04/2013 – N. 17
Tecnologie e protagonisti dell’ICT
Il des ign ti illumi na
: gua
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pertina
al buio
www.digitalic.it
strofina & annusa
Carta copertina Conqueror Iridescent Silica Blue by
Arjowiggins Creative Papers
Grafiche dell’Artiere
Stampa e fustella by
Vernici serigrafiche by
Busta in Setalux (ed. limitata) by
Immagine di copertina by
Serigrafia by
Vernice profumata by
Realizzazione busta (ed. limitata) by
Imagem
Cover
Marabu Italia Druckfarben
Manifattura del Seveso
Cartotecnica Montenegro
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EDITORIALE
Il design è forma, certo, ma più di ogni altra cosa è sostanza. Non si tratta semplicemente dell’estetica di un prodotto, dei suoi contorni o del suo colore, ma della sua funzionalità. Il design costruisce oggetti (ma non solo) che rispondono perfettamente, comodamente e intuitivamente alle funzioni per le quali sono stati pensati. Si applica quindi anche ai software, ai siti Web, alle App, non solo ai mobili di casa, ai frullatori o ai telefonini. Praticamente qualunque cosa può essere “di design”: anche se oggi l’espressione serve a indicare qualcosa di chic e costoso, la realtà non è esattamente così. Dieter Rams, che ha fatto la storia del design, ha realizzato prodotti molto economici, ma che ancora oggi stupiscono per la loro intelligenza, scopritelo nella rubrica Creative Park, addentratevi nel suo mondo e nelle sue 10 regole d’oro. Molto spesso la perfetta funzionalità genera forme mirabili, belle da vedere, da usare e da toccare, ma è accidentale. Steve Jobs diceva «ciò che è bello funziona anche meglio», ma è vero soprattutto il contrario: «ciò che funziona meglio è anche bello». A capovolgere la frase è Philippe Daverio, uno dei massimi esperti di design, in un’intervista esclusiva che potete leggere in questo numero… illuminante! Ma di cosa è composto il design? Di linee? Di materiali? È costituito,
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Francesco Marino Direttore Responsabile Digitalic francesco@digitalic.it
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soprattutto, di pensiero e per fortuna è una delle poche cose che a questa povera Italia non manca. Nel design siamo ancora una potenza mondiale e lo dimostrano le fiere in questo ambito: dal Salone del Mobile
“NOI CI CREDIAMO DA SEMPRE: È SUL DESIGN E SULLA TECNOLOGIA CHE DOBBIAMO PUNTARE.” alla Biennale di Venezia, passando anche per il GrafItalia, che non sono manifestazioni italiane, ma mondiali. Lo testimonia soprattutto la vitalità delle scuole italiane, che sono ricche di talenti e alcuni di questi giovani pieni di idee li abbiamo intervistati: li trovate in queste pagine accanto ai mostri sacri e le loro intuizioni non sfigurano affatto. Noi ci crediamo da sempre: è sul design e sulla tecnologia che dobbiamo puntare. Sono due strumenti che possono liberare le energie del Paese e che sono oggi più che mai in simbiosi. Si progetta con strumenti digitali e chi li padroneggia al meglio ha un grande vantaggio, non solo in fase di progettazione, ma anche nella diffusione delle proprie idee. E poi sono le aziende più tecnologiche che costruiscono il loro successo sul design. Insomma il design, unito indissolubilmente al digitale, può essere la luce che illumina le sorti del mercato e la nostra copertina che brilla al buio lo simboleggia.
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SOMMARIO
Anno 2‚ numero 17‚ aprile 2013 www.digitalic.it
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Registrazione Tribunale di Milano n. 409 del 21/07/2011 ROC n. 21424 del 3/08/2011 Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica per il periodo 1/1/2012-31/12/2012
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TECNOLOGIA
Photo La mappa di tutte le idee
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Bloguru Matita e computer per reinventare il mondo
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White Paper Le idee prendono forma
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MERCATO Start-up Il design delle buone idee DGTalk - La forma del design - Il design cambia il mondo
DGTalk - Il cuore “mobile” del design… - Non chiamateli sfidanti
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Creative Park I 10 comandamenti del buon design
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Punto G Il futuro è dell’eco-design
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WEB SOCIAL CLUB 22 26
Management Outsourcing: dall’India con amore (e difficoltà)
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Coffee Break Il Mobile Marketing
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Achab - Avira 43 Agile Telecom/DigiTel 3 Alias 7 - 33 - 45 Arjowiggins Creative Papers III cop Charme & Relax 53 - 55 Ciemmeci Light Mark inserto (ed. limitata) CommVault Systems Italia 57 Computerlinks 27 Cover inserto 35 - 36 Dell 13 Druckfarben 73 Emc - Errevi System 29 - 30 - 31 Evolution 19
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Evoluzioni Stampare gioielli 3D
DGReport La forma della security
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Direttore Responsabile: Francesco Marino - francesco@digitalic.it Caporedattore: Marco Lorusso - marco@digitalic.it Responsabile di Produzione: Raffaella Navarra - produzione@mmedia.info Hanno collaborato: Amir Baldissera, Luca Bastia, Barbara Bonaventura, Alessio Ferri, Sara Fevola, Girl in the Cloud, Luca Mirani, Francesca Pilone, Valerio Rosano, Marco Sampietro, Daniela Schicchi, Barbara Selis, Barbara Silbe, Antonella Tagliabue, Elena Veronesi. Immagini offerte da: iStockphoto e Thinkstock (Gruppo Getty Images) Progetto grafico e impaginazione: Davide Spagnuolo/BluLapis s.n.c. Pubblicità e Pubblicità Web Ufficio Traffico: adv@mmedia.info Ufficio Abbonamenti: abbonamenti@mmedia.info Una copia euro 3,90 - Arretrato euro 7,80 Abbonamento annuale (11 numeri) Italia euro 33,00 - Estero euro 66,00 http://www.digitalic.it/wp/abbonati Stampa: Italgrafica srl Via Verbano n. 146 - 28100 Novara Cellophanatura: NUOVA EFFEA s.r.l. v.le Lombardia, 51/53 - 20861 Brugherio Mi
SHUTDOWN Girly Tech Dal cubo di Rubik alla teoria di Kurzweil
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Mad4It Contenuto e contenitore
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Fortinet Grafitalia Gruppo Vpp Idc iStockphoto Manifattura del Seveso Marabu Italia Microsoft Nuova Effea Thinkstock V-Valley Viscom - Reed Exhibitions Italia Xenesys
Periodicità: 11 numeri Tiratura media:15.009 copie Diffusione media:14.575 copie Certificato CSST n. 2012/2334 del 27/02/2013 Società di Revisione: REFIMI
17 48 51 20 5 IV cop 69 II cop 61 77 9 - 39 75 25
MMEDIA s.r.l. via Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB) tel. 039.2301393 - fax 039.2326449
Informativa ex D.Lgs 196/3 (tutela della privacy) MMedia s.r.l., Titolare del trattamento, tratta, con modalità connesse ai fini, i suoi dati personali, liberamente conferiti al momento della sottoscrizione dell’abbonamento od acquisiti da elenchi contenenti dati personali relativi allo svolgimento di attività economiche ed equiparate per i quali si applica l’art. 24, comma 1, lett. d del D.Lgs n. 196/03, per inviarle la rivista in abbonamento od in omaggio. Potrà esercitare i diritti dell’ art. 7 del D.Lgs n. 196/03 (accesso, cancellazione, correzione, ecc.) rivolgendosi al Responsabile del trattamento, che è il legale rappresentate di MMedia s.r.l., presso MMedia s.r.l., nella sede operativa di via Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB). Gli articoli e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Tutti i diritti sono riservati; nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in nessun modo o forma, sia essa elettronica, elettrostatica, fotocopia ciclostile, senza il permesso scritto dall’editore. L’elenco completo ed aggiornato di tutti i Responsabili del trattamento è disponibile presso l’Ufficio operativo, Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB). I Suoi dati potranno essere trattati da incaricati preposti agli ordini, al marketing, al servizio clienti e all’amministrazione e potranno essere comunicati a società esterne per la spedizione della Rivista e per l’invio di nostro materiale promozionale. Annuncio ai sensi dell’art 2 comma 2 del “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio della attività giornalistica”. La società MMedia s.r.l., editore della rivista Digitalic rende noto al pubblico che esistono banche dati ad uso redazionale nelle quali sono raccolti dati personali . Il luogo dove è possibile esercitare i diritti previsti dal D.Lg 196/3 è l’ufficio del responsabile del trattamento dei dati personali, presso la sede operativa delle segreterie redazionali (fax 039.2326449).
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Alias, da 20 anni, ricerca e seleziona i marchi e le soluzioni migliori nell’ambito della Sicurezza, dello Storage/Backup, del Networking/Wireless e del Voip. In linea con la costante evoluzione del mercato di riferimento e con le esigenze che lo stesso esprime, Alias forma i propri rivenditori fornendo loro uno specifico know how e strumenti altamente innovativi indispensabili per far fronte alle necessità della propria clientela. Attraverso percorsi formativi specifici, Alias dà identità e valore ai propri rivenditori, condividendo l’importanza di saper offrire qualità e servizio attraverso soluzioni dall’efficacia comprovata e marchi di rilievo internazionale.
Sicurezza - Storage - Backup - Networking - Wireless - Voip - Server - Workstation - Videsorveglianza - Videoconferenza
PHOTO Legenda • Rosso: • Verde: • Rosa: • Giallo: • Arancio: • Viola:
Questa è la rappresentazione di tutti i pensatori del mondo e di come ciascuno abbia influenzato gli altri. La dimensione dei nomi e delle sfere indica quanto (e quanti altri intellettuali) la persona abbia ispirato. La mappa è stata realizzata utilizzando il database di Wikipedia, quindi si riferisce prettamente alla cultura occidentale. Le connessioni dipendono dalla presenza o meno su Wikipedia
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filosofi del XIX e XX secolo filosofi dell’antichità autori influenti scrittori del XIX e XX secolo autori di commedie attori
del box informativo “influenzato da/ha influenzato”. Non è quindi una mappa assoluta, ma rende bene l’idea. I più grandi “influenzatori” secondo questa ricostruzione sono: Nietzsche, Kant, Hegel, Hemingway, Shakespeare, Platone, Aristotele, Kafka e Lovecraft. Se cercate bene troverete anche gli italiani. All’indirizzo http://tinyurl.com/avumvsf, potete vedere la mappa interattiva zoommabile e ricercabile per nome.
BLOGURU
ALL’ANAGRAFE E’ BARBARA SELIS, IN ARTE E’ PIPARULA: ILLUSTRATRICE CHE TRASFORMA LA GENTE (FAMOSA E NON) IN PERSONAGGI SOGNANTI, SEMPLICI EPPURE RICCHI DI DETTAGLI. LA SUA MATITA (E IL SUO MAC) REIVENTANO UN MONDO PARALLELO FATTO DI DISEGNI, IDEE E FANTASIA.
matita e computer per
reinventare
il mondo
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Barbara Silbe
Le sue teste sono tonde come un cerchio di Giotto. Con simpatici occhioni diseguali adornati di ciglia che sbattono come quelle di Betty Boop, solo più contemporanee. E poi capelli svolazzanti, braccine e gambette su corpi stilizzati accessoriati di qualche piccolo, determinante dettaglio che spieghi i personaggi di questo circo fatto con una matita. Stiamo parlando delle creazioni di Barbara Selis, in arte Piparula, illustratrice di origini sarde, ma nata e cresciuta in terra sabauda e trasferita poi a Milano dove tuttora vive e lavora. Il suo sito www.piparula.com è un mondo fatto di caricature e rivisitazioni di molte celebrità. «Disegno dai tempi dell’asilo, è sempre stata la mia passione – ci racconta – anche se gli studi si sono indirizzati verso un liceo scientifico, ho proseguito all’Istituto Superiore di Comunicazione, con specializzazione in grafic design e new visual, in un’ottima scuola che si trovata in piazza Diaz a Milano e che oggi non c’è più».
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Una grafica, quindi? «Sì, faccio quello di mestiere, anche se Piparula tenta di prendere il sopravvento. Lei è più famosa di me, mi fa divertire un sacco, ha perfino più amici su Facebook e quando firmo col suo nome anche una semplice cartolina o un sms a un amico, vengo subito riconosciuta. Ormai posso dire di avere delle crisi d’identità». Una sorta di alter ego, insomma. Ride, e
riprende il discorso quando le chiediamo la ragione di questo curioso nome d’arte. «È complicato – ci dice – viene dalla storpiatura di una parola piemontese, “pipaoeuvv”, che definisce le persone succhiauova, cioè con quella bocca a forma stretta in un gesto che le rende antipatiche e immusonite. Ma io in fondo non mi sento così. Poi una mia coinquilina abruzzese, con la quale stavo ai tempi degli studi milanesi, ci ha aggiunto la sua interpretazione fraintendendo il termine. Pensava che per definirmi io avessi detto piparuli, che nel suo dialetto significa peperoni. Mi piacque il suono di quella parola e la adottai, quella è la maternità della mia firma d’arte oggi brevettata». E lo stile come nasce? «I miei primi soggetti spuntano del 2003; erano molto semplici, scarni, poi ho iniziato a elaborarli in forme più complesse. Tutto ebbe inizio a seguito di un mio stato di disperazione, di difficoltà lavorativa. La mia prima Piparula aveva solo un testone enorme. Ero io piena di pensieri». Ma ora non è sempre lei nei disegni? «No, direi di no. Ed è anche più bello quando piparulizzo gli altri per amicizia o per lavoro». La cifra stilistica sembra essere la semplicità: «Lavoro usando pochissimi dettagli di sintesi – ci dice – a volte studiando solo una foto cerco di tirare fuori dalla persona una caratteristica fisica, o le sue passioni, gli hobbies, il lavoro, e se la conosco personalmente mi basta anche solo un
foto di QGphoto, illustrazioni by Piparula
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BLOGURU una scelta estetica perché si abbinava bene alle pareti dipinte di giallo. Mi sono divertita anche a reinventare gli ultimi scudetti dell’Inter, squadra del cuore, o i Mondiali di calcio del 2006 e altri sport come Olimpiadi, sci, parapendio, snowboard. Quei disegni sono stati una specie di portafortuna: per i Mondiali mi chiedevano tutti in anticipo la Pipa prima della partita. Infine è importante quello che mi ispira nel vivere quotidiano. Pipa non è ancora entrata in politica, si trattiene per ora, ma lì ci sarebbero molte cose da dire per prendere in giro tutti».
atteggiamento». «La personalizzazione dell’illustrazione è la forza di Piparula – prosegue Barbara Selis – posso produrre magliette, felpe, borse, quadri, ciabattine da mare, cover per cellulari, bomboniere per gli sposi, cose per bambini e gadget di ogni sorta. Sul sito c’è tutto sulle Pipa Creations e i Pipa Prints, biglietti d’auguri, locandine o cartelloni. E poi faccio ogni anno un calendario speciale». Definisca “speciale”, siamo curiosi… «Il primo – ci svela – è stato quello dedicato alle favole, mi piacque tantissimo realizzarlo. Si intitolava “Pipa una volta”, ogni mese Piparula entrava in un mondo di racconto fantastico: la Pipa addormentata nel
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bosco, Pipaccetto Rosso, Pipaneve, la Pipa sul pisello. A quell’esordio sono particolarmente legata. Poi ho fatto le rivisitazioni dei telefilm e dei film celebri, piparulizzando ET, Guerre Stellari, Grease, Colazione da Tiffany, Kill Bill, Matrix, poi vennero i quadri dei grandi pittori come Klimt, Dalì, Leonardo o Modigliani. L’arte fu un’esperienza particolarmente intensa e complessa. Il calendario di quest’anno era sulla musica, ogni tavola una band: il Pip’s and Roses, i Pip Pistols, i Pipa Maiden, i Pipvana». A cosa è più affezionata? «Non riesco a fare una vera classifica, sinceramente. Forse a tutto. A casa mia ho appeso Pipa Warhol, mia versione della Marylin multicolore e famosissima, ma è più che altro stata
Il suo prossimo lavoro quale pensa che sarà? «Ho in mente diversi filoni. Uno è quello delle foto celebri, le immagini che i grandi maestri dell’obiettivo hanno realizzato nel Novecento e sono diventate icone. Avedon, Man Ray, Cartier-Bresson, vedremo. Poi vorrei fare i Pipaviaggi, con molti luoghi e culture del mondo, anche questa è una cosa che ho in mente da diverso tempo, ma rimando perché vorrei
prima viaggiare un po’, andare sul posto e rendermi conto io stessa di quel che dovrò interpretare. Per le illustrazioni poi, basterà un cappello, un colore, uno sfondo, ed sono già fatte». Quando le domandiamo con quali supporti lavora Barbara Selis afferma allegra: «Io sono decisamente una ragazza Apple. Sono una grafica, lavoro con quel sistema operativo e lo conosco bene. Avrei tra le mie ambizioni anche quella di realizzare un’App per vendere le mie cose, la chiamerei “Piparulize yourself”, c’è già un’idea e un mini-progetto dietro: gli utenti potrebbero costruirsi la caricatura scegliendo da molti modelli, visi, pettinature, abiti intercambiabili e disponibili dentro l’applicazione stessa». C’è qualcosa di difficile nel suo lavoro? «La difficoltà – conclude Barbara Selis – arriva spesso quando devo lavorare su cose che mi chiedono gli altri, che non vedo e non immagino immediatamente io. Devo cercare l’ispirazione, questo richiede tempo, però quando arriva, io poi sono velocissima nell’esecuzione dell’opera. E mi ritrovo anche a dover disegnare subito, come fosse un bisogno, fermandomi per strada o dove mi trovo per non dimenticare quel che mi passa per la testa. Una volta ero in metropolitana, dovevo scendere in piazzale Loreto e sono invece finita alla fermata di Sesto San Giovanni, perché stavo disegnando e non mi sono accorta di nulla. È stato imbarazzante, un’amica mi ha presa in giro parecchio. Sono un po’ svampita, come Piparula».
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WHITE PAPER 14
LE IDEE PRENDONO FORMA Daniela Schicchi “Schicchina, tu farai la giornalista”. Così ha avuto inizio tutto, credo. 26 anni, appena laureata in una materia che non c’entrava nulla con il giornalismo, con un direttore fantastico al quale devo molto (Sergio Meda) e una totale inesperienza. Da lì sono passati 12 anni. Ho bazzicato tra testate di sport e fitness, gossip, digital printing, beauty, salute, sanità e un’agenzia di comunicazione per arrivare – infine – al Grande Salto. Quello nella Rete e nella consulenza della libera professione. Un percorso fatto di incontri, apprendimento, curiosità, risate e parecchie arrabbiature. Ho scoperto che le parole possono essere fantastiche. Ho toccato con mano la bellezza di supporti unici e portenti della tecnologia in grado di realizzare “quasi” tutto. Ho imparato che per comunicare bisogna andare al passo con i tempi e che, per stare al passo con i tempi, bisogna rimettersi in gioco tutti i giorni.
Arriva aprile, il mese del design per eccellenza, quanto meno in Italia e noi lo celebriamo in grande stile con una copertina bianca, dai molti effetti e con un’edizione limitata impreziosita da una busta in tessuto.
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Tutto inizia da qui Ovvero dall’immagine
rielaborata dalla mente e dall’abilità di Imagem e di Carlo Magrì. Si tratta di un solido geometrico ispirato alla recente tendenza architettonica che vede strutture reticolari non regolari, organiche e sinuose, rese possibili dall’impiego di programmi di modellazione tridimensionale avanzata. Il solido è un cubo al quale sono state
ARJOWIGGINS CREATIVE PAPERS Arjowiggins Creative Papers, produttore e leader nel settore delle carte creative, commercializza brand ben noti quali: Conqueror, Opale, Inuit, Curious Collection, Keaykolour, Rives e Pop’Set. Carte per rendere unica qualunque applicazione. I prodotti sono certificati FSC con un’offerta di carte 100% riciclate premium, oltre al fatto che la gamma Conqueror è classificata CarbonNeutral in molti Paesi. L’attenzione per il mondo dei creativi è supportata da “The Blank Sheet Project”, la piattaforma che aggrega la comunità creativa invitandola a lasciare il segno nel mondo in modo responsabile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Iniziativa che continua a ispirare nuove idee grazie ad ambasciatori di fama internazionale. www.arjowigginscreativepapers.com
applicate varie deformazioni computerizzate. In qualche modo, quello che ne è saltato fuori è stato quasi “automatico”.
Iridescente per stupire La carta scelta per rappresentare il mondo del design è la Conqueror Iridescent Silica Blue da 350 grammi di Arjowiggins
MANIFATTURA DEL SEVESO Manifattura del Seveso ha quasi cent’anni di vita. Grazie alla lunga esperienza nel campo della nobilitazione e del finissaggio dei tessuti, si è affermata come produttore leader in Italia e in Europa di tele per la legatoria, la cartotecnica e il packaging di lusso. Le tele, “amiche dell’ambiente” e riciclabili, sono prodotte con tessuti e carte generati in modo responsabile. Lo stesso ciclo produttivo sostenibile guida l’azienda nella direzione di una continua ricerca di materiali “green”. Presente in 30 Paesi nel mondo, con un rapporto di vendita prodotto pari al 50% in Italia e 50% in esportazione, Manifattura del Seveso vanta numerose certificazioni di qualità, oltre alla certificazione FSC per alcuni prodotti, unica azienda al mondo nel settore delle tele per rivestimenti di legatoria a possederla. www.manifatturadelseveso.it
Imagem è costituita da un team di architetti, ingegneri, grafici, fotografi e compositori, in grado di seguire con le giuste competenze tutte le fasi di un prodotto multimediale, dalla sua ideazione alla sua modellazione, dall’animazione sino alla colonna sonora originale. Grazie a questo particolare approccio multi-disciplinare, tutto il team può spaziare nelle varie aree della comunicazione e del marketing, garantendo risultati originali e mai convenzionali. Carlo Ma-
grì, in particolare, architetto e musicista, si occupa da più di quindici anni di comunicazione, computer grafica, modellazione tridimensionale e visualizzazione fotorealistica nell’ambito dell’architettura e del design. Collabora con varie testate giornalistiche nazionali e con software house italiane ed internazionali per le fasi di sviluppo e testing di programmi. Insieme a Paola Samoggia ha dato vita nel 2007 ad Imagem srl. www.imagem.it
GRAFICHE DELL’ARTIERE
DRUCKFARBEN
Fondata nel 1977, è una realtà unica nel panorama delle aziende grafiche italiane, grazie alla continua ricerca di qualità e di nuove soluzioni di stampa, cartotecnica e legatoria. Tra i premi ottenuti, il “Trophée de la Passion Idéal Arjowiggins” nel 1992, il “5th International Ideal Premier Trophy” nel 1999, il premio nazionale “La Vedovella 2004” per la qualità di stampa, il “Top Applications Award” di Fedrigoni e il primo premio per la migliore stampa dall’associazione internazionale “CMYK” (2008). Grafiche dell’Artiere nel 1998 ha inolre ottenuto la certificazione ISO 9002 e, nel 2001, ISO 9001:2000; nel 2010 e nel 2012 si aggiungono rispettivamente la certificazione FSC e quella ambientale 14001. www.graficartiere.com
Drückfarben produce vernici da sovrastampa profumate, base acqua, solvente, acriliche, viniliche e UV e applicabili su carta, cartone, plastica, metallo e tessuto con diverse tecnologie: flexo, serigrafia, spalmatore, verniciatore, laccatore, offset, roto-offset e rotocalco. Grazie alla tecnologia della microincapsulazione, si ha la garanzia dell’emissione del profumo mediante sfregamento anche dopo diversi mesi dall’applicazione. Drückfarben propone una gamma di oltre 100 profumazioni in pronta consegna e, per i più esigenti, è possibile personalizzare le vernici con le profumazioni dei clienti, in modo da proporre un servizio a misura per le esigenze del marketing olfattivo. www.druckfarben.it
Creative Papers. Una grammatura è importante per dare corpo e spessore alle lavorazioni che la carta ha subìto ed è stata in grado di esaltare. Il suo effetto cangiante, che tende leggermente al blu/azzurro, può impreziosire qualunque immagine.
4 colori, infiniti effetti Il primo passaggio per realizzare questa copertina, dopo averla progettata,
è stato la stampa in quadricromia eseguita magistralmente da Grafiche dell’Artiere. È un passaggio fondamentale sia dal punto di vista tecnico che artistico. Solo se la quadricromia è perfetta si possono poi esaltare tutti gli effetti di nobilitazione successivi.
