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SEMINARIO INTERREGIONALE Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto 10 dicembre 2014 - Palazzo Chigi - Largo Chigi, 19 - Roma



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Roma – 10 dicembre 2014 Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto La scheda di EventiPA all’indirizzo http://eventipa.formez.it/node/34799

Sommario 1. Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto ............................................................... 1 2. Articolazione dei lavori ................................................................................................................ 2 3. I principali interventi .................................................................................................................... 3 I sessione .................................................................................................................................... 3 Tavola rotonda .......................................................................................................................... 10 Conclusioni ................................................................................................................................ 14 4. Le azioni di comunicazione ....................................................................................................... 16 Allegato I – Programma ................................................................................................................ 17 Allegato II - Partecipanti……………………………………………………………………………………18 Allegato III - Materiali pubblicati .................................................................................................... 19


1. Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto

Nell’ambito del supporto alla capacità istituzionale e amministrativa delle Amministrazioni centrali e delle Regioni dell’Obiettivo Convergenza, il Progetto Capacity SUD, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Funzione Pubblica e Dipartimento Politiche Antidroga, organizza un momento di confronto sugli interventi di policy nazionale e regionale per la promozione dell’inclusione sociale nella Programmazione 2014-2020. L’approccio è sia di tipo analitico, mediante una selezione e comparazione dei contenuti relativi alla Priorità di investimento 9i Inclusione attiva dell’Obiettivo Tematico (OT) 9 dei Programmi Operativi delle Regioni Obiettivo Convergenza e di alcune Regioni del centro-nord, sia di interazione e integrazione tra Amministrazioni di diverso livello e stakeholders. La logica del confronto si amplia dunque al coinvolgimento dei soggetti partenariali, coerentemente con gli orientamenti comunitari e le previsioni programmatiche a livello nazionale e regionale. Attraverso questo primo momento di confronto il Formez PA, in un’ottica di sistema, si propone di attivare un percorso che, con il coinvolgimento attivo delle Amministrazioni centrali, regionali e gli stakeholders, possa esplorare le opportunità di sviluppo di interventi innovativi nell’ambito dell’Obiettivo Tematico 9 - Inclusione sociale e lotta alla povertà (Promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione) - su specifici target. L’incontro si propone di condividere le esperienze e gli interventi dei programmi regionali in tema di inclusione attiva; rafforzare la collaborazione tra pubbliche amministrazioni e i portatori d’interesse; avviare una riflessione sulle azioni di sistema e di capacity building finalizzate al rafforzamento della governance per il miglioramento degli interventi di inclusione sociale.

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2. Articolazione dei lavori La prima sessione è introdotta da Patrizia De Rose, Coordinatore Ufficio Tecnico-Scientifico e Affari Generali del Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza Consiglio dei Ministri, cui segue l’intervento di Anna Gammaldi, Dirigente Politiche di Sviluppo e Fondi Strutturali del Formez PA , che presenta il progetto Capacity SUD e i lavori del seminario. Il seminario entra nel vivo con l’intervento di Ludovico Albert, Esperto del Formez PA, che con il suo intervento La programmazione 2014–2020: gli interventi di inclusione sociale nei PO regionali presenta opportunità e vincoli della nuova Programmazione in materia di inclusione sociale. Dopo questo intervento di scenario, il seminario prosegue con la Tavola rotonda moderata da Emanuele Caroppo, Esperto del Formez PA. Intervengono, raccontando il proprio ruolo, la propria esperienza e le aspettative rispetto al nuovo ciclo di programmazione: Luciano Squillaci, Forum provinciale del Terzo settore di Reggio Calabria e FICT Federazione Italiana Comunità Terapeutiche; Francesco Vismara, Comunità San Patrignano; Giuseppe Mammana, ACUDIPA Associazione Cura Dipendenze Patologiche; Pietro Fausto D’Egidio, Felice Nava, Guido Faillace e Alfio Lucchini, FederSerd Federazione italiana degli operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze; Pietro Fina, Regione Siciliana; Alberto Dattola, Regione Basilicata; Sonia Belvedere, Regione Campania; Umberto Paioletti, Intercear; Riccardo De Facci, CNCA Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza. Il seminario si chiude con le riflessioni conclusive di Patrizia De Rose e di Marinella Marino.

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3. I principali interventi

I sessione I lavori del seminario interregionale Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto (Roma, 10 dicembre 2014) si aprono con l’intervento di Patrizia De Rose, Coordinatore dell’Ufficio Tecnico-Scientifico e Affari Generali, Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza Consiglio dei Ministri. Il seminario ha una grande valenza in quanto è il primo di una serie di giornate seminariali sul tema delle dipendenze inserite in un progetto che il Dipartimento della Funzione Pubblica ha affidato al Formez PA, con il sostegno del Fondo Sociale Europeo, per preparare questa nuova fase dei Fondi strutturali. Per esercitare a pieno le funzioni di coordinamento e di indirizzo proprie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Dipartimento Politiche Antidroga deve dare priorità al recupero del rapporto con le Regioni e con la società civile, fondamentale per stabilire un confronto costante da cui far scaturire le azioni che riguardano la prevenzione e il contrasto delle dipendenze. Alle Regioni è affidato il pesante compito di organizzare tutti i servizi pubblici che si prendono cura delle persone che sono colpite da varie forme di dipendenza ed in questo le Regioni sono affiancate dagli organismi del partenariato sociale, che svolgono un ruolo altrettanto significativo nella presa in carico dei soggetti vulnerabili. Il seminario Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto nasce proprio da una forte esigenza di condividere la strategia di intervento del Dipartimento, basata sulla prevenzione, sulla centralità della persona e soprattutto sull’inclusione attiva di tutti i soggetti più vulnerabili, con le Amministrazioni regionali e il Terzo settore. Anche nella Programmazione 2014-2020, così come in quelle passate, la tematica delle dipendenze non ha un ruolo ben definito e questo perché risente dell’assenza del Dipartimento ai tavoli tematici che hanno preparato l’Accordo di Partenariato. 3


