Acquisto Condiviso. Dal concetto di "mio" a quello di "nostro"

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Acquisto condiviso dal concetto di "mio" a quello di "nostro", attraverso la valorizzazione delle reti sociali esistenti.

tesi di laurea magistrale in ecodesign politecnico di torino

candidata:

Francesca rovarotti

relatore: prof. fabrizio valpreda


INDICE INTRODUZIONE

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ANALISI DELLO SCENARIO LO SPRECO DI RISORSE Le nostre case sono come discariche nascoste I motivi che ci portano all’accumulo Il valore effettivo legato agli oggetti Le conseguenze

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IL CONSUMO COLLABORATIVO COME SOLUZIONE La Sharing Economy I numeri della condivisione Il ruolo della proprietà nella storia Dal possesso alla condivisione

22 24 26 28

IL QUADRO ITALIANO La diffusione dell’economia collaborativa La regolamentazione normativa

32 35

IL PANORAMA DELLA CONDIVISIONE INTRODUZIONE AI CASI STUDIO Superfred Peerby Make It Travel Sharegrid Sharewear Bookcrossing Tobike Pumpipumpe Fablab Torino

40 42 44 46 48 50 52 54 56


Draughts Leila Bologna Intervista ad Antonio Berlaldi Casi studio speciali Intervista a Matteo Nobili

58 60 62 64 64

RIFLESSIONI SUI CASI STUDIO Confronto fra i casi - Introduzione Gli obiettivi dei casi studio Da una pratica occasionale a uno stile di vita I festival della condivisione Condivisione e Design Sistemico Il tema della fiducia Storie di condivisione

70 72 76 80 82 86 90

soluzione progettuale L’acquisto condiviso Introduzione al progetto I vantaggi dell’acquisto condiviso Uno strumento per l’acquisto condiviso Sondaggio d’interesse Requisiti di progetto MESAPRÜN - Il portale dell’acquisto condiviso Test di fattibilità Miglioramenti e funzioni aggiuntive

CONCLUSIONI ringraziamenti fonti appendice

94 96 104 105 111 114 124

135 137 138 142


Dedicato a te.

“Se riusciremo a risolvere i nostri conflitti, forse un giorno potremo vivere insieme in comunità. Ma non potrebbe essere esattamente il contrario? Se riusciremo a vivere in comunità, forse un giorno potremo risolvere i nostri conflitti.” M. Scott Peck

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INTRODUZIONE

La sharing economy è un fenomeno di rilievo che sta prendendo piede sempre più velocemente nella vita delle persone di tutto il mondo. In italiano si traduce con economia della condivisione, un pilastro portante della natura dell’uomo, che in qualità di animale sociale ha da sempre condotto un’esistenza basata sulla collaborazione con i suoi simili. I luoghi e servizi pubblici, i ristoranti, gli alberghi, i monasteri e le comunità di accoglienza: si tratta sempre di condivisione delle risorse. Non è un concetto nuovo, ma è nuovo il contesto attorno al quale si sviluppa, in cui le tecnologie digitali aprono scenari e possibilità impensabili in passato. Il termine sharing economy, tradotto anche con consumo collaborativo, trae in inganno, perché non si tratta di un fenomeno puramente economico, ma soprattutto sociale. La sfida più grande nella stesura di questa tesi è stata senza dubbio quella di riuscire a trovare le relazioni fra tutti gli aspetti, da quelli culturali a quelli psicologici, economici, ambientali e persino filosofici. Il punto di partenza è stato l’osservazione del contesto condominiale. Per definizione si tratta di una proprietà condivisa, ma all’interno di ogni appartamento, ciascun inquilino possiede oggetti simili, se non identici, a quelli dei vicini di casa. Si conducono vite separate, in cui il dialogo è ridotto al minimo e non vengo-

no valorizzate le relazioni. Anche la forma stessa dell’edificio non incentiva la conoscenza: le occasioni di incontro sono rare o addirittura circoscritte alle riunioni di condominio, in cui l’argomento principale di discussione riguarda la gestione delle spese ed è facile che generi controversie. Affrontando questo tema mi sono resa conto di quanto il consumo collaborativo necessiti e allo stesso tempo favorisca un cambiamento sociale e culturale. Il focus dello studio si è spostato allora sulle piattaforme di sharing per analizzarne e comprenderne i meccanismi e punti di forza. La loro funzione principale è quella di far incontrare la domanda con l’offerta, come avviene nell’economia di mercato. Diverse invece sono le dinamiche della comunità, tipiche dei Fablab, dei Gruppi di Acquisto Solidale e del Cohousing, anch’essi oggetto di studio. La partecipazione a eventi, quali il OuiShare Fest di Parigi e la manifestazione #IOCONDIVIDO di Milano, mi hanno permesso infine di padroneggiare meglio l’argomento e completare il quadro, guidandomi nell’ideazione di un progetto finale. Esso vuole essere una proposta che metta a frutto le informazioni e i principi raccolti nel corso dello studio, fornendo un nuovo scenario d’azione possibile.

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ANALISI DELLO SCENARIO LO SPRECO DI RISORSE In questa sezione verrà analizzato il problema dello spreco di risorse, le sue ricadute nella vita privata e quelle su scala mondiale. Il fenomeno verrà esplorato poi nelle sue origini e motivazioni.

Arredi e decorazioni, dischi e ricordini, fotografie e giocattoli raccontano di noi, danno corpo alla nostra memoria, senso e contesto alle nostre relazioni con gli altri. Con gli oggetti, acquistati o ereditati, ricevuti o trovati, allestiamo il teatro intimo della nostra esistenza. “Cose che parlano di noi, Daniel Miller”

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Le nostre case sono come discariche I motivi che ci portano all’accumulo Il valore effettivo legato agli oggetti Le conseguenze

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LE NOSTRE CASE SONO COME DISCARICHE NASCOSTE Panoramica e dati sul fenomeno degli oggetti inutilizzati e raramente utilizzati che popolano le nostre case con focus sui quantitativi.

Chi più, chi meno, ognuno di noi ha in casa oggetti che non utilizza o che usa solo raramente. Talvolta, rovistando nel ripostiglio, capita di imbattersi in un paio di scarpe che non si ricordava più di avere o in strumenti da cucina molto specifici che si sono resi utili solamente in una o due occasioni, per poi finire nel dimenticatoio. Sembra un problema di poco conto, ma in realtà i dati ci dicono che le nostre case talvolta diventano delle vere e proprie discariche di rifiuti “latenti”.

4,3 BORSE

Solo negli USA ci sono 53.000 capannoni adibiti allo stoccaggio di ciò che non serve più, il cui ingombro è di circa 2400 metri quadrati: più o meno come la superficie del Lussemburgo. In Italia ogni nucleo familiare accumula cose di cui non ha bisogno per un valore di 1.013 €, mentre negli armadi di tutta la Germania giacciono oggetti inutilizzati per un valore di 35,5 miliardi di €. 1

1. “Collaboriamo!” cap.1

2,5 milionI

OGGETTI INUTILIZZATI

INUTILIZZATE NEGLI ARMADI DELLE DONNE ITALIANE

E’ IL NUMERO DELLE POLTRONE INUTILIZZATE IN AUSTRIA

50% DELLE

17,5 FUMETTI

1,5PORCELLANE

FAMIGLIE POSSIEDE UNA MACCHINETTA DEL CAFFE’ CHE NON USA

IN MEDIA PER OGNI FAMIGLIA DI BELGI

INUTILIZZATE IN OGNI FAMIGLIA INGLESE (IN MEDIA)

(GERMANIA E SPAGNA)

10


30%

DISCARICHE NASCOSTE

degli oggetti

è utilizzato meno di

10 volte/anno

fonte: sondaggio https://docs.google.com/forms/d/1dcWoVrZK1hBedG7EI8M8uXf7he_1IXiecDaFoNALNp0/edit#responses

OGGETTI RARAMENTE UTILIZZATI

TESTATO PER ESSERE USATO

44,2% DELLE PERSONE

CHE SIGNIFICA CIRCA

50 H/ANNO

UN FERRO DA STIRO E’

250 H/ANNO 4-5 H/SETTIMANA

35% DEI PROPRIETARI DI

fonte: Altroconsumo

BICI, LA USA DA 1 A

10 VOLTE/ANNO

35%

il MASSIMO delle possibilità

la META’ delle possibilità

USO settimanale

USO scostante

LO USA MENO DI

USO occasionale

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UN QUINTO delle possibilità

44,2%


L’incapacità e la mancanza di volontà di liberarsi di oggetti poco o non utilizzati è un fenomeno di importanza notevole. Secondo uno studio condotto da Ebay, gli Italiani sono al primo posto in Europa: sono in media 85 gli oggetti inutilizzati nelle loro case. Ultimi sono gli Inglesi, che ne hanno solo 28. 2 Lo studio non parla dei motivi da attribuire a questo divario, ma è facile pensare che le cause risiedano in fattori culturali. Gli oggetti in testa alle classifiche sono le borse: in media ogni italiana ne ha 4 o 5 che giacciono senza scopo nell’armadio, e a seguire, fumetti e smartphone. Oltre a questi se ne evidenziano altri tra cui articoli per bambini, oggetti per la casa e la cucina, i capi d’abbigliamento per le occasioni speciali. Il primato per i fumetti però ce l’hanno i

Gli Inglesi invece, tradizionalmente affezionati al té delle cinque ed esperti nella lavorazione della ceramica, con 1,5 elementi in porcellana inutilizzati per famiglia, ne detengono il primato in Europa. Da un sondaggio effettuato fra 120 soggetti italiani ambosessi di età comprese fra i 19 e i 65 anni di età, sono emersi invece dati interessanti per quanto riguarda la frequenza di utilizzo. Gli oggetti scelti per l’analisi sono presenti mediamente in tutte le case italiane e sono stati selezionati fra quelli comunemente condivisi grazie agli stickers di Pumpipumpe, il caso studio nato in Svizzera di cui si parlerà a pagina 54. Essi sono l’asciugacapelli, l’aspirapolvere, la bicicletta, la bilancia pesapersone, il ferro da stiro, la macchina per cucire, il materassino gonfiabile, la pentola a pressione, la pompa per la bicicletta, il portapacchi da auto, la scala, la teglia per torte, la tenda da campeggio e il trapano. Ne è emerso che circa il 30% degli oggetti sopra citati viene utilizzato meno di 10 volte all’anno. Un ferro da stiro elettrico è testato per lavorare a massimo regime per 250 ore all’anno: il 44,2% degli intervistati lo sfrutta solamente un quinto delle sue possibilità, mentre il 50% solo la metà. Questo significa che per almeno la metà della popolazione potrebbe essere più conveniente acquistare un ferro da stiro in condivisione con altre persone, oppure prenderlo in prestito all’occorrenza. Solo il 44% degli intervistati utilizza settimanalmente la bicicletta, mentre il 35% non supera le 10 volte all’anno. Inoltre anche Daan Weddepohl, fondatore di Peerby (pag. 42), sostiene che un trapano venga utilizzato in media tra i 9 e i 17 minuti durante l’intera vita e circa l’80% degli oggetti solo una volta al mese. Anche in questo caso la condivisione può essere la scelta migliore.

ITALIA BELGIO AUSTRIA spaGNA irlandA francIA germanIA INGHILTERRA

100

80

60

40

20

0

85

da 28 a oggetti inutilizzati nelle case degli Europei fonte: Ebay

Belgi, con 17,5 numeri in media per ciascuna famiglia. In Germania e Spagna invece è di troppo una macchinetta per il caffé su due, mentre gli Austriaci non usano le poltrone: 2,5 milioni abbandonate nei salotti e nelle cantine della nazione.

2 Ricerca condotta da TNS Infratest per eBay nel 2012, condotta in Germania, Italia, Francia, Belgio, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna e Austria

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h t t p s : //d o c s . g o o g l e .co m /f o r m s /d /e / 1 FA I p Q L S e - N J O C j UA K D v Va 9 _ C 0 O I 4 x n V 8 O a Wn 7 kGTQ0z2Z8_2t67aWEw/viewform

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I MOTIVI CHE CI PORTANO ALL’ACCUMULO Indagine antropologica e psicologica sul tema dell’accumulo di oggetti.

I motivi per cui si tende ad accumulare e si esita a gettar via ciò che non si utilizza sono molteplici: entrano in gioco fattori sociali, culturali e psicologici. Da un lato la società dei consumi ci porta ad acquistare molto più di quello di cui abbiamo bisogno, e talvolta i media riescono a convincerci dell’estrema utilità di alcuni prodotti che in un secondo momento si rivelano assolutamente superflui. Inoltre gli oggetti scarsamente utilizzati sono molto spesso doppioni e varie versioni dello stesso articolo. Si pensi ad esempio alle bacinelle, ai contenitori, i cappotti, le scarpe, le stoviglie, le borse e le valigie. Non abbiamo bisogno di tutto quanto simultaneamente, ma di poter scegliere il prodotto più adatto per le differenti situazioni.

Una maggiore scelta è sinonimo di maggiore libertà e comfort. Poi ci sono le mode, che ci portano ad acquistare l’ultimo modello di smartphone anche se quello che possediamo attualmente è ancora perfettamente funzionante. A volte il possesso di certi beni è un segno di status, che permette di ostentare un certo tenore di vita: si parla ad esempio della seconda auto, della casa al mare, del televisore da 42 pollici, borse e accessori di lusso. Li si deve avere anche se non li si usa così sovente. Dall’altro lato i nostri nonni, che hanno vissuto la guerra, la miseria e la fame, ci hanno insegnato a non buttare via niente e a conservare per il futuro. Questo atteggiamento è più che giusto quando quello che si ha è poco e da un giorno all’altro potrebbe non esserci più. È invece deleterio se trasposto nella società attuale, in cui c’è più benessere materiale e acquistare beni di prima necessità non è un problema. In Italia e in alcuni paesi di origine feudale, l’usanza della dote e del corredo sono arrivati in alcuni casi fino a noi. Il corredo in particolare, era composto di una parte per la casa e una parte personale e comprendeva sempre un set da 12 pezzi di lenzuola, federe e asciugamani realizzati in tessuti pregiati. Il lavoro di ricami e decoro veniva cominciato fin da quando le future spose erano ancora delle bambine. L’usanza di tramandare beni per i figli e nipoti è parte della nostra cultura, che nonostante si sia modificata nel tempo, è ancora presente sotto forma di necessità di conservare.

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Ci sono poi tutta una serie di regali non graditi che non vengono dati via per non offendere il donatore, quando di fatto potrebbero essere regalati o venduti ad altri che li userebbero più volentieri. Secondo il Sole 24 ore sono oltre 2600 i regali scartati sotto l’albero attualmente in vendita su ebay, ma si stima anche che ogni italiano riceva in media 1 o 2 regali non graditi tutti i Natali, per un ammontare di circa 82 milioni e mezzo di €. 1 In ultimo, ma non meno importante, c’è la questione psicologica, che in alcuni casi può essere così rilevante da costituire una una vera e propria patologia chiamata disposofobia. Le persone che ne soffrono accumulano in modo compulsivo e diventano incapaci di gettare via non solo oggetti, ma anche cibi avariati e rifiuti. Gli studi su questo disturbo attribuiscono la causa ad uno shock scatenato da una perdita, sia essa affettiva o materiale. L’accumulo di oggetti serve a colmare un vuoto e proteggersi dal rischio di perdere tutto. L’attaccamento alle cose materiali serve

talvolta anche ad esorcizzare la paura della morte, ovvero la perdita della vita. Come afferma il professore di psicologia Randy O. Frost nel suo libro “Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente”, si utilizzano gli oggetti anche per sopperire ad una personalità debole e insicura. Questo spiega anche perché certe persone sentono il bisogno di fare shopping quando qualcosa non è andato per il verso giusto o l’umore non è dei migliori. Anche tenere gli oggetti “per ricordo” é un modo di difendersi da una perdita, come se il ricordo stesso dipendesse da qualcosa di materiale. Il problema dell’accumulo di oggetti poco utilizzati, perciò è verosimile che sia anche il sintomo di una società malata e fragile, che cerca nell’acquisto di beni materiali quello che non riesce a trovare nelle relazioni interpersonali, che nella nostra vita frenetica di ogni giorno tendono a passare sempre più in secondo piano.

1. fonte ebay

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il valore affettivo legato agli oggetti Gli oggetti “custodi di ricordi” e il collegamento degli stessi a persone ed avvenimenti passati.

Immaginiamo la nostra casa come una scatola, dentro cui inizialmente non c’è nulla. Si ha quasi una certa fretta di riempirla con mobili e arredi che ci piacciono e oggetti personali per avere un senso di appartenenza, per sentirla nostra. Se abbiamo la fortuna di avere sufficienti risorse

La nostra casa è l’immagine di noi stessi, un modo per rappresentarci. Per questo motivo gli oggetti di cui ci circondiamo hanno molta più importanza di quanto si possa immaginare. Bisogna essere capaci di chiedersi: “Quanti sono, fra gli oggetti che ho in casa mia, quelli di cui ho realmente bisogno?” Per rispondere a questa domanda è fondamentale comprendere che non tutti hanno gli stessi bisogni. Essi sono soggettivi e possono variare nel corso della vita: è compito di ognuno riconoscere di volta in volta i propri e capire quando sono stati soddisfatti. Il docente dello University College di Londra, fondatore dell’antropologia del consumo, nel suo libro “Cose che parlano di noi” stimola il lettore a leggere le personalità di dodici individui attraverso la descrizione degli oggetti presenti nei loro rispettivi appartamenti. Interessantissima è la storia di George, un uomo settantacinquenne che ha sempre vissuto solo, succube del volere dei genitori e delle altre figure autorevoli della sua vita. Non ha mai scelto nulla di testa sua, nemmeno la sua stessa casa, che gli è stata trovata dal proprietario del pensionato in cui viveva precedentemente. Il suo appartamento, come la sua vita, è rimasto pressoché vuoto.

economiche, potremo acquistare il mobilio che più ci rappresenta e poi andare via via aggiungendo dettagli, oggetti raccolti durante i viaggi, fotografie, quadri, sculture, disegni dei bambini e via dicendo. Man mano che si va avanti, però, c’è il rischio che dentro alla scatola finiscano anche oggetti che non servono a granché. Sono lì per riempire altri vuoti come insoddisfazioni, delusioni, fallimenti, perdite. Gli oggetti dentro alla scatola allora si mescolano, si confondono e non si capisce più quali siano utili e quali no, quali ci rappresentino e quali no, perciò nel dubbio si preferisce non buttare più nulla.

Un’altra storia significativa è quella di Anna e Louise, che si ritrovano a comprare al figlio i giocattoli che avevano avuto da bambine, come se cercassero in qualche modo

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denti fuori sede, o da quello di una coppia di sposini. Dalla storia di Anna e Louise emerge anche un altro concetto: quello del ricordo legato ad un particolare oggetto. Spesso si è erroneamente portati a pensare che sia l’oggetto stesso a tener vivo il ricordo e senza di esso, anche il ricordo scompaia. In realtà esso ne è solo il custode: rivederlo o riprenderlo in mano fa scattare meccanismi mentali che portano a rievocarlo. Quando un oggetto è un “custode di ricordi”, non lo si vuole perdere, né rovinare, perché si pensa di poter danneggiare anche il ricordo stesso. Ovviamente non è così, ma se non si è coscienti di ciò si può essere portati a pensarlo. Ecco perché molte persone anziane hanno le case piene di oggetti, ognuno contenente un pezzo di storia, che custodiscono gelosamente, senza mai utilizzare. Gli oggetti assumono così un’altra funzione: non è più fondamentale il motivo per cui erano stati progettati, ma il valore che la persona vi attribuisce. Questo atteggiamento è caratteristico dell’essere umano e non può essere modificato facilmente. Dà sicurezza e conforto e non è negativo in sé, perché ci fa capire quanto per l’uomo la cosa più importante siano ancora gli affetti, le esperienze e non gli oggetti in sè.

di ricostruire la loro infanzia attraverso di lui. Con un’indagine introspettiva, l’autore capisce che le due donne, molto legate, fra loro, cercavano in questo modo di creare ricordi comuni anche del periodo della loro vita in cui non era stato possibile condividere nulla, poiché non si conoscevano ancora. Tramite il dialogo le due donne avevano trovato similitudini nelle loro rispettive infanzie, riconducibili a degli oggetti che entrambe avevano posseduto: riproporli al figlio rappresentava per loro un modo per rafforzare il loro legame, condividere delle esperienze passate. Un “modo fantasioso attraverso il quale una coppia cerca di sfruttare anche per se stessa la possibilità offerta dalla relazione con il figlio”, dice l’autore. Ecco che a questo punto gli oggetti acquisiscono un valore molto più profondo: diventano mezzo di relazione. Egli li definisce come “umili forme attraverso cui le relazioni vengono espresse e sviluppate, attraverso cui riusciamo ad accettare e occasionalmente a celebrare le nostre varie relazioni”. Gli oggetti che abbiamo nelle nostre case, dunque, rappresentano la nostra identità e quella delle persone che vivono con noi, ma soprattutto le nostre relazioni. È facile infatti distinguere l’appartamento di una grande famiglia da quello di giovani stu-

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Ecco perché questo tipo di oggetti è inadatto al prestito: in caso di danneggiamento il loro valore non potrebbe essere rimborsato con del denaro, come invece si farebbe con un oggetto funzionale.

spesso ci dimentichiamo di avere e in cui smettiamo di riconoscerci. È in questo momento che si tenta di correre ai ripari facendo le grandi pulizie, durante le quali si svuotano gli armadi e i ripostigli e si riempiono scatoloni da dare in beneficienza, portare al mercatino dell’usato, o nel peggiore dei casi, in discarica. È un lavoro faticoso che spesso richiede intere giornate, perciò si tende per lo più a rimandarlo. Così ci si ritrova a togliere tempo ai figli o al coniuge durante le vacanze, per poter recuperare un po’ di spazio che oggetti ormai inutili hanno tolto. A volte si rimanda questo lavoro anche perché si vuole evitare inconsapevolmente di avere a che fare con oggetti custodi di ricordi, e trovarsi a dover decidere se liberarsene o meno. L’impossibilità di farlo ci fa sentire schiavi degli oggetti e allo stesso tempo ci rassicura. È brutto buttare o dar via un oggetto e poi pentirsene più avanti. Perciò molto spesso le grandi pulizie ci portano semplicemente a riorganizzare e cambiare di posto i nostri beni, senza di fatto eliminare alcunché.

Gli oggetti “custodi di ricordi” che possediamo possono essere fondamentali per mantenere viva una parte di noi. Hanno quasi una funzione di portali, di oggetti di contatto col passato o con una persona. Quando ci imbattiamo in loro o anche solo in oggetti simili, affiorano i ricordi e le sensazioni a cui quegli oggetti sono legati. Il problema sorge nel momento in cui gli oggetti che possediamo non ci rappresentano più e le nostre case diventano dei veri e propri depositi, contenenti cose che

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LE CONSEGUENZE Le conseguenze dal punto di vista sociale, economico e ambientale dell’accumulo di oggetti raramente utilizzati.

consapevolezza. Già al momento dell’acquisto si può avere un’idea di ciò che sia realmente utile o no, e ciò che potrebbe esserlo solo qualche volta.

Ci sono alcuni oggetti che, sebbene siano spesso inattivi, sono comunque utili e importanti per la famiglia o l’individuo che li possiede, e che quindi non avrebbe ragioni per venderli o regalarli. L’utilizzo sporadico, però, comporta alcuni svantaggi. In primis c’è la questione dello spazio impiegato per lo stoccaggio, che invece potrebbe essere sfruttato meglio come area vivibile. Si pensi all’ingombro di ripostigli e sgabuzzini traboccanti di oggetti che non si ricorda neanche di avere. In secondo luogo c’è la questione della corretta manutenzione che, quando manca, provoca usura anche senza l’utilizzo. Alcuni materiali, infatti, sono sensibili agli sbalzi termici o a particolari condizioni ambientali: la gomma, ad esempio, a basse temperature tende a diventare fragile ed è per questo motivo che bisognerebbe evitare di tenere maschera e pinne in garage oppure premurarsi di cospargere le parti delicate con del talco in polvere. Si pensi poi alle biciclette dimenticate per mesi in cortile, alla mercé delle intemperie, o alle tempere e i pennarelli che seccano nei cassetti. Ha dunque poco senso impiegare del denaro per questo genere di acquisti, perché c’è il rischio che vada sprecato. Molto spesso potrebbe essere sufficiente prendere in prestito o noleggiare, oppure anche solo pagare un servizio.

Ci si renderebbe presto conto di quanto la necessità di acquistare oggetti sia in realtà molto meno frequente di quanto le case produttrici vogliano farci credere. Quando si affronta un nuovo acquisto in genere si cerca il prodotto in grado di soddisfare tutte le esigenze, trovando il miglior rapporto qualità-prezzo. Se si vuole risparmiare, i parametri di sostenibilità ambientale e ottimizzazione energetica passano in secondo piano. Un elettrodomestico di classe A+++, infatti, ha un prezzo più alto di quello di un prodotto di fascia inferiore e in generale più si aumenta in qualità, più i costi sono elevati. Il risparmio è sicuramente immediato, ma non è detto che lo sia anche a lungo ter-

Un punto chiave del fenomeno dell’accumulo di oggetti-rifiuto è quello legato alla

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mine, in quanto un prodotto di qualità inferiore andrà sostituito prima e porterà a consumi maggiori.

novativi potrebbero non esserlo più già fra 4 o 5 anni. Per favorire un maggior numero di vendite le case produttrici non investono più nella produzione a lungo termine ed è sempre più diffuso il fenomeno dell’obsolescenza programmata. Nel 2013 il gruppo parlamentare tedesco degli ecologisti ha commissionato ad alcuni docenti dell’Università di Aalen uno studio per valutare la durata della vita di una ventina di elettrodomestici. I risultati sono stati paragonati a quelli di statistiche del ‘98: in molti casi la durata media è passata da 12 a 6 anni e addirittura 3 per i prodotti più economici. Dal test è risultato anche che le componenti elettriche ed elettroniche presenti all’interno dei televisori ultrapiatti sovente non sono in grado di sopravvivere per più di due anni e lo stesso vale per le ruote dentate di frullatori, mixer e spazzolini elettrici.3 È perciò molto difficile individuare i prodotti efficienti, durevoli e di buona qualità.

È forte la tentazione di comprare oggetti di qualità bassa o mediocre per non spendere molto sul momento, ma questo porta inevitabilmente ad una sostituzione precoce con conseguenti danni sull’ambiente. Una cucina in legno truciolare, ad esempio, dura circa 15-20 anni1, ma trattandosi di un materiale poroso, le viti con cui sono fissate le cerniere hanno una tenuta inferiore rispetto a quelle di una cucina con le ante e struttura in multistrato, che possono durare anche 30 anni. La differenza di prezzo è notevole, perché si tratta di spendere tra il 25% e il 40% in più nel secondo caso.2

Fare una scelta oculata valutando tutti questi aspetti non è facile: le ristrettezze economiche ci portano a puntare al risparmio, si è sempre di corsa e ci si ritrova spesso a rendersi conto all’ultimo di una necessità, quando ormai non c’è più tempo per informarsi, cercare un prodotto usato o prenotare un articolo a noleggio. Per molti oggetti poi, quest’ultima soluzione non vale davvero la pena, come nel caso di bacinelle e altri prodotti a basso costo.

In questo momento storico progettare oggetti con prospettive di vita a lungo termine non è però la scelta più conveniente: i mercati sono saturi e la ricerca in campo tecnologico é in continua evoluzione, perciò prodotti in questo momento molto in1. http://www.ambientecucinaweb.it/vita-cuci-

È normale perciò che molte persone tendano a non prestare più molta attenzione a quello che comprano, complici anche i prezzi stracciati, e le offerte allettanti. Nella peggiore delle ipotesi, in caso di perdita totale della consapevolezza, ci si può trovare ad avere case piene di oggetti di

na-ricerca-kfa/ 2. http://www.benigniarredamenti.it/quanto-dura-una-cucina/

3. https://www.altroconsumo.it/elettrodomestici/ piccoli-elettrodomestici/news/elettrodomestici-non-durano-piu-come-una-volta

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bassa qualità, che occupano spazio senza servire a granché e che non ci rappresentano. La sensazione di vuoto permarrà e ci porterà ad acquistare altre cose, in un circolo vizioso. Il vuoto dà fastidio e ci dà insicurezza, proprio perché manca di identità. Il modo per evitare tutto questo è dunque quello di tenere ben presenti i nostri bisogni e soprattutto, non permettere che siano gli oggetti a definire le nostre identità e relazioni, ma piuttosto il contrario. In alcuni contesti essi hanno il potere di rafforzare le relazioni fra gli individui, anche senza essere fisicamente presenti: quando si intavola un discorso su di loro portano a condividere esperienze e passioni. Si pensi ad esempio all’usanza di mostrare la casa agli invitati a cena: ogni dettaglio può suscitare la curiosità e portare a raccontare un aneddoto relativo al proprietario. Quando ci si confronta con un amico sui libri letti di recente si sta comunicando all’altro una parte della propria identità e allo stesso tempo la si sta mettendo in condivisione con lui. Il passo successivo, che non di rado capita, è quello di prendere o dare in prestito all’amico uno dei libri oggetto del discorso, creando un ulteriore avvicinamento.

