La costituzione sentimentale

Page 1


Percorsi di Legalità Rete di scuole della Provincia di Chieti

LA COSTITUZIONE 
 SENTIMENTALE PREFAZIONE DI MICHELE GAGLIARDO POSTFAZIONE DI MARIO SCHERMI


Edizione, progetto grafico e impaginazione a cura di: Rete di scuole Percorsi di legalità

Redazione testi a cura delle Scuole della Rete Disegno di copertina a cura di: Liceo Statale “I. Gonzaga” - Chieti

Stampa: Casa Editrice Leardini Guerrino di Leardini Giuseppe. Anno 2015

In collaborazione con la Prefettura di Chieti

2


“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità” Piero Calamandrei

“Oggi è difficile educare perché il nostro impegno di formare, a scuola, il cittadino che collabora, che antepone il bene comune a quello egoista, che rispetta e aiuta gli altri, è quotidianamente vanificato dai modelli proposti da chi possiede i mezzi per illudere che la felicità è nel denaro, nel potere, nell'emergere con tutti i mezzi, compresa la violenza. A questa forza perversa noi dobbiamo contrapporre l'educazione dei sentimenti: parlare di amore a chi crede nella violenza, parlare di pace preventiva a chi vuole la guerra” Mario Lodi

3


4


Questa pubblicazione arricchisce il percorso avviato dalla Rete provinciale di scuole “Percorsi di Legalità” dedicando l’itinerario formativo del corrente anno scolastico a una rilettura consapevole e partecipata della Costituzione Italiana. La strategia educativa intrapresa si conferma una esperienza viva, che unisce generazioni, istituzioni, competenze, mettendo insieme ricerca storica, attività formativa, momenti di studio e di dialogo tesi a promuovere la volontà e la capacità dei giovani di sentirsi partecipi e protagonisti nella costruzione di una società migliore. Il mio messaggio, affettuoso e davvero sentito, è rivolto in modo particolare proprio alle ragazze e ai ragazzi, che hanno reso speciale questo progetto che tende a esaltare i valori e gli ideali di libertà e di giustizia che hanno guidato tanti anni fa moltissimi giovani coraggiosi che, a rischio e con sacrificio della propria vita, hanno reso possibile la nascita della nostra Costituzione. Con soddisfazione ricordo che da anni la Prefettura assicura - ai diversi livelli di intervento sul territorio e unitamente alle altre istituzioni - un coerente e costante impegno per la promozione della cultura della legalità e della crescita della formazione di una coscienza collettiva per la condivisione consapevole del valore del bene comune a partire dalla scuola, dove si vivono le prime dinamiche e modalità di rapporto e di confronto che appartengono già alla vita sociale vera e propria. Esprimo i più vivi complimenti alle ragazze e ai ragazzi e a quanti si sono impegnati con passione e dedizione, attraverso le diverse competenze e modalità di espressione, per realizzare un altro risultato importante, occasione di crescita educativa, culturale e umana, per future cittadine e futuri cittadini responsabili e consapevoli. Fulvio Rocco de Marinis Prefetto di Chieti 5


6


PREFAZIONE Una Costituzione sentimentale, non sentimentalista Sento il dovere di partire dalle parole pronunciate da Piero Calamandrei in un noto discorso fatto agli studenti milanesi nel 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”. Rileggendo le parole di Calamandrei e avvicinandoci alla Costituzione è evidente che in esse non sono contenuti e trasmessi sentimentalismi alcuni; non vi è un tratto malinconico, non vi sono sentiti languidi o sdolcinati. Le emozioni veicolate appaiono ben ancorate alla dimensione del pensare e dell’agire: ragionamenti e movimenti furono il risultato di un “sentire civile” allora diffuso, espressione di sentimenti che permisero, ai singoli, di decidere che fosse necessario sviluppare un modo di pensare orientato alla cura dell’uomo e del mondo, dal quale ne scaturirono coerenti scelte di comportamento collettivo. Osservata dal punto di vista dei sentimenti la nostra Costituzione è fonte di importanti apprendimenti, che ritroviamo tutti negli elaborati contenuti in questo libro. La dimensione della partecipazione civile, dell’impegno in pratiche di “cittadinanza attiva” come oggi si usa dire, non possono fondarsi solo sullo sviluppo di alcune competenze: la capacità di leggere il contesto comprendendone la complessità delle situazioni e dei meccanismi; la capacità di esercitare un giudizio sui fatti; la capacità di compiere l’atto della decisione, dell’orientare l’azione; la capacità di trasformate un’idea in un progetto, di lavorare in gruppo. Appare indispensabile giungere nel mondo profondo delle persone, dove si incontra la vita con la sua storia e la costruzione del senso, per smuovere la passione per la responsabilità pubblica e il valore della dimensione collettiva nel pensare e nell’agire. In un’epoca caratterizzata da spinte individualiste, competizione, svalutazione della cosa pubblica e disinvestimento nella cura dei processi sociali, il comportamento più facile da riscontrare è la chiusura nel privato, il rifugiarsi nel proprio mondo ristretto ed intimo. Una condotta che contiene criticità non solo dal punto di vista della frammentazione della comunità, ma anche per le singole persone, per la loro soggettività. Ciascuno di noi è, in quanto individuo in relazione, che si nutre e vive del continuo scambio con gli altri. Chiudersi nella propria intimità significa sospendere il passaggio della “linfa vitale” rappresentata dalla relazione plurale e compromettere la condizione principale dell’esercizio della libertà, cioè il decidere di aprirsi al mondo esercitando il potere di interferire con il mondo stesso cambiandolo, ricostruendolo con altri. Quale è la via di uscita da questa situazione? Cosa permette di avviare un processo di “educazione alla responsabilità civile”, all’impegno e alla cura della dimensione pubblica collettivamente? Indubbiamente serve investire in percorsi orientati alla formazione di una precisa mentalità, nella quale possano trovare spazio: l’apertura a ciò che è altro da sé; la necessità di costruire percorsi insieme agli altri; l’impegno nella lotta contro il “male” con uno sguardo critico, analitico ed eticamente orientato sulla realtà. Ma ciò non è sufficiente, la sola educazione della mente non basta a dar ragione e 7


movimento ai pensieri. La cura, la tutela e lo sviluppo dei principi contenuti nella Costituzione, nei suoi articoli e nella sua storia, può avvenire solo e se, ad un lavoro di tipo cognitivo si affianca un’attenta opera sentimentale, in grado di agire, quotidianamente, momento per momento, sul sentire individuale e collettivo, sulle “ragioni del cuore” che spingono ad intervenire, ad abbandonare la stasi in cambio dell’esercizio di responsabilità verso l’altro e la cosa pubblica. Le narrazioni presenti in questa raccolta, propongono al lettore esperienze nelle quali è possibile incontrare i sentimenti civili e le emozioni parte del “sentire politico”; ciò che si prova nel momento in cui vengono vissute o si conoscono situazioni che producono sofferenza ed erosione della dignità umana. Un sentire che dà origine alla consapevolezza di “ciò che si è” come individui e del ciò che è la realtà nella quale si vive, le sue qualità e le sue fragilità. Sentire l’ingiustizia che opprime la vita delle persone, sentire con l’altra persona la sofferenza che prova; sono sentimenti generatori di un’energia orientata eticamente verso il bene, verso i comportamenti civili: in una dinamica nella quale tali sentimenti si incrociano con una forma mentale volta ad esprimere un giudizio sui fatti, a definirli come ingiusti. Ma ciò che i racconti mettono ulteriormente in evidenza è il tratto positivo insito nella questione “sentimentale” ed indispensabile per delineare una qualità dell’approccio alla questione civile. Troppe persone si avvicinano alla realtà incontrandone quasi unicamente gli aspetti negativi, i pesi, le fragilità. Tale approccio, come si può immaginare, include il rischio di sviluppare un forte senso di impotenza; di percepire l’impossibilità di incidere in un mondo fortemente compromesso, scorgendone di esso solo le parti buie. L’agire politico e collettivo si mostra troppo impegnativo e faticoso, o a volte addirittura inutile. Dalle narrazioni si evince uno sguardo interessante sempre legato alla dimensione del sentire: al fine di orientare la propria vita, in modo vivo e vitale, ad una attenta cura del mondo, delle persone, insieme ad altre persone è essenziale sentire e sviluppare il piacere di essere nel mondo insieme agli altri. Essere grati alla vita per ciò che ci regala; riuscire ad apprezzare il quotidiano; percepire il valore delle relazioni che danno forma e senso al nostro spazio di vita; amare il mondo e le persone che lo abitano. Solo questi sentimenti, queste “predisposizioni sentimentali” permettono di sviluppare la passione per la questione civile e coltivare il desiderio di giustizia. Grazie, allora, ai bambini e alle bambine, alle ragazze ed ai ragazzi che con i loro racconti ci aiutano a fare chiarezza relativamente ad una tra le parti più importanti della vita del mondo e degli uomini: quella del sentire. Una parte trascurata, messa spesso al di fuori delle questioni di senso. Grazie agli insegnanti che caparbiamente, da anni si impegnano per far crescere percorsi di giustizia locale, con esperienze pratiche promotrici di una cultura di alto valore civile. Grazie ai dirigenti delle scuole, capaci di sentire la loro responsabilità educativa e di operare scelte coerenti nella direzione dello sviluppo di un sentire di giustizia. Buona lettura.

Michele Gagliardo*
 * Formatore dell’Associazione Libera e dell’Associazione Gruppo Abele di Torino
 8


________________________________ Principio democratico ________________________________

PRINCIPIO DEMOCRATICO

Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

9


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

10


________________________________ Principio democratico ________________________________

Un pesciolino fuor d’acqua
 “Aiutami, aiutami! Portami con te!” una voce riscuote la ragazza che, tranquilla, sta pagaiando sul fiume. Si guarda intorno, ma non vede nulla, fino a quando, ancora quella voce “Sono qui giù! Tirami fuori di qui! Ti prego!” Un pesce arancione nuota veloce in superficie, la ragazza, allora, immerge un secchiello e lo preleva. “Che ti succede?” ancora ansimante, il pesce le risponde “Fuggo dalle mie acque. Qui la vita è un inferno, prevale la legge del più forte e non c’è nessuna regola. Solo la bruta violenza, i soprusi e la furbizia.” La ragazza lo guarda stupita per poi esclamare “Ma è terribile! In che mondo brutto vivi! Qui da noi ognuno ha i propri diritti e doveri, tutti scritti nella Costituzione. Ora ti porto con me, vedrai com’è bella la mia Italia!” Mentre tornano indietro i due continuano il discorso. “Sai pesciolino noi godiamo di diversi diritti, come alla vita, alla libertà, al rispetto! Ma anche all’istruzione, è importante la cultura per il progresso e il benessere della società. Inoltre siamo tutelati dalla legge, che è uguale per tutti. Ognuno è legittimo cittadino, non importa che sia ricco o povero, cattolico, musulmano o buddista, non importa nemmeno il colore della pelle, siamo tutti uguali.” Il pesce la guarda sempre più sorpreso, ma la invita a continuare. “Tutti insieme lavoriamo per il paese e per il bene comune, è nostro diritto, ma anche nostro dovere.” La ragazza guarda il pesce, poi prosegue “Il mio paese ripudia la guerra, ambisce alla pace, che nasce solo se si riesce a vivere insieme, rispettandosi l’un l’altro.” A quel punto il pesciolino le chiede di fermarsi e le dice “Cara ragazza, vivo da tempo in questo fiume, e dalle rive ne ho viste passare di persone; quello che tu dici è bellissimo, ma troppa gente è disinteressata perché senza lavoro, c’è troppa violenza e c’è ancora ignoranza.” Detto questo il pesce si tuffa in acqua e, poco prima di sparire, aggiunge “Torno al mio mondo, perché è troppo doloroso vedere come la tua gente è capace di tali nobili pensieri, ma incapace di rispettare questi principi, come dici tu fondamentali della Costituzione!” La ragazza allora gli dice “Guarda pesciolino che ci stiamo riprendendo, piano piano con la buona volontà torneremo tutti a lavorare e i diritti saranno di nuovo rispettati.” Poi si gira e riprende a pagaiare. Nicole Monaco Classe 2B
 Scuola Secondaria di Primo Grado “V. Antonelli”
 Istituto Comprensivo n.3 - Chieti

11


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Il Pianeta … responsabile Il Pianeta Terra era abitato da creature piccole che non avevano ancora scoperto la bellezza di provare sentimenti. Vivevano in solitudine e malinconia, isolate le une dalle altre, chiuse nei loro piccoli cuori. Un giorno apparve all’orizzonte un luminoso arcobaleno che inondò la Terra di mille colori. I cuori dei piccoli esseri si riempirono di vita e calore. Gli abitanti iniziarono a esplorare il loro Pianeta, impararono a conoscersi e scoprirono che era bello stare insieme. Cominciarono a comunicare e capirono che condividere e sostenersi a vicenda non li faceva più sentire soli. Finché un giorno si alzò all’orizzonte un freddo e grigio arcobaleno che riportò sconforto e solitudine sul Pianeta: gli abitanti scoprirono di essere diversi, nuovamente la paura si impossessò di loro. Il timore che uno potesse essere più forte dell’altro fece nascere una sorta di diffidenza verso ogni compagno, pian piano un vento freddo si impadronì di loro. Qualcuno iniziò addirittura a pensare di essere superiore all’altro. Dimenticarono di essere stati amici, costruirono muri per separarsi e tenere fuori gli altri. Il gelo imprigionò i loro cuori e le loro menti. Passarono gli anni e tutti erano stanchi di vivere senza sentimenti ed emozioni. Iniziarono ad avere nostalgia del caldo arcobaleno che aveva illuminato i loro giorni. Improvvisamente un abitante del Pianeta rivolto ai suoi simili gridò:- Basta! Di cosa abbiamo paura? Cerchiamo di parlare, di capire cosa è accaduto, cosa ci ha reso così soli e distanti?- Timidamente gli abitanti uscirono dai loro ripari, iniziarono a parlare senza ascoltare, l’abitante propose:- Amici torniamo a dialogare a comprenderci.- Parlarono e ricordarono di essere stati amici, compresero che ognuno poteva offrire qualcosa all’altro, tornarono a fidarsi, le loro diversità non li spaventava più. Gli abitanti scoprirono di essere una comunità e conobbero nuove parole:uguaglianza, solidarietà,democrazia. Compresero che convivere pacificamente e in democrazia li rendeva più liberi e sicuri. Buttarono giù i loro muri interiori e si accolsero come fratelli. Gli abitanti erano cresciuti, erano divenuti uomini responsabili capaci di prendersi cura gli uni degli altri. Testo collettivo Classe 5A
 Scuola Primaria Torrevecchia Teatina
 Istituto Comprensivo “M. Buonarroti” - Ripa Teatina

12


________________________________ Principio democratico ________________________________

La storia della Costituzione C’era una volta, ma non troppo indietro nel tempo, una sessantina di anni fa, una scuola molto strana dove gli alunni erano gli articoli della Costituzione Italiana. Questa scuola era stata istituita per aiutare gli articoli ad entrare a far parte di una costituzione. Il nome di questa scuola era Highart ed era divisa in tre fasce: prima, seconda e terza. Anche le classi erano tre e si distinguevano in ordine numerico in base agli articoli che c’erano. Nella classe A spiccavano gli articoli: 1, 4, 36 e 37. Lo sport della scuola era l’Head Magic: grazie ai loro poteri gli articoli dovevano far fare la cosa più divertente ad un umano messo al centro del cerchio. In questo gioco gareggiava tutta la scuola e la classe che vinceva veniva eletta come costituzione dell’anno e trovava subito lavoro. Anche il bidello della scuola aveva delle doti magiche infatti quando era giovane abitava sull’Olimpo e il suo nome era Cupido. Era stato assunto proprio per mantenere la scuola priva di risse grazie alle sue frecce e al suo arco. Durante la lezione di “articologia avanzata” gli articoli 1 e 4 vennero mandati nell’ufficio del preside per aver fatto ripetere al bidello “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” fino a che quello non crollò stremato. Nell’ufficio del preside non c’era nessuno, ma si sentiva un leggero scricchiolio proveniente da dentro un cassetto. Di colpo una luce abbagliante si trasformò in una saetta e uscì dalla finestra: era uscito anche un libro che probabilmente aveva più di cent’anni, quello che avevano liberato era un Mangiacarta, cioè un mostro formato da cinque articoli cuciti in malo modo uno sull’altro: avevano messo in libertà una delle più grandi bestie che l’uomo abbia mai conosciuto. I due piccoli articoli scapparono a gambe levate, ma nei giorni seguenti si iniziarono a sentire le prime voci sulla scomparsa del Mangiacarta e quando fu passato un mese era chiaro agli occhi di tutta la classe chi era stato a liberarlo. Si iniziarono anche a intravedere ombre strane nei bagni o nelle classi: la situazione si era fatta insostenibile. A quel punto tutti i ragazzi delle terze più Cupido si incamminarono alla ricerca del Mangiacarta. Questo mostro era la rappresentazione di tutte le cose brutte accadute nel mondo e non era molto mansueto. La strada per raggiungerlo attraversava le fogne ed era veramente faticosissima. Il Mangiacarta, inoltre, non aveva solo i poteri degli articoli legati a se ma anche quelli di tutte le armi di distruzione. Il duello finale continuava ormai da venti minuti e i nostri articoli erano sfiniti mentre il mostro sembrava in piena forma. A questo punto tutti gli articoli lanciarono un incantesimo contemporaneamente. Dal terreno emerse un mostro gigantesco che aveva centotrentanove punti. Il Mangiacarta era impaurito perché, come nella profezia dell’Head Magic, se si univano centotrentanove poteri si formava la Costituzione Italiana. Il mostro si rese subito conto che era spacciato. A distanza di tanti anni questi articoli continuano a regolare la vita sociale del nostro paese. Giacomo Ventura Classe 3A Scuola Secondaria di Primo Grado - Convitto nazionale “G. B. Vico” - Chieti 13


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Boncuri: uno schiaffo alla Costituzione Ogni giorno è ripetitivo, come una bobina che gira e rigira continuamente nella mia testa. Il sole non è ancora alto e il rumore del furgone mi ha svegliato. Neanche il tempo di realizzare che è già arrivato il nuovo giorno e sono già sul furgone. Venticinque persone, l’una sull’altra come sardine in uno spazio in cui a malapena ne entrerebbero dieci. Il viaggio è un’odissea e la destinazione un inferno. Ad ognuno di noi braccianti, schiavi che lavorano senza sosta nell’afa di un luglio pugliese per guadagnare dieci euro se va bene, se non sopraggiunge un malore che costa venti euro di trasporto in ospedale, vengono assegnate tre file di piante di pomodori. Bisogna essere veloci altrimenti i caporali si arrabbiano. Prendo il cassettone, che già vuoto pesa più di settanta Kg, e inizio a raccogliere. Ho la schiena a pezzi, chino senza sosta con le mani screpolate che presto inizieranno a sanguinare. Penso a mia figlia, chissà quando la rivedrò. Il Camerun è lontano. I caporali ci ronzano attorno obbligandoci a raccogliere in fretta e con delicatezza. I pomodori devono rimanere integri, senza ammaccature. Ho appena finito di riempire il primo cassone ed è già passata quasi un'ora. Devo assolutamente fermarmi, bere, mettere qualcosa sotto ai denti. Mi concedo un sorso d’acqua, devo tesaurizzarla, una bottiglietta da mezzo litro per l’intera giornata. Mangio il mio unico panino, comprato alla masseria, non è concesso comprare altrove. Deglutisco la rabbia, la desolazione, la disperazione. E’ questa la vita che desideravo? Ho fatto tanta strada per questo? Smetto di pensare, devo concentrarmi, la lentezza o qualche errore potrebbero costarmi cari. Mentre riempio il terzo cassone sento un vociare confuso, un gruppo di braccianti, in lontananza, sta discutendo animatamente con un caporale, il nigeriano, il più crudele. Li vedo gesticolare. Mi avvicino. Il caporale aveva urlato ai miei compagni di raccogliere i pomodori da insalata uno alla volta, doppia fatica e meno guadagno. Ci pagano a cassone e quel tipo di raccolta significa spaccarsi la schiena per qualche euro. I braccianti capeggiati da un certo Sagnet, uno nuovo, un giovane studente mi pareva di aver sentito, chiedevano un piccolo aumento per quel tipo di raccolta ben più faticosa e snervante. Il caporale era molto agitato, quella protesta stava rallentando la raccolta. I padroni della masseria erano arrivati a controllare e il caporale era fuori di sé. Mi sembrava di capire che Sagnet e gli altri volevano tornare alla masseria. Il caporale urlava che non avrebbe pagato loro la giornata. Rimango alla larga per evitare di perdere il mio unico lavoro. Finito di riempire il quinto cassone vengo caricato insieme agli altri nel furgone per tornare alla masseria. Quella sera non riuscivo a prendere sonno, pensavo e ripensavo a quel Sagnet, a quel NO che aveva urlato al caporale. Di nuovo mattina, la bobina di quel terribile e anacronistico film inizia a girare. Ma c’è una nuova immagine nella sceneggiatura da “Capanna dello zio TOM”, un gruppo di braccianti sta bloccando il traffico, vuole farsi notare, vuole far sentire la sua voce, rialzare la testa, opporsi a quelle inaccettabili condizioni di lavoro. Non riesco a seguire 14


________________________________ Principio democratico ________________________________ l’accaduto perché il furgone passa subito a prenderci. Nel campo c’era agitazione, tutti parlavano di Sagnet, di scioperi, di diritti. Giravano volantini. La sera ci sarebbe stata un’assemblea. Nella mia testa un solo pensiero, andrò all’assemblea. La mia storia non finisce né male né bene. La masseria Boncuri è stata chiusa. Io ho un lavoro con contratto regolare. Ma l’estate è alle porte e ci sono tante piantagioni di pomodori qui nel Bel Paese. Nino Saraullo, Damiano Di Renzo, Francesco Salvatore

Classe 3B

Scuola Secondaria di Primo Grado “G. Patrizi” Istituto Comprensivo Statale - Bucchianico

15


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Il potere dell’amore Ero un ragazzino e lui un uomo quando mi portò con una scusa a visitare i luoghi della sua infanzia. Mi disse: “Vedi quella costruzione? Io sono nato lì”. 
 Altro non era che una piccola e modesta abitazione con una sola stanza da letto. 
 Ho capito solo più tardi l'orgoglio del percorso in salita e, insieme con esso, la soddisfazione di aver reso migliore la vita dei suoi figli. 
 Papà aveva conservato un legame stretto con la sua terra, come un albero dalle salde radici. Figlio di agricoltori, nella sua vita aveva sfruttato tutto il patrimonio di esperienze e di valori tramandatogli dalla famiglia, gente onesta e laboriosa dedita alla propria terra. Di quei genitori “un po' all'antica” e allergici ai sentimentalismi, eppure autentici e appassionati, si era portato il ricordo ovunque come fossero gioielli preziosi.
 Papà era un uomo semplice, come senza fronzoli è stata tutta la sua vita. Non litigavamo mai, a parte qualche piccola scaramuccia per le differenti vedute. Nessun confine tra dentro e fuori, l'amore per la propria casa in nulla era diverso da quello che nutriva nei confronti di quella gente e di quella terra di cui era diventato 'amministratore'.
 Panfilo non era solo mio padre. Già da giovane aveva intrapreso il cammino dell'impegno politico. Mi ripeteva spesso che il senso della vita è adoperarsi per il bene e per la felicità di tutti, non solo per la propria, che il lavoro per la città è amore reso visibile. Tanto ne era convinto che l'appellativo di politico che qualcuno cercava di appiccicargli addosso lo infastidiva non poco. 
 “Il popolo sovrano scende dal trono, poggia lo scettro e si sporca le mani”. E alla bellezza e alla virilità, aggiungeva davanti ai miei occhi il fascino della responsabilità. Classe 5A Liceo Economico Sociale 
 Liceo Statale “Isabella Gonzaga” - Chieti

16


________________________________ Principio democratico ________________________________

Disopreoccupazione Non tutte le famiglie sono come quelle del Mulino Bianco. La vita della mia famiglia cambiò quando in casa arrivò una nuova coinquilina chiamata Disoccupazione. Lei è così: bussa alla tua porta quando meno te lo aspetti, sconvolgendoti l’esistenza e, una volta entrata, non vuole più andar via. I miei genitori avevano sempre lavorato, perciò dover affrontare la nuova arrivata per loro era molto difficile. Disoccupazione li aveva resi più tristi e più duri soprattutto nei miei confronti, tanto che se la prendevano con me per ogni minima cosa. Mia madre era sempre stata solare, ma ora quella luminosità si era andata man mano spegnendo per i sensi di colpa che le aumentavano dentro: si sentiva la causa di questo cambiamento. Le sembrava che il tempo in casa non passasse mai: impiegava le sue ore autocommiserandosi e ritenendosi una cattiva madre per non potermi dare tutto ciò di cui avevo bisogno. Non capiva. Non avevo bisogno di nulla se non di vederla felice e realizzata. Mio padre aveva smesso di parlare da un po’, non esprimeva mai un giudizio su Disoccupazione, ma quando i nostri occhi si incrociavano, tutti quei silenzi prendevano vita: era ansia, paura di non farcela, disperazione. La colpevole era LEI. Ti rapiva. Non potevi più guardare, né parlare. Ti legava. Eri immobile, impotente. Te la sentivi addosso. Soffocato da quel buio in cui ti aveva trascinato. Un cappio al collo: più cercavi di fuggire, più finivi per strozzarti. Solo quando ti vedeva sfinito, mollava la presa. E tu restavi solo, con tutti quei segni al collo, indeciso se abbandonarti a te stesso o curare le ferite e tornare a combattere. Un giorno decisi di riunire tutta la famiglia, ovviamente senza dire niente a Disoccupazione: “Mamma, papà, non preoccupatevi, lei non può sentirci né vederci”. Mio padre, nel sentirmi parlare, rimase sbalordito, come se non ricordasse neanche più il suono della mia voce. Mia madre, invece, fissava i miei occhi come se non li vedesse da tempo. “Mi manca la mia famiglia. La stessa che mi ha insegnato a non arrendermi mai, a cadere soltanto per rialzarmi più forte. Dov’è finita quella famiglia che affrontava tutto, insieme?”. Alcune lacrime rigarono il volto di mia madre, solo in quel momento mi accorsi che la depressione le aveva fatto nascere delle rughe sul viso. “Siamo caduti, è vero. Ma siamo ancora in tempo per rialzarci; ancora in tempo per combattere”. Mio padre si abbandonò ad un lungo sospiro, forse di speranza, forse di sfiducia. “Ma io credo in quello che eravamo, in quello che, da adesso in poi, dobbiamo tornare ad essere. Voglio crederci. Io potrei vendere tutti i miei cd, non li ascolto più da un pezzo; potrei dare via per intero anche la mia collana di gialli, li avrò letti milioni di volte. Potrei rinunciare al gelato della domenica, ora che ci penso non mi piace neanche tanto”. Mia madre piangeva. Le lacrime le accarezzavano il viso, partendo dagli occhi, per poi morirle sulle labbra che si aprirono in uno splendido sorriso. 17


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ Finalmente, dopo tanto, la vedevo sorridere. Forse per via del gelato, sapeva che avevo mentito spudoratamente. Il respiro malinconico di mio padre non si sentiva più e, dopo tanto, li vidi nuovamente stringersi le mani. Nei giorni seguenti qualcosa era cambiato. Eravamo impegnati e in ricerca: invece di lasciarci trascinare giù avevamo ritrovato la forza e la gioia di combattere insieme. E quanto a Disoccupazione... non la vedevo più per casa da un po’. Ricordo molto bene il giorno in cui era entrata, non quello in cui se ne andò. Federica Di Primio, Ilaria Sartini, Sara D'Avanzo, Angelica Polidoro Classe 4C Liceo Scienze Umane Liceo Statale “Isabella Gonzaga” - Chieti

18


________________________________ Principio democratico ________________________________

Il tesoro perduto Antonio schiacciava velocemente, uno dopo l'altro, i tasti del telecomando, ma su tutte le maggiori reti televisive andavano in onda notiziari e programmi di approfondimento sulla riforma costituzionale voluta dal partito di maggioranza e recentemente approvata tra molte polemiche e manifestazioni di segno opposto. Antonio ne era infastidito, lui non era neppure andato a votare; tutto quel gran parlare e protestare gli sembrava una cosa futile e noiosa e la politica un gigantesco e oscuro imbroglio in cui non voleva essere coinvolto. Quell'anno aveva vinto un nuovo partito che aveva annunciato grandi cambiamenti e riforme radicali, che, come al solito, per il popolo avrebbero lasciato tutto come l'avevano trovato. L'unica cosa da fare, per Antonio, era lavorare sodo, rigare dritto, coltivare il proprio orticello e stare lontano dai guai, certo che di lì a poco ogni clamore e dissenso si sarebbero spenti. Antonio sintonizzò l'apparecchio televisivo su una rete commerciale minore che trasmetteva uno dei soliti strampalati reality e si accinse a preparare la cena per sé e per Rosa, sua moglie, una ragazza di origine dominicana che sarebbe rientrata di lì a poco dal supermercato dove lavorava come banconista nel reparto salumeria. La vita continuò tranquilla per Antonio e Rosa, ma un giorno la donna rientrò a casa dal lavoro sconvolta e in lacrime, non riusciva nemmeno a parlare. Era incinta di cinque mesi ed agitarsi non le faceva bene, quale che ne fosse il motivo, le disse Antonio, esortandola a calmarsi e a raccontargli ogni cosa. Rosa tra i singhiozzi gli disse che era stata licenziata, perché una legge recente proibiva alle persone di colore di lavorare negli esercizi commerciali. Antonio impallidì, il suo primo pensiero fu per la rata del mutuo e il bambino in arrivo; come se la sarebbero cavata? Il suo stipendio da operaio non era alto e la sua fabbrica non navigava in buone acque. Ma poi l'indignazione ebbe il sopravvento: in Italia la Costituzione impediva la discriminazione razziale, inoltre Rosa era un' onesta lavoratrice immigrata regolarmente, pagava le tasse e, in quanto moglie di un italiano, godeva della cittadinanza italiana anche lei. La prese tra le braccia e la consolò, tranquillizzandola: si sarebbero rivolti al sindacato e sarebbe stata subito reintegrata e indennizzata. La mattina successiva Antonio e Rosa si recarono nella sede cittadina di un sindacato confederale, ma la trovarono chiusa, così come le sedi delle altre organizzazioni sindacali. Alle loro domande la gente li guardava stupita e intimorita, senza rispondere. Alla fine un tale li indirizzò alla sede del nuovo sindacato unico. Lì un funzionario, dopo averli ascoltati con aria di sufficienza, disse loro che il licenziamento di Rosa era perfettamente legittimo sulla base delle nuove disposizioni di legge e che il sindacato non poteva e non voleva opporsi, perché bisognava garantire il lavoro degli italiani a pieno diritto, per non dire del fatto che Antonio non era iscritto e si mostrava ostile. 19


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ Allora Antonio non si trattenne più e con voce indignata e rabbiosa disse a chiare lettere che l'Italia in cui era nato era una repubblica democratica fondata sul lavoro e sull'uguaglianza dei cittadini e che neppure il governo aveva il diritto di andare contro la Costituzione. Il funzionario gli rispose che c'erano state libere elezioni, una riforma costituzionale e nuove leggi, che era lui a non avere il diritto di andare contro il nuovo ordine di cose e gli ingiunse di andarsene o avrebbe chiamato la polizia. A quelle parole Antonio capì che non era il caso di insistere e se ne andò, consolando la povera Rosa affranta e terrorizzata. All'improvviso ad Antonio non sembrava più di vivere nella città di sempre, tutto gli sembrava nuovo ed estraneo; all'improvviso si accorse di tanti piccoli ma significativi cambiamenti che non aveva notato prima: le edicole semivuote ove campeggiava il giornale del partito di maggioranza, telecamere ad ogni angolo di strada, poca gente per la via e tanti vigili, soldati, poliziotti in piazze e crocicchi. Avrebbe dovuto sentirsi più sicuro, ma si sentiva minacciato. Tornarono a casa e lì Antonio aprì il suo p.c. alla ricerca di informazioni utili al suo caso, ma i vari motori di ricerca lo riconducevano solo su pagine istituzionali che celebravano il nuovo corso. Preoccupato si recò al lavoro, sperando di ricevere lì qualche informazione. Antonio timbrò, come sempre, il cartellino e poi nello spogliatoio cercò Gianni, il sindacalista più serio e combattivo, ma non lo trovò, gli dissero che era stato licenziato per scarsa produttività. Antonio ne rimase assai sorpreso, perché Gianni era sempre stato un ottimo lavoratore. Capì che non era il caso di insistere con le domande e si mise a lavorare di buona lena come al solito. Però al termine del turno di lavoro non tornò a casa, se ne andò nel bar che era solito frequentare Gianni e lì lo trovò davanti ad una birra, anche lui ne prese una, informò l'amico del licenziamento di Rosa e gli chiese dove avrebbero potuto incontrarsi in sicurezza per parlarsi e organizzare un'opposizione. Gianni rispose che era pericoloso, ma che gli avrebbe fatto sapere e se ne andò, raccomandando prudenza. Da quel momento Antonio e Rosa vissero nell'attesa della chiamata di Gianni, Antonio rimpiangeva i lunghi anni in cui non si era interessato di politica e aveva lasciato che furbi e malintenzionati facessero scempio della democrazia italiana e persino della Costituzione, capì quello che gli diceva sempre la nonna: un tesoro lo si appezza solo quando lo si è perduto. Classe 2E Liceo Scientifico “F. Masci” opzione scienze applicate - Chieti

