Studio I‐Com per La Scossa LA SCOSSA FISCALE. MENO EVASIONE, PIÙ SVILUPPO
MARZO 2012
L’impatto dell’evasione fiscale Studio I‐Com per La Scossa
Indice EXECUTIVE SUMMARY ................................................................................................................. 1 1. Fotografia della pressione fiscale e stima dell’evasione: Italia vs. Europa .................................. 3 2. La stima del possibile impatto sulla pressione fiscale dell’allineamento del tasso di evasione italiano con la media UE .................................................................................................................. 100 3. Le 2 proposte per una “Scossa fiscale”....................................................................................... 14 ¾ Diminuzione di aliquote e scaglioni IRPEF............................................................................ 14 ¾ Diminuzione dell’aliquota IRES, con fiscalità di vantaggio per le PMI ................................ 17 Bibliografia ........................................................................................................................................ 20
EXECUTIVE SUMMARY Lo studio “La Scossa Fiscale. Meno evasione, più sviluppo”, condotto da I-Com, Istituto per la Competitività, per La Scossa, si pone l’obiettivo di simulare i possibili benefici derivanti dal recupero dell’evasione per cittadini e imprese nel caso in cui l’intero gettito aggiuntivo sia destinato alla riduzione della pressione fiscale e in particolare delle tre principali imposte dirette (IRPEF, IRES e IRAP). Qualora il tasso di evasione italiano si allineasse con quello medio europeo e il cosiddetto “tesoretto”, pari a 54 miliardi di euro, fosse impiegato per ridurre le tre imposte, in proporzione al loro rispettivo peso attuale sulle entrate complessive, l’aliquota media dell’IRPEF potrebbe scendere dal 26,9% al 20,9%, quella dell’IRES dal 27,5% al 21,4%, quella dell’IRAP dal 3,9 al 3%. La pressione fiscale totale, che nel 2010 era pari al 43%, calerebbe al 38,4%, riportandoci a livelli di poco superiori a quelli di Germania e Regno Unito (mentre oggi siamo il quarto Paese OECD nella classifica dei più tartassati e ci stiamo avviando a diventare il terzo, superando anche il Belgio). Nell’ultima parte del paper I-Com per la Scossa, viene stimato il possibile impatto di due proposte che, pur prevedendo una riduzione per tutti delle aliquote IRPEF e IRES, beneficiano in particolare la classe media e le piccole e medie imprese, nella convinzione che queste categorie siano il vero motore dello sviluppo italiano. Senza il loro contributo, sarà difficile immaginare un’autentica e duratura prospettiva di ripresa sia dal lato della produzione che dei consumi. Per l’IRPEF, si ipotizza il passaggio a un sistema incentrato su tre aliquote (19% fino a € 28.000, 29% da € 28.000 a € 75.000 e 41% oltre € 75.000), rispetto alle 5 attuali, che porterebbe a risparmi di oltre € 2.000 all’anno per i contribuenti con reddito imponibile di € 35.000, di circa € 3.500 per chi guadagna € 50.000, di circa € 6.000 per chi ha un reddito di € 65.000 e di quasi € 8.000 per chi dichiara € 85.000. Nella stessa logica, con le risorse rese disponibili dal recupero del gettito evaso, si propone il passaggio a un regime IRES che rispetto all’attuale (aliquota unica del 27,5%), preveda un’aliquota del 18% per le imprese fino a 5 milioni di fatturato annuo e del 23% per quelle sopra questa soglia (ipotizzando a corredo una serie di misure che contrastino l’eventuale elusione e che al tempo stesso non scoraggino la crescita dimensionale delle imprese). A regime, un’impresa con meno di 5 milioni di fatturato e con un utile di € 100.000 potrebbe risparmiare ogni anno € 9.500 (cioè il 34,5% di quanto paga attualmente allo Stato), una con un utile di € 500.000 potrebbe versare € 47.500 in meno. Più contenuti in percentuale ma ingenti in termini assoluti i risparmi per le imprese di dimensione maggiore (chi ha 30 milioni di utile potrebbe trattenere € 1.350.000 in più, l’equivalente dello stipendio medio di 72 operai metalmeccanici di IV livello).
