EUR Fotografia di un quartiere

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E42 EUR

FOTOGRAFIA DI UN QUARTIERE


In copertina: vista dell’Edificio del Ristorante Ufficiale da Palazzo della Civiltà Italiana

Progetto editoriale: Forma Edizioni srl Firenze, Italia redazione@formaedizioni.it www.formaedizioni.it Direzione editoriale: Laura Andreini Consulenza editoriale: Riccardo Bruscagli Redazione: Maria Giulia Caliri Livia D’Aliasi Valentina Muscedra Progetto grafico e impaginazione: Archea Associati, Firenze Elisa Balducci Vitoria Muzi Isabella Peruzzi Mauro Sampaolesi Fotolitografia: LAB di Gallotti Giuseppe Fulvio Firenze, Italia

© Francesco Innamorati © Francesco Moschini © 2017 Forma Edizioni srl, Firenze, Italia L’editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche non individuate. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore, fatti salvi gli obblighi di legge previsti dall’art. 68, commi 3, 4, 5 e 6 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Prima edizione italiana: dicembre 2017

Crediti fotografici: Archivio Storico Fotografico Eur S.p.A. – ASFEUR, pp. 4-241, 246 © Eur S.p.A. – Isabella Mundula, pp. 294, 295, 296, 297, 298-299, 300, 301, 302 © Leonardo Finotti, pp. 303, 304, 305, 310, 311, 314-315, 316-317 © Studio Maggi / Moreno Maggi, pp. 245, 248, 250, 251, 253, 254-255, 256-257, 258-259, 260, 261, 262-263, 265, 266, 267, 269, 270-271, 272, 273, 274, 275, 276, 277, 278, 279, 281, 282-283, 284, 285, 286, 287, 288-289, 291, 293, 307, 308-309, 312-313


E42 EUR FOTOGRAFIA DI UN QUARTIERE A cura di Francesco Innamorati



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← Planimetria generale E42, 1938

Presentazione Roberto Diacetti L’Eur: dall’E42 al Nuovo Millennio. Storia e storie delle diverse e alterne vicende progettuali Francesco Moschini

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Il Fondo Fotografico di Eur S.p.A. Francesco Innamorati

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LA GENESI DELL’E42

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L’Expo. Piano e progetto tra tradizione e innovazione L’officina E42. Maestri d’arte e d’architettura

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GLI ULTIMI ANNI, LA MODERNA POMPEI E I GIOCHI DELLA XVII OLIMPIADE Dal sogno all'angoscia. Metafisica dell’abbandono I giochi del boom. La ricostruzione morale L'ALTRO VENTENNIO. IL ROMA CONVENTION CENTER LA NUVOLA Il lotto M4. Nuove strategie all'Eur Teca, Nuvola e Lama. Tecnica e anima

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Bibliografia

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Biografie



“ Per realizzare grandi cose, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare; non solo progettare ma anche credere”. Anatole France Nobel per la letteratura nel 1924

L’Eur è un’invenzione, uno spazio fisico e concettuale che prima non c’era. Un luogo che incarna un sogno – l’Esposizione Universale di Roma – mai realizzato ma che in qualche modo esiste, talmente tanto da diventare una icona del Novecento, l’espressione moderna di una città che per certi versi si ferma lì e che oggi riparte da lì. Lo è, al netto di qualsiasi contrapposizione ideologica e ancorché incompiuta. Lo è perché, in quanto città, è di per se stessa depositaria di storia e vive di stratificazioni e di innesti. La pubblicazione di una raccolta del materiale fotografico di Eur S.p.A, ritrovato nei sotterranei di Palazzo Uffici e oggi per buona parte restaurato e conservato nell’Archivio Storico Fotografico della Società, arriva a pochi giorni dall’ottantesimo anniversario di Eur – la cui prima pietra è stata posata nell’ottobre del 1937 – ed è certamente un ulteriore modo di celebrare la ricorrenza e valorizzare il recupero e la tutela di un fondo fotografico unico. Diffondere attraverso le immagini la storia dell’Eur fin dalla sua costruzione non rappresenta soltanto la volontà di condividere un patrimonio artistico di grandissimo valore dopo il suo restauro, ma soprattutto di raccontare attraverso le immagini la nascita e lo sviluppo di un luogo significativo di Roma, anche per la sua identità. Una dimostrazione di come un moderno piano urbanistico fosse all’avanguardia non solo da un punto di vista architettonico e artistico, ma anche rispetto alla capacità comunicativa e alla forza espressiva di queste immagini. Il progetto di recupero di questo straordinario patrimonio fotografico è stata una sfida affascinante. Un’attenzione maniacale al coordinamento tra le diverse componenti umane, tecniche e scientifiche, ha permesso di vincerla. Esattamente come avvenuto con il Roma Convention Center La Nuvola, che oggi dialoga perfettamente con i palazzi progettati per l’Esposizione Universale sotto la guida di Marcello Piacentini, e che rappresentano il soggetto delle immagini di questo libro. Moderno e contemporaneo, architettura e arte in un solo scenario, unico al mondo. Gli ottanta anni dell’Eur portano in sé fin dall’origine un primato: il prevalere dell’idea di città, capace di coniugare nella visione di sviluppo funzionale le reti stradali, i complessi edilizi e gli spazi verdi, con le infrastrutture e i servizi, sull’episodicità del grande evento; la sistematicità contro lo spontaneismo. In questa ottica visionaria bisogna, dunque, immaginare e superare lo scontro tra due opposte tendenze, quella del conservatorismo e quella del progressismo, tornando a intendere anche attraverso le immagini che la raccontano, la modernità come libertà dalla retorica che troppo spesso ha imprigionato i cambiamenti. Roberto Diacetti Presidente Eur S.p.A.



