IL LAVORO DELLE DONNE NELLA CITTĂ€ DI BERGAMO
Febbraio 2018
Analisi del mercato del lavoro femminile in cittĂ Ricerca condotta dal Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo a cura della II^ e IV ^ Commissione: Mariangela Acerboni, Paola Candiano, Anna Cassina, Mariella Cesareni, Santina Coppetti, Donata Beretta, Corinne Ghezzi, Pierfranca Longoni, Laura Meucci, Graziella Norino, Gabriella Radici, Chiara Raffaini, Luisella Resi, Pietra Triscari, Nadia Savoldelli, Daniela Scandella, Sivia Vitali.
Il lavoro delle donne nella città di Bergamo INTRODUZIONE Sono sempre più numerose le donne che lavorano, nonostante permangano ancora fatori di incompatibilità tra impegno femminile fuori casa e conduzione della vita familiare. Troppo spesso questi fatori hanno ricadute pesanti sulle famiglie, sul lavoro e sulle donne stesse. Nel contempo, non si può certo afermare che i modi e i tempi del lavoro siano tagliati su misura per gli uomini. Semplicemente rispondono alla disponibilità di individui soli, con pochi legami afettivi o nessun legame, che si trovano quindi nelle condizioni ideali per dedicarsi al proprio lavoro e realizzare se stessi. Le donne si trovano in maggiori difcoltà degli uomini, perché su di loro ancora pesa gran parte del lavoro di cura. Questa ricerca vuole essere uno strumento di lavoro utile a chi formula proposte di politiche con sguardo di genere, come è compito del Consiglio delle Donne fare. Partire dalla letura dei dati statistici sulla realtà è propedeutico alla formulazione di obiettivi, capaci di rispondere a bisogni ed esigenze reali.” La 2a e la 4a Commissione del Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo hanno condoto un’analisi che fornisce un quadro, di detaglio e d’insieme, del mercato del lavoro nella cità di Bergamo, osservato dal punto di vista delle donne. Analizzando i dati quantitativi e qualitativi ricavabili dal Censimento 2011, hanno fotografato alcuni gruppi occupazionali signifcativi dando un volto specifco, per la prima volta, al mercato del lavoro citadino. Le statistiche note, infatti, forniscono quadri esclusivamente provinciali e non riescono a disaggregare i dati a livello della cità. Per questo i micro-dati, sebbene siano "vecchi" e vadano aggiornati col prossimo censimento, risultano molto interessanti nel cogliere le carateristiche occupazionali delle donne nella cità capoluogo. L'analisi non si ferma al racconto di una cità viva, forse con minor divario di genere per le donne che vi abitano, narrando di una buona partecipazione al lavoro delle donne citadine, del loro alto grado di scolarizzazione, ma evidenzia anche alcune polarizzazioni del mercato del lavoro e alcune ambiguità legate alle nuove professioni. Inoltre, vuole essere momento di rifessione sulla domanda di politica che l'afresco disegnato comporta, e individua alcuni indirizzi per l’oferta di formazione, di servizi, di supporti sociali...
Puntando lo sguardo sulle difcoltà che le donne incontrano e su come tessono in modi diversi lavoro, formazione, cura, si è prodoto uno strumento di lavoro da cui partire per elaborare proposte da presentare all'Amministrazione. Per questo sono analizzate le competenze dell'Amministrazione sul tema del lavoro femminile, le Linee programmatiche adotate e le azioni messe in campo, ofrendo spunti propositivi. L'indagine è rivolta in primo luogo a tute le Commissioni del Consiglio delle Donne che potranno approfondirne i contenuti e attingervi per il proprio lavoro . Negli anni futuri sarà interessante verifcare se i dati emersi dipendono dalle carateristiche sociali di chi risiede nel centro urbano, per Bergamo particolarmente ristreto, o da maggiori opportunità e vantaggi efettivi che la cità riesce a garantire alle donne: la domanda resta aperta. Ringrazio le autrici dell'indagine per l'impegno profuso nella letura atenta dei dati e per l'elaborazione, proposta all'atenzione di tutti, che risponde alle fnalità del Consiglio delle Donne.
La Presidente del Consiglio delle Donne Emilia Magni
Regolamento del Consiglio delle Donne. Art. 2 Finalità “Il Consiglio delle Donne è organo di partecipazione femminile per la promozione, l’incentivazione e la formazione di proposte in merito alle politiche amministrative che abbiano come riferimento la vita quotidiana e, specialmente in merito alle iniziative e interventi che abbiano attinenza ai problemi e alle tematiche delle donne. “
Il lavoro delle donne nella città di Bergamo
SOMMARIO 1. PREMESSE METODOLOGICHE E USO DELLE FONTI.....................................................................2 2. SCOPO E FINALITÀ DELLA RICERCA...........................................................................................2 3. BREVE SINTESI DELLA RICERCA..................................................................................................3 4. I NUMERI D’INSIEME....................................................................................................................5 5. COME LAVORA A BERGAMO LA METÀ DEL CIELO: BERGAMO CITTÀ D’EUROPA?.................6 5.1. Inserimento lavorativo delle giovani donne.............................................................................................8 5.2. Il tasso d’occupazione cresce con l’aumentare dell’età lavorativa..................................................10 6. ASPETTI QUALITATIVI DEL MERCATO DEL LAVORO...............................................................12 6.1. Mercato del lavoro per settore produttivo: prevalente è il settore dei servizi.............................14 6.2. L’occupazione femminile in città è a maggioranza dipendente........................................................17 6.3. Il precariato femminile...............................................................................................................................19 6.4. L’orario di lavoro: il trionfo del part-time..............................................................................................21 6.5. Le libere professioniste..............................................................................................................................23 6.6. Le lavoratrici autonome..............................................................................................................................26 7. DONNE OCCUPATE PER CONDIZIONE FAMILIARE E MAMME AL LAVORO...........................28 8. PIÙ DIPLOMATE E LAUREATE AL LAVORO..............................................................................32 8.1. Titolo di studio e sbocchi professionali....................................................................................................34 8.2. Istruzione e genere......................................................................................................................................35 9. DONNE STRANIERE AL LAVORO..............................................................................................37 10. CHI VA E CHI VIENE: SPOSTAMENTI DELLE DONNE LAVORATRICI.......................................41 11. SPUNTI DI RIFLESSIONE E PROPOSTE OPERATIVE.................................................................43 12. RINGRAZIAMENTI...................................................................................................................47 13. FONTI......................................................................................................................................48
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1. PREMESSE METODOLOGICHE E USO DELLE FONTI Nella presente ricerca sono stati utilizzati i dati estratti dal Censimento 2011 per poter entrare nell’analisi delle molte variabili e degli aspetti qualitativi del lavoro delle donne in città in quanto i microdati del Censimento costituiscono l’unica fonte che contiene queste specificazioni. È parso utile condurre questa analisi per “fotografare” la situazione del lavoro delle donne in città e poterla raffrontare in futuro in modo omogeneo con quella che emergerà dal prossimo Censimento o con dati ISTAT che di solito sono aggregati a livello provinciale e quindi non dicono lo specifico della situazione cittadina- avendo definito un quadro iniziale di paragone. Occorre tener presente che le rilevazioni statistiche del Censimento sono su base auto-certificata e quindi possono variare rispetto ad altre fonti dati (rilevazioni dei Centri per l'Impiego, dell’ISTAT, della Banca dati regionale, anagrafe comunale ecc.). Inoltre, trattandosi di un'analisi di un ambito territoriale ristretto (il Comune capoluogo), il confronto con dati più generali (da quelli provinciali fino all'Europa) è solo parzialmente significativo. Si segnala inoltre che, nella presente analisi non si tiene conto delle variazioni introdotte dai cicli della crisi economica che sono regolarmente studiati dai centro studi operanti in città (Ufficio Studi di CCIAA, Confindustria, Provincia, OOSS, Unibg…) e che si basano su aggregazioni diverse (cessazioni, avvii occupazionali..) perché lo scopo non è quello di analizzare la crisi, ma di evidenziare le caratteristiche specifiche dell’occupazione femminile in città. I dati del Censimento fotografano comunque una situazione già di crisi economica, essendo questa iniziata a partire dal 2008 e si presume abbiano ancora un loro pregnante significato di lettura della realtà. Solo per alcuni approfondimenti - libere professioniste, part-time e iscrizioni scolastiche – sono state utilizzati dati esterni al Censimento, ricavati dalle Tavole dell’Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) del 2014 e dai Dati del MIUR, per trovare conferme su alcuni risultati ottenuti dai microdati del Censimento o per avere dati mancanti, pur nella consapevolezza che le fonti non sono strettamente comparabili.
2. SCOPO E FINALITÀ DELLA RICERCA Molte sono le statistiche sul mercato del lavoro, spesso di difficile interpretazione, ma sull’occupazione delle donne che risiedono e lavorano in città a Bergamo non ci sono dati disaggregati pubblicati. Si vorrebbe colmare una lacuna e mettere a disposizione i dati emersi, coniugando aspetti del mercato del lavoro con quelli socio-demografici, creando una base di partenza per futuri confronti e valutazioni, circa i cambiamenti del mercato del lavoro cittadino. La ricerca vuole essere uno strumento di lavoro utile a chi formula proposte di politiche con sguardo di genere, come è compito del Consiglio delle Donne fare. Partire dalla lettura dei dati statistici sulla realtà è propedeutico alla formulazione di obiettivi, capaci di rispondere a bisogni ed esigenze reali.
