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Editoriale

IL TURISMO CAMBIA VOLTO econdo il rapporto di ottobre della Banca d'Italia sul turismo internazionale, la spesa dei viaggiatori stranieri in Italia nel primo semestre del 2012 è cresciuta del 2,7 per cento rispetto al 2011, mentre la spesa dei viaggiatori italiani all'estero è diminuita del 4,9. Negli ultimi 10 anni il Paese ha perso in competitività e in quote di mercato: siamo passati dal 6,1 al 4,5 per cento, mentre Spagna e Francia hanno contenuto il calo dal 6,8 al 6 per cento e dal 6,8 al 5 per cento. Le motivazioni sono tante: un assetto di governance dispersivo e privo di coordinamento, strutture alberghiere non sempre conformi alle odierne esigenze del mercato, carenza di infrastrutture, inadeguata formazione professionale, ma la causa principale risiede nel fatto che il turismo non è mai stato considerato un'importante leva di sviluppo e di crescita occupazionale. Cresce l'urgenza di saper promuovere all'estero in maniera unitaria il nostro Paese e aumenta la necessità di un intervento unitario del legislatore statale per valorizzare al meglio l'attività turistica sul piano economico, interno e internazionale, attraverso misure di varia natura. L'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V è un passo di grande importanza per il recupero

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di competitività e attrattività della destinazione Italia. L'attribuzione allo Stato della legislazione concorrente anche in materia di porti e aeroporti, reti di trasporto e navigazione pone le basi per una coerente politica nazionale di sostegno alla competitività dell'Italia. È opportuna, inoltre, una revisione della fiscalità, a cominciare dalla tassa di soggiorno, verso un modello più equo e diffuso tra tutte le imprese turistiche che non penalizzi la competitività della destinazione Italia rispetto ai nostri Paesi concorrenti Francia e Spagna già privilegiati da aliquote Iva inferiori alla nostra. Di fronte a una spesa fuori controllo e all'aumento continuo di tasse l'offerta diventa sempre meno competitiva e le imprese che dovrebbero essere protagoniste non riescono a sopravvivere. Il turismo è una delle principali risorse economiche del nostro Paese sulla quale dobbiamo investire, lo diciamo da anni ma è giunto il momento di agire.

Renzo Iorio Presidente di Federturismo

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Editoriale

TRA SFIDE E PROPOSTE l settore produce 114 miliardi di euro di giro d’affari annuo, di cui 30 spesi dagli stranieri, assomma 375 milioni di pernottamenti e dà lavoro a oltre 1,5 milioni di persone. La nostra sfidaproposta è d’incidere sulle scelte di politica turistica della prossima legislatura, avanzando idee e proposte. Per questo Federalberghi ha inviato ai segretari dei partiti, in vista delle prossime elezioni, il documento “Il turismo lavora per l’Italia”, contenente venti linee d’intervento, articolate in più di 60 misure. Sul fronte della governance occorre un ministero con competenze specifiche e la modifica dell’articolo 117 della Costituzione per consentire lo sviluppo di politiche di sistema. In merito alla fiscalità bisogna abolire l’imposta di soggiorno, restituire al settore una quota del gettito Iva prodotto dall’economia turistica, consentire di pubblicare i prezzi al netto dell’Iva, ridurre le commissioni dovute ai gestori delle carte di pagamento, istituire zone franche per rilanciare aree turistiche in crisi. Su promozione e destagionalizzazione chiediamo di trasformare l’Enit in società a capitale pubblico, creare con la Rai un canale satellitare tematico in chiaro che promuova il nostro patrimonio turistico-culturale, esporre nelle hall degli alberghi e nei luoghi di grande transito quelle opere d’arte che giacciono accatastate negli scantinati dei musei. In tema di formazione e lavoro bisogna

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correggere la recente riforma, lasciare spazio alla contrattazione collettiva, creare in Italia una grande scuola di management alberghiero e della ristorazione. Sul versante dell’ammodernamento del settore, occorre incentivare con crediti d’imposta e premi di volumetria la riqualificazione delle strutture, semplificare il cambio di destinazione d’uso per accelerare l’uscita dal mercato di aziende non remunerative. Per quanto riguarda Internet, bisogna contrastare gli abusi di posizione dominante da parte delle grandi “on line travel agency”, impedire la diffamazione mediante recensioni anonime, garantire alla struttura ricettiva il diritto di replica. Infine, le infrastrutture. È necessario collegare i principali hub con la rete ferroviaria ad alta velocità, sbloccare le tariffe aeroportuali vincolandole allo sviluppo degli scali, potenziare e capillarizzare il trasporto ferroviario, assicurare la disponibilità della banda larga.

Bernabò Bocca Presidente di Federalberghi

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UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO e il nostro tessuto sociale tiene e il Paese non è affondato bisogna ringraziare non solo il buon senso degli italiani, ma anche il valore dei nostri imprenditori agricoli. Gli effetti della crisi si sono fatti sentire anche in agricoltura. Il boom dei prezzi delle risorse energetiche, carburanti in testa, ha fatto da ulteriore traino a un generale aumento dei costi di produzione. Nonostante il momento e i redditi bassi, l’agricoltura è però uno dei pochi settori sui quali l’Italia può fare affidamento per il futuro: aumenta il numero di imprese, il valore dell’export è ancora a due cifre, crescono le assunzioni (+10,6 per cento nel secondo trimestre 2012). E molti giovani tornano in campagna per scelta di vita. Siamo i maggiori produttori di cibo a denominazione di origine, siamo i primi in Europa per la sicurezza alimentare. Abbiamo conservato un paesaggio fra i migliori al mondo e l’Italia, dove è brutta e inquinata, non lo è certo per colpa degli agricoltori. È tempo però di decidere quale debba essere il modello di sviluppo capace di tirarci fuori dalla crisi. Se vogliamo giocare la partita sulla produttività e sui costi di produzione, perdiamo. Se invece aggiungiamo creatività, paesaggio, storia, tutto ciò che di bello e unico abbiamo in questo Paese, possiamo vincere. Noi tutti questi valori li mettiamo nei nostri prodotti agroalimentari.

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Made in Italy non significa solo prodotto buono, ma significa anche cultura, storia, paesaggio, sicurezza alimentare. Sono valori immateriali ma etici, di cui i consumatori tengono conto. I nostri mercati degli agricoltori di Campagna Amica, le nostre botteghe stanno creando nuove economie e nuova occupazione rappresentando, nel contempo, uno strumento di coesione e animazione sociale oltre che di educazione alimentare. Ciò perché ricreano un legame profondo tra consumatore e produttore, tra il luogo di consumo e quello di produzione. Gli italiani hanno compreso che il mangiare è un atto che va molto oltre il nutrirsi. Dentro al cibo c’è un bel pezzo della qualità della vita. Per capire se un paese sta andando avanti o indietro, non basta misurare il Pil, ma anche il benessere, cioè star bene con se stessi. È importante il mangiare buono e sicuro, ma contano i valori che sono nel cibo. E certi valori valgono più dello spread.

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L’intervento

Sergio Marini Presidente di Coldiretti

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A SPASSO NEL BELPAESE Alla parola turismo preferisce il termine “viaggio”. Osvaldo Bevilacqua, con la trasmissione Sereno Variabile, lo compie da 35 anni tra la gente comune, per raccontare vite e storia di ogni località che visita, dal nord al centro al sud

di RENATA GUALTIERI


Meraviglie d’Italia

Osvaldo Bevilacqua

è il turismo estivo, quello invernale, sportivo, culturale, religioso, enogastronomico. E l’eccellenza italiana nel settore è fatta di tanti imprenditori che hanno creduto nell’industria turistica, e rischiato in proprio. Il turismo è il presente e il futuro: i giovani pongono in cima alla loro lista dei desideri il viaggio, giustamente, perché il viaggio vuol dire esperienza. «E mentre la politica si è sempre disinteressata del turismo come fonte di crescita e sviluppo, molto hanno fatto i media – ricorda Osvaldo Bevilacqua –, offrendo spazio alle tematiche del territorio, contribuendo a promuovere l’intero settore. A quale territorio si sente più legato e perché? «Tarquinia, dove mio padre veniva a realizzare i suoi dipinti, città etrusca famosa per la sua necropoli, per il museo, il più prestigioso al mondo sulla civiltà etrusca, e per la splendida città medievale con le sue torri e le antiche chiese. Tutta la zona della Maremma laziale e della Tuscia si caratterizza per un’alta vocazione turistica. Se negli Usa avessero una località con le stesse bellezze artistiche e cul-

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turali questa meta garantirebbe almeno 100 milioni di turisti l’anno.Tutto il Viterbese può vantare bellezze paesaggistiche e naturalistiche di assoluto pregio: la natura, con i suoi boschi e i suoi laghi, Bolsena e Vico, i Monti Cimini, località come Montefiascone,Tuscania, Civita di Bagnoregio.Viterbo è stata la prima provincia italiana a ottenere l’Emas, un riconoscimento di eccellenza nella tutela ambientale da parte dell’Unione europea. È indispensabile creare un tavolo di lavoro al quale dovrebbero partecipare tutti per superare la cronica mancanza di mezzi, ma anche la noncuranza e lo scarso interesse». Da giornalista-viaggiatore qual è l’itinerario ideale, passando in tre tappe da nord a sud al centro? «La Via Francigena: l’itinerario che veniva percorso nel medioevo dai pellegrini che attraversavano l’Italia da nord per raggiungere Roma; in molti poi proseguivano verso sud per imbarcarsi verso la Terra Santa. Lungo questo tracciato incontriamo Fidenza, Pietrasanta, Lucca, Siena, Radicofani, Acquapendente,Viterbo per poi giungere sino in Puglia. Consiglierei di percorrere parte del tragitto a piedi. La Via Francigena non ha nulla da

In apertura, Largo del Plebiscito a Montefiascone

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invidiare al più noto cammino di Santiago di Compostela, e rientra tra i grandi itinerari del Consiglio d’Europa. Per tutti coloro che si sentono viaggiatori nel profondo dell’animo potrei suggerire un’alternativa, la Via Carolingia: l’itinerario percorso da Carlo Magno da Aquisgrana per recarsi a Roma, dove papa Leone III lo incoronò Imperatore del Sacro Romano Impero». Quale delle sue “interviste impossibili” è rimasta più impressa nella sua memoria?

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«L’intervista a Francesco II di Borbone con la quale abbiamo raccontato i fasti architettonici e artistici della corte borbonica con le splendide immagini del Palazzo Reale di Napoli e della Reggia di Caserta. Nonostante sia passato alla storia come un personaggio negativo per aver perduto il trono, di fronte alle truppe di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II, Francesco nel corso del suo regno varò diverse riforme in favore della popolazione e avviò un processo di industrializzazione. E poi

Un particolare della necropoli di Monterozzi a Tarquinia

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Meraviglie d’Italia

Osvaldo Bevilacqua

Sopra, particolare di un oggetto decorativo del Palazzo Reale di Napoli

l’intervista a Napoleone che è stata ricostruita all’Isola d’Elba». Il turismo in che misura influisce sul processo di sviluppo economico dell’Italia? «Da 40 anni a questa parte il Turismo è stato considerato dai politici come la cenerentola della “cosa pubblica”: non a caso un referendum ha cancellato, nell’Italia che era il primo paese turistico al mondo, il Ministero del Turismo e con il passaggio delle attività turistiche alla competenza delle Regioni le cose non sono molto migliorate. Nei paesi emergenti invece il turismo, volano dell’economia, è una vera e propria industria. L’Italia potrebbe vivere di solo turismo, e i nostri politici in questi termini sono degli irresponsabili, quasi si vergognano a parlare di turismo, mentre questo contribuisce con 150 miliardi di euro, quindi per il 12 per cento circa, alla formazione del Pil italiano, secondo i dati del 2010. In Italia si calcola che siano circa 2 milioni i giovani che potrebbero accedere a questo comparto per trovare lavoro o sviluppare business, ma occorre che lo Stato e le Regioni facciano degli investimenti ad esempio sulla formazione». Qual è la meta perfetta per un turismo che guarda alla natura, alle attività all’aria aperta,

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alla tutela dell’ambiente e alla genuinità delle tradizioni? «La meta perfetta è rappresentata dai parchi nazionali che in Italia hanno una grande tradizione. Il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, insieme a quello del Gran Paradiso, è il parco di maggior storia e tradizione e si estende su una superficie di circa 49.000 ettari. È famoso nel mondo per la conservazione di particolari specie faunistiche dando rifugio e ospitalità al camoscio d’Abruzzo, all’orso bruno marsicano, al lupo appenninico. Il Parco è portatore di sviluppo sostenibile, mantenimento delle tradizioni, cultura, tutela del territorio, e tutto questo si realizza nell’ambito di un paesaggio antropizzato, perché ci sono anche borghi incantati, ricchi di storia e tradizioni, come Pescasseroli, Opi,Villetta Barrea, Civitella Alfedena». Qual è la piazza più pittoresca che ha visitato? «L’Italia è tutta una piazza. Da quella di San Marco a Venezia a Piazza del Campo a Siena, dalle splendide piazze di Torino alla Piazza Ducale di Vigevano, fino a Piazza dei Martiri a Carpi. O ancora piazze misconosciute, che scopriamo con Sereno Variabile: ad esempio Piazza della Bollente

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Meraviglie d’Italia

Osvaldo Bevilacqua

Sopra, piazza della Bollente, Acquiterme

ad Acqui Terme nel Monferrato, detta così perché vi sgorga acqua bollente a più di 70 gradi centigradi. Una leggenda narra che i bambini appena nati fossero portati alla fonte per esservi immersi, meritando l’appellativo di “sgaientò”, ossia scottati, e quindi pronti ad affrontare la vita». Di recente a Genova le è stato consegnato il premio “Navigare informati”. Come la sua trasmissione ha contribuito a promuovere la cultura del mare? «L’Italia è il Paese degli 8.000 km di coste, è una penisola, è costellata da magnifiche isole, le maggiori e gli arcipelaghi di quelle minori, perciò la cifra di Sereno Variabile è sempre stata caratterizzata dalla presenza del mare. Che non è solo turismo, ma anche attività economiche, pesca, diporto, trasporti, e su tutto vigilano coloro che io chiamo gli “angeli del mare”, cioè la Guardia Costiera. Durante i primi anni di Sereno Variabile - a novembre festeggiamo i 35 anni - ho polemizzato molto con i giornali tedeschi. All’epoca gli interessi della Germania nel settore turistico immobiliare in Grecia e Spagna erano molto forti, perciò si assisteva campagne denigratorie contro l’Italia; qualcuno ricorderà la

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copertina dello Spiegel nel 1977 con il piatto di spaghetti e la pistola dei terroristi. Ma l’aspetto che in assoluto mi disturbava di più era lo slogan “visitate l’Italia prima che gli italiani la distruggano”, perché era vero!». Ha dichiarato di essere molto attento all’alimentazione. Come sceglie i suoi “fornitori speciali”? «Ogni volta che nel corso dei miei viaggi scopro un prodotto nuovo, di qualità, lo acquisto e me lo faccio spedire direttamente a casa. Il mio fornitore di pane si trova a L’Aquila, è lo storico forno di Prata. Un altro tipo di pane mi arriva invece da un forno che opera da 200 anni a Bracigliano, in provincia di Salerno. Gli agrumi mi arrivano dalla Sicilia, il miele me lo spedisce Silvano, un massaro di Norcia. Per non dimenticare la pasta prodotta con un grano macinato e impastato a freddo, che viene trafilata al bronzo; e poi l’olio prodotto nelle terre della Liguria, dell’Umbria, della Toscana, della Sabina, della Puglia. E, infine, Sua Maestà il “Nero”, un parmigiano speciale dalla buccia nera che viene prodotto sulle colline emiliane dal mio amico Rino, che qualche anno fa ha vinto addirittura le Olimpiadi del formaggio in Francia».

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IL NOSTRO ORO È IN SUPERFICIE L’Italia, con la sua storia e il suo patrimonio, è da secoli al centro della cultura occidentale. A dimenticarlo però sono spesso gli italiani e le loro istituzioni, che non valorizzano le risorse e spesso le trascurano

el Paese più bello del mondo serve cura per tutto quello che lo rende tale. È questo il ruolo del Fai, il Fondo ambiente italiano: promuovere la cultura del rispetto dell’arte, della natura, della storia delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale della nostra identità. Fondazione senza scopo di lucro, dal 1975 ha restaurato e aperto al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano. Il Fai possiede beni monumentali sia d’arte che naturali che arrivano per donazione, testamento o concessione e, in questo ultimo periodo, sempre di più dagli enti pubblici. È un patrimonio fatto dunque di palazzi, ville, ma anche di baie e aree archeologiche. Sottolinea Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fondo per l’ambiente italiano: «Tutto questo non rende la Fondazione ricca, i beni sono indisponibili ma sono radunati per uno scopo sociale: restaurarli e fare in modo che la collettività ne goda». Spesso, nel Paese più bello del mondo, il ruolo del Fai è fondamentale per

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di TERESA BELLEMO

riuscire ad arginare l’errore che si continua a fare: privare di risorse la cultura. «Purtroppo gli ultimi governi non hanno fatto che tagliare fondi al Ministero per i Beni e le attività culturali, ritenendolo un ministero di secondaria importanza, senza capire che per il nostro Paese è invece il più importante». Qual è lo spirito e la mission della vostra iniziativa “I luoghi del cuore”? «È una delle tante iniziative che il Fai ha messo in campo per gestire, restaurare e aprire il suo patrimonio. Le entrate dai biglietti di ingresso non bastano mai, per questo il Fai organizza questi eventi che servono a stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica verso le attività che svolge e l’importanza della salvaguardia dei beni culturali. Si tratta di un censimento che serve a riannodare il rapporto fra gli italiani e il loro patrimonio. La gente vota e conferma il suo amore per un determinato luogo. Due anni fa abbiamo avuto circa 500mila segnalazioni, quest’anno ci stiamo avvicinando allo stesso numero». Cosa significa oggi proteggere il patrimonio paesaggistico e ambientale?



In apertura, il negozio Olivetti di Venezia, bene del Fai. A fianco, il vicepresidente del Fai, Marco Magnifico

L’Italia è il paese che ha esportato la cultura classica nel mondo, la cultura occidentale è nata qui

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«Vuol dire rendersi conto di essere italiani. L’Italia è il paese che ha esportato la cultura classica nel mondo, la cultura occidentale è nata qui. Ha inventato la grande architettura, l’arte, la musica, la letteratura. Fare questo lavoro significa mettere in collegamento gli italiani con la loro identità più tipicizzante. Nonostante l’ignoranza dilagante, molto spesso il seme della cultura e dello stile cova sempre nell’animo degli italiani, basta innaffiarlo un po’ e questo seme sboccia anche se sopito. Nonostante si parli male della nostra scuola pubblica e la si aiuti così poco, i nostri licei sono ancora riconosciuti a livello mondiale come le migliori scuole del mondo, me lo confermano ogni giorno molti professori universitari internazionali». Quali sono i principali “nemici” del patrimonio italiano? Cosa ne pensa del paventato condono edilizio che potrebbe sanare abusi anche in zone vincolate? «I principali nemici sono i politici igno-

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ranti. I condoni edilizi sono un evidente prodotto di ignoranza spesso associata al malaffare. È questo che ha creato il disastro, soprattutto nelle regioni del sud. Un disastro evidente se da Napoli si va verso la costiera sorrentina in auto: ciò che si vede è un’enorme quantità di bruttezza, la maggior parte abusiva. È così spaventosa che mette a disagio. Per fortuna poi si arriva nella costiera amalfitana, che grazie alla sua conformazione scoscesa è stata risparmiata dall’abuso. I grandi nemici sono questi, l’ignoranza di chi ha gestito la cosa pubblica e il non essersi mai posti il problema che la cultura e la bellezza sono tratti identitari del nostro Paese, fattori giudicati sempre secondari. Quelle persone che non si sono curate di questo, ma anzi obbligano i loro concittadini a vivere nella bruttezza, hanno compiuto un crimine». Quali sono i provvedimenti più urgenti da prendere a tutela del nostro patrimonio? «La prima cosa da fare è ridare ossigeno al Ministero per i Beni e le attività culturali, riconsentendogli di avere una struttura all’altezza, sia dal punto di vista numerico che della preparazione professionale. A indebolire ulteriormente questa istituzione ci ha pensato poi la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, che ha affidato alle Regioni la difesa del territorio, obbligandole a fare i piani paesistici, che non sono mai stati fatti. Per questo la gestione del territorio non è in mano a nessuno e i risultati sono quelli che vediamo. Se il Ministero dei Beni culturali fosse forte, potrebbe subentrare alle Regioni nell’organizzazione dei piani paesistici, dato che la legge lo consente. Il Ministero è invece al collasso e si va avanti in una condizione di assoluta anarchia».

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LA RIVOLUZIONE DEL TURISTA di TERESA BELLEMO

La crisi e l’evoluzione del consumatore contribuiscono a un turismo sempre più differenziato e sempre più contaminato tra generi. Per questo il comparto per ripartire deve riportare il turista al centro, ascoltandolo

l binomio “sole e mare”, anche se ha contribuito a creare il mito del Bel Paese, non può più funzionare come una volta; o meglio, non può essere la più importante risorsa sulla quale fondare la nostra attrattività turistica». La pensa così Franco Iseppi, presidente del Touring club italiano, fermamente convinto che il nostro Paese sia in possesso di risorse enormi che, però, non sempre hanno la giusta attenzione, anche a livello politico. Il nostro patrimonio, seppur con mille problemi di tutela e conservazione, la produzione agroalimentare e l’enogastronomia come naturale completamento dell’offerta culturale e, infine, l’impronta della storia e dell’uomo sul territorio hanno reso l’Italia unica agli occhi del mondo intero. Sono questi i punti da cui ripartire per ridare dignità non solo al comparto turistico, ma all’intero Paese. In un momento di forte crisi e di riduzione dei consumi, il settore deve saper puntare su una maggiore flessibilità per riuscire a rispondere a una domanda che è diventata mutevole sia per la maturità dei bisogni sia per la diminuzione del

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potere di acquisto. «Bisogna lavorare per riportare il turista al centro dell’azione degli operatori – ricorda Iseppi –. Vanno garantiti i diritti del visitatore e si deve puntare l’attenzione sul servizio reso e sul rapporto tra qualità e prezzo cercando un maggiore equilibrio». L’Italia ha un patrimonio culturale immenso, ma non è il paese più visitato. Come mai secondo lei? «La spiegazione di questo disallineamento viene da lontano e non è imputabile soltanto alla contingente crisi economica. Abbiamo un Paese ancora spaccato a metà: da una parte, quello collegato da infrastrutture di buona qualità e, dall’altra, quello inaccessibile e chiuso al turismo. In secondo luogo, c’è la “questione Sud”: non è più accettabile che il Mezzogiorno non possa esprimere la propria naturale vocazione turistica in maniera moderna ed efficiente. Occorre ricordare poi il nodo dell’innovazione tecnologica, dove l’Italia sconta un ritardo rispetto a quasi tutti i principali competitor. Non sono le sole questioni aperte, ma sicuramente le più importanti».

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Politiche turistiche

Franco Iseppi

La forza dell’Italia è la varietà di proposte turistiche. Quali le più innovative e quali quelle che possono rivelarsi più profittevoli per il futuro? «Il turista, come consumatore evoluto, esprime sempre più esigenze diversificate e mutevoli. Conseguentemente i turismi si sono moltiplicati negli anni superando le classiche distinzioni e dando così origine a una forte frammentazione e a contaminazioni tra tipologie. Il turismo culturale è sempre più legato, ad esempio, ad aspetti enogastronomici o condizionato dalle opportunità di shopping o dalla presenza di eventi e manifestazioni. Occorre dunque considerare non solo il “dove” ma anche il “come” si viaggia. Concetti quali sostenibilità, tutela del

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paesaggio e delle risorse naturali sono sempre più spesso interiorizzati nell’idea stessa di viaggio. Sta progressivamente crescendo, per esempio, la domanda di “turismo lento”. Si tratta di un segmento di nicchia interessante, che nel corso degli anni ha visto nascere operatori specializzati e consolidarsi attorno al tema anche un movimento di opinione cui Tci ha dato voce attraverso molte iniziative. Infine, stanno acquisendo valenza turistica anche aspetti che tradizionalmente venivano considerati poco o per nulla turistici: è il caso delle tradizionali artigianali, sempre più spesso al centro dell’esperienza di viaggio, così come l’agricoltura». L’Italia è il paese con il maggior consumo di suolo d’Europa. Alcune

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Politiche turistiche

Franco Iseppi

regioni stanno ostacolando il disegno di legge “salva paesaggio” del ministro Catania. Vista anche l’evidente fragilità del suolo nazionale, lei cosa ne pensa? «Non c’è alcun dubbio sul fatto che il territorio italiano sia fragile e che sia estremamente importante salvaguardarlo. Secondo l’Istat dal 1990 al 2005 in Italia sono stati consumati 3 milioni e 663mila ettari di superficie agricola, un’area estesa quanto Lazio e Abruzzo. Come Touring club stiamo vigilando, insieme alle altre associazioni ambientaliste, sulla situazione del territorio ma anche sulle norme che regolamentano la costruzione di nuovi edifici. Il paesaggio italiano, ancora oggi, è costituito per

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quasi il 50 per cento da territorio agricolo. L’agricoltura è la maggior artefice del paesaggio, lo disegna e lo arricchisce, conserva e promuove una varietà di prodotti di qualità che fanno parte del nostro patrimonio culturale e favoriscono un ritorno a quella autenticità che è sempre più richiesta dai consumatori. Negli ultimi anni si è assistito a un forte cambiamento del rapporto tra cultura urbana e agricola. La crescita di centri piccoli e medi rispetto alle metropoli, le recenti proposte di legge del ministro Catania volte a limitare la cementificazione, la maggior sensibilità per la tutela e la messa in sicurezza del territorio sono segni tangibili di una riscoperta del valore del paesaggio e della cultura non urbana».

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Politiche turistiche

IL TURISMO CAMBIA PELLE di TERESA BELLEMO

Nardo Filippetti

Uno dei settori più identitari del nostro Paese sta affrontando la grande sfida del cambiamento, per rispondere, da una parte, alla domanda che arriva dai paesi emergenti e, dall’altra, alle nuove forme di turismo

iù che di turismo sarebbe più giusto parlare di turismi. Perché, innanzitutto, si assiste a una sempre più marcata tendenza a frazionare la classica durata del viaggio in porzioni più piccole, da distribuire durante l’anno. Cresce poi il numero di coloro che optano per un turismo “motivazionale”, cercando più un’esperienza che un luogo. Su queste basi si diversificano le tipologie di turista: si fanno strada quelli che hanno tempo, salute e disponibilità per conoscere il mondo una volta conclusa l’attività lavorativa; ci sono poi i single di ritorno, che viaggiano con prole al seguito, i nonni con nipoti e le coppie omosessuali. C’è, infine, un cambio di prospettiva: dopo anni in cui il web sembrava essere il guru dei viaggi, oggi il cliente più consapevole vuole

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Politiche turistiche

Nardo Filippetti

partire tranquillo, e per far questo sa che si deve affidare ai professionisti. Per far fronte a tutto questo, il lavoro da fare per gli operatori del settore è corposo. Il nostro Paese, infatti, è ancora lontano dall’avviare una vera e propria destagionalizzazione, necessaria per andare incontro a queste nuove forme di turismo. Ha inoltre bisogno di rinnovare molte delle proprie strutture ricettive e di adeguarle agli standard internazionali, in modo da poter offrire un servizio omogeneo su tutto il territorio. Inoltre, aggiunge Nardo Filippetti, presidente di Astoi, la sfida di oggi sono i nuovi mercati. «Per questo è necessaria una formazione specializzata, tema su cui l’Italia non è all’altezza dei suoi principali

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competitor. Non dobbiamo dimenticare che il turismo vende servizi, e che alla base di tutto c’è il rapporto con l’ospite, di cui bisogna saper anticipare e interpretare esigenze e desideri». Cosa pensa delle recenti imposte che hanno toccato il comparto turistico come la tassa di soggiorno e quella per finanziare l’Antitrust? «Il turismo è stato utilizzato da tutti i governi, incluso quello attuale, come serbatoio cui attingere per ripianare altre voci di bilancio. Contestiamo da sempre quest’atteggiamento, in parte dovuto alla parcellizzazione del settore, che trascura un’industria fondamentale e non

Sopra, Nardo Filippetti, presidente di Astoi Confindustria Viaggi

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Politiche turistiche

All’estero il biglietto da visita deve essere chiaro e univoco, il brand Italia rimane uno dei più noti del pianeta

Nardo Filippetti

delocalizzabile per un paese ricco di risorse artistiche e naturalistiche come il nostro. La tassa di soggiorno è stata applicata a macchia di leopardo dai singoli Comuni, generando molta confusione. In un certo senso rappresenta la metafora dell’Italia, frammentata che non sa vendersi e, di conseguenza, perde quote di mercato. Sul fronte Antitrust, la nostra immediata opposizione a un contributo inaccettabile sul piano economico e giuridico ha avuto i suoi effetti, visto che si è avviato un dialogo tra l’Authority ed Astoi Confindustria Viaggi che ha fatto presente come i bilanci di aziende dalle marginalità sempre più basse non possano assolutamente sopportare quest’ulteriore tassa». Mentre il mercato interno langue, nuovi visitatori diventano protagonisti del “gran tour” italiano. Tra questi, i turisti dei paesi extra Ue come Russia e Cina. Come incentivarli? In cosa migliorare o cambiare?

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«Non ha senso partecipare a eventi o fiere in realtà a noi così lontane attraverso le Regioni, come purtroppo si è fatto, senza il cappello identitario dell’Enit. Il biglietto da visita, perciò, deve essere chiaro e univoco, in più serve pensare a una serie di servizi ad hoc per questa clientela, a partire dal fattore linguistico. Non è certo un compito facile, ma laddove i nuovi turisti troveranno indicazioni e personale formato che parla la loro lingua e capisce le loro esigenze si sentiranno a proprio agio e avranno quindi un ricordo migliore del nostro Paese. I nostri alberghi, inoltre, sono caratterizzati da una forte disomogeneità nella classificazione a stelle. Questo confonde il turista, che invece si aspetta determinati standard. Da questo punto di vista abbiamo apprezzato le dichiarazioni del ministro Gnudi, che di recente si è espresso proprio relativamente alla necessità di adeguare l’offerta ricettiva italiana».

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RIFUGI E OSTELLI, LA REGIONE RILANCIA L’OSPITALITÀ di RENATO FERRETTI

La valorizzazione delle risorse turistiche lombarde è una priorità per l’assessore allo Sport Filippo Grassia, che presenta le ultime iniziative della Regione. «Riqualificazione delle strutture montane e rilancio degli ostelli»

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e nostre montagne sono vicine, belle, attrezzate, convenienti e soddisfano tutti». Così l’assessore allo Sport e giovani della Regione Lombardia, Filippo Grassia, introduce una serie di iniziative dell’ente a favore dell’offerta turistica del territorio. Quello lombardo, infatti, è costituito per circa un terzo da montagne, servite da oltre 160 rifugi. «È un turismo adatto alle famiglie – continua l’assessore –, ai giovani in cerca di avventura, agli adulti più riflessivi e contemplativi. Le località montane sono sempre più da intendersi non solo come mete da godere per pochi mesi, ma come luoghi da scoprire tutto l’anno, grazie a sempre nuove attività di svago e sportive, a basso costo». Bando Rifugi, progetto Vetta e Marchio di Qualità sono le tre iniziative attraverso le quali la Regione sta investendo sulla montagna e, in particolare, sulla riqualificazione e il rilancio dei rifugi. «L’obiettivo delle azioni intraprese – sottolinea Grassia – non è solo quello di tutelare questi preziosi tasselli dell’identità lombarda, ma anche di supportarli e valorizzarli attraverso interventi di riqualificazione». Dopo la mappatura dei rifugi montani per opera dell’Unità Organizzativa Impiantistica e Attività della Montagna della Direzione Generale Sport e Giovani, si è passati all’azione vera e propria. «Ai 163 rifugi censiti – aggiunge l’assessore – è stato indirizzato il bando da tre milioni e mezzo di euro, allo scopo di riqualificarli attraverso opere di manutenzione straordinaria, ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo, acquisto e installazione di arredi fissi. Tra questi provvedimenti sono da menzionare l’incentivazione al collegamento in rete con banda larga (ad oggi le installazioni sono 37), e i corsi formativi per i professionisti del settore. L’implementazione della

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qualità e dell’affidabilità dei servizi offerti diventa quindi cruciale in ottica competitiva, motivo per cui è nato il marchio di qualità dei rifugi alpinistici ed escursionistici della Lombardia, “Ospitalità Italiana”». Più di cento strutture hanno aderito a quest’ultimo progetto, realizzato in collaborazione con Unioncamere e promosso dall’Istituto nazionale ricerche turistiche. «Il riconoscimento che così si può ottenere – continua l’assessore – attesta l’alto livello di servizio offerto e permette di confrontarsi in modo competitivo con altre realtà montane alpine e transalpine. La Regione, inoltre, metterà in campo risorse per 5mln di euro, da assegnare tramite un bando dedicato alla messa in sicurezza degli impianti di risalita, che aprirà nella prossima primavera». Oltre ai rifugi e alla riqualificazione del territorio montano, l’assessorato allo Sport e Giovani si è dedicato anche alla valorizzazione degli ostelli. «Abbiamo voluto rilanciare la loro immagine – precisa l’assessore – come strumento turistico, che in Italia è sempre stato visto negativamente a causa dell’arretratezza delle strutture. Per quanto riguarda la Lombardia, oggi la tendenza si è ribaltata grazie a interventi come quello della Regione che ha messo in campo risorse economiche e severe normative in termini di standard qualitativi. Ora si può guardare all’ostello non come una struttura ricettiva low cost, ma di qualità, inserita in contesti storico-culturali e naturalistici, che promuove e valorizza il nostro territorio e le sue eccellenze. La concretezza e la qualità sono state valutate da chi ne ha usufruito e sancite da numeri incontrovertibili: gli ostelli lombardi hanno totalizzato oltre 150.000 presenze l’anno». www.regione.lombardia.it

Sopra, Filippo Grassia, assessore allo Sport e Giovani di Regione Lombardia

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Destinazione Salento

TEATRO ALL’APERTO di ELISA FIOCCHI

Il Monastero degli Olivetani, insieme alla Chiesa dei Ss. Niccolò e Cataldo, sono i luoghi dell’anima per la scrittrice Raffaella Congedo: «Uno spettacolo assorto, silenzioso, inimmaginabile, uno dei posti più belli del mondo» Lecce

el 1968 nasce in Puglia una piccola casa editrice le cui pubblicazioni arricchiscono oggi gli scaffali delle più importanti librerie internazionali. Il segreto di Congedo Editore consiste nella valorizzazione dei tratti distintivi della cultura pugliese, quelli più amati ed “esportabili” all’estero con pubblicazioni sulle masserie ristrutturate, la cucina tradizionale, ritratti fedeli degli abitanti che da queste terre hanno poi raggiunto la fama. «Siamo nelle più belle librerie del mercato inglese e americano – racconta la scrittrice Raffaella Congedo – e il nostro best-seller all’estero s’intitola “Salento Style”, che troneggia nei Barnes and Noble di Beverly Hills o di Manahattan e che riforniamo continuamente». Ai piccoli lettori sono invece destinati libri e guide introduttive studiate a misura di bambino e, di recente, anche un cartone animato che narra le gesta di piccoli elfi nella terra di “Trullolandia”.

