Disprezzo per il lavoro manuale
Etimologia della parola lavoro
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a parola lavoro deriva dal latino labor (fatica, sforzo, pena, travaglio, dolore…) che insieme alle voci laborare, laboratio… si rifanno al latino labare (vacillare sotto un peso), tutte parole connotate da un significato negativo di fatica, pena, sofferenza. Lavoro in greco è reso dalla parola pónos con il significato di affannarsi, faticare, da cui anche il termine penía (povertà, indigenza, penuria). Anche nelle moderne lingue europee, come il francese Travail, travailler, lo spagnolo trabajo e persino il tedesco Arbeit, hanno lo stesso significato negativo di peso, affanno, sofferenza. Dal punto di vista
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elle epoche più arcaiche delle grandi civiltà mediterranee le comunità sumere, assire, babilonesi, egizie, greche e romane, imponevano ai componenti della comunità di lavorare nelle proprietà comuni. In questo caso il lavoro non era visto come una imposizione disonorevole, ma come partecipazione allo sforzo della comunità per reperire i mezzi di sussistenza e di sviluppo. Quindi il lavoro era fonte di dignità e attirava il favore degli dei. Con l’evolversi di queste grandi civiltà, si innesta un vero e proprio disprezzo per il lavoro manuale, fomentato dalle caste di intellettuali che si erano formate nelle aree di privilegio economico e sociale. Per giustificare il loro ruolo nella collettività, che prosperava sul lavoro altrui e sulla divisione classista della società, alimentavano il discredito del lavoro manuale che di conseguenza veniva affidato sempre di più agli schiavi. Dagli scribi dell’antico Egitto, dai quali prende il via questo fenomeno, ai greci
etimologico, dunque, la parola lavoro appartiene all’universo semantico della povertà, della fatica e del dolore.
Il Lavoro degli inizi
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elle primitive culture costituite di cacciatori nomadi, la concezione del lavoro non prevedeva l’accumulo di provviste per i giorni a venire. Sia l’ampia disponibilità di prede, sia l’impossibilità di conservarle a lungo, consigliavano di badare solo al fabbisogno di ogni giorno. Con l’avvento dell’agricoltura e della sedentarietà che la caratterizzava, sorsero vari problemi: la ricerca di sempre nuovi appezzamenti da coltivare, la conservazione dei prodotti, l’estendersi del fenomeno delle razzie e
delle depredazioni. Da qui gli scontri, i combattimenti e la conseguente schiavizzazione dei vinti. Questo ed altri molteplici fattori hanno fatto della schiavitù, nelle sue varie forme, un fenomeno tristemente “normale” fin dalla preistoria in quasi tutte le popolazioni dell’area mediterranea. La considerazione negativa, dispregiativa e disonorante del lavoro manuale deriva certamente dal fatto che il lavoro, specialmente se pesante e disgustoso, era normalmente svolto dagli schiavi.
IL PICCOLO PRINCIPE
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e Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry troviamo la figura del lampionaio. In un pianeta così piccolo da entrarvi solo lui ed il suo lampione, il lampionaio ha avuto la “consegna” di accendere il lampione la sera e spegnerlo alla mattina. E lui rimane fedele alla “consegna” anche quando il pianeta accelera la sua corsa fino a compiere un giro di rotazione al minuto, costringendo il lampionaio ad accendere e spegnere il lampione una volta ogni minuto, impedendogli anche di riposare. E il Piccolo Principe trova quest’uomo molto simpatico e l’unico col quale sente di poter fare amicizia, non solo
Platone e Aristotele, ai romani Cicerone e Seneca, si fissa il concetto che il lavoro manuale non è roba da uomini liberi, ma da schiavi, e tutte le persone “perbene” devono disprezzarlo e fuggirlo.
La Bibbia
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na posizione molto singolare è rappresentata dalla cultura ebraica, e quindi dalla Bibbia, che tiene molto in alto il valore del lavoro. La Bibbia colloca tra i Dieci Comandamenti il dovere di lavorare e il diritto del giusto riposo. Anzi, di più: il Signore stesso lavora per sei giorni alla sua Creazione e si riposa il settimo giorno. Anche l’uomo è posto nel Giardino, perché lo lavorasse e lo custodisse (Gen 2,15). Da rilevare che il peccato dei progenitori non provoca la maledizione del lavoro, ma quella del suolo, della terra (Gen 3,17-18): il lavoro diventa “duro” perché mutano le condizioni in cui esso è svolto. Nel Nuovo Testamento Gesù sottolinea in molti modi l’importanza del lavoro, ma ne rimarca anche la natura strumentale: Cercate il Regno di Dio, e le altre cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6,33). Gli Apostoli poi sono chiarissimi: chi non vuol lavorare neppure mangi (2Ts 3,10).
LLAA TESSITURA ... CENNI DI STORIA
perché rimane eroicamente fedele alla “consegna”, ma anche perché fa un lavoro veramente utile, perché bello: quando accende il suo lampione è come se facesse nascere una stella in più, o un fiore; quando lo spegne, addormenta il fiore o la stella.
L’
arte della tessitura nasce con il passaggio dalla fase di cultura nomade (costituita da cacciatori) a quella di allevatori-coltivatori (più stanziale). Difficile poter precisare il tempo in cui fu inventato il primo telaio. Da ricerche archeologiche e testimonianze di vario genere si sa che la tessitura era praticata in Paesi quali la Cina, l’Egitto, la Grecia, la Palestina… Famosa è la “tela di Penelope” cantata nell’Odissea (sec. VII a.C.). I Greci e Romani conoscevano la Cina come il Paese della seta e comperavano questo tessuto che arrivava per la “Via della Seta” (dalla Cina a Bisanzio), in stoccaggi già confezionati. A Roma si lavorava la lana in officine spe-
cializzate con manodopera prestata dagli schiavi. Con la caduta dell’Impero Romano, si tornò al semplice piccolo telaio di casa. Verso la metà del sec. XII la lavorazione della lana si diffuse in tutto il Nord-Italia per opera della “Confraternita degli Umiliati”, e divenne ben presto un settore organizzato in potenti corporazioni. Dal Risorgimento in poi la tecnologia in continuo sviluppo permise di raggiungere livelli di lavorazione sempre più avanzati che, con l’invenzione del telaio di Jacquard (1808) a schede perforate, si aprirono a possibilità praticamente senza limiti.