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Naturalmente, si immagina che il percorso di queste due riforme decisive dell’attuale sistema fiscale sia graduale, avvenendo nell’arco di 5 anni, periodo di tempo nel quale è realistico e per certi versi necessario pensare che il sistema Italia raggiunga livelli di evasione in linea con quelli europei (passando dall’attuale 26% di mancato gettito, stima della World Bank rielaborata da I-Com, al 15,4%). Sarebbe però importante, in una fase congiunturale e strutturale di grave difficoltà economica, che il Governo potesse dare appena possibile segnali tangibili e precisi sull’entità prevista del tesoretto e sulla sua destinazione a beneficio di cittadini e imprese. Naturalmente senza pregiudicare il cammino verso il pareggio di bilancio né facendo promesse che non si è in grado di mantenere. Ma neppure sprecando la straordinaria opportunità per ridurre la pressione fiscale senza dover diminuire servizi pubblici essenziali o altre voci di spesa necessaria (come salari e stipendi ai dipendenti pubblici), in attesa che l’annunciata spending review permetta di comprimere gli sprechi e di aumentare l’attuale livello di efficienza. Essendo state elaborate in una prospettiva statica, le stime presentate nello studio potrebbero rivelarsi prudenziali perché non includono due effetti che potrebbero verificarsi in seguito alla diminuzione della pressione fiscale: • il maggior gettito derivante dal maggiore dinamismo del sistema produttivo nazionale che una diminuzione della pressione fiscale dovrebbe generare e che si tradurrebbero in maggiori entrate, a parità di aliquote; • il minore incentivo ad evadere derivante da una minore imposizione (e da una maggiore equità percepita dai contribuenti, che come hanno dimostrato numerosi studi empirici è un fattore decisivo nell’indurre una maggiore compliance fiscale). In una prospettiva dinamica, dunque, si potrebbe immaginare, grazie al recupero dell’evasione, un circolo virtuoso che in ultima analisi potrebbe portare ad un alleggerimento fiscale ancora maggiore di quello qui immaginata, a parità di gettito, nel contesto di una società più ricca e più giusta. Cosa aspettiamo a tradurre queste simulazioni, che in qualsiasi Paese avanzato e ambizioso rappresenterebbero il contenuto minimo del contratto sociale tra Stato e cittadini onesti, in realtà?
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1.
Fotografia della pressione fiscale e stima dell’evasione: Italia vs. Europa
L’analisi dell’evoluzione dei regimi fiscali negli ultimi quarant’anni evidenzia come la pressione fiscale in Europa sia aumentata in modo sostanziale. Nella Tabella 1 sono mostrati i dati OECD sulla pressione fiscale nei Paesi dell’Unione Europea pre-allargamento relativi al 1964 ed al 2010 e la misura della loro variazione nel tempo. I dati mostrano come l’Italia sia ormai la quarta nazione per pressione fiscale con il 43% di tassazione rispetto al PIL, dopo Danimarca, Svezia e Belgio. Il dato però ancora più eclatante è quello relativo alla differenza tra la pressione fiscale registrata nel 1964 e quella del 2010, dove per l’Italia si osserva un aumento di 17,5 punti percentuali, secondo solo alla Danimarca. Nello stesso periodo, per metà degli altri Paesi considerati (tra i quali, Francia, Germania e Regno Unito), l’aumento è stato inferiore al 10%. In fondo alla classifica, c’è l’Irlanda con una pressione fiscale pari al 28% del PIL, solo il 3,1% in più rispetto a quasi cinquanta anni prima. Tabella 1: La pressione fiscale in Europa
Fonte: OECD * il dato relativo all’Olanda si riferisce al 2009
Nella Figura 1 si può apprezzare l’andamento della pressione fiscale tra il 1964 ed il 2010 per Francia, Germania, Italia e Regno Unito. Nel 1964, in pieno boom economico, l’Italia vantava una pressione fiscale inferiore di più di 10 punti percentuali a quella dei tre principali competitor europei. Dalla Figura emerge che questa posizione di vantaggio non solo per i cittadini ma anche per le imprese sia stata bruciata prevalentemente durante gli anni ’80. Negli ultimi venti anni,
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mentre il fisco f degli altri a tre Paeesi si è accoontentato di d consolidarre la posiziione raggiun nta, solo inn Italia ha coontinuato a drenare risoorse dall’ecconomia priivata. Non sarà s certo l’’unica ragio one dietro ill declino itaaliano ma non n appare casuale chee da metà degli anni Novanta add oggi la performancee economicaa dell’Italia sia stata decisamente d e la peggiorre del quarttetto. Se pooi, ai dati descritti d nell grafico, agggiungiamoo una qualittà dei serviizi offerti dallo d Stato italiano m mediamente inferiore a quella deglli altri Paesii e, dato chee nel PIL si tiene conto o dell’econoomia sommeersa stimataa, un livelloo di pressionne fiscale efffettiva per i cittadini onnesti che seecondo alcunne recenti sstime1 è ogg gi intorno all 52% e potrrebbe raggiuungere il 544% nel 20144. F Figura 1: An ndamento della d pressiione fiscalee nei big4 eu uropei dal 1964 al 201 10
Fonte: OE ECD
c hannoo rilevato annche alcuni studi empiirici sulla prropensione ad evaderee D’alttro canto, come in Italia (C Cannari e D’Alessio, D 2007), l’eviddenza semb bra suggerire una correelazione significativa a livello spaaziale e terrritoriale traa il livello della presssione fiscalle e la scarrsa qualità dei servizii pubblici daa un lato e dall’altro d l’iincidenza deell’evasionee. Per stimare s l’evvasione, occcorre prima stimare l’ev vasione som mmersa (in altre parolee l’evasionee fiscale è calcolata sulla s base della manncata impo osizione fisscale sull’eeconomia sommersa). s L’evasionee fiscale è infatti i definnita dalla leetteratura ecconomica coome il risulltante delle operazionii volte a riddurre il paggamento delle impostee attraverso la falsa diichiarazionee dei dati relativi r allee grandezze soggette a tassazione. t In parole seemplici, perr evadere occcorre truccaare la base imponibile, i , riducendolla se non adddirittura annnullandola del tutto.
