16 07 2010 l'espresso

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Federalismo, tutto da rifare - L'Espresso

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Economia Federalismo, tutto da rifare

di Fabio Chiusi

Responsabilizzare le regioni può essere una buona idea. Ma solo con leggi severe per i politici che sperperano denaro pubblico e premi per gli enti locali ben gestiti che puntano sull'innovazione. Peccato che nel disegno del governo non ci sia nulla di questo. Parla il manager e saggista Francesco Delzio, autore de "La scossa" (16 luglio 2010) Francesco Delzio, 35 anni, barese di nascita, manager alla Piaggio, saggista e docente universitario, è considerato una dei giovani intellettuali italiani più interessanti e aperti al nuovo. Il suo ultimo libro "La scossa", è un atto d'accusa sul Sud Italia dimenticato ma anche sugli errori della classe dirigente del Mezzogiorno. Inevitabilmente, le tesi di Delzio sono entrate nel dibattito sul federalismo, aperto su L'espresso. All'inizio del suo libro, lei sostiene che il Sud non sia più capace di sognare. Dalla lettura del pamphlet si deduce chiaramente che ritiene impossibile sia il federalismo a colmare questo vuoto. Perché? «Il Mezzogiorno e i meridionali sono vittime oggi di una sorta di "rassegnazione etnica": non rischiano, non sognano, non ambiscono a un futuro diverso. Nel libro propongo una strategia-shock che può portare i "terroni" a sognare un futuro diverso. Ma con tutto questo, il federalismo non c'entra granché. Il federalismo c'entra invece, e molto, con l'altra gamba di una possibile rinascita del Mezzogiorno: la diffusione di un'etica della responsabilità nella gestione delle (ormai poche) risorse pubbliche, introducendo sanzioni draconiane contro politici e funzionari pubblici protagonisti di "mala gestio". Se il federalismo fiscale prevedesse l'ineleggibilità dei politici che hanno sperperato denaro pubblico e azioni di responsabilità civile automatiche nei confronti dei funzionari pubblici che si sono macchiati dello stesso peccato, potrebbe restituire fiducia e credibilità alla classe politica meridionale. Se introducesse meccanismi premianti per le regioni che intraprendono strade virtuose nella gestione dei servizi pubblici essenziali, dalla sanità ai trasporti, e se incentivasse le regioni che investono meglio le risorse per lo sviluppo dei territori, potrebbe spezzare la catena delle irresponsabilità che domina le scelte degli amministratori a Sud e incoraggiare la diffusione di comportamenti virtuosi. Ma temo che i decreti attuativi del federalismo fiscale non conterranno nulla, o quasi nulla, di tutto questo». Secondo Cacciari, il dibattito in Italia non riesce ad andare oltre il "talk show del federalismo"... «Cacciari ha ragione: siamo riusciti a trasformare un tema politicamente e tecnicamente complesso come il federalismo fiscale in una specie di partita di calcio, con tanto di tifoserie contrapposte e slogan da stadio». Il Sud sempre più separato dal resto d'Italia o semplicemente immobile? «Il criterio più solido da utilizzare (e che sarebbe temerario sostituire) è quello della ricchezza prodotta: nel 1951 a Sud veniva prodotto il 23,9 per cento del PIL nazionale, nel 2008 il 23,8 per cento. Negli ultimi 60 anni c'è stato un sostanziale immobilismo nei rapporti tra Sud e Centro-Nord, con un deterioramento della competitività dell'economia meridionale negli ultimi dieci anni e con l'aggravante che a nulla sono serviti trasferimenti aggiuntivi di spesa pubblica a Sud per circa 350 miliardi di euro. La secessione Nord-Sud è invece già avvenuta, silenziosamente, sul terreno dei servizi pubblici essenziali. La durata media dei procedimenti civili a Sud è di 1200 giorni contro i 750 del Centro-Nord, mentre per le cause di lavoro occorrono 1000 giorni al Sud contro 500 al Centro-Nord. Le famiglie meridionali che denunciano irregolarità nella distribuzione dell'acqua sono il 21,8 per cento contro il 9 per cento nel Centro-Nord, negli ospedali i ricoveri in strutture di un'altra ripartizione geografica sono nel Mezzogiorno sei volte superiori al resto del Paese. Rispetto ai servizi pubblici, è come

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parlare di due Paesi diversi: dove è finito il principio di uguaglianza dei cittadini di fonte alla legge sancito dalla Costituzione?» Ma il sì o il no al federalismo è solo una questione di costi? «No. Anzi: concentrare il dibattito sui costi standard della sanità vuol dire non cogliere il punto-chiave del federalismo fiscale, perché la loro introduzione risponde semplicemente ad un criterio di "buon senso economico". E' molto più importante affrontare il tema delle spese regionali per lo sviluppo, che secondo la legge-delega saranno ridefinite in base alla capacità fiscale pro capite degli abitanti di ogni Regione. Ciò significherà abbattere i budget delle regioni meridionali, che diventeranno semplicemente i gestori di una rete di ospedali senza avere più alcuna leva per promuovere l'imprenditorialità, l'innovazione, la ricerca, la competitività dei sistemi produttivi locali». federalismo | Francesco Delzio © RIPRODUZIONE RISERVATA

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