Avvento 2013 opuscolo

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Carissimi amici, ragazzi, giovani, insegnanti, genitori e nonni… Eccoci con un altro spicchio di Medioevo! È vero! Da un po’ di tempo in qua abbiamo preso di punta l’età medievale; non a caso, certamente, poiché quella fu l’epoca — tra XII e XIII secolo — in cui vissero Francesco e Chiara d’Assisi. La stiamo “indagando” da angolature varie e diverse: la città, le città di mare, i castelli, le abbazie ed i conventi, i pellegrinaggi ed ora… le cattedrali. Ne emerge sempre un mondo meno oscuro, capace, intelligente, creativo, operoso ed in movimento pur in mezzo alle sempre tante difficoltà di ogni tipo… Le cattedrali, in particolare, sono una delle espressioni più grandiose ed inventive di tutta la civiltà medievale. Un mondo di autorità laiche ed ecclesiastiche, lavoratori, maestranze, cittadini di varie condizioni concorreva alla loro costruzione. Le cattedrali divennero l’emblema delle città; furono in esse centri di vita religiosa, ma anche sociale, “politica”, culturale. Tra i secoli XII e XIII, proprio il tempo di Francesco e Chiara, infatti, tutte le città d’Europa ambirono ad avere una loro imponente cattedrale. Accanto al solido stile romanico esplose la novità dello stile gotico con la sua forte tensione verticale, con la sua apertura alla luce. “Dio è luce”: Cristo è identificato con “la Luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv1, 9) e Cristo stesso si qualifica “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). E di luce, attraverso le ampie vetrate colorate, s’inondarono le grandi cattedrali gotiche d’Europa! Fu un’innovazione nei modi di costruire che poggiava su di una diversa sensibilità ed una mutata percezione di Dio, attraverso Cristo che è la vera Luce del mondo. Speriamo di farvi cosa gradita offrendovi questo spaccato di Medioevo che all’ombra delle cattedrali in qualche modo unificò l’Europa. Ancora oggi le cattedrali sono il punto di riferimento delle diocesi cristiano-cattoliche, le grandi case — duomi, appunto — aperte a tutti! Pace e Bene, Frate Indovino

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IL MEDIOEVO DELLE CATTEDRALI “La disposizione della chiesa materiale rappresenta la forma del corpo umano, visto che la balaustra o il luogo dove si trova l’altare rappresenta la testa, e la croce dell’una e dell’altra parte, le braccia e le mani; infine, l’altra parte che si estende dopo Occidente, tutto il resto del corpo” [cio• in pratica: lÕ abside • la testa, il transetto le braccia, la/le navata/e sono il resto del corpo]. (Durand1, I, 14). Le chiese a forma di croce mostrano “che noi dobbiamo essere crocifissi al mondo, o seguire il Cristo messo in croce per noi” (I, 17). Una delle espressioni più splendide, magnifiche e grandiose della fede e della creativa operosità degli uomini nel Medioevo sono le cattedrali di cui è disseminata tutta l’Europa cristiana. Non è certo per caso che il pontefice Benedetto XVI abbia dedicato attenzione a questa monumentale manifestazione artistica come via della bellezza che conduce a Dio [catechesi novembre 2009]. E non è neppure un caso che un romanzo di successo come I pilastri della terra di Ken Follet sia ambientato nel XII secolo e ruoti attorno alla costruzione di una cattedrale. L’imponenza di questi edifici a tutt’oggi domina e caratterizza le città. Ad esempio. Nonostante trasformazioni e nuove e moderne emergenze monumentali, come la Torre Eiffel, la grande Parigi si distingue ancora per la sua cattedrale di Notre Dame, sfondo del celebre romanzo di Victor Hugo.

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Il termine «cattedrale» indica una realtà architettonica ben precisa: designa la chiesa della diocesi ecclesiastica, la sede del vescovo. Il latino cathedra, all’epoca del riconoscimento del Cristianesimo nel IV secolo, sta a segnalare il seggio del vescovo, generalmente situato in fondo all’abside, di fronte all’altare ed ai fedeli. L’altro termine usato per denotare la chiesa episcopale è «duomo» che deriva dal latino domus, cioè «casa», intendendo però non tanto la casa del vescovo, quanto la casa di Dio, aperta a tutti. A seguito della svolta costantiniana (Editto di Milano del 313), ogni città (civitas) ha un proprio vescovo (episcopus) che è a capo della comunità cristiana. Egli è investito di un triplice potere: di giurisdizione, di insegnamento, di ministero (cresime ed ordinazioni) e questo potere viene esercitato sull’intera diocesi (città e territorio). Dal IV secolo in poi le città si dotano di chiese cattedrali i cui stili e le cui forme varieranno secondo le epoche ed i tempi.

_ 1. Guglielmo Durand 1230-1296, canonico, prelato attivo, fatto vescovo di Mende (Francia) nel 1285; morì a Roma e fu sepolto nella chiesa domenicana della Minerva. Il suo titolo di gloria è di aver scritto il Razionale o Manuale dei divini offici. L’idea centrale del Manuale è che nell’universo del sacro, nel mondo delle cattedrali, tutto ha un senso, tutto deve essere decifrato per l’elevazione ad una realtà di ordine spirituale. [L’antico nome di Urbania era Casteldurante perché il Durand vi costruì un proprio castello].

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Ed una cattedrale non è solo la chiesa, ma un più articolato insieme di edifici. Se per cattedrale intendiamo l’edificio-chiesa in quanto tale, non va dimenticato che nella sua area potevano sorgere altri edifici con diverse funzioni: la domus episcopi, cioè la casa di residenza del vescovo; il battistero spesso separato dall’edificio di culto [Pisa, Firenze]; il complesso abitativo dei cano-

nici [o dei monaci]; le strutture di un eventuale ospedale… Sovente visibile da lontano, la cattedrale è l’emblema della città, centro di un insieme di molteplici funzioni religiose, intellettuali, economiche, caritative, artistiche: una sorta di città sacra e simbolica, dentro la città.

L’anno Mille fu una linea di demarcazione che progressivamente segnò la ripresa di tutti gli aspetti della vita: economici, commerciali, produttivi, culturali, sociali, politici, religiosi… Il monaco Rodolfo il Glabro (980ca.-1047ca.) nella sua Cronaca scrive: “Si era già quasi all’anall’an no terzo dopo il Mille quando nel mondo inin tero, ma specialmente nell’Italia e nelle GalGal lie, si ebbe un rinnorinno vamento delle chiese basilicali: sebbene molte fossero ben sistemate e non ne avessero bisogno, tuttavia ogni popolo della cristianità faceva a gara con gli altri per averne una più bella. Pareva che la terra stessa, come scrollandosi e liberandosi della vecchiaia, si rivestisse tutta di un candido manto di chiese. In quel tempo i fedeli sostituirono con edifici migliori quasi tutte le chiese delle sedi episcopali, tutti i monasteri dedicati ai vari santi e anche i più piccoli oratori di campagna” (Storie dell’anno Mille, III, 13). La cultura e la civiltà europea, infatti, subirono

un’accelerazione dopo l’anno Mille, grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche, prima di tutto in agricoltura, che permisero di aumentare la produzione di generi alimentari, sollevando la popolazione dall’endemica scarsità di cibo. Ciò innescò un circolo virtuoso che permise un incremento demografico, la ripresa dei com commerci e lo sviluppo di villaggi e città quali sedi di mercati; la crescita delle zone urbane gra gradualmente permise l’affermazione di un nuovo ceto sociale, quello “borghese” dedito alle atti attività manifatturiere e commerciali ed interme intermedio tra la massa dei lavoratori della terra e gli aristocratici ed ecclesiastici. Tutti questi fattori presto innescaro innescarono una notevole domanda di nuovi edifi edifici, soprattutto religiosi. A ciò va aggiunta l’attività delle abbazie riformate (come Cluny nell’XI secolo e Citeaux nel XII secolo), il sistema di pievi nelle campagne, la diffusione dei pellegrinaggi con la conseguente necessità di grandi chiese, ospedali e alloggi per i pellegrini. Tanto fervore di attività edilizia coincise nei secoli XI e XII con la rinascita delle città europee che trovò nelle cattedrali e nei loro vasti e a volte plurisecolari cantieri uno dei suoi segni più significativi.

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Il gotico Lo stile gotico, praticamente una vera rivoluzione nella storia dell’architettura, prese avvio in Francia, e si riconduce a Sugerio, abate di Saint Denis (1080/1081-1151). Personaggio di rilievo e autore di tre opere, dalle quali si evince il suo spiccato interesse per la luce [cfr. finestra 8]. La Francia si popolò di cattedrali improntate alla nuova maniera: Sens, Noyon, Laon, Soissons, ParigiNotre Dame, Bourges, Chartres, Reims, Amiens, Beauvais, Troyes, Tours, Auxerre. Le novità si diffusero con modi e tempi diversi in Inghilterra, Germania, Spagna, Italia, Austria, Boemia, Ungheria, Scandinavia, Polonia, Transilvania, Moldavia, diversificandosi ed adattandosi ad un grande numero di committenze e scopi diversi. Tra le cattedrali significative in Europa si ricordano, ad esempio, Canterbury e Colonia. Se il Gotico si dif diffuse più o meno rapidamente in Europa, è anche vero che non mancarono zone di resistenza come prova, ad esempio, Monreale. A causa della sua provenienza francese, in età medievale l’architettura gotica era chiamata opus francigenum. A Venezia, invece, venne conosciuta come modo di costruire “alla todesca”. Il termine “gotico”, in senso dispregiativo, fu invece coniato da Giorgio Vasari nel XVI secolo come sinonimo di nordico, barbarico, capriccioso, contrapposto alla ripresa del linguaggio classico greco-romano del Rinascimento. La perdita della connotazione negativa del termine risale alla seconda metà del Settecento quando, prima in Inghilterra e Germania, si ebbe una rivalutazione di questo periodo della storia dell’arte che si tradusse anche in un vero e proprio revival (il Neogotico), che attecchì gradualmente pure in Francia e in Italia. La caratteristica principale dell’architettura gotica è il verticalismo, essendo le cattedrali più esili, eleganti ed allungate, ricche di decori che si protendono verso l’al-

to, dando quasi l’impresl’impres sione di voler toccare il cielo per ricongiungersi a Dio. Il gotico è un fenome-no di portata europea dalle caratteristiche molto complesse e variegate; fu uno dei grandi sistemi forma-li della storia cultura-le europea, espressio-ne di un momento in cui l’Europa aveva trovato una propria identità ed una profonda originalità. Esso interessò tutti i settori della produzione artistica, portando grandi sviluppi anche nelle cosiddette arti minori: oreficeria, miniatura, intaglio di avorio, vetrate, tessuti, e via dicendo. La novità più originale dell’architettura gotica è la scomparsa delle spesse masse murarie tipiche del romanico: il peso della struttura non veniva più assorbito dalle pareti, ma distribuito su pilastri e su una serie di strutture secondarie poste all’esterno degli edifici. Nacquero così le pareti di luce, coperte da magnifiche vetrate. Gli archi rampanti [cfr. finestra 5], i pinnacoli [cfr. finestra 6], gli archi di scarico sono tutti elementi strutturali, che contengono e indirizzano al suolo le spinte laterali della copertura, mentre le murature di tamponamento si alleggeriscono, sostituite dalle vetrate: gli edifici, liberati dal limite delle pareti in muratura, si sviluppano con slancio verticale, arrivando a toccare altezze ai limiti delle possibilità della statica. Elementi strutturali caratteristici e propri del gotico sono, oltre agli archi rampanti, i pilastri compositi [cfr. finestra 10], l’arco acuto/ogivale che crea la dimensione della verticalità, la volta a crociera con costoloni [cfr. finestra 12].