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3. BREVE SINTESI DELLA RICERCA Nel 2011, nella città di Bergamo, il tasso d’occupazione delle donne, pari al 59,8%, raggiunge quasi l’obiettivo, posto dalla strategia adottata dal Consiglio europeo a Lisbona nel 2000 per il 2010, del 60% di donne occupate. Rispetto ai dati ISTAT dell’analogo periodo, il dato supera di 6 punti percentuali quello provinciale, di 2,5 quello regionale ed è maggiore di ben 11,3 punti di quello italiano. Il tasso d’occupazione femminile in città cresce con l’aumentare dell’età lavorativa, si mantiene sopra la media del 75% nelle età centrali della vita - 30/49 anni-, mostra che quasi 8 donne su 10 della città lavorano e scelgono il modello familiare dei “due componenti della coppia al lavoro”, raggiungendo il tasso previsto dalla nuova strategia di sviluppo per i paesi EU “Europa 2020”. Sebbene il tasso d’occupazione giovanile delle donne, pari al 49,2%, sia inferiore di 10 punti percentuali di quello dei giovani uomini, queste faticano meno dei loro coetanei a trovare lavoro. Infatti nella fascia di età 15-30, gli uomini registrano un tasso d’occupazione inferiore di 16 punti percentuali rispetto al tasso del 76,6% degli occupati. Le donne occupate in città superano gli uomini nella qualifica media e sono quasi pari nell’alta qualifica professionale, ma solo un 1/3 delle occupate ha la qualifica di dirigenti. Le donne sono prevalentemente occupate nei servizi soprattutto educativi e sanitari così come nei settori commerciali e tecnico-scientifici; comunque si distribuiscono in tutti i settori, anche nel manifatturiero, vocazione specifica della nostra provincia. Per posizione professionale, le donne cittadine sono in maggioranza (84,4%) dipendenti. Lavorano per più di 1/3 a tempo parziale, il 34,6% del totale, a differenza del 9% degli uomini. La precarietà non è un dato ricavabile dal censimento che non registra le tipologie di contratto, in particolare i tempi determinati e i contratti subordinati. La precarietà quantificata nei contratti di collaborazione a progetto e occasionali è piuttosto bassa; potrebbe annidarsi, in parte, nei contratti delle dipendenti dei/le liberi/e professionisti/e (stagiste e tirocinanti), in quelli delle lavoratrici autonome con committenza discontinua e/o con false partite IVA e nei contratti a tempo parziale involontario. Le libere professioniste, circa 7 su 100 delle occupate, sono un 1/3 di tutte quelle della provincia e costituiscono un settore caratteristico dell’occupazione femminile cittadina, a cui si aggiungono le autonome, 4 su 100. Questi due settori occupazionali raccontano da un lato della capacità di proporsi delle donne nel mercato del lavoro con nuove competenze professionali, dall’altro di exdipendenti esternalizzate forzosamente dalle aziende in cui erano occupate, in forza dei cambiamenti generati dalla frammentazione dei segmenti produttivi …. La propensione al lavoro libero professionale ed autonomo delle donne è comunque inferiore a quella degli uomini, rispettivamente occupati in queste posizioni professionali per il 9,1% e per il 12,1% della forza lavoro. Le donne che lavorano provengono da una pluralità di forme familiari; ben il 29% sono single e il 12% separate-divorziate. La situazione di “unico genitore” è vissuta da quasi 24 donne su 100. Pagina 3
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Il 59,6% delle donne lavoratrici ha figli, in una percentuale maggiore a quelle delle residenti con figli (al 54,4%); fra le separate-divorziate con figli 7 su 10 lavorano. Più istruite delle residenti in provincia (il 20,2% contro il 6,7% ha una laurea), le donne cittadine sono pari agli uomini lavoratori per titoli di studio medio-alto (42,2% Vs 41,4%) e li superano nel numero delle laureate (36% Vs 32%). Nella scelta della scuola superiore privilegiano i Licei (nel 66,57% dei casi) e sono in diminuzione quelle che scelgono indirizzi tecnici ed in particolare il Liceo tecnologico (26 iscritte nel 2012!). Alle donne straniere, che rappresentano il 13% delle donne residenti, è affidato quasi totalmente il settore della cura delle persone in famiglia (colf ed assistenti familiari), il 35,8% è assistente familiare, il 9,7 % colf, il 13,8% occupato in attività di assistenza socio-sanitaria con bassa qualifica. In particolare, su 1.645 donne occupate regolarmente nel settore dell’assistenza familiari come badanti e colf, le donne straniere sono 1.392, l’84,6% dell’intero comparto. Il mercato del lavoro femminile cittadino risulta caratterizzato da una doppia polarizzazione: fra donne italiane con bassa e alta qualifica e fra donne italiane e straniere: la bassa qualifica e/o l’essere straniere destina le occupate in attività di badantato e/o in ruoli di commessa e operaia. Un terzo delle donne occupate esce dalla città per il lavoro, entrano in città un contingente di donne pari a tutte le lavoratrici cittadine aggiungendo al tempo di lavoro il tempo del viaggio. I risultati della ricerca lasciano comunque aperta la domanda: i dati – quantitativamente lusinghieri sul lavoro delle donne nella città di Bergamo dipendono dalle caratteristiche sociali di chi risiede nel centro urbano (per Bergamo poi particolarmente ristretto) o da un effettivo minor svantaggio di genere? Occorrerà valutare, col prossimo censimento, la persistenza dei dati emersi o le modifiche intercorse e, possibilmente, raffrontare ciò che emerge con i dati di altre città omogenee a Bergamo per dimensione e caratteristiche socio-economiche.
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4. I NUMERI D’INSIEME
FIGURA 1 RESIDENTI – ETÀ LAVORATIVA – OCCUPATI (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
I dati complessivi del Censimento 2011 raccontano la condizione socio-demografica di 115.116 residenti 1. In questo universo, il 53,63% sono cittadine e il 46,37% cittadini. Le donne residenti censite in città nel 2011 sono 61.731, gli uomini 53.385. Inoltre risulta che le donne in età lavorativa (15-64 anni) sono 37.073, pari al 60,06% delle donne totali, mentre gli uomini in età lavorativa sono 34.477, pari al 64,58% del totale dei residenti.
1 Nell’annuario statistico dell’anagrafe comunale, al 1.1.2011, sono registrati 120.697 residenti nella città di Bergamo. Il censimento 2011 ne conteggia invece 115.116. Probabilmente la discrepanza è dovuta a residenti che non hanno compilato le schede o perché non raggiunti o perché si sono sottratti al censimento o perché non presenti nel periodo di rilevazione …. Inoltre i dati di anagrafe possono variare a seconda del periodo di rilevazione per effetto di nuove registrazioni di residenza. Pagina 5
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5. COME LAVORA A BERGAMO LA METÀ DEL CIELO: BERGAMO CITTÀ D’EUROPA?
FIGURA 2 TASSO D’OCCUPAZIONE DONNE E UOMINI (15-64 ANNI) - (VALORI PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
Le donne occupate nel 2011 in città sono 22.193, cioè il 59,86% delle 37.073 donne in età lavorativa. Gli occupati uomini sono 26.217, pari al 76,04% degli uomini in età lavorativa.
FIGURA 3 TASSO D’OCCUPAZIONE FEMMINILE (15-64 ANNI) CONFRONTO PROVINCIA, LOMBARDIA, ITALIA (VALORI PERCENTUALI) DATO ISTAT - TAVOLA 2 PER LA COLONNA RELATIVA A BERGAMO; MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
Se si lasciano per un momento i dati del Censimento e si utilizzano i dati ISTAT del medesimo anno, si osserva che la percentuale di occupazione femminile in provincia è pari al 53,6% (con 190.710 occupate), in regione sale al 57,4% (con 1.830.267 occupate)e in Italia è in media del 48,6% (con 9.621.695 occupate). Fossero comparabili i due universi statistici, emergerebbe che il tasso d’occupazione in città è più alto della media provinciale di 6 punti, superiore di 2,5 punti del tasso medio regionale e di ben 11,3 punti di quello nazionale.
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L’occupazione femminile che sfiora il 60% in città si avvicina al tasso d’occupazione previsto dal Consiglio d’Europa nella strategia di “Lisbona 2000” per il 2.010.
FIGURA 4 TASSO D’OCCUPAZIONE MASCHILE (15-64 ANNI); CONFRONTO PROVINCIA, LOMBARDIA,ITALIA (VALORI PERCENTUALI) DATO ISTAT - TAVOLA 2 PER LA COLONNA RELATIVA A BERGAMO; MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
Il tasso rilevato dal Censimento per l’occupazione maschile in città, pari al 76,6% corrispondente a 26.217 occupati, rispetto ai dati ISTAT 2011, risulta superiore rispetto alla media nazionale del 75,2% (in valore assoluto, 13.396.545 occupati), ma inferiore a quella regionale (gli occupati sono 2.416.386 con tasso al 78,9%) e provinciale (282.054 occupati, pari al 79,7%).
All’interno di una provincia tradizionalmente svantaggiata dal punto di vista dell’occupazione femminile, la città riesce a dare una risposta diversa in termini di occupazione; mantiene però un differenziale col tasso di occupazione maschile di ben 16,7 punti. Sembra che le opportunità lavorative cittadine assorbano meglio la maggiore domanda di lavoro femminile (offerta qualificata) e/o che la domanda sia più alta, vuoi perché in città le donne investono maggiormente nella carriera professionale che si attendono, dopo aver conquistato posizioni ed investito nei diplomi di studio, vuoi per un effetto culturale “urbano” che avvicina Bergamo a Milano e Brescia, due città a buon tasso di occupazione femminile (pur mancando dati comparabili per zone urbane omogenee). Inoltre sanità e istruzione sono – con carriere lavorative ad intenso tasso femminile – particolarmente concentrate in città (Istituti Comprensivi, Scuole Superiori, Ospedale e Cliniche). Il fatto che il tasso di occupazione maschile in città si mantenga sotto i livelli del tasso di occupazione provinciale potrebbe essere il segno di una maggior mobilità degli uomini residenti, di trasferimento all’estero della forza lavoro giovanile, di un’offerta di lavoro cittadina più legata ai servizi e meno al manifatturiero, settore in cui gli uomini scelgono preferibilmente di occuparsi.
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5.1. Inserimento lavoratvo delle giovani donne
FIGURE 5 TASSO D’OCCUPAZIONE GIOVANILE FEMMINILE E MASCHILE (15-35 ANNI) NEL COMUNE DI BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
Molto interessante è analizzare il tasso d'occupazione per età. Come si può calcolare dal grafico, nella fascia giovanile anni 15-35 per le 5.862 occupate, il tasso di occupazione femminile è di 10 punti inferiore al tasso d’occupazione femminile del 59,9%, posizionandosi al 49,2% (5.862/11.926=0,492x100). Raffrontandolo con l’analogo grafico dell’occupazione giovanile maschile si osserva però che, per i 6.597 uomini occupati, il divario è superiore, con una differenza di 16 punti rispetto alla media del 76% di tasso d’occupazione maschile (6.597/11.781=0,559x100), attestandosi sul 55,9%.
FIGURA 6 STATO OCCUPAZIONE GIOVANILE (15-24 ANNI) NEL COMUNE DI BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
Se si riduce l’analisi all’età 15-24 anni, si osserva che 3.361 uomini e 3.419 donne si dichiarano “studenti”, rispettivamente il 69,13% dei ragazzi ed il 73,8% delle ragazze dei 10.443 giovani 15-24. Non possono dunque essere classificati fra gli attivi perché, per definizione, non si sono ancora affacciati al mercato del lavoro. Le medie statistiche vanno dunque contestualizzate perché inglobano nel tasso giovanile due fasce d’età assai differenziate. E’ risaputo, come si evidenzierà nel capitolo 6.2, che i giovani hanno
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prolungato di molto il periodo degli studi, anche nella Bergamasca e ancor più in città, colmando in parte uno storico deficit al confronto con altre città della nostra regione .
I dati confermano le difficoltà di occupazione dei giovani in generale. Per le giovani donne è in proporzione minore che per i giovani uomini. Ci si è chiesto se il differenziale occupazionale fra giovani donne ed uomini segno di un più facile inserimento delle prime in un mercato del lavoro cittadino sia il risultato di una maggior offerta occupazione nei servizi piuttosto che nel manifatturiero, come già ipotizzato? Oppure di una ricerca più lunga, con conseguente inserimento rallentato nel mercato del lavoro, per i giovani uomini, che si impegnano nella ricerca di un lavoro a tempo pieno e non si “accontentano” di lavori a tempo parziale o di tirocini….? Durante la ricerca di un lavoro non mancano certo i così detti “lavoretti” in nero ed in generale il “lavoro sommerso”, (stage che non sono tali, lavori irregolari…) di cui si ha percezione ma non dati quantitativi oggettivi ricavabili dal Censimento.