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Ecco Frate
G L I A N I MA L I D O M E STI C I DEL CONTADINO
Indovino 2017
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er quanto le dimensioni del podere e la sua ubicazione potevano permetterlo, il contadino teneva anche diversi animali, alcuni necessari ai lavori più pesanti, altri per uso familiare. Anzitutto una coppia di buoi (o di vacche) per l’aratura e il trasporto pesante, che bisognava governare almeno due volte al giorno, abbeverare, strigliare, riassettarne giornalmente i pagliericci e portare via il letame. Altrettanto se c’erano mucche con i vitelli, con in più la mungitura e la preparazione del formaggio. E se c’era l’asinello, anche lui voleva essere trattato con riguardo. Non potevano mancare i suini che rifornivano di carne
Carissimi amici. Sono di nuovo a bussare alla Vostra porta per offrirVi il Calendario “Frate Indovino 2017”, un Calendario che ho voluto dedicare al grande tema del lavoro umano. Questo importante compito, che san Francesco chiama “grazia”, cioè “dono”, è stato considerato molto spesso come una “dura necessità”, o addirittura un “castigo”, mentre invece, se svolto nel rispetto delle capacità e delle prerogative della persona umana, è uno dei componenti più importanti per la crescita e la maturazione di ogni singolo individuo. Per i credenti, poi, è addirittura collaborazione con Dio nella Sua opera creatrice e partecipazione all’opera redentrice di Cristo. Per questo il nostro Papa Francesco afferma che il lavoro “unge l’uomo di dignità”. Ma non Vi spaventate: non mi ha sfiorato neppure minimamente l’idea di entrare nelle difficili e complesse problematiche del lavoro. Ho voluto solo richiamare alla memoria in questo Calendario 2017, settantaduesimo della serie, dal titolo: “Mestieri di un tempo”, i lavori dei nostri genitori e/o dei nostri nonni, quelle attività, cioè, che essi hanno praticato e sono divenute il loro “mestiere”. “Andare a imparare il mestiere”, si diceva allora. Ho voluto riproporli nonostante siano quasi tutti in estinzione, perché hanno costituito una delle principali condizioni di sussistenza delle generazioni che ci hanno preceduto, dei nostri antenati, i quali si sono formati e sono cresciuti “vivendoli” giorno dopo giorno e divenendo così i nostri maestri di vita. Ricordando cosa facevano, ricordiamo loro, e rafforziamo quei legami con le nostre radici, che ci aiutano a non smarrire mai la “verità di noi stessi”.
per buona parte dell’anno; andavano alimentati due volte al giorno, salvo offrire un trattamento speciale nei mesi prima della macellazione (ingrassamento) e, di seguito, la preparazione degli insaccati. Altrettanta cura richiedevano, quando c’erano, pecore e capre, con la pastura, la mungitura e la preparazione del formaggio. E poi le galline, i polli, i tacchini, le anatre, i conigli e via di seguito. Mi piace qui sottolineare quella sorta di intesa, quasi di complicità, fatta di emozioni e di sottili, delicate sfumature che si instaurava tra l’uomo e i suoi animali da lavoro, accomunati da una operosità dura, ma condivisa e quindi alleggerita.
Ringrazio il Professore Gianluigi Mattia che con le sue tavole e i suoi colori ha saputo farci rivivere sapientemente momenti di vita di un recente passato che, forse, non torneranno più. Un ringraziamento anche a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo Calendario. E a voi, cari Amici Lettori un appello affinché continuiate a ricordarvi delle nostre opere di bene. So che il momento non è dei più facili, ma confido nella Vostra generosità che si è sempre dimostrata più forte delle difficoltà. Non dimenticate: “Si possiede veramente solo ciò che si dona”. Conto su di Voi e Vi benedico di cuore, Vostro Frate Indovino
PROVERBI, DETT I, AFORISMI ✹ Con il lavoro e la fatica Dio dà casa, vestimento e cuor contento ✹ Studia per sapere e lavora per avere ✹ Lavorare e risparmiare è un buon modo per campare ✹ Per chi ha da fare il giorno non è mai lungo ✹ Se non vuoi lavorare bisogna che ti adatti a mendicare ✹ Chi lavora si rimpannuccia, chi non lavora si gratta la buccia ✹ A gloria non si vien senza fatica ✹ A pigro lavoratore è d’intoppo anche una paglia ✹ Il lavoro cava fuoco dalla pietra
IL CARRO
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l carro nasce dopo la scoperta della ruota, e la sua origine si perde nella preistoria, anche se si è certi che risalga a dopo il passaggio dall’epoca dei cacciatori nomadi a quella dei pastori-coltivatori, più stanziali. Nell’Asia Minore, il carro era conosciuto almeno fin dal IV millennio a.C. In origine le ruote erano piene e fissate all’asse centrale. Con l’avvento dell’era del ferro, fu introdotta la ruota a raggi, con i cerchioni in ferro perforati. Il perfezionamento del carro progredì di pari passo con l’esigenze dello sviluppo dell’agricoltura, del commercio, delle migrazioni e delle guerre. In Grecia ebbe molto sviluppo il carro da guerra. Nell’antica Roma presero
piede molti modelli desunti dai popoli con i quali le sue armate venivano in contatto. Ricordiamo il plaustrum, pesante carro agricolo a ruote piene che, alleggerito e migliorato, costituisce il capostipite dei nostri carri agricoli trainati dai buoi. Verso la fine del Medioevo le rinascenti attività di Arti e Mestieri, diedero nuovo impulso a questo mezzo di trasporto, mentre l’epoca moderna assistette allo sbizzarrirsi della fantasia in forme, rifiniture e decori di carrozze adibite al trasporto di personaggi dell’alta società, di principi e regnanti, spesso oggetti da ostentare durante feste e cortei, spazzati via dall’avvento dell’automobile.
