Trekking fra i rifiuti in montagna

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inchiesta

Trekking Tra i

Scarti abbandonati dai turisti e discariche abusive. Una passeggiata sui Monti Lepini (Lt) rivela un problema più diffuso di quanto s’immagini. Insieme al mensile Alp la nostra buona azione per la montagna 30

La nuova ecologia / luglio-agosto 2011

rifiuti

testo di Francesco Loiacono foto di Lucia Perrotta/ Collettivo Wsp

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arcasse, pneumatici e batterie d’auto, secchi di vernice, pezzi di computer, giocattoli. Perfino una scavatrice smontata e ricoperta da vegetazione. Non sono i rifiuti abbandonati in una qualsiasi discarica abusiva italiana ma ciò che abbiamo trovato domenica 12 giugno durante un’escursione sui Monti Lepini, nel Lazio, insieme a Simone Nuglio, un attivista di Legambiente con la passione per le vette, e al suo amico Angelo Pianelli. Forse non sarà così ovunque ma il problema dei rifiuti, come sa chi le frequenta, sulle montagne italiane c’è eccome: «Sul “Sentiero degli Dei” fra Bomerano e Positano, sulla costiera Amalfitana, c’è una zona piena di copertoni e rifiuti ingombranti – conferma Fabrizio Bernini, accompagnatore turistico di Federtrek – Oppure vicino Civita Castellana, a Viterbo, in un sentiero aperto lo scorso anno c’è già una discarica di copertoni». Un fenomeno che ciascuno di noi può contribuire a combattere, come vi proponiamo con l’iniziativa nel box a fianco. E che c’invita a riflettere sulla salute delle nostre montagne cui Legambiente dedica ogni anno la Carovana delle Alpi (v. pag. 34).


erba sui rottami. Una scavatrice giace da anni a ridosso di un sentiero tra Campo Levito e il Piglione. «è qui da almeno cinque anni – denuncia Angelo Pianelli – Quest’inverno le hanno asportato bracci e motore, ora è conquistata dalla vegetazione».

Frammenti nel fosso. Le parti di una Smart a precipizio sul canalone che passa sotto al ponte romano delle Catena. «Se cade in acqua – dice Simone Nuglio di Legambiente – sarà trasportata a valle dall’acqua quando pioverà intensamente».

relitti nel bosco

Lo scenario che ci si presenta mentre avanziamo nei Lepini, come documenta il nostro video, d’altro canto è impietoso. E anche il racconto delle guide che ci accompagnano lungo questi sentieri non lascia dubbi: «Avevo dieci anni quando ho visto per la prima volta questa macchina abbandonata – dice Angelo, oggi trentacinquenne, indicando una vettura rossa al cui interno crescono ormai erbacce e fiorellini di campagna – Sono passati vent’anni ed è ancora lì. Certo, è in una proprietà privata, ma il percolato che produce va nel terreno». Facciamo qualche tornante e c’imbattiamo in una scavatrice, anch’essa abbandonata con accanto una tanica di benzina. «Siamo dal Tufaliccio, in una zona compresa tra Campo Levito e il Piglione, poco oltre i 500 metri di altitudine – riprende davanti allo scheletro della scavatrice – Questo obbrobrio è qui da più o meno cinque anni, quando è stata sequestrata perché stavano realizzando una strada pare senza autorizzazione. Quando ci sono tornato quest’inverno l’ho trovata letteralmente smontata:

sms per la montagna

On line il video del nostro sopralluogo fra i sentieri dei Monti Lepini (Lt) http://tiny.cc/4qxt1

qualcuno ha portato via il motore. Per fortuna un camper che si è ribaltato durante un taglio del bosco ha avuto sorte migliore. Era finito in un fosso ma dopo qualche mese è stato rimosso».

canaloni intasati

Ci fermiamo un attimo ad ammirare il paesaggio: il centro abitato di Cori stretto tra due selle boscate. «Da questo punto si capisce perché nei boschi troviamo così tanti rifiuti – attaca Simone Nuglio – Uno degli elementi che determinano l’abbandono è la vicinanza, l’altro è l’accesso.

