itinerari orti urbani giardini condivisi mercati a km 0 cascine milanesi
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Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società Tesi di laurea triennale in Scienze dell’Architettura Anno Accademico 2012/2013 Studente
Relatore
Francesca Cazzaniga Prof.ssa Francesca Cognetti matr. 746344 3
indice ITINERARIO I
pag.6
Orti di Via Chiodi
ITINERARIO II
pag.22
Bosco in CittĂ
ITINERARIO III
pag.36
Giardino degli Aromi
ITINERARIO IV
pag.52
Giardini in Transito
ITINERARIO V
pag.66
Mercato Agricolo di Via Dolci
ITINERARIO VI
pag.80
Mercato della Terra
ITINERARIO VII Cascina Cuccagna 4
pag.92
ITINERARIO VIII
pag.108
Cascina San Marco
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Itinerario i
orti di via chiodi
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diario di viaggio per...gli orti di via chiodi Decido di raggiungere gli orti di Via Chiodi in bicicletta. È una bella domenica soleggiata, la brezza è piacevole e poche sono le macchine in circolazione. Una volta oltrepassato il centro città arrivo in Ticinese, taglio per il Parco Argelati e attraverso la circonvallazione di Viale Cassala, proseguo per il quartiere Barona, Via Ponti che diventa poi Via Tobagi, e a poche pedalate di distanza arrivo in Via Chiodi. Gli edifici della città che sorpasso rapidamente, alla velocità della bicicletta, sono per lo più condomini, affiancati uno all’altro, che si affacciano sulla strada principale, distanti dalla carreggiata giusto lo spazio di un piccolo fazzoletto di verde recintato. Insomma tutto intorno a me fa pensare di essere ancora immersi nel paesaggio cittadino milanese, e niente fa da preavviso alla sorpresa che, di lì a poco, avrei incontrato. Una volta superata la pensilina dell’autobus della linea 2, un enorme spazio verde si apre alla mia sinistra. Lego la bicicletta e mi soffermo ad osservare meglio dalla posizione privilegiata della strada. Infatti il livello della carreggiata è notevolmente superiore a quello del grande spazio degli orti, e da qui l’estensione dell’insediamento orticolo sembra ancora più massiccia. È particolare la posizione dell’appezzamento, si trova infatti in una zona limite della città, tra il costruito e il Parco Agricolo Sud. A nord sovrasta l’area un imponente edificio residenziale di oltre nove piani mentre a sud si scorgono ancora alberi e verde. In questa direzione si estende il Parco Andrea Campagna e ancora un po’ più in là il Parco Teramo. A colpo d’occhio quest’area sembra una pozza di verde contornata in lontananza dallo skyline cittadino. La storia di questo appezzamento di terreno è davvero singolare e ne vengo a conoscenza grazie ad un’intervista rilasciatami direttamente dal proprietario, l’architetto Cristofani. L’area, di 25.000 mq, in origine un grande prato, era di proprietà della sua famiglia e ,ad oggi, secondo il Piano di Governo del Territorio
arrivo agli orti in bicicletta
vista dagli orti verso nord
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(PGT), fa parte della cintura urbana del Parco Agricolo Sud, senza tuttavia avere una precisa destinazione agricola dal punto di vista urbanistico. Sempre secondo il PGT per l’area era previsto l’ampliamento dell’adiacente Parco pubblico, ma, poiché il Comune non aveva la somma necessaria per diventarne il proprietario, il progetto non fu mai iniziato, lasciando l’area “né carne né pesce” ad un destino ancora da decidere. Lo spazio non ha infatti né funzione pubblica, né privata, e viene utilizzato nel tempo come luogo di azioni illecite. È necessario attribuirgli una destinazione funzionale e compiuta per sottrarlo a quelle casuali. Da questa necessità, e anche per far fronte ai costi di manutenzione di un prato così vasto, nasce l’idea di creare delle parcelle ortive da cedere in comodato d’uso a tutti coloro che avessero avuto voglia di intraprendere l’esperienza di orticoltori. Il progetto prende avvio nel 2003 con la creazione dei primi dieci orti, finanziati dallo stesso Cristofani e concessi gratuitamente. Grazie a critiche e consigli l’assetto dell’area è migliorato e il progetto cresce. L’anno successivo gli orti diventano 20, e con un affitto di un euro al giorno, il proprietario, in cooperativa con gli ortisti, fa fronte alle spese di manutenzione, costruzione di recinti, allaccio all’acqua e costruzione di casette comuni per gli attrezzi. Oggi gli orti di Via Chiodi possono vantare di essere il più grande insediamento orticolo in tutta la città, sia per quanto riguarda l’intera area, sia per le dimensioni delle singole parcelle, da 75 a 100 mq ciascuna. L’intera zona è infatti recintata e provvista di cancello, che trovo aperto, con cartello annesso per le informazioni generali. Una volta all’interno comincia il mio giro esplorativo partendo dall’ala sinistra. Quello che subito mi colpisce è il numero elevato di persone che vi trovo. La domenica ha attirato gli ortisti e non solo, con loro ci sono anche i familiari e gli amici, per un barbecue o semplicemente per ritrovarsi insieme in una giornata di sole all’aria aperta, lontani dalla frenetica vita cittadina. Tra le risa, le voci dei bambini che giocano e l’odore di carne alla brace, mi aggiro tra gli 10
recinzione d’ingresso
orti curiosando e chiaccherando con la gente che trovo molto gentile e disponibile nel rilasciarmi pareri, sinceramente positivi, su questo luogo quasi fosse una nuova piazza pubblica, un punto di ritrovo tra loro ortisti. La maggior parte di coloro che possiedono un orto sono del quartiere, come il signor Gerardo, pensionato, che è venuto a conoscenza di Via Chiodi grazie ad un passaparola fra amici. Nel suo orto, che coltiva per hobby ma da vero professionista, ci sono insalata, melanzane, peperoni, zucchine e fragole, che insiste per farmi assaggiare. È molto soddisfatto sia dell’ubicazione dell’insediamento, ancora in città e quindi facilmente raggiungibile sia a piedi che in bicicletta, sia dei rapporti con i vicini con i quali ci si scambiano pareri sui metodi di coltivazione e di cucina. Infatti quelli di Via Chiodi non sono, come invece quelli comunali, orti destinati a pensionati e persone di fascia di reddito bassa, ma, come ci tiene a sottolinearmi l’architetto Cristofani, “l’assegnazione di un appezzamento si basa sulla data di richiesta effettuata, gestita grazie ad una lista d’attesa.” Per questo si ritrovano qui pensionati ma anche giovani coppie, lavoratori, studenti o semplicemente gruppi di amici. Parlo infatti con un gruppo di giovani donne che insieme hanno affittato un orto, inizialmente solo per avere uno spazio verde “in cui giocare a carte, poi la passione per la coltivazione ha preso il sopravvento”. Altra caratteristica peculiare di Via Chiodi è il modo in cui queste persone hanno trasformato dei semplici rettangoli da coltivazioni in vere e proprie seconde case. Ognuno, nella rigidità dei moduli assegnati, si è preso cura del proprio fazzoletto di terra, attraverso un meccanismo di riappropriazione, rendendolo funzionale alle proprie esigenze. Chi ha messo un dondolo, chi un pergolato sotto cui rilassarsi, chi la griglia per le belle giornate. Anche l’aspetto estetico è molto curato, dai fiori nei vasi ai lati del cancelletto di ingresso, alle decorazioni create con materiali di recupero come tappi di sughero, dagli spaventapasseri alle girandole di carta. Questo posto lascia
persone al lavoro nell’orto
coltivare il proprio orto
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spazio ad una duplice valenza: da un lato spazi privati, decorati e curati come se fossero una vera casa, dall’altro la permeabilità e l’apertura verso la città. Insomma in questo luogo la rigida e asettica modularità ha dato sfogo ad una vera esplosione di creatività. Rimane il fatto che questo è l’unico esempio milanese di legittimazione dell’attività agricola rispetto all’incessante espansione del costruito; potremmo definirlo un esperimento, un caso pilota, che potrebbe in futuro essere la guida per molti altri.
parcelle ortive
vista da Via Chiodi dell’intera area
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orti di via chiodi
Via Chiodi, Zona 6 http://www.angoliditerra.org/
Prima ed unica, per il momento, esperienza di orti privati a Milano. Sorgono su un terreno, parte del Parco Agricolo Sud, non edificabile di proprietà dell’architetto Claudio Cristofani che ha deciso di capitalizzare in modo innovativo questo suolo sfruttandone la posizione cuscinetto tra città e campagna. Questo è un caso pilota e innovativo nella gestione del verde pubblico di proprietà privata che cerca di andare contro le logiche della speculazione immobiliare classica e il degrado e abbandono della terra e cerca invece di proporre un nuovo approccio con il territorio. Per poter avviare questo progetto il signor Cristofani ha dovuto convincere le amministrazioni comunali e tutt’ora è in corso una battaglia in modo da poter inserire nel PRG delle aree di verde privato nelle quali si possano realizzare orti-giardino di proprietà privata, ben regolamentati. 13
DOVE Via Cesare Chiodi, tra piazza Negrelli e Via Faenza Data 2003 proprietà privata spazio area ex-agricola di proprietà dell’architetto Cristofani zona da pgt Parco Agricolo Sud Milano: piano di cintura urbana spesa cooperativa fra gli investimenti di Cristofani e gli orticoltori tipo di usufrutto affitto di privati per l’ammontare di 1 euro al giorno superficie totale 25.000 mq numero parcelle ortive 180 superficie ad orto 75 mq circa tipologia dell’orto orto per coltivazione famigliare modalità di gestione e assegnazione Ripartizione e assegnazione individuale tramite graduatoria dotazioni e servizi acqua, energia, attrezzatura comune, raccolta differenziata, raccolta del materiale vegetale,manutenzione comune, capanni attrezzi comuni 14
STOria
Oggi gli Orti di via Chiodi sono il più vasto insediamento di orti urbani di iniziativa privata esistente a Milano e probabilmente in Italia. Comprende 180 particelle di superficie variabile tra 75 e 100 mq e complessivamente occupa 25.000 mq. Nascono dalla volontà dell’architetto Claudio Cristofani che, avendo ereditato queste terreno, decide di farne un insediamento ortivo. Secondo il Piano di Governo del territorio,avrebbe dovuto essere l’ampliamento del vicino Parco Teramo, ma il Comune, non potendolo acquistare, tergiversa sull’inizio del progetto. Nel 2003 il proprietario, stanco dell’indecisione amministrativa e per far fronte ai costi di manutenzione, inizia a recintare piccoli rettangoli all’interno dell’area, creando i primi 10 orti assegnati inizialmente a volontari che avrebbero dedicato una “stagione agraria” per sperimentare quali esigenze potevano determinare le coltivazioni ad uso familiare. Sulla loro esperienza è stato progettato l’allestimento dei successivi orti, il cui numero è stato, per economia di scala della gestione, il doppio di quelli iniziali. Ogni anno sono stati raddoppiati, fino all’estensione attuale, dato che continuavano a giungere spontaneamente richieste di assegnazione, sia dagli abitanti delle case vicine, sia da chi passa dalla via Chiodi per andare al lavoro. Ad oggi la lista d’attesa è ancora lunga, senza esserci tuttavia la possibilità di soddisfare tutte le richieste dato che il suolo è stato completamente occupato. L’affitto ammonta a 360 euro l’anno per il pezzetto standard, mentre per il taglio un po’più grande è di 580 euro col gabbiotto per gli attrezzi e per cambiarsi. Per quanto riguarda le dotazioni fornite esistono casette comuni per gli attrezzi, parcheggi e ogni orto è provvisto di un proprio serbatoio personale di scorta di 300 litri d’acqua. Tuttavia non è stato possibile l’allacciamento alla fognatura né all’acquedotto per avere l’acqua potabile ma è stata realizzata una botte interrata per i liquami che periodicamente deve essere svuotata. Questi spazi hanno anche una funzione di socialità, infatti hanno assunto spontaneamente la funzione di “piazza”. Evidentemente ciò si limita agli ortisti, ma resta comunque inclusiva, perchè non esiste un limite di età, la partecipazione quindi si estende ad intere famiglie e gruppi.