È quindi fondamentale cercare di recuperare questo ritardo dando visibilità all’emergenza delle dipendenze, che oggi riguarda purtroppo, con modalità diverse, buona parte dell’arco della vita della persona, dall’adolescenza fino all’età matura. In quest’ottica, l’Esperto Formez PA presenterà le opportunità offerte in ambito di inclusione sociale dalla Programmazione 2014-2020, in cui è importante che il Terzo settore possa avere un ruolo veramente attivo all’interno degli organismi di partenariato di ciascuna regione, al tavolo sono stati invitati infatti i referenti delle Regioni e delle organizzazioni più rappresentative delle comunità di accoglienza per condividere un approccio concertativo e nuove proposte operative su azioni ed interventi in campo di lotta alle dipendenze per i Programmi Operativi regionali. A seguire interviene Anna Gammaldi, Dirigente Politiche di Sviluppo e Fondi Strutturali del Formez PA, che parla anche a nome di Carlo Notarmuzi, Direttore dell’Ufficio per la Formazione dei Dipendenti delle PA del Dipartimento della Funzione Pubblica, Presidenza Consiglio dei Ministri, di cui il Formez PA è braccio operativo. Il contesto nell’ambito del quale è stato organizzato il seminario è un progetto voluto dalla Funzione Pubblica a valere sulla Programmazione 2007-2013 che arriverà a giugno prossimo alla sua conclusione. Capacity SUD è nato con il proposito di fare capacitazione istituzionale ed è finanziato a valere sul Programma operativo nazionale che opera esclusivamente sulle regioni dell’Obiettivo Convergenza. In fase avanzata del progetto, però, ci si è resi conto che la divisione dell’Italia in due aree, Convergenza e Competitività, rischia di discriminare le regioni del sud e che invece l’incontro, il confronto e lo scambio tra i territori, le diverse realtà, le amministrazioni può produrre risultati più interessanti. La Programmazione 2014-2020 in questo senso apre ai territori del centro-nord e le attività del Formez PA hanno già iniziato a prefigurare e realizzare possibilità di scambi. Il seminario sull’inclusione sociale ne è un esempio, perché realizzato con l’obiettivo di avere intorno ai tavoli più realtà del sud e del centro-nord, anche ipotizzando un percorso di scambio che possa svolgersi nei vari territori per toccare con mano le diverse realtà, senza limitarsi al racconto. È questo il senso dell’approccio con cui il Formez PA ha accettato l’invito del Dipartimento, della Dottoressa De Rose e della Dottoressa Marino, a prefigurare in questo scorcio conclusivo di programmazione un intervento destinato ad un target che è stato in qualche modo sottovalutato, sia nella definizione dell’Accordo di Partenariato sia nella scrittura dei Programmi Operativi, ma a cui ci si riferisce comunque in modo inclusivo. Tranne alcune azioni, infatti, che sono mono-target, la maggior parte delle azioni consentono l’apertura a tutti quei target che possono essere ricompresi nella definizione di soggetti deboli: il target non è enfatizzato nei documenti, ma non ne è escluso. Sarà cura della capacità di amministrazioni regionali e soggetti del privato sociale, del Terzo settore, collaborare per farlo emergere e prevedere, quando i Programmi saranno approvati, avvisi e i bandi dedicati. L’idea è che, dopo questa prima tavola rotonda, ci si possa rincontrare già a fine gennaio o inizio febbraio per cominciare ad approfondire alcuni aspetti, come per esempio le azioni più funzionali al target a cui ci si rivolge, utile soprattutto alle amministrazioni regionali che a volte fanno più fatica a percepire i fabbisogni, rispetto a chi lavora tutti i giorni sul campo. Anche per questo, la nuova programmazione segnala l’assoluta necessità di trovare nuovi modi di formalizzare il partenariato pubblico/privato attraverso, per esempio, la funzione condivisa del rischio (operazioni in cui l’impegno e il rischio sia lo stesso per Pubblica amministrazione e privati) o l’affidamento al privato di attività su cui finora è sempre intervenuto soltanto il pubblico. Su questo i documenti europei, forse ispirati e influenzati anche dalle politiche dei paesi del nord dove certe formule sono già più avanzate, sono stati molto chiari. Il partenariato pubblico/privato è sicuramente uno dei segmenti su cui si giocherà molta parte della capacitazione istituzionale del prossimo settennio. L’altro è quello relativo appunto al target per cui è necessario l’incontro con le Regioni prima che queste si attrezzino e definiscano avvisi e bandi. Oggi sarà illustrato in modo specifico, rispetto alla nuova programmazione, quello che prevede l’Obiettivo Tematico 9 - Inclusione sociale e lotta alla povertà (Promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione) - e sarà evidenziato come, leggendo trasversalmente i Programmi Operativi sia nazionali sia regionali, l’attività del Terzo settore e dell’impresa sociale, in affiancamento ad alcuni target della popolazione, sia considerata strategica anche per il raggiungimento di altri Obiettivi tematici. Ne è un esempio il ruolo dato alle imprese del 4


Terzo settore per il raggiungimento degli Obiettivi tematici del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale destinati al cambiamento climatico. È importante quindi supportare le Regioni che si trovano per la prima volta a confrontarsi con richieste che non fanno parte della loro tradizione amministrativa. Marinella Marino introduce la fase operativa del seminario e l’intervento curato da Ludovico Albert, Esperto del Formez PA, sullo scenario della Programmazione 2014-2020.

La parola passa quindi a Ludovico Albert, Esperto del Formez PA con consolidata esperienza come Capo Dipartimento delle Regioni Piemonte e Sicilia e profondo conoscitore delle problematiche relative alle politiche del lavoro e dell’inclusione sociale. Con il suo intervento La programmazione 2014–2020: gli interventi di inclusione sociale nei Programmi Operativi regionali Albert presenta opportunità e vincoli della nuova programmazione in tema di inclusione sociale. La Programmazione 2014-2020 vede quello delle dipendenze e dell’inclusione sociale di soggetti svantaggiati e colpiti da dipendenze come uno dei temi chiave di intervento. Anche per questo è fondamentale raccogliere le suggestioni e le proposte che possono arrivare dalle associazioni. Il processo di Programmazione 2014-2020 è conseguenza di un lungo percorso le cui tappe principali sono, prima della definizione dei singoli Programmi Operativi: a livello europeo, l’elaborazione nel 2010 della Strategia Europa 2020 che delinea gli obiettivi di fondo per il Quadro strategico comune per l’integrazione delle politiche e l’applicazione di principi trasversali comuni, il Position Paper (2012) che delinea le priorità per l’Italia, l’approvazione formale dei Regolamenti dei fondi (2013); a livello nazionale, dapprima il documento Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020 (2012) e finalmente l’Accordo di Partenariato che definisce strategia e priorità dello Stato, le modalità di impiego della totalità dei fondi SIE e individua i Programmi Operativi (PON e POR) con le rispettive dotazioni annuali indicative, che sono la traduzione a livello locale della strategia. 5