20


________________________________ Principio personalista ________________________________

PRINCIPIO PERSONALISTA

Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

21


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

22


________________________________ Principio personalista ________________________________

Solo io… Non so come, non so perché ma sono certo che qui ci sono solo io… Ormai sono a un passo dalla pazzia. Guardami mi ritrovo a scrivere su un pezzo di carta igienica in mancanza del mio prezioso diario. I ricordi si fanno confusi, sono già tre giorni che non mangio, le forze si fanno poche e l’aria diventa sempre più irrespirabile. Forse la morte sarebbe stata migliore di questa solitudine che, come già so, mi ucciderà pian piano. Mi manca la mia vita, mi manca la vita, mi mancano i sorrisi, mi mancano i pianti, mi mancano le urla che non mi facevano dormire la notte; ormai ho solo un compito, solo un compito e potrò finalmente raggiungere mia moglie e mio figlio. Il futuro dell’umanità dipende da me… Ho solo una capsula spaziale… Tra poche ore la terra esploderà e rimarrà intatta solo questa dannata capsula. Sai non sono mai stato bravo a scegliere eppure stavolta sono costretto a farlo. Dovrò fare in modo che coloro che apriranno questa piccola navicella evitino il nostro stesso errore, dovrò fare in mondo che almeno loro vivano la vita che noi non abbiamo mai potuto vivere pienamente, pertanto reputo importante salvare gli articoli della nostra costituzione, quella per la quale si sono battuti miliardi di uomini e altrettanti ne sono morti e quella per la quale, se fosse stata rispettata, saremmo ancora tutti vivi. Se solo potessi li salverei tutti, ma la capienza della capsula mi permette di salvarne solo tre e questa volta non posso sbagliare. Dovranno imparare a vivere e a lasciar vivere, imparare “il diritto alla vita”. Inoltre il nostro mondo si trova in questa situazione per le migliaia di guerre che hanno esaltato la cattiveria umana, dunque non potrà mancare “il rifiuto della guerra”. Eccomi, unico superstite, tra poche ore non rimarrà più nulla, tutta la storia del nostro mondo morirà con me. Il tutto si fa complesso, ho in mano qualcosa più grande di me e come gestirlo? Ci sono così tante cose da dirgli, così tante cose da fargli capire… Dannato tempo. Inizialmente pensavo alla “libertà personale”, ma riflettendoci su, se ci fosse uguaglianza, se tutti fossimo nello stesso piano ci sarebbe anche libertà. Loro dovranno essere come l’aria: liberi ma allo stesso tempo tutti una stessa cosa. Sono pronto, l’ultimo sarà “il diritto all’uguaglianza”. La capsula è pronta, è sigillata, porta in essa i valori più grandi che ci possano essere, porta il significato della vita. Sono finalmente sicuro di ciò che ho fatto e sono finalmente pronto per morire. Ecco… Sento caldo, tanto caldo, la terra sta diventando completamente lava. È giunto il momento che ti dica addio… Addio caro amico. Gentile Chiara Gioia Classe 3A Scuola Secondaria di Primo Grado Convitto nazionale “G. B. Vico” - Chieti 23


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La nonna Gina racconta All’improvviso, dopo la pausa della ricreazione, un personaggio insolito è venuto a trovarci, in classe, accompagnata dalla maestra. Una simpatica e allegra nonnina dai capelli scuri, dallo sguardo vispo e curioso, come di chi non era entrato mai in una scuola, si aggirava tra i nostri banchi. Si è girata intorno a osservare la lavagna, poi i cartelloni e infine si è soffermata a lungo sul computer portatile della classe che si trovava sul tavolo della maestra. Anche il suo abbigliamento era insolito: pantaloni scuri, maglietta, una borsetta appesa al braccio. Di solito le nonne le immaginiamo con una gonna scura, maglione pesante abbottonato avanti e foulard! Ma lei proprio non somigliava alle altre nonne. Terminato il giro tra i banchi, la maestra l’ha fatta sedere sulla sua sedia. La nonna ha esordito con queste parole: “Signora maestra e cari bambini, perdonatemi per gli errori, ma io non ho fatto tanta scuola ma ho letto tanti libri...ero una ragazzina...allora erano altri tempi..c'era la guerra! Mi chiamo Gina e sono nata il 2 gennaio 1938. Ho iniziato a frequentare la classe prima nel 1944, all'età di sei anni, proprio come voi! Ho frequentato fino alla quinta elementare. A quei tempi era raro che una bambina frequentasse la scuola così a lungo! Al pomeriggio ero impegnata nei pascoli e quindi i compiti li potevo svolgere solo la sera. Io avrei voluto proseguire gli studi perché la scuola mi piaceva molto, ma fui costretta ad interromperli perché dovevo dedicarmi ai lavori domestici. Invece mio fratello, il maschio di casa, continuò gli studi ed io imparavo da lui tutto ciò che potevo…mi piacevano molto le poesie e così ne ho imparate tante a memoria! Tanti anni fa il diritto allo studio era per pochi; ma la mia nipotina mi ha raccontato che ancora oggi, nel mondo, non tutti possono studiare e, ricordando la mia esperienza, fiumi di lacrime hanno ricoperto il mio viso. Come è possibile che bambini e ragazze come Iqbal o Malala non possono studiare? Eppure sono passati tanti anni e la guerra non c’è più per fortuna! Io ricordo ancora la mia maestra quando ci leggeva le storie di eroi e grandi condottieri e poi ci dava da imparare a memoria alcuni pezzi. Li ricordo ancora, ma uno mi è rimasto impresso e parlava di Teodorico, un re ormai vecchio e stanco che faceva pressappoco così: “Teodorico di Verona. Sul castello di Verona batte il sole a mezzogiorno dalla chiusa al pian rintrona solitario un suon di corno. Mormorando per l’aprico verde e chiaro l’Adige va e il re Teodorico vecchio e triste al bagno sta. Guarda i monti da cui scese la sua forte gioventù e il bel vedere paese che da lui conquistato fu….”. Non era tanto la storia a tenerci incantati, anche perché, sinceramente, non abbiamo capito chi fosse Teodorico, quanto era l’entusiasmo con cui recitava quelle parole ad incantarci, come se la nonnina fosse tornata indietro nel tempo, bambina, davanti alla sua maestra a ripetere a memoria di re lontani e di conquiste! Classe 5 Scuola Primaria di Vacri Istituto Comprensivo Statale - Bucchianico 24


________________________________ Principio personalista ________________________________

Il cane da guardia C’era una volta, in una fattoria, un contadino che possedeva tanti animali. Siccome non riusciva a controllare tutto pensò che doveva trovare un modo per proteggere i raccolti ma soprattutto gli animali. Il giorno dopo andò immediatamente al canile a comprare un cane da guardia; ne scelse uno, ma quando lo vide nella gabbietta non si accorse che aveva una zampetta fasciata. Lo portò alla fattoria e gli mostrò la sua cuccia. In quel momento si accorse della zampetta, rendendosi conto del problema del cane: non poggiava molto bene l’arto e praticamente si muoveva su tre zampe. In quella notte quando il contadino era andato a dormire gli animali si riunirono per vedere chi era che li avrebbe protetti dai pericoli, ma quando videro che il cane aveva una zampa rotta l’entusiasmo calò. Tutti gli animali concordarono sul fatto che il cane non era in grado di proteggerli e, per questo motivo, decisero che doveva essere sostituito. Per farlo cacciare gli altri animali iniziarono a combinare disastri nel cortile così che quando il contadino li avrebbe visti avrebbe incolpato lui. Questo comportamento durò per diverse notti, la mattina il contadino ritrovava sempre qualche piccolo danno nel giardino così cercava, con tanta pazienza, di addestrare il nuovo cane. Una settimana dopo in piena notte, mentre tutti dormivano, un lupo si intrufolò nella fattoria sperando di trovare qualche gallina da mangiare. Fortunatamente il cane se ne accorse e andò subito in difesa dei suoi amici; iniziò tra i due una battaglia furibonda che, nonostante la zampa, vide vincitore l’eroico cane che salvò il contadino e gli animali. Quest’ultimi gli chiesero scusa per averlo giudicato senza conoscerlo e per non averlo accettato malgrado le sue differenze. Mauro Izzicupo Classe 1E Istituto Comprensivo “G. Galilei” - S. Giovanni Teatino

25


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Il lupo con un orecchio solo Tanto tempo fa, quando nel mondo esistevano solo alberi, piante e fiori bellissimi e molti animali, in una foresta giunse un Lupo con un orecchio solo e che parlava un’altra lingua perché proveniva da un territorio molto lontano. Tutti gli animali, ma soprattutto i lupi come lui, lo deridevano perché non sentiva bene e non riusciva a comunicare nella loro lingua. Ma lui non si arrendeva mai!!! Ogni giorno incontrandolo per la foresta lo prendevano in giro e gli dicevano: «Vattene! Vattene!! Sei solo uno che è venuto a rovinare il nostro territorio e a mangiare le nostre prede!!». Non ce la faceva più…Non parlava con nessuno di quello che gli succedeva, anzi se ne stava sempre solo soletto in un angolo della foresta, ignorato da tutti gli altri animali. Un giorno una Lupa si avvicinò a lui e gli chiese: «Ciao, come stai?». Parlò lentamente, accompagnando con gesti il suo saluto, ma il Lupo con un orecchio solo non rispose. Tempo dopo la Lupa, che voleva fare qualcosa per quel lupo sempre più solo e malinconico, disse davanti a tutti gli altri animali: «Non possiamo continuare a comportarci così! Dobbiamo cercare di fare amicizia con il nuovo lupo anche se lui non ci comprende e non è bello come noi, in fin dei conti sono altre le cose importanti!». Il Lupo con un orecchio solo rimase stupito dalle parole pronunciate dalla Lupa mentre tutti gli animali si misero a ridere. In quel momento si fecero avanti altri due lupi che chiesero di poter parlare: « Anche noi abbiamo un orecchio solo, non ve ne siete mai accorti perché siamo riusciti a mascherare questa nostra differenza con un orecchio finto!». Tutti rimasero senza parole, così Lupo con un orecchio solo gridò: «BASTA! BASTA!! È vero siamo diversi perché abbiamo un orecchio solo, ma questo non vuol dire nulla siamo uguali a voi! Dobbiamo essere amici!». Tutti gli animali della foresta guardarono il nuovo arrivato con rispetto non soltanto perché aveva parlato con coraggio ma anche perché aveva dimostrato tanta buona volontà nell’imparare il loro linguaggio. Alla fine diventarono tutti amici e lo accolsero tra di loro scusandosi con lui per averlo ignorato e vergognandosi per l' ignoranza che avevano avuto nel giudicarlo. Sofia Provenzano Classe 1E Istituto Comprensivo “G. Galilei” - S. Giovanni Teatino

26


________________________________ Principio personalista ________________________________

La forza di Laura Laura scese dall’autobus aiutata da una signora. Fuori l’aspettava Giorgia, la sua migliora amica. “Dai, su, non avere quella faccia!” “Non posso non avere questa faccia, Giorgia. Cambiare città, subire un’operazione andata male e stare sulla sedia a rotelle … non è facile!”. “Ehm … dai su … Laura, sali in macchina…” L’auto partì e Laura si ritrovò subito sotto il suo nuovo appartamento. Salì nell’ascensore con Giorgia e vi fu un silenzio assoluto nel vano, durante la salita per arrivare al loro pianerottolo. Entrarono nella casa, pulita e profumata, arredata con mobili chiari e moderni. Le pareti bianche immacolate e azzurre regalavano alla casa un’aria tranquilla. La sedia cominciava a cigolare con le sue ruote e Laura cominciò ad avvicinarsi allo specchio della sua stanza. Dopo tutto non era così male con una sedia a rotelle, era come sempre, ma seduta su una sedia. Una ragazza con i capelli rossi scuri e gli occhi castani, vestita con jeans ed una felpa. Prese il giubbino e se lo infilò, mise il cellulare in tasca e uscì. Si fece un giro per il suo quartiere; quando ad un certo punto non si rese conto che, era arrivata davanti a una rampa di scale, stava per perdere l’equilibrio, ma un gruppo di ragazzi fra cui Lorenza, Cecilia, Eva, Tiziano e Andrea, afferrarono la sedia a rotelle evitando la caduta di Laura. Ma Tiziano, per aiutare Laura, cadde sbucciandosi un ginocchio. Nel frattempo la ragazza ancora un po’ impaurita ringraziò i ragazzi e si scusò per aver fatto cadere accidentalmente Tiziano e si fece perdonare offrendogli un cerotto. Inoltre per ricompensarli del gesto carino Laura li invitò al cinema quella sera stessa e tutti insieme si divertirono un mondo. Da quel giorno i ragazzi diventarono molto amici e si frequentarono spesso e questo permise a Laura di vivere una vita serena e felice, paragonabile a quella di tutti i ragazzi della sua età. Tiziano, Andrea, Eva, Lorenza e Cecilia impararono che nella vita è necessario essere forti per affrontare tutte le difficoltà che si possono incontrare e che comunque, in ogni situazione, anche dolorosa, c’è sempre qualcosa di bello da trovare. Holokoz Yeva, Mammarella Andrea Maurizio, Sebastiani Cecilia, Varsalona Lorenza, Tocco Tiziano Classe 2D, Scuola Secondaria di Primo Grado “Chiarini-De Lollis” Istituto Comprensivo n.1 - Chieti

27


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Non è un Paese per giovani Alessio uscì dalla stanza, chiudendo la porta forse con eccessiva violenza. Imboccò il corridoio, affrettando il passo e allargandosi il nodo della cravatta, che gli rendeva difficile il respiro. Solo quando giunse fuori dall'edificio riuscì a respirare liberamente, inspirando forte l'aria pulita. L'auto era parcheggiata lì, a pochi metri dall'immenso portone del palazzo. Si sedette sul sedile, si tolse la giacca e la cravatta, e non poté fare a meno di ripensare a ciò che era accaduto poco prima. "Grazie mille, le faremo sapere". Ormai non si ricordava più quante volte avesse sentito questa frase. Era la solita risposta ad ogni suo colloquio di lavoro. Il brutto, però, era che nessuno faceva sapere proprio niente! Cinque anni di studio, impegno e sacrifici e una laurea in economia e commercio, a quanto pareva, non bastavano a poter ottenere un posto di lavoro. Gli cresceva la rabbia dentro ripensando a quanto aveva faticato per avere quella benedetta laurea. Forse chiedeva troppo? Forse uno studente di un'università pubblica, senza raccomandazioni e senza 110 e lode, non aveva speranze di trovare posto di lavoro qualificato? Frustrato come non mai, Alessio mise in moto e partì, diretto a casa. Vi trovò sua madre, che subito si precipitò da lui: "Allora? Com'è andata?". "Mah! Bene, diciamo" rispose lui a mezza voce, prima di fuggire in camera a cambiarsi. A tavola la madre riprese la conversazione. "Non mi racconti niente? Che ti hanno detto?" "Il solito ovviamente. Che ho un buon curriculum e che eventualmente mi faranno sapere.". Ci fu un momento interminabile di silenzio. "Dai, l'importante è che sia andata bene." rispose la madre, con lo sguardo sul piatto. Non ripresero più quell'argomento per il resto del pranzo. Alessio decise di passare tutto il pomeriggio in camera, sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Quanti colloqui di lavoro aveva affrontato? Nemmeno lo ricordava. Più di dieci sicuramente, forse arrivava a quindici. Aveva cominciato contattando società molto prestigiose, multinazionali di fama mondiale che si occupavano del settore che lo interessava. Chiaramente esse ricevevano molte richieste di neolaureati in cerca di lavoro e i posti disponibili erano limitati; perciò era comprensibile che non avesse ricevuto risposte o offerte da loro. Poi, abbandonata la speranza di un posto prestigioso, aveva contattato aziende minori, sperando di ottenere un risultato migliore. Aveva spedito curriculum ovunque, ricevendo chiamate da società interessate a lui. Andava ai colloqui sicuro di sè, informandosi preventivamente sulla storia e sugli affari della compagnia da cui si recava, in modo da fare una buona impressione arrivando preparato e deciso. Alle domande che gli ponevano, anche sui suoi studi, aveva risposte pronte ed esaurienti. Ma la conclusione era univoca: nessuna società lo contattava per dargli un lavoro. Si sapeva che ormai un posto fisso non era una certezza, che nel suo settore c'era poca disponibilità e che tutto il sistema era retto da anziani direttori poco inclini alla pensione e al ricambio generazionale. Un famoso film americano si 28


________________________________ Principio personalista ________________________________ intitolava "Non è un paese per vecchi". E invece no! Non è un paese per giovani! Cosa avrebbe dovuto fare? Lasciar perdere l'idea di un lavoro qualificato in una società finanziaria, accantonare la laurea e fare il commesso o l'operaio? Neanche per sogno! Aveva studiato per quello e avrebbe lavorato solo per quello. Niente compromessi. Ma ormai non sapeva più a chi rivolgersi. Aveva finito i jolly. Le aziende a cui era interessato le aveva già visitate tutte. Milano, Pavia, Torino, Padova, Udine, Bologna: era andato ovunque. Gli spettava una vita da disoccupato? Proprio lui, il "dottore in economia e commercio", avrebbe aumentato la percentuale di disoccupazione in Italia? Che brutto destino. I suoi sogni e le sue speranze erano svaniti, non vedeva più un futuro radioso all'orizzonte, solo nubi e oscurità. Erano passate due settimane dall'ultimo colloquio. Nessuna notizia. Nessuna novità. Non usciva più di casa da allora, gli spuntava una barba ispida sulla faccia e le occhiaie gli incorniciavano gli occhi spenti e bui. Aspirò l'ultimo tiro di sigaretta e buttò la cicca. Si guardò intorno. Dal terrazzo del condominio si riuscivano a vedere, molto lontane, le Alpi. Tutto intorno, però, solo il grigio dei palazzi e il rumore del traffico. Era una giornata luminosa e tersa e riusciva a distinguere chiaramente i pendii rocciosi e alcune macchie di bosco, il sole in basso che lo accecava, quasi pronto a tramontare. Si avvicinò al muretto che delimitava il terrazzo, appoggiandoci i gomiti. Sotto di lui un vicolo con qualche auto parcheggiata e alcuni bidoni. Un'ultima occhiata intorno e salì in piedi sul muretto. Otto piani più giù, l'asfalto. Non si torna indietro. Ormai non c'è più niente indietro. Un ultimo respiro. Un ultimo pensiero ai genitori, agli amici. E poi giù. Niccolò Cocciaglia Classe 4C Liceo Scientifico Statale “F. Masci” - Chieti

29


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

30


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

PRINCIPIO PLURALISTA

Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalitĂ , e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietĂ politica, economica e sociale.

31


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

32


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

La fortuna di Allegrino Allegrino è un bambino spensierato e felice, vive con la sua famiglia in una modesta fattoria tra i monti. Il suo paese appartiene ad una delle terre più belle del mondo, ricca di bianchi nevai, di boschi, di alpeggi, di prati dove crescono fiori dai molteplici colori. Le città sono attraenti, piene di monumenti e di tutto ciò di cui si possa aver bisogno. Questa terra, così magicamente bella ha la forma di uno stivale che sembra dare un calcio ad un pallone. Ed è proprio questo gioco che piace ad Allegrino. Ogni pomeriggio dopo lo studio, corre a giocare a palla sui prati, a rincorrere gli animali. Ha un amico del cuore con cui ama giocare, Faustino, ma è ripartito, abita in una grande città molto lontano ed era lì, come ogni anno, nella sua villa per le vacanze estive. Poco male, si sentono sempre con il cellulare che Faustino gli ha regalato. 
 Ma un brutto giorno Allegrino si ammala, è una banale influenza, così dice il suo amico dottore, qualche giorno a riposo, e tutto passerà. I giorni trascorrono veloci, Allegrino stà sempre peggio, è debole, non mangia, non riesce a stare in piedi, le gambe sembrano non reggerlo più. I genitori sono spaventati, temono di non poter far fronte alle cure necessarie per il figlio, non hanno molta disponibilità economica, possono solo contare sulla discreta vicinanza del loro amico dottore che li ha aiutati in tante difficoltà. Allegrino deve essere trasportato in ospedale, qualcosa non va, così il dottore decide di chiamare un’ambulanza e farlo trasportare a valle nell’ospedale più vicino. Il viaggio è abbastanza lungo e il dottore che lo accompagna si mette subito in contatto con il pronto soccorso spiegando le condizioni di Allegrino. “Non sappiamo se ci sono posti disponibili” rispondono dall’ospedale, proviamo a telefonare ad altri presidi. 
 Allegrino seppur sofferente è fiducioso, in tutti gli ospedali si guarisce! Ma in ospedale il posto libero non c’è. 
 Allegrino viene visitato e momentaneamente sistemato in corsia mentre telefonicamente si cerca di trovare un posto libero in ospedali dove ci sia la Tac funzionante. Mamma e papà con ansia e dignità aspettano e, nell’attesa, contattano i genitori di Faustino, che consigliano di portare Allegrino nella loro città dove ci sono più ospedali attrezzati e dove sicuramente in poco tempo avrebbero eseguito gli accertamenti indispensabili. 
 Così è stato, l’ambulanza raggiunge la grande città. Allegrino viene ricoverato, per alcuni giorni rimane lungo i corridoi perché anche lì i posti non sempre sono disponibili ma, sono stati effettuati tutti gli esami di cui aveva bisogno con le migliori attrezzature. Allegrino è stato ricoverato per diverso tempo ma è guarito e, ogni volta che racconta la sua avventura dice a tutti: “sono stato fortunato ad avere l’amicizia e l’aiuto di persone speciali in un momento così importante e, non hanno voluto niente in cambio!!! E’ bastato un GRAZIE DI CUORE. Io e miei genitori non siamo stati abbandonati”. Classi 5A e 5B
 Scuola Primaria Ripa Teatina
 Istituto Comprensivo “M. Buonarroti” - Ripa Teatina 33


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Artisti di strada Era il periodo di Natale, passeggiavo con i miei nonni per le vie principali di Barletta, ed ecco che li vidi all'incrocio delle strade: un bianco e un nero, due artisti di strada, a pochi metri l'uno dall'altro. L’uomo di colore era vestito con poveri abiti e suonava il sax, l'altro, invece, sembrava un gentleman, indossava camicia e giacca e strimpellava la chitarra. Mi fermai ad ascoltare entrambi, le note del sassofonista arrivavano fino al cuore; era indubbio il suo talento. Lo immaginavo nel suo vagabondare con il sax e il sorriso sulla bocca, sì perché sorrideva a tutti, ringraziava e augurava “Buon Natale” a chi si avvicinava e lasciava pochi spiccioli. Anche io gli sorrisi e misi qualche moneta nel suo cappello, ma aveva raccolto ben poco. Il chitarrista poco distante strimpellava e canticchiava, il tutto risultava piacevole, ma nulla di più; non guardava nessuno, non sorrideva e non ringraziava. Mi avvicinai per lasciargli dei soldi e con grande sorpresa mi accorsi che aveva raccolto molto di più dell'altro artista. Un dubbio, una domanda mi attraversò la mente: “Come è possibile che il sassofonista che è bravissimo, educato e gentile ha raccolto solo pochi spiccioli?!.. E' forse una questione di colore di pelle? Ci sono ancora persone che fanno discriminazioni ?” Quell'episodio mi ha colpito molto e ha fatto crescere dentro di me ancora più forte il desiderio, la speranza che si arrivi finalmente, un giorno, ad essere tutti uguali a poter vivere in libertà le nostre belle storie di vita, di amore e di strada. Doronzo Jacopo Classe 5A Scuola Primaria di Torrevecchia Teatina Istituto Comprensivo “M. Buonarroti” - Ripa Teatina

34


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

Un briciolo di speranza Laura ha venticinque anni e dietro di sé una vita di rinunce. Prende il treno ogni mattina alle otto, alla stazione del suo paesino, e scende trenta minuti più tardi, per andare a lavorare nel negozio di abbigliamento di sua zia, giù in città. Gli affari vanno male, e la zia ogni fine del mese le dà un po’ meno perché “questo mese è andata così, ma ti prometto che il prossimo…” Non finisce mai la frase, e non mantiene mai la promessa. Per questo, ogni giorno da quasi un anno, Laura utilizza la pausa pranzo per consegnare curriculum ovunque creda che possano avere bisogno di lei, nella speranza di uno stipendio più alto e di qualche certezza in più. A volte, nei suoi giri, le capita anche di passare di fronte all’università. In quelle occasioni butta sempre un’occhiata nei dintorni, cercando con occhi nostalgici i suoi vecchi compagni di corso, anche se sa che probabilmente sono già tutti laureati, già tutti lontani da quell’edificio da cui sognava di uscire con la corona d’alloro sulla testa. Lei l’università l’ha lasciata tre anni prima, quando la fabbrica dove lavoravano i suoi genitori ha chiuso e la sua famiglia si è ritrovata a dover dire addio a tutte le cose superflue, e anche a parte di quelle necessarie - come il suo futuro. Da quel giorno, ogni giorno, Laura alle sette chiude il negozio, riprende il treno e torna a casa. E da quel giorno, ogni giorno, ricorda a sé stessa che è vittima di una grande ingiustizia. Da quel giorno, ogni giorno, ogni ora, ogni singolo istante, serra i pugni per non mettersi a urlare contro un mondo che le sembra l’abbia tradita e illusa, e le abbia strappato via i sogni. Ogni giorno da quel giorno, ma non il giovedì sera. Il giovedì torna a casa, fa una doccia, e si siede di fronte al computer. Scrive, Laura. Scrive di qualsiasi cosa le passi per la testa, scrive della sua vita, scrive della politica, della musica, dei film, dei luoghi che sogna di visitare ma non sa se potrà mai farlo. Poi, quando finisce, pubblica tutto sul suo blog. Ha circa trecento lettori fissi, e ne va molto orgogliosa. Perché Laura, a cui è stato negato tutto, conserva ancora una certezza. La certezza di poter esprimere la sua opinione, senza aver paura che qualcuno glielo impedisca. Laura è libera. Libera perché può scrivere che il suo Paese non le dà libertà. È libera di esprimere il proprio dissenso. È libera di condividere con tutti ciò che le piace. Di discutere con chiunque non sia d’accordo con lei. Di attaccare le idee altrui e difendere le proprie con le unghie e con i denti, che siano giuste o sbagliate, condivisibili o no. È libera perché può mettere in discussione la parola di un suo amico, di suo padre, di sua zia, del suo sindaco o del Capo dello Stato. È libera perché può 35


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ dire che i Rolling Stones fanno schifo, anche se non è vero. È libera perché può preferire una cosa all’altra, può dire di sì o di no, può essere sé stessa, ed esprimersi come e quando preferisce. E a volte questo non basta a cancellare tutto il resto, a farle credere di vivere in un Paese da apprezzare e non da biasimare; ma sa che finché potrà farlo resterà ancora un briciolo di Giustizia nel mondo. Un briciolo di speranza. 
 Giulia Polidoro Classe 4A Liceo Classico Convitto nazionale “G. B. Vico” - Chieti

36


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

Il mio nome è Avraham Il mio nome è Avraham (strano come nome, vero?). Sono un ragazzo ventottenne israeliano, cittadino italiano, scappato dal mio paese circa otto anni fa a causa della guerra. Io ho sempre voluto combattere per la libertà del mio popolo, della mia gente, della mia patria. Ho studiato molto, ho lottato per studiare e ci sono riuscito, mi ricordo che ero il più bravo della classe formata da soli maschi. Sono stato un soldato, andato in guerra contro la mia volontà. Io sono sempre stato un ragazzo pacifista, ho sempre difeso i poveri e tutti coloro che ne avevano bisogno. Provengo da una famiglia che si divide aziende agricole con altre, queste vengono chiamate kibbutz. In questa azienda siamo, perlomeno eravamo, tutte persone di famiglia. Coltivavamo vaste distese di agrumi, ortaggi e cereali. Nulla andò mai bene, a partire dalla nostra fragile indipendenza, se così possiamo chiamarla. Questa difficile situazione cominciò al tempo di Davide, molto tempo fa. Il popolo di Israele è in conflitto ancora oggi con il popolo palestinese; noi vogliamo solamente un Paese dove professare l'ebraismo. 
 La mia difficile situazione cominciò circa otto anni fa, io ero un giovane ragazzo ventenne. Il mio Paese stava procedendo in maniera sbagliata, allora presi una decisione che mi cambiò la vita: trovare una soluzione per la Pace. Per risolverla, pensai di chiamare tutte le persone ebree che conoscevo e, dopo difficili decisioni, mi trasferii in Italia. Era proprio qui, in questo Paese, che sarei riuscito a trovare risposte. Avevo molti amici italiani, conosciuti in viaggio mentre ero con i kibbutz a consegnare i nostri prodotti, anche loro erano ebrei. Mi trasferii in Italia con Yehoudith, una ragazza anche lei proveniente dall'Israele, ventisettenne, che lottò con me per la Pace. Tutto andò bene durante il viaggio, non ci stabilimmo in una città, dato che dovevamo trovare queste persone che ci avrebbero aiutato per la liberazione della nostra Patria. In Italia abbiamo trovato dei ragazzi e delle ragazze non ebrei che ci aiutarono molto, soprattutto economicamente. Tutto procedeva bene fin quando, un giorno di giugno, venimmo fermati dalla polizia, risultando immigrati clandestini. Noi avevamo un visto che, concessoci dall'Ambasciata, pensavamo fosse sufficiente per il compimento della nostra impresa. Nessuno capiva quale fosse il nostro vero motivo, forse perché non lo sapevamo neanche noi. La nostra era un'impresa impossibile sotto alcuni aspetti. Ci portarono nel Tribunale Ordinario di Roma e iniziò una lunga sentenza che si concluse non in poco tempo. Mentre ero nel Tribunale lessi: "La Legge È Uguale Per Tutti". Per un momento non ebbi paura, ma poi la triste verità: Tabit Avraham e Maharech Yehoudith, condannati a sei mesi per immigrazione clandestina. Tutto ciò era vero, noi non possedevamo un visto regolare, lo accettammo. Una volta usciti, tutto questo ci impressionò e chiedemmo di poter diventare cittadini italiani. L'Italia ci colpì per il semplice fatto che non c’è distinzione tra bianchi o cristiani, attribuendoci una dignità.
 Ne sono riconoscente, anche se ho passato i sei mesi più brutti qui, ho capito cosa vuol dire rispettare una persona. Il mio 37


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ Paese, l'Israele, resterà sempre nel mio cuore. Ora sto viaggiando molto, continuando gli studi grazie ad una borsa di studio offertami dallo Stato italiano, ho studiato ingegneria aerospaziale nel politecnico di Torino e mi sono laureato in quattro anni con il massimo dei voti. Ora sto facendo il master e tra pochi mesi sarò pilota, sono già aviatore. Ho creato un'associazione per la difesa dell'Israele e consegno, ogni mese, consistenti aiuti in denaro, sperando di cambiare la situazione. Anche Yehoudith si è laureata in giurisprudenza nell'università di Bologna, anche lei con la borsa di studio. Lei vuole fare ciò che è stato fatto per noi :" La Legge È Uguale Per Tutti ". Tra una settimana si sposa con un giovane ragazzo che ha conosciuto all'università, sono davvero felice per lei. Anche la mia vita è cambiata, ho molti amici. I miei genitori li ho rivisti quando sono tornato nella Patria, li adoro.
 L'Italia è stata la mia liberazione, la mia gioia, continuo a fare tutto ciò per lei, per riscattarmi di tutto il bene che mi ha dato. Roberta Zappacosta Classe 3 
 Scuola Secondaria di Primo Grado - Casalincontrada 
 Istituto Comprensivo Fara Filiorum Petri