IL LAVORO
“UNGE L’UOMO DI DIGNITÀ”
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el discorso tenuto al Parlamento Europeo di Strasburgo il 25 novembre 2014, Papa Francesco afferma ripetutamente che il lavoro unge l’uomo di dignità. Se apriamo le Scritture Sacre, leggiamo che Dio ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza, lo ha voluto Suo collaboratore nell’Opera della Creazione e punto di riferimento di tutto il creato (Gen capp. 1-3). Su questo dato fondamentale si basa l’inviolabile dignità della persona umana. E proprio attraverso il lavoro, inteso come applicazione delle facoltà fisiche e/o intellettuali da parte dell’uomo rivolte alla produzione di un bene di privata o pubblica utilità, che la persona umana si costruisce e si propone di trasformare in meglio ciò che la circonda. Affinché il lavoro possa esplicare appieno questo compito di nobilitazione dell’uomo e possa “ungerlo di dignità”, deve avvenire nell’ambito di alcune condizioni irrinunciabili: 3
deve essere un lavoro scelto liberamente; deve essere svolto in condizioni di parità di diritti e di doveri con tutti gli altri lavoratori; deve permettere di condurre una vita autonoma e indipendente, nella libertà e nella possibilità di autodeterminarsi e di soddisfare le normali necessità di tutta la famiglia, compresa la crescita e la scolarizzazione dei figli; che favorisca la collaborazione con gli altri operai e aiuti ad offrire il proprio specifico contributo per la crescita e lo sviluppo del proprio territorio; che permetta ad ogni lavoratore di associarsi liberamente con gli altri per far rispettare i propri giusti diritti; che lasci lo spazio sufficiente per dedicarsi a coltivare (o ritrovare) le proprie radici a livello personale e familiare; che assicuri ai lavoratori una vecchiaia dignitosa (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n 63). Solo a queste condizioni si può dire veramente che il lavoro unge l’uomo di dignità.
LA CARDATURA
IL LATTE: DA QUANDO? L
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rima di riempire un materasso con la lana nuova, o rimetterci quella vecchia, era necessario cardarla, cioè passarla con uno speciale strumento chiamato cardo. Il cardo era una pianta erbacea spinosa che si faceva seccare appunto per scardassare la lana. Questa, infatti, poteva risultare infeltrita, raggrumata o mista a qualche sporcizia. Lo strumento usato per questa faccenda consisteva in due tavole munite di punte metalliche ricurve: una inferiore fissa ed una seconda mobile, fornita di due impugnature. La lana veniva depositata a piccole quantità sulla tavola inferiore e si faceva passare a forza di braccia, tra i chiodi con l’altra tavola presa per le due impugnature. In questo modo si dipanavano tutti i grumi e le parti
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a storia del latte comincia con l’inizio della domesticazione degli animali, e quindi della loro mungitura, quando l’uomo, iniziando a coltivare la terra, diventa più stanziale, esce dalle caverne ed impara a costruirsi delle capanne nelle quali abitare. Secondo reperti archeologici, questo passaggio si verifica circa ottomila anni fa, cioè 6.000 anni prima di Cristo. Durante gli scavi condotti da una équipe angloamericana negli anni ’20-’30 del secolo XX, a Tell al-Ubaid a 6 km a ovest della città mesopotamica di Ur, la città dove nacque Abramo, è emersa una testimonianza data-
SAN FRANCESCO E LA GRAZIA DI LAVORARE infeltrite, e la lana si riduceva ad un velo sottile e morbido. La cardatura si usava anche nella lavorazione dei crini sia animali che vegetali, del cotone e di altre fibre tessili.
IL COLTELLO
urante tutta l’età della pietra, l’uomo primitivo ha confezionato utensili (lame per tagliare, punte di lance e di frecce…), scheggiando pietre soprattutto silicee o, dove erano reperibili, di ossidiana, una pietra lavica di colore nero, composta di una pasta vetrosa. Con l’età del bronzo, le lame divennero di metallo e cominciarono ad assumere la forma di oggi, sempre comprese di manico fatto dello stesso materiale della lama o di altri materiali quali il legno, l’osso e, via via, materie cornee, avorio, metallo, porcellana e madreperla, sempre più accuratamente decorate. Greci e Romani, avevano coltelli diversi per ogni diversa atti-
bile intorno al 2475 a.C., un intarsio su pannelli, il cosiddetto “fregio della latteria”, che rappresenta un uomo nell’atto di mungere una vacca e ne raccoglie il latte in un recipiente. Più o meno la stessa datazione è attribuita a un sigillo esposto al Museo dell’Istituto Orientale dell’Università di Chicago, raffigurante una capra che offre il suo latte al pastore. Circa sei secoli prima, un allevatore sumero incideva la sua contabilità in caratteri cuneiformi su tavolette di creta, conservate nel Museo di Stato del Medio Oriente di Berlino, registrando ottimi rendimenti in latte, burro ed altri prodotti caseari. Gli animali dai quali si ricavava il latte erano principalmente pecore e capre, poi asine, vacche, cavalle, yak, e cammelle.
vità: per usi domestici (esempio per la tavola), per la caccia, per i sacrifici, persino per la toletta delle unghie. Ne avevano con lama fissa o ripiegabile dentro il manico, semplici o con il manico decorato. Con il Medioevo queste decorazioni si affinarono sempre di più e dal Rinascimento in poi divennero vere e proprie opere d’arte. Oggi, alla cospicua serie di coltelli per le più disparate faccende, si è aggiunto anche il tagliacarte, con le sue squisite decorazioni. Per il loro valore, bellezza e originalità, questi oggetti hanno richiamato anche l’attenzione dei collezionisti e iniziato da tempo ad interessare una non indifferente fetta di mercato.
EVOLUZIONE UMANA
an Francesco vive in un momento storico in cui la società sta uscendo da una “economia di scambio” e comincia a imperniarsi in un’economia basata sulla moneta. La sua sensibilità non gli permette di rimanere indifferente difronte ai grossi squilibri sociali che si vanno ricreando anche in questo passaggio di civiltà. Ai suoi frati comanda di lavorare: Quei frati ai quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e devozione… (FF 88). San Francesco vede la possibilità di lavorare come un “dono”, perché sa che tutto l’uomo, la sua esistenza e le facoltà che gli permettono di esprimersi nel lavoro, sono dono di Dio. La sua scelta per la povertà gli permette di non accettare ricompense in danaro. Egli si contenta di ricevere il “necessario per il corpo” per sé, per gli altri fratelli e per i poveri. E qualora non ci fosse data la ricompensa per il lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore chiedendo l’elemosina di porta in porta (FF 120). Nella visione di Francesco il lavoro
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deve favorire la realizzazione di una comunità basata sull’essere e non sul possedere, tesa ad edificarsi su valori etici e spirituali. Ed anche la ricompensa per il lavoro non è intesa come una retribuzione compatibile giuridicamente con il valore del servizio prestato, ma deve rimanere esclusivamente sul piano della gratuità. La fraternità francescana è mendicante non perché rifiuti il lavoro, ma perché ogni singolo frate, sapendosi dono di Dio, è portato a scavalcare qualsiasi pretesa o calcolo utilitaristico, ed entrare nel mondo della gratuità chiedendo l’elemosina, e offrendo così al “fratello” la possibilità di rispondere con un’oblazione data “per amore di Dio”. Nel campo della mendicità francescana, insomma, non c’è spazio per parassitismo, scansa-fatica, o buoni a nulla. Lavorare francescanamente significa offrire una prestazione che non bada al prezzo, né alla convenienza, né al profitto, ma che si pone totalmente nel campo della gratuità: il lavoro è grazia perché l’uomo è dono di Dio.
