Musa

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Museo dell’acquedotto Leopoldino

MUSA


Filippo Pecorai | Francesco Polci


L’area di progetto si presenta come un ampio spazio libero definito da due importanti presenze, l’acquedotto Leopoldino

e il Purgatorio di Pian di

Rota; la morfologia del terreno è caratterizzata da una leggera depressione.

Il disegno del progetto si inserisce in maniera discreta nel contesto proponendosi come

un continuum

dell’acquedotto, valorizzando il declivio naturale e considerando il segno delle preesistenze.

Il Cisternino è definito dal semplice incastro di volumetrie pure e dalle proporzioni severe come se la semplicità del cubo o del cilindro possano meglio manifestare la funzionalità della cisterna.

Il prospetto posteriore diventa quindi un lungo muro privo di ogni aggetto decorativo segnato solo da un piccolo frontone che interrompe la sua continuità.



Il

coinvolgimento

emotivo

dell’architettura

di

Poccianti emerge nella purezza, nelle proporzioni e nella matematica del disegno del museo.

Il progetto è dettato da una rigida griglia basata sulla necessità di rispettare le dimensioni del Cisternino e sulla volontà di disegnare il canale in asse con la vasca di depurazione.

I due volumi del museo e il canale centrale, che si sviluppano in lunghezza, sono caratterizzati da una misura di 3,58 m e dal suo doppio, che segna anche la divisione degli spazi interni.



L’apparente

stereotomia

esterna

del

museo

è

contraddetta nella composizione della pianta dove l’alternanza di moduli pieni a moduli vuoti offre l’occasione di proporre situazioni e spazi modellati da luci differenti.

Il prospetto frontale del museo costituito da una lama di muro che si erige dal profilo del terreno è realizzato nella parte basamentale con una pietra arenaria e nella parte superiore da cemento armato faccia a vista.

Analogamente a quello del Cisternino è caratterizzato soltanto da un elemento dissonante, la porta di ingresso.



La porta è raggiungibile attraverso un percorso pedonale che si collega ai tracciati preesistenti.

Il taglio del canale è enfatizzato dal suo prolungamento attraverso le pavimentazioni che contribuiscono ad individuare prospettive diverse create dai due volumi del museo.

Il rispetto dell’identità del Luogo si ritrova nel disegno razionale dei percorsi che si collegano a quelli esistenti con rampe e gradonate mantenendone l’andamento.

Il museo viene protetto da filari di alberi posti parallelamente alle passeggiate definendo così uno spazio capace di relazionarsi a quello del Cisternino.


“Pasquale Poccianti e l’ acquedotto di Livorno” Dario Matteoni


“Che se un'opera manufatta estesa per dodici miglia di lunghezza giacente ora lungo vallate profonde, ora interrate nelle viscere delle montagne; fatta di tronchi distinti, elevati in tempi,con modi e sotto auspici diversi; ricorsa da un acqua corrente, per angoli diversamente formati diversamente combinati, diversamente declivi; ora di pareti laterizie,ora di docce di terra,marmo;ora aperte,ora chiuse.�

Pasquale Poccianti Lettera alla Segreteria di Finanze 1826













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