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specie coltivate
Sono coltivati per lo più ortaggi ma esiste anche un piccolo frutteto e la produzione è per il consumo familiare. I prodotti sono quelli tipici della regione lombarda e variano a secnda della stagione:in primavera rapanelli, fave, piselli, insalate di ogni genere, pomodori, peperoni, zucche e zucchine, bietole e spinaci, cornetti, tutte le erbe aromatiche e molti fiori. Più difficile la coltivazione dei prodotti a maturazione invernale come i cavolfiori, i broccoli e le verze.
rapporto con l’istituzione
A differenza degli orti comunali, dove l’assegnazione è basata su età e reddito, qui la graduatoria è meno rigida e più imparziale e consente anche ai giovani di poter coltivare il proprio fazzoletto di terra. Infatti le parcelle ortive sono attribuite in base alla data di richiesta effettuata e la lista d’attesa è gestita oggi tramite una mailing list. Rispetto al rapporto con il Comune, il proprietario sta cercando un accordo con l’amministrazione per evitare un contrasto con un’eventuale nuova destinazione d’uso non più agricola. Per far fronte alle crescenti domande da parte della cittadinanza milanese, queste iniziative di trasformazione funzionale di terreni all’attività agricola dovrebbe essere normate da parte del Comune che dovrebbe investire in questa direzione. L’iniziativa di Cristofani, che ha trasformato un terreno non edificabile in un’opportunità per l’intera cittadinanza, è del tutto inedita, quindi il suo è un caso privo di precedenti e per questo difficile da normare. Per Cristofani ciò che ha creato con l’iniziativa di Via Chiodi è una caso pilota, un esperimento di agricoltura urbana diverso rispetto a quella abusiva contro il degrado e l’abbandono della terra, e, allo stesso tempo, contro la speculazione immobiliare in nome di un nuovo tipo di urbanizzazione più verde e sostenibile. Secondo il signor Cristofani “i Piani di governo del territorio dovrebbero prevedere anche questa tipologia di sviluppo, la politica attuare delle norme che aprano a queste trasformazioni, legittimandole”.
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planimetria aree verdi edifici strade parcheggi orti
come raggiungere l’area bicicletta
a piedi
autobus linea 2
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permeabilitĂ spazi recintati area permeabile accessibilitĂ
spazi pubblici spazi privati aree comuni spazi privati
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servizi parcheggi servizi igienici aree compostaggio generatore
recinzioni recinzione esterna recinzione metallica recinzione di siepi recinzione lignea
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auto-rappresentazione
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termometro di valutazione impatto sociale
comunicazione
adesione
rapporti con l’istituzione
dissenso
attivitĂ per bambini
spesa
attivitĂ terapeutiche
estetica
presenza di professionisti
fai da te
presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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Itinerario ii
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boscoincittĂ
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diario di viaggio per...gli orti del boscoincittà Per raggiungere il Boscoincittà, unico esempio a Milano di forestazione urbana, prendo la linea della metropolitana M1, in direzione Bisceglie, e scendo alla fermata di Piazza de Angeli. Una volta arrivata corro per qualche metro per non perdere il bus 72 in procinto di partire. Dopo circa un quarto d’ora di tragitto scendo alla fermata di Via San Romanello all’angolo con Via Novara. Intorno a me vedo tanto verde, poche abitazioni ed un benzinaio. L’entrata del parco è di fronte a me ma leggermente nascosta rispetto alla strada principale. Un cancello verde fa da ingresso, con posteggi per automobili, scooter e una bacheca mostra la mappa del parco, i punti di interesse e gli orari di apertura e chiusura. Questo parco comunale infatti ha delle recinzioni, rigidi regolamenti, orari di apertura e chiusura, in modo da renderlo efficiente per tutti i suoi utenti. Una volta entrata cammino per il viale ciottolato e mi sembra di non essere più a Milano ma in un’oasi di verde. Di fronte a me si apre un grande prato, con erba curata, contornato da un fitto bosco, sulla sinistra invece prosegue un’alta siepe che non mi permette di vedere al suo interno. A giudicare dalla posizione e dal confronto con la mappa si tratta degli orti di San Romanello. In questo bosco cittadino ci sono infatti circa un centinaio di parcelle ortive che sono assegnate ai cittadini. Non sono però vicine le une alle altre ma dislocate su tutta la superficie dell’area. A differenza degli orti di Via Chiodi la dimensione privata qui è più accentuata. La folta ed alta siepe mi permette solo di sbirciare attraverso, intravedendo degli orti, attrezzi per la coltivazione ma nessun ortista. Proseguo così lungo il viale ciottolato per raggiungere il punto centrale del Boscoincittà, Cascina San Romano. Qui infatti ha sede il punto informazioni del CFU. La Cascina è ben restaurata, e ne faccio un giro completo prima di entrare negli uffici. La parte ad ovest ospita il vecchio fienile e la sede degli uffici, quella ad est è destinata alle funzioni pubbliche. Ci
Viale d’ingresso
Cascina San Romano
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sono infatti quattro portici e due aree pavimentate a disposizione per le attività dei frequentatori del parco. Io trovo molti giovani in questo pomeriggio soleggiato. Alcuni giocano a calcio, altri chiacchierano seduti all’ombra del portico. Trovo anche un’intera famiglia, genitori, nonni, figli e nipoti, intenta a cucinare carne alla brace. Poco distanti un gruppo di bambini scout scatenati giocano nel prato facendo impazzire la loro educatrice. A parte queste persone raccolte nella zona est della cascina, nel resto del parco, sembra di essere soli. Ogni tanto incrocio qualche ciclista, ma per le enormi dimensioni dell’area, una volta entrati qui sembra di essere approdati in un’isola verde. Concluso il giro di fotografie intorno alla Cascina, mi reco agli uffici dove trovo molte informazioni sulla storia del parco, i suoi protagonisti ed i suoi numeri. Mi viene consigliato di raggiungere l’altro insediamento ortivo più vicino, quello degli orti Spinè. Riprendo così il sentiero ciottolato e attraverso un piccolo pezzo di parco. Strada facendo mi accorgo che il disegno del verde non è casuale. Insomma prestandoci un po’ di attenzione si capisce ad occhio nudo che questo non è un bosco selvaggio ma addomesticato dall’uomo. Gli alberi sono piantati dritti lungo il sentiero, i prati e le radure sono dolcemente e precisamente contornati dal bosco, piccoli sentieri si diramano specularmene dalla via principale. Tuttavia questo aspetto non risulta artificiale e finto ma rientra perfettamente nell’armonia del luogo. Nel percorso, attraverso un boschetto, un piccolo corso d’acqua ed infine intravedo al limite della fine della strada il solito recinto di siepe alto e folto. Questa volta si trova nel mezzo della radura di prato, quindi la funzione protettiva della recinzione mi pare più appropriata. Arrivo davanti all’ingresso e varco il piccolo cancello in legno. Una volta entrata un’esplosione di colori e profumi mi sorprende. Dall’esterno non me lo sarei mai aspettata. Subito si nota la grande cura che ogni proprietario apporta al proprio orto. Oltre a frutta e verdura vedo molti fiori belli e coloratissimi. Parlo con un signora proprietaria dell’orto dagli anni Ottanta. Dice di essere stata una 26
portico area feste
delle prime ad affittare una parcella, “poi è diventato di moda”, la richiesta è aumentata, quindi il CFU ha fatto in modo di creare altre parcelle ortive per venire incontro alle esigenze della cittadinanza milanese. Sempre per questa stessa ragione le dimensione degli orti sono diverse, vanno dai 40 ai 100 metri quadri. Per i lotti più grandi il canone dell’affitto è di circa 90 euro all’anno. Questa quota comprende oltre all’affitto della terra, la manutenzione delle dotazioni ( come i cancelletti o la recinzione grande ) e l’allaccio idrico. Sempre la signora, che abitata nei pressi di Piazza de Angeli, mi spiega che esiste anche una falegnameria che si occupa di sistemare attrezzi o cancelli in caso di guasto. Una volta concluso il giro torno sui miei passi e mi dirigo verso la radura centrale. Dopo aver girato e scattato foto qua e là torno verso l’uscita. Questo è un vero paradiso, un central park di Milano, che i cittadini utilizzano per staccare dalla frenesia della vita cittadina o semplicemente per rilassarsi all’aria aperta. Anche se rispetto alle altre esperienze, in questo caso la prospettiva comunitaria e la dimensione di condivisione risultano essere meno accentuate.
scorci del parco
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boscoincittà
Via Novara 340, Zona 7 http://www.cfu.it/
Parco Pubblico (120 ettari) del Comune di Milano, situato lungo Via Novara nei pressi di Trenno e Figino, presenta boschi, prati, corsi d’acqua, zone umide, un laghetto e circa un centinaio di orti assegnati a cittadini che li coltivano con grande cura. Numerosi sono i sentieri che si diramano all’interno del parco, praticabili in bicicletta, che congiungono il Boscoincittà con il Parco delle Cave e di Trenno. Chi arriva in questo luogo ha la sensazione di uscire dalla città e di entrare nella natura, in un ambiente che è il risultato di un’attenta progettazione: il parco nasce grazie all’associazione Italia Nostra che ha costituito un centro operativo dedicato, il Centro di Forestazione Urbana (CFU). Boscoincittà è stato realizzato su terreni pubblici concessi dal Comune di Milano a Italia Nostra con contratti novennali e grazie alla collaborazione di migliaia di volontari tra famiglie, scout, scuole, singoli cittadini, che insieme hanno piantato alberi e zappato. 28
DOVE Via Novara 340 Data 1974 proprietà Comune di Milano tipo di usufrutto affitto di privati per l’ammontare di 90 euro l’anno circa superficie totale 120 ettari numero parcelle ortive circa 100 superficie ad orto 40, 60, 100 mq tipologia dell’orto orto per coltivazione famigliare modalità di gestione e assegnazione Ripartizione e assegnazione individuale tramite graduatoria dotazioni e servizi acqua, energia, attrezzatura comune, raccolta differenziata, raccolta del materiale vegetale,manutenzione comune, capanni attrezzi comuni
ACQUEDOTTO
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STOria
Nel 1974 Italia Nostra chiede e ottiene dal Comune di Milano l’uso di un terreno agricolo incolto alla periferia ovest della città, 35 ettari che comprendono anche un’antica cascina in abbandono. L’intento è quello di portare un bosco dentro al tessuto urbano e coinvolgere l’intera cittadinanza nella sua realizzazione: il primo intervento di forestazione urbana nella storia del Paese. È un episodio di grande partecipazione in cui migliaia di volontari vengono coinvolti nella creazione del futuro Parco: il Boscincittà. Scuole, associazioni, soci di Italia Nostra, cittadini partecipano alle giornate di piantagione e di cura del verde. In una prima fase il lavoro è concentrato sugli aspetti agro-forestali e sulla sistemazione elementare dell’area. In seguito nei primi anni ottanta il Comune inizia ad erogare un contributo economico all’Associazione per la gestione e la progettazione delle aree del Parco, che si amplia verso est, passando da 35 a 50 ettari. Questa iniezione di risorse porta a realizzare molte nuove opere: si tracciano nuove strade campestri, si scava il laghetto, si costruisce l’area delle feste. Anche le iniziative si moltiplicano: si costituisce una biblioteca, si forniscono materiali e competenze a molte altre piccole iniziative di forestazione, si intensificano le attività con le scuole. Nel 1988 viene realizzato il primo lotto di orti urbani del tempo libero. Si tratta di una iniziativa pilota, in cui è una Associazione, in accordo con un ente pubblico, che gestisce e regola il fenomeno degli orti, che in genere è invece un processo spontaneo fonte di tensioni sociali e malumori. Gli orti vengono affidati ai cittadini attraverso un bando di assegnazione. Viene creato per questo progetto il Centro per la Forestazione Urbana (CFU), centro operativo investito dei compiti di progettare e realizzare il verde pubblico, erogare servizi per i fruitori, promuovere la partecipazione dei cittadini nella costruzione e difesa del verde, raccogliere e coordinare collaborazioni e risorse. Negli anni novanta il Parco si estende verso nord, passando da 50 a 80 ettari. La forestazione urbana e il coinvolgimento del volontariato sono diventate modalità consuete nel realizzare il verde urbano da parte di altri enti e associazioni. Nel 1997 il CFU inizia ad occuparsi, sempre su incarico del Comune di Milano, anche del Parco delle Cave. Negli ultimi anni si assiste ad un cambiamento di prospettive e strategie che mirano non più a realizzare un parco urbano, ma a costruire una rete di natura e di spazi liberi in città attraverso la connessione e lo sviluppo delle aree verdi esistenti (attrezzate, agricole, naturali). 30
attività
Molte sono le attività che è possibile fare all’interno di questo parco urbano. Innanzitutto esitono molti sentieri, praticabili in bicicletta, per scoprire il parco ma non solo; molti di questi si inoltrano fra i campi coltivati di Trenno e Figino, altri congiungono il Boscoincittà con il Parco delle Cave e quello di Trenno. Numerose sono poi le attività per bambini, come il progetto “Avventure nel Bosco”, che abbina al gioco e all’educazioneambientale, esplorazioni a piedi e gite in bicicletta. Altra possibilità offerta dalle strutture del Parco è l’area delle feste che comprende quattro portici e due aree pavimentate. Questo punto del Parco è stato concepito per offrire uno spazio di incontro nel verde dove svolgere attività ricreative, associative e didattiche organizzate sia da singoli che scuole o associazioni. Altro aspetto mportante è quello della tutela della biodiversità sia vegetativa che faunistica. Molte sono infatti le specie rare e protette che è possibile trovare all’interno del Boscoincittà. Molti sono anche gli itinerari organizzati dall’associazione sia per vedere il laghetto centrale sia per “il giardino d’acqua”. Altra iniziativa è quella della coltivazione di un piccolo frutteto da parte di un gruppo di volontari, oltre che quella della coltivazione di orti urbani, pratica ormai consolidata all’interno di questo progetto.