Dettagli che contano Per questo numero di aprile abbiamo voluto
anche un’edizione speciale, limitata. Cartotecnica Montenegro si è occupata della realizzazione della busta che contiene la rivista, della relativa cordonatura e ha, successivamente, proceduto a incollare con penna manuale ogni singola copia. Anche la stampa della confezione è stata eseguita da Grafiche dell’Artiere, che ha saputo adattare le tecniche a questo supporto così speciale.
RISORSE
IMAGEM
www.guandong.eu Guandong ha ufficializzato il primo accordo italiano per la distribuzione in esclusiva sul territorio di supporti brandizzati, affidandosi, per Marche e Abruzzo, a RAM System, società che commercializza attrezzature e consumabili per la stampa digitale di grande formato. La partnership inaugura la nuova strategia commerciale dell’azienda, che prevede la firma di accordi per la distribuzione, in esclusiva, della gamma di prodotti con il sigillo di garanzia del marchio Guandong. «Oggi più che mai è fondamentale puntare sulla professionalità, stabilendo un’impronta netta per il proprio business e definendone i punti di forza così da potersi distinguere sul mercato. Questa la via per continuare a operare con profitto e queste le basi su cui si fonda la nostra partnership con Guandong», ha dichiarato Robertino Paoloni, direttore generale di RAM System.
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WHITE PAPER
RISORSE
MARABU ITALIA
www.a4adesign.it 100 pezzi facili in cartone alveolare per un arredo essenziale e pulito. È l’omaggio di A4Adesign all’Expo 2015, un progetto di design sociale e democratico, estremo e provocatorio, dove la sostenibilità gioca un ruolo centrale. In vista delle importanti trasformazioni che l’Expo 2015 porterà nella città di Milano, A4Adesign solleva il problema degli arredi temporanei per gli alloggi degli addetti ai lavori e sottolinea la necessità di utilizzare un materiale a basso impatto ambientale. Expo suite rappresenta un ulteriore tassello della campagna “The sustainable lightness of design” lanciata da A4Adesign al Fuorisalone di due anni fa. Pensato per la città e l’ambiente, il progetto coinvolge direttamente le persone, ma parla soprattutto a chi amministra la metropoli e non manca di confrontarsi con altre aziende che operano nel settore della trasformazione.
COVER SRL L’azienda emiliana conta 26 dipendenti e uno staff sempre alla ricerca di nuove possibilità applicative nell’ambito della nobilitazione della carta. Floccatura, plastificazione, verniciatura offset, stampa a caldo e serigrafia sono il core business dell’azienda. L’esigenza di trovare nuove sinergie, mirate al miglioramento della produzione, ha spinto Cover a far parte di un gruppo specializzato nella ricerca di nuovi materiali. Le tecnologie all’avanguardia e i rapporti di partnership con altre imprese rendono possibile evadere grandi e piccole commesse con tempistiche e prezzi competitivi. www.coversrl.eu
Preziosa come seta Cosa c’è di più elegante e prezioso del tessuto? Ecco, dunque, la busta bianca in Setalux, 100% viscosa che custodisce questo numero di Digitalic. Setalux di Manifattura del Seveso, è accoppiata a un cartoncino da 270 g/m2. Rivestimento prezioso, utilizzato per ricoprire libri e prodotti editoriali di lusso, packaging, shopping bag.
Gratta e… profuma Si parla tanto di marketing sensoriale e noi ve lo presentiamo, grazie al contributo di Drückfarben con i suoi inchiostri profumati. La copertina, infatti, è stata profumata sul bordo esterno
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Con oltre 150 anni di attività, il gruppo Marabu sviluppa e produce inchiostri di alta qualità per applicazioni grafiche e industriali. L’azienda, con sede centrale in Germania, è presente in tutto il mondo con filiali e partners di distribuzione. Nata nell’autunno del 2008, la filiale italiana del gruppo – Marabu Italia – ha sede a Locate Triulzi (Milano) e opera su tutto il territorio nazionale, offrendo un portfolio di in-
CARTOTECNICA MONTENEGRO
numerevoli prodotti e soluzioni per la stampa serigrafica, tampografica e digitale, grazie alle esclusive rappresentanze estere garantite. www.marabu-italia.it
L’azienda di Giussano produce, da oltre 40 anni, buste e sacchetti in carta di ogni formato. Dalla fase progettuale fino a quella di produzione, per poche centinaia fino a milioni di pezzi. Tutto all’insegna della qualità e della cura dei dettagli. Taglio laser, shopper, agende, calendari, inchiostri, carte speciali. Servizi complementari allo stampato, il tutto unito a una gestione elastica delle tempistiche e a una consulenza in grado di soddisfare ogni tipologia di clienti e di esigenza. www.cartotecnicamontenegro.com
grazie a una vernice da sovrastampa base acqua all’essenza di muschio bianco.
Quando l’ink fa la differenza Su questo numero ritorna la qualità degli inchiostri firmati Marabu. Cominciando dalla vernice UV serigrafica trasparente e spessorata sul solido, sulle formule matematiche, sulle frecce, sulla testata e sul titolo. Questa vernice è ideale per effetti a rilievo, con elevato spessore, tanto su aree piene quanto per singoli spot. A questa, poi, è stato affiancato l’inchiostro serigrafico fosforescente, Maraglow GW.
Per quanto riguarda la busta in Setalux, è stata utilizzata la serigrafia spessorata trasparente e la serigrafia bianca.
Serigrafia, fa rima con magia Cover ha realizzato la serigrafia che potete apprezzare: le facce esterne della scritta Digitalic, l’intero solido centrale, lo strillo di copertina e le formule matematiche. All’interno dei fori del solido, Cover, ha steso la vernice fosforescente di Marubu ottenendo uno straordinario effetto sorpresa, quello di illuminarsi al buio. Sempre Cover ha curato anche la serigrafia della busta: spessorata e bianca.
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Un mercato mondiale dei servizi cloud pubblici che ha superato il valore di 40 miliardi di dollari nel 2012 ed è destinato a crescere fino ai 98 miliardi entro il 2016. Un private cloud (stime relative all’Europa occidentale) per il quale la spesa è destinata a salire dai 2,8 miliardi di dollari del 2011 ai 7,9 miliardi del 2016… Un mercato a elevato tasso di interesse, dunque, un mercato al quale IDC ha dedicato nelle scorse settimane il prestigioso Cloud Symposium al quale non hanno voluto mancare i grandi nomi del mondo IT, ma soprattutto i manager e le aziende che stanno affrontando una trasformazione destinata a cambiare radicalmente il ruolo stesso dell’IT all’interno delle imprese. Ecco il reportage esclusivo: collegati al QR code e ascolta le voci dei protagonisti.
«Meno tecnologia, più business, così cambia l’IT». La voce di Fabio Rizzotto Come sempre, ad aprire le danze dell’atteso IDC Cloud Symposium dello scorso mese ci ha pensato Fabio Rizzotto, IT research & consulting director di IDC Italia. A lui il compito di fare il punto della situazione e raccontare al pubblico presente come, pur in una situazione molto complessa come quella attuale, il cloud si stia dimostrando un importantissimo veicolo di innovazione nelle aziende e, soprattutto, una leva di grande cambiamento per la funzione IT, meno “confinata” in ambito tecnologico e più coinvolta in tutti i processi chiave di business.
F5Networks, va cambiato tutto il framework di erogazione e sviluppo
Pietro Riva, sales director Southern Europe Verizon Terramark, punta sul cloud ma, prima di tutto, sulle esigenze delle aziende. «Il cloud, inteso come servizi infrastrutturali, sarà il futuro dei sistemi IT. Dal nostro punto di vista la scelta del cloud è importante, ma non così complicata: bisogna partire dalle esigenze, bisogna capire come e se le erogazioni innovative di servizi possono giovare concretamente al business e ai processi aziendali. Di sicuro va dimenticata l’idea di poter passare da sistemi in house a sistemi cloud in maniera semplice e diretta».
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«Il cloud ha un impatto importantissimo sul mondo dell’office automation – racconta Adriano Zuradelli, marketing manager Kyocera Document Solutions Italia –. Favorisce infatti la distribuzione e la condivisione delle informazioni in maniera diretta, sorprendente, flessibile… Noi vogliamo giocare un ruolo importante in questo mercato, ci crediamo. Vediamo grandi opportunità per i nostri clienti e i nostri partner».
Sulle nuvole, senza indugio e grazie al canale
Paolo Arcagni, system engineer at F5Networks, non ha dubbi ma avverte: «Tutte le imprese si stanno orientando verso il cloud e questo cambia anche le abitudini con le quali le applicazioni vengono portate ai clienti. Va cambiato dunque il framework di erogazione e sviluppo delle applicazioni, va implementata una politica di sicurezza identica, come efficacia, sia per il data center privato e tradizionale sia per gli ambienti cloud pubblici».
Verizon, «prima di tutto le esigenze reali dei clienti»
Una rivoluzione anche per l’office automation, parola di Kyocera
Da tempo IBM ha scelto di intraprendere con decisione la strada del cloud attraverso una strategia molto precisa, articolata e con il supporto di una squadra di partner adeguatamente formata. I dettagli, gli sviluppi e gli obiettivi sono tutti in questa intervista con Alessandra Brasca, cloud leader di IBM Italia che è stata grande protagonista della giornata firmata IDC.
«Fondamentale per le Pmi, ma i grandi si stanno muovendo prima», i consigli di Seeweb Tra i principali protagonisti dell’evento firmato IDC, Antonio Baldassarra, Ceo di Seeweb, spiega quali sono le tipologie di cloud che si stanno diffondendo con maggiore efficacia sul territorio italiano e soprattutto racconta cosa e perché frena lo sviluppo di questo paradigma tecnologico.
Rittal, «ecco come cambia il data center» Alessio Nava, direttore divisione IT e telecomunicazioni di Rittal, in questa esclusiva intervista racconta gli sviluppi e il futuro verso il quale i data center aziendali stanno andando. Un’occasione preziosa per capire come il cloud sta impattando su questa profonda evoluzione destinata anche a cambiare il ruolo della funzione IT.
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Le Best Practice dell’innovazione In un momento in cui l’IT non può piĂš limitarsi al mero efficientamento dei processi aziendali, va accentuandosi la pressione sulle aziende e sugli IT decision maker per “fare innovazioneâ€?. Come l’IT può contribuire alla costruzione dell’IMPRESA DEL FUTURO? Durante gli appuntamenti, grazie al contributo degli analisti IDC, ad aziende leader e alla presentazione di progetti di eccellenza come TNT Italy, Nato e Comune di Napoli - per citarne solo alcuni - verranno affrontati temi come: ÇŠ &RQVROLGDPHQWR H 9LUWXDOL]]D]LRQH ,QWHOOLJHQWH ÇŠ 'DWD &HQWHU H ,QIUDVWUXFWXUH 0DQDJHPHQW ÇŠ &RQYHUJHG ,QIUDVWUXFWXUH H &ORXG &RPSXWLQJ ÇŠ 7UXVWHG ,7 DYDLODELOLW\ SURWHFWLRQ VHFXULW\
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Per informazioni e registrazioni:
Torino, 11 aprile - Pinacoteca Agnelli Napoli, 16 aprile - Grand Hotel Parkers Sant’Agata Bolognese, 13 giugno - Automobili /DPERUJKLQL Padova JLXJQR 9LOOD ,WDOLD Firenze VHWWHPEUH *UDQG +RWHO 9LOOD 0HGLFL
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MERCATO Non solo prodotti, soluzioni, device. Anche le idee hanno il loro personalissimo design. Un design che cambia a seconda delle situazioni, delle persone, delle intuizioni… Un design che, come sempre, pur nel mezzo di rapidi e continui cambiamenti ed evoluzioni, per non finire presto nel dimenticatoio, si trova sempre nella necessità di trovare una declinazione concreta, efficace, piena. Una declinazione che ora è molto più semplice grazie a una serie di strumenti di
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condivisione e raccolta fondi che – proprio in virtù alla potenza della Rete – stanno conoscendo una fase di importante sviluppo. Tra questi, Quirky punta proprio a diventare il modo più semplice per trasformare una grande idea in un prodotto concreto. In realtà Quirky è molto più di un sito: è un sistema che prende le idee per nuovi prodotti, le ingegnerizza, le finanzia, le produce e le vende, versando il 30% all’inventore. Fondato nel 2009, Quirky ha una storia di successi alle spalle
e nasce da un’idea molto diversa rispetto ai siti di crowdfunding come kikstarter.com. Nel caso del crowdfunding, infatti, l’inventore chiede ai futuri clienti di prefinanziare l’idea e si occupa direttamente dell’ingegnerizzazione e della produzione. Nel caso di Quirky l’inventore, invece, sottopone l’idea e, se viene valutata positivamente, si passa alla fase realizzativa. Tutti gli oneri e i rischi sono a carico di Quirky, all’inventore non rimane che aspettare e vedere il suo prodotto finito e distribuito e per il quale incasserà il 30% del valore delle vendite online, nonché il 10% delle vendite attraverso i canali tradizionali. Fino a oggi il sito ha distribuito agli inventori 2 milioni di dollari. Il fondatore, Ben Kaufman,
ha creato tutto questo per portare prodotti molto innovativi sul mercato e l’idea funziona alla grande. Quirky riceve circa 2.000 proposte per nuovi prodotti alla settimana e i successi mondiali sono a oggi 79: 79 idee che ora sono oggetti venduti in tutto il mondo. La selezione è però dura: sono centinaia i prodotti che vengono selezionati e che passano al reparto design, mentre solo qualche decina viene poi realizzata. Il prodotto di maggior successo è a oggi “Pivot Power”, una presa snodata che può assumere diverse forme. Sottoporre un’idea è facilissimo, basta visitare il sito www.quirky.com. Collegati al QR code, scopri il mondo di Quirky e delle idee che prendono forma
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GIOVANI PROMESSE CURIOSITA’, SCOPERTA, INTERAZIONE, INTUIZIONE, APERTURA, ENERGIA… QUALITA’ UNICHE E RARE, QUALITA’ PERO’ NATURALMENTE PROPRIE DI UN GIOVANE CITTADINO DEL MONDO, CHE SI ACCINGE A LASCIARE LA CULLA PER ECCELLENZA “DELL’IDEA” ITALIANA E INTERNAZIONALE. UNA GIOVANE PROMESSA CHE CI RACCONTA, IN ESCLUSIVA, COSA RAPPRESENTA PER LUI IL DESIGN, COME PUO’ E DEVE INTERVENIRE SULLA NOSTRA ESISTENZA, COME CAMBIERA’ IL CORSO E LA “FORMA” DEL MERCATO DELL’INNOVAZIONE E DELLA TECNOLOGIA Marco Lorusso
«Le mele migliori, quelle a cui affidarsi, sono quelle che si colgono dall’albero non dal cesto…», nel mezzo di uno scontro epocale, in piena Chicago proibizionista, in una leggendaria scena de Gli Intoccabili Sean Connery
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Collegati a questo QR code ed entra nel mondo del design e dell’innovazione toccando con mano i progetti più interessanti che gli studenti dello IED stanno sviluppando proprio in questi mesi
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indica così a uno smarrito e sfiduciato Kevin Costner la strada migliore per iniziare o ri-inizare a “costruire” un team di eccellenza. Con uno spirito in qualche modo simile, Digitalic si è affacciata su questo attesissimo numero dedicato interamente al design, andando alla ricerca delle idee e delle
intuizioni migliori e più innovative, non di quelle più affermate e famose. Una strada certo più complessa, articolata ma una strada necessaria per cogliere realmente le radici, le origini del design, quel fenomeno multiforme al quale il Dna italiano ha dato e continua a dare moltissimo.
Un fenomeno al quale molte delle speranze di rilancio del nostro sistema Paese sono affidate, anche in un mercato spesso terra di conquista di multinazionali americane come l’IT. In mezzo a mille spunti, consigli, indirizzi, la scelta finale è caduta sull’Istituto Europeo di Design, scuola di eccellenza internazionale, a matrice completamente italiana. Fabbrica della creatività, forma professionisti per i settori del design, della moda, della comunicazione visiva e del management. Oggi IED è un network internazionale in continua espansione presente a Milano, Roma, Torino, Venezia, Firenze, Cagliari, Como, Madrid, Barcellona, San Paolo del Brasile e Rio de Janeiro. All’interno di questa struttura IED Design ha il compito di interpretare l’eccellenza del design italiano attraverso un processo formativo che fonda le sue radici nella cultura
del made in Italy, fatta di creatività, imprenditorialità, innovazione tecnologica e conoscenza del mercato. «Il designer – spiega un slogan dell’istituto – è per definizione un innovatore di forme e funzioni, interprete e anticipatore allo stesso tempo delle linee estetiche emergenti e delle esigenze funzionali proprie del suo tempo». Alla porta di questa colorata fucina di talenti, Digitalic ha dunque deciso di bussare andando alla ricerca soprattutto di storie e di quegli studenti che più di altri stanno “spingendo” forte sull’acceleratore dell’innovazione applicata alla tecnologia. Difficilissimo, in mezzo a tantissimi di grande interesse, selezionare il profilo, il racconto più adatto, più significativo. Alla fine però la scelta è caduta su un personaggio come Massimiliano Marchesani e il perché è tutto nelle righe che seguono… Italo-tedesco, 25 anni, Massimiliano ha vissuto in Italia a Pavia e all’estero a
Berlino. Attualmente vive a Milano dove studia Product Design allo IED, terzo anno. Si diplomerà a luglio e per il futuro sogna di lavorare nel mondo della luce, intesa sia come prodotto industriale che come materia fisica, quindi allestimenti e installazioni per concerti, spettacoli, teatro. Cosa rappresenta per te il design? Il design rappresenta per me la curiosità, la voglia di scoprire, di comprendere e di avere intuizioni per creare progetti che siano in grado di dialogare con il mondo, magari di cambiarlo o quantomeno migliorarlo. Il design non deve dettare regole, ma fornire suggerimenti che aiutino a capire qual è la strada da intraprendere per riuscire a vivere in simbiosi con lo spazio, la natura e le persone. Anche i progetti che si dichiarano solo estetici aiutano a cercare un dialogo costruttivo tra lo spazio e l’utente che lo
25 anni e tanta voglia di illuminare il mondo. La luce e la tecnologia sono le passioni di Massimiliano Marchesani, studente dello IED con il design stampato nel Dna
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GIOVANI PROMESSE
vive. Il design racchiude nei progetti la ricerca, la voglia di scoprire, la curiosità, la manualità, l’artigianalità, la passione, la voglia di condividere. Come, secondo te, dovrebbe impattare il mondo della tecnologia? Il design dovrebbe cercare di avvicinare tutti gli utenti in maniera facile, veloce e intuitiva alla tecnologia, ma soprattutto dovrebbe unificare in un linguaggio comune tutte le tecnologie per renderle veramente accessibili e democratiche. Al giorno d’oggi i limiti maggiori delle tecnologie sono la poca o addirittura inesistente capacità di comunicare, interagire, migliorarsi, osservando e scambiando informazioni con tecnologie simili. Il design si deve impegnare a trovare soluzioni che riescano a far comunicare tutto con tutti.
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Come si è evoluto il design e in che direzione stanno portando le soluzioni che usiamo tutti i giorni per lavorare, comunicare? Il design ci sta avvicinando alle tecnologie, le sta rendendo più organiche, familiari e amichevoli. Credo che la frontiera che si cerca di abbattere sia la fusione tra utente e progetto tecnologico. Creare tecnologie dotate di empatia nei confronti di chi le usa è il primo passo per cominciare a dominare la tecnologia e non subirne le innumerevoli regole di utilizzo. A quale progetto stai lavorando adesso, quali gli obiettivi? Quali le caratteristiche e le linee guida? In questi mesi sto lavorando a un piano di tesi in collaborazione con Swarovski Elements. Si tratta di un progetto di illuminazione in grado di interagire con
L’ormai leggendaria Maker Bot è il simbolo dell’esplosione del fenomeno della stampa 3D in tutto il mondo. Proprio grazie a uno strumento di questo tipo, Marchesani ha potuto realizzare alcune parti dei prototipi del suo progetto
l’utente e con lo spazio. L’interazione con l’utente è gestita attraverso Arduino, da un accelerometro a tre assi e da un giroscopio. Mobilità e interazione sono gli elementi necessari per poter creare progetti contemporanei e il nostro obiettivo è quello di dare vita a un oggetto che sia proiettato nel futuro, che comunichi con l’utente e con lo spazio che lo circonda. Le linee guida del progetto erano legate all’interazione tra prodotto e utente, noi abbiamo cercato di farli interagire entrambi con la luce stessa e con lo spazio, proprio per rendere unica e personale l’esperienza d’uso. Per ottenere tutto questo, Arduino è stata l’unica soluzione, perché questo microprocessore riesce ad aprirsi senza problemi a tutte le componenti necessarie. Alcune componenti sono state ricavate smontando oggetti ormai non più funzionanti come dei faretti da piscina colorati, altre sono
Digitalic per Xenesys
INNOVAZIONE PER IL DESIGN
XENESYS: TECNOLOGIA EMOZIONALE
LA MISSIONE DI XENESYS Xenesys è un solution e service integrator che offre soluzioni e servizi IT alle imprese del fashion, del retail, del lusso, del design e a quelle marketing-intensive di tutta Italia. L’ampia offerta multibrand garantisce al cliente neutralità nella proposta delle soluzioni, mentre l’approccio proattivo assicura al cliente le migliori tecnologie sulla base delle sue esigenze di flessibilità ed efficienza. La sua struttura, fatta di persone competenti e costantemente aggiornate sulle più recenti innovazioni tecnologiche, fa di Xenesys il partner ideale per l’Information Technology.
Il design è una delle risorse più importanti del nostro Paese. Unisce la bellezza e la funzionalità, l’arte e la tecnologia. Dal punto di vista commerciale, il design compete da tempo a livello internazionale e, per farlo, deve usare tutti gli strumenti più moderni, dal marketing alla tecnologia. Xenesys ha unito queste due esigenze in un’offerta tecnologica che non è solo software o hardware, ma che offre, all’interno di strumenti digitali, tutta
la competenza che occorre alle aziende del mondo del design e che porta il nome di “Mobis”. «Oggi il modo di comprare design è cambiato – spiega Alessio Pietrelli, responsabile Enterprise Applications di Xenesys –. Lo shopping parte dal divano e serve una proposta cross channel che possa portare i prodotti ai clienti attraverso e-commerce, tablet, smartphone, App e social network». Perché il punto centrale di ogni attività è il cliente, ogni azione deve essere “customer-centric” e la tecnologia deve abilitare questo approccio. Xenesys è in grado di offrire al settore tutta la tecnologia che serve per dialogare con i clienti: dai video alle gallery fotografiche, dai social network ai contenuti per informare i clienti e tenerli sempre vicini al brand. Ma Xenesys fa molto di più: aiuta a vendere, per esempio, attraverso “Mobis”: la soluzione che inserendosi tra il sistema it e i device aziendali rende disponibile il mobile order entry, che non solo è perfettamente funzionale ma anche emozionale. «Mobis – continua Pietrelli – presenta il design con una App di grande impatto, che sorprende il cliente e contemporaneamente snellisce il processo
di vendita e offre tutte le funzionalità di business dal tablet». Questo perché è uno strumento che offre la massima flessibilità e abilita pienamente la relazione tra venditore e cliente: si può guardare insieme ed esplorare il catalogo come se fosse cartaceo, oppure cercare un determinato oggetto o ancora esaminare i preferiti, i più venduti. L’ordine si effettua seguendo un percorso emozionale e non solo funzionale. Per l’azienda questo si traduce in enormi vantaggi di risultati e di vendita, in riduzione degli errori nell’immissione, in immediatezza dell’aggiornamento dei cataloghi, in minori risorse dedicate al back-office. Tutte queste funzionalità sono rese disponibili anche grazie alla tecnologia DAM (Digital Asset Management) di Xenesys che in un unico sistema raccoglie audio, video e foto dei prodotti per creare ogni tipo di strumento: dal Web ai cataloghi, dalla App al packaging. Scoprite il resto su www.xenesys.it.