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5.2. Il tasso d’occupazione cresce con l’aumentare dell’età lavoratva
FIGURA 7 TASSO D’OCCUPAZIONE FEMMINILE PER FASCE D’ETÀ NEL COMUNE DI BERGAMO (VALORI PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 1; ANAGRAFE COMUNE DI BERGAMO 2011
Se si continua nell’osservazione dell'età delle lavoratrici, si nota che la percentuale delle occupate mantiene un tasso costante di incremento dell’occupazione intorno al 3% per ogni anno d'età dai 33 ai 51 anni, smentendo parzialmente la percezione dell'abbandono del mercato del lavoro nell'età dei ruoli genitoriali, dato questo in linea con statistiche nordiche più che mediterranee. Il tasso d’occupazione cresce dunque con l’aumentare dell’età lavorativa ed è in città sempre più simile alle medie europee. Nella fascia 30-34 anni il tasso di occupazione è del 76,5%; nella fascia 35-39 aumenta al 78,3%; nella fascia 40-44 flette leggermente al 77,3% per attestarsi nella fascia dei 45-49 anni al 75,9%, scendendo al 72,2% nello scaglione d’età 50-54 anni. Il tasso si abbassa bruscamente al 17,4% per le donne in età 60-64 anni; occorre tener presente che il 2011è precedente alla la riforma pensionistica Fornero, con conseguente uscita dal lavoro delle donne dopo i 60 anni. Praticamente, dai dati rilevati, si evince che nella fascia centrale di vita delle donne (dai 30 ai 50 anni) quasi 8 donne su 10 lavorano.
FIGURA 8 DONNE IN CERCA OCCUPAZIONE E DISOCCUPATE A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 1
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A riprova dell’alto tasso d’occupazione delle donne della città si riporta l’esiguo numero di donne che si dichiarano in cerca di occupazione, al netto di chi - nel 2011 siamo già dentro la seconda grave crisi economica – ha perso il lavoro e, presumibilmente, lo cerca nuovamente.
Il tasso di occupazione delle donne di Bergamo città raggiunge quasi il 60%, tasso raccomandato dal Consiglio europeo con la strategia di “Lisbona 2000” e, se valutato per la fascia di età da 30 a 54 anni, supera il tasso del 75% raccomandato dal Consiglio europeo con la strategia “Europa 2020” per una crescita inclusiva e sostenibile. Se per le donne cittadine resta molto da fare per incrementare l’occupazione finché raggiunga il valore medio del 75%, soprattutto nella fascia giovanile, in provincia servirà un impegno complessivo più forte. Le strategie europee appaiono ancora molto lontano all’orizzonte. Non è forse un caso che il tasso alto di occupazione femminile in città si registri nell’età della generatività delle donne e lì si stabilizzi: la città offre infatti servizi per l’infanzia differenziati e che paiono adeguati al mantenimento delle donne nel mercato dell’occupazione. Probabilmente la presenza di tali servizi (qualificati e con una lunga storia in città) ha fatto crescere la fiducia nella loro capacità di soddisfare le esigenze di accudimento dei figli, favorendo l’occupazione femminile. La stessa cosa non è avvenuta in zone della provincia dove i servizi sono quasi assenti (in particolare le zone vallari) o sono di più recente istituzione; in tali zone permane una cultura dell’accudimento materno dei figli e della divisione dei ruoli familiari. Tale cultura è presente inoltre presso famiglie di recente immigrazione per ricongiungimento familiare - in particolare alcune etnie – che non concepiscono il lavoro extrafamiliare delle madri e/o vi sono costrette solo per perdita del lavoro maschile. Le donne della città, superati i problemi culturali e con a disposizione sufficienti servizi, investono nel lavoro e scelgono il modello del “lavoro condiviso” (dualearner families= famiglia a due redditi); rifiutando il modello del the male breadwinner=capo famiglia.
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6. ASPETTI QUALITATIVI DEL MERCATO DEL LAVORO
FIGURA 9 DONNE ED UOMINI OCCUPATI PER TIPOLOGIA DI QUALIFICA A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 3
Se si osserva la tipologia di qualifica 2, l'occupazione femminile supera quella maschile nei settori con qualifica media, dove le donne sono quasi il doppio degli uomini e in percentuale rappresentano il 39,4% di tutte le occupate; 4 donne su 10 infatti lavorano con media qualifica ed altre 4 con alta qualifica, in settori quali l’istruzione e la sanità, ma anche nei servizi alle imprese e nell’intermediazione.
FIGURA 10 DONNE ED UOMINI OCCUPATI PER QUALIFICA DI DIRIGENTI A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 3
Nel raffronto della qualifica di Dirigenti, le donne sono però meno di 1/3 degli uomini confermando il gap femminile nelle carriere apicali, ma segnalando anche una loro presenza che occorrerà valutare nel tempo e nei diversi settori lavorativi (pubblici e privati).
2 La qualifica è l’insieme di conoscenze, abilità e competenze di una specifica figura professionale, poi fissate in “mansioni” che determinano l’inquadramento e il corrispondente trattamento retributivo dei lavoratori. Pagina 12
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Nella media qualifica le donne doppiano gli uomini e nell’alta qualifica li tallonano 8 a 10. Nonostante la buona qualifica professionale, il gap di carriera donne/uomini resta però accentuato. Molto esemplificativa è la tabella sui Dirigenti Scolastici degli istituti statali della provincia nell’anno interessato al Censimento, dove è evidente la difficoltà di un espletamento paritario del ruolo di dirigenza fra donne ed uomini, persino in un settore molto femminilizzato come l’Istruzione. Ricordando che le Direzioni Didattiche e le Scuole Secondarie di 1° con Dirigente singolo (11 scuole) sono un residuo ormai scomparso dopo l’istituzione degli Istituti Comprensivi con Dirigente che governa Scuole d’Infanzia, Primarie e Secondarie di più plessi scolastici.
FIGURA 11 DIRIGENTI PER GENERE (VALORI ASSOLUTI) FONTE MIUR – USP BERGAMO – TAVOLA 8
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6.1. Mercato del lavoro per setore produtvo: prevalente è il setore dei servizi
FIGURA 12 DONNE OCCUPATE PER PREVALENTI SETTORI LAVORATIVO A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 4
È il terziario il settore di maggior occupazione delle donne della città di Bergamo. Come si vede in tabella e nei grafici, i settori d’occupazione prevalenti sono l’ISTRUZIONE (le insegnanti sono 3.194, pari al 14,4% delle lavoratrici) a cui si aggiungono 2.590 occupate in ATTIVITA’ TECNICOSCIENTIFICHE di servizio alle imprese (11,7%); il settore SANITARIO occupa 2.950 donne, il 13,3% delle lavoratrici cittadine.
FIGURA 13 DONNE OCCUPATE PER SETTORE LAVORATIVO A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI - TABELLA COMPLESSIVA) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 4
Sommando le occupate nei servizi per il COMMERCIO (1.998) con quelle nei servizi di RISTORAZIONE-ALLOGGIO (1.413) e le 2.802 COLF e BADANTI (12,5% delle lavoratrici di cui 1.645 risultano in convivenza con la propria assistita) si ottiene un contingente pari a quello delle occupate nell’insegnamento. Nel PUBBLICO IMPIEGO (Amministrazioni centrali e locali) lavorano 1.516 donne della città (6,8%).
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Il lavoro delle donne nella città di Bergamo
FIGURA 14 UOMINI OCCUPATI PER SETTORE LAVORATIVO A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI-TABELLA COMPLESSIVA) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 4
Al confronto con i settori d’occupazione maschile, va rimarcato che nelle industrie manifatturiere sono comunque occupate 1.792 donne, l' 8,9% del totale, e si distribuiscono anche in tutti i settori di occupazione a prevalenza maschile come le attività tecnico-scientifiche in cui si collocano al 3° poste delle occupate pur mantenendo un differenziale con gli uomini occupati nello stesso settore di 1.000 unità. Si osserva che nell’insegnamento sono occupate 3.194 donne contro 1.073 uomini: questo settore così femminilizzato vede uno svantaggio nelle pari opportunità a sfavore degli uomini. Un dato interessante è il contingente di donne occupate nel MANIFATTURIERO, quasi pari a quello nel COMMERCIO, a riprova che la vocazione manifatturiera del nostro territorio è ancora assai forte. Il CREDITO occupa 1.027 donne contro i 1.575 uomini quindi è un settore in cui il rapporto Uomini/Donne è pari a 2/3; quasi paritario invece il rapporto M/F per gli/le occupati/e nella PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (1.344 uomini e 1.516 donne). L’occupazione nella Pubblica Amministrazione non pare comunque trainante per la forza lavoro cittadina (probabilmente il settore è in larga parte coperto da forza lavoro proveniente da fuori città); lo sono di più il settore dell’istruzione e quello della sanità.
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Il sorpasso del settore terziario dei servizi su quello secondario dell’industria manifatturiera è confermato nella nostra città come per l’intera provincia (dato registrato a partire dal 2007). Anche la riconversione economica verso il turismo in corso nella nostra città e in provincia può aver incrementato l’occupazione nei servizi. Osservando i settori occupazionali femminili, si vede che le donne sono distribuite in tutti, anche se la prevalenza è in attività di servizio, in particolare alla persona (insegnamento, sanità, assistenza familiare.) Le donne percepiscono come destino impiegare le proprie attitudini in attività di cura o “sentono” di aver qualità specifiche che le portano in direzione di queste attività: di relazione, di comunicazione, di empatia, di flessibilità organizzativa e plurimansionale…..? O è la domanda del mercato del lavoro che le colloca in questi settori?
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6.2. L’occupazione femminile in cità è a maggioranza dipendente
FIGURA 15 DONNE OCCUPATE PER NATURA DEL RAPPORTO DI LAVORO A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) DATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 4
Se si osserva la posizione professionale delle donne lavoratrici residenti in città, l'84,4% sono dipendenti (18.728) contro il 72,6% degli uomini (19.051); Libere professioniste e autonome sono l’11% delle lavoratrici (2.424 donne) mentre per gli uomini questa percentuale sale al 21,14% (sono 5.542 i liberi professionisti e gli autonomi).
FIGURA 16 UOMINI OCCUPATI PER NATURA DEL RAPPORTO DI LAVORO A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) DATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 4
E’ probabile che il dato sulle libere professioni e il lavoro autonomo si sia modificato col perdurare della crisi economica e l’insufficiente offerta occupazionale del mercato del lavoro, costringendo molte lavoratrici e molti lavoratori a fare da sé; forme di destrutturazione del mercato del lavoro, quali la share economy e l’e-commerce possono aver ulteriormente influito. Sono dati che sarà interessante confrontare con quelli registrabili nel prossimo censimento del 2020. Come si vede nel grafico, la propensione al lavoro autonomo è maggiore negli uomini. La percentuale delle donne imprenditrici è pari al 2,07%; gli imprenditori uomini sono invece in numero tre volte superiore, ponendosi al 5,15%.