38


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

Jamaal Era notte. Stringevo mio figlio Alì tra le braccia. Eravamo un branco di cuori soli che navigavano sulle incertezze di una vita migliore; cercavamo un rifugio, qualcosa da mangiare e un mondo sicuro dove crescere i nostri bambini. –Papà, dov’è Asif?lo stringo più forte, una lacrima mi riga il volto -Lo sai Alì, Asif è rimasto ad Aleppo.- C’è un attimo di silenzio tra noi –Ti voglio bene papà-sorrido. Un sorriso che si perde nell’oscurità del mare. Si addormenta ed ha un viso innocente, un viso di un bambino che ha visto troppo. Mi piaceva Aleppo, mi piacevano le sue stradine, mi piacevano i suoi odori, mi piaceva l’espressione di mia moglie quando pensava alla nostra nuova vita, alla nostra nuova casa, a quel figlio che ci avrebbe reso felici. Guardo Alì dormire, assomiglia molto a Nadira: gli stessi occhi, le stesse mani, lo stesso modo di sorridere. Lei fremeva all’idea di avere una nuova vita da accudire; quel giorno arrivò, ma non fu un giorno felice. Complicanze, mi dissero mettendomi quel corpicino tra le braccia. Non ho mai covato rancore nei confronti di Alì. Si sveglia, mi guarda, c’è agitazione sulla barca; osservo gli sguardi degli altri, hanno occhi freddi, persi; bestie inseguite da un cacciatore. Mi alzo in piedi stringo forte Alì, non capisco. C’è un rimorchiatore italiano. Proviamo a farci vedere, diamo fuoco a qualche maglietta, quelle sintetiche da calcio. Le aveva anche Alì, ne aveva comprata qualcuna ad Aleppo, ne andava fiero. Dov’è Alì? Mi guardo intorno c’è solo fumo, inizio a chiamarlo ma nessuno mi risponde, mi faccio largo tra la folla, l’incendio divampa, si sentono le urla dei bambini, le urla disperate delle madri, si sente il muto dolore dei padri. Qualcuno mi tende la mano, vogliono farmi salire sul rimorchiatore; non salgo, non senza mio figlio. Ormai il barcone, in cui avevamo riposto le nostre speranze veniva divorato dalle fiamme. Mi volto, una manina mi saluta, corro in quella direzione, sono disperato, cerco di afferrarla prima che sia troppo tardi, un muro di fuoco si pone tra noi. È troppo tardi, Alì non è più. Alfredo Lo tiriamo su, è svenuto. Forse era suo figlio quello che ha tentato di salvare, anch’io ho un figlio. Sono tutti seduti su un lato della barca, anche oggi abbiamo strappato alla morte molte vite, ma non abbastanza. I centri di accoglienza sono pieni, qualcuno dovrà dormire fuori. È ancora svenuto, però respira e il suo battito è regolare, cerco di svegliarlo. Chissà chi è, da dove viene, quanti anni ha. Anch’io avrei fatto lo stesso, o almeno ci avrei provato, forse era veramente suo figlio, provo compassione per quest’uomo, non lo conosco ma lo porto a casa. È mattino, vado a vedere come sta, è seduto sul letto e osserva una foto, un po’ rovinata: ci sono due persone, un uomo e un bambino; era lui il bambino, era lui il figlio. Si volta, mi guarda, mi ringrazia con un inglese stentato, lo abbraccio; è sorprendente come un abbraccio possa più di mille parole. Mio figlio si è appena svegliato, viene da me, mi stringe la mano, guarda il nostro ospite, gli sorride, anche lui lo guarda, gli 39


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ ricorderà qualcuno, forse suo figlio. Preparo la colazione, noi serviamo ancora a questo mondo, forse ormai incurante delle tragedie di molti, siamo gli angeli di questi migranti; non mi dispiace fare del bene, ma siamo troppo pochi, combattiamo contro un male radicato, un’incuranza di massa. Forse per qualcuno contiamo ancora. Vado a chiamare Andrea, entro in camera, una voce mi distrae:- Thank you brother, I am Jamaal.Classe 1F Liceo Scientifico Statale “F. Masci” - Chieti

40


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

La barriera di Andros Nel profondo degli abissi dell’Oceano Atlantico, si trova la barriera corallina di Andros accostata ai pendii di un vulcano sottomarino. Vicino la barriera vivevano molte specie di pesci, ma dominavano su tutti squali e pesci-spada che erano in perenne attrito e approfittavano della più piccola minuzia per scagliarsi gli uni contro gli altri. I primi erano convinti di essere i più forti predatori dell’Oceano, i secondi di essere superiori a tutti gli altri pesci perché dotati di una lunga spada sul muso. Durante la sanguinosa guerra che ne scaturì, ci fu una tremenda scossa sismica che provocò la nascita di una grande faglia. Tutti i pesci credettero che a provocare la spaccatura fosse stata qualche divinità che, stanca della guerra aveva deciso di mettere fine ai litigi, dividendo per sempre i pesci-spada dagli squali. Dopo anni e anni di isolamento fra le due specie, si diffuse nell’Oceano la notizia che un cucciolo di delfino fosse rimasto intrappolato nella crepa del vulcano. Il più coraggioso dei pesci-spada, non sapendo che anche il più forte degli squali volesse salvare il cucciolo, decise di avventurarsi per prestargli soccorso. Il Pesce-Spada e lo Squalo si incontrarono sulla cima del vulcano, entrambi sorpresi di vedersi, ma desiderosi di confrontarsi per mettere a prova la superiorità del gruppo di appartenenza. Dopo numerosi e inutili tentativi capirono che solo unendo le loro forze sarebbero riusciti a salvare il piccolo. Lo squalo, con la sua forza, sorresse il pesce-spada che fece aggrappare il cucciolo alla sua lunga spada . Le particolari caratteristiche dei due pesci riuscirono a far riabbracciare il piccolo delfino alla sua mamma, con grande gioia di tutto il mondo sottomarino. Questa esperienza fece capire agli squali e ai pesci-spada quanto fosse stato sciocco il loro comportamento fino a quel momento: in una comunità composita tutti sono uguali, seppure nella loro diversità e, proprio per questo, devono rispettarsi e aiutarsi in caso di necessità. Gli eterni nemici si strinsero la pinna e…improvvisamente un forte e rumoroso maremoto fece richiudere la faglia come segno di pace e fratellanza fra tutti gli esseri dell’Oceano. Da quel giorno rispetto, solidarietà, giustizia e serenità dominarono l’ Oceano. Carla Di Francesco, Cosimo Curlante, Cristina Vanni, Federica Giuliani, Ludovico Lufrano, Francesca De Meis, Giulio La Rovere Classe 3C Scuola Secondaria di Primo Grado “Vicentini - Della Porta” Istituto Comprensivo n.2 - Chieti

41


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Mille colori Tanto tempo fa non c’erano né grattacieli né macchine e sulla Terra esistevano soltanto animali che vivevano pacificamente immersi nella natura. In Amazzonia c’erano migliaia di specie di pappagalli con splendidi colori: alcuni con piume rosse, altri con riflessi blu, altri ancora gialli, rosa, arancione, viola…. Ovviamente c’era cibo in abbondanza per tutti loro, ma litigavano sempre e comunque quando si trovavano di fronte alla palma che produceva i dolcissimi e prelibati frutti di Acai! Un giorno il capo dei pappagalli blu, chiamato Dakota, riunì tutte le specie di pappagalli e affermò prepotentemente che le bacche spettavano solo a quelli che avevano le piume blu, perché il blu era un colore puro. Immediatamente Sole, il capo del gruppo dei pappagalli gialli, ribatté che ciò non era assolutamente possibile, al contrario le bacche spettavano solo al loro gruppo perché il giallo era un colore brillante e gioioso. Nella discussione intervenne anche il capo dei pappagalli dalle piume rosse con le sue rimostranze…e poi il capo dei pappagalli arancioni, viola, rosa…ognuno affermando con energia il proprio disappunto: perché ogni gruppo voleva per se l’esclusiva di poter mangiare gli squisiti e gustosi frutti di Acai. Questi battibecchi suscitarono tra tutti i pappagalli una gigantesca lite ma, dopo pochi istanti, al centro del campo delle conferenze si levò in aria un pappagallo di vari colori: la testa viola, il ventre giallo, le ali blu, le zampe rosse. Tutti gli altri pappagalli ammutolirono. Arcobaleno, il pappagallo dalle mille sfumature iniziò a parlare: «Cari amici verdi, blu e arancioni, gialli, rossi e neri, noi siamo tutti uguali, una sola anima che vive in tanti corpi, allora perché non ci rispettiamo a vicenda??? Se volete che i nostri nati vivano in PACE dovete fare voi il primo passo!» Dopo quelle parole tutti i pappagalli capirono che il cibo non poteva essere un privilegio di alcuni ma un diritto per tutti! Alice D’Orsogna Classe 1E Istituto Comprensivo “G. Galilei” – S. Giovanni Teatino

42


__________________________________ Principio pluralista _________________________________

Le colombe e il corvo In una città sorgeva un albero grande e rigoglioso e con i rami sempre pieni di foglie, per questo motivo forniva un naturale riparo a tutti quelli che passavano ed era anche in grado di ospitare un inimmaginabile numero di volatili. Questa città aveva un’altra caratteristica: vi vivevano soltanto delle bellissime colombe bianche e un povero corvo nero che era migrato lì da poco. Un giorno in città si scatenò un violentissimo temporale, così le colombe volarono velocemente ad occupare tutti i rami di quell’albero, ma c’era ancora posto per un altro pennuto. Allora il corvo chiese alle colombe: «Posso riposarmi lì sotto con voi?». Una colomba rispose: «Tu, corvo brutto e nero, vorresti stare con noi belle e bianche colombe? Non penso proprio!». Ma ad un certo punto il capo delle colombe intervenne e, rivolgendosi al corvo, disse: «Non ascoltarla! Accomodati lì, su quel ramo dove c’è posto». Il corvo lo ringraziò. Mentre stava sul ramo sentì le colombe che parlavano fra di loro dicendo: «Si, è vero che quest’albero ci copre dalla pioggia ma qui fa comunque un gran freddo». Il corvo sentendo le loro lamentele ebbe un’idea: «Potremmo, con quel gran telone per terra, coprire l’albero in modo da non far passare l’aria fredda». Allora, superato un primo momento di perplessità, tutti agganciarono con le loro zampette i bordi del telone e lo appoggiarono sull’albero, così da poterlo ricoprire tutto. Gli abitanti della città rimasero sbalorditi nel vedere tanto lavoro e collaborazione. Così decisero: da quel giorno, ogni volta che in quella città avrebbe fatto brutto tempo, gli abitanti avrebbero ricoperto con un telone l’albero che ospitava e proteggeva tanti uccelli in cerca di rifugio. Alessandro Maglio Classe 1E Istituto Comprensivo “G. Galilei” – S. Giovanni Teatino

43


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Un giorno come tanti … non per tutti Il lavoro... Cos'è veramente? Ma soprattutto, perché devo lavorare? I diritti. Cosa sono? Queste sono le domande che mi pongo ogni santo giorno... Ora basta! Voglio una risposta! Il lavoro... Una parola fondamentale nella vita di chiunque, dice quel libro che i professori ci pongono sui banchi di scuola... la Costituzione. In poche parole il lavoro è il mezzo che permette a ciascuno di noi di guadagnare quanto serve per vivere ed essere un cittadino completo, dunque è un diritto inviolabile dell'uomo. Ormai in qualsiasi luogo ci troviamo sentiamo parlare della crisi del lavoro, che da molto ha colpito le nostre famiglie. La mia storia, una delle tante, tutte uguali. Mia madre fa la casalinga, invece mio padre era un imprenditore... Perché parlo al passato? Perché ormai ha perso il lavoro. Eravamo una famiglia benestante, abbiamo sempre avuto tutto quello che volevamo, ma adesso solo mia madre porta “pane a casa” e pure a stento! Non si tratta solo di me, ma anche dei miei compagni di classe. Un giorno i miei migliori amici, Vittorio e Camillo, mi hanno mostrato un libro. Ho notato il titolo sulla copertina “Storia di una piccola ma grande ragazzina”. L’ho preso in mano, perché adoro leggere e l’ho chiesto subito in prestito. Dopo due giorni lo avevo divorato. Il racconto parlava di una ragazza, della mia stessa età, vissuta nel periodo della rivoluzione industriale. Raccontava di come i suoi genitori operai venivano maltrattati e mal pagati. La vita di questa ragazzina era dura, nessuno aveva tempo per lei, viveva in condizioni pessime e doveva crescere il fratellino. Non aveva amici con cui trascorrere il tempo libero, anzi di tempo non ne aveva proprio, lei doveva pensare alla casa come una donna. Di questa giovane ragazza mi colpì il coraggio con cui affrontava la povertà e il modo in cui riusciva ad andare avanti con le proprie forze senza mai lamentarsi o dare la colpa ad altri. Così pensai, perché no?! Anch'io posso fare lo stesso, aiutare la mia famiglia! Non esitai un attimo... riunii tutti i miei amici nella piazza centrale del paese per fare un mercatino, con tutti i nostri giocattoli, libri, vestitini dismessi, ma anche semplici segnalibro, con su scritte le frasi più belle della nostra Costituzione. Il mercatino andò alla grande, si avvicinarono tante persone; alcune di queste lo fecero solo per ascoltarci, senza dare un contributo, altri si soffermarono, colpiti dalle nostre storie, collaborando e sostenendo il nostro piccolo progetto. I soldi raccolti? Tanti, molti, in abbondanza per garantirci l’iscrizione alla Scuola Secondaria e la possibilità di studiare. Beh! Non dimenticherò mai quel 2 giugno del 20.., la nostra giornata dei diritti inviolabili. Classe 3A

Scuola Secondaria di Primo Grado di Vacri Istituto Comprensivo Statale - Bucchianico

44


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________

PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA

Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignitĂ sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Ăˆ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertĂ e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

45


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

46


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________

E tutto cambiò all’improvviso Era il maggio del 1938 e Ben aveva appena compiuto dieci anni nella sua misera casa in campagna. Ormai erano già tre anni che frequentava la scuola e si trovava bene con tutti i compagni. Giocava, si divertiva e mai nessuno lo aveva escluso. Anche gli insegnanti lo apprezzavano molto perché era un bambino studioso e molto educato. Quella mattina si alzò per andare a scuola come faceva sempre, ma dentro di lui si sentiva stranamente inquieto. Non vi prestò molta attenzione e fece colazione con il suo solito panino con burro e marmellata di fragole. Quindi prese lo zaino e si incamminò verso la scuola ma, mentre camminava, notò con sorpresa che le persone che lo incrociavano lungo la strada distoglievano lo sguardo da lui o lo guardavano con disprezzo. Anche i suoi conoscenti, che di solito gli parlavano affettuosamente, adesso lo salutavano appena e subito acceleravano il passo per non far notare agli altri che stavano parlando proprio con quel bambino. Ben non capiva cosa stesse succedendo e arrivò a scuola pieno di dubbi e di domande. Una volta entrato in classe ed essersi seduto al suo posto, notò che tutti i suoi compagni, quelli con cui prima giocava, si erano letteralmente allontanati da lui: non lo guardavano, non lo salutavano, non gli parlavano. Poi arrivò il maestro e per un momento Ben pensò che tutta quella situazione che lo tormentava dalla mattina si sarebbe risolta, ma invece non fu così. Il maestro gli andò vicino e gli spiegò che da quel giorno lui, in quanto ebreo, non poteva stare insieme agli altri perché diverso. Ben non capiva bene quale fosse il problema e perché tutto stesse cambiando da quel giorno. Il maestro, però, senza aggiungere altre spiegazioni, lo costrinse a spostare il suo banco in un angolo dell'aula, lontano da tutti gli altri bambini: da quel momento avrebbe dovuto sedersi lì. Il ragazzo era sconvolto, si sentiva profondamente umiliato perché nessuno gli aveva fatto notare, prima di allora, che essere ebreo significava appartenere ad una razza inferiore. A quel punto ricollegò tutto: evidentemente quelle persone che lo guardavano con disgusto e gli amici che non gli parlavano più erano venuti a sapere la “notizia” prima di lui, ma non riusciva ancora a capire perché gli ebrei dovessero stare lontano dagli altri e potessero parlare solo con quelli della loro stessa razza. In fondo Ben non si sentiva diverso dai suoi compagni anche se professava una religione diversa e proprio non capiva come questo potesse condizionare la sua vita. Si chiedeva di quali colpe si fossero macchiati gli ebrei per meritare di essere discriminati ed essere considerati inferiori alle altre persone. Così Ben, da quel giorno, cominciò a rendersi conto che il mondo in cui viveva non era tutto rose e fiori e che esistevano persone in grado di ignorare la bontà e la gentilezza di una persona. Trovava tutto questo molto ingiusto ma non poteva cambiare le cose. Da quel momento il povero Ben visse in solitudine anche se in lui rimaneva ancora la speranza che prima o poi qualcuno sarebbe riuscito a sconfiggere le ingiustizie e i pregiudizi. Classe 3B

Scuola Secondaria di Primo Grado “Vicentini - Della Porta” Istituto Comprensivo n.2 - Chieti 47


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La fiaba della Cardellina C’era una volta una giovane cardellina dalle ali bianche e gli occhi di una tonalità viola scuro. Nata senza ali, storpia e malferma, impacciata nella postura, ma cocciuta e caparbia, non si era mai persa d’animo. Anche se claudicante e incerta, costretta a nutrirsi solo di semi e acqua, non aveva mai smesso di cantare. Lo faceva sui rami bassi - gli unici che riusciva a raggiungere balzando con le sue zampette - come la sua condizione le imponeva, ugualmente orgogliosa di riempire con le sue belle note il creato. “Storpia!”, “E’ nata senza ali!” dicevano le voci intorno “Ma come mai è nata senza le ali?”, “Ma non può affrontare il volo!”, “Vive fra le rocce!”, “Ma riesce a nutrirsi?”, “Ma non può guarire?”, “No, mai?”, “E con voi sorelle non canta mai?”, “E come potrebbe?”, “Come farebbe a seguirci in volo?”. “Io però, potrei dividere con lei le mie due ali” sorrise, tirando su il becco il bel pettirosso Guerino. “Ma così saresti costretto tu a vivere da storpio! E volare sui rami bassi!” Conosciuta la cardellina ancora piccolo e cresciuto con lei era da sempre invaghito del suo cuore così puro, dei suoi begli occhi viola, seppur da sempre alle prese con quel piglio di lei così acido e scontroso. Conoscendone l’animo esclamò “Ma io lo voglio! Lo voglio! Lo voglio con tutto me stesso!” “Questo ti costringerebbe a vivere solo a metà quel cielo, che adesso puoi attraversare per intero libero e felice! E a nutrirti di foglie e tanta acqua!”. “E’ pazzo!”, “Inverosimile!”, “Fuori di senno!”, “Qualcuno lo faccia ragionare!”, “Forse scherza!”, “Vaneggia!” Quella notte Guerino scelse per dormire un ramo basso e su quell’arbusto coperto di patina ghiacciata, l’ultimo gelo prima della bella stagione, si accoccolò. La cardellina scorgendolo là, solo e infreddolito, sciogliendo il becco in un sorriso, si accostò per scaldarlo. Al risveglio, lei aveva un’ala, Guerino l’altra. Insieme presero a volare in due, adagio, con lentezza, gridando al mondo intero la loro gioia in un canto meraviglioso: melodia d’amore, d’impareggiabile bellezza. Miriam Graticola, Andrea Pascucci Classe1C Scuola Secondaria di Primo Grado “V. Antonelli” Istituto Comprensivo n.3 - Chieti

48


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________

Jasmine Una mattina di settembre, poco dopo la riapertura delle scuole, l’insegnante informò che di lì a poco sarebbe arrivata una nuova compagna di classe. Jasmine, questo era il suo nome, proveniva dal Marocco ed era giunta in Italia con la sua famiglia alla ricerca di migliori condizioni di vita. Giunse il fatidico giorno in cui Jasmine fece il suo primo ingresso a scuola. Era una ragazza alta e magra di dodici anni. Aveva il viso ovale e smunto dalla pelle ambrata. I suoi occhi di colore nero intenso e profondo, dalla forma leggermente allungata, guardavano nel vuoto ed esprimevano l’angoscia e l’ansia di chi si trova in un paese straniero e non conosce nessuno. Aveva il nasino rivolto all’insù e una bocca carnosa e i suoi zigomi leggermente pronunciati mettevano in evidenza la magrezza del viso. Esso era incorniciato da capelli lunghi, neri e ricci raccolti in una morbida treccia. Jasmine non parlava l’italiano, non comprendeva, non partecipava alla lezione e tendeva ad isolarsi. Durante la lezione non faceva altro che guardare l’orologio perché non vedeva l’ora di tornare a casa, visto che la sua famiglia era il suo unico punto di riferimento. Subito i compagni si resero conto che Jasmine aveva bisogno di aiuto per uscire da quell’isolamento. A turno i compagni mimavano le attività, preparavano schede e disegni per insegnarle l’italiano. Inoltre ogni pomeriggio essi si recavano a casa sua per aiutarla a svolgere i compiti. Era una dimora piuttosto modesta, dal mobilio essenziale ma dai colori sgargianti che la rendevano accogliente. Sebbene avesse nostalgia della sua terra e dei suoi affetti e degli amici lasciati in Marocco, Jamine iniziò ad aprirsi, a sentirsi meno sola e più accettata dagli altri. Il suo italiano migliorava ogni giorno grazie ai compagni e finalmente il sorriso era tornato a risplendere sul suo viso. Jasmine finalmente si sente integrata e parte della comunità scolastica grazie alla solidarietà e all’affetto mostratole. Arianna Pelusi Classe 2B
 Scuola Secondaria di Primo Grado “V. Antonelli”
 Istituto Comprensivo n.3 - Chieti

49


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Il porcellino a macchie Una fattoria era abitata da tanti animali, tra gli altri vi era anche un gruppo di porcellini tutti rosa, a parte Erwin che aveva il corpo ricoperto con macchie marroni. Facevano tutti parte di un unico gruppo, anche se il porcellino con le macchie si comportava in maniera strana: non soltanto era diverso nell’aspetto ma non gli piaceva neanche rotolarsi nel fango, anzi preferiva sempre rimanere pulito lavandosi spesso. Ciò suscitò la curiosità di tutti gli altri animali della fattoria, così cominciarono a diffondersi voci: «E’ proprio strano», «Peccato, davvero peccato!», «Non andrà mai da nessuna parte!», «Che pena!», «Nessuno lo inviterà mai in casa propria!», «Scherzi?!». Il gruppo dei porcellini incominciò a provare imbarazzo per tutte quelle chiacchiere, così i più anziani del gruppo decisero di incontrarsi e di affrontare il problema. Mentre tutti dormivano iniziarono a dire: «Erwin è proprio strano! Con il suo comportamento ci sta creando tanto fastidio, è meglio cacciarlo dal gruppo!!! Siete tutti d’accordo?». Con questa decisione si concluse la riunione. Il giorno dopo chiamarono Erwin comunicandogli la loro scelta, convinti anche che non ce l’avrebbe fatta a vivere da solo, senza l’appoggio del gruppo, ma si sarebbe adeguato al comportamento di tutti gli altri porcellini rosa. Ma lui non sembrava preoccuparsi e, anche se viveva in solitudine, si abituò benissimo convinto di avere altre doti e qualità su cui fare affidamento. Passò qualche tempo ed Erwin continuava la sua vita, tutti gli animali della fattoria rimasero sorpresi dal coraggio e dalla forza dimostrata dal porcellino, soprattutto il gruppo dei porcellini rimase sbalordito. Tutti capirono che nonostante fosse diverso nell’aspetto e non avesse le loro stesse caratteristiche era capace di fare tante altre cose, compresero anche che ci possono essere cose che fanno paura e che sono considerate strane solo perché non si vedono spesso ma invece rappresentano grandi qualità e ricchezze per tutti. Valerio Falcone Classe 1E Istituto Comprensivo “G.Galilei” – S.Giovanni Teatino

50


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________

Animali dell’Africa Un gruppo di animali viveva in uno zoo di una grande città. Tra questi vi era soprattutto una tigre annoiata della vita che faceva nello zoo, così propose agli altri animali di tornare nel loro paese, cioè in Africa. Tutti gli animali erano felici della proposta, così decisero di invitare anche l’orso ad andare con loro, anche se non era il suo paese di provenienza. L’orso non accettò l’invito affermando che non si sarebbe potuto ambientare perché si sarebbe trovato a vivere in un luogo con una cultura e con una lingua diverse dalla sua. La tigre rimase molto male per la risposta dell’orso, replicò affermando che, invece sarebbe stato bello conoscere la varietà di culture e di lingue che si trovavano nel suo paese. L’orso ci pensò un po’ e alla fine accettò il loro invito. Dopo un lungo viaggio arrivarono nella loro amata Africa. Il leone, la tigre, la zebra e la giraffa fecero visitare all’orso il loro paese e gli fecero conoscerei loro amici. L’orso non poté far altro che ammettere che avere dei pregiudizi non era una cosa giusta ma che era bello conoscere nuovi paesi, culture e lingue. Vanessa Paternò Classe 1E Istituto Comprensivo “G.Galilei” - S. Giovanni Teatino

L’elefante con una zanna Tanto tempo fa in una zona dell’Africa nacque un elefantino tanto bello da essere coccolato da tutti i componenti del branco. Quando però giunse l’età della crescita delle zanne, tutti si accorsero che ne aveva solo una. Allora il capobranco, pensando che appartenesse ad un’altra specie lo cacciò via. Il piccolo, dopo aver percorso un lungo cammino, incontrò un’elefantessa che gli domandò se si fosse perso. Il piccolo elefantino con una zanna raccontò la sua storia. L’elefantessa lo guardò negli occhi e rispose che chi lo aveva giudicato non aveva capito che è importante anche chi è diverso, così lo invitò ad unirsi al branco. L’elefantino tutto felice di aver trovato una nuova famiglia, si unì a loro. Alessio Corsetti Classe 1E Istituto Comprensivo “G.Galilei” - S. Giovanni Teatino

51


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Siamo tutti uguali Era una giornata d’estate faceva caldo e due ragazzi, Tommy e Alex, decisero di fare una “bravata” tipica degli adolescenti: pensarono di andare a derubare il negozio di Rocco, l’anziano del piccolo borgo di Sabbioneta, un paese ormai quasi disabitato, dalle vetrine vuote e le piccole strade desolate con i bambini che raramente si vedono in giro con le biciclette. I due si volevano molto bene ed erano come fratelli, anche la madre di Alex considerava Tommy come un secondo figlio. Alex era un ragazzo abbastanza tranquillo e perspicace, amava la musica tipica dei quattordicenni e aveva anche una band alla quale apparteneva anche il suo amico. Tommy era un ragazzo abbastanza carino con capelli neri e occhi color ghiaccio, aveva anche una “fidanzata”, ma Tommy era un ragazzo di colore. Una sera verso tarda notte i due tentarono il furto, ma non sapevano di essere osservati, infatti il giorno dopo Rocco, dopo aver denunciato il furto, guardò le riprese delle telecamere e si accorse che erano stati quei due ragazzi, proprio quelli da cui non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. Una settimana dopo Tommy e Alex furono convocati in un tribunale per una sentenza a loro discolpa. Il giudice appena vide Tommy non rimase affatto sorpreso per il suo comportamento, era convinto che lui, praticando un altra religione ed essendo di carnagione scura, doveva essere un “cattivo” ragazzo. La sentenza non andò a buon fine, infatti Alex venne dichiarato innocente e Tommy venne condannato a due anni di reclusione. 
 Ma l’articolo 3 della Costituzione non stabilisce l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge? Chiara D’Orazio Classe 3
 Scuola Secondaria di Primo Grado - Casalincontrada
 Istituto Comprensivo Fara Filiorum Petri

52


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________

Lo studio: un diritto di tutti Una famiglia afgana qualche anno fa viveva in condizioni abbastanza povere. La famiglia era composta da madre, padre e da due sorelle: una di otto anni e l'altra Asia di quattordici anni. 
 Il padre era l'unico a lavorare e lo stipendio che prendeva non bastava per la famiglia. Passò qualche anno fino a che il padre di Asia si ammalò, la ragazza, ormai consapevole della situazione in cui si trovavano, pensò di lasciare la scuola anche se lei aveva un sogno nel cassetto: quello di diventare un medico e di aiutare la povera gente. Quindi qualche mese dopo si presentò di nuovo a scuola, però alle donne non era permesso di studiare, ecco perché la maggior parte delle donne afghane erano analfabete. Quando entrò in classe rimase senza parole perché venne subito cacciata con urli e fischi. Lei sbigottita trovò ingiusto questa idea dello studio, ma non si arrese, voleva studiare perché era felice di apprendere e farsi un cultura personale. 
 Questo periodo durò per mesi, fino a quando un giorno Asia seduta in una panchina del suo quartiere mentre leggeva un libro, fu aggredita. Passò qualche giorno in ospedale e poi ritornò a casa. Lei di fronte a questo atto non si spaventò e continuò a combattere per questo diritto che tutti dovevano avere. Nei mesi seguenti la situazione peggiorò fino a quando un giorno la mamma portò una bella notizia a casa; la notizia era che potevano emigrare in Italia dove la mamma assicurava che avrebbero vissuto una bella vita.
 Nel 2005 la famiglia si trasferì in Italia, trovarono una sistemazione e Asia poté andare a scuola liberamente. Oggi Asia è un medico e lo è diventata grazie all’Italia e al nostro diritto sancito nell’articolo nove “ La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica…” Malandra Michela

Classe 3

Scuola Secondaria di Primo Grado - Casalincontrada 
 Istituto Comprensivo Fara Filiorum Petri

53


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Di genere si muore Amore mio, è per me difficile parlarne ed è per questo che ti scrivo, perché questo pezzo di carta nasconde emozioni di cui ancora mi vergogno che le parole soltanto potrebbero spiegare bene. Per gli uomini il rispetto da parte del sesso opposto è un valore fondamentale, ma per noi donne è un obbiettivo da conquistare, una meta da raggiungere, perché la storia ci ha sempre dipinte come quelle deboli, sottomesse, succubi, quelle che devono essere protette. Da sempre abbiamo combattuto per l’uguaglianza, invano, poiché oltre a non averla mai ottenuta veramente, abbiamo perso anche il rispetto riscontrabile nei piccoli gesti. Abbiamo messo il “sesso forte” in crisi, comincia a sentirsi minacciato dalla perdita della proprio identità. Combattiamo un’infinita guerra contro uomini vuoti, vuoti di principi e valori, spaventati da donne sempre più consapevoli di appartenersi e di dover investire su loro stesse. E lui, vedendosi privato di quel ruolo privilegiato che aveva da sempre posseduto, in un tentativo di ribellione, di far tornare la donna nel suo ruolo di inferiorità, obbligandola ad obbedirli, a sottostare al suo volere, limitandone la libertà e punendola di una colpa, sconosciuta, come si fa con i cani che non vogliono dare retta al padrone. Dallo schiaffo o dalla tirata di capelli fino alle percosse, agli abusi, fino ai gesti estremi, il passo è breve. Vediamo donne uccise per gelosia, donne uccise dopo essere state maltrattate, donne uccise perché donne. E spesso noi, ingenue, scambiamo tutto per amore, ma un uomo che ci tratta come oggetti da possedere non ci ama! Un uomo che ci picchia una prima volta lo farà una seconda e poi una terza. Abbiamo sola vita e non possiamo sprecarla barricate dietro un muro ad avere paura. La soluzione c’è ed è la denuncia, anche se per molte questa rappresenta una semplice illusione, una luce sul fondo del tunnel che non finirà mai. Perché in un mondo fatto di apparenze, la certezza della pena in realtà effimera contro dei mostri che uccidono per “amore”. Chi può aiutare veramente le donne sono proprio le donne, che devono, una volta per tutte, trovare il coraggio di alzare sempre di più la voce e protestare contro un sistema che non le aiuta abbastanza e, tacitamente, non fa altro che incoraggiare i colpevoli. Per questo io ti dico: la prima cosa che devi chiedere a un uomo è il rispetto, perché amare vuol dire soprattutto rispettare. Questo fa parte della mia storia, mia e di tutte quelle donne che hanno voglia di non arrendersi. Combattiamo per le donne! 
 Tua madre Caso Maria Giuseppa, Caso Maria Sofia, Di Nicola Silvia, Marchese Matteo, 
 Petaccia Davide, Sablone Desy, Salvatore Chiara, Sborgia Simone - Classe 2B
 Liceo Scientifico Statale “F. Masci” - Chieti 54


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________

Una presa di coscienza "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Così cita testualmente l'articolo 2 della Costituzione Italiana, la nostra Costituzione, affermando il riconoscimento del valore della persona sia individualmente che in gruppo. Basti pensare alle formazioni sociali di tipo istituzionale, come i Comuni, le Province e le Regioni, o più semplicemente a realtà come la famiglia, la scuola, la fabbrica, l'ufficio e molte altre di cui facciamo parte quotidianamente. Questo articolo, come tutta la nostra Costituzione, è in vigore da tanti, tanti anni, ma io non lo conoscevo; o meglio non lo conoscevo fino al Febbraio 2012. Mi chiamo Federico e frequento il 4° anno del Liceo Scientifico. In quel periodo ero all'ultimo anno di scuola media. Ero completamente diverso da oggi, sia fisicamente che caratterialmente. Mi definivano manesco, maleducato e strafottente; adesso, invece, di me dicono che sono socievole, cortese e, stento a crederlo, anche studioso. Non avevo amato particolarmente lo studio fino a quel momento. Ma la mia personalità è cambiata profondamente in seguito a una lite a scuola. Facevo parte di un gruppo di cinque ragazzi, scalmanati. Ogni giorno, per noi, in classe era festa: disturbavamo le ragazze e prendevamo in giro gli altri compagni, in particolare un "sapientone" che era sempre seduto in prima fila. Una mattina presi senza permesso il suo diario segreto dallo zaino e ne lessi alcune pagine davanti a tutta la classe. Iniziò a urlarmi contro dicendo che non avevo il diritto di leggerlo, che era personale. Piangeva di rabbia e di vergogna. Sono volati calci e pugni fino a quando è entrata la professoressa di lettere, che ci ha rimproverato aspramente, esigendo una spiegazione. Dopo aver ascoltato entrambe le versioni dell'accaduto, si è rivolta a me dicendo: "I nostri predecessori non hanno sprecato anni di lotte per vedere svaniti i loro diritti". Non capivo ciò che la professoressa volesse dire. Non mi inflisse una sanzione disciplinare, ma mi assegnò una ricerca su alcuni articoli della Costituzione italiana. Ero allibito e, di certo, non entusiasta all'idea, ma almeno mi evitava di avere problemi con i miei genitori. E così ho imparato che nel periodo dell'assolutismo non erano concesse le libertà di parola, di pensiero e di espressione, che noi oggi diamo per scontate. Non molto dissimile è stato quello della Controriforma, con le sue repressioni continue. Ho continuato le mie ricerche fino ad arrivare al Settecento, durante il quale gli intellettuali illuministi hanno compreso che la ragione è requisito di tutti gli uomini, anche dei più umili , tra cui i contadini; pertanto, tutti gli uomini sono uguali. Ho apprezzato tanto questo ideale di uguaglianza, perché mio nonno era un contadino e io l'ho sempre stimato moltissimo. Ho sempre creduto che fosse una persona intelligente e lo penso tuttora. E poi, il Settecento mi ha entusiasmato per la Rivoluzione industriale, il raggiungimento dell'Indipendenza americana, la nascita di alcune Costituzioni, fino a 55