✿ Candela, diga, sedia, sega (3.000 a.C.) ✿ Misure (2.900 a.C. prime unità di misura di lunghezza e peso) ✿ Calendario solare (2.800 a.C. Mesopotamia) ✿ Bottone (2.800-2.600 a.C.). Olio di oliva (2.500 a.C. a Creta) ✿ Vetro (2.500 a.C. in Egitto e Mesopotamia per monili; per piccole bottiglie 1.400 a.C.) ✿ Bitume (2.500 a.C. in Pakistan per sigillare i muri e in Mesopotamia per pavimentare le strade) ✿ Galleria (2.500 a.C. in Mesopotamia. Celebre quella nell’isola di Samo: Eupalino 498 a.C.)
✿ Papiro (2.400 a.C.). Balestra (2.000 a.C.) ✿ Alfabeto di Ugarit, fonogrammi (1.650 a.C.). Compasso (1.500 a.C.: Euclide 367283 a.C.) ✿ Mantice (II millennio a.C. in Egitto). Armatura (900 a.C.: lamine metalliche su vestiario e cuoio) ✿ Acquedotti (VII sec. a.C. a Ninive sotto il regno di Sennacherib) ✿ Monete (VII sec. a.C.). Fenici: biremi (700 a C.), triremi (600 a.C.) ✿ Àncora (700 a.C. in Grecia secondo la tradizione attribuita a Eupalamo)
INVENZIONI E SCOPERTE DALLA PREISTORIA AL 500 a.C. ✿ Posizione eretta su due piedi (4 milioni di anni a.C.) ✿ Mani prensili e pollici opponibili (2,5-1,5 milioni di anni a.C.) ✿ Pietre scheggiate: primi utensili (2 milioni di anni a.C.) sempre più rifiniti (1 milione di anni a.C.) ✿ Prime armi: clava e lancia (2-1,6 milioni di anni a.C.) ✿ Scoperta del fuoco (1,5 milioni di anni a.C.). Cottura del cibo (80.000 a.C.) ✿ Linguaggio vocale (30.000 a. C.) ✿ Arco, corda di fibre vegetali intrecciate, frecce (46.000-20.000 a.C.). Corda in strisce di pelle (3.000 a.C.) ✿ Amo in osso (25.000 a.C.); sua diffusione (6.000 a.C.) ✿ Ago in osso (20.000-6.000 a.C.); ago metallico (3.000 a.C.) ✿ Torcia, lumi ad olio (20.000-12.000 a.C.) ✿ Addomesticazione degli animali (12.000 a.C.). Ceramica (10.000 a.C.) ✿ Agricoltura (12.000-7.500 a.C.); vanga e zappa (8.000-7.000 a.C.) ✿ Costruzione di abitazioni, capanne (10.000 a.C.). Palafitte (5.000-4.000 a.C.) ✿ Mola, mulino, macinazione/Preparazione e cottura del pane (8.000-7.500 a.C.) ✿ Colori (21.000 a.C.); telaio e tessuti (6.000 a.C.); tinture (porpora di Tiro 1.200 a.C.) ✿ Numeri e calcolo (8.000-7.500 a.C.); fasi lunari e conteggio dei giorni (8.000 a.C.) ✿ Birra (8.000-6.000 a.C. Mesopotamia). Ar-
chitrave (7.500 a.C.) ✿ Passaggio da vite selvatica a vite europea, (8.000-7.000 a.C.). Vino 6.000 a.C. ✿ Barca (7.500 a.C. piroga). Falce (6.000 a.C.). ✿ Chiodo in legno (6.000 a.C.); in metallo (3.000 a.C.). Vite (6.000 a.C.). Colla (6.000 a.C.) ✿ Zattera (6.000 a.C.). Canali per irrigazione (5.000 a.C. in Iran e in Egitto) ✿ Conservazione del cibo: essiccazione, affumicatura, salatura (5.000 a.C.) ✿ Bilancia (5.000 a.C.). Abaco (5.000 a.C. Assiri) ✿ Lavorazione dei metalli (4.000 a.C.); coltello e cucchiaio (3.600 a.C.) ✿ Meridiane e misurazioni del tempo (4.000 a.C.) ✿ Ruota, carro, tornio (4.000- 3.500 a.C. Sumeri) ✿ Navigazione a vela (3.600 a.C. in Egitto); navigazione a remi (1.100 a.C.). Numerazione scritta (3.500 a.C. Sumeri). Aratro (IV millennio a.C.) ✿ Geroglifici, scrittura cuneiforme (3.5003.000 a.C. Sumeri) ✿ Cartografia (3.000 a.C. Egitto); (1.000 a.C. Mesopotamia); (547 a.C. Anassimandro); (560-490 a.C. Ecateo di Mileto) ✿ Volta e arco (IV-III millennio a.C. primi esempi presso Sumeri ed Egizi) ✿ Astronomia (3.500-3.000 a.C. Sumeri). Medicina (3.000 a.C. Egitto) ✿ Torchio primitivo (3.000 a. C.); torchio a vite (500 a.C.) 4
Solidarietà! Poco più di 100 anni fa, la Congregazione di Propaganda Fide, affidava a noi Cappuccini umbri la Missione dell’Alto Solimões, un lembo di acqua e foresta vergine di 140 mila Km2 nell’estremo Nord-Ovest dell’Amazzonia brasiliana. I Missionari cappuccini umbri, giunti là nel 1909, si rimboccarono le maniche e cominciarono a lavorare: costruirono chiese, scuole, collegi, ospedali, dispensari medici, piccole fabbriche di laterizi e falegnamerie… Che cosa chiediamo a Voi, cari Amici? Che, nei limiti del possibile, possiate aiutarci ancora, come avete fatto per il passato, in questi nuovi Progetti che vengono ad aggiungersi a ciò che facciamo ormai da tanti anni “istituzionalmente”, per la vita e l’attività dei nostri Missionari in Amazzonia.
