsa al ribasso per aggiudicarsi gli appalti non porti con sé anche problemi sulla qualità di materiali ed esecuzione dei lavori. Noi facciamo lavori pubblici da dieci anni e non abbiamo mai subito contestazioni, però il panorama complessivo non è certamente esemplifi-
cato dalla nostra condotta». Nei prossimi mesi, quali cantieri avvierete? «L’appalto pubblico che ci siamo già aggiudicati, e di cui prossimamente partiranno i lavori, riguarda un importante restauro a Tesero, in provincia di Trento. Qui eseguiremo la ristrutturazione di Casa Jellici, che verrà adibita in parte a mostra permanente di presepi e in parte a uso Biblioteca. Si tratta di un progetto molto importante, sia per la qualità dell’intervento su un edificio storico, unico nella Val di Fiemme, sia per la particolarità del contesto paesaggistico e socioeconomico trentino. Inoltre, nell’ambito privato, stiamo realizzando il progetto di un elegante complesso residenziale a Jesolo, in località Cortellazzo. Qui costruiremo ampie unità indipendenti caratterizzate da un omogeneo studio delle forme e dei materiali».
In basso, progetto per un complesso residenziale (Jesolo)
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GESTIONE RIFIUTI
Educare alla raccolta differenziata La diffusione delle “buone pratiche” in materia ambientale non può prescindere dal coinvolgimento attivo della cittadinanza e, soprattutto, delle nuove generazioni. Ne parliamo con Pietro Caucchioli e Maurizio Barbati Diego Bandini
l Veneto è una delle regioni più virtuose in Italia per quel che riguarda le attività di raccolta differenziata dei rifiuti. Secondo un’apposita classifica stilata da Ecosportello Rifiuti, lo sportello informativo di Legambiente per le pubbliche amministrazioni, nel 2011 ben il 65,6 per cento dei comuni presenti sul territorio regionale ha infatti raggiunto la quota del 60 per cento di raccolta differenziata. Un risultato di assoluto rilievo, reso possibile grazie anche all’azione diretta di realtà come Esa-Com, società a
I
In alto Pietro Caucchioli, presidente del Consiglio di Amministrazione della Esa-Com Spa di Nogara (VR). Qui sotto il direttore generale della società, Maurizio Barbati www.esacom.it
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capitale pubblico fondata nel 2000 e affidataria, in “house providing”, dei servizi di raccolta differenziata per conto di numerosi comuni della provincia veronese. «In questi anni sono stati fatti passi da gigante verso la creazione di un ciclo virtuoso della gestione dei rifiuti. Siamo orgogliosi del fatto che tutti i comuni da noi serviti abbiano superato abbondantemente il limite del 65 per cento di raccolta differenziata imposto dalla normativa attuale, meritandosi sul campo l’appellativo di “comuni ricicloni”». A parlare è il presidente di Esa-Com, Pietro Caucchioli, ex ciclista professionista che, dopo aver ottenuto prestigiosi risultati in campo sportivo, tra cui un terzo posto al Giro d’Italia del 2002, ha deciso di dedicarsi anima e corpo a questa nuova avventura, coadiuvato dal direttore generale della società, Maurizio Barbati. Affinché il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti porti a risultati concreti è indispensabile la
collaborazione attiva dei cittadini. Avete notato in questi ultimi anni un aumento della “sensibilità ambientale” da parte della popolazione? PIETRO CAUCCHIOLI «Oltre a studiare continuamente le metodologie e i modelli di raccolta migliori per ogni singolo Comune, abbiamo investito molto sugli incontri con i cittadini, organizzando serate in tutti i territori comunali, per diffondere la nostra filosofia di salvaguardia ambientale. Devo dire che la gente sta rispondendo in maniera davvero lodevole, come testimoniato anche dai continui aumenti delle percentuali di rifiuti raccolti. Dal contatto diretto con l’utenza, inoltre, ricaviamo costantemente spunti e suggerimenti per migliorare ulteriormente il lavoro». Esa-Com è molto attenta
Pietro Caucchioli e Maurizio Barbati