Per fronteggiare il fenomeno dei rifiuti abbandonati in montagna l’occhio vigile di ciascuno è importante. Perciò insieme al mensile “Alp” vi proponiamo di compiere una buona azione per la montagna: durante le vostre escursioni portatevi un sacchetto e se vedete dell’immondizia abbandonata, in piccole dimensioni, raccoglietela. Se invece si tratta di rottami o rifiuti ingombranti mandateci una segnalazione via sms al numero 3202043040 anteponendo al messaggio il codice 707. Vi ricontatteremo per documentare le vostre segnalazioni e girarle insieme al Corpo forestale. In ogni caso scattate e inviateci una foto con la vostra “buona azione per la montagna” o i casi di degrado che intendete denunciare: le pubblicheremo sui prossimi numeri.

i redazione@lanuovaecologia.it, 0686203691

Arrivare a questi sentieri che si perdono su per la montagna è relativamente facile, così c’è chi ci viene per abbandonare di tutto». Riprendiamo il percorso e arriviamo in località Terzo ponte, sul canalone in cui confluisce l’acqua nei giorni in cui piove di più. Qui, sul letto del canale troviamo parecchie buste di rifiuti e 4-5 metri sotto il sentiero anche una batteria d’auto esausta. «Questa

Qui sopra, Angelo Pianelli, escursionista di Cori (Lt)

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«Con gli sherpa ripuliamo il Baltoro» Intervista a Maurizio Gallo, una vita sull’Himalaya

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aurizio Gallo vive quasi 120 giorni all’anno sull’Himalaya, è guida alpina e da quando è stato fondato il comitato Evk2Cnr è il responsabile logistica delle attività in Pakistan e Nepal. Da anni guida le spedizioni per recuperare dal ghiacciaio del Baltoro i rifiuti lasciati dagli alpinisti e dalle loro guide.

batterie in acqua. In località Terzo Ponte fra buste d’immondizia anche una batteria d’auto esausta. Il recupero di questi rifiuti non è facile, bisogna calarsi nei fossi, servono mezzi economici e risorse umane.

è un’artetia principale del canalone che arriva fino al ponte romano della catena giù in paese – aggiunge Simone dopo aver recuperato la batteria calandosi nel dirupo con una corda – Tutti questi rifiuti con l’arrivo delle piogge saranno spinti sempre più a valle, potrebbero chiudere la luce del ponte determinando rischi da non sottovalutare».

mezzi insufficienti

Ci spostiamo ancora e arriviamo a un altro fosso del canalone che, quando arriva a Cori, passa sotto il ponte della Catena risalente al I secolo a.C., nei pressi di Porta Ninfina. «Tutto il costone di questo canale – riprende – è caratterizzato da cumuli e cumuli di rifiuti». C’è di tutto: un lavabo, mattoni e piastrelle, pezzi di maiolicature, fino a un’intera automobile, una Smart, fatta a pezzi. Sarà stata gettata qui forse perché è stata rubata. Ma quel che preoccupa di più è un’altra automobile a precipizio sul canalone, bloccata solo da un albero. Inevitabilmente finirà nel letto del torrente in cui troverà sfogo l’acqua quando pioverà più intensamente. Ci sono anche vetri, secchi e ba32