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ giungere alla Rivoluzione francese, con i suoi ideali di fratellanza, uguaglianza e libertà, che sono anche alla base dell'articolo 3 della Costituzione Italiana. Esso afferma che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, di opinione politica, di condizioni sociali e personali. Nella storia, attraverso vicende diverse, il popolo ha continuato a lottare per rendere concreti questi ideali. Le donne in particolare, nella storia sono state a lungo emarginate. In Italia hanno dovuto aspettare il 1946 per ottenere il diritto di voto. La storia d'Italia, purtroppo, è segnata da tanti momenti in cui i diritti dei cittadini sono stati violati e per essi è stato necessario battersi. Finalmente ho capito cosa volesse dire la professoressa con quella frase: ciò che mi sembrava una banalità, per i nostri avi era stata una conquista. Ma ho capito anche che ai diritti inviolabili si affiancano i doveri inderogabili, tra cui il rispetto dell'altro. E a questo dovere ero venuto meno con il mio deprecabile comportamento nei confronti del mio compagno di classe. Ho deciso che proseguirò gli studi frequentando la facoltà di giurisprudenza, per diventare giudice di pace e forse, chissà, riuscirò con il mio impegno a concretizzare sempre più quei valori che fondano la nostra Costituzione. Mattia Ronzitti, Penelope Maurizio Classe 4C Liceo Scienze Applicate IIS “Mattei” - Vasto

56


______________________________ Principio di uguaglianza ________________________________ “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”

Invece, Andrea. Andrea è un ragazzo di 16 anni. Questo non è il suo vero nome, ma qui tutti lo chiamiamo così: è più facile, almeno per noi, e lui ci sta, senza obiettare. È uno dei miei migliori amici, mentre per lui, io sono l’unico amico. Andrea non ha altri amici oltre me, perché crede in un altro Dio. La gente comune per lo più lo guarda con sospettosa diffidenza. Ma questa è ancora poca cosa. Ogni giorno, a scuola e fuori da scuola, c’è sempre l’occasione buona per cui i “compagni” se la possano prendere con lui. Quanto ai professori, non sembra esserci troppa differenza di trattamento: spesso neppure loro riescono almeno a camuffarla la propria prevenzione. Insomma, i più lo vedono diverso, lo credono quasi un alieno e, quando sentono di fatti di sangue a firma islamica, dalla sospettosa diffidenza all’odio il passo è breve: se la prendono anche con lui, perché è uno di quelli.. Ogni giorno, Andrea viene da me a sfogarsi e a cercare un sostegno e puntualmente riceve tutto il mio conforto. Conosco la sua famiglia e mi sono fatto un’idea, seppur vaga, della sua cultura. Non giudico; altre persone, certo non tutti, tuttavia troppi, si permettono, invece, di offenderle giornalmente, tanto la famiglia quanto la cultura, senza conoscere né l’una né l’altra. Andrea ci pensa e ci ripensa, poi decide di cambiare aria. Per un po’ continuiamo a sentirci, certo non più tanto spesso, a meno che non sia io a chiamarlo. Mi dice che è così impegnato da avere davvero poco tempo, spesso anche solo per una breve telefonata. Mi dice che dov'è andato si trova decisamente meglio: lavora, ma non intende abbandonare la scuola, anzi, addirittura, pensa d’iscriversi a corsi serali. Adesso ha molti amici che gli vogliono veramente bene. Finalmente vive la vita con il sorriso e quando ci sentiamo, mi racconta sempre di giornate piene di cose e dei suoi amici; di come ha conosciuto persone come lui e di come si sono raccontati le loro storie, non più col dolore che non cessava mai, ma solo con i toni malinconici che è normale avere nel ricordo di qualcosa che è stato, ma che poi ha ceduto il suo posto alla speranza. Il lieto fine di una storia complicata? A sentirlo parlare, immagino Andrea, domani, imprenditore di successo, conosciuto e stimato da tutti per la sua determinazione e la sua affidabilità. Immagino una sua nuova vita, splendida, tra il calore degli affetti. Chiudo così, contento delle mie immaginazioni, un capitolo della mia vita. Invece, Andrea ha vissuto l'inferno, lo stesso inferno compagno della sua vita da sempre: nella sua terra d’origine come qui, a due passi da casa mia, come là dov’è andato a rincorrere i suoi sogni. Ha tentato, ma non è riuscito a cambiare 57


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ aria: sono cambiati i luoghi e le persone, ma lui è rimasto sempre lì, nella zona rossa, sul confine riservato a chi è guardato con diffidenza. Per lui il destino degli invisibili oppure, peggio, derisione e violenza gratuita. Per anni e anni. Poi, quella mattina d’ottobre di cielo terso e sole incredibilmente caldo. Una giornata di quelle che ti fanno pensare all’estate che non voglia andar via; una giornata di quelle che infondono energie sconosciute e sensazioni d’immotivato ottimismo. Si dice che il brutto tempo, al contrario, abbia abbastanza a che vedere col malumore e che incida fortemente su propositi insani, in particolare quando si ha l’animo ferito. Invece, Andrea ha scelto di smettere di piangere in una giornata di sole pieno. Da un po’ non ci si sentiva. La vita ti prende con la sua pienezza d’impegni e finisci per non pensare più a chi, per poco è entrato a far parte della tua esistenza. Ti dici di aver fatto abbastanza, te ne vai leggero per la tua strada, ricco del contributo dato, perché far del bene fa bene. Ti dici sicuro che tutto sia a posto e se, caso mai, ti sfiora il pensiero fastidioso che possa non essere così, quel pensiero lo allontani, così come scacci una mosca quando ti ronza attorno. Decisamente meglio fermarsi sulle buone notizie ricevute, crederle vere, mettere un punto e, sollevati, non pensarci più. La cattiva notizia è arrivata, con la velocità con cui sanno arrivare solo le brutte notizie: Andrea non c’è più. Il terrazzo d’un caseggiato della periferia degradata; uno sguardo al cielo, uno all’orizzonte e poi giù, senza un suono: il mondo, per un giorno s’è accorto di Andrea; il mondo, per un giorno, ha parlato di Andrea. La mia strada è stata un’altra, senza troppe salite: buone premesse, un po’ d’impegno, studi portati a compimento presto e con merito; pochi intoppi e abbastanza credito. Ora posso dirlo, anche se spesso e volentieri, nel mentre, mi è capitato di piangermi addosso, per non avere tutto immediatamente nella mia disponibilità. Il difetto di chi è privilegiato senza saperlo. Oggi sono un uomo di legge e, forse, questo lo devo ad Andrea, perché è a lui che strizzo l’occhio quando rimetto qualcosa al suo posto, e questo mi fa stare meglio; perché è con lui che sfogo la frustrazione che provo, quando però il meccanismo s’inceppa, e si riapre una ferita della mia coscienza. Mi occupo di diritti negati e combatto la mia battaglia quotidiana contro il pregiudizio e l’ignoranza. Il mio peggior nemico, sempre all’erta, è la discriminazione; il mio miglior amico è il libro che non smetto mai di leggere e che non smette mai di ricordarmi che la mia è stata la scelta giusta. Il nostro libro. Anche quando, negli occhi affamati e speranzosi di ogni ragazzo portato al mio giudizio, rivedo gli occhi di Andrea e tremo. Martina Ridolfi Classe 2L Liceo Linguistico
 Liceo Statale “I. Gonzaga” - Chieti

58


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

PRINCIPIO LAVORISTA

Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

59


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

60


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

Cami Quella, non era una di quelle che si definiscono ‘belle giornate’, a Milano. Il vento gelido arrossava le guance dei bambini e scompigliava i capelli delle signore che, indispettite, continuavano ad aggiustarsi i cappelli sopra il capo. No, decisamente quella non era una bella giornata, ma in fondo, a Denise andava bene così. Osservava annoiata le gocce di pioggia che scivolavano sui vetri sporchi del suo ufficio e che scandivano lo scorrere della frenetica vita che popolava le stradicciole di Milano. Denise era una giovane donna con una promettente carriera da giornalista davanti. Nonostante il suo lavoro le occupasse la maggior parte del tempo e le prendesse molte energie, Denise lo amava. Probabilmente era dalla tenera età di cinque anni che sognava di starsene seduta lì, con la sua tazza di cappuccino ormai fredda affianco al portapenne, di fronte ad un mucchio di scartoffie a scrivere e scrivere tutto il giorno. E quella stessa immagine si proietta ora, 21 anni dopo, nella redazione di un piccolo giornale locale. Ed è proprio nel suo piccolo ufficio che Denise, in quella stesso piovoso pomeriggio milanese, vede interrompere il noioso silenzio dalla piccola figura della sua unica nipotina. Una bimbetta di sei anni, o meglio “quasi sette, zia! Sono grande, io!”, dallo sguardo scaltro e intelligente e il sorrisetto tutto a finestrelle. Camilla “ma tu puoi chiamarmi Cami” era il suo nome. La guardava silenziosa, la fronte corrucciata e la manina sul fianco. “Cami, non lo dai un bacetto alla zia?” Sistemò i capelli dietro le orecchie, schioccando la lingua sul palato e dirigendosi a passo di marcia verso la sedia di fronte alla scrivania, sgambettando nella tuta troppo larga. “Zia, devo raccontarti una cosa!” Denise si aprì in un sorriso, guardando sua sorella sull’uscio della porta che, a sua volta, guardava esasperata la bimbetta dai lunghi capelli rossi inginocchiata sulla sedia. “Dimmi, ti ascolto!” Si sistemò meglio sulla sedia troppo alta, dondolando le gambe avanti e indietro. “Oggi è successa una cosa strana, a scuola…” E davvero Denise non si sarebbe mai aspettata che da quelle sottili labbra rosse potessero mai uscire quelle parole. Parole che raccontavano la storia, la storia di un bambino dagli occhi grandi e il sorriso da birbante, dall’accento strano che, coraggiosamente, si era alzato in piedi quella mattina, leggendo il tema svolto a casa. “Il mio papà”, si intitolava. “ Il mio papà è il mio eroe”, lesse, con quell’accento strano. Aggiunse poi “Sta via tutto il giorno, però, di mestiere fa il contadino” Ed è allora che gli occhietti vispi dei figli dei medici ed avvocati si spalancarono. Per loro, che nelle orecchie avevano le ronzanti parole dei “grandi”, tutto ciò era inammissibile. Dove si era mai visto, il figlio di un contadino, tra figli di medici e avvocati? E fu così che quello stesso bambino, durante la ricreazione, si era ritrovato a giocare con le sue macchinine al proprio banco, con gli occhietti lucidi e confusi. Anche Camilla era confusa e aspettava impazientemente delle risposte. Ma come spiegare ad una bambina i pregiudizi e le etichette di una società che non fa altro che giudicare ? “Beh intanto ti faccio una domanda, a te è sembrato giusto?” Camilla alzò le spalle. 61


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ “Beh, forse… no, non mi è sembrato giusto.” Denise le sorrise rassicurante. “Cami, hai mai sentito parlare della Costituzione italiana?” Camilla negò, scuotendo la testa riccioluta. “Beh, è come una grande raccolta di diritti e doveri. Sai cos’è un diritto?” La bimba negò ancora. “Sono tutte quelle cose che tu puoi fare, se vuoi, e lo Stato ha il dovere di … proteggerti, nel farle. Capito?” Camilla annuì. “Ecco, tutti questi diritti, e doveri, ovviamente, sono divisi in articoli. C’è un articolo, il quarto, sai cosa dice?” Camilla guardava la donna interessata, la testa poggiata sulle manine bianche.
 “Tutti i cittadini hanno diritto al lavoro ed ogni lavoro ha pari dignità. Ti ripropongo la domanda, ti è sembrato giusto ciò che è successo oggi?” Si concluse così il discorso tra zia e nipote, in quel piccolo studio milanese, la pioggia che scivolava sui vetri delle finestre. Elisa Di Berardino Classe 3 Scuola Secondaria di Primo Grado - Casalincontrada Istituto Comprensivo Fara Filiorum Petri

62


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

La Pazienza di Luigi Tutti hanno diritto al lavoro per il loro benessere e per rendere sempre migliore la Nazione. Un ragazzo laureato a Roma, nella facoltà di chimica, ha dovuto affrontare molte difficoltà. Si impegnò negli studi per sei anni, un po’ più del dovuto, perché un esame non andò bene e lo studio risultò in certi momenti difficile. Ma trovare lavoro non era poi così tanto facile, così il ragazzo, di nome Luigi, ha dovuto affrontare varie difficoltà e potenziare le sue abilità. La sua prima grande sfida fu quella di prendere una nuova laurea all’università, questo lo impegnò per altri cinque anni di studio. Dopo la seconda laurea in geologia, il lavoro per cui aveva studiato molti anni non lo trovò e quindi dovette abbassarsi a svolgere lavori molto umili considerata la sua preparazione e le sue lauree di tutto rispetto. Fece lo spazzino, il cameriere, il commesso in un supermercato e l’allevatore di suini. Alla fine, dopo qualche anno, lo assunsero come pizzaiolo in un locale molto famoso e una sera si trovò a mangiare lì una persona molto importante, il presidente di un’azienda di prodotti chimici per l’ambiente. Il cliente si complimentò della pizza chiedendo chi fosse stato a prepararla e gli dissero che era stato Luigi; allora si recò a complimentarsi dal pizzaiolo e cominciarono a parlare: “Allora dove hai imparato a fare questa pizza così buona?” chiese il signore: ”Proprio in questa pizzeria; io però sono laureato in chimica ed in geologia, qui ho imparato ad apprezzare la cucina!” rispose Luigi. “Allora vieni da me a lavorare, ho bisogno di un chimico, così quando faremo riunioni di lavoro tu ci preparerai sempre le pizze!”. Luigi si ricorda ancora quel giorno, il 27 ottobre del 2010, a 43 anni trovò il suo primo vero lavoro! Comunque sì, è vero che la felicità fa sentire meglio sia dentro che fuori: i capelli gli crebbero e ripresero colore, i suoi malori sparirono, non era più secco come uno stecchino, quindi riacquistò peso, senza ingrassare però. La sua vita da quel momento fu più allegra e a 44 anni si sposò; dopo solo un anno ebbe due magnifici gemelli, un maschio ed una femmina. Lui inoltre avviò uno studio proprio, che dava un aiuto in più a tutta la famiglia, anche se ormai stavano più che bene economicamente. Facevano una bellissima vita, con una villa moderna, addirittura una piscina, ma soprattutto la felicità! Luigi non si scordò dei sacrifici che i genitori avevano fatto per lui, offrendo loro una vita più comoda e serena. Ricordando la sua triste esperienza passata, volle aiutare tutti i giovani in gamba che avevano bisogno di un lavoro. Holokoz Yeva, Mammarella Andrea Maurizio, Sebastiani Cecilia, Varsalona Lorenza, Tocco Tiziano Classe 2D Scuola Secondaria di Primo Grado “Chiarini - De Lollis” Istituto Comprensivo n.1 - Chieti 63


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Storie di oggi Quel mattino per Gigi era pieno di speranza: una fabbrica di gioielli cercava dipendenti capaci e pieni di idee. Il ragazzo in fretta e furia si preparò e corse al colloquio. Entrò nella fabbrica e vide dietro un bancone, un uomo che sembrava il capo! Era molto buffo: aveva una piccola cravattina blu che si poggiava su un buffo panciottone! Il ragazzo, con una voce speranzosa, dopo aver salutato gli chiese: -È lei l’esaminatore? Vorrei fare il colloquio per lavorare qui! - Quel buffo signore accompagnò il ragazzo dentro una stanza e iniziò a fargli una serie di domande a raffica. Il ragazzo rispose con dovizia di particolari a tutte. Il capo, soddisfatto dalle risposte, gli si avvicinò e con un tono deciso disse: - Caro ragazzo sono felice di dirti che sei assunto! Congratulazioni! - Il giovane non stava più nella pelle: era da tanto tempo che cercava lavoro, un lavoro che gli potesse consentire di esprimere tutte le sue creatività e le sue idee e che gli permettesse di essere autonomo. Ora finalmente tutto ciò si poteva realizzare. Dal giorno successivo cominciò il suo lavoro quotidiano. Tutti i giorni arrivava in orario, si impegnava al massimo come se dedicasse la sua vita solo al lavoro. La sua vita era cambiata. Ma un brutto giorno, nella gioielleria giunse una ragazza, e che ragazza! Era alta, magra, con dei capelli color oro che le incorniciavano il viso candido e melodioso, sembrava un angelo. I suoi occhi azzurri come cristalli sembravano due pietre di acqua marina, la sua bocca a cuoricino era rossa come corallo puro. Cercava lavoro anche lei, perciò era qui per un colloquio. Il capo disse: -Vieni con me, ti porto alla stanza del colloquio! - La ragazza, incrociando il tacco 12 che calzava, andò insieme al capo nella stanza del colloquio. Il capo, una volta soli, la guardò attentamente, incantato dal suo fascino: indossava un top bianco ricoperto da piccole farfalline di strass, portava due piercing argentati in vista sull’ombelico e una minigonna cortissima nera che attirava lo sguardo. La ragazza mentre gli parlava in modo vanitoso lanciava i suoi splendidi capelli indietro e questo fece innamorare il capo ancora di più. Una volta finito il colloquio il capo si rese conto che le persone assunte erano tante, e quindi per far lavorare nella fabbrica la splendida e vanitosa ragazza doveva licenziare uno di loro. Nonostante la ragazza non fosse capace di fare niente, la assunse lo stesso perché era bellissima e decise di licenziare Gigi. Il capo, senza aspettare nemmeno una frazione di secondo, chiamò il ragazzo e con tono deciso annunciò: - Gigi mi dispiace molto ma sei licenziato! - Il ragazzo con la testa bassa e confusa prese a camminare verso casa. Aveva occhi lucidi di pianto e il cuore in frantumi: non sapeva come raccontarlo in famiglia. Lungo la strada, ripensava a come accudire e sfamare i suoi tre piccoli e come avrebbe pagato il mutuo e tutto il resto. Insomma, il povero Gigi aveva perso tutto, forse anche la voglia di vivere! E pensare che nella Costituzione italiana il diritto al lavoro e alle pari opportunità sono principi fondamentali. Marusco Asia, Lupo Patacchia Francesca Scuola Primaria Madonna del Freddo Istituto Comprensivo n. 2 - Chieti 64


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

Cercasi merito Dopo una giornata di studio senza sosta, Francesco si mise a letto pensando che poche ore lo separavano dalla grande prova. In un attimo la mente percorse tutta la sua vita da studente: gli anni delle primarie erano volati e lui si era ritrovato catapultato nella scuola secondaria che aveva frequentato raggiungendo un’eccellente preparazione che gli garantì cinque anni di liceo tranquilli e proficui alla fine dei quali ottenne il massimo dei voti ed una borsa di studio che gli permise con le successive, ricevute per l’ottima media, di laurearsi in Ingegneria Informatica con centodieci e lode e bacio accademico. Ora si doveva sistemare l’ultimo pezzo di puzzle della sua vita: vincere il concorso indetto dall’Istat per un posto di ingegnere Informatico. Nonostante nella graduatoria dopo le selezioni risultasse primo, Francesco non era sereno e mille timori si rincorrevano nella sua mente fin quando, stanco, si addormentò. La notte passò in fretta e si trovò seduto sul banco di una grande aula a semicerchio con altri trenta ragazzi. Le buste con i quesiti vennero aperte e lui iniziò a scrivere senza alzare la testa dal banco; lo distrassero solo il rumore di un bisbiglio e il compagno che riprendeva un foglio di carta da terra. Il tempo volò e dopo aver consegnato la busta con i suoi dati e le risposte Francesco tornò a casa; da li a due giorni avrebbe saputo se il suo sogno si sarebbe avverato. Quando, dopo due giorni, si recò a vedere i risultati non riuscì a credere di essere arrivato secondo; si recò nell’ufficio preposto e chiese di poter visionare i suoi quesiti ed avere delle spiegazioni. Il compito era perfetto ma l’impiegato, prima che Francesco continuasse a fare domande, gli chiese chi lo avesse raccomandato. Raccomandato? Francesco restò immobile ed un flash tornò alla sua mente: quel bisbiglio e il foglio raccolto da terra durante la prova… e mentre chiedeva all’impiegato chi fosse il vincitore, due uomini ed un ragazzo entrarono nella stanza. Francesco riconobbe in quel ragazzo il suo vicino d’esame e decise di ascoltare i discorsi che i tre facevano. Uno dei due uomini si rivolse al ragazzo e gli disse: “Complimenti giovanotto! Vedi com’è orgoglioso tuo padre? Presto farai carriera come lui!”. Ora per Francesco tutto era chiaro: il secondo posto, le parole dell’impiegato e quella strana domanda sulla raccomandazione. Francesco uscì e si diresse verso casa pensando a quello che aveva letto sui testi di diritto sfogliati e riletti nel corso dei suoi studi. Lavoro garantito, Stato che tutela ed aiuta, dignità umana, adesso, per lui, erano solo belle parole, vuote come quei cervelli che occupano un posto di lavoro senza aver mosso un dito per conquistarlo! E amareggiato cercò di capire come attirare l’attenzione di qualche proprietario di pizzeria o corriere espresso che potesse interessarsi al suo curriculum di studi ed offrirgli un posto di lavoro tale da permettergli di quantificare almeno il numero delle pizze che si mangiano o dei pacchi che si consegnano in una settimana. Il non poter essere ripagato dai suoi duri studi affrontati, non essere stato stimato per il merito dimostrato e, per di più, “ritrovarsi scavalcato” ingiustamente rappresentava la sua prima 65


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ grande delusione di vita; tuttavia, fiero del suo talento, non si scoraggiò pensando ad un futuro migliore, anzi si rincuorò riflettendo che, in fondo, ogni lavoro, qualunque esso sia e perché ci sia, è fonte di dignità per ogni uomo. Lorenzo Ranellucci Classe 3A Istituto Comprensivo n.2 - Chieti

66


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

Una storia a lieto fine Un uomo povero e senza casa dormiva su alcuni cartoni vicino alla stazione, come un barbone. Un giorno si recò presso una fabbrica di cartoni per chiederne alcuni in regalo, che dovevano servigli come letto per la notte. Il proprietario della fabbrica era un uomo che aveva tanto sofferto in gioventù, e per questo decise di offrire un posto di lavoro al povero. L'uomo era al settimo cielo e lo ringraziò, dicendogli che non se ne sarebbe pentito perché lui avrebbe lavorato sempre con grande entusiasmo. Infatti, da quel giorno, l'uomo lavorò con grande dedizione e dopo poco tempo riuscì ad accumulare tanti soldi da potersi costruire una piccola casa. Passarono gli anni e l' uomo divenne l'operaio più importante della fabbrica e poi il padrone. Ogni tanto ricordava la sua triste storia e cercava sempre di aiutare chi era disoccupato, perché aveva capito che il lavoro rende migliore la vita delle persone. Vittoria D’Orazio Classe 1A Scuola Secondaria di Primo Grado “V. Antonelli” Istituto Comprensivo n.3 - Chieti

67


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

È un nostro diritto vivere e non sopravvivere E’ difficile pensare che in un’era così moderna, dopo aver superato freddo e fame, battaglie e guerre fredde, si sia nuovamente sprofondati in una crisi paragonabile a un dopoguerra. Nonostante gli interventi contro i maltrattamenti, gli abusi, i disagi, ci sono centinaia di migliaia di minori in tutto il mondo privati dei loro diritti, che vivono in condizioni di disagio fisico e/o psicologico. Non indifferente è la globalizzazione che ha dato l’opportunità a molti imprenditori di trasferire le fabbriche all’estero, dove la manodopera costa meno e rende di più, per poi vendere i prodotti in Italia, facendo la concorrenza ad altri imprenditori onesti che rispettano i diritti dei lavoratori e le regole del mercato. Ricordo quando ascoltavo fiera i racconti di mio nonno… l’orgoglio che metteva nel dirmi come lui e i suoi coetanei avevano superato sfollamenti e disagi dopo la guerra. In quegli anni in cui aprivano industrie e fabbriche e spiccava in tutta Europa il Made in Italy. Poi la crisi ha colpito anche noi. Basta accendere la TV, ascoltare le persone, leggere i giornali, per sentire sempre e solo brutte notizie, come se a questo mondo, ormai, non ci fosse più nulla di buono. Abbiamo smesso di sognare… di progettare il nostro futuro a causa dei problemi che ci accompagnano quotidianamente. Dopo la guerra i nostri nonni hanno visto una rinascita. Strade, case, automobili, tecnologia, elettricità, bagni e riscaldamento dentro le case. Tutto ciò che per noi ad oggi è indispensabile, per loro è stata una conquista. In quegli anni il lavoro dava la possibilità di realizzare i propri sogni, soprattutto di formare famiglie. Siamo tornati all’emigrazione degli italiani verso altri Paesi esteri con la speranza di trovare un posto di lavoro che dia almeno da sopravvivere. Roberta Fabrizi Classe 2A Scuola Secondaria di Primo Grado di Ripa Teatina Istituto Comprensivo “M. Buonarroti” - Ripa Teatina

68


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

La stagione dell'oro rosso "Il lavoro rende liberi", non ricordava più dove aveva sentito quella frase. Probabilmente l'aveva letta scritta sui muri della vecchia cascina dove dormivano ammassati a decine, in estate, durante la raccolta dei pomodori. Sì, ora ricordava, l'aveva letta proprio li, scritta con grandi lettere rosse, rosse come i pomodori nei quali erano immersi per sedici ore al giorno, sette giorni su sette, per tutta l'estate. Non riusciva, però, a capire come mai, proprio in Italia, dove la Repubblica era fondata sul lavoro, si sentisse schiavo e non lavoratore. Conosceva l'Italia perché aveva studiato tutto ciò che riguardava questo paese e se ne era innamorato: un paese di antiche civiltà, che aveva saputo combattere contro l'ingiustizia del fascismo e aveva scelto la Repubblica, con una Costituzione attenta ai bisogni di tutta la gente, rispettosa e orgogliosa delle sue donne, tollerante. Invece non riusciva a capacitarsi di questa sua condizione, che era peggio di ogni forma di capitalismo e di razzismo. Ma ciò che gli faceva più rabbia era il dover subire, da parte di quell'intermediario del suo padrone, sporchi ricatti come quello di dover pagare il trasporto fino ai campi delle piantagioni. Veniva pagato, quando pagavano, circa quindici euro al giorno, in base al numero di casse riempite a fine giornata. Ma, ovviamente, quel denaro non rientrava tutto nelle sue tasche. Infatti il padrone, per alcuni motivi, otteneva forse più della metà di quella somma di denaro appena guadagnata. Per esempio, ad inizio giornata, pretendeva che tutti gli operai pagassero cinque euro per il trasporto dalla cascina al campo e, chi si fosse rifiutato, avrebbe perso la giornata lavorativa. Altri due euro li aveva già spesi per dormire su un materasso, per giunta, lurido. Altri tre euro per pagare ogni pasto che, oltretutto, era freddo, scarso e scadente. Alla fine, il guadagno netto, era di circa due euro, se veniva consegnato. E non gli era di consolazione sentirsi dire che in Africa, il suo paese d'origine, non li avrebbe mai guadagnati in un solo giorno. Egli, la sera, andando a dormire, ripensava alla sua giornata di lavoro, straziante che spezzava la schiena sotto il sole cocente, senza pause, con la speranza angosciosa di aver raggiunto un buon numero di casse necessarie per sopravvivere almeno un altro giorno. Pensava che lui valesse solamente un numero di casse di pomodori al giorno, che aver studiato, conoscere una lingua in più e aver viaggiato tanto, e non senza percoli, non fosse servito a niente. Ripensava a ciò che gli avevano promesso per convincerlo a partire dal suo piccolo villaggio, per convincerlo a tirar fuori tutti i soldi che la famiglia aveva messo da parte per tanti anni e che gli avevano garantito un viaggio veloce, su mezzi moderni e che lo avrebbe portato in una nazione dove 69


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ ci sarebbe stato tanto lavoro, perchè l'agricoltura era una grande risorsa, ma con poca manodopera. Lo avevano illuso che quello sarebbe stato solo l'inizio di una bella esperienza di lavoro, sicuramente più fruttuosa sotto ogni aspetto. Gli avevano garantito che avrebbe potuto ripagare e sostenere la sua famiglia in Africa poiché il denaro italiano, lì, valeva come l'oro. Gli avevano raccontato di tutte quelle persone che avevano vissuto quell'esperienza e che erano ormai già ricche e felici in Europa. Lo avevano ingannato perché lui aveva bisogno di tutto questo per se e per la sua famiglia. Si era lasciato ingannare perché in fondo aveva sempre sognato di vedere Roma, Firenze, Venezia, conosciute e amate studiando ma viste solo in fotografia. Era partito con questi sentimenti, un misto di speranza, inganno e coraggio, ma già dopo qualche giorno si era accorto di essere entrato in un tunnel buio. La prima sensazione che aveva provato non era ancora delusione, ma la mancanza del respiro della libertà. Infatti non avrebbe più potuto tornare indietro. Questi erano i pensieri sotto le stelle di quella terra nuova, dove vibrava il dolore di un'antica schiavitù. Ma lui aveva deciso di resistere. Nei suoi occhi c'era il saluto di tutta la sua famiglia ed era un vento di speranza che lo sorreggeva, aveva nelle tasche pochi euro, ma ancora tanta tenacia e nel suo cuore aveva un sogno: l'Italia non poteva essere solo quella baracca. L'Italia doveva essere quella che lui aveva conosciuto sui libri. Poco più su di quei terreni riarsi dal sole, c'erano Roma, Firenze e Venezia, per raggiungerle sarebbe bastato un treno, ma anche per quello servivano soldi che non ancora aveva, altre casse di pomodoro da contare e mettere in fila. Era la stagione dell'oro rosso. La stagione della raccolta dei pomodori. Lucrezia Adezio Classe 2B Liceo Classico Convitto nazionale “G. B. Vico” - Chieti

70


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

Il diritto al lavoro “Caryne!” sentivo pronunciare nuovamente il mio nome, era mio marito Abdel appena tornato dal suo misero lavoro di operaio agricolo in una piccola azienda vicino a Brazzaville, nel Congo. Abdel aprì la porta delle nostre piccole quattro mura e mi raggiunse, lo guardai, la fronte nera su cui si intravedevano le gocce di sudore, gli occhi scuri mi fissavano, le mani tremanti che lasciavano cadere la sua piccola sacca marrone sbiadito che portava a lavoro, con dentro quel poco di cibo che potevamo permetterci; chiuse gli occhi e vidi la sua bocca che accennava qualche parola soffocata, aprì gli occhi e da lui sentii delle parole che mai e poi mai avrei voluto sentire :”Caryne, mi hanno licenziato...”: lo avevano licenziato a causa della sua non giovane età. Io con calma credendo quasi che stesse scherzando mi asciugai le mani bagnate su un lembo della mia veste, ma sapevo che non sarebbe servito perché si sarebbero bagnate nuovamente per poter asciugare quegli strati di lacrime che si erano già infranti sulle mie guance. È strano come delle semplici parole possano cambiarti la vita. In un momento caddi su me stessa, misi le mani sulla nuca e gli avambracci sulla testa, come per coprirmi, pensai ai miei figli, Macaria, che in quel momento giocava a pallone con le due sorelle Safaa e Verise sopra quello strato di sabbia che era divenuto la strada, e cercai, tentavo di scovare nella mia testa qualche pensiero che avrebbe smesso di farmi piangere, eccolo! Mi alzai, con il viso umido sì, ma mi alzai, presi quei pochi spiccioli che ci restavano, uscii fuori di casa, accompagnata da Abdel, cercando di non farmi vedere dai miei piccoli. Entrai nella prima cabina telefonica per chiamare quella persona che forse avrebbe reso la nostra vita migliore. Finita la telefonata e passata qualche settimana, ci trasferimmo in Italia con l'aiuto economico di mia zia Marta, cittadina italiana, che ci offrì momentaneamente anche un alloggio. Così grazie a lei e al diritto lavorativo italiano, io e la mia famiglia, dopo tanto tempo, abbiamo ricominciato a vivere. Elena Almonte Classe 3 Scuola Secondaria di Primo Grado - Casalincontrada Istituto Comprensivo di Fara Filiorum Petri

71


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Caro Manù Sono le due di notte e persino qui c’è silenzio. Non si sentono più le urla, i colpi di pistola, le sirene delle volanti. Ogni rumore è cessato, si riesce persino a sentire il tintinnio delle campanelle appese al balcone che si muovono con aliti di vento. Non mi ero mai reso conto di quanto facesse male il silenzio, quando l’unica cosa che senti è il rumore dei tuoi pensieri, dei ricordi e dei rimorsi, quando ti senti solo, le paure ti sovrastano ed i sensi di colpa ti tolgono il respiro. Sono immobile sul mio letto con un foglio sul cuscino e una penna fra le dita, cercando parole che mi diano forza, rovistando fra i ricordi, ma la verità è che l’unica persona che riusciva a distogliermi dalla realtà e a farmi dimenticare la delusione negli occhi di mia madre e la disperazione sul volto di mio padre, ora non c’è più. Dicono che quelli come noi non meritino un paradiso, ma è l’unico posto dove ti immagino in questo momento. Questa giornata sembra non finire mai, solo ventiquattro ore fa ti hanno ucciso privandoti di un futuro, magari diverso da quello che ci aspettava; ed oggi pomeriggio, al tuo funerale, neanche il rombo dei motori è riuscito a soffocare il mio grido strozzato che si bloccava in gola, un grido di rabbia e di disperazione contro i carabinieri che ti hanno tolto la vita. Ma la realtà, forse, è che la vita ci è stata tolta nel momento stesso in cui ci è stata data; proprio la vita balorda che pensavamo di aver scelto. Ci sentivamo indistruttibili. Le scelte che ritenevamo essere giuste e condivisibili, si sono rivelate poi il motivo della nostra miseria. E adesso che tu non ci sei divento sempre più cosciente della trappola nella quale mi sono inabissato poco a poco. Abbiamo sempre attribuito tutta la colpa agli altri, usandoli come pretesto per continuare a percorrere quella strada che ci stava rovinando. Le parole pungenti di Padre Mauro durante l’omelia del tuo funerale mi hanno ferito, probabilmente perchè sono la pura verità: noi non siamo degli eroi. Siamo stati capaci di compiere le azioni più orribili e solo adesso riesco a pentirmene. Quindici anni da noi sono abbastanza per morire, come sono abbastanza per avere una mentalità adulta e prendersi le proprie responsabilità. I pensieri che riempiono il mio animo non mi danno pace, penso a come sarebbe stata la nostra vita se fossimo nati altrove, se questa società infame non ci avesse scelti e noi dal principio avessimo pensato di rifiutare quel “lavoro”. Penso anche che sono stato un vigliacco! Ti ho lasciato lì, da solo, in quella pozza di sangue quando invece avrei dovuto prenderti e portarti via con me! Tante volte sei stato tu a tirarmi fuori dai guai, mentre io non ho mai fatto nulla per te. Avrei voluto che al posto di “game over” ci fosse stato un “rigioca” per avere l’opportunità di un riscatto. Ha senso restare qui, in questo luogo sporcato dalla camorra? Forse sì, se lascerò alle spalle il mio passato, ma non lo dimenticherò affinché tutti sappiano cosa succede in questa parte di mondo. Mi armerò di coraggio per far sì che non sia

72


_________________________________ Principio lavorista __________________________________ versato altro sangue. E tu rimarrai sempre dentro di me per darmi la forza di oppormi a questo sistema nel quale fino ad ora siamo stati ingabbiati. Quando il lavoro che svolgerò domani sarà pulito, riscatterò anche la tua anima. Ti prometto che un giorno farò in modo che la tua morte non sia avvenuta invano. Ciro LIBERAMENTE ISPIRATO A “IL FUNERALE DI EMANUELE” DA GOMORRA DI ROBERTO SAVIANO Classe 2A Chimica IIS “Luigi di Savoia” - Chieti

73


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Ho sognato il mio futuro Art. 1 "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Questo Comma iniziale della nostra Costituzione esprime il concetto di uno Stato che affida al cittadino la responsabilità del proprio futuro: il lavoro è visto come strumento per raggiungere emancipazione e libertà personale e per ottenere dignità personale e sociale. Il diritto ad un lavoro è il motore che rende viva e piena di significato tutta la nostra Costituzione; l’aspirazione al lavoro apre le porte alla sua totale attuazione facendola diventare dinamica e non statica. L'emblema della nostra Repubblica racchiude il sogno dei Padri Costituenti ed è anche il nostro sogno.