La questione ambientale è di importanza centrale: la popolazione mondiale è quadruplicata negli ultimi 100 anni e continuerà ad aumentare fino a raggiungere i 9,7 miliardi di persone nel 2050. 4 Le risorse diventeranno sempre più preziose e dovranno essere utilizzate nel modo più efficiente possibile, mentre la produzione di rifiuti dovrà essere ridotta al minimo indispensabile. Si stima che un ottavo della produzione mondiale di CO2 sia dovuta alla produzione e consumo di prodotti. 5 La condivisione permette di agire in tutte le direzioni, massimizzando l’utilizzo dei prodotti e permettendo il soddisfacimento dei bisogni con meno risorse e quindi producendo anche un minor quantitativo di scarti. L’interesse delle aziende dovrà diventare quello di investire nella qualità e nella produzione di beni durevoli e adatti all’uso condiviso affinché sia favorito e incentivato un passaggio dall’economia del possesso a quella dell’accesso.

In questa tesi verrà affrontato proprio il tema della condivisione, come strumento trasversale per apportare miglioramenti dal punto di vista sociale e ambientale, modificando l’approccio al consumo. Se, come sostiene il il filosofo e psicanalista Slavoj Žižek, “il benessere aumenta con il miglioramento dei rapporti interpersonali e della vita sociale”, allora la condivisione può diventare la chiave per passare da un benessere dato dalla quantità di beni materiali che ci si può permettere ad uno generato dalla qualità dei rapporti umani. Il bisogno rimane invariato, ma cambia il modo di soddisfarlo.

4. http://www.greenreport.it/leditoriale/lonurivede-le-sue-stime-ecco-come-cambiera-lapopolazione-mondiale/ 5. Fonte Peerby

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ANALISI DELLO SCENARIO IL CONSUMO COLLABORATIVO COME SOLUZIONE In questa sezione verrà descritto nel dettaglio il fenomeno della sharing economy e illustrate le varie modalità di consumo collaborativo.

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L’ACQUISTO CONDIVISO

LA SHARING ECONOMY I NUMERI DELLA CONDIVISIONE IL RUOLO DELLA PROPRIETà NELLA STORIA DAL POSSESSO ALLA CONDIVISIONE

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LA SHARING ECONOMY Introduzione alle differenti interpretazioni del concetto di “sharing economy”: come ha origine il fenomeno, quali sono le sue caratteristiche e come si colloca rispetto alle altre forme di consumo collaborativo.

L’avvento dei social network e prima ancora la condivisione di fotografie su Flickr, di video su YouTube o in generale di informazioni sui blog, sono stati il punto di partenza da cui ha avuto origine il fenomeno della Sharing Economy. Le generazioni cresciute con internet sono state le prime a rendersi conto della potenzialità della rete come strumento di collaborazione e condivisione e ciò che era dato per scontato nel mondo virtuale ora sta conquistando anche il mondo dei beni materiali. Grazie ad internet tutto può essere scambiato, condiviso e prestato con molta più facilità di un tempo, perché incrociare domanda e offerta non è più un problema ed è possibile anche tra singoli individui. Quando si parla di Sharing Economy si fa riferimento ad un fenomeno che comprende attività economiche e sociali che prevedono transazioni e interazioni sul web, col fine di favorire uno scambio di valore fra pari, in cui il prezzo non sia determinato dall’andamento del mercato. Arun Sundararajan, professore della Stern School of Business alla New York University e uno dei maggiori esperti di questo tema la definisce “crowd based capitalism”, ovvero una nuova forma di capitalismo nelle mani della gente, in cui il consumatore diventa sia fruitore che produttore di beni e servizi. I giganti del mercato continuano infatti ad esserci ma si appoggiano alle attività di scambio fra gli individui, dalle quali derivano le commissioni su cui si basa il loro giro d’affari.

Parlare di economia della condivisione è dunque improprio, perché nella maggior parte dei casi si tratta di servizi di combinazione di domanda e offerta che vengono regolarmente venduti: le cosiddette piattaforme di scambio peer-to-peer. L’obiettivo comune ad ogni modo è quello di permettere agli utenti di risparmiare e trarre guadagni da assets privati che non producono valore né soddisfano bisogni, siano essi oggetti, spazi o capacità. Gli statunitensi Rachel Botsman e Roo Rogers nel loro libro “What’s mine is yours” parlano proprio di un nuovo modello di consumo che non consiste più nel possesso degli oggetti, ma che non comporta neanche rinunce e sacrifici.

“Siamo di fronte a una transizione dalla cultura dell’io alla cultura del noi” Rachel Botsman

All’interno di questo discorso rientrano sei pratiche a loro volta distinguibili in due macro categorie: quella del “passaggio di proprietà” e quella dell’”uso condiviso”. Della prima categoria fanno parte il baratto, il regalo e la vendita dell’usato. Si tratta di una condivisione “asincrona” in quanto uno stesso oggetto appartiene a diversi proprietari durante il corso della sua vita, ma ciascuno di loro cessa di avere qualsiasi potere sul bene nel momento del-

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un’automobile privata che rimane tale, ma vengono condivise le spese del viaggio fra i passeggeri, che beneficiano del mezzo per un tempo limitato. La vera innovazione introdotta dal fenomeno del consumo collaborativo è quella dei Product Service Systems, ovvero delle aziende che forniscono l’accesso a dei prodotti specifici sotto forma di servizio. Si tratta di fatto di una particolare forma di noleggio. È questo ad esempio il caso del carsharing e bikesharing: si tratta di beni progettati ad hoc o dotati di sistemi di tracking collegati in rete, che vengono messi a disposizione degli utenti che si abbonano al servizio. Essi possono avere accesso a qualsiasi mezzo messo a disposizione dalla compagnia, in base alla disponibilità in quel momento e localizzazione. La proprietà dei beni di fatto rimane dell’azienda e i clienti beneficiano solo del loro utilizzo. In questo caso, nonostante si tratti di “oggetti di tutti”, la percezione può essere quella di utilizzare “oggetti di nessuno”, in quanto il loro scopo è meramente funzionale e non c’è possibilità di personalizzazione. Il principio non è lontano da quello del bene pubblico, perciò il livello di cura e attenzione che vi si presta è legato al senso civico e al contesto culturale.

lo scambio con un altro individuo. Di fatto però non si tratta di vera e propria condivisione, quanto più di proprietà temporanea. Queste tre pratiche possono essere messe in atto anche senza l’ausilio di nessun supporto informatico, tanto che erano diffuse già nell’antichità. Talvolta sono considevrate erroneamente forme di Sharing Economy, anche se rientrano invece in questa categoria i servizi di rivendita online come Ebay, perché c’è l’intervento di uno strumento digitale. Nel caso del baratto viene spesso usato un termine inglese, quello di “swap party” per indicare una festa privata organizzata con lo scopo di scambiare vestiti ed accessori. Trattandosi di un evento privato, non si può parlare di Sharing Economy (secondo la definizione più diffusa), in quanto non viene utilizzata alcuna piattaforma web ad hoc. Della seconda categoria, quella dell’uso condiviso, fanno parte invece il prestito, il noleggio e la comproprietà. Anche in questo caso si tratta di attività praticabili sia online sia offline, tranne nel caso della comproprietà, per la quale al momento non esiste nessuna piattaforma web apposita. Analizzando nei prossimi capitoli vari casi studio ci si renderà conto che molto spesso si ha a che fare con il concetto di proprietà privata anche in servizi che rientrano nella dicitura di Sharing Economy. Il servizio Blablacar, ad esempio, permette ad utenti senza mezzi propri di contattarne altri che devono percorrere lo stesso tragitto con una vettura con più posti di quelli necessari. In questo caso si ha a che fare con

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i numeri della condivisione Quantificazione del fenomeno tramite stime e dati.

Il fenomeno della condivisione è esploso nell’ultimo decennio e gli studi prevedono che diventerà sempre più vasto. Secondo un’indagine condotta da PricewaterhouseCoopers in nove Paesi europei tra cui l’Italia, attualmente le piattaforme di sharing presenti (275 società) valgono un giro d’affari di 4 miliardi di €, prendendo in considerazione solo cinque settori: finanza collaborativa, turismo e trasporto peer-topeer, servizi domestici su richiesta e servizi professionali. Secondo le stime si potrebbe raggiungere la soglia degli 83 miliardi di euro nel 2025. 1 Il colosso della condivisione di posti letto Airbnb vale da solo 24 miliardi di dollari2 e grazie a questo servizio più di 2,7 milioni di viaggiatori hanno soggiornato in Italia dal 2008 ad oggi. La disponibilità di alloggi presenti sul sito ha un tasso di crescita del 99%, che nel 2012 è arrivata a picchi del 650%. Sono novemila le automobili messe a disposizione dal servizio di carsharing Zipcar che registra 650mila utenti, che significa che ce ne sono mediamente 72 per ciascun veicolo.3 A livello ambientale e produttivo questo è un dato molto rilevante: se ogni utente avesse acquistato un’automobile di proprietà sarebbero state necessarie 641000 vetture in più. Invece in questo modo si sono potute risparmiare circa 1 milione e 282 mila tonnellate di risorse.

L’Environmental Web Community Freecycle, tramite la quale gli utenti si regalano e condividono oggetti all’interno di gruppi locali, ha permesso di salvare dalla discarica 226797 tonnellate di oggetti tra il 2003 e il 2010, pari a 12 volte l’altezza del monte Everest.4 Gli oggetti scompaiono direttamente nel caso di Netflix, i cui 24 milioni di utenti possono noleggiare film che guardano direttamente online. La condivisione perciò non spaventa, neanche quando si tratta di dare ospitalità a sconosciuti sul proprio divano di casa senza neanche essere pagati. I 3,5 milioni di iscritti al sito Couchsurfing dimostrano come l’idea dello scambio possa andare ben oltre il mero interesse economico. Si tratta infatti di una vera e propria community di persone che vedono in questa soluzione un’opportunità di conoscenza, rompendo ogni barriera generata dalla

1. http://smartmoney.startupitalia.eu/ 2. http://www.ilsole24ore.com 3. Internazionale: n. 931

4. Fonte freecycle.org

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di un’automobile, mentre non riuscirebbero a fare a meno di uno smartphone o dell’accesso ad internet. Comprare una vettura non conviene dal punto di vista economico sia per il costo, sia per la manutenzione, è origine di stress per la ricerca del parcheggio ed è uno spreco perché rimane ferma per 23 ore al giorno in media.5 Le nuove generazioni di consumatori guardano più alla praticità che allo status e la proprietà diventa più un peso che un privilegio. Esse si stanno rendendo conto che non si desidera più il bene ma il beneficio che ne deriva. I più aperti alle forme di consumo senza possesso, secondo uno studio compiuto nel 2010 dal ministero dell’ambiente tedesco, sono persone con un alto grado di istruzione, famiglie con bambini piccoli e giovani che cambiano spesso casa o postodi lavoro.

paura basandosi sul principio che chi sarà disposto ad accogliere un utente verrà poi ospitato a sua volta da un altro. Fiducia, capacità di adattamento e tolleranza sono indispensabili in un simile contesto e allo stesso tempo vengono incentivate e favorite. La moneta di scambio diventa la reputazione: in tutte le piattaforme gli utenti vengono invitati a lasciare dei feedback per valutare l’esperienza e il comportamento delle persone con cui hanno avuto a che fare. In questo modo viene generato un circolo virtuoso tale per cui ci si comporta positivamente per riscuotere fiducia e avere più possibilità di fare affari in seguito. Chi riceve rating negativi, invece, viene naturalmente escluso dalla community e nessuno vuole più avere a che fare con lui. Per questo motivo, anche se gli inconvenienti possono capitare, nella maggior parte dei casi le esperienze sono positive. Su eBay solo l’1% dei venditori e il 2% degli acquirenti riceve giudizi negativi. La Germania è uno dei Paesi europei in cui le pratiche di condivisione sono più diffuse anche in un settore di grande rilevanza economica nazionale come quello dell’automobile. I numeri aumentano esponenzialmente con il passare del tempo: da 40 mila nel 2001 si è passati a 200 mila persone nel 20012. La maggior parte di loro sono giovani sotto i 30 anni, dei quali meno di un terzo possiede una macchina di proprietà. Secondo uno studio di Timescout circa l’80% di loro dichiara superfluo il possesso

Solo il 40% degli intervistati non aveva mai affittato un oggetto di uso comune e meno del 30% non aveva mai chiesto in prestito qualcosa ad un vicino nei 3 anni precedenti. Passare ad un nuovo modo di consumare più efficiente è possibile, auspicabile e probabilmente inevitabile: condividere sarà la normalità e oltre ai vantaggi economici e ambientali, porterà anche notevoli conseguenze positive sulla società. Rachel Botsman sostiene che il consumo collettivo stimoli la nascita di nuove relazioni e favorisca il rafforzamento della comunità. “Imitiamo legami che in passato presupponevano un contatto fisico diretto”.

5. Internazionale: n. 931

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il ruolo della proprietà nella storia Origini storiche del concetto di proprietà, in rapporto alla naturale propensione collaborativa dell’uomo.

Per provare ad immaginare gli scenari futuri occorre però far riferimento alla storia. In epoca preistorica le civiltà erano nomadi e il concetto di proprietà privata era pressoché inesistente. Nella sua “La ricchezza delle nazioni” del 1776, Adam Smith afferma che nelle società di cacciatori-raccoglitori il lavoro era semplicemente un’attività per procurarsi il cibo e le condizioni di sicurezza, in cui ogni individuo teneva per sé il frutto della propria fatica. La struttura gerarchica era basata sulle qualità personali e l’età. Ognuno metteva a disposizione le proprie capacità all’interno della comunità per raggiungere il fine comune di proteggersi dai pericoli e nutrirsi.

Ad ogni modo, anche quando poi nel neolitico le società si organizzarono in villaggi rurali, la proprietà privata si riduceva all’abbigliamento, agli utensili e alle armi ad uso personale, in quanto il resto apparteneva al dio tutelare o al sovrano e i contadini ne avevano solamente l’accesso. Il grosso cambiamento iniziò ad avvenire quando l’uomo cominciò a trovarsi di fronte alla scarsità di terreni agricoli disponibili, a causa dell’aumento demografico generato dalle migliori condizioni di vita del neolitico: iniziò ad essere necessario dimostrare la propria superiorità con le guerre per avere il diritto di proprietà e sfruttamento di una certa area. L’idea del possesso ha perciò origini antichissime e si contrappone al concetto di carenza e perdita. Nel corso dei secoli ha portato all’idea di Stato, popolo e patria, arricchendosi dei principi di identità e senso di appartenenza. Il legame fra proprietà e guerra è innegabile e molti pensatori e filosofi hanno affrontato questo argomento, fra cui Platone, che considerava la prima come una fonte di discordia sociale e immaginava una Repubblica governata da una comunità egualitaria di filosofi che per non essere distratti da interessi personali avrebbero dovuto rinunciare a qualsiasi proprietà. Il concetto stesso di Res Publica, nato proprio nell’antica grecia, si contrapponeva a quello di possesso del singolo, educando la popolazione al rispetto del bene comune.

Il termine “proprietà” non è adatto ad indicare i possedimenti temporanei delle società primitive: si trattava piuttosto di diritto di godimento o di utilizzazione di un’area e delle risorse a disposizione.

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Il filosofo e medico britannico John Locke (1632-1704), padre del liberalismo classico, affermava che la proprietà privata fosse un diritto naturale derivante da tre condizioni.

1.“Quanto terreno un uomo dissoda, semina, bonifica e coltiva, e di quanto può usare il prodotto, tanto è di sua proprietà”.

3.“Nessuno può ritenersi danneggiato dal fatto che un altro beva, sia pure a grandi sorsi, se ha un fiume intero di quella stessa acqua per saziare la sua sete”.

2.“Tutto ciò che va oltre questo è più di quanto gli spetta ed appartiene ad altri”.

In sostanza sosteneva che il benessere posseduto dovesse necessariamente essere correlato ai bisogni del proprietario e non ci fosse giustificazione al fatto che gli eccessi rimanessero inutilizzati pur di non essere ceduti a non proprietari interessati.

la conferenza annuale di design industriale che si tenne a San Francisco in quell’anno. L’economista statunitense Jeremy Rifkin sostiene che stia cominciando una nuova era in cui i beni utilizzati per un periodo limitato nel tempo verranno messi in condivisione, definendo questa tendenza come “uno dei massimi punti di svolta nella storia dell’umanità”. Già nel 2000 egli scriveva “L’epoca della proprietà sta finendo, è cominciata l’era dell’accesso”.1

«La res publica è cosa del popolo; e il popolo non è un qualsiasi aggregato di gente, ma un insieme di persone associatosi intorno alla condivisione del diritto e per la tutela del proprio interesse» Marco Tullio Cicerone, nel suo trattato politico de re publica (I, 25, 39) Cicerone però riconosceva che pur non trattandosi di un fattore naturale, la proprietà fosse un diritto di legge e in quanto tale andasse tutelata dallo Stato. La questione della proprietà è dunque di fondamentale importanza nella storia dell’uomo, ed è significativo che nell’ultimo decennio il fenomeno dell’economia della condivisione abbia preso piede in modo così importante, soprattutto perché nasce dagli stessi presupposti da cui è derivato il concetto di proprietà, ovvero una condizione di scarsità. Ad esempio Airbnb, la piattaforma di sharing più emblematica e conosciuta al mondo, nacque nel 2007 per rispondere ad una domanda straordinaria di posti letto che non poteva essere soddisfatta dalle strutture alberghiere esistenti, in occasione del-

1. Jeremy Rifkin, “L’era dell’accesso”, Oscar Mondadori, 2000

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dal possesso alla condivisione La differenza fra il possesso e l’accesso, la proprietà privata e la condivisione. Il concetto di identità.

La condivisione di un oggetto proprio, quando avviene tra amici e conoscenti, comporta un atto di fiducia nei confronti dell’altra persona, dalla quale ci si aspetta rispetto. Nei servizi di sharing online, invece, la condivisione si fonda su un meccanismo di premio-punizione, in cui il premio consiste nel guadagno di una recensione positiva o di denaro e la punizione nella perdita di credibilità nei confronti della community e il conseguente isolamento. Quando si condivide un oggetto in questo modo, ci si trova davanti a delle incognite: non si conosce chi utilizzerà o ha utilizzato quell’oggetto, né che uso ne farà o ne ha fatto. La mancanza di informazioni genera diffidenza e paura di non aver più la disponibilità o l’efficienza che ci si aspetta dal proprio oggetto.

Chi compra, costruisce o riceve in dono un oggetto ne diventa il legittimo proprietario: ha cioè il diritto di godimento e di decisione sullo stesso. Il proprietario ne è anche l’unico responsabile ed è suo interesse preservarlo ed averne cura, ma allo stesso tempo egli è anche libero di maltrattarlo, farne un uso improprio, apportare modifiche e personalizzarlo. Instaura con esso una forma di relazione: impara a conoscerne le potenzialità e i difetti acquistando man mano disinvoltura nell’utilizzo e lo collega a ricordi ed emozioni dandogli un valore aggiuntivo. Condividere invece significa permettere ad un certo numero di persone di utilizzare un medesimo oggetto o spazio, sottintendendo che ogni danno allo stesso comporti un danno per tutti gli utenti, ma anche che i vantaggi siano gli stessi per tutti e sia quindi interesse comune preservarlo ed averne cura.

La condivisione, però può avvenire anche sotto forma di comproprietà: la variabile sta nel numero e nella tipologia di persone che condividono uno stesso oggetto. Se si tratta di un numero ristretto, come quello di un nucleo familiare, essa è molto semplice ed efficace, perché è basata sulla conoscenza reciproca e disciplinata da regole interne di buona convivenza tra i membri. La libertà è direttamente correlata al rispetto reciproco. Se questa forma di condivisione avvenisse fra un numero persone molto elevato, la gestione sarebbe più complicata e necessiterebbe di una certa regolamentazione, a discapito della personalizzazione. È que-

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a che fare con l’identità del fornitore del servizio. Questo discorso può essere chiarito meglio con l’esempio della camera da letto. La propria stanza ha caratteristiche che rispecchiano la propria identità e quella della propria coppia nel caso si tratti di una stanza matrimoniale. Quando si entra in una camera d’albergo, invece, si percepisce l’identità aziendale, mentre in caso di affitto ci si imbatterà nell’identità dell’inquilino

sto ad esempio il caso delle comunità o dei monasteri: stoviglie, strumenti e arredi sono in totale comproprietà. Il rispetto per i beni è massimo, perché il concetto “quello che è mio, è tuo” è davvero messo in pratica. Esiste poi una terza forma di condivisione, quella in cui persone che non si conoscono usano un bene che non è direttamente di proprietà di nessuno degli utenti. Questo capita ad esempio per le lavatrici delle lavanderie automatiche, i libri della biblioteca o i bicchieri del ristorante. In questi casi entrano eventualmente in gioco premi e punizioni solo se si verificano danni gravi come la perdita o la rottura, ma generalmente ci si basa su una forma allargata di rispetto: il senso civico.

precedente. La condivisione di oggetti, perciò, presuppone anche la condivisione di identità. Sui social network questa pratica è all’ordine del giorno: si scrivono opinioni, si pubblicano fotografie e video, si comunicano agli altri i propri desideri e preferenze. Di fatto però si tratta di un’identità censurata, in cui ogni utente seleziona accuratamente cosa far vedere di sé al suo pubblico, che viene anch’esso controllato. Nella maggior parte delle piattaforme di sharing, invece, bisogna essere disposti a mostrare indistintamente a tutti i beni che si vuole condividere, anche se si potrà scegliere se interagire o meno con l’utente che ne farà richiesta.

È l’identità la principale discriminante che differenzia un oggetto privato da uno condiviso. Nel primo caso essa coincide indiscutibilmente con quella del proprietario, perciò essa rimarrà tale anche se l’oggetto viene prestato ad un amico piuttosto che ad uno sconosciuto. Nella comproprietà invece l’oggetto prende l’identità del nucleo familiare o gruppo a cui appartiene. Infine quando si tratta di un prodotto a servizio degli utenti (PSS) si ha in genere

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analisi dello scenario il quadro italiano In questa sezione si parlerĂ delle forme di consumo collaborativo esistenti in Italia, del loro livello di diffusione e degli aspetti culturali e normativi.

“Quando qualcuno condivide, tutti vincono� Jim Rohn

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la diffusione dell’economia collaborativa la regolamentazione normativa

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la diffusione dell’economia collaborativa I numeri dell’economia collaborativa in Italia e il livello di conoscenza delle possibilità sul territorio. Individuazione delle problematiche da risolvere e delle possibili cause.

In Italia si parla già da tre anni di sharing economy, ma il fenomeno è ancora immaturo perché nonostante le piattaforme censite nel 2015 siano ben 186, di fatto ce ne sono poche che funzionano bene. Secondo uno studio di Collaboriamo.org e dell’Università Cattolica, in Italia le piattaforme collaborative sono il 34,7% in più rispetto al 2014 e la tendenza è quella di una crescita esponenziale. Tra i settori più interessati ci sono il crowdfunding con 69 piattaforme, i trasporti con 22, i servizi di scambio di beni di consumo con 18 e il turismo con 17.

giungere sostenibilità ed efficienza. Secondo gli imprenditori intervistati, per ampliare il fenomeno c’è bisogno di maggiori finanziamenti, cultura e parnership con le grandi aziende, anche se una ricerca di TNS Italia rileva che il 25% degli italiani che navigano su internet sta già utilizzando i servizi collaborativi.1 Per permettere al fenomeno di prendere piede anche in Italia bisogna andare per gradi, risolvendo prima di tutto la barriera dell’accesso ai mezzi informatici. Corsi di alfabetizzazione sono già attivi nelle maggiori città italiane e permetterebbero di allargare il bacino d’utenza anche ai soggetti meno avvezzi all’utilizzo di smartphone e computer. In secondo luogo bisogna far capire agli operatori tradizionali nel settore alberghiero, della ristorazione e della produzione che gli operatori della sharing economy non si sostituiscono ai professionisti, ma si affiancano. La sharing economy è uno scambuo fra individui privati in cui il guadagno non è un profitto, ma un rimborso sui costi, che vengono condivisi. È vero che la sharing economy è un’alternativa che fa concorrenza agli alberghi, ma fa una concorrenza di qualità che deve stimolare il mercato tradizionale a rinnovarsi. Inoltre crea nuove opportunità, perché col-

Lo studio rileva una continua evoluzione e sperimentazione delle piattaforme collaborative italiane, ma anche una certa fatica di questi servizi a crescere e a raggiungere quella massa critica necessaria per rag-

1. Introduzione alla proposta di legge n. 3564, vedi Appendice

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chiarato di non averne mai sentito parlare e in particolar modo si tratta di donne (56%). Il livello di conoscenza del fenomeno diminuisce con l’aumentare dell’età e la diminuzione delle dimensioni del centro abitato. Fra chi la conosceva già, solo l’8% ha partecipato come utente, il 2% come fornitore e solo l’1% vi ha partecipato in entrambi i modi. A chi non vi ha mai partecipato ne è stato chiesto il motivo: 77% di loro ha affermato di non averne mai avuto bisogno, che è in parte un dato oggettivo ma anche da un lato dovuto ad una non totale consapevolezza dello strumento, perciò al suo interno ci sono anche persone che non si pongono il problema. Tra coloro che già conoscevano il servizio Airbnb, invece, la ragione più comune del non utilizzo è la mancanza di fiducia nel sistema (46%), in particolar modo per quanto riguarda i pagamenti virtuali e la cessione dei dati personali. Non hanno pensato a questa possibilità il 3-6% e non ha voglia di cambiare le abitudini di viaggio il 35% dei rispondenti.

ma nicchie di mercato non soddisfatto.2 A luglio del 2016 è stata condotta un’indagine da Altroconsumo in collaborazione con Airbnb, Collaboriamo e il Comune di Milano, per valutare le barriere di partecipazione alla Sharing Economy in Italia, con focus in particolare sul trasporto e l’alloggio. Il campione scelto per il sondaggio comprendeva 1020 adulti italiani tra i 45 e i 70 anni, di tipologia omogenea per quanto riguarda le principali differenze demografiche come sesso, età, area di residenza e dimensioni del centro abitato. La fascia d’ètà è stata però ristretta a quella corrispondente a soggetti meno abituati all’utilizzo di strumenti informatici, secondo indagini precedenti che dimostrano che le competenze digitali diminuiscono con l’aumentare dell’età. Ai partecipanti è stato chiesto se conoscessero la sharing economy, dando loro i nomi di alcuni esempi conosciuti e la seguente definizione: “scambio di beni e servizi tra privati che avviene attraverso le piattaforme online”. Sono stati perciò esclusi e non considerati tutti quei tipi di condivisione che agiscono “offline” tra persone che già si conoscono o servendosi di altre vie di comunicazione e incontro. Tra tutti gli intervistati, ben il 47% ha di-

Tra coloro che hanno dichiarato di non voler utilizzare il servizio anche in caso di necessità i motivi indicati sono:

2. Marta Menieri, Collaboriamo

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quello dei diritti e la preoccupazione per irregolarità fiscali.

-29% sfiducia nelle altre persone e nel sistema di recensioni -26% procedura complicata -21% assenza di regole ad hoc in materia di tutela del consumatore -18% problemi nell’utilizzo del computer -12% non c’è un grosso vantaggio dal punto di vista economico

Questi motivi possono essere ricondotti al fatto che sulle piattaforme online la condivisione avvenga principalmente tra sconosciuti, in quanto la funzione dei siti è proprio quella di far incontrare la domanda con l’offerta.

L’83% degli intervistati era anche un potenziale fornitore di servizio su Blablacar in quanto possessore d’auto e anche in questo caso la ragione principale del non utilizzo del servizio è quella di non averci mai pensato 63%, e a seguire la mancanza di fiducia e di tutele.

Per colmare il gap culturale l’unica via è stimolare la popolazione alla conoscenza e informala dei vantaggi dell’economia collaborativa. Da questo punto di vista la città di Milano è la più attiva e propositiva in Italia: sponsorizza numerosi festival sul tema e corsi di avvicinamento per i cittadini e ha predisposto un piano amministrativo di collaborazione in occasione di Expo 2015, per accogliere al meglio i numerosi visitatori.