Contatti XENESYS Viale Europa, 15 53100 Siena Tel. 0577 1915751 Fax 0577 1959333 marketing@xenesys.it www.xenesys.it
GIOVANI PROMESSE state acquistate da rivenditori di componenti per automobili, altre ancora sono elementi custom per motorini. La grande capacità di Arduino è quella di riuscire a gestire tutte queste componenti che hanno standard diversi, sistemi chiusi e cablati, in un progetto open source dialogante, dalle parti hardware ai codici di programmazione. Fino a qualche anno fa il controllo della tecnologia e dei microprocessori
con stampanti 3D che a loro volta erano state anch’esse progettate e realizzate in open source.
era impensabile da parte di noi designer per via della complessità della programmazione e per l’impossibilità di realizzare circuiti elettronici. Le comunità open source forniscono tramite il Web esempi, schemi, indicazioni di programmazione, che noi riusciamo in maniera semplice a combinare per ottenere il risultato desiderato. Grazie a queste sue qualità, alcune parti dei prototipi sono state realizzate
Qual è, o è stato, secondo te l’oggetto tecnologico più rivoluzionario dal punto di vista del design e perché? La tecnologia touch è sicuramente stata una di quelle che più ha avvicinato il grande pubblico al mondo della tecnologia. Il design non può fare a
foto by QG Photo www.qgphoto.com
Barbara Silbe
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IL DESIGN E’ FATTO PER DURARE E PARTE SEMPRE DALL’UTOPIA DI MIGLIORARE IL MONDO. A JOBS CHE DICEVA «CIO’ CHE E’ BELLO FUNZIONA MEGLIO», PHILIPPE DAVERIO RISPONDE CHE «LA FUNZIONALITA’ DIPENDE DAI TEMPI A CUI SI APPLICA, CAMBIA IN BASE AI COMPORTAMENTI, AL NOSTRO CORPO»
Giornalista, critico d’arte, conduttore televisivo: ha molte occupazioni Philippe Daverio, prima fra tutte quella di insegnare Disegno Industriale all’università. Noi ci siamo fatti invitare nella sua casa milanese, antico palazzo che è un susseguirsi di stanze piene d’oggetti e di libri interessanti, per farci raccontare la sua visione del design e della tecnologia. «Non esiste una formula universalmente valida per definire il design – esordisce Daverio –. Diciamo che è
alternativo allo stilismo. Quest’ultimo passa di moda, mentre il primo è fatto per durare, per essere eterno. Faccio un esempio: la famosa lampada Arco, prima che la inventasse Achille Castiglioni, non esisteva. Viene fino a noi grazie a una visione utopica del progettatore: la ideò negli anni Sessanta e ancora oggi la percepiamo come attuale». Design, linee estetiche, progettualità possono servire a creare un mondo migliore?
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M O T O R E DI AUTENTICAZIONE Nessuna organizzazione può fare a meno di un sistema di autenticazione sicuro, perché gli utenti aziendali non sono tutti uguali. Per alcuni, più coinvolti nell'utilizzo di dati sensibili, è necessario disporre di metodologie di accesso altamente affidabili. Eppure circa l'80% degli accessi avviene ancora attraverso user name e password. L'accesso basato solo su password non può considerarsi una misura sufficiente ed efficace per contrastare le minacce avanzate. L'autenticazione risk-based, disponibile come opzione nel nuovo RSA® Authentication Manager 8.0, è progettata per
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EMC2, EMC, il logo RSA e il logo EMC sono marchi o marchi registrati di EMC Corporation negli Stati Uniti e/o in altri paesi. © 2013 EMC Corporation. Tutti i diritti riservati.
GIOVANI PROMESSE meno della tecnologia, sono due elementi che non possono vivere e svilupparsi separatamente, e l’interfaccia diventa il punto di unione tra le due. Le interfacce sono il mezzo con cui comunichiamo con i dispositivi che si stanno evolvendo sempre più velocemente, integrandosi con gli individui. Tecnologie touch, lettura dei movimenti dell’occhio, comandi vocali e addirittura apparecchi tecnologici comandati dal
pensiero. Il design, che da sempre ha studiato e compreso il rapporto dell’uomo con gli oggetti, riesce a collegare la vocazione sempre più immateriale delle tecnologie con l’utente. In sintesi direi che le interfacce oggi sono l’anello di congiunzione di due sistemi, design e tecnologia, che finora si sono sempre molto frequentati tra loro, ma che da ora in avanti non potranno più quasi vivere l’uno senza l’altra.
«Il vero design è utopico, parte sempre dalla convinzione di poter migliorare il mondo. È un pensiero ottimista, ha un approccio positivo. La moda invece è più antropologica, fa attenzione ai gusti della gente, li asseconda».
Tra gli oggetti hi-tech è tornato in auge lo stile retrò: fotocamere, radio, elettrodomestici progettati come quelli d’altri tempi. Di recente anche un telefono da parete e un grammofono digitale. Che ne pensa? «Tutto questo serve a gettare un ponte tra passato e futuro. È un po’ il concetto tra l’idea di moderno e quella di contemporaneo: la modernità esiste per riportare in vita valenze preesistenti, il contemporaneo vuole inventare un mondo che riparte da zero. Tornano in uso materiali storici, ma se ne reinventano le applicazioni. La ceramica, ad esempio, con la quale oggi si fanno coltelli taglienti o piastrelle che sembrano lastre di marmo. Lo stesso vale per il vetro. Sono testimonianze del nostro credere alla modernità. Le arti sono sempre in anticipo sui tempi».
E dove stiamo andando, secondo lei? «Oggi si fa fatica, c’è una crisi della visione e del progetto. La progettazione è alla ricerca di un’utopia e siamo invece più vicini allo stilismo. Ci vorrebbe un mondo meno consumistico, dovremmo smettere di usare e gettare le cose. La tendenza va verso questa direzione. Oggi alcune aziende realizzano oggetti in plastica che hanno l’ambizione di durare, lo stesso vale per il legno. Si sta differenziando anche il mercato: con gli stessi materiali vengono prodotte cose di prezzo accessibile, da consumare, e altre più care destinate ad essere conservate. Va così anche per l’architettura, dove si è ravvivato l’interesse per il marmo».
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Se dovesse indicare un oggetto in grado di rappresentare, con le sue forme, il periodo attuale, quale sceglierebbe?
Ambasciatore del made in Italy che conquista il mondo anche nel mercato IT, Massimo Banzi è il genio che ha creato, insieme al suo team, la prodigiosa scheda Arduino: manco a dirlo, è alla base del progetto di Massimiliano Marchesani
«Ne sceglierei tre. La sedia Louis Ghost, disegnata da Philippe Starck per Kartell, che ha forme ottocentesche, ma è fatta in plastica trasparente o colorata. Rappresenta la voglia di continuità perenne. Poi la già citata lampada Arco di Castiglioni, nata negli anni Sessanta come gioco ironico trasformatasi in un oggetto stabile, che sposta il nostro punto di vista. Infine scelgo la poltrona Barcellona: venne progettata da Ludwig Mies van der Rohe in occasione dell’Esposizione universale del 1929: è un perfetto esempio di modernità post-bellica, ha ottant’anni ed è ancora contemporanea». Bruno Munari affermava che «il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al museo, mentre quello del designer è arrivare ai mercati rionali». Questo precetto è ancora valido? «Il design non è da mercato rionale. La parte più pop oggi è affidata a IKEA, ai grandi magazzini. Di recente ho fatto fare un esperimento
ai miei studenti: al mercato di Ballarò abbiamo portato dei pezzi da vendere a un prezzo più basso del reale valore. Nessuno li comperava perché erano troppo cari per quel pubblico. Il design è ancora destinato a un settore elitario: anche se la società è mutata molto, è l’élite che influenza e trascina le opinioni e il gusto della gente. È come per l’alta moda, che detta le tendenze seguite poi anche dai supermercati». Design e nuove tecnologie: è d’accordo con coloro che sostengono che ciò che è bello funziona meglio? «La funzionalità dipende dai tempi a cui si applica: oggi è diversa da cent’anni fa. Mi spiego. Le idee razionaliste andavano bene nel 1920: in un’epoca nella quale la gente camminava sempre, era perfetta la sedia Savonarola. Con quella sua rigida forma a “X” è ottima per tenere la schiena dritta. Oggi la considereremmo scomoda. La funzionalità cambia in base ai comportamenti, al nostro corpo».
CLOUD TRANSFORMS IT EMC2, EMC, and the EMC logo are registered trademarks or trademarks of EMC Corporation in the United States and other countries. Š Copyright 2012 EMC Corporation. All rights reserved.
Errevi System ottimizza il backup di Coop Nordest Coop Consumatori Nordest, più nota come Coop Nordest, è una delle 9 grandi cooperative di consumo del sistema Coop, gruppo leader della moderna distribuzione italiana. Il cuore dei servizi IT risiede nella sede di Reggio Emilia che opera da centro stella a cui sono collegati tutti i punti vendita del gruppo. Ciascuna sede periferica dispone di una propria infrastruttura di dimensioni diverse in funzione delle necessità locali. Gli ipermercati, con una gestione più complessa ed esigenze decisamente superiori agli altri punti vendita, sono le sedi periferiche di Coop Nordest tecnologicamente più attrezzate. Coop Nordest, inoltre, eroga servizi IT ad alcune cooperative minori come Coop Eridana, con una ventina di punti vendita, Coop Veneto e alle cooperative della Sicilia.
LA SICUREZZA DELLE INFORMAZIONI Coop Nordest nel corso del 2012 ha dovuto affrontare e risolvere le problematiche di salvataggio e sicurezza delle informazioni del data center centrale e dei 10 ipermercati di proprietà. I processi di backup, basati su librerie a nastri e software eterogenei, avevano raggiunto livelli di criticità e inefficienza tali da non consentire la gestione della crescente quantità di dati generati e ripristini veloci in caso di necessità. Il grado di inaffidabilità delle librerie a nastri, che per l’usura richiedevano frequenti interventi di manutenzione, aumentava i rischi. «Le accresciute esigenze di gestione dei dati della sede centrale e dei nostri dieci ipermercati stavano mettendo in crisi le procedure di backup, che già risentiva-
no dell’obsolescenza delle librerie a nastri e dei software esistenti» sottolinea Ravella, responsabile area sistemistica dei Sistemi Informativi di Coop Nordest. «Seguendo le indicazioni di Errevi System, il partner che ci segue da vicino per le problematiche di data center, abbiamo quindi deciso di affrontare il problema con un approccio strutturato decidendo per una soluzione di backup basata su dischi, più veloce e automatizzata, progettata per consolidare i dati della sede centrale e quelli periferici in un ambiente di disaster recovery. La compatibilità con i software di backup esistenti, per consentirci una continuità operativa, e una particolare attenzione alla occupazione della banda, sono stati elementi importanti che ci hanno guidato nella scelta».
Errevi System: partner EMC e VMware Il valore aggiunto di Errevi System è riposto nel suo staff di professionisti, nella sua esperienza e preparazione, nell’intraprendenza e nello spirito innovativo che animano il gruppo. Le aree di intervento di
Errevi System si propongono di apportare mediante consulenza, formazione e sviluppo, soluzioni concrete alle reali problematiche di aziende e organizzazioni complesse. Attraverso le divisioni Business
Solutions e Systems Integration, Errevi System propone soluzioni software per la gestione di processi aziendali e servizi di consulenza specialistica per l’ottimizzazione del data center.
Errevi System ha supportato Coop Nordest sin dalle prime fasi del progetto mettendo a disposizione le proprie competenze relative alle tematiche di data center. Il processo è iniziato analizzando le esigenze del cliente e le criticità esistenti. La fase di analisi è stata fondamentale per permettere a Errevi System di progettare una soluzione di backup per la sede centrale e contestualmente disegnare un modello di infrastruttura applicabile agli ipermercati esistenti e riproducibile anche in future nuove aperture. Il progetto si è sviluppato partendo da alcuni presupposti fondamentali: • sostituire i differenti sistemi esistenti nel data center centrale e nei 10 ipermercati con una infrastruttura di backup integrata; • realizzare una soluzione di disaster recovery con replica automatica dei dati di backup della sede centrale e degli ipermercati; • ridurre drasticamente le finestre temporali di backup per non interferire sull’attività degli ipermercati; • eliminare rischi di saturazione della banda durante il trasferimento dati dagli ipermercati per non compromettere altre importanti attività in rete (un rischio presente soprattutto per gli ipermercati con collegamenti a bassa velocità); • scegliere una tecnologia svincolata da specifici software di backup per mantenere le procedure esistenti e disporre della più ampia possibilità di scelta per software futuri; • contare su un ripristino veloce dei dati in caso di necessità. LA SCELTA EMC DATA DOMAIN Il confronto tra le possibili soluzioni disponibili sul mercato ha porta-
to Coop Nordest a scegliere EMC Data Domain, suggerito da Errevi System. EMC Data Domain è un sistema di backup e deduplica su disco che permette di accelerare i processi di salvataggio, archiviazione e disaster recovery dei dati. Durante la fase di backup, l’algoritmo di Data Domain deduplica i dati archiviando solo quelli univoci e riducendo di numerose volte lo spazio storage necessario per conservare e proteggere i file. Il sistema rappresenta un’alternativa efficiente ed economica alle soluzioni a nastro, con il vantaggio di avere i dati disponibili online con tempi e affidabilità di restore non paragonabili. Un EMC Data Domain, della capacità di 32 TB utili, è stato installato nel data center centrale per eseguire il backup giornaliero dei dati della sede di Coop Nordest, replicandoli in un altro EMC Data Domain identico presente nel sito di disaster recovery. Analogamente, in ciascuno dei 10 ipermercati è stato attivato un EMC Data Domain di fascia inferiore (1.8 TB utili) che provvede al backup locale e alla replica nel sistema di disaster recovery che quindi consolida tutte le informazioni centrali e periferiche. EMC VELOCITY PREMIER PARTNER: RISULTATI IMMEDIATI L’implementazione della nuova infrastruttura di backup è stata molto rapida, mantenendo una completa compatibilità con i software e le procedure di backup esistenti e portando vantaggi tangibili e superiori alle attese: • sono state eliminate le problematiche relative alle finestre di backup; • tutti i dati, centrali e periferici, sono ora consolidati nel sito di disaster recovery;
• la deduplicazione di EMC Data Domain ha permesso di raggiungere fattori di compressione medi superiori a 1:32 negli ipermercati, con una conseguente riduzione del 97% dei dati trasferiti lungo la banda ed eliminando di fatto qualsiasi interferenza con altre applicazioni; • rispetto alla capacità richiesta dai dati originali, l’occupazione effettiva di storage per i backup è inferiore di oltre 90%; • la deduplica e il conseguente compattamento dei dati, ha permesso di aumentare il livello di retention dei backup arrivando ad avere una storicizzazione su disco superiore all’anno, prima impensabile. «Con EMC Data Domain – conclude Sergio Ravella – abbiamo ora una infrastruttura di backup rispondente alle nostre esigenze di velocità, efficienza e sicurezza. Un progetto che abbiamo realizzato con il contributo degli specialisti di Errevi System, le cui competenze e la professionalità sono state preziose durante tutte le fasi di studio e di implementazione dei nuovi sistemi».
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ATTUALITA’
VMware è un’azienda che da sempre opera attraverso la vendita indiretta. Un canale che, mediamente, copre il 95% del fatturato, per un giro d’affari che a livello mondiale nel 2012 è stato pari a 4,6 miliardi di dollari, con una crescita di circa il 22% sul 2011. «Meglio di quanto si fosse ipotizzato durante l’anno» sottolinea Matteo Uva, channel manager Italy di VMware che aggiunge: «Per quanto riguarda l’Italia l’anno fiscale è stato altalenante, ha vissuto il momento economico-politico contingente, ma, pur non potendo fornire dati nel dettaglio, posso dire che il nostro Paese è in linea e dà un buon contributo alla crescita dell’azienda». Dal punto di vista delle tecnologie, racconta Uva, la vision sul mercato presentata al recente PEX (Partner Exchange 2013), si basa su tre pilastri: il Software-Defined Data Center (SDDC), l’Ibrid Cloud e l’End Using Computing. «Per quanto riguarda il primo fondamento si tratta di server, storage, networking e sicurezza: se fino a oggi la virtualizzazione ha cambiato la componente server, ora può portare gli stessi benefici agli altri elementi infrastrutturali. Questo è indispensabile, passando al secondo punto, per permettere a tutte le componenti di spostarsi nel cloud in modo agile e idoneo. Il terzo tema riguarda la fruibilità di tutto ciò che abbiamo affrontato nei passi precedenti: l’utente deve essere in grado di accedere ai propri dati ovunque essi siano nel cloud e da qualsiasi tipo di dispositivo (iPad, pc o smartphone)».
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Matteo Uva, channel manager Italy di VMware
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Al recente Partner Exchange 2013 la società ha presentato la sua vision basata su Software-Defined Data Center, Ibrid Cloud e End Using Computing. Nuove opportunità per i partner Luca Bastia
«Al PEX – prosegue Matteo Uva – abbiamo annunciato la possibilità per i rivenditori, che tipicamente sono gli artefici del cloud privato, di integrare anche il business dei servizi cloud. I nostri solution provider hanno così la possibilità di trasformare il data center del cliente, come già facevano, ma anche, se è il caso, di integrare il data center virtualizzato con fornitori esterni, rivendendo dei crediti da “spendere” con i service provider per l’acquisto di servizi esterni, realizzando un cloud ibrido. In tal modo viene data una nuova opportunità di business ai nostri partner, anche perché c’è molta attenzione all’offerta di cloud ibrido da parte delle imprese italiane. Attualmente ci appoggiamo a un network di service provider che adottano soluzioni VMware e poi offrono servizi sul mercato. Il vantaggio per l’utente di acquistare i crediti dal nostro canale è di completare il progetto insieme al Var che già conosce la sua realtà IT. Inoltre proprio in questi giorni VMware ha annunciato che nella seconda metà del 2013 fornirà la possibilità di accedere a dei servizi di service provider erogati da data center di proprietà». Un altro annuncio molto importante, ci ricorda Uva, riguarda la virtualizzazione del networking. «Abbiamo già a listino VMware Cloud Networking & Security, ma ora annunciamo, sulla scorta dell’acquisizione risalente ad un anno fa di Nicira (un’operazione da 1,3 miliardi di dollari), l’integrazione delle tecnologie Nicira, specializzata nella virtualizzazione del networking, portando alla creazione di un nuovo prodotto denominato NSX». Novità di prodotto quindi, ma per il canale, cosa si attende VMware per quest’anno? «Noi – conclude Uva – confidiamo su buoni risultati anche per il 2013 perché, anche se sarà un anno molto difficile, non si discosterà dagli ultimi due trascorsi che hanno visto molto meno budget da spendere, ma la virtualizzazione ha dato una grossa mano agli IT manager che hanno potuto realizzare notevoli risparmi».
MOBILE CONNECT Applicazione per l’accesso remoto sicuro (SSL-VPN) per Apple iPad, iPhone e iPod touch alle risorse di rete aziendali.
WEB APPLICATION FIREWALL APPLICATION VISIBILITY & CONTROL Potenti strumenti di gestione per il controllo granulare delle applicazioni e degli utenti per incrementare la produttività aziendale.
NETFLOW REPORTING Reporting e visualizzazione del flusso di traffico di applicazioni multi-vendor per misurare le prestazioni e correggerne eventuali problemi, aumentandone la produttività.
WAN ACCELERATION & OPTIMIZATION Soluzioni per la riduzione della latenza delle applicazioni e la conservazione della larghezza di banda; consentono un sensibile aumento delle prestazioni WAN e una migliore esperienza utente per le aziende multi-homed.
Protezione totale contro i più insidiosi attacchi informatici (SQL-Injection, XSS, CSRF) degli applicativi Web esposti su Internet.
END POINT CONTROL Le potenti funzioni di interrogazione degli end point (NAC), offrono un controllo flessibile e granulare per tutti i dispositivi che accedono alla rete.
DEDUPLICAZIONE DEI DATI Ottimizzazione dell’efficienza dello storage grazie alla gestione di più dati in minor spazio disco e aumento dell’efficienza della larghezza di banda con conseguente riduzione del traffico di dati in rete.
SSL-VPN | E-CLASS | CONTINUOUS DATA PROTECTION | E-MAIL SECURITY | UNIVERSAL MNGMT APPLIANCE | FIREWALL UTM Hai mai pensato di riuscire a dare ai tuoi clienti tutte le risposte legate alle loro necessità di connessione, sicurezza e gestione della rete in maniera definitiva e totale, siano essi piccole, medie o grandi imprese? Con SonicWALL questo è davvero possibile. SonicWALL, è leader nelle soluzioni intelligenti per la sicurezza della rete e per la protezione dei dati, come testimonia il diagramma di Gartner, che classifica sulla base di parametri rigorosi, le aziende dove l’innovazione e l’esecuzione raggiungono il massimo livello.
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ATTUALITA’
«Mi considero uno specialista dell’Italia e un generalista dell’IT. Sono stato in HP, Sap e ora penso di essere in grado di comprendere meglio i processi di business e soprattutto i clienti». I modi gentili di sempre, il tono deciso e la voglia di prendere in mano le redini di una società che, nonostante la fase generale di mercato, ha moltissime carte da giocare e soprattutto moltissimo può fare per rilanciare il presente e il futuro del nostro Paese. Agostino Santoni è arrivato circa tre mesi fa alla guida di Cisco Italia ricevendo il testimone dalle mani di un altro manager di lungo corso come David Bevilacqua, nominato nell’ottobre scorso vice president South Europe di Cisco. Una nomina che lo ha portato a diretto contatto con una realtà «stupefacente e con grandissima attenzione alle persone». Un’attenzione che ha condotto la società al primo posto nell’elenco dei “Great Place to Work”, sezione “Small Medium Enterprise”. «C’è un grandissimo impegno nei confronti
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Sono passati circa tre mesi dal suo prestigioso insediamento sulla poltrona più alta di Cisco Italia. Modi gentili di sempre e tono fermo, Agostino Santoni fa ora il punto della situazione e indica le priorità di sviluppo
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dei dipendenti che condivido fino in fondo – ha infatti spiegato Santoni –. Chi lavora e collabora con noi deve essere messo nelle condizioni migliori per esprimere il suo talento e trarne soddisfazione (da poco tempo Cisco ha deciso di dotare tutti i suoi dipendenti di un iPhone 5… – ndr). Non solo, Cisco è una società che, soprattutto in tempi complessi come questi, continua a rilanciare la sua “corporate social responsibility”. In un
momento in cui si parla di agenda digitale e di trasformazione del Paese – racconta Santoni – Cisco vuole avere un ruolo fondamentale e concreto con iniziative ad hoc, come “A scuola di Internet”, che ha portato a risultati incredibili: cento nostri dipendenti volontari hanno formato migliaia di studenti, genitori e professori». Tra i temi chiave del “mandato” di Santoni c’è poi, ovviamente, l’appuntamento epocale con Expo 2015 di cui Cisco è sponsor e per il quale ha già stanziato investimenti per circa 40 milioni di euro. «Sarà un evento di successo anche dal punto di vista della tecnologia: l’evento più innovativo nella storia. È una straordinaria opportunità per il Paese, un modello che verrà esportato in altre città – ha spiegato il manager –. Oltre alla sponsorizzazione stiamo contribuendo con tutti i global partner alla realizzazione del progetto e stiamo cercando di creare una best practice da poter usare come un protocollo o un framework utilizzabile da altre città e regioni». Per quanto riguarda più nel dettaglio il tema tecnologico, Santoni punta ad arrivare al 2015 cavalcando al meglio quello che è diventato il nuovo manifesto della società, ovvero “Internet of everything”. «Questo vuol dire pensare alla Rete come a uno strumento perfetto per mettere insieme persone, processi, dati e cose e arrivare a una Internet molto più grande di quella che vediamo oggi. Si stima che dal 2015 tutti gli elettrodomestici, con un costo a partire da 200 euro, avranno integrato un indirizzo IP». Altre aree in crescita e di focus per Cisco sono il cloud e la mobility, l’Inmemory computing, la collaboration, i blade server. Ultimo ma non meno importante, un cenno a quello che da sempre è un anello fondamentale di congiunzione con il mercato per Cisco, ovvero il canale.«I partner sono cruciali per diffondere tecnologia e cultura digitale sul territorio – conclude il manager –. Il mercato è complesso, ma devo dire che soprattutto negli ultimi tempi notiamo una certa vitalità nei nostri partner medio-piccoli. Soprattutto su mercati come le banche, il mondo del retail e la sanità». Agostino Santoni, nuova guida di Cisco Italia, punta dritto allo storico appuntamento del 2015 di cui la società è tra i principali sponsor
ATTUALITA’
La carta può dire ancora molto: anche in un mondo che va verso il digitale nulla, ancora oggi, può competere con le sensazioni tattili, odorose e visive della stampa nobilitata
Mario Nalucci, responsible commerciale di Cover
Nobilitare uno stampato non è da tutti. Renderlo prezioso è un’arte delicata, da curare con passione e attenzione. Proprio come fa Cover. L’azienda è parte, infatti, di un gruppo specializzato nella nobilitazione della carta stampata, sempre alla ricerca di nuove applicazioni e tecnologie nel campo della plastificazione e della verniciatura offset, della stampa a caldo, della serigrafia e della floccatura. L’attenta professionalità e la consapevolezza alle esigenze quotidiane dei clienti fanno di questa azienda un partner affidabile ricco di idee e soluzioni.
