Arnaldo Pomodoro 1955-65

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ARNALDO POMODORO 1955–65 A cura di / Edited by Luca Massimo Barbero



Arnaldo Pomodoro. Una tensione discordante

Arnaldo Pomodoro. A discordant tension

Luca Massimo Barbero


Tutto il mio lavoro resta non comprensibile se non si tiene conto di questo periodo, in cui è prevalente lo studio della materia, sia per conquistarla tecnicamente e saperla dominare e rendere leggera – come si dice – sia perché non intravedevo ancora sicuramente (o non potevo prima affrontare) il passaggio successivo dalla superficie alla dimensione, come dimensione maggiore, oppure mossa1.

Un Maestro internazionalmente noto come Arnaldo Pomodoro riserva a un occhio contemporaneo una sorpresa inventiva che risale alle sue origini, alla nascita di un universo plastico totalmente originale. Le opere raccolte in questo volume, protagoniste di questa occasione espositiva parigina, costituiscono una sorta di “carotatura” profonda, sensibile e rivelatrice del momento germinante della sua ricerca. Il percorso corrisponde a uno “scavo” antologico di un decennio vissuto in grande velocità di sperimentazione, compreso tra i primi importanti riconoscimenti espositivi e critici della metà degli anni cinquanta e la piena affermazione internazionale, culminante nel 1965 nell’ampia mostra personale alla Marlborough-Gerson Gallery di New York. Gli esordi custodiscono le radici delle sue geometrie scavate e corrose, ma soprattutto le prime straordinarie prove di quel segno-scrittura che rappresenta uno degli apporti più personali di Pomodoro allo sviluppo della scultura del Novecento. Come ha sottolineato Arturo Carlo Quintavalle, che per primo ha avviato lo studio di questa stagione: “se dagli anni cinquanta […] si escludono le opere piccole come prodotti di oreficeria e le altre vengono considerate prodromi, pezzi che preparerebbero le ‘vere’ sculture, quelle dal 1960 circa in avanti, si elimina dalla esperienza dell’artista un capitolo di storia tanto determinante quanto eccezionale per qualità, invenzione e novità e dalla cultura artistica degli anni cinquanta, un lavoro importante e profondamente innovativo”2. Ed è significativo che questa originalità iniziale venga all’epoca compresa da collezionisti di rilievo internazionale come Peggy Guggenheim, che si interessa al suo lavoro dalla metà degli anni cinquanta3, o Joseph H. Hirshhorn, nella cui importante raccolta di scultura figura uno dei primi rilievi di Pomodoro, Fecondazione del 19534. Osservare questo periodo iniziale con uno sguardo allargato al 1965, quindi alle nuove dimensioni delle Colonne e delle prime Sfere, permette di comprenderne l’interesse e l’originalità all’interno di una continuità di ricerca, che riserva aspetti ancora poco indagati. Aspetti che rivelano scoperte utili a collocare in sviluppo cronologico il pensiero che sottende tutto il lavoro di questo maestro della scultura.

Fecondazione, 1953 argento e velluto, 29,5 × 15 cm silver and velvet, 11⅝ × 5⅞ in Washington, D. C., Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Smithsonian Institution Foto Archivio Arnaldo Pomodoro

Spilla, 1955 argento e pietra “occhio di tigre”, 8 × 4 cm ca. silver and “tiger eye” gemstone, 3⅛ × 1⅝ in ca. Foto Paolo Monti

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None of my work is comprehensible if this period is not taken into consideration, which is dominated by the study of matter, both to conquer it technically and to learn how to dominate it and make it light – as they say – both because I was still not sure (or had not previously been able to deal with) the subsequent transition from surface to dimension, as a greater dimension, or one in movement.1