L’EUR: DALL’E42 AL NUOVO MILLENNIO

L’EUR: DALL’E42 AL NUOVO MILLENNIO. STORIA E STORIE DELLE DIVERSE E ALTERNE VICENDE PROGETTUALI Francesco Moschini

← Palazzo Uffici, atrio del Salone del Pubblico. Panchina in marmo Calacatta Atrio del Salone del Pubblico

Roma: una città passata attraverso le diverse epoche storiche che l’hanno di volta in volta, quasi sempre, rimodellata, se si esclude quella ottocentesca così determinante per le altre grandi città, che a costo forse di irrimediabili perdite, per certi versi salutari, oggi possono svolgere un ruolo di metropoli. In una città come Roma ove nessuna cosa sembra poter avere inizio, ma semmai molte cose possono, se non finire, logorarsi sino a consumarsi, sia per i grandi mutamenti storici, politici e sociali, sia per la riflessione imposta dal confronto con un’eredità sempre ingombrante, il Moderno sembra aver ritrovato, attraverso i concorsi e le più rare occasioni di realizzazione, alti livelli di capacità figurativa. Nel secolo appena trascorso Roma si caratterizza per tre occasioni progettuali di grande respiro nella loro capacità di coniugare urbanistica e architettura, profondamente emblematiche: l’Eur, il Foro Italico e la Città Universitaria. Questi momenti rappresentano delle tappe particolarmente importanti per una prospettiva progettuale tesa a dare unitarietà a un esistente urbano riconoscibile nella dispersione e a una concentrazione edilizia priva di una equilibrata pianificazione. Nel dualismo teso tra speculazione e progettazione si può trovare una diversa forma di dialettica fondata sull’identificazione di parti contrapposte in quanto alcune giudicabili per il loro porsi come interessante fenomeno urbanistico, altre per il loro costituirsi come notevoli sia pur frammentari episodi architettonici. Entrambe le posizioni rappresentano alcuni fra i momenti più alti della ricerca urbana e architettonica sottesa nella dialettica tra la tradizione classica e la tradizione moderna. Per la sua collocazione storica l’Eur può definirsi un momento di passaggio tra un ordine classico reinterpretato come modello anziché come tipo e la possibile continuazione in una “tradizione” del Moderno, riscontrabile nella volontà di porsi come modello di astrazione in quanto destinato a rischiarare su di sé un ruolo di immagine progettata per dare enfasi all’Esposizione Universale che sarebbe dovuta svolgersi nel 1942. Come già era successo in un’altra parte di città compiuta come la Città Universitaria, dove Piacentini chiama a raccolta la cultura architettonica di quegli anni, anche se in maniera vincolante, nell’idea del ritorno all’ordine a cui tutti dovranno sottostare, si assiste a

