Guida alll 55a Biennale di Venezia 2013

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INDICE Il Palazzo Enciclopedico Spazi Espositivi Backstage Giardini Padiglioni Nazionali Padiglione Santa Sede Padiglione Venezia Arsenale ‐ Corderie Padiglione Italia Leoni d’oro FUORI BIENNALE Ahmet Günestekin. Monumentum of Memory Ai Weiwei – Disposition Antoni Muntadas. Protocolli Veneziani I Back to back to Biennale ‐ Free expression bestiario contemporaneo Anthony Caro CROSSOVER Artisti internazionali + vetro = GLASSTRESS Guggenehim ‐ STEPHAN BALKENHOL Guggenehim ‐ Robert Motherwell ‐ i primi collage Jacob Hashimoto. Gas Giant Judi Harvest ‐ Denatured: Honeybees+ Murano

Judi Harvest ‐ Denatured: Honeybees+ Murano Marc Quinn MATTA. Roberto Sebastian Matta, Gordon Matta, Clark e Pablo Echaurren Matta Maxim Kantor Omar Galiani Il sogno della Principessa Lyu Ji Rudolf Stingel Prima Materia Qiu Zhijie. L’Unicorno e il Dragone Roy Lichtenstein Sculptor Tàpies. Lo sguardo dell'artista The immigrants. Experiment 2 Il Palazzo di Everything + The Salon of Everything ARMIN LINKE E DONATO DOZZY /RABIH BEAINI TIME LAPSE VEDOVA PLURIMO Vito Acconci Franco Vaccari Acconci studio intersection When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013 Where should Othello go? Manet Ritorno a Venezia


Il Palazzo Enciclopedico


Il Palazzo Enciclopedico Sarà aperta al pubblico da sabato 1° giugno a domenica 24 novembre 2013 ai Giardini e all’Arsenale la 55. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Il Palazzo Enciclopedico, curata da Massimiliano Gioni e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. La vernice ha luogo nei giorni 29, 30 e 31 maggio 2013. La cerimonia di premiazione e di inaugurazione si svolgerà sabato 1° giugno. La Mostra è affiancata da 88 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 10 i Paesi presenti per la prima volta: Angola, Bahamas, Regno del Bahrain, Repubblica della Costa d’Avorio, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Maldive, Paraguay e Tuvalu. Novità assoluta è anche la partecipazione della Santa Sede con una mostra allestita nelle Sale d’Armi. In Principio è il titolo scelto dal Card. Gianfranco Ravasi (Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura) per il Padiglione curato da Antonio Paolucci (Direttore dei Musei Vaticani). Sia la Santa Sede che l’Argentina, il Sudafrica e gli Emirati Arabi saranno ospitati nei nuovi padiglioni restaurati dalla Biennale nelle Sale d’Armi all’Arsenale. Il Padiglione Italia in Arsenale, organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la PaBAAC - Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee - è curato quest’anno da Bartolomeo Pietromarchi con una mostra dal titolo “vice versa”.

Paolo Baratta Presidente della Biennale di Venezia President of la Biennale di Venezia © Photomovie / Antonello & Montesi



Sono 47 gli Eventi Collaterali ammessi dal curatore e promossi da enti e istituzioni nazionali e internazionali senza fini di lucro, dislocati in numerose sedi della città di Venezia. Grazie a un accordo tra la Biennale di Venezia e il Teatro la Fenice è reso possibile il Progetto Speciale Madama Butterfly. L’ideazione di scene e costumi sono affidati all’artista giapponese Mariko Mori, la regia allo spagnolo Àlex Rigola che dal 2010 è direttore della Biennale Teatro (Teatro la Fenice 21 > 30 giugno e 12 > 31 ottobre 2013). • La Mostra Internazionale Il Palazzo Enciclopedico forma un unico percorso espositivo che si articola dal Padiglione Centrale (Giardini) all’Arsenale, con opere che spaziano dall’inizio del secolo scorso a oggi, e con molte nuove produzioni, includendo più di 150 artisti provenienti da 38 nazioni. “Nel corso di questi anni – spiega il Presidente Paolo Baratta – nella rappresentazione del contemporaneo è cresciuto il desiderio dei nostri curatori di mettere gli artisti in prospettiva storica o di affinità reciproca, evidenziando legami e relazioni sia col passato, sia con altri artisti del presente. Nello stesso tempo, rispetto all’epoca delle avanguardie, è cresciuta sempre più l’attenzione verso l’intensità della relazione tra l’opera e lo spettatore (viewer) il quale, ancorché scosso da gesti e provocazioni, alla fine ricerca nell’arte l’emozione del dialogo con l’opera, che deve provocare quell’ansia ermeneutica, quel desiderio di andare oltre che ci si attende dall’arte.”

“In questa direzione – prosegue Baratta – compie un passo decisivo questa Biennale che dà vita a una grande mostra-ricerca. Con Il Palazzo Enciclopedico Massimiliano Gioni, assai più che portarci un elenco di artisti contemporanei, riflette sulle loro spinte creative e sembra portare ancora più avanti il quesito: ma qual è il mondo degli artisti? L’interesse prospettico arriva al punto da ricercare relazioni con mondi diversi, per cui sono rappresentate opere di artisti contemporanei, ma anche opere del passato, riferimenti diversi, lavori che non hanno la pretesa di opere d’arte, ma che fanno parte degli stimoli a immaginare e sognare oltre la realtà, un’altra realtà. Insomma, quelle visioni che hanno nel tempo classico sollecitato le ‘aspirazioni’ degli artisti, nel tempo moderno le ‘ossessioni’ degli stessi, e a dar forma sensibile alle une e alle altre, fino al tempo presente, ove si verifica un vero e proprio capovolgimento. Oggi, ci sembra dire Gioni, è la realtà ordinaria a offrire su una tavola imbandita una pletora di immagini e visioni per l’uso quotidiano, e che tutte ci colpiscono senza possibilità di sfuggirle e che l’artista dovrebbe semmai attraversare restando indenne, come Mosè il Mar Rosso.” La Mostra è ispirata all’utopistica idea creativa di Marino Auriti che nel 1955 depositò all’ufficio brevetti statunitense il progetto di un Palazzo Enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell’umanità. Auriti progettò un edificio di 136 piani che avrebbe dovuto raggiungere i 700 metri di altezza e occupare più di 16 isolati della città di Washington.




“L’impresa rimase incompiuta – racconta Massimiliano Gioni – ma il sogno di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dell’arte e dell’umanità e accomuna personaggi eccentrici come Auriti a molti artisti, scrittori, scienziati e profeti che hanno cercato – spesso in vano – di costruire un’immagine del mondo capace di sintetizzarne l’infinita varietà e ricchezza. Oggi, alle prese con il diluvio dell’informazione, questi tentativi di strutturare la conoscenza in sistemi omnicomprensivi ci appaiono ancora più necessari e ancor più disperati.” “Sfumando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider, l’esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandosi in particolare sulle funzioni dell’immaginazione e sul dominio dell’immaginario. Quale spazio è concesso all’immaginazione, al sogno, alle visioni e alle immagini interiori in un’epoca assediata dalle immagini esteriori? E che senso ha cercare di costruire un’immagine del mondo quando il mondo stesso si è fatto immagine?” Il Palazzo Enciclopedico indaga il desiderio di sapere e vedere tutto: è una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dell’immaginazione. La mostra si apre al Padiglione Centrale ai Giardini con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung. “Nei vasti spazi dell’Arsenale – ridisegnati per l’occasione in collaborazione con l’architetto Annabelle Selldorf l’esposizione è organizzata secondo una progressione dalle forme naturali a quelle artificiali, seguendo lo schema tipico delle wunderkammer cinquecentesche e

seicentesche.” Dalle numerose opere ed espressioni figurative in mostra, che includono film, fotografie, video, bestiari, labirinti, tavole enciclopediche, performance e installazioni, “emerge una costruzione complessa ma fragile, un’architettura del pensiero tanto fantastica quanto delirante.” “Il Palazzo Enciclopedico – conclude Gioni – è una mostra in cui si rende manifesta una condizione che condividiamo tutti, e cioè quella di essere noi stessi media, di essere conduttori di immagini, di essere persino posseduti dalle immagini.” • Biennale Sessions, il progetto per le Università Si rinnova per il quarto anno consecutivo, e dopo lo straordinario successo degli anni precedenti, il progetto Biennale Sessions che la Biennale dedica alle istituzioni operanti nella ricerca e nella formazione nel campo delle arti o nei campi affini, Università e Accademie di Belle Arti. L'obiettivo è quello di offrire una facilitazione a visite di tre giorni da loro organizzate per gruppi di almeno 50 tra studenti e docenti, con vitto a prezzo di favore, la possibilità di organizzare seminari in luoghi di mostra offerti gratis, assistenza all'organizzazione del viaggio e soggiorno. Al progetto hanno finora aderito 18 Università internazionali, di cui 5 italiane e 13 straniere, altre 12 sono in via di formalizzazione.


Paolo Baratta - foto Francesco Galli


• Meetings on Art La Biennale organizza durante tutto il periodo di Mostra il programma di Meetings on Art, una serie di conferenze, spettacoli e dibattiti, arricchiti quest’anno dal progetto di Marco Paolini. Artista invitato da Gioni alla 55. Esposizione, Paolini racconterà storie e pensieri presso lo spazio Álvaro Siza del Giardino delle Vergini in Arsenale che ospiterà l’installazione FÉN, un mappamondo di utensili e fieno attorno al quale Paolini presenterà le sue performance. In programma alla ripresa autunnale quattro appuntamenti centrati sul mito dell’artista autodidatta, L’esistenza è altrove; sull’antropologia delle immagini e della storia dell’arte, Immagine-mondo; sulle Enciclopedie e altri viaggi dell’immaginazione, Niente è più dolce che sapere tutto. L’ultimo incontro, Let’s Talk About Us, è fissato per il 24 novembre 2013, giorno di chiusura della 55. Esposizione. In merito a questi due progetti della Biennale, il Presidente Baratta afferma: “Desideriamo che la visita faccia parte dell'attività curriculare degli studenti e che la Biennale rappresenti un luogo di ricerca dove si osserva, si sviluppano riflessioni, si elaborano dei progetti.” Anche per il 2013 è prevista l’attività Educational che si rivolge a singoli e gruppi di studenti delle scuole di ogni ordine e grado, delle università e delle accademie d'arte, professionisti, aziende, esperti, appassionati e famiglie. Le iniziative, condotte da operatori selezionati e formati dalla Biennale di Venezia, mirano a un coinvolgimento attivo dei partecipanti e si suddividono

in Percorsi Guidati e Attività di Laboratorio. La cerimonia di premiazione e inaugurazione della 55. Esposizione avrà luogo sabato 1° giugno ai Giardini alle ore 11, con la consegna dei Leoni d’oro alla carriera a Maria Lassnig e Marisa Merz, e dei premi ufficiali assegnati dalla giuria internazionale composta da Jessica Morgan (Gran Bretagna) Presidente, Sofía Hernández Chong Cuy (Messico), Francesco Manacorda (Italia), Bisi Silva (Nigeria), Ali Subotnick (Stati Uniti). • Il catalogo e la guida Il catalogo della 55. Esposizione si compone di due volumi (pp. 756): il primo, dedicato all'Esposizione Internazionale, contiene riproduzioni delle opere degli artisti in Mostra, testi monografici sugli artisti partecipanti e una sezione speciale di saggi, coordinati da Sina Najafi e Jeffrey Kastner della rivista Cabinet, nella quale storici dell’arte, filosofi, accademici e scrittori affrontano, descrivono e discutono varie forme di ossessione, sistemi di conoscenza, avventure del sapere e altri viaggi dell’immaginazione. Il secondo volume è dedicato alle Partecipazioni Nazionali e agli Eventi Collaterali. La guida completa e dettagliata alla Mostra (pp. 304) è uno strumento indispensabile per la visita: contiene scritti monografici su tutti gli artisti invitati alla 55. Esposizione e include oltre 150 voci, testi e informazioni utili su tutti i Padiglioni Nazionali e gli Eventi Collaterali. Entrambi i prodotti editoriali sono realizzati da Marsilio Editori.