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La propensione al lavoro autonomo, all’imprenditoria e alle libere professioni, che coinvolge circa il 13% delle donne occupate, è segno di una crescente autopromozione delle donne, anche se andrebbe valutato il trend di questa percentuale per verificarne la crescita. Nel dato delle non dipendenti andrebbe scorporato il dato relativo alle figure professionali costrette dalla crisi a “ripiegare” su partite IVA forzate o su un’imprenditoria di breve durata. Un segnale della capacità di promozione femminile nel mercato del lavoro è la recente nascita di co-working che vedono, ad esempio, giovani psicologhe o laureate in lingua offrire consulenze e formazione così come mamme garantire servizi di custodia dei figli. Le occupate dipendenti hanno maggiori tutele di quelle non dipendenti, godendo della maternità, della malattia e della disoccupazione, mentre sono ancora parziali e non effettive per mancanza di decreti attuativi le tutele per le non dipendenti, introdotte dalla Legge 22/05/2017 n° 81 (Jobs Act). Sarà interessante valutare se il miglioramento delle tutele porterà ad un ulteriore incremento delle professioni autonome.
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6.3. Il precariato femminile
FIGURA 17 DONNE CON CONTRATTO DI LAVORO DI CO.CO.CO. E LAVORO OCCASIONALE A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 4
I dati del censimento non consentono di ricavare la componente (percentualmente maggioritaria) del precariato rappresentato dai contratti a tempo determinato e dal lavoro interinale che fa parte del lavoro subordinato. Si sono presi in considerazione, valutandoli nell’ambito di una probabile precarietà per la carenza di continuità e di garanzie che essi comportano, i contratti di collaborazione (Co.Co.Co e Co.Co.Pro 3) e quelli occasionali. Tali contratti sono considerati a livello statistico solo “residuali” della condizione di “occupato/a”. Le donne che dichiarano contratti di Co.Co.Co e Co.Co.Pro sono 627, pari al 2,8% delle occupate; quelle con contratti di lavoro occasionale 4 sono 418, pari all’1,9% delle lavoratrici. Sono in totale comunque 1.045, il 4,7% delle occupate.
FIGURA 18 UOMINI CON CONTRATTO DI LAVORO CO.CO.CO E LAVORO OCCASIONALE A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 4
Anche fra gli occupati uomini, le percentuali di contratti “precari” si mantengono su livelli minimi, simili a quelli delle occupate donne: 691 lavoratori con contratti co.co.co/pro, il 2,6% del totale e 363 con lavoro occasionale, l’1,4% degli occupati; complessivamente sono il 4,0% degli occupati. 3I collaboratori coordinati e continuativi (co-co-co e co.co.pro) sono lavoratori parasubordinati, perché rappresentano una categoria intermedia fra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente. Essi lavorano in autonomia nel quadro di un rapporto unitario e continuativo con il committente del lavoro. Sono pertanto funzionalmente inseriti nell’organizzazione aziendale e possono operare all’interno del ciclo produttivo del committente che ha un potere di coordinamento fra attività del lavoratore ed esigenze dell’organizzazione aziendale. Il contratto di collaborazione a progetto è stato abrogato con il d.lgs. 81/2015, pertanto da gennaio 2016 non possono essere attivati nuovi co.co.pro., fatti salvi quelli già in essere, fino alla loro scadenza.
4Il lavoro autonomo occasionale, disciplinato dal codice civile e da alcune norme della Legge. n. 81/2017, prevede che il lavoratore non sia inserito nell’organizzazione produttiva del committente, possa organizzare liberamente la propria attività lavorativa sia per quanto riguarda le tempistiche che le modalità esecutive. Oltre a ciò, deve erogare la sua prestazione in modo del tutto episodico e saltuario. Si differenzia dal lavoro occasionale accessorio, pagato col sistema dei voucher, che è una tipologia contrattuale, introdotta dal D.lgs. 276/2003, per dare una minima tutela a forme di lavoro del tutto marginali e saltuarie - solitamente svolte in maniera irregolare (quali piccoli lavori domestici, di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione; di assistenza domiciliare a bambini, persone anziane, ammalate o con disabilità; di insegnamento privato supplementare..) Pagina 19
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Va ribadito che il precariato include tutti i contratti di collaborazione, il lavoro occasionale e discontinuo oltre che il part-time involontario. La precarietà legata al part-time involontario non può essere rilevata in quanto la volontarietà della scelta del tempo parziale non è un dato richiesto nel Censimento.
Sorprende che il dato su questi contratti sia percentualmente poco rilevante. Siamo però nel 2011, prima dell’esplosione dei voucher. Probabilmente non tutte le collaborazioni sono caratterizzate da precarietà (dipende dalle competenze offerte, in particolare nei contratti di collaborazione che hanno sostituito quelli a progetto, di recente cancellati dal decreto attuativo del Jobs Act Dl 81/2015). Non sono poi menzionati gli stage e i tirocini, che nel 2011 non godevano di condizioni retributive definite. I dati sulla precarietà non sono facilmente misurabili per l’assenza di domande più specifiche nel Censimento, anche se il perimetro dei contratti di collaborazione ne può essere indizio. Si pensa che la condizione di precarietà nella realtà sia più estesa, riguardando le lavoratrici dipendenti con part-time involontario che non è possibile individuare in quanto “disperse” nel contingente occupato a part-time (si veda il successivo paragrafo). Va anche ricordato che Amministrazioni Pubbliche e Scuole, per effetto del blocco delle assunzioni e delle mancate immissione in ruolo dalle graduatorie, hanno allargato la platea del lavoro precario, portando il settore pubblico ad esserne il maggior generatore.
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6.4. L’orario di lavoro: il trionfo del part-tme
FIGURA 19 OCCUPATI IN CITTÀ PER ORARIO DI LAVORO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 5
I dati mostrano che, rispetto all’orario di lavoro, sulle 22.193 lavoratici cittadine, 7.676 - il 34,6% lavorano a part-time, mentre sui 26.217 lavoratori della città, sono a tempo parziale solo 2.350, il 9%. Praticamente quasi 4 donne su 10, contro 1 lavoratore su 10, sono a tempo parziale.
FIGURA 20 OCCUPATI IN CITTÀ SECONDO L’ORARIO DI LAVORO (VALORI ASSOLUTI) DATI ASIA 2014 – TAVOLA 5
La fonte ASIA 2014 5, consultata per una valutazione di tendenza, conferma il dato ed anzi evidenzia una tendenza rilevante al progressivo aumento del ricorso al part-time delle donne. Per gli uomini l’accesso al part-time varia di poco (si incrementa dell’1%, passando al 10% del totale), per le donne parrebbe crescere passando al 48,56%, riguardando quasi la metà delle donne occupate. Occorrerebbe sapere se il part-time è una scelta volontaria, transitoria o “imposta”. Sarebbe interessante capire che influenza abbiano avuto i contratti di solidarietà su questo dato.
5ASIA è l’Archivio Statistico delle Imprese Attive: un registro di imprese e unità locali, aggiornato annualmente da Istat con un processo di integrazione di fonti amministrative e statistiche che include tutte le unità economiche di arti e professioni nei settori industria e servizi e fornisce informazioni identificative e di struttura di tali unità. Pagina 21
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Ci si deve però chiedere quale incidenza abbia questo dato sulla qualità del lavoro femminile, in termini di investimento professionale, carriera, parità salariale... Un’altra riflessione – che richiederebbe interrogazione “fine” dei microdati - è se il part-time confini le donne nella scelta di settori lavorativi che lo consentano o, spesso, lo pretendano. Paradossalmente - anche se sono stati eliminati i costi aggiuntivi per questa tipologia contrattuale - in ragione del fatto che il part-time richiede un impegno organizzativo da parte delle aziende, spesso non è concesso o non lo è in modo reversibile, come le donne impegnate dopo la maternità desidererebbero. Ciò accade meno nelle pubbliche amministrazioni, dove il tempo parziale è ottenibile e convertibile in tempo pieno con più facilità; i dati in proposito non sono però ricavabili dal Censimento. Pare che la scelta del part-time sia quella che le donne preferenzialmente adottano per conciliare la vita lavorativa con quella familiare. Il loro part-time, laddove è scelto e non imposto, potrebbe indicare sia una mancata flessibilità dei servizi di cura per l’infanzia e/o per l’accudimento di parenti anziani, sia un maggior investimento, non paritario, della donna nel ruolo genitoriale anche per la scelta di un reddito familiare solamente integrativo di quello, meglio remunerato, maschile. E’ nota infatti, non però ricavabile dai dati del Censimento, la differenza retributiva fra donne e uomini, a sfavore delle prime.
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6.5. Le libere professioniste
FIGURA 21 LIBERI PROFESSIONISTE IN CITTÀ (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 4
Le donne occupate nel 2011 nelle professioni liberali, cioè iscritte a ordini, albi, collegi, elenchi o associazioni di categoria 6, in grazia di un esame di stato o di altra prova abilitante, che svolgono servizi o mansioni di tipo intellettuale, con o senza Partita IVA, sono in tutto 1.505 su 22.193, pari al 6,8% della forza lavoro femminile. Gli uomini occupati nelle libere professioni, in tutto 3.162, rappresentano il 12,1% sul totale di 26.217 occupati. Entrambi i generi, portano il contingente dei Liberi Professionisti cittadini a 4.667 unità.
FIGURA 22 LIBERI PROFESSIONISTI UOMINI E DONNE PROVINCIA DI BERGAMO E REGIONE LOMBARDIA (VALORI ASSOLUTI) DATI ASIA IMPRESE 2011- TAVOLA 6
6In Italia, i 32 albi dei professionisti laureati si denominano "ordini professionali" (ordine degli avvocati, dei medici, degli ingegneri, degli architetti, ecc.), mentre quelli dei professionisti regolamentati, cui si accede con un diploma di scuola media superiore, sono denominati "collegi professionali" (collegio dei geometri, degli infermieri, dei periti, ecc.), anche se la regola prevede delle eccezioni, esistendo il Collegio notarile (cui si accede con la laurea) e l'Ordine dei giornalisti (cui si può accedere anche senza laurea). Con la legge n. 4/2013, il Ministero dello Sviluppo Economico ha istituito l’elenco delle Associazioni che rappresentano le professioni non organizzate in Albi e Collegi che sono il risultato della Direttiva sui servizi 2006/123/CE. Tali Associazioni hanno natura privatistica e scopi di garanzia deontologica. Pagina 23
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Per una valutazione sulla tipologia delle libere professioniste, gli unici dati disponibili sono quelli della fonte ASIA IMPRESE – EUROSTAT 7, utilizzati qui sempre nella consapevolezza della loro non comparabilità coi dati censiti nel 2011. Il dato provinciale Eurostat rileva, come media annuale, 13.562 imprese attive includenti i liberi professionisti (il dato non è disaggregato per genere) a cui si aggiungono 7.591 loro dipendenti, per un totale di 21.621 addetti nel comparto delle imprese attive. Analogamente, può essere esaminato il dato Regionale, in rosso nella tavola riportata. Emerge, se i dati fossero confrontabili, che i/le liberi/e professionisti/e della città rappresentano ben il 33,6% di tutti i/le libere professioni della Provincia; in rapporto alla Regione, sono il 2,9%. La tipologia delle libere professioni, in assenza di dati relativi alla sola città, è ricavata ugualmente dai dati provinciali Eurostat.