una presa di coscienza dello spazio urbano nella sua valenza di “addizione” e di “completamento”. Al di là della forza espressiva comunicativa nonché retorica di Piacentini sarà per merito delle personalità più accorte, sempre tendenti a fuoriuscire dai ferrei vincoli imposti dal regime, che si avranno alcune tra le opere più straordinarie dell’architettura moderna a Roma. Sintomatici ed esemplari sono gli esiti architettonici di Adalberto Libera nel Palazzo dei Congressi, del gruppo BBPR, con il Palazzo delle Poste di Luigi Figini e Gino Pollini, se confrontati con il più contraddittorio Palazzo della Civiltà Italiana di Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano. Tutti comunque dovranno sottostare a quell’aurea monumentale cui aspirava il regime e che condizionava l’impianto urbanistico. Il rinvio dell’Esposizione Universale e le vicende belliche determineranno la perdita di parte del progetto originario e l’urbanizzazione delle zone limitrofe con criteri più spesso opportunistici piuttosto che in armonia con l’impianto preesistente. Gli anni del regime fascista sono descritti da una costante ricerca sospesa tra i continui riferimenti delle ricerche metafisiche e avanguardistiche e una perentorietà materica romana che rappresenta contemporaneamente sia i limiti sia le ambiguità di questo periodo storico. È innegabile però che l’impegno di una ricerca di nuove forme e di nuove “dimensioni”, per quanto siano ideologicamente limitate da una retorica di impostazione passatista e tentativi di speculazione architettonica con mire di controllo politico, abbia dato a una serie di architetti del tempo la possibilità di sperimentare le proprie convinzioni nonostante l’imbrigliamento di un regime che al di là delle imposizioni ha dato l’avvio anche a possibili forme di “riscatto” autoriale. Una sintesi delle problematiche e tematiche del Ventennio, sul cui esito c’è ancora molto da riflettere, è, a mio avviso, costituita proprio da quel progetto planovolumetrico per l’E42, nella redazione del quale si trovano a collaborare Giuseppe Pagano e Marcello Piacentini. L’immagine ellenistica di assoluto controllo sullo spazio, la compiutezza e l’intangibilità sul piano della forma, regalano all’Eur un carattere riconoscibile e circoscrivibile in sintonia con l’unitarietà di parecchi luoghi storici di Roma. L’Eur è quindi il luogo architettonico e urbanistico che rappresenta la storia moderna soprattutto di Roma; l’attuale e

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L’EUR: DALL’E42 AL NUOVO MILLENNIO

più distaccata lettura storico-critica rivela e riscopre l’importanza sia urbanistica che architettonica di tutto il complesso, per il quale il mantenimento e il controllo della forma urbana da un lato, e il restauro dei singoli edifici dall’altro, dovrebbe rappresentare un vincolo inderogabile e auspicabile. L’Eur rappresenta un caso particolare se confrontato alle espansioni oggi in atto. Oltre a riconoscere in esso il risultato positivo di una operazione mirata a creare una forma satellitare rispetto alla centralità della città romana, si può ritrovare in sintesi la capacità di programmare un insediamento contraddistinto tanto da una calcolata continuità quanto da una frammentarietà in grado di esaltare le singole emergenze architettoniche. Il primo a riscattare l’operazione Eur è Ludovico Quaroni: nel libro Immagine di Roma, pubblicato nel ’69, riconosce l’E42 tra i tre grandi momenti del fascismo che hanno avuto un esito concreto sul piano realizzativo, assieme alla Città Giardino di Giovannoni e al Foro Italico di Del Debbio e Moretti. Stranamente e sorprendentemente dimentica di citare l’operazione Città Universitaria. Mi sono chiesto se questa omissione fosse causata da un eccesso di discrezione, pur rappresentando questa importante parte di città un progetto straordinario realizzato chiamando a raccolta architetti di diversa estrazione, di diversa formazione e anche di diversa espressività. Forse, questa omissione, si giustifica perché in uno degli ultimi progetti, quello per la Manifattura Tabacchi, Quaroni, probabilmente rende troppo esplicito omaggio a questa sorta di cordone ombelicale che c’era tra lui e Piacentini. Non è un caso che nel progetto per la Manifattura Tabacchi, Quaroni chiamasse in causa l’impianto basilicale così come era stato pensato da Piacentini il progetto attorno a cui si attestavano le realizzazioni delle varie facoltà, da quello di Pagano a quello di Gio Ponti. Probabilmente c’è questa sorta di rimozione involontaria; ma a partire da questo riscatto dell’operazione Eur fatta per la prima volta da Quaroni, anche in una mostra dell’87, Guidoni si domanda perché ci fosse una sorta di rimozione moralistica nei confronti dell’operazione E42. Nel libro recentissimo di Fulvio Abbate Roma vista controvento, che raccoglie i suoi scritti più recenti, sono dedicati ben due capitoli a Roma e sicuramente non si discosta dall’idea pasolinia-

