Human_Antony Gormley

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human antony gormley 103 forme antropomorfe in ferro a grandezza naturale installate al Forte di Belvedere, Firenze

Direzione artistica Sergio Risaliti A cura di Arabella Natalini e Sergio Risaliti



5 Prefazione Dario Nardella 9 Human: Antony Gormley al Forte di Belvedere Sergio Risaliti 21 Arabella Natalini intervista Antony Gormley Arabella Natalini 43 Figure umane: Human di Antony Gormley Andrew Benjamin 89 La Fortezza di pietra e la Fortezza di ferro Mario Codognato 105 Abitare il Forte Marco Casamonti 168 Opere 174 Esposizioni principali 178 Bibliografia essenziale 182 Ringraziamenti


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Human Antony Gormley al Forte di Belvedere I

Sergio Risaliti

Ti ho collocato come centro del mondo perché da lì tu potessi meglio osservare tutto quanto è nel mondo. Non ti creammo né celeste né terreno, né mortale né immortale, in modo tale che tu, quasi volontario e onorato scultore e modellatore di te stesso, possa foggiarti nella forma che preferirai. Potrai degenerare negli esseri inferiori, ossia negli animali bruti; o potrai, secondo la volontà del tuo animo, essere rigenerato negli esseri superiori, ossia nelle creature divine.

Giovanni Pico della Mirandola1

Solo due oggetti mi interessano: il corpo e lo spazio, o l’esperienza e l’estensione. Si può avvicinare la condizione umana solo in termini di architettura e corpo.

Antony Gormley 2

Fin dal Seicento, la città di Firenze è stata meta ideale per quei colti e ricchi viaggiatori che lasciavano le terre di Albione trascinati verso sud dal culto della bellezza e dell’armonia, prove incontestabili della discendenza divina dell’uomo e del suo primato creaturale al centro dell’universo. Sbarcati a Genova e a Livorno, attraversate le Alpi e poi gli Appennini, i sensibili ed entusiasti seguaci di quella fede trovavano nelle opere del Botticelli e di Michelangelo le prove necessarie a spiegare la teofania nell’arte figurativa e nell’architettura del Rinascimento: la supremazia dell’uomo, fatto a immagine e somiglianza dell’Altissimo, sulla natura. Di poi, lasciata la Toscana, quegli iniziati contribuivano al successo dell’estetica neo-classica e neo-platonica diffondendone i modelli dentro e fuori i confini dell’Inghilterra e dell’Europa. E così l’arte rinascimentale contribuì a suo modo all’affermazione planetaria della cultura e della società europea, con la sua tecnologia avanzata, con i suoi principi e valori fondati sul primato della Ragione, con le sue istituzioni politiche e religiose. La colonizzazione del mondo si servì anche del linguaggio dell’arte, dei suoi miti e dei suoi codici per imporre sul pianeta la supremazia dell’uomo occidentale. Il mito dell’uomo ideale e quello della città ideale, affermatosi tra il XV e il XVI secolo, esercita ancora oggi il suo fascino su quanti ripercorrono secoli dopo le tappe del Grand Tour e giungono ancora una volta a Firenze per ammirare il suo patrimonio d’arte e di architettura rinascimentale. Ai nostri giorni, il Grand Tour – termine coniato da Richard Lassels nel suo Complete Journey through Italy del 1670 – sopravvive e si riproduce in dimensioni quasi eccessive, e masse di turisti più o meno colti raggiungono Firenze, attratti dalle belle forme del David o dal misterioso significato della Primavera. Fortunatamente, grazie all’arte, la simpatia o empatia culturale tra i popoli non decresce anzi aumenta, e “l’amour de l’art”, secondo la celebre definizione di Pierre Bourdieu, aiuta a contrastare l’alienazione e l’intolleranza, il terrore e la diffidenza. In questa vicenda secolare, la sede espositiva del Forte di Belvedere s’inserisce in modo speciale e rappresenta un caso assai particolare di museo all’aperto dove godere dell’arte del nostro tempo. Si potrebbe quasi parlare del Forte come di un museo alternativo o di uno spazio contemplativo complementare a Piazza Signoria e alla Loggia dei Lanzi, che sono teatro di epifanie antiche come quelle dell’Ercole e Caco, del Perseo o del Ratto della Sabina, della Giuditta e del David. Infatti, la natura difensiva dell’edificio in quanto fortezza, pur evidente e percepibile nelle originali masse architettoniche e nei bastioni tanagliati, è stata soppiantata dalla funzione contemplativa. Ciò è essenzialmente il risultato di un modo di guardare e percepire l’arte e l’architettura di Firenze in termini di sublime e pittoresco, di grandioso e pressoché eterno, diffusa dal Seicento in poi e soprattutto nel Settecento. Fu il granduca Pietro Leopoldo I di Toscana (1747-1792), infatti, ad aprire democraticamente la terrazza, in modo che i suoi sudditi e i colti viaggiatori potessero affacciarsi su Firenze. Da allora nulla sarebbe cambiato se non in termini numerici. In questo senso va letto l’epiteto di Belvedere aggiunto al Forte. Da quando la villa-fortezza è stata trasformata in palcoscenico da cui godere lo spettacolo dell’eterna bellezza rinascimentale, risulta difficile, se non impossibile non farsi trascinare nel vortice della contemplazione, non essere vittime di emozioni sublimi, della fascinazione del pittoresco. Dopo piazza Santa Croce (dove Stendhal fu colto da malore di fronte a tanta bellezza), il Forte di Belvedere può essere annoverato tra gli spazi più idonei all’insorgere della sindrome che proprio dallo scrittore francese prende il nome. La presenza artistica in questa villa fortificata ha, pertanto, sostanzialmente una funzione maieutica: come nel mito della caverna platonica, l’arte dei nostri giorni può svelarci l’inganno scenografico della città ideale – così come quello dell’uomo