Il primo problema è dunque quello della conoscenza del servizio, il secondo è quello della fiducia fra utenti e in terzo c’è

Festival Sharitaly Milano 2016, foto Maicol Urbinati

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la regolamentazione normativa Agevolazioni e tutele dal punto di vista normativo in Italia proposte con il Disegno di Legge n. 3564, presentato alla Camera dei Deputati il 27 gennaio 2016.

Ivan Catalano, deputato dell’intergruppo parlamentare per l’innovazione tecnologica, ha illustrato durante una conferenza del festival #IOCONDIVIDO, un disegno di legge presentato il 27 gennaio 2016 alla Camera dei Deputati, in cui vengono affrontate le questioni della mancanza di regole specifiche e di riflesso anche la mancanza di fiducia. Secondo lui una maggiore fiducia nella piattaforma porta anche al maggiore rispetto delle regole. Al momento il disegno di legge sta venendo discusso nella commissione congiunta trasporti e attività produttive, unendo le integrazioni derivanti dalle osservazioni al testo degli operatori professionali. Nella proposta l’AGCM, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, è stata individuata come l’organo in grado di dare la fiducia alle piattaforme, certificandole e supervisionando il rispetto della privacy, le questioni riguardanti i pagamenti, la presenza di assicurazioni. La certificazione avverrà tramite l’iscrizione ad un registro, che consentirà agli utenti delle piattaforme che rientrano nella lista di avere delle agevolazioni dal punto di vista fiscale ed essere considerati “non professionisti”. Allo stesso tempo renderà obbligatorio per le piattaforme comuicare all’ISTAT i dati relativi al numero di utenti, alle attività svolte e ai relativi importi, nonché alla tipologia di beni e servizi utilizzati, aggregati su base comunale. Secondo le normative europee non si possono mettere delle barriere all’ingresso all’iniziativa imprenditoriale, perciò la

partecipazione a questo registro deve rimanere facoltativa e non si possono dare degli obblighi alle imprese che non fossero quelli già previsti dal diritto comunitario. Dal punto di vista fiscale la somma derivante dalle attività di sharing dev’essere dichiarata come “reddito di attività da economia della condivisione non professionale”, che per essere definita tale non deve superare i 10.000. Entro questa soglia si ha una tariffa agevolata del 10 % sulle imposte, non si hanno barriere all’ingresso al mercato e non si deve sottostare a regimi autorizzatori quali i controlli delle ASL o simili, ad eccezione delle norme per la sicurezza che ricadebbero nel penale. La proposta di legge dovrebbe essere approvata entro la fine del 2017.1

1. vedi testo in Appendice

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il panorama della condivisione INTRODUZIONE AI CASI STUDIO In questa sezione verrà analizzato il problema dello spreco di risorse: le sue ricadute nella vita privata e quelle su scala mondiale. Il fenomeno verrà esplorato nelle sue origini e motivazioni col fine di individuare una soluzione efficace.

“The miracle is the more we share, the more we have” Leonard Nimoy

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Superfred Peerby Make It Travel Sharegrid Sharewear Bookcrossing Tobike Pumpipumpe Fablab Torino Draughts Leila Bologna

Intervista ad Antonio Berlaldi

Casi studio speciali

Intervista a Matteo Nobili

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Social network di vicinato che mette in comunicazione chi ha libri che non utilizza con chi è alla ricerca di letture.

SUPERFRED

Startup olandese che fornisce un servizio gratutito di condivisione peer-to-peer di beni tra vicini di quartiere.

PEERBY

La piattaforma per il noleggio peer-to-peer di attrezzatura per il viaggio, lo sport e le attività all’aria aperta.

MAKE IT TRAVEL

Una biblioteca di oggetti alla quale si partecipa attivamente mettendo a disposizione della community un proprio bene.

leila bologna Gli oggetti che possono essere condivisi sono tantissimi e le modalità, come abbiamo detto, sono molteplici. L’obiettivo primo dello studio è quello di intervenire a livello profondo nella coscienza delle persone per passare dal concetto di mio a quello di nostro, facendo sì che il paradigma “quello che è mio, è tuo” sia realmente messo in pratica. Nei servizi di condivisione che comportano un “cambio di proprietario”, ciò non avviene perché l’atteggiamento nei confronti dell’oggetto è ancora troppo concentrato su un solo individuo. Per questo motivo non ver-

Piattaforma di noleggio peer-to-peer di attrezzatura fotografica e video per professionisti.

SHAREGRID

INTRODUZIONE ranno analizzati in questa tesi. Non saranno prese in considerazione neanche le banche del tempo e le attività volte a condividere unicamente informazioni, capacità, potenza di calcolo o denaro, perché si tratta di beni immatriali. Saranno invece oggetto di studio le piattaforme e i servizi che si occupano di promuovere l’uso condiviso dei beni fisici come biciclette, elettrodomestici e giochi da tavolo, aumentandone l’intensità di sfruttamento. Verranno trattati sia casi di uso simultaneo dello stesso oggetto, sia casi di uso “asincrono”, come il prestito o il

Una collezione di capi d’abbigliamento creata apposta per essere condivisa grazie all’hashtag di Instagram #Sharewear.

SHAREWEAR


noleggio. Il passaggio da privato a comune in questi casi è più evidente e in un’ottica di diffusione sempre maggiore del consumo collaborativo è auspicabile che influenzi i consumatori anche nel momento dell’acquisto. Venendo usati in modo più intensivo da più persone, inoltre, i prodotti che vengono condivisi devono necessariamente essere robusti, durevoli e con un’alta affordance, perciò la diffusione massiva delle pratiche di sharing provocherà modifiche nei requisiti di progettazione, con conseguenti ripercussioni nella produzione. Sono stati individuati 11 casi studio, con l’obiettivo di analizzare e confrontare le loro caratteristiche e aspetti rilevanti. Si noteranno approcci molto differenti che sono da mettere in relazione alle mission e al contesto in cui si sviluppano. Utilizzando i servizi presentati è possibile condividere qualsiasi oggetto ad uso non quotidiano che rientri nelle seguenti categorie:

Il bookcrossing è una pratica di condivisione su scala globale che fa riferimento ad un archivio virtuale unico sotto il dominio di bookcrossing.com.

BOOKCROSSING

-Macchine ad uso specifico (elettrodomestici e attrezzi da cucina, da lavoro e per la manutenzione) -Attrezzatura da viaggio ed escursionismo -Attrezzatura per attività specifiche (fotografia, video, musica, sport, prestidigitazione) -Vestiti e accessori (scarpe, borse, vestiti, gioielli, accessori) -Libri e riviste -Mobilio (sedie, tavoli pieghevoli, sgabelli) -Giochi -Biciclette

Café di Londra dedicato al gioco da tavolo: si organizzano tornei, si impara dai più esperti e si progettano nuovi giochi.

DRAUGHTS

Spazio condiviso per la promozione della cultura Open Source e della Fabbricazione Digitale

fablab torino

Product Service System automatico di biciclette per l’area torinese.

Una collezione di adesivi da incollare sulla propria buca delle lettere per comunicare ai vicini cosa si intende prestare.

TOBIKE

pumpipumpe


Social network di vicinato che mette in comunicazione utenti che hanno libri che non utilizzano con altri che sono alla ricerca di letture. http://superfred.it

SUPERFRED

MISSION La mission di Superfred è quella di incoraggiare alla lettura rendendo la conoscenza accessibile a tutti e allo stesso tempo dando valore ad un potenziale non sfruttato. Si propone di migliorare l’esperienza dello scambio, rendendolo facile, sicuro, stimolante e social, in modo da coinvolgere anche i non lettori. L’obiettivo è quello di far nascere delle interazioni nel mondo reale grazie ad una piattaforma digitale, utilizzando il libro come punto di incontro.

80 Paesi nel mondo nel 2016 68% della popolazione globale

Ci si mette in contatto tra-

mercato potenziale

Nel primo anno online:

3000 utenti registrati, 7000 libri condivisi.

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mite la piattaforma e ci si incontra di persona per lo scambio all’interno di esercizi commerciali che aderiscono al progetto e che prendono il nome di Fred Point. Il servizio è completamente gratuito e quello che avviene tra gli utenti è un vero e proprio prestito, senza scambio di denaro. L’incontro è fondamentale perché oltre al bene fisico si possono condividere opinioni e dare suggerimenti. È inoltre un’occasione di conoscenza con persone con interessi simili ed un’opportunità per l’esercizio commerciale di farsi pubblicità. “Mettere il digitale al servizio del reale: la grande sfida che abbiamo raccolto è quella di usare il computer per creare tempo da utilizzare però al di fuori del pc”, dice in un’intervista Giacomo Sbalchiero, il fondatore della startup. Il servizio nasce nel 2014, con l’inaugurazione del primo Fred Point il 7 luglio, all’interno di una panetteria di Padova.


LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE I libri che entrano nel sistema sono in genere in buone condizioni perché si tratta di beni già in possesso degli utenti, ma raramente utilizzati. Non ci sono requisiti minimi di qualità, ma è possibile segnalare lo stato del volume al momento del prestito. Il libro si presta per essere caratterizzato dagli utenti che ne fanno uso, tramite sottolineature e annotazioni: si andrà da oggetti totalmente impersonali ad altri dalle molteplici identità, a discrezione delle raccomandazioni del proprietario, che sarà sempre lo stesso.

TARGET

SICUREZZA

LUOGHI

Utenti privati di qualsisi tipo, con il desiderio di scambiare libri e ad attività commerciali che intendono guadagnare visibilità rendendosi disponibili come Fred Point. I soggetti si conoscono sul social network tramite la ricerca di un libro e possono scegliere di continuare la relazione nella vita reale.

I FredPoint permettono di garantire maggiore sicurezza nel momento dello scambio e i messaggi tra gli utenti avvengono tramite il sito, perciò non è necessario utilizzare il proprio numero personale. Non ci sono garanzie per quanto riguarda i possibili danni al libro: ci si basa sulla fiducia reciproca e sui feedback della community.

La piattaforma è l’interfaccia virtuale di una biblioteca dislocata nelle case dei proprietari dei libri. L’utilizzo dei beni può avvenire in qualsiasi luogo non segnalato e gli scambi solo nei FredPoint.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI La piattaforma ha principalmente il compito di far incontrare la domanda con l’offerta. Il sito permette di effettuare una ricerca filtrata per titolo, autore o categoria del libro e area geografica, in modo tale da permettere anche solo di curiosare fra i titoli disponibili. È inoltre possibile guardare i profili degli utenti registrati e le loro librerie, oppure cercare i Fred Point in una determinata zona. Ogni utente può inserire dal proprio profilo i libri che intende mettere in condivisione e che entreranno a far parte del database, completandoli di descrizione e pareri personali per stimolare l’interesse degli altri lettori. Il sito inoltre segnala altri utenti che hanno condiviso lo stesso libro in modo tale da avere pareri diversi e ampliare la scelta.

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Startup olandese che fornisce un servizio gratutito di condivisione peer-to-peer di beni tra vicini di quartiere. https://www.peerby.com/dashboard

PEERBY MISSION

La mission è quella di fornire un’alternativa al consumo usa e getta, creando una connessione fra le persone e incoraggiando il consumo collaborativo. Passare dalla mentalità dell’IO a quella del NOI, generando vantaggi dal punto di vista economico e ambientale.

Community di

1500 membri in Olanda dopo 1 anno di attività

Il social network, disponibile

anche sotto forma di app, permette anche in questo caso di incrociare la domanda con l’offerta, favorendo l’incontro nella vita reale. Il servizio nasce nel 2012 ad Amsterdam grazie a Daan Weddepohl e si diffonde velocemente in tutto il Paese, caratterizzato da un’alta densità abitativa. Ora la sua espansione è a livello globale. Possono essere condivisi oggetti di tutti i tipi, ma lo scambio parte direttamente dalla richiesta degli utenti: l’algoritmo si occupa di chiedere ai membri dell’area circostante se possiedono gli oggetti richiesti. Non si tratta di noleggio ma solo di prestito: si parte dal presupposto che chi presta oggi potrebbe aver bisogno domani. “Prestare cose è probabilmente uno dei più antichi comportamenti in natura” dichiara Weddepohl “E noi lo stiamo solo rendendo più semplice tramite la tecnologia”.

80% delle richieste veIENE soddisfattO dalla community nel giro di 30 minuti

L’

25 scambi al giorno stimati nel 2013

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Non ci sono requisiti minimi di buone condizioni. In generale si tratta di beni raramente utilizzati e quindi la probabilità che abbiano danneggiamenti è scarsa.

TARGET Gli utenti a cui è indirizzato il servizio possono appartenere a tutte le categorie. Un requisito fondamentale è che risiedano in zone con una densità abitativa sufficiente a permettere scambi proficui. In genere ci si conosce attraverso il sito, ma è conveniente coinvolgere amici e conoscenti.

SICUREZZA

LUOGHI

Lo scambio dei beni è basato sulla fiducia reciproca, ma attraverso un account premium si può pagare per un servizio assicurativo in caso di danni.

Anche in questo caso si tratta di un immenso magazzino virtuale frazionato nelle case dei membri della community. I luoghi di scambio vengono decisi di volta in volta dagli utenti.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Ciascun utente dispone di una pagina personale sulla quale visualizza gli oggetti richiesti dai suoi vicini e può quindi segnalare o meno la sua disponibilità al prestito. Può a sua volta inoltrare le sue richieste che verranno automaticamente segnalate ai contatti vicini. Dalla home è possibile fare ricerche per articolo e visualizzare i profili degli utenti di vicinato. È interessante che per poter utilizzare il servizio sia necessario raggiungere la “massa critica” di 20 utenti nella stessa area e invitare tre amici, altrimenti le funzionalità rimangono bloccate. È inoltre disponibile un servizio di messaggistica interno.

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La piattaforma per il noleggio peer-to-peer di attrezzatura per il viaggio, lo sport e le attività all’aria aperta. https://makeittravel.com/

MAKE IT TRAVEL MISSION

La mission dell’azienda è quella di consentire agli utenti di risparmiare denaro evitando di comprare oggetti che utilizzerebbero solo una o due volte, fornendo loro un’alternativa concreta, ma anche quella di favorire lo scambio di esperienze e tramite il filo conduttore del viaggio.

400 utenti Più di 500 annunci 2638 “Like” su Facebook

Make it Travel è una piatta-

Più di

forma online che permette il noleggio tra pari di oggetti e attrezzatura per il viaggio. Viene fondata nel 2015 da Anne-Laure Chorro et Clément Esso, a partire dall’idea che ci sono alcuni oggetti che vengono usati così raramente che non vale la pena comprarli, mentre converrebbe invece di più affittarli. La particolarità del progetto è rappresentata dal “Self-it”, una fotografia che ogni utente può scattare all’oggetto in prestito d’uso e aggiungere alla galleria. In questo modo si avrà una sorta di “diario di viaggio” del bene. Oltre all’oggetto in sé viene perciò condivisa anche la sua storia e la relazione di ciascun viaggiatore con esso, permettendo anche lo scambio di consigli.

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Per rientrare nella mission della piattaforma gli oggetti devono essere attrezzature sportive o da campeggio, zaini e valigie o altre attrezzature quali le macchine fotografiche e i fornelli da campeggio che vengono utilizzate tipicamente durante i viaggi. Le condizioni dell’oggetto possono essere visualizzate tramite le fotografie.

TARGET

SICUREZZA

LUOGHI

Viaggiatori e amanti del campeggio, della fotografia e delle attività sportive all’aria aperta. Gli utenti della piattaforma sono quasi sempre sconosciuti: si conoscono tramite il sito e si incontrano solo al momento dello scambio.

L’azienda dispone di un’assicurazione integrata nel prezzo del noleggio che copre gli oggetti e le persone che li utilizzano solo durante il periodo dell’affitto concordato attraverso la piattaforma.

Gli oggetti vengono custoditi nelle abitazioni dei proprietari e possono essere utilizzati in tutto il mondo dai membri della community che li noleggiano. Lo scambio avviene in luoghi pubblici a discrezione degli utenti.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Gli utenti dispongono sul sito web di una vetrina dove mostrare i propri oggetti e cercare quelli degli altri da noleggiare. Le offerte vengono pubblicate dalla pagina del profilo tramite delle schede pre-compilate da completare. La ricerca può essere effettuata per categoria, prezzo, localizzazione o nome dell’articolo. La community può interagire tramite il sito web e la pagina facebook.

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Piattaforma di noleggio peerto-peer di attrezzatura fotografica e video per professionisti.

http://www.sharegrid.com/

SHAREGRID MISSION

Rendere economicamente sostenibile ed efficiente la produzione fotografica e cinematografica, sia per i creativi, sia per chi possiede la strumentazione.

12000 membri nel 2015 18000 membri nel 2016

Sharegrid è una piattaforma

di mercato peer-to-peer che permette a professionisti del settore video e fotografia di noleggiare materiale professionale, spazi e servizi. Ăˆ inoltre un ottimo strumento di conoscenza per far nascere collaborazioni e pubblicizzare la propria attivitĂ . Fondato nel 2013 da Brent Barbano, Marius Ciocirlan, Arash Shiva.

136

un valore di milioni di dollari di strumentazione condivisa

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Si tratta di attrezzatura fotografica e per la produzione video di livello professionale, molto costosa. Il noleggio difficilmente comprende un unico elemento: in genere è necessario fornire anche accessori e borsa per il trasporto.

TARGET Fotografi e filmmakers professionisti. Si ha l’opportunità di incontrarsi di persona e creare collaborazioni con gente sconosciuta ma appartenenti alla stessa area di competenze.

SICUREZZA

LUOGHI

Al momento della prenotazione viene trattenuto una caparra dalla carta di credito dell’utente che poi verrà restituita 24 ore dopo la consegna, al termine dell’utilizzo. Sono previste diverse forme assicurative perché si ha a che fare con strumenti molto costosi.

I luoghi di scambio sono a discrezione degli utenti. Anche in questo caso c’è un archivio virtuale sul sito e uno reale ripartito nelle case e negli studi dei membri della community.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Gli utenti hanno a disposizione una pagina personale dalla quale creare il profilo completo di immagine, descrizione dettagliata e informazioni di ciascun articolo che vogliono rendere disponibile per il noleggio. Gli interessati avranno la possibilità di prenotarlo direttamente da questa scheda, selezionando il tipo di assicurazione che intendono fare. Il contatto fra gli utenti avviene tramite il sito. Inoltre è disponibile un blog per pubblicizzare i lavori dei membri e diffondere notizie.

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Una collezione di capi d’abbigliamento creata apposta per essere condivisa grazie all’hashtag di Instagram #Sharewear. http://sharewear.se

SHAREWEAR MISSION

La mission principale è quella di creare interesse per la Svezia nel mondo con particolare attenzione al settore della moda, veicolando un messaggio di sostenibilità. Stimolare le persone alla condivisione di abiti, evitando di gettarli via.

29 capi d’abbigliamento della collezione 591 post su #sharewear 7 stilisti svedesi

Sharewear è una collezione di

capi d’abbigliamento firmata da grandi stilisti svedesi ( Filippa K, Hope, House of Dagmar, Nikolaj d’Étoiles, Uniforms for the Dedicated, Weekday e Whyred) ideata apposta per essere condivisa. Chi dispone di un capo deve pubblicare una foto dello stesso su Instagram con l’hashtag #Sharewear. In questo modo gli altri utenti potranno visualizzarlo e richiederlo a chi lo ha in quel momento mettendo un “Like” sotto all’immagine. Il più veloce avrà la possibilità di utilizzarlo per una settimana. Gli utenti inoltre sono incoraggiati a contribuire alla collezione condividendo anche i propri vestiti. L’iniziativa è promossa da VisitSweden e Swedish Institute, agenzie per la promozione del territorio.

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Gli abiti della collezione originale sono tutti realizzati con processi e materiali sostenibili e adatti alla vita quotidiana. Ogni utente è tenuto a lavare il capo prima di consegnarlo a quello successivo.

TARGET All’interno del target della collezione originale sono previsti uomini e donne con uno stile casual ed elegante, dalle taglie standard. Per il resto tutti possono partecipare al progetto. Gli utenti devono necessariamente essere registrati ad Instagram e possono conoscersi personalmente o meno prima dello scambio.

SICUREZZA

LUOGHI

Non esiste alcuna forma di assicurazione e i vestiti condivisi in genere non tornano più al proprietario. In caso di problemi è possibile fare una segnalazione.

L’esposizione dei capi avviene su Instagram, mentre sono gli utenti a decidere il luogo e le modalità dello scambio.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Gli utenti hanno a disposizione un hashtag, #sharewear, che possono usare su Instagram per condividere selfie e fotografie dei vestiti da oppure per effettuare una ricerca. Utilizzano poi il tasto “Like” per prenotare il capo e dispongono di un catalogo sul sito per visualizzare la collezione.

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Il bookcrossing è una pratica di condivisione su scala globale che fa riferimento ad un archivio virtuale unico sotto il dominio di bookcrossing.com. http://www.bookcrossing.com

BOOKCROSSING MISSION

La mission è quella di connettere le persone attraverso i libri.

1.677.147 BookCrossers 11.727.699 libri registrati 132 Paesi in cui è praticato

Venne

acquistato da Ron Hornbaker, sua moglie Kaori e i cofondatori Bruce & Heather Pedersen per la realizzazione di un sito web lanciato il 21 aprile 2001. Il team di sviluppo continua a gestire il portale in Idaho, ma il movimento viene alimentato in tutto il mondo da volontari che promuovono il libero scambio di libri, svincolati da qualsiasi proprietario. Essi infatti, dopo essere stati registrati sul sito e identificati con un codice univoco da applicare sul volume, vengono resi disponibili da commercianti e associazioni che li dispongono in ceste o scaffali dedicati. I lettori possono prelevarli gratuitamente e riporli nello stesso o in un altro punto di bookcrossing. In alternativa il libri possono anche essere “liberati” in luoghi pubblici, lasciando decidere al caso il destinatario successivo. Li si può anche consegnare o spedire ad altri utenti della community che li richiedono.

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Il libri scambiati con il bookcrossing spesso vengono lasciati incustoditi e, passando frequentemente di mano in mano raramente sono in ottime condizioni. Non appartenendo ad un proprietario preciso è facile trovare appunti e tracce lasciate dai precedenti utilizzatori. Alcuni bookcrossers talvolta comprano appositamente delle copie di fascia economica da destinare al progetto. All’interno di ogni copertina è incollata un’etichetta riportante il BCID, che sovente viene personalizzata con un’illustrazione.

TARGET

SICUREZZA

LUOGHI

Tutti gli amanti della lettura generosi e con una vena romantica. Si può trattare di sconosciuti, che talvolta interagiscono sui forum o social network, ma che nella maggior parte dei casi hanno il libro come unico mezzo di contatto. Molti utenti però si conoscono, perché il libri vengono fatti circolare anche grazie al passaparola e al passaggio di mano diretto.

Non vi è alcuna forma di assicurazione del bene, che una volta registrato diventa della community, che ne è l’unica responsabile.

L’unico luogo definito è quello della biblioteca virtuale, mentre quello di sosta è rintracciabile dal sito, ma non in modo preciso e potrebbe essere ovunque. Allo stesso modo gli scambi possono avvenire in qualsiasi luogo, a discrezione degli utenti.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI La community ha a disposizione tutto l’archivio virtuale dei libri presenti nel mondo suddivisi per area geografica: le ricerche possono essere fatte con diverse chiavi, dal titolo, al codice ISBN al BCID, il codice specifico di bookcrossing, e i risultati visualizzati sotto forma di lista o di mappa. Si possono anche ricercare direttamente gli utenti e comunicare con loro nei forum. Sul sito è a disposizione molto materiale informativo, ma anche lo strumento e le istruzioni per creare l’identificativo del libro e la relativa etichetta. Quando ci si imbatte in un libro già registrato si deve cercare il suo codice identificativo sul portale e segnalare alla community il luogo in cui sta venendo utilizzato.

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Product Service System automatico di biciclette per l’area torinese.

http://www.tobike.it

TOBIKE MISSION

La mission è quella di fornire ai cittadini torinesi un sistema di trasporti ecologico e alternativo per abbassare i livelli di inquinamento e decongestionare il traffico automobilistico.

132 stazioni

Tobike è un servizio a paga-

mento che permette di prelevare, utilizzare e riconsegnare biciclette in modo automatico 24 ore su 24. Ciò è possibile grazie alla presenza di stazioni dotate di colonnine: ogni bicicletta dev’essere depositata agganciandola in una di queste postazioni. Il sistema è collegato in rete e tiene traccia della localizzazione di ciascun veicolo e dell’utente che se ne sta servendo attraverso dei sesnori di monitorggio. Ciascun abbonato dispone di una tessera tramite la quale sgancia la bicicletta, che permette anche l’identificazione. Il pagamento può essere annuale, settimanale o giornaliero.

6 COMUNI SERVITI servizio attivo 24 ore su 24 7047 “like” su facebook

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Le biciclette sono delle city bike tutte uguali, caratterizzate da un logo riconoscibile e una colorazione gialla. Dispongono di un elemento in metallo per l’aggancio del veicolo alla stazione, di un cestino portaoggetti, fari, campanello e sette marce. L’uso frquente, l’esposizione alle intemperie e gli atti di vandalismo fanno sì che si rompano facilmente. I punti più critici sono i freni, la catena, , le viti di regolazione del sellino e le camere d’aria.

TARGET Cittadini dell’area torinese che abitano o si recano abitualmente in aree in cui sono presenti stazioni Tobike, che sappiano andare in bicicletta e che non abbiano problemi motori né bagagli ingombranti. Gli utenti non entrano quasi mai direttamente in relazione fra loro, ma si riconoscono facilmente grazie alla bicicletta caratteristica.

SICUREZZA

LUOGHI

È possibile assicurarsi in caso di responsabilità civile verso terzi ad un costo di 5 euro. Non è previsto alcun controllo né sanzione per chi danneggia i veicoli, ma in caso di smarrimento o furto la responsabilità è di chi deteneva la bicicletta in quel momento.

L’utilizzo è concesso in tutta l’area torinese comprendente i comuni di Druento, Collegno, Alpignano, Grugliasco, Venaria Reale e Torino. Le stazioni sono localizzate in 132 punti, rintracciabili dalla mappa sul sito. L’abbonamento può essere acquistato online o in uno dei quattro uffici abilitati nella città di Torino.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Gli utenti dispongono di una tessera che funziona da pass per prelevare i veicoli dalle stazioni, una pagina personale sul sito, dove sono registrati tutti gli spostamenti, il credito disponibile e la scadenza dell’abbonamento e da cui si possono effettuare ricariche, rinnovare l’iscrizione e regalare il tesseramento ad un amico. Il servizio dispone anche di un’applicazione ufficiale che permette agli utenti di visualizzare il numero di biciclette e colonnine disponibili in una certa stazione, localizzare quella più vicina ed effettuare una ricerca per nome.

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Una collezione di adesivi da incollare sulla propria buca delle lettere per comunicare ai vicini cosa si intende prestare. http://www.pumpipumpe.ch/order-stickers

pumpipumpe MISSION

La mission dell’associazione è quella di sensibilizzare i cittadini ad un consumo consapevole e allo stesso tempo migliorare i rapporti tra vicini di casa.

11.969 “Like” su Facebook 42 adesivi predefiniti

Pumpipumpe è il progetto di

un’associazione che promuove il consumo consapevole attraverso l’incoraggiamento alla condivisione di oggetti tra vicini di casa. Essa produce adesivi raffiguranti oggetti che possono essere facilmente prestati e li distribuisce attraverso canali tradizionali e virtuali. Attaccando gli adesivi vicino alla buca delle lettere si comunica ai vicini cosa si è disponibili a prestare, liberandoli dal timore di bussare alla porta. Il nome significa letteralmente “presta-pompa” in tedesco, in quanto l’idea nasce nel 2014 in Svizzera proprio per permettere ai possessori di bicicletta di aiutarsi a vicenda in caso di ruote sgonfie. Dal sito si possono ordinare gli starter kit da 450 adesivi per promuovere l’iniziativa all’interno del proprio condominio.

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Le condizioni degli oggetti prestati sono unicamente a discrezione degli utenti e le tipologie sono limitate a quelle rappresentate sugli adesivi, ma se ne possono creare di nuovi o fare un ordine personalizzati.

TARGET

SICUREZZA

LUOGHI

Gli utenti sono persone che abitano all’interno dello stesso condominio e che quindi si conoscono già, ma spesso solo di vista. Il progetto fa sì che essi abbiano occasione di socializzare e intrecciare relazioni più profonde.

Non vi è alcuna garanzia fornita dal sito: la sicurezza proviene dalla fiducia e dal reciproco rispetto.

Tutto avviene all’interno del condominio: lo stoccaggio degli oggetti all’interno degli appartamenti, lo scambio sui pianerottoli e il “catalogo” degli oggetti disponibili lo si trova sulla buca delle lettere.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Gli utenti hanno a disposizione gli adesivi per mostrare i prodotti che desiderano condividere e il materiale a disposizione sul sito web per comunicare l’iniziativa ai propri vicini.