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mappa dell’area ovest Cimitero Maggiore
BOSCOINCITTĂ bosco della giretta
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parco di trenno
Ippodromi di San Siro
planimetria dell’area boschi prati e radure orti urbani
ORTI MAIERA
ORTI VIOLÈ
costruito ampliamento area caldera Nord ingresso principale autobus linea 72
ORTI SPINÈ AREA FESTE
metropolitana M1, Piazza de Angeli ORTI SAN ROMANELLO
CASCINA SAN ROMANO
ACQUEDOTTO
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auto-rappresentazione
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termometro di valutazione impatto sociale
comunicazione
adesione
rapporti con l’istituzione
dissenso
attivitĂ per bambini
spesa
attivitĂ terapeutiche
estetica
presenza di professionisti
fai da te
presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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Itinerario IiI
giardino degli aromi
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diario di viaggio per...il giardino degli aromi Per raggiungere l’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini prendo la linea gialla della metropolitana, M3, in direzione Comasina, e scendo alla fermata Affori. Una volta uscita in superficie cammino lungo un percorso in leggera salita, nella direzione di Via Ippocrate. Appena raggiunto il livello della carreggiata mi volto a guardare l’imponente edificio della metropolitana e della stazione di Milano Nord. Mastodontico. Intorno a me un grande spazio abbandonato e degradato e sulla destra degli edifici residenziali. Arrivata alla fine di Via Ciccotti incrocio Via Ippocrate e di fronte a me vedo l’ingresso dell’ex struttura manicomiale. L’accesso all’area è fornita di cancello automatizzato con telecamere e gabbiotto di sicurezza. Infatti, pur essendo aperto, parlo con la guardia di turno, spiegandogli il motivo della mia visita, ed ottengo così il permesso per entrare. Quella di fronte a me non è di sicuro una classica struttura ospedaliera. Sembra piuttosto un labirinto, fatto di lunghi viali alberati e piccole strutture, di due o tre piani, immerse nel verde e negli alberi. Proprio come se fosse una piccola oasi questo luogo è ovattato dai rumori della città, il caldo afoso è mitigato dalla presenza della natura, il ritmo è calmo e lento. Vago senza meta alla ricerca degli orti che nemmeno il custode ha saputo dirmi dove fossero. È facile perdere il senso di orientamento qui dove le file di alberi sono identiche e le piccole strutture tutte simili. Arrivo così in una piccola piazza che ospita un portico, sotto il quale dei ragazzi sono seduti per ripararsi dal sole estivo, il bar, il teatro e l’ostello. Tutte queste sono tra le molte iniziative dell’associazione Il Giardino degli Aromi, che dopo la riconversione della struttura manicomiale in casa di cura, ha portato avanti con successo il progetto di creazione di un giardino comunitario, attivando la funzione sociale di questo luogo, che per molto tempo era stato lontano dalla scena cittadina. Finalmente riesco a trovare delle indicazioni per gli orti, che si trovano dalla
viale all’interno di Paolo Pini
una struttura dell’ospedale
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parte opposta rispetto all’entrata principale. Per raggiungerli devo oltrepassare l’intera area. Cammino da sola all’ombra del viale alberato, tutto è immerso in un totale silenzio. Dagli edifici non proviene nessun suono, solo ogni tanto intravedo infermieri incamiciati che entrano o escono da porte di servizio laterali. Una volta raggiunta l’area ad ovest il clima cambia totalmente. Al di là di una bassa siepe si apre un grande spazio inondato di luce che ospita molti orti. Mentre l’accesso a quest’area è quasi, oserei dire nascosto, una volta all’interno non esistono barriere o limiti. Gli spazi degli orti invadono uno quello dell’altro creando una sorta di caos ordinato fatto di piante di pomodori, insalata, zucchine e ogni sorta di vegetale. Trovo un anziano signore intendo a zappare la terra insieme al nipote, un ragazzo del liceo, ai quali chiedo subito informazioni. Mi dicono che hanno preso questo spazio da un paio di anni e ci lavorano spesso insieme, coltivando verdura che usano poi per un consumo familiare, perché, come mi dicono, “ il pomodoro che hai coltivato tu ha un gusto diverso”. Incontro poi il signor Leopoldo, agronomo professionista, che lavora al giardino da volontario da ormai qualche anno. Mi spiega che a differenza degli altri orti in città questo è un vero e proprio Libero Orto, dove non esistono recinzioni o demarcazioni e dove e possibile “ non chiudere a chiave con un lucchetto”. Da qui ha inizio la mia visita guidata per Il Giardino degli Aromi. La particolarità di questo esperimento di condivisione orticola è che, oltre ad essere aperto a tutta la cittadinanza, si occupa nello specifico della cura di persone affette da disagi psichici. Mi viene mostrato il lotto di terra coltivato dai pazienti dell’ex manicomio, che ogni mattina, insieme ad educatori, volontari dell’associazione ed esperti del settore, praticano l’innovativa terapia dell’orto-coltura. È rinomato infatti che la cura delle piante fa bene al corpo e allo spirito, in particolare a chi è portatore di handicap psichici. L’orto fornisce delle regole e detta i ritmi e gli spazi necessari alla natura. Esiste anche una piccola parte sperimentale di coltivazione sinergica, un frutteto che 40
parcelle ortive
la comunità al lavoro
conta molte e diverse specie di frutti, e un grande prato dove è possibile, nei giorni festivi, stare insieme e fare festa. Tutto quello che qui cresce è coltivato secondo tecniche assolutamente naturali, mi spiega sempre il signor Leopoldo, dalle sementi al compost fino alla coltivazione effettiva. Altra caratteristica interessante è come venga rispettata e protetta la biodiversità dei vegetali, in particolare frutta e verdura. Vedo molte e diverse specie di pomodori, pere, mele, insalate e ascolto il racconto di come siano arrivate da paesi lontani alla nostra penisola. Mi viene spiegato che quelli che sto vedendo sono le prime parcelle ortive insediate e, dato il loro successo, il progetto è stato ampliato nel tempo fino ad invadere molto altro spazio. Ad oggi sono arrivati a circa un centinaio di orti. D’altronde è difficile tenere il conto esatto del numero di orti esistenti. Qui infatti l’assegnazione non ha un metodo rigido, come nei casi degli orti comunali, ma a seconda dello spazio rimasto e della disponibilità stessa dell’ortista, vengono affittate piccole porzioni di terreno. La gestione dello spazio degli orti è affidata all’associazione Giardino degli Aromi, la cui sede si trova all’interno di un edificio che si affaccia direttamente sulla siepe che delimita gli orti, che, parlando direttamente con coloro che sono desiderosi di avere uno spazio di terra da coltivare, come se fosse una grande famiglia, assegna gli spazi, dotati di allaccio idrico. Noto inoltre che gli ortisti presenti sono di diversa età, estrazione sociale e provenienza; da pensionati, giovani coppie, qualche ragazzo, a persone con problemi psichici. Insomma è evidente la sfida intrapresa nel mettere insieme persone così diverse fra loro in un luogo comune, privo di recinzioni o limiti, per provare l’esperienza di vivere insieme. Una volta concluso il giro per gli orti ci dirigiamo verso la parte più antica del giardino, il Mandala delle Erbe. Il “Mandala” secondo la tradizione buddhista indica il cerchio entro cui si è formato il cosmo la cui conoscenza profonda consente di crescere interiormente. La forma infatti è circolare, divisa al suo interno in tre sezioni con diverse specie di piante aromatiche e
persone al lavoro
Mandala delle Erbe
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medicinali. Il forte impatto visivo ed olfattivo unito ad una sensazione di spiritualità che si avvertono non appena raggiunto il centro ne fanno un luogo davvero particolare e raro per la città di Milano. Le piante aromatiche e medicinali coltivate, vendute nella bottega del giardino, sono poi essiccate nella piccola serra adiacente, utilizzata anche come ripostiglio degli attrezzi e luogo di ritrovo nei momenti di pioggia. Grazie ai progetti promossi dall’associazione, l’ex Paolo Pini si è riscattato dalla situazione di degrado in cui era stato abbandonato, diventato un’isola di verde, un’esplosione di colori e profumi, passando da uno stato di sofferenza a quello di serenità. Speriamo davvero che questa realtà continui ad esistere, nonostante il progetto previsto dalla regione di housing sociale che prenderebbe il posto degli orti ma soprattutto delle persone che li coltivano.
un momento didattico al Libero Orto
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giardino degli aromi
Via Ippocrate 45, Zona 9 http://www.olinda.org/
Questo giardino, specializzato nella coltivazione biologica di piante aromatiche e medicinali, si trova nel parco dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini. L’obiettivo primo di questo progetto comunitario è quello sociale. Esiste una volontà di avvicinare soggetti che provengo da una situazione di disagio e emarginazione sociale mettendoli a contatto con la conoscenza e la pratica della corretta relazione dell’uomo con le piante e l’ambiente nel suo insieme. Lo spazio dell’orto-giardino è anche a disposizione di persone con problematiche fisiche o psichiche, dunque si può parlare di orto-terapeutico o meglio di orto del benessere. Oggi quest’area di importante valore sociale ed ambientale rischia di scomparire perché interessato da un progetto di edificazione di housing sociale da parte della Provincia. 43
DOVE Via Ippocrate 45, quartiere Affori Data aprile 2003 spazio ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini us0 spazio orto-giardino a disposizione dei cittadini e di persone con problematiche fisiche o psichiche, dunque orto-terapeutico attivitĂ Libero Orto, Orto Sinergico, Mandala delle Erbe, Teatro, Ostello, Bar-Ristorante, Bottega attori cooperativa sociale La Fabbrica Olinda, associazione Giardino degli Aromi superficie di pertinenza 155.875 mq di terreno, in parte inutilizzato e in parte usato a scopi sociali proprietĂ del suolo Provincia di Milano
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STOria
Alla periferia Nord di Milano, nel quartiere Affori, trova posto la sede dell’associazione Il Giardino degli Aromi, il cui principale scopo è quello di accompagnare il reinserimento sociale di persone svantaggiate, svolgendo con loro attività in spazi verdi. La sede è quella dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, che inseguito alla legge “Basaglia” del 1978 ha visto una lenta ma profonda trasformazione dei suoi spazi e soprattutto della loro funzione. Grazie ai servizi dell’ASL nel 1984 e al piano regionale di riconversione delle vecchie strutture, terminato nel 1990, e in particolare con l’arrivo nel 1996 della cooperativa sociale La fabbrica di Olinda e dell’associazione onlus Il Giardino degli Aromi, questo luogo è diventato sia una casa di cura per pazienti con problemi psichici sia un vero e proprio centro di ricrezione per persone affette da disagi mentali ma aperto anche alla cittadinanza. Infatti, dopo la dismissione del manicomio, l’area che era stata fino ad allora curata e mantenuta, cadde in uno stato di degrado e abbandono. Oggi invece con le attività e i progetti dell’associazione questo è diventato un luogo, innanzitutto bello e curato dal punto di vista estetico, e un’area di protezione della biodiversità vegetale. L’associazione, che conta oggi più di 200 soci, promuove la conoscenza, l’uso e la diffusione di piante orticole, aromatiche e medicinali,supporta la diffusione di esperienze di orti e di giardini comunitari, organizza un centro di documentazione e offre corsi di formazione e approfondimento aperti a tutti i cittadini. Il Giardino degli Aromi, inoltre, supporta altre associazioni, tra cui Aromi a Tutto Campo, che si occupa di manutenzione di giardini e organizzazione eventi, ed è in contatto con la rete OrtoDiffuso e Libere Rape Metropolitane, canali attraverso i quali divulga e promuove le proprie attività. Nel 2010 il Giardino degli Aromi è stato premiato nella categoria Community Garden del concorso nazionale degli “Agricoltura Civica Award”, riconoscimento dedicato alle esprienze di “agricoltura del futuro” curato da aicare, Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura responsabile ed Etica.
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attività
Numerose sono le attività svolte all’interno dell’ex Paolo Pini. Dal bar-ristorante, ai laboratori teatrali, alla promozione della rassegna culturale “Da vicino nessuno è normale”, fino alla progettazione partecipata e al volontariato per bambini e genitori. Le iniziative più importanti restano comunque quella del Libero Orto Comunitario e il Mandala delle Erbe. Libero Orto è un grande orto partecipato, nato nel 2005, dove, a fianco delle parcelle assegnate a coloro che partecipano all’iniziativa, ci sono una serie di aree usate collettivamente. Infatti vi sono ad oggi, circa un centinaio di orti sempre gestiti dall’associazione Olinda che provvede alla ripartizione delle parcelle ortive e agli allacciamenti idrici. Questi particolari orti, a differenza di quelli di proprietà comunale, non presentano nessuna recinzione o graduatoria di assegnazione ma le modalità di affitto, di scelta e di grandezza dell’appezzamento sono gestite dai fruitori stessi, come fosse una grande famiglia. E’ uno spazio comune, libero e aperto. Questa particolare organizzazione permette che sia più forte la coesione e l’integrazione sociale fra i vari ortisti, che in questo caso non sono solamente pensionati ma anche ragazzi e giovani coppie. Oltre a queste esperienze, ne esistono altre parallele, come l’orto sinergico ed altre attività condotte da volontari esperti in coltivazione e con competenze specifiche nel contatto con persone disabili. Grazie infatti alla coltivazione diretta di generi alimentari, in modo assolutamente naturale, è possibile intervenire sulle proprie abitudini di consumo e di alimentazione, introducendo un’alternativa alla grande distribuzione, mentre l’esperienza comunitaria stimola la condivisione di storie, saperi e conoscenze. Il Mandala delle erbe è la parte più antica del giardino. Un luogo di grande armonia, accogliente e coinvolgente, dedicato alla coltura delle piante aromatiche e medicinali, le cui essenze vengono lavorate e trasformate in preparazioni e prodotti per il benessere, acquistabili presso la bottega del giardino stesso. Di fianco al Mandala si trova la zona umida che garantisce una diversità di ambienti e la serra vivaio dove si riproducono le piante aromatiche e le orticole.