An internationally acclaimed master like Arnaldo Pomodoro offers a creative surprise to the contemporary eye that goes back to his origins, to the creation of a completely original sculptural universe. The works gathered in this book, which play the lead role in this Paris exhibition, constitute a sort of deep “coring”, revelatory of and sensitive to the germinal moment of his artistic research. The display is like an anthological “excavation” of a decade of rapid experimentation, from the first great critical successes and exhibitions in the mid-1950s, through to his full international recognition, which culminated in 1965 in the sweeping solo exhibition at the Marlborough-Gerson Gallery in New York. The early works contain the seeds of his hollowed-out, corroded geometries, but more than anything they are the first extraordinary proof of the marks and writings that were to become some of Pomodoro’s most important personal contributions to the development of twentieth-century sculpture. Arturo Carlo Quintavalle, the first to study this period, pointed out that: “If we exclude from the 1950s [...] the smaller works, such as the jewellery items, and consider the others as premonitory signs that prepare the way for his ‘real’ sculptures, those from about 1960 onwards, we eliminate from the story of this artist a chapter that is as decisive as it is exceptional in terms of quality, innovation and originality. We also eliminate an important and profoundly innovative work from the artistic culture of the 1950s.”2 And it is significant that this initial originality should be understood by contemporary leading international collectors such as Peggy Guggenheim, who took an interest in his work from the mid-1950s,3 and Joseph H. Hirshhorn, whose important collection of sculpture includes one of Pomodoro’s first reliefs, Fecondazione [Insemination] of 1953.4 Extending this initial period to include 1965, and thus the inclusion of the new scope of his Colonne [Columns] and of the first Sfere [Spheres], allows to understand their interest and originality within a continuous line of artistic research, which still maintains relatively unexplored aspects. These reveal discoveries that help create a timeline of thought that underpins all the work of this great master of sculpture.

Lucio Fontana con Arnaldo Pomodoro all’inaugurazione dello studio di via Visconti di Modrone, Milano, 1954. Foto Paolo Monti Lucio Fontana with Arnaldo Pomodoro at the opening of his studio in via Visconti di Modrone, Milan, 1954. Photo Paolo Monti

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e il giornalista Marco Valsecchi, che presenta quello stesso anno la mostra dei 3P alla Galleria del Cavallino di Venezia8. Queste prime esposizioni e ricerche attivano significativi rapporti con collezionisti, critici, artisti e architetti, tra cui è interessante citare Luigi Moretti, fine indagatore del concetto di spazio in architettura e nelle arti visive e progettista fra i più originali del periodo. Moretti è un protagonista del dibattito delle arti attraverso la sua rivista “Spazio” ed è sia per la pittura sia per la scultura un contatto e un agitatore di quel mondo tra informel e art autre grazie alla sua amicizia e alla sua collaborazione professionale con Michel Tapié9. Rapporti e nomi che parlano di uno straordinario inizio espositivo tra Roma, Venezia e Milano, dove Arnaldo si trasferisce nel 1954 insieme al fratello, con cui apre uno studio in via Visconti di Modrone a pochi passi da quello di Lucio Fontana in corso Monforte. Come ha lui stesso ricordato: “Io e Gio’ siamo arrivati a Milano nei primi anni cinquanta. Ci ha accolto una città estremamente vitale, nel pieno della ripresa e della ricostruzione, dopo le devastazioni della guerra: il nostro primo riferimento, comune a tanti altri giovani artisti, è stato Lucio Fontana, che di tutti noi fu maestro”10. Milano è in quegli anni in veloce evoluzione tanto da diventare un luogo radiante della contemporaneità. “Città che sale” di boccioniana memoria, è una “città-cantiere” dove architetti, come Gio Ponti, Marco Zanuso o Luigi Caccia Dominioni, e artisti partecipano fianco a fianco alla “ricostruzione” di un mondo, alla messa in forma della sua immagine di centro della contemporaneità. In questo laboratorio irripetibile avviene un passaggio pionieristico e centrale tra un’idea ancora tradizionale di arte applicata e un’idea di oggetto d’arte progettato dagli artisti in una tensione a permeare del proprio segno e del proprio pensiero ogni aspetto della quotidianità. Una tensione di cui è stato precursore Fontana e che trova uno spazio deputato di dibattito e ricerca nella rinata Triennale, dove le più ardite sperimentazioni si incontrano tra arte, architettura e design. Ed è proprio la Triennale a riconoscere non a caso da subito, anche grazie alla mediazione di Fontana, l’originalità delle opere di oreficeria dei 3P11. Emblematico in questo contesto è l’incontro tra Arnaldo Pomodoro ed Ettore Sottsass jr, che è già architetto, ma ha anche un pensiero pittorico e progetta oggetti visivamente straordinari. Con Sottsass lo scultore condivide nel 1958 una mostra di “smalti su rame” alla Galleria Il Sestante di via della Spiga, che rispecchia pienamente questo aspetto di vitale originalità12. L’amicizia con Sottsass e con Fernanda Pivano apre inoltre a tutto un panorama letterario e artistico americano, con cui l’artista sente da subito affinità. La seconda metà degli anni cinquanta costituisce un momento particolare, di grande