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Spazio condiviso per la promozione della cultura Open Source e della Fabbricazione Digitale http://fablabtorino.org/

fablab torino MISSION

Diffondere la cultura Open Source e la Digital Fabrication attraverso un punto d’incontro in un luogo fisico condiviso, che possa stimolare alla collaborazione.

5 community di progetto interne 7793 “Like” su Facebook 1° fablab d’italia Italia

Il Fablab Torino è il primo

laboratorio di fabbricazione digitale d’Italia, ma nella penisola se ne contano più di 70, coinvolgendo più di 3000 utenti. Nasce nel 2014 in una vecchia fonderia, finanziato da diverse persone tra cui Massimo Banzi e Riccardo Luna e coordinato da Enrico Bassi. È uno spazio condiviso in cui sono a disposizione dei soci dei macchinari per la prototipazione rapida quali stampanti 3D, frese CNC e macchine per il taglio laser, ma anche strumenti per il bricolage e piani da lavoro. Non vengono condivisi solo gli oggetti, ma anche le competenze e i progetti stessi, che hanno la caratteristica di essere tutti Open Source.

3° Paese al mondo per numero di Fablab

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Gli oggetti condivisi in questo caso sono macchinari molto costosi quali stampanti 3D, macchine per il taglio laser, frese CNC, un braccio robotico, attrezzatura per il bricolage e l’arredamento degli spazi.

TARGET

SICUREZZA

LUOGHI

Gli utenti a cui è indirizzato il progetto sono creativi di ogni età, interessati alla fabbricazione digitale. Essi diventano parte di una community e le molte attività proposte creano occasione di incontro e conoscenza di persona.

Tutti i macchinari e le attrezzature appartengono all’associazione perciò è interesse di ogni utente averne cura e far sì che le altre persone li utilizzino correttamente.

L’uso condiviso avviene all’interno del laboratorio e le attrezzature non possono essere utilizzate altrove.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI La community dispone di uno spazio fisico attrezzato e di un sito web che dispone di un’area riservata con i profili dei soci e un calendario condiviso per prenotare i macchinari. La gestione delle attività di manutenzione da intraprendere viene fatta tramite Trello e la comunicazione interna attraverso servizi di messaggistica istantanea.

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Café di Londra dedicato al gioco da tavolo: si organizzano tornei, si impara dai più esperti e si progettano nuovi giochi. http://www.draughtslondon.com

DRAUGHTS MISSION

Creare un centro dedicato al gioco da tavolo, sia dal punto di vista ludico e ricreativo, sia per imparare a giocare e a progettare nuovi giochi.

600 giochi da tavolo disponibili 5808 “Like” su Facebook In 2 anni 8100 persone

Draughts

è il primo Board Game Café di Londra, ovvero un locale dove i clienti hanno libero accesso ad una collezione di 600 giochi da tavolo differenti. Si può giocare in compagnia di amici oppure partecipare a dei tornei con altri appassionati. È possibile ordinare da bere e da mangiare, ma ad ogni modo l’ingresso è a pagamento, anche se si è liberi di portare i propri giochi da casa. Il locale venne aperto nel novembre del 2014 in seguito ad una raccolta fondi su Kickstarter alla quale hanno partecipato più di 500 persone interessate.

hanno trascorso almeno una serata al locale

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Nonostante vengano usati da tanta gente, diversi utenti hanno dichiarato le buone condizioni dei giochi da tavolo su Tripadvisor. Sono disponibili articoli di tutte le categorie e livelli di complessità, da quelli di ruolo a quelli per bambini. Si possono anche portare i propri giochi da tavolo e usarli in condivisione con gli altri clienti.

TARGET

SICUREZZA

LUOGHI

Il locale è rivolto ad un pubblico di qualsiasi età che sia interessato al gioco da tavolo. Gli utenti in genere si conoscono già fra di loro, ma l’attività all’interno del locale stimola all’interazione con gli altri clienti.

I giochi appartengono al locale e chi li danneggia dovrà rispondere dei danni ai proprietari.

Il luogo d’incontro è il locale in cui avviene l’uso condiviso degli oggetti, che coincide anche con il luogo di deposito. Gli utenti non possono prendere in prestito i beni per usarli altrove.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Uno spazio fisico per incontrarsi e utilizzare i giochi da tavolo, una selezione di 600 giochi, un archivio virtuale sul sito dal quale visualizzare i nomi dei giochi a disposizione e uno strumento di prenotazione automatica online.

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Una biblioteca di oggetti alla quale si partecipa attivamente mettendo a disposizione della community un proprio bene per un anno. http://www.leila-bologna.it

leila bologna MISSION

La mission è quella di restituire umanità al concetto di consumo: ridare il giusto valore agli oggetti utilizzandoli come strumento per stimolare le persone alla fiducia reciproca. Lo fa in un modo concreto, permettendo agli utenti di rendere un loro bene un oggetto della comunità.

60 iscritti dopo 80 giorni dall’apertura 1400 “Like” su Facebook in 7 mesi

Leila Bologna è un luogo fisi-

co in cui si possono prendere in prestito oggetti con una dinamica simile a quella di una biblioteca. I beni a disposizione possono essere di tanti tipi e provengono dalla community stessa: per partecipare in maniera attiva, ogni membro è tenuto a prestare a sua volta un oggetto, che potrà riprendersi alla fine dell’anno. Il prestito è gratuito, ma è necessario associarsi con una tessera di iscrizione, dopodiché si avrà tempo da una settimana ad un mese per usare il bene richiesto. Inaugurato nell’aprile 2016, Leila è in cantiere da ottobre del 2015, quando il progetto è stato presentato al Comune di Bologna. L’idea non è nuova: il primo Leila venne fondato nel 2011 a Berlino e ne sono stati aperti altri in diverse città europee.

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LE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO DELLA CONDIVISIONE Gli oggetti sono tutti funzionanti e le loro condizioni vengono verificate personalmente dal team Leila al momento del deposito e a quello del prestito. Si possono trovare attrezzi per la manutenzione e il bricolage, casalinghi e articoli sportivi. Non vengono accettati oggetti pericolosi, ingombranti, esauribili (vernici, detersivi), o di uso quotidiano e personale.

TARGET Gli utenti di Leila sono residenti nell’area bolognese, attenti alle novità e interessati a modi di consumo alternativo. Le probabilità che si conoscano di persona ci sono, ma lo scambio non avviene in modo diretto, perciò è possibile che non si incontrino mai. Possono però interagire sulla pagina facebook, che stimola alla relazione proponendo attività e appuntamenti.

SICUREZZA

LUOGHI

La sicurezza è garantita dalla sottoscrizione di un contratto al momento dell’iscrizione: tutti gli utenti sono anche soci e si impegnano a risarcire gli eventuali danni provocati. È inoltre prevista una cauzione per gli oggetti più preziosi in accordo con lo staff.

La sede fisica coincide con il luogo di stoccaggio degli oggetti, oltre che quello di scambio e incontro. Ogni utente ha la libertà di utilizzare i beni dove vuole. L’archivio degli oggetti è anche virtuale sul sito web.

GLI STRUMENTI PER GLI UTENTI Gli utenti hanno a disposizione una vetrina virtuale di oggetti sul sito, da cui possono visualizzare le informazioni relative e la disponibilità. Per il prestito invece si devono recare nel luogo fisico dove sono custoditi i beni, che è aperto due giorni la settimana e all’interno del quale si trova sempre qualcuno del team.

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iNTERVISTA AD ANTONIO BERALDI FONDATORE DI LEILA-BOLOGNA

Qual è la tua storia e com’è nato il progetto Leila-Bologna? Leila-Bologna nasce da un mio interessamento personale al progetto di Berlino scoperto per caso, guardando una puntata su Report, all’incirca un anno fa. Si trattava di una biblioteca in cui erano oggetti di tutti i tipi ad essere prestati e scambiati fra le persone, e non solamente libri. L’idea mi piacque molto e pensai di realizzarla nella mia città, Bologna. La reputai molto valida e in linea con i miei valori e stile di pensiero: ho vissuto in un cohousing, sono cresciuto negli Scout dove la condivisione è il pane quotidiano, ho lavorato in un centro di accoglienza e sono stato in Africa per volontariato. Il progetto Leila-Berlino era partito dal basso, in un quartiere popolare, con l’intento di creare una piccola rivoluzione partendo dalle persone, Ispirazione da un’idea già anzichè dalla politica. esistente Presi allora i contatti con Nicolae, che gestiva l’attività e che si dimostrò entusiasta del mio interessamento. Mi consigliò di fare dei sondaggi tra i verifica interesse miei amici per vedere se il progetto potesse essere apprezzato. Ricevetti molti feeback e decisi quindi di lanciarmi in questa avventura, con la mia compagna Francesca.

Avete fatto tutto da soli o vi siete appoggiati ad un incubatore? Richiesta di aiuto per ottenere: contatti sponsorizzazioni

Non esattamente. Ci siamo rivolti all’Ufficio di Cittadinanza Attiva di Bologna, che ci ha dato il patrocinio del Comune e diversi servizi, tra cui i contatti con il presidente del quartiere d’interesse. Parlando con lui abbiamo creato una collaborazione con la velostazione di Bologna, con cui attualmente condividiamo gli spazi.

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Com’è stata la risposta della gente alla vostra proposta?

E’ più facile DARE che CHIEDERE

Non comporta modifiche drastiche ma educa gradualmente al cambiamento di mentalità

Molto buona, considerando che abbiamo aperto lo scorso 16 aprile e dopo due mesi siamo arrivati a 60 utenti, per non parlare di tutte le televisioni e i giornali che ci hanno contattati. Il parco di oggetti da prendere in prestito, però è ancora da costruire e la gente fa fatica a vedere questa forma di prestito come un’opzione reale nel momento in cui si trova ad aver bisogno di un oggetto. È molto più facile invece che accada il contrario e che gli utenti abbiano voglia di condividere qualcosa che non utilizzano. Si tende a considerare la biblioteca come un piano B, piuttosto che come una reale scelta di stile di vita, ma all’inizio è normale. Quello che fa Leila è molto di più che essere una biblioteca degli oggetti. È uno strumento per innescare innazi tutto un cambiamento culturale, che non può essere fatto dall’oggi al domani.

Avete pensato anche ad attività che coinvolgano nello specifico gli utenti come community, in parallelo al servizio di prestito? La creazione di una Ci abbiamo pensato ma al momento non è la priorità perchè ci sono ancommunity non è cora molte cose da fare. Stiamo lavorando per aprire a settembre un nuol’obiettivo principale vo centro dedicato solamente alla condivisione di oggetti per bambini. Lo faremo in un futuro.

Siete ancora in contatto con gli altri Leila esistenti? In questo momento no, ma stiamo organizzando un evento per ottobre o novembre a Bologna per confrontarci con le altre realtà che esistono già e quelle che sono in cantiere, di cui tre in Italia. L’idea è quella di fare Necessità di un punto un po’ noi da polo di congiunzione, ma il tempo è veramente poco e non d’incontro che richiede si riesce a fare tutto. Io penso che debba essere un lavoro a sè per poter energie extra essere fatto bene.

Che ritorno avete dal punto di vista economico? Non è un’attività nata per Leila-Bologna allo stato attuale non è in grado di autosostenersi ecoessere remunerativa nomicamente. È il Comune che si occupa dell’affitto e l’abbonamento degli utenti non è sufficiente per garantire uno stipendio alle persone che lavorano attualmente nel progetto. L’idea è quella di lanciare un appello di fundraising per il periodo di dicembre. Avete notato se ci sono oggetti che si prestano meno all’uso condiviso e che potrebbero in qualche modo essere adattati? Al momento no, ma abbiamo notato piuttosto che alcuni oggetti sono Si può migliorare l’oggetto considerandolo come più difficili da usare e che chi non dispone delle competenze rimane tamezzo per raggiungere gliato fuori. Per ovviare questo problema si pensava di introdurre il conun risultato. cetto di banca del tempo all’interno del servizio: chi ha le competenze Il buon funzionamento può prestarsi per dare una mano a chi ne ha bisogno. In questo modo dell’oggetto sta nella non sarà più solo l’oggetto ad essere condiviso, ma anche l’esperienza e bravura di chi lo usa l’opera di chi lo usa.

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CASI STUDIO SPECIALI Ci sono due casi studio particolari che nonostante non riguardino la condivisione di oggetti meritano ugualmente attenzione per i meccanismi da cui sono sorretti: il Cohousing e i Gruppi di Acquisto Solidale.

Il Cohousing è una modalità abitativa basata sull’acquisto condiviso di un edificio e della successiva condivisione delle spese di ristrutturazione col fine di dar vita a un condominio con spazi comuni.1 CoAbitare, è un’associazione torinese che promuove nello stesso territorio questo modo di abitare e che al momento segue quattro progetti. Uno di questi è Numero Zero, dove abita Matteo Nobili, presidente della stessa associazione.

1. http://www.corriere.it/economia/13_giugno_13/ cohousing-coworking-banche-lavoro-coabitare_ a66055f0-d43b-11e2-9edc-429eec6f64c6.shtml

INTERVISTA A MATTEO NOBILI PROPRIETARIO DELL’APPARTAMENTO E BED AND BREAKFAST “TUTTO A POSTO” DEL COHOUSING NUMERO ZERO Quali sono le parti condivise nel Cohousing Numero Zero?

Nel nostro edificio vivono otto famiglie, in otto appartamenti differenti. Gli spazi comuni consistono in un giardino, un terrazzo di 190 m quadri, una salotto con angolo cottura in cui si fanno le cene tutti i lunedì. Poi c’è una sala seminterrata polivalente che utilizziamo come palestra per tenere corsi di yoga, come area ludica, e per dei piccoli concerti. Si cerca di fare eventi aperti al pubblico: l’obiettivo è quello di aprirsi al territorio, anche se per ora non c’è un progetto strutturato.

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Si sta pensando, a breve, di formalizzare questa associazione.

Chi sono i coabitanti e che rapporto c’è fra loro?

I coabitanti di Numero Zero sono tutti italiani, ma alcuni hanno vissuto periodi all’estero (Bruna, ingegnere aerospaziale, ha vissuto un periodo negli Stati Uniti, Chiara 6 mesi in India). La maggioranza é di donne (solo 4 uomini). Ognuno mette a disposizione anche le proprie capacità professionali: ci sono ingegneri, un architetto, un medico in pensione e una maestra. I coabitanti non si conoscevano prima di andare a vivere insieme, ma condividevano già in partenza una serie di valori. Si sono poi avvicinati man mano sviluppando il progetto. Numero Zero nasce grazie a CoAbitare, un’associazione che si occupa di promuovere il cohousing. Quattro famiglie facevano già parte dell’associazione, poi se ne sono aggiunte altre quattro strada facendo. Non ci sono regole strette, tutto si basa sul buonsenso generale di ognuno. Litigi veri e propri non ce ne sono mai stati, ma le discussioni sono molte, ad esempio, sul concetto di ordine degli spazi comuni, che è abbastanza soggettivo.

Si condivide anche un forno a legna per fare il pane in casa, che si trova nella sala comune. Il desidero è quello di aprirlo al vicinato, una, due volte a settimana. Poi c’è un laboratorio nel seminterrato dove ci sono attrezzi messi in comune e un bancone per lavorare. Abbiamo a disposizione quattro trapani ad esempio, perché ognuno ha portato il suo e li si è messi in condivisione. Lavatrici ce ne sono due private in due appartamenti e una comune che usano tutti. Oltre agli oggetti vengono condivise soprattutto competenze e aiuti. Non è raro bussare alla vicina per chiedere aiuto nel rifare un orlo o riparare il computer. Il cohousing numero zero al momento non è un’associazione, ma un condominio. Nel nostro regolamento c’è scritto che i gestori degli spazi comuni sono un’associazione non formale di coabitanti: tutti sono proprietari e abitanti. In questo modo se un coabitante decidesse di andarsene e di affittare, l’affittuario pagherebbe solo la parte privata, e non gli spazi comuni, che verrebbero gestiti da chi effettivamente li usa.

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Alla fine bisogna trovare un livello base di ordine che sia accettato da tutti e poi cercare di essere più o meno tolleranti, trovando un compromesso che accontenti un po’ tutti e non scontenti nessuno.

valori alla base del cohousing1 • convivenza attiva • aiuto reciproco • compartecipazione di cfconoscenze e capacità • rispetto dell’ambiente • stile di vita pratico

Che tipo di impegni comporta vivere in una realtà di Cohousing?

Ognuno fa tranquillamente la propria vita e i momenti vissuti insieme sono un’opportunità che si fa volentieri, ognuno in base alle proprie disponibilità. Ci sono alcuni appuntamenti fissi, come quello del lunedì e la riunione bisettimanale del condominio in cui si parla della gestione e degli eventi a cui si vuole partecipare, ma se qualcuno ha altri impegni non è un problema. La manutenzione e i lavori si cerca per quanto possibile di farli inseme. Se nessun’altro ha tempo, ma i lavori vanno fatti, li si fa anche da soli. Ci sono anche dei gruppetti di lavoro per gestire alcune attività specifiche quali la manutenzione del giardino e del terrazzo e i progetti con l’esterno. Abbiamo fondato anche un GAS aperto agli esterni, che dialoga anche con alcuni contadini di Porta Palazzo e collaboriamo con alcune associazioni di vicinato.

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fonte: statuto CoAbitare

Il Cohousing è dunque una modalità totale di condivisione, in cui gli individui riescono a valorizzare i vantaggi mettendo in comune non solo gli oggetti e gli spazi, ma anche le capacità e le idee. L’aspetto fondamentale dei coabitanti è la partecipazione attiva: il dialogo e il confronto vengono continuamente ricercati, col fine di conoscersi e sviluppare un atteggiamento di tolleranza. I Gruppi di Acquisto Solidale, detti comunemente “GAS”, sono invece un esempio di consumo collaborativo limitato solamente a beni alimentari e prodotti per la pulizia. I gruppi di acquisto vengono creati principalmente per orientare la spesa su prodotti solidali e locali, contattando direttamente

A chi consiglierebbe di vivere in un Cohousing?

Lo consiglierei a tutti coloro che sono disponibili ad aprirsi alla comunicazione e all’ascolto reciproco, abbandonando la mentalità individualistica del condominio classico, in cui si tende a guardare il proprio orticello piuttosto che avere una visione comune. I momenti di aggregazione periodici anche ludici, invece, permettono alla gente di instaurare delle relazioni più sane, perché si ha la possibilità di imparare a conoscersi sotto altri punti di vista e a trovare il modo migliore di rapportarsi. Questo è reso possibile proprio dalla disponibilità di spazi condivisi, che mancano in altri contesti.

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i produttori. In questo modo si può avere un controllo sulla qualità e far sì che i guadagni non vadano nelle tasche di intermediari. La condivisione quindi non riguarda il prodotto in sé, ma tutto ciò che è connesso all’azione dell’acquisto: il trasporto, la distribuzione e le spese. Un GAS di Torino ben organizzato è quello della Cascina Roccafranca, che ha sede nell’omonima cascina. Gli iscritti sono moltissimi (circa 120 famiglie): si ritrovano mensilmente per le riunioni associative e partecipano alla gestione dell’attività in modo volontario. Il gruppo è organizzato giuridicamente come associazione senza fini di lucro, perciò ogni socio deve pagare una quota annuale di 5 euro di gestione, più una cauzione di 30 euro. Gli associati danno il loro contributo in funzione delle loro possibilità e capacità. Alcuni di loro sono referenti per un certo tipo di prodotto o produttore e ne gestiscono gli ordini e le consegne. Il pagamento non avviene quasi mai in contanti: ogni socio versa periodicamente una somma tramite bonifico bancario che viene contabilizzata attraverso uno strumento informatico open source, GASdotto, su cui ciascuno dispone di una pagina personale. Tramite il portale si possono svolgere diverse operazioni tra cui effettuare gli ordini, visualizzare il credito disponibile e gli acquisti in corso e gestire le consegne dei prodotti, aggiornando il conto virtuale.

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il panorama della condivisione riflessione sui casi studio In questa sezione saranno analizzati i casi studio da diversi punti di vista e aspetti, evidenziando i punti di criticità e di forza.

“La condivisione sta al possesso come l’iPod sta al 33 giri, come il pannello solare sta alla miniera di carbone. La condivisione è pulita, urbana, fresca, postmoderna; il possesso è triste, egoista, timido e arretrato.” Jeremy Rifkin

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confronto fra i casi - introduzione gli obiettivi dei casi studio da una pratica occasionale a uno stile di vita i festival della condivisione

condivisione e design sistemico il tema della fiducia storie di condivisione

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confronto fra i casi - introduzione Confronto fra i casi studio con focus sul rapporto fra gli utenti e il senso di appartenenza nei confronti degli oggetti.

Sia nel caso del Cohousing, sia per i GAS la condivisione è fortemente legata alla collaborazione, alla conoscenza, al rispetto reciproco e alla tolleranza. Si tratta per entrambi di un effettivo passaggio dal “mio” al “nostro” in cui, pur venendo rispettate le identità dei singoli, si sottende anche un’identità comunitaria costituita da valori condivisi. Vengono esaltate le capacità e disponibilità di ognuno e si agisce nell’interesse della comunità anziché del singolo.

munity e network sta proprio nella condivisione di un obiettivo comune, che è una caratteristica peculiare solo della community. Per network invece si intende un qualsiasi gruppo di individui connessi da legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale ai rapporti familiari, che raggiungono attraverso le relazioni il soddisfacimento di bisogni personali. Ogni community si basa su una rete sociale, ma oltre agli obiettivi personali, contempla anche valori e fini comuni. Tra i casi studio analizzati, tutti quanti stimolano la creazione di networks, ma solo alcuni offrono strumenti per rendere attiva e propositiva la community.

Secondo una discussione avvenuta durante un workshop di ricercatori di tutto il mondo in occasione del OuiShare Fest di Parigi 2016, la fondamentale differenza tra com-

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Lo stimolo alla relazione è un fattore di confronto interessante da studiare, perché ci consente di capire i legami fra condivisione e interazione personale. Il ToBike, ad esempio, in cui gli utilizzatori non si conoscono neanche, il senso di appartenenza è molto scarso e capita sovente di trovare mezzi malfunzionanti o guasti a causa di incuria e atti di vandalismo. Per ShareGrid, invece, il livello di cura è molto alto perché il legame fra gli utenti può diventare addirittura di tipo professionale: non solo si ha la possiblità di conoscere personalmente gli altri utilizzatori di uno stesso oggetto, ma si avrà anche occasione di creare collaborazioni lavorative. Infine, in una realtà come il FabLab in cui si condividono anche spazi, tempo, idee e progetti, il senso di appartenenza raggiunge livelli molto elevati ed è cura di ciascun socio insegnare ai meno esperti ad utilizzare ogni macchinario. Anche la tolleranza è però molto alta, in quanto si tratta di oggetti comunitari e non privati in prestito.

L’educazione al cunsumo consapevole, ad esempio, non figura tra le mission di tutti i servizi presi in analisi, e nemmeno l’ottimizzazione delle risorse. In alcuni casi, come ad esemprio Draughts, la questione ambientale non viene neanche presa in considerazione, ma hanno più rilevanza gli aspetti sociali, che invece sono pressoché assenti nel ToBike.

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DA UNA PRATICA OCCASIONALE A UNO STILE DI VITA In questo capitolo verranno comparate le diverse modalità di espansione dei servizi collaborativi e la loro capacità di favorire uno stile di vita collaborativo.

Alla luce dei casi studio si può dedurre che il consumo collaborativo, non solo è possibile, ma trova in questo periodo storico un terreno fertile in cui crescere e diffondersi, modulandosi di volta in volta con le varie accezioni a seconda delle necessità. Tra le diverse soluzioni sono riconoscibili dei pattern che in linea di massima sono riproducibili in ogni parte del mondo. Il problema fondamentale riscontrato, però, è che ottime piattaforme e servizi, sono molto spesso fruibili solo dagli utenti di un certo Stato o di una determinata città. È un peccato pensare che esistano delle

soluzioni molto valide nel mondo e non poterne usufruire solamente perché si vive in un’altra nazione. Sharegrid, ad esempio è attivo solo in alcuni paesi degli Stati Uniti e Leila Bologna è un’opportunità solo per una bassissima massa critica residente in quell’area. Molti servizi quali Airbnb hanno risolto questo problema con l’approccio della multinazionale: investendo per crescere ed espandendersi a livello globale. Così ha fatto anche TaskRabbit, il mercato virtuale che mette in comunicazione utenti che hanno bisogno di aiuto nelle attività

diffusione del servizio make it travel

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della vita quotidiana, con gente disposta e capace di svolgere le suddette mansioni, dietro giusto compenso. Da un’intervista a Leah Busque, la fondatrice di TaskRabbit, se ne deduce che l’ingrandimento di un’azienda e la sua espansione su scala mondiale può portare grandi guadagni, ma comporta anche onerosi investimenti di tempo, denaro e risorse, rischiando di creare un monopolio.

quando verremo anche in Italia. Ci sta offrendo aiuto per trasferirci, ha molta buona volontà ed è veramente bello vedere come la gente risponde in questo modo a Taskrabbit”. L’applicazione sta avendo un buon successo di pubblico. “Ciò su cui stiamo lavorando ora è come fare a espanderci in maniera più veloce a livello mondiale, e come fare a crescere anche all’interno degli Stati Uniti”. A questo serviranno i milioni appena raccolti.

Anche Make It Travel ha questa tendenza, perché è stato direttamente concepito per essere disponibile in tutto il mondo, ma essendo ancora relativamente agli inizi raggiunge attualmente la massa critica necessaria solo in alcune città francesi. Quello che fa la startup è creare un network di persone che condividono la stessa passione per i viaggi. La sua modalità di diffusione lineare può essere paragonata a quella della crescita di un ortaggio, che da piccolo, tende ad ingrandirsi sempre di più.

Estratto dall’intervista 1

Fino a oggi, la ruota della fortuna di Taskrabbit ha girato a Boston, Chicago, Los Angeles, New York e nell’area delle baia di San Francisco. “Lanceremo il servizio anche a Seattle e Portland a gennaio”, ha affermato la Busque. A seguire toccherà a Atlanta, Austin e Dallas. E poi c’è quel progetto di espandersi in tutto il mondo. “Guardiamo con interesse Parigi, Londra, Madrid, Sydney e… Roma. A Roma abbiamo una persona che si chiama Roberto che adora il nostro servizio e che continua a mandarci un sacco di email per chiederci

1. 16 dicembre 2011 - Liva Judic per Wired Italia

modello di crescita lineare

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diffusione dei punti leila

I suoi vantaggi non possono essere compresi a livello dell’imprenditoria classica, che ragiona in termini di interesse personale e nel breve periodo. La “filosofia Fablab” viene riprodotta in tutto il mondo a partire da un modello locale di base, che viene modulato a seconda del contesto in cui si manifesta. Lo stesso accade per Leila, la cui filosofia nasce a Berlino nel 2010 e la sua struttura viene riprodotta prima a Vienna e poi a Bologna nel 2015. Il processo di diffusione in questo caso può essere paragonato a quello della riproduzione cellulare, in cui gli elementi di base

L’esperienza del Fablab invece insegna che quando un’idea è buona, è importante diffonderla il più possibile e renderla nota, per creare qualcosa di più grande di un semplice valore economico immediato. Non si parla infatti di azienda ma di “movimento” dei makers. Nel caso del Fablab l’idea di fabbricazione digitale porta a nuovi modi di produrre, e quella di open source a un cambiamento culturale e sociale, all’apertura verso nuove forme di economia. Non a caso, open source significa proprio rendere disponibile in modo libero una certa informazione, condividendola.

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modello di crescita “a riproduzione cellulare”

stile di vita e di consumo e la condivisione venga allargata a quanti più ambiti possibili. Ecco perché è fondamentale che questi servizi di sharing siano connessi fra loro, si supportino a vicenda anziché competere e portino a sviluppare una grande rete di collaborazione a livello globale. Questa è la mission che sta dietro a realtà come OuiShare o Collaboriamo, movimenti di promozione di stili di vita collaborativo che operano tramite l’organizzazione di eventi, la redazione di blog e giornali e l’incubazione di startup. Sono dei punti di riferimento che fanno da collante fra le varie realtà, a livello locale ed internazionale, ma soprattutto tra le persone interessate al tema.

vengono copiati e inseriti in un altro contesto. È un procedimento lento, che richiede diversi anni e investimenti e raggiunge un’utenza limitata. Molti di questi servizi, inoltre, sono poco conosciuti, perciò utenti che ne avrebbero bisogno ma non hanno mai avuto contatti con realtà di sharing economy, non hanno modo di partecipare. Alcuni ottimi servizi poi, talvolta sono disponibili solamente per una determinata categoria di oggetti o, come in questo caso, in un’area circoscritta. Affinché gli effetti del consumo collaborativo abbiano impatti significativi a livello globale dal punto di vista ambientale e della produzione è necessario che pratiche occasionali diventino un vero e proprio

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I FESTIVAL DELLA CONDIVISIONE I festival e altri eventi pubblici sono il mezzo più potente per creare rete fra le varie realtà di condivisione e allo stesso tempo permettere alle persono di conoscerle.