IN AMAZZONIA
IN ITALIA Oltre all’Amazzonia, la nostra attenzione è rivolta anche alle aree di forte crisi qui in Italia. Nelle parrocchie, nelle chiese e nei conventi da noi curati accogliamo e confortiamo persone, sempre più numerose, che hanno bisogno di una parola, di un conforto, ma anche di un aiuto concreto e tangibile: migranti, girovaghi, pellegrini e poveri. Con il Vostro aiuto cerchiamo di non far mancare loro almeno l’essenziale per la sopravvivenza. Oltre a queste necessità momentanee e/o occasionali, portiamo avanti i seguenti progetti.
PROGETTO “KURUPIRA” A SANTO ANTÔNIO DO IÇÁ Con il nome “Kurupira”, personaggio mitico della cultura indigena, simbolo della difesa della foresta, ha preso il via in questa cittadina un progetto volto alla prevenzione dell’uso della droga e alla moralizzazione dei costumi. Il fermo desiderio è quello di coinvolgere giovani di diverse fasce di età fortemente a rischio e si sviluppa in diverse discipline: sport, musica e danza per i più piccoli; arti e mestieri (avviamento professionale in diversi settori) per i più grandi.
PROGETTO “OASI DELL’ANZIANO” A VASTO MARINA (CH) Ormai da decenni è attivo un centro di accoglienza per simpatici nonnini alcuni dei quali in stato di indigenza. Accogliamo circa 68 anziani, molti dei quali non autosufficienti e che quindi richiedono assistenza continua. Nella foto i lavori ormai pressoché ultimati di adeguamento alle norme antisismiche e di miglioramento dei servizi.
PROGETTO “SCUOLA-COMPUTER” A BÉLEM DO SOLIMÕES Anche in Amazzonia il progresso fa passi da gigante. A Bélem do Solimões funziona dal 2009 la Scuola Parrocchiale computer ed Internet ospitata nei locali della scuola municipale indigena “San Francesco di Assisi”. Il progetto organizza tre corsi all’anno per turni di 120 alunni ciascuno, della durata di tre mesi.
PROGETTO “SPORT IN SOLIDARIETÀ” A RORAINÓPOLIS Progetto destinato agli adolescenti che non trovano nella cittadina di circa 28 mila residenti aree per il tempo libero. Tali giovani, senza formatori in gamba e idonee strutture, sono facile preda della delinquenza locale che li avvia alla droga e alla prostituzione minorile.
PROGETTO “VILLAGGIO DELLA CARITÀ SORELLA PROVVIDENZA” A PERUGIA Complesso edilizio di circa 1.200 metri quadri sorto per le Opere Caritative di “Frate Indovino”, ora affidato in comodato d’uso gratuito alla Caritas Diocesana, che vi ha organizzato la sede operativa con Centro di Ascolto e Casa di Accoglienza dotata di appartamenti per 10-12 nuclei familiari in gravi difficoltà ed un poliambulatorio gestito dall’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI). Inoltre sono presenti uffici per attività pastorali e sociali, magazzini per deposito, conservazione e distribuzione di generi alimentari e sale per riunioni, laboratori ed attività aggregative e di volontariato.
PROGETTO “SORELLA LUNA” A BENJAMIN CONSTANT Il progetto è nato dal cuore del compianto P. Benigno Falchi per bambini da tre a sei anni, l’età in cui, in tante famiglie, rimangono soli e praticamente sulla strada, suscitando tanta preoccupazione tra i Missionari. Questa scuola d’infanzia è dotata di tante attrezzature ricreative e postazioni multimediali, e accoglie gruppi di circa 50 bambini assistiti da suore e professori laici, offrendo tutto gratuitamente, cibo compreso. PROGETTO “CASA DE APOIO FREI MARIO MONACELLI” A MANAUS Nella capitale dello Stato di Amazonas, metropoli con ormai quasi due milioni di abitanti, i nostri Missionari hanno strutturato una casa di prima accoglienza per i malati di AIDS e di lebbra, altrimenti lasciati al loro destino. Provenienti dalla città stessa, e dalle località più remote della regione, hanno tempi di degenza compresi tra le due settimane e i tre mesi, a seconda delle terapie praticate dal personale medico qualificato che valuta la gravità caso per caso. Possono essere ospitati fino a 30 pazienti contemporaneamente.
Da quanto tempo tutti insieme non ci si riunisce e si collabora per la costruzione di un bel presepio? Ora che questo simbolo del Natale, della Famiglia e dell’Umanità, voluto fortemente da san Francesco e replicato in secoli di storia ed in ogni angolo del mondo ci viene presentato come segno anacronistico ed elemento di disturbo, noi Francescani Cappuccini di Assisi desideriamo rivolgerci a ciascuno di voi affinché tutti insieme ci aiutiate a dimostrare che questa è una tradizione che ci appartiene e ci identifica culturalmente. In occasione dell’ormai prossimo Santo Natale,“Frate Indovino”, grazie all’aiuto concesso dall’Amministrazione Comunale di Gualdo Tadino, in collaborazione con “Acqua Rocchetta”, lancerà questo messaggio “a tutte le persone di buona volontà”!! Infatti, nella chiesa monumentale di San Francesco a Gualdo Tadino, nel prossimo mese di dicembre, sarà possibile visitare il primo Presepio Emozionale, a grandezza naturale che accoglierà al suo interno tutti i bimbi che vorranno visitarlo. Pensate ai bambini messi in grado non solo di vedere un bel presepio, ma addirittura di entrarvi dentro, passeggiando di casa in casa, di laboratorio in laboratorio, tra alberi, animaletti e accanto ai vari personaggi tipici della nostra tradizione natalizia,
Opere Promozionali
SI Rinnova con frate indovino
l’emozione del Presepe
fino ad avvicinarsi al piccolo Gesù posto nella mangiatoia… Un’esperienza davvero unica!! Abbiamo però pensato anche a chi non potrà essere presente. Si sta progettando, di tale
presepio, un modellino in scala ed inserito in una scatola di montaggio, che può essere prenotato servendosi di un apposito codice presente sul “collo” delle bottiglie dell’acqua mi-
PROGETTO “RIFUGIO FRANCESCANO”A PERUGIA Nella ex Sede delle Edizioni Frate Indovino è stata allestita una Casa di Accoglienza per familiari di lungodegenti in ristrettezze economiche, dove offriamo ospitalità gratuita a tutte le persone che ci vengono segnalate dalla Croce Rossa Italiana con familiari ricoverati presso le strutture sanitarie pubbliche.