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na di un Eur reietto, abitato dalla borghesia sordida e in qualche modo dà un giudizio iconoclasta nei confronti di una parte di città così unica. In un allestimento a Katowice dell’Esposizione Universale che non era mai stato realizzato come allestimento in Italia se non per due letture di Albertazzi e di Gassman tra Firenze e Roma intorno agli anni ’50 e ’51, si confrontano due livelli di lettura contrapposti: da un lato l’idea della magnificenza civile restituita da grandi arconi, che si può dire mimano la magnificenza civile dell’Eur, dall’altro la folla di diseredati che occupa profeticamente la scena; Squarzina in un passo bellissimo scriverà “Questo popolo terrà qui le sue assise e la mano della moltitudine ritroverà il gusto solenne del giuramento sulla memoria di coloro che nei secoli hanno accettato la morte per dare alla patria una grandezza fittizia, giuriamo di non riprendere i lavori dell’Esposizione finché all’ultimo italiano non sia assicurata una vita libera e decente”. Ecco questo mi sembrava il miglior modo per introdurre questa idea della doppia anima tra la magnificenza civile restituita come dicevo dagli arconi a tutta altezza e la folla di diseredati, con i panni stesi, le seggiole sghembe, i tavolini malsicuri che in qualche modo riflette anche questa duplicità dell’Esposizione Universale. Esposizione Universale che è uno dei tre grandi interventi, come dicevo, in cui la città viene pensata per parti, per corpi separati con una propria riconoscibile unitarietà: il Foro Italico e La Città Universitaria, alcuni con confini, con limiti precisati, come nel caso della Città Universitaria, alcuni con limiti più sfrangiati come il caso dell’Eur o dell’operazione Foro Italico di Del Debbio. In questo riferimento è possibile restituire un’idea che è stata abbastanza sottovalutata ovvero quella di aver concepito nei vari passaggi, gli anni cruciali sono quelli tra il ’37 e il ’39 ma preceduti da alcuni fatti importanti, una sorta di città ideale. Una città ideale che ha i suoi prodomi, i suoi antecedenti nelle operazioni tra Francesco di Giorgio Martini e Piero della Francesca, le tavolette di Baltimora, di Berlino e di Urbino, e che sicuramente hanno influenzato l’Eur nella definizione della singolarità, dell’unicità, dell’unitarietà dei progetti realizzati.


L’EUR: DALL’E42 AL NUOVO MILLENNIO

Ma c’è anche un altro elemento che viene mutuato, e anche qui in maniera abbastanza sorprendente, da tutta la cultura del classicismo tardo settecentesco. Mi riferisco alla cultura rivoluzionaria su cui ha scritto pagine memorabili Kaufmann Gli architetti dell’Illuminismo, da Boullée a Ledoux. Ma che cosa viene assunto da Boullée e che cosa viene in qualche modo ribaltato rispetto alla poetica di Ledoux? Da una parte l’idea della circoscrizione in puri elementi geometrici, in una sorta di memoria dell’ideale del solido platonico, dall’altra addirittura con l’idea che un’architettura possa essere sepolta, all’interno di un’altra architettura, come faranno più recentemente Oswald Mathias Ungers nel Museo di Architettura di Francoforte, ma anche l’idea di un’architettura che invece che essere parlante come proponeva Ledoux, cioè vale a dire, con la possibilità di esprimere immediatamente all’esterno il senso, la funzione, di quello che si svolgeva all’interno, come la Casa del Guardiano delle acque o la Casa del Bottaio, etc., tutta l’architettura dell’Eur dovrebbe essere ascritta nella sfera dell’architettura del silenzio. Non è la memoria o la citazione alla canzone di Simon and Garfunkel ma è una definizione che ho trovato in un sorprendete articolo elogiativo del ’39 sul Corriere della Sera di Gio Ponti che per l’architettura dell’Eur si dovrebbe mantenere quest’idea dell’architettura del silenzio. Quindi l’iscrizione in un solido platonico perfettamente ricostruibile nella sua chiusura, nella sua definizione perimetrale di solido, con contorni molto precisi e molto definiti, e questo era un portato che veniva anche dalla sospensione temporale, un tentativo di sottrarre al consumo spaziale temporale così come possiamo vedere nelle opere di David. Argan ci ha insegnato che la costruzione attraverso queste linee diagonali permettevano l’iscrizione in una sorta di solidificazione, quasi di glaciazione dei movimenti, non c’è il preannuncio del movimento, c’è solo l’enfatizzazione dell’allusione al movimento, in una sorta di raggelamento di sospensione temporale. E questo ce l’hanno insegnato bene gli architetti dell’Illuminismo, per una volontà di sottrarre consumo spaziale temporale quasi a suggerire che queste architetture non fossero pensate per l’hic et nunc, non fossero pensate per quel luogo, per quel momento ma per delle generazioni possibilmente migliori a venire.