Ouishare è una comunità globale fondata nel 2012 a Parigi, e oggi diffusa in 25 Paesi del mondo, con una rete di 50 “Connectors” esperti e più di 2000 membri che operano a livello locale. La sua mission è quella di diffondere il più possibile la cultura della condivisione e del consumo collaborativo, oltre che favorire l’incontro delle persone nella vita reale. La sua attività è principalmente divulgativa e avviene attraverso un giornale omonimo, la raccolta e diffusione di dati riguardanti il fenomeno, che sono tutti open source e l’organizzazione di eventi quali il OuiShare Fest. Il target dei visitatori è molto selezionato, in quanto i prezzi dei biglietti sono molto alti, ma è possibile fare una vera esperienza di condivisione partecipando gratuitamente come volontari. Oltre alle conferenze di tipo tradizionale, si può partecipare a workshop interessanti. Quest’anno ad esempio è stato molto apprezzato quello di Alison Cebulla sul tema della fiducia fra sconosciuti. I presenti hanno potuto sperimentare attraverso delle attività-gioco che per rompere le barriere bisogna imparare ad ascoltarsi e conoscersi e soprattutto trovare i punti in comune. Durante un workshop tenuto invece dallo Share Lab di Copenhagen la riflessione è stata portata sui prodotti, che possono essere essi stessi punto in comune in quanto argomento di una conversazione o oggetto della condivisione. All’interno del laboratorio è stato chiesto ai partecipanti di indicare le caratteristiche che dovrebbe avere

Nel maggio 2016 questo evento è stato tenuto a Parigi e ha trattato i temi delle economie collaborative, del futuro del lavoro, dell’open source, della blockchain, ma anche delle trasformazioni delle città e del concetto di benessere.

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un oggetto adatto alla condivisione e sono state individuate le seguenti: -utile e/o piacevole -non pericoloso -veicolo di memoria -durevole e riparabile -con alta affordance -di alta qualità -dalla culla alla culla In Italia invece l’organizzazione di promozione del consumo collaborativo maggiormente attiva si chiama Collaboriamo ed ha sede a Milano. Anch’essa produce risorse e pubblicazioni, pubblicizza e promuove eventi e sostiene la nascita e lo sviluppo di start-up nel settore dell’economia collaborativa. Ha di recente promosso due eventi molto importanti: #IOCONDIVIDO, il primo festival gratuito sul tema della sharing economy organizzato da AltroConsumo, e SharItaly, evento leader in Italia sul tema della collaborazione già dal 2013, con l’obiettivo di favorire contaminazioni tra comunità, aziende, amministrazione e piattaforme. I target di riferimento erano differenti, ma in entrambi i casi il fine è stato quello di diffondere il più possibile la conoscenza sul tema per coinvolgere i cittadini e innescare un processo volto alla creazione di un network di sviluppo.

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condivisione e design sistemico Punti di collegamento fra la i servizi di condivisione e il Design Sistemico, con particolare focus sulle dinamiche di diffusione.

La condivisione sviluppata all’interno di un quadro di collaborazione e comunione di obiettivi rientra tra i valori e principi del Design Sistemico. Secondo questa disciplina il passaggio di un flusso di energia e materia da un sistema ad un altro può essere progettato in modo tale da generare valore economico e ridurre gli impatti ambientali. Questo avviene principalmente con la valorizzazione delle risorse locali o già presenti nel sistema e la trasformazione degli output in input, creando una rete di relazioni e collaborazione. Si parla di sistemi “aperti”, poiché si sostengono e si riproducono autonomamente co-evolvendo congiuntamente. Un punto cruciale di questo approccio è la centralità dell’uomo: il progetto è delineato sulla base dei suoi bisogni, relazioni e contesto culturale, ambientale, sociale ed etico. All’interno del testo Micro Macro, il professor Luigi Bistagnino spiga le differenze fra un sistema produttivo lineare ed uno sistemico attraverso l’individuazione di valori di riferimento. Per sistema produttivo lineare si intende il modello attuale tipico delle grandi aziende, in cui si opera su scala globale sia dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse, sia da quello dell’espansione di mercato, in cui la quantità di prodotti venduti è più importante della qualità degli stessi e in cui ci si contende in continuazione il potere d’acquisto dei consumatori. Per sistema produttivo sistemico, invece, si intende un modello basato sui principi del

Design Sistemico. I casi studio presentati nel precedente capitolo, pur trattandosi di servizi, si basano su alcuni valori del modello sistemico. Se si considera l’uomo come elemento identificativo di un sistema di oggetti, la condivisione degli stessi con altri individui porterà ad una ottimizzazione delle risorse con conseguente impatto positivo sull’ambiente, oltre che a un risparmio economico. Ciascun individuo ha già di per sé la sua rete di legami interpersonali con cui si relaziona quotidianamente. È dunque anch’essa una risorsa da sfruttare e valorizzare. Nella maggior parte dei casi studio e di servizi di sharing, in realtà questo non avviene: si punta per lo più a favorire l’incontro fra persone con interessi simili e far incontrare la domanda con l’offerta. Il rischio è quello di cadere poi in meccanismi relativi a modelli lineari, come nei casi di Airbnb, e TaskRabbit già citati, in cui si finisce per puntare all’espansione globale perdendo di vista l’obiettivo primo di diffu-

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dinamica di attivazione di un’attività di consumo collaborativo

sione della cultura dello sharing: eventuali attività simili vengono viste come competitors e quindi soffocate, anziché essere esaltate e supportate. Nel caso di Pumpipumpe, invece, quello che si fa è fornire uno strumento che permetta ai condòmini di valorizzare e rafforzare le relazioni già esistenti, derivanti dal fatto che si abita nello stesso luogo. È sufficiente che un solo inquilino venga a conoscenza del progetto e se ne appassioni: sarà poi suo compito proporlo agli altri residenti che, se decideranno di adottarlo, ne saranno essi stessi promotori. Gli adesivi sulle buche delle lettere attireranno l’attenzione di amici e visitatori, che a loro volta potranno farsi promotori nel loro condominio. La modalità di diffusione è paragonabile a quella dell’informazione che si propaga tra le connessioni neurali di un sistema nervoso, attivandole in una reazione a catena. Se pensiamo al nostro pianeta come un cervello e alle persone come i neuroni , capiamo che affinché tutto funzioni è fondamentale che ci siano le sinapsi, ovvero delle attivazioni dei legami fra le persone, che si propagheranno lungo le connessioni esistenti. Dalla sinapsi verrà generato il movimento di un muscolo, il rilascio di una sostanza chimica o la creazione di un’informazione. L’azione parte sempre da uno stimolo: e’ un problema, una situazione, un bisogno che spinge i neuroni a collaborare. Essa dipende dalle informazioni presenti nel sistema nervoso centrale, che provengono dall’apporto di ciascun neurone e che sono a disposizione di tutto il sistema.

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il tema della fiducia Per poter condividere con altre persone è necessario fidarsi l’uno dell’altro e di conseguenza anche rispettarsi. La fiducia nelle persone può essere sostituita dalla fiducia nell’autorità che garantisce il rispetto delle regole.

dare fiducia a un individuo anche se non lo si conosce direttamente, perché la sua credibilità viene garantita dalla community attraverso sistemi di feedback e recensioni. È questo il motivo per cui le piattaforme di sharing e le biblioteche di oggetti rendono possibile la condivisione anche fra persone che non si conoscono. Non c’è bisogno di fiducia fra le parti, perché questa è garantita da un terzo attore: la community stessa. Ogni persona è consapevole fin dall’inizio che ciò che mette in condivisione potrà subire dei danni, ma ha la certezza che se ci saranno dei problemi verrà rimborsata o il danneggiatore punito con la perdita di credibilità. Il premio della “buona reputazione”, che consentirà di fare affari in futuro, fa sì che ognuno si impegni per la massima correttezza. Il modello che si segue è quello che co-

Secondo la definizione del dizionario Treccani, il termine “condividere” ha due significati. Il primo è inteso nel senso materiale di spartire: da un intero se ne ricavano parti separate. Il secondo invece è quello figurato di avere in comune con altri qualcosa di intangibile: esperienze, idee, pensieri. La prima interpretazione comporta che ognuno dei beneficiari dovrà anche rinunciare a qualche cosa. Se si parla di oggetti, ovvero di beni materiali, verrà ripartito il tempo di utilizzo spettante a ciascuno. Di riflesso, con esso dovrebbero anche essere condivise le spese di manutenzione e di acquisto. Una dinamica di questo tipo, per funzionare in modo efficace, ha bisogno che ci sia molta fiducia tra le persone oppure di essere controllata da una parte neutrale, che faccia da garante. Un sistema intermedio è quello della reputazione, che permette di

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è troppo grossa e si preferisce evitare di prendersela per non avere problemi di tipo personale e compromettere le relazioni. Affinché funzioni, dev’essere una scelta consapevole, in cui le parti ne riconoscono i vantaggi e si impegnano a prendersi le proprie responsabilità, rispettando l’altra persona anche in caso di problemi.

munemente regola la società attuale: chi non rispetta le regole viene screditato o punito e la reputazione di un soggetto dipende dai suoi comportamenti e da ciò che gli altri dicono di lui. Tra familiari, amici e conoscenti la relazione non si basa su regole scritte, ma su convenzioni sociali, fiducia reciproca e rispetto. Se il prestito degli oggetti viene inserito in questa dinamica senza essere gestito da terze parti per tutelare i soggetti, esso chiamerà in gioco le regole non scritte dei rapporti personali. È per questo motivo che in caso di problemi, anziché essere un motivo di miglioramento dei rapporti potrebbe causarne addirittura la rottura. In caso di mancata restituzione di un oggetto prestato, se non si approfondisce la questione e la si risolve, si perde la fiducia nell’altra persona a causa di un’apparente mancanza di rispetto. La posta in gioco non è più la possibilità di fare affari con una community ma la relazione stessa. Ecco perché la condivisione di oggetti fra amici e conoscenti, nonostante debba essere quasi sottointesa in quanto già si condividono tempo ed esperienze, in realtà sia la più difficile da gestire. La responsabilità

Nelle pagine seguenti verranno illustrati i flussi di prestito fra privati e all’interno di un servizio gestito in modo centralizzato. L’osservazione dei flussi permetterà di individuare i punti di forza e debolezza dei due sistemi per fornire elementi progettuali.

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STORIE DI CONDIVISIONE La condivisione fra amici e vicini può funzionare o no, ma la volontà di mantenere buoni rapporti fa sì che le persone trovino ad ogni modo una soluzione.

mette una valorizzazione di questo potenziale.

Andrea è un ragazzo di ventidue anni, studente universitario. Non ha molti soldi, ma ha tanti amici e tanti gruppi su Whatsapp per comunicare con loro. Si rende conto il giorno prima di partire per un weekend al mare che non ha un ombrellone e decide di chiedere ai suoi amici se qualcuno gliene può prestare uno per quest’occasione. Gli risponde un suo compagno di basket, con cui non si vede da un po’, che gli dice che può usare senza problemi il suo. Quel pomeriggio Andrea va a casa di Marco per prendere l’ombrellone, il quale coglie anche l’occasione per offrirgli un caffè e fare due chiacchiere. I due si rivedranno poi la settimana successiva per la restituzione e per raccontarsi com’è andata.

Ci sono però anche molte testimonianze negative legate al prestito degli oggetti: casi di mancata restituzione, di oggetti rovinati, di smarrimenti. In generale, se la relazione di base fra gli individui è già solida, il problema viene risolto in modo pacifico attraverso un dialogo e un accordo comune. In caso contrario, il fallimento della condivisione può diventare la causa stessa della rottura o incrinatura del rapporto. Antonio e Mimmo sono due vicini di casa in un complesso di casette a schiera. Hanno entrambi un piccolo giardino con prato e siepe di fronte nello spazio antistante la loro abitazione. Per risparmiare e ottimizzare le risorse si erano accordati sull’uso condiviso di un tosaerba che avevano acquistato in condivisione. Inizialmente la soluzione andava bene, ma i due avevano una modalità di tagliare il prato molto diversa fra loro: Mimmo era molto lento e minuzioso e tagliava il prato solo di tanto in tanto, Antonio invece lo faceva più sovente, ma in modo più grossolano. Un giorno il tosaerba si ruppe mentre lo stava usando Mimmo e si presentò la questione delle responsabilità: per evitare di dover pagare spese di manutenzione e discutere con il vicino, Antonio disse a Mimmo che aveva già intenzione di comprare un altro tosaerba per sé e lasciò a Mimmo quello vecchio, che si sarebbe riparato a sue spese.

Ecco un classico caso in cui la condivisione di un oggetto partecipa alla qualità di una relazione. Si tratta in questo caso di una relazione già esistente, che ha un potenziale non sfruttato. La condivisione per-

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In questo caso la condivisione non ha funzionato per mancanza di comunicazione: non essendosi accordati in precedenza sul da farsi in caso di danneggiamento, che prima o poi si sarebbe verificato, i due hanno preferito la via piÚ semplice per evitare contrasti negativi. Per ottenere effetti positivi è perciò fondamentale che ci sia già un buon rapporto fra le due parti e che ci sia soprattutto molta comunicazione e chiarezza.

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SOLUZIONE PROGETTUALE L’ACQUISTO CONDIVISO In questa sezione verranno delinati i percorsi per giungere al progetto finale, che sarà descritto e illustrato in tutte le sue fasi, da quella di ricerca a quella di testing e sviluppo.

La felicità è reale solo quand’è condivisa. Dal film Into the wild

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Introduzione al progetto I vantaggi dell’acquisto condiviso Uno strumento per l’acquisto condiviso Sondaggio d’interesse Requisiti di progetto MESAPRÜN - Il portale dell’acquisto condiviso Test di fattibilità Miglioramenti e funzioni aggiuntive Considerazioni

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INTRODUZIONE AL PROGETTO

Il progetto sviluppato in questa tesi si inserisce in un quadro più ampio di promozione del consumo collaborativo, di cui la ricerca stessa fa parte. L’obiettivo sotteso è quello di rendere il consumo collaborativo uno stile di vita, facendo sì che esso venga allargato a quanti più ambiti possibili. Nel capitolo precedente sono stati analizzati diversi approcci al consumo collaborativo, operanti a livelli differenti: per quanto riguarda le piattaforme di sharing online si è trattato di operare ad un livello base, agendo in modo mirato sulla modifica di una particolare abitudine riguardante un oggetto specifico. Nel caso dei GAS, invece, il livello di coinvolgimento è più alto perché ciò che viene condiviso non è più un oggetto ma una azione: quella della spesa. I soci condividono anche valori e ideali, nonché abitudini alimentari. Lo stesso accade per il Cohousing, dove in più vengono condivisi quotidianamente anche degli spazi. In tutti questi casi si tratta di attività di condivisione che vivono in modo indipendente, ma che trovano punti d’incontro nei principi del consumo collaborativo, promossi e pubblicizzati da redazioni di giornali quali Collaboriamo, OuiShare e Altroconsumo, che fanno da punto di riferimento e legante.

LIVELLI DI COINVOLGIMENTO

Lo potremmo collocare quasi allo stesso livello dei Gruppi di Acquisto Solidale, perché oltre alla condivisione di oggetti presuppone anche quella di mo-

Il progetto presentato presuppone perciò la presenza di questo tipo di contesto in cui svilupparsi e si concentra in modo puntuale sull’agevolazione del consumo collaborativo all’interno di reti sociali già esistenti.

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menti di svago, interessi e valori, ma utilizzando i canali e le modalità delle piattaforme di sharing. Condividere con i propri amici, vicini e conoscenti in modo consapevole può portare a molti più vantaggi rispetto a quello di farlo con sconosciuti. Il primo è di carattere puramente pratico: la vicinanza fisica o la frequentazione degli stessi ambienti favoriscono e agevolano gli scambi. Il secondo consiste nella possibilità di non basarsi sul giudizio di altri utenti per dare fiducia ad una persona, ma sulla propria esperienza personale. La conoscenza combatte la paura e la diffidenza. Inoltre, così come avviene sul web, anche nella vita reale le persone saranno incoraggiate a comportarsi in modo corretto per non perdere i benefici derivanti dalla condivisione. Il concetto chiave, che verrà anche dimostrato con dei test, consiste nel fatto che la condivisione di oggetti e beni materiali è molto più immediata laddove esiste già una condivisione di tempo libero, ovvero fra amici, fra cui esiste già un senso di appartenenza. Nella maggior parte dei casi studio, si è ancora in una concezione di “mio”, “tuo” o, peggio ancora, “appartenente a nessuno”. Questo accade specialmente per i Product Service Systems come il bike sharing, ma talvolta si cade nello stesso errore anche quando si tratta di prestito tra amici e conoscenti. Il progetto ha lo scopo di sfruttare la con-

divisione di un oggetto come pretesto per creare occasioni di incontro fra le persone che già si conoscono, per costruire un maggiore senso di appartenenza. Se ciascuno avesse cura di ciò che prende in uso come se fosse qualcosa di proprio a cui tiene molto, i fenomeni come il vandalismo non sarebbero più contemplati e ci sarebbe un maggiore rispetto delle risorse del nostro pianeta. La condivisione, affinché funzioni, deve avere alla base il concetto di “nostro”, per far sì che si agisca sempre nell’interesse comune, senza bisogno di un arbitro o un giudice. L’esempio lampante viene dal Cohousing: chi lo sceglie consapevolmente si impegna a sentire tutti gli spazi come propri, anche quelli che non usa direttamente. Questo permette di risolvere in modo costruttivo le problematiche che indubbiamente ci saranno, perché sente come proprie anche le esigenze degli altri coabitanti. Ecco perché il focus del progetto è incentrato sull’acquisto collettivo: una condivisione che è chiara fin dall’inizio e che è concordata da tutte le parti, in cui nessuno è proprietario esclusivo, ma tutti ne sono responsabili. Il punto fondamentale dovrà essere la consapevolezza: dell’uso che si fa dell’oggetto, delle regole di rispetto reciproco e dei vantaggi e svantaggi che la condivisione comporta. In questo modo non ci potranno essere fraintendimenti e verranno esaltati solamente gli aspetti positivi di questa pratica.

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I VANTAGGI DELL’ACQUISTO CONDIVISO All’interno del capitolo verranno delineati i vantaggi dell’acquisto condiviso dal punto di vista sociale, ambientale ed economico, tramite la simulazione con dati plausibili relativi agli acquisti annuali di una famiglia italiana media.

I vantaggi dell’acquisto condiviso sono di diverse forme. Il primo fra tutti è quello di di tipo sociale: la condivisione di un oggetto fin dal momento dell’acquisto educa al concetto di “nostro”, favorendo un rafforzamento delle relazioni già esistenti e un atteggiamento tollerante e rispettoso. Il secondo è di tipo ambientale: un unico oggetto che riesce a soddisfare i bisogni di più persone corrisponde indubbiamente ad uno sfruttamento più efficiente delle risorse e ad una minore produzione di rifiuti. Al terzo posto c’è quello di tipo economico: la condivisione degli oggetti comporta inevitabilmente anche una suddivisione dei costi, riducendo percentualmente la spesa. Questo incoraggia anche l’economia, che diventa più dinamica perché i consumatori aumentano il loro potere d’acquisto.

Stimando che la condivisione avvenga con almeno un’altra famiglia questo porterebbe ad un risparmio medio annuo di minimo 520 € per famiglia.

Per rendersi conto degli effettivi vantaggi può essere utile fare delle ipotesi prendendo come riferimento un nucleo familiare tipo. Secondo un censimento ISTAT del 2013 una famiglia italiana media di quattro persone spende mensilmente 2843,89 €. 1 Di questa spesa circa il 3 %, pari a 86,36 € al mese, è destinato all’acquisto di beni che potrebbero essere utilizzati e acquistati in condivisione, in quanto appartenenti alle categorie individuate tramite i sondaggi di cui si parlerà a pag 105.

1 Vedi dati ISTAT in appendice

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Scendendo nel dettaglio si può assumere che la suddetta famiglia acquisti nell’arco dell’anno in corso degli oggetti precisi, secondo tabella 1, qui sotto. La spesa totale annuale in questo caso sarebbe di 625 €. La frequenza di utilizzo varia a seconda dell’oggetto: alcuni, come il ferro da stiro, avranno un uso più intenso e regolare, altri, come la cintura elegante, saranno utilizzati solo in certe occasioni particolari. Il numero di utilizzi può essere previsto a grandi linee, ma un calcolo preciso può essere fatto solo considerando l’anno come già trascorso. Ipotizzando che gli oggetti in questione vengano utilizzati solo e unicamente per quell’anno è interessante stimare quale sarebbe il loro costo in funzione della frequenza di utilizzo. (vedi tab. 2)

TAB. 1 - IPOTESI DI SPESA ANNUALE DI UNA FAMIGLIA TIPO - OGGETTI CONDIVISIBILI

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TAB. 2 - FREQUENZA DI UTILIZZO E RAPPORTO CON IL PREZZO - OGGETTI TAB. 1

Salta subito all’occhio ad esempio che in questo caso il costo annuale del ferro da stiro sia identico a quello di un numero della rivista Internazionale. Il ferro da stiro, però, continuerà plausibilmente ad essere usato con la stessa intensità anche l’anno seguente e per almeno altri tre o quattro. Non sarà la stessa cosa per la rivista, che non verrà quasi più utilizzata in quanto, una volta letta, avrà terminato la sua funzione. L’informazione contenuta al suo interno ha un forte livello di obsolescenza: già dopo

pochi mesi risulterà di poca importanza, in quanto le notizie non saranno più aggiornate. È perciò molto più sensato usare in modo più intenso la rivista nella fase iniziale della sua vita, in quanto successivamente il suo valore sarà pressoché pari a quello di un rifiuto. Anche se apparentemente un discorso del genere non sarebbe valido per il ferro da stiro, la cui durata è importante che sia protratta nel tempo, in realtà anche in questo caso è più conveniente concen-

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loro durata, ma di fatto il risultato sarebbe perlomeno identico, se non migliore.

FIG. A

trare gli utilizzi in un arco temporale più ristretto. La ricerca ci porta inevitabilmente alla progettazione di prodotti sempre più efficienti ed ecologici man mano che il tempo passa. Un ferro da stiro di quattro anni potrebbe essere sostituito per lasciare più spazio ad un prodotto di nuova gamma, più prestante e che permetta di risparmiare tempo e risorse. In genere però, non vi è la necessità di sostituirlo in questo arco di tempo, perché normalmente il prodotto è ancora funzionante, ma ha presumibilmente ridotto le sue prestazioni. In questo caso si parla di obsolescenza tecnologica: lo strumento è ancora in grado di assolvere la sua funzione, ma prodotti più aggiornati potrebbero farlo meglio o con minore impatto ambientale. Concentrando invece l’uso nel tempo, grazie all’acquisto condiviso, la possibilità che sia necessario sostituirlo è molto più plausibile. Sembra un paradosso voler incentivare la sostituzione di prodotti, anziché la

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Supponiamo che un ferro da stiro usato da una sola persona per nove anni con cadenza settimanale venga invece usato in condivisione da tre utenti distinti con la stes-

sa cadenza: a rigor di logica la sua durata dovrebbe essere ridotta a tre anni. In realtà tutti i ferro da stiro sul mercato sono testati per essere usati 250 ore all’anno, perciò non dovrebbero esserci differenze rilevanti di durata anche aumentando di tre volte la frequenza di utilizzo.

FIG. B

C’è anche da sottolineare che la maggiorparte dei prodotti non sono soggetti solamente ad usura, ma anche ad invecchiamento naturale, indipendentemente dalla cura con cui vengono trattati. La plastica e la gomma sono i materiali maggiormente soggetti al degrado causato dal fattore temporale. Il materassino gonfiabile da campeggio ad esempio è molto sensibile al processo di invecchiamento naturale, perciò verrebbe sfruttato molto meglio intensificandone l’uso nella sua fase di vita iniziale. Non è detto perciò che un oggetto che viene sfruttato meno intensamente duri effettivamente di più. Nell’esempio del ferro da stiro sono stati ipotizzati tre scenari (fig. a, b e c) che possono essere messi a confronto tramite un coefficiente d’impatto, ideato per valutare più chiaramente le differenze fra i casi. Viene attribuito un punto “invecchiamento” per ciascun anno trascorso e un punto “usura” per ogni 240 ore di utilizzo. Il coefficiente deriva dal rapporto tra invecchiamento e usura e rappresenta un impatto ambientale maggiore al crescere della cifra. Un punto critico nel determinare la durata della vita di un prodotto, è la cura con cui esso viene utilizzato. Si tende sempre a voler gestire personalmente la manutenzione dei nostri oggetti perchè non potendo essere sicuri di come agirà l’altro, si preferisce fare da sé. Si dà perciò per scontato che il nostro modo di agire sia il migliore per preservare al meglio l’integrità dell’oggetto. Un prodotto utilizzato in condivisione potrebbe perciò essere sta-

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nenti sociali e relazionali: la mancanza di cura nei confronti dell’oggetto rappresenta una mancanza di rispetto nei confronti dell’amico, perché esso è di sua proprietà. L’acquisto condiviso è una situazione intermedia in cui a ciascun soggetto conviene trattare al meglio l’oggetto per poterne usufruire per un periodo maggiore e allo stesso tempo per rispetto nei confronti degli altri comproprietari con cui si ha una relazione di fiducia già consolidata. Questa soluzione dunque, contrariamente a quanto si possa pensare in prima battuta, porterebbe ad una maggiore cura nei confronti dell’oggetto ed un conseguente aumento proporzionale della durata della sua vita. Questa teoria è stata verificata durante i test di simulazione di acquisto condiviso descritti nei prossimi capitoli, in particolar modo con quello della penna (pag. 131). La condivisione dell’oggetto perciò viene indicata come “punto invecchiamento” aggiuntivo, per segnalare che una maggiore cura dell’oggetto ne allunga la durata della vita. Inoltre la durata del prodotto aumenta anche con l’aumentare della qualità, incidendo positivamente sul coefficiente. (fig. c). L’acquisto condiviso di fatto dà perciò anche vantaggi economici immediati, in quanto permette concretamente di ridurre la spesa annuale. Questo fa sì che chi ne usufruisce abbia di fatto un potere d’acquisto maggiore, come se ricevesse un prestito senza interessi. Ciò genera di riflesso una grande opportunità: quella di dare la possibilità a chi normalmente non potrebbe permetterselo di investire di più su prodotti di maggiore qualità, generando un circolo virtuoso che porta le aziende produttrici a produrre di meno ma con maggiore qualità.

FIG. C

tisticamente trattato con minor cura di un oggetto privato. In realtà ciò può essere smentito dal fatto che nella maggior parte dei casi si tende a far più attenzione all’oggetto preso in prestito da un amico che non ad uno di propria proprietà, perchè entrano in gioco compo-

Ritornando alla famiglia di esempio essa potrebbe spendere in quell’anno tra i 313 e i 514 € in meno, che potrebbero essere investiti invece in qualità. (tab. 3) Alcuni oggetti sono potenzialmente condi-

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TAB. 3 - differenze di spesa in caso di acquisto condiviso - OGGETTI TAB. 1

CONSEGUENZE PER I CONSUMATORI: -Possibilità di acquistare il prodotto almeno a metà prezzo, se non meno, senza doverne ridurre l’intensità di utilizzo; -Possibilità di rinnovare più frequententemente i propri oggetti con articoli più aggiornati, senza sprechi.

visibili con più di 9 persone per l’uso che ne si fa: in questi casi, però, l’acquisto condiviso non sarebbe la soluzione più indicata, ma sarebbe preferibile optare per un noleggio o un semplice prestito. Riassumendo perciò si può dire che l’acquisto condiviso tra amici non aumenta l’usura dei prodotti, ma la concentra in un periodo di tempo minore. Induce inoltre a una maggiore cura dell’oggetto, aumentandone indirettamente la durata e riduce proporzionalmente l’incidenza del fattore di invecchiamento sulla rottura.

CONSEGUENZE AMBIENTALI -Minor produzione di rifiuti -Minor impiego di risorse CONSEGUENZE PER LE AZIENDE -Diminuzione delle vendite di prodotti di bassa qualità (inadatti alla condivisione) -Aumento delle vendite di prodotti di alta qualità

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SCHEMA RIASSUNTIVO - COSEGUENZE DELL’ACQUISTO CONDIVISO

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uno strumento per l’acquisto condiviso Descrizione degli obiettivi generali del progetto, che consistono nel permettere agli utenti di agire “a monte”, cominciando la condivisione fin dal momento dell’acquisto del prodotto.