E questo è il tempo delle cattedrali La pietra si fa… Statua, musica e poesia E tutto sale su verso le stelle Su mura e vetrate La scrittura è architettura… [Notre Dame de Paris, Musical].

In esse risiede il vescovo e la cattedrale è la chiesa principale, detta anche “chiesa madre”, “chiesa maggiore”. La più antica cattedrale europea è la basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma, detta mater et caput di tutte le chiese del mondo. Tra tardo-antico e primo Medioevo le cattedrali cominciarono ad essere presenti in tutte le città

Caratteristiche del gotico

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come la Chiesa trasmette il suo messaggio Ha scritto qualcuno, parafrasando il grande scrittore francese Victor Hugo: “La cattedrale è un libro fatto di pietra e vetro istoriato” destinato a tutti; la cattedrale • , infatti, percepita da Hugo come “libro architettonico” e, non solo, egli scrive “Il genere umano ha due libri, due registri, due testamenti: l’architettura e la stampa, la bibbia di pietra e la bibbia di carta” (Notre Dame de Paris,V,2). Si potrebbe quasi dire che ogni cattedrale, e quella gotica in particolare, può considerarsi come uno strumento di predicazione della Verità che propro clama l’onnipotenza di Dio trino ed uno, di Dio creatore, di Dio fatto uomo, di Dio salvatore. La Chiesa trasmette i suoi contenuti e i suoi messaggi attraverso la parola (orale o scritta) e l’immagine. Quanto alle immagini le scultuscultu re hanno un ruolo rilevante proprio nelle cattedrali gotiche, ne sono testimonianza i portali di Chartres e di altre cattedrali francesi. Le statue prendono corpo, lili berate dal muro, si muovono, acquistaacquista

no espressione. Esse raffigurano verità della fede e personaggi ed episodi biblici. L’uomo gotico compare nella sua plasticità corporea, nella sua individualità. Si raffigura Cristo sovrano, maestro, giudice, ma anche il Cristo incar incarnato con scene della Passione. Si rappresenta la Vergine che è mediatrice sovrana e stru strumento dell’Incarnazione. Si moltiplicano le sue rappresentazioni e le cattedrali s’inti s’intitolano spesso a Maria. Nel gotico si ha il trionfo dell’Incarnazione e l’acquisi l’acquisizione della dimensione divina perce percepita come Luce.

sedi vescovili: talvolta in un primo tempo fuori le mura e poi all’interno di esse; talaltra fin dalle origini, subito, all’interno. Certo è che l’affermazione del Cristianesimo coincise con la graduale conquista dell’area

principale della città da parte della sede vescovile e della sua chiesa che divengono punto di raccordo amministrativo e religioso dell’intera collettività.

Victor Hugo esaltava: “l’immensa quantità di cattedrali che hanno ricoperta l’Europa,

in numero così prodigioso da non riuscire a crederlo neppure dopo averlo constatato.” (Notre Dame de Paris, V,2).

L’Europa delle cattedrali! Si parla tanto di Europa, se ne cerca la comune identità, ma non è davvero difficile trovarla; pur in mezzo alle tante diversità, non v’è dubbio che la fede cristiana e la sua capacità di darsi un’organizzazione istituzionale duratura han-

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no conferito ad essa una quantità di elementi “identici”. Si è parlato, ad esempio, dei monasteri [cfr. Calendario dell’Avvento 2011], questi si diffusero in tutta Europa in modo capillare e la Regola di S. Benedetto divenne l’insegna all’ombra della quale fiorirono varie forme di vita monastica. Quando, nel XIII secolo, fecero

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Il ROMANICO L’aggettivo “romanico” è la traduzione italiana di “roman”, vocabolo creato agli inizi dell’Ottocento in Francia per indicare le lingue e le letterature romanze o neolatine. L’architettura romanica si diffuse in Europa nell’ XI e XII secolo, fino all’affermazione dell’arte gotica, cioè verso la metà del XII secolo in Francia e con persistenze maggiori negli altri Paesi europei. Lo stile romanico è chiaro e razionale, infatti le cat cattedrali si presentano tozze e robuste, con muri spessi e non altissimi, dando così il senso della massa e del volume. Le chiese romaniche prepre sentano un’unica fonte di luce principale, derivante dal rosone frontale. Esso veve niva progettato in modo tale che la luce filtrasse fino ad illuminare esattamente l’altare. La volta a botte è l’elemento simbolo dell’architettura roma-nica, infatti l’arco a tutto sesto didi stingue il Romanico dal successivo periodo dell’architettura gotica. Le navate sono internamente scandite da colonne o pilastri,

talvolta cruciformi. Le colonne potevano essere materiale di spoglio, cioè proveniente da edifici preesistenti classici e potevano presentare capitelli scolpiti con forme vegetali o fantastiche. La parete della navata è generalmente articolata con elementi plastici ed aperture sopra le arcate ed è molto spesso organizzata su vari livelli: matroneo o tribuna che in origine accoglieva le donne (matrone), ma che nelle chiese medievali perse tale funzione e divenne elemento architettonico con funzione di contenimento della spinta della nava navata centrale; triforio [cfr. finestra 14], claristorio [cfr. finestra 15]. L’evoluzione di questi elementi architettonici avrà ampio sviluppo nell’architettura gotica. Abbastanza frequente è la presenza di una cripta e di un presbiterio rialzato, che rendono la chiesa strutturata su tre livelli (considerando la navata). Tra i più significativi esempi di cattedrali romaniche si ricordano: per l’Europa quelle di Spira, Durham e San Giacomo di Compostella e per l’Italia quelle di Pisa e Modena.

la loro comparsa gli ordini Mendicanti, tutte le regioni europee si popolarono di conventi [cfr. lo stesso Calendario]. Con l’editto dell’imperatore Teodosio del 380 il Cristianesimo divenne religione ufficiale dell’Impero Romano e le istituzioni ecclesiastiche si diedero strutture più stabili e coese. Così le varie comunità locali di fedeli ebbero un vescovo con il compito di governarli, ammaestrarli nella fede e di amministrare i sacramenti a cominciare dall’ordinazione dei preti e dalla cresima; ebbero i preti per la cura delle anime e per l’amministrazione quotidiana dei sacramenti; ebbero i diaconi che assistevano sacerdoti e vescovi. Si formarono le diocesi, termine con il quale all’inizio s’intendeva l’insieme dei fedeli facenti capo ad un vescovo, ma che con il tempo venne a significare

un preciso ambito territoriale, designato a partire dalla città in cui il presule risiedeva. In molti casi i confini delle diocesi ricalcavano quelli delle circoscrizioni pubbliche di epoca romana, incardinate sulle città che erano centri politici, economici e dei servizi. I vescovi, come i magistrati del potere laico-civile, posero le loro sedi nelle città, dove, per altro, i cristiani nei primi tempi erano più numerosi. In Occidente, con il progressivo sgretolarsi dell’apparato imperiale e con le incursioni dei popoli “barbari”, i presuli divennero punti di riferimento non solo sotto il profilo religioso, ma anche sotto quello civile. Molti di loro, infatti, nel primo e alto Medioevo furono venerati come santi patroni, protettori delle città. Il trinomio città-vescovi-diocesi si assomma e si esprime nella chiesa cattedrale di

Caratteristiche del romanico

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pongono in tutta l’Europa occidentale: quelli ben noti come romanico e gotico. Questi, pur nelle diversificate varianti locali, si configurarono come una sorta di “tono unitario” poiché si diffusero ovunque caratterizzando non solo le cattedrali, ma, ad esempio, anche le chiese monastiche e conventuali.

cui tutti gli agglomerati urbani di una certa entità si dotarono. Il termine “cattedrale” indica un edificio-chiesa che non si identifica con un preciso, determinato e tanto meno unico stile architettonico, tuttavia nei secoli intorno a Francesco e Chiara d’Assisi, cioè tra XII e XIII secolo, due stili s’im-

cantieri - fabbriche - opere La costruzione di una cattedrale era impegnativa; richiedeva un forte sforzo economico per far fronte al quale ci voleva il sostegno di chi poteva ed aveva. Erano necessari veri e propri sponsor! Ci sono cattedrali volute da imperatori come quella romanica di Spira (Germania) dove molti sovrani germanici trovarono sepoltura dando vita ad una sorta di Pantheon Imperiale. Ci sono cattedrali sostenute da re come quelle francesi o come quella di Monreale costruita nel 1174 per volere del sovrano normanno Guglielmo II d’Altavilla2. Ci sono cattedrali volute da vescovi-conti: quella di Durham sorse tra XI e XII secolo per volontà di vescovi francesi, legati ai Normanni che avevano conquistato l’Inghilterra, ed investiti di potere comitale. Ci sono cattedrali incoragincorag giate da pontefici come quella di Orvieto, la cui costruzione fu avviata nel 1290 per volontà di papa Niccolò IV, allo scopo di dare dede gna collocazione al Corporale del miramira colo di Bolsena. Ci sono cattedrali promosse da prinprin cipi come quella, tarda, di Milano, patrocinata da Gian Galeazzo Visconti per simboleggiare le ambizioni del suo Stato, che, nei suoi piapia

ni, sarebbe dovuto diventare il centro di una monarchia nazionale italiana come era successo in Francia e in Inghilterra, inserendosi così tra le grandi potenze del continente. Ci sono cattedrali, come il romanico duomo di Modena, la cui edificazione fu decisa dal popolo ed è indicativa di quell’aspirazione all’autogoverno che cominciava a circolare nelle città italiane e che portò alla formazione dei Comuni. Ci sono cattedrali deliberatamente sostenute dal Comune come quelle di Siena e di Pisa. S’intende che la cattedrale era in genere un’opera collettiva per la quale interveniva un concorso di forze e di energie. Ad esempio nella costruzione di Notre Dame di Parigi concorsero le risorse fornite dal vescovo e dal sovrano, ma non mancò l’aiuto dei cittadini che lavoravano come fabbri, muratori e carpentieri. A Chartres vescovo e canonici rinun-