anche all’educazione dei più piccoli. Quali azioni avete intrapreso a proposito? P.C. «Già da diverso tempo ci rechiamo nelle scuole elementari per incontrare gli alunni. A partire da quest’anno abbiamo inoltre allestito uno spettacolo teatrale di burattini, realizzato in collaborazione con Il Centro Teatrale Corniani di Mantova, dal titolo “Lino il Topolino coraggioso”: una “fiaba ecologica”, scritta e diretta da Maurizio Corniani. Tale iniziativa ha riscosso un enorme successo tra i bambini, tanto che le maestre stesse hanno potuto constatare come gli studenti, oltre ad essere coinvolti dallo spettacolo, si dimostrano molto
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Abbiamo investito molto sugli incontri con i cittadini, organizzando serate in tutti i territori comunali, per diffondere la nostra filosofia di salvaguardia ambientale
partecipi e sensibili quando si parla d’inquinamento e di tematiche inerenti alla tutela ambientale». Quali sono al momento i Comuni che usufruiscono
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dei servizi offerti da EsaCom? MAURIZIO BARBATI «Ad oggi i comuni che usufruiscono dei servizi ESA-Com sono 19: Vigasio, Nogara, Nogarole Rocca, Salizzole, Roverchiara, San Pietro di Morubio, Gazzo Veronese, Sorgà, Trevenzuolo, Terrazzo, Oppeano, Belfiore, Erbè, Angari, Casaleone, Concamarise, Palù, Isola della Scala e Isola Rizza, per un totale di circa 85.000 abitanti serviti. Abbiamo poi una trattativa ben avviata con il Comune di Bovolone, che dovrebbe portare alla fusione di ESACom con la società Bovolone Attiva, con un’operazione che ci permetterebbe di rag- ❯❯ VENETO 2012 • DOSSIER • 179
GESTIONE RIFIUTI
❯❯ giungere i 100.000 abitanti». viti in-house da un’unica so- cente, inoltre, abbiamo provPensate in futuro ampliare il vostro raggio d’azione, allargando la compagine con l’ingresso di nuovi soci? M.B. «Il quadro normativo in materia di rifiuti oggi è veramente complesso, e forse nemmeno chi l’ha delineato è consapevole di ciò. Per questo stiamo seguendo un percorso, condiviso da quasi tutti i Sindaci della Bassa Veronese, che dovrebbe portare alla fusione delle diverse società presenti sul territorio, con un bacino di utenza di oltre 250.000 abitanti, ser-
cietà, che dovrà avere tutte le caratteristiche del modello amministrativo di ESA-Com. Tale operazione permetterà di ottimizzare i servizi e abbassare così i costi generali di gestione». Oltre ai servizi di raccolta differenziata, quali altre attività svolgete per conto dei Comuni soci? M.B. «La raccolta differenziata rappresenta ancora il nostro core business. A questa abbiamo affiancato altre attività complementari, come la gestione degli Eco Centri e lo spazzamento stradale. Di re-
veduto all’acquisizione di Gielle Ambiente, azienda specializzata nello spurgo dei pozzi neri e nelle pulizie delle caditoie stradali». Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a effettuare questo investimento? P.C. «Gielle Ambiente è specializzata non soltanto nel campo della pulizia fognaria e della salubrità urbana, ma anche nell’intermediazione e nella raccolta di rifiuti assimilati e speciali, un ambito per noi molto interessante. L’acquisto di Gielle Ambiente si è reso indispensa-
Il progetto “Eco Festa” Un’iniziativa dall’alto valore simbolico ed educativo, ma capace di produrre risultati davvero significativi, anche da un punto di vista economico. Stiamo parlando del progetto “Eco Festa”, inaugurato nel 2010 e promosso dal Consorzio per lo sviluppo del Basso veronese, col decisivo supporto di ESA-Com. «L’obiettivo è quello di dare un’impronta ecologica alle feste e alle sagre che periodicamente si svolgono sul territorio, incentivando l'utilizzo di stoviglie riciclabili, compostabili o lavabili e la raccolta differenziata», racconta Caucchioli. «La prima sperimentazione è avvenuta alla “Festa del riso co’ le nose di Nogara”, durante la quale sono state utilizzate esclusivamente stoviglie, piatti e bicchieri in polipropilene, un materiale resistente e infrangibile ma, soprattutto, completamente riciclabile. Grazie al lavoro del nostro personale, nell’occasione siamo riusciti a raccogliere 1200 kg di polipropilene, che invece di finire in discarica sono stati riutilizzati per produrre nuovi contenitori per i rifiuti umidi. Così facendo l’anno scorso abbiamo recuperato ben 18000 kg di polipropilene, la cui vendita ha contribuito anche a diminuire i costi di sevizio».