L’obiettivo del progetto è quello di rendere attuabile concretamente il consumo collaborativo nella vita quotidiana, promuovendo allo stesso tempo la produzione e il consumo di prodotti di qualità. Per far sì che esso possa essere una reale alternativa all’acquisto tradizionale, che fonda il suo successo sul miglior rapporto di qualità-prezzo, esso deve essere proposto nei medesimi termini, spazi e tempi.

più le disponibilità, ma le proprie necessità. Questo perché quando ci si offre di mettere un proprio oggetto a disposizione di un pubblico generico, si tende a scegliere qualcosa di poco valore, in modo tale che anche in caso di danni, non ci sia una reale perdita. Quando invece si acquista, si opera una scelta di qualità: si cerca il miglior prodotto in grado di soddisfare le proprie esigenze, in relazione alle proprie possibilità. Con l’acquisto condiviso le possibilità economiche di fatto aumentano e si potrà operare una scelta di maggiore qualità. Mentre la maggior parte dei servizi collaborativi operano a valle, incentivando la condivisione di oggetti che sono già stati acquistati e utilizzati privatamente, il nuovo strumento dovrà agire a monte.

Il primo requisito del progetto dev’essere la capacità di mettere in relazione e comunicazione amici e conoscenti che abbiano interesse a fare un acquisto simile. Il fattore temporale è determinante: è statisticamente molto difficile che due persone che si conoscono decidano di acquistare lo stesso prodotto nello stesso momento. È invece più plausibile che un individuo ne coinvolga altri nell’acquisto di un bene a cui è interessato. Ciò che occorre, dunque, è una vetrina che permetta agli utenti di prendere visione delle “Liste dei desideri” degli amici ed eventualmente dimostrarsi interessato ad un articolo. Allo stesso tempo, un individuo che dispone già di un oggetto che serve ad un suo amico, potrà segnalarglielo e proporgli di usarlo in condivisione. L’elemento fondante del progetto sarà perciò la lista degli oggetti di cui si ha bisogno, che dovrà poter essere pubblicata su Facebook in modo tale da essere visibile al maggior numero di contatti. Il meccanismo è simile a quello di Pumpipumpe, ma diametralmente opposto: non si comunicano

“Liste dei desideri comuni,

che si frappongano fra l’esigenza di un prodotto e la decisione dell’acquisto ” Il numero delle persone che fanno acquisti online o si informano in rete prima di comprare un prodotto sono molte e il loro numero tende a crescere: è necessario un sistema che sia in grado di proporre l’opzione dell’acquisto condiviso in quei momenti, in modo tale da educare la mente a questa possibilità.

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sondaggio d’interesse Problematiche reali e percepite dagli utenti derivanti dall’acquisto condiviso: elaborazione dei dati raccolti tramite un sondaggio sul tema.

Per valutare la disponibilità all’acquisto di uno stesso prodotto in condivisione con altre persone è stato pubblicato un sondaggio a cui hanno partecipato 50 soggetti italiani ambosessi. 1 Agli intervistati sono state poste cinque domande relative all’uso e al livello di soddisfazione relativo a prodotti che possiedono, cinque domande relative alla loro opinione personale sull’acquisto condiviso e una domanda riguardante l’acquisto di oggetti di scarso utilizzo.

1. https://docs.google.com/forms/d/e/ 1FAIpQLSeuNltPiap3_NkANVn0M6iPxEbUJ6fe2g4rYqfEloO-ObIHQw/viewform.

LE DOMANDE DEL TEST 1. Indichi il nome di un oggetto che usa quotidianamente o quasi. 2. Indichi il nome di un oggetto che usa da 1 a 6 volte al mese. 3. Indichi il nome di un oggetto che usa da 1 a 6 volte all’anno 4. Gli oggetti da lei indicati sono tutti di un livello qualitativo per lei soddisfacente? Quali non lo sono? 5. Quali di questi oggetti hanno un costo secondo lei eccessivo per l’uso che ne fa? 6. Quali di questi oggetti sarebbe disposta ad acquistare in modo condiviso con un amico, suddividendosi le spese? 7. Quali pensa che potrebbero essere i problemi di un acquisto condiviso? 8. Quali altri prodotti sarebbe disposto ad acquistare in modo condiviso con amici? 9. Pensa che condividere oggetti con un proprio amico possa creare più svantaggi che vantaggi? 10. In caso di acquisto condiviso, pensa che sia meglio accordarsi privatamente o ritiene che ci sia bisogno di una terza parte che faccia da garante? 11. C’è qualche oggetto che le potrebbe servire ma che non compra perché lo userebbe troppo poco? Quale/i?

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ciò non è stata fornita alcuna indicazione né suggerimento. Gli oggetti di uso quotidiano, specie quelli ad uso personale come il pettine e lo spazzolino, è evidente che non possono essere acquistati in modo condiviso. Il 9,3 % degli intervistati, però, si dichiara non soddisfatto del livello qualitativo dell’oggetto di uso quotidiano indicato nel test. Si tratta di oggetti molto costosi, tra cui l’automobile, il computer e il cellulare. Dai dati si può dedurre quindi che in alcuni casi si è disposti a risparmiare anche su oggetti di uso molto frequente, a discapito della qualità. Per gli oggetti ad uso mensile e annuale invece, secondo il campione del sondaggio, si risparmia solo nel 6,9 % dei casi. Tra questi vengono segnalati ancora una volta prodotti tecnologici o mediamente costosi, quali l’aspirapolvere, il tablet, il ferro da stiro e la bicicletta Fra gli oggetti di uso mensile risultano nel 38% dei casi prodotti dal costo medio superiore agli 80 euro. Risparmiando su questi prodotti tramite l’acquisto condiviso, si

Dalle risposte alle prime sei domande si è potuto delineare un quadro da cui partire per capire quali sono gli oggetti che potenzialmente potrebbero essere acquistati in condivisione e quali sono decisamente da escludere. Nell’ordine, quelli indicati con più frequenza sono: • automobile, • ferro da stiro, • macchina fotografica, • bicicletta, • elettrodomestici per le pulizie, • strumenti per il bricolage e manu tenzione, • valigie, • attrezzatura da campeggio, • pentole, • elettrodomestici da cucina, • libri, • stampante, • videoproiettore Le domande erano a risposta aperta, per-

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potrebbe avere a disposizione una somma consistente di denaro in più da investire in oggetti di uso quotidiano, senza dover rinunciare alla qualità in nessuno dei casi. Nel 56,8% dei casi i partecipanti al sondaggio riconoscono che almeno 1 oggetto su 3 tra quelli da loro dichiarati ha un costo eccessivo per l’uso che ne viene fatto. Prendiamo ora in considerazione le problematiche evidenziate dai partecipanti in risposta alla domanda 7. Trattandosi di un sondaggio a domande aperte, ogni intervistato ha risposto sulla base del proprio immaginario e non necessariamente basandosi su esperienze reali. Questo significa che ciascuno ha tenuto conto del proprio ideale e del proprio contesto di vita, figurandosi anche scenari negativi. Le risposte perciò sono da analizzare in quest’ottica, interpretando le problematiche segnalate come timori degli utenti e punti chiave su cui lavorare nel progetto.

PROBLEMATICHE DELL’ACQUISTO CONDIVISO SEGNALATE NEL sondaggio dagli intervistati 1. Necessità imprevista/ comodità di avere l’oggetto sempre a disposizione La prima preoccupazione degli intervistati è quella di dover rinunciare all’idea di avere tutto sempre a portata di mano. La premessa necessaria quando si affronta un acquisto condiviso è che si accetti un cambiamento di abitudini. È ormai nella normalità avere tutto a disposizione in ogni momento. Poter fare tutto quando ci pare, decidendo all’ultimo, ci dà un senso di libertà. Questo è in parte vero, ma dall’altro lato la mancanza di organizzazione porta anche ad avere inconvenienti e vivere situazioni stressanti. Il fatto di sapere di avere sempre a disposizione il ferro da stiro, per esempio, ci dà la libertà di stirare all’ultimo secondo una camicia, poco prima di uscire. È una comodità, ma può anche essere causa di ritardo e stress: senza questa possibilità, probabilmente si penserebbe in anticipo a come vestirsi, stirando la camicia il giorno precedente. Chi sceglie di condividere un oggetto con qualcuno, sceglie perciò anche di porsi in una condizione mentale di prevedere un po’ più a lungo termine le proprie attività.

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Detto questo l’imprevisto può sempre capitare e i modi per affrontarlo possono essere diversi a seconda del contesto e della tipologia di oggetto. Un fattore determinante è la concomitanza dell’imprevisto con la necessità di utilizzo da parte di un altro proprietario. Se non serve a nessun altro la questione è facilmente risolvibile con uno scambio immediato ed è tanto più semplice quanto è breve la distanza da percorrere. Nel caso in cui questo scambio non fosse possibile, ci sono diverse soluzioni. Una possibilità è quella di trovare un’alternativa provvisoria: si usa la scopa al posto dell’aspirapolvere, si sceglie un’altra camicia già stirata in precedenza, si va in pullman anziché in auto. Un secondo modo può essere quello di chiedere in prestito l’oggetto in questione in via eccezionale ad un vicino. Il contesto culturale in cui siamo immersi, però, ci frena dall’andare a bussare alla porta accanto con tal proposito. Il timore di disturbare e di essere invadenti fa sì che un’opportunità del genere venga scartata a priori. Se fra vicini, però, ci si comunica chiaramente la disponibilità a prestarsi occasionalmente alcuni oggetti, il problema non si pone. Un servizio come Pumpipumpe, ad esempio, calza a pennello. Un imprevisto del genere può dunque diventare uno stimolo all’utilizzo di piattaforme già esistenti e alla gestione degli imprevisti con spirito costruttivo.

2. Necessità in contemporanea dello stesso oggetto La seconda preoccupazione, nell’ordine, è quella di dover gestire situazioni in cui due o più comproprietari necessitano dell’oggetto in contemporanea. Se l’esigenza è prevedibile con anticipo, non ci saranno gli svantaggi dell’imprevisto, ma bisognerà trovare un accordo fra le parti. Si può stabilire ad esempio che il primo che ne manifesta la necessità abbia la precedenza sull’altro, oppure che si faccia una volta a testa, oppure ancora, che si valutino insieme le diverse esigenze e che uno dei due vi rinunci spontaneamente. L’importante è accordarsi fin dall’inizio sulla modalità da adottare. Dev’essere prevista inoltre un’alternativa per chi rimarrà sfornito: ad esempio un accordo con un vicino o l’utilizzo di una piattaforma di sharing come Peerby.

3. gestione dei tempi di utilizzo La terza questione riguarda la gestione dei tempi di utilizzo, che è più una necessità pratica che una problematica: occorre avere uno strumento che renda dinamica l’organizzazione degli scambi. Ci vuole un progetto ad hoc, oppure ci si può servire di calendari condivisi o di applicazioni ideate per il lavoro di gruppo, quali Trello e Slack.

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4. gestione deLLA MANUTENZIONE, DELLA CUSTODIA E DELLA ROTTURA DELL’OGGETTO Chi si occupa della manutenzione? Chi tiene l’oggetto in custodia quando non è in uso e dove? Cosa fare in caso di rottura? Anche a queste domande occorre rispondere in una fase preliminare. In primo luogo bisogna tener conto che l’acquisto condiviso genera una particolare conseguenza che può essere vista come svantaggio o vantaggio a seconda dei casi, ossia il fatto di non avere l’oggetto in casa propria. Se da un lato questo può essere negativo (punto 1) dall’altro può essere positivo per chi non ha molto spazio a disposizione. L’ideale perciò sarebbe far incontrare persone con esigenze diverse da questo punto di vista in modo tale che chi ha più spazio lo renda disponibile per chi non ne ha. Per quanto riguarda la manutenzione, invece, dipende molto dal tipo di oggetto. Se si tratta di quella ordinaria, come la semplice pulizia, è opportuno che ciascun proprietario se ne occupi personalmente al termine di ogni utilizzo. Se invece si tratta di qualcosa di periodico ma non prevedibile, come ad esempio il cambio delle cartucce della stampante o il gonfiaggio delle gomme della bicicletta, conviene che se ne occupi chi è in possesso dell’oggetto in quel momento, segnalando l’intervento in modo tale da condividere le eventuali spese. In caso di rottura si pone la questione delle responsabilità: nella maggior parte dei casi la “colpa” è di chi sta usando l’oggetto in quel momento, ma talvolta potrebbe capitare che il problema venga causato semplicemente dall’usura. È necessario che gli utenti si accordino anche su questo punto in fase preliminare.

5. RIPARTIZIONE EQUA DEI TEMPI DI UTILIZZO Ha generato preoccupazione anche la correttezza nella ripartizione dei tempi. Cosa significa equo? Come quantificare? Quanto è importante quantificare? Dietro a questa problematica si nasconde la paura di ricevere un’ingiustizia pagando un prodotto in modo uguale rispetto ad una persona che lo utilizzerà di più di noi. Questo senso di ingiustizia nasce nel momento in cui c’è il confronto con l’altro, ma non sussiste se si riporta il focus sul fatto che entrambi stiano risparmiando ed entrambi riescano a soddisfare i propri bisogni con quell’oggetto. Se però il bene si usura prima a causa del troppo utilizzo da parte dell’altro? Poniamo il caso pratico della stampante, che ha un numero limite di copie che possono essere fatte. Entrambi gli utilizzatori pagano inizialmente la stessa cifra, ma uno dei due la utilizza il doppio dell’altro. Se si agisce in buona fede, colui che la usa di più comprerà più volte la carta e le cartucce. Se invece ci si vuole spartire in modo esatto le spese bisognerà trovare un modo per quantificare l’utilizzo. L’unità di misura più semplice da gestire è il tempo, che però deve essere conteggiato da uno strumento che sia sempre accessibile. Si potrebbe utilizzare un foglio excel condiviso su cui annotare i vari tempi e

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spostamenti, servirsi di una chat di gruppo, oppure progettare uno strumento ad hoc. Con una soluzione del genere si potrebbe decidere ad esempio di spartirsi le spese di acquisto iniziali in parti uguali e pagare in modo proporzionale solamente i costi di manutenzione. Ad ogni modo è fondamentale definire le regole della collaborazione fin dal principio ed essere aperti al dialogo e alla tolleranza. Si può notare come in tutti i casi non si tratti effettivamente di problematiche quanto più di questioni su cui accordarsi. Sono molte, perciò è comprensibile che non ci sia la volontà di farlo, in quanto è molto più comodo, semplice e veloce acquistare per sé. Il reale problema che si nasconde dietro queste dichiarazioni, infatti, è la perdita di tempo ed energie. Per questo motivo, intraprendere un acquisto condiviso con persone con le quali si ha già un rapporto di fiducia è una scelta migliore, perché ci sono molte meno possibilità di creare “perdite di tempo”. Al contrario, invece, questo “tempo extra”, può diventare occasione di incontro con le persone con cui si vorrebbe avere a che fare.

Per quanto riguarda le altre domande del sondaggio il 59% degli intervistati si è dichiarato favorevole all’acquisto collaborativo in quanto riconosce che esso abbia più vantaggi che svantaggi e il 67% del totale pensa che sia sufficiente un accordo privato fra le parti affinché esso funzioni.

Il fatto che i vantaggi siano più difficili da percepire non significa che non ci siano, perciò è fondamentale comunicarli nel migliore dei modi.

Essi consistono nel: -Educare al concetto di “Nostro” -Favorire lo sviluppo di relazioni basate su fiducia e tolleranza -Favorire gli acquisti di qualità -Ridurre gli sprechi Riassumendo è fondamentale stabilire le regole della condivisione in una fase preliminare, meglio se con un contratto, e sono necessari strumenti per gestire:

-il calendario di utilizzo, -la contabilizzazione delle spese -la comunicazione all’interno del gruppo

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requisiti di progetto Individuazione e descrizione delle funzioni che dovrà assolvere il progetto.

che possano mettere a rischio la relazione. Gli strumenti di comunicazione dinamica non mancano e attraverso di essi è possibile gestire la maggior parte delle situazioni. Si possono utilizzare chat virtuali, messaggi di testo e telefonate. In alcuni casi però non è possibile comunicare nel momento del bisogno e sono utili gli strumenti di comunicazione statica, ovvero dei documenti condivisi da tutti a cui far riferimento, che abbiano un peso maggiore della parola. Questi documenti possono essere di tipo organizzativo, gestionale o decisionale. L’organizzazione dei turni di utilizzo e degli scambi è fondamentale, per far sì che tutti possano soddisfare le proprie necessità.

Le problematiche evidenziate dai partecipanti al sondaggio possono essere considerate come delle esigenze progettuali specifiche. La maggior parte dei timori degli utenti sono legati al fatto che non sia più solo un individuo a rapportarsi con l’oggetto, ma più individui. I problemi dunque potrebbero nascere dal disaccordo o da scelte di natura differente. Per evitare che questo accada ci vuole molta coesione e sinergia, che in genere dovrebbe essere alla base di qualsiasi rapporto di amicizia. Il punto essenziale è senza dubbio la comunicazione fra le parti, che dev’essere quanto più efficace e chiara. Evitare fraintendimenti è fondamentale affinché la comproprietà non generi incomprensioni

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Lo strumento più adatto per questa funzione è un calendario condiviso, in cui sia possibile prenotare l’oggetto di cui si ha bisogno, indicando in anticipo per quanto tempo si intenderà usarlo. In questo caso sarà sufficiente che ogni individuo faccia

la sua scelta sulla base della disponibilità. In caso di necessità in contemporanea sarà preferibile giungere ad un accordo tramite comunicazione dinamica. Anche il luogo e il momento dello scambio potranno essere segnalati sul calendario condiviso. Per evitare incongruenze tra chat e calendario, gli strumenti dovranno essere collegati. Il calendario dunque avrà la funzione di dare una visione d’insieme degli appuntamenti e invierà dei reminder agli utenti su uno strumento di comunicazione dinamica. L’aspetto gestionale invece riguarda la manutenzione, la pulizia, la modalità di utilizzo e la custodia. Quando si tratta di oggetti personali ciascun utente ha la libertà di affrontare queste questioni come meglio crede. La libertà sta nell’essere consapevoli che si possa anche maltrattare il bene e che se anche ci fossero danni, non si dovrà render conto a nessuno. Nel momento in cui si accetta di partecipare ad un acquisto condiviso gli aspetti gestionali dovranno essere affrontati con meno libertà e più responsabilità, ma anche più tolleranza e collaborazione. Affinché ciò avvenga può essere utile condividere le proprie esperienze e suggerimenti. Imporre regole da seguire comporterebbe anche la definizione di punizioni in caso di mancanza. È invece molto più costruttivo, ai fini di basare la condivisione sulla fiducia, focalizzarsi sull’obiettivo comune di beneficiare più a lungo possibile del bene, impegnandosi a lasciarlo nelle condizioni in cui lo si vorrebbe ricevere. Ognuno potrà agire come meglio crede ma sempre in funzione di questi fini. Per far sì che ciò si verifichi spontaneamente, lo strumento di condivisione in questo caso deve favorire la consapevolezza della durata della vita e delle modifiche evidenti dell’oggetto nel corso del tempo. Sarà quindi da scegliere una soluzione che preveda la condivisione di consigli e fo-

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tografie del bene lungo una linea del tempo.

riguardare: -la scelta del prodotto -la modalità di pagamento -la scelta del venditore/ modalità d’acquisto -chi si occupa dell’acquisto -cosa fare in caso di rottura -chi si occupa della manutenzione -cosa fare in caso di smarrimento -chi si occupa della pulizia -dove viene custodito l’oggetto quando non è utilizzato -come organizzare gli scambi -cosa fare se una delle parti non vuole più partecipare alla condivisione -cosa fare in caso di litigio

Infine è necessario accordarsi preventivamente su alcune questioni in modo unanime, col fine di evitare fraintendimenti e malintesi. Le decisioni dovranno essere ufficializzate tramite contratto privato in modo tale da valere come garanzia nel caso in cui la fiducia e il dialogo non fossero più sufficienti. Si avrà a che fare con beni di un certo valore economico, per cui è necessario prendere in ogni caso delle misure. Secondo le preoccupazioni manifestate attraverso il sondaggio le decisioni dovranno

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mesaprÜn - il portale dell’acquisto condiviso Descrizione degli elementi del progetto del social network dell’acquisto condiviso.

Per soddisfare tutte le esigenze, la soluzione progettuale individuata è un social network che connetta le persone tramite l’acquisto condiviso di oggetti. Per rientrare nel quadro di rete di promozione del consumo collaborativo, gli uten-

ti potranno scegliere di condividere con la community le informazioni relative alla frequenza e alla modalità di utilizzo dei loro oggetti, in modo tale da generare un processo di consapevolezza diffuso e permettere alle case produttrici di venire loro

struttura social network mesaprÜn

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incontro con prodotti adeguati. Potrebbe essere necessario modificare anche le confezioni dei prodotti, rendendole durevoli e adatte al trasporto dei beni durante gli scambi Il nome scelto per la piattaforma è “Mesaprün”, che significa “metà per uno” in piemontese, per richiamare all’idea della condivisione. La sua mission è quella di promuovere e diffondere la cultura del consumo collaborativo, attraverso degli strumenti pratici per gli utenti, ma anche un blog e una pagina Facebook, su cui verranno pubblicati articoli sul tema e pubblicizzati eventi. L’elemento centrale del social network è la scheda-profilo di prodotto, che permette a tutti gli utenti che lo condividono di tenere uno storico degli eventi, organizzare gli scambi e accordarsi sulle questioni in modo ufficiale. Ogni profilo presenta una foto recente dell’oggetto, con nome e caratteristiche, i nomi e le immagini identificative di tutti i comproprietari e le tre sezioni in cui è suddiviso: storia, calendario e documenti. Tutte le schede di prodotto sono selezionabili e individuabili da una scheda-home che funge da vetrina virtuale. Attraverso la home si può risalire anche ai profili degli utenti e prendere visione delle loro liste dei desideri, che possono essere pubblicate e pubblicizzate su altri social network. Per semplificare e rendere più dinamica la fruizione dei servizi disponibili, potrà essere utilizzato un bot all’interno di Telegram o di un’altra chat di messaggistica istantanea che lo consenta, che permetterà agli utenti di pubblicare informazioni direttamente sul social network. Esso avrà inoltre la funzione di ricordare agli utenti gli appuntamenti, intervenendo all’interno della chat.

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SCHEDA OGGETTO - SEZIONE STORIA TENERE LO STORICO DEGLI EVENTI -La scheda della vita del prodottoIn questa sezione appariranno sotto forma di linea del tempo tutti gli eventi relativi a quel determinato oggetto, dal momento dell’acquisto al momento dello smaltimento. Per eventi si intendono le prenotazioni, gli scambi, gli interventi di manutenzione e di pulizia. Essi saranno pubblicati in modo automatico a partire dai dati delle prenotazioni oppure direttamente dalla pagina, utilizzando lo strumento “+Evento”. Da qui gli utenti potranno aggiungere anche consigli (“+Consiglio”) e fotografie (“+Foto”)dell’oggetto. In questo modo le modifiche dovute all’utilizzo del prodotto saranno immediatamente visibili e verrà generata maggiore consapevolezza e responsabilizzazione. Siccome alcuni oggetti possono anche rimanere inutilizzati per un po’ di tempo, attraverso lo strumento “Consiglio” o “Foto” è possibile appuntarsi il luogo di custodia. Nella barra fissa in alto sarà invece visibile la foto profilo dell’oggetto, il nome e le icone di tutti i comproprietari, con collegamento alle rispettive pagine personali.

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SCHEDA OGGETTO - SEZIONE CALENDARIO FACILITARE L’ORGANIZZAZIONE DEGLI SCAMBI -Strumento di organizzazione e comunicazioneDa questa sezione si possono gestire facilmente le prenotazioni dell’oggetto e organizzare gli scambi. Essa si compone di un’area in cui indicare i giorni e gli orari in cui si ha necessità del bene, una in cui proporre date, orari e luoghi per lo scambio e di un calendario riassuntivo. Siccome gli accordi sono molto più facili da gestire tramite un servizio di messaggistica istantanea, quest’ultimo verrà indubbiamente utilizzato e preferito dagli utenti. Tramite l’utilizzo di un bot specifico, il passaggio delle informazioni dalla chat al social network potrà avvenire automaticamente, come per la sezione “storia”. In questo modo il servizio online rimarrà come punto di riferimento per avere il quadro della situazione, ma la comunicazione avverrà in modo molto più dinamico su uno strumento come Telegram, dove verranno ricordati anche gli appuntamenti. IL BOT Il bot, che interverrà all’interno delle conversazioni sul servizio di messaggistica istantanea scelto, presenta le seguenti funzioni: -pubblicazione immagini e consigli sulla scheda dell’oggetto -prenotazione di un oggetto indicando giorni e orari -creazione di un evento “scambio” con proposte di luogo, data e orario -promemoria per ricordare gli eventi a più riprese

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SCHEDA OGGETTO - SEZIONE DOCUMENTI ACCORDARSI IN MODO UFFICIALE -Area contenente il contratto privatoIn quest’area gli utenti possono pubblicare documenti utili quali le foto degli scontrini e dei libretti di istruzioni e compilare e sottoscrivere il loro contratto privato, che si compone di una serie di questioni sulle quali è necessaria la completa unanimità.1 Senza la sua approvazione da parte di tutti gli utenti nessun servizio viene attivato. Il contratto si presenta sotto forma di questionario a risposta multipla, che può essere completato di commenti e precisazioni e al quale possono essere aggiunte altre domande dagli utenti. È modificabile in qualsiasi momento, ma solo a condizione che tutti ne approvino le modifiche.

1. vedi domande pag. 126

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home page

RENDERE VISIBILI LE NECESSITÀ COMUNI -La lista dei desideriOltre alle pagine degli oggetti, il sito presenta anche una “home page” dalla quale gli utenti possono visualizzare le liste dei desideri dei loro contatti e segnalare il loro interesse all’acquisto di uno o più oggetti. Per ogni oggetto caricato sulla lista potrà essere impostata una scadenza entro la quale avverrà l’acquisto a prescindere dal numero dei partecipanti e potranno essere inseriti link a negozi o offerte . Le liste dei desideri possono essere condivise anche su altri social networks, in modo tale da aumentarne la visibilità. Ogni utente dispone di un profilo personale composto da fotografia e aree frequentate con regolarità e interessi, dal quale è possibile creare e gestire la propria lista dei desideri e invitare uno o più amici a partecipare all’acquisto.

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TEST DI FATTIBILITà Descrizione dei test condotti per verificare la fattibilità dell’acquisto condiviso, sperimentando delle possibili soluzioni.

Non avendo a disposizione un prototipo funzionante del social network sono stati condotti due test differenti per valutare l’entità delle problematiche da risolvere, il livello di partecipazione e il quello di attenzione e cura dedicato agli oggetti in condivisione. Entrambi sono durati un arco di tempo di 30 giorni.

TEST N. 1

Obiettivo: Verificare la fattibilità dell’uso condiviso di uno o più oggetti fra una cerchia ristretta di amici, individuando le problematiche e le criticità.

Tempistiche e modalità:

Durante un primo incontro informativo con i partecipanti al test, verranno formati due gruppi da tre componenti ciascuno, di fasce d’età differenti. I componenti di ogni gruppo devono conoscersi già e verranno scelti fra i partecipanti al sondaggio, su presentazione volontaria. In ciascun gruppo verrà simulato l’acquisto condiviso di un oggetto, che dovrà essere utilizzato almeno una volta da tutti i soggetti nell’arco di 30 giorni. Al termine del test ci sarà un confronto sull’esperienza. Gli oggetti verranno scelti dai soggetti e dovranno rispondere ai seguenti requisiti: -avere peso e dimensioni contenute, in modo tale da poter essere spostati e trasportati in modo agevole; -essere di utilizzo programmabile con un anticipo di almeno 1 giorno; -non essere di utilizzo quotidiano. Presentano questi requisiti le seguenti categorie di oggetti: -Casalinghi: ferro da stiro, aspirapolvere, frullatore, friggitrice, macchina per il pane; -Accessori: cinture, borse, borselli, zaini; -Strumenti per svolgere funzioni specifiche: saldatore, macchina fotografica, cavalletto

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era affatto allettante per loro e la motivazione del risparmio economico non era sufficiente. Luigi però ha avuto altre esperienze di condivisione: nel condominio in cui vive si è liberato un appartamento al piano terreno, che quaranta famiglie dello stabile hanno deciso di acquistare collettivamente. Lo spazio è stato adibito a magazzino temporaneo, parcheggio per le biciclette e sala per le feste e le riunioni. Viene perciò in parte usato a turno da alcuni anni, con ottimi risultati. Il secondo gruppo invece è composto da

Per evitare di acquistare appositamente un oggetto con lo scopo del test, sono stati scelti beni dei quali si aveva già la disponibilità, fra i componenti di quel gruppo. Si tratta perciò di un oggetto di proprietà privata che diventa condiviso per un mese con altri due individui, i quali si impegnano a non utilizzare il corrispettivo di cui già dispongono durante tutto il periodo del test.