Le giornate di vernice e gli appuntamenti organizzati nel corso della 55. Esposizione saranno documentati in un ampio palinsesto composto da reportage e videointerviste realizzato da Ultrafragola tv, visibile sul Mediacenter del sito istituzionale www.labiennale.org. La 55. Esposizione Internazionale d’Arte è realizzata anche con il sostegno di Swatch, partner della manifestazione, e di Enel, Japan Tobacco International, Foscarini, Vela-Hello Venezia, illycaffè, Ferrovie dello Stato Italiane e Gi Group. Ringraziamenti a Cleary Gottlieb Steen & Hamilton LLP. Si ringrazia il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che in un momento non facile per la finanza pubblica mantiene il suo decisivo supporto, le Istituzioni del territorio che in vario modo sostengono la Biennale, la Città di Venezia, la Regione del Veneto. Si estende il ringraziamento alle Autorità a vario titolo coinvolte e interessate alle strutture nelle quali la Biennale opera nelle sue manifestazioni, dalla Marina Militare alle Soprintendenze veneziane. Grazie al team di Massimiliano Gioni e alla struttura della Biennale che si sono impegnati tutti nella realizzazione della Mostra. Un ringraziamento va ai numerosi donors, particolarmente importanti nella realizzazione della 55. Esposizione.


spazi espositivi


Biblioteca della Biennale ‐ ASAC Padiglione Centrale ‐ Giardini, Venezia Photo: Giorgio Zucchiatti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Biblioteca della Biennale ‐ ASAC Padiglione Centrale ‐ Giardini, Venezia Photo: Giorgio Zucchiatti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Biblioteca della Biennale ‐ ASAC Padiglione Centrale ‐ Giardini, Venezia Photo: Giorgio Zucchiatti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Sala Chini Ciclo pittorico la Civiltà Nuova, 1909 Padiglione Centrale, Giardini Courtesy la Biennale di Venezia


Sala Chini Ciclo pittorico la Civiltà Nuova, 1909 Padiglione Centrale, Giardini Courtesy la Biennale di Venezia


Sala Chini foto G. Zucchiatti


Padiglione Centrale Giardini della Biennale 2010 Photo: Giulio Squillacciotti Courtesy: la Biennale di Venezia


Padiglione Centrale Giardini della Biennale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Corderie Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Corderie Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Corderie Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Artiglierie Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Artiglierie Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Gaggiandre Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Gaggiandre Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Gaggiandre Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Padiglione Italia Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


Padiglione Italia Arsenale 2010 ‐ Photo: Giulio Squillacciotti ‐ Courtesy: la Biennale di Venezia


backstage


Massimiliano Gioni Curator of the 55th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia Curatore della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia Installation view Il Palazzo Enciclopedico Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Massimiliano Gioni Curator of the 55th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia Curatore della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia Installation view Il Palazzo Enciclopedico Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Massimiliano Gioni Curator of the 55th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia Curatore della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia Installation view Il Palazzo Enciclopedico Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Massimiliano Gioni Curator of the 55th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia Curatore della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia Installation view Il Palazzo Enciclopedico Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Massimiliano Gioni Curator of the 55th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia Curatore della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia Installation view Il Palazzo Enciclopedico Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Massimiliano Gioni Curator of the 55th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia Curatore della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia Installation view Il Palazzo Enciclopedico Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


giardini José Antonio Suarez Londono Franz Kafka, Diarios II 1914‐1923, 2000 Particolare dell’installazione, Giardini (Padiglione centrale) Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia



Il Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni comincia nel Padiglione Centrale ai Giardini della Biennale. Fulcro della Mostra è Libro Rosso di Carl Gustav Jung, un testo calligrafico ed illustrato: un libro di sogni, visioni fantastiche e premonizioni a cui lo psichiatra svizzero lavorò per più di 16 anni, secondo la pratica dell'immaginazione attiva che lo stesso Jung teorizzò come strumento di scoperta ed analisi dell'inconscio. L'opera originale, del 1913, è per la prima volta in Italia. Il Padiglione Centrale propone opere che cercano di dare visibilità all'immateriale e tradurre in immagini il dialogo col divino: come l'artista svedese Hilma af Klimt che sosteneva di dipingere cartografie dell'universo suggeritele in sogno da voci soprannaturali o Augustine Lesage artista naïf interpreta simbolicamente l'universo seguendo una sorta di scrittura automatica. Anche l'immaginare, il predire il futuro sono temi ricorrenti nell'esposizione, di Alistar Crowley è presente con una serie rarissima di schizzi per i tarocchi. La Mostra raccoglie cosmogonie private, come quelle apocalittiche di Fredrich Schröder-Sonnenstern, e immagini religiose: fra le opere più preziose i Gift Drawings, disegni estatici che le comunità americane Shaker realizzano sotto l'influsso di voci divine e le prime raffigurazione degli sciamani delle Isole Salomone, popolate da demoni e divinità in lotta con le creature marine, raccolte da un antropologo negli anni '30.

La rappresentazione dell'invisibile ritorna anche nei personaggi-talismano che Guo Fengyi dipingeva per curarsi dal cancro o bloccare l'epidemia di Sars (come nei fogli in esposizione) e in quelle di Emma Kunz, nelle icone religiose e nelle danze macabre di JeanFrédéric Schnyder. Aristi riconosciuti e autodidatti lontani dai circuiti ufficiali dell'arte che si affiancano. C'è questa voglia nella Mostra di sottolineare che tutti sono-siamo outsider. Come nell'opera video di Artur Żmijewski che invita dei non vedenti a dipingere una natura non vista ma percepita. Un simile senso di stupore cosmico pervade molte altre opere, dai film di Melvin Moti che studia le schegge di uranio, alle riflessioni sulla natura di Laurent Montaron intenta a ritrarre il mare del nord in tutte le condizioni meteorologiche, fino alle vedute di Thierry De Cordier. E Il Palazzo Enciclopedico confonde le così dette arti alte con le arti basse, ecco dunque le sculture in ceramica di Ron Nagle, le intricate geometrie floreali di Anna Zemánková, Geta Brătescu che tesse mappe immaginarie e i palinsesti dipinti di Varda Caivano per descrivere un mondo interiore in cui forme naturali e presenze immaginarie si sovrappongono. Il desiderio di conoscenza significa anche conoscere se stessi e quindi l'autoritratto diviene la cifra dell'universo nelle opere di Maria Lassnig e Marisa Merz, entrambe vincitrici quest'anno del Leone d’Oro alla carriera, che da molti anni indagano la profondità della loro psiche e le metamorfosi del loro corpo.


Altri temi centrali della Mostra sono la scrittura e il disegno del fantastico e molti sono gli artisti invitati a lavorare sui libri: Christiana Soulou ha illustrato gli animali fantastici catalogati da Jorge Luis Borges, mentre José Antonio Suárez Londoño traduce in immagini i diari di Franz Kafka. Di Roger Caillois, scrittore surrealista, è presente la collezione completa delle sue pietre “frammenti dell'universo in cui si mescolano geologia e misticismo”. Parte importante del percorso del Padiglione Centrale è la raccolta di circa 40 disegni di Rudolf Steiner, filosofo pedagogo di inizio 900, che tenne più di 5000 conferenza per ciascuna delle quali creava disegni su lavagne che ci rivelano un desiderio ossessivo di voler descrivere e comprendere il mondo intero attraverso delle equazioni. Una mostra di ossessioni, di artisti che creano mondi privati e assai diversi, come Morton Bartlett che ha passato la vita a fotografare e a giocare con 16 bambole-manichino dall'aspetto inquietante costruite da lui stesso, James Castle, Peter Fritz impiegato austriaco, che ha creato 387 modellini di case inesistenti e tutte differenti con materiali di recupero e Achilles Rizzoli che ha rappresentato architetture fantastiche ma che descrive come ritratti di persone. Ma anche una riflessione sul collezionare e sul desiderio di accumulare come per i 68 libri di Shinro Ohtake, che ogni anno compone un libro di immagini trovate e l'autobiografia visiva i Carl Andre, una sorta di antologia di immagini che hanno contraddistinto la sua vita e formazione artistica.

Verso la fine del Padiglione Centrale, la Mostra si concentra sul rapporto fra interno ed esterno, inclusione ed esclusione. Una serie di opere indagano il ruolo dell’immaginazione nelle carceri, Rossella Biscotti, e negli ospedali psichiatrici, Eva Kotaktova. Un'altra forma di reclusione è quella con cui si conclude il percorso ai Giardini: i disegni di Walter Pichler (primo artista invitato da Gioni a partecipare alla Biennale, ma tristemente scomparso lo scorso anno) a cui l'artista ha dedicato l'intera sua vita: progetti di abitazioni concepiti per le sue sculture, quasi fossero creature viventi provenienti da un altro pianeta. Il Padiglione Centrale ai Giardini quest'anno apre le sue porte inaugurando la volta del vestibolo il cui recente restauro ha finalmente riportato alla luce il ciclo pittorico La Civiltà nuova di Galileo Chini (1873-1956)


Diego Perrone Vittoria (Adolfo Wildt), 2013 Particolare dell’installazione ‐ Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy by la Biennale di Venezia


Diego Perrone Vittoria (Adolfo Wildt), 2013 Particolare dell’installazione ‐ Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy by la Biennale di Venezia


Evgenij Kozlov (E‐E) The Leningrad Album, 1967–73 Particolare dell’installazione, Giardini (Padiglione centrale) Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Collezione Hugo A. Bernatzik 1932‐1937 Opere grafiche del sudest asiatico e dalla Melanesia, Giardini Particolari dell’installazione Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Imran Qureshi Moderate Enlightenment Particolari dell’installazione, Giardini Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Jean‐Frédéric Schnyder Apocalypso, 1976–78 Particolare dell’installazione Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Levi Fisher Ames particolare dell'Installazione, Giardini (Padiglione Centrale) Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Marisa Merz Testa, 1984‐95 Senza titolo, 2004 Senza titolo, 1981–82 Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Morton Bartlett Untitled (doll) particolare dell'Installazione, Giardini (Padiglione centrale) ‐ Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy by la Biennale di Venezia


Oliver Croy and Oliver Elser The 387 Houses of Peter Fritz (1916–1992), Insurance Clerk from Vienna, 1993–2008 Photo By Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Peter Fischli and David Weiss Plötzlich diese Übersicht [Suddenly This Overview], 1981‐ Argilla cruda, circa 180 sculture ‐ Photo By Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


René Iché Mask of Breton, ca. 1950 Particolare dell’installazione, Giardini (Padiglione centrale) ‐ Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Richard Serra Pasolini, 1985 Particolare dell’installazione, Giardini (Padiglione centrale) Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Collezione di pietre di Roger Caillois 158 pietre Stone Collection of Roger Caillois 158 stones Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Rudolf Steiner Various blackboard drawings, 1923 Gesso su carta near ‐ Chalk on black paper Photo By Francesco Galli ‐ Courtesy la Biennale di Venezia


Sarah Lucas Dacre, 2013 ‐ Hoolian, 2013 ‐ Nahuiolin, 2013 ‐ Nduda, 2013 ‐ Patrick More, 2013 ‐ Realidad, 2013 Tutte le opere fusion di bronzo ‐ Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Shinro Ohtake Scrapbooks #1‐66, 1977–2012 Libri d’artista in materiali vari ‐ Mixed media artist books Photo by Francesco Galli ‐ Courtesy by la Biennale di Venezia