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Pietro Caucchioli e Maurizio Barbati
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Per il 2012 abbiamo proposto piani finanziari pressoché al ribasso per tutti i Comuni, per dare un segnale di vicinanza alla cittadinanza
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bile per la creazione di una struttura a holding, che permettesse di mantenere e ottimizzare gli affidamenti; a questo proposito i soci di Esa-Com, con la delibera assembleare dello scorso novembre, hanno modificato lo Statuto sociale istituendo un Comitato per il controllo analogo congiunto, indispensabile in società costituite da più Enti Locali con partecipazioni di peso diverso, datori di affidamenti diretti di tipo in-house providing». Quali aspettative riponete su Gielle Ambiente per il futuro? P.C. «Il bilancio 2011 dell’azienda si è chiuso con un utile di poche centinaia di Euro, e considerando la scarsa operatività che ha avuto durante l’anno è sicuramente di buon auspicio. Per il 2012 invece, sono già stati sottoscritti un buon numero di contratti per la pulizia delle caditoie stradali e
di servizi alle aziende». Quale bilancio è possibile trarre dall’ultimo anno di attività di Esa-Com? P.C. «Siamo assolutamente soddisfatti dei risultati conseguiti nel 2011. Il bilancio approvato dall’assemblea dei soci ha infatti certificato un utile netto di quasi 295 mila euro, cifra mai raggiunta in precedenza. Un contributo fondamentale, in questo senso, è venuto dai ricavi ottenuti attraverso la vendita di una notevole quantità di materiale riciclabile da noi recuperato. Altrettanto importante, però, è stata l’implementazione di un’attenta politica di ottimizzazione dei costi di gestione posta in essere dal direttore Barbati, che insieme al vice presidente Giovanni Mantovani e a Mauro Ziviani, è senza dubbio uno degli artefici principali dei nostri successi».
Quali sono, infine, le prospettive per il futuro della società? P.C. «Il nostro obiettivo è offrire un servizio sempre più completo, cercando di ridurre contemporaneamente i costi gravanti sui cittadini. Per il 2012, infatti, abbiamo proposto piani finanziari pressoché al ribasso per tutti i Comuni, fatta eccezione ovviamente per quelli che hanno ampliato il numero di servizi. Ci poniamo questa sfida in un momento in cui i continui aumenti del costo del carburante e la diminuzione del valore di vendita dei prodotti recuperati, come ad esempio la carta, non giocano certo a nostro favore. Vogliamo però dare un segnale di vicinanza alla cittadinanza, alle prese con una crisi che ha colpito duramente anche il nostro territorio». VENETO 2012 • DOSSIER • 181
RIFORMA FORENSE
Liberalizzazioni, un attacco ai professionisti L’Organismo unitario dell’avvocatura non rigetta le proposte di innovazione sul fronte dell’accesso alla professione e della formazione, ma rifiuta interventi legislativi che equiparano l’avvocato a una impresa. Lo spiega Maurizio De Tilla Francesca Druidi
istanti sono le posizioni del Governo Monti e dell’Organismo unitario dell’avvocatura (Oua) in merito alla riforma forense. Da qui, la crescita del dissenso e del disagio degli avvocati. «Il professionista non è un imprenditore – commenta Maurizio De Tilla, presidente dell’Oua – e a lui non si applicano le regole della concorrenza e della libertà di impresa. L’identità del professionista riflette la natura intellettuale della prestazione». De Tilla non esita a definire attacchi i provvedimenti presi dalla politica nei confronti delle professioni. «Vengono colpiti dall’aggressione più di quattro milioni di professionisti (regolamentati e non), con un indotto di collaboratori e famiglie che raggiunge complessivamente i sei milioni di cittadini. Le liberalizzazioni selvagge non sono altro che un pretesto per spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle vere cause della crisi economica, che risiedono negli arbitri del capitalismo parassitario e speculativo e nell’incapacità della classe politica dirigente del Paese». Nello scontro con il Governo Monti pesano come macigni l’abolizione delle tariffe e «il pericolo che le società professionali si possano costituire con soci di capitale che finirebbero per “condizionarne”