N Fiorella Congedo, direttore editoriale presso Congedo Editore

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Con “Guida di Lecce”, tradotta in più lingue, in che modo si fa portavoce del fascino di questa città agli stranieri di tutto il mondo? «Vent’anni fa, con la collana delle guide verdi, mio padre ha avuto l’intuizione di cominciare con le guide turistiche e culturali, e la nostra casa editrice s’è assunta il difficile compito di tradurre per i lettori i testi accademici dei grandi storici dell’arte che avevano parlato di Lecce e del Salento. In questi anni sono stati pubblicati 50 titoli di quella collana con la collaborazione di studiosi e giornalisti». E quali novità e aneddoti contiene la sua prossima guida “Enjoy Lecce” in uscita a dicembre? «È una guida fresca, giovane, graficamente deliziosa, piena di immagini bellissime, tascabile, pensata per un viaggiatore che vuole vivere la città a tutto tondo, con consigli che riguardano anche cosa fare, dove alloggiare, cosa gustare. È già stato presentato alla distribuzione internazionale e presto porteremo Lecce sui mercati stranieri per catturare l’attenzione di chi voglia progettare

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un viaggio alle nostre latitudini». Lei è anche autrice del libro “Alla scoperta di Lecce. Guida per piccoli turisti”. Quali luoghi di Lecce incantano i piccoli visitatori? «Lecce è un teatro all’aria aperta, la città degli angeli e dei mostri di pietra, con chiese come Santa Croce, che ha una facciata che è tutta un indovinello, e San Matteo, che ha un prospetto mezzo concavo e mezzo convesso come se l’edificio trattenesse il respiro nella parte superiore e lo rilasciasse in quella inferiore. Per i bambini è un continuo gioco di scoperte e di sorprese. Ma la parte più affascinante, per tutti e per tutte le età, è sicuramente quella legata agli spazi segreti, alle corti nascoste, ai luoghi che non si svelano immediatamente e che poi ti appaiono all’improvviso investendoti d’emozione». State lavorando, con Rai Fiction e Fandango, a un cartone animato in 2D, “i Trullalleri”. Che cosa raccontano i protagonisti del cartone, soprannominati anche i “puffi di Puglia”? «È la storia di un villaggio di trulli ai piedi di

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un uliveto incantato e una scuola di cucina e magia che forma quattro piccoli elfi, ognuno con un talento, impegnati a difendere Trullolandia dalle insidie di uno stregone goffo e tenace. Sono la trasposizione in animazione di un modello di vita che ha eletto la semplicità come punto d'arrivo». Quali edifici storici che esprimono la magnificenza di Lecce sono stati oggi recuperati e rivivono una seconda esistenza? «Per i corsi e ricorsi storici, Lecce vive oggi un momento magico legato a quegli stessi edifici che tra Seicento e Settecento la resero celebre e si fecero portatori di una propaganda di ricchezza culturale ed economica: i conventi e i monasteri. Quei luoghi, oggi magistralmente recuperati, sono sede di musei, di biblioteche, dell’università, sono luoghi di eventi. Come fossero straordinarie scatole magiche che, dopo un fervido lavoro durato anni, oggi si sono riaperte per accogliere nella storia, la vita, l’arte, la cultura. È un fenomeno che stiamo vivendo giorno per giorno ed è davvero affascinante».

Sopra, il chiostro del Monastero degli Olivetani

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QUELL’AZZURRO UNICO di ELISA FIOCCHI

È il cielo della Puglia il ricordo più bello che porta con sé in giro per il mondo la cantautrice salentina Dolcenera. Che della sua terra non dimentica, però, le contraddizioni: «Calorosa e divertente d’estate, noiosa e arrogante d’inverno»

i ritorno dall’Asia, dove si è esibita a Hong Kong e Macao, Dolcenera si prepara a chiudere l’anno con le tappe italiane del suo “Ci vediamo in Tour” che in dicembre la porteranno sui palchi di Taranto, Milano, Albenga e Torino. Ma è a Galatina, la sua città natale, che la cantautrice salentina inizia il suo percorso artistico, scrivendo le sue prime canzoni, studiando canto, pianoforte e clarinetto fino all’età di sedici anni quando si trasferisce a Firenze e fonda la sua prima band. È solo l’inizio di una carriera che nel 2003 la consacra vincitrice del Festival di Sanremo nella categoria giovani con il brano “Siamo tutti là fuori”, una canzone ispirata proprio alla movida di Otranto che nelle notti d’estate si riempie di ragazzi fino all’alba. «In tempi non sospetti, quando il canto popolare e la danza della pizzica non li conosceva ancora nessuno – racconta la cantautrice – portammo i classici tamburelli salentini sul palco dell’Ariston». C’è un verso di una sua canzone dedicato alla sua terra d’origine? «Non c’è una vera citazione, o almeno non ancora, nel senso che solo in una canzone che ho

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scritto di recente cito il vento del Salento. Le dediche in realtà sono tante: oltre a “Siamo tutti là fuori”, c’è sicuramente “Giorni d’estate” contenuta nell’album “Dolcenera nel Paese delle Meraviglie” del 2009, con quel “mille pensieri su di te, promesse fatte in lacrime svaniscono su spiagge dorate”». A quale brano di un artista pugliese è particolarmente legata e perché? «”Vieni a ballare in Puglia” di Caparezza. Ho ballato quella canzone per tutta un’estate com’è successo a molti, ma nella spensieratezza della danza il testo racconta crudelmente le contraddizioni, la bipolarità inverno-estate che vive ormai da troppo tempo la mia terra: calorosa e divertente d’estate, noiosa e arrogante d’inverno, con tutti quelli che “pensano che il protocollo di Kyoto sia un film erotico giapponese”». Il Salento è stata la terra della sua infanzia prima di trasferirsi a Firenze. Quali profumi e colori ricorda di quegli anni? «Ogni volta che ci torno mi colpisce l’aria che respiro: è una sensazione primordiale che non riesco a capire fino in fondo. Il cielo è di un azzurro “unico” e diverso dagli altri e l’aria ha quel vago retrogusto di salsedine che il vento porta dal mare all’interno».

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foto: ©Olycom

Consiglio un coast to coast da Porto Cesareo a Frassanito, passando da Porto Selvaggio, Gallipoli, Santa Maria di Leuca Quando ritorna nel Salento, qual è il suo rifugio? «Indubbiamente Otranto, tra la cattedrale con i resti dei martiri, il mosaico, la cripta e la leggenda del tunnel segreto che dal fondo marino porta in Grecia; il castello aragonese che ha dato il nome al primo romanzo gotico della storia: per me fermarsi sui bastioni a contemplare il mare, il porto e l’orizzonte è davvero rigenerante».

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C’è un locale caratteristico dove ascoltare della buona musica o trascorrere una bella serata? «Ce ne sono davvero tanti, tra questi uno di quelli a cui sono più affezionata è il “Calaluna” a Marina di Andrano. È un pub in una pineta sugli scogli che danno sul mare Adriatico e sul cielo folgorato dalle stelle. C’è un po’ di tutto: musica dal vivo con band salentine, cabaret, incontri e silenziosa contemplazione finale sul lungomare».

Sopra, Emanuela Trane, in arte Dolcenera, cantautrice italiana

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Destinazione Salento

Dolcenera

Parlando di cucina, qual è il piatto tipico della tradizione pugliese che prepara ancora oggi a casa? «Quando ho voglia di ricreare l’atmosfera di un pranzo domenicale salentino preparo le melanzane ripiene. È un piatto complesso che prevede circa due ore di preparazione, un ripieno fritto di polpa di melanzane, prosciutto, uova, riso, carne trita e chi più ne ha più ne metta! Ma adoro anche contaminare la tradizione, nella musica così come nella cucina: ecco, quindi, che le melanzane ripiene possono diventare ananas ripiene, strizzando l’occhio a una ricetta portoghese».

E in un tour del Salento, quali altre tappe del viaggio non devono essere trascurate? «Consiglio un “coast to coast” da Porto Cesareo a Frassanito, passando da Porto Selvaggio, Gallipoli, Santa Maria di Leuca, dove ho trascorso la mia infanzia, Tricase e Castro. E poi, in chiusura, ammirare il Barocco leccese. Ogni volta che torno dai miei, una giornata la trascorro in questa città bellissima. Le sue chiese, il Duomo, i monumenti, l’anfiteatro e il teatro romano, le piazze, le torri, i monasteri, i conventi e le opere dell’arte barocca la rendono unica. È difficile da raccontare, ma la visita è d’obbligo. Come, del resto, un souvenir in pietra leccese».

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L’eccellenza della cucina di mare Aragoste, gamberoni, filetti di tonno, frutti di mare sono solo alcune delle proposte di pesce che si possono gustare al Ristorante Blu Notte, specializzato nella cucina di mare. Un trionfo per gli occhi e per il palato: appena si entra nel locale, infatti, lo sguardo è subito catturato dal carrello di pesce fresco visibile immediatamente all’ingresso e, per scegliere la pietanza più adatta ai propri gusti, si può fare affidamento sui consigli dei professionisti della sala. Il pesce rappresenta l'80 per cento delle proposte gastronomiche: cotto sulla brace o in crosta di sale, all'acqua pazza o al vapore, oltre che in alcune specialità dello Chef Sonia Gaetani. Una cantina assortita, interessante e intrigante, guida l’ospite nel mondo del buon vino, con bianchi d'autore, rossi prestigiosi e vini da meditazione. E, per concludere in bellezza, è imperdibile, tra i dessert, la cassata di ricotta.

RISTORANTE BLU NOTTE Via Brancaccio, 2 - Lecce (LE) Tel. 0832 30.42.86 www.ristoranteblunotte.com - blunottelecce@libero.it

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L’HOTEL DALLE DUE ANIME di EMANUELA CARUSO

Location congressuale efficiente e dai grandi spazi, e al contempo angolo di benessere in completa armonia con le bellezze salentine. Questo è il Grand Hotel Tiziano e dei Congressi

lle porte di Lecce, a due passi dal centro storico, in una struttura d’elite dall’architettura moderna e raffinata, perfettamente integrata con lo splendore barocco della città, sorge un hotel unico nel suo genere. A un’anima congressuale particolarmente spiccata e a una struttura tra le più moderne d’Italia, in grado di accogliere in 13 diverse e attrezzate sale circa 2000 utenti, infatti, si unisce un’anima più dolce, che deve la sua atmosfera al ristorante Michelangelo, al centro wellness Relaxaria City

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Il Grand Hotel Tiziano e dei Congressi è situato alle porte di Lecce

Spa, e al pool club all’aperto. Stiamo parlando del Grand Hotel Tiziano e dei Congressi, «un albergo – come racconta il general manager Andrea Sabato – in grado di sorprendere e farsi amare tanto per l’efficienza del suo centro congressi quanto per il suo lato più leisure». Con 273 camere, di cui 4 executive e 70 superior con ascensore panoramico, il Grand Hotel Tiziano offre ambienti eleganti e confortevoli; e il ristorante Michelangelo si prodiga nel lasciare senza fiato anche i palati più fini. «Ricavato da un’antica distilleria, il ristorante propone specialità salentine e cucina nazionale.Tra i nostri piatti più richiesti – consiglia lo chef Pierangelo Faggiano – c’è il Filetto di maiale “Orvi” in crosta di pane con riduzione al primitivo, mentre tra i vini più pregiati consigliamo il Selvarossa Riserva Dop Rosso Salice Salentino, un vino prodotto da uve mature e selezionate di Negroamaro e Malvasia Nera, dal colore rubino intenso con riflessi amaranto, dal profumo accattivante di ciliegia e vaniglia, e dal gusto marcato da note di frutti rossi e legno». Il centro wellness dell’hotel offre percorsi rivitalizzanti e acquatici, massaggi olistici e trattamenti estetici.

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www.grandhoteltiziano.it

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Destinazione Salento

DA COSTA A COSTA

di FRANCESCA DRUIDI

Brevi appunti di viaggio per non perdere le spiagge più belle, le località balneari più frequentate e gli scorci della costa salentina. Dall’Adriatico allo Ionio. Seguendo i consigli di Enrico Capone Le perle del mare

et apprezzato di film e fiction, il Salento sta conoscendo una crescente e definitiva popolarità tra i turisti italiani e stranieri, facendo da traino per tutto il settore in Puglia. Calette, scogli e arenili di grande bellezza, acqua limpida e trasparente, luoghi intrisi di storia e tradizione, decretano il successo della costa salentina, sia adriatica che ionica. A guidarci nelle bellezze di questo territorio è Enrico Capone di Capone Editore, casa editrice specializzata nella storia del Salento e del Mezzogiorno oltre che nella realizzazione di guide turistiche. «Il Salento – sottolinea Capone – gode di un costante passaparola. Fino a diversi anni fa, infatti, non era una meta turistica così nota e ambita. A fare la differenza sono l’accoglienza, le bellezze sia naturali che storicoartistiche, la qualità dell’enogastronomia locale e i prezzi accessibili». A puntellare il paesaggio di entrambi i versanti sono le torri costiere «di protezione, in-

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nalzate a difesa dai Turchi», mentre le insenature della roccia proteggono le grotte marine, «preziose testimonianze del fenomeno carsico salentino». È una terra affascinante, il Salento, dove storia e leggenda si rincorrono e confondono. «Si tramanda che, attraverso le grotte, si potesse dalla costa adriatica raggiungere quella ionica e viceversa. Mentre è un fatto storico che le torri costiere fossero in comunicazione tra loro, per diffondere nel modo più veloce possibile i messaggi, come l’arrivo dei Turchi». Prendendo “in prestito” la suddivisione proposta dal volume “Il Salento da Ostuni a Leuca” (Capone Editore), si percorre la costa salentina, annotando alcune delle mete imperdibili. CASALABATE – OTRANTO La litoranea adriatica in questo tratto offre in prevalenza lunghi arenili e una scogliera piuttosto bassa (da segnalare le marine di Torre Rinalda, Torre Chianca, Frigole e San Castaldo, la spiaggia dei leccesi). Procedendo verso Otranto, all’altezza

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Armonie di vini e sapori Storico locale nel cuore di Lecce, l’Antica Enoteca Rollo è stata la prima enoteca della città, fondata oltre 45 anni fa da Raffaele Rollo, sommelier professionista estremamente appassionato del proprio lavoro. Oggi alla guida dell’enoteca c’è la figlia Linda, cui il padre ha trasmesso la passione per i vini, e che ha saputo rinnovare il locale con un delizioso angolo bar e degustazioni guidate, in cui i vini vengono accompagnati da una selezione di cibi in grado di valorizzarne le peculiarità. Presso l’Antica Enoteca Rollo si possono trovare centinaia di etichette provenienti da tutta Italia e da alcuni paesi stranieri. Oltre alla vasta scelta di vini, ampia è anche la selezione di cognac, whisky, liquori, champagne, rum invecchiati anch’essi degustabili in giorni particolari. Da gennaio, la degustazione guidata sarà ogni venerdì, e avrà per protagonista un vino diverso ogni settimana, per far conoscere le caratteristiche organolettiche dei grandi vini italiani, e fare anche scoprire alcune etichette inedite.

ANTICA ENOTECA ROLLO Via Cesare Battisti, 23 - 73100 Lecce Tel. 0832 30.28.32 - Fax 0832 25.21.97

di Roca, la scogliera si fa più alta e frastagliata, arricchendosi di insenature e faraglioni. Una meta non ancora inflazionata, suggerisce Enrico Capone, è «l’area costiera della Riserva delle Cesine, gestita dal Wwf, che offre angoli di natura selvaggia e incontaminata - non ci sono, infatti, lidi attrezzati - caratterizzata da una vegetazione palustre lambita da uccelli migratori». La località balneare più frequentata dai turisti Torre dell’Orso, dall’ampia spiaggia bianca e fine, protetta da due alte scogliere e circondata dalla pineta. OTRANTO – LEUCA Conosciuta come “la perla del Salento” Otranto è «città-cerniera con l’Oriente, una località densa di bellezze storiche e artistiche - le mura, i bastioni, la Cattedrale e il castello - oltre che acco-

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gliente e ben tenuta. Uno scenario fortemente suggestivo è offerto poi dal litorale degli Alimini, situato a nord di della città, dominato dalla macchia e dalle dune sabbiose, a ridosso dei laghi omonimi, ricchi di varietà botaniche e animali». Proseguendo verso Leuca, il paesaggio diventa più selvaggio e frastagliato. Meritano una sosta S. Cesarea Terme, con le sue acque sulfuree e i suoi moderni impianti termali, e Castro, facendo ben attenzione a non mancare l’appuntamento con la celebre Grotta della Zinzulusa. Prima di Santa Maria di Leuca, si possono visitare Acquaviva, la Marina di Andrano (Grotta Verde), e Tricase porto. LEUCA – MANCAVERSA La fascia costiera di Leuca, antica sede vescovile,

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L’area costiera della Riserva delle Cesine offre angoli di natura selvaggia e incontaminata

dove si fondono le acque di Adriatico e Ionio, è punteggiata da alcune famose e antiche grotte, risalenti alla preistoria: La Porcinara, la grotta del Diavolo, delle Tre Porte, dei Giganti, alcune delle quali raggiungibili dal mare. Dopo Leuca, si susseguono diverse marine in direzione Gallipoli, tra cui Torre Vado, Torre Pali, Lido Marini, Torre Mozza e Torre San Giovanni, queste ultime tre situate nel territorio di Ugento. GALLIPOLI – PORTO CESAREO Gallipoli, oltre che per la sua bellezza, è oggi frequentata soprattutto dai giovani per la sua intensa movida notturna, concentrata nella Baia Verde. Lasciando Gallipoli, si incontrano note località estive come Santa Maria al Bagno e Santa Caterina. Sulla costa si susseguono torri difensive, tratti alti e rocciosi alternati ad arenili di grande impatto. A caratterizzare una buona parte della costa ionica, ricorda infine Enrico Capone, è il Parco naturale di Porto Selvaggio, «una sorta di paradiso terrestre di acqua cristallina, a cui si accede superando la pineta», tappa imprescindibile prima di arrivare a Porto Cesareo.

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NELLA MESSAPICA UGENTO

di ROBERTA DE TOMI

l Salento, terra di natura e cultura, si dischiude come una corolla pregiata, offrendo mete da scoprire. Qui, a due passi dal mare cristallino, si trova la Messapica Ugento, città d’arte, sulle “chianche” della storicaVia “Sallentina”. Tappe irrinunciabili per i visitatori, sono il Castello dei Principi D’Amore, la Cattedrale, in origine gotica, distrutta da Federico Barbarossa e dai Saraceni nel 1537, ricostruita nel 1735 (la facciata neoclassica risale al 1885) e il museo, ricco di reperti di grande valore archeologico. In questo scenario, nel cuore del Borgo Antico, sorge una

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Il B&B Corte Fidele si trova a Ugento (LE)

Paese salentino in cui natura e cultura creano un suggestivo connubio, Ugento ospita una struttura del 1200, dove si possono assaporare atmosfere e piatti “di una volta”, evocati da Marianna Corvaglia tipica “casa a corte”, risalente al 1200. In stato di abbandono fino a più di mezzo secolo fa, la struttura è stata in seguito recuperata, grazie all’iniziativa degli attuali proprietari del B&B Corte Fidele. Per loro volontà sono state ravvivate la pietra Leccese e il carparo che avvolgono le grandi stanze delle volte a botte e a stella, imbiancate di calce. Le mura cingono il verde del cortile, in cui si trovano animali domestici, creando un’atmosfera da “c’era una volta”. A completare il quadro, i sapori e i profumi salentini. «La colazione, dolce e salata, – rileva Marianna Corvaglia – comprende crostate, torte, marmellate di vari frutti, uova fresche di giornata. Non mancano le frise, tipicamente pugliesi e il pane condito con olio extra-vergine; infine la frutta di stagione. Tutti questi alimenti vengono rigorosamente realizzati presso la nostra corte, insieme a tante altre specialità. Molto pregiati e richiesti, nostro fiore all’occhiello, sono i diversi liquori, preparati con amorevole cura da me personalmente, come quelli al melograno, all’alloro, ai fichi d’india, alla “murteddha”, alla menta». www.cortefidele.it - info@cortefidele.it

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ARCHITETTURE RURALI di FRANCESCA DRUIDI

Incastonate nello scenario agrario salentino, le masserie rappresentano una solida testimonianza dei processi storici, culturali ed economici che hanno interessato il territorio e la sua popolazione. Cesare Daquino ci ricorda l’importanza del loro ruolo

Masseria Gelsorizzo, ad Acquarica del Capo

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ecuperate o in stato di abbandono, le masserie sono diventate, in questi anni di crescente interesse verso il Salento, oggetto di interventi di recupero e di curiosità da parte di visitatori e turisti. L’organizzazione economica pugliese del passato, basata sulla pastorizia, la cerealicoltura, l’olivicoltura e le attività fondiarie in generale, ha ruotato in maniera pregnante intorno a queste strutture, creando in Salento una fitta e variegata trama di insediamenti. Come sottolinea Cesare Daquino, autore del volume “Masserie del Salento”, pubblicato da Capone Editore, accanto alle tradizionali aziende rurali si identificano «le masserie fortificate, le più ri-

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levanti dal punto di vista estetico e storico. A questa tipologia di masserie si riconducono due funzioni: una certamente legata all’agricoltura e all’allevamento, l’altra alla difesa dai turchi, dai barbareschi e da piraterie di vario tipo». Tra il XV e il XVI secolo si registra, infatti, il maggior numero di dimore dotate di elementi per la difesa di abitanti, provviste e animali. Dalla costa ai piccoli villaggi dell’entroterra, torri costiere, torri-masserie, castelli e case-torre formavano una fitta rete difensiva. Queste masserie possedevano «tutti quegli elementi tipici dell’edilizia fortificatoria: dalle torrette di avvistamento o garitte alle caditoie, dalle feritoie ai ponti levatoi, fino alle guardiole situate agli angoli più alti e alle mura di cinta».

Destinazione Salento

La rinascita delle masserie

Profumo di mare La Grotta del Conte ha fatto la storia della gastronomia del Salento e ogni anno riceve l’attestato di qualità e ospitalità italiana. Qui l’accoglienza e l’eccellenza dei piatti sono indiscutibili. La Grotta del Conte è infatti il posto ideale per gustare il fresco sapore del mare attraverso i piatti della cucina tipica salentina. Nella deliziosa sala, spaziosa e accogliente, o sulla terrazza, seduti davanti al paesaggio incantevole della "Baia di Castro", si possono assaporare i piatti preparati dal maestro Consiglio Capraro. La sua cucina, prevalentemente a base di pesce sempre freschissimo, tra i vari ingredienti ne ha uno segreto e tra i più semplici: il profumo del mare che delicatamente si insinua nel palato rendendo i sapori unici e impareggiabili.

RISTORANTE GROTTA DEL CONTE Via Duca del Mare - 73030 Castro Marina (LE) Tel. e Fax 0836 94.33.49 - Tel. 0836 94.32.22 - Cell. 349 08.31.123 www.grottadelconte.it - info@grottadelconte.it

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Destinazione Salento

La rinascita delle masserie

A partire dal Settecento, si assiste a un’evoluzione della tipologia costruttiva: le strutture di difesa si fondono con decorazioni ed elementi che rimandano a una frequentazione signorile. Alla casa del mezzadro si associa la dimora stagionale del proprietario della masseria. Oggi, «con il veloce sviluppo del turismo in Salento - aggiunge l’autore diverse masserie sono state recuperate: da fattorie agricole spesso si trasformano in ristoranti, bed&breakfast, hotel e residence per accogliere i turisti». Le masserie fortificate sono, in particolar modo, concentrate lungo la fascia adriatica, dal territorio di Brindisi scendendo fino a Otranto, e lungo la costa ionica dal confine con la provincia di Taranto fino al Capo di Leuca. «Gli esempi più signi-

ficativi delle masserie fortificate si trovano, per tipologia e dimensione, nel territorio di Nardò». Cesare Daquino non ha dubbi nell’indicare la masseria Giudice Giorgio (situata sulla strada Nardò-Avetrana in località Arneo) come tappa obbligata di un ideale percorso alla scoperta delle costruzioni masserizie più emblematiche. Nella scenografica Giudice Giorgio, oggi adibita a struttura ricettiva, trova, infatti, ampia rappresentazione l’edilizia rurale fortificata. «La torre e la presenza di garitte angolari e caditoie, collegate da un corridoio coperto per la difesa a 360 gradi della masseria, rendono la struttura una sorta di castello». Sempre nel territorio neretino si possono ammirare, come suggerisce lo scrittore, la masseria Brusca (Torre Inserraglio),

Uno scenario da sogno Ampi spazi, eleganza, moderno comfort. Sono i tratti distintivi del Gallipoli Resort, nonché gli ingredienti fondamentali per la buona riuscita di ricevimenti e cerimonie. Gallipoli Resort è un elegante hotel 4 stelle di nuova generazione, immerso nel verde della macchia mediterranea e di ulivi secolari. Un ottimo punto di riferimento per un piacevole soggiorno sulla costa salentina, con le sue armoniose camere e l’elegante ristorante con cucina locale, nazionale e internazionale. La struttura è il luogo ideale in cui trascorrere una vacanza indimenticabile e dove festeggiare il proprio matrimonio. Grazie agli ampi spazi, sia all’esterno che all’interno, sono disponibili diverse location che scandiscono i differenti momenti del ricevimento. Dall’accoglienza nel prato, all’aperitivo tra gli ulivi, fino al pranzo in sala e al dessert in piscina: ogni fase, in questo scenario, diventa indimenticabile.

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Masseria Brusca a Nardò (foto dal volume “Masserie del Salento”, Capone Editore)

oggi azienda agricola, con la sua cappella settecentesca e i motivi architettonici che cingono le mura del giardino; la masseria Ascanio (località Pittuini) e la masseria Carignano Grande (contrada Carignano), «dall’aspetto armonioso e sobrio», purtroppo in stato di abbandono. Altra concentrazione rilevante di edifici fortificati si individua nel territorio compreso tra la marina di Torre S. Giovanni, Ugento, Presicce e Torre Vado. Interessanti per Cesare Daquino sono anche la

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masseria del Fano a Salve, nei pressi del sito archeologico “La chiusa”, «che ha integrato solo successivamente elementi di edilizia fortificatoria», la masseria Don Cesare, situata a 500 metri dal mare e la masseria “Santu Lasi”. Da non perdere è la masseria Gelsorizzo, ad Acquarica del Capo, il cui complesso spicca per l’alta torre quadrangolare, l’annessa cripta con decorazioni di gusto bizantino poi dedicata a San Nicola e per la vicina torre colombaia circolare di metà del Cinquecento.

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SAPORI DI VITA AGRESTE Assaporare allorino, limoncello, citronella o nocino nell’antica corte. Oppure gustare rustici, pasticciotti o crostate prodotte con antiche ricette. Scopriamo i segreti della Masseria Pagani

n tempo prestigiosa residenza dei Pagano, Principi di Avetrana, divenne poi dimora del Marchese De Noha, cameriere personale del Papa. Molte sono state le personalità storiche che hanno soggiornato nella Masseria Pagani. Durante la seconda Guerra mondiale vi trovarono accoglienza e rifugio anche decine di ebrei sfuggiti alle retate dei Nazisti. «La Masseria Pagani, risalente al 1400, ha sempre ricoperto un ruolo di primaria importanza essendo la più vicina al

U Masseria Pagani, contrada Pagani Nardò (LE)

di MARCO TEDESCHI

paese di Nardò. – Spiegano i titolari, Gabriele e Simona –. In passato ospitava abitualmente nomi illustri, come il famoso tenore Tito Schipa». La vita agreste si assapora in ogni singola componente della masseria, dalla ricettività in splendide camere/suite finemente arredate e dotate di ogni confort all’offerta culinaria, vero frutto della terra. «Le colazioni, sontuose e genuine, con prodotti biologici, già di per sé basterebbero a esaltare la ricchezza dei prodotti. Tra le tipicità, non può di certo mancare il “pasticciotto leccese”. «Oltre a questo prodotto Dop offriamo crostate con marmellate biologiche, prodotte dall’azienda con antiche ricette, o il “rustico leccese”. Il tutto servito in stoviglie smaltate di terracotta locale». Inoltre, nell’antica corte, luogo intorno a cui tutta la vita ruotava, si organizzano in un’atmosfera suggestiva degustazioni serali a tema che permettono di assaporare i piatti della tradizione e di deliziarsi subito dopo con l’allorino, il limoncello, la citronella o il nocino fatti in casa». www.masseriapagani.com info@masseriapagani.com

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UN’ANTICA MASSERIA

di EMANUELA CARUSO

Una cucina dai sapori tipicamente salentini e un’agricoltura completamente biologica. Antonio Costantini ci accoglie nella Masseria Casa Porcara

el cuore della Piana Messapica, dove la campagna è dominata dal colore rosso della terra, dall’argento degli ulivi, dall’azzurro del Mar Ionio, i profumi delle piante della macchia mediterranea e l’intricato disegno dei muretti in pietra a secco, sorge l’Azienda Agrituristica Masseria Casa Porcara. Una tipica masseria salentina, nata sul sito di un antico casale medievale, che ha saputo mantenere il carattere originario grazie a un attento restauro conservativo. «Nella vecchia stalla e nel fienile adiacente – spiega Antonio Costantini, proprietario della masseria – è

N L’Azienda Agrituristica Masseria Casa Porcara si trova a Veglie (LE)

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stato organizzato il locale ristorante, mentre le camere – che in tutto offrono circa quaranta posti letto – sono state ricavate nelle abitazioni dei contadini e dei massari di un tempo. Ai nostri ospiti offriamo una cucina tipica fatta di pietanze della tradizione salentina. Tutte le nostre gustose ricette sono realizzate con prodotti dell’Azienda e impreziosite dal sapore unico dell’olio extravergine d’oliva Bio e Dop Terra d’Otranto. I piatti più richiesti sono anche quelli che meglio valorizzano i prodotti locali, tra cui: antipasti a base di ortaggi e verdure; pittule, polpette, crocchette di patate e focacce con la cipolla; purè di fave con le

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cicoriette selvatiche; pomodori gialli e cipolle al forno; pomodori secchi e formaggi locali. Ma anche, la pasta fatta in casa con farina di grano duro; la “ciceri e tria”, ovvero tagliatelle fatte a mano in casa condite con i ceci e pasta fritta; i maccheroni con verdure; le grigliate di carne; e l’agnello al forno». La Masseria Casa Porcara, però, non è solo cucina, ma anche agricoltura biologica. Nei cinquanta ettari di terreno da cui è circondata, infatti, vengono portate avanti coltivazioni biologiche, tanto che oggi l’Azienda Agrituristica di Antonio Costantini è anche un centro per la divulgazione delle risorse naturali, ambientali e agricole. «Casa Porcara – spiega il signor Costantini – riveste un ruolo importante all’interno del territorio, in quanto, mediante una serie di iniziative culturali e attività didattiche rivolte a tutte le fasce scolastiche, è diventata un luogo di conoscenza

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e studio delle dinamiche di valorizzazione del paesaggio rurale e di conservazione della memoria storica della Piana Messapica. Il Centro didattico è stato ricavato in una struttura di particolare pregio architettonico e rappresenta il fiore all’occhiello della nostra Azienda Agrituristica. In esso, infatti, oltre alla sala convegni, è stato allestito un ampio spazio con pannelli didattici riguardanti gli aspetti naturalistici, architettonici e paesaggistici della nostra magnifica terra». La portata culturale del luogo, così come la gestione a carattere familiare, la cura degli alloggi, la disponibilità e la cortesia del personale, la tranquillità della zona, e il profumo delle piante diffuso dalla brezza marina rendono indimenticabile la permanenza nell’Azienda Agrituristica Masseria Casa Porcara. www.casaporcara.it

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IL PERCORSO DEL VINO

di ROBERTA DE TOMI

Vino, ospitalità e arte formano un trittico vincente, forti di una storia di oltre cinquecento anni, insignita di diversi riconoscimenti, come racconta Giuseppe Coppola

na cantina “con il villaggio intorno” si affaccia sul Golfo di Gallipoli, catapultando il visitatore in un vero e proprio percorso dei vini. Qui sorgono quattro tenute: un impianto di Primitivo, posto su terreno sabbioso, il Patitari, compreso nella Masseria Camping, area adibita all’ospitalità, protetta alle spalle, dalle alture da cui svetta la chiesetta di San Mauro; il vigneto Santo Stefano, nell’agro di Alezio, dove sono presenti i vigneti del Vermentino e del Negroamaro oltre a uno straordinario impianto di primitivo nella roccia; il fondo Li Cuti, in comune di Sannicola, coltivato a Ne-

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Destinazione Salento

groamaro.Tenute rigogliose, come la storia dei proprietari, componenti in alcuni casi di grande spessore artistico o intellettuale della famiglia Coppola, attiva sul territorio da cinquecento anni. Una longevità che ha permesso all’azienda di rientrare nella rosa delle finaliste del prestigioso premio “Di padre in figlio – Il gusto di fare impresa” (categoria Storia e tradizione), premio promosso da diversi enti, tra cui le Camere di Commercio di Milano e di Monza, la Borsa Italiana e la società Eidos Partners. «Tutto ha inizio nel 1400 – spiega il titolare, Giuseppe Coppola, che si occupa della vitivinicoltura – quando Orsino Coppola sposò la nobile gallipolina Laura Cuti e iniziò l’attività legata all’agricoltura e al commercio marittimo. Nel 1600 operò Giovanni Andrea Coppola, pittore di fama europea, la cui omonima collezione di ventuno tele, tra cui una prestigiosa “Natura morta” è stata donata anni fa da mio padre Carlo e dai suoi fratelli al Comune di Gallipoli.Alla fine dell’Ottocento Giovanni Coppola fondò il prestigioso settimanale “Spartaco”, mentre nel Novecento l’ingegnere Niccolò Coppola intuì le potenzialità turistiche del territorio. La sua tesi di

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laurea, nel 1922, fu il progetto di un grand hotel da realizzare a Gallipoli. A dare ulteriore impulso ai vigneti, nostro padre, Carlo, enologo e amico di LuigiVeronelli, critico enogastronomico che diede rilevanza nazionale ai nostri vini». Vini, conservati all’interno di una cantina tecnologicamente attrezzata, che hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti. «Dal Rocci – dichiara Coppola – che è il primo Negroamaro vinificato in bianco, brillante intuizione del nostro enologo Giuseppe Pizzolante Leuzzi, al Vermentino Li Cuti Salento Igt, arrivando al Li Cuti,Alezio Doc, premiato quest’anno ai concorsi nazionale “Rosati d’Italia” e “Vini da pesce” di Ancona. Per i rossi, abbiamo il Patitari Salento Igt, un Primitivo, invecchiato due anni in botti di rovere, il Li Cuti Alezio Doc rosso negroamaro in purezza e il Doxi Alezio Doc Rosso Riserva, 80 per cento Negroamaro e 20 per cento Malvasia nera. Infine, il Tafuri Salento Igt è un Passito rosso dolce naturale, 30 per cento Negroamaro e 70 per cento Primitivo». www.cantinacoppola.it www.lamasseria.net

In apertura, l’enologo Carlo Antonio Coppola. La Cantina Coppola è situata a Gallipoli (LE)

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FRUTTO DELL’ENTROTERRA di NICOLETTA BUCCIARELLI

I menù che si possono gustare al ristorante la Cistareddha parlano di un entroterra pugliese che si sente più vicino alla campagna che al mare. Senza mai tralasciare la creatività reatività per noi vuol dire soprattutto fantasia nel presentare i piatti. Per quanto riguarda gli ingredienti, è la terra che ci fornisce le basi per l’inventiva». Alessandro Panico presenta così il tratto saliente del ristorante la Cistareddha di Tricase. «Nella fantasia dei piatti sono aiutato molto dallo chef.Tra le sue specialità spiccano le trofie con spada e gamberetti, piatto semplice ma con una grande immagine. O gli gnocchi alla “Cistareddha” con crema di peperoni, tipici della zona, e speck. In questo caso il dolciastro dei peroni si sposa molto