Alla fine del ’39, la situazione di sommovimento tellurico per permettere l’avvio della realizzazione dei diversi cantieri, fa pensare a quello che era un progetto, anche qui con la propria doppia anima, di un architetto straordinario dell’Illuminismo settecentesco inglese come John Soane, con l’operazione di riduzione a dimensione archeologica nel progetto per la Banca d’Inghilterra, dove in qualche modo lascia suggerire alcune affinità non trascurabili con l’idea della grande costruzione dei solidi platonici, ma ancora di più la definizione di quest’idea della città costruita secondo quella che più normalmente siamo abituati a definire come città analoga a partire dalla definizione aldorossiana. Questo montaggio si sarebbe detto in termini di avanguardie sovietiche “il montaggio delle attrazioni diverse” secondo la definizione di Viktor Šklovskij della scuola dei formalisti russi, dove la città appare montata in questo caso con tutte le architetture non di progetto, ma attraverso le vere architetture romane. Naturalmente c’è uno spostamento di prospettiva, perché quello che siamo abituati a considerare come montaggio di attrazioni in una sorta di idea di città analoga, siamo stati abituati a considerarlo soltanto all’interno di un capriccio come quello di Canaletto di Parma, dove vengono montati simultaneamente il progetto di Palladio per Rialto, Palazzo Chiericati oggettivamente realizzato a Vicenza, e un altro elemento di architettura costruito palladiana, cioè cose soltanto vagheggiate progettate e cose invece realizzate sia pure in una sorta di atopia, perché Palazzo Chiericati sta in una Piazza vicino al Bacchiglione, il fiumiciattolo di Vicenza, Ponte di Rialto sta sul Canal Grande. Ecco in questa sorta di contaminazione e dispersione temporale si ritrova la stessa dispersione temporale che si impone all’interno di quest’idea del progetto come montaggio di elementi diversi presenti nell’Eur. Trovo determinante il progetto per la “Mostra della Civiltà Italica” del gruppo BBPR – Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers – mandato nel ’35 a Ojetti. Credo che Vittorio Cini sia il primo a cavalcare questa idea di mostra della civiltà italica perché ravvisa nella compattezza parallelepipedea di questo manufatto, nell’idea della eterna temporalità – trattandosi di mostre che sopravviveranno, quindi non effimere – nell’idea del ricorso alla pianta centrale, quadrata, con la magia degli elementi ortogo-

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IL FONDO FOTOGRAFICO DI EUR S.P.A.

IL FONDO FOTOGRAFICO DI EUR S.P.A. Francesco Innamorati

Nel 2004 Eur S.p.A., in sinergia con la Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Regione Lazio, condivise un importante progetto di tutela e valorizzazione di uno dei più prestigiosi fondi archivistici fotografici esistenti: il Fondo Fotografico di Eur S.p.A. Questo rilevante impegno fu anche un’emozionante sfida, quella di riconsegnare al patrimonio culturale, direi internazionale, una prestigiosa collezione fotografica unica nel suo genere. Un’operazione che fu in grado di attivare non solamente un processo risarcitorio nei riguardi di un bene preziosissimo, ma anche d’innescare intellettualmente una riflessione su un momento ancora oggi ideologicamente “ingombrante” della nostra storia. A questa sfida si affiancò anche l’emozione di un ritrovamento fisico del materiale (casuale e imprevisto), riportandoci a un lavoro di chirurgica “archeologia moderna”, per la riscoperta e il riscatto di un patrimonio nel suo complesso distrattamente dimenticato. Ebbi la fortuna di riportare alla luce, nei sotterranei di quel Palazzo Uffici (che ancora custodisce la pietra fondativa dell’E42), una serie di misteriosi contenitori che nel tempo avevano per buona sorte custodito e salvato quest’archivio fotografico. Lo stato però di alcuni supporti si presentò alterato a causa della “corrosiva” umidità ambientale, e il particolare restauro fisico/ analogico/digitale effettuato con grande competenza nel 2005 dalla Società IMAGO ARTE, sotto il coordinamento della Direzione Generale dei BB.CC. Lazio ed Eur S.p.A., garantì la loro messa in sicurezza e successiva conservazione. Di questo fondo, costituito da 16.218 pezzi, di cui 6.187 lastre fotografiche su vetro, 9.400 pellicole a colori e in bianco e nero e 631 diapositive a colori, solo 3.666 supporti rigidi furono oggetto di un particolare restauro conservativo analogico e digitale di qualità. Il corpo più consistente dell’intera collezione è rappresentato dalle campagne fotografiche ufficiali degli studi Vasari e Cartoni che, dagli anni ’20 agli anni ’60, hanno ritmato con efficace puntualità la frenetica realizzazione dell’ex Esposizione, la sua silenziosa agonia e il suo successivo rinascimento. Vanno altresì ricordate le importanti riprese aerofotografiche della Società S.A.R.A., di quella Aeronautica Nazionale e della