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Fonte: CGIA A di Mestre (settembre 201 11)
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L’economia sommersa può essere definita e circoscritta attraverso diverse modalità ma sostanzialmente è l’insieme delle attività economiche legali, che vengono consapevolmente nascoste alle autorità pubbliche, al fine di evitare: • Il pagamento delle tasse relative al reddito, valore aggiunto o altre. • Il pagamento dei contributi pubblici e sociali. • Il rispetto di determinati standard imposti al mercato del lavoro, come salari minimi, limiti orari, e obblighi di sicurezza. • Il rispetto di determinate procedure amministrative come questionari statistici ed altri. La stima dell’entità dell’economia sommersa è una delle grandezze economiche più ardue da computare, e lo è ancora di più se si vuole mantenere l’omogeneità delle variabili considerate, al fine di consentire un confronto internazionali tra diversi paesi. Nei paesi facenti parte dell’Unione Europea, ad esempio, l’economia sommersa deve essere considerata nella stima del Prodotto Interno Lordo, ed il suo calcolo è sottoposto ai criteri stabiliti dal Sec952 al fine di consentire la comparabilità tra i diversi Stati Membri. Il sistema attualmente in vigore è però in discussione poiché secondo l’analisi degli stessi istituti deputati alla stima non considera al suo interno alcune variabili importanti per valutare il valore dell’economia sommersa (per maggiori dettagli si rimanda al BOX1: “L’economia sommersa in Italia secondo l’ISTAT”). Ai fini di questo studio, dovendo comparare la situazione italiana con quella degli altri 14 Paesi dell’Europa pre-allargamento3, si è preferito ricorrere alla stima effettuata a livello sovranazionale dalla World Bank, nell’ambito del gruppo di ricerca su Poverty & Inequality. In una ricerca pubblicata nel 20104, tuttora il punto di riferimento principale della letteratura sul fenomeno a livello mondiale, è stata stimata l’economia sommersa dal 1999 al 2007 in 162 paesi, attraverso una comune metodologia econometrica, al fine di permettere una comparazione tra i diversi risultati. Per l’elaborazione della stima sono state considerate delle variabili che concorrono all’aumento dell’economia sommersa come il tasso di crescita del PIL o che sono un risultato della sua variazione come il tasso di crescita della forza lavoro o il tasso di liquidità della moneta. Gli indicatori utilizzati possono dunque essere suddivisi in: • Indicatori Monetari: M0/M1 per misurare la porzione di moneta circolante in rapporto alla moneta liquida. • Indicatori del Mercato del Lavoro: il tasso di partecipazione della forza lavoro e il tasso di crescita della forza lavoro. • Stato dell’Economia Ufficiale: il tasso di crescita del PIL pro capite. Sulla base delle elaborazioni svolte dalla World Bank per gli anni tra il 1999 ed il 2007, ICom ha realizzato una stima dell’economia sommersa nel 2010 per i paesi membri dell’Unione 2
Sistema Europeo dei Conti Regolamento 2223/96 dell’Unione Europea Si è preferito restingere l’ambito della comparazione ai 15 Paesi dell’Europa pre‐allargamento perché gran parte dei Paesi entrati nell’ultimo decennio hanno regimi fiscali che risentono tuttora in maniera significativa dell’esperienza comunista maturata nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, che li rendono di fatto ancora distanti da quelli dell’Europa occidentale 4 Schneider F., Buehn A. e Montenegro C.”Shadow Economies all over the world”, World Bank Policy Research Working paper, July 2010 3
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Europea a 15, utilizzando una proxy che considera il tasso di crescita dell’occupazione e del PIL pro capite nell’arco temporale considerato, ottenendo i valori mostrati nella Tabella 25. Utilizzando i dati OECD relativi alla pressione fiscale nei 15 Paesi UE considerati, è stato così possibile stimare l’evasione fiscale nell’Unione Europea a 15 nel 2010. Da tale stima risulta che l’Italia è il primo Paese UE15 per evasione fiscale con il 26%, seguita dalla Grecia, che pur avendo una maggiore percentuale di economia sommersa ha un’evasione fiscale inferiore grazie alla minore pressione fiscale. I paesi più virtuosi risultano essere l’Austria, con un’evasione fiscale pari all’8,2% e il Lussemburgo con l’8,9%, a fronte di una media dell’Unione Europea esclusa l’Italia (e denominata d’ora in avanti UE15-1) del 15,4%. Il primo obiettivo di questo studio è quello di indagare quale potrebbe essere l’impatto sul gettito fiscale, in termini di risorse aggiuntive, derivante dall’allineamento dell’Italia con i tassi di evasione dei paesi dell’Unione Europea e, sulla base dell’extra-gettito, quali riforme fiscali potrebbero essere realizzate.
Tabella 2: Stima dell’evasione fiscale nell’UE15
Fonte: Elaborazione I-Com su dati World Bank, OECD, Eurostat e Banca d’Italia *Stima I-Com
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Altri studi molto recenti sul tema, come quello di Murphy, R. “Closing the European Tax Gap”, Tax Research UK, 2012, si accontentano invece di applicare la stima della World Bank del 2007 a variabili economiche di anni successivi, senza alcun aggiustamento.