I 5 obiettivi della Strategia UE 2020 sono: Occupazione, con l’innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni); Ricerca e Sviluppo, con l’aumento degli investimenti al 3% del PIL; Cambiamenti climatici e sostenibilità energetica, con la riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990, il 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e l’aumento del 20% dell'efficienza energetica; Istruzione, con la riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10% e l’aumento al 40% dei 30-34enni con un'istruzione universitaria. Rispetto alle passate programmazioni, poi, l’Unione Europea individua una priorità nuova: Lotta alla povertà e all’emarginazione con l’obiettivo di almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in meno. Nella Programmazione 2014-2020 le risorse comunitarie saranno in totale 40.687,8 milioni di euro, di cui 30.047,6 tra Fondo Sociale e Fondo Europeo di Sviluppo Regionale divisi in 24% alle regioni più sviluppate, 4% alle regioni in transizione e 72% alle regioni meno sviluppate. L’Accordo di Partenariato appena approvato ha evidenziato, per l’Obiettivo Tematico 9, alcune criticità: l’alta proporzione di famiglie in condizione di deprivazione materiale e di esclusione lavorativa; l’estrema eterogeneità nella diffusione dei servizi sul territorio e l’elevata sperequazione della spesa sociale (dai 300 euro pro capite nella Provincia di Trento ai 25 euro in Calabria); la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. La prima Priorità d’azione dell’OT 9 è individuata nel Rafforzamento degli strumenti di governance che accompagnano il processo definitorio della politica ordinaria (LEP) e quindi: piena implementazione di un sistema informativo dei servizi e delle prestazioni sociali; definizione di profili professionali comuni e rafforzamento delle competenze degli operatori; integrazione dei servizi sociali in rete con le altre filiere amministrative (sanità, scuola, servizi per l’impiego); costruzione di meccanismi di confronto nazionale al fine di assicurare il coordinamento tra i responsabili regionali della programmazione sociale, a partire dall’utilizzo dei fondi nel contesto di cui si discute. A livello regionale la prima priorità d’azione è la realizzazione di servizi sociali innovativi e interventi di presa in carico multidisciplinare a sostegno dei soggetti particolarmente svantaggiati e dei nuclei familiari multiproblematici, finalizzati al rafforzamento delle abilità sociali e all’inserimento lavorativo. Tali attività saranno realizzate attraverso i Comuni e gli Ambiti territoriali competenti in materia di gestione delle politiche sociali e dovranno coordinarsi con quelle messe in atto sulla base degli indirizzi nazionali, limitatamente ai beneficiari del sostegno per l’inclusione attiva. Con riferimento all’inserimento lavorativo e a complemento degli interventi relativamente all’inclusione attiva, nell’ambito di questa priorità vengono considerate le tipologie di intervento rivolte ai soggetti maggiormente svantaggiati e molto distanti dal mercato del lavoro, che richiedono azioni ampie e diversificate di inclusione attiva, condotte da più soggetti che assicurano la presa in carico. L’Accordo di Partenariato rimanda invece all’Obiettivo Tematico 8 - Promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori - la gestione e la presa in carico della disoccupazione di lunga durata. L’OT 9, infatti, non si può occupare di tutti i soggetti svantaggiati, categoria di cui fanno parte anche le persone disoccupate e in cerca di lavoro che non hanno però altre problematiche, ma soltanto di quelli che richiedono l’inclusione (portatori di handicap, etc). Gli altri soggetti svantaggiati sono considerati nell’OT 8. Ancora a livello regionale, altra priorità d’azione è la promozione di interventi di inclusione attiva realizzati attraverso il rafforzamento dell’economia sociale e la promozione della responsabilità sociale di impresa. A questo proposito va positivamente sottolineata una forte caratterizzazione del nostro Paese, anche nelle aree in cui i servizi sono meno sviluppati, per il ruolo che svolge il Terzo settore nel contribuire, con interventi spesso innovativi, a volte anche sostitutivi, a migliorare la coesione sociale dei territori e offrire al contempo occasioni di occupazione. Assume pertanto un forte rilievo strategico il consolidamento e il rafforzamento dell’economia sociale, con la necessità di complementare l’azione pubblica con risorse private e del Terzo settore, nonché con le 6