D
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l’indipendenza». In gioco ci sono anche i contenuti e le prospettive della formazione giuridica. Nello scenario odierno, quale iter dovrebbe seguire un giovane avvocato? «L’avvocatura si è sempre battuta per una professione di qualità e di alto rilievo deontologico. Una selezione programmata nell’accesso può costituire un primo passaggio che investe l’ingresso e l’uscita dall’università. Bisogna trarre insegnamento dall’esperienza francese che affida all’università la preparazione per il superamento dell’esame, indispensabile per frequentare la scuola di formazione promossa e organizzata dagli ordini forensi. In Francia solo il venti per cento dei laureati riesce a superare l’esame, mentre il tirocinio e la formazione sono molto impegnativi e severi. Non molti tirocinanti - non più di tremila - si accingono ogni anno ad affrontare gli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense. In Francia, vi sono 46mila avvocati, mentre in Italia abbiamo superato i 230mila. Ora, non vi è chi non vede quanto sia sbagliato attenuare scelte rigorose di durata del tirocinio, in nome di una liberalizzazione totalmente selvaggia. Invece che perseguire la giusta finalità tesa ad assicurare ai cittadini un
Maurizio De Tilla
avvocato preparato, si tende ad accorciare i tempi di accesso alla professione di avvocato, con norme assurde e scriteriate». Se e come deve cambiare oggi la formazione e la cultura giuridica per restare al passo con le nuove istanze che si stanno delineando? «È in atto una trasformazione progressiva, voluta dai poteri economici, dell’idea di cultura, anche giuridica, dalla sua concezione originaria di ispirazione illuministica a strumento di opportunismo e di guadagno. Si verifica una sostanziale emarginazione dell’attività intellettuale che viene annientata dai poteri forti, i quali promuovono l’emancipazione dei mercati senza valori e senza regole. Si tende a tagliare le gambe ai valori culturali e sociali, introducendo solo competitività di prezzi e di prodotti. Qualsiasi ipotesi di modernizzazione deve fare i conti con le caratteristiche dell’attività del professionista, rispettando il dato culturale e costituzionale di ciascuna professione. Formazione e preparazione giuridica sono per gli avvocati indeclinabili punti di riferimento per garantire qualità e rispetto dei diritti ai cittadini». Tra liberalizzazioni e richiamo alla qualità, quali sono le prospettive future per gli
ordini professionali in Italia? «Le più recenti direttive europee fanno esplicito riferimento alle professioni regolamentate che si identificano in ordini e collegi professionali, i quali garantiscono lo status degli iscritti sul piano della legittimità e della tenuta deontologica. Gli ordini non possono essere aboliti e traggono fondamento dall’articolo 33 della Costituzione. Ciò premesso, i professionisti, e gli avvocati in particolare, non hanno mai ostacolato le istanze di innovazione che presuppongono nuove regole che riguardano l’accesso, la formazione e la permanenza di iscrizione nell’atto. Per gli avvocati si segnalano il numero programmato all’università e l’istituzione di una scuola nazionale di aggiornamento, da costituire senza apparati burocratici e con la presenza di docenti e strumenti qualificati. Gli ordini possono anche gestire, in sinergia, spazi comuni. E non va esclusa l’ipotesi della costituzione - tramite legge - di un consiglio nazionale di tutte le professioni, con compiti di natura pubblica. Ciò che va, invece, decisamente contrastata è la delegificazione dell’ordinamento professionale, che contrasta con il dettato costituzionale e con i principi generali dell’ordinamento giuridico».
