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L’ILLUSIONE DELLA GRAVITA’
L’ILLUSIONE DELLA GRAVITA’
Nei primi anni ‘60 del Novecento, i sovietici erano i leader dell’ esplorazione spaziale. L’architetto sovietico Galina Balashova, nata nel 1931, è stata la prima progettista di interni per capsule spaziali. Nel 1963 venne trasferita nel dipartimento di progettazione e costruzione di veicoli spaziali, contribuendo alla progettazione degli interni della MIR, la prima stazione spaziale modulare abitata perennemente, rimasta in orbita dal 1986 al 2001. Balashova fu il primo architetto a pensare alla progettazione dei nuovi spazi interni delle navicelle affrontando la problematica dell’assenza di gravità, tentando di ricreare la domesticità degli ambienti terrestri nello Spazio. Il suo lavoro è stato anche l’occasione per applicare i principi dell’architettura in luoghi in cui non erano stati utilizzati prima, perché appunto privi di architetture, con il tentativo di ricostruire lo spazio cartesiano in un ambiente in cui non c’è. L’architetto sovietico ideò una teoria molto semplice per progettare lo spazio senza gravità: ogni superficie sarebbe stata identificata attraverso un codice-colore, pavimento verde, soffitto blu-grigio, pa reti giallo chiaro, che avrebbe contribuito a sostituire con un’illusione la gravità terrestre. Gli astronauti in questo modo, abituati sulla Terra ad avere un piano cartesiano che li orientasse, avrebbero avuto meno probabilità di disorientamento all’interno del modulo abitativo. Nel caso della MIR il colore diventa quindi origine del sistema di riferimento, obbligando il corpo ad orientarsi in base ad esso, invece di lasciare che si orienti autonomamente in assenza di gravità. Per stimolare ulteriormente l’approccio con questo nuovo spazio e soddisfare le esigenze dei cosmonauti venne progettato anche l’arredo interno, seguendo come riferimento forme e disposizioni terrestri. Nei numerosi schizzi degli interni della MIR, lo spazio richiama fortemente uno stretto legame con la Terra e costringe chi lo abita ad essere vincolato a seguire quella disposizione: le sedute, il piano di lavoro, un divano per dormire, un armadio dotato di una libreria e un tavolo pieghevole, il tutto con una gamma di colori contrastanti destinati a migliorare l’orientamento umano a gravità zero. Nella ISS invece tutti i riferimenti sopra citati vengono eliminati stimolando il corpo ad un nuovo approccio con lo spazio: ogni attrezzo è collocato alle pareti per lasciare maggior spazio per il movimento all’interno dei vari moduli e si perde totalmente ogni punto di riferimento, non esistono più un sopra o un sotto e i corpi si dispongono in maniera inedita rispetto a noi, con la testa in giù oppure trasversalmente, assumendo come riferimento gli altri corpi presenti
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nell’ambiente.
L’illusione della gravità; acquerelli di Galina Balashowa, interni della MIR, 1963
DECOSTRUIRE LO SPAZIO CARTESIANO
Il voler seguire forzatamente un’impostazione terrestre, in uno spazio al di fuori dei canoni tradizionali, si contraddistingue rispetto agli interessanti sviluppi nei medesimi anni da parte della filosofia, matematica e delle scienze che tentavano di superare lo spazio cartesiano al quale si è rimasti vincolati. In architettura si cerca di sperimentare nuove soluzioni con la nascita del decostruttivismo, provando a infrangere il piano cartesiano, generatore dello spazio fino alla metà del XX secolo. Si creano nuovi ambienti apparentemente privi di geometria, asimmetrici e dissonanti: emergono la distorsione, la deformazione, il frastagliamento, la curvatura, lo stiraggio della forma portata al limite della rottura. La linea retta è sostituita dalla curva che si avvinghia in una spirale spinta nello spazio fino a penetrarlo. Tra le opere decostruttiviste contemporanee il centro culturale Heydar Aliyev a Baku, Azerbaijan di Zaha Hadid, è una delle più rilevanti.
“Ci si ritrova all’interno di un vortice solido fatto di materie morbide. Un’architettura organica: così come il corpo umano è morbido e solido, anche questa architettura mostra questa dualità” -Fabrice Bousteau Soffitti.
Pareti e pavimenti si prolungano in ondulazioni e torsioni fino a fondersi generando continuità. Questa architettura suscita un effetto di moltiplicazione delle prospettive, il corpo al suo interno si disorienta, la perdita dell’equilibrio e dei punti di orientamento è l’effetto più estraniante, causando anche vertigini. Questa corrente architettonica stimola anche l’utente a vivere in modo inedito ambienti innovativi.
“Percorrere questi ambienti è come un continuo fluire tra uno spazio e l’altro non ci sono barriere fra spazi: è un modo nuovo di vedere le cose” - Philiph Jodidio
Continuità tra parete, soffitto e pavimento. Zaha Hadid, Interno centro culturale Heydar Aliyev, Baku, Azerbaijan.