“BIBLIOTECA O.A.S.I.S.” A PERUGIA La biblioteca, aperta al pubblico con orario settimanale, viene sostenuta anche grazie alle offerte dei nostri Lettori. Questa realtà culturale (Opera Assistenziale per Studenti Italiani e Stranieri) fu aperta nel 1971 dall’insigne biblista P. Anselmo Mattioli. Essa è sostenuta direttamente dalla Provincia Umbra dei Padri Cappuccini ed è una biblioteca che accoglie gratuitamente studenti e studiosi da tutto il mondo. In 45 anni di attività, il patrimonio librario si è arricchito fino a raggiungere circa 70.000 volumi, tra cui: 4 Incunaboli, 847 Cinquecentine, 544 Seicentine, 1.108 Volumi del XVIII secolo, quasi 2.000 del XIX e 285 Tesi di laurea.
nerale Rocchetta (nei soli mesi di novembre e dicembre 2016), la cui sorgente è proprio a poche centinaia di metri dalla chiesa di San Francesco dove per tutto il mese di dicembre e fino alla metà di gennaio si protrarrà questo evento. Confermando tale codice (al telefono o nel nostro sito Internet) sarà possibile ricevere un modello tridimensionale in scala del presepio strutturato all’interno della chiesa di San Francesco di Gualdo Tadino. Dove trovare le confezioni dell’Acqua Rocchetta? In tutti i negozi e supermercati d’Italia. Impossibile non riconoscerla: è tra le più diffuse e conosciute tra quelle naturali, oligominerali, pure e leggere. Grazie alla collaborazione che Acqua Rocchetta ha offerto al Comune di Gualdo Tadino, il presepio emozionale si può ricevere direttamente presso la propria abitazione al solo costo della spedizione tramite corriere espresso (€ 6,00), con in più una copia del classico Calendario Frate Indovino 2017 da parete, proprio quello che state sfogliando ora. L’offerta sarà valida dalla fine di Ottobre a Natale 2016. Le scatole di montaggio dei presepi ed il Calendario Frate Indovino 2017 verranno inviati per corriere a partire dal 5 dicembre 2016, fino ad esaurimento scorte. Non lasciatevi sfuggire questa opportunità eccezionale.
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VECCH IO, ANZIANO, O... DIVE RSAM E NTE G IOVAN E ? ! IL RAMAIO
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fabbri ramari sono quelli, che per forza di martello cavano dalla massa del rame tutti i lavori loro al principio, nel mezzo, et nel fine [...]. Nella qual cosa oprandosi con gran fatica, et industria, occorre spesso servirsi di martelli grossi; et quando piccioli, et quando con quelli lunghi di gambo di ferro, e corti di manico, o tirar il lavoro a lungo, o stregnerlo, o allargarlo col modo, et attitudine del battere, battendosi hor di dentro, hor di fuori, et quando con la penna, et quando con la bocca piana, garbeggiando, et dando gratia ai vasi il più possibile sia. Questo metallo adoprato dai maestri è dolce, et flessibile, et al martello tenace, et s’arrende con certa nervosità [...]. Un valente maestro in tai lavori si scorge, quando fa lavori d’un pezzo giusto, uguale, per tutto sottile, et ben garbato, senza molti colpi disordinati del martello posti in qua, et in là, o maggiori più l’un che l’altro. (Tommaso Garzoni, 1549-1589)
È anziano chi vede solo la metà piena del bicchiere; è vecchio chi ne vede solo la metà vuota.
È anziano chi elabora ancora progetti per il futuro; è vecchio chi continua a lamentarsi nel rimpianto di una gioventù che non ritorna.
È anziano chi ha gli occhi fissi dove sorge il Sole; è vecchio chi è perennemente rivolto verso le ombre sfuggenti del passato.
Anziano e vecchio possono avere la stessa età anagrafica, ma hanno differente l’età del cuore.
È anziano chi sogna ancora molte primavere; è vecchio chi si vergogna di far sapere quanti anni ha.
A voi, cari anziani, o come si dice: «diversamente giovani», auguro di vivere una lunga, lunghissima vita, senza diventare mai vecchi nel cuore. Vostro Frate Indovino
È anziano chi è ancora pronto ad affrontare le battaglie di ogni giorno; è vecchio chi si è arreso alle sfide della vita. È anziano chi sorride al giorno che viene; è vecchio chi si lamenta del giorno che è passato. È anziano chi non tralascia nessuna occasione per conoscere e progredire; è vecchio chi è convinto che ciò che sa gli basta ed avanza. È anziano chi si apre alla solidarietà, all’amicizia, all’amore; è vecchio chi ha tirato i remi in barca e vive con l’invidia e l’acredine nel cuore. È anziano chi mette a servizio di tutti la propria esperienza, senza sentirsi il padrone della verità; è vecchio chi vive nell’attesa di essere osannato, incensato e riverito. È anziano chi è pronto ad imparare sempre qualcosa di nuovo; è vecchio colui che, senza sapere, pretende di insegnare agli altri. È anziano chi si accontenta di ciò che la vita gli offre ogni giorno; è vecchio chi vive nel terrore della morte che si avvicina. È anziano chi è pronto a donare ciò che ha, magari un sorriso; è vecchio chi si aggrappa alle proprie cose, come a una zattera di salvataggio.
Punti di vista... con qualche svista
LA FERRATURA
L’
addomesticazione del cavallo risale probabilmente attorno al 4000 a.C., ma per molti secoli questo animale è stato utilizzato senza protezione ai piedi. Lo stesso cosiddetto ipposandalo romano, una specie di “scarpa” di lamiera applicata agli zoccoli e fermata con apposite legature era piuttosto una protezione, o un dispositivo correttivo, che permetteva all’animale solo di andare “al passo” e per tragitti brevi. I primi cenni di un’autentica ferratura si hanno intorno agli anni 50 a.C.-50 d.C., quando i Romani vennero a contatto con le popolazioni celtiche e britanniche, dove per
esigenze dei terreni troppo umidi e cedevoli, si era resa necessaria una protezione adeguata degli zoccoli. Così i Romani adottarono il sistema di ferrare i cavalli. Ma prima che questo metodo si diffondesse passò del tempo. Solo nel Medioevo, al tempo del feudalesimo, si comincia a parlare di “maniscalco”, e questa figura inizia a prendere importanza crescente nelle corti dei signorotti del tempo. Tuttavia l’espandersi sistematico della ferratura si verifica al tempo delle crociate (secoli XI - XIII), durante il quale si diffonde in tutta Europa.
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✔Tenendo conto di tutto, è meno noioso lavorare che divertirsi (Charles Baudelaire).