In alto, a sinistra, Maurizio de Tilla, presidente dell’Oua
VENETO 2012 • DOSSIER • 185
RIFORMA FORENSE
I punti fermi della professione L’avvocato deve sapersi adeguare ai cambiamenti economici, legislativi e politici che intercorrono nella società civile. Ma, come rileva Maurizio Paniz, alcuni elementi chiave definiscono in modo costante l’esercizio della professione Francesca Druidi
ormazione e cultura giuridica sono due facce della stessa medaglia: indispensabili e complementari». Lo rimarca l’avvocato Maurizio Paniz nell’evidenziare i rischi legati a una formazione «che troppo spesso viene effettuata in termini rapidi e con contenuti sbrigativi, tanto che le lacune si manifestano anche a notevole distanza di tempo. Ai giovani avvocati, ma anche ai giovani magistrati, suggerirei di non abbandonare mai il percorso formativo, arricchendolo di quelle materie che non hanno un retroterra consolidato: l’informatica, il mondo del web, la nuova cultura delle comunicazioni e dei reati via etere». Formazione e cultura giuridica sono oggi al vaglio di un’attualità in costante fermento, tra riforma forense e degli ordini professionali, liberalizzazioni e instabilità economiche. Il presidente dell’Oua, Maurizio De Tilla, sostiene che il professionista non è un imprenditore e che a lui non si applicano le regole della concorrenza. Lei cosa pensa della politica di liberalizzazioni del Governo Monti? «Francamente, non ho sostenuto e nemmeno condiviso la politica delle liberalizzazioni del governo, avendo ritenuto di non poterle votare,
«F
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pur appartenendo a una forza politica che lo sostiene. Ho sempre pensato a un libero mercato del lavoro, dove la meritocrazia è l’arbitro del successo o dell’insuccesso, ma con il rispetto di regole che debbono valere per tutti. Il professionista non può non essere anche un imprenditore, nel momento in cui gestisce studi articolati che possono provvedere alle plurime esigenze della clientela nel rispetto della specializzazione: occorre, infatti, qualcuno che faccia sintesi e che sia in grado di dialogare con più specialisti per dare al cliente risposte univoche e sicure. E questo qualcuno fisiologicamente diventa anche un imprenditore nei confronti dei colleghi o dei collaboratori, posto che non esiste il professionista onnisciente e posto che le materie aumentano man mano che si scoprono nuovi sistemi di vita, di mercato e di interrelazioni. In questa logica, si inserisce il percorso di una nuova legge che disciplina la professione forense dopo molti decenni di cambiamenti epocali». È un momento delicato per l’avvocatura, tra nuovo regime di praticantato e abolizione delle tariffe. Quali sono le prospettive per questa professione? «Pur essendovi stati cambiamenti importanti, ci sono punti fermi nell’esercizio della libera pro-
Maurizio Paniz
c
Le tariffe, o i cosiddetti parametri di riferimento, rappresentano una garanzia per il cliente, altrimenti sottoposto ad arbitrii non sempre condivisibili e corretti
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fessione forense. Le tariffe, o i cosiddetti parametri di riferimento, quali saranno individuati dalla nuova normativa, rappresentano una garanzia per il cliente, altrimenti sottoposto ad arbitrii non sempre condivisibili e corretti. Non concordo, perciò, con l’abolizione delle tariffe come categorie economiche di riferimento nell’ipotesi in cui non vi sia stato un accordo preventivo tra cliente e professionista, accordo peraltro pressoché impossibile in molte situazioni nelle quali non è possibile prevedere il percorso di una vertenza giudiziale che dipende dalla condotta dell’avversario, dalle iniziative del giudice o di un pubblico ministero, dalla resistenza delle controparti. Il preventivo si può fare facilmente per un parere o per la stesura di un contratto, ma molto difficilmente per percorsi giudiziali civili, penali o amministrativi». Quanto al nuovo regime di praticantato? «Non posso non sottolineare che diciotto mesi, di cui sei addirittura nell’ambito della vita universitaria, siano obiettivamente molto pochi per dare un quadro di cognizioni idonee a sostenere con efficacia tutte le ragioni dei clienti: la trincea della libera professione è fatta di esperienza d’udienza e di contatto reale con i problemi, rubando con gli occhi e con la mente le strategie dei
professionisti più rodati; la scuola dei libri è importante, ma non sufficiente. E il successo, ancora una volta, nasce da regole che sono senza tempo: impegno, sacrificio e correttezza. Vanno applicate di fronte a una clientela sempre più esigente e sempre più preparata, che attraverso dinamiche di confronto e di verifica riesce a pretendere dal professionista sempre molto di più». Quali sono gli elementi da cui la nuova riforma forense non può prescindere, in particolare sulla formazione? «L’addestramento di chi esercita un tirocinio professionale non può prescindere da tutte quelle iniziative, a contenuto teorico e pratico, dirette a conseguire le capacità necessarie sia per l’esercizio della professione di avvocato sia per la gestione di uno studio legale, oggi contraddistinto da aspetti organizzativi e burocratici spesso non semplici, nonché a far apprendere e rispettare principi etici e regole deontologiche, essenza dell’esercizio della professione. Per questo, lo sviluppo della formazione è incompatibile con qualsiasi rapporto di impiego pubblico e, se compatibile con la contestuale attività di lavoro subordinato privato, deve comunque prevedere modalità e orari idonei a consentire un effettivo e puntuale svolgimento della pratica».