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rattoli, una vera e propria discarica. La situazione, insomma, è critica. E poco riescono a risolvere al momento le domeniche ecologiche organizzate dal Comune di Cori, che ha un territorio molto vasto da controllare, con mezzi sicuramente insufficienti. «La comunità montana dei Monti Lepini ci dà una mano nella manutenzione del territorio – dice dal canto suo Enrico Bernardini, assessore all’Ambiente del Comune di Cori, che incontriamo dopo la nostra escursione – ma spesso i mezzi, in risorse economiche e uomini, non sono sufficienti per un territorio così vasto». Un discorso che si ascolta spesso, purtroppo, di questi tempi quando ci si confronta con gli amministratori. L’unica speranza così rimane l’apertura ormai prossima del centro di raccolta rifiuti ingombranti e l’aiuto della Guardia nazionale ambientale, da poco insediata in paese. «Quando un decreto del sindaco la doterà di poteri di polizia giudiziaria - aggiunge l’assessore - potrà controllare il territorio e sanzionare reati quali l’abbandono di rifiuti». Nel frattempo il panorama resta costellato da cumuli d’immondizia. n

Come si ripulisce un ghiacciaio sulle vette dell’Himalaya? Facciamo delle campagne di sensibilizzazione, per queste pulizie sopra i 5.000 metri ci vuole la gente pakistana che segue le spedizioni. Perché l’idea è che se cambiamo la testa a chi in montagna ha più forza e voglia abbiamo dei buoni risultati. Il turista è già troppo stanco. Sono loro, in Nepal gli sherpa, che devono capire quanto sia importante tenere la montagna. L’acqua del Baltoro alimenta il bacino dell’Indo da cui bevono centinaia di milioni di persone, un motivo in più per tenerlo pulito.

A chi fa escursionismo suggerisco di non affidarsi mai alla raccolta fatta dagli altri, anche se c’è un bidone. Meglio riportare con sé i propri rifiuti Da quando avete cominciato nel 2006 ad oggi, il ghiacciaio è tornato pulito? Con le campagne si sensibilizzazione abbiamo avuto ottimi risultati: in due anni abbiamo raccolto 20 tonnellate di rifiuti. Adesso siamo quasi arrivati alle condizioni ottimali e raccogliamo i rifiuti prodotti ogni anno e potremo calcolare quanti ne produce ogni turista. Se pensiamo che con un alpinista si muovono 10 portatori… Dall’Himalaya alle nostre montagne, cosa suggerisce a chi fa escursionismo da noi? Di non affidarsi mai alla raccolta dei rifiuti fatta dagli altri, anche quando c’è un bidone. In montagna ogni operazione ha un costo, meglio riportare con noi i nostri scarti.


Decalogo per l’escursionista a impatto zero

in collaborazione con Maurizio Gallo Portare nello zaino un sacchetto per portare via i rifiuti, per mettere al suo interno i rifiuti sporchi che macchiano.

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Anche se nei parchi e nei rifugi si trovano bidoni per i rifiuti, preferire l’autotrasporto a valle. Meglio trasportare di persona i propri scarti che con l’elicottero che ha costi ambientali enormi.

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Usare la borraccia, i sacchetti idratanti e il thermos, anche se pesante, al posto delle bottiglie di plastica.

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Fare preselezione degli alimenti nello zaino eliminando i contenitori inutili. Se portiamo succhi, eliminiamo prima di salire in montagna il cartone che racchiude i tre tetrapak. Un sacco di plastica può contenere tutto, senza portarci il packaging superfluo.

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Riportare l’ambiente al suo stato naturale dopo le attività in tenda. Portare a valle anche ciò che è biodegradabile come le bucce della frutta, per evitare il loro impatto visivo e perché non spariscono subito. Hanno poi addosso pesticidi che producono effetti negativi nella flora e nella fauna.

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Seguire i sentieri tracciati e non percorrere il bosco al di fuori di quelli esistenti, evitando le scorciatoie.

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Raccogliere nel sacchetto tutto ciò che si trova, anche se lasciato dagli altri.

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è necessario che le associazioni di promozione turistica preparino contenitori alla fine e all’inizio delle zone di escursione.

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Considerare i costi sociali della rimozione di ciò che si lascia in montagna. Anche per i rifugi è difficile lo smaltimento e costoso. È sbagliato pensare che alla pulizia ci pensano altri.