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ciarono per tre anni alle loro entrate, inoltre, dopo un incendio del 1194, il vescovo chiese al popolo di raddoppiare gli sforzi per riedificare la chiesa; la richiesta fu ascoltata e ciascuno donava quello che poteva: alcuni vendettero oggetti d’oro per pagare gli operai, altri devolsero somme di denaro. Anche la cattedrale di Reims fu costruita ricorrendo alle offerte dei fedeli che aspiravano al riscatto dei propro pri peccati ed alla salvezza dell’anima. Tra le energie impegnate nell’edificazione della cattedrale occupaoccupa no un posto di primo piano le stesse corporazioni di mestiere. A Chartres queste raccolsero fondi per finanziare le vetrate. Tutte le vetrate sono anonime, ma sono raffigurati i vari mestieri. Le cifre per la realizzazione di una cattedrale eraera no sicuramente ingenti anche se non è possibile rapportarle ai nostri giorni. Gli importi variarono secondo l’epoca, l’ampiezza della costruzione, il coco sto della manodopera e delle maestranze e dei mama teriali. Tanto per fare un esempio una cattedrale del livello di Chartres costò all’incirca 83.000 libbre pari agli attuali 50 milioni di dollari. Simili costruzioni richiedevano l’istituzione di una “macchina” organizzativa che prendeva il nome di “opera” o “fabbrica” ed aveva personalità giuridica e amministrazione propria; poteva essere un ente laico e/o ecclesiastico. I tempi della costruzione di una cattedrale erano vari: alcune furono erette in tempi ‘rapidi’, almeno per quanto attiene la struttura portante (Chartres dal 1194 al 1226; Reims dal 1211 al 1241), alcune in tempi lunghi, alcune non son mai finite (San Petronio a Bologna). Per costruire edifici così grandi e complessi servivano una vastità di competenze e una pluralità di uomini di mestiere [cfr. inserto Architetti - mastri costruttori - maestranze varie]. I numerosi termini che qualificavano professionalmente le manovalanze interessate rivestivano il più delle volte significati ambigui. Il canonico Ugo di San Vittore (metà sec. XII) e il

domenicano Vincenzo di Beauvais (sec. XIII) distinguevano l’architettura in due branche, elencandone i vari mestieri. Essi individuavano l’arte della

muratura e la carpenteria. La prima era esercitata da scalpellini e muratori, la seconda praticata da carpentieri e falegnami. Gli architetti ed i capomastri costituivano una minoranza, mentre i manovali erano la maggioranza. Niente posti fissi! Se è vero che alcuni lavoratori continuavano a prestar opera per diversi anni nello stesso cantiere, è altrettanto vero che vi erano casi in cui cambiavano di continuo. I lavori erano condizionati dal ciclo stagionale: alcuni cantieri chiudevano nelle stagioni più fredde, ma questo non vuol dire che non si lavorasse… Attorno alla costruenda cattedrale fervevano laboratori dove, al riparo, si procedeva all’elaborazione di elementi prefabbricati. In un cantiere si lavorava normalmente dall’alba al tramonto con una pausa per il pranzo.

_ 2. A proposito di questo re normanno e della costruzione della cattedrale non manca una leggenda. Si narra che Guglielmo, succeduto al padre sul trono di Sicilia, si fosse addormentato sotto un carrubo, colto da stanchezza, mentre era a caccia nei boschi di Monreale. In sogno gli apparve la Madonna, a cui era molto devoto, che gli rivelò il segreto di una “truvatura” con queste parole: “Nel luogo dove stai dormendo è nascosto il più grande tesoro del mondo: dissotterralo e costruiscici un tempio in mio onore”. Dette queste parole, la Vergine scomparve e Guglielmo, fiducioso della rivelazione in sogno, ordinò che si sradicasse il carrubo e gli si scavasse intorno. Con grande stupore venne scoperto un tesoro in monete d’oro che furono subito destinate alla costruzione del Duomo.

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Portali

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“La porta della chiesa è Cristo. Ed ecco perché si legge nel Vangelo: ‘Io sono la porta, dice il Signore’ (Gv 10)” (Durand, I, 26). La facciata, orientata verso occidente, di una cattedrale gotica s’impone per elementi funzionali e decorativi di grande significato. Ad essa si accede in genere attraverso tre portali (il numero tre è simbolo della Trinità): uno più grande al centro e due più piccoli ai lati. I portali segnano il passaggio dallo spazio profano esterno a quello sacro interno; essi sono sovente fortemente strombati, cioè tagliati obliquamente (svasati) verso l’interno, a suggerire l’immissione di chi entra in un’ “altra” dimensione. Si comincia proprio da questi a trasmettere il messaggio della fede cristiana. Essi sono particolarmente ornati e resi solenni. Proprio la scultura gotica potenziò la volontà di ornare l’architettura e istruire i fedeli creando le cosiddette Bibbie di pietra. Gradualmente la disposizione delle sculture nella costruzione architettonica divenne più complessa e scenografica. Gli episodi più importanti di scultura furono, come in età romanica, i portali delle cattedrali, dove vengono rappresentati solitamente i personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nel periodo gotico le sculture acquistano plasticità, cioè prendono corpo ed assumono forme triditridi mensionali, qualità espressive e fisiofisio nomie individuali che negli esempi migliori (come nel portale della Cattedrale di Reims, del 1250 circa, o nelle opere di Nicola Pisano) sono accostabili alla ritrattistica romana. Nella scultura gotica troviamo rappresentazioni non solo di personaggi ed epi-sodi della Bibbia ma anche dei Mesi e delle Stagioni, dei Mestieri (lavori agricoli e artigianali), dei segni dello Zodiaco. Va altresì ricordato che nella letteratura medievale sono presenti molte figure mitologiche ed

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animali che sono allegorie di peccati, vizi e virtù (si pensi alla Commedia di Dante). Troviamo così anche nell’arte le rappresentazioni delle virtù cardinali (sapienza, giustizia, fortezza, temperanza) e virtù teologali (fede, speranza, carità), ma anche delle sette Arti liberali cioè le arti del Trivio (grammatica, dialettica, retorica) e le arti del Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica). Sono altresì presenti figure fantastiche spesso da interpretarsi allegoricamente. Le fonti di queste fantastiche sculture sono varie e vanno dalla mitologia greca e romana ai bestiari, cioè libri che raccoglievano brevi descrizioni di animali reali e immaginari interpretate in chiave simbolica. Spesso appare l’immagine del pavone che è simbolo di immortalità. In base alla credenza secondo la quale il pavone perde ogni anno in autunno le penne che rinascono in primavera, l’animale è diventato simbolo della rinascita spirituale e quindi della resurrezione. Il leone, ampiamente raffigurato nel Medioevo, ha una valenza simbolica ambivalente; ad esempio, se nell’Alto Medio Evo è un animale diabolico (feroce, violento, tirannico, la cui forza è posta al servizio del male), con l’avanzare del tempo viene investito di una dimensione cristologica (simbolo di Cristo stesso e della resurrezione). Mol Molto frequenti sono rappresentazioni di creature mostruose formate dalla fusione di teste e membra umane e animali: ad esempio i diavoli con ali di pipistrello sono deri derivati dai draghi cinesi. Le statue addossate alle co colonne delle strombature, e che accompagnano l’ingresso dei fedeli, raffigurano in ge genere Apostoli, Profeti, Mar Martiri, Confessori, personaggi biblici. Una cattedrale è una struttura così complessa che ha anche accessi secondari e quindi altri portali.

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Timpano Il timpano è un pannello scolpito posto all’interno dell’arco che sovrasta il portale. In esso venivano raffigurate le principali verità della fede cristiana. Cristo è il grande protagonista delle scene raffigurate perché Egli è la porta (Gv 7, 10); sovente è raprap presentato all’atto del Giudizio UniversaUniversa le come mostrano numerosi timpatimpa ni delle grandi cattedrali gotiche francesi. Nel tempo si dà spaspa zio alla rappresentazione della Vergine il cui culto s’incrementa tra XII e XIII secolo e la sua fifi gura è particolarmenparticolarmen te venerata poiché si situa tra naturale e soprannaturale, tra il popolo degli uouo mini e il Cielo dove

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si entrerà attraverso gli insegnamenti della Chiesa. Proprio i tre portali di Notre Dame di Parigi sono un significativo esempio di quanto detto. Difatti nel timpano del portale centrale è raffigurato il Giudizio Universale; in quelli dei portali di sinistra e di destra trionfa la Vergine (Incoronazione, Annunciazione ecc.). Se nel grande gotico francese i porta portali con i loro timpani trasmettono fondamentali contenuti della fede, in altri contesti — come nel Duomo di Orvieto — essi sono illustrati nei bassorilievi che deco decorano i quattro piloni della parte inferiore della facciata. Essi descrivono il destino dell’uomo dalla Cre Creazione al Giudizio finale.

