Karim Rashid - From the beginning - Versione in italiano

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Laura Andreini Marco Casamonti

Karim Rashid from the beginning


in copertina photo © Mario Schmolka

progetto editoriale Forma Edizioni srl, Firenze, Italia redazione@formaedizioni.it www.formaedizioni.it realizzazione editoriale Archea Associati direttore scientifico Laura Andreini redazione Valentina Muscedra Maria Giulia Caliri grafica Silvia Agozzino Elisa Balducci Vitoria Muzi Mauro Sampaolesi traduzioni Ilaria Ciccioni fotolitografia Art & Pixel, Firenze, Italia stampa Forma Edizioni, Firenze, Italia

fotografie © Karim Rashid Inc. L’editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche non individuate.

© 2014 Forma Edizioni srl, Firenze Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. ISBN: 978-88-96780-60-2


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Collaborazioni nel mondo

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1960-69 (0-9 anni)

20

1970-79 (10-19 anni)

30

1980-89 (20-29 anni)

48 56

1990-99 (30-39 anni) Sandra Gering

70 78 116 132

2000-09 (40-49 anni) Klaus Nienk채mper Ross Lovegrove Vanna Meroni

146 164 180 204 208 216

2010-14 (50-54 anni) Agatha Ruiz de la Prada Paul Rowan Paola Colombari Claus Ditlev Jensen Mauro Porcini



Karim vive in 4 città diverse e lavora in 42 paesi; si divide tra New York, Belgrado, Miami, il Messico e tutta una serie di hotel sparsi per il mondo. Ha uno studio a Manhattan, uno ad Shenzhen. Si sposa due volte, dopo un primo matrimonio con la pittrice Megan Lang, durato dal 1995 al 2005, il primo settembre 2008 sposa, con cerimonia a New York e a Belgrado, l’ingegnere chimico Ivana Puric. Il 25 marzo 2013 nasce Kiva e Karim diventa per la prima volta padre. Fratello dell’architetto Hani Rashid e di Soraya Rashid, musicista e pittrice, Karim è noto per i suoi abiti bianchi e rosa e per i suoi eccentrici occhiali di design, firmati Alain Mikli e Sceye Sweden. Famoso inoltre per lo spirito provocatorio dei suoi interventi e delle lezioni, tenute in tutto il mondo, Karim è stato definito dalla rivista Time “l’Industrial Designer più celebre di tutto il continente americano”.



1960/1969 0-9

Dazzle | Karim Rashid per Glamora

“Ho capito quale fosse la mia missione nella vita all’età di 5 anni, a Londra. Me ne andai con mio padre in giro per l’Inghilterra a disegnare chiese; in quell’occasione mi insegnò a osservare, mi insegnò il concetto di prospettiva, adattandolo alla mia età, e che avrei potuto progettare qualsiasi cosa, che mi sarei potuto occupare di ogni aspetto del paesaggio fisico. Ricordo di aver disegnato la facciata di una cattedrale e di averne reinventato le finestre, perché la forma di quelle originali non mi piaceva. Ricordo anche di aver vinto un concorso di disegno per bambini durante il mio viaggio in nave da Londra a Montréal sulla Queen Elizabeth: in quel caso disegnai dei bagagli (ovvero la mia idea di viaggio)… Per tutta la mia infanzia non ho fatto altro che disegnare occhiali, scarpe, radio, case, ero come ossessionato da questi oggetti”.