indicazioni del Position Paper in merito alla promozione delle imprese sociali e in particolare alla creazione di nuove imprese nel settore sociale e sanitario. Per ciò che riguarda questa seconda priorità dai PO del Fondo Sociale Europeo (FSE) il rafforzamento dell’economia sociale viene considerato strumentale rispetto alla priorità relativa all’inclusione attiva, alla luce del ruolo che svolge in Italia per favorire l’inclusione, in particolare l’inclusione attiva delle categorie maggiormente fragili, e offrire al contempo occasioni di occupazione. Anche il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) contribuirà poi a sostenere le attività economiche a contenuto sociale nel quadro dell'Obiettivo Tematico 3 - Competitività dei sistemi produttivi. Così come anche il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) prevede importanti interventi nell’ambito dell’inclusione sociale. Nelle aree rurali infatti si pone una forte esigenza di intervento in questo campo sotto il profilo dell’inserimento lavorativo di fasce svantaggiate o a rischio emarginazione. Andrebbero utilizzate, con il concorso del FSE, forme quali borse lavoro, tirocini, ecc. da svolgere in aziende agricole o cooperative sociali agricole e interventi a favore di giovani che gestiscono terreni confiscati alle mafie e/o terreni pubblici. Per ciò che riguarda l’uso delle aziende agricole per diverse forme di agricoltura sociale, si dovranno coinvolgere in primo luogo le realtà aziendali produttive per il mercato, che operano in collaborazione con le istituzioni socio-sanitarie competenti per territorio. In secondo luogo, andranno coinvolte anche le strutture terapeutiche riabilitative, socio-sanitarie e socio-assistenziali che utilizzano l’attività agricola a fini di riabilitazione, terapia, cura e intervento sociale. Nella Programmazione 2014-2020 si punta sempre più sull’inclusione attiva e la parola chiave è, quindi, “lavoro”. Almeno il 20% delle risorse totali del FSE devono essere impegnate nell’inclusione sociale. Con i seguenti Risultati Attesi (RA): 9.1 - Riduzione della povertà, dell’esclusione sociale e promozione dell’innovazione sociale; 9.2 - Incremento dell’occupabilità e della partecipazione al mercato del lavoro delle persone maggiormente vulnerabili e dei soggetti presi in carico dai servizi sociali; 9.7 Rafforzamento dell’economia sociale. Per quanto riguarda il RA 9.2 gli indicatori di risultato sono: il numero di partecipanti svantaggiati impegnati nella ricerca di un lavoro, in un percorso di istruzione/formazione, nell'acquisizione di una qualifica, in un'occupazione, anche autonoma, al momento della conclusione della loro partecipazione all'intervento; il numero di partecipanti svantaggiati che hanno un lavoro, anche autonomo, entro i sei mesi successivi alla fine della loro partecipazione all'intervento sociale. Per il RA 9.7 gli indicatori di risultato sono: il numero di imprese e istituzioni no profit che svolgono attività a contenuto sociale; il numero di unità lavorative (UL) delle imprese che svolgono attività a contenuto sociale e quello delle istituzioni no profit sulla popolazione residente (per mille abitanti). In particolare, per il RA 9.2 l’Azione 9.2.2 riguarda Interventi di presa in carico multi professionale finalizzati all’inclusione lavorativa di persone maggiormente vulnerabili e a rischio di discriminazione e in generale alle persone che per diversi motivi sono presi in carico dai servizi sociali: percorsi di empowerment (es. interventi di recupero delle competenze di base rivolti a tossicodipendenti, detenuti etc.), misure per l’attivazione e accompagnamento di percorsi imprenditoriali, anche in forma cooperativa (es. accesso al credito, fondi di garanzia, microcredito d’impresa, forme di tutoraggio, anche alla pari). Si fa riferimento qui ad Azioni sia dei POR regionali, sia del PON Inclusione, limitatamente a persone in esecuzione penale interna e esterna. Nell’ambito del RA 9.7 sono programmate diverse azioni con l’obiettivo di costruire un vero partenariato fatto di imprese e associazioni che collaborino per creare vere opportunità di inclusione sociale. Le Azioni sono: 9.7.1 Promozione di progetti e di partenariati tra pubblico, privato e privato sociale finalizzati all’innovazione sociale, alla responsabilità sociale di impresa e allo sviluppo del welfare community; 9.7.2 Promozione dell’inclusione sociale da realizzarsi nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa; 9.7.3 Rafforzamento delle imprese sociali e delle 7


organizzazioni del Terzo settore in termini di efficienza ed efficacia della loro azione. In quest’ultimo caso si tratta per esempio di attività di certificazione di qualità delle istituzioni private e di Terzo settore che erogano servizi di welfare, di promozione di network, di promozione degli strumenti di rendicontazione sociale e formazione di specifiche figure relative, di innovazione delle forme giuridiche e organizzative, di sensibilizzazione e formazione per lo sviluppo di imprenditoria sociale; 9.7.4 Rafforzamento delle attività delle imprese sociali di inserimento lavorativo e 9.7.5 Sperimentazione di alcuni progetti di innovazione sociale nel settore dell’economia sociale (azione pilota PON Inclusione). Per il raggiungimento degli obiettivi proposti dall’OT 9, tutte le regioni nei PO si propongono il ricorso agli strumenti d’ingegneria finanziaria (SIF) ai sensi dell’art. 37 del Regolamento (UE) 1303/2013: nell’ambito dell’Obiettivo specifico Riduzione della povertà e dell’esclusione sociale e promozione dell’innovazione sociale Azione 9.1.3., per consentire il superamento di una difficoltà economica temporanea o l’avvio di una attività lavorativa autonoma e/o microimpresa; nell'ambito del RA 9.2 Incremento dell’occupabilità e della partecipazione al mercato del lavoro, delle persone maggiormente vulnerabili e a rischio di discriminazione e in generale alle persone che per diversi motivi sono presi in carico dai servizi sociali, per il sostegno economico alla creazione di percorsi di empowerment (ad es. interventi di recupero delle competenze di base rivolti a tossicodipendenti, detenuti etc.) e all’attivazione e accompagnamento di percorsi imprenditoriali e all’autoimpresa, anche in forma cooperativa. Tradizionalmente, sul tema delle dipendenze, il FSE lavora per l’inclusione sociale attraverso azioni nelle carceri e azioni di formazione. Per quanto riguarda le azioni nelle carceri, si tratta principalmente di un sistema, consolidato in molte regioni, di azioni di formazione professionale e di orientamento al lavoro, e di iniziative, sperimentali e a macchia di leopardo, di presa in carico dei soggetti in uscita per tirocini e avvio al lavoro. E di progetti di presa in carico, soprattutto per tirocini, si parla anche per i soggetti in condizione di dipendenza. È una situazione con eccellenze, ma in complesso debole e a macchia di leopardo, si tratta di progetti che non riescono a essere sistema. Per contribuire al raggiungimento di buoni risultati di integrazione sociale, è importante che i tirocini terapeutici entrino nell’attuale normativa regionale: attualmente sono presenti ma con una regolamentazione troppo stretta. Il comma 34, art. 1 L. 92/2012 prevede Linee guida per standard uniformi per i “Tirocini formativi e di orientamento”. Le Linee guida adottate da Conferenza Stato Regioni (24/1/2013) introducono, a fianco dei tirocini formativi e di orientamento, la tipologia C., i tirocini di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento in favore di disabili di cui all’art.1, comma 1 L. 68/99 e persone svantaggiate ai sensi della L. 381/91. I tirocini della Tipologia C. sono dedicati a soggetti svantaggiati e prevedono una durata massima di 12 mesi, e a soggetti disabili e per costoro prevedono una durata massima di 24 mesi, con un’indennità di minimo 300 euro al mese. I soggetti promotori possono essere comunità terapeutiche, enti ausiliari, cooperative sociali, purché iscritti negli specifici albi ove esistenti, e le Regioni potranno garantire eventuali deroghe, in materia di durata e/o ripetibilità, al solo fine dell’inclusione. Esistono alcune possibili piste di lavoro nell’ambito dell’Azione 9.2.2 - Interventi di presa in carico multi professionale finalizzati all’inclusione lavorativa di persone prese in carico dai servizi sociali. La prima a livello Regionale si caratterizza per: il riconoscimento e la definizione della presa in carico multi professionale, che necessiterebbe di una vera integrazione tra area trattamentale, i soggetti che se ne occupano, e area dell’inserimento lavorativo. A questo fine possono essere rilevanti specifiche normative regionali di deroga in materia di durata e ripetibilità dei tirocini. Un tema su cui alcune Regioni hanno già provveduto, relativo soprattutto al tema del “tirocinio terapeutico” inteso non solo come azione finalizzata all’inserimento lavorativo, ma anche al 8