Rosone

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Motivo decorativo a forma di rosa gotiche francesi ne sono dotate; in taluni casi ragrag stilizzata, è una vetrata circolare dal giungono anche notevoli dimensioni; per l’Italia si cui centro si dipartono, con disposi- segnalano, ad esempio, i rosoni del Duomo di Mozione a raggiera, elemenelemen dena, Parma, Verona, Siena, Orvieto e ti decorativi; è prepre così via via essi compaiono in quasi sente sulle facciate delle chiese tutte le cattedrali romaniche e romaniche e gotiche; esso gotiche italiane. Ad Assisi la rappresenta il cerchio della chiesa di S. Rufino, la catte catteperfezione; è simbolo della drale del tempo di France Francerotazione cosmica e sta a sco e di Chiara, ne vanta significare l’irradiazione tre, sia pure di contenute creatrice. Solitamente è dimensioni. inserito in corrisponden-I muratori montavano i za della navata centrale, vari pezzi del rosone ed i talvolta anche di quelle vetrai li riempivano con laterali. centinaia di pezzi di vetro colorato. Tutte le grandi cattedrali

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Torri e campane

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“Le torri della chiesa sono i predicatori e prelati della Chiesa che formano il suo baluardo e la difendono” (Durand, I, 21). Di solito due imponenti torri — alle cui basi si aprono i portali laterali — caratterizzano le facciate delle cattedrali d’Oltralpe. Le due torri partecipano di un simbolismo diverso e assai complesso. Rappresentano i “guardiani del luogo santo”; esse sono associate ai lati destro e sinistro di Dio: il lato della misericordia e il lato della giustizia e del rigore, sono quindi le due forme in cui appare l’azione divina nei confronti dell’uomo. Esse però possono essere anche simbolo della natura umana e divina del Cristo. Esse potevano avere anche funzioni squisitamente pratiche: fungere da torri di avvistamento; rispondere ad esigenze statiche e alloggiare le campane. Per costruire una campana era necessario approntare un modello in gesso e argilla. Esso veniva coperto con uno strato di cera dello stesso spessore che avrebbe dovuto avere la campana. Tra la cera ed il gesso erano infilate un certo numero di grappe di bronzo. Ricoperta quindi la cera, con un misto di gesso e di stucco, si poneva a scaldare il tutto affinché essa si liquefacesse lasciando una cavità tra l’involucro esterno e la parte interna che erano tenuti

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insieme dalle grappe di bronzo; questo era lo stampo nel quale veniva colato e lasciato raffreddare il bronzo fuso. Non mancano cattedrali che hanno campanili a se stanti, cioè separati dall’edificio; ciò vale per Firenze, Pisa, Venezia. Il Duomo di Siena presenta, invece, un’alta e svettante torre campanaria legata al corpo della chiesa. Ma non solo torri di facciata! Alcune cattedrali ne vantano anche delle altre come, ad esempio, Laon (Spagna). In taluni casi l’altezza di esse superava i 100 m. e poteva raggiungere i 150 m. come in quelle di Strasburgo e Rouen. Il numero dei campanili e delle torri era simbolo della forza e della potenza dei vescovi.

campanari Campanaro è chiunque lavori con le campane, fonditore o suonatore che sia. Campanaro famoso come suonatore è quel Quasimodo personaggio del romanzo Notre Dame di Parigi di Victor Hugo, la cui vicenda ha dato vita anche ad un cartone animato dal titolo Il gobbo di Notre Dame. Nella cultura Occidentale la campana ha avuto un

ruolo fondamentale come simbolo di cristianità. La campana della chiesa, oltre a radunare i fedeli, è destinata ad allontanare il maligno e ad attirare l’attenzione e la protezione di Dio. Ad essa è attribuita una ricca e suggestiva simbologia. La durezza del metallo rappresenta la forza del predicatore, il battaglio in ferro la lingua del predicatore, il colpo

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della campana è il richiamo al predicatore a farsi esempio di correttezza. La catena con cui il battaglio sta appeso o sospeso rappresenta la meditazione, e la mano che stringe il battaglio è la momo derazione della lingua. Il legno dell’ardell’ar matura che sorregge la campana raprap presenta il legno della croce di Cristo; infine il ferro che unisce la campana al legno rappresenta la carità del prepre dicatore. L’usanza di apporre simboli

ed iscrizioni in rilievo si sviluppa durante il Me Medioevo, sempre come elemento medianico e protettivo. Durante questo periodo la campana svols svolse funzioni di raduno e di incitamento alla battaglia, assumendo un chiaro signifi significato di forza e potere, sia per la natu natura metallica, sia per il suono prodotto. Questo risalta dall’usanza di legare le campane durante la settimana santa, sostituendole con strumenti di legno.

Archi rampanti e contrafforti

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che ne risultò, derivata dalla ricerca di puntare tutto sulla struttura portante, riducen riducendola al suo scheletro proget progettuale, consentì una profonda diversificazione dalla solida architettura romanica che l’aveva preceduta. Per costruire gli archi rampanti si dovevano per prima cosa predisporre sagome di legno dette cèntine; queste serviva servivano a sopportare il peso delle pietre ed a mante mantenere la forma dell’arco fino a che la malta si fosse indurita. Le cèntine venivano assemblate a terra dai carpentieri e poi innalzate al loro posto e fissate da una parte al pilastro e dall’altra al contrafforte.

L’arco ramram pante è un elemento architetto architettonico asimasim metrico somigliante a un semiarco. Esso è utiuti lizzato per contenere e scaricare al suolo spinte laterali e verso l’esterster no delle parti superiori dell’edificio (archi, volte), frazionando gradualmengradualmen te le spinte orizzontali fino ad annullarle. Esso favorisce così l’elevazione della struttura contenendo l’energia di spinta, e permette in tal modo alla costruziocostruzio ne di innalzarsi in uno slancio verticavertica le altrimenti impossibile da realizzare in un edificio semplice in muratura. L’arco rampante apparve per la pripri ma volta nel coro della cattedrale di Durham intorno al 1100. In seguito l’arco rampante parteciparteci pò prepotentemente alla definiziodefinizio ne estetico-formale dell’architettura gotica. La nuova immagine estetica

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Pinnacoli e guglie 6 Il pinnacolo è un elemento architettonico verticale a forma piramidale. Si tratta in genere di una guglia posizionata in particolari punti dove gli archi scaricano il peso: contribuisce infatti alla statica dell’edificio perché, aggiungendo peso, raddrizza la spinta obliqua che proviene dagli archi e dagli archi rampanti rispettivamente ai piloni e ai contraf contrafforti sui quali solitamente è posto. La guglia differisce dal pinnacolo per funzione, locazione e dimensione: una guglia è una struttura sottile e slanciata di forma conica che termina la parte di un campanile o di una torre; raggiunge anche altezze ragguardevoli.

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Grondoni/gargolle 7 Nel Medioevo le grondaie delle cattedrali erano popolate da esseri fantastici come le strigi con corpo umano, teste di capro alate, come gli angeli, o gargolle contratte in una smorfia. La loro funzione era di far defluire l’acqua piovana. In italiano sono chiamate “gronda” o “sporgente”, in tedesco “sputa-acqua”, in spagnolo e in francese “gargole” o “gargouille”, dal latino gargula che significa “gola”; in inglese questo nome ha dato il termine “gargoyle”. Potevano raffigurare pesci, rettili, uccelli, bestie ibride con corpi di animali e teste umane o infine esseri

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puramente immaginari come sirene, draghi ecc. Le gargolle, oltre al loro ruolo funzionale, hanno un significato particolare e un simbolismo specifico: quello di protezione della chiesa e di segni che scacciano il diavolo o esse stesse potevano simboleggiare le forze del male o le anime condannate dai loro peccati a cui è proibito entrare nella chiesa, ma strappate alla dannazione eterna e trasformate in pietra. Le gargolle erano opere affidate alle mani di scalpellini e scultori e venivano sistemate sui contrafforti e collegate alle grondaie del tetto per mezzo di una canale di scolo posto in cima all’arco rampante.

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vetrate

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“Le finestre esprimono l’ospitalità accordata con gioia, e la misericordia accompagnata dalla prodigalità” (Durand, I, 17). “Le finestre della chiesa, che sono fatte di un vetro trasparente, sono le divine Scritture che respingono il vento e la pioggia, che cioè impediscono l’ingresso nella chiesa di ciò che potrebbe nuocere all’edificio e ai fedeli che vi sono riuniti” (I, 24). Tutto cominciò con l’abate Sugerio che nelle sue opere si gloria di aver conferito nuova luminosità all’antica chiesa di Saint Denis, attraverso l’a l l e g g e r i mento delle pareti, traforate da ampie finestre abbellite con vetrate che inondavano la chiesa di luce colorata. E la luce sarà uno degli elementi dominanti delle chiese gotiche in generale e delle cattedrali in particolare. La nuova sensibilità percepisce che “Dio è luce”: la luce del mondo può portare alla conoscenza di Cristo come vera luce, anche se invisibile. Si schiude così una sorta di teologia dell’architettura ecclesiastica che è in definitiva una teologia della luce. Nel Prologo del Vangelo di Giovanni, Cristo è identificato con “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9); e Cristo stesso così si qualifica “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Le vetrate erano ricche di raffigurazioni e splendevano di colori! Esse costituiscono uno dei prodotti più originali e caratterizzanti di tutta l’arte gotica. Poiché nel Medioevo non si potevano ottenere

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lastre di grandi dimensioni, ogni vetrata doveva essere composta da più pezzi messi insieme. Per questo motivo si pensò di utilizzare dei vetri colorati uniti tra loro mediante delle cornici formate da listelli di piombo a forma di “H”. Per prima cosa i vetri venivano tagliati con delle punte metalliche arroventate seguendo i disegni fatti in precedenza, poi i vari pezzi si incastravano tra le due ali del listello di piombo. Ogni listello veniva saldato a quello contiguo in modo da ricomporre il disegno previsto dal cartone. Il tutto veniva infine inserito in un telaio di ferro e murato. Questa tecnica consentiva di ottenere figurazioni di grande effetto. Per poter dipingere delle figure era necessario disporre di colori che potessero far presa direttamente sul vetro. In Francia venne sperimentata la grisaille, una sostanza ottenuta da miscuglio di polveri di vetro e di ossidi ferrosi macinati e impastati con acqua e colle animali. L’uso della grisaille era assai semplice. Essa veniva spalmata sui vari pezzi di vetro da decorare e, una volta secca, aveva la particolarità di renderli opachi. Poi, mediante uno stilo di legno, si graffiava la grisaille riportando alla luce la trasparenza del vetro sottostante. Per fissa-