✔Se avete grandi doti, il lavoro non farà che migliorarle. Se avete doti piuttosto modeste, il lavoro rimedierà alle loro deficienze (Joshua Reynolds).
✔La somiglianza con Dio è un dono del Creatore, che costituisce la dignità dell’uomo e da cui deriva la sua posizione di dominatore della creazione (Otto Semmelroth).
✔Il lavoro è la condizione ineluttabile, eterna, onde il ricco si procaccia un appetito per il suo pranzo, e il povero un pranzo per il suo appetito (Strafforello). ✔Poco era il giorno e molto era il lavoro: / La falce è grande, ma più grande il prato. / E sulla conca ella sfogliò l’alloro, / perché sapesse odore il suo bucato (Giovanni Pascoli).
I Vimini vimini (dal latino vimen, legame, intreccio) si ricavavano da alcune varietà di salice. Si raccoglievano in autunno-inverno, a luna calante e si tenevano a lungo in ammollo per non farli seccare. Potevano adoperarsi al naturale, per oggetti più grezzi, o decorticati, per
l lavoro è la legge del nostro essere. Il principio vivente che spinge innanzi uomini e nazioni (Samuel Smiles).
lavori più delicati. Si potevano far bollire per conferire loro un colore avana dato dal tannino presente nella scorza. In ogni caso, prima di cominciare ad intrecciarli, era necessario tenerli in ammollo ancora per qualche ora. Con queste bacchette di varia dimensione e colore, si ottenevano canestri per la vendemmia, per la raccolta delle olive o degli ortaggi, ceste per il formaggio, contenitori per fieno e foraggi, canestre per la biancheria, gerle con cinte di cuoio da collocare in spalla, ceste per portare cibo all’aperto, cestini ed altri contenitori di forme e dimensioni consone alle tradizioni di ogni Paese.
✔Chiunque sa lavorare non teme debiti, né muore mai di fame. La fame si ferma alla porta dell’uomo industrioso e non ardisce entrarvi (Benjamin Franklin).
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✔Tutto ciò che vi è nell’uomo di grande, è opera del lavoro; e la civiltà è suo frutto (Samuel Smiles). ✔Nel lavoro l’uomo trova la sua grande dignità: quella di collaborare con gli dei nelle opere della natura (Sentenza cinese). ✔Quel che fa felici gli uomini è amare ciò che debbono fare. È questo un principio su cui non è fondata la società (Helvetius). ✔L’attesa di una “terra nuova” non deve indebolire, ma piuttosto stimolare la sollecitudine dell’uomo nel lavoro relativo alla terra presente, perché la “città terrestre” si componga a somiglianza di quella celeste (Peter Smulders).
IL CANTASTORIE
l cantastorie è una figura che si ricollega agli antichi aedi, cantori di professione delle odi epiche della Grecia antica. Tra questi, il più illustre fu Omero, il cantore cieco che accompagnandosi con la lira ci ha tramandato le gesta degli eroi che hanno combattuto la guerra di Troia (Iliade) e il ritorno in patria di uno di questi: Ulisse (Odissea). Agli aedi seguirono dal V sec. a.C. i rapsodi. Più vicini a noi troviamo i giullari e i menestrelli che nel Medioevo intrattenevano la gente di castello in castello, da paese a paese con giochi e narrazioni di gesta di guerra e d’amore. Dal XII sec. abbiamo i trovatori che accompagnandosi con la viola e con il liuto narravano le vicende degli eroi del ciclo carolingio, così i nomi e le avventure di Carlomagno e dei suoi paladini divennero patrimonio popolare.
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Repubblica fondata sul lavoro . . . che manca “L’
Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. L’architrave della nostra Costituzione è una fulgida garanzia per ogni cittadino ma di fatto le possibilità di occupazione, e quindi di una prospettiva di vita, sono come il biglietto di una lotteria scalcinata. Quante possibilità di vincita ha un giovane oggi? La risposta delle statistiche da anni è di una monotonia sconfortante, con una disoccupazione che viaggia, a macchia di leopardo e geografia variabile, dal 30 al 50 per cento. La prima esperienza di lavoro si fa con la mancanza di materia prima e con il timbro del “disoccupato”. Altra vistosa contraddizione: mentre si propone di prolungare l’età lavorativa a 65, magari a 67 anni, per molti lavoratori i 40 anni suonano già come un campanello d’allarme, se non di disoccupazione, di un lavoro meno qualificato, con retribuzione assottigliata e magari in sedi più lontane. Teniamo presente che l’Italia è maglia nera per salari stagnanti tra le potenze industrializzate. È una grande depressione, che fa staffetta tra nuove generazioni e adulti, presto dichiarati vecchi all’anagrafe di chi dovrebbe offrire un posto. Si assiste così al paradosso di una vita che si allunga e di un invecchiamento precoce per il mercato dove si pesano le caratteristiche, le qualità, la professionalità e l’esperienza di ciascun candidato, in una parola il curriculum. Invii massicci di CV in ogni direzione, laureati che si prestano anche a fare facchini e donne delle pulizie, e che non hanno il becco di una risposta, neppure un “no, grazie”. Chi resiste e si sottopone ad un umiliante “tour” per invocare uno straccio di posto si deve fare una pelle dura per resistere alla ripetitività di porte sbattute in faccia. Il lavoro fluttua tra onde alte, spesso affoganti, che si chiamano precarietà, crisi mascherate, declino, tecnologie invadenti, globalizzazione. Il nuovo lessico contiene
Novecento fino agli anni Sessanta, con braccia, intelligenze, cervelli che fanno le valigie e cercano altrove ciò che qui non trovano. Si spendono capitali per la formazione e poi facciamo la fortuna degli “altri”, in Europa, in America, in ogni parte del mondo, dove il genio, la creatività, lo spirito imprenditoriale, in una parola la voglia di lavorare degli italiani brilla e i nostri connazionali si fanno apprezzare. Se il lavoro manca o presenta caratteristiche di perenne instabilità diventa impossibile coltivare rapporti sociali stabili, pensare di farsi una casa – che è sempre stata nel tempo il
termini esotici quali esubero, reingegnerizzazione organizzativa, piano sociale, mobilità, delocalizzazione, politiche del lavoro attivizzanti, nuova ragionevolezza, flessibilità. Siamo alla fenomenologia dell’insicurezza (anche di vita: con un migliaio di morti all’anno sul lavoro), del sommerso, della relatività nei diritti. Le note mensili sull’andamento dell’economia fanno da barometro e da anni sono stabili sul brutto tempo. Timidi segnali di crescita, stagnano i ritmi produttivi nelle imprese. Traduzione: non c’è lavoro. Non circola denaro. Non si assume. Succede così che la Repubblica fondata sul lavoro torni a impoverirsi, come accadde a ondate nel