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bene con lo speck e la rucola; un primo da servire con un buon Negramaro».Affianco alla trattoria sta conquistando sempre più palati anche la pizzeria. «Nella pizzeria, una cosa su cui puntiamo molto, sono le farine alternative, come quella di kamut, farro e cereali. Farine molto richieste sia da chi ha intolleranze sia per il loro sapore. Il nostro è un impasto molto leggero, con una lievitazione di 24-36 ore. Anche in pizzeria cerchiamo di puntare molto sul tema casereccio. Per questo abbiamo molte pizze alle verdure. Un abbinamento che consiglio? Una pizza con pancetta di maiale, cicoria e pecorino. La creatività in questo modo entra in forno, anche grazie ai preziosi consigli dello chef». I menù del ristorante la Cistareddha sono il frutto dell’entroterra pugliese. «Per questo quello che prediligiamo è il menù di terra. Un nostro piatto forte è lo stinco di maiale, presentato insieme alle cicorie o alle rape, a seconda del periodo». lacistareddha@libero.it

Il ristorante la Cistareddha si trova a Tricase (LE)

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IL SALENTO BIOLOGICO di ANASTASIA MARTINI

osta nel punto più orientale dell’Italia, Otranto è una città ricca di cultura e di suggestioni naturali. Nel litorale, lungo 25 km, si alternano lunghi tratti sabbiosi, a tratti rocciosi a picco sul mare. Itinerari da non perdere sono il Parco Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase e, naturalmente il centro storico, racchiuso fra le mura del castello Aragonese. Da qua, spostandosi all’interno della Cattedrale dell’Annunziata, si può ammirare il più grande mosaico presente in Italia, risalente al XII secolo. Usciti dall’edificio e dalla città, si percorrono due chilometri, arrivando a un lembo di terra verde, cinto da campi coltivati e ulivi. Nelle vicinanze si trova l’Abbazia di San Nicola di Casole, un tempo sede di una delle biblioteche più rifornite d’Europa. Non mancano dolmen e menhir, di cui il Salento è disseminato. In questo quadro sorge La Fattoria, un agriturismo che, nel biologico, in particolare applicato alla coltivazione degli olivi, ha riscoperto il contatto con le tradizioni della terra. «La scelta di puntare sul biologico – spiega Luigi Merico – è scaturita dalla convinzione che gli alberi lasciati produrre in condizioni naturali avrebbero avuto una resa inferiore in termini

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Una cucina biologica, i cui piatti sono esaltati dall’olio extra-vergine d’oliva, lavorato secondo procedimenti totalmente naturali. Una natura da scoprire con diversi approcci e modi, descritti da Luigi Merico

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quantitativi, ma che l’olio estratto da quelle olive sarebbe stato di livello qualitativo, nutritivo ed organolettico di gran lunga superiore». «Le olive – continua Merico – vengono raccolte tra ottobre e dicembre, quando l'invaiatura (il cambiamento di colore del frutto che muta dal verde al violaceo e infine diventa nero) è al 50-60 per cento. In seguito vengono molite e spremute a freddo nel nostro frantoio privato entro 12 ore dalla raccolta, per mantenere inalterate le proprietà organolettiche dell’olio. Le tecniche di raccolta, di macinazione e il blend delle due varietà di olive che trattiamo, ovvero l’Ogliarola salentina e la Cellina, conferiscono all’olio una colorazione dorata dai riflessi verde smeraldo, un gusto dolce e fine e un retrogusto lievemente piccante». L’olio, certifica Bioagricert, rappresenta la punta di diamante dell’agriturismo, che propone un variegato menù tipico. «Mia moglie Maria – continua il titolare – elabora ricette tramandate dai nostri nonni. Sulla nostra tavola spiccano gli antipasti con verdure dell’orto, le sagne ritorte al pomodoro e ricotta forte, la massa (tipica pasta fresca simile ai tagliolini) con cavoli e ceci, il purè di fave con cicorie selvatiche, i pezzetti di cavallo in pignata, il coniglio alla cacciatora e le grigliate di carne alla brace su

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Le tecniche di raccolta e di macinazione conferiscono all’olio una colorazione dorata dai riflessi verde smeraldo

legno d’ulivo. Piatti che si sposano con un Negroamaro o Primitivo del Salento». La struttura oltre a offrire accoglienza in camere, bungalow e miniappartamenti e mettere a disposizione un incantevole piscina propone “Scuola in Fattoria” che, come dichiara Merico «è un progetto ludicodidattico, proposto alle scolaresche, per una giornata immersa nel mondo dell’agricoltura e della natura. Con questa finalità, e raccogliendo riscontri molto positivi, proponiamo diverse attività, nonché la degustazione dei prodotti biologici. Il tutto per consentire ai giovani di riprendere il contatto con quei valori, che la tecnologia da cui sono sommersi, ha fatto perdere». www.lafattoria-otranto.com

L’agriturismo “La Fattoria” si trova a Otranto

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IMPRESSI NEL GUSTO E NELLA MEMORIA di NICOLETTA BUCCIARELLI

Nel cuore del Salento l’enogastronomia racconta di terra, sapori, lavoro e gusto. Diventando in questo modo memoria da tramandare. Dai ciceri e tria alle cocule di patate, Mirko Elia racconta i piatti dell’Hosteria Aretè

iceri e tria. Sì, direi che pasta e ceci potrebbe benissimo rappresentare il piatto che meglio racconta la nostra zona. Un prodotto che viene dalla terra e che si fonde con la preparazione artigianale della pasta. Un piatto dal profumo antico e di carattere». È così che Mirko Elia presenta uno dei piatti predominanti della sua Hosteria Aretè di Cavallino, proprio nel cuore del Salento. «I turisti che arrivano nel locale sono molto incuriositi dai sapori e dai colori della zona. Sono interessati e tornano più volte. È difficile che in un unico pasto riescano a gustare di tutto! Dagli antipasti, ai primi, ai secondi sono moltissime le specialità che possiamo offrire. Anche agli stranieri abitué durante l’inverno». I sapori che vengono proposti all’Hosteria Aretè parlano di tradizione

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Destinazione Salento

da riscoprire e conservare. «Siamo in un periodo in cui bisogna assolutamente mantenere intatta la tradizione culinaria, per evitare il rischio che venga perduta. È una missione la nostra, quella di conservare il gusto antico proposto dalle nostre nonne, continuando a riproporlo per mantenerlo vivo anche nella memoria collettiva». Una memoria sensoriale che può venir risvegliata dalle molte proposte dell’osteria. «I nostri antipasti non sono mai composti da porzioni singole, ma piccoli assaggi da sperimentare: crocchette di patate, polpette di cavallo, parmigiana di melanzane o le cocule di patate, ovvero polpette di patate poi passate al forno con del sugo. Per quanto riguarda i vini da abbinare, abbiamo una cantina con circa 200 etichette, di cui la maggior parte sono vini locali. Di recente, dalle nostre parti hanno riscoperto un vitigno che sembrava abbandonato, il

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Susumaniello, un rosso corposo e dal sapore antico che anche noi stiamo riproponendo». I prodotti che vengono offerti nell’osteria di Cavallino derivano da coltivazioni locali. «Alcuni, sono di nostra produzione, come ad esempio i pomodorini o le melanzane. In base alla stagione variamo molto il menù. In questo momento ad esempio puntiamo molto su abbinamenti a base di funghi, ottimi in questo periodo». La Puglia si conferma un’eccellenza sotto il profilo enogastronomico. «A nostro avviso – conclude Mirko-, c’è ancora molto su cui lavorare; la Regione infatti dovrebbe impegnarsi a puntare di più sul turismo. È necessario trovare un modo per promuoverci maggiormente e far si che il turismo legato ai sapori diventi una risorsa fondamentale per il territorio. Non solo nel periodo estivo». www.hostariarete.it

Sopra, Mirko Elia e il cognato Luca Pascali. Insieme gestiscono l’Hosteria Aretè di Cavallino (LE)

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SUI LUOGHI DELLE LEGGENDE di FRANCESCA DRUIDI

foto: ©Carlos Solito

Chara Rescio e Walter Stomeo hanno ricostruito molte leggende popolari del Salento, permettendo a turisti e curiosi di rintracciarne i luoghi fondativi

La Torre del serpente a Otranto. Sopra, Castello de’ Monti di Corigliano d’Otranto


alarsi negli usi, nei costumi e nelle tradizioni di un luogo significa vivere pienamente quel territorio attraverso un’esperienza unica e completa. C’è un lato del Salento, meno conosciuto ma non meno affascinante, che attendeva di essere svelato. Ci hanno pensato Chiara Rescio (illustratrice ed esperta in editoria multimediale) e Walter Stomeo (fotografo e videomaker) con il volume “Sull’onda delle leggende del Salento”, una raccolta frutto di ricerche sul campo, contenente anche una guida multimediale (in allegato c’è il dvd), che consente di raggiungere tutti i luoghi che risultano teatro di antiche leggende. È, infatti, un filo sottile ma resistente quello che sottende alle leggende del Sa-

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lento, in bilico tra fantasia e realtà. «Torri costiere, insenature, grotte e scogliere che si susseguono partendo da Roca, sulla costa adriatica, fino a S. Caterina sullo Ionio, sono i luoghi che fanno da cornice a questi racconti che oggi è possibile rivivere, visitando quelle stesse località cariche di memoria», spiega Chiara Rescio. Ogni leggenda, prosegue l’illustratrice, affascina per il suo lato misterioso, ma al tempo stesso stupisce per il legame profondo che instaura con il proprio luogo di riferimento. «Come la Grotta della Poesia a Roca, sull’Adriatico, a 15 chilometri da Lecce, dove un’insenatura dall’acqua cristallina nasconde un passaggio segreto e un tradimento. Oppure a Otranto, dove un antico faro a olio di epoca romana viene chiamato da secoli Torre del

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Memorie popolari

L’autentica cucina salentina L'Albergo Ristorante Mamma Rosa, nel cuore del Salento, è situato in una posizione strategica, che consente di godere delle fantastiche spiagge poco distanti, ma anche della tranquillità del paese. La struttura dispone di dieci comode camere e ospita il celebre ristorante che, sin dalle sue origini, mira a promuovere la cucina salentina. Qui si può degustare un’infinita varietà di sapori del territorio: dagli antipasti a base di verdure grigliate, formaggi locali, sottaceti, ai primi piatti particolari, quali ceci e fagioli alla pignata, ciciri e tria, lagurda (legumi e verdure con crostini di pane) o le orecchiette fatte in casa con rape o pomodoro. Tra i secondi spiccano le grigliate e la carne di cavallo. Si conclude in dolcezza, con le crostate con marmellate fatte in casa, il limone alla suppinna, lo spumone e la cassata. Il tutto accompagnato da un’ottima selezione di vini salentini.

RISTORANTE PIZZERIA ALBERGO MAMMA ROSA Via Dante Alighieri, 17 - Patù (LE) - Tel. e Fax 0833 75.20.63 www.albergomammarosa.it mammarosa@albergomammarosa.it

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Destinazione Salento

Memorie popolari

Serpente. A Torre Pali, invece, sul versante ionico c’è un piccolo isolotto chiamato Isola della fanciulla, dove si narra che ancora oggi siano custoditi i segreti di una donna». Una sola visita permette di cogliere tutta la suggestione insita in queste narrazioni. «Sono stati nomi come Torre del serpente, Isola della fanciulla o Rupe della dannata a suggerire la possibile presenza di storie e leggende alla loro origine – specifica Walter Stomeo – e il fatto che questi nomi compaiano oggi sulle carte geografiche, fa subito comprendere quanto siano antiche e radicate sul territorio». “Sull’onda delle leggende del Salento” è la prima pubblicazione ideata e prodotta dall’associazione culturale Folkolore, fondata nel 2008 proprio da Chiara Rescio e Walter Stomeo, responsabili anche dell’archivio multimediale dedicato alla cultura po-

polare (www.memoriapopolare.it). L’Associazione propone un nuovo approccio per lo studio e la divulgazione di questi temi, grazie all’utilizzo dei diversi linguaggi visivi e multimediali. «“Si dice sia una leggenda ma è un fatto vero!”, ci siamo sentiti dire spesso – rivela Walter Stomeo –. Sono storie intrise di leggenda quelle che si svolsero in questi luoghi, e la gente le racconta come se fossero quasi dei ricordi personali, a dimostrazione della simbiosi antica tra il territorio e chi lo abita». Le grotte, le torri costiere, le fortezze diroccate rappresentano presenze imponenti e misteriose, che attraverso i secoli, portano con sé ricordi di uomini e donne. «Ma, a volte, i punti di contatto tra le leggende e i luoghi entrano a far parte della vita quotidiana anche senza accorgersene, come a Otranto, dove lo stemma del Comune, utilizzato

A cena nel convento La Trattoria Pizzeria Al Convento ”Pinch Pinch” è un locale particolare, ubicato all’interno dell’antico Convento dei Francescani Neri. E proprio dal luogo in cui sorge traggono ispirazione alcune delle specialità che offre alla propria clientela, come i Francescani Neri, pasta fatta in casa trafilata in bronzo, con nero di seppia e ragù di polipo, o i Diavoli del Convento, spaghettoni trafilati in bronzo, con gamberetti rossi, scampi, pomodorini e basilico. Pietro e Rosaria, chef e proprietari del locale, oltre alla cucina a base di pesce, pescato rigorosamente nel mare salentino, offrono anche tante altre specialità: dalle pasta intrecciata con polpettine in salsa di pomodoro, fino alla rosticceria, fiore all’occhiello del locale: polpette di carne, arancini di riso, crocchette di patate sono assolutamente imperdibili.

TRATTORIA PIZZERIA AL CONVENTO “PINCH PINCH” Via N. Santoro, s.n. c/o Convento Francescani Neri - 73040 Specchia (LE) Tel. e Fax 0833 53.95.15 - Cell. 338 57.22.772 www.pinchpinch.it - info@pinchpinch.it - pinchpinch@gmail.com

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di ROBERTA DE TOMI

ANTICO SALENTO Note di folklore, scandite dai ritmi della pizzica, s’intrecciano alla tradizione e alla modernità di una struttura, da cui è possibile partire per visitare le più belle mete turistiche, descritte da Vincenzo Tronci l Basso Salento, crocevia di culture e di suggestivi paesaggi, dischiude uno scrigno di tesori naturali e artistici. Siamo nel piccolo borgo di Ortelle, a due passi dalla località marina di Castro, pochi chilometri prima che il mare Adriatico incontri lo Jonio, a Leuca. Qui sorge Donnanna, B&B collocato in un antico palazzo dotato di corte interna e di un rigoglioso giardino, che accoglie otto stanze, allestite con antichi arredi e biancheria finemente ricamata. Ogni stanza, contraddistinta dal nome di un fiore, ha un ingresso indipendente e si affaccia sulla corte della casa, dove si trova una piscina con idromassaggio. «A ispirarci l’idea di un B&B che coniugasse modernità e tradizione – spiega Vincenzo Tronci, gestore della struttura con Aida – è stato un albergo in cui abbiamo fatto tappa durante un viaggio verso Mont Saint-Michel». Tradizione e modernità s’incontrano anche a tavola, dove la cucina salentina consente ai gestori di esprimere il proprio estro, elaborando piatti

I Il B&B Donnanna ha sede a Ortelle (LE)

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prelibati, rivolti ai turisti che si accingono a visitare il territorio. Tra le mete, Tronci indica «le località marine, adriatiche e joniche, Otranto, Vaste e i centri messapici limitrofi, Santa Cesarea con le sue rinomate acque termali, i frantoi Ipogei di Specchia Preti, Maglie e il suo notevole museo archeologico, Gallipoli, Leuca col santuario dedicato a Sancta Maria De Finibus Terrae, i dolmen e i menhir sparsi nei diversi insediamenti preistorici e, a Ortelle, sono da vedere gli affreschi conservati nella cripta». Una nota di colore è data dalle numerose kermesse, in calendario tra aprile e ottobre, di cui le più rinomate, secondo Tronci, sono: «la festa di San Giorgio a Ortelle il 15 e il 16 agosto e la Sagra del maiale, durante la festa di San Vito, che si tiene la quarta domenica di ottobre. Nell’occasione, il nostro menù propone piatti a base di maiale, annaffiato da vino locale e condito dai ritmi dell’immancabile pizzica salentina». www.donnanna.com

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La “guglia di Raimondello” di Soleto

ogni giorno per timbrare i documenti, raffigura proprio un serpente che si attorciglia su una torre, come racconta la leggenda». Nel rintracciare possibili motivi comuni nelle leggende che riguardano la costa salentina, Chiara Rescio cita «l’invasione dei Turchi nel XV secolo, che sicuramente ha lasciato una traccia forte nell’immaginario collettivo». A partire dal cosiddetto “Taglione di Otranto” del 1480, in cui decapitarono circa 800 martiri, e proseguendo con gli attacchi dei Turchi che si tramanda si siano susseguiti contro le masserie fortificate, anche lungo il versante dello Ionio, da Leuca a Gallipoli. «Ma qui si sconfina nella storia – precisa l’autrice –. Facendo

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parte della tradizione orale, queste leggende si presentano come racconti semplici, a volte scarni, non romanzati, che parlano della vita di pescatori e contadini, di nobili e principesse tramandando usi, costumi e rapporti sociali di cui forse non sarebbe rimasta traccia. Spesso trattano temi fondamentali come l’amore, i conflitti, il desiderio, il destino, mostrando così una forte relazione con un altro genere di racconto: il mito». Anche l’entroterra salentino è ricco di storie e leggende della tradizione legate a campanili e fortificazioni. Una delle più conosciute è la leggenda del campanile di Soleto (in provincia di Lecce) detto anche “guglia di Raimondello”. «Si narra – spiega Walter Stomeo – che Matteo Tafuri, medico e scienziato del luogo, con l’aiuto di streghe e grifoni costruì la guglia, alta più di quaranta metri, in una sola notte. Ma, alle prime luci dell’alba, quattro grifoni furono sorpresi agli angoli della guglia, il sole li pietrificò lì per sempre e ancora oggi si possono ammirare». È Chiara Rescio a riportare la particolare “della ricotta e i turchi”, una storia legata al castello di Corigliano d’Otranto e all’astuzia del popolo che, tenuto sotto assedio dai turchi e al limite delle provviste, si ingegnò per evitare di venire conquistati. «Gli abitanti, rifugiatisi nel castello, raccolsero il latte delle donne che avevano partorito da poco, prepararono una ricotta molto grande e la lanciarono sui Turchi che, credendo ci fossero ancora molte provviste e bestiame nel Castello, abbandonarono l’assedio». Walter Stomeo e Chiara Rescio hanno poi ritrovato un racconto raro, quello della “Vecchia Scorticata”, a Martano, un paese della provincia leccese, di cui si hanno le prime tracce nel libro “Lo cunto de li cunti” del 1600 del napoletano Gianbattista Basile. «Questa storia – conclude Stomeo – come tutte le altre ha attraversato i secoli, passando di bocca in bocca, ed è giunta fino a noi».

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MAL DI TARANTA Era diffuso ben oltre la Puglia e con terapie differenti, tra cui lo sputo medicinale: «Nel Vangelo – ricorda Giancarlo Vallone – Gesù rende la vista al cieco spalmando sugli occhi il fango intriso della sua saliva»

luoghi e la storia del tarantismo affascinano da sempre gli studi e le ricerche di Giancarlo Vallone, preside della Facoltà di Giurisprudenza all’Università del Salento e autore del libro “Le donne guaritrici nella terra del rimorso. Dal ballo risanatore allo sputo medicinale” edito da Congedo Editore. «La questione dell’origine storica del tarantismo e, in particolare, del tarantismo studiato a Galatina verso il 1959 da Ernesto de Martino è piuttosto controversa», racconta il professor Vallone, che nel suo intervento fa luce su questa pratica antichissima e sul difficile recupero dei suoi rituali di cui oggi la mentalità popolare non ha più alcuna vera cognizione e, quasi, memoria. È possibile individuare quali avvenimenti compongono la base storica e culturale che accompagna la danza popolare salentina? «Per de Martino, e per altri studiosi, il punto di partenza verso il quale converge molta documentazione è l’Alto Medioevo, benché egli riconosca il ruolo di possibile “antece-

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Giancarlo Vallone, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Salento

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di ELISA FIOCCHI

dente” a fenomeni dell’età classica o preclassica, come il menadismo o il coribantismo. In alcuni punti, egli afferma che l’origine potrebbe coincidere con l’età delle Crociate e dello scontro di religioni, ma non si tratta di un tema sviluppato in modo organico. Alcuni altri autori pensano che sia appunto l’età classica il momento genetico del tarantismo, ma non producono, per i lunghissimi secoli che separano questa stagione dall’Alto Medioevo, alcuna prova storica. Dunque la proposta demartiniana resta largamente preferibile e del resto sappiamo che proprio nell’Alto Medioevo si forgiano molte pratiche culturali che si prolungano fino alla modernità e tra queste quelle operazioni sincretistiche o di canalizzazione religiosa di culture pagane in quella cristiana delle quali proprio il tarantismo galatinese è un più tardo esempio». Su quali elementi gli studiosi concordano? «Un punto abbastanza condiviso è il male di taranta, un male dell’anima, proprio forse di mondi arcaici e contadini, protratti fin quasi a oggi, un disadattamento di singoli uomini o donne che vengono reintegrati nella comunità di appartenenza con la musica e il

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Destinazione Salento

Le origini della taranta


ballo risanatori.Va però detto che questo modello, per così dire classico, è ormai insufficiente a spiegare il caso galatinese. Per quanto riguarda invece il movente psicosociale del male, de Martino accenna alla famosa questione dell’amore precluso, un altro tema che attende sviluppi di ricerca». Di quali pratiche connesse alla magia e al tarantismo si servivano le donne guaritrici? «Le donne guaritrici sono un elemento fondamentale del rito galatinese del tarantismo, ma del tutto ignoto a de Martino e agli altri studiosi; si tratta, infatti, di una riscoperta re-

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cente avvenuta nel 2004 e la fonte è una pagina dimenticata (1699) di un erudito domenicano, A.T. Arcudi. In quell’epoca, alla fine del Seicento, i malati di taranta accorrevano a Galatina da tutta la Terra d’Otranto perché qui vivevano due sorelle ormai celebri, le sorelle Farina, che risanavano dal male con l’antica terapia dello sputo medicinale, cioè per potere della loro saliva. Siccome i viaggi dei malati potevano durare tre o più giorni, ricorrevano alla musica e al ballo rituale per lenire il dolore e l’angoscia prima dell’arrivo. Così la vera terapia sanante è lo sputo medicinale, mentre la danza e il ballo sarebbero soltanto rimedi di supporto». Come fu tramandato questa loro particolarità? «Le sorelle Farina non ebbero eredi e per non estinguere questo dono risanatore alcune fonti dicono che l’ultima di loro sputò nel pozzo di casa rendendo l’acqua miracolosa. La casa, sulla piazza del paese, venne in proprietà del ricco e potente clero galatinese che eresse al suo posto, nel corso del Settecento, la famosa cappella di San Paolo, conservando però il pozzo. I malati continuarono a venire, a danzare, a bere dal pozzo, ma attribuendo la guarigione alla grazia del Santo: l’opera di cristianizzazione era compiuta, o si pensò così. Ancora ai tempi di de Martino, nella cappella era evidente che, dopo la musica e i balli, si beveva l’acqua del pozzo ma questo aspetto fondamentale de Martino non aveva fonti per apprezzarlo». Quali pratiche del tarantismo sfuggono ancora oggi ai mass media e alla mentalità popolare? «La mentalità popolare non ha più alcuna vera cognizione e, quasi, memoria, del tarantismo e

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delle sue pratiche; nessuno sa o ricorda più nulla del morso, presunto, del ragno. Ogni tanto tornano in circolazione vecchie suggestioni del primo Novecento che legavano il tarantismo al mondo delle tabacchine e alle intossicazioni per la lavorazione della pianta. Si giunge al punto di ricordare tarantate nate a Galatina, quando la città era immune perché luogo sacro della salvezza dal male. Un ritorno di informazione attendibile è effetto derivato della rinascita di studi, di diverso valore, sul tarantismo dagli anni Novanta del Novecento. Sono questi studi, o almeno quelli seri tra essi, che hanno tentato il recupero di

alcune tradizioni culturali, cioè anche rituali, del tarantismo. Ma tali recuperi sembrano avere un qualche successo e riscontro sociale solo modificando la tradizione riscoperta. Così, la vitalità sociale del tarantismo è oggi anzitutto musicale». In che modo dunque questa tradizione storico-culturale viene oggi reinterpretata? «Ad esempio, con la celebre “Notte della taranta”, un festival di musica popolare, iniziato nel 1998, il cui concerto finale si svolge a Melpignano, alla presenza, ormai di non meno di centomila persone, ma la cui musica, e con questa la danza detta pizzica non ha

Destinazione Salento

Le origini della taranta

Nel verde del Salento Situato nel cuore del Salento, a Specchia, cittadina riconosciuta tra i 100 borghi più belli d’Italia, l’Hotel Salento – Ristorante Noviera, si trova a pochi chilometri dalla spiaggia, immerso nel verde di ampi spazi in cui rilassarsi, con pista ciclabile e parco giochi per bambini. Oltre alle camere, complete di tutti i comfort, la struttura dispone anche di appartamenti e villette autonome con angolo cottura, posto macchina custodito, e vari servizi. Il Ristorante propone menù curati da chef di grande esperienza e offre sia prodotti tipici del Salento, che specialità regionali e nazionali. Tra i prodotti tipici caserecci spiccano le crocchette di patate, gli arancini di riso, le polpette di carne e di polipo, le maltagliate al cartoccio e varie specialità a base di pesce fresco locale.

HOTEL SALENTO *** - RISTORANTE NOVIERA Via Provinciale per Miggiano - 73040 Specchia, (LE) Tel. 0833 53.52.72 - Fax 0833 53.58.93 - Cell. 339 87.66.410 www.salentohotels.it info@salentohotels.it

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Destinazione Salento

Le origini della taranta

molto a che fare, secondo alcuni esperti, con la musica etnica del tarantismo. Tanta partecipazione, tuttavia, pur slegata dalle coordinate culturali del tarantismo, ne subisce forse una certa forza evocativa». Quale importanza ha assunto la città di Galatina nell’espressione di questo fenomeno? E quali sono i luoghi magici del tarantismo da visitare? «Pur essendo stata estraniata da questa rinascita musicale del tarantismo, Galatina ne resta il luogo centrale e simbolico. In un certo senso è l’unico luogo magico per il turista, perché è l’unico luogo reale di questa tradizione. Nella Cappella di San Paolo si può osservare una grande tela di fine Settecento col Santo e le

due sorelle guaritrici, finalmente riconosciute». Esiste un calendario di feste, eventi che celebrano la taranta e rappresentano un'attrattiva turistica per il territorio? «Il 29 giugno per la festa del Santo si esibisce ancora qualche, supposta, tarantata. Va vista anche la danza delle spade, una tarantella (o pizzica) agonistica che si celebra a Torrepaduli, in provincia di Ruffano, nella notte dal 15 al 16 agosto per la festa di San Rocco. Non c’è motivo di escludere la Notte finale della taranta, a Melpignano, intorno al 25 agosto. Eppure, se il turista vuol comprendere il mondo vero del tarantismo deve viaggiare a Sud, verso Leuca, dove la campagna del Salento resta autentica e rivelatrice».

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Vacanze da sogno Il Villaggio Turistico Racar, disponibile sia in formula hotel che residence, si trova a Marina di Frigole, una tranquilla e graziosa località sulla costa adriatica a 9 km da Lecce, il cui litorale è caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa con acque trasparenti e pescosissime, che ne fanno il luogo ideale per gli amanti della natura, del surf e gli appassionati della pesca subacquea. Il Villaggio Turistico è concepito per offrire ai propri ospiti la comodità dei grandi spazi. Dispone di 53 camere dotate di ogni comfort, vari appartamenti bilocali e trilocali, una equipe di animazione professionale in grado di far divertire grandi e piccini, oltre a due piscine di cui una semi-olimpionica e una per bambini, una discoteca all’aperto, un parco giochi, un campetto polisportivo, ristorante e pizzeria. A disposizione, inoltre, una spiaggia di sabbia fine e bianca, attrezzata con lettini e ombrelloni, immersa in una pineta direttamente sul mare.

VILLAGGIO TURISTICO RACAR Viale Racar, 25 - 73010 Frigole (LE) Tel. 0832 37.61.13/37.61.67 - Fax 0832.37.60.51 www.villaggioracar.com - racar@racarvillage.com

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CULTURA SALENTINA

Dalle zuppe di pesce ai ciceri e tria, i sapori salentini possono essere assaporati, dopo una visita alla scoperta dei monumenti pugliesi, come rileva Marianna Pettograsso

di ROBERTA DE TOMI na piccola città nella città, dedicata al benessere e alla valorizzazione del Salento. Diversi sono gli itinerari organizzati dal resort I giardini di Atena. «Le mete più gettonate – spiega la titolare, Marianna Pettograsso – sono i luoghi di maggior

U Il resort “I giardini di Atena” si trova a Lecce

richiamo turistico della zona, quali Otranto, Gallipoli e Santa Maria di Leuca. Organizziamo delle escursioni con guide in lingua italiana o inglese, che consentono di visitare i monumenti presenti nelle nostre zone o i luoghi più importanti delle città: ad esempio, il porto e il lungomare per Gallipoli, il castello, la cattedrale e il centro storico, per Otranto. Accanto a queste, si pongono anche attività di intrattenimento, come le serate dedicate alla pizzica». Il Salento è da vivere anche all’interno del resort che offre diversi servizi tutto l’anno: dalla ludoteca arrivando al centro di riabilitazione in cui vengono effettuati trattamenti di medicina estetica. La capacità ricettiva del resort si rivolge a tutti i target: dal trasfertista ai gruppi, con la possibilità di personalizzare i soggiorni con escursioni, degustazioni tipiche ed eventi ludici e sportivi. E, naturalmente, benessere che si sposa con i piaceri della tavola. «I due ristoranti presenti all’interno della struttura – rileva la titolare – propongono una cucina tipica salentina, accostate ad altre proposte culinarie a base di pesce, di carne e di pizza, proposte attraverso diverse formule di degustazione». www.igiardinidiatena.com

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TRA PASSATO E PRESENTE

di ANASTASIA MARTINI

Un’antica masseria circondata da vigneti e da oliveti, che reca le tracce di un passato valorizzato da recenti interventi di ristrutturazione. Attorno ad essa? Semplicemente il Salento

el cuore del verde Salentino, a pochi chilometri dal mare di Gallipoli, paesaggi rigogliosi si alternano alla vegetazione, tipica della macchia mediterranea. Ci troviamo a Sannicola, in una porzione di terra posta tra mare e campagna, arricchita da opere d’arte nello stile barocco tipico dei paesi del Salento, da siti archeologici preistorici e messapici e dall’enogastronomia, rigorosamente mediterranea. In questo contesto sorge Villa Donna Isabella che nel 2007 è stata ristrutturata in albergo-ristorante riportando l’edificio agli antichi splendori, richiamando il passato della nonna dell’attuale proprietaria, Isabella Raheli, cui è dedicata la villa. «Probabilmente, in origine – spiega Isabella – l’edificio era una masseria fortificata, trasformata in seguito dai miei antenati in villa, circondata da vigneti e da oliveti. Nella ristrutturazione si è cercato di mantenere il più possibile le forme del passato, quali i pavimenti, le decorazioni alle pareti

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delle scale, le volte, le mangiatoie delle antiche stalle, convertita in sala convegni. A collegare le tre dimensioni temporali, è l’amore e il rispetto per questo edificio, che ha permesso ad ogni generazione di farlo vivere». Dotata dei comfort più moderni, la struttura si trova in una posizione strategica, punto di partenza per escursioni e visite del territorio. «Il comune di Sannicola – afferma Isabella – organizza visite guidate nelle antiche ville della zona, mentre in estate sono programmati molti eventi che consentono ai visitatori di conoscere totalmente il territorio».

L’hotel Villa Donna Isabella si trova in Contrada Foggione a Sannicola (LE)

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www.villadonnaisabella.it info@villadonnaisabella.it

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MONOPOLI TRA REALTĂ€ E LEGGENDA

La bella cittĂ in trasformazione in provincia di Bari possiede alcune perle diventate patrimoni artistici nazionali. Tra le vie del comune barese alla scoperta delle antiche masserie di VALERIA GARUTI


Monopoli

n’ampia zona in cui natura, archeologia e architettura hanno trovato un connubio così intenso da formare un unico paesaggio: Monopoli, la città bella in trasformazione in provincia di Bari. Un luogo forte del contrasto tra un dinamico aspetto industriale e le leggende, come quella della zattera che, nell’anno 1117, riporta a terra, dopo una lunga navigazione, l’icona bizantina della Madonna dei monopolitani. Gli ulivi e una bella campagna si scontrano con la zona produttiva. Monopoli è anche la terra delle antiche masserie. In passato strutture del genere erano connesse ad un sistema di torri costiere di difesa contro pirati e briganti, in modo da proteggere il territorio e i suoi preziosi prodotti agricoli. Non a caso sorge proprio qui la Masseria Fortificata Spina, che nel 1997 il Ministero dei Beni Culturali ha ufficialmente inserito tra i monumenti del patrimonio artistico nazionale, poiché nella sua area vi sono insediamenti rupestri risalenti all’XI secolo e una torre chiamata Spina Piccola, intatta in tutti i suoi elementi, risalente al XV-XVI. La masseria ha visto numerose ristrutturazioni nel corso degli anni. La facciata settecentesca ha assunto una colorazione particolare che le conferisce un aspetto estremamente caratteristico. Negli anni 80 la famiglia Meo-Evoli, proprietaria della masseria dal 1885, decide di intraprendere un primo tentativo di recupero ambienti, progettando la riconversione delle antiche stalle e dei depositi trasformandoli in ristorante e sala ricevimenti con ben 200 posti all’interno e 400 posti all’esterno in diverse aree. Attualmente la proprietaria, restauratrice di opere d’arte, si occupa del recupero storico-

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artistico del complesso, rendendo le antiche strutture agricole splendide residenze. Inoltre vengono organizzati corsi di restauro per gli ospiti. «Oltre ad essere adibita a residenza della nostra famiglia – spiega la proprietaria Nori Meo-Evoli – il complesso ospita oggi 4 diverse residenze, con una capienza di 24 posti letto: esse sono ricavate nel corpo centrale della Masseria e nella ex “Filanda” ove nel 700 si lavorava la seta presente inoltre tra gli uliveti una piscina a disposizione degli ospiti. A mio parere questo luogo offre la possibilità di organizzare incontri e ricevimenti in un’incantevole location. La sala meeting e congressi, in particolare, dotata di un’ampia area esterna e parcheggio, dedica i suoi spazi alla realizzazione di eventi polifunzionali, ideali per allestimenti ed esposizioni temporanee». Questa sala rappresenta sicuramente il giusto compromesso tra tipicità del territorio e innovazione. «Sono poi disponibili su richiesta – aggiunge Meo-Evoli – numerosi servizi aggiuntivi, dai coffee-break al servizio in sala, all’impianto audio-video e traduzione simultanea». Centro di numerosi video tape e argomento di svariate tesi di architettura da parte degli studenti dell’Università di Bari, la Masseria Fortificata Spina è stata anche il luogo di numerosi eventi culturali. «Recentemente – specifica – la nostra aula magna è stata la sede del Conservatorio musicale di Monopoli e l’intera struttura è stata la protagonista delle visite guidate dal 2003 al 2012 per i progetti organizzati dal Ministero dei Beni Culturali “Giornate Europee del Patrimonio” e “Settimana della Cultura”». www.masseriaspina.it info@masseriaspina.it

Da sinistra, Marco D'Errico, Nori Meo-Evoli, Sara D'Errico Masseria Spina Resort

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FIRENZE INSOLITA Dal museo dell’Opificio delle Pietre dure a Oltrarno, di TERESA ma anche la Galleria degli Uffizi. Un percorso inusuale BELLEMO per riscoprire la città più autentica, fuori dalle folle dei turisti

Marco Ciatti, direttore dell’Opificio delle Pietre dure

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Opificio fa parte delle radici della città di Firenze. L’inizio della sua storia risale al 1588, nel pieno della dinastia medicea, notoriamente appassionata di arte. I tanti artisti che gravitano attorno alla corte, le cui produzioni spaziano dall’oreficeria alla lavorazione delle pietre dure (la più ricercata), della ceramica e dell’arazzeria, vengono organizzati nell’Opificio. Dall’Unità d’Italia la manifattura entra in crisi, ma la necessità, già allora molto forte, di avere strumenti operativi per la conservazione delle opere, porta alla graduale trasformazione dell’Istituto, passando dalla produzione alla conservazione delle opere d’arte. Oggi l’Opificio è una sorta di “ospedale dei capolavori dell’arte”,

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in cui si recuperano e si conservano moltissime opere.A dirigerlo è Marco Ciatti, toscano doc, che ci fa da guida per conoscere una Firenze diversa, lontana dai classici tour sempre troppo caotici, senza dimenticare il “suo” Opificio. «Il nostro museo mostra molti esempi della produzione dei “commessi di pietre dure” dalla fine del secolo XVI al XIX. Particolarmente interessanti sono i casi in cui è esposto il modello pittorico insieme alla realizzazione in pietra dura. È poi presente una rara collezione di strumenti per la lavorazione, risalenti all’Ottocento». Una visita agli Uffizi. Quali opere consiglia di riscoprire, anche per godere di una visita meno affollata? «Per una visita meno usuale e stancante

Itinerari fiorentini

L’Oltrarno e le sue botteghe

Armonie di vini e sapori Storico locale nel cuore di Lecce, l’Antica Enoteca Rollo è stata la prima enoteca della città, fondata oltre 45 anni fa da Raffaele Rollo, sommelier professionista estremamente appassionato del proprio lavoro. Oggi alla guida dell’enoteca c’è la figlia Linda, cui il padre ha trasmesso la passione per i vini, e che ha saputo rinnovare il locale con un delizioso angolo bar e degustazioni guidate, in cui i vini vengono accompagnati da una selezione di cibi in grado di valorizzarne le peculiarità. Presso l’Antica Enoteca Rollo si possono trovare centinaia di etichette provenienti da tutta Italia e da alcuni paesi stranieri. Oltre alla vasta scelta di vini, ampia è anche la selezione di cognac, whisky, liquori, champagne, rum invecchiati anch’essi degustabili in giorni particolari. Da gennaio, la degustazione guidata sarà ogni venerdì, e avrà per protagonista un vino diverso ogni settimana, per far conoscere le caratteristiche organolettiche dei grandi vini italiani, e fare anche scoprire alcune etichette inedite.