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Nel prossimo paragrafo verrà calcolato il possibile aumento delle entrate fiscali nel caso di allineamento del tasso di evasione italiana con quella dell’Unione Europa a 15-1 (escludendo quindi l’Italia dal calcolo della media)6. Dall’aumento del gettito generato, una volta scorporati i contributi previdenziali,7 sarà possibile prevedere un abbassamento delle aliquote delle imposte dirette, a beneficio dei contribuenti. Nell’ultimo paragrafo, si tenterà di allontanarsi della mera suddivisione omogenea del maggiore gettito sulle tre principali imposte dirette per proporre riforme che avvantaggino soprattutto la classe media, nel caso dell’IRPEF, e le piccole e medie imprese, nel caso dell’IRES, al fine di innescare un circolo virtuoso dia dal lato dell’offerta (maggiore produttività e capacità competitiva) che dal lato della domanda (più consumi).
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In un contesto statico, cioè assumendo che a parte i fattori considerati tutti le altre variabili coinvolte rimangano immutate. 7 Per una migliore definizione dell’operazione e le motivazioni di queste scelte si rimanda al prossimo paragrafo.
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BOX: L’economia sommersa in Italia secondo l’ISTAT
All’interno delle elaborazioni degli aggregati economici annuali, come ad esempio il Prodotto Interno Lordo, l’ISTAT formula annualmente una stima dell’economia sommersa secondo le regole stabilite dal Sec95, al fine di assicurare l’esaustività delle stime delle principali variabili di contabilità nazionale. L’ISTAT definisce l’economia sommersa come “quell’attività di produzione di beni e servizi che, pur essendo legale, sfugge all’osservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva”8. Secondo gli ultimi dati forniti dall’ISTAT relativi al 2008, l’economia sommersa in Italia oscillerebbe tra il 16,3 ed il 17,5% del PIL, dunque una proporzione inferiore rispetto a quelle risultanti secondo la metodologia utilizzata dalla World Bank e adottata da I-Com per la stima elaborata. Le ragioni sono da ricondurre alla metodologia utilizzata: il dato ISTAT è il risultato dell’allineamento dei microdati raccolti annualmente dall’istituto di statistica, mentre i dati World Bank risultano da una stima econometria, svolta su variabili di più ampia portata. In maggior dettaglio, l’elaborazione della stima ISTAT dell’economia sommersa avviene attraverso l’elaborazione di 3 tipi di stime: • Una stima del valore aggiunto rivalutato rispetto a quanto dichiarato dalle piccole e medie imprese, • Una stima del reale ammontare di input di lavoro, attraverso l’integrazione dei dati statistici ufficiali con i dati dell’occupazione non regolare elaborata sulla base di fonti alternative • La stima dell’effettivo valore degli aggregati economici, attraverso il bilanciamento della quantificazione delle risorse e degli impieghi a livello di settore economico La stima dei primi due aggregati è complementare, poiché la loro elaborazione per branche di attività economica permette di incrociare i dati per assicurarne la coerenza degli outcome. Infatti, la stima del reale tasso di occupazione per branca economica permette di calcolare i valori medi pro capite rilevati tramite le indagini sui conti delle imprese corretti per la sottodichiarazione. Per quanto riguarda la terza stima, invece, essa ha la funzione di rilevare la parte del valore aggiunto prodotto nascosta a causa di sovradichiarazioni dei costi o sottodichiarazione della produzione, e avviene, come detto, riconciliando, a livello di singolo settore, i dati dichiarati relativi all’offerta di beni e servizi prodotti con la domanda di input della produzione attraverso l’utilizzo delle tavole delle risorse e degli impieghi. Ferma restando la validità dei dati offerti dall’ISTAT, è stato acceso il dibattito dagli stessi
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Le attività che non ricadono all’interno del sommerso economico ma che devono essere considerate per una corretta stima dell’economia non osservata sono le attività illegali, la produzione del settore non formale e le attività non considerate a causa dell’inadeguatezza del sistema statistico.
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rappresentanti dell’Istituto sull’adeguatezza degli attuali sistemi di stima, e sulla possibilità di introdurre nuove metodologie di misurazione. Di recente un’analisi dell’ISTAT9 ha sottolineato come la stima così elaborata dell’economia sommersa non sia adatta ad essere utilizzata come presupposto per la stima dell’evasione fiscale, ovvero non coincida con una stima possibile della base imponibile evasa. Una delle principali cause di questa inadeguatezza sono da attribuire al fatto che nella definizione di economia sommersa dell’ISTAT sono considerati solo i flussi di produzione di beni e servizi e non vengono considerati gli aspetti di natura patrimoniale che sono invece fonti generative di base imponibile. Questo comporta dunque che, in base alla metodologia ISTAT non rientrerebbero nelle stime di base imponibile evasa, ad esempio, l’illecita esportazione di capitali all’estero oppure le transazioni immobiliari, registrate per valori inferiori a quello effettivo.
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Per i dettagli si rimanda al cosiddetto “Rapporto Giovannini” del Giugno 2011, il rapporto finale del gruppo di lavoro su “Economia non osservata e flussi finanziari”, presieduto dall’attuale Presidente dell’ISTAT.