R.A.F. che, unitamente all’impegno militare, hanno illustrato con grande suggestione la genesi e lo sviluppo dell’intero complesso espositivo, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa raccolta d’immagini, per lo più in bianco e nero, è stata recentemente integrata dalle bellissime istantanee di Moreno Maggi che ha raccontato impeccabilmente la nascita e le fasi realizzative del Roma Convention Center La Nuvola. Il materiale archivistico mette a fuoco in buona parte la nascita dell’ex Esposizione Universale di Roma e la realizzazione delle opere permanenti, con le viste dei diversi cantieri, degli apparati decorativi a corredo degli edifici e delle aree espositive e di quelle sistemazioni paesaggistiche che avrebbero rappresentato la “cornice” verde della rassegna romana. Gli scatti fotografici documentano inoltre quegli imprescindibili passaggi istituzionali nei diversi cantieri dell’E42, da parte delle maggiori personalità politiche nazionali e straniere del tempo, a testimonianza anche del carattere fortemente propagandistico del regime. Visite ufficiali, spesso coincidenti con l’ultimazione d’importanti opere o prossime alla loro inaugurazione, anticipate da presentazioni cinematografiche dell’istituto LUCE e da campagne promozionali governative sul grande evento espositivo. Questo fondo è dunque un racconto che ricostruisce una vicenda storica, politica, sociale e artistica di un pezzo importante del Novecento italiano, con tutte le sue ambizioni, i suoi sogni, ma costellato anche di grandi sofferenze e contraddizioni. Uno spaccato della società di quel tempo e del suo garbato gusto che, oltre alla sua immagine patinata, fa emergere prepotentemente, in questi frammenti fotografici, anche il duro lavoro e un grande impegno industriale e professionale. La fotografia s’inserisce quindi perfettamente all’interno di quel particolare contenitore sperimentale che fu l’E42, assumendo un valore interdisciplinare di grande efficacia e validità alla stregua delle più celebrate discipline come l’arte, la scienza, la tecnica e le virtù umane. Le immagini, che riguardano in particolare la fase costruttiva del complesso monumentale, si spingono in profondità all’interno di quell’autarchica sperimentazione che si traduce nell’eleganza e nella competenza progettuale di grandi maestri e nella

← Vista di un ufficio ordinario a Palazzo Uffici

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IL FONDO FOTOGRAFICO DI EUR S.P.A.

capacità realizzativa di “scuole” professionali e artigianali oramai quasi scomparse. La fotografia diventa perciò un fondamentale “attrezzo” del mestiere in grado di supportare tutte quelle altre rappresentazioni grafiche e tecniche, formando con esse un complesso manuale metodologico di conoscenza e corretta opera di manutenzione e valorizzazione patrimoniale. Il dettaglio della corretta posa in opera di una scalinata, oppure quello delle strutture in elevazione di alcuni edifici, che fanno emergere l’uso erudito delle tecniche antiche nella loro realizzazione, si palesano come strumenti didattici indispensabili di conoscenza e conservazione del futuro. Si riconoscono in queste testimonianze quelle eccellenti sinergie tra architetti e fotografi che, attraverso la scelta ora di opportuni “tagli” visivi, ora di “risonanze magnetiche fotografiche” su alcuni materiali e tecniche costruttive, consentono di rappresentare iconicamente al meglio il patrimonio e creare degli interessanti quaderni formativi. La capacità introspettiva del mezzo fotografico, dunque, “necessariamente indiscreta”, annulla il rapporto gerarchico tra idea progettuale ed esecuzione, consegnandoci un vocabolario di esperienze e di tecnologie applicate alle quali attingere per il nostro operare quotidiano. Il Fondo Fotografico di Eur S.p.A. consente inoltre una serie di spunti e riflessioni su differenti ambiti di analisi, da quella sociologica a quella antropologica rispetto a una società (e in questo caso a un pezzo di città) in continua mutazione e alla ricerca di una sua precisa identità. L’esplorazione a 360 gradi, che qui viene messa in atto attraverso l’obiettivo fotografico, è quella di far coincidere la testimonianza e la celebrazione quasi liturgica di un evento con la sua grammatica generativa, esibendo la parte più intima e forse più autentica di quella cultura e di quella civiltà. Un processo di contaminazione culturale che, attraverso la lettura di questi scatti, è reso ancora più manifesto dalla diversa capacità interpretativa e oggettiva dei diversi “maestri” che hanno praticato l’E42 e, soprattutto, da quella differenza professionale scaturita dai due fotografi ufficiali dell’Ente, Cartoni e Vasari.