Giuseppe Zois
PROVERBI
IL VALORE DELL’ATTIVITÀ UMANA […] Per i credenti una cosa è certa: l’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in sé stesso, corrisponde alle intenzioni di Dio. L’uomo, infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio sé stesso e l’universo intero, riconoscendo in Lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all’uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra. Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani. Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé e
segno di sé – metter su famiglia, avere figli. Da cui, le adolescenze prolungate, la permanenza dei figli in famiglia fino a 40 anni, la natalità in caduta libera. L’orizzonte temporale della persona, e in definitiva dello stesso Paese, si contrae come una sorta di adeguamento alla brevità e discontinuità o addirittura irreperibilità di un qualsiasi lavoro. Abbiamo i figli del “forse”, del “vedremo”, dalle personalità che diventano sempre più fragili e si autoconfinano in un limbo, rinunciando anche a completare gli studi e a cercare lavoro. Inoltre, sotto l’incalzare del progresso tecnologico, troppe persone stanno diventando superflue. Il nuovo vitello d’oro si chiama produttività, con massimi risultati e costi minimi. Chi ha detto che bisogna subordinarsi alla macchina? Per essere davvero una Repubblica fondata sul lavoro, dovrebbe esserci riscontro che in alto si pensa anche a modelli più attenti ai destini delle persone, alla qualità della vita, quindi anche alle condizioni talora vessatorie di molti impieghi, soprattutto per madri di famiglia, costrette a orari quasi inconciliabili con una vita familiare decente. Si lavora per vivere, per sbarcare il lunario; non si vive per lavorare. La scommessa della Repubblica fondata sul lavoro è quella di rivalutare in senso ampio la parola “investimenti”; la voce “progettualità”; il dovere morale di non penalizzare le classi più provate, i lavoratori nelle condizioni peggiori. I nervi scoperti di questa Repubblica sono molti, troppi, e la forbice tra capitale e lavoro, tra ricchezza disponibile e povertà assoluta che ha lambito più di 10 milioni di italiani (rilevamento Istat 2015) continua malauguratamente ad allungarsi. A questi 10 milioni di cittadini come vogliamo spiegare l’articolo 1 della Costituzione?
☛ A buon cavalier non manca lancia ☛ Chi è veloce a mangiare, lo è anche a lavorare ☛ Chi lavora guadagna la vita; chi non lavora, la ruba ☛ Chi si vergogna di lavorare, abbia vergogna pur di mangiare ☛ Il lavoro nobilita l’uomo ☛ L’uomo nasce al lavoro come l’uccello al volo ☛ Chi fatica in giovinezza, gode i frutti in vecchiezza ☛ Chi non vuole far fatica, il terreno gli produce ortica ☛ Una piccola fatica ne risparmia spesso una grande ☛ L’abitudine alleggerisce la fatica ☛ Pietra che rotola, non fa muschio ☛ A roba fatta non manca compratore
per la famiglia esercitano il proprio lavoro così da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che col loro lavoro essi prolungano l’opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli, e donano un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia. […] L’attività umana, invero, come deriva dall’uomo, così è ordinata all’uomo. L’uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma anche perfeziona sé stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato ad uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare. […] Gaudium et Spes 34 - 35
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LA CARBON E RIA
a carboneria, società segreta diffusasi in Italia nella prima metà dell’ ottocento, prende il suo nome dal mestiere dei carbonai, dal quale desume anche gran parte dei rituali e della simbologia. Ad esempio: il fine della società carbonara era quello di liberare la foresta dai lupi, cioè eliminare i tiranni; questo si otteneva carbonizzando gli uomini, cioè educandoli alle virtù sociali; il sole che illumina la foresta sprona gli associati al “sacro compito della carbonizzazione”; la legna accatastata rappresenta i membri della società uniti pacificamente e così via…
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l comune di Bondone, in provincia di Trento, ha dedicato al mestiere del carbonaio un monumento posto nella piazza principale del paese. Nella peste del 1628-1630, di manzoniana memoria, i carbonai del luogo avevano fatto voto di erigere una statua alla Madonna se fossero sopravvissuti alla peste. Così le otto famiglie scampate al contagio fecero scolpire una statua lignea che rappresenta la Vergine santa con il Bambino in braccio. La ricorrenza si festeggia tuttora il 9 settembre. Inoltre fecero dipingere sulla facciata delle loro case delle immagini sacre che ancor oggi è possibile ammirare.
Gli orari riferiti alle previsioni astronomiche (lunazioni, levata e tramonto del sole, eclissi, ecc...) sono espressi in ora solare o in ora legale a seconda del periodo di riferimento. In parole semplici, tali fenomeni sono visibili esattamente all'ora indicata dal vostro orologio.
ABBREVIAZIONI ab. ap./app. art. Ast. Avv. B./Bb. B.V. B.V.M.
= Abate = Apostolo / Apostoli = Artigiano = Astinenza = Avvento = Beato-Beata / Beati-Beate = Beata Vergine = Beata Vergine Maria
bd. C. diac. Dig. dott. el. er. Es. ev. F.
= Badessa = Compagni = Diacono = Digiuno = Dottore / Dottori della Chiesa = Elemosiniere = Eremita = Esaltazione = Evangelista = Festa
fr. imp. m./mm. N.S.G.C. O.F.S. p. p.a. Pasq. Pat.
= Francescano / Francescana = Imperatore / Imperatrice = Martire / Martiri = Nostro Signore Gesù Cristo = Ordine Francescano Secolare = Papa = Domenica per annum (cioè lungo il corso dell’anno) = di Pasqua = Patriarca
Patr. Q.T. Quar. reg. SS. S. / Ss. v./vv. ved. ven. vr./vvr.
= Patrono/a - Patroni/e = Quattro Tempora = Quaresima = Regina = Santissimo/a = Santo - Santa / Santi - Sante = Vescovo / Vescovi = Vedova = Venerdì = Vergine / Vergini
CELEBRAZIONI ANNO LITURGICO 2018 CENERI 14 FEBBRAIO PASQUA 1 APRILE ASCENSIONE (10 MAG) 13 MAGGIO PENTECOSTE 20 MAGGIO CORPUS DOMINI (31 MAG) 3 GIUGNO 1ª DOMENICA DI AVVENTO 2 DICEMBRE
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