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2.
La stima del possibile impatto sulla pressione fiscale dell’allineamento del tasso di evasione italiano con la media europea
Dai dati presentati fino ad ora risulta che l’Italia sia tra i paesi dell’Unione Europea con la pressione fiscale più elevata, e allo stesso tempo tra quelli con una maggior percentuale di evasione, inducendo a pensare che il sistema fiscale italiano sia in un circolo vizioso, che porta ad una eccessiva pressione sui contribuenti che già oggi pagano le imposte. Negli ultimi mesi il nuovo governo ha concentrato l’attenzione mediatica sulla lotta all’evasione, ma cosa accadrebbe se tale circolo vizioso venisse spezzato e fosse possibile diminuire la pressione fiscale attraverso il recupero dell’evasione fiscale? Tabella 3: L’evasione italiana in seguito all’allineamento con i tassi dei 3 maggiori Paesi europei e con la media UE15-1
Fonte: Elaborazione I-Com su dati World Bank, OECD, Eurostat e Banca d’Italia
Come già anticipato nel paragrafo precedente, nella Tabella 3 sono presentati i risultati che si otterrebbero in termini di aumento del gettito se il tasso di evasione italiano si uniformasse a quello dei maggiori paesi europei o alla media UE15-1. Dunque, se l’Italia avesse un tasso di evasione allineato a quello stimato per la Francia (pari al 13,3%) avrebbe un maggiore gettito del 12,7%, che equivarrebbe a maggiori entrate fiscali e contributive di circa 84 miliardi di euro (di cui 65 di natura tributaria, supponendo un tasso di evasione omogeneo per imposte e contributi). Questa cifra astronomica (pari a quasi il doppio dell’intero salva-Italia del Governo Monti) lieviterebbe ulteriormente qualora l’allineamento avvenisse con riferimento a Germania e Regno Unito. Nel resto dello studio, si prenderà però in considerazione soltanto il caso dell’allineamento con l’evasione media dell’Unione Europea a 15 meno l’Italia, che consentirebbe un maggior gettito complessivo di circa 70 miliardi di euro (di cui quasi 55 di natura tributaria). Questo comporterebbe, come riportato nella tabella 5, una diminuzione della pressione fiscale dal 43% al 38.4%.
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Tale maggior gettito g tribuutario conseeguente dall’allineamento dell’evvasione fiscale italianaa con il livelllo medio euuropeo potràà così esserre utilizzato per diminuuire le tre maaggiori imp poste direttee IRPEF, IR RES, IRAP, in proporzzione rispettto alla quotta di gettitoo a cui quesste contribu uiscono. Laa Errore. L'origine rifferimento non n è stataa trovata. mostra m la suuddivisione per voci di entrata dell totale dellee entrate delllo Stato. Suul totale deii circa 659 miliardi di euro provennienti dalla tassazione,, circa il 38% è derivaante dal getttito IRPEF, IRES ed IRAP. Il riimanente è dovuto all’’IVA, nellaa misura del 17%, ai contributi preevidenziali e sociali perr il 22% e da d una serie di altre imp poste, comee ad esempioo l’IMU, l’imposta suggli idrocarbuuri, i tabacch hi, il lotto eccetera. e 2 Entrate fiscali f secon ndo le magg giori voci di d imposta n nel 2010 Figura 2:
Fonte: Elaboorazione I-Coom su dati Dip partimento delle d Finanze
Ai fiini della nosstra analisi considerereemo solo le imposte diirette, ovverro le impostte calcolatee sulla base del redditto dei diveersi soggettti consideraati ovvero l’imposta sulle perso one fisiche,, l’IRPEF, l’imposta suul reddito deelle società,, l’IRES, e l’imposta regionale r suulle attività produttive,, l’IRAP. Nellaa Tabella sono s mostraati i potenziiali risultati dell’allineaamento delll’evasione italiana i alloo standard medio m europpeo, qualorra le magggiore risorsee venisseroo interamennte destinatee a ridurree proporzionnalmente le tre princippali impostte dirette. Considerand C do il gettitoo totale dellle impostee dirette sul reddito connsiderate, l’’IRPEF, contribuisce alla a formazione del 711%, l’IRES del 15% e l’IRAP dell 14%. Queesto comporrta che dei 54,7 5 miliard di di maggioore gettito, il 71% (€ 39 3 miliardi)) sarebbe deestinato allaa riduzione dell’IRPEF d , il 15% (€ 8 miliardi) a quella deell’IRES e il i 14% (€ 7 miliardi) a quella dell’IRAP.