1960/1969

Hani e Karim con la madre Joyce Rashid, Londra, 1964 | 4 anni

Continuò dunque a lavorare per la televisione… Per la televisione e il cinema. Nel 1967 ci fu l’Expo, probabilmente l’ultimo grande evento fieristico del suo genere, uno dei migliori, per il carattere utopistico che lo contraddistinse e per il ruolo cardine che ebbe. Credo che quell’evento abbia segnato l’inizio di una nuova era. Si percepiva, a livello collettivo, che il futuro sarebbe stato un luogo incredibile. Ricordo che il padiglione italiano era opera di Nervi, ricordo Buckminster Fuller e la cupola geodetica. Avevo sette anni allora… ma intuivo il senso del fantastico… Sette anni? Sì e mio padre ci portava in fiera quasi ogni giorno perché stava aspettando di iniziare il suo nuovo lavoro e aveva un paio di mesi liberi. Dunque eravamo degli habitué; ci interessava la tecnologia aerospaziale. Il padiglione russo era fantastico. Anche se eri un bambino, ricordi l’opera di Buckminster Fuller come la costruzione migliore e più interessante? Sì, era certamente straordinaria. L’abbiamo vista bruciare un anno e mezzo dopo, qualcuno la incendiò e, da dove vivevamo, potevamo vedere il fumo. Fu incredibile. C’era un progetto poi diventato notissimo chiamato Habitat, di Moshe Safdie che, per me e mio fratello, rappresentava molto in ambito architettonico; si trattava di un complesso residenziale costituito da elementi a cubo. Proprio qualche giorno fa, mi sono trovato a parlare del fatto che, negli anni sessanta, si guardasse al futuro con uno straordinario ottimismo oggi scomparso; non si per-

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cepiva questo senso di condanna nei confronti di un destino avverso, tipico dei giorni nostri. Ogni volta che si parla del futuro infatti, aleggia un certo pessimismo o addirittura un certo cinismo; gli stessi film ci presentano oggi quasi sempre un futuro cupo; negli anni sessanta, era il colore bianco a predominare, oggi il nero. Tutto in quegli anni era grandioso, tutto girava intorno al concetto di paesaggio, morbidezza, spazi organici. Tutti questi elementi, le sensazioni provate da bambino, le informazioni raccolte in quegli anni vengono assorbite, ecco perché… Ecco perché è importante la tua biografia e perché il libro sarà una sorta di racconto, ritengo infatti essenziale che, osservando le tue opere, si possa capire da dove provengono, da quale processo o percorso di vita possano scaturire i contorni delle tue creazioni… Vedi, se penso a cosa mi ha veramente influenzato, credo sia l’aver traslocato da Montréal a Toronto, l’essere cresciuti in una città come Toronto. Manca un dato, in questo convulso iniziale nomadismo familiare, per quanto tempo vi siete fermati a Montréal? Due anni, penso. Quindi ci siamo trasferiti a Toronto e quella è stata la città della mia adolescenza. Mi ricordo che a scuola, nella mia classe, tutti erano di paesi diversi. Il mio migliore amico era ceco, alla mia sinistra sedeva uno studente jugoslavo, dietro di me una ragazza del Pakistan, un polacco, un italiano. In una classe con venti ragazzi, tutti venivano da paesi diversi; il Canada può essere quindi ben definito come uno dei paesi più multietnici al mondo. Ora immaginati di crescere in tale contesto e vivere la tua infanzia spostandoti da una città

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0-9

Joyce e Mahmoud Rashid con Karim, Montréal, 1967 | 7 anni



1970/1979 10-19

Voxel | Karim Rashid per Abet Laminati

“Quando, nel 1977, venne il momento di iscriversi all’università, non sapevo neppure che esistesse la professione di designer industriale. Avevo tuttavia visitato la mostra “Italy: The New Domestic Landscape” al MoMa con la mia famiglia e sapevo, già allora, che avrei voluto progettare oggetti”.


1980/1989

Il motorino di Karim 1979 | 19 anni

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20-29 Karim, Toronto, 1977 | 17 anni

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1980/1989 20-29

Euphoria | Karim Rashid per Wall & Paper

“Da adolescente non sapevo cosa avrei voluto far da grande. Mi sono diplomato in anticipo, a 16 anni; al momento di iscrivermi all’università ero indeciso tra la facoltà di architettura, le belle arti e la moda. Feci inizialmente domanda alla facoltà di Architettura di Carleton ma la mia candidatura arrivò in ritardo e non trovai più posti disponibili. Mi risposero tuttavia, che avrebbero potuto inserirmi nel programma a indirizzo “Architettura” della facoltà di Design Industriale. Ho quindi iniziato a frequentare l’Università di Carleton con l’idea che avrei comunque studiato Architettura, ma non appena iniziai i corsi di Design Industriale, capii che quella sarebbe stata la mia strada”.