mantenimento delle abilità e/o all’inclusione sociale. In questo quadro assume rilievo anche la revisione della normativa regionale in tema di accreditamento lavoro per includere i soggetti promotori dei tirocini per lo svantaggio, così come la predisposizione albi regionali per includere tra i Soggetti promotori dei tirocini le comunità terapeutiche, gli enti ausiliari, le cooperative sociali, le associazioni Terzo settore. Un ulteriore tema è la garanzia della continuità nelle azioni, ad esempio con la creazione di avvisi pluriennali fondamentali per l’auspicato passaggio da una situazione caratterizzata da singoli progetti a un vero e proprio sistema. Infine non va trascurato il tema dell’interessamento alla formazione propedeutica nei percorsi per l’inserimento lavorativo, considerato che le agenzie formative sono attualmente impegnate quasi esclusivamente in azioni nelle carceri e che invece il tema della formazione per il lavoro sarebbe fondamentale per l’inclusione sociale di soggetti in situazione di dipendenza. La Pista di lavoro 2 si concentra invece sulle azioni di sistema e si basa sull’interlocuzione delle associazioni del Terzo settore con il Dipartimento Politiche Antidroga (DPA) e il Coordinamento Lavoro delle Regioni in tema di: verifica delle Linee di indirizzo del DPA in relazione alle politiche del lavoro, in particolare ai tirocini e alla modellizzazione delle azioni rivolte ai soggetti in condizione di dipendenza; modelli di connessione e di costruzione di relazioni stabili con il mondo produttivo, sia nei confronti della cooperazione sociale, sia nei confronti delle imprese sociali; elaborazione di un catalogo di buone pratiche; elaborazione di modelli e sperimentazione di azioni di accompagnamento alla creazione di impresa, anche col ricorso agli strumenti di ingegneria finanziaria (microcredito, fondi di rotazione, di garanzia etc.) attivati dalle Regioni. E poi ancora in tema di elaborazione di modelli e promozione di relazioni con le imprese del privato sociale, anche al fine di ampliare la gamma dei servizi offerti (es. somministrazione e collocazione diretta), tenendo conto che in ogni caso in Italia ogni anno la cooperazione sociale di tipo B impiega oltre 5 mila tossicodipendenti, e del privato che, nell’ambito della Responsabilità Sociale di Impresa, intende sperimentarsi nell’inserimento lavorativo dello svantaggio (incentivi Vs volontarismo, condizioni per la collaborazione es. progettualità condivisa, tutoring etc.). In relazione al tema delle ludopatie, ma non solo, alcune regioni si stanno cimentando nell’elaborazione di modelli e sperimentazione di azioni di educazione finanziaria, sia formative, sia in collaborazione con altri soggetti (es. Fondazioni bancarie). Uno dei focus della nuova programmazione è legato alla semplificazione dei costi, con il passaggio a un sistema che utilizzi le opzioni di semplificazione dei costi consentite dal Regolamento 1303/2013 (UCS), in relazione alle azioni di accoglienza, orientamento/formazione al lavoro, accompagnamento, tutoraggio (sia durante i tirocini, sia ad assunzione avvenuta), incontro domanda/offerta etc. rivolte ai soggetti in condizioni di dipendenza. Il fatto che il processo di inclusione difficilmente possa essere standardizzato in relazione a un profilo teorico di conformità, ma si basa sul massimo possibile raggiungibile dalla condizione di svantaggio, porta probabilmente a ritenere preferibile un modello a processo, piuttosto che un modello a risultato. Chiude la prima sessione dei lavori Anna Gammaldi ringraziando Ludovico Albert per aver fornito interessanti elementi di riflessione e presentando Emanuele Caroppo, medico psichiatra da molto tempo impegnato in programmi e progetti, oltre che in studi scientifici, in materia di inclusione di soggetti vulnerabili, e moderatore della tavola rotonda.

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Tavola rotonda

Terminata la presentazione di Ludovico Albert sugli interventi di inclusione sociale nei PO regionali della Programmazione 2014–2020, è il momento della tavola rotonda con il confronto e la discussione tra i rappresentanti regionali e le associazioni sulle iniziative di inclusione attiva rivolte ai soggetti maggiormente vulnerabili. A moderare il confronto è Emanuele Caroppo, Esperto del Formez PA, che introduce proponendo una suggestione: il mito della fondazione del mondo nella cultura aborigena e la strada del sogno, dove le anime ancestrali percorrono il mondo e lo fondano, proprio attraverso i sogni. Questo mito sta alla base della conoscenza e, proprio nell’epoca della conoscenza, questa va condivisa poiché è l’unica cosa per cui, condividendola, non si impoveriscono le parti ma si arricchiscono entrambe. Il moderatore invita poi i partecipanti alla tavola rotonda a presentarsi, raccontando il proprio ruolo, la propria esperienza e le aspettative rispetto al nuovo ciclo di programmazione. I partecipanti alla tavola rotonda sono: Luciano Squillaci, Forum provinciale del Terzo settore di Reggio Calabria e FICT Federazione Italiana Comunità Terapeutiche; Antonio Boschini e Francesco Vismara, Comunità San Patrignano; Patrizio Lamonaca e Giuseppe Mammana, ACUDIPA Associazione Cura Dipendenze Patologiche; Pietro Fausto D’Egidio, Felice Nava, Guido Faillace e Alfio Lucchini, FederSerd Federazione italiana degli operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze; Pietro Fina, Regione Siciliana; Alberto Dattola, Regione Basilicata; Sonia Belvedere, Regione Campania; Umberto Paioletti, Intercear; Cinzia Brentari e Riccardo De Facci, CNCA Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza. Apre i lavori della tavola rotonda Luciano Squillaci, portavoce del Forum provinciale del Terzo settore di Reggio Calabria, che affronta subito il tema dell’impegno del Terzo settore nella lotta all’esclusione sociale. Per le associazioni e le organizzazioni del Terzo settore c’è una debolezza strutturale di fondo nelle relazioni con chi si occupa di scrivere i PO e deve coordinare queste realtà, e in questo contesto, le più svantaggiate sono le comunità terapeutiche. Il problema non è tanto la dipendenza in sé quanto il contesto di deprivazione. Per quanto riguarda il reinserimento lavorativo, poi, l’esperienza insegna che non è utile centrare l’intero intervento sul modello 10