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Tabella 5: 5 Il possib bile impatto sulle prin ncipali imp poste direttee dell’allineeamento deell’Italia con n il tasso dii evasione medio m dell’’Unione Eu uropea a 155-1
Fonte: Elaboorazione I-Coom su dati World W Bank, OECD, O Eurosstat, Banca d’Italia e Dipaartimento dellle finanze Nota:* i dati fanno riferimento alla pressiione fiscale compplessiva
Quessto comportta che se atttualmente l’’aliquota meedia effettivva IRPEF è pari al 26,9 9%, grazie alla diminuuzione del tasso t di evaasione e a parità p di alttre condiziooni, sarebbee possibile diminuirla d fino ad arriivare ad un’aliquota media m del 20,9%. Analo ogamente, peer quanto riiguarda l’IR RES, la cui aliquota è oggi pari all 27,5%, questa potrà essere e abbasssata al 21,44%. Infine aanche per l’IRAP, per minuzione cui a livelllo nazionale è calcolabbile un’aliqquota mediaa del 3,9%, sarà possibbile una dim fino al 3,00%. Grazie all’immissiione di queesti 54 miliiardi di eurro, derivantti dal magg gior gettito provenientte dalla diiminuzione dell’evasione, sarà possibile diminuire la pression ne fiscale complessivva dal 43,0% % al 38,4% del PIL. Nellaa Tabella viene indiccato il dettaaglio di com me varierebbbero le sinngole aliquo ote IRPEF.. L’aliquota sullo scaglione di reddditi tra 0 e 15.000 eu uro passereebbe dall’atttuale 23% al 18%, laa successiva sullo scagllione compreso tra 18.000 e 28.0 000 euro paasserebbe daal 27% al 21%, 2 per loo scaglione intermedio,, l’aliquota passerebbee da 38% a 30%, meentre per i redditi com mpresi tra i 55.000 e i 75.000 sceenderebbe dal d 41% al 32%, 3 ed inffine per i reedditi al di ssopra dei 75.000 euro,, l’aliquota sarebbe s del 34% al possto dell’attuale 43%.
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Tabella 6:: L’effetto sulle aliqu uote IRPEF F in caso di d suddivisioone omogeenea dell’au umento di gettito trib butario dalll’allineameento con il tasso di eva asione med dio dell’Uniione Europ pea a 15-1
Fonte: Elaboorazione I-Coom su dati Diipartimento delle d finanze
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3.
Le 2 pro L oposte per un na “Scos ssa fisc cale”: un na riforrma rad dicale dell’IRP d PEF e de ell’IRES S
Nel paragrafo p prrecedente è stato stimaato come un n eventuale allineament a to dell’evasiione fiscalee italiana al tasso t medioo registrato nell’Unionee Europea a 15-1 perm metterebbe dii diminuire il livello dii pressione fiscale f a paarità di getttito. Nella Tabella so ono state prresentate lee stime dellla possibilee diminuzionne proporzionale delle aliquote deelle maggiori imposte dirette d (IRP PEF, IRAP ed IRES) a parità di poolitica fiscale. Nellee prossime pagine avaanzeremo alcune a prop poste, che l’Associazioone La Sco ossa, con laa consulenzaa scientificaa di I-Com, vuole portaare all’atten nzione del diibattito al fi fine di prom muovere unaa riforma raddicale del siistema tribuutario, in favvore dei cetii medi e dellle piccole e medie imp prese.
¾ Dim minuzione di aliquote e scaglio oni IRPEF Per quanto q riguarda l’Impoosta sul Redddito delle Persone Fissiche, la dim minuzione del d numeroo di aliquotte, come più p volte proposto da diversi governi in passatoo, permetteerebbe unaa semplificazzione dell’aattuale regiime fiscale,, con effetti redistribuutivi importanti sopratttutto per lee classi di coontribuenti medie e meedio-basse. Si raggrupp perebbero infatti i in unn'unica classse le attualii due classi dei redditi più p bassi, crreando dunqque un unicco scaglionee per i reddiiti fino ai 28.000 euro,, e in’altra classe c i due scaglioni coompresi tra i 28.000 e i 75.000 eurro. Tabellla 7: La dim minuzione delle d aliquoote IRPEF
F Fonte: Elaborrazione I-Com m su dati Dip partimento deelle finanze
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Sullaa base dellee stime svoltte nel paraggrafo preced dente relativvi al guadaggno di gettiito generatoo dall’allineaamento del tasso di evvasione italiiano con al media delll’Unione euuropea a 15-1, sarebbee possibile una u strutturrazione dellle aliquote IRPEF seco ondo lo schhema preseentato nella Tabella 7. Ricordandoo dunque laa presenza di una “no tax area”, ovvero eseente da tasssazione IRP PEF, per unn 10 valore parri a fino 7.500 euro per p i redditti più basssi , i reddiiti fino a 228.000 euro o sarebberoo sottoposti ad un’aliquuota del 19% %. Questo comportereebbe una diiminuzione delle aliqu uote del 4% % per i redditti sotto ai 15.000 euro e del 9% peer i redditi fino f ai 28.0000. Per la nnuova classee di redditoo tra i 28.0000 ed i 75.0000 euro l’alliquota diveerrebbe del 29% 2 con unna diminuziione del 9% % rispetto all regime attuuale per i reedditi tra i 28.000 2 ed i 55.000 euro o e del 12% % per quelli al di sopra dei 55.0000 euro. Moltto più conteenuta la dim minuzione prroposta per i redditi al di sopra deei 75.000 eu uro, ai