Un rimando continuo tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro, tra esperienze diverse e confronti professionali forse aspri, ma mai disonesti. Il compendio archivistico di Eur vive proprio nella grande trasversalità del suo messaggio socio-culturale e nella cognizione di essere oggi quello che noi siamo stati, nel bene e nel male. Come direbbe autorevolmente Joseph Roth nella bellissima antologia Al Bistrot dopo mezzanotte “[...] non esiste l’illimitato e puro ‘avvenire’ così come non esiste nulla che vada definitivamente ‘perduto’. Nell’avvenire c’è il passato. L’antichità può sparire dai nostri occhi, ma non dal nostro sangue.” Come accennato all’inizio, quest’archivio fotografico si compone di circa 16.000 pezzi diversamente articolati. è chiaro che i supporti in vetro, al di là dei soggetti rappresentati, conservano un fascino e una valenza estetica più accattivante, oggi diremo vintage, ma nei negativi fotografici sono sicuramente concentrati quei momenti più paradigmatici della storia di questo quartiere. Quegli scatti che, forse proprio per la diversa natura del supporto, entrano più nello specifico delle diverse “storie” dell’Eur, risultando maggiormente significativi dell’evoluzione di questo brano di città. Anche le diapositive, questa volta a colori e di più recente utilizzo fotografico, riescono a catturare quella singolare contemporaneità di un territorio romano che fa della modernità il suo imprinting principale. Il patrimonio documentario che viene presentato in questo volume si pone quindi come un punto fermo verso quell’accrescimento culturale e quella conoscenza non più solo locale, ma necessariamente proiettata verso traguardi ben più lontani. Il Fondo Fotografico di Eur S.p.A., in perfetta sintonia con i programmi di sviluppo societario, coglie come aspetto cruciale l’insieme delle sfide poste oggi dall’era digitale e post digitale con particolare attenzione a quei punti di svolta nelle relazioni tra conoscenze diverse e modalità altrettanto diversificate della rappresentazione e della comunicazione. Questo breve saggio è dedicato a Giovanni Chiaramonte.

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Prospettiva della Porta Imperiale dell’E42, architetto D. Sanzone


IL FONDO FOTOGRAFICO DI EUR S.P.A.

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L'Expo LA GENESI DELL’E42

Nelle pagine precedenti: studio del Palazzo dell’Acqua e della Luce ↖ Piano alla quota d'ingresso del Palazzo della Civiltà Italiana →

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Modello di studio del Palazzo della Civiltà Italiana




LA GENESI DELL'E42

L’officina E42. Maestri d’arte e d’architettura

Il programma e l’impianto che avrebbe dunque consentito l’inaugurazione dell’Esposizione Universale e Internazionale di Roma il 21 aprile del 1942 – giorno Natale dell’Urbe e anno XX dell’Era Fascista – era oramai determinato e pronto al decollo. Tutti ai blocchi di partenza pronti a scattare allo start di Piacentini. Nel biennio ’37-’39 vengono banditi i cinque concorsi che riguardano gli edifici e i palazzi più importanti unitamente alle grandi aree dell’Expo. Le fasi di primo e secondo grado delle prove progettuali identificano da subito la filosofia che la commissione giudicatrice intende perseguire. È un’operazione chirurgicamente geopolitica che tende a spostare l’ago dell’affidamento verso quei gruppi o singoli professionisti schierati verso la corrente piacentiniana, e se possibile romani. Ma il buon Marcello, è artista anche nell’indirizzare una preferenza professionale attraverso un’apparente e democratico affidamento degli incarichi, utilizzando la rivista da lui diretta, “Architettura”, come strumento per dimostrare un’apertura verso stili e linguaggi architettonici