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1980/1989


Imax 3D glasses KAN Industrial Design for IMAX/Fujitsu, Canada

20-29

1986|26 anni

generale si dava importanza al “saper fare”, all’aspetto pratico piuttosto che a quello teorico; ma se c’era una cosa che avevo imparato all’Università di Toronto e che mi interessava veramente era il “pensiero”, il processo legato all’ideazione, cominciai ad applicare tali letture critiche al design industriale. Dall’altro lato, era interessante constatare come l’architettura all’opposto si fosse spostata molto di più sul fronte teorico, lasciando in disparte l’aspetto “costruttivo”. Il design industriale era profondamente legato al materiale. Mi colpiva quello che stava accadendo in architettura e avrei voluto che si seguisse lo stesso percorso per il design industriale. Così cominciai a insegnare teoria. Dopo un anno presso la RISD venni licenziato. Mi dissero che stavo insegnando teoria e non design, il che non era vero, fatto sta che non mi fu rinnovato il contratto. Quello fu un momento di svolta nella mia vita: avevo trentadue anni, avevo fallito e non sapevo cosa fare. Mi trovavo in una piccola città degli Stati Uniti. Providence era davvero un posto strano, su una riva del fiume c’era la Brown University e le sue strutture, sul lato opposto vi era un ambiente corrotto e dissoluto, c’erano tanti grandi magazzini dismessi, era un luogo molto pericoloso.

Canada Post Mailboxes Canada Post 1986|26 anni

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2000/2009

Schizzo, 1993 | 33 anni

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© Ilan Rubin

40-49



2000/2009 40-49

Kaos | Karim Rashid per Ceramica Cielo

“Sono molto onorato di aver ricevuto tre dottorati di ricerca ad honorem e di essere stato inserito nella Hall of Fame di Design Magazine. È sempre un onore ricevere dei premi, ma il maggior riconoscimento è poter ritrovare gli oggetti da me disegnati nelle case delle persone qualunque, è constatare la compiutezza di uno spazio, vedere che ciò che crei viene utilizzato e apprezzato. Il design è per la gente, non per i musei”.


Ti propongo due parole che in realtà rappresentano due questioni che sono al centro del dibattito contemporaneo sul progetto: tradizione e innovazione. Qual è il tuo pensiero in merito ai due termini? È possibile ritrovare elementi della tradizione insieme all’innovazione nel tuo operato? Che peso hanno l’una rispetto all’altra?

2000/2009

Diciamo che il termine “tradizione” suscita in me una sorta di preoccupazione, perché credo che ci impedisca di progredire. Mi spiego: il problema nasce quando la tradizione non è concepita come conoscenza, ma apprezzata come un atteggiamento nostalgico che ovviamente non può farci andare avanti, anzi, ci fa ricadere in antichi paradigmi; ritengo che per poter essere liberi e innovatori bisogna lasciarsi il passato alle spalle. La tradizione e l’innovazione possono convivere? Forse, ma non credo che questo sia l’approccio che adotto nel mio lavoro. In ogni caso, non ritengo che l’innovazione debba per forza essere di tipo radicale, deve essere un passo in più verso il progresso e l’evoluzione, un’evoluzione che raramente consente salti o fughe in avanti. Non credo di ricevere stimoli da ciò che è stato, anche se devo ammettere che in passato ero maggiormente legato alla storia. Quello che faccio oggi è il frutto di una serie di esperienze, io sono il prodotto dei miei cinquantaquattro anni di vita.

Orange & green Chess Set Bozart, USA 2002|42 anni

IDSA Industrial Design Excellence Award, Gold |2002

Tombino celebrativo, Millennium Manhole ConEdison, USA 2000 | 40 anni

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40-49 Dottorato ad honorem al Corcoran College 2005 | 45 anni

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Non posso rifuggire da queste esperienze, nemmeno ci provo, ma voglio comunque sentirmi libero. Ambisco ad essere un libero pensatore, ovvero qualcuno che esiste qui e ora, che si informa e trae ispirazione dal presente. Ho una teoria piuttosto semplice: tendiamo a essere derivativi o regressivi nell’ambito del nostro lavoro, a volte finiamo perfino per considerare l’esperienza del passato come esaustiva rispetto al presente, si tratta di un atteggiamento che accade comunemente, soprattutto nel mondo della moda, ci si guarda indietro e si discute come se si parlasse del presente. Il design è una critica alla condizione umana vissuta nel tempo presente, non può quindi lasciare spazio alla nostalgia anche se, come sappiamo esistono molte spinte al revival. Mi viene in mente un hotel, per cui ho disegnato la hall.