qualii verrebbe appplicata un’’aliquota deel 43% conttro l’attuale 41%. Per una u miglioore comprennsione delll’impatto deella propossta rispetto al sistemaa attuale, è doveroso ricordare r chhe i contribbuenti non pagano le imposte appplicando l’’aliquota deella propriaa classe su tuutto l’imponnibile bensì pagano un’aliquota diiversa per ciiascun scagglione. Quin ndi, facendoo l’esempio del nuovo regime r fiscaale propostoo, i contribu uenti che diichiarano unn imponibille superioree a 75.000 euro e pagherranno il 199% per i prrimi 28.000 0 euro di im mponibile, il 28% suii successivii 47.000 eurro (ovvero il i reddito coompreso traa i 28.000 e i 75.000 euuro), ed infiine l’aliquota massimaa del 41% verrà v appliccata solo suul reddito ecccedente i 75.000 euroo. Questo m meccanismo o comportaa ovviamente che i conntribuenti delle d classi di reddito superiori beneficiano b o delle dim minuzioni dii aliquote deelle classi dii reddito infferiori. Tabellaa 8 Il possib bile sentiero di transizzione delle aliquote IR RPEF
Fonte: Elaaborazione I--Com su dati Dipartimentto delle finanzze
mento dell’evvasione fisccale media dell’UE15--1 non posssa avveniree Ipotiizzando chee l’allineam con la baccchetta maggica in un singolo annno fiscale, e allo stessso tempo immaginan ndo che unn 10
L’ampiezzaa della “no tax area” varia tra i 0 e i 7.500 euro, poicché il suo valo ore è uguale aal prodotto di 7.500 per un n indice che è il risultante d della differenzza tra 33.500 eed il reddito d della persona fisica, fratto 26.000 (e di ffatto uguale a 0 euro. 1, per i reddiiti pari a 7.500
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abbassameento delle aliquote poossa diminnuire l’inceentivo all’eevasione (ee dunque favorire f unn accelerazioone del proocesso di coonvergenza)), nella Tab bella 8 vienne proposto un possibiile piano dii transizionee dal vecchiio al nuovo regime fisccale in un arrco temporaale di 5 annii. L’obiettiv vo del pianoo di transizioone è quelloo di distribuuire la dimiinuzione delle aliquotee tra le diverse classi di d reddito inn modo il piùù possibile omogeneo. o Per dare d una miglior m perccezione delll’effetto ch he l’implem mentazione ddi tale poliitica fiscalee nella Tabeella 9 sono state presee ad esempiio alcune categorie di lavoratori, utilizzando o il redditoo medio annuuo dichiaratto (secondoo gli studi dii settore nell caso dei laavoratori auttonomi e le rilevazionii ISTAT nell caso dei laavoratori dippendenti). Sulla S base di d tale redditto è stata stiimata l’imp posta pagataa con il regim me fiscale attuale a e quuella potenziiale che sarrebbe versatta con il reggime propossto, a paritàà di altre conndizioni (add esempio, detrazioni, d d deduzioni, ecc.). e Sulla base di tali stime è staato simulatoo e, per magggiori chiareezza esposittiva, è stataa il risparmioo potenzialee di tale cattegorie di contribuenti c calcolata anche a l’aliqquota mediaa potenzialee pagata, peer poter connsiderare annche l’impaatto causatoo dalla preseenza o menno della “noo tax area”” e lo scosttamento tra aliquota m media e marrginale. Nee risulta quinndi ad esem mpio che unn operaio metalmeccan m nico di 4° livvello, che gguadagna an nnualmentee circa 18 mila m euro all’’anno, che in i media paaga un’IRPE EF di quasi 3 mila euroo, risparmieerebbe circaa 480 euro all’anno, a e l’aliquota l m media a cui sarebbe sotttoposto sareebbe del 133%. Un giorrnalista chee ha un redddito medio annuo di 51 5 mila eurro, e che paga p circa 15 1 mila eurro di IRPE EF all’anno,, potrebbe riisparmiare annualment a te 3.556 eurro. L’osservazione dell’andam mento dell’aaliquota med dia potenziaale al cresccere del red ddito medioo d una migglior rappressentazione della progrressività dellla regime ddi imposizione IRPEF F percepito dà proposto. Il I notaio chee guadagnaa in media più p di tre vo olte il professsore univerrsitario risp parmierebbee in termini assoluti soltanto il 400% in più. Lo L stesso per p il dirigeente privato rispetto al professoree universitarrio (a frontee di maggioori guadagnni di poco più p di 20.0000 euro si ttraduce risp parmierebbee solo 350 euuro in più). Taabella 9 Laa stima dei possibili riisparmi perr diverse caategorie di contribuen nti
Fonte: Elab borazione I-C Com su dati su s dati Diparrtimento dellee finanze, IST TAT e CNU
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¾ Dim minuzione dell’aliquo ota IRES, ccon fiscalitàà di vantagggio per lee PMI Oltree all’intervvento sul regime r fisccale dell’IR RPEF, si propone p unna riforma dell’IRES,, l’imposta sul s reddito delle societtà, altrettannto radicale (sia pure inn forma divversa). In questo q caso,, l’alleggerim mento avveerrebbe introoducendo unna forma dii progressivvità oggi asssente, discriiminando lee imprese inn base al faatturato annnuale e allenntando la pressione p fisscale in parrticolare sulle impresee piccole e medie. m Un’ippotesi com mpatibile conn il gettito recuperato stimato neel paragrafoo precedentte (pari a 8 miliardi neel caso dell’’IRES) è quuella presenttata nella Tabella T 10, dove d alle im mprese con un u fatturatoo minore di 5 milioni di d euro si applichereb a bbe un’aliqu uota del 18% mentre a quelle ch he fatturanoo annualmennte più di 5 milioni di euro l’aliquota saalirebbe al 23% (com munque quaasi 5 puntii percentualii in meno di quanto paggano oggi). Tabeella 10: L’eeffetto sull’’ IRES dellla diminuziione delle im mposte dirette italian ne
