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Introduzione
Questa tesi si propone di analizzare i principali sviluppi architettonici e urbanistici lungo la pendice meridionale dell’Acropoli da Temistocle (V secolo a.C.), a cui si deve probabilmente il primo grande edificio monumentale noto come Odeon di Pericle, ad Adriano (II secolo d.C.). Le iscrizioni incise sui lati dell’arco che i cittadini ateniesi o i Panhellenes dedicarono all’imperatore filelleno nel 132 d.C. e che recitano: «Questa è Atene, l’antica città di Teseo» (sul lato nord-occidentale verso l’Acropoli) e «Questa è la città di Adriano, e non di Teseo» (sul lato sud-orientale verso l’Olympeion) costituiscono il punto di partenza di questa ricerca che si snoda attraverso un arco temporale di sei secoli e lungo una porzione ben definita dell’area archeologica di Atene: quella della pendice sud dell’Acropoli e della valle dell’Ilisso e di cui l’arco di Adriano costituisce una cerniera e spaziale e temporale. Queste due iscrizioni per lungo tempo sono state interpretate come se la porta dividesse l’antica Atene di Teseo, da cercare attorno all’Acropoli, dalla nuova Atene fondata da Adriano nell’area della valle dell’Ilisso. Tuttavia dai dati riscontrabili sull’archeologia gli edifici adrianei sorsero non solo nelle immediate vicinanze dell’Olympieion, dove pure si concentrarono i maggiori interventi, ma anche nel resto della città su una superficie pari a sei ettari: nell’area dell’antica Agorà, dell’Agorà romana e lungo la pendice meridionale dell’Acropoli. Inoltre l’area della valle dell’Ilisso, costituiva un settore cruciale già della città mitica, e teseica in particolare, in cui si trovava la residenza di Egeo, e venne per questo inglobata all’interno delle mura temistoclee il cui tracciato passava ben più a oriente. È quindi più corretto pensare che le due iscrizioni, invece che indicare una divisione fisica della città in vecchia e nuova, intendessero piuttosto una distinzione temporale tra due grandi età della storia ateniese, quella teseica e quella adrianea, sottolineando così il ruolo ecistico dell’imperatore. La ricerca si concentra soprattutto sugli interventi lungo la pendice sud, inglobata nel circuito del peripatos, e le direttrici che da questa dipartivano e che la collegavano, attraverso la via delle Panatenee e la via dei tripodi,
Nella pagina accanto: Vista del Partenone dall’Olympieion.
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all’Agorà e ai quartieri della Pnice e del Ceramico e, attraverso il tracciato di odùs Dionysiou Areopagitou, direttamente alla valle dell’Ilisso e al sito dell’Olympieion. Nella città contemporanea la permanenza di queste direttrici o la loro sostituzione con tracciati che ne ripercorrono l’andamento, sovrapponendosi a quelli storici, permettono di osservare i monumenti secondo la visone originaria conservando oltre che all’aspetto visivo anche quello fisico-percettivo che permette di leggere la stratificazione dei tessuti e delle tipologie architettoniche. Inoltre proprio la pendice meridionale dell’Acropoli, per la sue caratteristiche morfologiche, orografiche, climatiche e visuali che la rendevano una vera e propria terrazza panoramica (xystus) mirante la valle dell’Ilisso e il golfo Saronico, venne scelta a partire dalla fine del VI secolo a.C., e ancor più a seguito delle guerre persiane, quale luogo adatto ad ospitare alcuni tra i più importanti spazi sacri (al di fuori dell’Acropoli che era la città degli dei per eccellenza), nonché i maggiori spazi della rappresentazione, legati alle celebrazioni delle Grandi Dionisie e delle feste panatenaiche. Proprio questo intreccio tra religione, mito e storia è all’origine della tragedia, come emerso da Aristotele e a Friedrich Nietzsche sull’origine e il significato di una delle forme più antiche di teatro, prodotto della cultura ateniese del V secolo a.C. e fenomeno di lungo durata che si è tradotto ad Atene nella costruzione di edifici e monumenti proprio lungo il versante meridionale dell’Acropoli dove era stato istituito il culto di Dioniso Eleutereo. Il teatro di Dioniso e l’attiguo Odeon di Pericle, a cui si aggiunse nel II secolo d.C. l’Odeon di Erode Attico, e tutti i monumenti coregici costituiscono la trasposizione architettonica, nonché testimonianza archeologica, dell’importanza attribuita nella cultura ateniese agli aspetti sacri e della rappresentazione e di come questa sia stata oggetto di attenzione degli uomini di potere che hanno governato Atene o hanno riconosciuto in essa, come nel caso dei sovrani ellenistici o dell’imperatore Adriano, il centro di origine della cultura greca. Accanto agli spazi teatrali propriamente detti e a quelli che servivano e da monumenti celebrativi e da infrastrutture di supporto alle feste che si svolgevano ad Atene, sorsero edifici legati al culto di divinità locali o straniere, e che trovarono nelle grotte naturali della collina e nei santuari appositamente dedicati la propria sede (si ricordano a tal proposito il santuario di Dioniso e quello di Asclepio). È però al termine della via Dionigi Areopagita che si trova uno dei più importanti siti sacri della città, quello dell’Olympieion, con i resti di quello che fu il più grande tempio dedicato alla massima divinità olimpica e le cui fasi costruttive dal VI secolo a.C. al II secolo d.C. risentirono delle alterne fortune che la polis attraversò. Il cantiere dell’Olympieion fu terminato dall’imperatore Adriano che lo inaugurò personalmente in occasione del suo ultimo viaggio ad Atene nel 132 d.C., durante il quale altri interventi adrianei di grande importanza (a cui
sono stati dedicati appositi approfondimenti) furono donati alla città e venne istituito il Panhelleion, una lega di città di fondazione greca la cui sede era proprio ad Atene a sottolinearne l’importanza culturale. Poiché, come scrive Costantinos Doxiadis, la città (o meglio lo spazio architettonico della civiltà greca) non è un organismo statico, ma dinamico che risente dei mutamenti e degli sviluppi politici ed economici che le condizioni temporali comportano, proprio per questo si è deciso di analizzare gli interventi sulla pendice sud e la valle dell’Ilisso nel lungo arco temporale che va da Temistocle ad Adriano dedicando a ciascuno apposite schede corredate di fotografie che ne testimoniano lo stato attuale e di tavole con piante, sezioni e prospetti (basate sugli studi Nicholas Stuart, James Revett, John Travlos) che ne ricostruiscono la forma e le decorazioni architettoniche.