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Arabella Natalini intervista Antony Gormley

Leggere o ascoltare le parole di un’artista è un desiderio spesso condiviso Arabella Natalini: da studiosi, addetti ai lavori e dal pubblico che, frequentemente, va in cerca di didascalie e spiegazioni prima ancora di incontrare direttamente le opere. Sebbene il bisogno di indicazioni sia del tutto legittimo e comprensibile, a volte mi chiedo se non sia il sintomo di un fallimento dell’arte contemporanea che avvalora un atteggiamento passivo inibendo la nostra immaginazione e il nostro pensiero. Ciononostante, credo che le cose siano un po’ più complicate, e, mentre da una parte il tuo lavoro è così eloquente da non richiedere ulteriori spiegazioni, dall’altra penso che possa essere utile discutere la tua posizione rispetto a ciò che stai facendo. La mia impressione è che sei estremamente coinvolto nel tuo lavoro, ma, allo stesso tempo, sei capace di una visione distaccata del tuo processo creativo. Come giudicheresti la relazione tra le tue opere e le tue parole? Senti effettivamente l’esigenza di esprimerti ulteriormente o lo fai semplicemente arrendendoti alle continue richieste di chi ti sollecita a parlare del tuo lavoro? Antony Gormley: Ho sempre acconsentito a parlare non perché lo ritenga necessario o fondamentale per la comprensione del mio lavoro, ma perché la parola può far luce sull’impostazione, sui presupposti fondamentali, può illustrare quali siano le sfide e le responsabilità che sottendono l’ispirazione. Al contrario della pittura, la scultura non ha bisogno di pareti, né del riparo di un tetto; tra le diverse arti visive, la scultura è quella che si occupa di fornire una risposta collettiva in uno spazio collettivo. La scultura per sua natura e, in particolare, se posta in natura, invade uno spazio collettivo. Accetto e auspico dunque di poter analizzare la responsabilità sociale della scultura. Se tu sei il responsabile, colui che ha posizionato un’opera in un deserto, nel mare o sui tetti di New York, la gente potrà legittimamente domandarti quali siano le motivazioni che ti hanno portato a farlo. Accetto e desidero esaminare la responsabilità sociale della scultura. A parte questo, la mappa concettuale nell’arte è uno strumento. Così come possiamo recarci presso la bottega di un liutaio e comprendere meglio la natura del violino osservando come tale strumento viene effettivamente realizzato, effettuare un’analisi della struttura concettuale dalla quale scaturisce l’opera d’arte non è una cattiva idea, né per il pubblico, né per il sottoscritto. Parlare con te dell’idea alla base della mostra Human al Forte di Belvedere, prima dell’apertura della stessa, potrebbe aiutarmi a comprenderla meglio. La nostra conversazione ha avuto inizio prima che io installassi le mie opere, è probabile che la mostra risulti migliore del previsto, proprio in virtù del fatto che, parlandone, potrei aver affinato la mia comprensione di ciò che devo affrontare. Ovviamente tutta questa ekphrasis, questo parlare e riflettere sulle opere, potrebbe essere liquidato con un semplice: “se potessi spiegarlo a parole, non avrei bisogno di creare”. Voglio essere chiaro, non rilascio interviste per spiegare quello che le persone si troveranno probabilmente a osservare. Le opere nascono da un’urgenza che va oltre il mio controllo. In un certo senso, le opere si dettano da sole e ogni opera è la madre di quella che la seguirà. Sono le opere a dirci come vogliono essere realizzate, io e i miei assistenti siamo schiavi del loro determinismo. È vero che l’invenzione favorsice le menti ben predisposte. Ritengo che la mappa concettuale dalla quale scaturisce un progetto e la condizione fisica dello studio in cui tale progetto viene realizzato, siano due elementi chiarificatori, che meritano dunque di essere esaminati. Brancusi diceva qualcosa del tipo: “le cose non sono difficili da fare; difficile è mettersi nello stato mentale per farle”. Io ci credo. L’integrazione, avvenuta negli ultimi anni, tra immagine digitale, ingegneria e informatica, accompagnata dalla formazione di un gruppo di individui creativi, riunitisi in studio con l’obiettivo comune di sviluppare ed elaborare i diversi linguaggi della scultura, è stata uno strumento essenziale per il mio lavoro.

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Figure umane: Human di Antony Gormley