74


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

ULIVO: volontà di pace e fratellanza internazionale. "Se c'è pace, c'è anche libertà di realizzare i nostri sogni e c'è speranza che il futuro sia più prossimo.”

RUOTA DENTATA: simbolo dell'attività lavorativa. "Le persone sembrano diverse ma, sono sicuro, hanno tutte dentro lo stesso sogno: l'impegno che gratifica, un lavoro e una vita sociale serena.”

STELLA: è la personificazione dell'Italia. “La stella protegge il mio sogno, se ho un sogno so dove andare, se so dove andare so cosa fare, se so cosa fare ho la speranza di un futuro più prossimo.”

QUERCIA: forza e dignità del popolo italiano "Voglio che il mio sogno diventi forte e solido come una quercia." Muhamed Shahini, Gioele Bagalini Classe 2TI IIS “Pomilio” - Chieti (Disegni tratti dal sito del Quirinale e rielaborati dagli studenti)

75


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La forza di crederci In un momento di crisi e difficoltà, come questo che l'Italia sta vivendo, Francesco è alla ricerca disperata di un posto di lavoro che possa soddisfare le sue necessità e quelle della sua famiglia. Senza lavoro, si sente un uomo a metà, un uomo che non può esprimere se stesso. Sin da bambino, il suo sogno è stato quello di intraprendere la carriera di giornalista. Come ogni mattina, si è alzato presto. Ha un appuntamento nella redazione di una testata giornalistica per un ennesimo colloquio di lavoro. "Ciao, bambini" - Con un sorriso chiude la porta di casa, salutando i figli, nella speranza che non si trovino a vivere anche loro in futuro momenti così difficili. S'incammina verso la redazione del giornale locale. La giornata è uggiosa e cupa, proprio come i suoi pensieri. "Chissà come andrà questa volta!". Agitato per ciò che lo aspetta, si ferma a prendere un caffè, essendosi avviato un'ora prima per arrivare puntuale all' appuntamento. Il colloquio si svolge più rapidamente del previsto. Nulla di nuovo, sempre le solite domande a cui devi dare le solite risposte scontate- pensa tra sé. Riprende la strada di casa, rimuginando sulle parole scambiate con quel giornalista che, al contrario suo, lavora e ha un posto fisso. Quanta invidia! Inattesa, dopo qualche giorno, ecco la lettera tanto desiderata. Finalmente un posto di lavoro, il sogno di una vita, ciò che da sempre ha desiderato per sé, per i suoi figli, per sua moglie, per far sì che la sua famiglia possa vivere serenamente e non più in condizioni di estrema precarietà. "Allora non va poi così tanto male l'Italia. L'Italia basata sul lavoro, che mantiene fede al primo articolo della sua Costituzione, che riconosce tale diritto e promuove le condizioni perché ognuno possa esercitarlo, compatibilmente con le proprie possibilità.".. questo pensa Francesco il giorno della sua assunzione. Comincio a credere davvero nell'Italia, quell'Italia che si prende cura dei suoi cittadini, che non ostacola le loro vite, ma le rende libere, che non nega i diritti di ciascun uomo, ma ne tiene conto e li rispetta! Carbonelli Mattia, La Palombara Nicola Classe 4C Liceo Scienze Applicate IIS “Mattei” - Vasto

76


_________________________________ Principio lavorista __________________________________

Sogno una società diversa… Oggi mi sono fermato dinanzi allo specchio per riflettere su chi sono e chi potrei essere.
 Sono un ragazzo laureato da ormai 5 anni che, nonostante i sacrifici fatti, per conseguire la laurea in medicina con specializzazione pediatrica, non riesce ad ottenere un posto di lavoro. Qualche giorno fa, mi sono recato presso un'importante clinica di Milano per il colloquio finale di un concorso per un posto di lavoro come pediatra. Ma, nonostante gli ottimi risultati conseguiti alle prove scritte e alla massima valutazione ottenuta negli esami della specializzazione, sono risultato secondo nella graduatoria. A quel punto ho voluto indagare su chi fosse quella persona tanto preparata da essere stata scelta, al mio posto, nella prova orale ed ho scoperto, con amarezza, che era il figlio del primario di una famosa clinica privata. Sono rimasto sbigottito … ancora una volta questo terribile cognome: Prof. Dott. Roccuzzi!!! Ho scelto di conseguire una specializzazione in pediatria per poter aiutare i bambini malati e cercare di dare loro una speranza. Io capisco perfettamente come ci si sente ad avere un bambino malato nella propria famiglia, poiché, all’età di 16 anni ho assistito alla morte del mio fratello minore … morto alla tenera età di 6 anni a causa di una appendicite non operata per colpa della superficialità e dell’incompetenza proprio del Dott. Roccuzzi, il padre del giovane dottore rampante che aveva vinto il concorso al quale io avevo partecipato. Da qualche mese mio fratello accusava dei dolori ad un fianco e mia mamma preoccupata lo portò a fare dei controlli, ma il dottor Roccuzzi disse che lui era sano come un pesce. Con il passare dei giorni lui peggiorava e mia mamma decise di portarlo a fare un altro controllo, questa volta però da uno specialista in una clinica privata, e lì iniziò il dramma… mio fratello aveva la peritonite. Subito lo ricoverarono e cercarono di salvargli la vita operandolo … ma eravamo arrivati troppo tardi! Ricordo ancora quando guardandomi per l’ultima volta mi sorrise dolcemente e mi disse che "lui sarebbe stato bene e non voleva che stessimo male per lui e desiderava che continuassimo la nostra vita anche senza di lui. Ci avrebbe sorvegliati dall’alto e ci sarebbe sempre stato accanto". Dopo la sua morte mia madre si recò dal dottore Roccuzzi, che lo aveva visitato ai primi sintomi e non si era reso conto che il bambino aveva l'appendicite infiammata, chiedendogli arrabbiata, come mai non si era accorto di nulla. Il medico rimase muto e la cacciò via in malo modo e dopo poco tempo venimmo a sapere che quel dottore non aveva avuto quel posto di lavoro per la sua preparazione medica ma in quanto aveva conoscenze altolocate! Scommessa Valentina, Canale Francesca Classe 3 Turismo ITCG “ Galiani-de Sterlich” - Chieti
 77


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

78


__________________________ Principio di unità nazionale e autonomista_______________________

PRINCIPIO DI UNITÀ NAZIONALE PRINCIPIO AUTONOMISTA

Art. 5 La

Repubblica,

una

e

indivisibile,

riconosce

e

promuove

le

autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Art. 6 La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Art. 12 La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

79


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

80


__________________________ Principio di unità nazionale e autonomista_______________________

Una giornata in Trentino Un giorno un visitatore volle andare in Trentino per passare un week-end con la famiglia. Per trovare l’hotel seguivano cartelli stradali con su scritto dove andare, ma erano in tre lingue diverse cioè in tedesco, in italiano e in slavo. A questo punto la famiglia si chiese: - Siamo veramente in Italia? Perché su questi cartelli ci sono tutte queste lingue? -. Allora iniziarono a pensare cosa sarebbe stato meglio fare. Durante il tragitto incontrarono un anziano signore e si fermarono per chiedergli informazioni sulla strada che portava all’hotel. Purtroppo capirono con immenso dispiacere che l’anziano signore parlava il tedesco e a quel punto ripresero il viaggio preoccupati. Dopo una decina di minuti incontrarono altre persone, ma anch’esse parlavano una lingua diversa. La famiglia uscì scoraggiata da questa passeggiata per cercare l’hotel, ma infine trovarono, con immensa gioia e felicità, il Comune. A quel punto entrarono e il Sindaco spiegò loro che sui cartelli stradali c’erano varie lingue perché il Trentino è una terra di confine con popolazioni che si contaminano fra di loro e nel frattempo si riconoscono per ragioni storiche e geografiche nella lingua del Paese vicino. Quindi nella Costituzione Italiana c’è scritto che la Repubblica tutela le minoranze linguistiche che si trovano in quei territori e vuole che vivano in pace con tutti, senza inutili recriminazioni e conflitti. Ma intanto il Sindaco li informò anche che l’hotel si trovava proprio dove avevano lasciato la macchina! Arrivati all’hotel la famiglia fece salti di gioia e ripensando a quello che era successo capì che è bello vivere in un Paese così sensibile e rispettoso delle lingue e delle culture diverse… Ma l’esperienza vissuta li aveva anche divertiti molto!!! Croce Vanessa, Di Martino Samuele, Giorgini Riccardo, Manzoli Aurora, Noemi Toracchio Classe 2D Scuola Secondaria di Primo Grado “Chiarini - De Lollis” Istituto Comprensivo n.1 - Chieti

81


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La Bandiera C’erano una volta tre famiglie che vivevano in posti diversi ma avevano tutte tanti problemi. Un giorno, stufe della loro condizione, decisero di andare via da dove abitavano e partirono. La prima famiglia era tutta albina e scappò perché il suo popolo la derideva per il colore, così la scacciò. La seconda aveva tutta la pelle macchiata di sangue di guerra; senza le cure necessarie era diventata tutta rossa e se ne andò via disperata. La terza famiglia non aveva casa ed era costretta a dormire sempre sull’erba; per questo motivo il colore verde aveva impregnato la loro pelle; così partirono in cerca di un rifugio. Dopo molti tentativi in altri paesi arrivarono in Italia dove noi li abbiamo ospitati e dato loro una casa, cure, rispetto e amore. In quel periodo molte persone importanti si erano riunite per scrivere la Costituzione italiana e, tra le altre cose, pensarono di dare alla bandiera che ci rappresenta i colori di quelle povere famiglie: il verde per ricordarci di aiutare i senza casa, il bianco per rispettare chi è diverso e il rosso per ripudiare la guerra. Alessandro di Marzio Classe 4A Scuola Primaria Villaggio Celdit Istituto Comprensivo n.4 - Chieti

82


__________________________ Principio di unità nazionale e autonomista_______________________

Una bandiera tre colori Una bandiera tre colori Quel sottofondo, l’inno di Mameli, l’inno d’Italia. Due elementi, una nazione. La bandiera, il tricolore. Rosso come il sugo, bianco come l’impasto della pizza e verde come il basilico. Rosso come il sangue dei soldati morti per la Patria, bianco come l’integrità dei politici di quel tempo, verde come la speranza di quelli che erano Italiani senza avere ancora l’Italia. Rosso come l’amore, quello vero, quello puro che solo per la propria Patria si può nutrire, bianco come le Alpi, la neve che delimita al nord la nostra nazione, che è stata teatro di aspre guerre e che ancora oggi ci protegge malinconica e materna, verde come le aree boschive che ricoprono tutta la Penisola che creano un paesaggio unico e distintivo che fanno di ogni posto casa. Rosso come la passione, l’ardore che si sente grazie all’inno e alla bandiera, la passione degli italiani, fieri di esserlo, bianco come l’onestà che viene spontanea di fronte quei colori, nel pronunciare quelle parole, verde come la freschezza della nostra Costituzione, del nostro inno, della nostra bandiera, che nonostante l’avanzare del tempo restano pilastri del nostro Paese. Rosso come le camicie dei Mille di Garibaldi, bianco come la purezza delle intenzioni di quella spedizione, verde come i frutti prima di maturare, come l’Italia di oggi, diversa da quella di Garibaldi, che ancora deve crescere e imparare. Associati sicuramente ormai all’azzurro della Nazionale, perché ormai solo in quel momento si riscopre il piacere di essere italiani, l’orgoglio nell’indossare il tricolore e di cantare il nostro inno. Ormai è questo l’unico significato, il tricolore è il simbolo dell’Italia nelle partite ufficiali, nelle Olimpiadi. La nostra Italia deve maturare, deve crescere, e devono essere gli stessi italiani ad amarla. Riscopriamo quel sentimento per il quale quelle persone lottarono. Apriamo gli occhi e fermiamoci a riflettere quando vediamo il nostro tricolore. Torniamo ad essere fieri di essere italiani Giulia Mincarelli Classe 2C Liceo Classico Convitto nazionale “G. B. Vico” - Chieti 83


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Bozzetto per la sfilata ispirata alla Bandiera Italiana (Melania D’Anselmo 5A TA - IIS U. POMILIO) 84


__________________________ Principio di unità nazionale e autonomista_______________________

Una bandiera senza colori Qualche anno fa, in occasione del 150° anniversario dell'Unita d'Italia, noi ragazze del corso moda abbiamo disegnato e realizzato una collezione di abiti ispirati al vessillo della nostra Repubblica ed è stata l'occasione per studiare l'origine della nostra bandiera e fare alcune riflessioni. Il tricolore italiano deriva dalla bandiera francese rivoluzionaria, di cui notiamo la somiglianza. Adottato dalle regioni operanti con Napoleone Bonaparte, divenne poi la bandiera della Repubblica Cisalpina, della Repubblica Cispadana, della Repubblica Italiana e del Regno Italico. Caduto Napoleone, rimase la bandiera dei patrioti. Ricomparve in Piemonte dove Mazzini l'adottò per la Giovine Italia, divenendo simbolo del Risorgimento. Con l’Unità d’Italia ai tre colori si aggiunse l’azzurro, racchiuso nello stemma distintivo della famiglia Savoia. La Repubblica italiana cancellò ovviamente lo stemma azzurro e si tornò ai tre colori, descrivendo la bandiera nel dodicesimo articolo della Costituzione che dispose il verde, bianco e rosso in tre bande verticali di uguali dimensioni, a sottolineare la medesima importanza degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità. Il tricolore non è una semplice insegna di Stato, è un segno di libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito e che trova la sua identità proprio in questi principi e nei valori della propria storia. Il nostro Tricolore riassume i naturali "Diritti dell'uomo", le aspirazioni di tutte le genti, la volontà di chi crede nella propria nazione volta al progresso, con leggi adeguate, senza divisioni, stessi doveri e medesimi diritti. Un paese dove non ci siano discriminazioni, dove ognuno fa del proprio lavoro una cosciente responsabilità. Dove la morale e l'etica siano guida costante per un'esistenza felice e serena. Durante lo studio per elaborare la scheda colori degli abiti dei nostri figurini, abbiamo osservato e riflettuto sulle tinte della nostra bandiera. Verde, come le valli, le colline, i prati e la speranza per un Paese che va avanti sempre unito. Bianco, come purezza d'animo e lealtà di tanti cittadini che non si lamentano mai e continuano sulla loro via del lavoro e del rispetto. Rosso, come le guerre, come il sangue e il sacrificio di tantissimi uomini e donne che ci hanno donato la nostra storia. Ma, chiudendo gli occhi, ogni colore si fonde e si unisce all'altro, come la fratellanza unisce l'uomo all'uomo: una bandiera "senza colori”. Cecilia Grossi Classe 5B TA Enrica Zappacosta Classe 2 TI IIS “U. Pomilio” - Chieti 85


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Ora non ho più paura Lunedì, 3 settembre Mi chiamo David e ho 16 anni. Abito in una cittadina di circa 500 abitanti in Trentino Alto Adige. Fin da piccolo ho frequentato la scuola in Austria, perché mio padre lavorava lì ed era molto più vicina al mio paese; quest'estate è stato trasferito vicino Trento e ora dovrò frequentare il secondo anno della scuola superiore in Italia. Non parlo bene l'italiano perché nel paese in cui abitavo la lingua più parlata è l'austriaco. Ho molte insicurezze e vorrei continuare gli studi in Austria, visto che tutti i miei amici sono lì. Tra una settimana inizierò la scuola. Mi sento in imbarazzo per via della lingua ed ho paura che mi prendano in giro per questo. Ne ho parlato con mia madre, mi ha rassicurato dicendo che le minoranze linguistiche in Italia sono tutelate e non devo avere timore. Martedì, 18 settembre Nella prima settimana di scuola ho provato a fare amicizia con vari compagni, ma senza successo. Ho provato diverse volte ad avere un dialogo con loro, ma non ci sono mai riuscito. Mi sento spaesato, ho l'impressione che dentro la classe tutti mi prendano in giro; non capisco perché, non credo di essere antipatico o maleducato. Sabato mi sono avvicinato ad una ragazza molto carina, chiedendole se potevo sedermi vicino a lei durante la lezione di italiano in modo da seguire meglio e chiedere spiegazioni nel caso non capissi qualcosa, ma lei mi ha risposto di no ed è corsa dalle sue amiche ridendo. Poi, durante la ricreazione, mentre uscivo dalla classe per prendere una boccata d'aria, ho sentito parlare di me, dicendo che non è possibile che una persona nata e cresciuta in Italia non sappia parlare l'italiano. So che può sembrare strano, ma è così e in alcuni momenti mi vergogno davvero tanto di questo. Stamane è andata un po' meglio, alla ricreazione in cortile ho sentito dei ragazzi parlare austriaco, mi sono subito avvicinato e loro mi hanno accolto nel gruppo senza alcun problema. Ho raccontato tutti i disagi che sto avendo in classe e dopo tanto tempo mi sono sentito di nuovo parte di un gruppo. Mercoledì, 26 settembre Ho continuato a frequentare questi ragazzi, con loro mi trovo bene anche se non condivido alcuni loro modi di pensare. Ieri parlavamo dei miei compagni di classe con commenti, anche pesanti, nei loro confronti. A parer mio, non meritano quelle

86


__________________________ Principio di unità nazionale e autonomista_______________________ offese. Mentre i miei amici parlavano, io non ho detto niente perché, anche se quelli della classe mi prendono in giro, io non ho niente contro di loro, visto che non li conosco e non voglio offenderli. Stamattina sono arrivato in classe, era quasi vuota, c'erano quattro o cinque ragazzi che copiavano i compiti di matematica e fuori la porta c'era Beatrice, la ragazza con cui avevo già parlato, che poco dopo si è avvicinata e mi ha chiesto scusa per il suo comportamento della settimana scorsa. Sono felicissimo e non mi sarei mai aspettato un gesto del genere. E' bellissima, inoltre stamattina ho notato che, quando non ci sono le sue amiche, è anche molto gentile. Vorrei tanto chiederle di uscire ma sono molto insicuro e ho paura della sua reazione. Mercoledì, 10 ottobre In classe va molto meglio. Pian piano sto iniziando a parlare un po' con tutti e migliora anche il mio italiano, che pensavo fosse impossibile da imparare. La professoressa di lettere è così gentile da venire a scuola il pomeriggio per aiutarmi e un mio compagno mi ha anche chiesto di andare da lui domani per fare la ricerca di diritto. Ma sono felice soprattutto perché ho avuto il coraggio di dire ciò che penso sia ai miei amici austriaci sia a Beatrice. I miei amici hanno capito subito che dovevano essere più cordiali con i miei compagni di classe, mentre Beatrice ha accettato di uscire con me. Ora finalmente NON HO PIÙ PAURA. Marinelli Sara, Maja D’Urbano, Davide Federico Classe 3B Turismo ITCG “Galiani-De Sterlich” - Chieti 87


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La mia Italia C'era una volta un bel Paese, i suoi cittadini erano gentili tra loro, rispettosi delle regole e cordiali. Amavano la loro cultura e la loro storia. Il Paese si chiamava Ternania. Oltre a questo ce n'era un altro, esso si chiamava Italia. L'Italia era bella, un posto magnifico con paesaggi mozzafiato, tanta natura incontaminata e dei cittadini modello. Purtroppo non tutti i cittadini erano rispettosi ed educati, non tutti amavano il proprio Paese a tal punto da onorarlo con patriottismo, spesso erano irriguardosi sia nei confronti di se stessi sia nei confronti degli altri: non pagavano le tasse allo Stato, non seguivano le regole dettate dalla Costituzione Italiana e ben presto si scontrarono in una bruttissima rivolta, una vera e propria guerra civile. Così questa nazione cadde in un profondo degrado. Appena la Ternania venne a conoscenza della situazione dell'Italia, decise di invaderla perché si riteneva superiore ad essa. I cittadini italiani, che sapevano e conoscevano quelle che erano le intenzioni della Ternania, cominciarono a preoccuparsi: volevano mantenere la propria cultura e la propria storia ... non volevano farsi mettere i piedi in testa da nessuno…cominciarono a sentirsi finalmente Italiani. Sì, fieri della propria cultura! Dopo l'aggressione dell'Italia da parte della Ternania essi, tornati ad essere gelosi della loro storia e dei loro territori, presero la decisione di organizzarsi in un'unica assemblea con a capo il Presidente della Repubblica. Smisero di farsi guerra e capirono che c'era bisogno di una unione, perché l'unione fa la forza. Immediatamente gli Italiani si impegnarono e cooperarono per scacciare dalla propria nazione i nemici, riprendendo il comando dell'Italia. Finalmente tutti insieme furono forti, proprio come tanto tempo prima, nel 1861, quando lo stivale si unì sotto un’unica bandiera, il tricolore, grazie a uomini valorosi come il grandioso Garibaldi. Da allora si ricominciò da capo. Si ricominciò con il creare e l’osservare delle regole rispettose verso tutti, regole uguali per tutti in cui politici e uomini d'affari erano uguali agli altri abitanti...il medico uguale al contadino, il politico uguale all'operaio e così via. Le persone erano più cordiali tra loro. Si combatté la mafia, ma anche la corruzione e la gente non pensava a rinchiudersi in casa nell'egoismo ma ci furono da parte di tutti attività di volontariato e tanto amore verso il prossimo... finalmente tanto rispetto e...Mah, Mah...cosa è successo...é molto tardi, devo vestirmi e prepararmi per andare a scuola! Stavo sognando!...E che bel sogno: il mio Paese, la mia bella Italia e l'unità nazionale! Io ci credo davvero, io spero in un cambiamento reale in cui la mia nazione sia all'altezza dei miei sogni e delle mie aspettative.... Andiamo, Buona giornata!!!! Maria Chiara Masciulli Classe 3A Scuola Secondaria di Primo Grado di Villamagna Istituto Comprensivo Statale - Bucchianico
 88


__________________________________ Principio di laicitĂ ___________________________________

PRINCIPIO DI LAICITĂ€

Art.7 Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8 Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

89


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

90


__________________________________ Principio di laicità___________________________________

Mi ricordo Mi ricordo il profumo del pranzo che la mamma ci preparava dopo la preghiera di mezzogiorno. Mi ricordo il modo in cui gli occhi bruni dei miei fratelli scrutavano la tavola. Mi ricordo anche come, nel mese del ramadan, quel profumo non arrivasse più. Ricordo le cantilene delle preghiere di mio padre, sempre rassicuranti. Ricordo l’impegno e la passione che mia madre metteva nello spiegarmi ogni singola parola del Corano. Poi ricordo come tutto ciò in cui avevo sempre creduto venne messo in dubbio nel mio nuovo paese. Mi ricordo le parole dei miei compagni sui miei vestiti, sul mio accento. Sul mio Dio. Ricordo gli sguardi degli insegnanti, in cui io cercavo conforto, che mi trapassavano il volto. Mi ricordo le solite cantilene di papà, con cui mi sentivo ancora a casa, per poco. Ricordo i nuovi odori a pranzo, i nuovi volti per le strade, le nuove abitudini, nuove formalità, nuove sensazioni. Come quella di essere diverso. Straniero. Musulmano. Alessia Caratelli Classe 2C Liceo Classico Convitto nazionale “G. B. Vico” - Chieti

91


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La religione unisce non divide Adams viveva tranquillamente con la sua famiglia in un paesino dell’Africa. Lui era ebreo era sposato con Sarah e avevano una figlia di nome Ariel. Ariel era una ragazzina di quattordici anni, frequentava la scuola nel suo paese ed era molto amica di Ester, una ragazza non ebrea. Un giorno mentre Adams andava a lavoro, sentì delle persone che dicevano che il governatore aveva mandato dei soldati a comunicare alle famiglie ebree di allontanarsi da quel paese perché non era consentito loro fare ciò che facevano tutti. Quel giorno, infatti, a scuola Ariel si sentì esclusa da tutti e anche dagli insegnanti, la fecero sedere in fondo alla classe e non le permisero di parlare. Lei si chiese il motivo di queste discriminazioni e non riuscì a dare risposta alla sua domanda, vide che anche una sua amica ebrea che veniva esclusa e maltrattata e capì tutto, l’unica persona che restò a suo fianco era Ester. Infatti, quando Adams tornò dal lavoro, trovò la figlia molto triste per ciò che era successo a scuola, anche la moglie era stata allontanata da tutte le donne del quartiere e la cosa che le aveva fatto più rabbia era che la sua migliore amica, non ebrea, aveva seguito il comportamento di tutte le altre. Quel pomeriggio fu indimenticabile per Ariel e Ester perché purtroppo erano le ultime ore che avrebbero trascorso insieme. Ester fece di tutto per convincere la famiglia di Ariel a restare, ma purtroppo non erano loro a decidere, ma era il governatore che aveva stabilito di cacciarli. Adams e la sua famiglia riuscirono ad arrivare in Italia, lui sperava che qui potesse finalmente essere come tutte le altre persone e professare la sua fede. Fortunatamente a loro è andato tutto bene perché in Italia, nella Costituzione, ovvero la “carta” su cui sono scritti tutti 139 articoli, c’è l’articolo otto che dice: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”; questo articolo afferma che tutte le confessioni diverse da quella cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo le proprie regole, purché tali regole non siano in contrasto con le leggi italiane. Grazie a questo diritto Adams e la sua famiglia possono professare la loro religione senza essere allontanati e da quel giorno si integrarono in Italia e fecero amicizia con altre persone ebree e non. Ora Ariel ha 20 anni, ha finito la scuola e lavora in un negozio tutto suo. Dato che nel suo paese non si trova lavoro ha fatto venire in Italia la sua amica Ester ed ora hanno un negozio insieme e vivono in una casa tutta loro, nonostante sono state lontane per sei anni, il loro legame non si è interrotto. Martina D’Amico Classe 3 Scuola Secondaria di Primo Grado - Casalincontrada Istituto Comprensivo Fara Filiorum Petri

92


__________________________________ Principio di laicità___________________________________

Domenica e Venerdì Fin da piccolo sono sempre stato timido e mi vergognavo a socializzare con nuove persone. Quando sono entrato alle scuole elementari ho avuto difficoltà ad esprimermi con i miei amici ma con il passare del tempo mi sono ambientato. Nei giovedì in cui si faceva mensa a scuola, dopo il primo piatto, la bidella ci portava la carne e io pensieroso mi domandavo se era carne di maiale, tacchino, pollo o manzo. Io sono musulmano e, come saprete, la mia religione mi vieta di mangiare la carne di maiale perché per noi è peccato. Allora chiedevo alla bidella, vincendo la timidezza, se poteva mettermi qualcos’altro nel piatto, anche se vedendo i miei amici mangiare quella carne, non capivo bene perché io non potessi. Un altro episodio che mi ha colpito molto è stato quando mio zio arrivò per la prima volta in Italia dopo aver finito di fare gli studi per il Muezin in Serbia. Era ben vestito, con abiti lunghi che gli coprivano le ginocchia e portava la barba in segno di rispetto verso Dio. Era sempre allegro quando usciva di casa e attirava gli sguardi degli altri per le caratteristiche del suo aspetto. I vicini di casa erano molto interessati a conoscere le tradizioni ed i riti della nostra religione, e lui raccontava il modo diverso di pregare e le varie usanze che, come ben presto compresi, erano molto diverse da quelle dei cristiani. La domenica mattina vedo sempre i miei vicini cristiani andare a messa e li vedo entrare in Chiesa tutti vestiti elegantemente. Invece noi andiamo tutti i Venerdì, il nostro giorno sacro, verso le 13, nella Moschea costruita nel mio paese, a pregare rivolgendoci verso la Mecca. In Albania le Moschee sono maestose e ben decorate all’interno, dove c’è una sala per “purificarsi”: il rito consiste in un lavaggio per essere pronti a fare il nostro dovere quotidiano. Domenica o Venerdì in fondo sono la stessa cosa: sono un giorno per pregare. Alle scuole medie, durante l’ora di alternativa alla religione, con la prof. e due miei amici, anch’essi musulmani, Sami e Sara, tra le altre cose abbiamo studiato la Costituzione Italiana e i Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e ogni giorno creavamo una pagina di power-point che abbiamo poi presentato a tutta la classe. Alcuni degli articoli che mi hanno colpito di più sono stati quelli in cui si dice che siamo tutti uguali senza distinzione di razza, sesso o religione e che in Italia tutte le religioni sono egualmente libere ed accolte. Devo dire che con la mia diversa religione mi sento a mio agio in questo Paese dove sono nato. Io ci credo che siamo tutti uguali e voglio vivere con questa convinzione. Muhamed Shahini Classe 2 TI IIS “U. Pomilio” - Chieti 93


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Solo colpa dei pregiudizi Un giorno nella nostra classe è arrivato un ragazzo dall'Iran, di nome Mohamed, di religione musulmana. Da subito noi lo guardavamo con sospetto a causa delle notizie che ascoltavamo al telegiornale e della tensione creata dagli attacchi terroristici dell'ISIS. Mohamed percepì la nostra diffidenza e se ne stava sempre appartato e silenzioso … con uno sguardo triste! Un giorno poi fece un intervento nell'ora di religione e noi tutti lo abbiamo contraddetto perché per noi non poteva neanche parlare un ragazzo di una religione che usava il nome di Dio per uccidere! Da quella discussione, pacifica per la presenza dell'insegnante, noi incominciammo a prenderlo in giro tutti i giorni, appena entrava in classe qualcuno di noi sempre lo offendeva con parole pesanti. Mohamed sopportò questa situazione fino a quando un giorno, dopo i nostri soliti attacchi verbali, prese il Crocifisso appeso al muro e lo buttò per terra. Allora alcuni miei compagni di classe reagirono con violenza e scoppiò una rissa. Tutti gli insegnanti intervennero e Mohamed fu portato dalla Preside. Ma la Dirigente capì subito la situazione e comprese anche il gesto di Mohamed che mostrava di essere profondamente pentito di quello che aveva fatto. Bisognava però fare qualcosa! L'insegnante di religione, infatti, ci fece fare a tutti degli approfondimenti sulla religione musulmana e scoprimmo che il Corano non incita alla violenza, che i veri musulmani hanno rispetto per Gesù Cristo che ritengono un profeta e che nei secoli precedenti noi occidentali abbiamo imparato tante cose dalla loro cultura. Capimmo che i terroristi che usavano il nome di Allah non erano veri musulmani! Durante questi approfondimenti, in cui Mohamed prendeva spesso la parola e nessuno di noi più gli mancava di rispetto, il clima tornò disteso. Lo abbiamo conosciuto realmente e abbiamo scoperto che era un ragazzo generoso, buono e simpatico. Fu lui che spontaneamente aggiustò un braccio del Cristo del Crocifisso buttato a terra e lo riappese al muro. E così toccammo con mano il piacere della convivenza e del confronto pacifico e scoprimmo che si può essere veramente amici pur essendo diversi per cultura e religione. Percoco Chiara, Percoco Pantaleo, Piazza Alessia, Del Vecchio Ilaria Classe 3B Turismo ITCG “Galiani - De Sterlich” - Chieti 94