PADIGLIONI NAZIONALI


ARGENTINA

Padiglione Argentina Eva – Argentina. Una metafora contemporanea Nicola Costantino Particolari della performance Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




AUSTRALIA

Padiglione Australia Here art grows on trees Simryn Gill Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




AUSTRIA

Padiglione Austria Mathias Poledna‐ Imitation of Life Mathias Poledna Particolari del padiglione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia



BAHAMAS

Tavares Strachan



BELGIO

Padiglione Belgio Kreupelhout‐Cripplewood Berlinde De Bruyckere Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Brasile Inside/Outside

BRASILE

Hélio Fervenza Odires Mlàszho Bruno Munari Max Bill Lygia Clark Particolari del Padiglione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


CANADA

Padiglione Canada Shary Boyle: Music for Silence Shary Boyle Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




CILE

Padiglione del Cile Venezia, Venezia Alfredo Jaar, Particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia



COSTA D’AVORIO

Padiglione Costa d’Avorio Traces and signs Frédréric Bruly Bouabré Tamair Dia Jems Robert Koko Bi Franck Fanny Particolari della performance Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




DANIMARCA

Padiglione Danimarca Intercourses Jusper Just Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Egitto Treasuries of Knowledge Khaled Zaki Mohamed Banawy Particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

EGITTO




EMIRATI ARABI

Padiglione Emirati Arabi Uniti Walking on water Mohammed Kazem Particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia



Padiglione Alvar Aalto Finlandia Falling Trees Annti Laitinen Vedute esterne del Padiglione e dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

FINLANDIA



FRANCIA

Padiglione Francia Ravel Ravel Unravel Anri Sala Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Georgia Kamikaze Loggia Gio Sumbadze Kamikaze Loggia Particolare dell’Installazione architettonica Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

GEORGIA



GERMANIA

Padiglione Germania Ai Weiwei Particolare installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




GIAPPONE

Padiglione Giappone Abstract speaking – sharing uncertainty and collectice acts Koki Tanaka Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




GRAN BRETAGNA

Padiglione Gran Bretagna English Magic Jeremy Deller Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Grecia History Zero Stefanos Tsivopoulos Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

GRECIA




IILA Padiglione IILA El Atlas del Imperio Sonia Falcone Campo de Color, 2012 Particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Repubblica d’Indonesia Sakti Entang Wiharso The Indonesian: No Time To Hide, 2012‐ 2013‐05‐30 Particolare dell’installazione Sri Astari Dancing the Wild Seas, 2012‐2013 Eko Nugroho Penghaust Badai‐Badai, 2012 Particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

INDONESIA




ISRAELE Padiglione Israele The Workshop Gilad Ratman Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




KENIA

Padiglione Kenya Reflective Nature# a new primari enchanting sensitivity Kivuthi Mbuno Armando Tanzini Chrispus Wangombe Wachira Fan Bo Luo Ling & Li uke Li Wei He Wenling Chen Wenling Feng Zengjie César Meneghetti Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




LETTONIA

Padiglione Lettonia North by Northeast Kaspar Podnieks Rommel’s diary, 2013 Particolare dell’esposizione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


LIBANO

Padiglione Libano Letter to a Refusing Pilot Akram Zaatari Particolare dell’esposizione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


MALDIVE

Padiglione Maldive Portable Nation Disappareance as Work in progress – Approaches to Ecological Romanticism Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia



NUOVA ZELANDA

Padiglione Nuova Zelanda Front Door Out Back Bill Culbert Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Paesi Nordici (Finlandia) Falling Trees Terike Haapoja Particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

PAESI NORDICI




Padiglione Polonia Everything Was Forever, Until It Was No More Konrad Smolenski Vedute del Padiglione e particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

POLONIA




PORTOGALLO

Padiglione Portogallo Trafaria Praia Joana Vasconcelos Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




REGNO DEL BAHREIN

Padiglione Regno del Bahrain In a world of tour own Mariam Haji The Victory, 2013 Particolari dell’installazione Waheeda Malullah Particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Repubblica Ceca e Slovacca Petra Feriancova An Order of Things II, 2013 Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

REPUBBLICA CECA E SLOVACCA



REPUBBLICA DI COREA

Padiglione Repubblica di Corea To breathe: Bottari Kismooja To Breathe: Zouz, 2010 Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


REPUBBLICA POPOLARE CINESE




ROMANIA

Padiglione Romania An Immaterial Retrospective of The Venice Biennale Alexandra Pirici Manuel Pelmus Particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




RUSSIA Padiglione Russia Vanima Zakharov: Danae Vanima Zakharov Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




Padiglione Spagna Lara Almarcegui Lara Almarcegui Particolare dell’Installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

SPAGNA




STATI UNITI

Padiglione Stati Uniti Sarah Sze Sarah Sze Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia



Padiglione Sudafrica Imaginary Fact: Contemporary South African Art and the Archive Joanne Bloch Wim Botha David Koloane Donna Kukama Sam Nhlengethwa Gerhard Marx, Maja Marx e Philip Miller Zanele Muholi Johannes Phokela Cameron Platter Andrew Putter Athi‐Patra Ruga Penny Siopis Kemang wa Lehulere James Webb Sue Williamson Nelisiwe Xaba particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

SUDAFRICA




SVIZZERA

Padiglione Svizzera Valentin Carron Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




TURCHIA

Padiglione Turchia Resistance Ali Kazma particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia



Padiglione Uruguay Wilfredo Dìaz Valdéz: Time (Time) Time Wilfredo Dìaz Valdéz Particolare dell’ installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

URUGUAY



VENEZUELA

Padiglione Venezuela El arte urbano. Una estética de la subversion Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia




ZIMBABWE

Padiglione dello Zimbawe Dudziro Rashid Jogee Portia Zvavahera Virginia Chihota Voti Thebe Michele Mathison Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sede


È la prima volta per la Santa Sede nella Biennale d’Arte contemporanea di Venezia, ed è un vero exploit inatteso e coraggioso. Se non fosse che il curatore, il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, ha voluto strafare, portando molto materiale disomogeneo, e se avesse invece deciso di concentrarsi su un’opera sola, la bellissima installazione del gruppo milanese Studio Azzurro, sarebbe stato forse uno dei tre padiglioni meglio riusciti di questa 55ma Biennale di Venezia. In apertura, ad accogliere il visitatore, ci sono tre opere di Tano Festa, tre dipinti ispirati alla Cappella Sistina di Michelangelo. Segue, In principio (e poi), quattro schermi, uno a terra e tre su tre pareti in cui defilano immagini in movimento di carcerati della prigione di Milano‐ Bollate. Non appena vengono toccati con le mani, si arrestano e si avvicinano allo spettatore, raccontando una loro storia. Che sia nella babele delle lingue globali, con sussurri o con il linguaggio dei gesti.

Padiglione Santa Sete In Principio Josef Koudelka particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Era molto tempo che il gruppo Studio Azzurro non faceva parlare di sé, dopo che la retrospettiva a loro consacrata dal Palazzo delle Esposizioni nel 1999 aveva marcato un punto importante per l’affermazione di un lavoro decennale, nella critica. Ora tornano, e con la solita, notevole efficacia, nel contesto imprevedibile del padiglione vaticano, mostrando quanto spiritualità e arte contemporanea non siano realtà distanti e non parlino linguaggi affatto contraddittori.

Padiglione Santa Sete In Principio Josef Koudelka particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia

Ottima, quindi, la scelta di Paolucci. Meno buona, forse, quella di proseguire con l’estetizzante Josef Koudelka, con enormi foto in cinemascope, che ritraggono la desolante azione violenta dell’uomo sugli elementi, sulla natura. E sempre poco buona, poi, quella di aggiungere al tutto i lavori di Lawrence Carroll, assolutamente dignitosi ma associati a un insieme che suona, purtroppo, cacofonico. Un piccolo “caos” forse ispirato a quello della Genesi, che è il tema complessivo del padiglione, ma che nella qualità delle scelte lascia sperare in grandi cose per la prossima edizione.


Padiglione Santa Sete In Principio Josef Koudelka particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Josef Koudelka particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Josef Koudelka particolare dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Lawrence Carroll Untitled, 201 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Lawrence Carroll Untitled, 201 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Lawrence Carroll Untitled, 201 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Lawrence Carroll Untitled, 201 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Studio Azzurro In principio (e poi), 2013 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Studio Azzurro In principio (e poi), 2013 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Studio Azzurro In principio (e poi), 2013 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Studio Azzurro In principio (e poi), 2013 particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Tano Festa particolari dell’installazione Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Santa Sete In Principio Tano Festa Ingresso Foto Francesca Boschetti © Collezione Jacorossi, Roma


Padiglione Santa Sete In Principio Tano Festa Ingresso Foto Francesca Boschetti © Collezione Jacorossi, Roma


Padiglione Santa Sete In Principio Tano Festa Ingresso Foto Francesca Boschetti © Collezione Jacorossi, Roma


padiglione venezia Il Padiglione Venezia, nel presentare la mostra di quest’anno, riprende con forza l’originaria vocazione della struttura nata per ospitare le eccellenze nelle arti decorative, e rende omaggio attraverso cinque artisti attivi tra l’Italia e l’Oriente all’“arte soffice”: la tessitura. Attraverso le “vie della seta” terrestri principalmente, ma anche marittime, che fin dall’antichità univano Oriente e Occidente, si trasportavano i prodotti ricercati dalle élites europee, ma anche fedi, culture, tecnologie. Venezia fu punto di arrivo di questi traffici, sia nelle sue basi commerciali, da Bisanzio alla Persia, al Medio Oriente, sia nella stessa Dominante. E, già a partire dal XII secolo, divenne anche centro produttivo di tessuti preziosi, realizzando ben presto manufatti di tale qualità e invenzione che, invertendo il flusso, venivano esportati per la piazza di Costantinopoli. I partner Bevilacqua, Fortuny e Rubelli, eccellenze di Venezia e prosecutori del successo di quegli artigiani per l’alta professionalità, ancora oggi, nonostante i tempi difficili, operano, producono, creano nel solco di una grande eredità.

Padiglione Venezia Silk map AES + F Marya Kazoun Mimmo Roselli Marialuisa Tadei Yiquing Yin Vedute esterne e particolari dell’installazione Ritratti di Mimmo Roselli Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Gli artisti selezionati, di diversissime provenienze, da oriente a occidente, sono stati invitati a rapportarsi con le loro moderne produzioni che portano con sé e in sé un passato di scambi, di innovazioni tecniche, di motivi decorativi antichissimi, ma anche una grande capacità di rinnovarsi e di sperimentare nuove strade di ispirazione. AES+F, Anahita Razmi, Marya Kazoun, Mimmo Roselli, Marialuisa Tadei, Yiqing Yin, coordinati dal Direttore Artistico Ewald Stastny si cimentano con questa tradizione e con questo viaggio di saperi lungo le vie d’Oriente, reinventando materiali tradizionali e/o immaginando invenzioni libere, andando così a creare sei opere esclusive per il Padiglione e la città.