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Vetrai e vetro La lavorazione dei vetri era affidata a specifici artiarti giani anch’essi organizzati in corporazioni. In particolare i mastri vetrai che lavoravano ad una cattedrale non dipendevano dal capomastro o dall’architetto, come invece accadeva ai tagliataglia tori di pietre, e quasi sempre erano diversi dal disegnatore delle stesse vetrate. Il vetro veniva fabbricato con un impasto di cenere di faggio e felci, che era un ottimo fondente, e di sabbia lavata, fusa ad altissima temperatura. Dopo aver aggiunto diversi metalli all’impasto

per colorarlo, i vetrai raccoglievano una palla di vetro fuso all’estremità di una canna vuota e cominciavano a soffiarla come un pallone. A questo punto facevano ruotare rapidamente la palla fino a che assumeva una forma ci cilindrica, quindi la staccavano dalla canna, ne toglievano le due estremità e l’aprivano al cen centro. In fine la scaldavano di nuovo nel fuoco e l’appiattivano. Quando il vetro era freddo veniva tagliato per mezzo di una bacchetta di acciaio con punta acuminata.

re il dipinto era necessario ricuocere i singoli vetri in modo che la grisaille finisse di fondersi e amalgamarsi nella pasta stessa del vetro. Così facendo i contorni tracciati diventavano opachi, mentre le parti graffiate conservavano la trasparenza del vetro colorato. Il modo di trattare i temi della pittura risente della mutata situazione storica, sociale ed economica. La borghesia cittadina è ormai animata da uno spirito di sempre maggiore concretezza e anche la sua visione del mondo e della vita cambia in modo radicale. Si assiste a una progressiva attualizzazione delle narrazioni sacre, nelle quali i personaggi delle Sacre Scritture appaiono vestiti con indumenti del tempo e le ambientazioni sono più realistiche. La luce è lo spirito di Dio e la finestra è simbolo di Maria che brilla di luce divina. Spesso il numero delle vetrate ha una valenza simbolico-religiosa: sono a gruppi di tre (la Trinità), di quattro (gli Evangelisti), a spicchi di sette (i sette sacramenti, i sette doni dello Spirito Santo, i sette giorni della Creazione secondo la Genesi). La cattedrale di Chartres possiede ad oggi le vetrate più importanti risalenti al XIII secolo, che presentano un colore blu inimitabile. Il Duomo di Siena vanta una vetrata policroma realizzata da Duccio di Boninsegna: si tratta della più antica vetrata istoriata conosciuta di manifattura italiana. Le vetrate potevano essere offerte da associazioni di lavoratori, gente di mestiere, artigiani, commercianti, mercanti che tenevano alla raffigurazione della propria arte.

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Il calzolaio e la luce Tra le leggende nate per descrivere l’impatto emotivo che la vista delle cattedrali suscitava, si racconta che un calzolaio si recò a Parigi per vedere la meraviglia di cui tanto si parlava. Entrò in Notre Dame tutto emozionato; dapprima nella penombra vide poco o nulla; poi cominciò ad osservare la luce colorata delle vetrate cercando di ravvisarne il disegno. All’improvviso gli venne incontro una figura di evanevan gelista lascianlascian dolo sorpreso e terrorizzato e gli disse: “La luce e il colore che puoi veve dere sono le espresespres sioni della tua anima”. Dopo queque sta esperienesperien za il calzolacalzola io divenne eremita.


pareti

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“Le quattro mura laterali sono le quattro principali virtù della Religione: la Giustizia, la Forza, la Prudenza e la Temperanza” (Durand, I, 17). “E come la Chiesa materiale è costruita di pietre congiunte insieme, così la Chiesa spirituale forma un tutto composito di un grande numero di uomini differenti per età e rango” (I, 1). “…la chiesa materiale nella quale si raduna il popolo per lodare Dio rappresenta la santa Chiesa che è costruita in cielo, con pietre vive… La casa del Signore è costruita solidamente, e il suo fondamento è il Cristo che è la pietra angolare … Le pietre più grandi delle altre, e quelle che sono levigate o unite e che si piazzano al di fuori dell’edificio, e tra le quali vengono inserite le pietre più piccole, rappresentano gli uomini più perfetti che, grazie ai propri meriti e alle proprie preghiere trattengono i loro fratelli più deboli nella santa Chiesa…” (I, 9).

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Tutte le strutture portanti di una cattedrale erano (e sono) in pietra; il materiale proveniva da cave più o meno lontane dal luogo di costruzione. I tagliapietra estraevano grossi blocchi di pietra che venivano successivamente tagliati, scalpellati e martellati in modo da corrispondere ai modelli ed alle sagome forniti dal capomastro. I blocchi venivano marcati per indicare la loro futura collocazione nell’edificio, talvolta la cava di provenienza e anche il nome dello spaccapietre per la retribuzione. Le pietre squadrate dai lapicidi, venivano rifinite dagli scalpellini. Una volta sul posto, i muratori collocavano le pietre una sull’altra; poi stendevano con la cazzuola uno strato di malta tra pietra e pietra e tra fila e fila. Il capomastro controllava con la

livella che le pietre fossero orizzontali e con il filo a piombo che il muro fosse verticale. Le pareti erano costituite da tratti lineari di muro intercalati da pilastri e colonne, elementi portanti che avevano funzione di sostegno della volta e del tetto. Man mano che si elevavano le mura era necessario approntare delle impalcature di legno. L’impalcatura era formata da pali legati insieme da funi cui erano attaccati dei montacarichi che permettevano il sollevamento della malta e delle pietre. Essa era anche provvista di piattaforme di lavoro per i muratori fatte di stuoie intrecciate chiamate graticci, facilmente movibili. Il costo elevato delle lunghe travi in legno e il loro difficile reperimento fece sì che le impalcature non giungessero fino a terra, ma

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fossero incastrate nel muro e spostate verso l’alto di mano in mano che avanzava la costruzione. La mancanza di protezioni comportava il verificarsi di vari incidenti. Un caso celebre è quel-

lo di Guglielmo di Sens, impegnato a dirigere i lavori della cattedrale di Canterbury (1174), che vittima del crollo di una impalcatura, rimase per sempre invalido.

navate

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“l’altezza della navata è la speranza della ricompensa a venire che le fa disprezzare la felicità e il dolore di questo mondo, fino a quando essa veda i beni del Signore nella terra dei viventi” (Durand, I, 15). “Le colonne della chiesa sono i vescovi e i dottori che sostengono il tempio di Dio con la dottrina cattolica, come gli evangelisti sostengono spiritualmente il trono di Dio” (Durand, I, 27). “I capitelli sono le parole della santa Scrittura che la Chiesa ci impone di meditare e alle quali dobbiamo conformare le nostre azioni osservandole” (Ivi). Tutte le grandi cattedrali hanno lo spazio interno diviso in tre navate: una centrale e due laterali, in alcuni casi di uguale altezza. La centrale accoglieva l’assemblea dei fedeli. Le laterali si prolungavano intorno al coro ed all’abside con funzione di deambulatori. Ritmate e scandite da colonne e/o pilastri sono esse che immettono nella dimensione verticale tipica del gotico: si tratta di uno spazio immenso che sottolinea la fragilità dell’uomo al cospetto di Dio e la cui tensione verso l’alto manifesta il desiderio di avvicinarsi all’infinità divina. I pilastri sono elementi architettonici verticali con funzione portante. Possono avere una forma quadrangolare o poligonale. Tra i pilastri poligonali distinguiamo il pilastro cruciforme ed il pilastro a fascio o polìstilo. Il pilastro cruciforme, usuale nell’architettura romanica, ha una base quadrangolare cui sono addossate quattro semicolonne. Il pilastro a fascio o polìstilo, caratteristico del periodo gotico, ha un nucleo circondato da semicolonne che proseguono fino a congiungersi con le nervature della volta.

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Transetto

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Il transetto è un’area simile alla navata, ma più piccola e taglia quest’ultima perpendicolarmente, formando uno spazio chiamato “crociera del transetto”, che nelle cattedrali è spesso quadrato e può ricevere una volta differente da quella dei bracci. La crociera del transetto è talvolta sormontata all’esterno da un campanile che può essere una “torre-lanterna” (Bayeux) o una guglia più o meno alta (Parigi, Rouen, Amiens). Il transetto era un tempo uno spazio riservato ai chierici ed ai canonici.

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Lo strano caso di Siena. Questa città, al massimo del suo splendore, riteneva che il duomo fosse troppo piccolo: la popolazione e la ricchezza erano aumentate, espandendosi la vita comunale e maturando anche il desiderio di emulare Firenze e la sua nuova, gigantesca cattedrale. Si pensò quindi di ampliarlo in modo tale che l’attuale cattedrale diventasse solo il transetto del nuovo edificio. I lavori erano già in atto nel 1340, ma a causa della peste del 1348 e di alcuni crolli strutturali, nel 1357 si decise di interrompere i lavori, lasciando nell’attuale piazza i segni del falli-

mento: basamenti per le colonne e incastonamenti di queste nell’edificio dell’attuale Museo dell’Opera Metropolitana del Duomo, oltre alla facciata incompiuta (il cosiddetto “facciatone”).

Copertura a volta 12 “Il tetto rappresenta la carità che ricopre la moltitudine dei peccati” (Durand, I, 16). “La travatura della chiesa rappresenta i predicatori che la innalzano e la sostengono spiritualmente. Gli archi e le loro nervature sono ancora i predicatori, perché ornano e fortificano la casa di Dio” (Durand, I, 31).