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Serigrafia e non solo Le linee serigrafiche di Cover vanno da un formato minimo di 32 x 44 cm fino a un massimo di 120 x 60 cm e permettono di effettuare le lavorazioni in automatico su diversi supporti con spessori dai 3 fino ai 2,5 mm. La serigrafia può essere tradizionale, lucida e opaca su carta o polipropilene, con tecnologie moderne che permettono di realizzare anche verniciature particolari con inchiostri removibili (gratta&vinci), all’acqua, rugosi, rigonfianti, spessorati, gommati di vari colori, profumati, termocromatici, glitterati, vernici fluorescenti e con tutti i colori della scala Pantone.
La floccatura, invece, può lavorare su supporti con formato minimo di 22 x 25 cm fino a un massimo di 70 x 102 cm; l’azienda è in grado di stampare senza pinza e con spessori fino a 1 cm, con un’ampia scala colori. Cover si occupa anche di stampa a caldo: le macchine impiegate permettono di eseguire le lavorazioni a rilievo con film oro, argento e colorati in formato minimo 25 x 35 cm e massimo di 71 x 101 cm. Dispone inoltre di plastificatrici con adesivi a base acqua, solventless e con film preadesivizzati con un formato minimo di 25 x 35 cm fino a un massimo di 160 x 200. Vengono anche utilizzate colle particolari per lavorare prodotti in poliestere. La plastificazione può essere lucida, opaca, con varie goffrature, con telato fine o grosso, metallizzato, oro e argento, olografie di tutte i tipi. Anche la verniciatura rientra nell’offerta: offset lucida e opaca, a fondo pieno e a riserva con formato minimo di 32 x 44 cm e massimo di 120 x 160 cm. Verniciature drip-off lucido o opaco, con vernici antigraffio a registro sistema litografico, verniciatura stic e stac e all’acqua. Cover realizza infine anche l’incapsulatura, ovvero una plastificazione realizzata con una doppia pellicola, disponibile in diversi spessori, lucida resistente e brillante, che protegge a lungo le immagini e gli stampati. È la plastificazione ideale per tutti quei prodotti che devono resistere nel tempo, alle intemperie e all’attrito (come ad esempio le card e le tessere telefoniche o le affissioni a lungo termine). Con questa lavorazione è possibile plastificare fogli con finestre già fustellate, in modo da ottenere la finestratura trasparente del particolare.
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ATTUALITA’ Collegati al pratico QR code e vivi in esclusiva per Digitalic un giorno di ordinaria innovazione a tu per tu con i partner di canale e le più innovative soluzioni in ambito storage
Steve Felice, presidente e chief commercial officer del colosso Usa, fa il punto sulla trasformazione in atto e sulle prospettive di business Luca Mirani
Di passaggio in Italia a metà febbraio, Steve Felice – presidente e chief commercial officer di Dell – ha incontrato la stampa di casa nostra per fare il punto sulla trasformazione della società. Senza soffermarsi troppo sul delisting di fine gennaio, con relativo appoggio finanziario da parte di Microsoft, che era per così dire un tema d’obbligo, il top manager di Dell si è limitato a poche battute nel solco dell’ufficialità, ribadendo come l’operazione sia legata al desiderio, più volte espresso anche da Michael Dell stesso, di potersi muovere con maggiore rapidità senza dover sostenere
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il giudizio della Borsa per le operazioni strategiche. Dicendosi stupito del fatto che l’Italia sia stato l’unico Paese in cui parte della stampa ha equivocato l’intervento di Microsoft (alludendo così ad alcuni giornali quantomeno incauti che avevano parlato di “acquisizione” da parte del colosso di Redmond), Felice si è poi concentrato sulla vision strategica di Dell, ribadendo ancora una volta il
Steve Felice, presidente e chief commercial officer di Dell
mantra degli standard aperti. È ancora in atto, in Dell, il percorso di trasformazione cominciato circa quattro anni fa con una campagna di acquisizioni che ha visto entrare nell’orbita della società nomi del calibro di Wyse, Sonicwall, Compellent e Force10, solo per citare i più recenti. Ed è un percorso che si basa su «tecnologie standard, adottate in modo capillare su tutta la gamma dei nostri prodotti, a differenza dell’approccio proprietario adottato da altri attori sul mercato – ha sottolineato Felice –. Per questo oggi noi possiamo dirci a buon diritto il solo player totalmente rivolto agli open standard, sia che si parli di pc sia che si prendano in considerazione gli altri pilastri tecnologici come lo storage, i server, il system management e la sicurezza».
Lunga vita ai pc E a proposito di pc, che dopotutto è il business con il quale la società è nata, si tratta di un prodotto «ancora in ottima salute – ha ribadito Felice – e riteniamo che sia tuttora il prodotto predominante in termini di produttività personale: anche se vi sono cambiamenti nei form factor, tutti continueranno a usarli ancora per lungo tempo quando si tratta di lavorare davvero. Per questo non usciremo dal settore dei notebook e dei desktop, anche perché non pensiamo che i tablet rimpiazzeranno i notebook. Da un lato, quello dei notebook è un form factor difficile da rimpiazzare, e dall’altro lato la potenza di calcolo dei tablet è da migliorare. E se a un tablet si comincia ad aggiungere più memoria, più potenza e anche la tastiera, si finisce per ritornare al notebook così come lo conosciamo». Ma non è solo una questione di fattore di forma, perché bisogna guardare anche alle differenze tra le diverse aree geografiche. «Nei mercati maturi di USA, Europa e Giappone, la visione sui pc è differente rispetto per esempio all’India o alla Cina, dato che in questi ultimi Paesi i pc non hanno ancora un alto tasso di penetrazione, visto che sono in possesso a circa il 5% della popolazione, e i redditi attuali non permettono di avere tre dispositivi (pc, smartphone e tablet). E in una strategia mono-device, l’utente è tuttora portato a privilegiare il pc», ha concluso Felice.
Digitalic per V-Valley
NUOVI STRUMENTI DI BUSINESS
V-VALLEY-VMWARE, IL VALORE È MOBILE
Matteo Uva, VMware channel manager per l’Italia
Luca Casini, direttore commerciale di V-Valley
Fornire agli utenti un ambiente di lavoro sicuro, facile da gestire, che garantisca un’esperienza coerente e soddisfacente su molteplici dispositivi. Si scrive consumerizzazione e si legge come sfida epocale per aziende di ogni forma e dimensione e per tutti i loro sistemi informativi. Una sfida che rappresenta anche una ghiotta opportunità di business per i rivenditori che si faranno trovare pronti con offerte complete, efficaci, ma soprattutto con un supporto consulenziale di valore. Forti di una relazione sempre più stretta, VMware e V-Valley hanno deciso di concentrare tutti questi elementi in un solo prezioso canale dal quale oggi scaturisce una nuova decisiva opportunità. La multinazionale americana ha presentato VMware Horizon Suite, una piattaforma completa per la forza lavoro mobile che connetterà gli utenti con i propri dati, applicazioni e desktop su qualsiasi dispositivo, senza sacrificare la sicurezza e il controllo. Con gli aggiornamenti di VMware Horizon View e VMware Horizon Mirage e con un nuovo prodotto, VMware Horizon Workspace, la Suite VMware Horizon consentirà alle organizzazioni IT di fornire agli utenti un ambiente di lavoro sicuro, facile da gestire, che garantisca un’esperienza coerente e soddisfacente su molteplici dispositivi. VMware Horizon Suite integra la piattaforma leader per la virtualizzazione desktop e le tecnologie che VMware ha sviluppato per supportare una forza lavoro mobile, come Project Octopus, Project AppBlast, Project AppShift, ThinApp, VMware Horizon Application Manager e VMware Horizon Mobile in un’unica soluzione. Piattaforma integrata per supportare la forza lavoro mobile, VMware Horizon Suite trasformerà i silos di dati, applicazioni e desktop in servizi IT centralizzati che possono essere facilmente gestiti e forniti agli utenti. «La continua proliferazione dei device in azienda, la mobilità degli utenti e l’evoluzione degli strumenti e del-
le modalità di collaborazione, richiedono ai responsabili IT un nuovo approccio nella gestione dell’accesso ai dati da parte degli utenti – afferma Matteo Uva, channel manager di VMware Italia –. Dati, applicazioni e dispositivi vanno disaccoppiati, al fine di renderne più agile e sicura la fruizione da parte degli utenti. Applicazioni e dati per gli utenti, vanno quindi centralizzati e strutturati attraverso policy che ne facilitino la fruizione innalzandone al contempo il livello di sicurezza. In questo contesto la figura del Cio evolve, proponendosi come una sorta di broker, che estende e personalizza i servizi IT tradizionali in funzione del contesto di business in cui si opera e del singolo utente che ne fruisce. VMware Horizon Suite, recentemente annunciata al PEX di Las Vegas, è la soluzione VMware alle tematiche sopra citate, e si posiziona sul mercato come la più completa piattaforma per la mobile workforce». Una tecnologia innovativa dunque
che si farà preziosa opportunità di business per il canale proprio grazie al valore di cui saprà vestirla un distributore come V-Valley che, proprio quest’anno, si sta muovendo a grandi passi in direzione di una ancora più efficace strategia 2.0. «Il tema della mobility, ormai in rapida ascesa, modificherà comportamenti e offerte di tutto il canale ICT – spiega Luca Casini, direttore commerciale di V-Valley –. Un esempio su tutti la gestione del Byod. Anche il ruolo del distributore a valore dovrà necessariamente cambiare, puntando sempre di più su specializzazione, competenze e strumenti dedicati. V-Valley, o meglio V-Valley 2.0, basa infatti la propria rinnovata strategia non più e non solo sulla fase di vendita, ma anche sulla fase di generazione della domanda. VMware, partner consolidato e fondamentale nella strategia di V-Valley, conferma con VMware Horizon Suite la sua caratteristica di innovatore e di precursore dei trend del mercato».
Contatti V-VALLEY Energy Park – Edificio 04 Via Energy Park 20 20871 Vimercate (MB) Tel. 02 40.496.1 Fax 02 40.496.800
Contatti VMWARE ITALIA Centro Leoni, Via Spadolini 5 20141 Milano Tel: +39 02 30412700 Fax: +39 02 30412701
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MANAGEMENT 40
OUTSOURCING: DALL’INDIA CON AMORE (E DIFFICOLTÀ) Marco Sampietro SDA Bocconi Professor della Unit Sistemi Informativi della SDA Bocconi School of Management. Responsabile del corso Project Management nei Sistemi Informativi. Faculty Member all’MBA ed al Global Executive MBA. Professore a contratto presso l’Università Bocconi per i corsi Informatica per l’Economia, IT Management e Project Management. Cofondatore di The Base - Project Management Consultancy.
L’idea di scrivere un articolo sull’India, e nello specifico sull’IT outsourcing, deriva da una recente esperienza lavorativa dell’autore che ha permesso di confrontarsi e di parlare con i fornitori indiani di soluzioni informatiche e con alcuni loro clienti. A differenza degli articoli scritti in passato su questa rubrica, l’approccio sarà meno rigoroso dal punto di vista scientifico, ma si spera possa offrire degli spunti interessanti. È cosa nota che l’India sia considerata una meta molto allettante per l’outsourcing di alcune attività informatiche e di alcuni processi di supporto (call center) e amministrativi (per esempio, registrazione di fatture). L’impulso iniziale per andare verso questa direzione è tipicamente il contenimento dei costi, tema molto rilevante in questo momento storico. Purtroppo non sempre il problema viene visto nel suo insieme e quello che in prima battuta può apparire rilevante successivamente viene ridimensionato notevolmente: sulla carta, infatti, il risparmio può essere anche molto elevato – basti pensare che il
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costo di un programmatore può essere di soli 5.000 euro l’anno – ma la realtà è un po’ differente…
Qualità e produttività E qui arriva la prima insidia. In Italia un programmatore ha tipicamente affrontato un percorso universitario strutturato e orientato allo sviluppo di tali competenze. In India la situazione è differente. Moltissime persone, infatti, sanno programmare, ma le loro
abilità derivano da brevi corsi che, grazie alle richieste di mercato, permettono agli studenti e ai giovani di procurarsi rapidamente un lavoro e di irrobustire il proprio curriculum. Il risultato è che la qualità e la produttività non sono ai livelli che lo stereotipo dell’India come nazione basata sull’IT potrebbe far pensare. Purtroppo problemi di qualità e produttività si ribaltano sul cliente in quanto le forme contrattuali preferite sono di
LA QUALITA’ E LA PRODUTTIVITA’ NON SONO AI LIVELLI CHE LO STEREOTIPO DELL’INDIA COME NAZIONE BASATA SULL’IT POTREBBE FAR PENSARE.
potrebbe sembrare una sfumatura, ma in realtà è un punto cruciale.
Relazioni internazionali La fonte di maggiori problematiche, infatti, è la gestione della relazione con il fornitore. Una banalizzazione che troppo spesso viene fatta è il pensare che, dato che quasi tutti gli indiani parlano in inglese, la comunicazione sarà abbastanza agevole. In realtà la pronuncia particolare di molte persone indiane rende assai difficoltosa la comprensione anche a italiani con vasta esperienza internazionale. Nel caso fossimo in grado di superare questo scoglio, rimane la grandissima differenza di forma mentis e di approccio al lavoro. Il tema è molto complesso, ma cercheremo comunque di offrire degli spunti operativi. La prima considerazione è che, sebbene il sistema delle caste fu abolito dalla costituzione nel 1950, esso è ancora presente nella cultura e rafforzato da leggi locali (in contrasto quindi con la costituzione stessa). In termini pragmatici significa che se un’eventuale comunicazione, per esempio di insoddisfazione nei confronti di un output del fornitore, venisse veicolata a un soggetto di casta inferiore, difficilmente questa comunicazione arriverebbe ai capi e, anche se arrivasse, difficilmente verrebbe considerata. Nelle relazioni con il fornitore indiano bisogna quindi capire sia la posizione nell’organigramma sia la casta di appartenenza, in modo da veicolare l’informazione alla persona
giusta. Un altro aspetto è l’utilizzo della forma affermativa. Per esempio, se a un italiano dicessimo: “ma ti sei reso conto che il progetto è in ritardo?”, un “sì” porterebbe con sé anche il tentativo di accelerare i lavori. La risposta affermativa di una persona indiana (naturalmente siamo coscienti trattasi di generalizzazione), invece, significherebbe la presa di coscienza del ritardo, ma non la necessità di migliorare la situazione. Infine, una considerazione sul tema “costo del servizio”. Se è vero che in generale il prezzo non è l’unica variabile in grado di spiegare la qualità, in India lo è ancor meno. Non è infatti raro che, per lo stesso servizio abbastanza standardizzato, vi siano differenze tra fornitori anche superiori al 100% e a ciò non corrisponda un incremento di qualità del servizio offerto o di reputazione. Tale fenomeno è presente soprattutto in piccoli fornitori che vedono nel cliente europeo l’opportunità di praticare dei prezzi superiori rispetto ai loro standard. Il consiglio è quindi di chiedere più preventivi anche se le prime offerte appaiono già interessanti. Consci di avere sintetizzato, forse eccessivamente, il tema dell’outsourcing in India, si vuole comunque sottolineare il messaggio principale riguardante la necessità di adottare un approccio sistemico alla valutazione dell’opportunità o meno di poggiarsi su fornitori indiani. Avere successo in queste operazioni è possibile, ma è anche molto semplice incorrere in errori costosi.
RISORSE
tipo time and material. Non a caso un trend emergente è la volontà di molti clienti di sottoscrivere contratti legati ai risultati, modalità che offre maggiori tutele, ma che non è molto gradita dal fornitore. Sul fronte della selezione di un partner di qualità, le classiche attenzioni suggerite in Italia diventano molto rilevanti, se non fondamentali, in India. Per esempio, va benissimo ottenere i curricula dei collaboratori, ma questi non sempre sono veritieri e il peso delle parole non è lo stesso dato in Italia. Per esempio non è raro vedere titoli quali programmatore senior o software development team leader con “ben” un anno di esperienza alle spalle. Una buona tecnica è indagare i progetti realmente compiuti, con particolare riferimento ai clienti stranieri. L’esperienza con l’estero
10 errori da evitare nell’outsourcing in India Un interessante approfondimento che spiega, in 10 punti, quali sono gli errori più gravi che si possono commettere “sbarcando” in India e quali elementi bisogna tener presente, nella cultura e nell’organizzazione del lavoro. http://tinyurl.com/ay2z9wv
Come la pensano gli inglesi Anche il prestigioso The Economist si è occupato a lungo dell’esternalizzazione in India dei servizi IT e di back office. In questo articolo vengono spiegati molto bene i motivi che hanno portato diverse aziende a riconsiderare la scelta o a tenersene lontani. Con impatti significativi anche sull’economia indiana. http://tinyurl.com/d3yvs3c
Anche i Cio a volte ci ripensano Un white paper che analizza i dubbi, i cambiamenti di rotta e le problematiche incontrate nell’outsourcing in Paesi lontani, dopo anni spesi alla ricerca di tali soluzioni per abbattere i costi. http://tinyurl.com/anp4vjn
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ATTUALITA’
«Siamo vendor, ma anche system integrator e fornitori di servizi: gestiamo 5 milioni di client e più di 250.000 server e vantiamo l’eccellenza mondiale di una fabbrica, quella di Augsburg in Germania. Un edificio incredibile che si estende su una superficie di 77.000 metri quadrati e, a pieno regime, è in grado di
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Federico Francini, Vp & managing director di Fujitsu Italy
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Il focus storico sull’hardware ad alto valore aggiunto, ma anche la voglia e i numeri per essere un grossissimo player nel mondo dei servizi, delle soluzioni e ora anche del cloud. Gli obiettivi, le strategie e i pensieri di Federico Francini, AD e presidente della società in Italia Marco Lorusso
produrre qualcosa come 2,5 miliardi di componenti al giorno, oltre a 12.000 notebook, pc e workstation e 1.000 server e unità storage». Mostra i muscoli Federico Francini, Vp & managing director di Fujitsu Italy, e traccia la strada di una multinazionale IT che guarda al futuro nel solco però di un Dna dai tratti inconfondibili. «Il valore, la qualità, l’affidabilità sono i pregi dei nostri prodotti, anche se oggi i clienti a volte sembrano dimenticare l’importanza di simili fattori – spiega Francini –. Spesso gli acquisti si fanno con la bilancia. Ma
nella Pa e nelle banche i pc hanno una durata anche di 10 anni: qui la qualità fa la differenza e infatti abbiamo avuto molto successo. Come Fujitsu abbiamo intenzione di mantenere dunque il nostro focus sull’hardware, settore in cui vantiamo la più ampia gamma di prodotti dedicati al mercato professionale (server, pc, storage, mainframe, tablet, ecc.). Sulla scia di questa fortunata tradizione vogliamo però rilanciare il nostro ruolo di primissimo piano anche in ambito soluzioni e servizi. Segmenti che, vale la pena ricordarlo, a livello mondiale rappresentano ormai la metà del fatturato (40% in Italia). In generale, la nostra società sostiene attivamente i propri dipartimenti di ricerca e sviluppo, per realizzare quello che viene definito un “Human Centric ICT”, ovvero una società dove l’individuo si trova al centro dei servizi e dei sistemi, per un ambiente più prospero». Obiettivi e numeri importanti confermati, per altro, da Gartner che ha posizionato proprio Fujitsu al terzo posto mondiale del mercato dei servizi IT, dopo IBM e HP e subito prima di Accenture. «Importantissime sono per noi le partnership sia a livello di canale sia a livello di società come per esempio NetApp e VMware grazie alle quali abbiamo messo in campo un’offerta di appliance, cioè macchine preconfigurate best of breed». Ultimo esempio in questo senso l’annuncio di una nuova macchina virtualizzata certificata, pronta all’uso per attività di test e sviluppo sulla piattaforma SAP HANA. Fujitsu Power Appliance aumenta la rapidità delle procedure di sviluppo e collaudo delle implementazioni SAP HANA, offrendo alle imprese la possibilità di creare un reale valore di business attraverso deployment velocizzati delle configurazioni meglio performanti. Come in parte annunciato nel corso del recente forum mondiale di Monaco, Fujitsu spingerà molto anche sul tema cloud: fra i sei data center a livello mondiale Fujitsu ne ha selezionati due in Europa, riprogettati secondo le best practice per realizzare il nuovo modello di delivery “as-a-service”. È stato inoltre annunciato Cloud Store, una sorta di App Store riservato agli ISV, che possono appoggiarsi a Fujitsu per portare le loro applicazioni in modalità cloud, indipendentemente dal linguaggio di sviluppo.
«VENDERE AVIRA CONVIENE»: IL CASO REP. UNA STORIA DI ORDINARIO VALORE Oltre 1.800 clienti in tutta Italia, personale con esperienza ventennale nel mondo dell’innovazione e, dal 2008, un ruolo da protagonista nell’Office Automation. Rep è un rivenditore concretamente a valore aggiunto che, da anni, ha scelto di “incrociare” con grande soddisfazione la strada di Achab e soprattutto di Avira. A tu per tu con un caso di successo destinato a fare scuola Entusiasmo contagioso e tono deciso, Maurizio Peruzzotti è amministratore di Rep, rivenditore a valore nato nel 2008 a Gallarate. Da allora Rep ha raccolto 1.800 clienti e strategiche alleanze in partnership con grandi nomi del mondo IT come Nashuatec, 24ore software, Microsoft, Intel. «Il nostro obiettivo è rendere semplice la vita dei nostri clienti, offrendo servizi completi sia in ambito informatico che nel document solutions», afferma subito Peruzzotti. Perché e quando avete deciso di scegliere un brand come Avira e Achab come distributore? «Intorno al 2009 eravamo alle prese con un fenomeno comune per chi si occupa di vendere i principali brand della security: le soluzioni continuavano ad appesantirsi e a rendere macchinosi aggiornamenti, sviluppi... Ci siamo allora messi alla ricerca di alternative facendo test accurati, scouting, ecc. Molti test continuavano a darci proprio Avira come la soluzione migliore rispetto anche alle solite multinazionali, così abbiamo scelto questo prodotto e abbiamo scelto Achab, con cui fin da subito c’è stata fortissima sintonia. La vendita di Avira e il canale aperto con Achab ci hanno dato immediatamente ragione. In poco tempo ci siamo trovati dall’essere un rivenditore tra tanti, trattato con freddezza come strumento per vendere “nodi”, all’essere un interlocutore chiave con cui confrontarsi».
Collegati subito a questo pratico QR code, guarda l’esclusiva video intervista con Maurizio Peruzzotti, amministratore e fondatore di Rep, scopri la sua storia di successo con Achab-Avira e accedi all’imperdibile promozione riservata ai lettori di Digitalic
Mai una delusione in tutti questi anni? «Una sola volta Avira, in una sua nuova versione, ha at-
tivato il riavvio forzoso di tutti i clienti che, in poco tempo, ci hanno sommerso di chiamate. A seguito di un simile episodio Avira è stata l’unica azienda, nella nostra storia, a farci arrivare una lettera di scuse firmata di pugno dal Ceo in persona. Una linea che fa rima con lo stile Achab, che ci fidelizza e ci permette di confrontarci con i manager dei “suoi” vendor». Come si sviluppa valore con Avira? «Seguendo la passione di Achab. Insieme, attraverso Avira, andiamo sull’utente finale, sviluppiamo materiale marketing e attività chiave, soprattutto quando ti rivolgi alle piccole imprese, come i reminder sui rinnovi: piccolezze che fanno la differenza…» Ma la politica “free” di Avira non vi ha danneggiato? «Al contrario, il livello di gradimento della versione free ci aiuta molto. Non solo, quando scarichi la versione gratuita hai accesso a funzionalità base e la licenza non è valida per l’ambiente business… forzare una simile dinamica è come avere un’automobile e non avere il libretto: la macchina va, ma se ti fermano magari hai dei problemi!». Consiglierebbe dunque di vendere Avira anche per i prossimi anni? «Direi proprio di sì. Si tratta di una soluzione promettente e che grazie alla console centralizzata permette di gestire più clienti e soprattutto di gestirne l’implementazione con velocità, anche quando si parla di più sedi sparse sul territorio. Proprio la console di gestione offre le prospettive più interessanti per il canale, che può usare Avira anche in ottica di servizio. Noi su cloud e Software-as-a-Service stiamo investendo. stiamo pensando di portare alcuni server in Polonia dove abbiamo trovato linee velocissime in upstream…». Una concreta storia di successo, dunque, che ora puoi scrivere anche tu grazie all’esclusiva promozione che Achab ha deciso di riservare ai lettori di Digitalic che per primi si collegheranno al sito: www.achab.it/digitalic.