anche “moderatamente” contrapposti alla linea della “maggioranza”. Piacentini sa che lo scontro frontale non serve alla causa, anzi, ventilare una disponibilità democraticamente fascista di ascoltare renderà inefficace qualsiasi velleitaria posizione di presunta emarginazione o di conflitto verso il regime. L’architetto del Duce è un grande anfitrione, e sa come tenere salde le redini della questione, ancor di più la fauna che gravita vicino a essa, come i vecchi irriducibili rappresentanti del Sindacato Nazionale Fascista Architetti di cui peraltro Marcello Piacenti ne è autorevole direttore dal 1932. Ma entriamo nel terreno di gioco. L’immagine zenitale del cantiere nel 1939 si avvicina al miglior repertorio di Crali e Dottori messi insieme; un quadro di aeropittura entusiasmante che disegna fedelmente le emergenze e la struttura del piano. Le fasi di livellamento del terreno proseguono febbrilmente, le gallerie dei sottoservizi sono pressoché ultimate e si cominciano a intravedere le prime importanti opere permanenti. Il Palazzo Uffici è la prima presenza vitale

completata alla fine del 1939 e consiste nel piazzale mosaicato con la monumentale fontana luminosa collaudata nel 1942. L’opera è una delle poche scampate alla prova concorsuale, e viene affidata direttamente nelle capaci mani dell’architetto Gaetano Minnucci, scelto direttamente da Piacentini per progettare l’opera che dovrà rappresentare e condensare i caratteri, le tecniche e gli obiettivi dell’esposizione. Piacentini ha grande stima del collega marchigiano, uno dei grandi protagonisti del dibattito architettonico di quel periodo, ma tuttavia corregge con abilità il primitivo progetto di grande prisma rettangolare a quattro corti con un sistema composto da una sola corte monumentale e un corpo longitudinale aperto verso il Piazzale X della Porta Imperiale. Come non concordare sulla scelta che esibisce il primo biglietto da visita dell’E42 al visitatore venendo da Roma, secondo quel sentimento ecumenico che rimanda nel suo accogliente “abbraccio” di fede e di arte al gesto berniniano del famoso colonnato. Ma se è vero che, secondo il motto miesiano “God is in the detail” (“Dio è nel

← Montaggio della scalinata d'accesso alla biglietteria dell'E42, Palazzo Uffici

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Bibliografia

AA.VV., E42 Utopia e scenario del regime, Cataloghi Marsilio, Venezia 1987 M. De Vico Fallani, Parchi e giardini dell’EUR, Nuova editrice Spada, Roma 1988 F. Innamorati, C. Bertilaccio, Eur S.p.A. e il patrimonio di E42 “manuale d’uso per edifici e opere”, Palombi Editori, Roma 2004 A. Speer, M. Piacentini, S. Scarrocchia, L’architettura del totalitarismo negli anni trenta, Skira, Milano 2014 L’Esposizione Universale di Roma 1942, in “Architettura”, annata XVII, Fratelli Treves Editori, 1938 “Civiltà, Rivista bimestrale della Esposizione Universale di Roma”, anno I, n. 1, Valentino Bompiani Editore, 1940 Relazione sull’attività svolta nel decennio 1951-1961, Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma, Roma 1961 Leggi, decreti e provvedimenti 1936-1996, Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma, Roma 1996

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Biografie

Francesco Innamorati

Francesco Moschini

Roma, 1958

Bogliaco sul Garda (BS), 1948

Architetto, nel 1991 entra a far parte della Direzione Architettura Urbanistica dell’Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma. Dal 2000 è Responsabile del Servizio Progetti Architettonici e Autorizzazioni di Eur S.p.A., e dal 2016 è Responsabile dell’Area Progetti Speciali della stessa società. È autore di studi sulla conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico dei primi quarant’anni del Novecento, pubblicati sulle riviste “Domus”, “AION”, e “MdR quaderni della Soprintendenza Architettonica di Roma”.

Si è laureato nel 1975 nella Facoltà di Architettura di Roma. Attualmente è Professore Ordinario di Storia dell’Architettura presso il Politecnico di Bari. Nel 1978 ha fondato un centro di produzione e promozione di iniziative culturali, studi e ricerche denominato A.A.M. Architettura Arte Moderna di Roma, tuttora attivo. Ha curato numerose mostre con i relativi cataloghi, in Italia e all’estero. Dal 1 gennaio 2011 è Segretario Generale dell’Accademia Nazionale di San Luca.

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2017 da CPZ Group, Costa di Mezzate (BG) – Italia



ISBN 978-88-99534-48-6

€ 65,00


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