“cooperativa di tipo B”, ormai superato, perché sono cambiate le caratteristiche del mercato e è cambiato il contesto. Si deve partire dalla consapevolezza che oggi in effetti devono essere considerati svantaggiati tutti i soggetti in cerca di lavoro, e non solo quelli con problemi di handicap o dipendenze. Per ottenere risultati duraturi è poi fondamentale garantire la continuità degli interventi. Un progetto a sé stante, che non abbia continuità, rischia di portare risultati non duraturi: se manca la continuità degli interventi, le persone inserite di volta in volta dal singolo progetto rischiano di rientrare di nuovo nella fascia degli “svantaggiati” a pochi mesi dalla fine del progetto. È necessario, quindi, programmare interventi innovativi, possibilmente in una logica di sistema. Segue l’intervento di Francesco Vismara, del Comitato di gestione della Comunità San Patrignano, che ricorda come tutta una serie di azioni vengano svolte in parte anche con il microcredito. San Patrignano punta molto anche sulla formazione e studio che sono utili per l’inserimento lavorativo e in effetti impegnano quasi tutto il percorso in comunità, o almeno uno o due anni, secondo i casi, con una vera e propria “preparazione al reinserimento”. La Comunità San Patrignano sta cercando si attivare un progetto con l’Agenzia interinale per rendere più concreto il progetto di reinserimento del target, che non proviene necessariamente dall’Emilia Romagna, puntando a collaborare anche con altre aree, in modo da poter portare avanti il processo anche fuori dalla regione. L’Amministrazione dell’Emilia Romagna infatti mette a disposizione budget per il reinserimento di 150/160 persone al massimo. Ma come si può trovare, con questi nuovi piani, un sostegno per avviare progetti simili? Della necessità di programmi di reinserimento più articolati parla anche Giuseppe Mammana, Direttore dell’ACUDIPA Associazione Cura Dipendenze Patologiche, che sottolinea il problema, già posto da Ludovico Albert, del rapporto tra cura e inclusione: è infatti difficile capire come muoversi per il reinserimento di pazienti che sono ancora in trattamento. L’ACUDIPA ha maturato negli ultimi tempi la considerazione che i programmi debbano essere molto più articolati e variati nel tempo e nelle modalità di svolgimento, in relazione all’esistenza di tre fenomeni: un sommerso che i comuni progetti di reinserimento e inclusione sociale non riescono ad agganciare; la diversa e sempre più grande tipologia di dipendenze; la conseguente necessità di definire interventi che siano in grado di valutare la condizione clinica dei pazienti, in modo da riuscire a calibrare l’impegno. Ma per questo serve una riforma dell’intero sistema, che preveda programmi di formazione del personale che deve avere la giusta forma mentis per l’inclusione, e questo sia nel pubblico sia nel privato. L’altra questione è capire se l’adesione dei pazienti ai programmi europei debba o meno dipendere dall’adesione agli stessi programmi degli enti e le associazioni che fanno loro da tutor. Sul tema del pubblico e del privato apre il suo intervento Pietro Fausto D’Egidio, Direttore del Servizio Dipendenze dell’AUSL di Pescara e Presidente Nazionale della FederSerD, la Federazione italiana degli operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze, secondo cui è assolutamente necessaria un’integrazione tra pubblico e privato e il superamento della frammentazione che ancora caratterizza il processo. Inoltre è fondamentale pensare a progetti che prevedano la sinergia tra il percorso di cura e quello di reinserimento, considerato come parte integrante della cura. Per rendere proficuo l’impegno bisogna inoltre definire gli elementi fondamentali minimi che diano garanzia di qualità e bisogna pensare in una logica di sistema. E finora non c’è stato lo sforzo e la capacità di pensiero per riuscire a superare ciò che nei programmi/progetti precedenti non funzionava. Dello stesso parere è anche Felice Nava, Responsabile della sanità penitenziaria di Padova e Coordinatore per la Regione Veneto e Vicepresidente della FeDerSerD, con delega su alcolismo e tabagismo, che sottolinea come sia difficile superare la frammentazione tra pubblico e privato nel processo di cura, perché anche se si conosce come dovrebbe essere il processo, mancano le risorse. Un privato sociale forte esiste solo dove il servizio pubblico non è troppo in sofferenza. Le esperienze di reinserimento sociale sono fondamentali in ogni progetto di cura, che può essere rimodulato nel corso del tempo in base alle esigenze, ma che non può prescindere da questo elemento: bisogna guardare al reinserimento lavorativo come ad un pezzo della cura. In base alle condizioni della regione, però, questo processo di avvicinamento al lavoro può essere difficile 11