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orto-terapia
L’obiettivo delle iniziative è quello di promuovere occasioni di integrazione sociale tra i fruitori dell’ex ospedale e i cittadini, non solo del quartiere, ma di tutta Milano. Sono per questo organizzate lezioni all’aria aperta, volte all’apprendimento di coltivazioni biologiche, alla conoscenza e all’uso tradizionale di piante aromatiche e medicinali ed in generale si pone particolare attenzione a soggetti con disagio psichico che in questo modo possono applicare le loro capacità a diretto contatto con la terra e le piante. L’attività orticolturale aiuta infatti l’individuo a entrare in rapporto diretto con la natura e i suoi ritmi e concorre al recupero della coscienza di spazi e di tempi al di fuori delle problematiche legate al proprio malessere. L’esperienza stimola le persone a confrontarsi con una dimensione concreta di spazio e di tempo, attraverso l’osservazione e l’adattamento ai cambiamenti dell’ambiente nelle diverse stagioni. I corsi organizzati di ortoterapia perseguono molteplici obiettivi: la promozione di un senso di autostima, appartenenza, partecipazione e responsabilizzazione, sollecita curiosità ed immaginazione. Infine lo svolgimento di un’attività motoria faticosa apporta benefici sia nell’area motoria che in quella sensoriale.
rapporto con l’istituzione
Purtroppo l’esperienza di orto condiviso metropolitano è oggi a serio rischio perchè l’area, in cui oggi sorgono gli orti, è interessata da un progetto di housing sociale della Provincia che prevede la costruzione di circa mille nuovi alloggi ad impatto zero. La realizzazione effettiva del progetto vedrebbe scomparire sia l’area degli orti che una parte dell’Istituto professionale per i servizi per l’agricoltura Vilfredo Pareto. Molti si sono schierati in difesa degli orti, ex pazienti, abitanti di Affori, famiglie, giovani, pensionati, comunità, scuole anche architetti paesaggisti. Infatti gli orti comunitari sono un baluardo sociale in un'area metropolitana considerata "difficile" e per questo è necessario tener conto della loro radicata importanza sul territorio.
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planimetria Mandala delle Erbe primo insediamento di orti secondo insediamento di orti ultimo insediamneto di orti edifici passaggio pubblico recinzione esterna degli orti perimetro dell’area punti di accesso all’area permeabile accesso principale
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auto-rappresentazione
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termometro di valutazione impatto sociale
comunicazione
adesione
rapporti con l’istituzione
dissenso
attivitĂ per bambini
spesa
attivitĂ terapeutiche
estetica
presenza di professionisti
fai da te
presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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Itinerario iV
Giardini in transito
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diario di viaggio per...il giardino in transito Per raggiungere il Giardino in Transito prendo la metro M1 e scendo alla fermata Moscova. Proseguo lungo l’omonima via e giro a destra per i Bastioni di Porta Volta. Dopo aver superato il bar ATM e il grande parcheggio in mezzo al viale, sulla sinistra vedo e raggiungo l’ingresso del giardino. Sono le dieci e mezza di mattina e trovo il cancello di accesso appena aperto. L’area è contornata da una recinzione in rete e molte piante, poste sul perimetro, riparano l’interno dello spazio verde dal traffico della circonvallazione. Il giardino gode di una buona posizione. È infatti facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, trovandosi nel cuore della città, rimanendo tuttavia protetto dalla folta piantumazione. Un’altra caratteristica particolare è il fatto che questo fazzoletto di terra è chiuso su tutti i lati, quasi fosse una casa a cielo aperto, perimetrato nella parte ad ovest, da antiche mura, orami diroccate, che creano degli accessi naturali all’area tramite varchi, alcuni chiusi con una rete, altri lasciati liberi per il passaggio. L’ingresso principale al giardino rimane dall’altra parte rispetto al punto in cui io sono entrata, verso il quartiere Paolo Sarpi, dove un grande cartello in legno con scritta bianca “ Giardino Comunitario Montello” ne annuncia la presenza. Faccio un giro all’interno dell’area e scatto fotografie soprattutto dei grandi alberi, un fico e un platano, da tempo veri proprietari del luogo. Questo posto infatti è stato oggetto di un lungo contenzioso fra la Piccola Scuola di Circo, che vedeva qui la sua sede dal 2001, e il Comune di Milano che, secondo il Programma Urbano Parcheggi, ha previsto la costruzione, proprio in questo lotto, di un parcheggio multipiano per un totale di 500 posti auto. Durante l’intervista con Giulia Uva, socia dello studio di progettazione del paesaggio, Atelier delle Verdure, che si è occupato della riqualificazione dell’area, scopro che dopo un paio di anni, durante i quali l’amministrazione tardava i lavori del parcheggio e il lotto versava in una situa55
zione di progressivo abbandono, grazie al progetto proposto dall’associazione Giardini in Transito, nata nel 2010, il Comune ha concesso in comodato d’uso l’area col fine di una riqualificazione temporanea nell’attesa dell’inizio dei lavori di cantiere. Il verde del giardino non è casuale ma progettato, sono state costruite delle vasche per i fiori, un piccolo orto ed è fornito di strutture di arredo urbano. Una passerella in listelli di legno attraversa in diagonale l’intera area collegando l’ingresso ad est, dei Bastioni di Porta Volta, con quello ad ovest, verso Chinatown. Ci sono poi panchine in plastica verde poste in punti strategici, lungo il passaggio e sotto gli alberi per permettere ai fruitori del giardino di riposarsi all’ombra. L’architetto Giulia Uva mi spiega anche che tutti i materiali utilizzati sono di recupero. Il legno per costruire le vasche, piccole sedute e la passerella proviene da tavole di ponteggio di cantiere, le panchine sono state donate da un’azienda milanese all’associazione, ed infine la piattaforma di sosta, all’ombra del grande platano esistente, è pavimentata con pavè recuperato dalla dismissione di strade cittadine. La spesa quindi è stata minima e contenuta grazie anche al contributo dei membri dell’associazione. La particolarità della nascita di questo progetto è data dal fatto che i suoi creatori non sono solo i cittadini di quartiere ma soprattutto professionisti, architetti paesaggisti, designers e vivaisti, che hanno intravisto in quest’area un grande potenziale di esperimento di comunità. Ovviamente il budget ridotto e il limitato numero di partecipanti porta alla necessità di “arrangiarsi” mi spiega ancora Giulia. Infatti sia la potatura dell’erba sia la generale manutenzione del giardino è affidata all’associazione ed è per questo che vedo intorno a me erba alta e incolta. Il Comune ha lasciato l’intera gestione dell’area all’associazione che ha dovuto provvedere all’opera di pulitura, costruzione dei manufatti di arredo urbano e manutenzione del verde. “Non abbiamo l’elettricità”, mi spiega Giulia, “ per quanto riguarda l’allaccio idrico, invece, abbiamo fatto un accordo con il benzinaio vicino e paghiamo a lui ciò che consumiamo verifican56
particolare d’arredo urbano
passerella in legno riciclato
dolo sul contatore.”Sono poche le persone che incontro in questa calda mattina estiva, una giovane donna che legge seduta all’ombra e un ragazzo del quartiere che porta a passeggio il suo cane, Samba, con cui scambio due chiacchiere. Mi dice di essere contento dell’iniziativa dato che, “in questa zona di spazi verdi non ce ne sono troppi”, anche se “ un parcheggio qui non sarebbe male dato che ormai è impossibile parcheggiare l’auto anche per me che ho il pass”. Inoltre questa zona “ è sempre stata frequentata da zingari, ed era impossibile utilizzarla, tant’è che spesso la polizia veniva qui sgomberando e liberando l’area; ora invece è praticabile da chiunque”. Mi spiega poi che il giardino è rimasto chiuso per un certo periodo durante la settimana, aprendo solo nel week end. Infatti è stato difficile per i membri dell’associazione provvedere alla sorveglianza dell’area, che per quanto è possibile, presidiano costantemente. In definitiva questo è un vero e proprio esperimento di progetto di un parco temporaneo, ideato e pensato per un limitato periodo di tempo, la cui unica pretesa è quella di far rivivere uno spazio della città riportandolo all’utilizzo della cittadinanza, provando così a creare momenti di ritrovo e socialità in un quartiere in cui molto spesso la comunicazione fra abitanti risulta difficile. Questo luogo è passato dallo stato di “terzo paesaggio” a quello di parco pubblico temporaneo con una minima spesa e una grande forza di volontà nel crearlo, pubblicizzarlo e portare a termine un tortuoso iter amministrativo.Speriamo quindi che il contratto stipulato con il Comune sia rinnovato o per lo meno che questo esperimento sia ripetuto ed imitato in altri punti di Milano, che ha di certo bisogno di maggiori spazi verdi.
Sarpi
Montello
vista dall’entrata verso Sarpi
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Giardini in transito
Viale Montello 6, Zona 1 http://giardiniintransito.wordpress.com/
L’area è stata oggetto di un contenzioso tra la Piccola Scuola di Circo e il Comune di Milano che avrebbe utilizzato lo spazio, da tempo in stato di abbandono, per la costruzione di un parcheggio. Intanto è stato costituito un giardino temporaneo realizzato con materiali di riciclo, quindi a basso costo, dall’associazione Giardini in Transito, composta da gruppo di cittadini (architetti, paesaggisti e vivaisti), con il sostegno di Milly Moratti. Dopo aver creato i primi elementi di arredo urbano il giardino è stato abbandonato finchè l’Associazione Giardini in Transito è riuscita nel 2012 a farsi affidare l’area dal Comune in comodato d’uso, tramite contratto, per la durata di un anno, in attesa dell’inizio dei lavori del quartiere. L’associazione propone in generale questo approccio, di carattere temporaneo, per la costruzione di giardini in modo da far rivivere gli spazi abbandonati e degradati della città, anche se per un breve periodo di tempo. 58
DOVE Via Montello, di fronte al civico 6 Data 2012 spazio area urbana ex sede della Piccola Scuola di Circo spesa donazioni e materiali di recupero us0 giardino pubblico temporaneo attori Camilla Peluso (Piccola Scuola di Circo) Marco Sessa e Giulia Uva (Atelier delle Verdure) Andrea Trucillo e Michele Alberti (Blulab_Building Landscape Architecture) Matteo Manca (Delegato FAI Milano) Silvio Anderloni (Boscoincittà – Italia Nostra) Pier Franco Lionetto (Associazione Vivisarpi) Milly Moratti (Chiamamilano) contratti convenzione, rinnovabile,stipulata con il Comune di Milano per la concessione in comodato d’uso dell’area per la durata di un anno a partire dal 2012 superficie dell’area 1.800 mq proprietà del terreno Comune di Milano futura destinazione d’uso l’area è interessata dal progetto di riqualificazione urbanistica che dal 2004 prevede la costruzione di un parcheggio multipiano ( cinque piani in tutto di cui due fuori terra ) per un totale di 500 posti auto. Le spese sono a carico del Comune di Milano 59 45
STOria
Nel 2001 l’area di Viale Montello, un fazzoletto di terra fra Porta Volta e Chinatown, di proprietà del Comune di Milano è concessa in comodato d’uso all’Associazione Piccola Scuola di Circo, diretta da Camilla Peluso, per i successivi 19 anni. Tuttavia nel 2004 la concessione è revocata perchè il quartiere è interessato da un piano di riqualificazione urbanistica che prevede la realizzazione della nuova sede della Fondazione Feltrinelli, progetto ad opera del famoso architetto svizzero Herzog, e in particolare sull’area del giardino sorgerà un parcheggio pubblico multipiano (tre piani sotterranei e due fuori terra per un totale di 500 posti auto) le cui spese saranno a carico del Comune. A seguito di una lunga battaglia legale, conclusasi nel 2009, la sede della Piccola Scuola di Circo è spostata presso Via Messina 48. Cominciano così i lavori di sgombero dell’area per l’inizio dei lavori di cantieri che tuttavia non hanno mai inizio. Da qui in poi lo spazio verde in Viale Montello comincia a cadere in uno stato di progressivo abbandono suscitando così tra gli abitanti del quartiere e alcune figure di professionisti (architetti paesaggisti, designers e vivaisti) il desiderio di utilizzare l’area, temporaneamente, riqualificandola, in modo da far rivivere uno spazio morto della città in attesa della sua futura funzione di parcheggio. Nel 2010 nasce così l’Associazione Giardini in Transito, che ricalcando altri esempi europei, propone un progetto di recupero dell’area tramite interventi leggeri volti a rendere l’area fruibile ed attraversabile. L’iniziativa è appoggiata da Milly Moratti che, in qualità di consulente gratuito del Comune, sostiene e spinge il progetto. Finalmente nel 2011 il Consiglio di Zona 1 approva il progetto e i lavori hanno inizio. Per iniziare l’area è stata tolta a chi la occupava abusivamente, l’Amsa ha demolito delle baracche e raccolto quintali di rifiuti. La pulitura, la risemina di erba e la costruzione di manufatti di arredo urbano sono tutti compiti affidati all’Associazione che con volontari e grazie a giornate aperte a tutti per operazioni di “sfalcio comunitario” porta a termine il suo compito conferendo nuova vita al giardino. Questo avviene nel mese di maggio del 2011, nel periodo a cavallo delle elezioni amministrative. Appena dopo l’inaugurazione, per alcuni mesi, il giardino comunitario rimane chiuso per problemi di tipo amministrativo. Infatti il suolo, per diatribe interne al Comune, non è ancora formalmente affidato all’associazione che nel frattempo decide di chiudere i cancelli durante i giorni feriali e aprirli, presidiando 60
il giardino, durante quelli festivi. Il giardino ha infatti un orario di apertura, 10, e uno di chiusura, 18, ed è fornito di un cancello. A dicembre 2012 l’Associazione firma una convenzione con il Comune della durata di un anno e rinnovabile. La brevità del contratto è dovuta al fatto che l’amministrazione, che si addebita i costi di parcheggio, non sa ancora con certezza l’inizio dei lavori per il parcheggio. Ogni sorta di lavoro del giardino è a carico dell’associazione, che conta fino ad una quindicina di partecipanti, i quali versano, con la quota di iscrizione un contributo di 30 euro, soldi che servono a comprare il poco necessario. Il resto infatti è materiale di recupero e donazioni. I fondi sono raccolti anche tramite i numerosi eventi all’aria aperta promossi dall’associazione. Altro elemento burocratico interessante è la stipulazione di un assicurazione che ha il dovere di coprire gli eventuali danni che altrimenti ricadrebbero sugli associati.