FIGURA 23 LIBERI PROFESSIONISTI UOMINI E DONNE IN PROVINCIA PER SETTORE (VALORI ASSOLUTI) DATI ASIA IMPRESE 2011 - TAVOLA 6
Prevalgono architetti/e e ingegneri, seguiti da medici/dottoresse ed odontoiatri, da commercialisti/e ed occupati/e nei servizi all’impresa. A pari merito seguono periti/e, avvocati/tesse e psicologi/ghe o fisioterapisti/e. Dai dati del Censimento non è possibile ricavare quello dei/le loro dipendenti, essendo questo dato “disperso” fra i numeri dei/le lavoratori/trici dipendenti (con contratto degli studi professionali) e fra quello delle lavoratrice con contratto di collaborazione o di associazione professionale, lavoro quasi da “autonomi, prima che il/la “dipendente” possa diventare partner o associato....
7Eurostat è l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, una Direzione Generale della Commissione Europea che raccoglie ed elabora dati dagli Stati membri dell'Unione Europea a fini statistici, promuovendo il processo di armonizzazione della metodologia statistica tra gli Stati membri. Pagina 24
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Sul settore delle libere professioni il gap di genere è più evidente. Infatti le libere professioniste in città sono quasi la metà dei liberi professionisti uomini. Questo ragionamento è rafforzato dal fatto anche dalla maggior presenza di laureate tra le donne rispetto agli uomini. Parte del problema probabilmente è dovuto alla scarsa e tardiva rappresentanza sindacale. Si noti in proposito l’introduzione recente di alcune tutele con la legge 81/2017 che introdurrà ulteriori indennità di malattia, di maternità, oltre al congedo parentale di sei mesi e l’indennità di disoccupazione. Tuttavia la legge è ancora in attesa dei decreti attuativi governativi. Le libere professioni restano un settore caratteristico dell’occupazione femminile cittadina, costituendo probabilmente 1/3 di tutte quella della provincia. In città, altro dato rilevante è la consistenza numerica di Ingegneri/e ed Architetti/e forse legato alle vocazione manifatturiera ed edilizia del territorio. I risultati del censimento non ci illuminano sulle condizioni contrattuali dei collaboratori/trici e/o dipendenti dei/le liberi professionisti/e, sicuramente maggiormente precari/e visto il ricorso a tirocini obbligatori e a collaborazioni continuative, tipici del settore.
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6.6. Le lavoratrici autonome
FIGURA 24 AUTONOMI UOMINI E DONNE IN CITTÀ (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 4
Confluiscono nella voce lavoratrici autonome le occupate con Partita IVA individuale, non iscritte agli Albi professionali e registrate in Camera di Commercio che progettano, organizzano e realizzano in autonomia il proprio lavoro. A titolo di esempio, sono in questa categoria le agenti e rappresentanti di Commercio, le conduttrice di bed & breakfast, le estetiste, le truccatrice, le cuoche, le modelle, chi fa catering, le consulenti informatiche, le intermediatrici finanziarie, le sarte, alcune imprese di pulizia, persino qualche “muratora”, mediatrici, maestre di nuoto, di sci, di tennis, alcune assistenti familiari, informatrici farmaceutiche, operaie, erboriste, organizzatrici di eventi, di econference, di siti e blog, di informatica, di marketing, di data entry 8, consulenti fiscali, amministratori di condominio, urbaniste, consulenti legali in materia stragiudiziale, chi si occupa di tenuta della contabilità, dichiarazione dei redditi, imposizione fiscale, alcune consulenti aziendali, le guide turistiche, esperti di pubbliche relazioni, interpreti... La categoria assomma dunque profili professionali regolamentati e non regolamentati (poi disciplinati dalla legge 14 del 26 gennaio 2013, successiva al Censimento, ma in attesa di Albo) molto differenziati e con qualifiche e competenze sia alte che basse. Si registrano come Autonome 919 donne, pari al 4,1% delle occupate. Gli autonomi uomini sono invece 2.380, il 9,1% di tutti gli occupati.
FIGURA 25 LAVORATRICI AUTONOME IN CITTÀ PER SETTORE DI LAVORO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 4
8Data entry, letteralmente inserimento di dati, è l'operazione di immissione di dati in un computer o in un generico sistema informatico. Pagina 26
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Se si osservano i settori del lavoro autonomo femminile per tipologia, si evince che sono prevalenti quelli del commercio, dei servizi per la casa e della ristorazione.
Le lavoratrici autonome gestiscono prevalentemente: nel commercio, la distribuzione nei grandi magazzini e la vendita porta a porta; nel manifatturiero compiti di pulizia e di preparazione pasti; nei servizi alla persona una miriade di attività legate alla cura del corpo e al fitness; sono protagoniste poi di attività culturali, sportive, ricreative e di comunicazione e marketing in tutte le forme e, nei servizi alle imprese, forniscono consulenza informatiche, di raccolta e trattamento dati … Molte attività sono indice di creatività e capacità di saper proporre proprie competenze; altre sono frutto di una progressiva esternalizzazione di attività generate dalla frammentazione dei segmenti produttivi, tipica dell’ economia post-fordista. Si pensi a molte lavoratrici autonome, prima dipendenti dirette di aziende, oggi prestatrici d’opera con partita IVA (a volte impropriamente, svolgendo funzioni continuative per un solo committente o per qualche cooperativa che non le associa regolarmente). Portatrici di numerosi nuovi profili professionali, tali lavoratrici non trovano collocazione nei contratti tradizionali e non hanno quindi un contesto normativo preciso, sebbene la Legge 14/2013 le solleciti ad organizzarsi in associazioni a carattere professionale di natura privatistica; esprimono notevole capacità di auto-proporsi e/o di ritagliarsi un lavoro. Anche questa categoria manifesta scarsa rappresentanza sindacale ed è povera di tutele (l’indennità di malattia, la maternità, il congedo parentale e l’indennità di disoccupazione attendono i decreti attuativi della Legge 81/2017);il Ministero dello sviluppo economico ha in corso di costruzione un Albo, che pure garantirebbe alcune condizioni deontologiche precise, per le professioni non regolamentate, ma dal 2013 non si va oltre un censimento operato dal CNEL. Come le Libere professioniste, la categoria delle autonome ha scarse possibilità di conciliazione vita-lavoro, pur avendo a volte flessibilità nell’uso del tempo lavorativo, e comunque deve creare da sé le condizioni di tale conciliazione. Inoltre, nei casi di false o grigie Partite Iva, non ha condizioni di lavoro paragonabili a chi svolge analoghe mansioni nel ruolo di dipendente
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7. DONNE OCCUPATE PER CONDIZIONE FAMILIARE E MAMME AL LAVORO
FIGURA 26 STATO CIVILE DELLE DONNE RESIDENTI A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 8A
Lo stato civile di tutte le donne residenti mostra che nel 2011 le differenziazioni principali sono: single e in coppia, parimenti al 39%; separate-divorziate, intorno al 7,2% e vedove al 13,2%.
FIGURA 27 CLASSIFICAZIONE UTILIZZATA PER DESCRIVERE LO STATO CIVILE DEI RESIDENTI MICRODARI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 7
La diversificazione dei modelli familiari è resa evidente dai “descrittori” utilizzati dall’ISTAT per classificarne le tipologie; l’Ente di statistica ne individua ben 12 differenti.
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FIGURA 28 DONNE RESIDENTI A BERGAMO CON E SENZA FIGLI (VALORI PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 8A
Guardando la presenza di figli, si osserva che il 54, 45% delle donne residenti hanno figli, registrando 33.126 madri.
FIGURA 29 DONNE RESIDENTI A BERGAMO CON FIGLI PER STATO CIVILE (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 8A
Si osserva inoltre che la situazione di mono-genitorialità, fra il totale delle madri, riguarda ben 7.773 di loro, pari al 23,46%.
FIGURA 30 STATO CIVILE DELLE SOLE DONNE OCCUPATE A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 8B
Mettendo a fuoco il solo “universo” delle 22.193 donne lavoratrici, si ritrova il dato di uno stato civile differenziato e di un’appartenenza familiare multiforme: il numero di donne in coppia con figli è anche qui il più rilevante (sono 8.279), ma consistente è anche il dato di donna-unico genitore: 2.581, pari all’23,7% delle 10.860 occupate con figli. Pagina 29
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FIGURA 31 DONNE OCCUPATE CON FIGLI A BERGAMO (VALORI PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 8B
Si osserva inoltre che la percentuale delle donne lavoratrici con figli è pari quasi al 60%; il dato non è confrontabile con la percentuale di tutte le donne residenti con figli (5,4 su 10), riferendosi all’universo delle sole occupate (cioè in età fra i 15-65 anni). Segnala comunque una maggior concentrazione di donne con figli fra le occupate: di esse, 5,9 su 10 sono madri.
FIGURA 32 DONNE OCCUPATE SENZA E CON FIGLI A BERGAMO SECONDO LO STATO CIVILE (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 8B
Sempre analizzando lo stato civile, si osserva che per incidenza, le coniugate con figli (34,1%) sono il contingente maggiore; seguono le single senza figli (al 19,6%) e le separate-divorziate con figli (al 7,1%)
FIGURA 33 CONFRONTO DONNE RESIDENTI E OCCUPATE PER STATO CIVILE (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 7
Come si vede dalla tabella, solo un terzo delle single lavora, contenendo questo universo molte ragazze giovani ancora studentesse e/o in cerca di inserimento lavorativo; fra le coniugate lavorano 4 su 10 (ricordando che di esse 6 su 10 hanno figli), fra le separate-divorziate lavorano ben 6 su 10. Lo stato civile delle donne, sia residenti che occupate, fotografa una pluralità di situazioni e condizioni familiari, sebbene il Censimento non analizzi compiutamente le coppie di fatto, nel 2011 ancora non riconosciute, e le famiglie ricomposte, rintracciabili in “famiglia senza nucleo in coabitazione” e/o “famiglie con un solo nucleo con altre persone”. Pagina 30
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Mostra che la maggioranza delle donne con figli che lavorano sono inserite in un modello di famiglia “tradizionale” e anche che circa il 60% delle occupate hanno figli. E’ plausibile che le donne lavoratrici restino nel mercato del lavoro quando hanno figli per l’aumentata necessità di un doppio stipendio, dovuto appunto al costo dei figli. La condizione di famiglia mono-genitoriale per effetto di separazione e/o divorzio è alta in città (24%) e si mantiene elevata anche nel contingente delle lavoratrici. E’ da rimarcare che ben il 61% delle separate-divorziate sia occupato; sebbene possa risultare ovvio che tali donne siano a maggioranza occupate, essendo le uniche percettrici di reddito, il dato merita attenzione perché, rispetto all’orario di lavoro, la conciliazione vita-lavoro è per loro più problematica. Nonostante la percentuale delle occupate con figli sia più alta di quelle senza figli, non c’è correlazione col tasso di fecondità : il dato ISTAT del 2011 attestava Bergamo – città e provincia- all’ 1,62% e nel 2017 l’attesta all’1,34%. Sembra che il lavoro non sia l’unico fattore influente nella decisione di fare figli che appare legata a molteplici fattori, di politiche familiari, di servizi disponibili e di elementi culturali. Nessuna delle domande del Censimento analizza le ore di cura familiare e come siano distribuite fra donne e uomini.