__________________________________ Principio di laicità___________________________________

Lettera a un amico perduto Vasto, 12/02/2015 Caro Muhamad,

provo da mesi a contattarti, per avere tue notizie, ma il tuo numero di telefono è diventato ormai inesistente. Ti ho scritto tanto, tra e-mail e messaggi ho praticamente perso il conto, e a questo punto ho smesso di controllare se nella casella, tra le altre, compare la tua risposta. Immagino che ti abbiano privato di tutto, sarebbe troppo influenzabile la vostra dottrina, nel caso in cui qualcuno di voi entrasse in contatto con noi occidentali.
 Quando tre anni fa sei andato via con la tua famiglia per tornare in Medio Oriente, rispettando la decisione di tuo padre di tornare in Patria per combattere per l’Islam, non ero a conoscenza di nulla riguardo il tuo popolo, Allah, né tantomeno riguardo l’Isis. Adesso però, a distanza di tutto questo tempo, avendo consolidato i miei ideali e, soprattutto, avendo le idee chiare su tutto ciò che per me prima era semplicemente un pensiero astratto, vorrei che queste parole ti arrivassero, vorrei che la rabbia con cui ti citerò i fatti accaduti in Europa e agli europei per mano islamica negli ultimi mesi non venga presa per finta, né tantomeno sottovalutata. Questa rabbia mi infuoca dentro, ed approfitto di questa occasione per sfogarla.
 Per prima cosa mi chiedo che senso ha per voi decapitare, fucilare e accoltellare giornalisti, sembra quasi che proviate piacere nel farlo, rendendo successivamente partecipe tutto pubblico tramite il web, con lo scopo di intimidire l’Occidente.
 Non capisco come sia possibile dare ad una persona un valore monetario esorbitante, per poterla riscattare e farla tornare “probabilmente” nel proprio paese. Su internet è all’ordine del giorno scontrarsi con notizie, aggiornamenti, foto e video riguardanti il tuo popolo e ancor prima della televisione, la rete è capace di offrirci una visione globale della realtà dei fatti, con i suoi spunti negativi e positivi, ed è proprio sfruttando molto questo mezzo di comunicazione che è semplice rendersi conto delle vostre idee, e crearsi un pensiero ostile nei vostri confronti.
 A fronte di tutto ciò, di quest’immagine fortemente negativa che l’Islam proietta fuori di sé, caro amico mio, ora vorrei parlarti di me e di come funziona nel mio di Paese.
 Sono nata e vivo in uno Stato democratico, fondato e rispettoso di dodici Principi Fondamentali, che ci assicurano diritti inalienabili. Da sempre mi vedo intorno idee differenti, così come succede anche in famiglia, dove si esprimono ideali politici, sociali e culturali dissimili.
 95


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ Ho studiato e studio in un modello di scuola che mi offre una pluralità di materie, che, ancor prima di prepararmi al futuro, è capace di creare in ognuno di noi una "forma mentis" diversa fra tutte ma in grado di ascoltare e trarre spunto dalle idee altrui, nel caso in cui vengano reputate giuste e migliori. Credo fermamente nella “matita di Charlie”, che possa continuare a scrivere per far accrescere la cultura e l’informazione delle persone, perché un popolo che ha paura è semplicemente un popolo ignorante; ma credo anche nella “gomma della matita di Charlie”, che possa cancellare un passato ingiusto, estremista, che ha caratterizzato in maniera così negativa gli ultimi anni di Storia. Non sono credente, ma proprio per questo, non avendo una sola religione come punto di riferimento, mi è più semplice cogliere i principi e le credenze di ognuna di esse, ed in questo modo essere neutrale e capace di rispettarle tutte.
 Ma, religione o meno, io non so spiegarmi cosa ci differenzia … Chi di noi non respira? A chi di noi non batte il cuore? Cristiano, testimone di Geova, islamico o quello che sia: che cosa cambia? Se il mio credo è rappresentato da una croce ed il tuo da una bandiera nera, non vuol dire che devi nutrire odio nei miei confronti, solo per le nostre diverse opinioni; quindi neanche io devo crearmi dei pregiudizi negativi nei confronti della tua religione. Però la violenza genera violenza e abbattere la mia croce per innalzare la tua bandiera nera non ti renderà più grande, né tantomeno più orgoglioso, ma solo povero e vuoto dentro, perché porterai sulla schiena l’odio di tante persone con ideali differenti dai tuoi, ma pur sempre persone.
 Non è di certo questo quello che un Dio vorrebbe dal suo popolo. Neppure gli animali, tra di loro, all’interno della stessa specie, sono capaci di uccidersi. Neanche per fame, figuriamoci per odio.
 Sarebbe ora di ricominciare una nuova vita, imparando dagli errori che abbiamo commesso nel passato, e che tuttora commettiamo, facendo in modo di evitarli, pensando a nuovi ideali, magari non legati semplicemente al proprio credo, orientamento sessuale o al colore della pelle. Vedi Muhamad, io non so più nulla di te, non ho la certezza di sapere se sei ancora vivo, figuriamoci se posso mai sapere se questa lettera ti arriverà, se magari ormai sei un militare, se sei in fase di addestramento, se ora la sera, prima di dormire, sul comodino poggi un libro, o posi i tuoi fucili. Ciò che spero di più in assoluto è che queste semplici parole, di una ragazza della tua età, possano in qualche modo arrivarti, facendoti capire che la libertà di espressione non è una cosa negativa, anzi, la libertà è l’unico modo per essere tutti uguali e uniti, davanti a chiunque, anche davanti a Dio.
 Libertà ... che bella parola!
 Ovunque tu sia, qualunque sia il futuro che hai scelto per te, sappi che ti voglio tanto bene. Francesca Esposito Classe 2A Chimica IIS “Mattei” - Vasto
 96


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

PRINCIPIO DELLA TUTELA DELL'AMBIENTE E DEI BENI CULTURALI

Art. 9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

97


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

98


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

Un bosco da salvare È mercoledì pomeriggio e nell'aria c'è il profumo di primavera, gli uccellini cinguettano e il sole rischiara il paesino, ma Emma è ansiosa e triste: già da un giorno è su un albero e ora vede avvicinarsi un fuoristrada, munito di un braccio elevatore con in cima un cestello. La costringeranno a scendere? Sarà la fine della sua protesta? Non può arrendersi adesso. Eppure solo due giorni fa in classe ha letto con i compagni l'articolo 9 della Costituzione italiana: “La repubblica ... tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Nel pomeriggio di quel giorno, poi, ha saputo che sarebbe stata costruita una fabbrica proprio vicino al suo paese. Per realizzarla sarebbero stati abbattuti gli alberi di un boschetto, in cui Emma, e prima di lei tutti gli abitanti del paese, da bambina aveva giocato. E poi: chi poteva garantire che, eliminato il boschetto, il terreno della collina non sarebbe franato? E ancora: quali precauzioni si sarebbero prese per salvaguardare il territorio dall’inquinamento dell'acqua e dell'aria? No, non poteva permetterlo, ma che cosa fare? E così aveva deciso di seguire l'esempio di Julia Butterfly Hill, una ragazza ventitreenne che, per salvare una foresta di sequoie in California, aveva vissuto due anni su un albero. Ecco questo sarebbe stato il suo piano. Era convinta che ce l'avrebbe fatta. Emma aveva preso la bici ed era arrivata al boschetto dove si era sistemata su di un albero. Vi aveva trascorso tutta la notte, nonostante il freddo, il buio ed i mille rumori misteriosi che lo riempivano. Ed ora ecco gli operai che si avvicinano per iniziare a tagliare il bosco. – Fermi! Non potete tagliare questi alberi! Non potete farlo, perché io non scenderò!! – grida. Il cestello del fuoristrada con dentro un poliziotto si sta elevando verso i rami su cui Emma si è legata per tirarla giù, quando si sentono delle voci lontane, inizialmente confuse, poco comprensibili, poi sempre più forti e chiare. Ora è un coro di voci che gridano: – Non ce ne andiamo perché la natura amiamo, gli alberi dan la vita e l’industria non verrà costruita!! – Sono i concittadini di Emma che vengono a sostenere la sua lotta. Si siedono ai piedi degli alberi mostrando cartelloni su cui hanno scritto: “ La natura ci salva!”, “ Perché dobbiamo distruggere un bosco?”, “Gli alberi ci danno ossigeno, senza il quale noi non possiamo vivere!”. A un tratto arriva davanti al bosco una macchina nera da cui scende un uomo basso, grasso, con un enorme sorriso a trentadue denti: è il sindaco. Emma gli grida: – Signor sindaco non pensi solo ai vantaggi economici, ma a quello che questo bosco rappresenta per la memoria degli abitanti del paese e per la loro salute! Non è questo il posto in cui costruire

99


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ un’industria! – Un giovane ragazzo interviene: – Io conosco un luogo, non molto lontano da qui, dove non vi è che qualche ciuffo d’erba. Nel rispetto dell’ambiente lì si può costruire una fabbrica. – Dopo qualche istante di esitazione tutti i cittadini esclamano: – Sì, è perfetto! Il boschetto sarà salvo e l’industria verrà costruita! – Sara D’Angelo, Marika Liberi, Elena Rossetti, Noemi Trentadue Classe 2A Scuola Secondaria di Primo Grado “Chiarini - De Lollis” Istituto Comprensivo n.1 - Chieti

100


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

Anche a questo può servire la pesca! Ributto in acqua l’amo. Oggi non abbocca niente. Guardo Davide, mio fratello, che sta fissando l’acqua con aria pensierosa seduto accanto a me nella barca con cui ci siamo spinti vicino alla piattaforma petrolifera costruita da poco a breve distanza dalla costa. – Preso niente? – gli chiedo. Egli scuote la testa e s’immerge di nuovo nei suoi pensieri. È sempre così da quando hanno costruito questa piattaforma. Davide è convinto che rappresenti per il nostro mare un grande pericolo. Forse oggi ha voluto che venissimo a pescare proprio qui per osservarla da vicino. Sospiro e rinuncio ad avere una conversazione di un certo interesse con lui. A un certo punto sembra destarsi dal suo torpore e richiama la mia attenzione dandomi un colpetto sul braccio. Sta indicando la bocca di un tubo che si intravede sul fondo del mare poco distante dal punto in cui ci troviamo e che versa del liquido nel mare. – È un tubo di scarico? E di che sostanze? E da dove proviene?– gli chiedo. – Non so– risponde. Ci avviciniamo remando per osservare. – Sembra che scarichi sostanze tossiche o almeno acque non molto pulite– affermo. – Già. Dovremo dirlo a qualcuno.– Per oggi la pesca è finita. Torniamo a casa e decidiamo che domani andremo alla polizia per comunicare i nostri sospetti e chiedere indagini. Ė giorno, prendo la macchina e mi reco, insieme con mio fratello, alla polizia. – Vogliamo denunciare uno scarico sospetto in mare. – Dichiaro al poliziotto di turno. Egli ci fa compilare un modulo di denuncia, assicurandoci che nei prossimi giorni gli agenti indagheranno e ci faranno avere notizie al più presto. Trascorrono pochi giorni e ci viene recapitata una lettera con la quale la polizia ci convoca in centrale. Appena arrivati, il commissario ci accoglie nel suo ufficio. – Accomodatevi, prego. Abbiamo analizzato le sostanze emesse da quel tubo sospetto e abbiamo trovato conferma alla vostra ipotesi. Il liquido contiene sostanze tossiche, che in poco tempo inquineranno gravemente il mare attorno alla piattaforma petrolifera. – Incredula e un po’ impaurita, continuo ad ascoltare il suo discorso. – Abbiamo indagato e scoperto che la società che gestisce la piattaforma ha trovato questa soluzione per eliminare prodotti di scarto dell’estrazione. Infatti, così, può risparmiare un bel po’ sulle spese di gestione. – Conclude mostrandoci dei documenti che provano ciò che afferma e la denuncia formulata contro la società che gestisce la piattaforma. Durante il tragitto per tornare a casa rifletto mentre mio fratello, finalmente un po’ sereno, ascolta musica con gli auricolari. Sono orgogliosa di noi, perché abbiamo agito in modo responsabile aiutando la società a far rispettare la Costituzione 101


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ Italiana, in particolare l’articolo 9 dei Principi fondamentali: “La Repubblica … tutela il paesaggio …della Nazione”. Grazie al nostro contributo, infatti, la polizia è riuscita a sventare un attentato al mare. La piattaforma petrolifera sarà affidata a un’altra società che ne farà una gestione migliore. Spero. Silvia Del Gratta, Lorenzo Di Muzio, Eugenia Sulpizio Classe 2A Scuola Secondaria di Primo Grado “Chiarini - De Lollis” Istituto Comprensivo n.1 - Chieti

102


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

Un pericolo sventato – Ma, cos’è questa polvere? Cenere? – dice tra sé Edoardo mentre si addentra in un campo alla periferia del suo quartiere, cercando quella borragine con cui la nonna prepara delle gustose crocchette. Insospettito, segue le tracce di cenere, e, dopo un po’, si ritrova in una boscaglia dove percepisce un odore insopportabile e nota del fumo che si solleva dalla radura. Cosa sarà mai? Un incendio consumato? – Continua a camminare, il cattivo odore si fa sempre più forte finché arriva davanti ai resti carbonizzati di quello che doveva essere stato un enorme cumulo di spazzatura. Si riconoscono ancora rimasugli di contenitori, sacchi di prodotti industriali, pneumatici. – Ecco la causa di questo tremendo fetore! Che schifo! Una discarica abusiva non lontana da casa mia! – pensa Edoardo. – E non è tutto! Qui vicino scorre il fiume Salinello e quindi la sua acqua è in pericolo! Che scandalo! – Edoardo decide di andare subito a denunciare quanto ha scoperto ai carabinieri. – Ha fatto bene a denunciare quanto ha visto – si congratula con lui il maresciallo – Denunciare è un dovere che, purtroppo, pochi sentono! Domani andremo a fare un sopralluogo. Venga anche lei perché potrà fornirci altre informazioni. – Il giorno seguente Edoardo aspetta con ansia, insieme con alcuni contadini della zona, suoi amici, vicino al luogo in cui ha visto la spazzatura bruciata. Arriva l’auto azzurra dei carabinieri e ne scende il maresciallo che ha raccolto la sua denuncia. Edoardo conduce i carabinieri nella radura dentro la boscaglia ed ecco che si trovano davanti al cumulo fumante di cenere e residui. – Ma allora avevi ragione! – esclama il maresciallo– Questa è proprio una discarica abusiva!! Bisogna indagare! Forse dietro c’è lo zampino della mafia! – Ed Edoardo: – Beh, quando ho scoperto questa discarica, ho visto due uomini parlare vicino ad un camioncino… – l’attenzione del maresciallo è richiamata dalle sue parole. – Davvero?! Se li hai visti allora … può darsi che, se ci appostiamo, possiamo … – ma non riesce a finire la frase perché un contadino esclama, facendo segno di tacere a tutti: – Forse sono loro! – mentre si sente il rumore del motore di un furgoncino che si avvicina. – Sì, sono proprio loro! – conferma Edoardo. – Presto! – ordina il maresciallo a bassa voce per non farsi sentire dai delinquenti, ma con decisione – Nascondiamoci, così li cogliamo sul fatto e li arrestiamo! Non possiamo perdere un’occasione simile! – Ignari degli occhi che li spiano, i due uomini scaricano sacchi di rifiuti di un’azienda chimica e appiccano il fuoco. Proprio mentre le fiamme incominciano ad alzarsi, tutti i carabinieri corrono verso di loro. Nel giro di pochi minuti i due uomini, che non si sono accorti di essere osservati, vengono accerchiati. Cercano di scappare, ma Edoardo, con un abile sgambetto, li fa inciampare e così sono in trappola. – In arresto! – Urla il maresciallo – Pensavate di farla franca, ma il crimine non paga! – E rivolto ai contadini: – Potrete bere acqua pulita e coltivare verdure buonissime! Per questa volta ha vinto l’articolo 9 della Costituzione! – Edoardo Di Luzio, Lorenzo Iezzi, Ettore Mantini, Davide Nicoletti Classe 2A Scuola Secondaria di Primo Grado “Chiarini - De Lollis” - Istituto Comprensivo n. 1 - Chieti 103


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

L’avventura continua Ecco: il gran giorno era arrivato. Il giorno in cui i bambini delle classi prime sarebbero andati a visitare il Museo archeologico. Da molto tempo in classe si parlava di questa visita didattica. I piccoli erano molto motivati e avevano indossato la divisa “delle uscite”; i maschi si erano pettinati col gel e le femmine avevano dei frontini multicolori. All’arrivo dello scuolabus, si misero in fila, attraversarono il vialetto, salirono e sedettero composti: volevano comportarsi bene, come avevano promesso ai loro tutor, i ragazzi della classe quinta. “Guarda, in quel palazzo verde abito io” disse Carlo indicando dal finestrino; “Quella è la mia casa, lassù, la vedi?” disse Angelo, mentre il bussetto saliva su per la Colonnetta, diretto a Chieti. Finalmente lo scuolabus si fermò vicino al Museo e la maestra li fece scendere. Furono accolti da un custode sorridente che diede loro il biglietto d’ingresso. I bimbi si sentirono importanti. Rimasero subito affascinati dal guerriero di Capestrano e, seduti intorno alla statua, ascoltarono attentamente e fecero molte domande all’archeologa che raccontava la storia del suo ritrovamento e illustrava le armi del principe guerriero. Si impegnarono nel riprodurre la figura della statua con dei disegni e in seguito, nel laboratorio, con l’argilla modellarono tanti guerrierini… “Da grande voglio fare l’archeologa”, affermò Chiara, mentre tornavano a scuola “Voglio scavare nei campi e trovare le statue, poi le metto al Museo e le racconto ai bambini che vengono a vederle”. “Io invece voglio fare quello che dà i biglietti, il custode, che sta attento che tutti si comportino bene”, disse Claudio. Ciascuno aveva da commentare, l’insegnante, più volte, ricordò loro di parlare uno alla volta e senza alzare la voce; l’autista ascoltava divertito e sorrideva. In classe, ogni scolaro raccontò la sua esperienza al proprio tutor, mostrò il disegno che aveva fatto e indicò, nella scatola che avevano riportato dal Museo, la statuina che aveva modellato nel laboratorio di manipolazione con l’argilla. Tutti erano d’accordo che quella era stata una bellissima esperienza e i grandi decisero di aiutare i loro piccoli amici a scrivere il racconto di quanto avevano fatto quel giorno. I ragazzi di quinta proposero poi ai piccoli di inventare delle storie sul guerriero, che avrebbero in seguito drammatizzato e si organizzarono in gruppi di lavoro. L’avventura del guerriero continua! Classi 1C e 1D Scuola Primaria “Via Amiterno” Istituto Comprensivo n.3 - Chieti 104


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

Il viaggio a Pompei Filippo era entusiasta perché aveva organizzato una gita a Pompei con la sua famiglia. Aveva studiato tanto a scuola ed era molto curioso di conoscere quei luoghi, le immagini che aveva visto tante volte sui libri si sarebbero a breve trasformate in realtà, finalmente avrebbe conosciuto l’antica Pompei. Ma appena arrivati lì la gioia si tramutò in dispiacere. Il suo entusiasmo era stato così forte che aveva convinto i suoi genitori ad andare a visitare Pompei e ad affrontare un lungo viaggio dalla Toscana alla Campania. Erano partiti la mattina presto e verso l’ora di pranzo erano arrivati a destinazione. La gioia di poter realizzare il suo sogno l’aveva accompagnato per tutto il viaggio, le immagini dei libri che tante volte aveva sfogliato si sarebbero concretizzate. Una volta arrivato, però, il dispiacere comparve sul suo viso e nei suoi occhi, quando vide che il sito era chiuso. Disperato ed incredulo si avvicinò ad un signore e gli chiese che cosa fosse successo. La risposta dell’uomo fu rapida e nervosa: “E’ chiuso perché sta crollando”. Tutto rattristato andò dalla mamma, che stava già cercando un’alternativa per non vanificare il viaggio e trovare un altro luogo da visitare. Gli tornò in mente quanto letto qualche giorno prima in classe: “La Repubblica tutela il paesaggio” e tra uno sbadiglio e l’altro ci si chiedeva che senso avessero e che importanza potessero avere quelle parole. Solo allora capì che il nostro patrimonio è una ricchezza infinita eppure c’è chi non riesce a comprenderlo: lo spreca, lo ignora, l’oltraggia oppure se ne impadronisce. Emanuele Di Francesco Classe 2C Scuola Secondaria di Primo Grado “V. Antonelli” Istituto Comprensivo n.3 - Chieti

105


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Meno male che ci sei tu articolo 9! In un paese lontano lontano, immersa in un verde bosco, c'era una piccola scuola. I bambini che la frequentavano avevano una dote particolare: erano particolarmente predisposti per le scienze, anzi potremmo dire che erano tutti piccoli scienziati. Come era possibile ciò? In quel bosco c'era una cascata, la cui acqua aveva delle proprietà particolari: aiutava a sviluppare la mente dei bambini. Questi bambini erano curiosi e interessati a tutto ciò che li circondava e si autogestivano: le insegnanti si limitavano a guidarli e a supportarli solo nel momento in cui era loro espressamente richiesto e ad incoraggiarli a proseguire nel loro apprendimento culturale. Un giorno la maestra entrò in classe col viso cupo.“Maestra che succede?” “Bimbi, purtroppo vogliono chiudere la nostra scuola perché siamo troppo pochi e al posto di questo bosco vogliono costruire un grande complesso residenziale” I bambini erano disperati! Una bambina si rannicchio in biblioteca per versare tutte le sue lacrime. Ad un certo punto la sua attenzione (i bambini di quella scuola erano particolarmente curiosi) fu attratta da un libro “Costituzione italiana” I primi 12 articoli erano meravigliosi! I bambini li lessero più volte ma si soffermarono particolarmente sull'articolo 9. “La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione” Capirono che quell'articolo poteva essere la loro salvezza! Si impegnarono al massimo e riuscirono addirittura ad ottenere con le foglie degli alberi che circondavano la scuola e l'acqua della cascata magica, una medicina che guariva i bambini con gravi malattie. Scrissero una lettera al Presidente della Repubblica, nella quale spiegavano, che ciò era stato possibile grazie alla loro scuola ubicata proprio lì. Conclusero dicendo “se è vero che un articolo della Costituzione stessa parla di tutela del patrimonio, ecco la nostra scuola ne fa parte!” Il Presidente convenne che i bambini avevano ragione. La scuola non si chiuse più ed anzi fu ampliata di laboratori scientifici e crescendo quei bambini divennero i migliori scienziati al mondo in grado di fare pozioni a tutela dell'ambiente e dell'intero patrimonio artistico dell'Italia. Classi 3A e 3B Scuola Primaria di Ripa Teatina Istituto Comprensivo “M. Buonarroti” - Ripa Teatina

106


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

Una cultura in ombra Charlie non c'era più... ma nel ricordo dei tre vecchi compagni di scuola scodinzolava e correva con loro nelle vie del paese. Giorgio e i suoi amici si ritrovano quella sera nella solita piccola osteria a parlare delle loro vite lontane da casa, mentre gustano una pizza in parte bruciacchiata, ma di certo deliziosa. Ad un tratto Charlie … Nico sente ancora il botto di quel petardo lanciato in piazza un pomeriggio di un rigido inverno ed ecco Charlie che scappa via. Il suo viso inaspettatamente diventa cupo a tal punto che Mary gradirebbe una spiegazione. - Forse non è accaduto tutto per caso! - A cosa ti riferisci? domanda lei semplicemente curiosa. Nico riporta in un attimo tutti a quel meraviglioso momento in cui Charlie, dieci anni prima, fuggito via, fiutando gli scarti di cibo, finiva tra le rovine di quel vecchio castello, e segnava la svolta di quel gruppo di monelli indisciplinati. E solo in quell'istante degli adolescenti si erano accorti, per la prima volta, di quell'ammasso di pietre, vicino al dirupo, che sembravano definire antichi merli, pietre nascoste tra le folte sterpaglie di una natura selvaggia, eppure viva. Solo allora si era manifestata dinanzi ai loro occhi l'incuria dell'uomo. - Scusi, il conto! Grazie. I nostri protagonisti escono percorrendo, come fosse la prima volta, le vie del paese e riempiendo i loro polmoni di quell'aria che da tempo non respirano. - Avete notizie del vecchio sindaco? Mary ricorda agli amici quel lungo discorso tenuto con lui sulla salvaguardia dell'ambiente e dei beni culturali teso verso gli orizzonti che l'articolo nove della Costituzione Italiana svela. Ed insieme quella promessa di restituire alla modernità una ricchezza data in dono dai padri. Giorgio, ormai stimato architetto e cittadino sensibile alla conservazione del patrimonio storico artistico e culturale dei popoli, lancia ai compagni una sfida: tornare a vivere nel proprio paese per dedicare il tempo libero alla valorizzazione di una cultura tenuta in ombra troppo a lungo. I giovani accettano la proposta e si danno appuntamento di lì a qualche giorno dinanzi al castello già tornato in vita grazie agli interventi, disposti negli anni trascorsi, dal vecchio sindaco. Il giorno dell'incontro i tre giovani, pieni di idee e programmi, stabiliscono di costituire un’associazione culturale per la tutela del paesaggio e della storia della comunità locale, mentre gruppi di visitatori affollano il caro vecchio castello che risplende nell’incantevole scenario di un piccolo borgo d'Italia. Cilli E., Cocco D., Donatucci A., Paludi G., Santoferrara M., Torello F., Tornincasa L. Classe 3A Scuola Secondaria di Primo Grado - Istituto Comprensivo Statale - Bucchianico 107


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Operazione Blue River Liberamente ispirato a fatti realmente accaduti: tra vero e verosimile “Aurè, ch’ sti fa? pij sa biciclet e jamm affà ‘na scarrozzat”. A chiamarmi erano i miei amici di avventura con cui ero solito fare esaltanti escursioni in FreeBike. Così il 28 giugno 2007, un giorno che non dimenticherò mai, perché quella non fu la solita uscita in bike, io, Riccardo, Marco, Luca, Federico, Giorgio e Andrea decidemmo di dirigerci verso la sorgente del fiume Pescara. Indossai velocemente casco, scarpe, pantaloncini e maglietta, mi munii di borraccia, barrette energetiche, saltai in groppa alla mia Treck e via verso la meta. Dopo un quarto d’ora di rilassante discesa passammo per Scafa e giungemmo a Piano D’Orta dove ci fermammo per il primo break. Con il pieno di energie proseguimmo per Popoli fino ad arrivare a Bussi. La fatica si faceva sentire ma il suono prodotto dallo scorrere dell’acqua ci spronava a proseguire, l’aria era sempre più pesante ed il respiro più affannoso . Costeggiando gli argini del fiume Aterno-Pescara iniziammo a notare che la vegetazione si faceva sempre più rada e spesso, dove le acque erano più azzurre, galleggiavano corpi argentei di pesci senza vita. Ma come poteva essere possibile che proprio “dov’era più azzurro il fiume” i pesci fossero morti? Il dubbio e la curiosità ci spinsero fino a Bussi, disposti ad investigare sul mistero delle acque blu. Pedalammo velocemente e arrivammo nella piazza del paese dove seduto davanti al bar Centrale c’era un anziano signore cui chiedemmo spiegazioni e dal quale venimmo a sapere che a tinteggiare di azzurro intenso le acque dell’Aterno-Pescara erano le scorie industriali della fabbrica di sostanze chimiche, Sixelos Yavlos, di cui lui era stato dipendente, che dal 1936 venivano smaltite nel fiume; sostanze tossiche come il cloroformio, il tricloroetilene e il tetracloroetilene da decenni avvelenavano i campi limitrofi e le acque del fiume tra l’indifferenza dei cittadini, che ritenevano l’azienda l’unica risorsa economica capace di garantire un posto di lavoro sicuro e dignitoso, e quella delle amministrazioni locali che non erano mai state interpellate e sollecitate al controllo per l’accertamento della salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema del fiume. Non lo sapevamo ancora ma avevamo scoperto la più grande discarica abusiva di rifiuti tossici d’Europa. Dapprima incuriositi e, preoccupati poi, demmo avvio alla nostra indagine che decidemmo di denominare “OPERAZIONE BLUE RIVER”. Adesso non restava che organizzare un piano d’attacco efficace. Dopo aver ragionato a lungo sul da farsi decidemmo che era arrivato il momento di prendere il coraggio a quattro mani, scuoterci da dosso l’indifferenza, l’abulia e la vigliaccheria ed essere cittadini attivi capaci di contribuire all’emergere della verità. Pensammo che la prima cosa da fare fosse denunciare alle autorità competenti quanto avevamo scoperto affinché si potessero effettuare tutte le verifiche

108


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________ necessarie per poter accertare se la concentrazione degli inquinanti fosse superiore ai limiti previsti dalla legge e, nel caso ciò si fosse verificato, inchiodare alle loro responsabilità i dirigenti dell’azienda. Puntammo le nostre bike verso casa perché ormai si era fatto tardi ma eravamo fermamente decisi ad andare fino in fondo. Il giorno seguente a scuola ne parlammo con alcuni nostri insegnanti che ci diedero qualche consiglio sulle modalità da seguire per effettuare la denuncia e con la loro consulenza scrivemmo una lettera all’Ufficio Regionale per l’Ambiente. Le nostre richieste furono ascoltate ed accolte, grazie anche alla sensibilità per le problematiche ambientali di alcuni amministratori e, nel giro di un mese, iniziarono sopralluoghi e prelievi lungo il corso del fiume Aterno-Pescara. L’esito dell’indagine diede inizio ad una lunga inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Pescara di cui poi l’eco è rimbalzata su tutti i media. Ma noi non eravamo pienamente soddisfatti volevamo di più, volevamo incontrare uno dei manager della Sixelos Yavlos. Riprendemmo le indagini per risalire ad almeno uno dei direttori dell’azienda e dopo aver superato momenti di sconforto, quando eravamo ormai convinti che tutto fosse inutile, riuscimmo a rintracciare l’Ing. *, ormai però in pensione. Emozionati e preoccupati ci recammo all’indirizzo in nostro possesso e con il cuore in gola suonammo il campanello della sua abitazione; venne ad aprirci un distinto ottantenne che, saputo il motivo della visita si rese disponibile a soddisfare tutte le nostre curiosità. Per essere sicuri che l’intervistato ci raccontasse la verità e nient’altro che la verità, avevamo portato con noi una bottiglia magica di Montepulciano D.O.C. prodotto dalla cantina del padre di Andrea e invitammo l’Ing. * ad assaggiarlo per decretarne la qualità. E … “in vino veritas”: la verità sepolta da anni nella memoria riemerse lucida ed inquietante ed insieme ad essa i ricordi di gioventù, quando anche lui da ragazzo trascorreva pomeriggi d’ estate pescando e divertendosi con gli amici nelle acque meno blu ma più pulite dell’Aterno-Pescara. Intenerito da quei ricordi e schiacciato dal peso dei rimorsi per aver taciuto per anni quanto accadeva all’interno della fabbrica combattuto tra la salvaguardia dell’ambiente e la difesa di centinaia di posti di lavoro, decise di rimediare al danno ambientale contribuendo finanziariamente alla bonifica del territorio. L “OPERAZIONE BLUE RIVER” era compiuta, il paesaggio sarebbe stato tutelato, la popolazione non avrebbe più dovuto scegliere tra lavoro e salute, noi eravamo orgogliosi di noi stessi; una banale gita in bike si era trasformata in un’importante occasione di impegno civile: ci sentivamo grandi, per la gente del posto eravamo diventati dei piccoli eroi, le nostre biciclette da quel giorno furono destrieri e d’allora tutti ci chiamano i cavalieri del BLUE RIVER. Classe 2A Informatica IIS “Luigi di Savoia” - Chieti 109