FOTO: © fusaro/ag.sintesi

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raccolte trentine

Anche in provincia di Trento smaltire i rifiuti urbani è difficile. Non mancano discariche stracolme con perdite di percolato e rischio d’inquinamento falde di Michela Offredi

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istese verdi, cime innevate, persone immerse nella natura e nello sport. Queste le immagini che si materializzano nella mente dei più quando si nomina il Trentino. E in effetti la Provincia automa di Trento è tutto questo. Ma non solo. Addentrandosi fra le sue vie e ascoltando i suoi abitanti si scopre che anche questa splendida terra non è indenne dai problemi che coinvolgono altre città italiane, primo fra tutti quello dei rifiuti e delle discariche. «Fino al dopoguerra il rifiuto non era un problema, si consumava poco e ognuno smaltiva i suoi scarti. Con il miglioramento della vita questo fantasma è arrivato anche qui – spiega Luigi Casanova, portavoce dell’associazione Mountains Wilderness – In Trentino, e in montagna in generale, il terreno è limitato e lo spazio è quasi inesistente. Dal 1980 sono state costruite ben sei discariche lungo i corsi d’acqua più importanti delle valli, compresa quella di Trento, posta sul fiume Adige, dove oggi si vuole costruire l’inceneritore. Ben

cinque di queste sono ancora in funzione. I problemi sono continui: perdite di percolato, inquinamento di vaste aree di terreni e la loro impressionante crescita, all’incirca un raddoppio di capacità ogni dieci anni». E da questi luoghi sono evaporati timori e scontri, talvolta frutto di situazioni poco chiare. Negli ultimi anni alcuni scandali hanno richiamato l'attenzione dei media nazionali e destato preoccupazione nei cittadini. «Note sono le vicende che hanno interessato la discarica Sativa di Sardagna e l’ex Cava Monte Zaccon di Marter nel Comune di Roncegno. Ormai è certo – commenta Casanova – l’inchiesta ha rilevato la presenza di tonnellate di rifiuti speciali. L’ente pubblico per anni ha rifiutato ogni controllo nonostante le sollecitazioni di cittadini e comitati. Perché i fatti illeciti venissero smascherati è stato necessario rivolgersi al corpo Forestale dello Stato visto che gli organi di vigilanza ambientale locali, controllati dal mondo politico, non intervenivano», afferma Casanova.

Sopra l’ingresso nella discarica di Sulizano. Nella foto piccola, Margherita Fabris, consigliere comunale a Telve (Tn)

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Massa informe

«Questo aiuta a capire perché oggi i trentini siano sospettosi quando si parla di discariche e tendono a non fidarsi di chi minimizza la situazione – spiega Margherita Fabris, consigliera comunale a Telve – A nessuno piace avere, vicino a casa, un luogo di raccolta per i rifiuti, ma la situazione diviene insostenibile quando questi sono pericolosi per la salute, e le persone ne sono consapevoli». «Le nostre ricerche hanno riguardato in modo più dettagliato l'inquina-

nomeno che probabilmente si ha e che si avrà – avverte Marco Rigo – è una lenta dismissione di questi materiali nel tessuto acquifero e sotterraneo, e una dispersione praticamente ignota. La situazione sarà difficilmente risolvibile».