Andrew Benjamin

La mostra Human di Antony Gormley si colloca in un contesto specifico: il Forte di Belvedere a Firenze. Proprio allo scopo di posizionare su tale sito le sue opere, Gormley ha realizzato un modello in scala. È stata creata una replica della fortezza, progettata dall’architetto Bernardo Buontalenti e risalente alla fine del XVI secolo, nonché del paesaggio circostante. Tale riproduzione è stata essenziale nel determinare l’approccio da tenersi nei confronti del sito, al fine che fosse poi occupato da figure umane. Ogni figura umana permette all’umano di figurarsi. La scultura, in questo caso, ha una doppia valenza, è in primo luogo qualcosa di concreto ma è anche un’attività. La doppia valenza delle figure umane si dimostrerà decisiva. La realizzazione di un modello del Forte è stata fondamentale per poter comprendere, fin da subito, quali fossero le caratteristiche del sito e per poter pertanto capire cosa avrebbe comportato la sua occupazione da parte delle sculture. Queste ultime, da sole o in gruppo, non vanno esclusivamente a occupare lo spazio in cui sono collocate, ma, cosa ancora più importante, trasformano sia il singolo ambiente in cui sono posizionate che l’intero sito. Prima di occuparci di tale trasformazione e della questione fondamentale di cosa significhi per un luogo essere trasformato, è importante concentrarsi su quali siano le caratteristiche del sito stesso. Luogo storico, il Forte di Belvedere ha avuto diverse funzioni. È stato costruito come simbolo di potere della famiglia dei Medici; era il luogo che avrebbe permesso alla città di Firenze di essere governata anche sotto attacco, poiché qui avrebbe trovato rifugio la famiglia dei Medici. Un rifugio che è rimasto potenziale, che non è mai stato effettivamente sfruttato come tale. Si tratta dunque di un sito rimasto in attesa di esercitare la propria funzione e tale senso di attesa è una presenza forte. La storia è certamente importante, ma l’altro aspetto fondamentale che consente di comprendere meglio il luogo e il modo in cui le sculture sono posizionate al suo interno, è lo sguardo unico che questo offre su Firenze. Posizionato su un rilievo collinare, il Forte di Belvedere presenta la città di fronte come un’entità controllata e gestibile. Costruisce la città come se fosse lì per essere vista: come un modello dinamico. È significativo che, con il suo essere modello, vi sia un collegamento tra la natura modulare della città, così come appare dal Forte, e le opere che popolano il sito. Benché, ad esempio, la cupola del Brunelleschi sul Duomo mantenga un proprio significato visuale, anch’essa viene attirata in un campo visivo, in cui ogni elemento si colloca in relazione ad un altro. Si attua così una sorta di singolarità, nel senso preciso che la città assume una qualità singolare in virtù di questa energia unificante. È dinamica ma è lì e si può vedere. Viene a crearsi continuità, i giorni passano, la luce cambia, ma l’unità continua a essere ricreata e, ogni volta, rivela caratteristiche diverse e nuove. Dal Forte, Firenze è lì, davanti ai nostri occhi. Mentre la presenza del Forte, in quanto sito storico, deve essere riconosciuta, è ancora da affermare la sua presenza in quanto sito dal quale la città di Firenze, quale oggetto visibile, acquisisce la propria caratteristica unica. Le figure che popolano il Forte si affacciano su una Firenze singolare. Una parte integrante della loro potenza come opere d’arte – parte integrante, cioè, di ciò che queste figure consentono di rappresentare – è data proprio dalla loro presenza di fronte a ‘questa’ Firenze. Eppure tale giustapposizione è ben più complessa di quanto non appaia inizialmente. Una volta che Firenze assume ciò che, benché unico, viene continuamente ricreato sotto l’effetto della luce e del trascorrere del tempo, allora Firenze stessa come oggetto visuale viene via via ricreata in modo diverso. In senso generale, si crea differenza entro la continuità. In altre parole, elementi di differenza – e qui ‘differenza’ significa la modalità attraverso la quale il rapporto fra gli elementi che costruiscono l’oggetto-città cambiano col passare

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La Fortezza di pietra e la Fortezza di ferro Mario Codognato

La definizione e la rappresentazione di cosa sia l’essere umano attraverso la storia e le civiltà che si sono susseguite nei millenni, determina e costruisce la sua stessa essenza e i rapporti di potere e di convivenza tra gli individui. Il corpo, i suoi confini e i suoi limiti fisici e sensoriali costituiscono la base dell’esperienza di sé e del mondo. Le proporzioni, le necessità e le potenzialità del corpo umano ed il suo superamento costituiscono la base della cultura, della ricerca scientifica, dell’architettura ed ovviamente dell’arte. Anche l’iconoclastia, ridiventata così improvvisamente attuale nei territori occupati dall’Isis, in particolare con il suo rifiuto della rappresentazione del corpo umano che ha attraversato molte fasi storiche, ne rafforza per contrasto il suo ruolo e la sua centralità. Il corpo si estende dal suo interno e dalla sua interiorità al rapporto con gli altri corpi, costituendo la società, il corpo sociale. Il rapporto tra il proprio corpo e gli altri corpi costituisce la base della vita sociale. Il potere si costituisce e si definisce nel e attraverso il rapporto tra corpi.

cosa farei mai senza questo mondo senza volto né domande dove essere non dura che un istante in cui ciascun istante si rovescia nel vuoto nell’oblio d’essere stato senza quest’onda dove infine sprofonderanno insieme corpo e ombra cosa farei mai senza questo silenzio abisso di bisbigli furiosamente anelante il soccorso l’amore senza questo cielo che s’innalza sulla polvere delle sue zavorre

In una delle più celebri opere teatrali di Samuel Beckett, Lo Spopolatore, i protagonisti chiusi nello spazio claustrofobico e geometrico di un cilindro di cinquanta metri di circonferenza e sedici di altezza evocano l’idea di un’umanità intrappolata entro le maglie di un potere non riconducibile ad un unico centro d’irradiazione, ma piuttosto ad un’entità la cui natura funzionale si esprime attraverso una molteplicità e varietà di strategie che investono e assoggettano i corpi al fine di esercitare il controllo sulle diverse identità soggettive. La loro esistenza si esaurisce integralmente nel mondo dello spirito e i corpi, persa l’abituale posizione eretta, s’irrigidiscono in atroci posture: corpi collocati schiena a schiena con lo sguardo rivolto alle spalle, corpi rannicchiati, corpi immobilizzati in posizione eretta.

cosa farei mai farei come ieri come oggi guardando dal mio oblò se non sono solo a vagare e girare lontano da ogni vita in uno spazio marionetta senza voce fra le voci conchiuse in me

Samuel Beckett,

cosa farei mai senza questo mondo senza volto né domande in Samuel Beckett: Le poesie, Einaudi, Torino, 2006, p. 109.