ANTICA ENOTECA ROLLO Via Cesare Battisti, 23 - 73100 Lecce Tel. 0832 30.28.32 - Fax 0832 25.21.97

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Itinerari fiorentini

suggerisco, per chi può tornare più volte a visitare la Galleria, itinerari tematici a seconda del gusto personale, incentrati su un periodo storico come la pittura medievale, i maestri del Rinascimento o i pittori stranieri. Altre interessanti chiavi di lettura possono essere le sculture classiche dei corridoi e del nuovo allestimento. Pochi sanno che fino a una certa epoca la Galleria era celebre soprattutto per la collezione delle opere antiche e si chiamava “Galleria delle Statue”, mentre la pinacoteca della collezione della famiglia Medici era soprattutto a Pitti. Solo nel Novecento è prevalsa l’idea di trasformare gli Uffizi in un Museo antologico della pittura, sino ad allora i principali capolavori pittorici erano esposti nella Tribuna. Un’altra visita inusuale, che ho condotto

L’Oltrarno e le sue botteghe

La natura sulla pelle ALTA ROSA è il lusso di trattarsi bene. Il lusso di scegliere materiali naturali, che accarezzano la pelle e avvolgono nei profumi della natura. Gli abiti nascono dall’ispirazione di terra e acqua, dalla campagna toscana, dalle vigne del Chianti e dalle terre arse della Maremma. La Toscana è la terra delle arti dal Medioevo e ALTA ROSA rispetta la tradizione: gli abiti sono morbidi, non provocano allergie, ma allo stesso tempo sono femminili e seducenti. La donna ALTA ROSA è una donna raffinata ed esigente, preoccupata del proprio benessere fisico, che sceglie senza fretta, selezionando il meglio per sé. È consapevole della propria bellezza e della propria essenza, preferisce la qualità alla quantità. Le due collezione annuali si sono arricchite nel tempo di abiti per la sposa e la “dolce attesa” sempre in materiali naturali e da coltivazione biologica.

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Itinerari fiorentini

L’Oltrarno e le sue botteghe

anche con gli allievi della nostra Scuola di restauro, è quella che si occupa della straordinaria raccolta di interventi di restauro presenti in Galleria ad opera dei migliori restauratori delle varie epoche, molti anche dell’Opificio. Infine, una possibilità più semplice consiste nello scegliere un numero limitato di capolavori, documentarsi prima per poi soffermarsi più del consueto». Un tour “artistico” di Firenze per scoprire percorsi e scorci inusuali. «Qui le possibilità sono davvero moltissime. Direi di uscire dal corridoio turistico che vede un sovraffollamento nella direttrice Piazza del Duomo, via Calzaiuoli, PonteVecchio e dal divertimentificio serale sbracato della zona di Santa Croce, per scoprire dovunque angoli e cose bellissime da visitare».

Il sapore dell’autentica Toscana Entrando alla Trattoria di Sor Paolo si percepisce subito la sensazione della Toscana di un tempo. Sembra di trovarsi in un mondo dove il tempo si è fermato a quando tutto era genuino e sincero. Qui, i profumi e i sapori di piatti radicati nella tradizione fiorentina accolgono l’ospite e ne stuzzicano il palato. Mario Ciattini, chef oltre che titolare del rinomato ristorante, continua a cucinare con la passione e le attenzioni di una volta, rispecchiando fedelmente le antiche ricette della cucina toscana. Si possono assaporare così, oltre alla classica fiorentina, le zuppe – imperdibile quella di funghi porcini e fagioli zolfini – le pappardelle al ragù di cinghiale, i maltagliati ceci e patate e tante altre deliziose ricette. Specialità da accompagnare a una delle etichette della cantina, rigorosamente toscane: una selezione sintetica ma sostanziosa, influenzata dal fatto che la trattoria sorge nel territorio del Chianti Classico.

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Itinerari fiorentini

L’Oltrarno e le sue botteghe

Un luogo, una bottega, un angolo in cui si respira la vera aria fiorentina. «Purtroppo la vera aria fiorentina è quasi del tutto scomparsa, a causa di un turismo di massa che ha trasformato la città. Sono spariti quasi tutti i negozi storici per far posto al grande lusso di via Tornabuoni o agli infiniti negozi per turisti. Un po’ dell’atmosfera delle vecchie botteghe artigiane, che per secoli hanno rappresentato il cuore di Firenze, si può ancora trovare solo in Oltrarno, per esempio in via Toscanella. Vi sono poi locali sia di alto livello come in piazza della Signoria, piazza della Repubblica o i tradizionali vinai, più popolari, che talvolta mantengono un po’ dell’atmosfera della Firenze di qualche decennio fa, sicuramente

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più bella e più vivibile di adesso». Un souvenir insolito da portare a casa come ricordo di Firenze. Cosa consiglia e dove trovarlo? «Lo cercherei proprio in queste botteghe, dove ci sono ancora artigiani e artisti abili a operare secondo la grande tradizione fiorentina, con legni intagliati e dorati, ceramiche, la scagliola. Anche per questo bisogna attraversare l’Arno. Non dimentichiamo poi, per chi se lo può permettere, che Firenze ha un gran numero di botteghe antiquarie, con una vastissima scelta di opere di tutti i livelli e prezzi, e che visitare questi negozi può essere molto più affascinante di uno shopping tra le solite case di moda, ormai uguali in tutto il mondo».

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SHOPPING GASTRONOMICO Quella di Pegna è la storia di un’antica bottega di alimentari che nel tempo, intrecciandosi a quella della città, è diventata una tradizione conosciuta e amata dai fiorentini di VIVIANA DASARA

antica bottega di alimentari, drogheria e mesticheria Pegna si trova a due passi dal Duomo di Firenze, situata nel tratto ricco di storia e tradizione di via dello Studio, all’interno dei locali di un palazzo del XV secolo con volte a crociera, dove vanno a fare la spesa i fiorentini e moltissimi visitatori fin dal 1860. La cifra che contraddistingue questo da altri esercizi commerciali non è solo una storia di oltre centocinquant’anni, ma l’attenta selezione tra i migliori prodotti della grande gastronomia e articoli per la casa volti a soddisfare sia il turista, che qui trova prodotti tradizionali toscani di eccellenza, sia l’appassionato in cerca specialità e prelibatezze provenienti da ogni parte del mondo. «Nel nostro negozio – spiega il direttore Niccolò Querci – è rinomata la gastronomia al banco fresco, dove offriamo prodotti di eccellenza come il prosciutto di

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Itinerari fiorentini

cinta senese o i pecorini toscani. Di solito chi viene da noi cerca un prodotto esclusivo, specialità non solo locali ma anche internazionali come il prosciutto iberico patanegra, il salmone selvaggio che abbiamo disponibile tutto l’anno, il tartufo bianco fresco nel periodo natalizio oppure formaggi francesi particolari. Sulla gastronomia, infatti, non siamo legati unicamente a prodotti toscani e siamo anche conosciuti perché proponiamo molti prodotti difficilmente reperibili in altri negozi». Firenze si presta al cibo da sempre naturalmente, e lo storico negozio Pegna è una garanzia in quanto ad offerta. Inoltre, la bottega consegna in tutto il mondo e di recente ha anche attivato un canale di vendita on line. Qui si può trovare una ricca varietà di prodotti selezionati di gran qualità, come le specialità

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provenienti direttamente da Fauchon, la più celebre e chic epicerie di Parigi, ma anche salumi tipici toscani, formaggi di ogni regione italiana, patè, salse e delizie varie provenienti da tutto il mondo, sali e spezie insolite, aceti e oli particolari, cioccolato, biscotti artigianali, pasta realizzata con trafila di bronzo ed essiccata molto lentamente, vini e liquori pregiati. Il reparto bottiglieria conta circa trecento etichette, con nomi come Sassicaia, Solaia, Ornellaia, Tignanello e Brunello anche di annate prestigiose come il 1977. L’offerta di Pegna comprende ancora prodotti biologici e naturali, quali olio extravergine d’oliva, condimenti, conserve, minestroni, zuppe, pasta, bevande, biscotteria e alcune varietà di caffè. www.pegnafirenze.com

L’interno dell’antica bottega di alimentari Pegna a Firenze

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NEL PALAZZO DI ANNALENA

di EMANUELA CARUSO

Nel capoluogo toscano, un prezioso angolo di rinascimento offre un affascinante assaggio della Firenze che fu

gli inizi del XVI secolo, nelle sue Istorie Fiorentine, Niccolò Machiavelli esaltava le vicende di una donna dalla bellezza straordinaria, Annalena, orfana di madre - la contessa Orsini – e di padre – Galeotto Malatesta Signore di Rimini – che dopo essere stata adottata dal cugino Cosimo dei Medici, sposò infine il capitano di ventura Baldaccio d’Anghiari. Come dote per il proprio matrimonio, la bella Annalena ricevette dal cugino Cosimo il Palazzo di via Romana, che negli anni successivi, passando di mano in mano – anche tra quelle di Carolina Buonaparte – si trasformò prima in convento, poi, all’inizio del secolo, in pensione, ma soprattutto in luogo di incontro di artisti e letterati. «Quello che offriamo nel nostro hotel – spiega Monica Rocchini – è un viaggio nel tempo all’insegna del fascino rinascimentale e dell’ospitalità. La struttura è situata nella parte più antica e autentica di Firenze, a pochi passi dal palazzo Pitti e dal Ponte Vecchio e lontano dal caos e dal turismo frenetico. L’Hotel Annalena conserva gran parte delle caratteristiche tipiche della casa fiorentina di una

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volta, ed elementi d’arredo di ricercato antiquariato si sposano con semplici confort per assicurare un piacevole soggiorno. Ognuna delle 20 camere è in grado di trasmettere emozioni e sensazioni uniche e indimenticabili: alcune, infatti, sono affrescate; altre sono dotate di splendide terrazze porticate. Ma tutte sono arredate con preziosi mobili antichi, specchiere, sculture e quadri che appartengono al palazzo da generazioni». Della famiglia Rocchini è anche l’Hotel Caravaggio, un antico edificio dell’Ottocento situato nel cuore del centro storico di Firenze, elegantemente arredato e custode di un ambiente raffinato, piacevole e confortevole. www.hotelannalena.it www.hotelcaravaggio.it

L’Hotel Annalena e l’Hotel Caravaggio si trovano nel centro storico di Firenze

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L’ARTE IN CUCINA Un’esperienza culinaria caratterizzata da sapori unici e inebrianti e dalla bellezza del paesaggio cittadino e architettonico di Firenze di MARCO ROSSI atrizia Miglietti apre le porte del suo ristorante, Il Caminetto. Che influenza ha avuto la città di Firenze sullo stile architettonico del vostro ristorante? «L’influenza è stata indubbia. Ci siamo però rifiutati di proporre la mera scimmiottatura dello stile fiorentino, andando piuttosto in cerca della sua vera anima». La vostra cucina si avvale di materie prime del territorio. Che caratteristiche hanno i piatti che ne risultano, e quali sono quelli di punta? Quali vini consigliate in abbinamento? «Siamo convinti che la qualità delle materie sia la base necessaria per raggiungere l’eccellenza. Per tale motivo ogni nostra proposta culinaria trae linfa da selezionatissimi ingredienti, la maggior parte dei quali provenienti dal nostro splendido territorio toscano. Ma, al contempo, vogliamo anche riconoscere il dovuto merito a quei prodotti che rappresentano il fiore all’occhiello di altre regioni. Così alcune nostre proposte sono diventate, per i nostri clienti, dei veri e propri must culinari. Ad esempio, meritano una citazione i fagottini di bresaola di Chianina Igp ripieni di formaggio speziato,

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accompagnati a una mostarda piccante di pomodori verdi; i lumaconi di Gragnano con peperoni dolci e capocollo di cinta senese Dop; i bocconcini di coniglio alla Vernaccia di San Gimignano e finocchietto selvatico. E, per la pasticceria, ovviamente tutta di nostra produzione, non si può tralasciare la nostra degustazione di cioccolatini , servita con sherry Gran Riserva Pedro Ximenez invecchiato trent’anni. Per i vini, infine, i nostri clienti possono attingere a una cantina oltremodo fornita, con proposte diversificate sempre e comunque appaganti». Ci può parlare del vostro B&B “Le stanze di Caterina”? «La struttura è dedicata a Caterina de’ Medici, grande figura femminile del '500. Nel realizzarla ci siamo posti un unico obiettivo: il benessere dei nostri clienti. E niente di meglio delle immagini del nostro sito internet, può avallare le nostre parole». www.ilcaminettofirenze.com www.lestanzedicaterina.it

Il ristorante Il Caminetto e il B&B Le stanze di Caterina si trovano a Firenze

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Camera con vista e imprevisti d’arte. Con gli occhi alla cupola del Brunelleschi e ai tetti fiorentini, l’ospitalità e la creatività si incontrano nelle decorazioni di Cristina Seravalli di LUCA CÀVERA

STILE ARTINSIDE n nuovo modo di soggiornare in hotel: all’insegna della sostenibilità, della creatività e dell’arte. È questa l’esperenzialità che Cristina Seravalli e le sue sorelle suggeriscono a chi, visitando Firenze, soggiorna all’hotel Panorama. «Il nostro hotel è un luogo in cui trovare spunti di riflessione sulla cultura, le persone e l’ambiente. Un concept che abbiamo suggellato con il marchio Artinside». E prosegue Cristina: «Proponiamo un’idea alternativa che guidi il viaggiatore a scoprire nuovi percorsi e nuovi punti di vista per apprezzare Firenze, sfruttando l’imprevisto dell’arte e stimolandolo alla

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riflessione sull’ambiente e la bellezza. Bellezza e riflessione di cui gli ospiti possono godere anche attraverso mostre di autori esordienti e sperimentare con brevi corsi sull’uso della cartapesta e il riciclo artistico». Grazie all’apporto di Cristina, artista lei stessa, gli interni dell’hotel informali e semplici, risultano al tempo stesso ricchi di decorazioni, di quadri e sculture di cartapesta che impreziosiscono ogni camera. «Le creazioni sono frutto del riuso di oggetti e materiali diversi – un vecchio mobile, una cornice di plastica, un mattarello –, reinterpretati in chiave artistica come arredi.Anche queste opere sono, come noi, figlie di Firenze. Ogni giorno, dalle nostre finestre, guardo la Cupola e i tetti fiorentini, e mi sorprendo di tanta bellezza e fermento artistico».

Cristina Seravalli, artista e socia dell’art hotel Panorama di Firenze. Foto di Oliviero Santini

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www.hotelpanorama.fi.it www.cristinaseravalli.it

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di ROBERTA DE TOMI

O’ MUNACIELLO L’arte dei presepi, la musica, il brio incarnato dal folletto che dà il nome al locale, fanno da corollario a una cucina tutta napoletana

ignò, t’arraccumanno ‘a pecundrìa/ ‘e chistu munaciello aggarbato/ e ll’àsteme d''a mia’'nfronte d''a mia sott’ê ppapelle...” (Signore, ti affido la malinconia di questo folletto gentile e i segni della mia in fronte della mia sotto le palpebre...). Questi versi, tratti da "’O vide ‘e venì” di Achille Serrao, si riferiscono a O’Munaciello, un folletto del folclore napoletano, descritto da Matilde Serao come “gobbo, paffuto e rubicondo, con bel

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pancione e gambe corte, veste da monaco ma monaco non è, in verità è un famoso sacripante, ladro, bricconcello, (…) terrore dei conventi (…)”. Uno spirito di cui viene conservata la vivacità, tra i tavoli dell’omonimo ristorante pizzeria collocato nel quartiere Santo Spirito, a Firenze. Qui vengono riproposti sapori e forme espressive tipicamente partenopei, in un contesto già ricco di contaminazioni storiche e culturali. Il Munaciello prende vita sulle ceneri dell’antico Convento fiorentino di Santo Spirito, in seguito destinato ad albergo per

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Itinerari fiorentini

pellegrini e fedeli. Verso la fine della prima metà dell’Ottocento, le sue sale furono riservate a stalle per cavalli e ricovero per carrozze, così come riportava anche Niccolò Tommaseo nel suo dizionario. Ad arricchire gli interni, diverse miniature e due opere in terracotta, tra le quali troneggia “O’Scartellat”, effige di un gobboportafortuna napoletano, e “O’Angelo”, la statua di un angelo appesa alle volte della sala principale. Gli autori di questi manufatti sono i maestri scultori e decoratori Ferrigno, dal 1836 una dinastia nell’arte del presepe napoletano, che con la loro bottega nel cuore di San Gregorio Armeno, hanno consolidato la propria notorietà a livello internazionale. All’interno del locale, l’arte visiva si intreccia ad altre “arti”, prima fra tutte, quella culinaria. «La cucina e il forno a legna – afferma la titolare, Valentina Borgogni – sono affidati ad Andrea e Carmine Candito, fratelli napoletani doc e figli d’arte. Carmine

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padroneggia il forno a legna con maestria, sfornando pizze lavorate secondo le tecniche partenopee. Andrea ripropone invece piatti della tradizione campana con un menù che varia stagionalmente in base alla freschezza e alla tipicità dei prodotti, provenienti direttamente da consorzi e botteghe della Costiera». Il locale offre diversi momenti di animazione: il mercoledì, i Napolitaliani interpretano con chitarra e voce i più grandi successi della canzone partenopea. Non mancano le ricorrenze tipiche, celebrate con altrettanto “tipico” brio. «Il 19 settembre – chiarisce la titolare – in occasione della festa di San Gennaro, il locale, animato da situazioni, artisti e musica napoletani, propone menu ad hoc. Inoltre, dal 7 dicembre al 6 gennaio, O’ Munaciello ospita i presepi. Alcuni maestri di San Gregorio Armeno ne hanno realizzato uno animato di tre metri, appositamente per noi». www.munaciello.com

Il ristorante e pizzeria O’Munaciello è locato in quartiere Santo Spirito (FI)

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Val d’Orcia

UNA VALLE DAI COLORI ANTICHI di GIACOMO GOVONI

Attraversata dai viandanti medievali e immortalata dai pittori della Scuola senese, la Val d’Orcia è una gemma paesaggistica a est della Toscana, arricchita da un parco naturale e tutelata dall’Unesco. Massimo Magrini ne descrive il fascino senza tempo

Patrimonio dell’Unesco

Massimo Magrini, presidente della conferenza dei sindaci della Val d’Orcia

olci colline degradanti, case coloniche incorniciate da maestosi cipressi, terra rossastra e fazzoletti di ulivi, discreti e perfetti, a intarsiare la valle. E sul tutto, un’ampia pennellata di tardo Medioevo. Alla Val d’Orcia, perla naturale della Toscana ai piedi del monte Amiata, piace presentarsi così. Per sedurre i visitatori di oggi così come, qualche secolo addietro, avvenne con gli artisti senesi che la celebrarono in tutta la sua magia. «È un territorio di dimensioni importanti – spiega Massimo Magrini – riconosciuto patrimonio dell’umanità per il paesaggio culturale plasmato dall’opera dell’uomo, che ha interagito in modo rispettoso con l’ambiente tanto da poter parlare, nel caso della Val d’Orcia, di antropizzazione culturale». Il riconoscimento dell’Unesco è arrivato nel 2004. Cinque anni prima era nato il Parco artistico e naturale. Quali valori natu-

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Val d’Orcia

Patrimonio dell’Unesco

ralistici e culturali custodisce? «Il sito coincide con l’area naturale protetta di interesse locale (Anpil) Val d’Orcia e comprende quasi nella loro totalità i Comuni di Castiglione d’Orcia, Montalcino, Pienza, Radicofani e San Quirico d’Orcia, con un’estensione complessiva di 61.000 ettari. L’istituzione dell’Anpil ha dato ai Comuni gli strumenti normativi per gestire un’area in cui i valori antropici si intrecciano a quelli naturalistico-ambientali. Un processo iniziato nel pre Rinascimento e in cui l’agricoltura, oggi come in passato, riveste un ruolo fondamentale nella gestione del territorio aperto e nella salvaguardia del paesaggio culturale della valle. Dentro al parco, i cui confini coincidono con l’Anpil, la Regione Toscana e la Provincia di Siena hanno individuato 5 siti di interesse comunitario, nazionale e regionale e sono state istituite 4 riserve naturali provinciali in luoghi particolarmente significativi sotto il profilo ambientale».

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In quali scorci della vallata si colgono meglio le tracce rinascimentali? «Il paesaggio della Val d’Orcia è per lo più quello del “mare di creta” descritto dai pellegrini del Medioevo che percorrevano la via Francigena che attraversa la valle longitudinalmente verso Roma. Ma è soprattutto, come dicevo, quello del “buon governo”. L’iconografia storica e gran parte della pittura della Scuola di Siena ne hanno evidenziato le sue configurazioni principali: i pascoli e i seminativi nudi, le colture miste e, caso raro in Toscana, il reticolo agrario a maglia fitta tipico del sistema mezzadrile introdotto fra il XIV e il XV secolo. Nelle aree di maggior pregio del comune di Radicofani ad esempio, permane una parcellizzazione del territorio che risale alla repubblica di Siena, come si desume dallo Statuto del 1441, quando il territorio venne suddiviso per soddisfare i bisogni alimentari della comunità». Di recente, a Strasburgo, avete presen-

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tato i prodotti eccellenti del territorio del Montalcino. Su quali specialità avete richiamato l’attenzione del consesso europeo? «Oltre al Brunello di Montalcino, punta di diamante della Val d’Orcia, abbiamo presentato altri prodotti importanti della nostra terra: lo stesso Orcia Doc, vino con meno tradizione ma con grandi prospettive, il formaggio di pecora, i salumi e l’olio. Ma si è cercato di promuovere soprattutto l’unicità del territorio, la vera garanzia dell’alta qualità dei nostri prodotti agroalimentari». In quella stessa occasione, lei ha dichiarato che l’area sta vivendo una fase di trasformazione. A cosa si riferiva? «LaVal d’Orcia è un sistema in continua evoluzione, ma vi sono momenti in cui alcune trasformazioni vanno stimolate e governate. La sfida più grande che abbiamo davanti è creare le condizioni affinché i nostri ragazzi continuino a vivere e trovino opportunità di lavoro in questa terra, altrimenti la Val d’Orcia sarà destinata a un lento declino. Dob-

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biamo trovare il giusto equilibrio tra la necessità di avere servizi e infrastrutture al passo coi tempi e quella di tutelare il paesaggio culturale, indispensabile allo sviluppo socioeconomico del territorio. Questa armonia tra innovazione e tradizione, due concetti in apparente contrasto, genera il cosiddetto sviluppo sostenibile, l’unica strada percorribile per un territorio bello e delicato come laVal d’ Orcia». Una delle iniziative permanenti è la visita a bordo di littorine d’epoca. Quali altri percorsi turistici vengono proposti all’interno del Parco? «Oltre al treno natura, in Val d’Orcia è possibile fruire di molti itinerari turistici e culturali a piedi, a cavallo o in bici. Le amministrazioni stanno operando per realizzare nuovi percorsi e valorizzare quelli esistenti, anche in sinergia con gli imprenditori del settore ricettivo. C’è poi la grande opportunità della Francigena che, a mio avviso, nei prossimi anni avrà uno sviluppo simile al cammino di Santiago. Il tratto che attraversa la Val d’Orcia, oltre a essere bellissimo e ben conservato, è stato messo da poco in sicurezza grazie ai finanziamenti della Regione Toscana ed è percorso da un numero sempre crescente di pellegrini». Al parco è affidato anche il ruolo di volano per la promozione del marchio Val d’Orcia all’estero. Quali progetti sono allo studio per il futuro? «Nessun Comune, neanche il più grande e strutturato, può pensare di promuoversi da solo. Le difficoltà economiche, unite alla necessità di fare sistema, inducono le amministrazioni a lavorare insieme e a ottimizzare le risorse. Da anni il marchio Val d’Orcia è stato affidato alla società Valdorcia srl, strumento di gestione e promozione dei cinque Comuni. Attualmente, a causa della normativa nazionale, è in atto un confronto fra i sindaci per dare un ruolo ancora più importante alla società per progetti di gestione del sito Unesco e per la promozione del marchio Val d’Orcia».

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di VALERIA GARUTI

VAL D’ORCIA, DOVE REGNA IL RELAX

L’antica valle dove uomo e natura formano un connubio perfetto sembra aver dimenticato lo scorrere del tempo

iconosciuto come patrimonio dell’Unesco, il panorama della Val d’Orcia è unico al mondo. Qui, tra le colline della provincia di Siena, la civiltà agraria accoglie i viaggiatori di oggi così come faceva un tempo con i pellegrini, rendendoli testimoni di una sincera convivialità. In questa valle antica esiste un luogo in cui, ancora oggi, è possibile assaporare il perfetto connubio tra uomo e natura. Il centro wellness Casanova, immerso nell’armonia delle colline e del loro silenzio, riesce a distrarre dallo stress quotidiano anche i più stacanovisti. «Quando la pratica dell'attività fisica incontra il relax –spiega la titolare Sabrina Bellugi – e le sane abitudini quotidiane, si

R Sopra, una delle piscine del centro wellness. Qui sotto, una sala del centro benessere

crea uno stile di vita da portare con sé o da condividere con gli altri. Questa è l’idea su cui si fonda il nostro centro wellness». La tipica struttura toscana fa dimenticare lo scorrere del tempo, perché l’atmosfera che si respira è quella della casa di campagna in cui regna la tranquillità dei sensi. «Ci distinguiamo – spiega Sabrina – per il perfetto equilibrio tra i servizi di un albergo e la cura del corpo. Proponiamo una vasta gamma di trattamenti per soddisfare quei momenti di tranquillità che tutti meritano dopo un lungo periodo di lavoro». Il relax inizia dalle camere, dotate di quelle piccole comodità capaci di farci sentire davvero in vacanza, e prosegue con il piacere del palato, grazie alla cucina tipica del Barbarossa. «Chi ama la cucina di qualità, ma anche chi è intollerante al glutine – specifica Sabrina – può assaporare gli antichi piatti toscani, scegliendo tra diversi prodotti tipici. Il tutto è accompagnato da una selezione di vini pregiati, tra cui il Brunello di Montalcino e il Nobile di Montepulciano».

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www.residencecasanova.it info@residencecasanova.it

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zione vinicola targata Palmucci, che ha gestito questo fondo per 30 anni. Quali elementi conferiscono tanto valore a quest’azienda? «In primo luogo, sarà banale, ma una qualità dei vini sempre costante o in crescita. Aggiungo e sottolineo la capacità di resistere alla facile tentazione di cavalcare le mode e avere un fidato gruppo di estimatori innamorati del vino e della filosofia di conduzione dell’azienda». Quali sono le punte di diamante della cantina di Poggio di Sotto e quali annate ne hanno consacrato l’eccellenza? «Se analizziamo le annate messe in commercio, possiamo affermare che tutte e tre le tipologie, che sono il Rosso, il Brunello e la Riserva, ci portano a turno ottimi risultati ogni anno. Attualmente, se di punta di diamante voliamo parlare, possiamo indicare la Riserva di Brunello 2006». Nell’ultimo quinquennio le vendite del Brunello hanno conosciuto un’impennata significativa, sfruttando nuovi sbocchi internazionali. Per quanto vi riguarda, quali mercati vi stanno premiando maggiormente?

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Percorsi di vino

Claudio Tipa, proprietario della tenuta di Poggio di Sotto assieme alla sorella Maria Iris Bertarelli

«Pur nella limitazione delle quantità esigue di produzione, per via di una coltivazione ristretta a pochi ettari e dell’estremo rigore nella selezione delle uve, abbiamo amatori del nostro prodotto su tutti i mercati e cerchiamo di servirli nel migliore dei modi». Attraverso la Fondazione Bertarelli, sostenete anche iniziative di valorizzazione di Montalcino e dintorni. In tal senso, la splendida cornice in cui s’immerge Poggio di Sotto, costituisce la cartolina migliore. Quanto state agendo sui “poteri” artistico e turistico del vostro vino d’autore?

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«In verità, al di là della sempre efficace attività commerciale e promozionale che effettuiamo per tutte le nostre aziende, non abbiamo per fortuna la necessità di agire sul “potere” del nostro vino d’autore. Semmai accade il contrario, ovvero la possibilità, con l'avvento di Poggio di Sotto, di sostenere delle iniziative culturali legate a questo territorio e consentire alla nostra famiglia di far conoscere le attività che la Fondazione Bertarelli supporta in Italia e le iniziative a scopo umanitario e sanitario che la Fondation Bertarelli, con sede in Svizzera, promuove nel mondo».

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TRAMONTI SENESI Un microcosmo che contiene una duplice vocazione. Da punto di partenza ideale per esplorare la Toscana più bella, può diventare destinazione privilegiata. Alle porte di Siena, alla scoperta di Laticastelli

riginariamente era un castello costruito all'inizio del XII secolo. Insieme ad Armaiolo faceva parte di una serie di forti aventi il compito di proteggere Siena da sud. Si tratta di Laticastelli, già citato nelle carte di Leonardo da Vinci, un luogo dove il paesaggio è quanto di più caratteristico e suggestivo si possa trovare alle porte di Siena. Un antico fortilizio del 1200 trasformato in Country Relais, ma con tutto il fascino e la bellezza che permette di effettuare un tuffo nel passato per respirare storia e tradizione. «La lungimiranza della proprietà – spiega il titolare Giancarlo Iorizzo - è stata quella di realizzare un restauro conservativo e rispettoso delle tracce architettoniche esistenti,

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Laticastelli Contry Relais si trova a Rapolano Terme, località Laticastelli

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di MARCO TEDESCHI

lasciando intatto lo stile rustico e genuino dell’intero borgo. Naturalmente è stato difficile integrare must tecnologici come aria condizionata, free wi-fi con muri vecchi di 500 anni. Fortunatamente, grazie alla passione di tutti i soggetti coinvolti, il risultato finale è stato una riconversione che ben coniuga l’antico stile rustico toscano con i moderni comfort. Laticastelli è stata una scommessa, una rivoluzione operativa. Un piccolo villaggio convertito interamente in struttura ricettiva, ma perfettamente integrato al sistema territoriale di accoglienza». Lo stile rustico di Laticastelli rappresenta un palcoscenico suggestivo alle porte del Chianti. «Naturalmente i nostri 70 ettari di tenuta sono un’attrattiva paesaggistica unica, che uniti alla splendida piscina

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Immancabili sono le passeggiate nel Chianti o i tramonti in Val d’Orcia. Tutti itinerari percorribili con i cavalli e al nostro piccolo Club Ippico offrono molteplici alternative a tutti i tipi di ospite. Abbiamo inoltre una serie di itinerari personalizzati ricchi di spunti culturali, gastronomici e di folklore locale. Di fatto Laticastelli è un mirco-cosmo che ha in sé una duplice vocazione, la prima è quella di punto di partenza ideale per esplorare letteralmente la Toscana più bella; la seconda è quella di destinazione in se stessa, che offre la possibilità di soggiorni relax, all’insegna del benessere e dell’enogastronomia, tutto all’interno del nostro incantevole borgo». Un complesso, quello di Laticastelli che abbraccia tutto il contesto geografico e paesaggistico. «Il suggestivo borgo sorge a ridosso di una piccola valle dove pascolano liberi i nostri cavalli, che non disdegnano la compagnia di splendidi caprioli. Tutt’intorno – prosegue Iorizzo - sono colline morbide e filari di vigne sapientemente lavorate. Il fiume Ombrone abbraccia idealmente la proprietà, che pur difesa da traffico e rumore, resta vicinissima alle strade di grande comunicazione». A partire dalla

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struttura gli itinerari possibili sono veri e propri patrimoni naturali e artistici da scoprire. «Immancabili sono le passeggiate nel Chianti, piuttosto che i tramonti in Val d’Orcia. I piccoli borghi come San Gusmè o l’imperdibile San Gimignano sono impareggiabili. Il Duomo di Siena e la magica Piazza del Campo, dove si svolge il Palio, sono inoltre a poca distanza». Di grande interesse inoltre sono le abbazie presenti sul territorio senese. «Indiscutibilmente l’abbazia di Monteoliveto è una delle mete più affascinanti. È un luogo mistico, suggestivo, dove da oltre 8 secoli una comunità di frati benedettini conduce una vita autonoma che custodisce patrimoni pittorici di grande valore». A Laticastelli oltre al vino, regna anche la buona cucina. L’enogastronomia rappresenta infatti un’altra delle attrattive intrinseche del posto. «Non si può venire a Siena e non assaggiare i pici, la tipica pasta senese fatta in casa, magari con i porcini o il tartufo delle crete senesi. Deliziosi i salumi di cinta

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La Toscana più bella

Garbatamente, tra le memorie di viaggio, vogliamo che si adagi il ricordo indelebile di un posto speciale e un grande classico: il cinghiale. In generale la gastronomia toscana è una leva commerciale d’importanza enorme. L’eccellenza di alcuni prodotti sta molto contribuendo a combattere la crisi che non risparmia nemmeno la Toscana». La struttura ospita anche diversi eventi, in particolare musicali. «Abbiamo avuto il piacere di offrire ai nostri ospiti diversi eventi musicali di rilievo grazie alla collaborazione con prestigiosi ensemble come Oberling Conservatory, ZHDK Strings di Zurigo. Anche il prossimo anno ospiteremo alcune sessioni di musica classica, grazie alla collaborazione con alcune prestigiose accademie e al patrocino di alcuni dei festival più importanti che si svolgono in questa zona. Naturalmente i concerti inizieranno alla metà di giugno, quando il clima e le fioriture sono cornice perfetta per eventi di questo genere. Dal 2013 avremo inoltre a disposizione un “Salone della Musica” dove ospitare eventi di dimensioni ridotte o piccole manifestazioni di nicchia». Anche in questi eventi

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si racchiude un po’ quello che è il segreto e l’anima della tenuta Laticastelli. «Il concetto che ci piace proporre – conclude Iorizzo- è quello di essere guide e custodi di tutto il soggiorno dei nostri ospiti, estendendo l’accoglienza al di fuori delle mura del Country Relais. I nostri itinerari sono creati per regalare al viaggiatore un impatto pieno e vero con le meraviglie di questa terra. Percorsi che spaziano dai tour delle cantine più rinomate agli affreschi più segreti delle abbazie senesi. Un rapporto strettissimo con il territorio e con le aziende che vi operano, perché il vero prodotto da vendere in fondo non è la banalità di un letto ma il fascino di un’esperienza che speriamo si trasformi in splendido ricordo di viaggio. L’obiettivo è quello di rubare 5 minuti di storia di ogni ospite lasciando che garbatamente, tra le memorie di viaggio, si adagi anche il ricordo indelebile di un posto speciale». www.laticastelli.com

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di EMANUELA CARUSO

IN TERRA DI CHIANTI na “sala del caminetto” per gustare una deliziosa prima colazione a buffet. Una serie di camere con soffitti in travi di legno, mobili antichi e letti in ferro battuto per entrare in una storia d’altri tempi. Un giardino per distendersi, chiudere gli occhi e rilassarsi, inebriati dal profumo di fiori ed erba appena tagliata. E ancora, un’ampia piscina per trascorrere le calde giornate estive in totale relax. Sono queste le “meraviglie” messe a disposizione degli ospiti dall’Hotel Colle Etrusco Salivolpi, un’antica casa colonica convertita in albergo. «La

U L’Hotel Colle Etrusco Salivolpi e l’Hotel Belvedere San Leonino si trovano a Castellina in Chianti (SI)

Riscoprire pezzi di storia passata, rilassarsi in mezzo alla natura e andare in avanscoperta degli insediamenti etruschi e del buon vino. Castellina in Chianti offre meravigliose esperienze

nostra struttura – spiega Cristina Orlandi – è situata nel cuore del “Chianti” classico. Le 19 camere dell’hotel sono arredate in stile toscano rustico e si legano perfettamente all’armonia dell’ambiente. Sono dotate di tutti i confort, così come lo sono anche la sala di soggiorno e la sala colazione, ampie e accoglienti». Ubicato in una posizione ottimale rispetto alle principali città d’arte della zona, l’Hotel Colle Etrusco Salivolpi offre ai suoi ospiti la possibilità di alternare gite ed escursioni a momenti di relax in piscina o all’ombra del verdeggiante giardino. «A conduzione familiare – commenta Cristina Orlandi – è anche l’altro hotel di nostra proprietà, il Belvedere San Leonino, che grazie alle sue 29 camere squisitamente arredate, alla splendida piscina, e all’accogliente ristorante Il Cortile dove vengono servite ricche colazioni e deliziose cene accompagnate da un bicchiere di Chianti Classico, ha ricevuto il riconoscimento del Touring Club “Stanze Italiane” ed è ai primi posti di social network come Trip Advisor e Trivago».