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La volta a crociera è un tipo di copertura architettonica formata in origine dall’unione longitudinale di due volte a botte. La sua superficie è costituita quindi, nella forma più

semplice, da un’ossatura di quattro archi perimetrali e due archi diagonali. Questi ultimi passano per il centro della volta e sono più grandi di quelli perimetrali. Il centro è chiuso da una pietra a forma di cuneo o tronco di piramide, detta chiave di vol-

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Come si costruivaNo le voltE Le pietre tagliate dei costoloni — dette cunei o conci — venivano inserite in cèntine e sistemate con malta. I costoloni venivano bloccati al loro incrocio dalla chiave di volta. Lo spazio tra due cèntine veniva ricoperto da tavolati, usati per sostenere i conci di pietra fino a quando la malta non fosse ben indurita. Dopo

di che si procedeva a stendere uno strato di calcestruzzo sopra l’intera volta per evitare la sconnessione tra le pietre. Solidificato il calcestruzzo, i tavolati venivano rimossi e le cèntine tolte per sistemarle sulle impalcature della campata seguente. E così si andava avanti fino all’ultimazione dell’intera volta.

ta: dopo il posizionamento della chiave di volta, la struttura si autosorregge, scaricando il proprio peso sui sostegni (colonne, pilastri o altro). Gli spazi tra gli archi diagonali e quelli perimetrali sono detti spicchi o vele e, talvolta, sono separati da nervature che evidenziano le superfici architettoniche, dette costoloni. La volta a crociera non ebbe un largo utilizzo nell’ architettura romana, venne introdotta nell’arte romanica dall’ XI al XII sec. per poi avere un momento di grande sviluppo e applicazione durante il gotico. In Inghilterra si ebbe un ulteriore sviluppo della volta a crociera con la volta a sei spicchi e poi a raggiera o a ventaglio: soluzioni che permettevano un’ancora migliore distribuzione del peso. Per costruire la volta era necessario erigere una impalcatura di legno sulla quale venivano sistemate delle cèntine simili a quelle utilizzate per gli archi rampanti. Esse avrebbero dovuto sostenere i costoloni di pietra in attesa che la malta fosse ben asciutta. Solo allora i costoloni avrebbero potuto reggere l’intelaiatura che costituiva il tetto vero e proprio. Le volte venivano costruite una campata

dopo l’altra: la campata era (ed è) lo spazio rettangolare compreso tra quattro pilastri. Il sistema a volte permetteva di creare uno spazio chiuso dall’aspetto altamente simbolico: la volta diventava una sorta di immagine di quella celeste. I cantieri delle cattedrali furono il teatro più rappresentativo della tecnica edilizia e delle macchine. La complessità spaziale e strutturale, l’altezza delle cattedrali comportarono un’organizzazione importante del lavoro a piè d’opera e delle macchine in quota sull’edificio stesso in costruzione: le illustrazioni coeve di quei cantieri restano in vetrate, mosaici, codici e in quelle immagini cogliamo immediatamente alcune differenze rispetto al cantiere antico. Le fasi di lavorazione della pietra fino alla scultura erano compiute a terra: i pezzi già finiti venivano collocati in opera; invece nei cantieri dell’antichità i blocchi erano scolpiti in opera, sia i bassorilievi che le scanalature delle colonne. I pezzi di pietra da montare erano più piccoli rispetto al cantiere antico, grandi meno di un singolo scalpellino. Per tirar su le pietre

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e il calcestruzzo fino al tetto, e quindi costruire la volta, si faceva ricorso a due strumenti: l’argano e la grande ruota. L’argano, noto fin da V secolo a.C., è uno strumento formato da un palo di legno alla cui estremità s’inserisce una ruota con una scanalatura su cui si avvolge una fune che, azionata manualmente, permette il sollevamento di pesi. Usato per tirare su l’acqua

dai pozzi, fu poi impiegato nell’edilizia per sollevare i materiali più vari: una sorta di antenato della gru! Per issare carichi ancora più pesanti era necessaria la ruota. Al centro di essa c’era un asse cui era legata una fune: la forza motrice della ruota era costituita da uomini che vi camminavano dentro e di mano in mano che questi camminavano la fune si avvolgeva sollevando i carichi.

PROSPETTO DI UNA PARETE VOLTA TRAFORO CLARISTORIO

TRIFORIO ARCATA CAPITELLO PILASTRO PAVIMENTO

Arcate Osservando una cattedrale dall’interno in “elevazione”, ovvero esaminandola dal basso verso l’alto, si distinguono come primo elemento le grandi arcate — o campate — che ritmano le navate e separano la navata centrale da quelle laterali. Nello stile gotico esse sono costituite da un arco a sesto acuto.

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architetti - mastri costruttori maestranze varie “L’architetto, poeta e capomastro, riassumeva nella sua persona la scultura che gli cesellava le facciate, la pittura che gli miniava le vetrate, la musica che metteva in moto le campane” (Victor Hugo, Notre Dame de Paris, Libro V, cap. II)

Come i teologi edificano i fedeli, cioè la Chiesa riunita, gli architetti edificano la chiesa di pietra. Architet Architetti: dottori in pietra. Dal XII secolo l’architetto comincia ad avere un ruolo rilevante come esperto della costruzione, ma anche come organizzatore del lavoro, progettista, capomacapoma stro, uomo di polivalenti capacità; disegna la pianta, trova le soluzioni per l’elevazione, ne prepre vede le conseguenze, coordina il lavoro di scultori, pittori, vetrai… Tra i più antichi docudocu mentati, brilla la figura di Lanfranco (tra XI e XII secolo) “artefice” del duoduo mo di Modena. Il mastro costruttore propro veniva di solito dalle fila degli operai impegnati nel lavoro di costruzione; egli stesso sapeva svolgere la maggior parte del lavoro, di cui conosceva a fondo non solo gli aspetti progettuali, ma anche i problemi tecnici implicati nella costruzione pratica; godeva del rispetto di tutti. Alcuni dei mastri costruttori erano così famosi ai loro tempi che i loro nomi venivano incisi su parti peculiari della cattedrale. Villard de Honnecourt (XIII secolo) è stato un architetto francese, noto soprattutto per il Livre de portraiture, una raccolta di disegni, corredati da annotazioni, fondamentale per la conoscenza dell’architettura gotica. La precisione degli schemi, la qualità degli schizzi, la perfetta corrispondenza delle piante sono straordinarie. La costruzione di una cattedrale era un’impresa tale che si protraeva nel tempo e vedeva quindi il succedersi di più architetti. Un esempio per tutti è quello della cattedrale di Parigi: Jean de Chelles vi fu attivo dal 1258 al 1265; a lui succedette Pierre de Montreuil, già architetto della Sainte-Chapelle. Gli archi furono completati da Jean Ravy, che estese

l’opera di rafforzamento all’intero coro ed alle facciate laterali. Altri ancora vi lavorarono come Jean Ravho Ravhoey e Raymond du Temple. In Italia è celebre Giovanni Pisano che fu ca capomastro del duomo di Siena dal 1285 al 1296; questi raggiunse tale presti prestigio da ottenere vari riconoscimen riconoscimenti e benefici dalla cittadinanza senese, tra i quali il condono di una pesante condanna; egli è celebre anche per la realizza realizzazione del pulpito del duomo di Pisa [cfr. finestra 20]. Noto è anche Lorenzo Maita Maitani capomastro del duomo di Orvieto dal 1310 al 1330. Non sempre i nomi degli architetti sono noti e celebri, talvolta rimangono ignoti. Cu Curioso e simpatico è il caso di Venezia dove all’interno del grande arcone della porta centrale è rappresentato il cosiddetto “architetto ignoto”. Egli è raffigurato nelle vesti di un saggio orientale con il turbante: greci, infatti, erano gli architetti chiamati a costruire la Basilica dal doge Contarini. Esso appare seduto per sottolinearne il livello di dignità, e porta anche una stampella, segno di infermità fisica. In ciò è accomunato alla grande tradizione mitica greca e nordica che consentiva all’homo homo faber di raggiungere altissimi livelli ma lo obbligava a pagarne in qualche modo lo scotto con l’infermità. L’architetto è poi rappresentato nell’atto di mangiarsi un dito: la leggenda attribuisce questa espressione di disappunto alla punizione che il doge gli avrebbe dato dopo che, alle sue congratulazioni per la grande opera realizzata, l’architetto aveva risposto: “Avrei potuto farla meglio”; per questo atto di orgoglio era stato punito. Nel Medioevo la distinzione tra capomastro (“capo dei maestri”) ed architetto non era necessariamente

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così netta. Molte erano le maestranze impiegate per la realizzazione di un edificio così imponente come una cattedrale.

MAESTRANZE VARIE Calcinai: addetti alla preparazione della malta. Carpentieri: responsabili di tutte le fasi che prevepreve devano l’impiego del legno (dalle cèntine alle copercoper ture e così via). Fabbri: addetti alla fonditura ed alla forgiatuforgiatu ra dei materiali in ferro. Intonacatori: rivestivano le superfisuperfi ci dei muri con l’intonaco. Imbianchini: stendevano sulle superfici intonacate uno strato di pittura bianca. Muratori: addetti alla posa dei blocchi di pietra o dei mattoni. Piastrellisti: detti pavipavi mentari perché si occupaoccupa vano della zona di calpestio.

Pittori: addetti alla realizzazione delle decorazioni all’interno degli edifici religiosi. Portatori: addetti al trasporto dei vari materiali da una parte all’altra. Scalpellini: addetti alla lavorazione delle pietre. Vetrai: [cfr. finestra 8]. Impegnati nel processo di edificazio edificazione erano anche i cavapietra, i sab sabbionieri, i fornaciai che producevano la calce, fabbricanti di tegole e mat mattoni, carrettieri ecc. Le maestranze erano retribuite secondo il loro gra grado di specializzazione ed il salario poteva comprendere o meno il pasto quotidiano. In linea di massima i compen compensi non erano elevati e le condizioni di lavoro erano dure e sog soggette a pre precarietà.

Triforio In architettura il triforio è una galleria ricavata nello spessore murario, posta sotto le finestre del claristorio e situata sopra le navate laterali di una chiesa mediante una successione di loggette. È presente in alcune

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chiese romaniche (il duomo di Modena è uno degli esempi di maggior rilievo) e soprattutto nelle cattedrali gotiche d’Oltralpe, abbinato o in sostituzione alla struttura affine del matroneo, dove però la galleria aveva dimensioni più ampie e correva per tutta la larghezza della navata laterale. Generalmente il triforio precede una piccola galleria percorribile, che invece può venire a mancare nel caso del triforio cieco. L’etimologia del termine è sconosciuta, ma probabilmente deriva dal termine thoroughfarum, che veniva usato per indicare il passaggio da un’estremità all’altra dell’edificio. L’etimologia dal latino tres (“tre”) e foris (“porta”, “entrata”), risulta meno accreditata.

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claristorio

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Il cleristorio o claristorio, in ar- crociera concentrano il peso e la spinta del tetto, chitettura, è il livello più alto della liberando spazio sui muri per una finestrazione navata in una basilica romana o in più ampia del claristorio. una chiesa romanica o gotica. Il suo nome si deve al fatto che la sua traforazione di finestre permette al chiarore della luce di illuminare l’interno dell’edificio. Era già stato usato dai Romani, in ciò probabilmente influenzati dall’architettura ellenistica, nelle basiliche, nelle terme o nei palazzi. A volte le finestre sono piccole, semplici tondi, quadrilobi o triangoli sferici. Nei grandi edifici, tuttavia, il claristorio è una struttura importante. In ambito gotico le volte a

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Traforo

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Le grandi finestre del claristorio culminavano nel traforo, ornamento geometrizzante, mosso ed articolato in aperture lobate, cioè in archi di cerchio di uguale diametro. A seconda del numero di tali archi si parla di aperture bilobate, trilobate, quadrilobate, plurilobate.