Arnaldo Pomodoro all’inaugurazione della mostra alla Galleria del Naviglio di Milano, 1955. Foto Archivio Arnaldo Pomodoro Arnaldo Pomodoro at the opening of the exhibition at Galleria del Naviglio, Milan, 1955. Photo Archivio Arnaldo Pomodoro

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Catalogo della mostra “Gio’ e Arnaldo Pomodoro”, Galleria del Naviglio, Milano, 1955 Gio’ e Arnaldo Pomodoro, exhibition catalogue, Galleria del Naviglio, Milan, 1955


Catalogo della mostra “I 3P”, Galleria del Cavallino, Venezia, 1955 I 3P, exhibition catalogue, Galleria del Cavallino, Venice, 1955

The first collectors7 of these “pensive ornaments” included such personalities as Igor Stravinsky, who took part in the opening in Rome with interest and appreciation, and Gianni Mattioli, whose important collection documents what happened in Italian art from Futurism onwards in a careful, complete, and comprehensive manner, as well as the journalist Marco Valsecchi, who organised the 3P exhibition at the Galleria del Cavallino in Venice later that year.8 These early exhibitions and studies led to important contacts with collectors, critics, artists, and architects, among which is worth mentioning Luigi Moretti, a refined investigator of the concept of space in architecture and in the visual arts, and one of the most original architects of the time. Moretti was at the forefront of the debate on the arts in his magazine Spazio and, thanks to his friendship and collaboration with Michel Tapié, he was both a contact and a firebrand for both painting and sculpture in the world between the informel and art autre.9 These relationships and names are indicative of the extraordinary beginnings in the exhibition world of Rome, Venice and Milan, where Arnaldo settled in 1954 with his brother, and with whom he opened a studio in the via Visconti di Modrone, just near Lucio Fontana’s one in Corso Monforte. As he himself recalls: “Gio’ and I arrived in Milan in the early 1950s. We were welcomed by an extremely lively city, at the height of the recovery and reconstruction after the devastation of the war: our first point of reference, as for many other young artists, was Lucio Fontana, who was a master for us all.”10 Milan was rapidly evolving in those years, in a blaze of modernity. “Città che sale” [The Rising City], reminiscent of Boccioni, it was one vast building site, where architects like Gio Ponti, Marco Zanuso and Luigi Caccia Dominioni as well as artists all worked conjointly on the “reconstruction” of a universe, shaping its image as the centre of all things contemporary. This unique powerhouse witnessed a crucial pioneering transition from a traditional idea of the applied arts to one of objects of art designed by artists striving to convey their actions and thoughts through every aspect of daily life. Fontana had been a precursor of this endeavour, which found the perfect place for debate and research in the renascent Triennale, where the most daring experiments in art, architecture, and design all came together. By no coincidence, and thanks in part to the intercession of Fontana, it was indeed the Triennale that discovered the originality of the jewellery made by 3P.11 Emblematic of this is the meeting between Arnaldo Pomodoro and Ettore Sottsass Jr, who was already an architect, but who had a painterly approach and designed visually stunning objects. In 1958 Pomodoro shared an exhibition

Catalogo della mostra “Arnaldo Pomodoro e Ettore Sottsass jr. Smalti su rame”, Galleria Il Sestante, Milano, 1958 Arnaldo Pomodoro e Ettore Sottsass jr. Smalti su rame, exhibition catalogue, Galleria Il Sestante, Milan, 1958

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L’opera di Arnaldo Pomodoro nel contesto espositivo e critico francese. Tracce per la ricostruzione di un dialogo

The art of Arnaldo Pomodoro within the French art exhibition and critical context. Piecing together the traces of a dialogue