Padiglione Venezia Silk map AES + F Marya Kazoun Mimmo Roselli Marialuisa Tadei Yiquing Yin Vedute esterne e particolari dell’installazione Ritratti di Mimmo Roselli Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Venezia Silk map AES + F Marya Kazoun Mimmo Roselli Marialuisa Tadei Yiquing Yin Vedute esterne e particolari dell’installazione Ritratti di Mimmo Roselli Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Venezia Silk map AES + F Marya Kazoun Mimmo Roselli Marialuisa Tadei Yiquing Yin Vedute esterne e particolari dell’installazione Ritratti di Mimmo Roselli Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Venezia Silk map AES + F Marya Kazoun Mimmo Roselli Marialuisa Tadei Yiquing Yin Vedute esterne e particolari dell’installazione Ritratti di Mimmo Roselli Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


ARSENALE ‐ corderie


Albert Oehlen Senza titolo, 2009 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Albert Oehlen Senza titolo, 2009 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Albert Oehlen Senza titolo, 2009 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Alice Channer Reptiles, 2012 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Archivio Foto Cindy Cherman Album fotografici Photographic Albums Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Arthur Bispo do Rosário Tutte le opere senza data All works undated Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Carol Rama Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Archivio Foto Cindy Cherman Album fotografici Photographic Albums Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Christopher Williams Angola to Vietnam*, 1989 28 stampe alla gelatina d’argento 28 gelatin silver prints Ringier Collection, Switzerland Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Channa Horowitz Solo Szenen (Aaaoli), 1997‐1998 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Charles Ray Fall ’91, 1992 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Duane Hanson Bus Stop Lady, 1983 Polivinile reso policromo nell’olio, materiali vari con accessory Polyvinyl polychromed in oil, mixed media with accessories Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Drossos P. Skyllas Three Sisters, ca. 1950–53 Olio su tela Oil on canvas Collection Robert M. Greenberg and Corvova Lee Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Danh Vo Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Daniel Hesidence Untitled (Maritime Spring), 2012 Untitled (Maritime Spring), 2012 Untitled (Maritime Spring), 2012 Tutte le opere olio su tela All works oil on canvas Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Dieter Roth Solo Szenen (Aaaoli), 1997‐1998 particolare dell'Installazione, Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Erik van Lieshout Healing (2013) video,Arsenale Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Eduard Spelterini Tutte le opere stampe a getto d’inchiostro a pigmenti All works pigment inkjet print Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Enrico Baj Dama, 1961 Courtesy Archivio Baj Femme habille・ 1961 Courtesy Archivio Baj Ma petite, 1961 Courtesy Fondazione Marconi, Milano Pussy‐cat, 1965 Courtesy Fondazione Marconi, Milano Diane de Poitiers, 1966 Photo by Francesco Galli Courtesy by la Biennale di Venezia


Paweł Althamer Venetians, 2013 90 sculture, costruite in plastica su anima di metallo 90 sculptures, plastic on metal construction Photo By Francesco Galli Courtesy la Biennale di Venezia


Roberto Cuoghi Belinda, 2013 Photo by Francesco Galli Courtesy la Biennale di Venezia


Rossella Biscotti I dreamt that you changed into a cat… gatto… ha ha ha, 2013 particolare dell'Installazione in compost, Arsenale


padiglione italia


Il Padiglione Italia alla 55. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia presenta vice versa, un viaggio ideale nell’arte italiana di oggi, un itinerario per raccontare identità, storie e paesaggi – reali e immaginari – esplorando la complessità e le stratificazioni che caratterizzano la vicenda artistica e culturale del Paese. Il Padiglione Italia, realizzato dalla Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attraverso il Servizio architettura e arte contemporanee, è a cura di Bartolomeo Pietromarchi che così descrive la mostra: “Un ritratto dell’arte recente letta come un atlante di temi e di attitudini in dialogo con l’eredità storica e l’attualità, con la dimensione locale e quella internazionale. Un dialogo incrociato di corrispondenze, derivazioni e differenze tra figure di maestri riconosciuti e artisti delle generazioni successive. Una topografia inedita, che consente di rileggere alcune traiettorie fondamentali dell’arte italiana recente, di rintracciare percorsi dimenticati, di sanare amnesie culturali e dare nuova visibilità ad autori solitari”. “Il movente ideativo e la determinazione concettuale che sostengono l’intervento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali all’interno della Biennale di Venezia con la promozione del Padiglione Italia – afferma il commissario Maddalena Ragni –contribuiscono a costruire una piattaforma di confronto non più solo sui temi dellaconservazione, della valorizzazione e della promozione, a cui tradizionalmente il Ministeroè tenuto a rispondere, ma anche sulla nuova e determinante questione della fruizione. Sioffrono, così, occasioni di riflessione che alimentano il dibattito sull’arte

contemporanea esostengono posizioni e letture critiche attuali, in continuità con le premesse dell’EsposizioneInternazionale d’Arte nella sua complessità”. La mostra si articola in sette ambienti (sei stanze e un giardino): ciascuno ospita illavoro di due artisti,associati in base all’affinità delle rispettive poetiche e dal comuneinteresse per temi, idee, pratiche. Seguendo un concetto teorizzato da Giorgio Agamben nel volume Categorie italiane. Studidi Poetica (1996), in cui il filosofo sostiene che per interpretare la cultura italiana sia necessario individuare una “serie di concetti polarmente coniugati” capaci di descrivernele caratteristiche di fondo, il curatore ha individuato sette binomiintorno ai quali sistruttura il progetto: corpo/storia, veduta/luogo, suono/silenzio, prospettiva/superficie,familiare/estraneo, sistema/frammento e tragedia/commedia. Il ritorno alla centralità del tema della storia, vissuta e restituita attraverso il filtro delproprio corpo e della propria biografia personale, emerge in Francesco Arena e FabioMauri; l’importanza della relazione che intercorre tra sguardo e percezione del paesaggio,come luogo della memoria e spazio collettivo, caratterizza il lavoro di Luigi Ghirri e Luca Vitone; il rapporto fra suono e silenzio, che esplora l’ambito dell’eccedenza sensibile, contraddistingue le ricerche di Massimo Bartolini e Francesca Grilli; mentre la connessione tra prospettiva e superficie, illusione e artificio, dove l’opera resta in bilico sulla soglia tra spazio reale e spazio rappresentato, si ritrova nei lavori di Giulio Paolini e Marco Tirelli.


Gianbartolomeo Pietromarchi Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Il rapporto tra immaginario collettivo, cultura popolare e biografia personale – riassunto nel binomio familiare/estraneo – è affrontato da Flavio Favelli e Marcello Maloberti; la relazione tra sistema e frammento, che introduce alla riflessione sull’archivio e sull’ossessione per la classificazione, l’elenco e la raccolta, sta alla base delle opere di Gianfranco Baruchello e Elisabetta Benassi; infine l’attualità della classica distinzione tragedia/commedia calata nella realtà contemporanea accomuna la ricerca di Piero Golia e Sislej Xhafa. In un dialogo tra artista e artista e tra stanza e stanza, la mostra, che presenta opere per lo più prodotte appositamente per l’occasione – dodici su quattordici – , si propone come una piattaforma di riflessione intorno ai caratteri e alle contraddizioni della cultura italiana, restituendo alla nostra arte recente quella complessità vitale, fatta di intuizioni e contraddizioni, che nel gioco del vice versa trova uno dei suoi elementi fondanti, affermando il proprio statuto di originalità e il rilievo internazionale che le compete. Il catalogo che accompagna la mostra, edito in doppia lingua (italiano e inglese), contiene una riflessione sulla struttura del percorso espositivo a firma del curatore, Bartolomeo Pietromarchi, e sezioni dedicate ai singoli artisti, complete di schede tecniche e informazioni sulla loro ricerca. La pubblicazione è arricchita da sette saggi – dedicati ai sette temi intorno ai quali si struttura il progetto –, a firma di Marco Belpoliti, Stefano Catucci, Stefano Chiodi, Andrea Cortellessa, Gabriele Guercio, Riccardo Venturi e Elena Volpato.

Artisti: Francesco Arena, Massimo Bartolini, Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone, Sislej Xhafa.


Bartolomeo Pietromarchi e Massimo Bray foto G. Zucchiatti Courtesy by la Biennale di Venezia


Elisabetta Benassi foto G. Zucchiatti Courtesy by la Biennale di Venezia


Elisabetta Benassi foto G. Zucchiatti Courtesy by la Biennale di Venezia


Fabio Mauri Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Fabio Mauri Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Fabio Mauri Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Fabio Mauri Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Giulio Paolini Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Marcello Maloberti Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Marcello Maloberti Photo by G. Zucchiatti Courtesy by la Biennale di Venezia


Massimo Bartolini Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Sislej Xhafa Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Leoni d’oro della 55. Esposizione Internazionale d’Arte


Venezia, 1 giugno 2013 - La Giuria della 55. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia presieduta da Jessica Morgan (Gran Bretagna) e composta da Sofía Hernández Chong Cuy (Messico), Francesco Manacorda (Italia), Bisi Silva (Nigeria) e Ali Subotnick (Stati Uniti), ha deciso di attribuire nel modo seguente i premi ufficiali:

Menzioni speciali per le Partecipazioni nazionali:

Leone d’oro per la migliore Partecipazione nazionale all’Angola Luanda, Encyclopedic City Edson Chagas Commissario: Ministero della Cultura. Curatori: Beyond Entropy (Paula Nascimento, Stefano Rabolli Pansera), Jorge Gumbe. Sede: Palazzo Cini, Dorsoduro 864

Commissario: Louli Michaelidou. Commissari Aggiunti: Angela Skordi, Marika Ioannou. Curatore: Raimundas Malašauskas

Leone d’oro per il miglior artista della mostra Il Palazzo Enciclopedico a Tino Sehgal (Gran Bretagna, 1976; Padiglione Centrale, Giardini) Leone d’argento per un promettente giovane artista della mostra Il Palazzo Enciclopedico a Camille Henrot (Francia, 1978; Corderie, Arsenale) La Giuria ha inoltre deciso di assegnare quattro menzioni speciali. Menzioni speciali per gli artisti della mostra Il Palazzo Enciclopedico: Sharon Hayes (USA, 1970; Corderie, Arsenale) Roberto Cuoghi (Italia, 1973; Corderie, Arsenale)

Cipro Lia Haraki, Maria Hassabi, Phanos Kyriacou, Constantinos Taliotis, Natalie Yiaxi, Morten Norbye Halvorsen, Jason Dodge, Gabriel Lester, Dexter Sinister

Lituania Gintaras Didžiapetris, Elena Narbutaitė, Liudvikas Buklys, Kazys Varnelis, Vytautė Žilinskaitė, Morten Norbye Halvorsen, Jason Dodge, Gabriel Lester, Dexter Sinister Commissari: Jonas Žokaitis, Aurimė Aleksandravičiūtė. Curatore: Raimundas Malašauskas. Sede: Palasport Arsenale, Castello Giappone abstract speaking - sharing uncertainty and collective acts Koki Tanaka Commissario: The Japan Foundation. Curatore: Mika Kuraya. Sede: Padiglione ai Giardini


La cerimonia di premiazione della 55. Esposizione si è etnuta il 1 giugno 2013 ai Giardini alle ore 11.00. Sono inoltre consegnati i Leoni d’oro alla carriera attribuiti dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Curatore della 55. Esposizione Massimiliano Gioni a: Maria Lassnig (nata nel 1919 a Kappel am Krappfeld, Austria) e Marisa Merz (nata nel 1926 a Torino, Italia). I premi della Giuria internazionale sono assegnati con le seguenti motivazioni: Leone d’oro per il miglior artista della mostra Il Palazzo Enciclopedico a Tino Sehgal per l’eccellenza e la portata innovativa del suo lavoro che apre i confini delle discipline artistiche. Leone d’argento per un promettente giovane artista della mostra Il Palazzo Enciclopedico a Camille Henrot per aver contribuito con un nuovo lavoro capace di catturare in maniera dinamica e affascinante il nostro tempo. Una menzione speciale è attribuita a Sharon Hayes per la spinta a ripensare l’importanza dell’alterità e la complessità delle negoziazioni tra la sfera personale e quella pubblica. Un’altra menzione speciale è per Roberto Cuoghi per l’importante e convincente contributo alla Mostra Internazionale. La Giuria ha prestato particolare attenzione ai Paesi che sono riusciti a proporre uno sguardo originale sulla pratica artistica allargata della loro regione. La natura collaborativa dei tre padiglioni selezionati è stata per la giuria un’esperienza toccante.