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TANTE CATTEDRALI TANTE STORIE È ovvio che le tante, infinite cattedrali d’Europa hanno ciascuna una propria storia; nell’impossibilità di seguirle tutte, ci limitiamo a qualche significativo esempio. Un caso del tutto particolare è quello della basilica di San Marco a Venezia, dove confluirono elementi

romanici, bizantini e, successivamente, gotici. Sino alla caduta della Repubblica Serenissima è stata la chiesa palatina dell’attiguo palazzo Ducale. Ha assunto il titolo di cattedrale a partire dal 1807, quando fu qui trasferito dall’antica cattedrale di San Pietro di Castello. La chiesa fu edificata per acco-

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gliere le reliquie di san Marco trafugate, sese condo la tradizione, da Alessandria d’Egitto nell’827. La basilica attuale risale ad una ricostruzione iniziata dal doge Domenico Contarini nel 1063. Essa fu ed è la concon cretizzazione identitaria della città, nel tempo sempre più autonoma, ricca e popo tente repubblica marinara [cfr. CalenCalen dario dell’Avvento 2007]. In quanto chiesa di Stato, la basilica era retta dal doge e non dipendeva dal patriarca, e ciò fino a quando divenne ufficialmente cattedrale. La basilicacattedrale si distingue anche per la sua simbologia numerica. Dio, la Trinità sono identificati con il numero tre o, geometricamente, con un triangolo. Il mondo, in antico, si identificava invece con il numero quattro, con i quattro punti cardinali. La figura che si racchiude in quattro punti è deformabile: si possono ottenere, infatti, un rettangolo, un rombo, un trapezio. E ciò che è deformabile è anche instabile, mentre il triangolo resta sempre tale. La basilica di San Marco si identifica con il cinque, le cinque cupole. Quella centrale è del Cristo storico. Esiste un significato simbolico di ciò: l’arrivo di Cristo “divinizza” il creato così come la cupola centrale divide in quattro triangoli il quaqua drato dato dalle quattro cupole esterne. E in questo modo anche il quadrato-creato diventa indeformabile. S. Giacomo di CompostelCompostel la è un caso tipico di cattecatte drale-santuario; una catcat tedrale fatta apposta per la custodia delle reliquie del Santo e per accoglieaccoglie re pellegrini. Ad essa si accede attraverattraver so il Portico deldel la Gloria, Gloria capolavoro della scultura romaroma nica, costruito per vovo lere di re Ferdinando II di León tra il 1168 e il 1188, ad opera del

Maestro Mateo. Tutto il portale — ispirato alle Sacre Scritture — trasmette con plasti plastica qualità rappresentativa il percorso che conduce l’uomo a partecipare della gloria di Cristo, rappresentato in Maestà nella lunetta, attorniato dai Quattro Evangelisti, con i popoli nel nello sfondo, e da personaggi che mostrano gli strumenti della Passione. In tutto il complesso raffigurativo del Portico si può leggere la storia dell’umanità, salvata da Cristo, articolata in quattro livelli. 1) Le basi delle colonne descrivono il dramma dell’esistenza umana ricorrendo a simboli propri della cultura medievale che utilizzava raffigurazioni animalesche caricate di vari significati; 2) si vuole che le colonne rappresentino le vie che conducono l’uomo alla conoscenza del Mistero; 3) sono raffigurati gli araldi e i messaggeri di Cristo, cioè profeti ed apostoli; 4) la vita eterna, cioè il regno di Cristo. Un’altra cattedrale che fu ambita meta di pellegrinaggi è quella di Canterbury [cfr. Calendario dell’Avvento 2012], prima cattedrale gotica d’Inghilterra. Colonia e Chartres sono tra l’altro celebri per la conservazione di reliquie peculiari: la prima conserva l’arca con i re resti dei Re Magi portati da Milano dall’imperatore Federico Barba Barbarossa; la seconda custodisce il velo della Vergine offerto nell’876 alla cattedrale dall’imperatore Carlo il Calvo [cfr. Calen Calendario dell’Avvento 2012]. La Spagna — che vide per lungo tem tempo la com compresenza della religione mussulmana e di quella cristiana — presenta casi di trasformazione di moschee in cattedrali come accadde a Siviglia e Cordova.

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17 Abside e cattedra vescovile “L’abside della chiesa sarà rivolta verso l’alzarsi equinoziale del sole, per significare che la Chiesa, che combatte sulla terra, si deve comportare con moderazione e giustizia nella gioia come nelle afflizioni” (Durand, I,8). L’abside è la parte semicircolare — talvolta poligonale — della chiesa ove originariamente sedeva il vescovo e dove poi fu generalmente posto l’altare. Poteva essere contornata da cappelle radiali e/o dal deambulatorio. L’abside si colloca al termine del percorso che dalla facciata occidentale conduce all’altare. Essa rappresenta il cielo ed in genere è situata in direzione sud-est, cioè verso quell’oriente che è il luogo di nascita di Gesù. L’orientamento della cattedrale nello spazio, infatti, non è casuale, ma è uno degli elementi più ricchi di significato simbolico: entrare in una cattedrale significa il passaggio dal mondo delle tenebre (ovest-tramonto) al mondo della luce (est-sorgere del sole).

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La figura del vescovo fu ed è il perno della diocesi. Il termine deriva dal latino episcopus che a sua volta deriva dal greco episcopos che significa “supervi“supervi sore”, “sorvegliante”. Nei primi secoli del Cristianesimo il suo ruolo iniziò a delinearsi come quello di guida delle chiese lo-cali: nel III secolo si ha la pre-senza di importanti comunità cristiane di fondazione aposto-lica guidate da vescovi (come a Lione o ad Antiochia). Nel IV secolo sono vescovi molti dei padri della Chiesa come, ad

esempio, Ambrogio a Milano e Agostino a Ippona. Il vescovo, attraverso la consacrazione, aveva ed ha la pienezza del sacerdozio: solo lui può amministrare la cresima e conferire gli ordini sacri; a lui competono il governo e l’amministrazione della diocesi. Nella Chiesa primitiva era nominato dall’assemblea del popolo e del clero; col tempo acquistò un ruolo sempre più importante il capitolo della cattedrale, cioè il collegio dei canonici; nella complessità della storia non mancarono imperatori che avocarono a sé la nomina di vescovi, il che, nell’ambito della “riforma della Chiesa” dei secoli XI e XII, dette luogo alla cosiddetta “lotta delle investiture”3. Ma successivamente, in epoche diverse per ogni diocesi, i diritti di elezione dei vescovi furono esercitati direttamen direttamente dalla Santa Sede. Nell’Alto Medioevo (secoli VI/ VII-XI), in taluni casi, i vescovi esercitarono anche poteri civili, specie quando questi erano indebo indeboliti e/o latitanti, e, comunque, la loro presenza nelle città ne fece sem sempre un’autorità di riferimento. I vescovati fruivano di vaste pro proprietà ed avevano dipenden dipendenze in termini di pievi4, chiese e monasteri5, il che ne faceva delle vere potenze economiche (e politiche) ed i vescovi — tra alto e pieno Medioevo — si configurarono sovente come veri e propri “signori” al pari di quelli laici.

_ 3. Papato e Impero si contrapposero a motivo dell’elezione dei vescovi (e non solo); era invalsa la prassi per cui i poteri laici assegnavano le cariche ecclesiastiche fomentando così la corruzione del clero; la Chiesa — con in testa il Papato — reagì dando vita ad un movimento di “riforma” teso a svincolare le suddette cariche dall’ingerenza dei potentati laici. 4. All’interno del territorio diocesano, per meglio far penetrare il messaggio cristiano nelle zone rurali, si formarono le pievi (dal latino plebs), chiese dotate di fonte battesimale, cui facevano riferimento i fedeli di una certa zona circonvicina. Con l’avanzare del pieno Medioevo, per meglio seguire i fedeli, comparvero anche le parrocchie sia urbane che rurali, cioè disseminate sul territorio. 5. Se è vero che i monasteri erano in genere indipendenti ed esenti dall’autorità vescovile, non mancavano entità monastiche sulle quali il vescovo della diocesi ambiva esercitare la propria giurisdizione.

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Coro E canonici

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“Il coro dei chierici è il luogo dove essi si riuniscono per cantare insieme…” (Durand, I, 18). “Le balaustre, per mezzo delle quali l’altare è separato dal coro, rappresentano la separazione che ci deve essere fra le cose della terra e quelle del cielo” (Ivi, 31). Il coro — così detto perché in origine era destinato ai cantori e al clero durante le funzioni liturgiche — è formato da una parte quadrangolare e termina con una parte a semicerchio, cioè l’abside; il tutto dà vita all’area del presbiterio, in genere separata dal resto della chiesa da una sorta di muro trasversale. Ciò bene rifletteva la separazione tra chierici e laici che era propria della concezione ecclesiale dell’età medievale. A poco a poco i canonici ottennero il diritto di sedersi nel coro, da ciò deriva la presenza degli scranni/stalli in cui essi prendevano posto per la liturgia da celebrare in comune e per la recita delle ore canoniche. Fra i più celebri si ricordano in Italia quelli del duomo di Orvieto, del duomo di Siena e nell’Oltralpe quello della cattedrale di Colonia. Quando ci si riferisce all’universo degli ec-clesiastici e dei religiosi nel Medioevo si pensa a papi, cardinali, vesco-vi, prelati vari, monaci, frati… ma forse meno ci si ricorda dei cano-nici, che furono invece anch’essi un’istituzione di rilievo a metà strada tra monaci e frati. Il ruolo trainante del monachesimo nell’ XI secolo fece sì che la vita comunitaria divenisse un modello anche tra il clero secolare. Per esso lo stile di vita comu-ne aveva conosciuto le prime codificazioni tra VIII e IX secolo, cioè in età carolingia. Le

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esigenze ed istanze di riforma della Chiesa dei secoli XI e XII dettero incremento al moltiplicarsi delle canoniche regolari, in specie presso le cattedrali. Queste, infatti, si trovarono provviste di collegi di canonici, cioè di comunità di preti che risiedevano in comune, con appositi dormitori e refettori. Il loro impegno era pastorale, liturgico, caritativo ed educativo; a loro competeva la cura dei fedeli con attività di predicazione e catechesi, ciò che necessitava di preparazione culturale, non sempre, invece, adeguatamente posseduta dai sacerdoti. Non a caso presso le cattedrali sorsero scuole destinate non solo ai canonici; esse furono le istituzioni immediatamente precedenti le università. Il termine “cattedratico” deriva da queste scuole, legate appunto alla chiesa cattedrale. Al mantenimento e sostentamento dei collegi dei canonici (capitoli) si provvide con misure che portarono alla divisione dei beni della diocesi tra il vescovo ed i canonici. In entrambi i casi non si trattava solo di beni in termini di vaste proprie proprietà terriere o di “case”, ma di pievi e chiese che rientravano nella giurisdizione o del vescovo o del capitolo. Non sempre i rapporti tra ve vescovi e canonici furono privi di tensioni, ma senza dubbio il vescovo per un verso ed i canonici per un altro s’im s’imposero come le istituzioni por portanti della cattedrale. Attenzio Attenzione! Talune cattedrali furono affiancate non da canonici, ma da comunità di monaci, ad esempio a Durham, a Canterbury, a Mon Monreale.