Kouch and Ouch Casamania, Italia

2000/2009

2009|49 anni

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Dove si trova?

40-49

A Tel Aviv. L’approccio progettuale, in questo caso, poteva essere simile a quello usato nel mondo della moda, potevo decidere di appendere un lampadario qui e aggiungere qualcos’altro di carino da un altra parte e via dicendo. Un approccio di questo tipo, a mio parere, è debole, non è veramente un approccio di tipo intellettuale, non svela alcun pensiero se non il gusto del già visto, del conosciuto. Viceversa, a mio giudizio, è necessario sempre conoscere e partire dalla condizione umana. Passo molto tempo in hotel, ho seguito e seguo riunioni in hotel, incontri di lavoro, vedo gli amici in hotel, uso le hall, mi siedo, parlo, lavoro e così via. Perché? Perché ci sono quattro sedie e un tavolino? Oggi tutto è noto, tutto è scontato. Potrei affermare conseguentemente che niente ha senso. Viceversa abbiamo iniziato a pensare a come svolgere una riunione in quell’ambiente, ho lavorato sull’acustica per poter garantire un ambiente più intimo, ho lavorato su tutta una serie di particolari per creare uno spazio maggiormente stimolante. Possiamo creare un ambiente più intimo e rassicurante e fare in modo che, le persone sedute nella hall possano non sentire ciò che avviene alla reception. Partendo da questa idea si potrebbe arrivare ad una estensione a livello visivo. Quindi nel progetto, in ogni progetto, non si tratta solo di proporre

Kant Stool Casamania, Italia 2008|48 anni

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2000/2009

High Heel Melissa, Brasile 2005|45 anni Scarpe decolletĂŠ dalla forma sinuosa, realizzate in plastica Melflex.

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40-49 Karim davanti al Melissa Shop a San Paolo, Brasile, 2005 | 45 anni

Aranha Sandal Melissa, Brasile

Dynamik shoe Melissa, Brasile

2005|45 anni

2006|46 anni

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2000/2009

La seduta Kurv™ e l’ottomana Kurvman™ sono progettate come un nastro flessuoso e sinuoso in legno, con imbottitura centrale; un nastro che conferisce una leggera elasticità alla seduta e allo schienale, garantendo il massimo comfort e un lieve effetto rimbalzo, ideale per il relax e per scaricare le tensioni accumulate. La forma dinamica ed ergonomica della sedia è pensata per garantire la giusta posizione di seduta in contesti diversi, dall’ufficio alla casa; lo spazio sottostante può contenere riviste o oggetti vari. Anche l’ottomana Kurvman si presenta come un nastro in legno ricurvo, anch’essa dispone di un vano sotto la seduta ed è progettata per essere abbinata alla sedia, come due membri della stessa famiglia. Entrambi i pezzi sono stati realizzati piegando un singolo pezzo laminato in legno d’acero, composto da dodici strati. Il processo di laminatura utilizzato è complesso, la curvatura realizzata in 5 passaggi porta l’arte stessa della piegatura del legno ad un nuovo livello.

Kurv Chair Nienkämper, Canada 2000|40 anni

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Klaus Nienkämper |manager Nienkämper Furniture & Accessories Inc.

Wavelenght Bench Nienkämper, Canada 2002|42 anni Wavelenght collection nasce dalla ripetizione di un modulo imbottito ondulato che reiterato più volte in varie dimensioni forma panchine, divani e poltrone.