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www.hotelsalivolpi.com www.hotelsanleonino.com

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di VALERIA GARUTI

VAL D’ORCIA, DOVE REGNA IL RELAX

L’antica valle dove uomo e natura formano un connubio perfetto sembra aver dimenticato lo scorrere del tempo

iconosciuto come patrimonio dell’Unesco, il panorama della Val d’Orcia è unico al mondo. Qui, tra le colline della provincia di Siena, la civiltà agraria accoglie i viaggiatori di oggi così come faceva un tempo con i pellegrini, rendendoli testimoni di una sincera convivialità. In questa valle antica esiste un luogo in cui, ancora oggi, è possibile assaporare il perfetto connubio tra uomo e natura. Il centro wellness Casanova, immerso nell’armonia delle colline e del loro silenzio, riesce a distrarre dallo stress quotidiano anche i più stacanovisti. «Quando la pratica dell'attività fisica incontra il relax –spiega la titolare Sabrina Bellugi – e le sane abitudini quotidiane, si

R Sopra, una delle piscine del centro wellness. Qui sotto, una sala del centro benessere

crea uno stile di vita da portare con sé o da condividere con gli altri. Questa è l’idea su cui si fonda il nostro centro wellness». La tipica struttura toscana fa dimenticare lo scorrere del tempo, perché l’atmosfera che si respira è quella della casa di campagna in cui regna la tranquillità dei sensi. «Ci distinguiamo – spiega Sabrina – per il perfetto equilibrio tra i servizi di un albergo e la cura del corpo. Proponiamo una vasta gamma di trattamenti per soddisfare quei momenti di tranquillità che tutti meritano dopo un lungo periodo di lavoro». Il relax inizia dalle camere, dotate di quelle piccole comodità capaci di farci sentire davvero in vacanza, e prosegue con il piacere del palato, grazie alla cucina tipica del Barbarossa. «Chi ama la cucina di qualità, ma anche chi è intollerante al glutine – specifica Sabrina – può assaporare gli antichi piatti toscani, scegliendo tra diversi prodotti tipici. Il tutto è accompagnato da una selezione di vini pregiati, tra cui il Brunello di Montalcino e il Nobile di Montepulciano».

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www.residencecasanova.it info@residencecasanova.it

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di EMANUELA CARUSO

IL BIOLOGICO TOSCANO

A pochi minuti da Siena, sulle colline toscane, è possibile trovare coltivazioni, oli e vini biologici. Britta Lunerburg presenta la fattoria biologica Le Pici

iamo nel cuore della Toscana, nella zona del Chianti Classico, delle dolci colline boscose e di quelle coltivate a ulivi e vitigni.Verso sud, lo sguardo indugia sulle colline che portano alla bellissima città di Siena; mentre guardando a ovest, si scopre il magnifico castello di Brolio. È in mezzo alla natura rigogliosa, su di una piccola collina che si erge alla fine di una larga valle, che troviamo la fattoria Le Pici, che insieme agli agriturismi Le Picine – a 420 metri sul livello del mare – e Borgo Cetamura – situato a un’altitudine di 620 metri sul

S La fattoria biologica Le Pici si trova a Castelnuovo Berardenga (SI)

livello del mare – ha dato vita al sogno di Britta Lunerburg. «Quando mio padre mi lasciò in eredità la fattoria, da vera amante della natura decisi di lasciare la città per trasferirmi in questo paradiso terrestre. Da subito scelsi di ristrutturare gli edifici osservando quanto più possibile i criteri ecologici e di convertire tutte le coltivazioni tradizionali in coltivazioni biologiche. Oggi, la nostra fattoria produce un olio extravergine di oliva biologico, che grazie alla tecnica della spremitura a freddo acquista un sapore unico e delicato, e un particolare vino passito realizzato con le stesse procedure del Vin Santo e anch’esso di agricoltura biologica». Oltre a olio e vino di ottima qualità, nel piccolo ristorante della fattoria Le Pici, riservato agli ospiti dei due agriturismi, vengono serviti piatti prevalentemente vegetariani, così come le più corpose pietanze tipiche della cucina toscana. I crostini, la ribollita, i pici al sugo d’anatra e l’ossobuco alla senese sono le ricette più richieste. www.fattoriabiologica.com

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di VALERIA GARUTI

IL VINO PIÙ LONGEVO In un ambiente familiare e accogliente, si riscoprono gli antichi sapori della tradizione toscana. Luciano Moretti ci accompagna nel viaggio del gusto attraverso il suo ristorante iamo in provincia di Siena, nella Toscana Sud-occidentale, un territorio la cui vocazione a produrre vini di grande qualità è nota da molti secoli. Già dal Medioevo, infatti, gli statuti comunali regolamentavano la data dell’inizio della vendemmia. In particolare, il comune di Montalcino è noto per il Brunello, famoso nel mondo e considerato il vino italiano dotato di maggiore longevità. Dal colore rosso rubino con riflessi granati, dal sapore ampio, asciutto e persistente, il Brunello è facilmente riconoscibile grazie anche al suo profumo caratteristico, intenso e penetrante. Ed è proprio un'ampia e selezionata carta dei vini locali, nazionali e internazionali quella che accoglie i clienti del Grappolo Blu, che scelgono questo ristorante per assaporare i piatti dell’antica tradizione toscana. Già dall’insegna, rappresentativa di un grappolo d’uva, s’intuisce che in questo posto il vino ha un’importanza primaria. Prendendo il nome dalla vecchia cantina in cui si produceva vin santo, il titolare Luciano Moretti ha deciso di rilevare venti anni fa questo piccolo e caratteristico ristorante tradizionale. «Per ogni genere di vino – spiega – noi portiamo al tavolo il bicchiere

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appropriato. Dal Brunello al Chianti ai vini bianchi. La nostra selezione dei vini offre l’opportunità di sbizzarrirsi e scegliere etichette di costo ed annate diverse. Il Grappolo Blu accosta la scelta di vini proponendo i gusti e i sapori della regione. I crostini toscani, i salumi di Cinta Senese, i famosi Pinci all’Aglione, il coniglio al brunello e il cinghiale sono le portate più tradizionali e tutti i piatti sono caratterizzati da ingredienti semplici e naturali. Sale piccole e confortevoli, soffitti bassi, arredamento rustico. La struttura di questo posto rispecchia il gusto di Maria Pia, moglie di Luciano, la quale ha creato tutte le ricette del menù e gestisce con professionalità e passione lo staff di cucina. «La nostra – conclude il proprietario – è una regione molto importante a livello turistico per le sue bellezze naturali e artistiche. Montalcino è rinomato per la bontà e peculiarità del cibo e del vino e naturalmente per la qualità della vita.

Luciano Moretti titolare del ristorante Il Grappolo Blu, Montalcino (SI)

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www.grappoloblu.it - info@grappoloblu.it

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IL CHIANTI “STELLATO”

di REMO MONREALE

lta cucina per tutti. È stata definita così la proposta culinaria firmata da Helene Stoquelet, che insieme al marito Franco Camelia gestisce La bottega del 30, a Villa a Sesta in provincia di Siena. Lei parigina innamorata di Villa a Sesta e dei cibi del territorio, lui amante dei vini e della compagnia: insieme decisero di aprire il ristorante nel 1987. «Quest’anno – dice la chef – festeggiamo venticinque anni di attività insieme al responsabile della cucina Nadia Mongiat, ex sous-chef del ristorante Il Pellicano, e al sommelier Diego Tuti». Il locale si inserisce nel contesto dei borghi di Villa a Sesta e i piatti del menu si susseguono nel rispetto dei sapori tipici del Chianti. Ottimi esempi dell’alta cucina della chef, premiata con la stella Michelin, sono i fiori di zucca ripieni con ricotta e funghi o il fegatello di cinta senese su zuppa di fagioli e farro. La pasta fatta in casa merita una menzione a parte. «Gli spaghetti impastati con trenta tuorli – spiega Stoquelet –, sono eseguiti secondo la famosa ricetta della pasta del Chianti, così come il raviolone con uovo e tartufo nero, il cui ripieno crea un’esplosione di sapori.Tra

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La Bottega del Trenta si trova a Villa a Sesta, Castelnuovo Berardenga (SI)

Nella bellezza romantica del “Chiantishire” c’è un ristorante d’eccellenza premiato da Michelin. La chef Stoquelet, francese innamorata della cucina tradizionale toscana, ci racconta il segreto di un successo che dura da venticinque anni

i secondi potrei ricordare il maialino in porchetta croccante o l’anatra al finocchio sevatico cotta a lungo secondo l’antica tradizione, che rappresentano perfettamente la filosofia del ristorante». Non si seguono, quindi, le mode del momento, come quella che imporrebbe di abbreviare la cottura: una scelta finora premiata non solo dai riconoscimenti ufficiali, ma anche dalla lunga vita che l’attività dei coniugi Camelia può vantare. «Per gli amanti del Chiantishire – conclude la titolare – La Bottega del 30 è una tappa obbligatoria per la sua semplicità, la bellezza della campagna e l’autenticità dei sapori nei piatti». www.labottegadel30.it

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SOGGIORNI A SUON DI PUCCINI di GIULIO CONTI

Tra l’anfiteatro romano, la torre Guinigi, il Palazzo Ducale e il duomo di San Martino, un magnifico palazzo settecentesco è sede dell’unico cinque stelle di Lucca, l’hotel Noblesse

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n’atmosfera raffinata ed elegante in cui diviene inevitabile lasciarsi trasportare indietro nel tempo, inebriati dagli effetti luminosi dell’oro e dei lampadari in vetri di Murano, dagli arredi d’antiquariato “incorniciati” da antichi arazzi e dai tappeti persiani che ne raccontano la storia. Come quella dell’hotel Noblesse, unico cinque stelle di Lucca; una storia che affonda le radici in un passato di splendore, proiettata con spirito innovativo in un futuro altrettanto sorprendente dalle parole del giovane imprenditore Giorgio Galli che, dopo aver visitato i più grandi e prestigiosi alberghi del mondo, torna a ribadire,

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La Toscana più bella

alla direzione del Noblesse, quanto «la grandezza storica, artistica e culturale italiana non teme alcun confronto». Qual è la sua personale idea di turismo? «Il turismo per me va di pari passo con l’arte. E chi meglio di noi Italiani, circondati come siamo da monumenti e magnificenze artistiche di ogni stile e fattura e invidiati per questo dal mondo intero, può utilizzarla come prestigioso teatro dell’ospitalità alberghiera? Il turismo, negli Stati Uniti, ad esempio, è concepito in maniera diversa per naturali ragioni legate alla cultura e al territorio; vi è una diversità di offerte incredibili tra mare, monti, laghi, foreste e mastodontiche città, ma l’Italia possiede un fascino che solo la storia e un patrimonio di opere d’arte come il nostro può conferire a una meta turistica d’eccellenza». Tra arte, storia, cultura e musica, cosa rappresenta per lei condurre l’unico cinque stelle di Lucca? «Non posso mai sottrarmi alle tante e necessarie dinamiche che, al giorno d’oggi, impegnano un direttore d’albergo per intuire, anticipare e seguire le richieste degli ospiti che scelgono la vacanza al top delle possibilità e comfort; è fondamentale capire dove intervenire per la

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loro completa soddisfazione. Dobbiamo sempre stare al passo con i continui cambiamenti comunicativi, seguirne le evoluzioni e adeguarci senza remore». Quali programmi tendono a non deludere mai gli ospiti? «Tra i vari servizi che mettiamo a disposizione dei nostri ospiti, organizzo personalmente gite guidate per far conoscere tutti i tesori, anche i più nascosti, di questa mia incantevole città. Propongo inoltre la possibilità di assistere ai concerti pucciniani nella bellissima chiesa di San Giovanni». L’hotel Noblesse è frequentato da personalità di spicco, volti della mondanità e personaggi pubblici. Cosa ricercano questi protagonisti del turismo di lusso? «Cercano eleganza, atmosfera, buoni servizi, la comodità di stare in un ambiente che tutela la loro privacy, la nostra “location” nella zona pedonale del centro storico, lontano dai rumori del traffico. Cercano anche un ambiente che li faccia sentire a loro agio, con discrezione ma anche con cordialità. Per noi i nostri clienti sono ospiti veri».

In apertura, Giorgio Galli, proprietario dell’hotel Noblesse di Lucca. Nelle altre immagini, camera e area bar dell’albergo

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info@hotelnoblesse.it

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di ROBERTA DE TOMI

GIOIELLI ARETINI Arezzo è una città da scoprire, da Vasari a Piero della Francesca, dagli antiquari alle feste medievali. E il punto di partenza può essere il Graziella Patio, situato all’interno di un edificio storico na perla che si colloca al centro di una conchiglia altrettanto charmant: la città medievale di Arezzo, che spicca per gli affreschi di Piero della Francesca, la Casa del Vasari e del Petrarca, il Duomo, la Croce di Cimabue, l’Anfiteatro. Immancabili, altre due tappe: la rinomata fiera dell’antiquariato, allestita per le vie della città toscana ogni prima domenica del mese e il sabato che la precede, e la Giostra del Saracino, rievocazione storica medievale che si svolge in Piazza Grande. In questo quadro, in una delle vie più eleganti della città, a pochi passi dalla Chiesa di San Francesco, sorge il Graziella

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Patio. «Il nostro hotel – spiega la titolare, Eleonora Gori – è l’unico di Arezzo, ospitato in un edificio storico le cui fondamenta e cantine risalgono al quindicesimo secolo». Oltre alle attrattive di natura artistico-culturale, la zona in cui è collocata la struttura presenta diversi locali come pub, ristoranti ed enoteche. Il Patio, che fa parte della Graziella Holding Spa, ha mutuato il senso dell’estetica dall’attività originaria del gruppo, legata all’oreficeria. Da qui, l’idea di una struttura ricettiva che si configura come un “gioiello” che, come rileva Gori «è la scelta migliore per una fuga romantica ad Arezzo, grazie alla sua atmosfera speciale e alle camere e suite ispirate agli itinerari di Bruce Chatwin, scrittore di fama internazionale, ma soprattutto, grande viaggiatore». www.hotelpatio.it

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Il Graziella Patio Hotel ha sede ad Arezzo

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CUORE CLASSICO TOSCANO di ANASTASIA MARTINI

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Musica classica in sottofondo, un locale ricavato in un palazzo del Cinquecento, dettagli raffinati, fanno da eleganza, sinonimo di una cultura corollario a una cucina che attinge alla ricette tradizionali, reinventata, ma mai snaturata, viene ravvivate dall’estro dello chef Emiliano Rossi

plasmata nel cuore dell’etrusca Cortona. Qui, sulla via che dal Teatro Signorelli conduce alla chiesa di San Francesco, in un palazzo del 1500, restaurato secondo attenti criteri filologici, si trova l’Osteria del Teatro, dove si possono gustare diverse specialità toscane. «La nostra filosofia – spiega lo chef e titolare dell’Osteria, Emiliano Rossi – è quella di esprimere al meglio le tradizioni della nostra cucina, scegliendo prodotti tipici di qualità, reinterpretati in chiave moderna». Una prelibatezza del locale è il medaglione, una sorta di raviolo ripieno di pappa al pomodoro, “in salsa di basilico”. «Per questo piatto – chiarisce – preparo la pappa al pomodoro seguendo la ricetta tradizionale. Con questa, farcisco un raviolo, proposto con questa salsa verde, insieme a pomodori leggermente scottati. Un altro piatto tipico rivisitato è ad esempio lo stinco d’agnello al buglione. Gli ingredienti che utilizzo maggiormente sono i funghi e i tartufi, presenti in numerosi piatti del menù. E naturalmente non manca una cantina rifornita con 600 etichette prevalentemente toscane. E a proposito di vini: per

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il medaglione, consiglio uno Chardonnay Toscano, che si sposa alla componente acida della pappa stessa». Un grande puntiglio si esprime anche nella disposizione dei locali «Ogni aspetto dell’attività – continua – ruota intorno al nome del locale. Abbiamo una collezione interna di foto di mio padre, grande appassionato di musica classica, con attori famosi della sua epoca e locandine timbrate e firmate di opere andate in scena in diversi teatri italiani. E naturalmente la musica classica costituisce la colonna sonora del locale. L’attenzione all’arredamento ci ha portato a curare anche le toilette: all’interno di quelle per signore si trova una collezione di bambole, mentre per i signori, quella di automobiline. Curiamo molto anche la preparazione del personale: ai nostri dipendenti facciamo fare corsi di caffetteria, cosa insolita per un ristorante, e disponiamo di tre sommelier professionisti».

L’Osteria del Teatro ha sede a Cortona (AR)

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www.osteria-del-teatro.it

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MEDITERRANEO LIGURE di ROBERTA DE TOMI

La Liguria da esplorare e da scoprire con i suoi colori e i sapori mediterranei, esaltati da un tocco d’olio crudo ed espressi nei piatti di pesce, elaborati in diverse e raffinate ricette, illustrate da Piergiorgio Ciana

ei poemi che compongono “Ossi di Seppia”, Eugenio Montale descrive il paesaggio della Liguria, evocando non soltanto una situazione esistenziale, ma anche l’indole di un’area lambita dal sole del Mediterraneo. Si tratta di luoghi in cui la natura dischiude scenari suggestivi, replicati a diversi chilometri di distanza. Si arriva a Santa Margherita Ligure, sul lungomare che conduce a Portofino, tra il Parco Naturale Regionale del Monte Portofino e il mare. Qui si trova una storica struttura ricettiva, l’Hotel Regina Elena,

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gestita da oltre cent’anni dalla famiglia Ciana, albergatori dal 1897. Collocato in una posizione strategica, l’hotel apre un ventaglio di offerte, finalizzate alla scoperta della Liguria in tutti i suoi aspetti. Si parte dalle visite organizzate dall’hotel, che contemplano le escursioni guidate in bicicletta al Monte Portofino, arrivando a quelle all’acquario di Genova, altra meta ligure molto gettonata dai turisti appassionati di tutto. “Marittimi” sono i menù aperti sui tavoli dei ristoranti presenti all’interno dell’hotel: Principessa e La Conchiglia. Piatti semplici, che sanno intrigare il palato, immerso in una variegata macchia

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Liguria da esplorare

mediterranea culinaria, i cui sapori vengono esaltati da un immancabile filo d’olio crudo. «Dalle classiche linguine saltate, con vongole veraci, verde di zucchine e bottarga di muggine – spiega il manager dell’hotel, Piergiorgio Ciana – arriviamo a proporre anche prelibatezze peculiari, quali l’insalatina di asparagi, le code di gamberi e patate al vapore, su lettino di misticanza con citronette al lime o, altra nostra eccellenza, i tagliolini di semola all’uovo con ragù di trigliette di scoglio, pomodorini ciliegia e basilico nostrano». Il pesce la fa da padrone anche in altre ricette: dalla scaloppa di orata in guazzetto di olive taggiasche e pinoli con tortino di patate, arrivando al carpaccio di ombrina marinata con coriandolo e pepe rosa in salsa pizzaiola cruda. Non manca un flan di branzino con brunoise di

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verdurine di stagione e fondutina di crostacei. Il carrello dei dessert invita ad assaporare un tortino al fondente nero e salsa al pistacchio o la millefoglie croccante con crema alla nocciola e salsa cioccolato. «Ai nostri piatti – continua Ciana – è possibile abbinare diversi vini, tra cui spicca il nostro il Doc Golfo di Tigullio-Portofino». Al Principessa si assaporano piatti liguri, godendo della suggestiva vista sul mare. Nei mesi estivi, il contatto diventa diretto, con l’apertura de La conchiglia, presso la spiaggia privata dell’Hotel. Qui vengono riproposti i piatti del Principessa, ma viene ampliata la gamma dei sapori, con focacce liguri, ricche insalate e stuzzicanti spuntini. www.reginaelena.it

L’Hotel Regina Elena ha sede a Santa Margherita Ligure (GE)

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TORNA LA BELLE ÉPOQUE di MARCO TEDESCHI

La città dei fiori riscopre un capolavoro della Belle Époque. L’Hotel de Paris Sanremo è eleganza, retrò ottocentesco e cucina ligure, ma dai rimandi francesi

opo quasi venti anni di oblio a Sanremo torna in luce un capolavoro della Belle Époque. «L’Hotel de Paris Sanremo – racconta il direttore dell’hotel Josè Bessone - ha raccolto i risultati previsti da un investimento e una ristrutturazione di rilievo da parte di una proprietà attenta e lungimirante, e, dopo soli quattro mesi è diventato il primo Hotel Quattro Stelle di Sanremo e poco dopo il primo assoluto sul mercato locale e il quarto in Liguria. Risultati certificati dai maggiori siti mondiali del turismo come Booking.com, Zoover e Trip Advisor che

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L’Hotel de Paris Sanremo si trova a Sanremo (IM). Accanto, Josè Bessone, direttore dell’hotel

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Liguria da esplorare

ha premiato l’Hotel de Paris Sanremo col prestigioso “Certificato di Eccellenza Hotels 2012”, un riconoscimento che è stato dato a soli a mille hotel al mondo. Il nostro è un servizio attento, secondo i dettami del “Palace” di epoca ottocentesca a cui ovviamente abbiamo aggiunto tutti i must della modernità». Un mercato di riferimento, quello dell’Hotel de Paris che non riguarda solo il Nord Italia. «Anche la Francia, la Germania e il Benelux sono mercati che ci hanno interessato, con recenti aperture sulla piazza del Baltico e delle nazioni dell’ex Unione Sovietica ove Sanremo è di fatto un brand di grande prestigio per ragioni storiche». Una struttura ricettiva elegante, in cui spicca la cucina che, alla gastronomia ligure, accosta anche quella francese. «Una cucina basata sull’olio d’oliva extravergine della zona e altre prelibatezze come il “Brandacujun” e la “Stroscia” per citarne solo un paio. Abbiamo scelto la produzione propria di tutto il nostro cibo, grazie a chef artigiani, preparati dalla scuola all’antica. Abbiamo inoltre intrapreso un percorso enogastronomico

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con quattro appuntamenti al mese che si chiama “Le Degustazioni”, un vero itinerario nella cucina locale del passato. Ciò ci ha permesso di raggiungere un ottimo risultato con gli avventori locali che ora è stato premiato da una recente affiliazione alla “Chaine des Rotisseurs”, il più antico Club Gastronomico al mondo». Sanremo ben incarna l’anima dell’hotel. «La città dei fiori e degli amori, assolata anche durante i mesi invernali. L’amicizia e la cooperazione con i negozianti e gli albergatori della zona è per noi un punto fondamentale.Tutti i maggiori club hanno “casa” presso l’Hotel de Paris Sanremo. Siamo stati onorati per essere stati scelti da scrittori di grido per la presentazione dei loro libri. Dulcis in fundo – conclude il direttore Bessone – la hall di fine Ottocento è teatro di mostre pittoriche che ospitano l’opera di artisti internazionali».

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www.hoteldeparissanremo.it

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LA LIGURIA DEI VINI

di ANASTASIA MARTINI

Il vino è una “vocazione” per Marco Rizzo, che raccogliendo l’eredità della madre, coltiva con passione vigneti pregiati n clima mite lambisce l’entroterra imperiese, favorendo la coltivazione delle uve più pregiate. Ci troviamo a Pontedassio, località ornata da vigneti coltivati a 150 metri sul livello del mare, che rappresentano la concretizzazione del sogno di Laura Aschero, fondatrice dell’omonima azienda agricola. La vigna “madre” della tenuta si trova in regione Monti e ricopre circa un ettaro di terreno, altri due ettari di vigneto, uno dei quali appena impiantato, sono situati invece in regione Posai. La cantina in cui avviene la vinificazione è collocata al pianterreno di un antico palazzo del paese ed è stata risistemata da Marco

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Rizzo, figlio di Laura. «Tutto nasce dall’iniziativa di mia madre, – spiega – che nel 1977 decide di adibire a vigneto i terreni di famiglia per vendere l’uva ai viticultori locali. Ma da cosa nasce cosa e quasi per gioco abbiamo iniziato a vinificare in proprio accostati nell’attività dall’enologo Gianpaolo Ramò, tuttora presente». Dalla cantina dell’azienda agricola escono tre vini doc: Vermentino, Pigato e Rossese premiati con prestigiosi riconoscimenti. Il Vermentino, fresco e sottile con sentori di fiori di campo ed erbe aromatiche, si abbina molto bene al pesce, mentre il Pigato, più intenso, persistente e fruttato è indicato come aperitivo o abbinato a pesci saporiti e in umido. Il Rossese dal colore rubino chiaro e dal profumo intenso, si accosta moto bene ai piatti tipici della cucina ligure e soprattutto allo stoccafisso e al coniglio. «Mia madre – continua Marco Rizzo – diceva sempre “il sangue non è acqua”: motto che abbiamo fatto nostro, per un’attività giunta con mia figlia Bianca, alla terza generazione». www.lauraaschero.it

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L’Azienda Agricola Laura Aschero ha sede a Pontedassio (IM)

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Le strade del sale

DALLA LIGURIA AL PIEMONTE Anticamente le due regioni erano collegate da diverse strade percorse dai mercanti per commerciare i prodotti alimentari, tra cui il sale. Oggi la via del sale è un itinerario per chi ama andare alla scoperta di borghi caratteristici

o storico Giampiero Laiolo, studioso del Ponente ligure, illustra i percorsi storici e, tra questi, le cosiddette, “strade del sale” tra Piemonte, Liguria e Provenza. Alcuni percorsi furono così chiamati proprio perché utilizzati da alcuni Stati per il trasporto del sale, ingrediente indispensabile all’alimentazione umana e animale e, in passato, anche per la conservazione degli alimenti. Poniamo qui la nostra attenzione sull’arco ligure, sulle strade che si alzano dal Mediterraneo verso i passi appenninici e alpini. In che modo l’esistenza di queste strade s’intreccia con le culture dei luoghi? «Il commercio del sale è un buon indicatore per documentare l’evoluzione storico-

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Giampiero Laiolo

di TIZIANA ACHINO

antropologica dell’economia e delle comunicazioni. A tal fine è utile sviluppare le relazioni nel tempo tra il commercio del sale e gli elementi costitutivi di una cultura, questa intesa nella sua accezione più ampia del termine: cucina, salute, fede, arte, società, economia, potere politico, usi, tradizioni Sopra, il Forte centrale sul Colle di Nava. A fianco, uno scorcio di Pornassio, in provincia di Imperia

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Affacciati sul mare “Come sul ponte di una splendida nave da crociera”…È questa l’atmosfera che si respira sin dal mattino nell’accogliente sala affacciata sulla suggestiva terrazza vista mare del Ristorante Hotel Al Saraceno. Ricche e squisite colazioni, davanti a un panorama da sogno, rallegrano il cuore e lo spirito per tutto il soggiorno a Varigotti. Il ristorante, aperto anche a ospiti esterni all’hotel, è guidato dal giovane Chef Luigi Pezzano, conosciuto per la cucina finemente curata, che sposa la tradizione con nuovi profumi. L’hotel si distingue inoltre per la sua atmosfera accogliente, raffinata ed elegante con un arredamento in stile Liberty predominato dal colore bianco. L’Hotel Al Saraceno dispone di 21 camere dotate di ogni comfort, tra cui 4 suites con ampi terrazzi affacciati direttamente sul mare.

HOTEL AL SARACENO Via Al Capo, 2 - 17029 Varigotti (SV) - Tel. 019 69.88.182 - Fax. 019 69.88.185 www.alsaracenogroup.com - varigotti@alsaracenogroup.it

Giampiero Laiolo, scrittore e studioso di storia locale

e leggi sono tutti elementi reciprocamente coinvolti. Tra gli esempi più ovvi che riguardano l’economia posso ricordare che navi e muli non viaggiavano mai vuoti. Sulla nave il sale addirittura poteva essere considerato alla stregua della zavorra: ciò offriva un doppio guadagno». Quali sono i percorsi storici tra Provenza, Liguria e Piemonte? «Dalla preistoria, cacciatori e pastori appartenenti a numerose tribù stanziate tra la Francia meridionale, il Piemonte e la Liguria frequentarono l’arco alpino. Queste genti, che Esiodo già nel IX sec. a.C. chiamò Liguri, si incontrarono stagionalmente su queste montagne dando origine a un duraturo legame culturale. Cinque secoli or sono Agostino Giustiniani, storico della Repubblica

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di Genova, scrisse che queste genti indicavano le loro montagne come “l’asse del loro mondo”. Si tratta di migrazioni e transumanze agevolate dalle caratteristiche naturali, come i bacini fluviali Varo, Rodano e Po, e i passi appenninici e alpini Bocchetta, Faiallo, Cadibona, Nava, Tenda, Moncenisio, Monginevro, Piccolo e Gran San Bernardo. Strade e valichi, luoghi di incontro di civiltà; quindi di fede, di arte, di tradizioni, di società e di economia. In queste valli e su questi valichi convergevano necessariamente anche i commerci mediterranei che fecero dell’arco ligure-provenzale una terra di passaggio verso l’Europa continentale. Tra quelle merci vi era anche il sale che in quest’area proveniva principalmente dalle saline mediterranee. Il sale è anche ricavato dalle miniere di salgemma e dall’acqua salmastra di fonti e pozzi».

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Le strade del sale

Giampiero Laiolo

Quali itinerari consiglia a confine tra Appennini e Alpi del mare? «Considerando i maggiori percorsi storici transalpini accessibili in auto che collegano il Piemonte alla Liguria, si può iniziare dalla “strada del Colle di Nava”. L’importanza strategica di questa strada, un tempo chiamata Regia o “del Sale” è palese nei ruderi delle fortificazioni medioevali sovrastanti ogni paese. Fortificazioni che si ergono non solo a difesa dei borghi, come a Bagnasco, a Garessio, a Ormea e a Pornassio, ma anche a controllo della strada: ciò vale, ad esempio, per le torri di Santa Lucia a Pontedassio e quella di Barchi a Ormea. La tradizione popolare associa quest’ultima torre e la vicina Balma del

Messere, un misterioso insediamento pastorale in grotta, alla presenza saracena». A chi appartenevano queste fortificazioni? «Alcuni di questi castelli furono le roccaforti di signori feudali che traevano guadagni dai pedaggi, dall’ospitalità e dai commerci. Ciò valse per i Robaldini di Garessio e per i loro parenti, gli Scarella di Pornassio; per i Doria in Valle Impero e per i Clavesana a Pieve di Teco e Zuccarello. Questo castello, posto lungo la via che da Garessio discende ad Albenga, dal XIV secolo fu dei Del Carretto e diede i natali a Ilaria, giovane sposa di Paolo Guinigi Signore di Lucca, morta per complicanze da parto nel 1405. Pieve

Calde atmosfere di montagna Un ambiente rustico e accogliente, ricavato da una casa padronale del 1684. È l’Hotel Ristorante La Font, situato a 1720 metri di altitudine, nel delizioso, piccolo borgo di Chiappi. Dispone di 7 camere e una suite, tutte con bagno e balcone panoramico, arredate in stile rustico, con pavimenti in ceramica o in tipica ardesia grigia. La sala ristorante, che accoglie un massimo di 40 coperti, è realizzata completamente in pietra e legno. Qui si possono gustare i piatti tradizionali delle valli occitane e piemontesi. Al mattino, la sala ospita un’abbondante colazione a buffet. L’Hotel Ristorante La Font mette a disposizione degli ospiti anche una sala relax con sauna finlandese.