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8. PIÙ DIPLOMATE E LAUREATE AL LAVORO
FIGURA 34 CONFRONTO DONNE RESIDENTI IN CITTÀ E PROVINCIA PER TITOLO DI STUDIO (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 9A
Il livello d’istruzione femminile va collocato nel contesto provinciale che, nel 2011, attesta un titolo di studio di Scuola secondaria e di lauree per il 38,5% della popolazione femminile, mentre tale valore sale in città al 44%. In particolare hanno un diploma e/o una laurea il 20,2% delle donne cittadine, contro il 6,8% di quelle dei paesi della Provincia.
FIGURA 35 DONNE E UOMINI OCCUPATE/I X TITOLO DI STUDIO (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 9B
Nel confronto con i titoli di studio degli uomini occupati, le donne lavoratrici li superano percentualmente di poco nei diplomi d’istruzione secondaria (42% contro il 41%) e maggiormente
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nel tasso di laureate (36% contro il 32%), anche se in valori assoluti le laureate occupate sono 7.379, i laureati 8.318, come mostra il grafico successivo.
FIGURA 36 DONNE E UOMINI OCCUPATI A BERGAMO PER TITOLO DI STUDIO (VALORI PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 9B
Mettendo a fuoco il solo universo delle donne occupate in città per titoli di studio, si nota che ben il 42,2% ha un diploma di scuola Secondaria Superiore ed il 36,0% ha una laurea.
FIGURA 37 DONNE CON DIPLOMA E/O LAUREA (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 9B
Complessivamente, sommando i diplomi di scuola secondaria e le lauree, il 78,2 % delle donne occupate ha un buon livello di istruzione.
I dati mostrano che in città si studia di più che in provincia, anche grazie all’offerta formativa più ampia. Quattro donne su dieci hanno un diploma o una laurea. Sono però ben otto su dieci le donne occupate in possesso di diploma e /o laurea e ciò dimostra che il titolo di studio è un elemento d’investimento nel mercato del lavoro che le donne intendono valorizzare attraverso l’occupazione. Il sorpasso delle donne sugli uomini negli studi è particolarmente evidente nel contingente delle laureate: ciò può significare una maggior propensione delle donne per l’istruzione, così come la necessità di apparire più brave e qualificate per competere nel mercato del lavoro….
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8.1. Titolo di studio e sbocchi professionali L’incrocio dei dati fra le due variabili - titolo di studio/settore occupazionale - offre spunti interessanti di riflessione.
FIGURA 38 DONNE OCCUPATE PER TITOLO DI STUDIO E SETTORE D’OCCUPAZIONE (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 9B
I dati mostrano che donne con licenza elementare sono occupate in prevalenza come badanti e colf (in famiglie), come OSS, operaie e cameriere d’albergo; le donne con diploma di scuola media si collocano in maggioranza negli stessi settori e nel commercio (commesse); le diplomate, oltre che nel manifatturiero e nel commercio (impiegate), svolgono attività di insegnamento, sanitarie e professionali-scientifiche. Le laureate sono maggiormente concentrate nei tre ultimi settori menzionati.
Il mercato del lavoro appare polarizzato fra: - occupazione nei servizi di cura alla persona (colf, assistenti familiari, OSS) o di bassa qualifica nel commercio (commesse, cassiere..) per le donne con bassa istruzione; - servizi più qualificati (nell’insegnamento e nella sanità o in settori ad alto tasso di conoscenza fra cui i servizi per le imprese) per le donne con alta istruzione. Il titolo di studio posseduto crea in gran parte il destino occupazionale e lo divide, se si valutano anche i dati sul livello d’istruzione delle donne straniere (vedere cap. 8), non tanto fra uomini e donne, ma fra donne italiane con bassa e con alta istruzione e fra donne italiane e straniere.
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8.2. Istruzione e genere Incuriosite dal fatto che le donne occupate si collocano in tutti i settori del mercato del lavoro al pari degli uomini, ma come già rilevato con ancora netta minoranza nei settori tecnico-scientifici, si è voluto osservare la scelta della scuola superiore operata dalle studentesse e vedere la congruenza fra indirizzo scolastico e sbocco professionale. Per far ciò abbiamo utilizzato i dati del MIUR che si riferiscono però all’a.s. 2012-13 (raffrontandoli poi col dato più recente dell’a.s. 2015-16 per cogliere la tendenza).
FIGURA 39 ISCRIZIONI ALLE SCUOLE SUPERIORI DELLE RAGAZZE E DEI RAGAZZI RESIDENTI A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) DATI SIDI MIUR 2012-13 E 2015-16 – TAVOLA 10
Le studentesse delle Scuole Superiori, in tutti gli indirizzi scolastici, nel 2012-13 ammontano a 2.537 unità (sono 2.490 due anni dopo); mentre gli studenti iscritti sono 2.533 (nel 2015 salgono a 2.622), per un totale di 5.070 studenti nel 2012-13 e di 5.076 nel 2015-16.
FIGURA 40 ISCRIZIONI ALLE SCUOLE SUPERIORI DELLE RAGAZZE E DEI RAGAZZI RESIDENTI A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) DATI SIDI MIUR 2012-13 E 2015-16 - TAVOLA 10
Se si osservano gli indirizzi scolastici scelti, i dati mostrano che 2.960 studenti, pari al 54,9% , scelgono scuole liceali; 1.212, pari al 26,5%, optano per una scuola tecnica; 652, pari all’11,9% scelgono una scuola professionale e solo252, il 6,6%, si iscrive ad un Iefp 9. Le tabelle mostrano netto il divario fra la notevole presenza delle studentesse nei licei (sono il 66,57%) e la loro scarsa presenza negli istituti tecnici e professionali. Interessante è approfondire la scelta per l’Istruzione tecnica da parte delle ragazze. 9Le “IeFP”, dall’anno scolastico 2010-11, sono percorsi di istruzione e formazione professionale, di competenza regionale, organizzati nelle scuole statali. Assolvono l’obbligo di istruzione in percorsi triennali o quadriennali e sono finalizzati al conseguimento – rispettivamente – di qualifiche e diplomi professionali. Pagina 35
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FIGURA 41 ISCRIZIONI ALL’ISTRUZIONE TECNICA DELLE RAGAZZE E DEI RAGAZZI RESIDENTI A BERGAMO (VALORI ASSOLUTI) DATI SIDI MIUR 2012-13 E 2015-16- TAVOLA 11
Come evidenziato dai dati, solo il 9% delle 330 ragazze iscritte nel 2012-13 agli istituti tecnici sceglie l’indirizzo tecnologico con percentuale che scende ancora nell’anno scolastico 2015-16, attestandosi all’8%.
La scelta degli indirizzi di studio delle ragazze privilegia i Licei, in particolare quelli con indirizzo umanistico; nelle scuole tecniche la scelta si rivolge all’indirizzo economico, trascurando quello tecnologico, che comprende l’informatica e che sforna professionalità ricercate dal mercato per quanto riguarda i servizi innovativi alle imprese. Sembra che le ragazze, scegliendo un indirizzo liceale, decidano in anticipo che il loro percorso di studi le porterà all’Università nella convinzione che una Laurea consenta miglior affermazione nel mercato del lavoro. Al tempo stesso sembra mantengano un pregiudizio verso un indirizzo di studi di tipo tecnico-scientifico percepito come “maschile” sottovalutando l’apertura che offre alle facoltà universitarie scientifiche. Non sappiamo quanto ciò sia dovuto ad un non corretto orientamento o a indicazioni di tipo familiare verso professioni, nel pubblico impiego e/o nell’istruzione, percepite come più garantite nelle tutele verso futuri ruoli-compiti familiari. Di certo questi orientamenti penalizzano le scuole tecnico-professionali, impoverendole delle intelligenze femminili, e incidono sulla futura occupazione: sono note le carenze di docenti d’area scientifica nel nostro territorio o le difficoltà delle imprese nel reperire specifiche figure professionali tecnico-scientifiche; è risaputa la crescente richiesta di servizi all’impresa con competenze digitali, particolarmente utili per l’innovazione e proiettate all’industria 4.0. Un’osservazione marginale, ma non irrilevante, riguarda la scarsa presenza delle ragazze nelle IeFP, segmento scolastico-formativo spesso indicatore di esiti di dispersione scolastica. Il fenomeno “dispersione” tocca poco le ragazze e si manifesta più al maschile.
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9. DONNE STRANIERE AL LAVORO Le donne straniere residenti in città nell’anno del Censimento sono 8.736 e, insieme a 9.615 uomini, costituiscono i 18.351 immigrati cittadini; rispetto alle 61.731 donne residenti, sono pari al 13,6% della popolazione femminile della città.
FIGURA 42 DONNE RESIDENTI ITALIANE E STRANIERE (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 12
I dati in possesso non qualificano la provenienza delle donne straniere; ci si rifà a quelli rilevati dal Comune nell’annuario statistico pubblicato del 2011 pur senza differenziazione di genere.
FIGURA 43 DONNE RESIDENTI STRANIERE- PER PROVENIENZA (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) ANNUARIO STATISTICO COMUNE DI BERGAMO 2011
Vi è prevalenza di donne boliviane, romene, marocchine, ucraine e albanesi che totalizzano la metà delle donne di altra provenienza.
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Interessante riportare la tabella che incrocia i dati sulle donne straniere occupate per tipo di occupazione col titolo di studio da loro posseduto:
FIGURA 44 RESIDENTI STRANIERI PER TITOLO DI STUDIO (VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 12
Analizzando il livello d’istruzione delle 3.885 donne straniere residenti in città che lavorano (il 17,50 % delle 22.193 donne occupate cittadine) si rileva che il 43,27% possiede solo la licenza elementare-media, contro il 21% medio di tutte le occupate; il 40,6% ha un diploma di scuola superiore, quasi pari al 41,4% medio; il 16,1% è laureato, rispetto al 31,73% medio). Si veda in proposito la tabella di figura 35. Il livello d’istruzione influisce sullo sbocco occupazionale. Infatti il 35,8%, pari a 1.392, sono occupate come assistenti familiari, sebbene 145 di loro siano laureate. Si sconta qui un problema di non riconoscimento dei titoli di studio esteri e più in generale una sotto-utilizzazione del capitale umano di origine straniera; il 13,8%, che raggruppa 537 donne, lavora nelle strutture sanitarie e il 10,9% (423) nei ristoranti, bar, alberghi; seguono, in percentuale di poco inferiore a quelle occupate nel commercio, le operaie e le colf al servizio delle famiglie.
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FIGURA 45 DONNE STRANIERE OCCUPATE PER SETTORE LAVORATIVO (VALORI PERCENTUALI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 - TAVOLA 12
Il grafico riassuntivo dei settori d’occupazione delle donne straniere le vede prevalentemente impegnate in attività di cura alla persona; infatti il 35,8% è assistente familiare, il 9,7 % colf, il 13,8% occupato in attività di assistenza socio-sanitaria con bassa qualifica, per un totale complessivo del 59,3% delle occupate straniere.