un esperimento temporaneo
Questo progetto nasce dall’idea di recupero di aree degradate, utilizzando materiali riciclati e a basso costo, seguendo esempi ed esperienze di altre città europee, capaci di gestire spazi di quartiere con budget limitati, modelli gestionali flessibili e sponsorizzazioni partecipate. Un giardino-orto temporaneo che permetterebbe ai cittadini di far rivivere uno spazio pubblico abbandonato, di avere una zona verde dove potersi incontrare, scambiare idee, conoscersi. Un luogo vivo per il quartiere ed anche un curioso momento di crescita per i suoi abitanti che è diventato uno spazio allegro e fruibile, dinamico e ricco di opportunità per tutto il quartiere, un bene comune da vivere, migliorare costantemente e proteggere. A Milano esistono centinaia di spazi abbandonati, che potrebbero essere recuperati con l’intervento dei cittadini e delle realtà associative già presenti in ogni quartiere. Aree verdi recuperate al degrado, che possono alleggerire i costi di manutenzione da parte dell’amministrazione pubblica, garantire maggior sicurezza a luoghi fino ad oggi abbandonati e nel frattempo contribuire a rendere viva la nostra città.
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planimetria aree verdi edifici fronte urbano recinzione con siepe mura antiche passerella di attraversamento
come raggiungere l’area bicicletta
autobus linea 70 / 94
tram linea 2 / 4
Metropolitana M2, Moscova
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planimetria
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termometro di valutazione impatto sociale
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rapporti con l’istituzione
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presenza di professionisti
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presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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Itinerario v
mercato di via dolci
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diario di viaggio per...il mercato di via dolci Il mercato in Via Carlo dolci, quartiere San Siro, si tiene settimanalmente, così un venerdì mattina prendo la metropolitana, M1, in direzione Bisceglie, e scendo alla fermata di Piazza De Angeli. Decido non prendere il tram, ma di raggiungere la meta a piedi in modo da fare un giro nella zona. Proseguo per Via Faruffini e raggiungo Piazza Brescia. Nell’ovale di verde attrezzato al centro della piazza, attraversata dalla linea 16 del tram, trovo molte persone di età ed etnie diverse che portano a passeggio il cane, data la presenza di recinzioni apposite.Una volta imboccata Via Dolci, a sinistra, all’altezza del numero 5, mi trovo di fronte alla scuola elementare Luigi Cadorna, che scopro poi essere anche sede dell’omonima scuola di infanzia e sede centrale dell’altra scuola primaria Martin Luther King e di quella secondaria Matteo Ricci, entrambe del quartiere QT8. Dalla strada non vedo subito il mercato quindi varco il cancello d’ingresso e attraverso il cortile centrale. Una volta all’interno dell’edificio seguo il via vai di persone che entrano ed escono da una porta esattamente di fronte a me. Entro così nel secondo cortile, che guarda verso Via Ricciarelli. Qui trovo il mercato. Ci sono circa una decina di banchi, di produttori della Lombardia, tra Milano, Lodi e Brianza. I prodotti venduti sono di ogni genere: carne e salumi, frutta e verdura, pane e dolci e latticini. L’esperimento del famer’s market, nato a giugno 2012, riprenderà a settembre dato il successo ottenuto. Infatti dai pochi banchi iniziali, la fruizione, sia di produttori che di consumatori, è aumentata nel giro di poco tempo. Da un lato è dovuto al fatto che un mercato agricolo che vende prodotti genuini e di stagione, nel pieno della città, e quindi facilmente raggiungibile anche con i mezzi pubblici, ha chiamato sempre più persone. Come infatti mi conferma una giovane coppia “ frutta e verdura che compriamo qui, oltre ad essere più buoni, durano anche di più” rispetto a quelli della grande distribuzio
ingresso sul cortile
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ne. Dall’altro lato quella del mercato è diventato una sorta di appuntamento di quartiere. Vedo molte persone presenti per fare la spesa, signore del quartiere, qualche giovane e soprattutto molte donne “col velo” , mamme dei bambini della scuola. La nascita del mercato agricolo è infatti uno dei tanti progetti promossi dalla scuola per portare avanti l’importante politica sociale dell’integrazione. Come mi spiega Cristina Maurelli, che lavora presso la Fondazione Coldiretti e mamma attivista della scuola, in questo istituto “ la maggior parte di bambini iscritti sono stranieri, per questo motivo si è innescato, nel tempo, un circolo vizioso per cui né gli italiani né gli stranieri stessi hanno più voluto iscrivere i propri figli in questa scuola”. Tuttavia grazie all’opera di un attivo ed attento consiglio dei genitori in collaborazione con gli insegnanti, è stata da tempo avviata un politica di accoglienza ed educazione all’intercultura innanzitutto per i bambini ma anche per i genitori. L’istituto, per questi motivi vincitore del Bando Intercultura promosso dalla Fondazione Cariplo, è tra i migliori esempi di scuola sperimentale per l’educazione ai temi dell’integrazione e del dialogo fra culture, importante oggi più che mai per le future generazioni che dovranno districarsi in un mondo sempre più globalizzato e in continuo cambiamento. L’azione dell’istituto non opera solo all’interno delle mura scolastiche bensì fuori anche da queste, organizzando corsi extra-curricolari, accessibili a tutti, e coinvolgendo tutta la comunità grazie, per esempio, a corsi di italiano per le mamme arabe. Proprio questo è il contesto in cui si inserisce il progetto del mercato agricolo, a cui Campagna Amica ha aderito. Insomma un’ulteriore occasione di avvicinare gli abitanti del quartiere, creando un dialogo fra le persone, cercando una lingua comune che, in questo caso, è quella dell’alimentazione, del cibo e della cucina. Accompagnata sempre da Cristina Maurelli, faccio un giro all’interno dell’edificio scolastico. Come in ogni scuola elementare, anche qui trovo le pareti dei corridoi piene di disegni dei bambini il cui tema è molto spesso quello del dialogo fra culture, della valorizzazione 70
della diversità e del reciproco riconoscimento fra diverse identità. Mi viene anche mostrata la “sala delle culture” dove alle pareti sono appesi i disegni degli alunni e bandierine di tutto il mondo fanno da greca alla lavagna. Altro interessante progetto, che sottolinea la sensibilità della gestione della scuola, è il piccolo orto didattico. Si trova in uno dei cortili interni all’edificio, e si pone l’obiettivo di insegnare agli alunni, attraverso la semina di piante aromatiche e fiori, i ritmi e i cicli della natura. Quella di Via Dolci è senza dubbio un’ottima strategia di integrazione e socializzazione per il quartiere, sia per il lodevole progetto dell’istituto sia per il ritorno ad un’idea di mercato come luogo di incontro fra persone in cui scambiare idee e racconti, in questo caso di paesi e culture diverse.
persone in fila al banco frutta
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mercato di via dolci
Via Carlo Dolci 5, Zona 7 http://www.campagnamica.it/rete/Pagine/mercati.aspx
Fondazione Campagna Amica nasce nel 2008 per realizzare iniziative volte ad esprimere pienamente il valore e la dignità dell’agricoltura italiana, rendendo evidente il suo ruolo chiave per la tutela dell’ambiente, del territorio, delle tradizioni e della cultura, della salute, della sicurezza alimentare, dell’equità, dell’accesso al cibo ad un giusto prezzo, dell’aggregazione sociale e del lavoro. La Fondazione sostiene l’agricoltura italiana in tre ambiti principali: vendita diretta, turismo ed ecosostenibilità. La particolarità di questo farmer’s market è che si trova all’interno del cortile della scuola elementare Luigi Cadorna e, oltre alla vendita diretta di prodotti agricoli provenienti dalle aziende lombarde, sono organizzati anche corsi e laboratori didattici per i bambini della scuola, diventando così un servizio a disposizione dell’intero quartiere San Siro. 72
DOVE Vi Carlo Dolci 5 Data giugno 2012 proprietà del suolo Comune di Milano spazio cortile interno dell’Istituto Comprensivo Luigi Cadorna attori fondazione Campagna Amica, Coldiretti, insieme al Comitato Genitori della scuola superficie totale circa 200 mq tipologia del mercato vendita di prodotti della filera agricola lombarda tipi di prodotti venduti salumi, carne, pane, dolci, frutta, verdura, vino
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il mercato
Tra i molti famer’s market organizzati dalla Fondazione Campagna Amica, circa un centinaio in Lombardia, quello di Via Dolci è un esperimento nato a giugno 2012. All’interno del cortile della scuola elementare Luigi Cadorna è stato possibile acquistare tutti i venerdì mattina dalle ore 7.00 alle ore 12.00 prodotti della filiera agricola italiana, provenienti dalle aziende di Milano, Lodi, Monza e Brianza. Dai pochi produttori iniziali, ora il mercato conta circa una decina di banchi presso cui è possibile acquistare frutta e verdura di stagione, latticini, pane, dolci, carne, salumi e vini. Gli agricoltori, coordinati dalla Fondazione Coldiretti, vendono alimenti freschi e locali che devono essere almeno per il settanta per cento di propria produzione. Dato il successo di questa iniziativa e in accordo con la dirigenza scolastica,il mercato riprenderà l’attività il prossimo settembre. Infatti questa è un’occasione sia per i bambini della scuola, sia per l’intera cittadinanza. Da una parte l’ Istituto, che svolge già molte iniziative culturali e sociali, amplia in questo modo il suo ventaglio di momenti ricreativi per i suoi alunni, organizzando laboratori didattici volti all’educazione alimentare; dall’altra parte questo nuovo farmer’s market avvicina ulteriormente la campagna alla città, fornendo un nuovo servizio agli abitanti del quartiere San Siro.