© Nienkämper

© Nienkämper

“Questo è uno dei primi disegni del nostro divano a onda realizzati da Karim. Solitamente facciamo un primo incontro informativo, quindi Karim ci fornisce alcuni disegni preliminari; qualora si decida di procedere, ci vengono date tutte le specifiche tecniche e si realizza il prodotto. Questo progetto ci è stato richiesto da diversi musei di tutto il mondo ed è già presente in alcuni uffici e hotel in Europa e negli Stati Uniti”.

Klaus Nienkämper fonda la propria azienda nel 1968 e porta sul mercato canadese il mobile tradizionale europeo. L’azienda espone presso il Royal Ontario Museum nel 1973 e partecipa ad alcune mostre presso la Art Gallery of Ontario. Nienkämper studia design e merchandizing nella natia Germania, porta a termine un periodo di apprendistato triennale presso la Knoll International a Düsseldorf prima di trasferirsi e lavorare in Finlandia per uno dei principali mobilieri del paese, si trasferisce quindi in Canada nel 1960. È tra i fondatori di Design Exchange nonché membro onorario dell’albo degli interior designer dell’Ontario. Nel 2008, la Royal Canadian Academy of the Arts insignisce Klaus con la medaglia della stessa accademia, come riconoscimento per l’illustre contributo dato alla cultura canadese e come patron dell’arte e del design. www.nienkamper.com


2000/2009

Globalight Veuve Clicquot, Francia 2008|48 anni

Popai Gold Medal for Technics and Innovation |2009 Actualidad Economica Award for Best Ideas of the Year |2009

Loveseat costituisce una reinterpretazione contemporanea di un divanetto del XVIII secolo. È caratterizzata da due sedute contrapposte unite al centro da un piedistallo con un secchiello per il ghiaccio nel classico giallo Cliquot; si crea così un ambiente intimo in cui condividere un bicchiere di champagne o di vino. È una perfetta situazione per gli innamorati: una sedia speciale per due e un comune interesse da condividere al centro, la sensazione è quella di essere abbracciati da un fiore gigante. Il suo colore rosa e le sue curve femminili e la sua modernità audace offrono una diversa riflessione sulla tradizione. “Pink significa prodigalità di energia, bellezza e amore positivo per la vita. Loveseat è una festa frizzante di un grande champagne rosa, il mio preferito… Veuve Clicquot”. Karim Rashid

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Loveseat Veuve Clicquot, Francia 2006|46 anni Due grandi petali in plastica sono connessi attraverso un piedistallo cromato sormontato da un secchiello giallo per il ghiaccio a forma di pistillo.


40-49 Salone del Mobile, Milano, 2007 | 47 anni

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Frighetto (Estel Group) Italia www.estel.com

Blob Table Stool 2002|42 anni Sgabello in poliuretano integrale. Base fissa in acciaio cromato oppure girevole in acciaio cromato opaco con altezza regolabile.

Spline Chair 2002|42 anni


Kab Chair 2004|44 anni Poltroncina in poliuretano compatto disponibile nella versione laccata con gambe in acciaio laccato o completamente rivestita in cuoio.

Elegante seduta dal design sinuoso ed avvolgente. La scocca è disponibile in policarbonato trasparente, colorato bianco, nero, arancione, oppure rivestita in cuoio. Disponibile unʼulteriore versione imbottita, con la scocca in poliuretano ignifugo schiumato, con inserto in acciaio sagomato, il tutto rivestito in tessuto o pelle. La base può essere fissa a quattro gambe, oppure girevole a ragno, entrambe in acciaio cromato o verniciato epossidico bianco o nero. La poltroncina Kab è adatta sia per l’ambiente domestico della sala da pranzo che per prestigiosi uffici o sale riunioni.


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2000/2009


Swing Chair 2002|42 anni

© Ilan Rubin

40-49

Poltroncina girevole con struttura in acciaio modellata sulla sua sezione, rivestita di poliuretano espanso stampato. Disponibile in pelle e tessuto.