Leone d’oro per la migliore Partecipazione nazionale all’Angola per la capacità dei curatori e dell’artista che insieme riflettono sull’inconciliabilità e complessità della nozione di sito. Una menzione speciale è attribuita ai Padiglioni congiunti di Lituania e Cipro per l’originalità del formato curatoriale che vede insieme due paesi in una singola esperienza. Un’altra menzione speciale è per il Padiglione del Giappone per l’acuta riflessione sui temi della collaborazione e del fallimento.


Camille Henrot Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Gioni ‐ Marisa Merz ‐ Baratta Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Gioni ‐ Sharon Hayes – Baratta Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Marcucci ‐ Camille Henrot ‐ Gioni – Baratta Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Marisa Merz Photo by Giorgio Zucchiatti Courtesy by la Biennale di Venezia


Orsoni ‐ Gioni ‐ Tino Sehgal ‐ Baratta Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Angola Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Angola Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Padiglione Giappone Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Tino Sehgal Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


Tino Sehgal Photo by Italo Rondinella Courtesy by la Biennale di Venezia


fuori biennale


Ahmet Günestekin. Monumentum of Memory


Ahmet Günestekin. Monumentum of Memory Luogo: Arsenale Docks Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 28 Maggio 2013 Data fine: 25 Agosto 2013 Telefono per informazioni: +39 339 3449512/ 324 0930787 In concomitanza con la Biennale d’arte contemporanea, si tiene a Venezia, nei suggestivi spazi dell’Arsenale Docks nell’Isola di San Pietro di Castello, la prima personale italiana dell’artista turco Ahmet Günestekin, classe 1966, che vive e lavora a Istanbul. Presenta il progetto “Monumentum of Memory”. Tre video ed una grande installazione immergono in un percorso di attenzione e memoria sulle crudeltà inflitte al popolo curdo da sempre perseguitato. Ma Günestekin non cavalca la retorica dell’orrore, anzi ci presenta sempre con impeccabile linguaggio artistico episodi degni di memoria, affrontati anche nel loro paradosso estetico. Una proiezione a pavimento scandisce le date dell’epopea curda e dei diritti umani calpestati dal 1909 ai giorni nostri. Una doppia proiezione segnala il sottile lavoro di sottrazione della lingua curda dal vocabolario turco mentre un altro video ci presenta torvi personaggi che multano passanti rei di aver usato il loro idioma. Antiche sbarre di un carcere anatolico imprigionano lettere dell’alfabeto curdo nella scultura “Regm” (lapidazione). La grande installazione a parete che chiude il percorso è un grande specchio/scultura che a prima vista appare come una forma astratta, ma nella visione ravvicinata ci porta definitivamente in un concentrato di

immagini e simboli legati alla grande strage di curdi operata da Saddam Hussein nel 1988 a Halepce. Il titolo è “Yüzlesme” che vuol dire conforto. Un monumento alla memoria curda, attraverso gli occhi di un artista contemporaneo. Visioni e prospettive cariche di senso contemporaneo che confermano la presenza di un genius loci, in questo caso tutto rivolto al recupero di una cultura antichissima radicata fra Mesopotamia e Anatolia.





Ai Weiwei – Disposition


Ai Weiwei – Disposition Sarà l’attesa mostra Ai Weiwei. Disposition (1 giugno – 15 settembre 2013) evento collaterale della 55esima Biennale Internazionale d’Arte, a segnare, per Venezia e il contesto artistico e culturale internazionale in cui la città da sempre si pone, un altro momento di incontro e conoscenza con Zuecca Project Space. In un luogo storico di grande fascino – vicino al convento delle Zitelle nell’isola della Giudecca - questa istituzione senza scopo di lucro, attiva dal 2011 sotto la direzione di Alessandro Possati, si pone come un ulteriore, importante punto di riferimento a Venezia nella ricerca sull’arte contemporanea e nella produzione e promozione di eventi artistici di grande livello. L’obiettivo è proporsi come una realtà che, pur radicandosi nell'identità storica della città, sia in grado di riflettere i continui cambiamenti che vedono Venezia protagonista del dibattito artistico, grazie all’intenso rapporto con il mondo esterno e la comunità internazionale: un luogo di confronto, occasione per scambiarsi esperienze e costruire un dialogo di civiltà, aperto sul mondo contemporaneo. Venezia è vocata alla cultura e all’arte da secoli; produrre arte contemporanea sarà sempre più la sua missione perché l'arte oggi trasmette un messaggio positivo, d’incontro tra comunità diverse nell'era della globalizzazione, veicolo di democrazia e civiltà. La mostra di Ai Weiwei, oggi forse il più interessante artista asiatico e una delle figure maggiormente

riconosciute a livello mondiale per la sua libertà di espressione e la promozione dei diritti umani – mostra realizzata in collaborazione con la storica Lisson Gallery che lo rappresenta - ne è un esempio concreto. I progetti che lo Zuecca Project Space intende promuovere saranno dunque il risultato di collaborazioni fra vari attori e istituzioni artistiche di tutto il mondo - curatori, artisti, fondazioni, musei, gallerie, istituzioni e privati – con un occhio particolare verso l’Oriente con cui da sempre Venezia, ha un rapporto privilegiato. ZUECCA PROJECT SPACE - BAUER PALLADIO HOTEL & SPA vai alla scheda di questa sede Exibart.alert - tieni d'occhio questa sede Fondamenta De Le Zitelle (30133) +39 041-2406908 info@zueccagallery.com www.zueccagallery.com





Antoni Muntadas. Protocolli Veneziani I


Antoni Muntadas. Protocolli Veneziani I Luogo: Galleria Michela Rizzo - Palazzo Palumbo Fossati Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 29 Maggio 2013 Data fine: 31 Agosto 2013 Costo del biglietto: ingresso gratuito Telefono per informazioni: +39 041 2413006/ 335 6857707 Il 29 maggio 2013 la Galleria Michela Rizzo di Venezia inaugura nella sua sede di Palazzo Palumbo Fossati il primo appuntamento del suo programma espositivo in concomitanza con la 55° Biennale di Venezia con la mostra di Antoni Muntadas Protocolli Veneziani I. Antoni Muntadas dedica il suo lavoro a progetti che prevedono l'utilizzo dei media in funzione sociale e politica. La sua opera si sviluppa su due livelli: la percezione e l'informazione, dove la prima agisce a livello emotivo e la seconda stimola un ragionamento. In questa mostra Muntadas, osservando Venezia, evidenzia quelle forme che egli identifica come “protocolli” a Venezia, intesi come, citando Angela Vettese, “modi di fare pratici, sistemi per riparare, combinazioni tecniche ritualizzate e consuetudini che si concretano in una serie di superfetazioni dell'abitato.” L'autore opera da un punto di vista che si fa personale, mettendo in luce le dinamiche legate all'abitare oggi la Laguna: protocolli che diventano essenziali, reinventandosi e adattandosi al procedere del tempo. Protocolli Veneziani I, prima fase di un progetto su Venezia, è costituito da un insieme d'immagini attraverso le quali l'artista racconta le norme che

regolano la vita della città creando un tessuto in cui gli abitanti sviluppano le proprie esistenze. Muntadas considera queste regole come ombre e riflessi indispensabili della storia di Venezia che si concretizzano in orme, tracce, segni, estetiche di un'architettura particolare. L'ambizione sottesa a tale progetto è quella di mostrare il lato quotidiano della città nascosto agli occhi del turista, decostruendo e smontando la realtà, restituendoci solo frammenti o indizi. Emerge l'immagine di una città che vive il paradosso di una cultura locale oggetto di un processo di internazionalizzazione che porta inevitabilmente ad un'ulteriore evoluzione dei suoi protocolli. In occasione di Protocolli Veneziani I è stato realizzato un catalogo con testi di Muntadas e Angela Vettese, edito da Silvana Editoriale. Antoni Muntadas ha partecipato a diverse esposizioni internazionali tra le quali Documenta VI e X a Kassel, le Biennali di Venezia '72, '76 e 2005, San Paolo e Lione, oltre ad aver esposto in numerosi musei internazionali e ad aver diretto seminari in istituzioni accademiche Europee e Statunitensi. Il suo lavoro gli è valso numerosi premi, tra cui nel 2009 il premio Velazquez de Artes Plasticas.




Back to back to Biennale ‐ Free expression


Back to back to Biennale - Free expression Artisti di Writing/Street Art Luogo: Campo Sant’Agnese/ Ca' Bonvicini Curatori: Francesco Elisei, Fabio Anselmi Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 01 Giugno 2013 Data fine: 24 Novembre 2013 Telefono per informazioni: +39 041 849/846/716

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L’arte contemporanea, dal dopoguerra a oggi, ha teorizzato e spiegato che ci sono diversi e tanti modi di esprimersi. IWriters rappresentano un movimento artistico fenomenale che parte dalla società fortemente urbanizzata, dove le periferie sono considerate dei ghetti e dove l'urbanesimo viene visto come una grande tavolozza su cui esprimere la propria interpretazione della realtà. Il progetto Back to Back to Biennale è un evento per certi aspetti collettivo e generazionale, ed è caratterizzato dalle performance che gli artisti eseguiranno, non c’è nessun filtro curatoriale o tematico, l’espressione è libera, così come recita il sottotitolo. Il Collateral “Back to Back to Biennale – Free Expression” porterà ufficialmente e per la prima volta alla Biennale di Venezia un contest meritocratico e rappresentativo del mondo del Writing di tutta Europa. In centro a Venezia, nel campo di Sant’Agnese, gli artisti interverranno su di un pannello lungo 10 mt e alto 2 mt per un tempo massimo di 48 ore, da sabato mattina fino a domenica sera. Durante tutta la durata dell’esecuzione, gli artisti saranno ripresi da una webcam per creare la diretta streaming via web della

perfomance. Oltre alla diretta, Marco Agostinelli girerà un secondo video che, assieme alle fotografie di Svetlana Ostapovici, comporrà un’opera che si situa a metà tra la video-arte e il documentario, volta ad indagare lo stato di evoluzione di questa particolare espressione artistica. Agli eventi in campo si aggiunge a Ca’ Bonvicini una raccolta di opere su cavalletto di più di 100 artisti, per dare ancora più visibilità alle creazioni degli artisti di Writing e Street-art così ancora poco diffuse.