Il lavoro di Antony Gormley acquisisce come punto di partenza per la sua ricerca artistica il corpo umano, come forma universale, basica e accessibile, in tutte le sue accezioni e come strumento di definizione e di investigazione tanto della soggettività quanto della collettività, e del loro imprescindibile e inestricabile legame. In questo senso, i casts (calchi n.d.r.) del suo corpo, ripetuto ogni volta e qualvolta, come i personaggi de Lo Spopolatore, in tutte le possibili posture, diventano ombre del percorso e del travaglio dell’umanità sulla Terra, al di là di ogni credo e di ogni geopolitica. Ridisegnano e rifocalizzano lo spazio espositivo, lo spazio urbano ed il paesaggio in relazione ed in contrasto con la territorialità e la caducità del corpo. Non è dunque una coincidenza se fra le dodici posizioni delle sculture della serie Critical Mass, disposte in fila per l’installazione Human al Forte di Belvedere, sono rappresentate le classiche posture di preghiera delle religioni musulmana, cristiana e buddhista. Al centro c’è una scultura in cui una figura umana, in un gesto di abbandono esistenziale, si tiene la testa fra le mani (vedi pp. 23 e 28). La resistenza dei materiali, dal ferro al marmo, dall’acciaio al piombo, contrasta con la fragilità delle ossa e dei muscoli del corpo ridisegnato e ripresentato nel contesto espositivo, non come celebrazione monumentale ma come catalizzatore dialettico e messa a fuoco della complessità e delle contraddizioni del mondo popolato e forgiato dall’umanità che simbolicamente rappresenta. L’uomo – cardine della sua ricerca estetica e concettuale – non è più fulcro dell’universo: è spaesato, fantasmatico, simulacro di apparizioni che restituiscono diversi stati d’animo. La matrice antropomorfa delle sue sculture è allo stesso tempo diametralmente opposta alla figuratività; non vi è alcun decorativismo di ordine naturalistico, anzi un’estetica primitiva in totale assenza di dettagli anatomici o fisiognomici. In una progressiva astrazione, i corpi di Gormley sono

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Abitare il Forte

Marco Casamonti

Osservando dall’alto l’installazione di Antony Gormley al Forte di Belvedere, oppure osservando una visione zenitale creata da Google Maps, lo spettatore potrebbe individuare centinaia di minuscoli corpi ferrosi disseminati su questa antica struttura difensiva, pensata quale conclusione di quella sequenza ascendente di strutture architettoniche, che inizia con gli Uffizi, posti al centro della città di Firenze, continua con Palazzo Pitti, quindi con il giardino di Boboli. La cinquecentesca costruzione fortificata rimanda la mente alla perfezione geometrica di un corpo stellare contundente disegnato dall’autore, l’architetto Bernardo Buontalenti, con eccezionale rigore grafico. Gli abitanti silenti, posizionati da Gormley, pongono quesiti e interagiscono con la struttura fisica della fortezza, sottolineano la violenza e i pericoli che attraversano la fine del sedicesimo secolo. L’artista ottiene tale risultato grazie a forme corporee che sono, esse stesse, trasformate in agglomerati di cubi, che divengono via via più disgregati e astratti. La scelta di non utilizzare una scala imponente genera figure che non dominano il paesaggio ma vi si immergono rendendolo abitato. L’intervento di Gormley anima una struttura difensiva che è andata trasformandosi in risposta all’introduzione di nuove e più evolute tecniche militari. Le mura difensive medievali, caratterizzate da barriere semplicemente perpendicolari, vengono sostituite con bastioni inclinati e potenti angoli acuti. Il progetto del Forte nasce sulla base sia delle precedenti ricerche effettuate dallo scultore, architetto e ingegnere Giuliano da Sangallo, sia dagli studi dell’artista, teorico dell’architettura e ingegnere militare Francesco di Giorgio Martini, attraverso Leonardo, che ne possedeva i manoscritti. In particolare tuttavia, il progetto prende altresì le mosse dalle visioni di Michelangelo; all’epoca capo ingegnere per le fortificazioni della città. Le idee di Michelangelo sulle strategie di come l’architettura dovesse rispondere alle traiettorie delle cannonate, sono esposte in una serie di disegni visionabili presso Casa Buonarroti; in tali documenti si nota come il rapporto tra il fuoco d’assedio e quello strategico difensivo incoraggiasse l’utilizzo di ridotte nascoste, proprio come realizzato nel Forte di Belvedere. Nel rapportarsi al contesto, Gormley ha messo in atto una strategia che ‘sdrammatizza’ il valore militare del forte contrapponendo una fila ascendente di dodici forme umane in pose differenti, all’apparente casualità di pile di corpi caduti e di singole opere che riprendono le stesse pose corporee. Nell’insieme, le opere offrono una riflessione, seria e ponderata sulla dialettica tra potere e denaro, tra violenza e bellezza. Gormley sottolinea la tensione insita nell’essenza stessa del luogo, un luogo deputato all’azione militare proprio di fronte a Firenze, che si mostra nella sua evidenza quale “culla di civiltà”. L’aver consentito il libero accesso al Forte ha dato vita a un “teatro del quotidiano” in cui l’opera risulta nascosta per poi essere rivelata nel momento in cui gli stessi spazi divengono luogo di esperienza pubblica, un’esperienza che si fa riflessiva grazie alla presenza di osservatori e testimoni silenziosi distribuiti in tutti gli ambienti del Forte. Le opere non vogliono mimetizzarsi né dominare il contesto. Il loro significato più profondo risiede nel mettere in discussione i principi stessi del Rinascimento e dell’Umanesimo, principi che si basano su leggi universali e che riguardano l’arte, la scienza, l’osservazione della natura e la visione della realtà. La prova dei fatti di fronte alla quale Gormley pone l’aspirazione alla grandezza della visione umanistica dell’uomo, quale unità di misura di ogni cosa, è un tentativo, da parte dell’autore, di prendere atto del fallimento delle promesse di una perfezione esistenziale, nonché un tentativo di misurare l’individuo prendendo in considerazione il particolare piuttosto che l’idea astratta di un uomo universale. Gormley introduce, in definitiva, una nota disarmonica, una frattura, presenta corpi caduti o in pose naturali da contrapporre alla figura umana ideale,