Questo è quello che penso, anche in merito al valore e all’uso della storia in generale, si tratta di un pensiero che si può e si deve applicare anche agli oggetti di uso comune; se tutti riuscissimo a lasciarsi andare di più avremmo un mondo popolato da oggetti estremamente più interessanti. Attualmente sto lavorando a un condominio nella zona di Harlem; esiste una cultura predominante in quest’area e, secondo i committenti, le mie idee sono troppo progressiste. È un commento comune, che tutti gli architetti o quasi si sono sentiti fare nel corso della loro carriera, la realtà è che gli edifici in oggetto risalgono agli anni trenta, sono stati costruiti in quegli anni. Mi chiedo perché si debbano realizzare per il 2015 degli edifici che assomigliano a quelli degli anni trenta. Quando sono stati costruiti, quegli edifici erano originali, dunque perché non possiamo creare qualcosa di originale anche oggi? Ogni costruzione dovrebbe rappresentare il momento storico in cui è stata realizzata. A mio parere non c’è modo peggiore di sprecare risorse, energia, intelligenza e denaro che progettare e costruire oggetti che sono solo una copia di quanto già realizzato in passato. Per me non ha proprio senso. Facciamo di nuovo un altro esempio. Vado a Brooklyn, a mangiare nel ristorante più in voga del momento a Williamsburg, è pieno di hipster e come sono gli interni del locale? Assomigliano a un bistrot francese della fine del diciannovesimo secolo. Ma se siamo davvero in un quartiere e in un locale definiti d’avanguardia, perché non ci troviamo in un contesto da 2014? Se è in cucina la nuova frontiera dell’innovazione, se i migliori chef cercano di creare qualcosa di innovativo, perché l’ambiente non deve trasmettere gli stessi valori ed essere all’avanguardia come la cucina?

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Poly Chair Bonaldo, Italia 2007|47 anni

Š Paolo Golumelli

2000/2009

Š Alberto Narduzzi

Poly sta per policarbonato, l’unico materiale utilizzato per questa sedia, realizzata tramite lo stampaggio ad iniezione con una pressa voluminosa e potente. Durante la progettazione, durata due anni, sono stati creati tre diversi prototipi allo scopo di ottenere il massimo livello di comfort unito ad una resistenza meccanica adeguata. Poly si distingue per le sue forme sfaccettate, anche se la sua immagine complessiva non fa pensare ad un oggetto spigoloso. Adatta sia ad ambienti esterni che interni, pratica grazie alla sua impilabilità . Proposta in diversi colori e finiture: opaca in bianco e nero vinile, trasparente, semitrasparente giallo limone e, ovviamente il colore preferito di Karim: semitrasparente rosa.

Gioia Casa Best Design |2007 Red Dot distinction for high design quality |2007 Good Design Award |2007

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Š Paolo Golumelli

40-49



2011|51 anni

Tu parli di esperienza, di tecnologia e del suo uso attuale. Ritengo sia interessante approfondire il tema dell’esperienza in relazione alla vita e all’intuizione dei singoli. negli anni hai lavorato per tante aziende diverse ed ogni azienda ha una persona a capo, un CEO. Sarebbe divertente e utile se confidassi con chi ti sei trovato più a tuo agio nel lavoro. Mi interessa conoscere non solo i progetti seguiti per le diverse aziende ma anche lo speciale rapporto umano instauratosi con le persone che lavoravano in queste industrie, credo cioè che dovremmo spendere qualche parola sulle relazioni personali tra te e i tuoi committenti. Penso a Guzzini, ad Artemide ai loro proprietari… Parliamo allora di Ernesto Gismondi. L’ho conosciuto che avevo appena ventitré anni, Artemide era per me un’azienda fantastica, non avrei mai pensato di poter, un giorno, progettare qualcosa per loro. Poi, sei anni fa, sono finalmente riuscito a incontrare e a parlare con Gismondi, gli ho detto che mi sarebbe piaciuto lavorare per loro e illustrai un paio di progetti. Gismondi è sempre stato ai miei occhi un uomo interessante, per via di quella sorta di diffidenza che ha sempre dimostrato nei confronti dei designer che hanno collaborato con lui. Da un lato ti ama e crede in te, percepisci il suo apprezzamento e il rispetto nei tuoi confronti, ma ha anche un tono inquisitorio, talvolta appare scettico, quindi è molto difficile capire cosa pensi veramente. È lui, è Gismondi, è fatto così e io lo adoro. Rapporti come questi sono estremamente affascinanti perché ti stimolano a fare sempre meglio. Forse è una tattica che Gismondi ha imparato negli anni: far sentire insicuri i designer per ottenere il meglio da loro. È un uomo molto intelligente, fenomenale. L’azienda ha una storia che dura da cinquant’anni, è tra i migliori marchi al mondo.