F Fonte: Elaborrazione I-Com m su dati Dipa artimento deelle finanze
me nel casoo dell’IRPE EF, nella Tabella T 11 viene prooposto un possibile sentiero dii Com adattamentto delle veecchie aliquuote IRES al nuovo regime fisscale con ddue diversii scaglioni,, assumendoo anche quii un recupeero gradualle dell’evassione. Il proospetto preesentato nellla Tabella,, ipotizza, come nel caso precedennte, un proccesso che duri d complessivamente 5 anni perr arrivare all regime prooposto. Dunnque le aliqquote diminuuiranno il primo p anno dal 27,5% al 27%, a prescindere p e dalle dimensioni dell’’azienda, e dal secondoo anno, al 25% 2 per le imprese i conn un fatturaato inferioree ai 5 milionni di Euro, e al 26% per p le rimannenti. Per lee imprese con c un fattuurato al di sopra s dei 5 miliardi dii euro, verrrà diminuitaa l’aliquota di un puntto all’anno per i 5 annni, fino ad arrivare add un’imposizzione del 23% sull’utiile. Per le imprese i con n un fatturaato inferioree ai 5 milio oni di euroo all’anno, al a terzo annoo verrà appllicato un’aliiquota del 22%, 2 al quarrto del 20% % ed infine del d 18% dall quinto in avanti. a
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Tabellaa 11: Il posssibile sentieero di transsizione al nuovo n regim me IRES
Fonte: Elab borazione I-Com su dati Dipartimento D delle finanze
Nellaa Tabella 12 sono preesentati i rissultati esem mplificativi dell’effetto che l’intro oduzione dii queste nuoove aliquotee potrebbe generare suulle imposte IRES paggate annuallmente dallee società. I dati mostraano delle ipotetiche impprese, la lorro collocaziione al di sootto o al di ssopra della soglia s dei 5 milioni di euro di faatturato, l’ippotetico utiile imponib bile generatto da tali ssocietà, l’im mposta chee avrebbero pagato conn un’aliquotta al 27,5% %, l’impostaa che pagheerebbero conn la nuova aliquota dii competenzza, ed il rispparmio annuuo ottenibilee rispetto allla situazione attuale. Tabellaa 4: La stim ma dei possiibili risparm mi per diveersi tipi di iimprese
Fonte: Elab borazione I-Com su dati Dipartimento D delle finanze
r che le piccole e medie im mprese con un fatturatto inferiore ai 5 milio oni di Euroo Ne risulta risparmiereebbero l’equuivalente deel 9,5% del proprio utile annuo. Innfatti un’im mpresa con un u utile parii a 100 milaa euro passserebbe da un’IRES pari a 27.500 euro a 188.000 euro, mentre queella con unn utile imponnibile di 5000 mila eurro, potrebbee versare 90 0.000 euro anziché 1355.000 euro.. In terminii percentualii si tratterebbbe di un rissparmio dell 34,5% risp petto alla sittuazione odiierna.
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Un’ipotetica impresa che avesse un fatturato superiore alla soglia dei 5 milioni e dichiarasse un utile di 550.000 euro passerebbe da un’imposta IRES di 550.000 euro a 460.000 euro, con un risparmio di 90.000 euro (in termini relativi poco più del 16% rispetto alla situazione attuale). L’introduzione di un regime differenziato per soglia di fatturato potrebbe ovviamente generare alcune criticità. Da un lato infatti, si può rilevare un disincentivo alle aziende ad aumentare il volume d’affari a parità di utile a causa della presenza di un’aliquota superiore. Dall’altra si potrebbe creare l’incentivo per le aziende con un fatturato superiore al valore soglia identificato ad effettuare degli spin off o altre operazioni societarie al fine di spezzettare il fatturato in realtà inferiori alla soglia al fine di essere soggetti in tutto o in parte all’aliquota più bassa. Per ovviare a questo genere di inconvenienti occorre prevedere alcune condizioni, come ad esempio le seguenti: •
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Per le imprese che varcano la soglia dei 5 milioni di fatturato, si continuerebbe ad applicare per i successivi 5 anni l’aliquota più bassa, così come per le imprese che scendono sotto il valore soglia si continuerebbe ad applicare per alcuni anni l’aliquota più elevata; Nel caso di spin-off aziendali di imprese di dimensione superiore a 5 milioni di euro, dovrà essere applicata l’aliquota più elevata anche per il soggetto con fatturato inferiore a 5 milioni di euro; Per i gruppi societari rileva il bilancio consolidato di gruppo piuttosto che quello della singola azienda ai fini dell’aliquota.
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