perché, nonostante gli incentivi, nelle aziende non si riesce a ritagliare lo spazio per nuove forze lavoro. È quindi fondamentale partire da target specifici e analizzare le diverse situazioni regionali per far partire da li il ragionamento più generale di una programmazione. Negli ultimi due anni FederSerdD ha disegnato quali siano gli elementi fondamentali minimi, divisi in 13 blocchi, che debbano essere in possesso degli oltre 500 servizi attivi in Italia per garantire uno standard di qualità: uno di questi blocchi è Recovery e empowerment, perfettamente in linea con la nuova Programmazione europea. L’importanza di questo tavolo di confronto è data anche dalla possibilità di mettersi in gioco e definire che cosa ciascun gruppo, ciascuna associazione, come parte del sistema, può dare specificamente per il raggiungimento dell’obiettivo dell’inclusione sociale. Guido Faillace, Presidente regionale della FederSerD Sicilia, sottolinea come la popolazione vulnerabile sia di fatto “mobile” e necessita quindi di una visione di sistema, più omogenea, piuttosto che puntata sul regionale o territoriale. Esiste, per esempio, una ricognizione delle associazioni, organizzazioni e imprese del Terzo settore su cui lavorare per trovare dei denominatori comuni e questo lavoro può essere affiancato all’individuazione di target specifici. L’idea potrebbe essere quindi quella di partire da target specifici e analizzare quale sia la situazione a livello locale e cominciare a fare dei ragionamenti in base a queste considerazioni. Di fatto, alcune regioni hanno già iniziato a lavorare in questo senso, altre sono ancora indietro, ma conoscenza del territorio e visione sistemica sono gli elementi fondamentali per una buona programmazione delle azioni. Interviene ora Pietro Fina, Dirigente responsabile del Dipartimento della Famiglia e delle Politiche Sociali della Regione Siciliana, che fa riferimento alla situazione siciliana, estremamente critica soprattutto per quanto riguarda l’incapacità di spendere i fondi europei e quelli del Piano sanitario nazionale, soprattutto nell’ambito formativo e del reinserimento lavorativo, e di riutilizzare e valorizzare i miliardi di euro in beni sequestrati alla mafia. Come può essere superata questa fase, come si può entrare in gioco? La professionalità non manca ma ci sono degli intoppi per cui non si riesce a sfruttare ciò che c’è a disposizione. Ciò su cui è interessante puntare è il concetto di “lavoro terapeutico” per superare le fasi critiche di una dipendenza. A questo punto interviene di nuovo Ludovico Albert, che precisa quanto sia importante utilizzare le potenzialità della nuova programmazione che assegna un ruolo importante al DPA, e al tavolo di confronto, per elaborare e standardizzare Linee guida condivise da applicare nei territori. Esse potrebbero porsi come indirizzo molto rilevante al fine di programmare in tutte le realtà le azioni previste dalla nuova programmazione. E torna anche al concetto, introdotto da Francesco Vismara, di “contendibilità”, secondo cui una persona in condizione svantaggiata deve poter essere inserita, per esempio all’interno del Piano Garanzia Giovani, anche in un progetto di una regione che non sia la sua, soffermandosi sulle possibilità di lavoro offerte dalle imprese. Nelle Regioni c’è ancora spazio per una nuova impostazione di percorsi, che tenga conto delle nuove esigenze emerse, come la contendibilità e i tirocini terapeutici. Le Regioni hanno già elaborato i PO, ma è ancora da percorrere la fase dell’elaborazione degli avvisi e dei bandi, quindi c’è ancora spazio per elasticità e possibilità di fare scelte utili alla corretta impostazione delle azioni per l’inclusione sociale, anche attraverso il lavoro di tavoli di riflessione tra DPA, Regioni e Associazioni. Abbiamo di fronte un orizzonte di tempo di circa 6 mesi, con un corretto coordinamento dei lavori, anche se la situazione è diversa da regione a regione. Per rispondere a Pietro Fina, Albert spiega che per risolvere situazioni difficili come quella siciliana è necessario creare un intervento multiplo, che coinvolga servizi sanitari, Terzo settore, imprese e chi si occupa di accreditamento al lavoro, non con un intervento spot ma mettendo a sistema tutti gli interessati.

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Prende di nuovo la parola Pietro Fina che invita a prestare attenzione in particolare su tre punti. Il primo è che la nuova programmazione risulta molto interessante anche per le possibilità di partenariato tra pubblico e privato, ma è molto importante come si sceglie il privato, perché i fondi sono a disposizione del pubblico che però non sempre il privato riesce a supportare. Il secondo punto è che nel campo della tossicodipendenza non è sufficiente spendere solo per la sanità ma è importante destinare risorse anche per l’inclusione. E da qui l’ultimo punto, rappresentato dalla difficoltà da parte dei beneficiari di spendere i fondi, per tanti motivi, anche burocratici. Interviene a questo punto il moderatore Emanuele Caroppo sottolineando che l’inserimento lavorativo deve essere considerato a tutti gli effetti un atto terapeutico ed è per questo che va messa bene a fuoco la realtà dei vari territori per poter mettere in atto, di conseguenza, azioni per il riconoscimento preciso delle varie necessità. Sanità e lavoro devono quindi essere un continuum, un percorso armonico e multidisciplinare. L’obiettivo della Regione Basilicata, ha spiegato Alberto Dattola, Segretario particolare dell’Assessore alle Politiche per la persona della Regione Basilicata, è quello di superare il concetto di “integrazione” e passare a quello di “interazione”, per cui si punta all’idea, forse utopistica, di far interagire pubblico e privato in tutte le fasi di un progetto o sistema, dalla programmazione alla realizzazione. Interviene poi Sonia Belvedere, Unità operativa Welfare dei servizi e pari opportunità della Regione Campania, che ringrazia per l’importante opportunità di confronto offerta dal seminario e fa un augurio al tavolo perché si possano mettere in atto le azioni di cui si è discusso. Ancora sul concetto di sistema interviene Umberto Paioletti, Coordinatore per la Regione Toscana di Intercear, sottolineando come nel campo delle dipendenze sia importante il concetto di “sistema”, che nel campo delle dipendenze è costituito dai Sert, quindi dal pubblico, da una parte, e dagli ex Enti ausiliari e comunità terapeutiche dall’altra. Il concetto di sistema si sposa bene con l’idea, già presentata da Dattola della Regione Basilicata, del puntare sull’interazione più che sull’integrazione. L’obiettivo è quello di riuscire a lavorare in sinergia con le componenti, integrando l’approccio assistenziale con quello dell’inclusione lavorativa e utilizzando per questo strumenti che garantiscano il risultato. Non si deve quindi puntare su interventi semplicemente assistenziali ma su interventi di supporto, tenendo sempre in considerazione le forti differenze tra regione e regione. Un aiuto a questo approccio potrebbe venire dal Governo se organizzasse la Conferenza nazionale, per mettere al centro dell’attenzione una rivalutazione delle tipologie di intervento del sistema di cura, per riuscire ad inglobare un approccio nuovo, adatto ai cambiamenti in atto, con strumenti che garantiscano il risultato. In chiusura di tavola rotonda interviene Riccardo De Facci, Vice Presidente del CNCA Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, che sottolinea l’utilità di un tavolo di confronto per la programmazione di interventi “moderni” adatti ai nuovi bisogni di inclusione sociale. Può sembrare banale ma è importante ricordare come l’avere un lavoro, una formazione e soprattutto un impegno da portare avanti e una responsabilità, che sia anche un micro lavoro, sia decisivo per un diverso rapporto con la cura e con l’inclusione sociale di soggetti svantaggiati. Sarebbe importantissima la ridefinizione del tema “lavoro” in un percorso di autonomia che può avere ancora un supporto curativo ma che inizia a far parlare di responsabilità sociale. Questo però non è ancora possibile, non si riesce, o in certi casi non si vuole, organizzare un percorso di inserimento lavorativo sinché non si è finita la cura. E questo anche per scelta di alcune comunità terapeutiche. Perché i progetti funzionino, però, è necessario ridefinire il target degli interventi, mettere un impegno forte, in prospettiva, nella rivisitazione del percorso sanitario e programmare senza rinunciare alle forme di accompagnamento ma anche pensando alla vera forza inclusiva e terapeutica del lavoro. Grande importanza è data quindi alla rivisitazione dei modelli di collaborazione tra sanitario e sociale, che non devono più agire separatamente ma in accordo, senza rinunciare a forme di accompagnamento ma affiancandolo a forme di lavoro diverse. 13