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Le mie Farchie Uno dei principi fondamentali della Costituzione è la tutela del patrimonio storico e artistico del Paese e con la mente e il cuore ha pensato subito ad un’antica tradizione del mio paese, Fara Filiorum Petri: la festa delle Farchie. Secondo la leggenda, durante l'invasione francese del 1799, S. Antonio Abate difese il paese facendo incendiare un querceto posto sulle colline, allontanando così l'esercito nemico. Per ringraziare il Santo, ogni anno si rievoca questo avvenimento costruendo dei grandi fasci di canne di forma cilindrica, legate con rami di salice rosso, che hanno un diametro di circa un metro ed un'altezza fino a otto metri. Ogni contrada crea la propria farchia che nel pomeriggio del 16 gennaio viene trasportata nel piazzale antistante la Chiesa di S.Antonio; i contradaioli seguono il trattore cantando e suonando il "du botte". Il "capo farchia" dirige le operazioni e la farchia con fatica viene pian piano alzata: é proprio questo il momento più delicato e per me è il più emozionante: vedere che dopo giorni di lavoro finalmente, tutti insieme, riusciamo a posizionare e a far svettare dritta nel cielo la nostra farchia. All'imbrunire, secondo un preciso ordine, viene dato fuoco ad una farchia alla volta e la notte viene scaldata ed illuminata. C'è qualcosa che ogni gennaio, anno dopo anno, impegna con il cuore un paese intero, fa tornare in Abruzzo i paesani sparsi per l'Italia, unisce e lega le generazioni. Nei giorni di preparazione è bello vedere mani che lavorano duramente, l'una di fianco all'altra, mani esperte accanto a mani impulsive, mani anziane accanto a mani giovani. Questo spirito di lavoro e di unione sono valori e sentimenti che non si possono insegnare ma si riescono a trasmettere solo grazie a tradizioni di questo tipo. Pochi giorni fa mio fratello ha compiuto un anno. Tra qualche tempo il paese insegnerà anche a lui come preparare una farchia ... e la tradizione non finirà mai. Anthony D’Aristotile Classe 2 TI IIS “U. Pomilio” - Chieti

110


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________

Chieti e i suoi tesori Oggi ho capito quanto è importante salvaguardare il patrimonio artistico e culturale della mia città. Questa mattina mio cugino Davide, che abita a Roma, è venuto a trovarmi qui a Chieti ed essendo lui un grande appassionato di architettura e storia romana, ho pensato di fargli visitare i siti archeologici della nostra città, che un tempo veniva chiamata Teate e sorgeva su una collina tra i fiumi Pescara e Alento in un sito frequentato sin dall'epoca protostorica. La città si era poi sviluppata notevolmente diventando municipio romano nel I sec. a.C. Quelli dell'anfiteatro romano, insieme a quelli delle terme, sono sicuramente i resti più belli e caratteristici di Chieti. Peccato, però, che nessuno si impegni a salvaguardarli e proteggerli dalla natura circostante e dai segni del tempo. Quando Davide mi ha telefonato, annunciandomi la sua venuta, il mio primo pensiero è andato quindi alla Soprintendenza abruzzese, che dovrebbe occuparsi della salvaguardia di questi beni. L'ho subito contattata allo scopo di richiedere se fosse possibile pulire le sporcizie che circondano l'anfiteatro e ho chiesto anche spiegazioni sulla condizione delle terme. Queste, infatti, non solo sono in uno stato preoccupante per via della sporcizia, ma sono anche in completo abbandono, in balia di vandali e ladri di reperti archeologici e, quindi, chiuse al pubblico ed ammirabili solo da lontano. Il mio tentativo di offrire a Davide uno spettacolo degno di una città tanto importante durante l'Impero Romano è, quindi, fallito: la risposta che ho ricevuto è stata che era impossibile pulire l'anfiteatro per mancanza di fondi e tempo e che le terme, per gli stessi motivi, sarebbero rimaste in tali condizioni ancora per molto. La giornata, comunque, non è stata affatto male! Davide si è divertito lo stesso e la sua curiosità e passione gli hanno comunque permesso di sorvolare sulle condizioni degradate di queste strutture e di riuscire ad ammirarle. Anzi, ha molto apprezzato il mio sforzo di farlo sentire a casa accompagnandolo in giro per gli scavi archeologici ed è stato molto felice ed orgoglioso del mio tentativo di renderli di nuovo puliti e belli da guardare e delle mie proteste formali nei confronti degli organi competenti alla Salvaguardia del Patrimonio Italiano. Mi ha fatto capire che se tutti si comportassero come me, oggi, il patrimonio culturale teatino sarebbe sicuramente in condizioni migliori! Luciani Valeria, Di Toro Mammarella Serena, Leone Sara Classe 3B Turismo ITCG “Galiani - De Sterlich” Chieti
 111


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La chiesa di Santa Maria Sono nato il 25 settembre del 1930. Ero l'ultimo di sei fratelli. Lorenzo era il più grande, seguivano Alessio, Anna, Matteo, Arianna e, infine, c'ero io, Simone. Gli anni dopo la mia nascita furono molto difficili, quasi drammatici, per la mia famiglia e per gran parte della popolazione. Il 23 luglio di quello stesso anno, un terremoto aveva colpito e distrutto gran parte dell'Irpinia, dove si trovava il mio paese. La nostra casa, come tante altre, era stata distrutta. L'evento più devastante fu la morte di nostro padre. Anche la Chiesa di Santa Maria costruita nel 1549, di cui era custode, era crollata a causa del terremoto. Per un lungo periodo nostra zia Matilde ospitò me, i miei fratelli e nostra madre. Da qui iniziarono i veri problemi. Sfamare noi sei e i miei quattro cugini non era cosa facile. All'età di 12 anni ero già grande tanto da poter iniziare a lavorare e allo stesso tempo studiare. In cinque anni imparai a fare di tutto. Ovviamente, la paga per un ragazzo giovane come me, era inferiore rispetto a quella di un normale lavoratore, ma riuscivo a dare un contributo importante alla mia famiglia. Lavorai anche in campo edile. Sembrava impossibile che in me ci fossero ricordi del terremoto, considerata la mia tenerissima età al tempo della tragedia. Eppure, un senso di morte si impadroniva di me, quando vedevo delle macerie. Fu proprio in quel periodo che sentii nascermi dentro il desiderio di rendere più sicuri e di abbellire gli edifici. Ciò che più mi preoccupava era che gli anni passavano, ma la chiesa non veniva restaurata. Mio padre riteneva che la nostra grandezza, ciò che davvero rappresenta il nostro paese è il patrimonio storico-culturale. E come dargli torto! Il suo ricordo era legato a quell'edificio. Sentivo di dover fare qualcosa, non potevo permettere che essa restasse un cumulo di macerie. Ma da soli non è possibile attivare progetti così importanti. Occorreva l'aiuto dello Stato, attraverso le sue Leggi. Ed ecco che, finalmente, le leggi giuste arrivarono a dare l'avvio a quel processo di rinnovamento che il popolo italiano attendeva dopo il ventennio fascista. Il 22 dicembre del 1947 l'Assemblea Costituente approvò la Costituzione della Repubblica italiana che, nell'articolo 9 testualmente afferma "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". Mi laureai in architettura, tornai nella mia città e presto iniziai i lavori di restauro finanziati dallo Stato. La Costituzione, cioè la Legge dello Stato, aveva dato voce alle mie idee e aveva consentito non solo la realizzazione del mio desiderio, ma aveva permesso che fosse restaurato un pezzo della sua storia. 112


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________ Dopo due anni, la Chiesa di Santa Maria fu riaperta al culto in tutta la sua bellezza. Quando sentii i rintocchi della sua campana che chiamava i fedeli, guardai lassù e, tra le nuvole, mi apparvero i volti sorridenti di mio padre e di tutti coloro che avevano lottato perché l’Italia diventasse una Repubblica. Flaviano Fiorella, Memmo Francesco, Rus Sonia Camelia Classe 4C Liceo Scienze Applicate IIS “Mattei” - Vasto

113


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La battaglia di Anna Anna aveva soltanto otto anni quando iniziò la lenta agonia del luogo in cui aveva trascorso i giorni più belli della sua infanzia. Era una domenica come tante altre: dopo la messa, a pranzo dai nonni e tutto il pomeriggio a cavallo tra prati e boschi di castagni. I suoi nonni, nonno Totò e nonna Rosa, avevano una tenuta immensa nella zona più fertile del casertano. Quelle campagne erano appartenute ai loro bisnonni, che le avevano ereditate, a loro volta, dai loro nonni, di generazione in generazione. Quella domenica, mentre giungeva al cancello della tenuta, Anna aveva incrociato una macchina di lusso con a bordo degli uomini che indossavano occhiali scuri. I loro volti, talmente inespressivi, sembravano quasi una maschera. Un brivido aveva percorso la schiena di Anna. Persone così le facevano paura… Ma subito il sole e la voce della nonna, che la chiamò, le riscaldarono il cuore. “Chi erano quelli?” domandò alla nonna. “Non lo so, dovevano parlare con il nonno, io ero di sopra a preparare le tagliatelle che ti piacciono tanto!” Anna adesso ha trenta anni e sta per entrare nel reparto di chemioterapia dell’Ospedale SS. Annunziata di Napoli per iniziare i cicli che, se Dio vorrà, le salveranno la vita. Aveva dovuto abbandonare i suoi studi in Legge per un cancro al seno, che i medici le avevano diagnosticato. Chissà se il cancro di Anna è dovuto alla montagna di rifiuti che quelle brutte facce avevano imposto al nonno Totò di seppellire al di là del bosco di castagni. Anche il bosco sembra aver avuto la stessa sorte di Anna. Non ci sono più i ricci spinosi sul terreno. Ѐ “La Terra dei Fuochi”, così la chiamano nei telegiornali. Ma Anna che è rimasta lì, quei fuochi li sente accendersi dentro, quando la chemio la debilita e le ruba la forza. Anna si guarda allo specchio e sente di nuovo la voce di nonna Rosa che le dice di aver già “buttato” le tagliatelle. Povera nonna Rosa, se n’è andata già da cinque anni e nonno Totò si è consumato per il dispiacere e la rabbia di non aver potuto dire di no alla camorra. Una lacrima riga il volto di Anna… Si lascia andare Anna, quel pianto serve un po’ a lavare le ferite, ma il cancro no, quello non va via, quando sei sicuro di averlo vinto, continua in una piccola cellula e invade tessuti, organi e ti prende, proprio come la camorra con la tenuta dei nonni, diventata una discarica di rifiuti provenienti da chissà dove… Anna ora ha quaranta anni, si è laureata in Giurisprudenza e ha vinto la battaglia contro il cancro. Ora sta conducendo un’altra battaglia, quella contro la camorra, contro la smaltimento dei rifiuti tossici nel territorio campano e, nonostante le 114


____________________ Principio della tutela dell’ambiente e dei beni culturali____________________ numerose minacce di morte ricevute, Anna non si ferma e non si fermerà, perché come ha rilasciato in un intervista: “Io racconto perché tutti dovremmo sentire il dovere di non restare in silenzio, la forza della parola rompe il muro dell’omertà e spinge ad agire, anche perché qui non si tratta soltanto del presente ma anche del futuro”. Giada Del Romano Classe 1C Liceo Scienze Umane Liceo Statale “I. Gonzaga” - Chieti

115


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

116


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA E PACIFISTA Art. 10 L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Art. 11 L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

117


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

118


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

Fuga dall’inferno La notte mi è sempre impossibile dormire. Anche oggi si sentono degli spari in lontananza, ho paura, tanta. Mi copro le orecchie con le mani e mi giro sul fianco destro, attorcigliando tutte le coperte attorno al mio corpo. Pian piano gli spari si fanno sempre più vicini ed io incomincio ad essere davvero terrorizzata. Non voglio morire, non adesso, ho solo quattordici anni... Subito scendo dal letto e corro nella stanza adiacente alla mia, nell’ombra intravedo due figure, quella di mio padre e di mio fratello Amir, di due anni più grande di me. Mi avvicino a loro e, nel camminare, urto un mobile dal quale faccio cadere una scodella, papà si volta di scatto e, appena mi vede, abbozza un sorriso triste, che riesco a intravedere grazie alla luce flebile della luna che entra attraverso la finestra. “Aisha, bambina mia, qui non siamo più al sicuro. Dobbiamo andarcene! Prendi le tue cose e raggiungici sul retro.” dice papà. Non rispondo, le parole non mi escono, in gola mi si è formato un nodo che mi impedisce addirittura di piangere. Annuisco, metto qualche vestito dentro una borsa e raggiungo gli altri. Papà ci dice qualcosa riguardo al piano di fuga, ma io non ascolto nemmeno una parola, le orecchie mi si sono tappate e i miei occhi sono troppo impegnati ad osservare tutte quelle abitazioni, non troppo distanti da casa mia, che stanno bruciando. Vedo mio padre e mio fratello che corrono, devo raggiungerli, muovo una gamba e poi l’altra, fino a quando non incomincio a correre. Raggiungo Amir, anche lui ha un’espressione terrorizzata. Ci addentriamo in mezzo ai campi e, superato il pozzo mi rendo conto che siamo diretti al campo profughi. Papà si volta sorridendo quando, nell’aria, si sente il rumore di uno sparo. Il suo sorriso si spegne e spalanca gli occhi. Vedo che il petto gli si inonda di sangue, poi si accascia a terra, il suo respiro diventa irregolare. Io ed Amir ci avviciniamo e subito le lacrime cominciano a inondarmi il viso, papà stringe la mano di mio fratello e, accarezzandomi la guancia, dice: “Amir, Aisha.. il campo non è molto lontano, la strada la conoscete, andate avanti senza di me. Lì troverete dei miei amici che vi accompagneranno in elicottero in Italia, lì non c’è guerra, lì sarete al sicuro.” Le lacrime scendono impetuose sul mio viso, non voglio lasciare mio padre qui in Afghanistan. Sto per rispondergli che non lo lascerò morire qui da solo in questo inferno, ma mio fratello mi afferra il polso e mi costringe a correre, mi volto per guardare mio padre un’ultima volta. Arrivati al campo profughi, ad accoglierci c’è Bashir, capisce che è successo qualcosa di brutto e il suo sorriso luminoso si spegne subito. Ci abbraccia e lacrime dolorose scorrono sul suo viso, poi ci accompagna verso l’elicottero e prendiamo il volo. Dall’alto osservo le nubi di fumo che si fanno sempre più piccole. Addio Afghanistan, addio amici miei, addio quattordici anni di vita che, anche se difficili, mi hanno resa più forte. Ma soprattutto, addio papà, non ti dimenticherò mai, sarai sempre il mio uomo. Elena Rella Classe 3A Istituto Comprensivo n.2 - Chieti 119


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Ci siamo mai chiesti perché i bambini giocano alla guerra e non alla pace? Ci siamo mai chiesti perché i bambini giocano alla guerra e non alla pace? Io sì e ho trovato risposta in un ragazzino di nome Samir che ho conosciuto qualche sogno fa. Viveva in un Sudan martoriato dalla guerra, la sua famiglia era in crisi … troppe bocche per poco pane. Un giorno il capofamiglia decise di vendere il bambino all’esercito irregolare. Il ragazzo provava grande rancore verso i genitori, ma d’altro canto era emozionato all’idea di “combattere”. Passato qualche giorno, però, si poté ben rendere conto che di “bello” c’era ben poco nella precarietà della guerra. Ci incontrammo in un sogno di una calda sera d’estate. Dopo esserci presentati gli feci una domanda: ”Come mai hai tutte quelle armi addosso?”. “Io vivo in Sudan, da me non c’è la pace. Sono stato spedito in guerra per soldi e, fidati, non è come lo percepite voi bambini ricchi, un gioco” rispose Samir. Colpito dall’affermazione dissi : “A me non piace, infatti mi chiedo sempre perché i bambini giochino alla guerra e non alla pace”. Mi rispose con l’aria rassegnata di chi conosce la sofferenza: “La violenza è insita nell’essere umano. Il desiderio di sentirsi più forte pervade le persone. La maggior parte della massa, crescendo, scopre anche la pace e l’amore, ma per alcuni che dimostrano poca maturità scoppiano i più grandi “conflitti”. Seguì un profondo silenzio di riflessione che si mutò in un misto di commozione/ammirazione per questo “grande ragazzo”, così esclamai: “Non conosco alla perfezione la Costituzione Italiana, ma so che l’ Italia è contro la guerra: se ci riesci raggiungimi!”. Poi mi svegliai. La mattina dopo il piccolo sudanese, mentre era in ricognizione, incontro Niccolò, un giovane reporter che era diretto all’aeroporto per tornare in Italia. Samir aveva l’ordine di uccidere i giornalisti ma, di fronte al suo sogno, scelse di andare in Italia… Volete sapere come è andata a finire? Ok… Ora la sua biografia è un best seller pluripremiato. Io e lui, il mio migliore amico, andiamo di scuola in scuola a portare la sua testimonianza ai bambini, nella speranza che loro riescano a costruire un futuro che “ripudi la guerra come soluzione alle controversie”… un futuro di pace. Niccolò Sabatini Classe 3D Istituto Comprensivo n.2 - Chieti

120


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

La ricetta della pace ORE 10.30 Nella classe terza A di una Scuola Primaria… Luigi: “Maestra, Marco mi ha sferrato un pugno senza motivo!!!” Marco: “No, non è vero!!! Io gli ho dato un pugno perché lui mi ha offeso!!!” La maestra si rivolge a tutta la classe: “Bambini, per stare bene insieme immaginate di usare degli ingredienti per preparare una ricetta speciale…” …dopo due ore di lavoro… ecco nata una ricetta veramente dolcissima… Porre 4 Kg di DISPONIBILITÀ’ su un piano; aggiungere ¼ di BONTA’ sciolto in una tazza di RISPETTO e mescolare il tutto con un goccio di AIUTO VERSO GLI ALTRI. Grattugiare un po’ di COMUNICAZIONE, aggiungere una zolletta di zucchero di SOLIDARIETÀ con un pizzico di PAZIENZA ed ammassare il tutto. Stendere l’impasto con un goccio di SOLIDARIETÀ. Infornare a 180°. Quando sentirai il profumo di COMPRENSIONE cacciare il pan di Spagna morbido d’AMORE e lasciare raffreddare. Sciogliere una bustina di AUTOCONTROLLO con marmellata di AMICIZIA e centrifuga il tutto per dieci minuti. Spalmare la mousse sulla torta e stendere con il burro sciolto alla GENTILEZZA. Con questo dolce un buon gusto proverai perché fa bene al cuore ed al comportamento: è una torta ripiena di tanto BENE!!!! DONALO IN QUANTITA’!!!! Classe 3 
 Scuola Primaria Selvaiezzi Istituto Comprensivo n. 4 - Chieti

121


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La pace illumina il mondo Mattina a scuola, tranquilla, pronti per scoprire, imparare nuove cose, conoscere il Mondo, perché come recita un verso di una poesia studiata qualche mese fa: “…a casa c’è il nido, a scuola c’è il Mondo!” In classe c’è poca luce, il cielo è nuvoloso. All’improvviso un raggio di sole attraversa la coperta di nuvole, scalda il vetro della finestra della nostra aula, illumina la stanza: quella luce e quel calore così inaspettato, provocano in noi un senso di benessere. Il cuore si scalda ancor di più quando iniziamo a parlare della Costituzione della Repubblica Italiana, il desiderio di sapere è grande! Sulla pagina dedicata alla presentazione, viene raccontata come la Costituzione Italiana è nata e qual era il suo progetto: costruire, dopo i conflitti mondiali, un Paese libero dove tutti potessero vivere felici con dignità e soprattutto in pace. Poi, sulla stessa pagina, c’è anche scritto che la Costituzione è una “promessa”: la promessa di vivere in pace in un Paese libero, dove sia garantita la giustizia e l’uguaglianza per tutti. La nostra Costituzione “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…”. La guerra non la vogliamo perché il Mondo è così bello ! Perché renderlo brutto, grigio, nero, freddo? La guerra nasconde il sole, invece il sole illumina, scalda, provoca calore, emozione: è così bello emozionarsi! Noi bambini qualche volta bisticciamo, ma per poco perché facciamo subito pace, torniamo subito ad essere amici e poi non è così difficile chiedere “scusa”, anzi quando lo facciamo il cuore batte un po’ più forte perché l’ emozione è grande! Se solo i grandi ricordassero un po’ più spesso di essere stati bambini, tutto sarebbe un po’ più semplice e forse non ci sarebbero più guerre inutili! Sulla pagina dedicata alla presentazione c’è un’altra frase che ha provocato in noi forte emozione, la frase dice che “arrotolando una copia della Costituzione e guardandoci attraverso si riesca a vedere il futuro”, ecco noi bambini vorremo un futuro illuminato costantemente dalla Pace! Classe 3A Scuola Primaria Villaggio Celdit Istituto Comprensivo n.4 - Chieti

122


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

Caro Amed… lettera ad un amico rimasto in un paese in guerra Roma, 3 marzo 2015 Carissimo Amed, da quando sono arrivata a Roma mi sembra di vivere in un sogno perché finalmente le mie orecchie non sentono più urla e scoppi improvvisi di bombe! Qui si ripudia la guerra grazie alla Costituzione. Ricordi quando prima di entrare a scuola i nostri genitori ci salutavano con la paura di una improvvisa sparatoria che ci avrebbe messo in pericolo? Beh, nella scuola che frequento ora mi sento veramente al sicuro e i miei genitori mi lasciano con gioia sapendo che uscirò felice dopo tante bellissime esperienze vissute con i miei nuovi compagni; sono soprattutto italiani ma anche di altre razze e religioni diverse l'una dall'altra perché qui la Costituzione garantisce tutte le libertà e l'istruzione è un diritto per tutti, italiani e non. Pensa che posso esprimere liberamente le mie idee; posso pregare il nostro Dio senza nascondermi; posso vestirmi come mi piace senza coprirmi con il burka. Anche il mio fratellino Arlind frequenta la scuola dell'infanzia; tu non lo hai conosciuto perché è nato durante la fuga sul barcone, mentre attraversavamo il Mediterraneo. Riesci ad immaginare quanto è stato difficile e pericoloso affrontare il mare con le onde che ci sballottavano di qua e di là come se noi fossimo fatti di carta! Ma ne è valsa la pena! Ci hanno accolto e curati con amore perché sempre quella Costituzione dice agli italiani di essere ospitali verso tutti, e tutti hanno diritto al lavoro; infatti il mio papà ora fa il pasticcere e la mamma la fioraia. Abitiamo in un appartamento piccolo ma confortevole e il pomeriggio, dopo aver fatto i compiti posso andare a giocare tranquillamente in un parco giochi vicino casa oppure praticare lo sport. Vorrei tanto rivederti ma so che è difficile per te affrontare un viaggio senza genitori perché ti sono stati portati via dalla guerra. Ultimamente sono stata in un museo ed ho capito che in Italia ogni opera d'arte ed ogni monumento deve essere protetto e rispettato da tutti, come dice qui la Costituzione!!! Forse una Costituzione farebbe bene anche al Nostro paese, vero Amed? Garantirebbe una vita migliore, tante libertà e nessuna guerra. Spero che questo avvenga al più presto per te e per tutti gli altri che ho lasciato. Ti saluto con un grande abbraccio ! La tua amica carissima JasmineClasse Classe 4A Scuola Primaria Villaggio Celdit - Istituto Comprensivo n. 4 - Chieti 123


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

La guerra è un insulto Era il 1915, inizio della prima guerra mondiale; inizio di disperazione, povertà, morte e pianti. Proprio allora nacque un bambino di nome David. Aveva capelli marroni come la corteccia di un albero, occhi neri come le piume di un corvo e un piccolo naso, ma soprattutto la voglia di vivere, era pieno di sogni, di felicità ed energia. Ma purtroppo tutti questi sogni sono stati rovinati… sua madre è stata uccisa, i medici non la riuscirono a guarire e quindi morì. Restò povero e visse solo con il papà fino a sei anni, ma, suo padre diventò poi un prigioniero di guerra. David si fece strada fra i morti nel bosco trattenendo le sue lacrime di tristezza, quando, trovò una piccola casetta di legno e la usò come rifugio. Vide un altro bambino, anche lui si era nascosto lì. “Salve i-io m-mi chiamo David” disse un po’ spaventato. “Io invece mi chiamo Giacomo”. In effetti erano diversi: Giacomo era biondo con la coda e aveva una faccia più ovale, ma, erano uguali perché erano bambini, nonostante l’orribile cosa che era la guerra, tutti e due avevano migliaia di sogni. Era orribile lì ogni momento le persone morivano, fiumi di sangue e bellissimi prati erano distrutti con esplosivi o bombardati, aerei che senza misericordia e vergogna bombardavano case, scuole, paesi, città, musei ed altro. Un giorno si sentì aprire la porta… delle persone erano venute a salvarli. Salirono su un carro e gli diedero delle maschere anti-gas perché il fumo era tossico. Giacomo però cadde dal carro e gli si ruppe la maschera. Finì la guerra e David studiò e studiò per diventare prete e vi riuscì e disse: “Io penso e penserò sempre che la guerra e le faide per me sono una forma di insulto e proteggerò il mio popolo con atti di pace”. Cristian Aceto Classe 4B Scuola Primaria Villaggio Celdit Istituto Comprensivo n.4 - Chieti

124


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

Zatho l’italiano 13 marzo 1954 Caro diario, mi chiamo ZATHO, sono libico (vengo dalla Libia) e il mio Paese è in guerra e i miei genitori cercano una via di scampo 14 marzo 1954 Finalmente l’hanno trovato. L’anno prossimo partiremo con un barcone 14 marzo 1955 Tra le macerie vedo un oggetto galleggiare! E’ una scialuppa! Siamo salvi! Mamma dove andiamo? 15 marzo 1955 Per fortuna siamo arrivati in questo posto ma come si chiama? Ah è vero, la mamma e il papà sono morti sul barcone uccisi dai colpi di mitra, proteggendomi. 16 marzo 1955 Sto pensando alle emozioni che provavo in Libia: il mare, gli animali, la casa: l’AFRICA. La chiamerò terra delle emozioni! Ma senza i miei genitori non provo più questi sentimenti! 17 marzo 1955 Mi accolsero in un orfanotrofio e mi insegnarono la loro lingua 11 marzo 1966 Ora frequento la scuola media e c’è ancora qualcuno che non mi accoglie ma sono fiero di quelli che mi accettano 27 febbraio 2015 Ora sono vecchio e mi chiamano tutti ZATHO L’...ITALIANO Mi accettarono in comunità come un figlio, nella famiglia dei Cacciagrano. Davide Galvan Classe 4B Scuola Primaria Villaggio Celdit Istituto Comprensivo n.4 - Chieti

125


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________

Libero e l'articolo 11 C'era una volta Nonna Italia, sul cui territorio gli uomini facevano sempre delle stupide guerre fin quando un giorno ella, stufa, decise di ribellarsi. La goccia che fece traboccare il vaso, fu una discussione che avvenne nel bosco, tra il soldato Libero e il suo comandante Guerra. A Libero, come ad altri soldati, avevano ordinato di combattere, ma egli che amava la pace e non ne poteva più di morte, povertà e sofferenze andò dal suo comandante dicendogli che non voleva fare la guerra, sostenendo a gran voce, che per risolvere i conflitti fosse meglio dialogare. Libero raccontò al comandante di quando era piccolo, di quando litigava per un pallone e di come la maestra gli avesse fatto capire che con la violenza non avrebbe ottenuto nulla. Gli disse poi che aveva sentito un bimbo sussurrare: “Io sono bambino e son piccino, e tanti amici ho qui vicino. I colori son diversi, ma siam sempre gli stessi: birichini, un po' monelli ma tutti i giochi sono belli! Ora i grandi han deciso, non più amici ma nemici, non più calci ai palloni, ma solo bombe sui portoni. Senza mamma e fratellini restiamo soli poverini.” Il comandante Guerra, infastidito, non voleva sentire ragioni, allora Nonna Italia, commossa, decise di prendere provvedimenti: fece straripare i fiumi, eruttare i vulcani e tremare la terra per il dolore immenso. Gli uomini, come scossi da un torpore, si destarono e capirono che la guerra non era una cosa giusta. Libero, con le sue idee di pace e il suo motto: “La guerra non ci piace, vogliamo la pace! Vogliamo bene al nostro ambiente e non gli faremo niente; non vogliamo sparare, ma vogliamo studiare. Ragazzi niente guerra, non distruggiamo la Terra!", trovò tanti seguaci e democraticamente, il popolo, fu promotore di un articolo importantissimo della Costituzione italiana: l'articolo 11 che, non solo ripudia la guerra da parte dell'Italia, ma ne sottolinea l'impegno ad intervenire in operazioni di pace. Libero, aveva realizzato un sogno, felice guardò il cielo ed esclamò: “Con la gioia nel cuore mi sono svegliato, la guerra e la paura se ne sono andate; nelle strade niente bombe e nemmeno cecchini, ma solo urla di gioia dei bambini! Mai più la guerra sulla terra, nel futuro che verrà!” I bambini e le bambine delle classi terze di Ripa Teatina Istituto Comprensivo “M. Buonarroti” - Ripa Teatina

126


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

La guerra di Antonio “Io mi chiamo Antonio, oggi ho 94 anni. Quando ero giovane sono stato richiamato alle armi, per combattere nella Seconda Guerra Mondiale. Avevo 20 anni. Durante quella guerra ho vissuto molte esperienze. Io e il mio amico Mario, il 10 Gennaio 1941 siamo partiti come soldati per andare a Bari. Io facevo il fornaio. Rimanemmo a Bari per un anno e continuai a fare il fornaio: facevo quaranta pagnotte di pane ogni notte, era una faticaccia! Un giorno venne un tedesco e mi disse: - Devi preparare più pagnotte per me e per il mio esercito! Così dovetti preparare 100 pagnotte a notte. La nostra vita da soldati era molto dura. Poi io fui mandato in Russia, mentre Mario, che si era ammalato di pleurite, tornò a Chieti. Nel 1942 fummo mandati ad Imperia, per prepararci al viaggio che ci avrebbe portato in Russia, a fare la guerra. Alla fine di maggio partimmo da Sanremo e viaggiammo per quattordici giorni in treno. Quando arrivammo in Russia rimanemmo per cinque giorni in un bosco, per orientarci o per organizzare le manovre di guerra. Poi abbiamo continuato a marciare a piedi per altri ventuno giorni fino ad arrivare al fronte, in prima linea, vicino al fiume Don. Era il mese di agosto ed avevamo percorso 750 Km. Io non ero impegnato a combattere in prima linea perché mi dovevo occupare del mulo, che usavamo per trasportare le cose pesanti, ma la battaglia, comunque, non cominciava mai e ci chiedevamo perché. I soldati russi non attaccavano per primi e noi nemmeno. Poi arrivò l’inverno e scoprimmo che i soldati russi non dovevano fare granché. Ci pensava il freddo a combattere per loro. Noi non eravamo abituati al freddo russo, i nostri vestiti erano ormai laceri e le scarpe rotte, i bottoni dei cappotti si spezzavano e così eravamo ancora più esposti al freddo: molti soldati della compagnia iniziarono a morire. Fummo costretti alla ritirata. Eravamo partiti in centotrenta e tornammo a casa in trenta. Mentre scappavamo per raggiungere la camionetta che ci riportava a casa, pensavo a quanto era stato fortunato il mio amico, che era tornato a Chieti. Lo pensavo mentre prendevo il cappotto di un soldato morto per il freddo e mi ci coprivo. Lo pensavo mentre abbandonavo il mulo che mi era stato affidato. Ci pensavo mentre, finalmente arrivato sano e salvo a Milano, ho scoperto che dovevo nascondermi di nuovo, perché mi volevano catturare i soldati tedeschi, che mi consideravano un traditore e mi volevano catturare gli ufficiali italiani, che mi consideravano un disertore. Non sapevo ancora nulla dei partigiani che lottavano nelle nostre montagne e nei nostri paesi. Non sapevo ancora nulla delle stragi e delle violenze e delle ingiustizie della guerra, delle persone contro le persone. Poi finalmente tornai a casa, ma senza la divisa da soldato. Una donna di Milano mi regalò un vestito di suo marito, senza scarpe perché di scarpe ne aveva un paio solo e non poteva regalarle a me. Così tornai a casa in treno, con il vestito buono e

127


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ le pantofole di un gentile signore milanese. Potei riabbracciare la mia famiglia, il mio amico e, quando la guerra finì, potei tornare, con molta fatica, alla pace. Negli anni seguenti gli Italiani hanno scelto la Democrazia come forma di governo e hanno scritto la Costituzione della Repubblica Italiana, dove, nell’articolo undici, c’è scritto che “l’Italia ripudia la guerra.” Questo sentimento contrario alla guerra ce l’abbiamo anche noi, ragazzi e ragazze della quinta A e ce l’hanno tutti i bambini e ragazzi del mondo. Confidiamo sempre nella saggezza degli adulti che ci accompagnano nella crescita. Classe 5A Scuola Primaria di Bucchianico Istituto Comprensivo Statale - Bucchianico