Immondizia sul torrente

Anche la discarica in località Maza, nel Comune di Arco, è stata sequestrata lo scorso anno, dopo che si erano verificate perdite di percolato. «Oggi è aperta. Stiamo cercando di apportare le dovute opere per rendere il sito sicuro – rassicura Salvador Valandro, presidente della Comunità Alto Garda e Ledro – Queste La campagna di riguardano la copertuLegambiente dedicata ra del primo lotto che è allo spazio alpino esaurito, il suo continuo partirà il 20 luglio e monitoraggio, e la creaziosarà scandita da Festambiente Alpi, in ne di una seconda vasca Val Masino (Sondrio). Anche l’edizione per il percolato. Inoltre è 2011 vedrà la consegna delle bandiere prevista la sistemazione verdi e quelle nere, rispettivamente alle del terzo lotto così da pobuone e cattive pratiche. La Carovana ter conferire rifiuti anche delle Alpi non si limiterà alle alte cime, qui. Una sorta di ampliaperché la montagna italiana è afflitta mento interno». E un alanche dai mali delle aree metropolitane, largamento è stato deciso come il consumo di suolo. “Montagne anche per la discarica di senza terra” sarà il tema del dossier che inerti a Scurelle. «Quella punterà l’attenzione sulla trasformazione di Sulizano insiste su un edilizia della montagna rurale. torrente alluvionale, che i alpi@legambiente.it nel 1966 aveva sconvolto l’intera valle e gli abitati. Gli abitanti sono contrari a un ampliamento per mantenere mento prodotto dalla "Acciaierie il torrente più integro possibile – Valsugana" (altra piaga del terririprende Luigi Casanova di Moutorio trentino, nda), ma è evidente natin Wilderness – Inoltre vi è una che la situazione di Monte Zaccon scarsa fiducia nei controlli, anche turba – dice Marco Rigo dei Mediperché nelle pertinenze della discaci per l’ambiente Trentino-sezione riwca vi sono importanti aree agriValsugana – Vennero depositati cole e abitati numerosi». La stessa clandestinamente enormi quancontrarietà era ed è espressa da tità di materiale tossico-nocivo. alcuni abitanti di Tenno, paesino Oggi c’è questa massa informe affacciato sul lago di Garda, dove di diverse tipologie di rifiuti; si fra antichi borghi e ulivi, è stata tratta di un quantitativo enorme, costruita una discarica di inerti, stratificato a più livelli e non faprovenienti da tutta Italia. «Le racilmente asportabile. La discarica gioni del profitto determinano le poggia senza isolamento sopra un scelte, anche quelle più assurde», substrato fratturato e aperto alla conclude Casanova. Talvolta anche percolazione attraverso un sistema in Trentino. n acquifero a falde sovrapposte. Il fe-

cime senza terra

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Rispetto di natura di Valter Giuliano *

Le terre alte richiedono attenzione, cura, amore. Bisogna entrarci in punta di piedi, consapevoli di un equilibrio fragile che atti inconsulti possono rendere del tutto precario. Siamo abituati a considerare i monti solidi e resistenti, fatti di roccia indistruttibile. Non è così. E se cagionevoli sono le rocce, figuriamoci l’ambiente delle alte quote! Gli animali sopravvivono a elementi selettivi straordinari. La flora si è adattata a rigori altrove impensabili e ha adeguato i suoi cicli alla brevità delle stagioni. Ecco perché disturbare la fauna

compromette la sua sopravvivenza e gesti inconsulti rischiano di distruggere per sempre le specie vegetali. L’alta montagna va vista, ascoltata e frequentata con le stesse accortezze con cui L’alta entriamo in un’abbazia, montagna un convento di clausura, va frequentata una chiesa. Ascoltando il con le stesse silenzio che magicamente accortezze con ci circonda e così cui entriamo riattivare i sensi per in un’abbazia sentire il vento che guida il volo degli uccelli e l’odore della pioggia, percepire l’elettricità del temporale incombente, annusare i fiori su cui si posa l’insetto per garantirsi il futuro, guardare il viaggio delle nuvole nell’alto del cielo o leggerne il divenire nei giorni di pioggia. Sistema fragile la montagna. Fragilissima quella dove non arrivano strade, dove non ci sono villaggi; solo rifugi, bivacchi, strutture per chi vuole andare oltre, alla scoperta della solitudine. In alta quota e ai rifugi non c’è il servizio di nettezza urbana. I rifiuti che produciamo li dobbiamo portare con noi a valle e depositarli dove qualcuno se ne farà carico. I rifugi hanno enormi difficoltà a smaltire i rifiuti. Devono ricorrere all’elicottero, con un costo energetico e di inquinamento non indifferente. Riportiamoli a valle con noi. La Natura ci dirà grazie. * direttore rivista Alp


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