Chiara Mari


Il primo intenso decennio di attività di Arnaldo Pomodoro, approfondito da questo volume e da questa mostra, riserva, come sottolinea Luca Massimo Barbero, aspetti ancora poco esplorati che aprono strade di ricerca sia sullo sviluppo interno della sua opera sia sul contesto internazionale con cui lo scultore è entrato in contatto dagli anni cinquanta. In questo panorama allargato di dialoghi con artisti, critici, galleristi e collezionisti, indagato soprattutto per quanto riguarda l’ambito americano, significativo è stato il precoce contatto con l’area francofona, compresa nelle dinamiche traiettorie di scambio tra Francia, Belgio e Svizzera. Questa mostra ci dà l’occasione per proporne una prima lettura, che partendo dalle esposizioni e dalle memorie dell’artista rintraccia a ritroso tutta una serie di collaborazioni che fanno emergere la partecipazione a un’interessante rete espositiva, di ricerca e di dibattito tesa tra Parigi, Bruxelles e Milano. Una rete che ci restituisce l’importanza di alcune figure e di alcuni “luoghi”, che riteniamo interessante riproporre all’attenzione degli studi. In un passaggio del libro L’arte lunga Arnaldo Pomodoro, in conversazione con lo scrittore e critico Francesco Leonetti, ha individuato la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1956 come il primo importante momento di visibilità internazionale per la sua opera e per quella del fratello Gio’: Abbiamo avuto un successo veramente inaspettato […]. Incontrammo mercanti belgi e americani. Così si iniziò a lavorare con una galleria bellissima, che allora si chiamava World House Gallery, Casa del Mondo dell’Arte, insomma, dove l’architettura d’interni era stata curata dall’architetto Kiesler. Così comincia il rapporto per te decisivo e tempestivo con collezionisti e mercanti americani? Esattamente. Ti compravano gli oggetti, o siete arrivati a un impegno? Ne avevano comperati e in più la World House Gallery volle stabilire un impegno di due anni: questo impegno si esaurì ma non ricordo bene perché… Lloyd non c’entrava ancora? Ne parleremo. Certo questa era una esclusiva solo per gli Stati Uniti. In Belgio invece incontrammo un signore che si chiamava Maurice d’Arquian, un uomo coltissimo, al quale tutto sommato devo molto. Aveva solo il difetto di non possedere denaro, mentre aveva invece molte iniziative… È stato mercante di Georges Mathieu, di Mattia Moreni, di Yves Klein, insomma di ottimi e bravissimi artisti. E anche lui collaborava con la Marlborough Gallery, tanto è vero che il nome mio e quello di mio fratello furono fatti da lui1.

Arnaldo Pomodoro a Notre-Dame, Parigi, 1957. Foto Archivio Arnaldo Pomodoro Arnaldo Pomodoro at Notre-Dame, Paris, 1957. Photo Archivio Arnaldo Pomodoro

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Arnaldo Pomodoro’s first decade of intense activity, which this publication and exhibition propose to explore, and as Luca Massimo Barbero also contends, continues to reveal hitherto unexplored aspects not only of the sculptor’s work, but also with regards to the international artistic context that he had, since the 1950s, become an integral part of. Within this varied landscape comprised of critical dialogues with artists, critics, gallerists and collectors, whose American influences have been the subject of much study, it is important to note that Pomodoro’s early contacts with the vibrant French-speaking art scenes of France, Belgium and Switzerland, were of equal importance. The present exhibition provides us the opportunity of delivering a first reading of this context which, through a history of exhibitions and the artist’s memories, outlines a series of collaborations that shine a light on Pomodoro’s role within a fascinating network of exhibitions, research, and debate that connected Paris, Brussels and Milan. This artistic web includes a number of art professionals and “venues” that we believe are worth further academic exploration. In a passage of the book L’arte lunga, during a conversation with author and critic Francesco Leonetti, Arnaldo Pomodoro affirmed that the Venice Biennale of 1956 was the first important moment of international visibility both for him and his brother Gio’: The success we had was truly unexpected […]. We met Belgian and American art dealers. That was how we started working with a beautiful gallery, which in those days was called World House Gallery, where the interiors had been curated by architect Kiesler. Was that how you started your decisive and timely relation with American art collectors and dealers? Exactly. Did they buy your pieces or did you get to the point of signing a deal? They did buy some pieces and the World House Gallery wanted to define a twoyear contract: however, this agreement ended but I don’t remember why exactly…

