/ aprile 2014
Anno 57 - Aprile 2014 / n. 4
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Rompicapo lavoro C’è urgenza di una scossa per far ripartire la crescita
Giovani, e non solo, preoccupati e a volte disperati per il lavoro che non c’è. Alle pagine 4 e 5
S
La
lingua e il pensiero
iamo entrati nell’evo della glorificazione di streaming, con tutto ciò che molti hanno avuto l’opportunità di vedere: il più delle volte, disgustoso e ripugnante. Il colmo è che pare sempre il primo mattino del mondo. Come non ci fossero stati - proprio nello stesso posto, cioè in un’aula di Montecitorio - i precedenti dell’insolenza eruttata come lava, dapprima contro Pierluigi Bersani, poi contro Enrico Letta (il meno ustionato dalla colata) quindi Matteo Renzi. Dopo questi avvilenti scivoloni nel pantano della tracotanza verbale e nella chiusura ad ogni scambio dialettico, la domanda che si impone è se siano passaggi proprio necessari. Con tribuni che non lasciano parlare e rovesciano addosso insulti e improperi non si può essere tolleranti. Se uno è capace solo di insolentire e insultare invece di discutere, proporre, ascoltare e ribattere, ci si alza e con signorilità si indica la porta. Per rispetto delle Istituzioni, prima ancora che di se stessi e di ciò che si rappresenta in quella sede. Con chi urla di “non essere democratico”, c’è un solo modo di trattare: non si perde tempo prezioso, mentre il Paese boccheggia e chiede di fare in fretta. È davvero necessario ammettere a consultazioni riservate, e che debbono avere almeno il carattere della discrezione e del riserbo,
persone e mezzi che sbeffeggiano in diretta davanti al Paese? Si sa in partenza di essere perdenti - costretti al dovere della correttezza - con chi brandisce le armi della volgarità e della provocazione, con chi scaglia le parole come pietre, per dirla con Carlo Levi. Per igiene mentale è bene starsene accuratamente alla larga. I mass media dovrebbero pure interrogarsi se sia il caso di continuare a offrire spazi, tempi, vetrine a chi non perde occasione per inveire e rovesciare il tavolo. Giuseppe Zois ➣ continua a pagina 20
Cosa
Verso
Mentre la politica continua a consumare i suoi sfiancanti e logori riti, funzionali soprattutto a se stessa, il Paese è allo stremo e l’immagine non è una forzatura di circostanza. A parlare in questi termini è stato, a più riprese, lo stesso presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha lanciato ripetuti appelli, perché si facciano le riforme necessarie alla ripresa dello sviluppo e della crescita. Tutti chiedono cambiamenti che consentano alla “macchina Italia” di rimettersi in moto. L’occupazione è in sofferenza da anni e i giovani, stufi di aspettare, rinunciano anche - desolati - a cercare un posto di lavoro. Il PIL viaggia su livelli di soglia piatta, quest’anno tra lo 0,1% e lo 0,3%; la spesa pubblica è una voragine sempre più incontrollabile, che inghiotte miliardi. Con questi orizzonti il lavoro diventa sempre più una chimera. Dove si arriverà?
la luce di
Pasqua
Pasqua, suoi significati e impegni per vivere il Vangelo nelle inquietudini della modernità. Intervista con l’arcivescovo di Campobasso, mons. Giancarlo Bregantini. Alle pagine 12-13
mangeremo?
■ Società Linguaggio sbracato: troppi cattivi esempi dall’alto. alle pagine 2 e 3 ■ Economia Se mettiamo lira ed euro sulla nostra bilancia… a pagina 6 ■ Multimedia Fenomeno facebook, la generazione svelata. a pagina 17
Che cosa mangiamo già oggi, spesso a nostra insaputa e verso quale alimentazione stiamo andando? Riciputi a pagina 9
■ Solidarietà Villaggio della Carità aperto nel cuore di Perugia. alle pagine 14-16
Il
parlare specchio della vita
L
a lingua batte dove il dente duole! Sarà anche un luogo comune, ma questo vecchio adagio italiano sembra rendere bene quale rapporto ci sia tra il modo di parlare ed il malessere della società. Del resto non fa che riprendere, in forma semplice, un detto che gli antichi filosofi ci hanno trasmesso dai secoli lontani. Sosteneva, Imago animi sermo est: qualis vita, talis oratio. Ossia, il linguaggio è lo specchio dell’anima: qual è la vita, tale è il parlare. Una riflessione che non vale solo per la persona, più o meno educata, ma per l’insieme dei gruppi umani. Non è questione di tono. Il comiziante urla, l’intrattenitore televisivo gigioneggia, gli innamorati sussurrano. Ma provatevi a salire sul treno o in autobus al termine dell’orario scolastico, e se non rimanete stupefatti e nell’intimo scandalizzati, vuol dire che ormai siete rassegnati a tutto. Da quelle bocche adolescenti escono torrenti di parolacce, boati di volgarità, non di rado bestemmie. Senza distinzione di maschi e femmine. Anzi, in certi casi, specie quando sono in gruppo a sé, le ragazze danno il peggio del peggio. Ora, che i giovani siano sempre stati esuberanti, in ogni epoca, è un fatto. Ma c’era il freno del riguardo, il limite del pudore, l’apprezzamento sociale per la modestia. Via tutto. E non solo in autobus. Il maloparlare dilaga sul Web, trabocca nelle trasmissioni radiofoniche e in certe rubriche sul piccolo schermo. Una cloaca verbale in piena. Aggiungiamoci le cronache parlamentari che ci raccontano il comportamento disonorevole dei rappresentanti del popolo. Dai vertici alla base, lo specchio del linguaggio ci rimanda un’immagine lurida e sguaiata della società contemporanea. Difficile a questo punto pensare che il turpiloquio e l’intercalare stercorario sollecitino buoni pensieri per risolvere i problemi, gravi e pressanti, del nostro vivere. La violenza, perché l’aggressione verbale è una delle sue forme più abbiette, non può che generare violenza. Ulderico Bernardi ➣ continua a pagina 10