INCONTRO

Fra le cinquanta persone che hanno partecipato al sondaggio online sull’acquisto condiviso, in ventidue si sono rese disponibili per essere contattate successivamente per sottoporsi ad un test sull’argomento. Tra queste sono stati individuati sei soggetti idonei, scelti per fascia d’età,livello di conoscenza reciproca, zona di residenza e disponibilità. Il 15 ottobre 2016 si è tenuto con loro un incontro in cui è stato spiegato l’argomento della ricerca e le modalità del test, con particolare focus sui vantaggi dell’acquisto condiviso. Successivamente si sono formati i gruppi di lavoro: Luigi, Marta e Giovanni nel primo, Sofia, Andrea e Marco nel secondo. Luigi, Giovanni e Marta sono amici da diversi anni e sono soliti incontrarsi durante il tempo libero, in particolare nei weekend. Sono tutti lavoratori sulla cinquantina: Marta e Giovanni come impiegati, mentre Luigi è libero professionista. Nessuno di loro è stato in grado di spiegare il significato di sharing economy, né aveva mai utilizzato alcuna piattaforma online. Quando è stato raccontato loro il funzionamento del servizio Blablacar, grazie al quale si può condividere un viaggio in auto con un altro utente interessato alla stessa tratta, si sono dimostrati molto scettici, in quanto dal loro punto di vista si tratterebbe di una possibilità abbastanza rischiosa. L’idea di condividere diverse ore in un veicolo guidato da uno sconosciuto non

tre ragazzi di 25-26 anni, Sofia, Andrea e Marco, che hanno frequentato insieme la facoltà di Disegno Industriale di Torino e la specialistica in Ecodesign. Attualmente lavorano in posti differenti, ma Sofia e Marco abitano vicini all’ufficio di Andrea. Marco e Andrea si frequentano spesso nel tempo libero, mentre Sofia la conoscono solamente di vista, perché hanno frequentato

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in anni differenti. Tutti e tre conoscevano già il significato di Sharing Economy e hanno utilizzato almeno una volta servizi quali Airbnb, ToBike e Blablacar. Con loro è stata intrapresa una discussione sui vantaggi e gli svantaggi dell’acquisto condiviso e sul fatto che la durata della funzione che deve svolgere l’oggetto sia determinante: non ha senso condividere beni il cui tempo del singolo utilizzo sia inferiore a quello necessario per scambiarselo. Il primo gruppo ha scelto di utilizzare in condivisione per un mese la videocamera di Luigi, mentre il secondo il videoproiettore di Andrea. Al termine della serata è stato distribuito un documento da compilare nei due gruppi, cercando un accordo su tutte le questioni. Pag. 3 del questionario compilato dal Gruppo 1

DOMANDE DEL DOCUMENTO DISTRIBUITO DURANTE IL TEST 1. Come ripartirsi il tempo di utilizzo a. Con giorni e orari prefissati b. Di volta in volta, tramite un calendario condiviso 2. Quali strumenti di comunicazione usare a. Whatsapp o Telegram b. Google Calendar c. Google maps d. Slack 3. Concordarsi sul corretto uso dell’oggetto a. Ci si basa sulla fiducia reciproca b. Ci si trova e si impara ad usare l’oggetto insieme c. Si condivide un documento con le regole e istruzioni 4. Come affrontare gli imprevisti e la necessità in contemporanea a. Si chiede preventivamente la disponibilità ad un parente o un vicino b. Ci si arrangia trovando una soluzione alternativa c. Si fa riferimento ad un altro servizio di Sharing 5. Come effettuare lo scambio a. Ci si incontra a metà strada

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b. Chi ha bisogno dell’oggetto va a prenderlo c. Si valuta di volta in volta d. Si stabilisce un luogo neutro sorvegliato o sotto chiave dove eventualmente lasciare l’oggetto in caso di incongruenze di orari 6. Cosa fare se l’oggetto si rompe o danneggia a. Si stabilisce già dal principio che tutti divideranno le spese dei danni in parti uguali, a prescindere dalle responsabilità b. Ci si assume le proprie responsabilità e il “colpevole” paga c. Si interrompe la condivisione e si dà via l’oggetto 7. Chi si occupa della pulizia dell’oggetto? a. Ciascun proprietario al termine dell’uso b. A turno con cadenza regolare 8. Chi si occupa dell’eventuale manutenzione? a. Un proprietario specifico b. Tutti a turno c. Un addetto esterno pagato in condivisione 9. Come si gestiscono le eventuali spese di manutenzione? a. Si divide in parti uguali b. A turno c. In proporzione al tempo di utilizzo di ognuno 10. Dove viene custodito l’oggetto al termine dell’utilizzo? a. Sempre a casa dello stesso proprietario b. A casa dell’ultimo proprietario che ne ha fatto uso c. In un magazzino condiviso d. Presso un non-proprietario (amico, negoziante, ufficio) 11. Cosa succede se solo una delle parti non vuole più essere proprietaria dell’oggetto? a. Si deve occupare di trovare un’altra persona che acquisti la sua parte b. Lascia l’oggetto agli altri proprietari senza chiedere nulla c. Gli altri proprietari “comprano” la parte di chi se ne va ad un prezzo ribassato 12. Cosa si fa in caso di mancato rispetto degli accordi? a. Si interrompe la condivisione e si regala o vende l’oggetto, spartendosi gli eventuali compensi b. Si chiama una terza parte a fare da mediatore

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Marta si accordano allora per trovarsi nei giorni successivi appositamente per la consegna e, nonostante un po’ di difficoltà a trovare il giorno e l’orario comodo ad entrambi, si incontrano più o meno a metà strada. Con l’occasione, fanno due chiacchiere davanti ad un aperitivo. Il giro si chiude con Luigi, che la utilizzerà nei giorni successivi. Le comunicazioni all’interno del gruppo sono avvenute sempre tramite Whatsapp e le informazioni relative agli spostamenti sono state gestite da Marta attraverso un semplice file excel.

Modello videocamera: SONY HD-CX115E

Il 22 ottobre 2016, in occasione di una cena conviviale con altri amici, Luigi consegna la videocamera a Giovanni che ha necessità di usarla nei giorni successivi, e gli spiega come funziona. Ci si accorda affinché Giovanni la usi e poi la conservi fino a quando un altro componente del gruppo ne ha necessità. Il 30 ottobre 2016, i tre amici si incontrano in occasione di un’uscita in scooter con altre persone: sarà Giovanni ad utilizzare la videocamera per immortalare la bella giornata, al termine della quale la consegna a Marta, che la utilizzerà la settimana seguente al concerto di sua sorella. Il 12 novembre Luigi, Giovanni e Marta si trovano a casa di alcuni amici per una castagnata. In quell’occasione Marta avrebbe dovuto consegnare la videocamera a Luigi, ma si dimentica di portarla con sé. Luigi e

Modello proiettore: Acer x113p

I componenti del secondo gruppo hanno creato una chat condivisa su Whatsapp e compilato il questionario separatamente con Google Drive perché, la sera dell’incontro, Andrea è dovuto andare via prima a causa di altri impegni. Ci si è accordati in remoto tramite questi

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dell’incontro consiste in un soddisfacimento di un bisogno personale, esso passerà in secondo piano quando questo bisogno non sussisterà più.

strumenti sul modello di videoproiettore da acquistare, che però avrebbe richiesto la partecipazione di almeno un’altra persona per rientrare nel budget di Marco e Sofia. A causa dei vari impegni c’è stata molta difficoltà nell’incontrarsi e il videoproiettore è stato utilizzato una sola volta a casa di Andrea, per guardare un film insieme, con altri amici.

Affinché la condivisione funzioni al meglio è necessario perciò che ci sia anche un buon rapporto tra le persone e che l’incontro sia un momento positivo per entrambe le parti. La dimenticanza di Marta si sarebbe potuta evitare grazie al reminder del bot, lo strumento calendario avrebbe assolto la funzione del file excel e la sezione documenti avrebbe permesso la compilazione via remoto del contratto privato, nonché la condivisione di istruzioni in caso di dubbi.

CONSIDERAZIONI

La condivisione dell’oggetto è stata in entrambi i casi un pretesto per stimolare alla condivisione di esperienze. È stata più semplice nel caso del gruppo i cui componenti erano già abituati a condividere del tempo insieme. I ragazzi del secondo gruppo, invece, non avevano momenti di incontro comuni, ma avendo a disposizione l’oggetto ne hanno organizzato uno appositamente, che è stato anche occasione di socializzazione. La stessa cosa si è verificata quando Marta si è dimenticata della videocamera e ha organizzato un aperitivo con Luigi. Trattandosi di una simulazione, nessuno dei partecipanti al test aveva realmente bisogno degli oggetti in questione. Di conseguenza, la motivazione era molto debole, così come il rischio di creare dei danni rilevanti in caso di mancata consegna. La motivazione ulteriore per essere presenti proveniva dalla voglia di incontrarsi e passare del tempo insieme, che nel secondo gruppo era meno sentita a causa del fatto che si trattasse di persone che non erano solite vedersi nel tempo libero. Si tratta di una scala di priorità: se generalmente l’obiettivo dell’incontro con le persone viene considerato una condivisione di tempo, esperienze e momenti positivi, esso verrà messo in primo piano anche rispetto ad altre incombenze. Se invece l’obiettivo

Pag. 1 del questionario compilato dal Gruppo 2

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6. Avete stabilito delle regole per l’utilizzo corretto del bene?

Per raccogliere ulteriori dati, Luigi ha risposto con sua moglie Agata ad alcune domande relativamente alla sua esperienza di acquisto condiviso dello spazio condominiale.

Si è deciso di creare un registro di occupazione dei locali, tenuto dall’amministratore (anche lui condomino) , ogni qualvolta un condomino acquirente ha la necessità di occupare i locali andrà a compilare detto registro, in modo da prenotare i locali e per tenere traccia dell’uso degli stessi.

1. Qual è l’oggetto della vostra condivisione?

Si tratta di un bilocale con servizi , al piano terra del nostro condominio dove abitiamo, condiviso tra noi condomini della stessa palazzina.

7. In modo approssimativo, riuscite a fare una media del tempo in cui ogni proprietario utilizza il bene?

2. Come è nata questa idea?

Mediamente dalle 2 alle 3 volte l’anno a famiglia/condomino.

L’idea è nata per poter usufruire in piena libertà e proprietà dei locali, così da poterli adibire secondo le necessità dei condomini, feste familiari (compleanno, battesimo, ect..) riunioni ricovero attrezzature condominiali o più semplicemente quando si ha la necessità di normali assemblee. Le circostanze che hanno fortemente influito per questa scelta erano dettate dal rischio di vedere questi locali venduti o ceduti a eventuali cooperative o centri di recupero tossicodipendenti, possibilità paventata diverse volte dalla vecchia proprietà.

8. Come avete deciso di risolvere gli imprevisti e la necessità in contemporanea del bene?

In caso di concomitanza di date si cerca in primis una soluzione immediata di coerenza dei giorni, cioè spostare di un giorno avanti o indietro la necessità da parte di uno dei richiedenti, se non fosse possibile si dà priorità al condomino che non ne ha fatto uso di recente rispetto all’altro richiedente.

9. Come vi comportate se il bene si danneggia?

3. Il bene condiviso è facilmente raggiungibile ed in una posizione comoda per tutti i proprietari?

Eventuali danni dei locali saranno appurati o verificati subito a valle (il giorno dopo) dell’uso da parte dell’amministratore o capiscala referenti degli impianti e dei locali comuni.

Assolutamente , si trova comodamente al piano terra della nostra palazzina, raggiungibile da qualsiasi alloggio tramite ascensore o dal piano terra attiguo alle entrate delle 3 scale che compongono la palazzina.

10. Chi si occupa della pulizia e della manutenzione del bene?

4. Come avete acquistato il bene e come è stato pagato?

Alla fine di ogni uso i condomini/famiglie che hanno occupato i locali si dovranno far carico della relativa pulizia dei locali riportando allo stato iniziale prima dell’uso i locali stessi, viceversa le normali di pulizie di manutenzione vengono eseguite secondo un calendario e contratto in vigore da parte delle ditte/imprese accreditate.

Atto notarile (rogito) pagato da vari condomini in parti eguali.

5. Quanti e quali sono i componenti del gruppo di acquisto?

In totale vi sono 42 famiglie che hanno composto il gruppo di acquisto.

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11. Come vi suddividete le spese di manutenzione del bene?

Sempre in parti eguali alla stipula e stesura del preventivo annuale dei costi condominiali.

12. Cosa succede se un proprietario non rispetta gli accordi?

Ad oggi non è ancora fortunatamente avvenuto, nel caso accadesse si dovranno verificare eventuali danni o disagi causati alla comunità e se ne discuterà in sede di assemblea (la prossima più vicina).

quentano quasi quotidianamente l’area del Castello del Valentino. Paola lavora come ricercatrice all’interno dell’edificio, Arianna ne frequenta spesso la biblioteca per studio e Giulia ha il fidanzato che abita poco lontano. A partire dal 15 ottobre hanno utilizzato a turno la penna, acquistata da Arianna, e se la sono passata ogni 4-5 giorni, a seconda delle possibilità. Alla prima occasione possibile Giulia e Paola hanno saldato il debito con Arianna, decretando ufficialmente la penna come acquisto condiviso. Lo scambio di denaro è stato una formalità eccessiva, trattandosi di un prezzo basso, e nel caso di Paola è consistito semplicemente nel pagare un caffè all’amica. La cura riservata alla penna è stata maggiore rispetto a quella riservata in condizioni di proprietà privata, specialmente nel caso di Arianna che, sapendo di essere molto distratta, ha confezionato appositamente un piccolo astuccio per evitare di perderla in borsa.

13. Essendo una multiproprietà, nel caso uno di voi non volesse più utilizzare il bene, avete pensato ad una soluzione? Se si, quale? Se no, quali sono le motivazioni? Il problema (per ora) non si pone , anche perché si è stipulato un contratto di acquisto ed impegno sottoscritto in sede di rogito di fronte ad un notaio.

13. Come vivete, da proprietari, questa condivisione? Siete soddisfatti oppure no? Lo rifareste e/o consigliereste ad altri? Ad oggi possiamo affermare senza ombra di dubbio di aver effettuato la scelta giusta, aggiungendo che ci godiamo in serenità e sicurezza il nostro acquisto in comune.

TEST 2

Si è ritenuto necessario effettuare anche un secondo test focalizzato sulla “cura” riservata agli oggetti condivisi. Avendo a disposizione un lasso di tempo limitato non era possibile valutare il livello di usura. Si è scelto allora di far acquistare collettivamente a diversi soggetti l’oggetto al quale si presta statisticamente meno attenzione di tutti: una penna. Le partecipanti al test sono tre ragazze coetanee, Paola, Giulia e Arianna, che fre-

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MIGLIORAMENTI E FUNZIONI AGGIUNTIVE Descrizione delle funzioni aggiuntive alla luce dei risultati dei test.

Dal primo test è stato dimostrato dunque che la condivisione di oggetti fra amici che trascorrono già del tempo insieme è abbastanza semplice e che quella fra persone che si conoscono meno può favorire nuove amicizie. In entrambi i casi crea delle occasioni di incontro che, se affrontate con il giusto spirito, possono aiutare a rallentare i ritmi della vita quotidiana. La condivisione può essere portata anche a livello aziendale, tramite la collaborazioni con servizi già presenti. Ad esempio può essere utile e anche più incoraggiante avere maggiori strumenti in caso di incongruenze di orari e difficoltà ad incontrarsi. Indabox è un servizio che mette in comunicazione piccole attività commerciali di quartiere con consumatori che fanno acquisti online. Ricevendo una percentuale sul servizio i commercianti ritirano pacchi al posto degli utenti che ne fanno richiesta e li custodiscono in negozio fino al loro arrivo, per agevolare chi non si trova in casa

negli orari di consegna. Una rete del genere sarebbe già esistente e perfetta anche per gli utenti di Mesaprün. Potrebbe essere stretto un accordo con Indabox col fine di fornire agli utenti un luogo di “scambio asincrono” in situazioni eccezionali, ovvero uno spazio custodito dove depositare l’oggetto in attesa che un altro componente del gruppo venga a ritirarlo. Satispay invece è un’app italiana che permette di scambiare denaro fra i contatti della rubrica, evitando di utilizzare denaro contante. Un collegamento a questo servizio, disponibile dalla sezione documenti, potrebbe essere la soluzione ad un altro inconveniente: quello relativo alla suddivisione delle spese di acquisto.

Mesaprün inotre può essere usato anche in caso di “finto acquisto condiviso”, in cui un utente metta a disposizione degli altri un oggetto che utilizza raramente. Questa forma di condivisione può avvenire senza scambio di denaro. Le liste dei desideri forniscono indirettamente anche dei suggerimenti per compleanni e ricorrenze. Lo strumento può essere utilizzato anche per organizzare un regalo di gruppo.

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Gli amici condividono tutte le cose. Pitagora

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conclusioni

La sharing economy è un processo inarrestabile in continua espansione a cui non possiamo rimanere indifferenti e in cui tutti quanti saremo coinvolti prima o poi. Non possiamo perciò far finta che non esista o pensare che non ci competa: oltre a essere una necessità per rispondere alla crisi globale che stiamo attraversando, deve anche essere vista come un’opportunità. È un fenomeno complesso, che abbraccia tutte le aree della nostra società e ne influenzerà la struttura. Come ogni cambiamento, perciò, non sarà indolore, ma se sapremo coglierne i vantaggi con intelligenza e una visione d’insieme, ne usciremo rinnovati e molto più forti. Molti sono preoccupati dagli effetti negativi che potrebbe avere sulle attività commerciali tradizionali, come il settore alberghiero, quello della ristorazione e dei trasporti, e la produzione in generale. Il rischio è reale: non tutti sopravviveranno. Chi non sarà disposto a rinnovarsi, a pensare fuori dagli schemi, a innovare e a puntare alla qualità si vedrà costretto a chiudere. In Italia la qualità è sempre stata un punto di forza, che negli ultimi anni però è stata costretta a calare per cercare di star dietro ad un mercato globale spietato. Ora abbiamo l’opportunità di rimettere in gioco la nostra creatività, unita ad un nuovo senso di responsabilità che passa attraverso la creazione di rapporti di fiducia. Per far sì che il consumo collaborativo produca dei cambiamenti sostanziali nella produzione e abbia effetti positivi sull’ambiente è necessario che diventi un vero e

proprio stile di vita. Mesaprün da solo rappresenta un piccolo pezzetto di un progetto più allargato che dovrà diventare sempre più capillare e coeso con il passare del tempo. Si colloca come esempio attivo per le nuove piattaforme e servizi che nasceranno nel futuro, puntando soprattutto a costruire l’approccio mentale alla condivisione, partendo dalla vita quotidiana e dai rapporti umani. Il nostro benessere non dipende solo dalla nostra salute fisica, ma anche da quella emotiva e sociale. I nostri ritmi di lavoro sono ormai insostenibili e gli eventi mondani consistono spesso nel bere alcolici in compagnia. Non basta fare un po’ di palestra e mangiare in modo equilibrato per stare bene. Bisogna ritornare ad avere rapporti umani sani, relazioni e fiducia reciproca. Il consumo collaborativo è una soluzione anche a questo: fa ritornare la vita a una dimensione più umana.

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Perché così è: donando che si riceve.

Da “Preghiera Semplice” di San Francesco

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ringraziamenti

La sintesi dei concetti elaborati in questa tesi è frutto del lavoro di circa 9 mesi in cui sono avvenuti molti cambiamenti, in primo luogo nel mio modo di affrontare la vita. Raggiungere questo traguardo è per me molto più che una semplice conclusione di un percorso di studio, per il particolare legame che ho con le tematiche affrontate. Vorrei ringraziare prima di tutto il mio relatore, il professor Fabrizio Valpreda, che mi ha sostenuta e guidata in questo progetto con spirito costruttivo, professionalità e umanità.

Il grazie più grande va senza dubbio alla mia famiglia, che ha finanziato gli anni di studio, e i viaggi, e mi ha sempre incoraggiata e sostenuta con orgoglio. A mio papà, che ha partecipato con me al Festival #IOCONDIVIDO e si è occupato di molte cose al posto mio per permettermi di concentrarmi sulla tesi, a mia mamma, che ha coinvolto con entusiasmo tantissime persone che hanno partecipato a sondaggi e test, e a mio fratello, che condivide con me l’automobile e mi perdona quando non mi ricordo di dirgli dove l’ho parcheggiata. Infine ringrazio il Signore, che mi ha mandato un angelo a darmi la forza di credere in me stessa e ha fatto sì che tutto avesse un senso.

Ringrazio gli amici conosciuti al OuiShare Fest di Parigi, Claudine Revol, Anne-Laure Chorro, cofondatrice di Make It Travel e tutti coloro che portano avanti con convinzione e dedizione i valori della condivisione. Un sentito grazie anche ad Antonio Beraldi di Leila Bologna, Matteo Nobili di CoAbitare e Luigi Bartolozzi, che mi hanno raccontato le loro esperienze di condivisione, fonte preziosa d’ispirazione. Ringrazio con loro anche tutti gli altri partecipanti ai test e ai sondaggi online, e tutti gli amici e i parenti che mi hanno detto la loro opinione sulla condivisione.

Francesca

Un ringraziamento particolare va fatto ai miei amici e compagni di tesi della Laurea Triennale, Giulia e Fabrizio, per avermi permesso di arrivare fin qui con una buona base data dal precedente lavoro, nonché sostegno e momenti di svago, e alla mia amica Paola, per i numerosi pranzi di confronto al Valentino.

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FONTI libri e e-book BISTAGNINO L., a cura di, Design Sistemico. Progettare la sostenibilità produttiva e ambientale. Slow Food, Bra, 2009 BISTAGNINO L., a cura di, MicroMACRO. Micro relazioni come rete vitale del sistema economico e produttivo. Edizioni Ambiente, Milano, 2014 BOTSMAN R., ROO R., What’s mine is yours. The rise of collaborative consumption. HarperCollins e-books, 2010 CAPRA F., The web of life. Doubleday Anchor-Book, N.Y., 1996. (trad. it. Carlo Capararo), La rete della vita. Perchè l’altruismo è alla base dell’evoluzione. Rizzoli , 2001 FROST R. O., STEKETEE G., Stuff: Compulsive Hoarding and the Meaning of Things Houghton Mifflin, 2011 (trad it. Sanavio Francesco, Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente. Erickson, 2012) MILLER D., The Comfort of Things, Polity Press Ltd., Cambridge, 2008, (trad. it. Roberta Sassatelli), Cose che parlano di noi. Un antropologo a casa nostra. Società editrice Il Mulino, Bologna, 2014) MAINIERI M., Collaboriamo! Come i social media ci aiutano a lavorare e a vivere bene in tempo di crisi. Hoepli, Milano, 2013

articoli di riviste BUND K., Avere o usare. Scambio di vestiti, orti in affitto, car sharing. Sempre più persone preferiscono usare un prodotto invece di possederlo. Internazionale, n.931, gennaio 2012, pp 46/50

proposte di legge p.d.l . 27 gennaio 2016, n. 3564, in materia di “Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione”

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fonti web - articoli ALTERINI L., L’Onu rivede le sue stime: ecco come cambierà la popolazione mondiale. 2015 http://www.greenreport.it/leditoriale/lonu-rivede-le-sue-stime-ecco-come-cambiera-la-popolazione-mondiale/ 21/06/2016 Altroconsumo-Associazione indipendente di consumatori, #IoCondivido: Successo Per Il Festival Dedicato Alla Condivisione, 2016, http://www.publicnow. com/view/C12C9CB9D2BEE0060F6FC510A4379E4D0E43B0F8 29/09/2016 BARBERIS P. , CHIRIATTI L., Sharing economy -Un’occasione da condividere. http:// www.collaboriamo.org/media/2016/09/Paper-05-sharing-economy-2-1.pdf. 12/07/2016 BELLELLI P.., Draughts, apre a Londra il primo board game café 2015 , https://www. vivilondra.it/pub-ristoranti/draughts-il-primo-cafe-per-chi-ama-i-giochi-da-tavolo. html 05/08/2016 CALLEGARO F., Presentata la nuova ToBike “anti-vandalo”, più semplice da pedalare 2016 , http://www.lastampa.it/2016/10/05/cronaca/presentata-la-nuova-tobike-antivandalo-pi-semplice-da-pedalare-kw2YQQUXw4bwjuvuwScDdN/pagina.html 03/08/2016 CERIZZI M. Pumpipumpe: adesivi per comunicare e condividere. 2015 , http://www. deabyday.tv/casa-e-fai-da-te/whatsnew/guide/9876/Pumpipumpe--adesivi-per-comunicare-e-condividere.html 25/07/2016 COSIMI S., La sharing economy varrà 570 miliardi entro il 2025. Uno studio. 2016 http:// smartmoney.startupitalia.eu/senza-categoria/56975-20160629-la-sharing-economyvarra-570-miliardi-entro-il-2025-uno-studio?utm_content=buffer7bb5b&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer 08/10/2016 DAL ZOTTO F., QUANTO DURERA’ LA TUA CUCINA? http://www.benigniarredamenti. it/quanto-dura-una-cucina/ 04/05/2016 DE SANTIS S.. A Bologna apre “Leila”, la prima “biblioteca degli oggetti” che dà in prestito (gratis) pentole, sci, tende da campeggio. 2016 , http://www.huffingtonpost. it/2016/04/18/leila-bologna-biblioteca-degli-oggetti_n_9717870.html 20/07/2016 EBAY, ITALIANI I PIÙ “SPRECONI” IN EUROPA. 2012 http://http://stampa.ebay.it/press-

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la-project-biblioteca-berlino-condividere-cose 15/05/2016 RICO F., Make It Travel, location d’affaires de voyage entre particuliers! http://1001startups.fr/start-up-makeittravel/ 29/07/2016

2015 ,

SBALCHIERO G.. Superfred. 2015 , Edisonpulse http://www.edisonpulse.it/idee/superfred 15/07/2016 VICINI, FRED, condividi un libro e incontri nuove persone. 2015 http://www.vicini.to.it/ vicini/2015/01/fred-condividi-un-libro-e-incontri-nuove-persone/ 15/07/2016 VALSANIA M., Airbnb vale 24 miliardi, piĂš di Marriott. 2015. IL SOLE 24 ORE , http:// www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-06-18/airbnb-vale-24-miliardi-piu-marriott-214816.shtml?uuid=ACnb8FD 08/10/2016 WEFORGREEN.. Condividere gli oggetti di casa con Pumpipumpe sharing community. 2015 , http://www.weforgreen.it/condividere-gli-oggetti-di-casa-con-pumpipumpe-sharing-community/ 25/07/2016 ZACCARIELLO G.. Dallo zaino da montagna alle pentole, a Bologna una biblioteca per condividere gli oggetti (gratis) 2016 , IlFattoQuotidiano, http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/16/dallo-zaino-da-montagna-alle-pentole-bologna-nasce-la-biblioteca-per-condividere-gli-oggetti-gratis/2636284/ 20/07/2016

SITI WEB http://www.draughtslondon.com/

http://www.collaboriamo.org/

http://fablabtorino.org/

http://superfred.it/

http://www.tobike.it/default.aspx

https://www.peerby.com/dashboard

http://www.coabitare.org/

http://www.leila-bologna.it/

http://www.cascinaroccafranca.it/gas/

http://www.pumpipumpe.ch/

http://ouisharefest.com/

https://makeittravel.com/fr/

http://www.altroconsumo.it/eventi/festival-2016

http://www.sharegrid.com/

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appendice Tabelle indagine ISTAT spesa media mensile di una famiglia italiana composta da 4 persone, su dati del 2013.

1

1. http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_SPEMMFAM

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1. http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_SPEMMFAM

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Trascrizione del testo della proposta di legge n. 3564, presentato alla Camera dei Deputati il 27 gennaio 2016, sul tema della regolamentazione delle attività di sharing economy in Italia.