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ATTUALITA’
Office, una delle più utilizzate e famose suite software del mondo, sbarca definitivamente sul cloud e lo fa, anche nel nostro Paese, con un evento in grande stile. Un evento svoltosi alla presenza di Carlo Purassanta, nuovo amministratore delegato della filiale italiana, dei partner strategici e di numerosi clienti di grande rilievo che hanno già testato la nuovissima versione di Office 365. Tra questi, erano presenti AstraZeneca Italia nella figura del suo Alberto Peralta, IS/IT director, il Credito Valtellinese con il vice direttore generale Mauro Selvetti e il Politecnico di Milano con il suo rettore Giovanni Azzone. A confermare la solennità del momento anche la partecipazione di Kevin Turner, chief operating officer di Microsoft Corp.
O
«Questo è un lancio chiave per la storia della nostra società – ha esordito il manager –. Microsoft sta evolvendo in maniera molto profonda, ma la nostra missione resta quella di creare software e servizi di valore che aiutino ancora meglio tutto il nostro ecosistema di partner a vendere più device». Proprio i partner rappresentano infatti uno dei motori di sviluppo più potenti, sul quale ancora una volta il colosso di Redmond intende contare per spingere il nuovo verbo del cloud e della collaboration all’interno delle medie e piccole imprese.
Il lancio
budget di piccole, medie e grandi organizzazioni. Dal suo lancio a metà 2011, Office 365 si è attestato come una delle soluzioni a più rapida crescita nella storia di Microsoft. A livello globale, dopo soli 18 mesi, uno su cinque dei clienti aziendali di Microsoft utilizza ora il servizio a pagamento, rispetto al rapporto uno su sette di un anno fa. Oltre alla versione aggiornata dei servizi Microsoft Lync Online, Exchange Online e SharePoint Online, gli utenti aziendali possono ora utilizzare su un massimo di cinque dispositivi le familiari applicazioni Office, offerte come servizio cloud sempre aggiornato. Il nuovo
Il nuovo Microsoft Office 365 per le aziende offe un importante aggiornamento dell’ormai famoso servizio cloud che comprende ora nuove funzionalità ed edizioni in linea con le esigenze e i
Fine dell’era delle licenze legate al pc, ora il software e i servizi seguono le persone, si mettono a loro disposizione su smartphone, notebook, tablet, pc e, come un liquido, prendono la forma del device sul quale si trovano a operare in un dato momento. Debutta il nuovo Office 365 Marco Lorusso
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Office 365 è dotato inoltre di funzionalità social ottimizzate per le aziende, grazie all’integrazione di SharePoint e Yammer, ed entro giugno offrirà la connettività LyncSkype per le funzionalità di presenza, messaggistica istantanea e voce. Il nuovo servizio è già disponibile in 69 mercati e 17 lingue, a cui si aggiungeranno altri 20 Paesi e 16 idiomi nel secondo trimestre di quest’anno. «Il lancio della nuova versione di Office 365 – spiega poi Purassanta – conferma il nostro costante impegno per concretizzare quello che definiamo “New World Of Work”. L’evoluzione della nostra piattaforma di produttività cloud rappresenta infatti la risposta agli attuali trend che impattano sul mondo del lavoro». Microsoft ha ottimizzato Office 365 rendendolo accessibile on-demand su molteplici dispositivi, integrando importanti funzionalità social e di collaborazione e assicurando rispetto per la privacy e per i principali standard di sicurezza, oltre a un migliore controllo IT.
Carlo Purassanta, nuovo amministratore delegato della filiale italiana di Microsoft
Kevin Turner, chief operating officer di Microsoft Corp
Digitalic per Alias
VALORE SUL CANALE
ALIAS E DELL SONICWALL, UNA PARTNERSHIP LUNGA DICIOTTO ANNI
Roberto Riccò, sales e marketing manager di Alias
Alias, in quanto Authorized Training Partner (ATP) di Dell SonicWall, propone un ricco calendario di corsi informativi indispensabile per offrire al meglio le soluzioni Dell SonicWall ai propri clienti, nonché corsi formativi necessari per ottenere la certificazione. Collegati al pratico QR code e consulta il calendario.
Cristiano Cafferata, country manager di Dell SonicWall
In passato i fornitori di soluzioni di sicurezza tendevano a offrire singoli prodotti progettati per le singole minacce, con un conseguente aumento della complessità e del costo. In anni recenti, il settore IT ha conosciuto una forte maturazione aprendosi a soluzioni più semplici, meglio progettate e meno costose, nonostante l’esponenziale crescita dei dati, la rapida adozione di soluzioni cloudbased e la presenza sempre più invasiva di dispositivi consumer portatili in ambiente aziendale. Lo sa bene un distributore a valore aggiunto come Alias che da anni si trova ad affrontare questo tipo di problematiche e a dover proporre ai propri rivenditori soluzioni in grado di proteggere la rete e i dati dei clienti dalle numerose minacce in continua evoluzione. La risposta a queste esigenze Alias l’ha trovata puntando su un brand come SonicWall. «Fin dall’inizio del nostro lavoro, circa 18 anni fa – dichiara Roberto Riccò, sales e marketing manager di
Alias – abbiamo deciso di proporre le soluzioni di sicurezza di SonicWall che già al tempo si era distinta per la capacità di fornire ad aziende soluzioni di elevata qualità per la sicurezza di rete e la protezione dei dati. Una partnership storica che oggi si consolida sempre più e che ci permette di rispondere al canale in maniera rapida ed efficace proponendo anche corsi formativi ed eventi di presentazione commerciale, supportando i clienti nella selezione delle soluzioni migliori, nella stesura di progetti e offrendo servizi di supporto post vendita». Dal 1991, data di fondazione, a oggi SonicWall ha fatto molta strada, estendendo la sua leadership dalla piccola alla grande impresa, investendo nello sviluppo e acquisendo soluzioni di classe enterprise per l’accesso remoto (Aventail e EnKoo), per il backup e ripristino (Laso Logic) e per la sicurezza della posta elettronica (MailFrontier). Oggi SonicWall o meglio Dell SonicWall, dal momento che è stata acquisita da Dell circa un anno fa, ha al suo attivo più di 130 brevetti (registrati e in attesa) e conta più di 300.000 clienti che utilizzano soluzioni di sicurezza come Firewall, applicazioni per l’accesso remoto sicuro,
per la protezione di e-mail, backup e ripristino. «Offriamo un ampio ventaglio di prodotti, ad alto valore tecnologico e di servizi importanti e complessi che hanno quindi bisogno di essere distribuiti da un’azienda capace, dedicata e focalizzata, per essere proposti al meglio sul mercato – dichiara Cristiano Cafferata, country manager di Dell SonicWall –. Non si tratta di vendita generica, ma di vendita a valore aggiunto, con costante necessità di aggiornamenti. I motori di sicurezza dei sistemi, siano essi UTM, Next Generation Firewall, Emailsecurity o SSL-VPN, sono in costante evoluzione, come i rischi dell’uso dei sistemi su Internet e richiedono quindi aggiornamento sia commerciale che tecnico per chi ne tratta la commercializzazione. Alias ha dimostrato con i risultati di aver correttamente investito nella formazione del proprio personale creando un vero e proprio pool di esperti, capaci di analizzare le richieste dei clienti, gestire le vendite e i progetti dando importanza ed assistenza su tutti i livelli di business. È da sempre un piacere lavorare con questa tipologia di distributore, ma soprattutto di persone, che da almeno 20 anni sono al servizio dei rivenditori».
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IL MOBILE MARKETING
COFFEE
Francesca Pilone @FPilone
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Mi capita di ripensare all’anno trascorso all’estero ai tempi dell’università, quando i miei mi telefonavano e i ragazzi del primo piano, dalle scale, urlavano il mio nome per avvisare che la chiamata, all’unico telefono della palazzina di tre piani di studenti, era per me. Oppure la corsa alle aule informatizzate dell’ateneo con il foglio della tesina scritta a mano la notte, per digitarla al computer, consegnarla stampata e riportarla a casa nel dischetto. Preistoria ora, ma se penso che ho ricevuto il primo cellulare, di seconda mano dai miei, al secondo anno di università e ho comprato il primo portatile per scrivere la tesi, mi si accende il senso di impetuosità dei Big Data e… la loro crescita annuale del 40% (fonte IDC). Perché oggi a tre anni d’età guardi film su YouTube e vorresti cambiare i canali della tv strisciandoci sopra il dito. E il successo di Ruzzle dimostra che smartphone e tablet sono un oggetto irrinunciabile (chi vive in città rinuncia all’automobile, piuttosto). Quando iniziai a lavorare, il primo progetto fu un evento sulla mobility che implicava il sottotitolo “sempre e dovunque”. Non abbiamo mai smesso di parlarne, ma oggi è molto più vero di allora. Se la seconda parte di un noto slogan recita “le mail ti raggiungono dovunque”, per chi fa marketing questa facilità di raggiungere il cliente è inversamente proporzionale a quella di essere letti. Tutto può diventare App ma, se ne esistono a migliaia, è più difficile convincere l’interlocutore che è proprio la tua App quella che deve scaricare. È proprio il tuo evento quello a cui deve partecipare, o la tua promozione quella a cui deve aderire. L’originalità a volte premia. Il gioco facile, che stupisce e diverte, nel tempo. La pervasività nella comunicazione, che prima o poi apre una breccia. Il caro vecchio passaparola, ora sui social media. Bisogna puntare su messaggi sempre più brevi e immediati, differenziare i mezzi di comunicazione, usare video e infografiche. E Psy è per noi un’emblematica storia di successo, figlia di questa nostra bella realtà.
BREAK Il marketing è al momento scosso da due cambiamenti convergenti. Grazie all’evoluzione tecnologica sono infatti disponibili nuovi strumenti per comprendere e comunicare con il consumatore. Un ruolo centrale è giocato dalle tecnologie Web 2.0 (blog e social network) e dalle nuove piattaforme mobili: cellulare, netbook, tablet. Proviamo ad analizzare insieme il “Fenomeno” (no… non Ronaldo) del “Byod” (Bring your own device). Molte aziende stanno adottando dispositivi personali per applicazioni business. L’obiettivo è aumentare la soddisfazione e la produttività dei collaboratori attraverso l’uso di nuove tecnologie, riducendo le spese per il mobile. Il Byod è uno dei più sensazionali risultati della consumerizzazione dell’IT, nella quale è la preferenza dell’utente e non l’iniziativa della società a guidare l’adozione delle tecnologie in azienda. Gartner ha previsto che entro il 2014 «il 90% delle organizzazioni supporteranno applicazioni aziendali su dispositivi personali». Ma come si può sfruttare il fenomeno a fini marketing? Il Mobile Marketing, per esempio, permette di contattare il cliente attraverso la comunicazione interattiva direttamente su un dispositivo mobile. Ma andiamo nel concreto: Il Web marketing geolocalizzato è sempre più diffuso anche da noi, soprattutto fra le strutture turistiche e ricettive. Si tratta di strategie e attività collegate al territorio, che rendono le aziende visibili e raggiungibili dagli utenti in mobilità. Obiettivo del GeoLocal Marketing è il sistema produttivo ed economico locale, che può promuoversi in Rete sfruttando al meglio le caratteristiche sociali dell’area di riferimento. Il Local Search Marketing è un aspetto importante del Geo Marketing: offre infatti una doppia opportunità agli utenti e alle aziende per quel che riguarda le ricerche da parte dei primi e la visibilità online dei secondi. Il codice QR (Quick Response code) è uno strumento di mobile marketing che offre risultati immediati. Le applicazioni possibili sono: biglietti da visita, recensioni rapide (con un QR code collegato a un sito) o anche concorsi a premi (come un gratta e vinci); possono rimandare a una istanza “Mi piace” di Facebook o anche – applicati su una T-shirt indossata ad un evento – collegare a una pagina con i propri dati di contatto. Si moltiplicano, infine, anche le piattaforme per il marketing della realtà aumentata, che negli anni passati era affidato solo al Web (via pc) e a chioschi installati in strada. La diffusione degli smartphone e la crescita della banda larga mobile sposta questi servizi su cellulare, permettendo un più diretto rapporto con gli utenti (basta vedere la App Experenti di Digitalic). “E pur si move!” disse Galileo Galilei… e allora “muoviamoci” a sfruttare questa nuova sfida di business!
Valerio Rosano @ValerioRosano
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IL MONDO HA BISOGNO DI COMUNICAZIONE. LA COMUNICAZIONE HA BISOGNO DELLA STAMPA. LA STAMPA HA BISOGNO DI GRAFITALIA .
TECNOLOGIA Le stampanti 3D sono destinate, secondo molti, a cambiare profondamente il mondo. Sono nate per realizzare pezzi di ricambio sulle navi da guerra e ora, intorno a loro, si è sviluppata una comunità mondiale di “makers”: di gente che fa, inventa e realizza pezzi unici (o quasi), sfruttando le potenzialità di questi incredibili strumenti. Al loro lancio pochi avrebbero pensato che uno dei campi di maggior successo sarebbe stato quello della gioielleria. Sì, perché le stampanti 3D e la creatività dei giovani designers stanno conquistando il mondo dorato dei gioielli. Come nel caso di Archetype Z (www.archetypez.com) che ha realizzato uno dei bracciali 3D in plastica di maggior successo. Un vero pezzo di design in vendita a 30 dollari. Ma si può fare anche di più: creare il
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proprio monile, magari che rappresenti i viaggi realizzati. Un ordito di linee che non sono altro che gli spostamenti effettuati, una mappa astratta da indossare. L’idea è di Meshu (http:// meshu.io) e non serve un atlante, basta connettere il sito al proprio profilo Facebook o FourSquare e Meshu recupera tutti i dati e disegna le linee. I costi vanno dagli 80 dollari (per gli oggetti plastici) ai 165 dollari per quelli in metallo. Il fenomeno è già così significativo che sono nati dei veri e propri marketplace
online, come su www.shapeways.com, in cui è possibile acquistare le creazioni di altri, ma anche realizzarne di proprie, caricando file 3D o semplicemente personalizzando quelli presenti e scegliendo il materiale da utilizzare. L’aspetto più interessante è che la stampa 3D apre nuovi orizzonti a tutti i designer e amplia le possibilità di sperimentazione. Se una stampante 3D oggi si aggira sui 1.500 euro, significa che quasi chiunque può realizzare prototipi di prodotti – proprio la creazione del prototipo, in passato, era una barriera molto alta all’ingresso di nuovi talenti nel design –, ma non solo… si aprono anche nuove strade creative, perché le possibilità realizzative sono inedite. Per capire come funzioni una stampante 3D, potete guardare il video a questo link: www. youtube.com/watch?v=zkppg84hxZg. PER VEDERE I CONTENUTI AGGIUNTIVI DI QUESTA PAGINA SCARICA LA APP DI DIGITALIC PER IOS E ANDROID.
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DGTALK FINO A POCO TEMPO FA PREROGATIVA ESCLUSIVA DELL’UTENZA CONSUMER O AL MASSIMO STATUS SYMBOL, GLI APPARECCHI MOBILE, ANCHE GRAZIE AL BYOD, PRESENTANO UN’ESTETICA E UN DESIGN CHE OGGI INFLUENZANO LE SCELTE IN AMBITO BUSINESS E INTRODUCONO NUOVI SCENARI TUTTI DA SCOPRIRE E ANALIZZARE
Alessio Ferri
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Il design certo, la crescente e pressante attenzione per le forme, l’aspetto, lo status che un prodotto tecnologico è in grado di offrire. Nel cuore, esattamente al centro di un fenomeno così presente e dirompente c’è un motore dai tratti decisi e inconfondibili. La rivoluzione mobile sta cambiando completamente i connotati e il centro di gravità
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permanente del mercato IT. Una rivoluzione che fa di smartphone e tablet autentici strumenti di produttività ovunque e comunque per manager e aziende. Vita professionale e vita personale si mischiano, si fondono sempre più indissolubilmente determinando conseguenze di grade impatto. Prima fra tutte la necessità, per un prodotto tecnologico di
DGTALK essere efficiente, ma anche gradevole da utilizzare, vedere, esibire… È la “consumerizzazione bellezza”! «Negli ultimi anni il design è entrato a far parte dei requisiti di scelta aziendali grazie a due ragioni – esordisce Marco Bossi, marketing manager consumer and small business di Dell –: prima di tutto il Byod e poi la ricerca della massima mobilità e connettività in qualsiasi luogo e momento. Entrambi gli aspetti pongono l’accento sul desiderio di distinguersi dai colleghi per mettere in evidenza la propria unicità». Proprio grazie all’assottigliarsi della barriera tra strumenti di lavoro e dispositivi di intrattenimento personale, è ormai diventata la regola esibire apparecchi capaci di attirare l’attenzione anche in un contesto formale. «È innegabile che il design influisca sempre di più nelle scelte riguardanti i prodotti informatici e di elettronica di consumo, il confine tra i quali è ormai molto labile – sottolinea Federico Carozzi, responsabile prodotti professionali desktop, notebook e tablet di Lenovo –. È il fenomeno della consumerizzazione, particolarmente importante per i prodotti dedicati alla mobility». Per chi stava chiuso in un ufficio, infatti, fattori privi di ritorni economici quali l’estetica hanno sempre fatto fatica ad affermarsi. La situazione è cambiata anche sotto questo aspetto e l’offerta non fa altro che assecondare esigenze mutate. «Tradizionalmente le aziende hanno gestito le
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Alessia Rehnicer Sony Mobile
Amedeo Prodi SAP
Luca Zerminiani VMware
flotte di dispositivi mobili, secondo politiche a livelli – precisa Alberto Bevilacqua, terminal sales director di ZTE –. Ai reparti operativi venivano forniti strumenti essenziali ed economici dove il design aveva caratteristiche soprattutto funzionali, mentre i quadri dirigenziali avevano a disposizione scelte di design e caratteristiche meno verticali e più aspirazionali, a sottolinearne lo status. Con il Byod, gli utenti finali stessi sono diventati i decision maker e il design diventa fattore di diversificazione assieme alle altre caratteristiche meno tangibili del prodotto». La tendenza appare ormai in fase di consolidamento, anche se non mancano le perplessità. «Non credo che il design, inteso come pura estetica, sia decisivo nella scelta da parte di un’azienda di utilizzare una soluzione mobile anziché un’altra – replica Emanuel Arnaboldi, country leader di Autodesk –. È piuttosto una scelta influenzata dall’utilizzo che se ne deve fare e dalla disponibilità di applicazioni business fruibili su una determinata piattaforma. Posso dotarmi del dispositivo mobile più accattivante e alla moda che ci sia, ma se poi l’usabilità è compromessa e le applicazioni di cui ho bisogno per lavorare non girano sul sistema operativo, quello stesso device diventa inutilizzabile». Sulla scia dell’entusiasmo, il rischio è di vedere messe in secondo piano le ragioni principali per cui esiste una differenza tra dispositivi business e consumer. «Piuttosto che il design, ci
sono ben altri valori che dovrebbero influire nella scelta, fattori come la sicurezza e l’affidabilità o anche solo la durata della batteria – rilancia Fabrizio Falcetti, business programm manager di Fujitsu –. Non da ultimo dobbiamo considerare che l’utenza business è abituata all’utilizzo di determinati software e applicazione che vorrebbe ritrovare sui tablet, ma questo potrebbe comportare anche l’adozione o la modifica di programmi e procedure da parte delle aziende».
Bello, ma concreto Lasciare spazio all’estetica non significa comunque in alcun modo mettere da parte le ragioni essenziali sulle quali si basa una strategia di mobility. «Uno smartphone deve essenzialmente essere in grado di mobilizzare applicazioni chiave che permettono l’accesso ai processi aziendali – afferma Bevilacqua –. Per farlo, deve essere dotato di un sistema operativo aperto, di un’estesa autonomia di esercizio, di un display sufficientemente ampio da facilitarne l’utilizzo e sufficientemente piccolo da renderlo portatile oltre che mobile». Soprattutto, il tablet o smartphone che sia, deve garantire di eseguire le proprie mansioni anche lontano dalla scrivania. «Deve essere sempre possibile sincronizzare le informazioni rispetto all’utilizzo da parte di più dispositivi e in modalità online e offline, a seconda della disponibilità di Rete e garantire lo scambio delle informazioni tra colleghi, partner e clienti – ribadisce
DGTALK Luca Zerminiani, systems engineer manager di VMware –. Solo attraverso questa accessibilità, rapidità di condivisione e interazione è possibile incrementare la produttività aziendale, prendere decisioni più informate, migliorare la reattività, ridurre il time to market». Oltre al favore dei diretti interessati, la bontà della strada intrapresa è confermata da dati certi. «Più ricerche e analisi degli operatori confermano come l’utilizzo in minuti di uno smartphone veda prevalere di gran lunga le funzioni di connettività e contenuti rispetto alle funzioni cosiddette voce – sottolinea Alessandro Salsi, country product manager Eee Systems BU di ASUSTeK –. E-mail, Internet, navigazione satellitare e soprattutto la sincronizzazione dei dati in cloud sono oggi le necessità primarie di un utente smartphone». Oltre ad aver superato i limiti fisici di una LAN, un valore aggiunto della mobility è sposare al meglio le nuove opportunità offerte dalla tecnologia e tradurle in produttività. «Smartphone e tablet non andranno a sostituire i pc, ma anche aziende, inizialmente contrarie, stanno accettando che i dipendenti utilizzino tali strumenti sul posto di lavoro – sostiene Alessia Rehnicer, marketing & communications manager di Sony Mobile Communications –. Gli smartphone riescono a conferire un reale valore alla produttività aziendale perché permettono di essere “always on”. Questo
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importante aspetto, unito alle caratteristiche di leggerezza e maneggevolezza, sta cambiando decisamente il modo in cui le imprese impostano la loro politica su questi dispositivi». Una strada, peraltro, per buona parte ancora tutta da percorrere. «Nel prossimo futuro, per esempio, la tecnologia NFC permetterà di effettuare transazioni di pagamento in movimento agevolando e migliorando la produttività degli utenti – puntualizza Davide Albo, mobile consultant, software group di IBM –. In ambito enterprise l’attenzione è spostata sull’efficienza delle operazioni e sulla sicurezza dei dati, per cui i device che prevedono sandbox specifiche o servizi dedicati per la gestione della posta saranno privilegiati rispetto ad altri».
Davide Albo IBM
Emanuel Arnaboldi Autodesk
Incrocio pericoloso Quando un prodotto incontra successo, varianti e modelli nuovi diventano all’ordine del giorno. Tablet e smartphone non sono dispositivi così lontani come si poteva ipotizzare all’inizio e l’evoluzione rischia di portare a un confronto molto da vicino. «L’ingresso nel mercato dei phablet ha effettivamente segnato un passo avanti verso la convergenza in un unico dispositivo – riflette Raffaele Cinquegrana, product portfolio manager di LG Electronics –. Secondo molti analisti, la tendenza del mercato sembra essere quella di favorire un unico device capace di fare tutto». Una prospettiva sulla quale al momento emerge comunque
una certa divergenza di idee. «Hanno ciascuno una propria finalità prioritaria, e questo rimarrà vero nel tempo anche se le funzionalità accessorie li rendono sempre più simili nell’utilizzo – replica Carozzi –. Questo, a ben vedere, è quanto succede anche all’opposto, cioè verso l’alto del fattore di forma, tra tablet e notebook, nati con finalità diverse». «Un cliente che fa un uso limitato di traffico di dati continuerà a utilizzare solo uno smartphone – conferma Bossi –, mentre in ambito aziendale, l’esigenza di uno schermo più ampio e di una buona portabilità farà propendere per l’acquisto di un tablet più classico». Al momento appare anche difficile azzardare qualcosa di più di una semplice ipotesi. «Forse è un po’ presto per dirlo, perché comunque entrambi i mercati sono in forte crescita – puntualizza Giampiero Savorelli, country category manager HP PSG –. Quello che però si vede è una proliferazione di dispositivi che fanno convergere sia la parte smartphone sia la parte tablet».