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Opere

Antony Gormley Human, 2015 Installazione di 103 forme antropomorfe in ferro a grandezza naturale, Forte di Belvedere, Firenze. L’installazione è composta da una selezione di Blockworks (2011–2015): 43 singole sculture in ferro e dall’opera Critical Mass II (1995): 60 elementi in ferro (12 singole pose ripetute); tutte di dimensioni variabili come elencate.

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Le opere sono elencate secondo l'ordine di apparizione nel catalogo. I numeri riportati in corsivo indicano le pagine in cui queste compaiono in primo piano.

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 12 di 12: 197.2x49.7x38.2 cm (illus. pp. 7 e 15) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 3 di 12: 81x47.6x65 cm (illus. pp. 7, 15 e 19) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 7 di 12: 152.3x50.7x76.2 cm (illus. pp. 7 e 172–173) Relief II, 2012 Ferro 33.5x198.5x42.5 cm (illus. pp. 16–17, 19 e 128–129) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 4 di 12: 108.8x50.3x119.1 cm (illus. pp. 16–17, 20, 38–39 e 40–41) Concern, 2014 Ferro 70x72.5x62 cm (illus. pp. 20 e 35)

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 9 di 12: 177.3x51.8x69.7 cm (illus. pp. 37, 46–47, 122–123 e 136–137)

Mean II, 2013 Ferro 40.5x102.5x67 cm (illus. pp. 56–57)

122.4x50.5x58.3 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 76–77, 82, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181)

Mean IV, 2013 Ferro 35x102x78 cm (illus. pp. 56–57)

Push XIII, 2015 Ferro 162.5x45.5x44.5 cm (illus. pp. 38–39 e 128–129)

Shed, 2012 Ferro 38x188x31 cm (illus. pp. 58–59)

Stump II, 2012 Ferro 116x44x103 cm (illus. pp. 40–41, 42 e 52–53)

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 11 di 12: 197.9x52x38 cm (illus. pp. 58–59 e 60–61)

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 7 di 12 (in progressione lineare): 152.3x50.7x76.2 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 72–73, 76–77, 82, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181)

Hunch, 2015 Ferro 185x43x31 cm (illus. pp. 40–41, 50 e 52–53) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 7 di 12: 152.3x50.7x76.2 cm (illus. pp. 44, 86–87, 92–93, 100–101 e 122–123) Contract, 2011 Ferro 45.5x48.5x161 cm (illus. pp. 48–49, 76–77, 107, 118–119 e 136–137) Guard, 2015 Ferro 189.5x42x41 cm (illus. pp. 48–49, 76–77, 107, 118–119 e 136–137)

Clamp III, 2014 Ferro 175x60x53.5 cm (illus. pp. 23 e 28)

Push XI, 2013 Ferro 170x47x45 cm (illus. pp. 48–49, 76–77, 107, 118–119 e 136–137)

Level II, 2011 Ferro 24x204x56 cm (illus. pp. 23 e 24–25)

Gaze, 2014 Ferro 190x47x30 cm (illus. p. 55)

Stop, 2014 Ferro 53x46x80.5 cm (illus. pp. 37, 122–123, 128–129 e 136–137)

Crease, 2015 Ferro 41x98x69 cm (illus. pp. 56–57)

Rest VI, 2013 Ferro 58.5x131x99 cm (illus. pp. 58–59, 62–63, 128–129 e 136–137) Test III, 2013 Ferro 95x49x58.5 cm (illus. pp. 58–59, 62–63, 128–129 e 136–137) Daze V, 2015 Ferro 181.5x38.5x45.5 cm (illus. pp. 58–59, 62–63, 128–129 e 136–137) Strand, 2012 Ferro 25.5x66.5x196.5 cm (illus. pp. 58–59 e 128–129) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 10 di 12: 192.6x50.2x45.5 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 172–173 e 180–181)

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 8 di 12 (in progressione lineare): 166.1x51.4x50.9 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 74–75, 76–77, 82, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 9 di 12 (in progressione lineare): 177.3x51.8x69.7 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 74–75, 76–77, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 10 di 12 (in progressione lineare): 192.6x50.2x45.5 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 76–77, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181)