bestiario contemporaneo


Bestiario contemporaneo. Fra arte e scienze, artisti italiani dalla collezione ACACIA Venezia, Museo di Storia Naturale 31 maggio – 24 ottobre 2013 Il rapporto arte-scienza e arte-natura è tra i più antichi e indissolubili. Il mondo animale e vegetale, i segreti della vita microscopica così come le forme macroscopiche, gli aspetti dell’animato e dell’inanimato, del finito e dell’infinito sono da sempre palcoscenico, oggetto di rappresentazione, motivo di ispirazione o riflessione dell’espressione artistica; nutrimento primo dell’arte visiva dagli albori fino alla modernità , al di là della semplice imitazione del “vero”. Neppure l’arte contemporanea si sottrae a questa tradizione di scambi e rapporti, sia pure distinguendosi per il grado di autocoscienza che gli è proprio, e nell’ambito dell’intenso programma “Muve contemporaneo” - messo a punto dalla Fondazione Musei Civici di Venezia in occasione della Biennale Internazionale d’Arte 2013 - viene chiamata a un intenso confronto/incontro con la collezione permanente del Museo di Storia Naturale di Venezia. Dall’1 giugno al 24 ottobre, organizzata in collaborazione con Associazione ACACIA-Amici Arte Contemporanea Italiana, apre nelle bellissime sale del museo veneziano la mostra “Bestiario Contemporaneo. Fra arte e scienze, artisti italiani della collezione ACACIA”, , , , curata da Gemma De Angelis Testa Presidente di ACACIA e Giorgio Verzotti, con la direzione scientifica di Gabriella Belli Direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia. L’evento

espositivo nasce dalla sinergia tra Istituzioni pubbliche e collezionismo privato, che l’Associazione ACACIA si propone di incrementare sin dalla sua nascita, nel 2003. ACACIA è un’associazione privata attenta ai problemi culturali del nostro Paese. La promozione ed il sostegno dell’arte e del lavoro di giovani artisti italiani è tra gli scopi principali dell’associazione che, in quest’ottica, sta lavorando alla creazione di una collezione d’opere d’arte contemporanea italiane. Oggi l’impegno pubblico di ACACIA si sposa con le proposte della Fondazione dei Musei Civici di Venezia un soggetto particolarmente attento alla collaborazione tra pubblico e privato, capace di alorizzare al meglio le reciproche eccellenze e peculiarità. Dopo il grande successo della mostra milanese, ACACIA proporrà a Venezia una scelta di circa 30 opere d’arte, che verranno ad instaurare un dialogo ironico e sorprendente con le raccolte naturalistiche del museo veneziano di Storia Naturale. Fondazione Musei Civici di Venezia Musei Civici di Venezia Piazza San Marco 52 30124 Venezia T +39 041 2405211 F +39 041 5200935 www.visitmuve.it www.visitmuve.it






Anthony Caro


Anthony Caro al Museo Correr Luogo: Museo Correr Curatori: Daniela Ferretti Enti promotori: British Council Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 31 Maggio 2013 Data fine: 27 Ottobre 2013 Telefono per informazioni: +390412405211 Saranno le splendide sale del Museo Correr a ospitare la prima grande retrospettiva italiana dedicata a uno dei massimi scultori viventi: Sir Anthony Caro (New Malden, Surrey, 1924). Il versatile artista britannico rivoluziona in modo radicale a partire dagli anni Sessanta la sua arte. Dopo un esordio prettamente figurativo, sotto l’influenza del suo maestro Henry Moore, si allontana infatti dalla tradizione scultorea per creare assemblaggi rivoluzionari, saldati e imbullonati, dipinti a colori vivaci e collocati sul pavimento, nello spazio dello spettatore. Sono opere astratte, ma ricche di contenuto ideale. Un nuovo e affascinante linguaggio plastico che consacra Caro come figura cardine nello sviluppo della scultura del XX secolo accanto a David Smith, Mark Di Suvero, Richard Serra. Il suo materiale prediletto è l’acciaio, ma l’artista non rinuncia a sperimentare con i più svariati elementi come il bronzo, il legno, la carta e il piombo. Gli assemblaggi d’elementi metallici bidimensionali diventano l’emblema della nuova scultura

inglese.Simbolo del nuovo e della modernità in scultura, Anthony Caro è presente in tutte le più importanti manifestazioni internazionali: ricordiamo la prima personale a New York da André Emmerich nel 1964, la partecipazione come unico scultore al padiglione inglese della Biennale di Venezia nel 1966, la retrospettiva al MoMa di New York nel ‘75, la mostra dell’84 alla Serpentine Gallery di Londra e, ancora, la collaborazione con l’architetto Norman Foster per il “Millennium Bridge” di Londra. La Tate Modern Art di Londra nel 2004 ha festeggiato i suoi ottant’anni; ora sarà Venezia a celebrare la personalità carismatica di Anthony Caro.





CROSSOVER


CROSSOVER / A dialog between the Chinese School of Hubei and the New Italian Art Scene Fu Zhongwang, Guo Zhengshan, Guo Zi, He Diqiu, Lang Xuebo, Li Bangyao, Liu Bo & Li Yu, Ma Lin, Wang Jing, Wei Guangqing, Xiao Feng, Yuan Xiaofang, Yang Guoxin, Zhan Rui, Zhang Zhan, Matteo Basilé, Simone Bergantini, Aron Demetz, Desiderio, Fulvio Di Piazza, Teresa Emanuele, Enrico Lombardi Luogo: Arsenale Nord Curatori: Ji Shaofeng, Alessandro Riva Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 01 Giugno 2013 Data fine: 24 Novembre 2013 Telefono per informazioni: +39 329 9388286/ 347 7971873 Venezia, porta d’Oriente, guarda con estrema attenzione ai paesi che stanno rinnovando il loro linguaggio artistico come la Cina. La mostra “CROSSOVER / A dialog between the Chinese School of Hubei and the New Italian Art Scene”, curata da Ji Shaofeng e Alessandro Riva, mette in luce il lavoro e le esperienze di un gruppo coerente e articolato di artisti cinesi -- la cosiddetta “Scuola di Hubei” -- ponendoli a confronto con analoghe esperienze provenienti dall’arte italiana contemporanea. Se gli artisti cinesi raccontano la realtà della nuova arte del loro paese, sospesa tra avanguardia e tradizione, tra recupero delle tecniche tradizionali e accenti fortemente contemporanei, analogamente anche gli artisti italiani di queste ultime generazioni hanno compiuto un percorso di recupero di tecniche tipiche della tradizione

italiana (pittura e scultura, in primis, ma anche fotografia e video, trattati con un’impostazione fortemente classica e raffinata dal punto di vista esecutivo e formale), pur con accenti e modalità contemporanee, mescolandole con influenze novecentesche, con uno sguardo alle tematiche sociali e con un continuo rimescolamento delle forme e dei richiami estetici tipico della surmodernità. Parallela alla 55a edizione della Biennale d'Arte di Venezia 2013, dal 1° giugno al 24 novembre alla Tesa 113, Arsenale Nord, CROSSOVER non vuole essere dunque un semplice confronto a distanza, ma il primo tentativo di mettere insieme due esperienze lontane geograficamente, mescolandole e cercando di lasciare che gli artisti stessi si contaminino, si guardino e influenzino vicendevolmente.





Artisti internazionali + vetro = GLASSTRESS


Artisti internazionali + vetro = GLASSTRESS Esplode GLASSTRESS, il più grande evento collaterale della 55. Esposizione Internazionale d’Arte - la Biennale di Venezia, che alla sua terza edizione, continua a coinvolgere artisti provenienti da tutto il mondo e ad affascinare il pubblico con straordinarie opere in vetro. Glasstress. White Light / White Heat, a cura di Adriano Berengo e James Putnam, apre al pubblico dal 1 giugno al 24 novembre 2013 in tre prestigiose sedi e vede gli artisti confrontarsi con luce e calore, aspetti intrinseci del vetro e della sua lavorazione. La grande passione per l’arte contemporanea e per il vetro hanno portato Berengo a creare Glasstress, un evento di successo che ha riunito nella propria fornace a lavorare con entusiasmo e con spirito di gruppo artisti di spicco di fama internazionale. Molti di loro si sono confrontati per la prima volta con questo materiale duttile e luminoso e ne sono nate opere di alto valore artistico e comunicativo. Il successo di Glasstress iniziato con la Biennale di Venezia del 2009 ha riunito oltre 200 artisti e, a seguito delle esposizioni di rilievo in Europa, ha ricevuto importanti proposte da istituzioni museali in altri continenti quali America e Asia. Il vetro nasce dalla forza distruttrice e creativa del fuoco, che trasforma gli elementi chimici di base in un fluido modellabile, ne deriva una materia solida dotata di struttura molecolare caotica, che offre alla luce una varietà illimitata di superfici, colori, trasparenze e riflessi, che hanno appassionato gli artisti e sensibilmente contribuito alla realizzazione di opere uniche.

66 gli artisti: AES+F, Alice Anderson, Polly Apfelbaum, Ron Arad, Ayman Baalbaki, Miroslaw Balka, Rina Banerjee, Fiona Banner, Pieke Bergmans, Boudicca, Pedro Cabrita Reis, Loris Cecchini, Hussein Chalayan, Mat Chivers, Oliver Clegg, Mat Collishaw, Tracey Emin, Jan Fabre, Paul Fryer, Francesco Gennari, Recycle Group, Cai GuoQiang, Dmitri Gutov, Mona Hatoum, Stuart Haygarth, Charlotte Hodes, Shirazeh Houshiary, Shih Chieh Huang, John Isaacs, Michael Joo, Ilya&Emilia Kabakov, Kiki&Joost, Marta Klonowska, Joseph Kosuth, Tomas Libertiny, Hew Locke, Delphine Lucielle, Alastair Mackie, Jason Martin, Kris Martin, Oksana Mas, Whitney McVeigh, Aldo Mondino, Lucy Orta, Tony Oursler, Zak Ové, Mimmo Paladino, Cornelia Parker, Javier Pérez, Jaume Plensa, Karim Rashid, Ursula von Rydingsvard, Thomas Schutte, Joyce Scott, Conrad Shawcross, Sudarshan Shetty, Meekyoung Shin, Helen Storey, Tim Noble &Sue Webster, Zak Timan, Gavin Turk, Koen Vanmechelen, Anneliese Varaldiev, Joana Vasconcelos, Zhan Wang. Ron Arad ha creato appositamente per Glasstress il progetto speciale Last Train. L’esposizione è ambientata in tre sedi: oltre a quelle ormai consuete del Palazzo Cavalli – Franchetti / Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti (Campo S. Stefano) e del Berengo Centre for Contemporary Art and Glass (Murano), quest’anno si affianca la Scuola Grande Confraternita di San Teodoro (San Marco). Accompagna la mostra un importante volume in inglese con testi di Adriano Berengo, James Putnam, Frances Corner.


Glasstress 2013 è promossa da LCF-London College of Fashion con il supporto di Venice Projects, Berengo Studio 1989, Wallace Collection, Steinmetz Diamonds, Valmont. Nelle due precedenti edizioni dell’Esposizione Internazionale d’Arte - la Biennale di Venezia Glasstress ha coinvolto più di 150 artisti, quali: Josef Albers, Arman, Jean Arp, Barbara Bloom, Monica Bonvicini, Louise Bourgeois, Daniel Buren, Lawrence Carroll, Cèsar, Tony Cragg, Jan Fabre, Lucio Fontana, Kendell Geers, Dan Graham, Zaha Hadid, Richard Hamilton, Zhang Huan, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Oleg Kulik, Vik Muniz, Orlan, Jean Michel Othoniel, Luca Pancrazzi, Giuseppe Penone, Anton Pevsner, Robert Rauschenberg, Man Ray, Kiki Smith, Patricia Urquiola, Fred Wilson, Erwin Wurm, Chen Zhen. Berengo Studio Berengo Studio, rappresenta una delle esperienze più innovative di utilizzo del vetro per esprimere le istanze artistiche della contemporaneità. Fondato nel 1989 da Adriano Berengo, ha l’obiettivo di avvicinare al mondo del vetro artisti contemporanei internazionali affinché, nella propria fornace in collaborazione con maestri vetrai, possano tradurre la loro ricerca artistica nel linguaggio tridimensionale della pasta vitrea. Da Berengo Studio si incontrano giovani artisti agli esordi, e prevalentemente artisti affermati e emergenti, le cui opere sono in gran parte esposte in importanti musei e collezioni private. Gli artisti che collaborano con Berengo Studio normalmente utilizzano materiali espressivi differenti dal vetro e per tale ragione nell’approccio con il nuovo medium portano sempre una originale e più libera interpretazione delle possibilità di questo straordinario materiale.