La bellezza dei contenuti Fabrizio Falcetti Fujitsu
Oltre che formidabile veicolo per le vendite di un prodotto, il design presenta anche i rischi conseguenti alla componente emotiva e quindi alla volubilità di una moda, un elemento da non sottovalutare quando si parla di tablet. Il messaggio di non trascurare una continua evoluzione anche sotto il profilo delle funzionalità sembra essere stato recepito. «Ritengo che il
DGTALK design non sia un fattore esterno e a sé stante ma debba essere concepito come un concetto intrinsecamente unito alla tecnologia – spiega Salsi –, quindi in quest’ottica ha sicuramente altro da esprimere unitamente al progresso dell’innovazione. Si arriverà a breve a possedere, per diversi utilizzi, un telefono, un tablet e un computer». «Possiamo considerare quello dei tablet come un fenomeno recente e ancora principalmente consumer – riprende Bossi –. Le evoluzioni future, anche grazie al nuovo sistema operativo Windows, ne porteranno un numero sempre maggiore in ambito aziendale, integrandoli con i sistemi informatici e incrementando di conseguenza lo sviluppo in termini di tecnologia e design». I dubbi non riguardano tanto l’eventuale utilizzo di apparati dedicati alla mobility, quanto la modalità. Da una parte, la potenza di uno strumento per ogni compito, dall’altra la praticità. «I dati in nostro possesso dipingono un mercato in cui è forte l’esigenza di poter disporre di un device con funzionalità simili – interviene Falcetti –, in grado di offrire la piena integrazione con le applicazioni aziendali e che garantisca la sicurezza che ci si dovrebbe aspettare nel trattamento dei dati e degli accessi, aspetto questo fondamentale per un utilizzo aziendale». «L’idea di fondo è prevedere una convergenza dei prodotti tradizionali, come i portatili o i desktop verso il mobile – conferma Albo –. Strumenti modulabili proprio a seconda
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Federico Carozzi Lenovo
Giampiero Savorelli HP
Marco Bossi Dell
delle esigenze: un tablet che può trasformarsi velocemente in un portatile a seconda del luogo in cui ci si trova. Il trend quindi è quello di far convergere tutto in ottica mobile e quindi le aziende che prevedono di investire nello sviluppo di applicazioni mobili devono percepire il valore delle soluzioni o delle piattaforme che permettono di creare App a prescindere dal dispositivo». Una strategia di mobility deve inoltre tenere presente mutamenti di scenario oggi difficili da prevedere. «In questo settore sono il prodotto e l’innovazione a fare da traino – avverte Rehnicer –: tutto è sempre in continua evoluzione. Quando c’è un dispositivo veramente valido, che risponde alle aspettative degli utenti, i risultati arrivano e anche molto rapidamente».
Quello che conta veramente Il desiderio di possedere un prodotto di ultima generazione e sentirsi innovatori rischia di nascondere le considerazioni sulla effettiva utilità. Se per il singolo utente le ripercussioni sono limitate alla sfera personale, in ambito aziendale si mettono a rischio investimento e organizzazione. Per quanto attraente e apprezzabile, l’estetica può essere in definitiva solo un elemento nella strategia di mobility, e neppure il più importante. «Quello che conta lato business è potersi dotare di un dispositivo pensato per garantire i livelli di integrazione con le infrastrutture aziendali, con reti complesse e/o gestite e che tenga conto dei requisiti di sicurezza e protezione
dei dati e degli accessi tipici del mondo business – puntualizza Falcetti –. Non meno importante è che possa sfruttare il software già in essere in azienda, sia per un discorso di licenze, sia per una migliore familiarità dell’utilizzatore con le applicazioni stesse». «Il successo di un dispositivo mobile è dettato dalle applicazioni disponibili per quel tipo di piattaforma – aggiunge Arnaboldi –. Pensiamo per esempio ai tablet o ai dispositivi mobile che avevamo dieci anni fa e non hanno riscontrato successo non tanto perché fossero brutti o perché non funzionassero bene, ma semplicemente perché non c’erano applicazioni disponibili». Un principio fondamentale dell’IT, secondo cui l’hardware da solo per quanto bello e potente non sia di grande utilità, non c’è ragione per cui non debba essere applicato anche alla mobility. «Le applicazioni mobili possono essere ormai considerate la naturale estensione dei processi aziendali – sottolinea Amedeo Prodi, customer solution manager di SAP –. Si tratta per lo più di applicazioni semplici e puntuali, che portano a umanizzare il nostro rapporto quotidiano con i processi aziendali, nonché quello dell’azienda con il proprio consumatore, così da raggiungere la collaborazione e l’immediatezza necessarie al recepimento delle esigenze interne e di mercato». Dal punto di vista operativo, la vera novità introdotta da smartphone e tablet può essere proprio la capacità di aver invertito il principio
Digitalic per CommVault
L’ORA DELLE OPPORTUNITÀ E DEL CANALE
SIMPANA 10 E LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI DATI FIRMATA COMMVAULT Più facile l’adozione del cloud ma, soprattutto, più facile estrarre valore dai Big Data. Il sogno è diventato realtà nelle scorse settimane con il lancio di una nuova versione della piattaforma unificata di data management. Un lancio atteso ora dal debutto su strada attraverso due esclusivi eventi a Roma e Milano, rispettivamente il 17 e il 23 aprile
APPUNTAMENTI DA NON PERDERE
Roberto Massoli, channel manager di CommVault Systems Italia, racconta in questa video intervista come e perchè Simpana 10 rappresenta un’occasione unica di business per il canale
Toccare con mano i vantaggi e le opportunità di business con Simpana 10 è ora possibile; la società ha infatti organizzato per il 17 e il 23 aprile due eventi di grande impatto, dedicati a partner di canale e utenti finali, durante i quali saranno presentate nel dettaglio le nuove funzionalità del prodotto e, soprattutto, dove prenderanno la parola in qualità di relatori i 4 partner platinum della squadra di rivenditori CommVault e i 4 partner Oem della società: Dell, Fujitsu, Hitachi e Netapp. In parallelo, ovviamente, continua anche l’intensa attività di formazione e certificazione che la società ha avviato da tempo. Per tutte le informazioni sulle sessioni di training targate CommVault basta collegarsi a questo pratico QR code.
Gestire i dati, di ogni forma e dimensione, su dispositivi di qualsiasi tipo e in qualsiasi momento non è mai stato così concretamente facile. Una facilità sulla quale, non a caso, ha scommesso forte CommVault, pioniere nella protezione dei dati e società di software storage a più rapida crescita del mondo. Il tutto attraverso lo sviluppo di soluzioni di Singular Information Management che hanno il loro motore in una piattaforma che offre alle aziende un controllo senza precedenti sulla crescita, sui costi e sui rischi connessi alla gestione dei dati. «Nello specifico, con il lancio di Simpana 10 – racconta Roberto Massoli, channel manager di CommVault Systems Italia – si estende la leadership di CommVault nella protezione e conservazione dei dati, per offrire un accesso sicuro e self-service dai dispositivi mobili. Ora, per la prima volta, tutti possono facilmente riutilizzare i dati e accedere, cercare e creare informazioni facilitandone lo scambio e i processi decisionali. Le oltre 300 nuove funzionalità introdotte permettono inoltre di ridurre i rischi, di
dimezzare i costi, di semplificare l’operatività fino all’80% e di abbassare i costi legati al supporto fino al 35%». «Ci sono cinque punti chiave che penso siano in grado, più di mille altre parole, di spiegare la strategia della società e gli obiettivi di una simile soluzione – conferma, soddisfatto, Cristian Meloni, district manager di CommVault Systems Italia –. Ridurre i costi IT e i rischi associati attraverso il moderno approccio alla protezione e all’archiviazione dei dati di CommVault; accelerare l’adozione di IT “as a service” (virtualizzazione e cloud); offrire alla forza vendita “mobile” l’accesso selfservice ai propri dati; semplifica-
re eDiscovery in conformità con funzionalità di ricerca a livello globale e, infine, incrementare in maniera significativa la produttività aziendale». Il tutto si traduce in un’architettura che archivia in modo efficiente tutti i dati protetti in un repository virtuale, denominato ContentStore, e semplifica il modo in cui gli utenti ricercano, analizzano e riutilizzano i dati in azienda. ContentStore costituisce inoltre la base per innovazioni future, come la conservazione automatizzata basata sul contenuto e l’integrazione con applicazioni di analisi e business intelligence di terze parti. «Spetta ora a noi spingere al massimo sul mercato attraverso eventi e corsi di formazione esplicitamente dedicati al canale indiretto – spiega Massoli –. Proprio dai partner (circa quindici in totale di cui quattro platinum) passa infatti il 100 per cento del nostro giro di affari. La nostra è una società che è nata e si è sviluppata nella convinzione che il canale sia uno strumento chiave per comunicare in maniera efficace e immediata con il territorio. Uno strumento al quale ora offriamo una soluzione di grande impatto, destinata ad aprire importanti scenari di business in uno dei settori più caldi del momento».
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consolidato per anni secondo il quale debba essere l’utente ad avvicinarsi a un’applicazione e non viceversa. «La disponibilità di App aiuta a moltiplicare le potenzialità di utilizzo di un dispositivo e, addirittura, suggerisce all’utente nuove opportunità di impiego – rilancia Salsi –, sia in ambito business sia in quello consumer. Sicuramente è quanto attualmente richiedono con insistenza gli utilizzatori di dispositivi mobili: sempre più applicazioni e software aggiornati».
Il compagno di viaggio ideale Consumerizzazione e Byod hanno contribuito a ridurre il confine tra mondo aziendale e personale. Oltre agli entusiasmi legati alla novità e a una maggiore libertà
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nella scelta degli strumenti di lavoro, si va incontro anche al pericolo di una certa confusione sull’interlocutore cui rivolgersi al momento di adottare una strategia di mobility. Lo scenario è articolato e di conseguenza anche le soluzioni sono diverse. «Parlando del mondo business, la modalità di vendita di un dispositivo mobile deve essere quella progettuale o sotto forma di soluzione – considera Arnaboldi –. Pensiamo per esempio a un’azienda che decide di dotarsi di un sistema CRM. Il dispositivo mobile dovrà essere venduto non tanto come device in quanto tale, ma come elemento di una strategia CRM più ampia per permettere ai propri venditori di accedere al sistema tramite App senza dover tornare in ufficio». Aprire ai prodotti consumer non significa quindi accettarne anche le modalità di scelta e adozione. «Questi dispositivi mobili devono essere venduti alle aziende attraverso dei
Raffaele Cinquegrana LG
partner di canale aggiornati sulle ultime tendenze ed efficienti – ribadisce Carozzi –, capaci di inserire il prodotto nell’ecosistema aziendale del cliente, a seconda delle sue preferenze per il form factor e per il sistema operativo e delle esigenze verticali del business». In uno scenario già ricco di varianti come il mercato professionale, in pratica, se ne vanno ad aggiungere delle altre. L’abilità nel saperle gestire è una ulteriore incombenza per il canale, ma anche una nuova opportunità. «Chi deve vendere questi dispositivi è un insieme di figure: venditore, consulente, persona esperta di software – interviene Savorelli –. Non parliamo più di vendita del portatile o del desktop fine a sé stessa, ma di vendita legata a una soluzione». L’esperienza maturata negli anni da chi opera direttamente sul campo, può rivelarsi preziosa a superare la confusione
tipica di situazioni come quella in cui spesso si trova il mondo mobile all’interno di un’azienda. «Dobbiamo distinguere le grandi aziende, il cui parco dispositivi è gestito attraverso i contratti con gli operatori, dalle piccole realtà o le partite IVA, che invece scelgono anche in base ai gusti dei singoli dipendenti, associando poi la tariffa più adatta al proprio uso – riflette Cinquegrana –. Il nostro lavoro deve quindi essere duplice: offrire all’operatore soluzioni che ci permettano di penetrare l’offerta business, e incrementare la visibilità sul retail della nostra gamma in modo da catturare l’attenzione dei piccoli imprenditori». Di fronte a una svolta importante a livello organizzativo, dover affrontare parecchi dubbi appare naturale. Su alcuni punti, tuttavia, è importante non esitare. «Con la democratizzazione degli smartphone e la presenza a tutti i livelli di prezzo, penso che ormai per le aziende questa sia una scelta obbligata – conclude Bevilacqua –. Le resistenze all’utilizzo sono evidenti soprattutto da parte degli utenti più tradizionali che hanno paura di non saperlo utilizzare oppure che ritengono che, con uno smartphone, siano più controllati dall’azienda o costretti a lavorare fuori orario. Un programma di Change management e, magari, orari di lavoro più flessibili possono stimolare l’utilizzo, oltre che diventare efficienti strumenti per accrescere produttività in azienda».
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Tra i più brillanti emblemi della rivoluzione del Byod c’è sicuramente la Mela morsicata. Apple è una delle prime aziende che ha sposato i concetti di usabilità, produttività e design dando vita ad autentici status symbol come iPod, iPhone e iPad che hanno dominato in lungo e in largo il mercato per molto tempo ma che oggi, dopo aver fatto scuola, si trovano a fronteggiare la concorrenza di chi come Nokia – ma soprattutto Samsung – pare aver imparato bene la lezione, riuscendo nell’impensabile intento di oscurare in qualche modo sua maestà iPhone a colpi di innovazione e design eccezionale. Emblematica in questo senso l’attesa spasmodica che ha portato, lo scorso 14 marzo, al lancio mondiale del nuovo Samsung Galaxy S IV, definito addirittura “l’oggetto tecnologico più atteso di sempre”. Uno smartphone stupefacente con la taglia quasi da tablet e la sua tecnologia eye-tracking, grazie alla quale si potrà fare lo scrolling delle pagine visualizzate con il solo movimento degli occhi. Interessante e curiosa anche la storia di Nokia, brand per anni leader indiscusso del mondo cellulare e che proprio
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l’avvento degli smartphone e della consumerizzazione sembrava aver messo in disparte. Lasciato alle spalle il crollo del sistema Symbian e qualche timore di troppo, il colosso finlandese, sulla scia del lancio del nuovo Windows 8, sembra ora avere imboccato la via della rinascita, ancora una volta grazie alla scelta coraggiosa di puntare su prodotti completamente nuovi come i Lumia. Proprio questi smartphone dalle dimensioni extra e dai colori vivacissimi (dal nero, al giallo, fino al ciano), caratterizzati dalla ricarica wireless e dal display PureMotion, stanno riscuotendo un crescente successo di pubblico anche in ambito aziendale grazie alla semplicità di integrazione con gli ambienti applicavi professionali. Ancora una vola dunque design che si mischia virtuosamente con produttività. Una linea che anche un colosso come Microsoft, un po’ in ritardo negli ultimi anni nel comparto mobile, sembra ora aver fatto sua, ridisegnando completamente il suo storico sistema operativo. Windows 8 presenta infatti un’interfaccia
completamente nuova che punta a dare accesso a un ambiente in cui il touch, le App, il cloud, il desktop, la mobility, la produttività… tutto insomma è disponibile, tutto è integrabile attraverso la medesima esperienza d’uso a prescindere del device che si sta utilizzando. Massima non del tutto vera, anche perché poi la stessa Microsoft ha voluto dare forma concreta a questa rivoluzione mettendo sul piatto una nuova e avvincente scommessa come il tablet Surface. Un prodotto tutto da studiare, sbarcato in Italia lo scorso 14 febbraio con la sua cover intelligente e, soprattutto, con il suo ambizioso ma per nulla “folle” obiettivo: dare vita a un tablet con la potenza di un pc e che sia perfettamente integrabile anche in un ambiente lavorativo, dove Microsoft ha il dominio assoluto…
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I 10 COMANDAMENTI DEL BUON DESIGN Elena Veronesi Laureata in comunicazione d’impresa, è consulente di comunicazione visiva e direttore creativo della Creative Park Srl. Lavora nel settore comunicativo da oltre 10 anni e nella sua carriera ha collaborato con numerose agenzie pubblicitarie in tutta Italia. Da alcuni anni, al ruolo di consulente aziendale ha affiancato quello di formatrice, tenendo corsi sul marketing e la comunicazione visiva presso enti e aziende. È relatrice Smau, dove tiene workshop dedicati al Web design e alla comunicazione efficace e cura un blog nel quale parla di creatività, design e visual communication: www.elenaveronesi. com.
Quando incontriamo per la prima volta un oggetto, è la sua forma che ci suggerisce come utilizzarlo. Che si tratti di una maniglia o di un pulsante, il compito del design è quello di rendere un dispositivo più comprensibile, in un certo senso “parlante”. Ma non sempre i designer ci riescono, così forme e colori diventano soltanto un artificio estetico. Ma che cosa rende un design un “buon design”?
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Una ricetta dalla quale partire Siamo all’inizio degli anni Ottanta e il grande designer Dieter Rams è seduto alla scrivania. Guarda un foglio bianco, poi alcune immagini delle sue tante creazioni e si chiede: “Is my design good design?”. È una domanda che i tutti i designer, prima o poi, si pongono; perché azzeccare ogni volta la forma giusta sembra il risultato di un sottile gioco di alchimie. La risposta non è semplice, non esiste una ricetta per realizzare nel miglior modo possibile ciò di cui la gente ha bisogno. Guardando i suoi tanti progetti Rams sintetizzò quelli che sono passati alla storia come i “10 comandamenti” del buon design, 10 linee guide per progettare in modo efficace.
VI SIETE MAI TROVATI DAVANTI A UNA PORTA CHE NON SAPETE COME APRIRE? O ALLE PRESE CON UNA MANOPOLA CHE NON CAPITE DA CHE PARTE GIRARE, UNA LEVA IMPOSSIBILE DA PREMERE O TIRARE? RINCUORATEVI: NON SIETE I SOLI. OGNI GIORNO MIGLIAIA DI PERSONE SI TROVANO ALLE PRESE CON OGGETTI E DISPOSITIVI CHE FATICANO A FAR FUNZIONARE E NON CERTO PER LORO IGNORANZA. I VERI COLPEVOLI SONO I DESIGNER.
2. Un buon design rende utile il prodotto Un prodotto viene acquistato per essere usato. Deve servire per un determinato proposito, sia nella sua funzione primaria che in quelle secondarie. Il principale obiettivo del design è di ottimizzarne l’utilità. 3. Un buon design è esteticamente attraente La qualità estetica di un prodotto – e il fascino che suscita – è parte integrante della sua utilità. È difficile avere a che fare con prodotti che irritano, creano disordine, confondono e con i quali si fatica a entrare in sintonia. Non si può però negare quanto sia complesso lavorare sulla qualità estetica degli oggetti, per due ragioni: primo, è difficile parlare di aspetti visivi quando le parole hanno significati diversi per le persone; secondo, l’estetica è la somma dei dettagli, dell’armonia delle parti, del ritmo degli elementi che compongono l’oggetto. Per questo un buon designer dovrebbe avere una buona base di teoria delle forme. 4. Un buon design aiuta la comprensibilità di un prodotto Chiarifica la struttura dell’oggetto. Ancora meglio, “fa parlare” il prodotto. Quando il design è ben studiato è in grado di spiegare da solo il funzionamento dell’oggetto, risparmiando tempo e impegno all’utente finale. 5. Un buon design non è intrusivo I prodotti che soddisfano questo criterio vengono
comunemente definiti “strumenti”. Non sono né oggetti decorativi né pezzi d’arte. Il loro design deve essere perciò neutrale e lasciare spazio all’utilizzatore di esprimere se stesso. 6. Un buon design è onesto Un oggetto progettato onestamente non promette qualità o caratteristiche che non possiede. Non deve influenzare o manipolare gli acquirenti e gli utilizzatori. 7. Un buon design dura nel tempo Non c’è niente di trendy oggi che non possa diventare fuori moda domani. Questa è una delle maggiori differenze fra un prodotto ben progettato e un oggetto che occupa inutilmente gli scaffali dei negozi. Lo spreco non è tollerabile. 8. Un buon design si riconosce anche nei piccoli dettagli Nulla può essere lasciato al caso. Mettere attenzione e cura nel processo progettuale dimostra rispetto nei confronti del cliente. 9. Un buon design si preoccupa dell’ambiente Il design deve contribuire al benessere dell’ambiente e delle sue materie prime. Questo significa non soltanto considerare l’inquinamento, ma anche ciò che l’inquinamento produce a livello umano e ambientale. 10. Un buon design è invisibile Ritorniamo alla purezza, ritorniamo alla semplicità.
RISORSE
1. Un buon design è innovativo Non copia le forme di prodotti esistenti, non produce novità per il solo scopo di farlo. L’essenza dell’innovazione dev’essere chiaramente visibile in tutte le funzioni di un prodotto (o progetto). Entro questi limiti le possibilità sono infinite. Lo sviluppo tecnologico offre di continuo soluzioni innovative.
Dieter Rams Nato a Wiesbaden il 20 maggio 1932, è un designer tedesco. Rams studiò architettura presso il Werkkunstschule Wiesbaden e al tempo stesso imparava l’arte della carpenteria dal padre, tra il 1943 e il 1957. Dopo aver lavorato per l’architetto Otto Apel, dal 1953 al 1955, entrò a far parte di un’azienda che produceva articoli elettronici, la Braun, della quale diventò direttore del dipartimento di design nel 1961, posizione che mantenne fino al 1995. Rams spiegò così il suo approccio al design: “Weniger, aber besser” (traducibile liberamente come “Meno, ma meglio”). http://it.wikipedia.org/wiki/Dieter_Rams
Frasi celebri • Less is more. Ludwig Mies Van Der Rohe • La bellezza salverà il mondo. Fëdor Dostoevskij • Il medico può seppellire i suoi errori, ma l’architetto può soltanto consigliare il suo cliente di piantare delle viti Frank Lloyd Wright • Il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali. Bruno Munari • Design è anche guardare gli oggetti di tutti i giorni con occhio curioso. Vico Magistretti • Mi arrabbio quando mi dicono che sono un artista; cioè, non mi arrabbio ma sono fondamentalmente un architetto. Ettore Sottsass
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ATTUALITA’
Tutti ne parlano, ma pochi sanno esattamente di cosa si tratti e soprattutto che tipo di lavorazione si nasconde dietro agli stupefacenti effetti che il 3D è in grado di “regalare”. Anche e soprattutto per questo abbiamo incontrato Carlo Magrì, fondatore di Imagem, una realtà che da 15 anni collabora con aziende di design, architettura, arte realizzando incredibili elaborazioni foto-realistiche tridimensionali.
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Partiamo dunque dalla base. In cosa consiste di preciso l’elaborazione 3D? Si tratta della possibilità di creare forme di qualsiasi tipo, potendo controllarne geometria tridimensionale,
Carlo Magrì ha firmato con la sua creatività numerose cover di Digitalic, fin dal suo esordio. Lo abbiamo incontrato per scoprire qualche segreto in più sulla tecnica del 3D Daniela Schicchi
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materiali, illuminazione, ecc. Lo spazio virtuale offerto dai programmi di modellazione 3D può essere paragonato a quello del nostro mondo reale, nel quale possiamo afferrare oggetti, modificarli, costruirli, trasformarli, con in più, la possibilità di svincolarsi dalle leggi fisiche che governano il nostro mondo. Quali le difficoltà maggiori? La prima riguarda la modellazione. Spesso bisogna saper “maneggiare” più software per dare forma agli oggetti. Nell’architettura sono molto usati i modellatori poligonali, che considerano gli oggetti fatti di facce, spigoli e
punti. Nel design, invece, si utilizzando modellatori di tipo NURBS (Non Uniform Rational B-Spline), che rappresentano gli oggetti attraverso curve matematiche e superfici per le quali si possono controllare grado di curvatura, andamento ecc. La seconda difficoltà riguarda il rendering, ovvero il riuscire a predisporre materiali e luci che siano credibili e che non rivelino troppo palesemente la natura “sintetica” del 3D. Cosa ti piace di più di questo tipo di progetti? Per un architetto come me, poter giocare con forme, luci e colori svincolandosi da tutto quel che la progettazione comporta è impareggiabile. Gli strumenti impiegati nel lavoro di modellazione e rendering offrono possibilità espressive infinite. Come riesci a trasferire sul computer le immagini della tua mente? Parto da un’immagine tridimensionale. Penso e visualizzo le mie idee e poi le scompongo in elementi più semplici. Abbozzo le idee tramite figure tridimensionali e poi, via via, conferisco Carlo Magrì, fondatore di Imagem
forma e dettagli sempre più raffinati, fino ad allestire set complessi che poi inquadro e illumino per lo “scatto” finale. C’è un progetto in particolare che non hai fatto e ti piacerebbe realizzare? Tra i tanti, uno rivendica a gran voce priorità. Ho sempre sognato di realizzare le macchine impossibili che Raymond Roussel inventa per il suo romanzo Locus Solus del 1914. Tutte le invenzioni della patafisica e i congegni assurdi di quella corrente letteraria sarebbero perfetti per essere resi “vivi”. Vorrei realizzare una sorta di galleria che permetta al fruitore di “accendere” tali macchine per osservarne il funzionamento. Ma rimarrà un sogno! Cosa ti è piaciuto di Digitalic? Mi piace la capacità “visionaria” e la fiducia riposta nelle soluzioni tecnologiche, che sono in grado di emozionare tanto quanto le tecniche tradizionali. Ogni spunto che mi offrite per la creazione di nuove copertine diventa occasione per sperimentare tecniche e strategie raramente utilizzabili nel lavoro quotidiano!