FIGURA 46 DONNE STRANIERE RESIDENTI ED OCCUPATE (VALORI PERCENTUALI E ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA12
Poiché il dato sull’occupazione appare molto inferiore al tasso medio cittadino, mentre probabilmente le donne immigrate sono in età lavorativa in numero più alto di quello delle italiane (per effetto di immigrazione autonoma o per ricongiungimenti familiari nella fascia dell’età adulta), si è valutato che, applicando il tasso medio d’occupazione cittadino, ci sarebbe il 15,43% di loro che lavorano in nero10.
FIGURA 47 DONNE STRANIERE RESIDENTI ED OCCUPATE (VALORI PERCENTUALI E ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 4 E 12
Occorre infine evidenziare che, su 1.645 donne occupate nel settore dell’assistenza familiari come badanti e colf, le donne straniere sono 1.392 coprendo l’84,6% di tutto questo settore occupazionale. 10 La differenza di donne straniere residenti secondo l’annuario statistico dell’anagrafe comunale è di 1.502 donne in più rispetto al numero rilevato del censimento (si veda nota 1). Questa differenza alzerebbe la percentuale di donne lavoratrici in nero di 6 punti percentuali portandole al 21,86%. Pagina 39
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I dati confermano il fenomeno della polarizzazione del mercato del lavoro nel settore di cura e di servizi alla persona con bassa qualifica che viene quasi interamente “consegnato” alle donne straniere per effetto di una crescente e significativa richiesta di “badanti” legato al progressivo invecchiamento della popolazione cittadina. Il mercato del lavoro dei servizi alla persona di medio-alta qualifica (sanitari ed educativi) è affidato invece alle italiane, come evidenziato nel capitolo 4. Si evidenzia anche una sottoutilizzazione delle professionalità della popolazione migrante. Probabile, osservando la differenza fra immigrate residenti ed occupate, l’esistenza di un’ampia fascia di donne non indagate nella loro situazione lavorativa. Il basso tasso d’occupazione dichiarato consente di ipotizzare una vasta area di opacità (contratti in grigio o in nero) con conseguente mancanza totale di tutele per queste lavoratrici, nonostante la delicatezza del ruolo sociale loro affidato e il contributo da loro offerto al nostro welfare.
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10. CHI VA E CHI VIENE: SPOSTAMENTI DELLE DONNE LAVORATRICI
FIGURA 48 DONNE E UOMINI OCCUPATI CHE RESTANO IN CITTÀ E CHE ESCONO DALLA CITTÀ PER LAVORO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 13
Se si osservano gli spostamenti per lavoro, sono 6.455 le donne lavoratrici che escono dalla città, il 33,3% del totale; praticamente un terzo conduce una vita da pendolare. Se si confronta il dato con quello dei 11.365 lavoratori uomini che escono dalla città per lavoro, si osserva che i lavoratori pendolari sono la metà del totale.
FIGURA 49 DONNE E UOMINI CHE ENTRANO IN CITTÀ DA COMUNI DIVERSI PER LAVORO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 13
Massiccio l’afflusso di lavoratrici e lavoratori da fuori Bergamo: si spostano da Comuni diversi verso il capoluogo ben 21.378 donne e 21.758 uomini.
FIGURA 50 SOMMA DEI LAVORATORI STANZIALI E DI QUELLI PROVENIENTI DA PAESI DIVERSI IN CITTÀ PER LAVORO (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 13
I dati sul pendolarismo ci consegnano una popolazione di occupati in città assai più alta degli occupati residenti, pari a 32.206 donne e 41.520 uomini,portando il totale di chi lavora in città nel 2011 a ben 83.726 unità.
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FIGURA 51 STUDENTI CHE ESCONO ED ENTRANO IN CITTÀ QUOTIDIANAMENTE (VALORI ASSOLUTI) MICRODATI CENSIMENTO 2011 – TAVOLA 13
Accanto agli spostamenti per lavoro, si registra uno spostamento giornaliero per motivi di studio di 1.060 ragazze e 846 ragazzi fuori città e un contemporaneo ingresso in città di ben 11.095 studentesse e di 14.501 studenti.
I dati del pendolarismo in uscita rendono evidente l'aggravio dei tempi di lavoro per le donne impegnate, sorprendentemente più degli uomini, nel viaggio verso i luoghi di lavoro, con conseguente aumentati problemi di conciliazione dei tempi per la famiglia perché al tempo di lavoro si aggiunge il tempo del viaggio. I dati del pendolarismo in entrata ci confermano la capacità attrattiva del mercato del lavoro cittadino. L’ingresso di un notevole contingente di donne lavoratrici, a cui si aggiunge anche quello di studenti e studentesse, pone però problemi di fruizione dei percorsi viabilistici e dei mezzi pubblici; intensifica inoltre la richiesta di servizi, in particolare per i minori. Il lavoro agile, di recente normato, che consente di svolgere il proprio lavoro dal domicilio e/o da postazioni più vicine alla propria residenza, potrebbe diminuire questo eccessivo pendolarismo.
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11. SPUNTI DI RIFLESSIONE E PROPOSTE OPERATIVE L’analisi dei microdati del Censimento 2011consente alcune riflessioni sui punti d’attenzione che riguardano il lavoro delle donne in città.
In ottica di tutele , va premesso che il sistema di protezione sociale del lavoro in Italia non offre tutele omogenee. Trattamento di maternità, congedi parentali, malattia e disoccupazione sono diversamente fruibili (quando non addirittura mancanti) a seconda del comparto di lavoro e del contratto in essere; all’essere dipendenti dirette o indirette (assunte tramite agenzie interinali o in modalità parasubordinata o tramite appalto); all’avere o non avere appartenenza a qualche Ente bilaterale 11; all’essere dipendenti pubbliche, private o autonome… Naturale che l'attenzione del Consiglio delle Donne sia mirata alle lavoratrici con minor tutele e garanzie. Gli spunti offerti dalla ricerca ci portano a suggerire particolare attenzione verso le assistenti familiari, le autonome con partita IVA impropria, le occupate con part-time involontario principalmente nel commercio, nelle strutture ricettive e nelle imprese di pulizia. Inoltre va ricordato che per molte lavoratrici il part-time non può essere liberamente scelto, mantenendosi reversibile, a seconda delle età della vita e delle problematiche connesse; spesso viene “imposto”, nascondendo un contratto precario o de-qualificato.
La competenza in merito alle tutele è specifica delle parti sindacali, ma l'Amministrazione Comunale può favorire l'emersione dal nero nel settore del badantato (ne ha la competenza per la Legge 15/2016 di R.L.) e vigilare sulle condizioni di lavoro delle/i dipendenti delle aziende che forniscono servizi in appalto. (Linee programmatiche: Punto 20 "Longevità over 65"; Punto 147 "Le attività produttive e il commercio").
L’estensione delle tutele del lavoro viene sancita in Europa dal “Pilastro dei diritti sociali” che dovrebbe “assicurare l’equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale” per tutti i lavoratori della EU, garantendo occupazione, equi salari, flessibilità e protezione nelle transizioni da un lavoro all’altro (Pillar Cap. I, II, III).
In ottica di conciliazione vita-lavoro , o meglio con più positivo termine europeo, di “work-life balance”, va premesso che la disomogeneità nel viverla è connessa alla possibilità di fruire o meno dei congedi parentali, dell’essere o no una famiglia monogenitoriale, del poter contare su una rete parentale o esserne privi, del tempo di viaggio per raggiungere il lavoro e/o della possibilità o meno di usufruire di mezzi pubblici, del potere o non potere ottenere part-time reversibili, della presenza nel proprio territorio di servizi, anche integrativi, per minori 0-14, adeguati negli orari a quelli di lavoro e accessibili per le rette in base ad ISEE, di servizi over-65 per l'assistenza agli anziani; di orari extra-lavorativi di accesso agli uffici pubblici… 11Gli enti bilaterali sono degli organismi paritetici, di natura contrattuale, costituiti dalle associazioni sindacali e dei datori di lavoro. Le loro funzioni sono molto numerose: dalle conciliazioni nelle liti di lavoro, agli incentivi per le imprese, al sostegno del reddito per i lavoratori, alla formazione professionale. Finanziati con contributi a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, erogano tutele, welfare e benefici aggiuntivi ai lavoratori. Pagina 43
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Va ricordato inoltre che la fruizione dei congedi parentali, laddove se ne abbia il diritto, è resa sfavorevole in Italia dalla bassa copertura retributiva (30%); come si può osservare nella tavola 14, i padri ne fanno scarsissimo uso (sono solo il 3,5% dei lavoratori padri). Lo sguardo del Consiglio delle Donne è consapevole dei molteplici fattori che devono interagire per creare le condizioni del bilanciamento dei tempi di vita e lavoro e della necessità di creare un vero sistema integrato di welfare, con servizi “pesanti” e “leggeri” accanto a tempi e orari cittadini flessibili. Gli spunti offerti dalla ricerca ci portano a suggerire una particolare attenzione per le donne con figli minori e per le famiglie monogenitoriali; per le lavoratrici che non godono ancora di congedi; per le lavoratrici che sono caregiver di genitori e parenti non più autosufficienti.
L'Amministrazione Comunale ha specifiche competenze sui Tempi ed orari della città (Legge 53/2000) e partecipa all'Alleanza territoriale ATS sulla conciliazione dal 2010. Ha redatto il Piano Tempi e Orari (PTO) nel 2006; ha una Consulta per i tempi della città che opera stabilmente dal 2017. Può inoltre favorire la reversibilità del part-time per le/i proprie dipendenti e forme di “lavoro agile” a secondo dei periodi della vita, come già sta sperimentando per 26 dipendenti (si veda l’esperienza finanziata da Regione Lombardia “Smart Companies Smart working” alla seconda edizione). Ha partecipato ai bandi regionali con due progetti: “Lavoro agile” e “Tempi accoglienti per le famiglie” ed è partner del progetto con finanziamenti europei “Sostegno e potenziamento dell’extra-scuola”). Potrebbe utilmente interagire con le Associazioni di categoria per creare sinergia fra welfare territoriale e welfare aziendale, contando sulle recenti norme introdotte nel Testo unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) dalla Legge 208 del 28.12.2015 e dal Decreto 25.03.2016. Nelle sue Linee programmatiche sono molte le voci che concorrono al tema "conciliazione vita-lavoro" e se ne citano solo alcune: Punto 40 e Punto 155 sul “Telelavoro”; Punto 115 "Decentramento e partecipazione"; Punto 34 "Un anno in famiglia", forma di sostegno ai congedi parentali; Punto 35 "Ampliamento della rete dei Nidi"; Punto 64 "Sostegno al Piedibus"; Punti 222, 223, 225 "Velocizzare i mezzi pubblici, estenderne gli orari.."; Punto 18 "Azioni di prossimità per gli anziani"; Punto 124 "Tributi on line". Numerose le azioni messe in campo, sebbene manchi ancora una regia interassessorile di tali azioni, un riconoscimento “pubblico” di molti servizi integrativi affidati al volontariato e una completa implementazione dello Sportello polifunzionale.