Titolo GLASSTRESS. WHITE LIGHT / WHITE HEAT A cura di Adriano Berengo e James Putnam Tre sedi - Palazzo Cavalli–Franchetti / Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Campo S. Stefano, 2847, VE - Berengo Centre for Contemporary Art and Glass Campiello della Pescheria Murano, VE - Scuola Grande Confraternita di San Teodoro San Marco, 4810, VE Date 1 giugno - 24 novembre 2013 Opening su invito venerdì 31 maggio, ore 18.30 Palazzo Cavalli – Franchetti, Venezia ore 21 Berengo Centre, Murano Catalogo con testi di Adriano Berengo, James Putnam, Frances Corner Ingresso unico per le tre sedi: intero euro 10 – ridotto euro 8 per gruppi, over 65 e bambini Info tel. +39 041739453 francesca@veniceprojects.com luca@veniceprojects.com www.glasstress.org facebook.com/Glasstress @Glasstress Ufficio stampa Irma Bianchi Comunicazione tel. +39 02 8940 4694 r.a. fax +39 02 8356467 info@irmabianchi.it testi e immagini scaricabili www.irmabianchi.it






guggenehim


STEPHAN BALKENHOL Grande colonna con testa 30 aprile - 16 settembre 2013 D'accordo con la galleria Art of The Next Century di Sandro Rumney e la Galerie Löhrl, la Collezione Peggy Guggenheim espone sulla terrazza Marino Marini l’opera dell’artista tedesco Stephan Balkenhol (Fritzlar, Germany, 1957) Grande colonna con testa (2013). Le figure in legno intagliato di Balkenhol compaiono per la prima volta nel 1983 in reazione al formalismo astratto e all’arte concettuale e con l’intenzione di rintrodurre l’idea di corpo umano nell’arte contemporanea. Balkenhol vive e lavora tra Karlsruhe, in Germania, e Meisenthal, in Francia. Ha esposto sia in Europa che negli Stati Uniti, in musei come l’Hirshhorn Museum e Sculpture Garden, Smithsonian Institution, Washington D.C. (1995), Montreal Museum of Fine Arts, la Saatchi Collection a Londra (1996), e l’ Arts Club di Chicago (1998), e molti altri musei e gallerie..



Robert Motherwell - i primi collage A cura di Susan Davidson 26 maggio – 8 settembre 2013 Si tratta di una mostra interamente dedicata ai papiers collés e ai lavori su carta a questi correlati che Robert Motherwell (Aberdeen, Washington 1915 - Cape Cod, Massachusetts 1991), tra i massimi esponenti dell'Espressionismo astratto americano, realizza nel primo decennio della sua carriera artistica, tra il 1941 e il 1951. A Motherwell sono state dedicate già in passato numerose e importanti antologiche, in cui è stato riconosciuto il ruolo cruciale del collage nella sua opera, ma nessuna è mai stata dedicata esclusivamente al lavoro pionieristico dell'artista con questa tecnica. Robert Motherwell: i primi collage è infatti la prima esposizione a prendere in esame e a registrare in maniera cronologica gli esordi artistici di Motherwell a partire dall'incontro proficuo avuto con questo metodo di lavoro, che egli stesso descrive nel 1944 come “la nostra maggiore scoperta” nel campo dell'arte.






Jacob Hashimoto. Gas Giant


Jacob Hashimoto. Gas Giant Luogo: Fondazione Querini Stampalia Enti promotori: Studio la Città Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 29 Maggio 2013 Data fine: 01 Settembre 2013 Telefono per informazioni: +390412711411 Il 29 maggio 2013 apre al pubblico la mostra Jacob Hashimoto: GAS GIANT organizzata da Studio la Città - Verona. Allestita al quarto piano della Fondazione Querini Stampalia a Venezia, nello spazio recentemente ristrutturato da Mario Botta, la mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 1 settembre 2013. GAS GIANT è una grande installazione site-specific che l’artista ha pensato per interagire con gli spazi della Fondazione Querini Stampalia a Venezia con l’obiettivo di costruire un rapporto diretto con lo spettatore. L’opera di Jacob Hashimoto (1973, Greeley, Colorado, USA) si caratterizza per l’utilizzo di alcuni elementi stilistici presi in prestito dalla cultura giapponese, come l’aquilone in carta e bambù, che Jacob assembla e ricostruisce per creare grandi installazioni e forme scultoree interattive che invadono letteralmente lo spazio espositivo. La complessità visiva del suo lavoro, unita alla leggerezza dei materiali, accompagna lo spettatore lungo un percorso sensoriale in cui si confondono le coordinate spaziali e temporali e dove il visitatore viene accolto da un sentimento di stupore e meraviglia.

Le installazioni di Hashimoto si pongono al contempo come un’esplorazione tangibile delle affascinanti e possibili intersezioni tra pittura e scultura, tra figurazione e astrazione, tra natura e artificio. “C’è anche una componente giocosa nel mio lavoro” afferma l’artista. “Gli elementi stilistici che utilizzo hanno a che fare con un generale sentimento di nostalgia più che con una diretta relazione con le mie origini. L’aquilone parla del sentimento dell’infanzia e del rapporto con la natura, più che della singola tradizione giapponese”. Dopo una lunga serie di interventi per musei e spazi espositivi internazionali (tra questi l’opera Superabundant Atmosphere allestita a Palazzo Fortuny a Venezia in occasione della mostra In-finitum, 2009), Jacob Hashimoto in concomitanza con la 55. Mostra Internazionale d’Arte de La Biennale di Venezia riempie l’architettura veneziana di Fondazione Querini Stampalia con una nuova installazione. GAS GIANT si compone di 10.000 aquiloni in carta e bambù realizzati a mano dall’artista che attraversano gli spazi della storica e prestigiosa fondazione veneziana accompagnando lo spettatore lungo gli ambienti espositivi fino alla sala centrale all’ultimo piano del palazzo. Qui l’opera si condensa e trasforma in una fitta nube che invade e satura lo spazio. Come preannuncia il titolo stesso dell’opera, il gigantismo dell’intervento, tipico della ricerca artistica di Hashimoto, dialoga con la straordinaria leggerezza e delicatezza dei materiali utilizzati, innescando un rapporto di partecipazione diretta con il visitatore immerso nella quiete ma anche nella meraviglia di un ambiente che simula un mondo incontaminato che tuttavia ancora non esiste.


Il bianco, colore predominante dei 10.000 aquiloni che compongono GAS GIANT, è interrotto da pattern colorati e motivi geometrici e fitomorfi che conferiscono all’installazione un ritmo e un’andatura temporale. Hashimoto, infatti, procede nel suo lavoro all’elaborazione di una sempre nuova definizione dello spazio e del tempo, e all’esplorazione della dimensione onirica della natura che cambia prospettiva e significato in relazione al punto di osservazione, inducendo istintivamente lo spettatore a un’esperienza meditativa dell’opera. La tensione, ma anche l’esuberanza, visiva del lavoro di Jacob Hashimoto, e la sua ricerca di una precisa dimensione luminosa – sia in senso letterale che metaforico –, conferisce all’opera un aspetto poetico, che spesso sfugge una precisa definizione e collocazione stilistica del lavoro dell’artista. Le opere di Hashimoto, infatti, sono al contempo architetture, vista la loro precisa struttura tridimensionale, sculture, vista la loro caratteristica autonomia formale, e pitture, visti i loro ricercati effetti cromatici tradotti sulla superficie della carta. La mostra Jacob Hashimoto: GAS GIANT sarà accompagnata dal primo catalogo monografico sull’opera di Hashimoto, edito da Marsilio Editori e curato da Luca Massimo Barbero. In concomitanza con la mostra Jacob Hashimoto: GAS GIANT presso la Fondazione Querini Stampalia a Venezia, Jacob Hashimoto sarà presente con mostre personali alla galleria Studio la Città, Verona (Foundational Work, 25.05.2013 – 31.08.2013), alla galleria Forsblom, Finlandia (17.05.2013 – 9.06.2013) al Bildmuseet, Umeå, Svezia (Superabundant Atmosphere, 2.06.2013 – 13.10.2013), e presso lo Schauwerk Sindelfingen, Germania (Sky Columns 15.06.2013 – primavera 2014).





Judi Harvest ‐ Denatured: Honeybees+ Murano


Judi Harvest - Denatured: Honeybees+ Murano In occasione della 55. Biennale d'Arte Contemporanea di Venezia, Judi Harvest presenta la sua quattordicesima mostra personale a Venezia. La mostra, curata dalla storica dell'Arte Marcia E. Vetrocq, e' realizzata in associazione con l'organizzazione no-profit Bees Without Borders, dedicata alla promozione dell'Apicultura con il proposito di combattere la fame nel mondo. Denatured: Honeybees+ Murano denuncia il degrado ambientale che mette le Api a rischio di estinzione e la situazione economica e politica locale che costringe alla chiusura di molte vetrerie a Murano. Durante il mese di marzo 2013 Judi Harvest ha piantato in un campo da tempo incolto, nel terreno di proprietà' della fabbrica di vetro Linea Arianna a Murano 30 alberi da frutta, collocato 500 generi di fiori profumati ed installato 4 arnie completamente funzionanti in questo terreno di 250 metri quadri, col proposito di creare un ambiente adatto alle api. Il primo miele di Murano sarà raccolto durante l'estate. Il giardino e le Arnie rimarranno sul posto e saranno curate da giardinieri ed apicoltori locali che raccoglieranno il miele regolarmente. L’interno della Scuola dei Tiraoro e Battioro ,ospiterà un’installazione montata sul muro e lunga sei metri che comprende 90 sculture ispirate al miele e alle arnie disegnati da Harvest e realizzati insieme con maestri soffiatori di vetro di Linea Arianna, oltre ad un gruppo di dipinti e sculture di vetro di Murano, ispirati alla struttura dell'alveare. L’esposizione verrà accompagnata dalla proiezione del video: "Breakfast With the Bees" (2013) oltre ad un

gruppo di dipinti e sculture di vetro di Murano, ispirati alla struttura dell'alveare. La mostra e' corredata di un catalogo con scritti di Marcia E. Vetrocq ed Enzo Di Martino Judi Harvest e' un artista che vive a New York e che ha lavorato ed esposto a Venezia fino dal 1987. Ha studiato pittura alla New York Studio School e ha cominciato a lavorare col maestro vetraio Giorgio Giuman e la sua squadra nel 1988 nella fabbrica di vetro Linea Arianna a Murano. Oltre alle mostre di dipinti e sculture in vetro a Venezia, sono da menzionare tre pubbliche installazioni : Fragmented peace, Buddha ( 2003, installata alla fermata del vaporetto di Vallaresso). Luna Piena / Full Moon ( 2005 ancora esposta alla fermata di Vallaresso) e Venetian Satellite ( 2006, originariamente esposta al Caffè Florian in Piazza San Marco e attualmente in visione a New York nell'ingresso del West Chelsea Arts Building). Così la sua arte, in occasione di una precedente esposizione a Venezia, venne illustrata da Emanuele Horodniceanu: “I lavori di Judi sono caratterizzati dalla fantasia ed energia per affrontare la realtà che la circonda, guardando al cielo e alla terra, alla vita e alla morte. Sculture, installazioni, video, dipinti ed oggetti, per comunicare bellezza, seduzione, speranza, luce e colore, per rendere omaggio all'arte del passato, per osservare ciò che la circonda”. In occasione della Biennale di Venezia, Judi Harvest presenta la sua quattordicesima mostra personale a Venezia, confermando ancora una volta il suo vitale rapporto di amore e di collaborazione con la città lagunare;