Sopra, Maurizio Paniz, avvocato e membro della Commissione Giustizia della Camera dei deputati
VENETO 2012 • DOSSIER • 187
RIFORMA FORENSE
Serve un salto culturale «La riforma dell’ordinamento professionale costituisce il passaggio epocale», commenta Daniele Grasso, presidente dell’Ordine degli avvocati di Venezia. Per questo, diventa importante riflettere sul percorso formativo di un avvocato moderno Francesca Druidi
on è facile parlare di formazione e di futuro per l’avvocatura in un momento incerto come quello che stiamo vivendo. Daniele Grasso, presidente dell’Ordine distrettuale degli avvocati di Venezia, delinea la situazione dal suo osservatorio. «Nell’ambito del distretto veneto, ci si è sostanzialmente stabilizzati intorno agli 800 nuovi iscritti annui al registro dei praticanti. A differenza del passato, la scelta del percorso professionale risulta, ora, frutto di una più consapevole e convinta individuazione di un progetto di lavoro». Il periodo di pratica professionale, sottolinea Grasso, non è più vissuto come ammortizzatore di aspettative diverse da quella di conseguire il titolo di avvocato. «Ciò determina, come conseguenza, l’emergere di evidenti situazioni di criticità, legate alle difficoltà di conquistare nel mondo del lavoro posizioni economicamente garantite». Come valuta il cosiddetto tirocinio breve? «La riduzione della durata del tirocinio, che deve essere concepito diversamente rispetto alla disciplina precedente, non costituisce di per sé un problema. Il periodo di praticantato dovrà, tuttavia, essere ripensato in funzione di un salto culturale rispetto ai contenuti formativi, che dovranno essere funzionali a un modello di avvocato più moderno, pronto a sostenere il confronto con i colleghi europei, specializzato e in grado di garantire un servizio professionale di miglior qualità».
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Sopra, Daniele Grasso, presidente dell’Ordine distrettuale degli avvocati di Venezia
188 • DOSSIER • VENETO 2012
Come le liberalizzazioni e il quadro economico-sociale possono incidere sulle prospettive future degli ordini professionali e in particolare di quello forense? Cosa si aspetta dalla riforma che lentamente sta prendendo forma? «La riforma dell’ordinamento professionale costituisce un passaggio imprescindibile ed epocale. Gli avvocati potranno essere in grado di affrontare il mercato del lavoro, contestualizzato nella logica della concorrenza, solo se posti in condizione di conquistare posizioni di privilegio derivanti dall’apprezzamento, da parte dell’utenza, di un alto livello di qualità della prestazione. I giovani avvocati dovranno concepire un progetto professionale personale, congeniale alle proprie capacità e ai propri interessi al fine di conquistare nicchie particolari che consentano di superare definitivamente la logica dei numeri e del minor corrispettivo della prestazione». La formazione permanente è uno degli obiettivi che si prefigge l’avvocatura. Quali le priorità? «Essa costituisce un mezzo di verifica del rispetto, da parte dell’iscritto, dell’obbligo di perfezionare la propria competenza in relazione alle aree di attività prevalenti in cui opera. Dovrà essere metabolizzato dall’avvocato il rapporto ineludibile tra formazione obbligatoria e interesse professionale specifico, al fine di conseguire una vincente crescita scientifica».