Come segnale di attenzione alla conciliazione come diritto per tutti in Europa, la direttiva comunitaria COM(2017)253 dovrebbe introdurre entro il 2025 in tutti gli stati membri il "diritto a 10 giorni lavorativi di congedo di paternità alla nascita di un figlio, retribuiti" e "diritto di richiedere modalità di lavoro flessibili per i genitori con figli fino a dodici anni di età e per lavoratori con responsabilità di assistenza", sebbene ne sancisca solo il diritto a «farne richiesta».
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In ottica di carriera la ricerca conferma l'evidente disparità di genere nell'accesso alle figure dirigenziali da parte delle lavoratrici. Premesso che la Legge Golfo-Mosca 120/2011, non in vigore nell'anno del censimento, sta garantendo nei CDA il 30% di presenza femminile nelle aziende quotate in borsa, si osserva che la difficoltà nel raggiungere carriere apicali da parte delle donne è dovuta in parte alla rigidità dell’organizzazione lavorativa, in parte al divario retributivo di genere, in parte a un ritardo culturale delle donne che considerano i compiti di cura familiare come impedimento alla carriera, sia per mancata educazione alla leadership, sia per mancata educazione culturale alla condivisione di tale ruolo. Il ritardo nella distribuzione paritaria dei compiti di cura in Italia è noto: la EU (2017, pag.12 del Libro bianco sui diritti sociali) stima che "le donne che lavorano trascorrono 22 ore alla settimana in lavoro non retribuito, mentre gli uomini che lavorano spendono meno di 10 ore". Si suggerisce che lo sguardo del Consiglio delle Donne sia particolarmente attento all'educazione alla cura e alla condivisione dei ruoli familiari oltre che all'obiettivo della parità salariale.
L'Amministrazione Comunale ha assunto alcuni compiti nel ruolo educativo e culturale sul tema della parità; si vedano il Punto 31 delle Linee programmatiche "Verso la coniugalità" e il recente Corso prematrimoniale laico, organizzato nel 2018; il Punto 80 sul "Protagonismo femminile"; il Punto 315 "Parità di trattamento nelle aziende partecipate". Le azioni più significative intraprese promosse dal Consiglio delle Donne e dall’Amministrazione sono state: introduzione del linguaggio istituzionale di genere, azioni per eliminare le discriminazioni di genere nello sport come professione, regole contro la pubblicità sessita, intitolazione di sale pubbliche e vie alle donne.
Il segnale di attenzione che la Commissione europea ha nei confronti della parità fra donne e uomini, è molto forte; definito con la strategia di Bruxselles 2011 "New Europan Pact for equality f/m", trova sottolineature nell'art.2 del Pilastro europeo deii diritti sociali: " La parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere garantita e rafforzata in tutti i settori, anche per quanto riguarda la partecipazione al mercato del lavoro, i termini e le condizioni di lavoro e l’avanzamento di carriera.b) Donne e uomini hanno diritto alla parità di retribuzione per lavoro di pari valore."
In ottica di espansione del mercato del lavoro femminile la ricerca sottolinea la difficoltà d’inserimento lavorativo delle giovani donne e la mancata qualificazione ed emersione di interi settori delle attività di cura alla persona. Premesso che il fenomeno della disoccupazione giovanile ha cause profonde nel modello di sviluppo economico italiano, nel suo sistema di mobilità sociale, di pensionamento e nel suo modello scolastico formativo, lo sguardo del Consiglio delle Donne avrà particolare attenzione al carente orientamento scolastico delle ragazze verso le scuole tecniche e verso le facoltà scientifiche. Dovrà mantenersi sensibile anche al tema della valorizzazione delle qualifiche di tutte le attività lavorative legate alla cura della persona.
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L'Amministrazione Comunale riconosce il compito di sostegno all'inserimento lavorativo dei giovani. Si vedano in particolare il Punto 43 "Eurodesk"; Punto 70 "Imprenditorialità giovanile"; Punto 154 "Punto lavoro" delle Linee programmatiche. Significativo il contributo dato alla nascita dei quattro co-working cittadini. Sembra possibile rafforzare, in ambito di orientamento scolastico (Informagiovani e protocolli d’intesa con MIUR-Tavolo antidispersione e Bergamo Sviluppo, ma anche laboratori per preadolescenti femmine nei quartieri) , l’appetibilità degli indirizzi tecnico-scientifici per le studentesse (si veda il CRE estivo Natta-Scuola Media S.Lucia); sostenere gli IFTS e ITS anche nell’orientamento post-superiori. In questa attività orientativa, serve assumere uno specifico sguardo di genere.
L'Europa si è impegnata nello sforzo di aumentare l'occupazione femminile soprattutto con le strategie, e i conseguenti finanziamenti, di Lisbona 2000 (ha fissato l'incremento al 60%) e la Strategia EU 2024 (ha fissato l'incremento dell'occupazione al 75%). Da tali direttive discendono i fondi regionali utilizzati nei vari e successivi Bandi di conciliazione di Regione Lombardia e per la Garanzia Giovani e Dote Unica Lavoro.
In ottica di politiche familiari la ricerca evidenzia come, nonostante le difficoltà, la maggioranza delle lavoratrici abbia figli. Occorre premettere che il mantenimento delle mamme nel mercato del lavoro richiede una rete di servizi 0-14, in cui si intreccino servizi per minori 0-3 e 3-6 senza liste d’attesa e servizi integrativi di pre-post scuola, di scuole aperte, di extra-scuola e di laboratori nei periodi estivi e delle vacanze natalizie e pasquali per la primaria, la secondaria di 1° ed anche la secondaria di 2°, perlomeno nella fascia dell’obbligo scolastico; abbisogna inoltre di una medesima rete di servizi per l'assistenza agli over-70 non autosufficienti, laddove le lavoratrici siano nella condizione "sandwich" di dover accudire i genitori anziani. La realtà mostra invece come spesso nei servizi 0-14 la rete pubblica sia frammentata e in particolare copra poco la fascia della pre-adolescenza; come i benefici economici per l'accesso ai servizi tramite ISEE siano discontinui e legati a bonus non strutturali; come -nell'assistenza agli over70 - il welfare in campo sia quasi esclusivamente delegato alle famiglie, attraverso un mercato fin troppo bene autoregolato, ma spesso senza tutele e legalità. Ciò costringe le donne occupate a destreggiarsi con fatica fra servizi e ricorso a parenti (i preziosissimi nonni) e/o a ruoli multitasking o - soluzione adottata dalle famiglie benestanti - a "comperare" servizi privati (baby sitter, baby parking, scuole paritarie, centri estivi, badantato..). Lo sguardo del Consiglio delle Donne deve essere particolarmente attento alle soluzioni di welfare che nascano dal riconoscimento del soggetto "famiglia" e metta in campo risposte strutturali e interassessorili, in rete col privato sociale. Il Consiglio delle Donne potrebbe utilmente collaborare con la “Consulta delle Politiche familiari del Comune di Bergamo”, organismo attivo dal 2000.
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L'Amministrazione Comunale si è posta il compito di potenziare la rete dei nidi comunali e di ampliarne l'orario (asilo di Redona; orario prolungato in tutti i nidi..); sta sperimentando forme di "Scuola aperta" (esperienza SaLotto..) e di regia dell'extrascuola (Punto n.36, sul "potenziamento del Centro Famiglia per i preadolescenti"; Punti 54 e 58 "nuove modalità di organizzazione dell'extra-scuola"; Punto56 "Progetto Scuole Aperte"). Sta allargando i servizi di custodia sociale degli anziani e di posti di ricovero diurno e altri servizi flessibili di prossimità. Si vedano il Punto23 delle Linee programmatiche e il ricovero diurno al Villaggio degli Sposi. Si accinge a valutare e importare il modello in atto nelle città "Comune amico delle famiglie" di Trento. Potrebbe definire meglio il ruolo, ad oggi solo consultivo, della Consulta Politiche familiari e del Consiglio delle Donne, aggiungendo compiti di co-progettazione e di verifica dei servizi per la famiglia; dar maggior centralità al Centro Famiglia di via Legrenzi e curare l’informazione sui servizi tramite pagina online e opuscoli (estensione di Bambiniegenitori.it dedicato prevalentemente allo 0-6, dando vita a Ragazze-iegenitori.it dedicato al 6-16 ).
L'Europa, come attenzione alle politiche familiari, con Barcellona 2002 ha definito al 30% la copertura per minori negli asili nido e al 90% quella nelle scuole dell'infanzia. Col Pilastro dei diritti sociali intende introdurre in tutti gli stati membri la possibilità di ricorso flessibile (frammentato o a tempo parziale) a "4 mesi di congedo parentale utilizzabili fino al raggiungimento del dodicesimo anno di età del figlio e non sono trasferibili tra i genitori" e il diritto a "5 giorni all'anno di congedo retribuiti al livello del congedo per malattia per prendersi cura di familiari dipendenti o gravemente malati". Dai fondi europei derivano le risorse utilizzate da Regione Lombardia per la misure "Nidi gratis", attiva dal 2015-16. Nell'art. 11 del Pilastro, l'EU stabilisce che "I bambini hanno diritto all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità."
QUESTO PARAGRAFO È ANCORA APERTO . LE PROPOSTE OPERATIVE ATTENDONO DI ESSERE ARRICCHITE DAL LAVORO DI TUTTE LE COMMISSIONI DEL C ONSIGLIO DELLE DONNE . È QUINDI LA BASE DI PARTENZA PER LE ELABORAZIONI FUTURE. 12. RINGRAZIAMENTI Si ringraziano il dott. Paolo Longoni dell'Ufficio Studi di CCIAA, per averci fornito con puntualità e pazienza i microdati del censimento richiesti, e il sig. Antonio Bettoni, per l'elegante elaborazione del ppt di presentazione
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13. FONTI Censimento ISTAT 2011 – estrazione microdati a cura dell’Ufficio Studi di CCIAA Bergamo (*) ASIA IMPRESE 2011-14 e ASIA OCCUPAZIONE 2011-13 - estrazione dati a cura dell’Ufficio Studi di CCIAA Bergamo (*) EUROSTAT - estrazione dati a cura dell’Ufficio Studi di CCIAA Bergamo (*) Anagrafe Comune di Bergamo - “Bergamo in cifre” Statistiche demografiche 2011 http://www.comune.bergamo.it/servizi/Menu/dinamica.aspx? idSezione=3786&idArea=1181&idCat=1191&ID=1191&TipoElemento=categoria# INPS - Area prestazioni di sostegno al reddito-Congedi parentali 2011 https://www.inps.it/webidentity/banchedatistatistiche/congdipe/index.jsp Dati SIDI MIUR – estrazione dati a cura dell’Ufficio Istruzione Formazione e Lavoro Provincia di Bergamo http://www.istruzione.it/portale_sidi/ MIUR – Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo (USP) (*) il materiale di studio è disponibile in formato elettronico. È possibile fare richiesta alla segreteria del Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo (consigliodonne@comune.bg.it)
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