128


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

Verso la libertà Sono le quattro del mattino in Uganda ed io sono distesa sul mio letto e non riesco a dormire. Colpa di quelle maledette bombe. Le polveri delle macerie hanno ormai sporcato il limpido volto del cielo. Solo un mese fa, la mia sorellina, Ramita, è stata ferita in un atroce attentato che le ha provocato delle gravi lesioni su tutto il volto. Non riesco più a vederla in questo stato. Ora è di là in cucina che piange. Ha cinque anni, un sorriso stupendo che le illuminava il volto. Illuminava, sì! È da quel tragico 22 dicembre, giorno dell'attentato, che non la vedo più sorridere. Spesso, di notte, si sveglia, inizia a piangere e, ancora con le lacrime agli occhi, mi racconta del rumore assordante della bomba, delle urla delle madri nel vedere i propri figli morti e loro i volti insanguinati. Poi, però, le dico che è solo un orribile incubo, le accarezzo la fronte, lei si tranquillizza e ritorna a dormire. So perché ora è di là in cucina che piange: è stanca di questa situazione all'apparenza senza via di scampo. Sapete cosa vuol dire aprire la finestra della propria camera e ascoltare, invece del cinguettio degli uccelli, il suono assordante delle bombe? È sempre la stessa storia. Ogni singolo giorno quest'orribile realtà! Questa mattina non c’è stata la sveglia a farci alzare dal letto, ma i gemiti, le urla, le scosse provocate dal crollo della palazzina vicina. E noi qui, impassibili, non possiamo fare altro che accettare, anche se con il cuore in mille pezzi, questa terribile realtà. “Avrei voluto un futuro migliore per voi” mi disse mia madre, con il volto rigato dal pianto, il giorno stesso in cui mio padre venne ucciso. Lo consideravo un amico, un confidente, un papà perfetto insomma! Spesso mia madre guardandomi dice di vedere in me la sua stessa espressione del viso. Eravamo proprio simili io e lui, una cosa, però, ci accomunava più di tutte: la passione per le stelle. Ricordo quando, con il cannocchiale del nonno, salivamo sul letto, alla ricerca di qualche stella cadente che ci avrebbe almeno dato la possibilità di esprimere un desiderio. Il mio era sempre lo stesso: essere libera. Per raggiungere questo mio sogno, però, sarei dovuta andare via dal mio paese, portare con me anche mia madre e la mia sorellina per poi ricostruirci assieme un’altra vita, che ci avrebbe garantito un futuro migliore. Chi l’avrebbe mai immaginato che presto il mio desiderio si sarebbe realizzato? Sono diretta al mercato quando un boato mi scuote: un altro attentato. Questa volta, però, più vicino del solito. Allora mi dirigo, istintivamente, verso una piccola casa all'apparenza abbandonata. Entro per restare al sicuro, almeno fino a quando i terroristi se ne siano andati. Una volta entrata mi accorgo con mia grande sorpresa di un’anziana signora di nome Camisha, che accortasi della mia presenza mi fa subito accomodare. Inizia ben presto a raccontarmi di lei e della sua agghiacciante storia, mi parla della perdita di sua figlia e di suo marito, deceduti in un attentato e della sua grave malattia. Un grande dolore la lacera dentro. Giunta la sera, io per evitare che mia madre si preoccupi decido di ritornare a casa. Prima di uscire, Camisha, mi blocca per il braccio e mi dice: “Tieni, prendi 129


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ questi e portali a tua madre, ve li meritate. Non ti preoccupare per me, guardami, non mi rimane ancora molto tempo da vivere. È il denaro che la mia famiglia ed io abbiamo risparmiato per fuggire da qui, sbarcare in Italia e andare a vivere a Milano. Ho un fratello lì, è partito circa un anno fa. Nella busta che ti sto dando c’è anche il suo indirizzo. Va’ da lui e digli che non sono potuta partire ed infine abbraccialo da parte mia. Addio Dalila, è stato bellissimo conoscerti”. Mi abbraccia e mi lascia andare via. Corro verso casa ancora incredula: tanti pensieri agitano la mia mente. Una volta rincasata guardo mia madre e la mia sorellina, che ferme sull’uscio stanno attendendo ansiose il mio ritorno e dico: “E' finita. Siamo libere!”. Racconto loro ciò che mi è accaduto e senza perdere neanche un minuto, tra le lacrime prepariamo le valigie e seguendo tutte le indicazione di Camisha iniziamo il nostro viaggio della speranza. Ora sono qui, nel mio ufficio di Roma a scrivere di me, di quella che sono stata e di quella che sono diventata, grazie ai sacrifici, lo studio e la costanza. Prestò terrò la mia prima arringa in tribunale. Questo pomeriggio vedrò quel mio amico, fratello di Camisha: anche grazie al suo sostegno economico sono riuscita a concludere gli studi di giurisprudenza. Sono felice e soddisfatta di me stessa perché ho finalmente raggiunto il mio scopo: la libertà. Ora godo di quei diritti e doveri che mi permettono di affermare la mia dignità. Ringrazio la terra che ci ha accolto, perché nonostante le difficoltà io, mia madre e mia sorella abbiamo avuto la possibilità di lasciarci alle spalle la tragedia del nostro paese e di ricominciare da capo a costruire la nostra vita. Classe 2B Informatica IIS “Luigi di Savoia” - Chieti

130


__________________________ Principio internazionalista e pacifista___________________________

Le poesie bruciate Cosa mi dava più fastidio all’epoca? Il continuo via vai delle persone fuggite dalla loro città natale, che passavano per Kabul con l’intenzione di raggiungere il mare? O forse l’abuso che i talebani esercitavano su noi donne? Il suono acuto, come d’un sibilo, provocato dalle bombe e dai missili? Le continue grida dei miei genitori, sempre indecisi sul cambiare casa o meno? Possibile, perché io non volevo lasciare la mia casa e i miei amici, anche se la maggior parte di loro era già andata via. Mi dava fastidio, più di tutte le cose, la censura musicale. Mio padre mi ricordava sempre che la cultura degli afghani aveva alle spalle un ricco patrimonio musicale e mi aveva insegnato a suonare un vecchio pianoforte a muro. Era un uomo di grande cultura. Aveva conservato, fin da giovane, tutti i cd dei suoi cantanti preferiti, le poesie e i testi di scuola delle superiori e il suo adorato grammofono. Da piccola mi leggeva sempre le lettere che aveva scritto a mamma dopo che si erano conosciuti e mi insegnava a scrivere. Quando sono arrivati i talebani in casa nostra per sequestrare i dischi, bruciare i libri e le poesie e dar fuoco al pianoforte, mio padre è rimasto lì a guardare, impotente, ben consapevole dello sguardo attento dei talebani. Era riuscito, però, a salvare un libro di storia, alcune delle sue poesie preferite e una ventina di cd. Mia madre era spaventatissima che qualcuno lo avrebbe potuto scoprire perché i vicini di casa, ultimamente, facevano la spia. I divieti per noi donne afghane arrivarono qualche mese dopo. Non mi era concesso studiare né possedere alcun genere di materiale scolastico; non potevo uscire di casa senza essere accompagnata da un familiare e dovevo sempre indossare un velo per coprire il volto (mentre mia madre era coperta della testa ai piedi). In famiglia, adesso, lavorava solo mio padre, poiché alle donne era vietato anche lavorare. Mio padre era furibondo. Diceva che i talebani avevano messo tutti questi divieti per impedire a noi afghani di avere propri pensieri ed idee, riducendoci a persone tristi, incapaci di pensare e di agire, di affermare i nostri diritti e le opinioni personali. Lungo la parte periferica della città di Kabul alcuni venditori ambulanti trafficavano, abusivamente, le merci più svariate: dischi, mobili, film, libri, poesie e strumenti musicali. Tra di loro c’era anche mio padre. Aveva una bancarella che condivideva con un suo amico ed insieme vendevano gli oggetti che erano riusciti a salvare dai talebani. Non capivo, però, perché i talebani non arrestavano tutti: avevano avuto diverse soffiate sulle identità dei venditori e avrebbero potuto rintracciarli nelle loro abitazioni ed arrestarli, come avevano già fatto in passato. Il motivo per cui i talebani non intervenivano lo capii ben presto, quando arrivò a casa una lettera in cui veniva spiegato che era stata sganciata una bomba sulla zona dei mercatini. Era un fatto terribile, mai accaduto prima di allora, che, però, si sarebbe ripetuto moltissime volte in futuro. Dal quel momento, infatti, caddero numerose bombe sui tetti delle nostre abitazioni. Mia madre ed io rimanemmo senza un soldo e fummo costrette ad abbandonare la nostra casa: era una scelta molto pericolosa perché non avevamo più un luogo dove proteggerci dai talebani: almeno, nessuna casa ci sarebbe crollata addosso!!! Decisamente una magra 131


_____________________________ La Costituzione Sentimentale _____________________________ consolazione. Iniziammo a chiedere l’elemosina, come se ci fosse qualcuno, in questa città, non ancora ridotto a una condizione di povertà, spogliato di tutti i suoi beni e ideali. Molte persone in Afghanistan pensavano che i talebani sarebbero riusciti a creare una società migliore, limitando al massimo la presenza di noi donne nelle strade delle città, distruggendo tutte le fonti di istruzione, quali libri e poesie narranti la vita degli uomini prima di noi. Ci avevano sottomessi alla loro volontà, inculcando in noi opinioni sbagliate, ma non potevano eliminare completamente i nostri giudizi sulla vita intorno a noi. Perché quei giudizi di cui tanto avevano paura li custodivamo gelosamente dentro di noi. Mia madre venne uccisa da un talebano che passava per la strada a cui chiedevamo la carità. Diceva che le donne non potevano fare la carità per le strade da sole, come se, in qualche modo, quello che stavamo facendo fosse irrispettoso. Balle. La nostra dignità l’avevamo persa da molto tempo e di certo stare sedute a terra non ci sembrava irrispettoso. Ma la nostra opinione non contava. Mia madre venne presa a bastonate e il suo esile corpo non resse tutti quei colpi e quando si accasciò a terra sapevo che era morta. Il talebano stava per prendersela anche con me. Fortuna che un soldato americano lo colpì. Anche lui morto, accanto a mia madre, che cercavo di raggiungere. Il soldato me lo impedì. Mi disse che tra poco sarebbero arrivati i compagni dell’uomo morto. Ero troppo scossa dalla morte di mia madre: adesso ero orfana. Il soldato mi portò via da quella terra, lontana da tutta questa distruzione e da ciò che avevo di più caro. Mi portò a Napoli, dove si trovava un base militare americana: mi aveva adottata. Notai che le differenze con l’Afghanistan erano moltissime: l’aria qui sapeva di sale, a causa del mare, e non di fumo, la città non era distrutta, era invece bellissima e le persone erano gentilissime ed ospitali, ma probabilmente ignoravano tutti gli orrori che stavano avvenendo nella mia terra. Non si sentivano più i sibili dei razzi, ma la cosa più importante, era che tutto ciò che riguardava l’istruzione era legale. Esistevano, addirittura, negozi che vendevano libri e poesie. Imparai, per le strade di Napoli, che esistevano moltissimi tipi di musica e le persone erano libere di suonarle dove volevano. Patrick, il soldato, mi iscrisse a una scuola pubblica alla periferia di Napoli e mi feci nuovi amici. Continuai per molti anni a fare incubi spaventosi sulla vita in Afghanistan, e non riuscivo a dormire per più di due ore. Dovetti andare dallo psicologo. Adesso, a distanza di tanti anni, mi trovo qui in piedi, a chiedermi cos’è che mi da’ più fastidio, quali dei miei ricordi mi causano questi incubi. Penso di saperlo, ora: ho paura che quelle opinioni che mio padre ha sempre cercato di insegnarmi e i talebani hanno provato ha eliminare possano un giorno scomparire del tutto; ho paura che anche in questo Paese possa arrivare una guerra e che possa rivivere il mio passato, un’altra volta. De Cristofaro Elisabetta Classe 1A Liceo Scienze Applicate IIS “Luigi di Savoia” - Chieti
 132


LA COSTITUZIONE SENTIMENTALE Disegni e immagini dei ragazzi*

* Per la scelta della copertina del volume la rete ha indetto un concorso fra gli alunni delle diverse scuole. Pubblichiamo tutte le proposte pervenute, tra le quali una commissione esterna ha selezionato l'immagine in copertina.

133


134


CONVITTO “G.B VICO” - CHIETI

135


ISTITUTO COMPRENSIVO N. 1 - CHIETI

136


ISTITUTO COMPRENSIVO N. 2 - CHIETI

137


ISTITUTO COMPRENSIVO N. 3 - CHIETI

138


ISTITUTO COMPRENSIVO N. 4 - CHIETI

139


IIS “LUIGI DI SAVOIA” - CHIETI

140


IIS “U. POMILIO" - CHIETI

141


ITCG “GALIANI -DE STERLICH” - CHIETI

142


LICEO SCIENTIFICO “F. MASCI” - CHIETI

143


ISTITUTO COMPRENSIVO “M.BUONARROTI” - RIPA TEATINA (CH)

144


IIS “MATTEI” - VASTO (CH)

145


146


POSTFAZIONE In parola Cosa accade nella Costituzione? Cosa accade nella sua “scrittura”? Cosa accade nelle parole, quando si mettono tra gli uomini? Accade che gli uomini si trovino. Accade che gli uomini si riconoscano. Accade che gli uomini si trattengano, gli uni accanto agli altri. E poi, nei paraggi, sempre più, gli uni per gli altri. Intorno alla “parola” gli uomini hanno costruito una inaudita umanità. Facendosi essi stessi “discorso”, si sono cimentati nell’impresa della civiltà, oltrepassando ora pericolosamente, ora meravigliosamente il limite della natura. Nel “segno” hanno provato ad intendersi, comunicando ciò che era comunicabile e ingegnandosi a comunicare ciò che, nel segno, poteva trovare solo una precaria, transitoria, incerta.. composizione. La Carta costituzionale è uno di questi “segni”. Le sue parole impastano ragioni e sentimenti, imbastiscono auspici circa le vicende degli uomini, così come potranno e vorranno avvenire. E sono le ragioni, i sentimenti e gli auspici che più importano; perché sono quelli su cui è possibile edificare il resto. Danno la solidità del fondamento e la profondità del radicamento. Fondano e radicano senza dover invocare improbabili miti e senza dove allineare il tutto dentro insopportabili ideologie. I “segni” della Carta costituzionale italiana hanno accordato le ragioni, i sentimenti e gli auspici degli uomini e delle donne scampati alle ottusità del totalitarismo e agli orrori della seconda guerra mondiale, pronti a far valere il coraggio della resistenza ed il desiderio della libertà. Gli Italiani del dopoguerra, coltivando la speranza di una ricostruzione, hanno allora messo in comune il loro povero-maricchissimo patrimonio di ragioni, sentimenti e auspici, fino a comporlo nella Carta costituzionale. Carta costitutiva. Carta che raccoglie ciò che più importa e sancisce una nuova nascita. Come dire: prima di differenziarsi, di posizionarsi, di schierarsi, occorre che gli Italiani si intendano e facciano patto, circa ciò che in nessun caso potrà essere messo in discussione, perché posto a fondamento della civile convivenza. Bene, ma allora, quali sarebbero le ragioni ed i sentimenti da difendere e preservare? In tre parole: la persona, il comune e il lavoro. Proviamone un avvicinamento, con l’aiuto delle scritture dei ragazzi. 1.

Una carta per ciascuno: la persona

Il primato della “persona” è ribadito dalla Costituzione.. in ogni suo passo. Sì che la persona, riconosciuta nella sua unicità, è l’altro dallo Stato, per cui lo Stato stesso non potrebbe essere senza questo preliminare riconoscimento della persona. In 147


questo senso, lo Stato cessa di essere un’entità sovraordinata, a cui il singolo deve piegarsi, nella figura del suddito, per divenire una “realtà partecipata” da ogni singolo cittadino, che a partire dalla propria singolarità permette che lo Stato sia, come entità che compone e fa crescere ciascuno, insieme agli altri. È quindi imprescindibile nella formazione dello Stato riconoscere in ogni persona un valore inestinguibile. Come di un “credo” che si rinnova in ogni incontro. Io ci credo che siamo tutti uguali e voglio vivere con questa convinzione.1 E forse questo lo si vede meglio.. da fuori, da lontano e sul fattivo terreno delle professioni di libertà. Come accadde ad Adams e alla sua famiglia, a proposito di religione, quando.. riuscirono ad arrivare in Italia, lui sperava che qui potesse finalmente essere come tutte le altre persone e professare la sua fede. Fortunatamente a loro è andato tutto bene perché in Italia, nella Costituzione, […] c’è l’articolo otto che dice: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”2. Non si tratta, quindi, tra le parole della Costituzione, della “persona” come entità in sé e per sé, ma come vita vivente, in relazione, che è nella misura in cui può realizzare se stessa in tutte le sue dimensioni (fisiche, psichiche, etiche..). Ciò rende l’Italia terra di accoglienza, custode delle minoranze e attenta alle differenze, sì che.. è bello vivere in un Paese così sensibile e rispettoso delle lingue e delle culture diverse.3 Talvolta la differenza, la diversità, si cela in un cogente svantaggio, che va riconosciuto e, com’è possibile, contenuto, arginato, rimediato.. in soluzioni di cura, di assistenza.. ovvero di fattiva solidarietà. Perché si possa accogliere chiunque, anche (..e soprattutto) nelle situazioni più difficili. Così, può accadere che..

1

Muhamed Shahini (2 TI) – IIS U. POMILIO

2

Martina D’Amico, Classe 3, Istituto Comprensivo di Fara Filiorum Petri, Plesso di Scuola Secondaria di I grado, Casalincontrada

3

Croce Vanessa, Di Martino Samuele, Giorgini Riccardo, Manzoli Aurora, Noemi Toracchio, Classe II D, Scuola Sec. di I gr. “Chiarini-De Lollis”, Istituto Comprensivo 1 Chieti

148


..non posso non avere questa faccia. Cambiare città, subire un’operazione andata male e stare sulla sedia a rotelle … non è facile!4 Oppure, che, in assenza di posti disponibili in ospedale, si provi, fiduciosamente, …a telefonare ad altri presidi. Allegrino seppur sofferente è fiducioso, in tutti gli ospedali si guarisce! Ma in ospedale il posto libero non c’è, Allegrino viene visitato e momentaneamente sistemato in corsia mentre telefonicamente si cerca di trovare un posto libero in ospedali dove ci sia la Tac funzionante.5 Proprio perché la Carta costituzionale deve poter essere per ciascuno, va esibita e eretta a difesa di tutti coloro che, proprio a partire dalla loro diversità, rischiano di divenire vittime di emarginazione, esclusione, o di evidente aggressione. Perché, ad esempio, si sa... dallo schiaffo o dalla tirata di capelli fino alle percosse, agli abusi, fino ai gesti estremi, il passo è breve. Vediamo donne uccise per gelosia, donne uccise dopo essere state maltrattate, donne uccise perché donne.6 Certo, affinché le persone possano riconoscersi tali ed esercitare pienamente i propri diritti, occorre che sappiano comprendere ed interpretare le prerogative dedicate alla “persona”. Occorre, cioè che possano incontrare educatori e momenti educativi in cui apprendere e saper apprezzare.. Come, del resto, accade con una certa ricorrenza, anche se, non sempre, con la medesima evidenza. Alle scuole medie, durante l’ora alternativa alla religione, con la prof. e due miei amici, anch’essi musulmani, Sami e Sara, tra le altre cose abbiamo studiato la Costituzione Italiana e i Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e ogni giorno creavamo una pagina di power-point che abbiamo poi presentato a tutta la classe. Alcuni degli articoli che mi hanno colpito di più sono stati quelli in cui si dice che siamo tutti uguali senza distinzione di razza, sesso o religione e che 4

Holokoz Yeva, Mammarella Andrea Maurizio,Sebastiani Cecilia, Varsalona Lorenza, Tocco Tiziano, Classe II D, Scuola Sec. di I gr. “Chiarini-De Lollis”, Istituto Comprensivo 1 Chieti 5

Scuola primaria Ripa Teatina Classi VA-VB

6

Caso Maria Giuseppa, Caso Maria Sofia, Di Nicola Silvia, Marchese Matteo, Petaccia Davide, Sablone Desy, Salvatore Chiara; Sborgia Simone II B

149


in Italia tutte le religioni sono egualmente libere ed accolte. Devo dire che con la mia diversa religione mi sento a mio agio in questo Paese dove sono nato.7

2.

Una carta per tutti: l’essere-in-comune È mercoledì pomeriggio e nell'aria c'è il profumo di primavera, gli uccellini cinguettano e il sole rischiara il paesino…8

Questo incipit, così, senza altro aggiungere, dice subito del nostro umanissimo bisogno di avere ..un mondo intorno. L’uomo, gli uomini.. sono tali non solo se imparano a coltivare il loro mondo interno, ma anche se prendono parte al mondo che hanno intorno. Se si sentono parte della natura, di un contesto e, non da ultimo, di un Paese. In questo senso e oltre le dimensioni più immediatamente naturalistiche, la persona è già in relazione. Come dentro ad un ineludibile richiamo, il primato della “persona” non può non comprendere il primato dell’“essere-in-comune”. C’è in questo richiamo, per un verso, l’urgenza di riconoscere un contesto alla persona (senza il quale il soggetto conoscerebbe una pericolosa deriva solipsistica) e, per l’altro, l’urgenza di riconoscere la differenza nell’“essere-in-comune” (senza la quale la dimensione sociale conoscerebbe una pericolosa saldatura totalitaria). Tutto ciò non poteva sfuggire ai sensi ed ai sentimenti dei Padri costituenti, che, passo dopo passo, nella composizione degli articoli, accanto alla centralità della persona, hanno provveduto a sancire l’ulteriore centralità dell’essere-in-comune. Ciò che imbastisce la scrittura costituzionale risuona similmente nelle parole di Arcobaleno.. Tutti gli altri pappagalli ammutolirono. Arcobaleno, il pappagallo dalle mille sfumature iniziò a parlare: «Cari amici verdi, blu e arancioni, gialli, rossi e neri, noi siamo tutti uguali, una sola anima che vive in tanti corpi, allora perché non ci rispettiamo a vicenda??? Se volete che i nostri nati vivano in PACE dovete fare voi il primo passo!» Dopo quelle parole tutti i pappagalli capirono che il cibo non poteva essere un privilegio di alcuni ma un diritto per tutti!9 7

Muhamed Shahini (2 TI) – IIS U. POMILIO

8

. Secondaria di I grado “G.Chiarini C. De LOllis” Comprensivo 1 Chieti, Sara D’Angelo, Marika Liberi, Elena Rossetti, Noemi Trentadue, Classe II A, A.S. 2014/2015 9

CLASSE 1E

150


Uno o pochi non possono pregiudicare il bene comune, ovvero quell’immenso patrimonio di cose materiali, di sentimenti, di valori, di ideali, di legami.. presso cui tutti possono ritrovarsi e prendere ad essere insieme. Il ventennio fascista, almeno questo l’aveva insegnato, per quanto in negativo: una società libera e responsabile deve essere disposta, innanzitutto, al bene di tutti, al bene pubblico e alla sua comprensione. E, purtroppo, per simili insegnamenti non occorre neppure andare indietro nella storia, basterebbe spostarsi, anche oggi, sulla cartina geografica.. dove i fascisti hanno semplicemente cambiato nome. Quando sono arrivati i talebani in casa nostra per sequestrare i dischi, bruciare i libri e le poesie e dar fuoco al pianoforte, mio padre è rimasto lì a guardare, impotente, ben consapevole dello sguardo attento dei talebani10 La cura e la tutela del bene comune, allora, deve poter accompagnare la costruzione della vita pubblica, al riparo da tutti i tentavi di “privatizzazione” a cui pure oggi è costantemente esposta. Il nostro patrimonio è una ricchezza infinita eppure c’è chi non riesce a comprenderlo: lo spreca, lo ignora, l’oltraggia oppure se ne impadronisce.11 Il bene pubblico, però, risulta “corrotto” non solo nelle evidenti aggressioni alle norme condivise, ma anche negli atteggiamenti di delega e/o di ritiro dalle responsabilità pubbliche. Ogni volta che qualcuno si tira fuori dalla vita pubblica, l’essere-in-comune ne risulta inevitabilmente impoverito e infragilito, a tutto vantaggio degli interessi privati e particolari. Come aveva ben capito Antonio.. anche se, purtroppo, in ritardo. Antonio schiacciava velocemente, uno dopo l'altro, i tasti del telecomando, ma su tutte le maggiori reti televisive andavano in onda notiziari e programmi di approfondimento sulla riforma costituzionale voluta dal partito di maggioranza e recentemente approvata tra molte polemiche e manifestazioni di segno opposto. Antonio ne era infastidito, lui non era neppure andato a votare; tutto quel gran parlare e protestare gli sembrava una cosa futile e noiosa e la politica un gigantesco e oscuro imbroglio in cui non voleva essere coinvolto.12

10

De Cristofaro Elisabetta classe 1A Liceo Scienze Applicate

11

Emanuele Di Francesco, 2C

12

Classe IIE, opzione scienze applicate, Liceo Scientifico "F.Masci"

151


3.

Una carta.. a lavoro

Se volessimo definire “il lavoro”, avremmo gioco facile nel ricondurlo a quelle attività dedite a trasformare qualcosa in qualcos’altro o, più prosaicamente, a quelle altre attività prestate in attesa di un compenso. Stesse soltanto in queste definizioni, senza altri significati da vantare, perché mai, allora, i Costituenti l’avrebbero addirittura posto a fondamento della Repubblica (Art. 1: l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro..)? Cos’altro si cela in quell’agire? Cosa comporta la sua realizzazione? Prendiamo in prestito le parole di un filosofo francese: ciò che l'uomo è, in quanto ha da agire, non è un aspetto particolare del suo essere, ma è il suo essere stesso.13 L’essere dell’uomo è, cioè, essenzialmente azione. Viene ad essere e si realizza proprio mentre viene fuori di sé, dalla sua eventuale immobilità, e prende ad agire nel mondo. Sotto questa ulteriore luce, allora, il lavoro, l’agire, coincidono con la possibilità che l’uomo si faccia uomo, sia individualmente, che socialmente. Ben prima di qualsiasi altra affermazione spirituale, mitica, ideologica.. l’uomo e gli uomini si affermano in ciò che fanno, in ciò che lavorano. E l’Italia, in questo senso, altro non sarebbe che il frutto del lavoro dei suoi cittadini. A rendere ancora più cogente quanto sancito dalla Costituzione, poi, vi sono i vissuti di quanti, alle prese con il lavoro – e soprattutto, con la sua mancanza – sperimentano sulla propria pelle la crucialità dei suoi significati ..in negativo. Mio padre aveva smesso di parlare da un po’, non esprimeva mai un giudizio su Disoccupazione, ma quando i nostri occhi si incrociavano, tutti quei silenzi prendevano vita: era ansia, paura di non farcela, disperazione. La colpevole era LEI. Ti rapiva. Non potevi più guardare, né parlare. Ti legava. Eri immobile, impotente. Te la sentivi addosso. Soffocato da quel buio in cui ti aveva trascinato. Un cappio al collo: più cercavi di fuggire, più finivi per strozzarti. Solo quando ti vedeva sfinito, mollava la presa. E tu restavi solo, con tutti quei segni al collo, indeciso se abbandonarti a te stesso o curare le ferite e tornare a combattere.14

13

Nancy J.-L., L’“etica originaria” di Heidegger, Cronopio, Napoli 1996, p. 10.

14

Federica Di Primio, Ilaria Sartini, IV C LICEO SCIENZE UMANE GONZAGA

152


"Grazie mille, le faremo sapere". Ormai non si ricordava più quante volte avesse sentito questa frase. Era la solita risposta ad ogni suo colloquio di lavoro. Il brutto, però, era che nessuno faceva sapere proprio niente!15 ..E in positivo. Il giovane non stava più nella pelle: era da tanto tempo che cercava lavoro, un lavoro che gli potesse consentire di esprimere tutte le sue creatività e le sue idee e che gli permettesse di essere autonomo.16

4.

Di parola, in parola

Viaggiando, errando, ritrovandosi.. nel dialogo, più o meno esplicito, tra le scritture costituzionali e quelle dei ragazzi, appare – si spera – adesso molto più evidente il bisogno di ciascuno di restituire anima, vigore, densità, sensibilità a tutte quelle “parole” che eleggiamo a rappresentare i sensi ed i significati più profondi del nostro cercare e realizzare la vita al singolare ed al plurale. Occorre, allora, esercitare le occasioni per le parole migliori. E quando, finalmente, si riconoscerà di averle trovate, dovremmo sentire la premura di conservarle, con un po’ di ostinazione, come si fa con ciò che si è a lungo cercato. Saranno loro ad inaugurare il cammino, alla ricerca di ulteriori parole.

Mario Schermi*

* Formatore - Funzionario della professionalità pedagogica. Istituto Centrale di Formazione - Dipartimento Giustizia Minorile Ministero della Giustizia Responsabile della LUdE, Libera Università dell'Educare

15

Niccolò Cocciaglia IVC, Liceo Scientifico “F. Masci"

16

Marusco Asia - Lupo Patacchia Francesca, Scuola Primaria Madonna del Freddo

153


154


INDICE

Introduzione a cura della Prefettura di Chieti

pag.

5

PREFAZIONE di Michele Gagliardo

pag.

7

PRINCIPIO DEMOCRATICO

pag.

9

PRINCIPIO PERSONALISTA

pag. 21

PRINCIPIO PLURALISTA

pag. 31

PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA

pag. 45

PRINCIPIO LAVORISTA

pag. 59

PRINCIPIO DI UNITÀ NAZIONALE E AUTONOMISTA

pag. 79

PRINCIPIO DI LAICITÀ

pag. 89

PRINCIPIO DELLA TUTELA DELL’AMBIENTE E DEI BENI CULTURALI

pag. 97

PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA E PACIFISTA

pag. 11

LA COSTITUZIONE SENTIMENTALE - DISEGNI E IMMAGINI DEI RAGAZZI

pag. 133

POSTFAZIONE di Mario Schermi

pag. 147

155


INDICE DELLE NARRAZIONI PER SCUOLE:

156

ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE - BUCCHIANICO (CH): Boncuri: uno schiaffo alla Costituzione La nonna Gina racconta Un giorno come tanti …non per tutti La mia Italia Una cultura in ombra La guerra di Antonio

pag. 14 pag. 24 pag. 44 pag. 88 pag. 107 pag. 127

CONVITTO “G.B.VICO” - CHIETI: La storia della Costituzione Solo io Un briciolo di speranza La stagione dell'oro rosso Una bandiera a tre colori Mi ricordo

pag. 13 pag. 23 pag. 35 pag. 69 pag. 83 pag. 91

ISTITUTO COMPRENSIVO N.1 - CHIETI: La forza di Laura La pazienza di Luigi Una giornata in Trentino Un bosco da salvare Anche a questo può servire la pesca Un pericolo sventato

pag. 27 pag. 63 pag. 81 pag. 99 pag. 101 pag. 103


ISTITUTO COMPRENSIVO N.2 - CHIETI: La barriera di Andros E tutto cambiò all'improvviso Storie di oggi Cercasi merito Fuga dall'inferno Ci siamo mai chiesti perché i bambini giocano alla guerra e non alla pace?

pag. 41 pag. 47 pag. 64 pag. 65 pag. 119 pag. 120

ISTITUTO COMPRENSIVO N.3 - CHIETI: Un pesciolino fuor d'acqua La fiaba della cardellina Jasmine Una storia a lieto fine L'avventura continua Il viaggio a Pompei

pag. 11 pag. 48 pag. 49 pag. 67 pag. 104 pag. 105

ISTITUTO COMPRENSIVO N.4 - CHIETI: La bandiera Ricetta della pace La pace illumina il mondo Caro Amed La guerra è un insulto Zatho l’italiano

pag. 82 pag. 121 pag. 122 pag. 123 pag. 124 pag. 125

157


158

IIS “LUIGI DI SAVOIA” - CHIETI: Caro Manù Operazione Blue River Verso la libertà Le poesie bruciate

pag. 72 pag. 108 pag. 129 pag. 131

IIS “U. POMILIO” - CHIETI: Ho sognato il mio futuro Una bandiera senza colori Domenica e venerdì Le mie farchie

pag. 74 pag. 85 pag. 93 pag. 110

ITCG “GALIANI - DE STERLICH” - CHIETI: Sogno una società diversa Ora non ho più paura Solo colpa dei pregiudizi Chieti e i suoi tesori

pag. 77 pag. 86 pag. 94 pag. 111

LICEO STATALE “I. GONZAGA” - CHIETI: Il potere dell'amore Disopreoccupazione Invece Andrea La battaglia di Anna

pag. 16 pag. 17 pag. 57 pag. 114


LICEO SCIENTIFICO “F. MASCI” - CHIETI: Il tesoro perduto Non è un paese per giovani Jamaal Di genere si muore

pag. 19 pag. 28 pag. 39 pag. 54

ISTITUTO COMPRENSIVO - FARA FILIORUM PETRI (CH): Il mio nome è Avraham Siamo tutti uguali Lo studio: un diritto di tutti Cami Il diritto al lavoro La religione unisce non divide

pag. 37 pag. 52 pag. 53 pag. 61 pag. 71 pag. 92

ISTITUTO COMPRENSIVO “M. BUONARROTI” - RIPA TEATINA (CH): Il Pianeta… responsabile La fortuna di Allegrino Artisti di strada E' un nostro diritto vivere e non sopravvivere Meno male che ci sei tu articolo 9! Libero e l'art.11

pag. 12 pag. 33 pag. 34 pag. 68 pag. 106 pag. 126

159


160

ISTITUTO COMPRENSIVO “G. GALILEI” - S. GIOVANNI TEATINO (CH): Il cane da guardia Il lupo con un orecchio solo Mille colori Le colombe e il corvo Il porcellino a macchie Animali dell’Africa L'elefante con una zanna

pag. 25 pag. 26 pag. 42 pag. 43 pag. 50 pag. 51 pag. 51

IIS “MATTEI” - VASTO (CH): Una presa di coscienza La forza di crederci Lettera ad un amico perduto La chiesa di S.Maria

pag. 55 pag. 76 pag. 95 pag. 112




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.