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Ambone

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“Si dà a questo pulpito il nome … di ambone (ambo) da ambiendo (circondare), visto che esso circonda come con una cintura chi vi sale sopra” (Durand, I, 34). che indica ogni superficie conves convessa, panciuta: di fatto, molti amboni presentano una convessità in corri corrispondenza del leggio. Hanno accesso all’ambone i seguenti ministri: il let lettore, che legge passi dell’Antico Te Testamento e l’Epistola; il salmista, che canta le strofe del salmo responsoria responsoriale; il diacono, che proclama il Vange Vangelo. Ad esempio amboni sono presenti nel Duomo di Piacenza, in S. Marco a Venezia…

Nelle chiese cristiane l’ambone è la struttustruttu ra sopraelevata dalla quale vengono proclaprocla mate le letture. È una tribuna in marmo, pietra o legno, chiusa da tre lati da un parapetto. In genere gli amboni erano due, posti ai lati dell’altare per la lettura: quello di destra, generalmente più piccolo, era detto dell’Epistola, quello di sinistra era detto del Vangelo. Il termine ambone viene dal greco ambon,,

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pulpito

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“Il pulpito posto nella chiesa è la vita degli uomini perfetti, e lo si chiama così per intendere, in qualche maniera, un pulpito pubblico o posto in luogo pubblico ed esposto agli sguardi di tutti” (Durand, I, 33). Il pulpito si differenzia dall’ambone perché è posto fuori del presbiterio, nel cuore della navata maggiore e generalmente addossato ad un pilastro. Il termine deriva dal latino pulpitum che significa impalcatura, e ciò per indicare una piattaforma rialzata. Il pulpito rispondeva alle esigenze di predicazione che si fecero sempre più imponenti con l’avanzare del Medioevo, quando essa non era più considerata un momento organico della celebrazione liturgica, bensì un momento di istruzione al popolo. Essendo destinato solo alla predicazione, il pulpito poteva addirittura essere

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all’esterno della chiesa come, ad esempio, nel Giovanni Pisano nel Duomo di Pisa e quello Duomo di Prato. Tra i più splendidi pulpiti di Nicola Pisano nel Duomo di Siena, mirabili interni alle cattedrali basta ricordare quello di esempi di scultura gotica italiana.

Pavimento E labirinti 21 “Il pavimento della chiesa rappresenta il fondamento della nostra fede. Nella chiesa spirituale, il pavimento rappresenta i poveri di Cristo, ossia i poveri di spirito che si umiliano in ogni cosa; è per questo, a causa della loro umiltà, che sono assimilati al pavimento. Il pavimento che si calpesta rappresenta ancora il popolo, con il cui lavoro la Chiesa viene nutrita e sostenuta” (Durand, I, 28). Anche se in una chiesa il pavimento non è il primo elemento che uno nota, esso è comunque di fondamentale importanza. I morti sono stati a lungo seppelliti nelle chiese e spesso i pavimenti includono tracce di tombe o lastre tombali, e comunque anche essi venivano talvolta particolarmenparticolarmen te curati in quanto consiconsi derati come “piani-terra” dell’universo e per queque sto decorati con eleele menti metaforici. In tal senso un esempio notevole è quello del labirinto della cattedrale di Chartres. Il labirinto di Chartres, opera del XII secolo, è una figufigu ra geometrica circolare inscritta in larghezza sul pavimento della navata centrale. Rappresenta un percorso continuo lungo 261,5 m. che va dall’esterno all’interno del cerchio, con una successione di curve e archi di cerchio concentrici. Una delle sue particolarità è che i percorsi, sia dal centro che dal perimetro,

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presentano la stessa successione di curve e archi. Alcuni pensano che il labirinto rappresenti un cammino simbolico che porta l’uomo dalla terra a Dio e il centro della figura rappresenta appunto la città di Dio; altri ritengono che si tratti di un percorso che permette il cammino interiore per giungere a Dio attraverso la preghiera, questa culmina proprio nella rosa a sei petali che alcuni cre credono essere l’emblema della preghiera del Padre nostro. Il percorso del nostro labirinto non consi consiste solo nell’andare verso il centro, ma anche a ripartire da lì. Il pellegrino è invitato a seguire la linea tracciata davanti a lui, in modo da salire verso il coro della cattedrale, ver verso oriente, cioè la luce. I labirinti possono essere an anche considerati una sorta di pellegrinaggi simbolici tant’è che venivano anche chiamati “cammini di Gerusalemme”. In Francia i labirinti furono particolarmente diffusi; celebri quelli delle cattedrali di Reims, Sens, Arras, Amiens, Auxerre, alcuni dei quali scomparsi.

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SEPOLTURE Nel Medioevo tutte le sepolture avevano luogo nelle chiese o in aree cimiteriali nelle immediate vicinanze di esse. Ma il disporre di una tomba propria e talvolta perfino monumentale era possibile solo per gli appartenenti ai ceti più agiati. Essere sepolti poi addirittura in cattedrali con tanto di sepolcro, talvolta sontuoso, questo era riservato a re, a papi, a prelati (cardinali, vescovi…), a nobili e/o a ricchi borghesi. Si dovrebbero menzionare tutte le cattedrali perché ognuna ospita qualche illustre sepoltura, tuttavia alcune si distinguono per essere dei veri e propri concentrati di sepolture di alto rango: Spira con i suoi imperatori; Saint-Denis con i suoi re di Francia; Palermo con una varietà di sovrani normanno-

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svevi e aragonesi; Granada con i “re cattolici” (Ferdinando e Isabella); NaNa poli con i re angioini…

Cripta “Le cripte, o volte sotterranee che si scavano in certe chiese, sono gli eremiti che conducono una vita più ritirata che gli altri uomini” (Durand, I, 19). La cripta è uno spazio sotterraneo destinato alla sepoltura e con funzione di cappella. In origine vi venivano sotterrati i corpi santi, pratica che divenne sempre meno comune nel corso del XII secolo; ma non manca l’eccezione che conferma la regola: il corpo di Thomas Becket giace nella cripta della cattedrale di Canterbury [cfr. Calendario dell’Avvento 2012]. Celebri, tra le tante, sono le cripte della cattedrale di Chartres.

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L’evangelista Matteo (2,1-12) parla dei Magi, ma senza fare nomi; questi compaiono nella versioversio ne latina dell’VIII secolo di un testo greco del V/VI secolo. Nel ricordare il loro omaggio a Gesù essi sono elencati nel modo seguente: Bathisarea [Baldassarre], Melichior [Melchiorre], Gathaspa [Gaspare]. Il culto per i Magi nel Medioevo raggiunse il suo culmine con la costruzione della grande Arca — dove sarebbero custodite le loro reliquie — conservata nella cattedrale di Colonia. A portare in questa città i resti dei Magi provvide l’imperatore FedeFede rico I Barbarossa (1122-1190) che li trafugò da Milano (1164). Grazie a ciò la cattedrale di Colonia divenne meta di pellepelle grinaggi [Cfr. Calendario dell’Avvento 2012].

SIGNIFICATO SIMBOLICO DEI NUMERI 1. Dio. 2. Natura di Cristo: umana e divina. 3. Trinità; i Magi; le virtù teologali (fede, speranza, carità). 4. Evangelisti; gli elementi (terra, acqua, aria, fuoco); le stagioni; le virtù cardinali (fortezza, temperanza, giustizia, prudenza); punti cardinali ecc. 5. Ferite di Cristo; numero dei misteri. 6. Giorni della Creazione.

7. Giorni della settimana; peccati capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia); virtù (teologali e cardinali); doni dello Spirito Santo (consiglio, sapienza, fortezza, intelletto, pietà, timor di Dio, scienza); Sacramenti. 8. Ultimo giorno/fine del mondo. 9. Cori degli angeli e gironi dell’inferno. 10. Comandamenti. 12. Numero degli Apostoli; tribù d’Israele; mesi dell’anno.

Edizioni Frate Indovino - Via Marco Polo, 1 bis - 06125 Perugia Telefono: 075.5069369 - Fax 075.5051533 - Email: info@frateindovino.eu - www.frateindovino.eu Supplemento al N¡ 9/2013 del periodico mensile Ò Frate IndovinoÓ - Produzione letteraria riservata. Vietato plagio e qualsiasi riproduzione. Reg. Tribunale di Perugia, n. 257-58, n. 11 R. prov. T.I. 01/07/58. Direttore Responsabile: Mario Collarini. Direttore Tecnico-Amministrativo: Antonio Biagioli. Testi a cura della Prof. Giovanna Casagrande, docente di Storia Medievale presso lÕ Universitˆ degli Studi di Perugia, e della Dott.ssa Eleonora Rava - Disegni del Maestro Moreno Chiacchiera. Grafica del Prof. Fabrizio Manis. Impaginazione di Pietro Taramelli - Gestione informatica: Piergiorgio Galli - Logistica: Teodoro Santaniello. Stampa fascicolo interno: Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafi che S.p.A. (Bergamo) - Cartotecnica: Grifa S.p.A. Città di Castello (PG)

Conto corrente postale n. 4069 intestato a: Frate Indovino Edizioni Perugia - Bonifici bancari: IBAN IT12Q0760103000000000004069

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