HOTEL RISTORANTE LA FONT Via Giordano e Marino, 7 - 12020 Castelmagno (CN) - Tel. e Fax 0171 98.63.70 www.castelmagno.is.it - info@castelmagno.is.it

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Dall’entroterra al mare Ponente Ligure: strade di cultura, arte, usanze enogastronomiche tra i monti e il mare L’entroterra della Liguria di Ponente è uno dei punti finali di passaggio delle antiche vie del sale. Una di queste giunge nel territorio di Castellaro, l’entroterra ligure che prosegue il suo itinerario verso il mare di Arma di Taggia. Nelle vicinanze è possibile visitare il Santuario di Nostra Signora di Lampedusa, il centro storico di Taggia con il suo il Santuario della Madonna Miracolosa, le piccole botteghe di oggetti d’artigianato e le trattorie che offrono piatti tipici. L’origine del nome dell’antico borgo di Castellaro è da ricercarsi nei “castellari”: luoghi in posizione dominante fortificati dagli antichi liguri. A Castellaro è possibile gustare il “fugazzun”, torta di zucca e verdura. E per chi ama la natura e l’escursionismo, lo sport, le tradizioni enogastronomiche e il relax c’è il Castellaro Golf Resort, che si trova a quattro chilometri da Arma di Taggia, uno dei luoghi di arrivo delle vie del sale e anche il punto di partenza per una passeggiata in uno dei lidi più belli del ponente ligure. All’interno del resort si può giocare a tennis o a golf, o rilassarsi in spiaggia o nel centro benessere.

di Teco e Zuccarello sono due stupendi borghi medioevali: le ordinate strutture urbanistiche con lunghe strade centrali porticate, i mulini, i ponti e le chiese romaniche testimoniano che nel XIII secolo i due borghi furono desiderati, pianificati e costruiti dai Clavesana quali centri strategicamente posti alle confluenze vallive lungo la strada del Piemonte. I vecchi feudatari vollero in tal modo occupare queste terre “di frontiera” opponendosi all’espansione della Repubblica di Genova: in breve, un nostrano “Far West” ante litteram». C’è un’altra strada particolarmente interessante da percorrere? «Una seconda proposta è la via del sale dalla Valle dell’Ellero, al Ponente Ligure. La partenza è da Roccaforte, dove si inizia il viaggio oltrepassando Prea, incantevole borgo pastorale, dove ancora si parla il Kiè, una lingua di derivazione occitana coniugatasi nei secoli con il ligure e il piemontese. Da alcuni decenni a Natale qui si organizza un originale Presepe: in quest’occasione il paese si anima facendoci rivivere un frammento di vita agropastorale con arti e mestieri della tradizione alpina». In quali piatti il sale incontra la cucina tipica? «Riguardo alla cucina un esempio che lega sale e acciughe, mare e montagna, Piemonte e Liguria - senza la necessità di alcun commento - è la bagna cauda. Le colonne di muli che risalivano dalla costa ligure-provenzale in Piemonte oltre al sale, trasportavano acciughe, stoccafisso, agrumi, pasta e, dal secolo XIV secolo, molto olio d’oliva».

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MULATTIERA CULTURALE DI CONFINE Dalla Langa di Cesare Pavese all’Appennino, uno dei tanti percorsi che costituiscono l’antica via del sale. Filippo Maria Pagliano ci guida da Santo Stefano Belbo fino al promontorio di Bergeggi di TIZIANA ACHINO

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l critico d’arte Filippo Maria Pagliano nel testo “Via del sale, arte contemporanea dalla Langa al mare”, di Nico Orengo e Silvana Peira, descrive laVia del sale come “mulattiera culturale di confine”. “La Via del Sale, intesa come via dell’arte contemporanea dalla Langa al mare, rinnova ogni anno il suo percorso. Non esiste, infatti, un’unica via del sale ma ne esistono molteplici, in quanto ogni viaggiatore sceglie il suo cammino personale in base alle sue mete.” Inizia, quindi, un viaggio storico e artistico da Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe adagiato su morbide colline ammantate di vigneti. “Cesare Pavese nasce qui, e qui tutto lo ricorda: l’odore delle vendemmie e delle fienagioni, le viuzze

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La capitale della nocciola Situata nel cuore dell’Alta Langa, di cui costituisce il centro abitato più importante, Cortemilia gode di una clima particolarmente favorevole e di una posizione strategica tra le montagne e il mare. Anticamente nominato Cohors Aemilia, questo borgo individua oggi una delle mete più interessanti delle Langhe, non solo per il suo centro storico, ricco di abitazioni e di porticati medievali, ma soprattutto per il suo prodotto tipico più famoso: la nocciola tonda. Del resto, l’economia del territorio si basa prevalentemente sulle attività legate a questa eccellenza, dalla coltivazione alla trasformazione, dai macchinari al turismo enogastronomico. Cortemilia fa, del resto, parte di un comprensorio del gusto all’insegna dell’autentico e del genuino, che comprende anche i formaggi, le carni bovine del Fassone Piemontese, i salumi di campagna come il lardo, i cotechini, le frizze e il rarissimo miele di Montezemolo. Senza trascurare il tartufo bianco e nero, i funghi dell’Alta Langa e i pregiati vini e distillati.

Un particolare della Chiesa della SS. Trinità di Cortemilia

del centro, la casa che gli diede i natali (oggi sede del Museo Pavesiano) e naturalmente il centro studi a lui dedicato, situato nella ex Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo.” Il percorso prosegue raggiungendo Cortemilia, cittadina che sorge in epoca romana sulla confluenza dei fiumi Bormida e Uzzone. Da Cortemilia si giunge a Bergolo, il più piccolo comune della Langa. Da qui si arriva alla Cappella di San Rocco a Levice, piccolo borgo situato sulla strada che collega Bergolo a Prunetto. Si raggiunge poi Camerana e quindi Saliceto, paese prossimo al con-

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Emozioni per il palato Ci sono luoghi che si lasciano ricordare per l’accoglienza calda e generosa e perché riescono a trasmettere emozioni che rimarranno nel tempo. Come quelle che vivono nei sapori autentici e genuini dei piatti assaggiati al Villa San Carlo di Cortemilia: i gnocchi alle nocciole o la mousse al tartufo nero e, tra i dessert, la torta di nocciole. Un piacevole viaggio alla scoperta di come si possono reinterpretare le tradizioni e le eccellenze enogastronomiche che un territorio ricco di prodotti di assoluta qualità, come l’Alta Langa, riesce a regalare agli amanti della buona cucina. Il tutto contornato da un’atmosfera romantica e rilassante, con la possibilità di trascorrere un soggiorno veramente unico usufruendo di camere de luxe e di un parco con piscina immerso nel tranquillo verde delle colline langarole.

HOTEL RISTORANTE VILLA SAN CARLO Corso Divisioni Alpine, 41 - 12074 Cortemilia (CN) Tel. 0173 81.546 - Cell. 339 85.64.094 www.hotelsancarlo.it

Una veduta di S. Stefano Belbo

fine con la Liguria. Attraversato Millesimo, nel tratto appenninico, si scende sulla riviera ligure, dal promontorio di Bergeggi alla sua isola, a 250 metri dalla costa. Pagliano conclude l’itinerario evidenziando come “questa ricchezza, che si chiama sale, ha eliminato i confini geografici e culturali di due regioni ma, soprattutto, ha insegnato e insegna a noi contemporanei che una via, non importa quale, implica sempre itinerari alternativi, offrendo al viaggiatore la possibilità di scegliere il proprio percorso e, con esso, il proprio destino.”

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TRA L’APPENNINO E LE ALPI di TIZIANA ACHINO

ituata in provincia di Cuneo nell’alta Val Tanaro, a 736 metri di altitudine, Ormea è uno degli ultimi paesi del territorio cuneese, a circa cinquanta chilometri da Imperia. Da qui passa una delle numerose vie del sale che venivano utilizzate in passato come tragitti di comunicazione e per il commercio tra Piemonte e Liguria e sono oggi itinerari nella natura, fra colline, monti e mare. La natura e la tutela dell’ambiente, come evidenzia Simona Sappa, assessore all’agricoltura e all’ambiente del Comune di Ormea, si uniscono alle tradizioni storiche ed enogastronomiche dei numerosi paesi che si incontrano su questo percorso. Quali sono le antiche tradizioni riconducibili alle vie del sale? «Potremmo dire che le necessità di un tempo passato sono diventate necessità del tempo presente, ma per esigenze diverse. Un tempo le vie del sale erano utilizzate per garantire ’

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Sopra, ciclisti in escursione sulla Via Marenca

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Antichi percorsi che diventano oggi strumento di promozione turistica e valorizzazione del territorio. Un’associazione tra Comuni fa rivivere le storiche vie del sale. Lo racconta Simona Sappa

l’approvvigionamento di prodotti e come vie di comunicazione, oggi per scoprire gli incantevoli scenari naturali su cui avvenivano gli scambi delle merci e assaporare i fortunati abbinamenti culinari che quei baratti hanno prodotto. Il sale era indispensabile non solo per insaporire i cibi e conservarli, ma anche per l’alimentazione degli animali, per disinfettare e cicatrizzare le ferite nonché per la concia delle pelli. Oltre a sale e grano, dopo l’anno 1000, si aggiunse l’olio grazie alla diffusione che aveva avuto l’olivo in Liguria da parte dei monaci Benedettini. Molti toponimi di luoghi a noi conosciuti stanno a indicare il commercio che vi si svolgeva: Bocchino di se-

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mola tra Prale e Armo, Bocchino dell’aseo (aceto) tra Viozene e Val Corsaglia, Piano dell’olio piccola pianura prativa alle falde del Mongioje con al centro un masso a forma di quadrilatero sopra il quale si facevano i baratti. Oggi quelle importanti tradizioni sono state riscoperte dalle associazioni per la valorizzazione di antichi percorsi, come quella denominata “Antiche vie del sale”, di cui il Comune di Ormea è uno dei soci fondatori insieme ad altri Comuni liguri. Queste associazioni sono un valido strumento per investire risorse nella promozione culturale, turistica a socio economica dei territori attraversati dalle vie del sale». Un turismo che ama l’ambiente se-

guendo percorsi storici? «Ritengo che la storia sia turismo e che non esista turismo senza rispetto per l’ambiente. Le “vie del sale” sono state i percorsi del progresso, attraverso i quali si sono diffusi - in modo pacifico - prodotti, notizie e cromosomi. Nel territorio di Ormea esistono molti valichi o depressioni orografiche che costituiscono nodi di vie e sentieri tra la conca di Ormea e i territori vicini. Il Colle dei Termini - che secondo la tradizione è così detto perché da tempo immemorabile, per non smarrirsi durante le fitte nebbie e le nevicate, vi vennero infissi nel terreno dei lastroni di pietra in fila, a guisa di termini per indicare la direzione della pista da seguire - è la via per le Fra-

Le strade del sale

Simona Sappa

Prelibati piatti tipici delle Langhe Alla Trattoria dell’Amicizia, Rosanna Scavino e la figlia Nicoletta preparano deliziose ricette tipiche della zona delle Langhe, seguendo una tradizione che si riflette in tutte le portate, dagli antipasti ai dolci. Si può cominciare gustando deliziosi salamini della casa sott'olio, lardo con le noci, insalate di carne Fassona, vitello tonnato, tomini al verde, cotechini con fonduta o tortino ai porri. Tra i primi piatti di pasta fresca, spiccano i plin al sugo di arrosto o burro versato, le tagliatelle e i tajerin con varie salse o i gnocchi di zucca o di patate. Si prosegue con i secondi tipici: brasato o bocconcini al barolo, coniglio ai peperoni, bolliti misti, faraona al cognac, arrosti, da annaffiare con i vini di produzione propria o altre etichette delle Langhe. E per concludere, imperdibili il salame di cioccolato, il bonnet, la panna cotta, la torta di nocciole con zabaione al Nebbiolo di Nicoletta, il semifreddo al torrone e le pere cotte con zabaione.

TRATTORIA DELL’AMICIZIA Via Monforte, 22 - Roddino (CN) - Tel. 0173 79.41.31 nicoletta.gallo@tiscali.it

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Ospitalità e buona tavola Una delle componenti fondamentali di un’ottima accoglienza, si sa, è una cucina eccellente. Proprio su questa peculiarità punta l’Hotel Del Golfo, un comodo due stelle a conduzione familiare, a 20 metri dal mare di Laigueglia. Al mattino, nella sala da pranzo, un ricco buffet con dolci freschi, affettati, formaggi e tante altre prelibatezze dà il buon giorno agli ospiti. La cucina del ristorante, sana e genuina, prevede menù assortiti, offrendo scelte a base di carne o di pesce e i dessert preparati direttamente dallo chef Roberto. Completa l’offerta del pranzo e della cena l’invitante buffet d’insalate, frutta e dolci freschi.

HOTEL DEL GOLFO Via Miramare, 19 - 17053 Laigueglia (SV) - Tel. 0182 49.99.70

bose e il monregalese. Sull’altro versante i valichi Colla di Prale, M. Ariolo (Colla del Vento), Bocchin di Semola fanno invece parte, in senso geografico, del Colle di Nava. È tradizione che questi, un tempo, fossero i più frequentati andando a piedi da Ormea per la Riviera e viceversa». Cosa consiglia a chi visita le vostre zone nelle diverse stagioni? «Il primo consiglio è proprio quello di non perdere l’occasione di visitare in qualsiasi momento dell’anno il nostro territorio propr io perché la bellezza del paesaggio non conosce stagioni. In inverno è impagabile la vista sulle cime innevate, che possono essere ottimi percorsi di sci alpinismo, come ad esempio, alcuni tratti della “Via Ma-

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renca” o della “Cannoniera”, fatta costruire da Napoleone. In primavera il territorio si desta dal lungo sonno invernale e con un buon paio di scarponcini e l’attenzione alle condizioni meteo, sono garantite le scoperte di scorci suggestivi e la vista di panorami unici. In estate, molte le attività sportive praticabili all’aperto come l’arrampicata, la corsa, il parapendio, la pesca, la mountain bike, la speleologia e le escursioni in montagna anche per ammirare le fioriture delle erbe spontanee che gli esperti ristorator i utilizzano nella preparazione dei cibi. In autunno il paesaggio si riappropria di nuovi color i e di nuovi profumi quelli stessi che si ritrovano nei piatti della tradizione culinaria locale».

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La via delle acciughe

GLI ACCIUGAI DELLA VALLE MAIRA

La Valle Maira

Una strada che unisce la Liguria e il Piemonte, lungo la quale, tra i tanti prodotti, si commerciavano anche le acciughe. Ne parla Riccardo Abello di TIZIANA ACHINO uello dell’acciugaio è uno degli storici mestieri itineranti della Valle Maira che ancora oggi persiste in provincia di Cuneo, dove si trasforma in attrazione storico-culturale ed è al centro di eventi fieristici. Lo scrittore e poeta Nico Orengo nel suo libro “Il salto dell’acciuga” (Einaudi editore) scrisse: “C’è un punto della storia in cui le acciughe comin-

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Riccardo Abello, proprietario di Ittica Val Maira

ciano a viaggiare verso l’entroterra, a inerpicarsi per le valli, a scavalcare piccole Alpi.” Originario di Celle di Macra, nella valle che da Dronero si estende fino ad Acceglio, Riccardo Abello è presidente della Confraternita degli Acciugai della Valle Maira ed erede di una famiglia di acciugai. Qui prosegue la sua attività con Ittica Val Maira, trattando le acciughe in diversi modi. Quali le tradizioni più antiche

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La via delle acciughe

La Valle Maira

della “valle degli acciugai”? «La Valle Maira è così conosciuta per via delle storie legate all’antica Via del sale, dal Cuneese verso Genova e Savona, dove avveniva lo scambio di prodotti di vario genere, tra i quali le acciughe. Iniziato come contrabbando, divenne poi commercio vero e proprio: il sale veniva venduto a chi aveva denari, le acciughe si scambiavano tra i poveri. Dal mare alle montagne, da qui alle città nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria: chi

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le commerciava diventava un acciugaio itinerante. Fino agli anni settanta quasi tutti gli acciugai provenivano dalla Valle Maira. Oggi è a Celle di Macra il Museo di Seles sugli Anciuè». Come si trattano le acciughe? «La lavorazione dell’acciuga va fatta tutta a mano, dalla pulitura alle successive operazioni: non è possibile un trattamento industriale. Una volta messa sotto sale la stagionatura richiede da un minimo di 6 mesi a un massimo

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La via delle acciughe

La Valle Maira

di 2 o 3 anni a seconda della quantità di sale utilizzato e della pressa». Quali sono i piatti di ieri e di oggi? «La tradizione dell’acciuga salata continua ancora oggi, ma c’è la tendenza a preferire il filetto già pronto. Se acquistata sotto sale dell’acciuga va rimossa la spina, pulita dal sale, asciugata e quindi messa sott’olio. Il filetto è invece già pronto al consumo. In passato molti producevano il filetto d’acciuga in buste da 78 kg, che poi venivano destinati a un’ulteriore lavorazione da parte delle industrie conserviere. Oggi il consumatore finale chiede quantità minori, per il consumo familiare. Da qui ho avuto l’idea di fare le confezioni più piccole per po-

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terle vendere direttamente alla ristorazione o al consumatore finale. Per questo ho iniziato a fare buste da 500 grammi e oggi anche da 125 grammi, a uso famiglia. Non avendo alcun conservante devono essere usate buste alluminiate non trasparenti, in quanto la luce danneggerebbe il prodotto. Il consumatore potrà così mettere il suo olio preferito, il bagnetto verde o il peperoncino». Cosa si può trovare sul tipico banco dell’acciugaio? «Oltre alle migliori acciughe salate, si trovano anche olive, merluzzo, stoccafisso, tonno, verdure all’aceto e tanti altri prodotti, uno più sfizioso dell’altro».

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CIBI E SAPORI DA ESPOSIZIONE L’eccellenza enogastronomica piemontese diventa patrimonio espositivo, custodito e raccontato all’interno del Museo del Gusto. Franco Cuccolo ci guida alla scoperta di questo “unicum” culturale di GIACOMO GOVONI

Franco Cuccolo, presidente del Museo del Gusto di Torino

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on licenza di carpire alcuni segreti dell’arte della promozione del territorio, poche settimane fa da queste parti, si son visti persino i turchi. Delegati istituzionali e culturali dell’estremo oriente europeo sbarcati a Frossasco, cittadina a pochi passi da Torino, per ammirare il primo museo italiano dedicato alla conservazione e alla scoperta del patrimonio enogastronomico locale. «Il rapporto del Museo del Gusto con il territorio, soprattutto quello piemontese – spiega il presidente del museo Franco Cuccolo – è prezioso e determinante per la tutela e valorizzazione del prodotto tipico». Quali sono i percorsi più gustosi che il museo offre agli occhi e al palato del visitatore? «Il menu del museo propone diversi piatti. Si va da un “percorso sensoriale” alla scoperta dei cinque sensi con una cartolina-gioco a un itinerario nelle tradizioni alimentari italiane con le ricette tipiche presentate in video. Inoltre, c’è la possibilità di conoscere la storia di vari alimenti tra cui pane, pasta, vino, miele, acqua, erbe officinali, liquori alpini. Istruttivo e divertente è anche il gioco delle calorie, che fa seguire al visitatore un ideale conteggio delle calorie dei cibi ingeriti in una giornata. In più, ci sono laboratori didattici dedicati alle scuole e la Scuola internazionale di cucina con attrezzature d’avanguardia. La visita si conclude sempre con una degustazione di prodotti stagionali». Nella gestione del museo, affidata a un’apposita associazione, vi avvalete di un comitato tecnico scientifico. Con quale criterio si è costituito e di cosa si occupa?

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«Il comitato scientifico è sin dalle origini del museo lo strumento fondamentale che dà valore alle attività e alla mission dell’istituzione. Il progetto si è avviato grazie alla collaborazione della Regione Piemonte, la Provincia di Torino, le comunità montane e il Comune di Frossasco, con l’apporto di esperti e nutrizionisti di livello internazionale, di varie università, Asl, medici, giornalisti ed educatori, che negli anni seguono le proposte museali e danno le indicazioni scientifiche. Il comitato tecnico ha il compito di seguirne le direttive, programmare le attività e sviluppare i collegamenti con

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gli enti, le associazioni e il territorio locale e nazionale». Attraverso quali strumenti l’attività del museo può innescare una dinamica virtuosa per le aziende enogastronomiche locali? «Determinante è la collaborazione del museo con la Camera di Commercio di Torino, quindi con le aziende del territorio e non solo. Nelle sale di analisi sensoriale e di degustazione, il museo offre spazi per presentazioni di prodotti e corsi di conoscenza dei diversi alimenti. Il museo partecipa a varie manifestazioni, mostre,

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convegni per diffondere la cultura del cibo italiano, dell’alimentazione equilibrata, del modo di cucinarli e della filiera produttiva a km 0». Sulla vostra scia, altri piccoli Comuni stanno gradualmente alimentando il grande sogno di un circuito nazionale dei musei del Gusto. A che ritmo procede questo cammino? «Il Museo del gusto, modello unico a livello nazionale, ha avviato negli anni rapporti con varie regioni italiane al fine di valorizzare le realtà locali e le produzioni tipiche di un panorama enogastronomico tra i più diversificati al mondo. In Italia e in Europa esistono molti musei degli alimenti, dal museo del parmigiano, al prosciutto, alla pasta, ai musei del vino. Tuttavia, manca un circuito nazionale dei musei del gusto e in tal senso la rete è già avviata con la Sicilia, Calabria, Lombardia, Marche, Toscana, Abruzzo e Liguria». Strumenti come videoricette o una App ad hoc dedicata al museo, sposano al meglio tradizione e tecnologia. In quali altre forme esaltate questo matrimonio? «La tradizione è rappresentata dal ricco patrimonio di tradizioni orali che i “testimoni del

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tempo in cucina” trasmettono alle generazioni future. Soprattutto attraverso nonne e mamme, che in filmati, corsi e conferenze raccontano le loro esperienze, le tecniche di raccolto e la trasformazione e preparazione dei cibi. Il museo dà la possibilità di entrare in contatto diretto con produttori e artigiani che ospitano nelle cascine o nei laboratori visitatori o gruppi di scolaresche ai quali spiegano la loro attività. L’innovazione sta in tutte le tecniche più avanzate che il museo offre per promuovere le sue iniziative: Facebook, QRcode, Flickr, App per smartphone, oltre a periodiche newsletter». In quali iniziative si tradurrà l’alleanza siglata pochi mesi fa con il Parco nazionale del Gran Paradiso? «Il partenariato con il parco del Gran Paradiso offre ai due enti la possibilità di presentarsi a pubblici diversi con materiali promozionali, vetrine e scambi di programmi didattici, incontri periodici e percorsi del gusto e della qualità. È importante la promozione da parte del museo dei prodotti e produttori a marchio di qualità Gran Paradiso, circuito che identifica operatori del settore turistico, artigianale e agroalimentare che potranno così entrare in una rete più vasta».

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TERRA DI BUONGUSTAI

di VIVIANA DASARA

La trattoria Osteria Nuova, un nome che da ormai un secolo significa soprattutto passione e rispetto per la tradizione, è un’istituzione della cucina langarola

erra di grandi tradizioni culinarie, di sapori forti e piaceri delicati, di ricette antiche e di cultura della buona tavola, la provincia di Cuneo ha mantenuto viva la cucina tradizionale con il suo sapore genuino, semplice, legato ai prodotti della terra e alla stagione. La trattoria Osteria Nuova, alle porte di Carrù e delle Langhe, proprio per la sua collocazione risente sia dell’influenza della cucina langarola che di quella monregalese. «Abbiamo puntato esclusivamente sul territorio – spiega Rosmilia Cravero, artefice, insieme al marito della rinascita della trattoria –, sulla qualità delle materie prime e sul rispetto delle stagionalità, mantenendo così la passione per la tradizione. Le ricette tradizionali vengono perlopiù rielaborate solo a favore della leggerezza, che rimane un aspetto della cucina a cui siamo molto legati. Ad esempio, al brodo o al burro prediligiamo acqua e olio extravergine, non usiamo mai la panna e non elaboriamo troppo le materie prime esaltandone

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solo il gusto». Il piatto che va per la maggiore è il fritto misto alla piemontese, che da cinquant’anni si prepara ancora sul momento, servito come piatto unico, e che conta ben trenta pezzi tra dolce e salato. «Tra le nostre specialità – prosegue – spiccano il bue di Carrù, il tartufo bianco d’Alba, la carne bovina di razza piemontese, il cardo gobbo di Nizza, il porro di Cervere. Nel menu si trovano piatti tradizionali come la battuta di manzo fassone, i tajarin alla salsiccia di Bra, la finanziera, ma anche piatti più innovativi come la millefoglie di baccalà e carciofi, i ravioli ripieni di Roccaverano e la coda di manzo alla birra scura. Abbiamo un’ampia selezione di almeno trenta formaggi Dop delle nostre vallate e anche un vasto assortimento di dolci preparati secondo le ricette che uniscono tradizione e innovazione».

Rosmilia Cravero titolare della trattoria Osteria Nuova a Rocca De’ Baldi (CN)

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trattoriaosterianuova@hotmail.it

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di RENATO FERRETTI

ROERO IN CUCINA A tavola con il giovanissimo chef Fabio Sgrò, enfant prodige piemontese, che spiega come le sue creazioni siano legate al territorio, alle tradizioni, e alle meraviglie locali uanto è importante il proprio territorio per uno chef? A sentir parlare il giovane Fabio Sgrò, enfant prodige del Roero, sembra anche più importante di quanto non sia per chi propone solo piatti tradizionali. Nel ristorante Marcelin di Montà d’Alba, la cui titolare è Barbara Pozzo, il cuoco ventisettenne continua a stupire i propri clienti con pietanze sempre nuove, nonostante l’attaccamento alle tradizioni piemontesi. «Dalla mia breve esperienza – dice Sgrò – ho maturato un idea di cucina: non deve mai mancare un po’ di sana follia che ti permetta di “giocare” con tutti gli elementi, cercando di

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imparare da tutti il più possibile. In questo periodo le nostre colline sono una tavolozza di colori, che a volte mi ispirano nuovi accostamenti e abbinamenti. Il mio territorio è una miniera a cielo aperto e devo conoscerlo in ogni sua suggestione». La sua cucina, che cresce sotto la supervisione dello chef stellato Fulvio Siccardi, è studiata per esaltare il rapporto dualistico tra il territorio e il visitatore, ma stravolgendo le consuetudini. Perfino ordinare un semplice uovo, al Marcelin non è più la stessa cosa. «L’uovo affogato – spiega Sgrò – è il mio piatto del cuore, un modo per elevare a rango superiore uno degli alimenti più semplici e comuni». Il Ristorante Marcelin si integra perfettamente nella bellezza del paesaggio, tra le rocche roerine (fenomeno d’erosione unico nel suo genere), i borghi, i castelli, come quello di Montà del 1363, le chiese cinquecentesche, ma anche i siti d’età romana. La cucina creativa di Sgrò diventa così parte integrante di un’esperienza sensoriale che solo il Roero può offrire. www.marcelin.it

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Fabio Sgrò, chef del Ristorante Marcelin di Montà d’Alba (CN)

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IL MARE NELLE LANGHE di VALERIA GARUTI

Lui campano, lei piemontese. Assieme, gli chef del Gambero Rosso portano a Cervere i migliori piatti della cucina mediterranea l mare è l’origine del maestro pizzaiolo e di cucina mediterranea Olivier Coluccia. La distesa blu porta nei suoi colori e nella sua freschezza tutti i sapori del pesce freschissimo, cucinato secondo le ricette mediterranee. La cornice delle montagne cuneesi è invece la patria dello chef Sara Zanelli, che, accanto alla ricerca delle antiche tradizioni di un tempo, vive ogni giorno la sua passione per la cucina, scoprendo accostamenti sempre nuovi, dalla pasta, alla carne, ai prelibati dessert. Dopo vari anni di esperienza in alcune delle più importanti cucine italiane ed estere, Oliver e Sara nel 2004 hanno aperto il Gambero Rosso, un pezzo di mare ai confini delle Langhe. «La città di Cervere – racconta Olivier – è famosa per i porri, che si possono gustare

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in mille ricette diverse. Ma nel nostro ristorante si può trovare anche dell’ottimo pesce fresco sapientemente cucinato dalla cuoca Sara». «Nell’anima di mio marito – rivela invece Sara – c’è sicuramente la pizza, che cucina secondo le ricette del sud e cuoce nel nostro forno a legna». Al Gambero Rosso si incontrano carni, verdure, spezie e stagioni di sapori sempre diversi.Tanti i piatti forti di questo sobrio e accogliente locale nella piazza San Sebastiano di Cervere; dal pesce crudo alla zuppa di mare; dal vitello tonnato agli gnocchetti di patate con formaggio Castelmagno fino alla carne tipica piemontese, Olivier e Sara vi accoglieranno in un ambiente elegante, raffinato e allo stesso tempo familiare. La specialità della casa è la Tartaten di Sara, una pasta sfoglia rovesciata di mele con una pallina di gelato e nocciole sbriciolate.

Il Gambero Rosso si trova in Piazza San Sebastiano a Cervere (CN)

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www.ristorantepizzeriailgamberorosso.com colucciaolivier@yahoo.it

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di MARCO TEDESCHI

Tra l’altopiano della Gardetta, i Percorsi Occitani e i villaggi montani riscopriamo sapori e culture tipici della Valle Maira. Dalla torta matta ai colombet del Preit

NELLA VALLE MAIRA ontanha. Bòsc. Àrbol. Ovvero alcune delle parole in occitano che possono connotare meglio, nell’antica lingua nominata da Dante nel De Vulgari Eloquentia, i luoghi della Valle Maira. Come l’altopiano della Gardetta, primo geosito italiano, con numerosi itinerari di trekking e mountain bike. La valle è ricca di esempi di architettura montana in legno e pietra e di arte del periodo medievale. In uno di questi villaggi, a Preit di Canosio, prende vita l’idea di ospitalità portata avanti da Jennie Comollo, titolare e cuoca: un albergo diffuso, con camere di charme e un ristorante ricco di atmosfera: la locanda degli elfi e il ristorante Mascha Parpaja. Qui si può trascorrere una vacanza a contatto con la natura, godendo della combinazione di sport e relax e gustando di una

M La locanda degli elfi e il ristorante Mascha Parpaja si trovano a Preit di Canosio (CN)

calorosa accoglienza e di unicità gastronomiche che da sole valgono il viaggio. Insomma, venire a Preit è vivere un’esperienza globale, da non dimenticare, ove uno dei punti di forza è la cucina con la sua varietà. «Uno dei piatti più tipici della valle Maira – ci spiega Jennie – è certamente la torta matta. Un piatto a base di riso, formaggio nostrale, porri, zucca. Una torta “povera”, ma molto gustosa, che si sposa bene a un vino non troppo invecchiato come un Nebbiolo giovane». Oppure i colombet. «I colombet del Preit sono una varietà delle più note ravioles delle valli occitane, gnocchi lunghi, da condire con burro e salvia, oppure con i mirtilli secondo una nostra creazione. I nostri menù presentano sempre più scelte di piatti fatti in casa, ogni giorno diversi, dalle tagliatelle di segale al ragù di salsiccia, cipolle e vino, al risotto caprino fresco e zucchini, dal coniglio al ginepro al cervo brasato. I dolci? Il bunet alla maniera di mia zia o torte di grano saraceno al miele di valle. Per citarne solo alcuni». E si torna a casa con qualcosa nel cuore: il cibo, le case, la gente. www.locandaelfi.it

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LIFESTYLE MENEGHINO

La Milano di

di RENATA GUALTIERI

«Love Therapy è un progetto d’amore, perché l’amore rende magica la vita». Quel sentimento che Elio Fiorucci riserva a Milano, dove lo “stilista degli angeli” ha aperto il suo primo negozio in Galleria Passarella che ha segnato il suo percorso professionale

ean Paul Gaultier diceva che Fiorucci era la prima cosa che andava a vedere quando arrivava a Milano. Oggi quello store non c’è più, ma la città non si è fermata. Elio Fiorucci iniziò a lavorare a 17 anni nella bottega di pantofole del padre a Milano. Dell’atmosfera di allora rimane la magia dei luoghi fashion che colorano il capoluogo lombardo. Cosa le manca degli anni che hanno segnato i suoi primi passi nella moda? E quali trasformazioni ha subito la città? «Milano è cambiata totalmente. Montenapoleone, via della Spiga e tutto il quadrilatero della moda sono diventati talmente celebri che quando viaggio la prima cosa che mi chiedono è: “È vero che Milano è diventata meravigliosa?”. Io sono convinto di sì, non c’è un’altra città che in pochissimo spazio possa annoverare i negozi più belli non solo della moda ma anche del design provenienti dall’Italia e da tutto il mondo». Quali sono stati i suoi luoghi della creatività e come l’atmosfera si è riversata nella produzione dei suoi capi?

Elio Fiorucci

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Lo stilista Elio Fiorucci

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«I luoghi della mia ispirazione e della mia creatività erano Londra, Parigi, New York, Tokio. Oggi potremo aggiungere la Corea, il Brasile e l’India. Nella creatività esiste sempre la scintilla che può nascere nell’arte, nel costume di un popolo o per qualunque altra emozione. Bisogna mantenere la freschezza dei bambini che emozionano sempre». Dove si può “respirare” lo stile e il concetto di lifestyle di Fiorucci? «Lo stile Fiorucci ha influenzato con i colori e la libertà la moda ufficiale, che prima era molto severa, oggi si trovano i colori più vivaci, i disegni più audaci in tutte le più belle collezioni come quelle di Dolce & Gabbana o di Agatha Ruiz de la Prada». In quale scorcio di Milano ambiente-

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rebbe una sua campagna pubblicitaria? E quali sono gli scorci cittadini che più la affascinano? «Sicuramente nel quadrilatero della moda perché è una zona frequentata da persone provenienti da tutto il mondo. Mi affascinano piazza San Babila e i Giardini Montanelli di corso Venezia». Ritornando da un lungo viaggio, in quale tempio del gusto le piace rifugiarsi? E per gustare quale piatto della tradizione milanese? «Milano con i suoi “maestri del gusto” ha vinto una difficilissima competizione con la Francia. Vado sempre volentieri a cena alle Trattorie Toscane, dove si possono gustare delle squisite minestre».