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 11 di 12 (in progressione lineare): 197.9x52x38 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 76–77, 82, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 12 di 12 (in progressione lineare): 197.2x49.7x38.2 cm (illus. pp. 64–65, 66–67, 68–69, 76–77, 82, 128–129, 136–137, 172–173 e 180–181) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 1 of 12 (in progressione lineare): 51x54.8x109.2 cm (illus. pp. 66–67, 68–69, 70–71, 76–77, 128–129, 136–137 e 180–181) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 2 di 12 (in progressione lineare): 66.1x58.2x65.1 cm (illus. pp. 66–67, 68–69, 76–77, 128–129, 136–137 e 180–181) Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 3 di 12 (in progressione lineare): 81x47.6x65 cm (illus. pp. 66–67, 68–69, 76–77, 128–129, 136–137 e 180–181)

Critical Mass II, 1995 Ferro 60 elementi a grandezza naturale Dimensioni variabili Posa 5 di 12 (in progressione lineare):

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Bibliografia essenziale

Second Body (Galerie Thaddaeus Ropac Pantin, Parigi, 2015); testi di Guitemie Maldonado e William Forsythe. Antony Gormley intervistato da Hans Ulrich Obrist Room (Corbin & King, Londra, 2014); testo di Margaret Iversen Expansion Field (Zentrum Paul Klee, Berna, Svizzera, 2014); testi di Rebecca Comay, Peter Fischer e Andrew Renton Meet (Galleri Andersson/Sandström, Stoccolma 2014); testo di Maaretta Jaukkuri Another Time Mardalsfossen, (Mardalsfossen 2014); testi di Marit Wadsten, Eckhard Schneider. Antony Gormley intervistato da Be Andr States and Conditions (White Cube, Hong Kong 2014); testo di Huang Du. Antony Gormley e Richard Noble conversano

Antony Gormley: Aperture (Xavier Hufkens, Bruxelles 2010); testi di Frank Maes e Roger Penrose Antony Gormley (Tate Publishing, Londra 2010); testi di Martin Caiger-Smith One and Other: Antony Gormley (Jonathan Cape, Londra 2010); testi di Hugh Brody, Lee Hall, Darian Leader, Alphonso Lingis e Hans Ulrich Obrist Antony Gormley: Exposure (The Municipality of Lelystad 2010); testi di Karel Ankerman e Christophe Van Gerrewey Antony Gormley: Drawing Space (Museo d’Arte Contemporanea Roma; Electa, Roma 2010); testo di Anna Moszynska. Antony Gormley intervistato da Luca Massimo Barbero Ataxia II (Galerie Thaddaeus Ropac, Parigi 2009); testo di Rod Mengham

according to a given mean (Xavier Hufkens, Bruxelles 2013); testo di Jean Paul Van Bendegem. Antony Gormley e Mary Moore conversano

Antony Gormley (Kunsthaus Bregenz 2009); testi di Antonio Damasio, Yilmaz Dziewior e Marcus Steinweg

Meter (Galerie Thaddaeus Ropac, Salisburgo 2013); testo di Martin Caiger-Smith

Acts, States, Times, Perspectives (World House Editions, Middlebury, Connecticut; Edition Copenhagen 2008); testo di Poul Erik Tøjner

Model (White Cube, Londra 2013); testi di Antony Gormley e Michael Newman

Antony Gormley: Between You and Me (Kunsthal Rotterdam 2008); testi di Fernando Huici March e Rod Mengham. Antony Gormley intervistato da Pierre Tillet

Firmament and Other Forms (Middelheim Museum, Anversa 2013); testi di Antony Gormley, Frank Maes e Sara Weyns Still Being / Corpos Presentes, 2nd ed (Centro Cultural Banco do Brasil, San Paolo 2013); testi di Marcello Dantas, Agnaldo Farias, W. J. T. Mitchell e Luiz Camillo Osorio. Antony Gormley intervistato da Marcello Dantas Still Being / Corpos Presentes (Centro Cultural Banco do Brasil, San Paolo 2012); testi di Marcello Dantas, Agnaldo Farias, WJT Mitchell e Luiz Camillo Osorio. Antony Gormley intervistato da Marcello Dantas Horizon Field Hamburg (Deichtorhallen, Hamburg; Snoeck, Colonia 2012); testi di Stephen Levinson, Dirk Luckow e Iain Boyd Whyte Vessel (Galleria Continua, San Gimignano 2012); testi di Mario Cristiani e Mario Codognato. Antony Gormley intervistato da Mario Cristiani. Antony Gormley, Saskia Sassen e Richard Sennett conversano Antony Gormley: Memes (Anna Schwartz Gallery, Melbourne 2011); testo di Renata Salecl for the time being (Galerie Thaddaeus Ropac, Parigi 2011); testo di Pierre Tillet Horizon Field (Kunsthaus Bregenz 2011); testi di Yilmaz Dziewior, Eckhard Schneider, Martin Seel e Beat Wyss Still Standing (Fontanka, Londra 2011); testi di Margaret Iversen, Dimitri Ozerkov e Anna Trofimova IHME Contemporary Art Festival 2009 (Pro Arte Foundation, Helsinki 2011); introduzione di Paula Topplia. Antony Gormley intervistato da Paulo Herkenhoff