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Nearco Pendant Lamp Artemide, Italia

Empirico Pendant Lamp Artemide, Italia 2011|51 anni

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Artemide Italy www.artemide.it

Cadmo Floor Lamp Artemide, Italia 2006|46 anni Lampada da terra. Un foglio d’acciaio o vetro soffiato (Cadmo Vetro) avvolge e sprigiona nello stesso tempo una morbida luce indiretta verso l’alto e diffusa lungo l’apertura verticale della lampada. Le due sorgenti luminose alogene per emissione indiretta ed emissione diffusa, sono gestibili separatamente. Acciaio verniciato per il corpo della lampada e base ricoperta in acciaio inossidabile verniciato.

Gioia Casa Best Design |2007 Good Design Award |2007 iF product design award |2010 Red Dot distinction for high design quality |2010


Doride Floor Lamp Artemide, Italia 2009|49 anni

© Miro Zagnoli

Base in acciaio e struttura in metallo idroformato; griglia antiabbagliamento in materiale termoplastico. Un giunto lungo lo sviluppo verticale della lampada consente una rotazione fino a 350°. È possibile regolare l’emissione luminosa e farle assumere forme diverse nello spazio. Il regolatore di intensità è posizionato sullo stelo.

Good Design Award |2009 iF product Design Award |2011 Good Design Award |2012


Hellraiser Collection Alessi, Italia 2011|51 anni

2010/2014

Collezione di contenitori in acciaio inossidabile e acciaio colorato. La gamma comprende una fruttiera, un vassoio e un portaagrumi, tutti caratterizzati da forme geometriche cut out.

Interior Design Best of Year - Accessories |2012

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Š Emanuele Zamponi

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Oxford Porcelanas Brasile www.oxfordporcelanas.com.br

Caneca Knukles Colors, Quartier Squeeze, Shift Black and White, Moringa Glob

Š courtesy of Oxford Porcelanas

2010/2014

2013|53 anni

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50Coup Dust

© courtesy of Oxford Porcelanas

2013|53 anni

In occasione del sessantesimo anniversario della sua nascita, nel 2013,la Oxford Porcelanas, azienda brasiliana che produce articoli per la tavola, si è trovata di fronte alla sfida di dover lanciare una collezione che guardasse al futuro. La scelta di affidare la collezione a Karim Rashid è stata presa sulla base di una sinergia di valori. L’esigenza era quella di creare una linea per la casa che si presentasse pratica e accessibile; una collezione che potesse portare il design nella vita quotidiana della gente. È proprio questa la sfida che la squadra si è trovata ad affrontare. La visione industriale di Karim, in materia di produzione e distribuzione, su temi come l’ambiente e la sostenibilità, è stata fondamentale.

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AnestasiA Vodka Bottle AnestasiA Vodka, USA 2012|52 anni Bottiglia per vodka composta da una moltitudine di lastre di vetro per un look sfaccettato ispirato ai tratti spigolosi delle lettere V e K nella parola vodka.

Spark Communication Award |2012 MicroLiquor Spirit Awards Gold Packaging Design Award |2012 MicroLiquor Spirit Awards Triple Gold Medal |2012 iF Packaging Design Award |2013 Good Design Award |2013 PentAward Gold |2013


Koffy

Paris Baguette, South Korea

Paris Baguette, South Korea

2010|50 anni

2013|53 anni

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Eau Bottle

Red Dot Communication Design Award |2013 PentAward Gold |2013

Pentaward Silver - Beverages |2010

Dieline Packaging Award |2013

Red Dot Communication Award - Packaging |2010

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2010/2014

Karim Magazine Covers

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Questo volume è stato stampato nel mese di Marzo 2014, da Forma Edizioni, Italia.




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