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La Milano di

MODA SOTTO LE STELLE

di RENATA GUALTIERI

Guillermo Mariotto

Milano è una città elegante ed è il simbolo dello shopping. «Il quadrilatero, Brera e Corso Como sono vetrine di grande valore e con tante proposte interessanti». Guillermo Mariotto ci accompagna nei luoghi più briosi e glam che la città offre

a collezione griffata Guillermo Mariotto e prodotta e distribuita dalla storica azienda Nannini di Firenze è dedicata a una moderna viaggiatrice che ama le sfide e l’avventura. Ma non punta a conquistare solo la donna italiana, ha uno spirito internazionale. Quello spirito che si ritrova a Milano, città interessata da un continuo via vai di turisti provenienti da ogni parte del mondo. «La mia collezione parla di una “caccia al tesoro” e la si può organizzare ovunque, anche a Milano, specie se ci sarà la nebbia – commenta il designer –. Ciò la renderà più stimolante». Quali sono le tappe internazionali di un’ipotetica treasure map meneghina? «Il Bulgari cafè, la stazione centrale restaurata, l’hotel Baglioni e il Baretto sono le tappe internazionali, insieme agli ever green, Four Seasons e Cova. La collezione Treasure map è dedicata a tutte quelle donne che af-

L Il designer Guillermo Mariotto

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La Milano di

Guillermo Mariotto

frontano la vita senza pregiudizi, irriverenti quanto basta che usano le adorate borse come scrigni contenitori di segreti e non solo». Quale potrebbe essere lo scenario ideale, tra le strade di Milano, per ambientare una sfilata? «Il cortile di Brera, Sant’Ambrogio, il piazzale del Parco Sempione o gli ex Magazzini in via Mecenate potrebbero essere location interessanti». Qual è il suo rapporto con Milano, cosa ama e cosa no della città? E quanto l’atmosfera del capoluogo lombardo ha ispirato la sua creatività? «Milano per me è la città del lavoro, delle ricerche e delle grandi sfide. Mi ispira vedere tanta creatività e sapere che sono al centro del

made in Italy. Non vivrei a Milano perché, forse, mi abituerei a quest’atmosfera, ma andarci piuttosto spesso mi carica molto e mi dà quell’energia necessaria per affrontare le mie sfide lavorative nel migliore dei modi». Quali sono le vie dello shopping che preferisce e i negozi che devono essere tappa obbligata per un appassionato di moda in visita in città? «Monte Napoleone, via Verri, via Sant’Andrea, via Manzoni, corso Venezia e corso Como sono le vie da non perdere per chi ama lo shopping. Sono una tappa obbligatoria. I negozi immancabili sono per me Corso Como, Biffi, Antonia, Barkley, Gio Moretti, e poi le grandi griffe, da Armani a Prada, e molti altri». In quale ristorante conclude-

Specialità lombarde Un’antica cascina ristrutturata, affacciata sulla via principale del paese. È la Trattoria Taliedo che sul muro esterno espone una curiosa gigantografia raffigurante un’oca che corre ad ali spiegate seguita da un pubblico divertito. Accomodandosi in una delle sale risaltano le pareti in pietra decorate da numerosi ricordi di viaggio, il faggio che arde nel forno a legna, un indaffarato trambusto che proviene dalle cucine. Presto si scoprono le mille varianti culinarie a cui si presta la carne d'oca, vera specialità della Trattoria Taliedo, e si riscoprono vecchi sapori lombardi come il pane fatto in casa, le piccole rane nostrane servite fritte oppure in risotto e in frittata, e le lumache della Lomellina sgusciate e trifolate alla milanese. Si potrà davvero assaporare quanto recita il divertente slogan della Trattoria: “a Lacchiarella le oche sono da corsa, al Taliedo sono squisite!”.

TRATTORIA TALIEDO Via Carlo Alberto, 24 - Lacchiarella (MI) - Tel. 02 90.08.192 www.trattoriataliedo.it - taliedo@tiscali.it

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rebbe la serata? E per gustare quale piatto della tradizione culinaria milanese? «Mi piace molto il Boeucc di fronte alla casa di Manzoni, dove vado spesso a gustare il risotto alla milanese e le cotolette. Un classico che solo a Milano sanno fare egregiamente. Preferisco inoltre Bice o il Paper Moon dopo il cinema o dopo una giornata di showroom». Lei è uno dei giudici del programma Ballando con le stelle, quali personaggi milanesi inviterebbe come ballerini in gara? «Ballando con le stelle a Milano sarebbe un grande successo se partecipassero gli stilisti e i giornalisti di moda. Lo suggerirò a Milly. Sarebbe sensazionale vedere Donatella Versace ballare il boogie woogie, Armani una rumba, Dolce e Gabbana un valzer e Miuccia Prada un cha cha cha. La location potrebbe essere Piazza del Duomo o la Galleria, nel vero cuore di Milano».

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L’IRONIA DEI RICORDI

di RENATA GUALTIERI

Attualmente vive a Roma, ma della sua città natale conserva le radici e lo spirito. L’attrice Maria Amelia Monti racconta la Milano della sua infanzia e la poesia e i sapori che solo certi luoghi le regalavano Maria Amelia Monti

rsina, il personaggio che interpreta a teatro nella commedia “Tante belle cose”, è un’amante degli oggetti da cui non può distaccarsi. Ci sono dei luoghi che hanno un’anima proprio come le cose che colleziona la protagonista della commedia, ed è per questo che Maria Amelia Monti soffre al solo pensiero di non poter più raggiungere Milano da Roma, la città che l’ha adottata. Quale scorcio di Milano per la sua magia potrebbe fare da scenario dello spettacolo in cui è attualmente impegnata a teatro? «Lo scenario giusto per Orsina, che oltre a comprare in modo compulsivo va anche a ravanare nei bidoni “perché la domenica si trovano cose fantastiche”, potrebbe essere la Fiera degli Oh bej oh bej, che si svolge in occasione della festa di Sant’Ambrogio». Ha frequentato il liceo artistico e poi si è iscritta all’Accademia di Brera e dei Filodrammatici. Che ricordi ha di

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L’attrice di teatro, cinema e televisione Maria Amelia Monti

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Maria Amelia Monti

quel periodo? Che aria si respirava e quali altri angoli della città sono stati palcoscenico della sua infanzia e adolescenza? «Ho studiato nei punti più belli di Milano e da casa mia, in via De Amicis, vagavo con la bicicletta da un posto all’altro. La città a cui io sono più affezionata adesso però non esiste più. Era

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quella di Giorgio Strehler e anche nello studio d’architettura dei miei genitori. C’era un gran fermento culturale e un giro di artisti che si ritrovavano al Bar Jamaica. Anche i negozi, che adesso sono tutti omologati, una volta erano unici; ricordo Brigatti in piazza San Babila, che vendeva roba sportiva solo inglese. Ho anche il ricordo di alcune pasticcerie come il

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Marchesi in corso Magenta, dove mangiare le castagne con la panna e la crema di marroni, o la Pasticceria Cucchi, da visitare per l’eleganza degli interni. Sembra quasi che il signor Cucchi si scelga i camerieri facendo dei provini; ce n’era una, ad esempio, che sembrava un pasticcino, aveva le labbra a forma di cuore, gli occhiali a goccia brillantinati, i capelli biondi, il grembiulino azzurro». È nipote del pittore Cesare Monti. Ha ereditato da lui la passione per l’arte? «Sicuramente la vena artistica mi è rimasta. I paesaggi ritratti da mio nonno raffiguravano quasi tutti il lago di Como ma, al di là dell’artista, ho nel cuore i racconti che faceva su di lui mio padre, che ritraevano una Milano completamente diversa da quella che è ora. Un giorno ad esempio mio nonno era sul Lago a Corenno assieme ai suoi figli e videro una pecora. Senza indugio la portarono a Milano così a un certo

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punto nella loro casa in via Montenapoleone avevano un montone anziché un cane. Adesso potrebbe essere una campagna pubblicitaria, ma un tempo tutto ciò aveva una sua poesia». Se abitasse ancora nel capoluogo lombardo tornando da una tournée teatrale in quale osteria o ristorante si recherebbe volentieri? Quale piatto vorrebbe assaporare e con quale vino accompagnerebbe l’assaggio di questo piatto? «Quando ero piccola andavo alla Brasera, in via Circo, dove c’era Peppino che faceva un risotto sensazionale su cui si raccontavano mille leggende. Oggi per chi vuole mangiare biologico consiglierei un nuovo ristorante che ha aperto in via De Amicis e, cambiando genere, inviterei tutti a mezzogiorno a mangiare un buon panino al Bar Magenta. Per assaggiare un buon vino, invece, prenderei il treno e andrei a Pavia per bere una Bonarda».

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A Milano la tradizionale cucina di pesce sposa la grastronomia creativa, la ricerca delle materie prime, il talento e l’originalità di Vittorio Carrozza

INNOVAZIONE IN TAVOLA di VIVIANA DASARA

e nuove tendenze della gastronomia italiana privilegiano soprattutto l’invenzione di nuove ricette, nuovi accostamenti di sapori e la riscoperta della bellezza della semplicità. Tra i luoghi che hanno saputo creare nuove tendenze e rispondere alle esigenze di un mercato locale, dove il trend del momento punta principalmente sul pesce, spicca a Milano il ristorante Divino Bacco. Un ristorante classico d’intonazione marinara, capace di omaggiare la grande cucina del nostro territorio senza lasciare necessariamente un’impronta regionale. Il talento dello chef Vittorio Carrozza ha saputo coniugare con la semplicità una cucina d’innovazione, strutturata e incentrata su piatti particolari. L’ispirazione sta nella ricerca delle materie prime utilizzate ogni giorno, la freschezza, la particolarità e la disponibilità sul momento degli ingredienti. Tra i piatti di successo creati direttamente da Vittorio Carrozza primeggiano la polpetta di baccalà e la carbonara di mare. Quest’ultima

L Vittorio Carrozza, chef di Divino Bacco a Milano

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rappresenta l’essenza di una cultura gastronomica costituita da ingredienti poveri ma dal gusto intenso, ovvero il piatto simbolo del suo ristorante. Gli ingredienti tipici di questa specialità sono le tartare di crudo di mare, sardine sott’olio spagnole, una noce di burro tartufato e come erbe aromatiche semplicemente un ciuffetto di aneto fresco. Aceto di mandarino e crema di limone con un tuorlo d’uovo a crudo completano il piatto. «L’ispirazione è nata dall’avanzo di tartare e ora è diventato un must, che si abbina bene con un vino non troppo profumato e secco come uno chardonnay o una ribolla gialla». Oltre alle crudità di mare, tra gli antipasti spiccano il tortino di alici con ricotta e broccoletti e i medaglioni di spigola o triglia con capperi, olive e peperoni. www.divinobaccomilano.com

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RICHIAMI DI TERRA E DI MARE di MARCO TEDESCHI

breve distanza dal caos metropolitano di Milano sorge un piccolo borgo abitato già in epoca romana e che vide il passaggio di Unni, Goti, Visigoti e Longobardi. La storia di Pregnana Milanese è fatta soprattutto di ricordi e di storie racchiuse nelle famose cascine che ricoprono il territorio. Ed è proprio tra queste vie che ha deciso di consolidare la sua esperienza il maestro di cucina Andrea Zuccolo. «Dopo aver aperto molto giovane La Locanda dei Gemelli nel centro storico di Bareggio, ho deciso di “bissare”, inaugurandone una omonima qui a Pragnana. Sono sempre alla ricerca della perfezione -racconta Zuccolo - e sono convinto che in questo settore ci sia tanto da imparare. Mi piace portare in tavola idee nuove, senza mai dimenticare la tradizione della cucina italiana». Idee nuove e tradizione culinaria che sono diventate le specialità della casa. Cosa consiglia? «Se vogliamo iniziare con un antipasto, senz’altro l’antipasto caldo di pesce, composto da tanti piccoli assaggi di caciucco toscano, insalatina di piovra, gamberetti caldi, capasanta gratinata e filetti di tonno con

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Andrea Zuccolo è chef alla Locanda dei Gemelli di Pregnana Milanese (MI)

Dal bucatino cucinato con cacio, pepe, gamberi sgusciati, vodka secca e una spolverata di caviale, all’astice alla Termidor. Andrea Zuccolo racconta la sua cucina mediterranea

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olive e pomodorini. Per i primi abbiamo due specialità: il bucatino della Locanda dei Gemelli, cucinato con cacio, pepe, gamberi sgusciati, vodka secca e una spolverata di caviale o il risotto zucca, taleggio e gamberi che viene mantecato in sala nella forma di formaggio parmigiano. Senza dimenticarsi che da noi si può gustare tutto l’anno il tartufo». Le paste sono di vostra produzione? «Si tutte le paste fresche le facciamo noi, dalle tagliatelle ai ravioli di pesce e alle pappardelle.Anche i dolci sono tutti prodotti da noi, rigorosamente in mono porzione, dal cestino di pasta filo con crema di vaniglia e frutti di bosco, alla cialdina di miele e mandorle al tiramisù». E per i secondi, cosa si può gustare? «Il famoso Astice alla Termidor, un astice aperto a vivo gratinato al forno e poi saltato in padella con una crema di latte, cipollotto fresco e parmigiano. Oppure una grigliata mista alla marchigiana, composta da “scampone” reale, gamberone imperiale, seppioline, totano, spigola e trancio di pesce spada gratinato». La sua è una cucina molto particolare, con richiami di terra e di mare. «La definirei una cucina mediterranea con varianti di fantasia a seconda dei prodotti di stagione. Una

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cucina che spazia dal mare alla terra. Un esempio? La grande grigliata mista servita su pietra ollare per mantenerla in temperatura». E per quanto riguarda i vini? «Adoro i vini e la mia passione mi ha portato a divenire anche sommelier. Ho una cantina fornita da più di cento etichette, dal bianco al rosso al rosé, fino alle bollicine». Che tipo di atmosfera si può cogliere alla Locanda dei Gemelli? «Io credo che nel cuore di chi ci viene a trovare rimanga impressa l’accoglienza familiare e il rapporto diretto. Io salto continuamente dalla cucina alla sala, per seguire le comande e per consigliare, tra una battuta e l’altra, le pietanze migliori». www.locandadeigemelli.it

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TRADIZIONI RIVISITATE

di RENATO FERRETTI

Una cascina rimasta intatta al mutare del tempo, in cui ancora oggi si preparano i piatti della cucina tradizionale «senza rinunciare al proprio stile». Marco e Angelo Tacchella raccontano la loro esperienza

ucina italiana tendente al creativo». Angelo e Marco Tacchella definiscono così le specialità lombarde proposte dalla loro Trattoria di Coronate. All’interno della tradizione locale c’è di che sentirsi al sicuro, ma nonostante questo i due titolari non hanno nessuna intenzione di rinunciare al loro tocco personale. La trattoria, immersa nel verde, si trova a Cascina Coronate di Morimondo nell'ultimo lembo della provincia di Milano, tra Abbiategrasso e Pavia. «Qui – dice orgogliosamente Angelo Tacchella – è possibile scoprire ancora una vecchia cascina perfettamente conservata e anzi

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valorizzata da un ristorante che racconta le antiche storie di veri sapori e che la nostra famiglia gestisce dal 1934». Ai fornelli c’è lo chef Luca Garanzini, aiutato per il pane e i dolci da Maria Grazia Colomban. I due, a conferma del tocco anticonvenzionale in trattoria, propongono piatti nuovi ogni due mesi. «Il menu deve essere vario – continua Marco Tacchella – in modo che si alternino piatti della tradizione a ricette un po’ particolari. Se dovessimo fare un esempio, possiamo citare il risotto alla milanese con animella (parte del vitello simile alle cervella) impanata e fritta, piatto tipico della zona. Se invece si è in vena di provare qualcosa di diverso, ultimamente prepariamo il secreto, cioè un taglio del maiale iberico che si cuoce con una macchina particolare, a bassa temperatura, per otto o dieci ore. L’accompagniamo con una crema di patate e un’insalata di verza».

La Trattoria di Coronate si trova a Cascina Coronate di Morimondo (MI)

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www.trattoriadicoronate.it

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IL BOLLITO IMPERIALE

di VALERIA GARUTI

Il territorio del parco del Ticino racchiude tutti i sapori della tradizionale cucina lombarda

iamo ad Abbiategrasso, una cittadina alle porte di Milano immersa nel parco del Ticino. Si tratta del più antico parco regionale della penisola, incorniciato da uno sfondo religioso, al centro del quale sorgono diversi edifici monastici. L’abbazia di Moribondo ne è un esempio. È stata fondata dai monaci circensi originari della cittadina francese Morimond, che hanno contribuito alla bonifica del territorio circostante. E per chi ama il buon cibo, c’è un luogo che abbina alla tradizione culinaria

S Il carrello dei bolliti del ristorante di Agostino Campari, Abbiategrasso (MI)

lombarda anche un pizzico di moderata creatività artistica: il ristorante di Agostino Campari. «La cucina milanese – spiega il proprietario – è fortemente caratterizzata dagli elementi del territorio; allo stesso tempo, essendo Milano capoluogo di una vasta regione, la sua cucina è la somma delle diverse cucine tradizionali lombarde. Il nostro ristorante nasce per dar modo ai nostri clienti di assaporare gli antichi gusti della cucina lombarda». Dagli antipasti di insalata russa ai primi piatti di risotto, il Campari rispecchia le caratteristiche di un vero ristorante tipico. «La nostra specialità è sicuramente il bollito – continua Agostino Campari –. Ai clienti piace definirlo “imperiale”, perché lo presentiamo su carrelli che offrono una vasta scelta di carni, da quelle più nobili alle più comuni». È il metodo di cottura più economico, e forse anche il più semplice. Dal bollito si ottiene, infatti, sia il brodo per la minestre, sia la carne per la pietanza. «Accostiamo alla semplicità di questo piatto un vino rosso corposo, come il Merlot, tipico della migliore produzione enologica lombarda».

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www.agostinocampari.com info@agostinocampari.com

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di ROBERTA DE TOMI

Mediterraneo da vivere e assaporare in due luoghi diversi, accomunati da sapori che si esaltano anche attraverso “fusion”, raccontate da Antonio Moscara

UN ALTRO MEDITERRANEO usion” mediterranee, accomunate da sapori pieni e avvolgenti. Avviene al RiadYacout, dov’è possibile immergersi in atmosfere da “Mille e una notte”, comprendenti anche l’animazione araba. «Il Suk del Pascià – spiega il titolare, Antonio Moscara – racconta i sapori di un viaggio in un mondo lontano: il rito del the alla menta, il narghilè e i cocktail preparati dal nostro barman, sono protagonisti, accompagnati da portate-degustazione di cucina mediterranea e magrebin. Dalla nostra cucina escono: cous cous, tajine, pastilla dolce e salata, mechoui di agnello, pasticceria a base di miele e mandorle. Non mancano le “fusion”: risotto ai mirtilli con guazzetto di scampi, tagliatelle nere con

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dadolata di tonno e jiulien di zucchine e pomodoro fresco, casarecce con broccoletti, vongole e pan grattato aromatico, rombo al forno patate e olive taggiasche, filetto di spigola ai carciofi, spiedo di gamberoni all’arissa piccante, involtini di spada con gambero viola, zucchine e sesamo nero». Un altro Mediterraneo, si propone al ristorante Charlie Brown, il cui design è stato affidato al noto architetto Fabio Novembre. «La location – continua Moscara – ripropone i tratti più tipici dell’architettura leccese, che costituiscono la cornice per assaporare, oltre alla pizza con mozzarella di bufala, i Cavatelli con pomodorini freschi e olive taggiasche, stracciatella d’andria e basilico, piuttosto o le Puntarelle saltate con capperi e stracciatella d’andria. Non mancano “fusion”, per esaltare le tipicità della cucina pugliese».

Il Riad Yacout e il Charlie Brown si trovano a Milano

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www.yacout.it - www.moscaracharliebrown.it

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L’ORO DI MANTOVA Da poco dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità, la città dei Gonzaga ora si candida per diventare capitale europea della cultura 2019. Francesco Bianchi fa “da Cicerone” tra le attrazioni monumentali di Mantova

on è particolarmente grande, né popolosa. Non è al centro dei maggiori traffici di mercato, né un polo industriale rinomato. Eppure la fama di Mantova supera i confini nazionali ed europei, tanto da aver ottenuto il riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’umanità da parte dell’Unesco, nel 2008. I Gonzaga, infatti, hanno creato qui un irripetibile centro culturale di cui ancora oggi i monumenti e gli edifici storici del centro testimoniano. Francesco Bianchi, titolare dell’omonimo albergo, da ormai quarant’anni ospita turisti d’ogni dove cercando di guidarli attraverso le meraviglie della città. «La nostra famiglia – dice Bianchi – cura l’ospitalità e l’accoglienza in prima persona da quando, nel 1972, abbiamo rilevato lo storico Albergo Bracchi. Allora c’erano solo ventuno stanze e due bagni. Da allora, dopo vari ampliamenti, le camere sono diventate cinquantatré, tutte dotate dei maggiori comfort con WiFi, Tv Lcd».

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L’albergo Bianchi Stazione si trova a Mantova

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di REMO MONREALE

Anche le recensioni di chi pernotta nell’hotel confermano le parole orgogliose del proprietario. «La stragrande maggioranza dei clienti – sottolinea Bianchi – rimane colpita dal clima familiare che trova arrivando presso di noi e dalla cordialità con cui l'ospite viene accolto appena varcata la soglia dell'hotel. Alla reception non viene consegnata una mappa della città senza alcuna spiegazione, ma gli ospiti si intrattengono piacevolmente ad ascoltare le informazioni turistiche, aneddoti vari sulla città e i consigli enogastronomici locali che vengono loro forniti». Recentemente è stato reso noto che Mantova si candiderà per diventare capitale europea della cultura nel 2019. Un posto di primo piano che per il titolare dell’albergo è più che meritato. «I Gonzaga – ricorda – hanno saputo attrarre maestri del calibro di Andrea Mantegna, Giulio Romano, Leon Battista Alberti, Rubens, Pisanello. Tutta la città trasuda storia, per non parlare delle innumerevoli mo-

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L'albergo Bianchi sorge su un antico edificio del XV secolo stre e degli eventi che chiamano qui ancora moltissime figure di primo piano della cultura mondiale. Per quanto riguarda la nostra attività possiamo dire di essere molto fortunati, il nostro albergo, in questo contesto, rappresenta il luogo ideale dove sentirsi come a casa in tutta serenità. Ubicato in una posizione invidiabile per Mantova, l'Albergo Bianchi Stazione sorge su un antico edificio del XV secolo più volte restaurato che in origine fu sede del convento delle Terzine di San Francesco. Comodo alla piccola stazione ferroviaria di Mantova ma anche a cinquanta metri dal centro congressi Mamu, a due passi dall'Università e a duecento metri dal cuore del centro storico dove sono situati tutti i monumenti principali. All'interno dell'hotel sono a disposizione un silenzioso giardino privato, una saletta lettura, un “coffee and tea bar”, garage e parcheggio sorvegliati». www.albergobianchi.com

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ATMOSFERE FAMILIARI

di VIVIANA DASARA

Situato nella splendida Roma, l’hotel Cherubini offre un’atmosfera intima, familiare e confortevole

er chi vuole visitare Roma trovandosi a pochi passi dalla stazione Termini, di ritorno da un viaggio, magari all’estero, l’hotel Cherubini è il luogo ideale dove poter soggiornare. La sua eccellente posizione, infatti, rende gli spostamenti piacevoli e veloci perché situato in un’ottima zona per quanto riguarda i trasporti sia col treno sia per quelli effettuati dai due aeroporti principali della città. Nella zona inoltre ci sono molte attività commerciali tra cui ristoranti, pizzerie, bar e fast food, per cui l’ottima posizione del palazzo rende l’hotel particolarmente attraente e confortevole agli occhi di turisti e viaggiatori di passaggio nella capitale. Proseguendo ancora di un

P L’ Hotel Cherubini si trova a Roma

centinaio di metri si può arrivare comodamente davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore o in via Nazionale. L’hotel Cherubini offre un ambiente accogliente ed essenziale, con camere recentemente ristrutturate e rifinite con stile. All’esterno è inoltre a disposizione dei visitatori una tarrazza coperta con veranda dove poter gustare, in una serena giornata di sole, il must della colazione, il succo d’arancia. La gestione a conduzione familiare lo rende incomparabile per chi vi alloggia, rispetto alla media degli hotel vicini alla stazione ferroviaria di Roma Termini, soprattutto per gli amanti degli animali in quanto ammessi insieme ai loro amici a quattro zampe. «Abbiamo scelto – spiega il titolare Andrea Stallocca – di basare la nostra attività sul rispetto e la cordialità che rappresentano il nostro punto di forza e quindi l’ideale per chi sceglie di soggiornare da noi. In aggiunta, la gestione familiare facilita l’instaurarsi di un rapporto sincero e autentico con il cliente, che trova in una struttura come la nostra un luogo riservato e rassicurante». www.hotelcherubini.com

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NEL MEDIOEVO RAFFINATO di MATTEO GRANDE

Alla base del Monte Foce, inserito in un esteso parco con alberi secolari e un magnifico oliveto, incontriamo il Park Hotel ai Cappuccini. Una struttura dal sapore storico e mistico

e pietre del Park Hotel ai Cappuccini profumano di storia. Basti pensare che la prima è stata posta nel 1631 - per la costruzione della chiesa, dedicata a San Nicola di Bari - dal Vescovo di Gubbio Ulderico da Carpegna, che da lì a poco sarà nominato Cardinale da Papa Urbano VIII. Il Park Hotel ai Cappuccini è un monastero del XVII secolo sapientemente restaurato, situato a due passi dallo splendido centro storico medioevale di Gubbio. «Questo storico e mistico edificio – racconta Maria Carmela Colaiacovo, titolare dell’attività – appartiene alla storia di Gubbio». Gubbio, cuore dell’Umbria immerso nel verde, con un’architettura che è tra le testimonianze più riuscite di un Medioevo luminoso e raffinato e colto. «Appartato, eppure vicinissimo al centro della città, oggi il Park Hotel ai Cappuccini è una struttura che unisce antichi ambienti e nuovi comfort. Gli interni sono caratterizzati da ampi spazi d'incontro e di socialità, rilassanti luoghi di conversazione riscaldati da camini e impreziositi da arazzi,

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Il Park Hotel ai Cappuccini si trova a Gubbio (PG)

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affreschi e dipinti d'epoca tra cui spicca una tela del Sartorio. Ci sono inoltre molte opere d’arte contemporanea firmate da grandi artisti italiani come Capogrossi, Arnaldo Pomodoro e Abbozzo. In questo modo antico e contemporaneo si fondono ancora di più». Alcune delle camere sono ricavate nel fascino della parte antica del vecchio monastero. «Altre invece, si trovano nella parte nuova. Tra queste anche alcune esclusive junior suites e suites; ampie, arredate con cura e stile e attrezzate con i più moderni comfort». I sapori della tavola sono un’altra delle peculiarità del Park Hotel ai Cappuccini. «Nel ristorante dell’Hotel si possono gustare prodotti tipici in gustose ricette accompagnate dai migliori vini umbri e nazionali.Vini che sono sapientemente conservati nell’enoteca, ricavata dall’antica cisterna dell’acqua dei frati cappuccini, e proposti insieme alle eccellenze del territorio come formaggi, salumi, olio e tartufi». Ma il Park Hotel ai Cappuccini dà la possibilità di usufruire anche di un centro dedicato al benessere psico-fisico. «Il Cappuccini Wellness & Spa – specifica Maria Carmela Colaiacovo

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– è stato recentemente ristrutturato negli spazi dedicati alla Spa Aveda e alla zona acque che si integrano con i servizi dedicati allo sport e alle attività motorie. Da gennaio 2013 avremo percorsi di benessere personalizzati con la guida di Marc Mességué, presente in esclusiva a Gubbio con la sua tradizione fitoterapica». Il Park Hotel ai Cappuccini sorge alla base del Monte Foce. «Per questo l’Hotel diventa anche ottima base di partenza per chi volesse affrontare i molteplici sentieri o i per-

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corsi da fare a piedi, in bicicletta o a cavallo, tra cui il famoso Sentiero Francescano della Pace, tra Gubbio e Assisi. A soli 15 km, inoltre, c’è uno dei parchi naturali più incontaminati d’Italia, il Parco Regionale del Monte Cucco, luogo ideale per escursioni nelle grotte carsiche recentemente aperte al pubblico, discese in forra, percorsi trekking, orienteering o bird-watching». www.parkhotelaicappuccini.it

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ALLE PENDICI DELLE MADONIE

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Cesare Madia svela uno dei posti più suggestivi dell’isola, a pochi chilometri da Palermo, sulle pendici er conoscere le meraviglie della del parco regionale delle Madonie. Sicilia la zona intorno a Palermo è E spiega come vivere un’esperienza unica

un ottimo inizio. Oltre all’emozione che l’antica capitale del regno può trasmettere, i luoghi da visitare nelle immediate vicinanze non si contano. Questo è solo uno dei motivi per cui trovarsi all’Acacia Resort costituisce quell’esperienza che si ricerca quando “si stacca la spina” dalla routine. Il titolare, l’ingegner Cesare Madia, ci accoglie in una costruzione recente immersa in giardini fioriti, con una grande piscina al centro, sulle pendici del Parco Regionale delle Madonie. «La nostra struttura – dice Madia – è a soli quindici chilometri da Cefalù e cinquanta da Palermo, non è distante l’incrocio delle principali autostrade siciliane, attraverso cui raggiungere tutte le località più interessanti». L’offerta dell’Acacia Resort è la più ampia possibile. «Abbiamo una spiaggia privata – continua Madia –, attrezzata con lettini e ombrelloni, numerose strutture sportive, quali campo da tennis, mini golf, volley, calcetto, bocce, biliardo, calciobalilla e un Mini Junior Club. Le camere Superior e De Luxe, eleganti, luminose e moderne, dispongono di Tv satellitare Lcd, aria condizionata, cassaforte e mini

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di REMO MONREALE

bar. Tutte le camere offrono una spaziosa loggia privata e arredata con tavolo e poltroncine in vimini. Le camere Standard/Cottage sono al livello del giardino, immerse nel verde e dispongono di un terrazzino antistante con tavolo e sedie, con gli stessi servizi delle altre tipologie di camere». Non poteva mancare anche di un centro benessere, posto sulla terrazza panoramica, offre una zona thermarium e una grande piscina con vari tipi di idromassaggi. «In più – ci tiene a precisare l’ingegnere – sono disponibili anche sale attrezzate per convegni che ospitano fino a 250 persone e una sala da ballo polivalente che può ospitare fino a 400 persone. Infine nella nostra struttura si possono seguire corsi di cucina con il nostro chef, per imparare i segreti della cucina siciliana». www.acaciaresort.eu

L’Acacia Resort si trova a Campofelice (PA)

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SAPORI DAL BAROCCO CATANESE di MARCO TEDESCHI

el breve tratto di circa 200 metri incontriamo ben quattro chiese. È quanto ci offre via dei Crociferi, un raro esempio di unità architettonica. Tra le strade più belle della Catania settecentesca. Una via che inizia in Piazza San Francesco d'Assisi, a cui si accede passando sotto l'arco di San Benedetto, una strada circondata da chiese, monasteri e poche abitazioni civili. Un vero e proprio gioiello di barocco catanese. La prima chiesa che s’incontra è quella di San Benedetto, collegata al convento delle suore benedettine. Proseguendo si incontra la Chiesa di San Francesco Borgia alla quale si accede tramite due scaloni. A seguire il Collegio dei gesuiti, oggi sede dell'Istituto d'arte, con all'interno un bel chiostro con portici su colonne e arcate. Di fronte al Collegio è ubicata la Chiesa di San Giuliano, considerata uno dei migliori esempi del barocco catanese. Proseguendo, si può ammirare il Convento dei Crociferi e quindi la Chiesa di San Camillo. Ed è proprio in questo centro storico, tra il barocco e l’arte catanese, che incontriamo il Ristorante

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Vito Fusari

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Caserecce con pesce spada, melanzane e pistacchio di bronte. O frittura di paranza e moscardini. La sicilianità scende in tavola in una strada crocevia ed emblema del barocco catanese. La parola a Vito Fusari del Ristorante i Crociferi

i Crociferi, proprio all’angolo tra la via e Piazza San Francesco. «Vista la centralità e la peculiarità intrinseca nel ristorante – spiega il titolare Vito Fusari – non potevamo che specializzarci nella cucina siciliana». Dopo anni come maestro di sala il signor Fusari ha deciso di reinventarsi, passando in cucina. «Il pesce regna nella cucina del ristorante. Ovviamente siamo molto influenzati anche dalle stagioni dato che quello che intendiamo offrire, è pesce rigorosamente fresco». Tra i piatti fissi spiccano i panzotti con la cernia o le caserecce con pesce spada, melanzane e pistacchio di bronte. Senza dimenticare i paccheri con gamberetti, carciofi e pomodorino pachino, o i classici spaghetti con le vongole e gli scampi. «Gli spaghetti con il nero di seppia invece – racconta Fusari - sono un piatto tipico invernale. D’estate infatti le seppie hanno poco nero e diventa difficile ricavarne per cucinarci gli spaghetti. Una portata

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Tra i piatti fissi spiccano i paccheri con gamberetti, carciofi e pomodorino pachino. Un connubio di mare e terra dal sapore autunnale è invece il risotto con zucca, gamberetti e pomodorino». Tra gli antipasti che è possibile gustare al Ristorante i Crociferi spiccano aringa con insalata di limone e arance, o il baccalà con arance e cipollette. «Non mancano mai inoltre le alici con cipolla e pinoli, la caponata, la parmigiana o le polpette di ricotta». Per quanto riguarda i secondi, dipende tutto dal pesce che si trova ogni giorno al mercato. «Il pesce viene poi esposto e sono i clienti che scelgono quale pesce desiderano che venga cucinato alla mediterranea». Il sorbetto al limone è un’altra prelibatezza del ristorante. «Il sorbetto – racconta Fusari - viene fatto con il limone da noi personalmente spremuto. In inverno facciamo anche il sorbetto di arance e mandarini».

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In questo periodo dell’anno l’antipasto consigliato è quello composto da pesce e verdure in agrodolce. «L’antipasto è qualcosa che si improvvisa, legato alla stagionalità e a quanto di fresco possiamo offrire. Ora ad esempio sono buonissime anche le olive di nostra produzione. Per primo consiglierei invece un classico, ovvero le caserecce con melanzana, pesce spada e pistacchio di Bronte. Per secondo una buona frittura di paranza, moscardini e calamari. Per finire poi con un sorbetto. Un classico menù mediterraneo – conclude Fusari - che parla di mare e di quanto la terra può offrirci in questo periodo».

Vito Fusari è titolare del ristorante i Crociferi di Catania

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www.ristornateicrociferi.com

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di MARCO TEDESCHI

FANTASIE SICILIANE A Zafferana Etnea la tranquillità e le attività culturali della cittadina si fondono al gusto della cucina siciliana. Scopriamo l’atmosfera dell’Esperia Palace Hotel e dei suoi ristoranti ra l’Etna e il Mar Ionio, nella cittadina di Zafferana Etnea, chiamata la “città del miele”, per la dolcissima produzione che proprio qui viene realizzata, troviamo l’Esperia Palace Hotel, un connubio di design e ospitalità. Senza dimenticare il gusto. «L’Esperia Palace Hotel – spiega Enza Cutuli che gestisce l’attività – è un moderno 4 Stelle Superior dove tutto è stato pensato per offrire massima qualità e comfort a chi viaggia per turismo o per lavoro grazie a una profonda cura dei dettagli e dell’arredamento raffinato ed elegante. La posizione dell’hotel lo rende particolarmente adatto a chi vuole trascorrere momenti unici di relax, potendo godere della tranquillità propria dei luoghi,

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dell’ottima aria fine e pura di montagna, delle calde acque della piscina, della cura del proprio corpo con i servizi offerti dalla Spa e dell’ottima storica cucina, ricca di piatti della tradizione». Ed è proprio la cucina, curata dallo chef Seby, un’altra delle peculiarità dell’hotel. «La ristorazione dell’hotel Esperia Palace – racconta lo chef - vanta un’appassionata gestione familiare da ben trent’anni. Un’esperienza che ci ha portato a proporre accanto allo storico ristorante “Parco dei Principi”, la nuova brasserie “La Corte”. Nel Ristorante Parco dei Principi la cucina è legata alla tradizione con felici declinazioni innovative. Le preparazioni conducono a un sublime percorso di sapori, offrendo esperienze gustative eccellenti anche ai gourmet più esigenti. La Brasserie “La Corte” invece presenta un ambiente simpatico e accogliente. Il pezzo forte è ovviamente rappresentato dalle carni cotte alla griglia, accompagnate da fresche verdure cotte e crude».