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Antony Gormley (Museo de Arte Contemporaneo, Monterrey, Messico 2008); testi di Jorge Contreras e Mark Cousins. Antony Gormley intervistato da Hans Ulrich Obrist Antony Gormley: Blind Light (Hayward Gallery Publishing, Londra 2007); testi di W.J.T. Mitchell, Susan Stewart e Anthony Vidler. Antony Gormley, Jacky Klein e Ralph Rugoff conversano Antony Gormley (SteidlMack, Londra 2007); testi di Antony Gormley e Richard Noble Antony Gormley: Bodies in Space (Bernhard Heiliger Stiftung, Berlino 2007); testi di Sabine Heiliger, Manfred Schneckenburger e Marc Wellman Fai Spazio prendi posto / Making Space Taking Place (Gli Ori, Pistoia; Associazione Arte Continua, San Gimignano 2006); testi di Achille Bonito Oliva, Mario Cristiani, Antony Gormley, Alphonso Lingis, James Putnam e Vincenzo Ruggiero Antony Gormley: Asian Field (Institute of Contemporary Arts Singapore; LASALLE-SIA College of the Arts, Singapore 2006); testi di Tsutomu Mizusawa e Eugene Tan (traduzione di Kikuko Ogawa) Antony Gormley: Breathing Room (Galerie Thaddaeus Ropac, Parigi 2006); testi di Michael Doser, Catherine Ferbos-Nakov, Antony Gormley, Ann Hindry, Marc Hindry, Paolo Molaro e David Quéré Intersezioni 2: Time Horizon (Parco Archeologico di Scolacium, Roccelletta di Borgia, Catanzaro 2006); testi di Bruno Corà, Alberto Fiz, Maria Grazia Aisa e Colin Renfrew Asian Field: Makers and Made (Hand Books, Londra 2006)


Antony Gormley: Inside Australia (Thames and Hudson, Londra 2005); testi di Anthony Bond, Hugh Brody, Shelagh Magadza e Finn Pederson

Critical Mass (Stadtraum Remise, Vienna 1995); testo di Andrew Renton. Antony Gormley intervistato da Edek Bartz. Passi scelti da Crowds and Power di Elias Canetti

Mass and Empathy (Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona 2004); testi di Paolo Herkenhoff e Maria Filomena Molder. Antony Gormley intervistato da Jorge Molder

Antony Gormley (Phaidon Press, Londra 1995); testi di Antony Gormley, John Hutchinson e Lela B Njatin. Antony Gormley intervistato da Declan McGonagle. Antony Gormley conversa con E. H. Gombrich

Broken Column (Wigestrand Forlag; Rogaland Museum of Fine Arts, Stavanger, 2004); a cura di Jan Inge Reilstad, testi di Stephan Bann, Trond Borgen, Kjartan Fløgstad e Siri Meyer

Learning to See (Galerie Thaddaeus Ropac, Parigi 1993); testo di Yehuda Safran. Antony Gormley intervistato da Roger Bevan

Making Space (Hand Books, Londra 2004), testi di Darian Leader, Andrew Renton e Richard Sennett. Antony Gormley intervistato da Jorge Molder

Antony Gormley (Malmö Konsthall; Tate Liverpool; Irish Museum of Modern Art, Dublino 1993); testi di Stephen Bann e Lewis Biggs. Antony Gormley intervistato da Declan McGonagle

Asian Field (The British Council, Londra 2003); testi di Hu Fang e Richard Noble. Antony Gormley intervistato da Sui Jianguo

Field (The Montreal Museum of Fine Arts; Oktagon, Stoccarda 1993); testi di Antony Gormley, Thomas McEvilley, Gabriel Orozco e Pierre Théberge

Antony Gormley: Standing Matter (Galerie Thaddaeus Ropac, Salisburgo 2003); testi di Norman Rosenthal ed Eckhard Schneider Antony Gormley (Centro Galego de Arte Contemporanea, Santiago de Compostela 2002); testi di Lisa Jardine e Michael Tarantino. Antony Gormley intervistato da Enrique Juncosa Antony Gormley: Workbooks I: 1977-1992 (Centro Galego de Arte Contemporanea, Santiago de Compostela 2002); testi e disegni di Antony Gormley

Antony Gormley (Louisiana Museum of Modern Art, Humlebaek 1989); testi di Richard Calvocoressi e Oystein Hjort Antony Gormley: Five Works (Serpentine Gallery; Arts Council of Great Britain, Londra 1987) Antony Gormley: Drawings (Salvatore Ala Gallery, Milano 1985) Antony Gormley (Salvatore Ala Gallery, Milano 1984); testo di Lynne Cooke

Antony Gormley: Drawing (The British Museum, Londra, 2002); testo di Anna Moszynska Some of the Facts (Tate St Ives, Cornovaglia 2001); testi di Iwona Blazwick, Stephen Levinson e Will Self States and Conditions (Orchard Gallery, Derry 2001); testi di Caoimhín Mac Giolla Léith, Brendan McMenamin e Declan McGonagle Quantum Clouds and Other Work (Galerie Thaddaeus Ropac, Parigi 2000); testi di Anne Hindry e Ian Tromp Antony Gormley (Phaidon Press, Londra 2000); testi di Antony Gormley, John Hutchinson e Lela B. Njatin. Antony Gormley intervistato da Declan McGonagle; nuova edizione con un saggio di W.J.T. Mitchell. Antony Gormley conversa con E.H. Gombrich Total Strangers (Verlag Hatje Cantz, Ostfildern 1999); testi di Antje von Graevenitz e Ingrid Mehmel. Antony Gormley intervistato da Udo Kittelman Gormley / Theweleit (Kunsthalle zu Kiel and Cuxhaven Kunstverein 1999); chiacchiera a tre fra Antony Gormley, Monika KubaleTheweleit e Klaus Theweleit. Introduzione di Hans-Werner Schmidt Making an Angel (Booth-Clibborn Editions, Londra 1998); testi di Gail-Nina Anderson, Stephanie Brown, Beatrix Campbell, Neil Carstairs, Antony Gormley e Iain Sinclair Still Moving: Works 1975-1996 (Giappone Association of Art Museums, Tokyo 1996); testi di Stephen Bann, Daniel Birnbaum, Antony Gormley, Tadayasu Sakai e Kazuo Yamawaki