Arnaldo Pomodoro con il fratello Gio’ e Biagio Semprini a Parigi, 1957. Foto Archivio Arnaldo Pomodoro Arnaldo Pomodoro with his brother Gio’ and Biagio Semprini in Paris, 1957. Photo Archivio Arnaldo Pomodoro

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Lloyd had not entered the picture yet? We will talk about that. That contract, of course was valid only in the United States. In Belgium, however, we met a gentleman called Maurice d’Arquian, an extremely cultured person, to whom, in retrospect, I owe a great deal. His only flaw was that he had no money. On the other hand, he was full of initiative… He was the art dealer of Georges Mathieu, Mattia Moreni, and Yves Klein, all excellent and very clever artists. He also collaborated with the Marlborough Gallery and it was he who made my name and that of my brother.1



Catalogo delle opere

Catalogue of artworks


Giorgio Perfetti, Gio’ e Arnaldo Pomodoro, 1954. Foto Dino Sala Giorgio Perfetti, Gio’ and Arnaldo Pomodoro, 1954. Photo Dino Sala

Lucio Fontana con Arnaldo Pomodoro e Giorgio Perfetti all’inaugurazione della mostra “I 3P” alla Galleria del Cavallino di Venezia, 1955. Foto Guglielmo Visentini Lucio Fontana with Arnaldo Pomodoro and Giorgio Perfetti at the opening of the exhibition I 3P at Galleria del Cavallino in Venice, 1955. Photo Guglielmo Visentini

Orizzonte, 1955 argento e juta stuccata e patinata, 40,5 × 61 cm silver and plastered and coated burlap, 16 × 24 in

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Catalogo della mostra “Gio’ y Arnaldo Pomodoro” (Galería Bonino, Buenos Aires, 1957) con riprodotti in copertina I due lati di Habadon del 1955-1956 e all’interno Paesaggio con il sole in basso Exhibition catalogue of Gio’ y Arnaldo Pomodoro (Galería Bonino, Buenos Aires, 1957) with I due lati di Habadon, 1955-1956 on the cover and Paesaggio con il sole in basso, on a page inside the publication

Paesaggio con il sole in basso, 1955 argento e juta stuccata e patinata, 29,5 × 44,5 cm silver and plastered and coated burlap, 11⅝ × 17½ in

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La luna il sole la torre, 1955 argento e juta stuccata e patinata, 40,5 Ă— 50 cm silver and plastered and coated burlap, 16 Ă— 19â…? in

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Catalogo della mostra “Gio’ e Arnaldo Pomodoro” (Galleria del Cavallino, Venezia, 1956) con riprodotti La luna il sole la torre e Personaggio con eco del 1955 Exhibition catalogue of Gio’ e Arnaldo Pomodoro (Galleria del Cavallino, Venice, 1956) with La luna il sole la torre and Personaggio con eco, 1955

Mimmo Rotella, Lucio Fontana, una studentessa americana, Arnaldo e Gio’ Pomodoro alla Galleria del Cavallino di Venezia in occasione della mostra “Gio’ e Arnaldo Pomodoro”, 1956. Foto Archivio Arnaldo Pomodoro Mimmo Rotella, Lucio Fontana, an American student, Arnaldo and Gio’ Pomodoro at Galleria del Cavallino in Venice for the exhibition Gio’ e Arnaldo Pomodoro, 1956. Photo Archivio Arnaldo Pomodoro

La luna il sole la torre, 1955 argento e juta stuccata e patinata (particolare), 40,5 × 50 cm silver and plastered and coated burlap (detail), 16 × 19⅝ in

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Arnaldo Pomodoro al lavoro nello studio di via Visconti di Modrone, Milano, 1955. Foto Paolo Monti Arnaldo Pomodoro at work in his studio in via Visconti di Modrone, Milan, 1955. Photo Paolo Monti

Paesaggio con il sole, 1955 argento e juta stuccata e patinata, 60,5 × 80,5 cm silver and plastered and coated burlap, 23⅞ × 31¾ in

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Orizzonte, 1955-2012 argento e lastra di rame patinata, 50 × 130 cm silver and coated copper plate, 19⅝ × 51⅛ in

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