L’istituto comprensivo luigi cadorna
L’Istituto Comprensivo Luigi Cadorna comprende una scuola dell’infanzia, due scuole primarie e una scuola secondaria. Si colloca a ridosso di due zone del Comune di Milano: la zona 7, quartiere San Siro, nella quale è situata la sede centrale e la zona 8, quertiere QT8, nel quale sono situate le altre due sedi, la scuola primaria Martin Luther King e quella secondaria Matteo Ricci. Questa scuola si pone con particolare attenzione ai temi dell’integrazione e dell’accoglienza sociale, particolarità dettata dal numero elevato di iscritti stranieri. L’associazione genitori, insieme al corpo insegnanti, ha dato vita ad una serie di progetti a partecipazione collettiva, non solo per i bambini, ma anche e soprattutto per i genitori. La sfida all’integrazione sociale, infatti, parte dall’istituzione scuola, fino al coinvolgimento delle famiglie stesse potenziando le relazioni con il territorio di contesto con riferimento sia alla rete dei soggetti locali ma anche con altri enti del resto della città. Le attività 74
proposte sono quindi sia interne alla scuola che extra-curricolari, pronendo corsi, aperti a tutti, di percussioni, danza, pittura, teatro, inglese e altri rivolte ai genitori degli alunni stessi. Ci sono inoltre appuntamenti annuali come la marcia per l’integrazione, dove una centinaia di alunni corrono insieme e festeggiano con un banchetto multietnico. Una scuola all’avanguardia sia negli strumenti utlizzati, come l’uso della tecnologia digitale ai fini dell’apprendimento, sia nell’educazione alla cittadinaza e ai valori interculturali. Adottare la prospettiva interculturale, la promozione del dialogo e del confronto tra culture significa non limitarsi a organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati nella scuola, ma assumere il rispetto delle diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura alla conoscenza e alle differenze. Per questi motivi l’istituto è stato il vincitore del Bando Intercultura, promosso dalla Fondazione Cariplo, in merito al progetto “ Da Casa a Scuolain mezzo al Mondo”.
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planimetria aree verdi edifici scuola elementare Luigi Cadorna perimetro dell’area ingressi
come raggiungere l’area bicicletta
autobus linea 90 / 91
tram linea 16
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planimetria dell’area
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termometro di valutazione impatto sociale
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rapporti con l’istituzione
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diario di viaggio per...il mercato della terra Per arrivare al Mercato della Terra, evento organizzato dalla Fondazione Slow Food, decido di prendere la linea del tram 14 e scendere alla fermata del cimitero Monumentale. Attraverso la strada ed eccomi arrivata in Via Procaccino 4, di fronte al cancello di ingresso della Fabbrica del Vapore. Il piazzale antistante alla struttura è molto spazioso ed proprio qui che trova posto il Mercato della Terra. Sono circa cinquanta tendoni quelli che vedo, tutti dello stesso tipo con la scritta dell’organizzazione. Sotto questi trovano posto i produttori, ognuno scelto da Slow Food, che si occupa non solo dell’organizzazione ma dell’intera gestione dell’evento. Infatti i produttori stessi sono disposti secondo un ordine prestabilito, ognuno pone affisso al proprio stand un cartello con numero, nome e prezzi dei prodotti venduti. Come mi spiega un operatore di Slow Food, quella della Fabbrica del Vapore è una novità, infatti il mercato si è sempre tenuto ai giardini di Marinai d’Italia, ma il Comune ha deciso, per cause di organizzazioni interne, di spostarlo. Ovviamente “essere circondati dal verde era molto meglio”, prosegue l’operatore che mi spiega anche che i vari produttori provengono dal territorio circostante (per regolamento entro un raggio di 40 kilometri) e espongono i loro prodotti a turno. Il mercato, alle 18.00, è aperto da circa un’ora, infatti mi viene spiegato che è stato stabilito per giugno e luglio un orario estivo, dalle 17.00 alle 22.00 (rispetto a quello della 9.00-14.00) sia per agevolare i consumatori sia per evitare che si guastino i prodotti venduti con il caldo. Molte sono le persone che trovo al mercato. Tra chi fa la spesa e interroga incuriosito il produttore circa le informazioni del prodotto e chi li gusta immediatamente seduto all’ombra delle tende montate per l’occasione. I prodotti venduti non sono solamente quelli tipici dei mercati agricoli, quindi frutta, verdura, formaggi e salumi ma anche miele, vino, gelati e birre artigianali. Non è questo un mercato di quartiere bensì un mercato di prodotti d’eccellenza che si manifesta due volte al mese e raccoglie consumatori consci della filosofia e dei presidii Slow Food.
persone al Mercato della Terra
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mercato della TERRA
Via Procaccini 4 Zona 8 http://www.mercatidellaterra.it/welcome_it.lasso
Il Mercato della Terra è un mercato contadino creato secondo linee guida che seguono la filosofia Slow Food. L’organizzazione è gestita collettivamente, e questo è diventato un luogo di incontro dove i produttori locali presentano prodotti di qualità direttamente ai consumatori, a prezzi giusti e garantendo metodi di produzione sostenibili per l'ambiente. Inoltre, preserva la cultura alimentare delle comunità locali e contribuisce a difendere la biodiversità. Questa iniziativa non è esclusivamente milanese ma Slow Food ha organizzato una rete internazionale di Mercati della Terra, mettendo in contatto fra loro produttori e consumatori. A Milano si è costituito così un interessante esperimento, che oramai è diventato consolidato e che offre alla cittadinanza prodotti agricoli d’eccellenza. 84
DOVE Via Procaccini 4 Data Dicembre 2009 proprietĂ del suolo Comune di Milano spazio cortile della Fabbrica del Vapore attori fondazione Slow Food, associazioni ed enti locali superficie totale intera superficie del cortile della Fabbrica del Vapore tipologia del mercato vendita di prodotti della filera agricola lombarda (i produttori devono avere sede entro i 40 km dal Comune di Milano) tipi di prodotti venduti salumi, carne, pane, dolci, frutta, verdura, vino
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il mercato e la sua storia
Il progetto dei Mercati della Terra nasce in relazione all'esigenza sempre più pressante di avvicinare la terra alla tavola, quindi i consumatori ai produttori, e di creare una rete internazionale di mercati contadini organizzati nello spirito della Fondazione Slow Food. In particolare è stata fondata la sezione di Slow Food “Biodiversità”, che si occupa di progetti incentrati sulla salvaguardia della biodiversità agricola e delle tradizioni alimentari in tutto il mondo. Il progetto di questa rete di mercati, reso possibile anche grazie all’aiuto delle associazioni nazionali, dei coordinamenti regionali e delle condotte locali, è partito da uno studio internazionale sui farmers' market effettuato nel 2006 da Linda Kay, David Szanto e Gigi Frassanito, studenti del Master in Food Culture dell'Università di Scienze Gastronomiche, e finanziato dalla Regione Toscana. In base ai dati raccolti, si sono stabilite delle linee guida per definire lo scopo dei Mercati della Terra e distinguerli da tutti gli altri. Il progetto è partito a Giugno 2005 e dato il successo si è esteso in molti paesi, raggiungendo la città di Milano nel Dicembre 2009. Inizialmente il Comune aveva dato la possibilità di praticare il mercato ai giardini di Marinai d’Italia. Successivamente, nel 2012, l’amministrazione pubblica ha deciso di cambiare punto di ritrovo, spostandolo alla Fabbrica del Vapore in Via Procaccini 4. L’evento si tiene ogni primo e terzo sabato del mese dalle 9.00 alle 14.00 e da giugno, in orario estivo, dalle 17.00 alle 22.00. I Mercati della Terra sono riservati solo a produttori selezionati. In particolare i piccoli agricoltori e i produttori artigianali, quelli che fanno più fatica a confrontarsi con il circuito della grande distribuzione, ma la cui dimensione aziendale permette spesso di presentare prodotti di qualità. Chi è ammesso nei Mercati della Terra vede riconosciuta la possibilità di una retribuzione corretta del proprio lavoro, e nel contempo si impegna a trattare correttamente i propri dipendenti. Il presupposto principale è che presentino solo i loro prodotti, frutto del loro impegno e della loro esperienza. Con la presenza diretta possono creare un legame con i consumatori, raccontando i prodotti dei quali si assumono la responsabilità, il lavoro che ne è alla base, cosa definisce la loro qualità, cosa giustifica il prezzo praticato. Sono ammessi solo produttori locali. Per l'Italia, il territorio di riferimento è dato da una distanza massima di 40 km dal comune sede del mercato; a livello internazionale, il territorio di riferimento è definito in maniera specifica per ciascun mercato. 86
“non un mercato qualunque”
Proprio questa è la citazione tratta direttamente dal sito web di Slow Food. Infatti un Mercato della Terra non è solo un posto dove il cibo si compra e si vende. È un progetto costruito attorno all'idea multidisciplinare del cibo di Slow Food: non solo una fonte di nutrimento, ma anche di storia e identità, cultura e salute, terra e futuro. L’idea è quella che il cibo è una grande fonte di piacere, del quale si possa godere davvero quando lo si condivide con amici o sconosciuti, ed un modo di trasmettere conoscenza e valori. La qualità del cibo che si trova in un Mercato della Terra riflette la definizione di buono, pulito e giusto, concepita da Slow Food per collegare il gusto con le responsabilità sociali ed ambientali. L'educazione del gusto è un aspetto fondamentale delle attività e degli eventi Slow Food, piccoli o grandi, e le attività educative sono un elemento chiave anche dei Mercati della Terra. Alcuni mercati lavorano con le scuole ad attività extrascolastiche, altri organizzano degustazioni con i produttori, o eventi culinari condotti da professionisti o appassionati: dagli chef alle nonne, le guardiane delle tradizioni alimentari. Infatti qui è possibile trovare un'ampia varietà di frutta e verdura fresca, conserve, carni, prodotti caseari, uova, miele, dolci, pane, olio, vino, ogni prodotto che appartiene alla cultura alimentare locale. I prodotti venduti nei Mercati della Terra rispondono a criteri qualitativi precisi, del pulito e del giusto. Ossia freschi e di stagione, salutari, di un gusto che stimola e soddisfa i sensi; sono prodotti localmente, con coltivazioni e processi di produzione sostenibili per l'ambiente e rifiuto degli organismi transgenici (OGM). I prezzi accessibili per i consumatori e giusto compenso e condizioni di lavoro per i produttori. Inoltre, questi prodotti preservano la cultura alimentare della comunità che ospita il mercato e contribuiscono alla difesa della biodiversità.