EVENTI
In occasione dell’incontro istituzionale con i propri partner, un’azienda è obbligata a presentare il meglio della propria immagine, a infondere ottimismo e motivare chi è chiamato a portare il marchio di fronte al cliente finale. Una missione ancora più delicata quando il mercato presenta cifre poco incoraggianti e si opera in un settore particolarmente rigido. È in questi momenti, d’altra parte, che le doti di coraggio e lungimiranza di un’azienda emergono, anche a costo di affrontare una svolta decisa. «È il momento di dare forma al cambiamento, esattamente un anno dopo aver annunciato il lancio del progetto rinnovamento – afferma Stefano Matera, direttore marketing e canale indiretto di gruppo TeamSystem –. Abbiamo
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pronte nuove tecnologie, nuovi processi interni e un nuovo modello per comunicare. In pratica, ci presentiamo con una nuova immagine». Di fronte a una platea pronta a raccogliere l’annuale invito del più importante evento aziendale, la convinzione di poter guardare al futuro con ottimismo e il coraggio di cambiare non mancano. «Intendiamo dare più forza al gruppo e ai partner, con una nuova offerta, investimenti e un’organizzazione più solida – annuncia Federico Leproux, amministratore delegato di gruppo TeamSystem –. Stiamo cercando di tenere un occhio attento a quanto c’è intorno a noi, più che in passato, perché siamo convinti sia il momento giusto per questa trasformazione». La trasformazione è di quelle importanti, come rivela il drastico restyling del logo, passato da un tono monocromatico (in linea con la sobrietà degli ambienti gestionali di qualche tempo fa) a linee moderne e colorate, per assecondare le attuali tendenze. «Oggi i clienti ci chiedono un prodotto veloce e facile da usare, dove inserire e condividere ciò che si
Semplicità, personalizzazione spinta e cloud computing segnano la nuova strategia di TeamSystem, decisa a rinnovare profondamente la propria immagine a partire da Federico Leproux, un logo a tutto colore Alessio Ferri
amministratore delegato di gruppo TeamSystem
desidera – spiega Matera –. Una soluzione da utilizzare con qualsiasi dispositivo, con una tecnologia tascabile dove non sono necessari manuali d’uso». Pronta la risposta, con un riallineamento dell’offerta. In primo piano, oltre alla semplificazione spinta all’estremo, la possibilità di personalizzare. «Ci è stato insegnato di creare margini producendo prodotti tutti uguali – prosegue Matera –, mentre oggi siamo chiamati a vincere una sfida che sembra un paradosso: produrre massificando le personalizzazioni». Grande risalto inoltre a un passaggio indispensabile in termini di offerta. «Abbiamo pronta la piattaforma cloud, sviluppata in collaborazione con IBM e Computer Gross – annuncia Matera –. Un’architettura inedita, perché siamo gli unici a proporla personalizzata pensando anche al canale chiamato a gestirla. Ogni partner potrà modellare il proprio ambiente e continuare a brillare di luce propria, ma è fondamentale capire come confezionare l’offerta e per questo partiranno subito i corsi». Il messaggio è lanciato. Forte di quanto dimostrato fino a oggi, non c’è spazio per i dubbi su un cambiamento così drastico, a partire dall’immagine, a colori come il futuro auspicato. «Quello che ci interessa non è il risultato di un anno, ma il punto di arrivo raggiunto insieme al canale – conclude Lacroux –. Non è il momento di fermarsi, è invece quello di sfruttare i risultati raggiunti per costruire il prossimo ciclo di crescita».
Stefano Matera, direttore marketing e canale indiretto di gruppo TeamSystem
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ATTUALITA’ Il canale e i partner di valore sono il cuore della strategia firmata IBM… prova, per credere, a collegarti a questo QR code e potrai guardare una serie di reportage esclusivi che Digitalic ha realizzato a tu per tu con manager e partner di Big Blue nel corso del recente IBM Software Network, un evento che ha chiamato a raccolta 600 business partner a Roma
Tocca a Enrico Cereda, vice president, systems and technology group di IBM Italia, fare il bilancio dell’anno chiusosi da poco. Un compito piacevole, visto che il 2012 è terminato nel segno dei successi e delle tante, innovazioni che IBM ha presentato sul mercato, a partire dall’arrivo di Stefania Asti in qualità di responsabile dei Sistemi Power IBM. «I clienti ci hanno premiato anche in un momento difficile come questo, dandoci fiducia», ha spiegato la stessa Asti. A questo si è aggiunta la presentazione di nuovi sistemi, ideali per il mercato delle piccole e medie imprese. Soluzioni in grado di sfruttare in modo snello e semplice le opportunità offerte dai Big
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Data e dal cloud computing: otto nuovi Power System, tre nuovi Pure System e gli Storage System. Le Pmi, infatti, rappresentano quasi la metà del prodotto interno lordo italiano, per questo vanno supportate. Basti pensare che ogni giorno vengono generati 2,5 Exabyte di dati, al punto tale che il 90% dei dati mondiali è stato creato negli ultimi due anni. Cercare modi semplici ed efficaci (anche in termini di costi) per analizzarli e soddisfare le esigenze dei clienti diventa fondamentale per avere successo. Con le novità introdotte, IBM, va a rimuovere due ostacoli atavici nell’ambito della gestione dei Big Data: il costo di elaborazione di
«Ci aspettiamo un primo trimestre di continua crescita, visto che contiamo su altri nuovi lanci per fare la differenza sul mercato». Non ha dubbi Enrico Cereda, vice president, systems and technology group di IBM Italia, la Enrico Cereda, strada è quella giusta Daniela Schicchi
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vice president, systems and technology group di IBM Italia
questi dati e la complessità legata alla loro interpretazione. Un esempio di soluzione che va in questa direzione è l’estensione dei microprocessori Power7+ ai sistemi entry level e midrange. Questi processori, infatti, sono perfetti tanto per la gestione dei Big Data quanto per il cloud computing grazie al fatto che la virtualizzazione è incorporata nel chip. Per quanto riguarda il canale, ha dichiarato ancora Stefania Asti, «è partito il Power System in Tour, che rappresenta una customer experience che verrà portata in giro per l’Italia, toccando città come Milano, Padova, Catania e Firenze. Oggi sono circa 150 i partner certificati che collaborano con noi sul
mercato supportando i nostri clienti». Detto questo resta, spesso, il problema dell’accesso al credito, soprattutto da parte delle Pmi. Anche in questo senso, però, IBM ha pensato al sistema Global Financing. Questo programma collabora con la rete dei partner IBM per supportare le imprese a superare i vincoli di credito e semplificare il relativo accesso al finanziamento con soluzioni convenienti che favoriscono l’adozione di tecnologie avanzate. Per esempio, per la piattaforma Pure System, il programma propone opzioni finanziarie flessibili che combinano competitive buy back, dilazione iniziale di pagamento e offerte di locazione.
Stefania Asti, responsabile dei Sistemi Power IBM in Italia
ATTUALITA’ Collegati al QR code e vivi l’esclusivo test di Surface realizzato da Il Testardo, il blog di Digitalic che analizza, in modo caparbio e inusuale, le ultime tecnologie. Uno sguardo inedito al mondo digitale, curato da Valerio Rosano
Microsoft continua nel suo percorso di innovazione che l’ha vista negli ultimi mesi fare importanti annunci di nuovi prodotti in abito server, Office e sistema operativo con Windows 8, così come nei servizi di posta trasformando Hotmail in Outlook.com. Questo percorso l’ha portata, nelle scorse settimane, a presentare in Italia Surface RT, il tablet Microsoft basato appunto su Windows RT e caratterizzato da elementi che lo distinguono dagli altri
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Il tablet di Microsoft basato su Windows 8, in vendita presso le catene di elettronica di consumo, con la tastiera-cover e una porta Usb standard, punta anche al mercato professionale e sulla creazione semplice ed efficace di contenuti Luca Bastia
tablet sul mercato. «Abbiamo già superato le 60 milioni di copie vendute di Windows 8 – ha affermato Claudia Bonatti, direttore divisione Windows di Microsoft Italia –. È stato avviato un ecosistema di partner, sia hardware che
Quadrata, solida, precisa, trasformabile. La stampante Xerox Phaser 7100 è un cubo, che con vari accessori, cassetti e aggiunte prende la forma di una colonna, che assomiglia ai fotocopiatori degli uffici di un tempo. Ma la qualità è ovviamente un’altra cosa. È il design che stupisce, non solo quello esterno, ma quello dei dettagli interni. Tutto è compatto, concentrato e ben accessibile. Anche i toner sono innovativi: non bisogna sfilare grandi e pesanti cartucce, ma piccoli contenitori plastici che contengono solo il materiale, niente parti meccaniche in movimento. Si infilano in una casella e si fissano con una leva, come gli attacchi degli sci. La Phaser 7100 stampa in A4 e in A3 già dal modello base, con la possibilità di aggiungere un cassetto dedicato al formato grande. Non è una stampante
App, il quale ha portato a circa 1.800 tra pc e tablet certificati per il nuovo sistema operativo (Windows 8 ed RT). Già dal lancio del nuovo tablet ci sono oltre 1.000 App certificate. Con Surface RT – ha aggiunto la manager di Microsoft Italia – abbiamo voluto reimmaginare il tablet e come viene utilizzato: fino a oggi è stato finalizzato a consumare i contenuti, non alla loro creazione. Surface RT crea un ponte tra questi due mondi». Unisce, infatti, i vantaggi di un tablet alle funzionalità di un pc a iniziare dalla Cover Touch, una tastiera ultra sottile e resistente in diversi colori che funge anche da cover e dispone di un aggancio magnetico semplice e immediato. Un sostegno integrato permette di posizionarlo in modo quasi verticale facilitandone la visione. Interessante anche la presenza di una porta Usb standard e la disponibilità di uno slot per micro SD per aumentarne la capacità di memoria. Con le applicazioni di Windows, la connessione al cloud di SkyDrive, il video HD, Xbox Music, i giochi e le funzionalità di Office Home & Student 2013 RT, Surface RT unisce la produttività al divertimento.
per arti grafiche, ma si vede che il motore e la precisione dei colori viene da un’azienda con grande esperienza nella resa cromatica. Inoltre, è dotata del modulo fronte retro. L’ingombro è davvero contenuto e sebbene si tratti di una stampante ad alta produttività può anche stare sulla scrivania (se ne avete una abbastanza grande). Dal punto di vista delle compatibilità, Xerox ha fatto un ottimo lavoro inserendo non solo Mac ma anche varie versioni di Linux: è una printer aperta a tutti i mondi di rete. Le funzioni si controllano dal display Lcd a due righe e soprattutto dalla pagina “Web” della stampante, che fornisce molte informazioni e offre diverse possibilità di personalizzazione. È una printer di rete e giustamente la sua gestione più dettagliata è prevista dalla rete stessa.
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Pi-Emme è uno dei leader in Italia nella stampa a caldo. Una realtà che unisce la grande esperienza e sensibilità artistica ad una dotazione macchine davvero ampia. Il tutto per mettere al centro di ogni progetto il cliente Francesco Marino
La stampa a caldo è sempre sorprendente. Non è solo oro e argento: oggi le foglie metallizzate esplorano nuovi territori, come i foil olografici, per adattarsi a settori inediti. Certo ci vuole esperienza, cura dei dettagli, preparazione. Noi l’abbiamo sperimentato direttamente con le nostre copertine. Pi-Emme ha stampato magistralmente con i suoi macchinari di qualità varie copertine di Digitalic. L’azienda di Chieri (TO) è uno dei leader italiani nella stampa a caldo, ha una grande esperienza e macchinari in grado di soddisfare qualunque esigenza, anche di altissime tirature, dai formati più piccoli a quelli grandi, anzi enormi. Difficile trovare in Italia una società che abbia a disposizione un
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parco macchine tanto ampio. Mauro Pilotto, amministratore delegato, ha creato non solo un’azienda dotata delle più moderne infrastrutture ma soprattutto una squadra eccellente formata da persone compenti e disponibili come Antonio Intini sul versante commerciale e Mirio Vincis su quello tecnico. Nel corso del 2011 Pi-Emme ha portato a compimento il trasferimento nella nuova sede di proprietà situata nella zona industriale di Chieri e che si sviluppa su una superficie di 8.000 m2, di cui 3.000 destinati alla produzione. Dalla fondazione l’azienda ha sempre avuto l’obbiettivo di mettere al centro il cliente, immedesimandosi nelle sue esigenze e proponendo soluzioni sempre più accattivanti per la realizzazione di ogni progetto. Nata come ditta
individuale, si è più volte trasformata passando dalla realtà artigianale a quella industriale, mantenendo intatte le peculiarità artistiche della stampa a caldo. Per quanto riguarda le lavorazioni Pi-Emme è in grado di realizzare qualunque tipo di stampa a caldo: piatta di fondi pieni, con tratti in negativo, rilievi in contemporanea, microincisioni e applicazioni di ologrammi di sicurezza. Ma anche rilievi artistici modellati in base all’immagine stampata. In alternativa ad altre tecnologie, la stampa a caldo può essere anche utilizzata come base per “brillanti” sovrastampe offset.
L’azienda è specializzata anche nei sistemi di anticontraffazione. È infatti possibile abbinare al proprio prodotto un marchio olografico con innumerevoli livelli di sicurezza per tutelare la creatività e il design originale. Al tempo stesso Pi-Emme può è fornire certificazioni di autenticità anche con lavorazioni di microincisione.
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PUNTO G 70
IL FUTURO È DELL’ECO-DESIGN Antonella Tagliabue Amministratore delegato della società di consulenza strategica di direzione Un-Guru, esperta di sviluppo sostenibile. Laureata in Scienze Politiche, con specializzazione in Storia e Istituzioni dell’America Latina. Si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e grandi gruppi italiani. Da anni si occupa di Green Economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “Penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile. Quando parlo del Pianeta lo faccio con la P maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. Leggo, viaggio e scrivo per passione. Camus diceva: “Sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione’. Per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”
Il Salone del Mobile di Milano è un appuntamento immancabile per chi si occupa di design a livello mondiale. Nel corso degli ultimi anni, già a partire da prima della crisi, una delle tendenze che si è andata affermando al Salone è quella della sostenibilità e dell’ecologia. Si tratta di una presenza che però sembra svolgere la parte dello “special guest”; è bello averlo ma non è necessario. Ma cosa significa design sostenibile? La definizione più chiara e ragionata è probabilmente quella offerta dall’enciclopedia Treccani. È una definizione dinamica, che tiene in considerazione il mutare degli eventi. Per la Treccani infatti il design sostenibile non è più quello che si fa carico «esclusivamente dell’impatto ambientale del prodotto: quest’ultimo diventa invece uno dei requisiti imprescindibili». Ciò che conta è considerare le “richieste dell’ecosistema” e saper coniugare ecologia e sviluppo. «È sempre più necessario perciò superare il concetto di design sostenibile
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associato alla realizzazione di pezzi unici, di serie limitate e costruite attraverso forme di reimpiego di scarti; un approccio ben poco risolutivo se visto in un’ottica di grandi numeri». Alvar Aalto viene spesso citato come un ecoprogettista, un precursore perché il rispetto per l’ambiente era uno degli elementi centrali del suo lavoro. Il fatto è che anche nel design, così come per il dibattito a livello economico, la sostenibilità è stata per lungo tempo contrapposta alla crescita, relegandola così a una scelta per pochi.
Di più e meglio Il problema era di natura filosofica, relativo alla concezione stessa della progettualità. Spesso la comunione tra design ed
ecologia ha generato austerità. Ma l’austerità, oltre che una questione di stile, non può essere una scelta privativa, ma deve avere a che fare con una qualità migliore della vita, per tutti, e con una nuova concezione dello sviluppo. Il primo passo, il più semplice, è stato quello di trovare soluzioni di design che inglobassero il controllo e l’efficienza delle tecnologie, dei materiali e dei prodotti. Nel 1994 Gunter Pauli (economista) e Heitor Gurgulino de Souza (allora rettore dell’Università delle Nazioni Unite) fondarono l’istituto di ricerca Zero Emission Research and Initiatives (ZERI), una rete internazionale di esperti in varie discipline per sviluppare nuovi processi produttivi. Secondo Pauli «l’obiettivo è zero: zero incidenti, zero sprechi, zero emissioni». Il progetto nasce dall’idea che progresso e scienza siano amici dell’uomo e che il progresso consista nell’incorporare sia il rispetto per l’ambiente, che le
tecniche usate dalla natura, rendendo i processi di produzione parte di un ecosistema. Un’idea che va di pari passo con quella del fisico Fritjof Capra per cui una società sostenibile si può costruire solo sulle fondamenta dell’ecoalfabetizzazione e dell’ecodesign. L’eco-design diventa così un processo di progettazione nel quale gli scopi umani sono adattati ai principi e flussi del mondo naturale e l’innovazione tecnologica è chiamata a svolgere un ruolo nell’attivare una mentalità che recuperi i principi della biologia. La sostenibilità diventa dunque una questione di pensiero, di approccio sistemico al design, un cambio radicale di mentalità. L’eco-designer del futuro potrà dunque attingere a conoscenze ed esperienze che vanno dalla matematica alle scienze biologiche e sociali. Un designer chiamato non solo a sviluppare prodotti eco-compatibili, ma a pensare a scenari di vita
RISORSE
NEL CORSO DEGLI ULTIMI ANNI, GIA’ A PARTIRE DA PRIMA DELLA CRISI, UNA DELLE TENDENZE CHE SI E’ ANDATA AFFERMANDO AL SALONE DEL MOBILE E’ QUELLA DELLA SOSTENIBILITA’ E DELL’ECOLOGIA. SI TRATTA DI UNA PRESENZA CHE PERO’ SEMBRA SVOLGERE LA PARTE DELLO “SPECIAL GUEST”; E’ BELLO AVERLO MA NON E’ NECESSARIO. MA COSA SIGNIFICA DESIGN SOSTENIBILE? sostenibili, per diventare progettista di relazioni. Ecologiche ovviamente. Il suo compito è, ad esempio, aiutare tutti noi a essere consumatori migliori, superando una logica di acquisto e abbandono dei prodotti leggera e frivola, un approccio usa e getta che produce rifiuti, senza preoccuparci delle conseguenze. Il design del futuro non dovrà essere sostenibile in quanto tale, la questione ambientale sarà un prerequisito. La sostenibilità deve essere frutto di una ricerca funzionale, semantica, di utilizzo. Sembrerebbe dunque che la sostenibilità sia il destino naturale del design. Lo conferma anche la Treccani quando ci ricorda la definizione di “vero design”, ripresa dal saggio di Giovanni Klaus Koenig pubblicato su Ottagono nel 1983, e cioè quello in cui «agiscono forti interazioni fra scoperta scientifica, applicazione tecnologica, buon disegno ed effetto sociale positivo».
Acqua di casa mia Si chiama “Sull’acqua il massimo della trasparenza” l’iniziativa di Coop per il consumo corretto e consapevole dell’acqua. In 500 punti vendita di tutta Italia sarà possibile consultare le tabelle compilate dai gestori dei servizi idrici con le indicazione dei valori dei 9 principali parametri stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità. L’obiettivo è promuovere il consumo di acqua del rubinetto o proveniente da fonti vicine. Ulteriori informazioni su www.coopambiente.it
Eco-book A prima vista un e-book sembra più ecologico di un libro di carta. Secondo uno studio dell’esperto David Reav un normale libro causa emissioni di anidride carbonica pari a 3 kg. Il New York Times ha provato a fare lo stesso calcolo per la produzione di un e-reader (il lettore di e-book) e ha trovato che servono 18 kg di materiali e 79 litri d’acqua. Considerando i combustibili fossili consumati per la produzione, si arriva a un totale di 36 kg di emissioni di CO2, senza contare l’utilizzo di sostanze pericolose come gli ossidi di azoto e zolfo. Inoltre gli e-reader consumano energia e devono essere ricaricati. I libri classici consumano carta, ma poca acqua ed energia, e non hanno bisogno di prezioso coltan o di ossidi. Il paragone tra i consumi di un lettore (di libri) e un libro di carta non è automatico. La differenza la fa la quantità. Se siete grandi lettori, l’elettronica è un’opzione sostenibile. Senza dimenticare che anche il bookcrossing o le biblioteche sono scelte ecologiche.
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EVENTI
Al “Cegid Retail Connection 2013” la società ha presentato la filosofia che intende seguire per stare al passo con i tempi. Una realtà che muta in continuazione e che necessita di risposte pronte, utilizzando tutti gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione Luca Bastia
Patrick Bertrand, direttore generale di Cegid
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Un evento di successo. Un appuntamento chiave per capire e guardare da molto vicino le principali evoluzioni di un mercato strategico per l’intero sistema Paese come il retail. Cegid, durante la sua recente Retail Connection 2013 ha illustrato – attraverso le parole di Patrick Bertrand, direttore generale di Cegid – il suo nuovo volto, la strategia attenta alle tendenze di mercato e un’offerta sviluppata per affrontare i cambiamenti che stanno avvenendo nel retail. Un mercato che cambia forma e dimensione
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Mario Davalli, country manager di Cegid
anche sulla spinta di nuove tecnologie destinate a modificare completamente le esperienze di acquisto e di vendita. Ormai infatti la vendita è “omnicanale”: oltre al negozio, il mobile e il social si integrano e influenzano la vendita; inoltre la sua offerta consente di gestire tutte queste modalità in maniera integrata. Cegid propone la Retail Intelligence, cioè la possibilità di consolidare e visualizzare i dati in modo veloce e renderli disponibili a chi deve prendere decisioni, anche in modalità mobile. Non solo, la società pone attenzione anche al cloud, con il Retail Cloud, proponendo un’architettura delle proprie soluzioni che si sposano perfettamente con il mondo delle nuvole, dando la possibilità di avere il software come servizio, consentendo ai clienti di esternalizzare una serie di costi e attività. In sostanza la soluzione Cegid è formata da diversi moduli e copre tutte le necessità di un’impresa retail, dalla costruzione dell’offerta (budget d’acquisto, assortimenti, ecc.) alla produzione e sourcing, dalla gestione della supply chain e della logistica, alla gestione commerciale multichannel,
dal controllo dei punti vendita (back e front-office) alla gestione del CRM e delle fidelizzazioni, fino a sistemi di business intelligence specifici per il settore. Oggi Cegid ha informatizzato 25.000 punti vendita in 75 Paesi, con presenza diretta in diversi Stati europei, negli USA, in Russia, Marocco, Cina, Giappone e negli Emirati Arabi. Nel 2012 ha realizzato un fatturato di 258,1 milioni di euro. Le soluzioni sono disponibili in 25 lingue. Lo scopo di Cegid è di seguire i propri clienti internazionali fornendo loro un servizio adeguato in ogni parte del mondo vogliano espandersi. «In Italia – afferma il country manager Mario Davalli – abbiamo diversi clienti. Siamo nati una decina di anni fa per accompagnare le imprese straniere che venivano in Italia e poi, da qualche anno, per seguire i marchi italiani all’estero». Cegid nel nostro Paese è supportata da quattro partner: Sinesy, un’importante realtà veneta che opera in tutta Italia, professionisti del retail, con 60 persone specializzate nelle soluzioni Cegid; Sysdat con sede a Pisa e filiali a Firenze, Milano, Roma, che si occupa principalmente di SAP e ha 8 persone formate sui prodotti retail; Konvergence, specializzata nei pagamenti elettronici e con 7 persone dedicate alle soluzioni Cegid; infine Allspark società che si occupa principalmente di Help Desk. Per quanto riguarda l’hardware si affida a diversi partner tra i quali IBM e HP.