De Facci torna poi al discorso della collaborazione pubblico/privato e della creazione di nuovi modelli di lavoro, che devono essere organizzati, partendo da momenti di monitoraggio e riscrittura, in stretta collaborazione tra Regioni, DPA e magari Formez PA. C’è tanta “buona terra” ma devono essere riscritti alcuni aspetti di processi organizzativi e contenuti. L’ultimo intervento della tavola rotonda è quello di Alfio Lucchini, Ex Presidente e Advocacy e organizzazione dei servizi di FeDerSerD, che invita a una partecipazione vasta di tutti gli attori per la progettazione proficua di interventi di inclusione sociale: gli attori devono esserci tutti, sia il pubblico sia il privato, sociale o altro che sia.

Conclusioni

Per tirare le fila dell’incontro e fare il punto sulla situazione interviene Marinella Marino, del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Cosa bisogna fare con la nuova programmazione in un ambito così importante? Sono stati finanziati 80 miliardi di euro per policy legate alla cura, prevenzione e reinserimento in società delle persone svantaggiate, è quindi ora importantissimo passare dalla disponibilità enorme di fondi alla fase della stesura dei bandi. Forse uniti si possono dare delle indicazioni che possono avere più forza presso i Presidenti delle Regioni o presso la Conferenza unificata, suggerendo una nuova scrittura dei PO, nelle parti coerenti con le tematiche delle dipendenze, per arrivare a proposte concrete, e modelli di bando, per trovare un risposta alle problematiche esposte. I prossimi incontri, ha continuato Marinella Marino, dovranno vedere anche la partecipazione dei rappresentanti di alcuni Ministeri chiave per quanto riguarda queste attività, titolari di importanti risorse finanziarie, come il Ministero del Lavoro, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) e quello delle Attività produttive. Conclude l’incontro l’ultimo intervento di Patrizia de Rose che si augura che quello illustrato nel corso del seminario possa essere un modello di lavoro da utilizzare con la nuova programmazione, perché si è in una nuova era, anche e soprattutto dal punto di vista sociale, ed è difficile riuscire a 14


star dietro alle novitĂ della societĂ e soltanto insieme, in un’ottica di sistema, si può pensare di riuscire a ottenere buoni risultati.

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4. Le azioni di comunicazione A supporto dell’evento sono state realizzate azioni di comunicazione finalizzate a promuovere l’iniziativa e a facilitare lo scambio di esperienze e la diffusione di buone pratiche. Le azioni di comunicazione sono state attuate attraverso l’utilizzo di strumenti web prima, durante e dopo l’evento. È stato progettato e realizzato il materiale di comunicazione da usare nel corso dell’evento, nello specifico: cartelline da distribuire ai partecipanti in sala con le informazioni dell’evento, una premessa e il programma della giornata; documenti informativi (Guida alla lettura dell’Accordo di Partenariato; Priorità di investimento 9.i; Approfondimento sull’Obiettivo Tematico 9); poster e segnaletica specifici per l’evento. Il sito www.capacitaistituzionale.formez.it fornisce un consistente contributo alla promozione delle attività del progetto e alla diffusione dei materiali prodotti e dei documenti di approfondimento.

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Allegato I – Programma

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Allegato II - Partecipanti COGNOME

NOME

ENTE

1

ANTONACCI

SEBASTIANO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

2

BELVEDERE

SONIA

REGIONE CAMPANIA

3

BISIRRI

GIORGIO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

4

BOSCHINI

ANTONIO

COMUNITA' SAN PATRIGNANO

5

BRENTARI

CINZIA

CNCA

6

DATTOLA

CARMELO ALBERTO

REGIONE BASILICATA

7

DE FACCI

RICCARDO

CNCA

8

DE SIMONE

ANGELINA

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

9

D'EGIDIO

PIETRO PAOLO FAUSTO

FEDERSERD

10

FAILLACE

GUIDO

FEDERSERD

11

FINA

PIETRO

REGIONE SICILIANA

12

LAMONACA

PATRIZIO

ACUDIPA

13

LUCCHINI

ALFIO

FEDERSERD

14

MAMMANA

GIUSEPPE

ACUDIPA

15

NAVA

FELICE ALFONSO

FEDERSERD

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PAIOLETTI

UMBERTO

INTERCEAR

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ROTUNDO

LUCIA

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

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SASSARA

MARIA RITA

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

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VISMARA

FRANCESCO

COMUNITA' SAN PATRIGNANO

20

SQUILLACE

LUCIANO

FICT

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Allegato III - Materiali pubblicati È possibile visionari i materiali pubblicati per l’evento Rafforzare la capacità istituzionale per l’inclusione sociale nella programmazione 2014-2020: interventi ed esperienze nazionali e regionali a confronto ai seguenti link: La programmazione 2014–2020: gli interventi di inclusione sociale nei PO regionali – intervento di Ludovico Albert, Esperto del Formez PA http://eventipa.formez.it/sites/default/files/allegati_eventi/Slide%20Albert.pdf

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