CAMERA DEI DEPUTATI N. 3564

PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI

TENTORI, PALMIERI, CATALANO, BASSO, BOCCADUTRI, BONOMO, BRUNO BOSSIO, COPPOLA, GALGANO, QUINTARELLI, MARTELLI, LUCIANO AGOSTINI, ALBANELLA, ALBINI, ANTEZZA, ARLOTTI, BARGERO, BECATTINI, BONACCORSI, BORGHI, BRAGA, CAMANI, CAPODICASA, CAPUA, CARLONI, CAROCCI, CARRA, CATANIA, CATANOSO GENOESE, CENNI, CHAOUKI, CIRACÌ, COMINELLI, CRIVELLARI, DALLAI, DE MENECH, FANUCCI, FAUTTILLI, FEDI, FONTANELLI, GADDA, GANDOLFI, GASPARINI, GIUSEPPE GUERINI, IORI, LAFORGIA, LAINATI, LIBRANDI, LODOLINI, PATRIZIA MAESTRI, MALPEZZI, MARCHI, PIERDOMENICO MARTINO, MARZANO, MATTIELLO, MELILLI, MISIANI, MONTRONI, NARDUOLO, NIZZI, PASTORELLI, PICCHI, PICCIONE, GIUDITTA PINI, PRINA, RICHETTI, ROCCHI, ROMANINI, ROMELE, ROTTA, SANI, SARRO, SBERNA, SCUVERA, SENALDI, SQUERI, TERROSI, TULLO, VARGIU, VELLA, VENITTELLI, ZAMPA, ZANIN Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione

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ONOREVOLI COLLEGHI ! — L’economia collaborativa, cosiddetta sharing economy, si propone come un nuovo modello economico e culturale, capace di promuovere forme di consumo consapevole che prediligono la razionalizzazione delle risorse basandosi sull’utilizzo e sullo scambio di beni e servizi piuttosto che sul loro acquisto, dunque sull’accesso piuttosto che sul possesso. Essa è chiamata anche economia della condivisione ed è fondata dunque su un valore radicato nelle nostre comunità sin dai tempi precedenti l’avvento delle nuove tecnologie: il digitale ha abilitato e diffuso questo fenomeno, ampliandone le potenzialità e l’accessibilità. L’impasse dei modelli economici tradizionali e la crisi occupazionale hanno creato condizioni ancora più favorevoli per la diffusione di questo nuovo modello di consumo, che apre nuove opportunità di crescita, occupazione e imprenditorialità fondate su uno sviluppo sostenibile economicamente, socialmente e ambientalmente e che ha in sé un approccio volto alla partecipazione attiva dei cittadini e alla costruzione di comunità resilienti, ovvero in grado di rafforzare la propria capacità di influenzare il corso di un cambiamento facendovi fronte in maniera positiva. Una delle forze trainanti per l’ascesa dell’economia collaborativa è senza dubbio l’information technology e l’utilizzo dei social media, che hanno ridotto drasticamente gli ostacoli cui erano sottoposti i modelli organizzativi e di business basati sulla condivisione. Da quando una serie di tecnologie abilitanti, tra cui gli open data e l’uso diffuso degli smartphone, sono diventate di uso comune, è diventato più facile per le persone avere un rapporto diretto, anche nell’effettuare transazioni. Nonostante ciò l’innovazione non rappresenta solo una questione che ha a che fare con la tecnologia, ma rappresenta qualcosa di più profondo che coinvolge mutamenti sociali e culturali, nuovi stili di vita e nuovi modelli di sviluppo, mettendo a sistema

l’intelligenza diffusa dei cittadini per creare cultura, lavoro, diritti e qualità sociale. Per questo siamo di fronte anche a un nuovo modello culturale, che ricostruisce l’idea di comunità, promuove la razionalizzazione dei consumi e il contrasto dello spreco di risorse e che proprio in virtù di queste caratteristiche si dimostra ricco di opportunità anche utilizzato all’interno della pubblica amministrazione. Tra i tratti distintivi dell’economia collaborativa è possibile individuare alcuni elementi comuni a tutte le diverse esperienze oggi presenti nel panorama mondiale: la condivisione, ossia l’utilizzo comune di una risorsa in modo differente dalle forme tradizionali di scambio; la relazione peer-topeer, ossia il rapporto orizzontale tra i soggetti coinvolti che si distingue dalle forme tradizionali di rapporto tra produttore e consumatore rispondendo a nuovi bisogni, tra cui ad esempio la crescente necessità di interagire con le aziende in una modalità più partecipativa; la presenza di una piattaforma digitale che supporta tale relazione e in cui in genere è presente un meccanismo di reputazione digitale e le transazioni avvengono tramite pagamento elettronico. Le forme e gli oggetti della condivisione possono essere i più svariati, dai beni fisici come i mezzi di trasporto fino ad arrivare ad accessori, prodotti digitali, spazi, tempo, competenze e servizi, il cui valore non necessariamente può essere determinato in denaro e può tenere in considerazione elementi generalmente esclusi dalle tradizionali logiche di scambio, come l’impatto ambientale o sociale. È dunque possibile aspettarsi che la sharing economy nei prossimi anni possa rispondere a bisogni finora rimasti insoddisfatti: esperienze già in atto in Italia e all’estero dimostrano che queste piattaforme innovative, se gestite in una logica di integrazione con il mercato tradizionale e inquadrate in una cornice di norme chiare e trasparenti, possono incrementare l’offerta e ampliare le possibilità per i consumatori,

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coprendo quote di mercato che altrimenti resterebbero scoperte o non utilizzate e stimolando l’innovazione dei modelli esistenti. È ragionevole pensare che vi sia un’economia potenziale dietro la sharing economy e dunque che ci troviamo di fronte alla grande opportunità di cogliere la capacità produttiva oggi non ancora sfruttata e favorire la nascita di nuove forme di occupazione e imprenditorialità. Il Ministero del lavoro e dell’impresa del Regno Unito nel novembre 2014 ha diffuso un documento di analisi sul fenomeno della sharing economy nel proprio Paese dal quale emergono alcuni dati significativi: il 25 per cento della popolazione adulta ha in qualche modo a che fare con il mondo dell’economia collaborativa ed entro il 2015 il 70 per cento della popolazione si occuperà o usufruirà della sharing economy. Il 97 per cento delle persone dichiara di essere soddisfatto dell’esperienza di condivisione. A seguito di ciò il Governo del Regno Unito nel suo bilancio 2015, fissando gli obiettivi per migliorare la crescita economica, ha compreso quello di fare della Gran Bretagna il « migliore posto al mondo per iniziare, investire e far crescere un’impresa, anche attraverso un pacchetto di misure per contribuire a sbloccare il potenziale dell’economia della condivisione ». In Italia secondo uno studio di Collaboriamo.org e dell’università Cattolica le piattaforme collaborative nel 2015 sono 186 (+34,7 per cento rispetto al 2014). Tra i settori più interessati ci sono il crowfunding (69 piattaforme), i trasporti (22), i servizi di scambio di beni di consumo (18) e il turismo (17). Lo studio rileva una continua evoluzione e sperimentazione delle piattaforme collaborative italiane ma anche una certa fatica di questi servizi a crescere e a raggiungere quella massa critica necessaria per raggiungere sostenibilità ed efficienza. Mancano, secondo gli imprenditori intervistati, finanziamenti (per il 73 per cento degli intervistati), cultura (47 per cento) e partnership con grandi aziende (58 per

cento). Di contro una ricerca di TNS Italia rileva che il 25 per cento degli italiani che navigano su internet sta già utilizzando i servizi collaborativi. La Commissione europea cita un recente studio (Consumer Intelligence Series: The Sharing economy. Pwc 2015) secondo cui la sharing economy è potenzialmente in grado di accrescere le entrate globali dagli attuali 13 miliardi di euro circa a 300 miliardi di euro entro il 2025. Il Comitato europeo delle regioni nella sessione plenaria del 3 e 4 dicembre 2015 ha approvato un parere su « La dimensione locale e regionale dell’economia della condivisione » secondo cui « l’economia della condivisione può migliorare la qualità della vita dei cittadini, promuovere la crescita (in particolare a livello di economie locali) e ridurre gli effetti sull’ambiente. Essa può inoltre generare nuovi posti di lavoro di qualità, ridurre i costi e incrementare la disponibilità e l’efficienza di alcuni beni e servizi o infrastrutture ». Contestualmente sottolinea che « è importante che i servizi offerti tramite l’EdC non siano all’origine di pratiche di elusione fiscale o concorrenza sleale né violino regolamentazioni locali e regionali o normative nazionali ed europee ». A partire da ciò è possibile individuare diversi aspetti che coinvolgono la sharing economy su cui è necessario riflettere: il rapporto tra la distribuzione di valore nei settori tradizionali e la creazione di nuovo valore; la possibilità di integrare, far convivere e rendere complementari i modelli economici tradizionali e quelli innovativi; la possibilità di evitare le contrapposizioni facendo prevalere l’interesse collettivo, cogliendo in senso positivo questa nuova forma di economia definita da alcuni « dirompente »; l’opportunità di sviluppare sperimentazioni e idee innovative, di incoraggiare le start up e premiare le esperienze di successo. A livello locale sono già nate numerose iniziative per affrontare tali questioni e risolvere alcune criticità emerse

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nei singoli settori professionali, dovute anche a un fisiologico momento di discrasia ormativa. Ci troviamo davanti alla sfida di ridefinire alcuni metodi di misura, in un mercato del lavoro e in un contesto di norme e di arametri economici che oggi si adattano a un’economia basata sulla vendita e sulla produzione di beni e servizi, più che sulla loro condivisione o sullo scambio. A tale proposito el dibattito emerge con forza anche il complesso tema riguardante lo status giuridico e la tutela del lavoratore che opera attraverso le piattaforme di sharing economy, che oggi difficilmente è riconducibile ai modelli esistenti, pensati per un contesto e un mercato del lavoro che è in continua trasformazione. In questo senso è necessaria una riflessione più profonda e specifica. Il principale compito che il legislatore deve assolvere è garantire equità e trasparenza, soprattutto in termini di regole e di fiscalità, tra chi opera nell’ambito della sharing economy e gli operatori economici tradizionali e di tutelare i consumatori, in particolare per quanto riguarda gli aspetti legati alla sicurezza, alla salute, alla privacy e alla trasparenza sulle condizioni che stanno alla base del servizio o del bene utilizzato. Queste difficoltà non devono indurre il nostro Paese a fermarsi e rischiare di perdere l’opportunità di potenziare una nuova economia, più efficiente e più flessibile. Per questo si rende necessario cominciare a prefigurare interventi normativi in materia di sharing economy trasversali ai diversi settori professionali coinvolti, così da accompagnare e orientare un processo di cambiamento che non può essere arrestato ma che può e deve essere governato. Una compiuta regolamentazione del fenomeno consentirebbe infatti l’emersione di un ampio segmento di economia informale relativo ai servizi tipicamente riconducibili alla sharing economy. Si potrebbero così recuperare in Italia circa 450 milioni di euro di prodotto interno

lordo (PIL) di base imponibile, attualmente oggetto di elusione fiscale, corrispondenti a non meno di 150 milioni di euro di maggiore gettito per l’erario, tra imposte dirette e imposte indirette. Entro il 2025 si stimano crescite di oltre venti volte la stima, portando così il nuovo gettito a circa 3 miliardi di euro. La presente proposta di legge, come enunciato nell’articolo 1 relativo alle finalità, si propone di riconoscere e valorizzare la sharing economy, di promuoverne lo sviluppo e di definire misure volte in particolare a fornire strumenti atti a garantire la trasparenza, l’equità fiscale, la leale concorrenza e la tutela dei consumatori. L’articolo 2 definisce i soggetti coinvolti ed enuncia la definizione di sharing economy ai fini della legge. L’articolo 3 individua l’Autorità garante della concorrenza e del mercato quale competente a regolare e a vigilare sull’attività delle piattaforme digitali di sharing economy, specificandone le competenze, istituisce il Registro elettronico nazionale delle piattaforme di sharing economy. L’articolo 4 enuncia le disposizioni relative al documento di politica aziendale delle piattaforme di sharing economy, che sarà soggetto a parere e successiva approvazione dell’Autorità di cui al precedente articolo, come condizione vincolante per l’iscrizione al Registro elettronico nazionale delle piattaforme di sharing economy. In tale documento di policy sono inclusi le condizioni contrattuali tra la piattaforma e gli utenti, oltre alle informazioni e agli obblighi relativi ad eventuali coperture assicurative. Nello stesso articolo è prescritto che le eventuali transazioni di denaro avvengano esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico e sono enunciate le modalità di registrazione univoche per tutti gli utenti, atte a evitare la creazione di profili falsi o non riconducibili all’effettivo titolare. L’articolo 5 interviene sulla fiscalità, al fine di affermare i princìpi di trasparenza ed eq-

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uità, con un’impostazione flessibile e diversificata tra chi svolge una microattività non professionale a integrazione del proprio reddito da lavoro e chi invece opera a livello professionale o imprenditoriale a tutti gli effetti, attraverso l’individuazione di una soglia pari a 10.000 euro. A tale fine i gestori delle piattaforme di sharing economy agiscono da sostituti d’imposta per i redditi generati dagli utenti operatori con un’aliquota fissa del 10 per cento su tutte le transazioni. Nel caso in cui i redditi dell’utente operatore oltrepassino la soglia stabilita, la somma eccedente si cumula con gli altri redditi percepiti dall’utente e conseguentemente è applicata la rispettiva aliquota. L’articolo 6 disciplina l’adozione di misure annuali per la diffusione della sharing economy, al fine di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, alla sua diffusione, garantendo la leale concorrenza e la tutela dei consumatori, nell’ambito della legge annuale per il mercato e la concorrenza. Per quanto riguarda gli aspetti commerciali della sharing economy è necessario infatti un pproccio regolamentare settoriale, coordinato anche con la normativa europea, per garantire certezza giuridica e condizioni di concorrenza eque agli operatori interessati. A parere dei proponenti tale regolamentazione dovrebbe basarsi sul criterio delle dimensioni delle iniziative di sharing economy da assoggettare alle regole, con un’impostazione flessibile e diversificata tra chi svolge una microattività non professionale a integrazione del proprio reddito e chi invece opera a livello professionale o imprenditoriale a tutti gli effetti, principio già affermato nell’articolo 5 della presente proposta di legge per quanto concerne l’aspetto fiscale. L’articolo 7 detta disposizioni in materia di tutela della riservatezza, enuncia la definizione di « dato utente » e detta pre scrizioni in merito alla cessione e alla cancellazione dei dati.

L’articolo 8 prevede l’emanazione di linee guida volte alla promozione della sharing economy, anche all’interno della pubblica amministrazione. L’articolo 9 relativo al monitoraggio prevede la comunicazione dei dati all’Istituto nazionale di statistica da parte dei gestori delle piattaforme presenti nel Registro di cui all’articolo 3, comma 2, al fine di conoscere lo sviluppo e l’evoluzione della sharing economy e di valutare l’efficacia delle azioni regolatorie. L’articolo 10 reca le norme relative a controlli e a sanzioni. L’articolo 11 reca le norme transitorie per i gestori delle piattaforme di sharing economy già operanti alla data di ent ata di vigore della legge. L’articolo 12 contiene le disposizioni finanziarie. Dall’attuazione della legge non discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le risorse finanziarie derivanti dalla sua attuazione sono desti ate alla completa deducibilità delle spese sostenute dai gestori e dagli utenti operatori delle piattaforme al fine dell’accrescimento delle competenze digitali nonché alla realizzazione di politiche di innovazione tecnologica e digitalizzazione delle imprese.

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PROPOSTA DI LEGGE — ART. 1. (Finalità).

favore di operatori professionali iscritti al registro delle imprese; b) gestore: il soggetto privato o pubblico che gestisce la piattaforma digitale; c) utente operatore: il soggetto privato o pubblico che attraverso la piattaforma digitale opera erogando un servizio o condividendo un proprio bene; d) utente fruitore: il soggetto privato o pubblico che attraverso la piattaforma digitale utilizza il servizio erogato o il bene condiviso dall’utente operatore; e) utente: l’utente operatore o l’utente fruitore.

1. La presente legge reca disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione per favorire: forme di consumo consapevole; la razionalizzazione delle risorse e l’incremento dell’efficienza e della disponibilità di beni, servizi e infrastrutture, anche nella pubblica amministrazione; il contrasto degli sprechi e la riduzione dei costi; la partecipazione attiva dei cittadini alla costruzione di comunità resilienti in cui si sviluppano relazioni che abbiano come obiettivo l’interesse generale comune o la cura dei beni comuni; nuove opportunità di crescita, occupazione e imprenditorialità basate su un modello di sviluppo economico, ambientale e sociale sostenibile; l’innovazione tecnologica e digitale. 2. Ai fini di cui al comma 1 la presente legge reca misure relative alla gestione e all’utilizzo delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e di servizi che operano su mercati a due versanti e fornisce strumenti atti a garantire la trasparenza, l’equità fiscale, la leale concorrenza e la tutela dei consumatori.

ART. 3. (Compiti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato). 1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) regola e vigila sull’attività delle piattaforme digitali dell’economia della condivisione. 2. Presso l’AGCM è istituito il Registro elettronico nazionale delle piattaforme digitali dell’economia della condivisione, di seguito denominato « Registro », la cui consultazione è pubblica e gratuita. 3. L’AGCM nella relazione annuale, di cui all’articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, rende conto alle Camere dell’attività di vigilanza e di regolazione svolta in materia di economia della condivisione segnalando l’eventuale esistenza di ostacoli alla sua diffusione e proponendo i relativi interventi correttivi. 4. Al fine tutelare gli utenti fruitori o i terzi, l’AGCM può prevedere l’obbligo per i gestori di fornire o di richiedere agli utenti operatori la stipula di polizze assicurative per la copertura dei rischi tipici derivanti dalle attività di economia della condivisione. 5. L’AGCM assicura il rispetto delle disposizioni della presente legge e, in particolare, del documento di politica aziendale di cui all’articolo 4, mediante i controlli e le sanzioni di cui all’articolo 10.

ART. 2. (Definizioni). 1. Ai fini di cui alla presente legge si applicano le seguenti definizioni: a) economia della condivisione: l’economia generata dall’allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi tramite piattaforme digitali. I gestori di tali piattaforme agiscono da abilitatori mettendo in contatto gli utenti e possono offrire servizi di valore aggiunto. I beni che generano valore per la piattaforma appartengono agli utenti. Tra gestori e utenti non sussiste alcun rapporto di lavoro subordinato. Sono escluse le piattaforme che operano intermediazione in

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6. Ai maggiori oneri per l’AGCM derivanti dall’esercizio delle competenze di cui al presente articolo si provvede mediante un contributo di importo massimo pari allo 0,08 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato dal gestore della piattaforma digitale. L’entità di tale contributo è stabilita annualmente con propria delibera dalla stessa AGCM.

g) l’obbligo di promozione dei servizi del gestore da parte dell’utente operatore; h) il divieto di commento critico del gestore da parte dell’utente operatore; i) la condivisione con altri utenti operatori di informazioni, giudizi e analisi; l) l’obbligo di fornire il consenso a cedere a terzi qualunque dato utente di all’articolo 7. 3. Eventuali clausole difformi da quanto previsto dal comma 2 sono nulle e non comportano la nullità dell’intero contratto tra utente operatore e gestore. 4. Il documento di politica aziendale prevede altresì che le eventuali transazioni in denaro operate mediante le piattaforme digitali avvengano esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico e prevede modalità di registrazione univoche per tutti gli utenti, atte a evitare la creazione di profili falsi o non riconducibili all’effettivo titolare. A tale fine è stabilito l’obbligo di indicare le generalità degli utenti e in particolare i dati anagrafici, la residenza e il codice fiscale. 5. Il documento di politica aziendale informa altresì gli utenti sulle eventuali coperture assicurative richieste per l’esercizio delle attività svolte tramite la piattaforma digitale, nonché sulle polizze assicurative già stipulate dal gestore e su quelle eventualmente stipulabili, a condizioni agevolate, dagli utenti operatori, a seguito di accordi tra il gestore e la società di assicurazione. 6. Il gestore della piattaforma digitale deve verificare che gli utenti operatori assolvano gli eventuali obblighi assicurativi gravanti sui medesimi. 7. L’approvazione con le modalità di cui al comma 2 da parte dell’AGCM del documento di politica aziendale è condizione vincolante per l’iscrizione nel Registro. 8. Gli utenti che intendono registrarsi nelle piattaforme digitali devono essere messi a conoscenza del documento di politica aziendale e sottoscriverlo esplicitamente.

ART. 4. (Documento di politica aziendale). 1. I gestori delle piattaforme digitali devono dotarsi di un documento di politica aziendale che è soggetto al parere vincolante e all’approvazione dell’AGCM. Il Silenzio dell’AGCM equivale all’approvazione, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima non comunica all’interessato nel termine di trenta giorni il provvedimento di diniego o il parere vincolante. 2. Il documento di politica aziendale include le condizioni contrattuali tra la piattaforma digitale e gli utenti e non può contenere previsioni che impongano, anche indirettamente: a) all’utente operatore ogni forma di esclusiva o di trattamento preferenziale in favore del gestore; b) il controllo dell’esecuzione della prestazione dell’utente operatore, anche tramite apparati o sistemi hardware o software; c) la fissazione di tariffe obbligatorie per gli utenti operatori; d) l’esclusione dell’utente operatore dall’accesso alla piattaforma digitale del gestore o la sua penalizzazione nella presentazione della sua offerta agli utenti fruitori per motivazioni non gravi e oggettive; e) la cessione gratuita non revocabile da parte dell’utente operatore di propri diritti d’autore; f) all’utente operatore il divieto di acquisizione e di utilizzo di informazioni pubbliche del gestore che non siano tutelate da adeguate misure tecniche di protezione;

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ART. 5. (Fiscalità).

risorse. 3. Nell’ambito della legge annuale per il mercato e la concorrenza, di cui all’articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, sono previste misure in favore dell’economia della condivisione tenendo conto anche della relazione annuale dell’AGCM e delle segnalazioni eventualmente trasmesse dalle altre attività amministrative indipendenti. 4. Le misure di cui al comma 3 prevedono: a) norme di immediata applicazione, al fine, anche in relazione ai pareri, alle segnalazioni e alle relazioni annuali dell’AGCM e delle altre autorità amministrative indipendenti, di rimuovere gli ostacoli alla diffusione dell’economia della condivisione; b) una o più deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge annuale per il mercato e la concorrenza, ai fini di cui al comma 1; c) l’autorizzazione all’adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti, ai fini di cui al comma 1; d) disposizioni recanti i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze normative, quando vengano in rilievo profili attinenti alla diffusione dell’economia della condivisione; e) norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per la diffusione dell’economia della condivisione, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare. 5. Il Governo nella relazione di accompagnamento del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza evidenzia: a) lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per la diffusione dell’economia della condivisione, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione; b) l’elenco delle segnalazioni trasmesse ai sensi del comma 3, indicando gliambiti in

1. Il reddito percepito dagli utenti operatori mediante la piattaforma digitale è denominato « reddito da attività di economia della condivisione non professionale » ed è indicato in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi. Ai redditi fino a 10.000 euro prodotti mediante le piattaforme digitali si applica un’imposta pari al 10 per cento. I redditi superiori a 10.000 euro sono cumulati con i redditi da lavoro dipendente o da lavoro autonomo e a essi si applica l’aliquota corrispondente. 2. I gestori operano, in relazione ai redditi generati mediante le piattaforme digitali, in qualità di sostituti d’imposta degli utenti operatori. A tale fine, i gestori aventi sede o residenza all’estero devono dotarsi di una stabile organizzazione in Italia. 3. I gestori comunicano all’Agenzia delle entrate i dati relativi a eventuali transazioni economiche che avvengono tramite le piattaforme digitali, anche qualora gli utenti operatori non percepiscano alcun reddito dall’attività svolta mediante le piattaforme medesime. ART. 6. (Misure annuali per la diffusione dell’economia della condivisione). 1. Il presente articolo disciplina l’adozione di misure annuali per la diffusione dell’economia della condivisione, al fine di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, alla diffusione dell’economia della condivisione garantendo la leale concorrenza e la tutela dei consumatori. 2. Al fine di promuovere lo sfruttamento di risorse solo parzialmente utilizzate, il Ministro dello sviluppo economico identifica un apposito ufficio al quale i gestori e gli utenti, anche in forma associata, possono inviare suggerimenti e richieste di standardizzazione dei dati relativi alle citate

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cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.

e dei messaggi scambiati dagli utenti, nonché dei dati utente. 5. Il Garante per la protezione dei dati personali sanziona eventuali violazioni del presente articolo ai sensi dell’articolo 162, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

ART. 7. (Tutela della riservatezza). 1. È definito dato utente il dato personale di cui sia stato acquisito il consenso ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e il dato prodotto e ottenuto dall’integrazione digitale di oggetti (internet of things). 2. Qualora il gestore intenda cedere a terzi dati utente del cui trattamento è titolare, deve comunicare ai soggetti cui tali dati utente si riferiscono, entro un congruo termine antecedente alla cessione, le modalità e i tempi della cessione e consentire ai titolari, contestualmente alla comunicazione, di effettuare, con un solo comando o rispondendo a una comunicazione elettronica, l’eliminazione dei dati che lo riguardano. Il Garante per la protezione dei dati personali stabilisce con propria delibera i requisiti minimi dell’informativa all’utente, il termine per la comunicazione di cessione e il funzionamento del meccanismo di eliminazione dei dati. 3. Le piattaforme digitali devono garantire: a) la messa a disposizione di ciascun utente di uno strumento on line di verifica, modifica, obliterazione, cancellazione e prelievo dei propri dati utente con granularità singolare ovvero raggruppati per categorie omogenee o in forma complessiva; b) la possibilità di cancellare definitivamente, con una sola operazione, tutti i dati memorizzati all’interno del profilo dell’utente. 4. Fatte salve le operazioni esplicitamente e spontaneamente richieste dagli utenti, oggetto di separata approvazione contrattuale la cui non sottoscrizione non pregiudichi comunque la piena fruibilità del servizio da parte degli utenti, è vietata l’analisi automatica dei contenuti di documenti, privati o condivisi anche in remoto,

ART. 8. (Linee guida). 1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentite l’AGCM e l’Associazione nazionale dei comuni italiani, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana linee guida, destinate agli enti locali, per valorizzare e diffondere le buone pratiche nell’ambito dell’economia della condivisione al fine di abilitare processi sperimentali di condivisione di beni e servizi nella pubblica amministrazione. ART. 9. (Monitoraggio). 1. Al fine di conoscere lo sviluppo e l’evoluzione dell’economia della condivisione e di valutare l’efficacia delle azioni regolatorie, i gestori delle piattaforme iscritti nel Registro comunicano all’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) i dati relativi al numero di utenti, alle attività svolte e ai relativi importi, nonché alla tipologia di beni e servizi utilizzati, aggregati su base comunale. 2. Ai fini di cui al comma 1 l’ISTAT, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, predispone lo standard di comunicazione dei dati di cui al medesimo comma 1, ai fini dell’archiviazione telematica degli stessi. ART. 10. (Controlli e sanzioni). 1. L’AGCM, ove riscontri l’attività di una piattaforma digitale non iscritta nel Registro, diffida il gestore a sospendere tempestiva-

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mente tale attività, fino al perfezionamento dell’iscrizione. Il gestore che non adempie nel termine indicato è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 25 per cento del fatturato del periodo durante il quale ha esercitato l’attività in assenza di iscrizione. In ogni caso, l’esercizio dell’attività rimane sospeso sino ad adempimento. 2. Ai sensi della legge 18 giugno 1998, n. 192, l’AGCM presume, in difetto di prova contraria, l’abuso di dipendenza economica in favore del gestore in tutti i casi in cui un utente operatore si obblighi verso il gestore a un patto in forza del quale l’utente operatore stesso si trovi a dover ingiustificatamente rifiutare ai propri clienti, potenziali o abituali, proposte di fornitura di beni o servizi a condizioni migliorative rispetto a quelle assicurate al gestore stesso. 3. L’AGCM, ove riscontri il mancato rispetto delle disposizioni dell’articolo 4, diffida il trasgressore, invitandolo a conformarsi a tali disposizioni entro un termine adeguato, comunque non inferiore a trenta giorni. Il gestore che non si conformi entro il termine stabilito è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria dall’1 al 10 per cento del fatturato realizzato dalla piattaforma digitale nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida. In ogni caso l’esercizio dell’attività rimane sospeso sino ad adempimento.

1. Le risorse finanziarie derivanti dall’attuazione della presente legge sono destinate alla completa deducibilità delle spese di iscrizione a master, corsi di formazione o di aggiornamento professionale nonché delle spese di iscrizione a convegni o congressi, al fine dell’accrescimento delle competenze digitali, fino a un massimo di 5.000 euro, sostenute dai gestori e dagli utenti operatori. 2. Le somme non impiegate ai fini di cui al comma 1 sono destinate al finanziamento di politiche di innovazione tecnologica e digitalizzazione delle imprese.

ART. 11. (Norme transitorie). 1. Il gestore delle piattaforme digitali già operanti alla data di entrata di vigore della presente legge, entro centoventi giorni dalla medesima data di entrata in vigore, è tenuto ad adeguarsi alle disposizioni della stessa legge. Il gestore che non si conformi entro il termine stabilito dal primo periodo è punito ai sensi dell’articolo 10. ART. 12. (Disposizioni finanziarie).

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