L’Esperia Palace Hotel si trova a Zafferana Etnea

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www.esperiapalace.it

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A CATANIA SI CENA CON L’AUTORE di VALERIA GARUTI

Dall’incontro tra cucina e letteratura nascono nuove forme di intrattenimento, per un viaggio all’insegna del connubio tra cultura e svago

no degli elementi che fanno della vacanza in Sicilia un soggiorno indimenticabile è senz’altro quello della ricchezza gastronomica dell’isola. In Sicilia confluiscono infatti, le varie tradizioni culinarie delle numerose popolazioni che l’hanno nei secoli frequentata. Si possono ritrovare nei piatti tradizionali siciliani riferimenti antichissimi, che risalgono all’antica Grecia, alla tradizione romana e a quella araba. Ma l’isola non è famosa solo per la sua cucina. Dalla tradizione letteraria dei numerosi autori siciliani, prima tra tutte quella della poesia volgare nata nella corte di Federico II di Savoia, passando per il teatro di Pirandello, la Sicilia è stata anche fonte d’ispirazione per capolavori letterari di numerosi artisti di fama internazionale. Ed è così che un luogo, lo Sheraton Catania Hotel, ha deciso di unire la passione per la letteratura a quella gastronomica, facendole confluire nell’interessante manifestazione “L’autore per cena”. «Si tratta di una serie di incontri enogastronomici legati alla letteratura – spiega la Managing Director Ornella Laneri – Invitiamo autori di case editrici importanti a presentare i

U Nelle foto, lo Sheraton Hotel di Catania

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loro ultimi successi. Gli spettacoli iniziano quando gli attori del Teatro Stabile di Catania recitano e interpretano una parte del libro e si confrontano con l’autore. Infine lo chef, assegnando ai personaggi i suoi ingredienti, crea un menù che diventa una trama, da leggere e da gustare». Gli spettacoli, che offrono un modo simpatico e originale di interfacciarsi sia con la cucina sia con la letteratura, vanno in scena da febbraio a luglio e stanno riscuotendo grande successo. Ogni anno c’è un tema diverso: “le donne esordienti” e “le

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donne e il noir” sono solo gli ultimi di una lunga serie. «Per me l’albergo è un luogo di accoglienza – continua – e il viaggiatore trova da noi un luogo caldo dove potersi confrontare e dialogare con altri viaggiatori. Abbiamo dato il via a questa particolare serie di eventi nel 2008 con l’editorialista siciliano Mario Salatteri e, a seguire, abbiamo continuato fino ad oggi con molti nomi importanti, tra cui Marco Buticchi, la messinese Alessia Gazzola, e la vincitrice del Premio Campiello Giovani Viola Di Grado». Un’occasione, dunque, per una pausa culturale che continua anche negli ambienti comuni dell’albergo, a partire dalla hall, una vera e propria galleria d’arte che ospita alcuni tra i più grandi artisti in-

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ternazionali, da Agostino Bonalumi a Mark Kostabi, da Enrico Baj a Urano Palma. Oltre a questa particolarità, la permanenza allo Sheraton Catania Hotel è comunque sinonimo, grazie al marchio internazionale, di alti standard nel servizio, e contemporaneamente fa della territorialità uno dei suoi punti di forza, in particolar modo nei servizi ristorativi. Da non perdere una sosta a “Il Timo Gourmet Restaurant” che, con lo chef Saverio Piazza, è oggi una realtà indipendente dalla struttura alberghiera, ed è presente nelle principali guide gastronomiche: a pranzo offre un menu con piatti ricercati ed economici, esaltati dalla qualità delle materie prime; a cena, La grande carte du diner

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raccoglie i piatti che più rappresentano l’estro dell’executive chef. «Cambiamo i menu secondo le stagioni – afferma Ornella Laneri – e utilizziamo, per la maggior parte i prodotti che ci offre la nostra bella terra. Tutto ciò che è reperibile su questo territorio ci appartiene, dalla prima colazione fino alla cena». I servizi continuano con la piscina scoperta, la spiaggia privata con solarium, il campo da tennis e il centro benessere Arantia Rubra, oltre 400 mq che ospitano tre diverse aree dedicate alla cura del corpo: la fitness con la tecnologia Technogym, la wellness con gli imperdibili percorsi e la beauty con i trattamenti esclusivi Maria Galland. Un’eleganza discreta caratterizza l’intera struttura, compresi i 724 mq del centro congressi, uno dei più grandi della Sicilia orientale. «A mio parere il futuro di Catania – conclude la direttrice – è rappresentato dal turismo commerciale. Grazie ad un aeroporto internazionale molto importante la realtà congressuale a Catania è molto più rilevante rispetto ad altre città siciliane. E’ importante mantenere una tipologia di turismo che destagionalizzi le presenze: un ottimo esempio in tal senso è il turismo golfistico”. Sport di origine nord europea, il golf è sicuramente più piacevole da praticare quando il clima è mite e la cornice è quella catanese.

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www.sheratoncatania.com

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DAL MARE DI ACIREALE di RENATO FERRETTI

e non hai conosciuto la cucina tradizionale di un posto, si può dire che non lo hai visitato davvero. Spesso un viaggio diventa l’occasione per mangiare e bere in un modo insolito. Se poi il luogo in questione si trova in Sicilia, è più facile immaginare quanta importanza può avere gustare lentamente un’insalata di mare, con pesce di giornata, dall’alto di un terrazzo con vista sullo Ionio ad Acireale. È esattamente quello che propone Rosario Strano, che ha ereditato la Grotta, un ristorante con più di cent’anni di tradizione. Questa per il titolare è fondamentale. La sua filosofia vede in ciò che già esiste tutta la potenza espressiva di cui si ha bisogno, senza nessuna aggiunta: la bellezza del posto è antica, risale alle prime dominazioni greche e l’altopiano della Timpa su cui poggia la città domina questa parte di Mediterraneo come un terrazzo: 160 metri a strapiombo sull’acqua. La città delle cento campane, così tuttora è chiamata Acireale: un lascito dovuto ai tanti ordini religiosi che hanno convissuto qui, al centro di traffici mercantili considerevoli per molti secoli. Insomma un

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Una bellezza mozzafiato che coinvolge tutti i sensi, dalla vista al gusto. Alla scoperta della “città delle cento campane” con Rosario Strano, che fa da guida attraverso le suggestioni della cucina acese. «Tradizione e semplicità»

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angolo di Sicilia da riscoprire anche attraverso la sua cucina tipica, cha non ha bisogno di acrobazie per risultare eccellente. «Noi da sempre puntiamo tutto sulla semplicità e sui piatti tipici della zona. Prepariamo tutto sul momento con la miglior materia prima a disposizione, non c’è bisogno di altro. Infatti, finora, il nostro modo di fare ci ha premiato». E questa è la ricetta della Grotta da addirittura un secolo? «Mio padre la ereditò da sua madre e ora io non faccio che continuare la tradizione di famiglia. Semplice e genuino secondo le regole di una volta, così ci piace lavorare: noi scegliamo il pesce insieme al cliente, lo pesiamo e poi lo passiamo in cucina. Questo è anche un modo per essere certi del fatto che lo cuciniamo sul momento, non come fanno altri che presentano piatti già preparati». Il nome ha un chè di misterioso. «Nessun mistero, i locali interni sono stati ricavati da una grotta di origine lavica. Sono state inserite delle travi da ferrovia e sopra costruite altre

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Semplice e genuino secondo le regole di una volta: noi pesiamo il pesce insieme al clientee poi lo passiamo in cucina abitazioni. Appena fuori dal locale abbiamo un piccolo terrazzo con vista mare. Quindi in tutto abbiamo otto tavoli dentro e quindici fuori, e anche la cucina è piuttosto piccola: non facciamo più di quattro primi, per fare un esempio». Qual è la specialità della casa? «Sicuramente l’insalata di mare è il nostro piatto forte: la facciamo con polpi, gamberi, calamari e occhi di bue. Quest’ultimo è un frutto di mare delle nostre parti, molto pregiato. Io consiglierei l’accostamento con lo chardonnay Tasca d’Almerita, un bianco tipico siciliano veramente ottimo, altrimenti un bianco di Nera Milazzo, oppure un Almerita Brut sempre di Tasca d’Almerita». www.trattorialagrotta.com

Rosario Strano con il padre Carmelo, titolari del Ristorante La Grotta che ha sede ad Acireale (CT)

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di VALERIA GARUTI

AROMI DI SICILIA Simone De Tommaso racconta in che modo gli ingredienti genuini e naturali esaltano i frutti della terra siciliana

asilico, menta, finocchietto, rosmarino: sono questi i prodotti che profumano la terra di Sicilia. Nella trattoria I Limoni, in provincia di Messina, la cucina tipica siciliana, le specialità di pesce fresco e la pizza sono piatti curati nei minimi particolari. Inoltre questo è il luogo giusto per ogni momento della giornata: lo staff propone prime colazioni, gastronomia, tavola calda e pizzeria. «Protagonisti della nostra cucina – spiega De Tommaso, titolare de I Limoni – sono gli ingredienti genuini e naturali uniti alla cura che mettiamo nella selezione dei prodotti. Nella cucina della nostra osteria si predilige il pesce azzurro, fresco e di stagione, pescato nel nostro mare. Proponiamo piatti della tradizione sicula come gli spaghetti al nero di seppia e la pasta alla palermitana con sarde e finocchietto selvatico». Numerosissime sono quindi le specialità di pesce fresco proposte, dalle sarde a beccafico, tipico piatto della gastronomia siciliana, alle costardelle agli involtini di spatola o di

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pesce spada. La trattoria I Limoni è immersa in un panorama storico senza rivali: i giardini di Naxos. Fino a pochi decenni fa questo territorio era caratterizzato dalle attività di pesca, agricoltura (agrumi in particolare), artigianato in ferro battuto e in ceramica. Negli ultimi decenni queste attività sono quasi del tutto scomparse e si è cercato di riconvertire l'economia del paese guardando verso il turismo come principale fonte di sostentamento, costruendo strutture ricettive e sfruttando la vocazione turistica del litorale. La distesa blu messinese si può ammirare stando comodamente seduti nell’ampia terrazza della trattoria. Nei periodi più caldi, è possibile prenotare nella sala climatizzata un tavolo romantico appartato, o uno in cui discutere discretamente d’affari. Tutto questo in compagnia degli amici a quattro zampe, che qui possono restare senza problemi vicino ai loro padroni. «Proponiamo– aggiunge De Tommaso – anche prodotti di pasticceria e gelateria rigorosamente artigianale: dalle cassate ai cannoli, fino al gelato al pistacchio di Bronte».

Trattoria Pizzeria I Limoni, Giardini di Naxos (ME)

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www.trattoriailimoni.com

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BENESSERE ANTICO Nello scenario rilassante dei Colli Euganei è possibile sfruttare le molteplici proprietà delle acque termali, già note ai tempi degli antichi romani. Ne parliamo con Luca Tognin

area euganea è tra le più rinomate d'Italia per quanto riguarda la presenza di risorse termali, che costituiscono un’importante attrazione turistica a livello internazionale. Le proprietà delle acque termali euganee sono note fin dai tempi antichi, come testimonia il culto degli antichi veneti per il dio Aponus, al quale si attribuivano i benefici effetti curativi. Ed è nello scenario naturale dei Colli Euganei che troviamo l’Hotel Terme Neroniane.

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di MATTEO GRANDE

«L’Hotel – spiega il titolare Luca Tognin - è immerso in un meraviglioso parco di 40.000 mq e si trova in una posizione ideale per la visita d’importanti città d’arte. La caratteristica delle Terme Neroniane è infatti di trovarsi su un’area archeologica, risalente al I sec. d.C. in cui sono stati rinvenuti i resti di un complesso termale di rara importanza collegato a una villa di dimensioni enormi, attribuibile con ogni probabilità all’imperatore Tiberio. Organizziamo anche delle visite guidate al complesso termale romano situato proprio sotto il ristorante

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dell’Hotel. Il fascino delle antiche Terme romane rivive in un Hotel in cui convivono con grande armonia modernità e tradizione». L’hotel è dotato di 3 splendide piscine termali di cui una coperta e 2 panoramiche scoperte, «queste sono collegate all’interno e hanno temperature differenziate che vanno dai 30°C a 36°C, con diversi idromassaggi, giochi d’acqua e percorso Kneipp». L’Hotel Terme Neroniane è dotato di un moderno reparto terme, di un centro benessere e beauty dove un’equipe di operatori professionisti consigliano i trattamenti termali, masso-fisioterapici, i trattamenti beauty viso e corpo più rispondenti alle esigenze di ciascuno. La tradizione termale si sposa in questo modo ai trattamenti orientali e alle nuove tecniche di massaggio con un unico denominatore: il benessere dell’Ospite. Un’altra nota di eccellenza è la cucina. «Delicata e raffinata, preparata con materie prime di ottima scelta. Freschezza del gusto, armonia dei sapori si ritrovano in ogni portata preparata dai nostri Chef». www.neroniane.it

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L’Hotel Terme Neroniane si trova a Montegrotto Terme (PD)

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CUORE ALTOATESINO di REMO MONREALE

Dal Medioevo al Barocco, dalla valle d’Isarco all’imponenza delle Dolomiti, Bressanone è percorsa da mille anime. Sergio Mussner descrive la magia e le opportunità della sua città, nel cuore dell’Alto Adige icono che la città di Bressanone sia la più bella cittadina dell'Alto Adige». Un incipit quasi sottotono, eppure già le prime battute tradiscono l’amore verso questa città. Sergio Mussner, in fondo, non ne fa mistero: la “capitale” della valle d’Isarco è dove vive e dove ha scommesso con il suo hotel a quattro stelle, il Dominik. «Il nostro hotel – dice – si trova accanto ai noti Giardini Rapp, in posizione tranquilla e soleggiata in mezzo al verde, sulla riva del fiume Rienza. Il romantico centro storico della città vecchia è a pochi minuti di cammino, con le sue stradine pittoresche e i suggestivi portici, sui quali si affacciano negozi e locali in quantità, e alcuni tra gli edifici storici più belli della zona». La città ha in effetti un fascino innegabile, merito forse anche della sua posizione, nel cuore dell’Alto Adige, che nei secoli l’ha posta al centro del passaggio tra il nord e il sud dell’Europa. Le sue chiese, l’antico palazzo dei principi vescovi, il Duomo con il chiostro e gli affreschi gotici sono solo alcuni dei monumenti che tuttora parlano di Medioevo e Barocco, a testimonianza della cultura che

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pervade la città. Insomma, una cornice più che suggestiva per il soggiorno proposto da Mussner. «Tutte le nostre camere – garantisce il titolare del Dominik – sono spaziose e confortevoli, arredate con gusto. Le camere sono dotate di bagno, asciugacapelli, Tv Sat, radio, telefono, collegamento Isdn minisafe, frigobar. Tra una camera e l’altra della stessa categoria sono possibili differenze di posi-

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Il nuovo spazio wellness dell’Hotel Dominik declina tutte le opzioni possibili del relax

zione, grandezza e arredamento». Particolare motivo di orgoglio per il proprietario dell’hotel sono i lavori appena completati del nuovo centro benessere. «Dopo la ristrutturazione in autunno 2012 – precisa Mussner –, lo spazio wellness dell’Hotel Dominik diventerà ancora più spazioso e accogliente. Annessa alla piscina coperta con idromassaggio, completamente rinnovata, vi sarà una piacevole terrazza con lettini e whirlpool (aperta da aprile a ottobre). In estate, il grande prato invita a rilassarsi e a prendere il sole; e per chi al sole non rinuncia mai c’è il solarium, che garantisce un’abbronzatura perfetta in ogni stagione. La nuova area saune con sauna finlandese, biosauna, bagno di vapore, spazio relax con letti ad acqua e lettini è affiancata dal reparto beauty con un’ampia scelta di trattamenti estetici e massaggi. L’offerta wellness è completata da una sala fitness dotata delle apparecchiature più moderne». Forte della sua posizione, Bressanone ospita spesso congressi e seminari tra i più importanti. E il Dominik non poteva farsi sfuggire l’opportunità di ospitarne, cercando l’eccellenza. «La nostra zona congressi – spiega Mussner – é pianificata in maniera da venire incontro a tutte le esigenze. Le possibilità di

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scelta sono fra tre diverse sale da 100, da 35 (con parete divisoria mobile) e da 46 metri quadrati: tutte molto luminose e permettono una perfetta penetrazione della luce. Al momento della progettazione e dell'allestimento abbiamo dato la massima importanza al comfort. L'architettura si basa sui principi generali del Feng Shui, l'armonia dei colori e dei materiali stimola le capacità di pensiero dei partecipanti al seminario in modo positivo. Inoltre un sistema di ventilazione coordinato assicura per tutto il giorno la climatizzazione più adatta. Poiché le necessità del cliente sono anche le nostre priorità, abbiamo reso la nostra offerta per i seminari il più flessibile possibile. Semplicemente formuliamo un’offerta personalizzata, adatta a soddisfare ogni esigenza». www.hoteldominik.com

L’Hotel Dominik si trova a Bressanone (BZ)

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Trento

Città del Natale

LA TRADIZIONE DEI MERCATINI

di ELISA FIOCCHI

In Trentino Alto Adige non è Natale senza i classici mercatini che addobbano con le loro bancarelle borghi e città. A Trento tanti sono i turisti arrivati in città per degustare prodotti tipici e trovare regali di qualità artigianale

el 2012 ricorre il ventesimo anniversario del Mercatino di Natale di Trento, la manifestazione che fino al 24 dicembre raccoglie ogni anno le caratteristiche casette di Piazza Fiera nel centro del capoluogo. Spesso definita come la prima città italiana dopo il Brennero, Trento ha assorbito con il trascorrere del tempo le tradizioni appartenenti sia alla cultura italiana, sia a quella tede-

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sca come la “Christkindlmarkt”, le cui origini in Germania risalgono addirittura al XIV secolo con i cosiddetti Mercatini di San Nicola meglio conosciuto come Santa Klaus - e che in principio era l’unica occasione dell’anno per acquistare gli addobbi natalizi. Come ogni anno, i visitatori troveranno prodotti artigianali legati al periodo natalizio, come candele, profumi, oggetti in legno, gioielli, decorazioni con i più svariati materiali,

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Trento

Città del Natale

cappelli, guanti e sciarpe, la cui lana viene filata, tinta e tessuta direttamente dal proprietario del gregge. Ci saranno anche sei nuove casette dedicate alla frutta secca e disidratata, alle diverse varietà di grappa, a liquori e confetture, alle candele artigianali, agli oli essenziali e diffusori e al sapone vegetale. Una casetta sarà dedicata alla solidarietà: i visitatori potranno far impacchettare i loro regali lasciando un’offerta che verrà devoluta al Comune di San Felice sul Panaro, colpito dal terremoto. Tra le novità previste per il ventennale, l’area ga-

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stronomica disporrà dello speziato vin brulé, del tè caldo e di uno dei gustosi piatti tipici trentini, tra cui polenta, carne, zuppe, canederli e dolci come lo strudel o gli strauben. Prosegue, invece, il gemellaggio stretto lo scorso anno con il Mercatino di Natale di Innsbruck che proprio quest’anno celebra i sui quarant’anni. Infine, nel rispetto dell’antica tradizione del Christkindlmarkt, quest’anno la chiusura tornerà a essere il giorno della vigilia alle ore 17, mentre per tutti gli altri appuntamenti, le casette resteranno aperte dalle ore 10 alle 19.30.

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IL “NOBILE” MARZEMINO Un vino Doc per esaltare le ricette della cucina tradizionale e le radici della famiglia de Tarczal, produttrice del Marzemino Tentino Superiore “Husar” di ROBERTA DE TOMI

a vicinanza del lago di Garda consente alla trentina Vallagarina di godere di un flora sub-mediterranea. Qui crescono gli olivi, i limoni, ma soprattutto, i vigneti, da cui nascono vini Doc pregiati. L’azienda agricola de Tarczal ha sede nella vecchia villa rurale del Settecento. «Il vino che definirei il più rappresentativo per la nostra attività – sottolinea Felicia de Tarczal – è l’ “Husar”, un Marzemino Trentino Superiore di Isera, la cui etichetta, dedicata al mio bisnonno, reca l’immagine di un ussaro, ovvero un soldato austro ungarico quale lui era. Le uve dalle quali viene prodotto questo vino, crescono nella campagna di Marzemino più vecchia che abbiamo (40 anni); selezioniamo i grappoli più maturi per raccoglierli a

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sovra maturazione e, successivamente, affinare il vino per più di un anno in botti grandi di rovere di Slavonia. Ne risulta un vino dal profumo intenso fruttato, con sentore di viola mammola, caratteristico del Marzemino. Il gusto è secco, pieno, importante». Un sapore che esalta i piatti trentini. «Con l’Husar – continua Felicia de Tarczal – possiamo preparare un saporitissimo risotto al Marzemino: si taglia del radicchio rosso alla julienne e lo si stufa con il Marzemino Trentino Superiore di Isera. Quando il soffritto di cipolla è pronto, si tosta il riso con l’aggiunta di un mestolo di brodo e quando si arriva a un quarto di cottura, si aggiunge il radicchio brasato nel vino e altro Marzemino, a piacere». www.detarczal.com

L’azienda agricola e trattoria “Vineria de Tarczal” si trova a Marano di Isera (TN)

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di ROBERTA DE TOMI

DELIZIE VALSUGANE Una cucina che segue i ritmi delle stagioni, mantenendo sempre il contatto con le sue origini, ma proponendosi in veste sempre nuova e stuzzicante, secondo le “mani di fata” di Lucia Gius

alta Valsugana non è soltanto una meta per gli appassionati della montagna, ma è anche un luogo per chiunque voglia rifugiarsi in un piccolo Eden dove raccogliere frutti per niente proibiti. I ritmi della natura, traboccante di vita e verde, si rispecchiano anche nella varietà delle portate che arrivano in tavola alla trattoria Maso Cantanghel. Gli arredamenti a tinte calde che arricchiscono l’interno di una vecchia casa rurale risalente al Settecento fanno da corollario all’attività di una cucina che si rinnova continuamente, mantenendo intatte le radici trentine. «I primi piatti classici della trattoria – spiega Lucia Gius – sono diversi: gnocchi, canederli, orzetto. Per i secondi, spiccano la pancetta stufata con carré di maiale al latte e involtini di verza e il bollito di manzo condito con cavolo cappuccio, fagioli e tortino di patate. Un’altra proposta che ha soddisfatto diversi i palati è il fiore di zucchina con ricotta, salsa di pomodoro e insalatine, verdure tutte raccolte dal mio orto. Non mancano poi i sapori di altri tempi, come la polenta di Storo con funghi misti, formaggio di malga e salsiccia, e piatti che evocano le atmosfere della montagna quali i tagliolini fatti in casa con porcini e Trentingrana». Un secondo molto richiesto è lo stufato di manzo, di cui Lucia Gius

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ci descrive la preparazione: «Si soffrigge nel burro una cipolla tagliata grossa e si fanno rosolare due guanciali di manzo. Si sala, si aggiunge la carota e il sedano tagliati grossi, l’alloro e, infine, si spruzza il tutto con vino bianco. Si cuoce per 30 minuti, poi si sparge su metà della carne il vino bianco, si copre e si lascia cuocere a fuoco moderato per due ore. A cottura ultimata, si raccolgono le verdure cipolla, carota, sedano e verza -, le si trita e le si rimette nel sugo. Nel frattempo, si fa bollire la verza in acqua, cipolla, olio e vino bianco. Alla fine si serve il manzo con polenta e verze». Per accompagnare il pasto si può scegliere l’etichetta più adatta dalla cantina della trattoria. E, a fine pasto, la titolare consiglia «il gelato alle nocciole e piccoli pasticcini fatti in casa, prima del caffè». lucia.gius@gmail.com

La trattoria Maso Cantanghel si trova a Civezzano (TN)

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L’ARTIGIANO DEL CIBO In un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, c’è un posto dove i sapori del passato si uniscono a quelli del presente di VALERIA GARUTI

n passato l’abitato di Canezza è stato il punto di riferimento di tutta la Valle della Fersina. Definita da Cesare Battisti “emporio e mercato commerciale dei Mocheni”, con la presenza di mulini, fucine, segherie, una filanda e varie attività artigianali fra cui, rinomatissima, una fabbrica di salumi, questo villaggio, per la bellezza della valle che lo incornicia, si propone anche come meta turistica. È qui che si trova l’osteria storica Morelli, un luogo che sembra non accorgersi dello scorrere del tempo. Lo spirito che si respira entrando nel ristorante è quello di una calda accoglienza, tipica delle persone del luogo. Il titolare Fiorenzo Varesco con la compagna Antonella ha aperto l’osteria con l’obiettivo di fare sentire a proprio agio i suoi clienti. Per questo motivo nelle stanze sono ancora presenti le vecchie stufe, i camini e i mobili d’epoca. Le immagini storiche appese al muro lasciano percepire cos’è accaduto nel tempo, mettendo a fuoco i protagonisti che qui si sono avvicendati. «Dopo un lungo percorso di ricerca e riflessione – spiega Varesco – sono giunto alla convinzione che

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la cucina si debba basare soprattutto sulla varietà e sulla qualità dei prodotti del territorio». Il menù dell’Osteria Morelli è, infatti, un excursus di pietanze quasi dimenticate, di profumi di bosco e di montagna, di erbe aromatiche e spontanee in primavera, di minestre, di canederli, di umidi, con qualche tocco di originalità. «Ma – aggiunge – anche di ricette fatte recuperando gli avanzi, per far sì che l’ospite rifletta su come la cucina sia il luogo di riconoscimento del passato in ogni sapore presente. I fornitori sono per me fondamentali: piccoli produttori trentini elencati nel menù con nome, cognome e indirizzo. Condividono la mia filosofia e insieme siamo piccoli artigiani del cibo». Attraverso la filosofia del “metter via” in ogni stagione, Fiorenzo Varesco riesce a coprire il fabbisogno di materia prima per tutto l’anno, usando solo prodotti del luogo. www.osteriastoricamorelli.it

Osteria storica Morelli, Canezza di Pergine (TN)

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BUCOLICHE MARCHE

di RENATO FERRETTI

Un passo indietro dalla routine frenetica cittadina, verso la riscoperta sensoriale di ciò che un tempo era abitudine. Eppure spettacolare. Katia Buresta descrive il mondo poetico della campagna marchigiana del pesarese irgilio non è nato da queste parti, è quindi improbabile che si riferisse a questi luoghi. Eppure la Marca del Nord offre paesaggi che ricordano da vicino l’ideale descritto dal poeta. Katia Buresta è una di quei proprietari fortunati, o molto lungimiranti, che si ritrovano a gestire un angolo tra i più suggestivi della campagna marchigiana. La sua Locanda del Gelso offre non solo un riparo dalla frenesia della città: il suo fascino è infatti quello immobile di un’altra epoca in cui la semplicità era di per sé spettacolare. Il curato prato inglese e il gelso, da cui prende il nome, fanno da cornice alla casa dai colori pastello che ospita la locanda. «Dentro – dice la Buresta – si trovano due salette arredate con poco, tavoli di legno e sedie di paglia. Anche le camere a disposizione sono poche, ma forse anche questo per i

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La locanda del gelso si trova a Cartoceto (PU)

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molti che rifuggono il caos è un’ulteriore garanzia del relax necessario: sono in tutto cinque, tra cui due doppie e tre triple, tutte complete di bagno».Una delle attrazioni principali è certamente la cucina. «Poniamo grande attenzione – dice la padrona di casa – alla scelta delle materie prime, quasi tutte coltivate e allevate sui tredici ettari dell'azienda agricola intorno. Alcuni dicono che sia d'obbligo l'antipasto misto di crostini salumi e formaggi con piadina calda e polenta. Ma io non mi farei sfuggire i primi a base di pasta fatta in casa: ravioli di zucca al formaggio di fossa, tagliatelle ai fiori di zucca o al ragù di salsiccia, gnocchi all'anatra. Per non parlare dei nostri spiedini e costine di maiale alla brace, l’arrosto di coniglio al finocchietto selvatico o la pasticciata di manzo. www.lalocandadelgelso.it

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STUZZICARE IL PALATO Un tour enogastronomico, realizzato in un ambiente caldo e accogliente, in cui in tavola arrivano piatti e vini selezionati di ROBERTA DE TOMI n’ampia scelta di vini e grappe speciali, piatti con cui stuzzicare il palato e la cioccolateria: è un vero tour enogastronomico quello offerto dall’enoteca Le vie dei Canti a Frascati, all’interno di una location intima e accogliente. «A parte qualche champagne – spiega la titolare Laura Coletti – la nostra cantina ospita etichette provenienti da tutta Italia, non mancano però i vini laziali e i prodotti della nostra regione nelle degustazioni». Ad affiancare la titolare nella gestione del wine e cocktail bar, sono le figlie Gaia e Giulia. Fondamentale è la selezione dei prodotti, che per quanto riguarda il vino spesso si orienta al biologico, implicando rapporti diretti con i produttori per effettuare la scelta migliore. Una modalità di operare che ha riguardato anche

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la selezione delle grappe. L’enoteca si distingue anche per la varietà della sua cucina. «Proponiamo un piatto fantasia – afferma – che può fungere sia da antipasto che da piatto completo e che comprende torte rustiche artigianali e salumi accompagnati da marmellate e miele. Ed è una recente novità la cioccolateria. La domenica proponiamo il brunch e nel pomeriggio facciamo degustare diversi dolci artigianali. Infine, ricordo che presto si concluderà l’allestimento della cantina che i nostri clienti potranno così visitare». leviedeicanti@gmail.com

L’enoteca Le vie dei Canti si trova a Frascati (RM)

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di VALERIA GARUTI

UN SEPARÈ DAL MONDO CAOTICO tramonti rosa della Roma tuscolana sono il motivo per il quale molti turisti internazionali si siedono ai tavoli di Severance neosteria, nata dal connubio di tranquillità e buona cucina. L’idea di partenza si rifà al desiderio di Paola Tomasiello di creare un luogo di separazione dal caotico mondo esterno, dove sentirsi a casa, staccare la spina e magari leggere qualche libro, navigare in internet o gustare qualche piatto accompagnato da un buon bicchiere di vino. «All’inizio il progetto era ancora acerbo – spiega la proprietaria Paola Tomasiello –. Severance ha preso vita solo quando ho reincontrato il mio socio e marito Angelo De Vita, scenografo e mio compagno all’istituto d’arte di Salerno».

Un luogo giovane e in controtendenza, dove il gusto e la tranquillità si fondono dando vita a idee originali

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Le loro condivisioni artistiche si fanno sempre più profonde e fitte, così come l’amore per la cucina che, secondo i due chef, è legata a doppio filo alla creatività, ai colori, all’arte e non di meno alle tradizioni. Così si evolve e matura il rivisitato concetto di “neosteria”, Paola e Angelo danno vita a Severance con tanta dedizione e spirito di sacrificio. Un locale intimo ma ricco di attrattive, aperto dalla mattina presto fino a mezzanotte, dove si può trovare calore, libri, vini e ottimi piatti. Dalla colazione particolare al veloce ma sfizioso pranzo, passando per un aperitivo a regola d’arte, fino alla chicca dei due chef: la cena. «Offriamo piatti ricercati – precisa Paola Tomasiello – incentrati sulla qualità e sulla salute già dalle prime ore del giorno, con una selezione che va dalle piccole capresi all’olio evo, senza lattosio e senza glutine, agli autentici croissant francesi: solo ottimo burro, bandita la margarina, rigorosamente senza uova e a lunga lievitazione. Il tutto accompagnato dal nostro caffè che, dicono, è il più buono della zona». Le proposte, a un anno dall’apertura

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dell’osteria, sono state già premiate da Gambero Rosso Roma 2013, Ristoranti d’Italia Gambero Rosso 2013 e Roma nel piatto 2013. Riconoscimenti importanti che hanno portato ai due giovani titolari tanta, meritata, soddisfazione. «Nonostante l’attuale periodo sia difficile – aggiunge la chef – la nostra scelta è incentrata su qualità, territorialità e stagionalità. È una questione di etica: offrire ai nostri clienti prodotti locali e di stagione è la nostra filosofia. Penso che questo sia il momento adatto per investire nell’educazione al vivere bene, che per noi significa mangiare con gusto ma nutrendosi onestamente. Valorizziamo ciò che rischia di andare perduto e che, a causa dell’eccessivo spreco, è stato trascurato negli ultimi decenni, come l’attitudine ad acquistare solo prodotti di stagione».

Paola Tomasiello e Angelo De Vita di Severance neosteria di Roma

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www.severance-neosteria.com info@severance-neosteria.com

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FRITTI DI PIEMONTE di ROBERTA DE TOMI

on solo Langhe: il Piemonte è una terra di promesse mantenute, grazie alla varietà di proposte presenti sul territorio; e, tra la visita a una kermesse, un’escursione nel verde più noto o la capatina alle piste sciistiche di Artesina e Prato Nevoso, ci si concede una tappa per rifocillarsi con la cucina tipica. Si entra quindi alla trattoria Vecchio Mulino, dove il piatto eccellente è il fritto misto piemontese, che, spiegano i titolari Monica e Roberto Dho, «include dalle 25 alle 28 portate che prevedono ogni tipo di carne impanata e fritta, alternato a verdure cucinate con la stessa modalità. Dopo il sorbetto, seguono i dolci: semolini, amaretti,

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Diverse e gustose le proposte culinarie piemontesi, tra cui spicca il tipico fritto misto. E non mancano anche sapori meno noti, inseriti nel carrello di Monica e Roberto Dho pavesini alla marmellata, baci di dama, e frutti. In passato salato e dolce erano serviti insieme, noi invece abbiamo scelto di tenerli distinti». Il locale è conosciuto anche per gli antipasti: peperoni con bagnacauda, sformati di verdura con fonduta e la caratteristica polenta saracena con sugo di porri.Tra i primi, di rilievo ci sono i tagliolini longaroli, conditi solitamente con ragù di carne o tartufo nero o bianco. Molto ricca anche la cantina, con settanta etichette, di cui numerose sono piemontesi. «Per il fritto misto – precisano i coniugi Dho – è perfetto il Barbera fermo delle Langhe, anche se a chi preferisce i bianchi consigliamo un Cabernet. E per concludere il pasto si propone la torta di nocciola delle langhe con zabaione o la piemontese Bunette, a base di budino e amaretti». vecchiomu@libero.it

La trattoria Vecchio Mulino si trova a Niella Tanaro (CN)

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RIVISITARE LA TRADIZIONE di ROBERTA DE TOMI

Ricette di mare, e non solo, rivisitate grazie all’estro dello chef, che consiglia in abbinamento i vini dell’Etna, oggi sempre più richiesti. É il menu proposto da Nino Ardizzone

pochi chilometri da Taormina, sul Golfo di Letojanni, si affaccia un locale in cui il mare “arriva in tavola”. Protagoniste sono le ricette sicule annaffiate dai vini dell’Etna, in questo periodo molto richiesti, e presenti all’interno della cantina del ristorante “Da Nino”. «Tra le nostre specialità – afferma il titolare, Nino Ardizzone – abbiamo pesce crudo che comprende gamberoni rossi, scampi, gamberi e frutti di mare, che si sposano con un Castelluccio Miano. Abbiamo inoltre la catalana di aragoste, la cui ricetta prevede ingredienti come la rucola, la cipollina e il pomodorino. Altri due piatti forti sono le cozze gratinate e la parmigiana di pesce spada, con melanzana tipo imballino, abbinata con involtino alla ghiotta alla messinese, con capperi, pinoli, pomodorini. Infine, il piatto estivo più richiesto è la pasta con i ricci, servita a crudo e condita con un filo d’olio». Una rivisitazione delle ricette allo scopo di esaltarne la tipicità, come spiega Ardizzone: «Diversi piatti da noi proposti sono quelli della tradizione, ma reinventati. È il caso della catalana, che abbiamo semplificato eli-

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minando le patate previste nella ricetta originale. Inoltre, proponiamo la classica cassata siciliana, eccellenza della pasticceria dei fratelli Crupi, nella nostra versione senza glassa e con un ripieno di mandorle e cioccolato. E a proposito di dessert, squisita è la nostra torta di pistacchio di Bronte, che abbiamo affinato con gelato di pistacchio e fragoline di bosco di Maletto».

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www.ristorantedanino.com

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