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planimetria edifici Fabbrica del Vapore banchi vendita ingresso principale
come raggiungere l’area bicicletta
autobus linea 37
tram linea 7
Metropolitana M2, Garibaldi
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auto-rappresentazione
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termometro di valutazione impatto sociale
comunicazione
adesione
rapporti con l’istituzione
dissenso
attivitĂ per bambini
spesa
attivitĂ terapeutiche
estetica
presenza di professionisti
fai da te
presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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Itinerario vii
CASCINA CUCCAGNA
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diario di viaggio per...cascina cuccagna Cascina Cuccagna è l’ultima delle cascine del patrimonio milanese sopravvissuta alla crescita del centro urbano. Si trova all’angolo fra Via Cuccagna e Via Muratori, vicinissimo alla trafficata ed affollata Porta Romana, nel cuore della città. Appena arrivata, subito mi balza all’occhio questo edificio evidentemente storico, basso, di due piani fuori terra, contornato da alti palazzi dell’edilizia degli anni’60. Arrivata all’ingresso di Cascina Cuccagna noto l’esterno dell’edificio: muro esterno restaurato, uno spazio verde allestito con panchine dal design non casuale fabbricate con legni di recupero, un ingresso ampio e basso sotto cui subito mi riparo dall’afoso caldo tipico della Milano estiva. Tutto è ordinato, pulito, niente è lasciato al caso e all’abbandono senza per questo essere sfarzosamente finto. Varcata la soglia, mi avvolge la frescura dovuta all’effetto termico dell’antica fattura dei muri. Guardando verso il cortile interno, inondato di luce, vedo molte persone di età diverse, sedute a dei tavoli, che leggono e chiaccherano sotto la comoda ombra degli ombrelloni. Questo posto ispira immediatamente una sensazione di tranquillità ed armonia, forse per i colori caldi del giallo e del marrone e per l’atmosfera mista fra silenzio, brusii e le improvvise risa dei bambini. Il portico funge da atrio di ingresso, quasi fosse un foyer teatrale, dove trovano posto, appesi in bacheca, bandi avvisi ed un’utile pianta dell’intero edificio. Osservando la cartina mi rendo conto che il manufatto architettonico si sviluppa secondo una forma ad E ed ora io mi trovo nella corte Sud. La storia della cascina e delle sua varie fasi di realizzazione è complessa. Costruita alla fine del XVII secolo e sopravvissuta fino ai giorni nostri, oggi si struttura in tre parti principali: corpo di fabbrica a Sud, la parte più antica, risalente alla fine del ‘600, ala a Nord ampliamento successivo ottocentesco ed infine la parte centrale, il più recente che ospita ora il ristorante della cascina,
persone che si rilassano
persone che leggono
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costruito nel dopo-guerra. Esisteva un altro corpo di fabbrica, costruito in tempi più recenti, anni ’60, che è stato tuttavia abbattuto in seguito al restauro del 2006. L’intera cascina si avvale di due piani, collegati tra loro da tre corpi scala. Facendo un giro tra le sale del primo piano, adibite oggi ad uffici delle varie associazioni, mi rendo conto che tutto in questo posto è originale, restaurato ma vero ed autentico. Intuizione confermata poi da Luigi, uno dei volontari del Punto Informazioni, che specifica come, durante i lavori di restauro, l’architetto Marco Dezzi Bardeschi, abbia preferito tenere il profilo di un restauro di tipo conservativo e filologico, mantenendo in questo modo l’aspetto di una cascina agricola. Questa scelta, che alla prima vista di un occhio non esperto in materia potrebbe sembrare esteticamente povera, in realtà è assolutamente in sintonia con la filosofia della conduzione della cascina. I pavimenti, molti in cotto posati a spina di pesce, l’intonaco originale, i serramenti quasi tutti dell’epoca e i soffitti in legno sostituiti solo nei punti critici, conferiscono un’aria autentica a questo luogo, senza fronzoli inutili. Sembra davvero di essere tornati indietro nel tempo e ci si è subito dimenticati che fuori esistono macchine, smog ed altissimi ed anonimi palazzi. Il tocco di modernità è dato dall’arredamento, seppur scarno, di seggiole, tavoli, scrivanie, ancora una volta dal design semplice, bello e funzionale, prodotti dagli stessi fruitori della cascina, ideati e fabbricati nello spazio dedicato alla falegnameria. Il collegamento tra le due ali della cascina è il ballatoio, dove mi soffermo per ammirare dall’alto entrambi i cortili. Quello che per prima cosa colpisce il mio sguardo da quella quota, è la stretta vicinanza di palazzi di sei piani nella parte est del cortile. È come se questi edifici incombessero minacciosamente sulla cascina, ma ciò di cui subito mi rendo conto è il vantaggio di avere il principale corpo di fabbrica, la lunga stecca, posta verso la strada, quasi a farne una barriera, mentre la parte del cortile e del giardino ( nell’insieme contano circa 2000 mq) riescono a conferire un ampio spazio a chi fruisce 96
bambini che giocano
o semplicemente passeggia al piano terra. Nell’ala nord, dove mi trovo ora, sono appena terminati i lavori per la creazione di un ostello della gioventù, anche questo molto caratteristico nell’arredamento. Tuttavia questo spazio, che comprende circa una decina di camere, non è ancora utilizzabile per problemi di normativa e di lunghi processi amministrativi, in particolare riguardo la costruzione di un ascensore che collega il primo al secondo piano. La gestione di quest’attività è affidata ad Esterni, un'associazione culturale milanese che sviluppa eventi e progetti miranti alla valorizzazione degli spazi pubblici e alla promozione culturale in tutte le sue forme. Una delle sedi dei loro uffici si trova proprio a Cascina Cuccagna e sono anche i responsabili del ristorante. Mi viene spiegato che alcune delle attività svolte a Cuccagna devono essere necessariamente di tipo redditizio, in modo da poter creare un profitto. Le vicende legali e l’iter amministrativo della cascina sono complicate quanto le sue fasi di costruzione. Mi racconta questa storia, fatta di alti e bassi, successi e controversie col Comune, il signor Sergio Bonriposi, presidente dell’assemblea di Cuccagna. Questo bellissimo posto era in stato di abbandono da anni, finchè nel 1998 un gruppo di coraggiosi ed utopisti cittadini, abitanti del quartiere, decidono di formare la cooperativa Cuccagna, che diventerà poi Consorzio Cuccagna con l’aggiunta di altre 10 associazioni, col fine di ottenere la gestione della cascina da parte del comune attraverso un bando di concorso. Il bando si tenne nel 2005, sotto la giunta Albertini, prevedeva che le spese di restauro della cascina e l’avviamento delle attività fossero a carico dell’assegnatario per un ammontare di 3.800.000 euro, costo da sostenere nei primi 4-5 anni di avviamento dell’attività. In questa spesa è compreso l’affitto che il Consorzio deve pagare annualmente al Comune di 28.000 euro l’anno. I finanziamenti per questo ambizioso e bellissimo progetto arrivarono da più fronti, Fondazione Cariplo, Cooperativa Smemo
ragazzi e bimbi che si divertono
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randa, Regione Lombardia, aziende ed enti privati e molto è stato dato da persone della zona e del quartiere che videro in questo progetto un grosso potenziale e che non sono poi state deluse. Ad oggi il debito di Cascina Cuccagna è quasi del tutto saldato, ne manca solo una “piccola parte” di 500.000 euro. La concessione da parte del Demanio comunale, al Consorzio è di 20 anni. Tempistica troppo breve per i frutti che questo genere di attività sociale produce. Il problema, di natura finanziaria e legale, consiste nella possibilità di cambiamento delle clausole del bando, in una visione pessimistica con un aumento, per esempio, del canone d’affitto. Ma speriamo davvero che non sia così e che Cascina Cuccagna continui indisturbata ad agire e rivitalizzare il territorio. Tornata al piano terra passeggio per il cortile e sbirciando dal vetro della cucina a vista, posizionata nel fabbricato centrale, decido infine di pranzare, seduta ad un comodo tavolino ombreggiato. Il bar ristorante, anche questo molto caratteristico, offre prodotti tutti di natura biologica e mentre divoro il mio cous cous, noto nella parte finale del giardino, a contatto col muro della recinzione, un piccolo orto e un novello frutteto. Questo esperimento agrario, nato grazie ad un gruppo di volontari che si fanno chiamre Il Gruppo Verde, soprattutto con finalità didattica, offre la coltivazione di ortaggi ed ora è affollato di bambini delle scuole elementari tutti intenti a trafficare con terra ed erba, ridere giocare e rubarsi la merenda. Molte infatti sono le attività didattiche per bambini organizzate dalla cascina con l’appoggio di altre associazioni, come l’organizzazione di laboratori legati allo studio della terra e dell’alimentazione. Scopro poi che esiste uno spazio specifico per i più piccoli, la ludoteca, due intere sale al piano terra e che ci sarà quest’estate la possibilità di organizzare un campus estivo. Svariate sono tuttavia le attività proposte e in fieri della cascina, a spiegarmele è sempre il signor Bonriposi: “ abbiamo cominciato ad impostare altri due importanti progetti che riguarderanno la cascina da vicino, uno, in parte avviato, è l’Ecomuseo, ossia la promozione di un museo 98
attività ricreative per bambini e genitori
diffuso del territorio sud di Milano, con particolare attenzione al Parco Agricolo Sud, il secondo, ancora in fase progettuale, è l’auditorium da costruire, con una capienza di 150/200 persone, per eventi di varia natura, che assuma l’aspetto di un vecchio fienile con la copertura di pannelli voltaici. Purtroppo mancano soldi per finanziare questi progetti”. Finito il giro, mi dirigo verso l’atrio principale e lì mi accorgo della bottega di prodotti biologici promossa da Campagnia Amica, associazione nata sotto Coldiretti, che ha preso il posto del vecchio mercato agricolo che aveva luogo ogni settimana a cascina Cuccagna. La mia visita alla Cascina per oggi è finita e appena varcata la soglia, mi ritrovo ancora una volta nelle trafficate vie milanesi un po’ confusa un po’ disorientata. L’atmosfera in questo particolare angolo della città è davvero piacevole. In questo caso Milano assume nuovi significati, ritmi diversi, contatti più ravvicinati con le persone. Insomma viene davvero voglia di estraniarsi dalla frenetica realtà milanese per rimanere un po’ seduti al fresco del piccolo pergolato a godersi semplicemente lo scorrere lento e profondo del tempo.
vista della cascina da Ovest
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cascina cuccagna
Via Privata Cuccagna, Zona 4 http://www.cuccagna.org/
Attraverso un bando pubblico, la Cascina Cuccagna è stata assegnata in concessione ventennale dal Comune di Milano al Consorzio Cuccagna, costituito dalla Cooperativa Cuccagna (cittadini e associazioni della zona 4), associazione culturale Esterni, Smemoranda Cooperativa, Coop sociale Diapason onlus, Cooperativa Sociale Comunità progetto, Associazione Chiamamilano, Cooperativa Editoriale Circom, Società Cooperativa CdIE Centro di Iniziativa Europea, Società Cooperativa Farsi Prossimo, Terre di mezzo. Proposte di riuso dei privati Il progetto del Consorzio Cuccagna prevede la realizzazione di un centro polifunzionale di inizativa e partecipazione culturale territoriale con tre tematiche d’intervento: ambiente e alimentazione, cultura e territorio, coesione e integrazione. 100
DOVE Via Privata Cuccagna angolo Via Muratori Data Gennaio 2004 spazio cascina cuccagna abbandonata spesa 3.800.000 euro us0 cultura, tempo libero attori Comune di Milano e Consorzio Cuccagna contratti Bando gennaio 2004 per concessione ad Associazioni. Aggiudicato dall’Associazione ATS (contratto per 20 anni dal 01,01,2006) superficie coperta 3.500 mq superficie lorda di pavimento 1.800 mq superficie di pertinenza 200 mq vincoli soprintendenza I corpi di fabbrica sono soggetti alle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (D.L n°42/2004 del 22 gennaio 2004) 101
STOria
Si dice che Cascina Cuccagna debba il suo nome al mitico “albero della cuccagna” che si trovava anticamente nella corte interna. Il complesso, che oggi vediamo, è il risultato del restuaro di una cascina agricola del Settecento, sopravvissuta alla crescita edilizia del centro urbano milanese. Il progetto di riutilizzo per farne un luogo di aggregazione è nato alla fine degli anni Novanta quando un gruppo di cittadini del quartiere, che diedero vita alla Cooperativa Cuccagna, prese la decisione di lavorare attivamente affinchè questo piccolo complesso agricolo fosse recuperato e tornasse a essere utilizzato dal quartiere e dalla cittadinanza. In seguito al bando comunale del 2005, vinto dal Consorzio Cuccagna, la cascina subì dei lavori di restauro ad opera dell’architetto Marco Dezi Bardeschi, e ad oggi conta la partecipazione e collaborazione di dieci tra associazioni e cooperative.
la cascina oggi
L’obiettivo di riabilitazione della cascina è quello di creare un "Centro polifunzionale di iniziativa e partecipazione culturale territoriale", che abbia la capacità di essere uno spazio di aggregazione e diffusione culturale. Inoltre la cascina assurge a simbolo di testimonianza storica della città e si propone di fare da ponte culturale fra passato e contemporaneità in modo da riprendere le consuetudini e le trazioni agricole facendole convivere con le pratiche urbane circostanti. Cuccagna si pone come esempio, prototipo replicabile, per le altre 144 cascine milanesi. Trovandosi, infatti, nel cuore della città si pone in una posizione guida e come punto di riferimento per l’intero sistema delle cascine milanesi. Cascina Cuccagna ha rappresentato il modello di valorizzazione del patrimonio storico e ambientale per il Progetto Cascine inserito nei programmi previsti da Expo 2015.
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obiettivi
In generale l’obiettivo del progetto Cuccagna è quello di creare spazio e un punto di incontro nel quartiere per favorire politiche di aggregazione sociale e culturale. Nello specifico il programma si divide in tre aree tematiche: ambiente/alimentazione, cultura/territorio, coesione/integrazione. La cascina si propone come punto di incontro fra culture, stili di vita del passato e dell’attualità e della riconciliazione fra le dimensioni di Città-Campagna; attraverso pratiche di tipo associativo contribuisce alla costruzione di una identità culturale del territorio urbano e agricolo. A seconda delle scelta attraverso cui il Progetto Cuccagna è stato portato avanti potremmo definirlo “come una sorta di found raising sociale [...] infatti l’ apertura verso attori e prospettive differenti, assieme alla propensione a costruire anzitutto un’immagine buona e spendibile per il progetto, distingue questo percorso da iniziative simili, spesso limitate da dinamiche di appartenenza (soprattutto in occasioni che interessano il recupero di spazi fisici), che le trasformano in progetti di nicchia”.
attività
Molte sono le attività gestite ed organizzate: spazi e laboratori per bambini e famiglie, gruppi di partecipazione attiva ( Gruppo Verde, Banca del Tempo, GAS Cuccagna, Gruppo Porte Aperte), ristorante, bottega Campagna Amica e Ciclofficina.
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planivolumetrico Il planivolumetrico dell’area di pertinenza della cascina, i cui volumi sono evidenziati in bianco. Si notano anche la ciclofficina, lo spazio orto e i due pergolati.