Per l’elenco completo delle mostre e dei cataloghi si visiti il sito dell’artista: antonygormley.com

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Progetto editoriale Forma Edizioni srl, Firenze, Italia redazione@formaedizioni.it www.formaedizioni.it Realizzazione editoriale Archea Associati Coordinamento editoriale e redazionale Laura Andreini in collaborazione con Rosalind Horne, Antony Gormley Studio Redazione Valentina Muscedra Maria Giulia Caliri Beatrice Papucci Elena Ronchi

Grafica Elisa Balducci Vitoria Muzi Mauro Sampaolesi Traduzioni Ilaria Ciccioni Katy Hannan Simon Turner Fotolitografia Art and Pixel srl, Firenze, Italia Stampa Cartografica Toscana srl, Pistoia, Italia

Tutte le opere ed i render digitali © Antony Gormley Testi © gli autori Tutte le immagini sono dell’artista ove non diversamente specificato: © Elzbieta Bialkowska: cover, pp. 7, 15, 16–17, 19, 20, 28, 40–41, 46–47, 58–59, 66–67, 68–69, 72–73, 74–75, 76–77, 78–79, 82, 85, 86–87, 92–93, 94–95, 100–101, 103, 107, 112–113, 122–123, 126–127, 128–129, 131, 132–133, 136–137, 138–139, 140–141, 142–143, 144–145, 150–151, 156–157, 158–159, 160–161, 164–165, 167, 180–181. © Pietro Savorelli / Benedetta Gori: pp. 23, 24–25, 35, 37, 38–39, 42, 48–49, 50, 62–63, 80–81, 108, 110, 111, 114–115, 116–117, 118–119, 121, 125, 147, 148–149, 152, 153, 155, 163, 172–173. © Prudence Cuming Associates: p. 12. © Emiliano Cribari: pp. 52–53, 55, 56–57, 60–61, 104, 135. © Associazione MetaMorfosi, Roma; Fondazione Casa Buonarroti, Firenze - Foto M. Menghini: p. 106. Copertina: Antony Gormley, Human, 2015 al Forte di Belvedere, Firenze Risguardo (fronte): Mappa della collocazione delle 103 opere antropomorfe in ferro esposte all’interno del Forte di Belvedere, 2015 Risguardo (retro): Appunti dell’artista: mappa della collocazione delle opere per Human all’interno del Forte di Belvedere, 2015 www.gormleyfirenze.it

organizzazione

L’editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche non individuate. © 2015 Forma Edizioni srl, Firenze, Italia Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. Prima edizione: giugno 2015 ISBN: 978-88-96780-99-2

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human antony gormley Firenze, Forte di Belvedere 26 aprile – 27 settembre 2015

Direzione artistica Sergio Risaliti A cura di Arabella Natalini e Sergio Risaliti Promosso dal Comune di Firenze Con il supporto di Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins e White Cube, Hong Kong / London / São Paulo Organizzazione mostra e coordinamento Associazione MUS.E Direzione lavori Associazione MUS.E Federica Rotondo Once – Extraordinary Events

I curatori desiderano ringraziare Antony Gormley, per l’energia e la generosità i collaboratori dello studio Gormley, per il loro supporto e la loro professionalità e tutti coloro che hanno reso possibile questa mostra: Associazione MUS.E Galleria Continua e White Cube gli uffici e il personale dell’amministrazione comunale la Soprintendenza Speciale per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della città di Firenze Once – Extraordinary Events Archea Associati e Forma Edizioni le aziende coinvolte nell’allestimento

Responsabile allestimenti Associazione MUS.E Gabriele Fratini Once – Extraordinary Events

gli sponsor e le ditte che hanno contribuito alla mostra

Progetto strutturale GPA Ingegneria srl

Un ringraziamento particolare a:

Progetto grafico di allestimento Archea Associati Trasporti Mtec Comunicazione Associazione MUS.E Ufficio stampa Opera Laboratori Fiorentini – Gruppo Civita Salvatore La Spina, Barbara Izzo e Arianna Diana Galleria Continua Silvia Pichini

Giulia Contri e Mario Cristiani Laura Andreini, Elena Arsenio, Elisa Balducci, Andrea Batistini, Andrew Benjamin, Elzbieta Bialkowska, Andrea Bianchi, Massimo Billi, Philip Boot, Pamela Bralia, Pierpaolo Bruno, Daniela Carboni, Giovanni Carta, Marco Casamonti, Mario Codognato, Monica Consoli, Emily Constantinidi, Rita Corsini, Emiliano Cribari, Tamara Doncon, Giles Drayton, Lorenzo Fiaschi, Benedetta Gori, Francesca Grifoni, Ashley Hipkin, Rosalind Horne, Fred Howell, Adele Ippolito, Pierre Jusselme, Francis Lansing, Bryony McLennan, Marco Mino, Valentina Muscedra, Antonella Nicola, Alice O’Reilly, Leonardo Panci, Daniele Pasquini, Eleonora Perra, Ilaria Pigliafreddo, Barbara Rapaccini, Giacomo Ricci, Pierluigi Ricciardelli, Maurizio Rigillo, Pietro Savorelli, Silvia Tugnoli, Stefano Velotti, Dave Williams





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