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ATTUALITA’
Il tessuto strizza l’occhio alla comunicazione e diventa un abito esclusivo per prodotti di lusso grazie all’esperienza e alla competenza di Manifattura del Seveso Sara Fevola
Francesco Vaia, consulente marketing e immagine di Manifattura del Seveso
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L’esperienza di stile che ci invidia tutto il mondo è il made in Italy. Tre parole che racchiudono un valore incalcolabile, la summa estrema di qualità, competenza, creatività e del tipico schizzo di genio italiani. Tratti, questi, che ci contraddistinguono in ogni mercato. Molti lo imitano, il nostro stile. Ma nessuno riesce davvero a eguagliarlo. Il made in Italy è come un tessuto di pregio nel quale moda, arte, design, creatività, cultura rappresentano i fili dell’ordito. Cosa realizzare con un tessuto così? La comunicazione ideale dei vostri prodotti, ad esempio! Il vestito perfetto per sedurre il cuore del cliente. E di tessuti di pregio, tele, messaggi stampati ne sa certo qualcosa Manifattura del Seveso, realtà italiana leader nel settore delle tele da legatoria di lusso da quasi cento anni. Attenzione, però: se per “tele da legatoria” pensate a un mondo antico, sbiadito e un po’ polveroso, sappiate che non è assolutamente così. Quelli realizzati da Manifattura del Seveso sono tessuti di alta gamma, esportati in più di trenta Paesi al mondo e che comprendono i migliori canvas, cotoni, viscose e sete tinti in cromie infinite e accoppiati alla carta; materiali che non aspettano
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altro che essere stampati con il vostro brand e diventare superfici chic. Rivestire un prodotto editoriale, un packaging, una cover, o anche solo un invito con una tela, infatti, significa dare a un prodotto – il vostro – l’occasione di uscire dall’anonimato, di vivere un’esperienza speciale, di vero lusso e, di conseguenza, di farla vivere ai vostri clienti. Considerate, per un attimo, l’emozione che comunica al tatto la seta. Provate a immaginare la sua morbidezza, la sua superficie estremamente liscia e avvolgente… su un pack. Inusuale come risultato, no? Lascia sulla mano una sensazione di sorpresa inaspettata. Un pack di seta non è un sogno proibito e impossibile. Grazie a Setalux di Manifattura del Seveso è una realtà a portata di mano. È dalla sensibilità verso il bello di quest’azienda lombarda che nasce infatti Setalux, tela serica 100% viscosa, disponibile in un’ampia gamma colore, sintesi perfetta tra tecnologia, charme e un pizzico di glamour. Se fate della distinzione e dell’unicità il tratto fondamentale del vostro prodotto comunicativo, un rivestimento come Setalux senza dubbio è la scelta giusta. La superficie lucida ed elegante è stampabile con tecnologie offset, digitali, UV, impressione a caldo, serigrafia. Cosa realizzare con questo tessuto? Qualsiasi progetto di comunicazione che abbia l’unicità come obiettivo. Setalux, ad esempio, è il prodotto ideale per dare personalità a cover di libri in edizione speciale, cataloghi di pregio, packaging, prodotti di cartotecnica come cofanetti o inviti esclusivi se abbinata a cartoncini pesanti. E non pensate affatto che sia esagerato rivestirli di seta! Chiunque ha un abito da sera da indossare nelle occasioni importanti… e cosa c’è di più importante per uno strumento di comunicazione dell’incontro con un nuovo cliente? E allora, che abito di seta sia!
DGREPORT I siti Web malevoli sono cresciuti in un anno dal 600%, ma il fatto più preoccupante è che l’85% di questi è ospitato su Host Web legittimi. Circa il 50% del codice dannoso viene scaricato nei primi 60 secondi visitando link infetti, ma spesso non si attiva subito, aggirando così le tecniche di quarantena. Inoltre solo il 7,7% dei malware ha interagito con il registro di sistema, evitando in tal modo i numerosi strumenti di rilevazione del comportamento e le soluzioni antivirus. L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma il quadro è già abbastanza chiaro e il recente Threat Report 2013 di Websense non lascia spazio a dubbi: la situazione è molto complessa e le sfide per le aziende si fanno sempre più difficili e numerose. Dalla virtualizzazione alla mobility più esasperata, le innovazioni sono molte e i rischi, forse, anche di più… «La security – spiega Emiliano Massa, director of regional sales per Websense Italia – non è più un task da gestire offline, deve essere gestito online e in real time: anche se un link viene cliccato più volte, ogni volta va controllato in
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Daniela Schicchi, Luca Bastia e Marco Lorusso
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tempo reale, perché il codice maligno può essere attivato anche in un secondo tempo. Le soluzioni devono essere integrate, lavorando su tutti i vettori (Web, e-mail, ecc.) e soprattutto non si può più fare differenza tra device e laptop. Le soluzioni di Mobile Device Management che oggi sono sul tavolo degli utenti sono inefficaci, perché privilegiano il delivery delle soluzioni e la gestione rispetto alla security, cioè gestiscono il traffico, abilitazioni e disabilitazioni, ma non proteggono gli smartphone dai rischi di infezioni». «Tutti sono oggetto di attacchi informatici più o meno importanti – ha aggiunto Massimo Vulpiani, country manager RSA Italia –. È successo ad Apple, al Tribunale di Milano, a LinkedIn, Facebook e anche a noi tempo indietro. Anche se in pochi hanno il coraggio di denunciare il fatto, perché
LO SCENARIO DEGLI ATTACCHI E DELLE MINACCE INFORMATICHE CAMBIA DI CONTINUO E RAPIDAMENTE, METTENDO SUL PIATTO DI MANAGER E AZIENDE SFIDE DI PORTATA EPOCALE. I COLOSSI DELLA SECURITY E DELLE RETI, OLTRE A DARE L’ALLARME, RISPONDONO PUNTANDO SU MAGGIORE FORMAZIONE E CAPACITA’ CONSULENZIALE DEI PROPRI CANALI DI VENDITA.
tutti devono dimostrare di essere intoccabili. La cosa più preoccupante di questi attacchi è che, nella maggior parte dei casi, i danni derivanti da tali intromissioni informatiche si vedono a distanza di tempo. RSA Security ha fatto tesoro dell’esperienza vissuta e del forte background in termini di gestione delle problematiche legate alla sicurezza e ha creato una piattaforma come Security Analitycs che è in grado di monitorare la sicurezza, gestire gli incidenti in real time e generare dei report su quanto è accaduto. Una cosa è chiara però: se qualcuno oggi pensa di poter garantire una sicurezza informatica al 100%, sta ingannando i suoi clienti…».
Il ruolo chiave del canale In un simile scenario, come detto e come normale, occorre puntare sulle migliori soluzioni tecnologiche disponibili ma, soprattutto, servono le competenze adeguate per capire come, dove e se intervenire, pena la salute stessa dell’intero business aziendale. Un tema ricorrente da anni quello della cultura della sicurezza, sul quale però – ora più che mai – i colossi del settore stanno cercando di scommettere pesantemente, soprattutto in ottica di canale. Proprio il canale dei rivenditori infatti è chiamato a “sopperire” alle
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autentiche emozioni
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lacune economiche e strutturali delle imprese presentandosi come consulente e interlocutore a valore. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi perché gli stessi rivenditori sono piccole e medie aziende con risorse limitate e poche carte da giocare. Anche – e soprattutto per tale motivo – società di primo piano della security e del networking, proprio in questi mesi, stanno aumentando i giri del loro focus sulla formazione e certificazione del canale. In prima linea in questo senso c’è sicuramente Trend Micro che sul suo canale conta molto, anche alla luce della crescente attenzione sui progetti complessi, sul cloud, sulla virtualizzazione e sui servizi che ne ha segnato le strategie negli ultimi anni. «Oggi, la complessità dello scenario ha portato la security e chi la propone sul mercato a fare un inevitabile passo in avanti: nella maggior parte dei casi, infatti, non
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basta più proporre una singola soluzione “set and forget” che punta a risolvere il singolo problema – racconta Maurizio Martinozzi, sales manager engineering di Trend Micro –. Noi tutti siamo chiamati a diventare degli advisor, dei consulenti di fiducia capaci di presentare una soluzione completa all’interno della quale ogni esigenza deve trovare risposta puntuale, dal Byod al cloud, passando per la virtualizzazione. Per questo abbiamo deciso di rilanciare anche nel 2013 un fitto calendario di incontri per i partner. Si parla di circa 20 appuntamenti dedicati, durante i quali i rivenditori potranno approfondire l’evoluzione dei nuovi trend informatici e scoprire come l’adozione delle soluzioni Trend Micro comporti vantaggi significativi nei nuovi scenari della consumerizzazione, virtualizzazione, cloud computing e consenta di affrontare le nuove tipologie di
attacchi alla sicurezza, come le minacce costanti evolute (APT). Oltre che ad arricchire le conoscenze tecniche, i momenti di formazione proposti servono a consolidare la partnership con i rivenditori, mettendoli nelle condizioni di offrire ai propri clienti non solo tecnologie all’avanguardia, ma anche un approccio consulenziale, e a preparare i partner ai training di certificazione perché si specializzino ancora di più nel mercato della sicurezza». I corsi di una giornata – Pro Tech Day – si tengono presso le sedi di Trend Micro di Milano e Roma. I temi affrontati riguardano le nuove frontiere della tecnologia e le soluzioni sviluppate ad hoc per proteggere ambienti virtualizzati e in-the-cloud. Durante queste giornate sono previsti anche dei momenti dedicati, chiamati “hands on lab”, nei quali i partecipanti potranno “toccare con mano” le soluzioni Trend Micro per verificarne direttamente le caratteristiche e il funzionamento. «I Web seminar – conclude Martinozzi –, invece, sono sessioni online della durata di un’ora, che offrono la possibilità di usufruire, dal proprio ufficio o ovunque ci si trovi, di una “formazione in pillole”. I partecipanti potranno interagire direttamente via chat con il conduttore del seminario per porre domande o chiarire qualsiasi dubbio». Su una simile direttrice sta muovendo le sue leve anche un vendor del mondo delle reti, della mobility e della sicurezza come Enterasys che, per voce del suo country
manager italiano, Renzo Ghizzoni, ha raccontato di come sia giunto il momento delle competenze verticali e approfondite per il canale. «Stiamo puntando a rafforzare le nostre partnership, sia quelle esistenti sia per ampliare il nostro parco partner. Inoltre nel 2013 vogliamo dare un focus verticale ai nostri programmi di vendita – ha infatti spiegato il manager –, perché oggi è necessario avere un vertical focus per poter fornire ai nostri partner e ai nostri clienti delle soluzioni il più possibile end-to-end all’interno dei loro settori specifici; in segmenti come l’healthcare, l’hospitality e l’education, dove la rete fine a se stessa è vista oramai come una commodity, bisogna aggiungere valore applicativo, intelligenza, e, con i nostri partner, fornire anche delle soluzioni integrate. Quindi il vertical focus sia all’interno della nostra strategia di offerta sia nelle nostre partnership ci permetterà di fornire delle soluzioni verticali. I nostri partner devono essere in grado di portare sul mercato anche pezzi aggiuntivi all’infrastruttura di rete. Attualmente – conclude Ghizzoni – i nostri partner, salvo poche eccezioni, sono prevalentemente general purpose, ma stiamo già operando con alcuni perché possano intraprendere una specializzazione più verticale in modo che possano fornire soluzioni mirate nelle quali il nostro brand sia inserito in maniera consistente. In questo senso faremo della formazione dedicata al canale».
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Quante volte si incontrano persone sicure di avere l’idea da un milione di dollari? Purtroppo nel mondo delle start-up l’idea non vale nulla (o molto poco). Spesso si pensa che la parte difficile sia concepire un prodotto rivoluzionario e che la sua realizzazione sia poi ovvia, scontata e semplice. In fin dei conti lo si riesce a vedere così chiaramente con l’occhio della mente. In realtà la distanza tra la mente e le mani è molto superiore a quanto si pensi. Tra un prodotto solo immaginato e uno operativo e funzionante ci sono mesi, a volte anni, di fatica, difficoltà ed errori. La vita di una start-up è: 1% idea e 99% execution. O, usando le parole di Thomas Alva Edison, 1% inspiration, 99% transpiration. L’idea è il primo passo. La strategia il secondo. Il team il terzo. Poi, però, bisogna iniziare a correre, e i passi successivi sono l’execution, ossia la produzione stretta del progetto (o del servizio). È attraverso la produzione che la start-up verrà valutata dai suoi clienti e dai possibili investitori. È il prodotto che deve dimostrare che l’idea è stata davvero brillante, è lì che si evidenziano le capacità reali del team. Pertanto il prodotto non deve semplicemente essere valido. Deve essere eccellente. Nel corso degli anni ci è capitato di vedere decine di start-up fallire pur basandosi su idee assolutamente innovative e rivoluzionarie. Purtroppo, però, il prodotto non era all’altezza. Bug, imprecisioni, difetti, reclami, ne hanno rapidamente distrutto la credibilità. Viceversa abbiamo visto start-up avere un notevole successo pur basandosi su idee relativamente banali ma, essendo riuscite
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Non basta l’idea per avere successo, la parte più difficile è metterla in pratica in maniera impeccabile e velocemente Amir Baldissera e Barbara Bonaventura
a presentare un prodotto stabile e ben “lucidato”, si facevano notare.
Idea vs execution Spesso gli start-upper sono sicuri di aver successo e che otterranno piogge di investimenti perché hanno avuto un’idea brillante, ma, se si domanda a venture capitalist esperti e a navigati fondatori di start-up quanto sia importante l’idea, è normale sentirsi apostrofare con frasi tipo: “Ideas are commodity. Execution of them is not” o “Ideas have no value. Execution is invaluable”. Ma è altrettanto vero che la pura realizzazione non è tutto. Quando si parte, il valore dell’idea ha il suo peso. Una realizzazione impeccabile di una cattiva idea porta comunque al fallimento.
Una delle valutazioni più interessanti arriva da Derek Sivers che afferma che «le idee non hanno valore a meno che non vengano realizzate. Sono semplicemente un moltiplicatore. La realizzazione vale milioni». Ipotizziamo ad esempio che un’idea banale valga 1, mentre una eccezionale valga 20. L’assenza di realizzazione valga 1 $, una realizzazione mediocre valga 1.000 $ e una notevole valga 1.000.000 $. Avremo, quindi, che la più eccezionale delle idee se non viene realizzata varrà al massimo 20 $, mentre, la stessa idea, unita a una realizzazione eccellente potrebbe raggiungere i 20.000.000 $. Si tratta, ovviamente, di numeri ipotetici, ma troviamo l’interpretazione di come si associano pensiero e realizzazione molto azzeccata. In fin dei conti, però, esiste davvero un confine tra idea ed esecuzione? Taneem Tee afferma: «The idea is the execution. Good products don’t have some clean separation of concept from execution». L’idea non realizzata non ha valore e l’esecuzione senza la focalizzazione, data da una visione chiara, è sforzo inutile.
Vogliamo dire, con tutti gli strumenti possibili, che la tecnologia e il design sono il progresso. Rappresentano l’unico futuro possibile, l’unica strada per cambiare la vita delle persone e delle aziende.
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DAL CUBO DI RUBIK ALLA TEORIA DI KURZWEIL Girl in the Cloud Cammino sempre sollevata da terra – sia per i tacchi sia perché ho la testa fra le nuvole – e adoro la tecnologia perché rende la vita più interessante. Ho imparato a usare il computer da bambina, impallando diverse volte quello del papà, ma sono cresciuta facendo shopping con la mamma. Così, da sempre, lotto perché quello tra tecnologia e femminilità sia riconosciuto come un matrimonio felice.
Prendete un cubo di Rubik, uno smartphone di ultima generazione e una scatola di Lego Mindstorms (quelli per costruire robot controllati da un computer). Assemblate il Lego, programmate un algoritmo sullo smartphone e avrete la macchina che ha risolto il famoso rompicapo in tempi da “Guinness dei primati”, ossia più
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velocemente di ogni mente umana. Certo, più facile a dirsi che a farsi… ma il risultato, Cube Stormer, è disponibile direttamente su YouTube al link www.youtube. com/watch?v=_d0LfkIut2M.
Dell’inutilità dell’uomo? Di questo video me ne ha parlato un amico, nell’ambito di una discussione sull’opportunità di dotare la lavastoviglie di un braccio meccanico che disponesse le stoviglie nel modo più
efficiente. Nonostante, secondo me, una donna riesca a fare questa attività senza grossi supporti ingegneristici, non appena ho visto Cube Stormer in azione ho pensato a quanto gli esseri umani (uomini e donne) potrebbero diventare inutili in un mondo dove le macchine sono più efficienti di loro. E ho richiamato alla memoria quella teoria di Kurzweil per
cui ci sarebbe un momento nell’evoluzione in cui il progresso tecnologico si potrebbe sviluppare oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani, quella che viene chiamata teoria della “singolarità tecnologica”.
Tra visione e realtà Benché a prima vista questa teoria possa trovare degli scettici, non siamo di fronte al postulato della sceneggiatura di un film di fantascienza (seppure essa ne abbia ispirati molti); si tratta invece dell’estremo pensiero del visionario informatico statunitense Raymond Kurzweil, padre di invenzioni come il lettore ottico o il sintetizzatore vocale, che mi fu introdotto all’università da una professoressa che, paradossalmente, sembrava uscita dal passato. Tale teoria è basata sulla “Legge dei ritorni acceleranti”, dove si sostiene che le capacità di elaborazione dei computer progrediscono esponenzialmente (http:// it.wikipedia.org/wiki/Legge_ dei_ritorni_acceleranti). Per dare un’idea chiara, basti pensare che – secondo i calcoli di Kurzweil – intorno al 2020 un computer da 1.000 dollari avrà la potenza di calcolo di un cervello umano, mentre nel 2045 con gli stessi soldi si acquisterà qualcosa di 1 milione di volte più potente di tutti i cervelli umani messi insieme.
Indizi Guardandomi intorno di recente, mi pare proprio che il progresso tecnologico stia accelerando in una direzione che avvicina sempre più il
confine tra uomo e macchina. Penso a quando sono entrata in contatto con l’universo dei markes di Ada Fruit, bricouleur dell’elettronica che costruiscono autonomamente piccoli dispositivi programmati da un computer, partendo da componenti come Arduino. Ma penso anche a quella che è stata premiata come migliore App al mondo al World Mobile Congress di Barcellona a febbraio: Atooma, un’applicazione che permette di programmare il proprio smartphone per svolgere autonomamente alcune funzioni personalizzate, come attivare il Wi-Fi quando si entra a casa o togliere la suoneria quando si arriva al lavoro. O ancora mi vengono in mente i Google Glass (www. google.com/glass/start/ how-it-feels/), una montatura su cui è installato un piccolo monitor con foto e videocamera; vi si interagisce con comandi vocali e tramite loro si scopre la realtà aumentata (che ne so, il percorso del navigatore proiettato direttamente sulla strada, per esempio). Per non parlare delle nuove generazioni, quelle che vengono chiamate “native digitali”, per le quali la tecnologia e Internet saranno vere e proprie protesi, senza le quali non potranno concepire l’esistenza.
Da Super Vicki a replicanti Tutti questi mi sembrano indizi che conducono verso un mondo dove uomo e macchina saranno sempre più integrati, fino a essere la stessa cosa. Ma se è questo lo scenario evolutivo che si delinea, si apre un
fondamentale quesito: i robot, programmati per fare le cose meglio dell’uomo, saranno uno strumento che renderà più facile la vita degli esseri umani oppure gli androidi sostituiranno l’uomo fino a rivendicare la coscienza umana? Per cercare di visualizzare in quale punto di questo continuum si collocherà la realtà possiamo provare ad attingere al nostro immaginario cinematografico: sarà più come in Super Vicki, la sitcom americana degli anni Ottanta, dove la simpatica robottina con il quadro dei comandi sulla schiena aiutava la famiglia nelle mansioni di casa, o come in Blade Runner, dove insidiosi replicanti vogliono vivere quanto gli uomini, dai quali si riconoscono solo perché privi di reazioni emotive?
Una dose di consapevolezza In questa sede il mio obiettivo non è dare una risposta a tale complesso interrogativo, ma semplicemente fornire uno spunto di riflessione. Perché, se secondo Kurzweil la singolarità arriverà tra una trentina d’anni e noi riusciamo ancora solo a visualizzarla nei film di fantascienza, ci sono inequivocabili indizi che l’evoluzione sta procedendo in quella direzione. Quello che distingue gli umani dalle macchine è la consapevolezza; la stessa che deve guidarci nel processo evolutivo.
RISORSE
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Lego Mindstorms Dai mattoncini per costruire le case ai componenti per assemblare e programmare un robot. Questa l’evoluzione di uno dei giochi più divertenti e creativi dell’infanzia. Lego Mindstorms può essere utilizzato per costruire un sistema integrato di parti elettroniche e meccaniche, controllate da un computer. Il kit comprende motori, sensori e un mattoncino intelligente, dotato di processore e schermo Lcd. http://tinyurl.com/6lz3jer
Raymond Kurzweil, La singolarità è vicina Apogeo, 2008 «Nei prossimi 25 anni, l’intelligenza non-biologica eguaglierà la ricchezza e la raffinatezza dell’intelligenza umana per poi superarla abbondantemente grazie a due fattori: la continua accelerazione del progresso dell’informatica e la capacità, delle intelligenze non-biologiche, di condividere rapidamente il proprio sapere… Il risultato sarà la fusione della specie creatrice di tecnologie con il processo evolutivo-tecnologico a cui essa ha dato vita… Arriveremo al punto in cui il progresso tecnologico sarà talmente rapido da essere incomprensibile per l’intelletto umano non incrementato. Quel momento contrassegnerà la singolarità».
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Viviamo, si sa, in un Paese in cui le contraddizioni a tinte forti possono quasi spiazzare, impressionare, stimolare lo scherno, ma anche suscitare il fascino di osservatori esterni che poco o nulla sanno o sono tenuti a sapere dell’italico Dna… Inutile e forse troppo doloroso stilare un elenco – seppur di massima, ma certo – nel mezzo dell’autentico pantano istituzionale e politico di questi ultimi mesi; per chi di innovazione e di effetti benefici sul sistema Paese parla da anni, alcuni fenomeni non possono certo passare inosservati. Dopo un eterno e cordiale gelo reciproco, in mezzo a mille parole e promesse, le ultime elezioni sembra ci abbiano infatti regalato il nascere di un imprevisto e dirompente amore tra mondo politico e strumenti tecnologici più evoluti. Nel volgere di poche settimane anche i più “imbalsamati” e insospettabili uomini delle stanze dei bottoni hanno fatto il loro clamoroso debutto su Twitter, Facebook, Flickr e addirittura Vine e Instagram. Non solo, in questi ultimi giorni è addirittura scoppiata l’ansia da streaming. Consultazioni, confronti, votazioni, sussulti, mugugni, colpi di tosse… in un rigurgito vagamente neorealista nulla oggi sembra realmente accadere se non viene trasmesso in diretta Web. Mentre un annuncio, un discorso importante è ancora in corso su blog e social già si leggono e vedono commenti, critiche, incredibili fotomontaggi… Il tutto in una spasmodica ansia da prestazione e da reputazione… ovviamente e solamente digitale però (follower, mi piace, click, condivisioni, ecc.). Non che la cosa sia di per se negativa, ma in un Paese in cui ampie zone del territorio viaggiano ancora per la Rete con connessioni che definire tali è veramente un atto di generosità, una nazione in cui l’Agenda Digitale ha avuto un ruolo da comprimario nell’infiammata campagna elettorale di inizio anno, uno stato in cui lo storico appuntamento con l’Expo 2015 di Milano si avvicina, minaccioso, ad ampie falcate… questa strana passione rischia di avere il vago sapore dello sterile esercizio giovanilistico. Marco Lorusso Per quanto possa essere banale, affascinante e Caporedattore Digitalic stupefacente la tecnologia diventa anche utile se marco@digitalic.it messa al servizio di un’idea, un concetto, una strategia, un obiettivo. Vale per la politica, ma vale anche e – soprattutto – per chi fa business in fasi di grandi difficoltà come questa. In un’era in cui gli strumenti di comunicazione si moltiplicano a “ogni piè sospinto”, insomma, la sostanziale e sostanziosa differenza tra contenuto e contenitore non va mai persa di vista.
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