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uffici esterni
ristorante bar sala eventi
corte nord
punto informazioni
corte sud
stanza delle capriate ostello
Portico
spazio bambini
galleria
bottega
PIANO TERRA ingresso
uffici cuccagna
sale eventi
PIANO PRIMO
ingresso
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auto-rappresentazione
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termometro di valutazione impatto sociale
comunicazione
adesione
rapporti con l’istituzione
dissenso
attivitĂ per bambini
spesa
attivitĂ terapeutiche
estetica
presenza di professionisti
fai da te
presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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Itinerario viii
CASCINA san marco
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diario di viaggio per...cascina san marco Cascina San Marco si trova in un angolo di terra sperduto nel mezzo del Parco delle Risaie, zona 6, sud-ovest di Milano. In macchina proseguo lungo Viale Famagosta, immersa nel traffico mattutino e poi imbocco Via Barona che diventerà Via Bardolino, una stretta strada affiancata dai canali di scolo dei campi. Il paesaggio cambia velocemente, anzi immediatamente. Non appena mi lascio alle spalle i palazzi del quartiere Barona, si apre di fronte a me un paesaggio sconfinato, fatto di campi che si perdono a vista d’occhio lungo un orizzonte che sembra non finire mai. Lo stacco dalla città è netto, la campagna non è preannunciata ma appare tutt’a un tratto provocando spaesatezza nell’osservatore. È come se si varcasse un confine invisibile ma al tempo stesso forte ed impossibile da non notare. Continuo il tragitto in macchina, chiedendomi costantemente se quella piccola strada che si dirama dalla città sia quella giusta o se mi stia solamente perdendo nei campi di riso senza possibilità di ritorno. La carreggiata, con piccoli spazi di sosta, permette il passaggio di una sola vettura ed è fiancheggiata da canali di scolo utilizzati per l’irrigazione delle risaie. I campi appaiono immensi e malinconici, illuminati dalla luce del mattino; la natura è serena e libera anche se è facile intuire la presenza dell’uomo, come una mano amica e non violenta. Abbasso il finestrino per apprezzare l’aria non ancora bollente del mattino; è immediato il senso di pace che si prova in mezzo alla distesa di questo deserto coltivato. La sensazione di silenzio, pace e tranquillità è profonda. L’acqua delle risaie allagate produce un riflesso suggestivo per chi sta osservando, anche dalla velocità della macchina. Lungo la strada mi imbatto in qualche ciclista e sorprendentemente in un paio di tir che senza ombra di dubbio rovinano l’atmosfera “bucolica” del paesaggio. Le cascine si stagliano in questo paesaggio rurale come unici elementi verticali in questa distesa orizzontale di campi e terra.
paesaggi del parco
la città a confine con la campagna
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Dietro di me, in lontananza, si intravede lo skyline della città, quasi fosse un miraggio. Sembra incredibile che a così pochi passi dalla metropoli milanese esista un luogo agricolo lasciato, a prima vista, intatto dall’urbanizzazione e dalla tecnologia. Finalmente scorgo il cartello di Cascina San Marco ed entro nella corte del complesso agricolo. Le parti originali della cascina sono ben visibili: tre corpi di fabbrica che creano uno spazio di corte interna, mentre il quarto lato è chiuso da un edificio costruito recentemente. Cascina San Marco e la vicina Cascina San Marchetto sono di proprietà privata, agricoltori di riso della zona, ed oggi è affittata come sede della Cooperativa A77, comunità che si occupa del recupero di tossicodipendenti e del loro reinserimento sociale e lavorativo. L’ala sud presenta ancora i caratteri originali della cascina ed è utilizzata oggi come parcheggio di macchine e trattori utilizzabili per l’agricoltura, la parte nord, l’antico fienile, ora è abitabile nelle stanze a piano terra come sale comuni e due stanze per gli ospiti della comunità; il resto degli alloggi si trova nel corpo ad est mentre ad ovest è stato costruito un edificio residenziale, ora abitato. I membri della comunità utilizzano quindi le tre aree della cascina per dormire, lavorare e per le cure imposte dalla cooperativa. La mia visita a Cascina san Marco è dovuta alla presentazione del Workshop “Risaie Survival Signal Mirror”, durante il quale studenti, figure professionali ed alcuni ospiti della comunità lavoreranno insieme per mappare i punti di interesse del Parco delle Risaie ed infine costruire insieme un’installazione che si rifaccia all’idea della rifrazione di segnali luminosi e che possa così mettere in comunicazione in modo semplice e sostenibile le cascine una con l’altra. Conosco subito i promotori e partecipanti dell’iniziativa: i tre membri dell’associazione Connecting Cultures, l’artista dell’installazione Massimo Cutini e responsabili e membri della comunità A77. Questo progetto si inserisce in un quadro più grande di rivalutazione del Parco delle Risaie anche in vista di Expo 2015, che 112
la comunità di San Marco
per questa particolare area di Milano prevede la progettazione di una strada del riso. Grazie all’incontro con l’agricoltore, proprietario di Cascina San Marco e San Marchetto, vengono a conoscenza del fatto che quella in cui mi trovo è la zona più importante in Italia per la produzione di riso. Vengono coltivati i tipi di riso più pregiati e conosciuti, carnaroli, arboreo, roma, per un totale di 60.000 piatti al giorno, oggi svalutati a causa della crisi, che sono esclusivamente venduti alla grande distribuzione. Quella delle vendita a chilometro 0 o direttamente in cascina, non è una pratica svolta, ma è uno degli obiettivi principali da raggiungere. Infatti mi viene spiegato dal Vicepresidente dell’Associazione Parco delle Risaie Onlus, che in seguito alla costituzione dell’Associazione, volta a tutelare gli interessi del parco agricolo, si sta cercando di diffondere soprattutto la cultura del chilometro 0 e della riscoperta della vita in cascina. Il Parco delle Risaie è rimasto intatto nella sua connotazione rurale rispetto all’espansione della città e per questo deve essere protetto dagli interessi immobiliari che bramano i suoi terreni. Tuttavia mi rendo subito conto che anche l’agricoltura è avanzata e cambiata nel corso del tempo; mentre, una volta, le aziende agricole producevano un ciclo produttivo continuo ( produzione di riso fieno ed allevamento di bestiame da latte) oggi si lascia spazio solamente alla monocoltura del riso. Inoltre è cambiato totalmente, a partire dagli anni ’80, il metodo di coltivazione. Infatti in epoca antica, i monaci Cistercensi bonificarono il territorio, rendendolo coltivabile, e crearono il sistema dei fontanili e delle marcite, oggi non più utilizzate. I fontanili, oggi tutelati e considerati patrimonio ambientale e storico, si sono prosciugati negli anni’70, conseguentemente il delicato sistema di irrigazione delle marcite è stato abbandonato a favore di quello meccanizzato, denominata “a scorrimento” che usa le acque del naviglio e allaga il campo grazie ad un sistema di chiuse. Anche gli antichi filari di pioppi, tipici delle zona, sono stati eliminati poiché ormai non potevano più convivere con le tecnologie agricole
paesaggi delle risaie
skyline della città, visto dal parco
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adoperate oggi. Nonostante questi cambiamenti tecnologici necessari, il paesaggio del parco agricolo è rimasto rurale e potremmo dire intatto, nel senso dello stile di vita e della coltivazione di relazioni sociali. Diverse sono ovviamente, le dinamiche e i rapporti interpersonali, piÚ stretti e vicini, di vero e autentico aiuto e sostegno morale anche se lontani fisicamente rispetto alla frenesia della città dove, la maggior parte delle volte non si conosce neanche il proprio dirimpettaio.
vista della cascina
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cascina san marco
Via Bardolino 90, Zona 6 http://lnx.a77web.it/index.php
Cascina San Marco si trova nel mezzo del Parco Agricolo delle Risaie, angolo immerso nel cemento della Milano sud-ovest. Importante è la produzione agricola ma non solo. Per proteggere e tutelare gli interessi del parco, finalmente inteso anche dal Comune come un bene storico-ambientale, è stata creata l’associazione ONLUS “Parco delle Risaie” che si pone anche l’obiettivo di promuovere iniziative volte a far conoscere il parco alla cittadinanza. Molte sono le associazioni che operano sul territorio ( Connecting Cultures, A.S.D. il Battivacco, Comitato per il Parco Agricolo Sud-Barona, AIF Associazione Italiana Frisbee, Fornace Curti), in particolare Cascina San Marco ospita la sede dell’Associazione A77, cooperativa sociale con servizi articolati in tre settori: tossicodipendenze, prevenzione del disagio giovanile e sviluppo di comunità, AIDS e sieropositività. 115
DOVE Via Bardolino 90 Data Anni ‘80 spazio Cascina agricola di proprietà privata spesa A carico del privato us0 Sede della Comunità di Recupero A77 attori Cooperativa sociale A77 O.N.L.U.S. parco delle risaie Cascina San Marco si trova all’interno del Parco delle Risaie, parte integrante del Parco Agricolo Sud. Il parco nasce nel 2008 grazie all’omonima associazione ONLUS a cui partecipano attivamente cittadini della Zona 6 ed agricoltori dimensioni parco 660 ettari proprietà dei terreni La proprietà dei terreni si divide fra il Demanio, gli agricoltori privati e l’Ospedale Maggiore
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STOria Parco delle Risaie
Il Parco delle Risaie è collocato a Sud Ovest del Comune di Milano, in una zona compresa fra i due Navigli, il Grande e il Pavese. Si tratta di una porzione del Parco Agricolo Sud Milano, circondato da alcune infrastrutture: linea 2 della metropolitan e Autostrada A7. Molto particolare è la sua posizione: al limite fra città e campagna, tra costruito e spazi aperti ma non solo. La stretta vicinanza alla città implica anche il difficle dialogo con essa; infatti profonde sono le differenze non solo paesaggistiche ma anche rispetto allo stile di vita condotto, rurale, ormai lontano dalla frenesia della città. La storia del parco inizia quando i monaci Cistercensi bonificarono le terre rendendole coltivabili; crearono per questo un delicato ma infallibile metodo di irrigazione: la marcita, la cui esistenza è legata a quella dei fontanili. Il terreno milanese è molto fertile e colmo di acqua, per questi motivi l’agricoltura è sempre stato il motore di sviluppo della città. Attraverso l’uso della marcita, canali di scolo che grazie a differenze di pendenza del terreno, prendendo l’acqua dai fontanili, è stato possibile fino agli anni’70 dello scorso secolo irrigare naturalmente i campi. Questo sistema non ha potuto convivere con l’innovazione tecnologica perciò i terreni sono stati spianati ed oggi l’acqua scorre dal Ticino ai Navigli per finire nelle risaie. Anche il tipo di coltivazione è profondamente cambiato, portando alla completa monocoltura del riso. Il rapporto con la vicina città è stato nel tempo molto controverso. La zona periferica della Barona si sviluppò a partire dagli anni’30 erodendo pian piano i terreni coltivati del Parco Sud. Questo scatenò la collera degli agricoltori, che impotenti, di fronte ai piani urbanistici, videro diminuire sotto i loro occhi spazio coltivabile della campagna. Gli scontri furono anche da parte dei nuovi abitanti della città, confinanti con il parco. Questi infatti si lamentavano della presenza di topi ed insetti dovuti alla vicinanza con i campi. Le ragioni di questi scontri furono sicuramente di tipo reddituale ma anche etnico-culturale. La vera svolta avvenne nel 2008 quando finalmente agricoltori, cittadini e rappresentanti del Comune insieme crearono l’Associazione ONLUS “Parco delle Risaie”. 117
un parco agricolo urbano
L’utilizzo e la fruizione di un parco urbano si distinguono da quelle di un parco agricolo. Quello delle Risaie è uno dei pochi casi che necessita di entrambi gli aggettivi. Da una parte è agricolo, in quanto l’agricoltura è la principale forma di attività, dall’altra si connota anche come urbano per la sua strettissima vicinanza alla città. Per poter realizzare questo obiettivo è necessario valorizzare questo territorio come bene storico-ambientale, portatore di valori, quasi perduti, che possa essere la connessione storica con la nostra città e permetta di recuperare e conoscere le nostre radici. Questa potrebbe essere un’occasione di consolidamento e formazione dell’identità culturale del territorio, dove protagonisti sono le cascine e il loro contetso agricolo.
attività del parco
L’associazione si propone oggi molteplici obiettivi: sensibilizzare l’opinione pubblica e avvicinare la cittadinanza al mondo rurale, avviare una campagna di vendita diretta di prodotti della cascina o a km 0, dare la possibilità ai bambini di conoscere la campagna attraverso attività didattiche in cascina e ancora collegarsi al futuro Expo 2015 in modo da mostrare come la realtà rurale possa integrarsi con quella urbana.Si intende far recepire questa, non come una zona residuale, in cui lo spazio vuoto sia lasciato all’attività agricola ma piuttosto come un luogo-simbolo di memoria storico-ambientale. Molti sono ancora i punti critici e i problemi da risolvere: la creazione di una “ strada del riso” come percorso storico-educativo, il necessario collegamento con le infrastrutture esistenti e con il vicino Parco Teramo, l’enfatizzazione di punti di ingresso al parco e la creazione di piste ciclabili e punti di noleggio.
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M.no della Pace
C.na Bazzana inf.
C.na Bazzana sup.
C.na Bassa
C.na San Marcaccio
C.na San Marchetto
C.na San Marco
C.na Cassinetta
M.no Doppio
C.na Battivacco
parco
Castel Solaro teramo M.no di sopra
C.na Coira
Fornace Caimera
C.na Basmetto
C.na Annone
C.na Cantalupa
C.na Carliona
C.na Monterobbio
famagosta
Parco delle Risaie
Cascine e Mulini
Metropolitana
Percorso storico tra le cascine
(secondo il Progetto Parco delle Risaie)
Percorso ciclo-pedonale
(secondo il Progetto Parco delle Risaie)
Punti di accesso al Parco
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auto-rappresentazione
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termometro di valutazione impatto sociale
comunicazione
adesione
rapporti con l’istituzione
dissenso
attivitĂ per bambini
spesa
attivitĂ terapeutiche
estetica
presenza di professionisti
fai da te
presenza di volontari
spazio pubblico
dinamiche di riappropriazione
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