curata dalla storica dell’arte Marcia E. Vectroc, l’evento è realizzato in associazione con l’organizzazione noprofit Bees Without Borders, dedicata alla promozione dell’apicultura con il proposito di combattere la fame nel mondo: “Denatured: Honeybees+ Murano” denuncia il degrado ambientale che mette le laboriose api a rischio di estinzione e la situazione economica e politica locale che costringe alla chiusura di molte vetrerie a Murano. Durante il mese di marzo l’artista americana ha piantato in un campo da tempo incolto, nel terreno di proprietà della fabbrica di vetro Linea Arianna trenta alberi da frutta, collocato cinquecento generi di fiori profumati ed installato quattro arnie completamente funzionanti in questo terreno di duecentocinquanta metri quadri, col proposito di creare un ambiente adatto alle api; mentre il primo miele di Murano sarà raccolto durante l’estate, il giardino e le arnie rimarranno sul posto e saranno curate da giardinieri ed apicoltori locali che raccoglieranno il miele regolarmente. L’interno della settecentesca Scuola dei Tiraoro e Battioro , che, nei pressi di Rialto, si affaccia sul Canal Grande a fianco di Ca’ Pesaro, ospita contemporaneamente un’installazione montata sul muro e lunga sei metri che comprende novanta sculture ispirate al miele e alle arnie disegnate dalla Harvest e realizzate insieme con maestri soffiatori di vetro, oltre ad un gruppo di dipinti e sculture di vetro di Murano, ispirati alla struttura dell’alveare. L’esposizione è accompagnata dalla proiezione del video: “Breakfast With the Bees” e corredata di un catalogo con scritti della Vetrocq e di Enzo Di Martino. Judi Harvest è nata a Miami in Florida e vive e lavora a New York. La sua formazione artistica si è svolta tra Roma, New York e Urbino; nel 1987 è approdata a Venezia, città dove ha

vissuto per cinque anni, dipingendo e realizzando alcune mostre. In occasione della Biennale 2011 ha esposto una grande luna di vetro azzurro posta di fronte alla basilica della Salute, sullo sbocco di Calle Vallaresso, punto eccezionale di transito turistico tra Ca’ Giustinian, sede storica della Biennale, e il mitico Harry’s Bar; l’anno scorso, invece, al Bistrot de Venice presentò la mostra “Men are from Mars, women are from Venice”, una serie di “collage” che riproducevano l’antica arte veneziana in chiave contemporanea; “questi lavori – ci diceva l’artista nell’occasione - sono una evoluzione dei temi principali della mia ricerca artistica: la fragilità della vita e la ricerca della bellezza; essi continuano ad esaminare come siamo arrivati qui, dove stiamo andando, e perché siamo qui. Questa serie di collages, come le altre mie opere che l’hanno preceduta, Fragmented Peace, Luna Piena/ Full Moon and Venetian Satellite, è un connubio felice tra antiche arti Veneziane e forme e materiali contemporanei”. Quello dunque di una sempre nuova e stimolante contaminazione tra il glorioso passato artistico e artigianale della storia della creatività veneziana, che affonda le sue radici in secoli lontani, e un continuo sforzo di reinvenzione, riuscendo sempre a sorprendere per le sue originali e colte” visioni, in cui si concentrano echi della storia dell’arte e proprio “vissuto”; già nel 1988, in una sua mostra (“Omaggio a Matisse”)


allestita nella Galleria Santo Stefano della mitica Uccia Zamberlan, domostrava, come ricorda Enzo Di Martino, “appariva chiaro, fin da allora, che Judi Harvest era un’artista con una originale proposizione ideativa, trasgressiva nel linguaggio espressivo, formalmente nomade e certamente antiaccademica … che era quasi sempre pensata per interagire con lo spazio della città, come è avvenuto con lo straordinario grande “Budda” di vetro del 2003, presentato con l’evocativo titolo ‘Fragmented Peace’, fatto con centinaia di frammenti di vetro di Murano”. Il rapporto con Venezia e con la sua storia era stato riaffermato due anni prima, nel 2001con l’opera ‘Rhinoscimento’, una installazione multimediale ispirata ad un celebre dipinto del 1751 di Pietro Longhi. Nel 2006 l’artista ha poi realizzato una sorprendente installazione connotata da una miriade di “marziani” di vetro – “Venetian Satellite” – collocata in un altro celebre locale di Venezia, lo storico Caffè Florian attivo dal 1720 in Piazza San Marco. Non deve dunque stupire questo grande progetto immaginativo concepito e realizzato in occasione della Biennale di Venezia del 2013. “Denatured” è infatti una complessa ideazione – ci dice ancora Di Martino - che “mette in gioco contemporaneamente l’arte e la natura”, il vetro di Murano e il miele prodotto da api “assoldate” per l’occasione, e che prevede un aspetto propriamente espositivo allestito nella Scuola dei Battioro e dei Tiraoro a San Stae, che evoca un’altra antichissima eccellenza dell’artigianato veneziano, che configura “una grande opera fatta ad arte” che rivela molti aspetti formali e numerosi significati di valore, non ultimo quello dell’urgente e angosciante interrogativo circa le derive, il ruolo e il destino dell’arte e della natura nel nostro tempo.

SCUOLA DEI BATTIORO E TIRAORO Campo San Stae (30135) S.croce vernissage: 29 maggio 2013. dalle 18 alle 20 ufficio stampa: DE LUCA curatori: Marcia E. Vetrocq autori: Judi Harvest email: tudiodalponte@libero.it






Marc Quinn


Marc Quinn a cura di Germano Celant La Fondazione Giorgio Cini presenta un nuovo importante progetto espositivo aperto al pubblico sull’Isola di San Giorgio Maggiore dal 29 maggio 2013: Marc Quinn, grande mostra personale a cura di Germano Celant e prodotta in collaborazione con l’artista, che vede una selezione di oltre 50 opere – tra sculture, dipinti, disegni e altri oggetti d’arte – realizzate da Marc Quinn, uno dei più noti esponenti della generazione degli Young British Artists. Con oltre 50 opere tra cui 15 mai esposte prima,la mostra dal titolo Marc Quinn è tra le più importanti mai dedicate all’artista. Oltre a celebrare il rinnovarsi della collaborazione tra Quinn e Celant (che risale all’esposizione Garden organizzata da Fondazione Prada a Milano nel 2000), Marc Quinn segna il ritorno a Venezia dell’artista inglese dopo The Overwhelming World of Desire alla Collezione Peggy Guggenheim nel 2003, e ribadisce il crescente interesse della Fondazione Giorgio Cini per l’arte contemporanea. «La Fondazione Cini è nota soprattutto per il suo impegno nella valorizzazione dell’arte antica, e in particolare veneta – afferma il Segretario generale Pasquale Gagliardi – ma ha anche dato periodicamente contributi decisivi e di altissimo livello alla promozione dell’arte contemporanea: basti pensare alla grande mostra di Henry Moore del 1995, agli straordinari saggi sull’arte contemporanea di Rodolfo Pallucchini – direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini dal 1972 al 1989 e organizzatore della memorabili Biennali d’Arte

veneziane del dopoguerra –, raccolti e pubblicati lo scorso anno, alla recente mostra Penelope’s Labour dedicata ai tappeti e agli arazzi d’oggi. Il progetto Marc Quinn, che segue di pochi mesi l’inaugurazione di Fragile? e l’apertura de ‘Le Stanze del Vetro’ all’arte contemporanea, è quindi profondamente coerente, da un lato, con le tradizioni della Fondazione Cini, dall’altro con la sua propensione all’innovazione, anche la più provocatoria (come il ritorno in facsimile de Le nozze di Cana di Veronese nel Refettorio palladiano)». Marc Quinn ha iniziato la propria carriera esplorando alcuni temi privilegiati, quali il rapporto tra arte e scienza, il corpo umano e i suoi meccanismi di sopravvivenza, la vita e la sua conservazione, la bellezza e la morte. Quinn descrive la mostra come «un’esplorazione del rapporto con il nostro corpo e con il mondo fisico e culturale che ci circonda, cosa significa vivere in un mondo che è reale e virtuale al tempo stesso». Nella mostra è possibile ammirare, in uno spettacolare allestimento concepito appositamente per l’Isola di San Giorgio, il ciclo Evolution (2005-07). Questa serie di dieci monumentali sculture di marmo color rosa carne, raffiguranti feti di varie dimensioni in diverse fasi della gestazione, è disposta lungo la discesa che conduce dallo Squero, dove in precedenza si costruivano le barche, all’acqua: un inno al mistero della vita che emerge dalla laguna.


Un altro omaggio alla natura sono le cinque colossali conchiglie della serie The Archaeology of Art che sembrano chiedere se la volontà di creare arte sia intrinseca nella natura. Forme perfettamente simmetriche, create dalla natura, che celano una strana intelligenza e paiono seguire un ordine a loro superiore. Enormi in termini di dimensioni, ma estremamente dettagliate, queste conchiglie sono tra gli oggetti stampati in 3D ad alta definizione più grandi del mondo, il risultato di un codice digitale emesso da un computer sulla base del codice biologico del DNA che ha creato gli originali. Le conchiglie scolpite nel bronzo giacciono in riva al mare, come cullate dalla marea.

silenzio, quest’opera rappresenta una diapositiva di un disastro muto, una manifestazione di una delle nostre paure contemporanee più cupe, dal movimento tuttavia ipnotico. Infine, tra le opere inedite, Quinn debutta con una nuova edizione della sua serie Flesh Paintings, iniziata nel 2012, per esplorare il dualismo della bellezza e della repulsione evocate dalla raffigurazione astratta di carne cruda marmorizzata ed enfatizzata.

Infine sarà possibile ammirare una reinterpretazione dell’opera monumentale dell’artista Alison Lapper Pregnant, installata nel settembre 2005 sul quarto plinto al centro della londinese Trafalgar Square (20052007). Breath (2012), disposta in prossimità della Basilica di San Giorgio Maggiore per accogliere i visitatori della Fondazione, è una versione gonfiabile dell’originale alta 11 metri. L’opera è stata anche il pezzo principale della cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici di Londra. Breath sembra descrivere il viaggio di un’immagine che diventa parte del discorso culturale, un’immagine senza confini di scala, sorretta dall’alito di chi ne parla, una forma empirica, tanto quanto i famosi autoritratti eseguiti da Marc Quinn con il suo stesso sangue congelato.

«Le opere di Marc Quinn sono proiettate verso il passato e verso il futuro, dalla nascita alla morte. Sono immagini fluttuanti che raffigurano il corpo, la carne, la felice riproduzione della sua contemplazione, sia in senso positivo che negativo. Esteriorizzano i desideri intimi e le immagini mentali dell’essere umano che transita da una condizione sessuale all’altra e abbracciano sia la vita interiore che quella esteriore – afferma il curatore Germano Celant – Quest’importante mostra personale della Fondazione Giorgio Cini intende contestualizzare la produzione più recente di Quinn per fornire una maggiore comprensione della sua arte, intesa come arte di incarnazione, che mette in primo piano i valori visivi e tattili, mirati alla natura, all’essere umano, ma anche alla luce e alla retina che la filtra.»

Una scultura di alluminio su grande scala, intitolata The Sound of Silence (2013) è un’installazione mobile di aeroplani e incidenti aerei che volteggiano nell’aria senza mai sfiorarsi. Un’esplosione violenta sospesa nel

La nuova opera è un grande olio su tela intitolato The Way of All Flesh (2013), che vede come protagonista la modella incinta Lara Stone su uno sfondo di carne cruda, a sottolineare l’origine e il fatalismo impliciti nella vita stessa.


Il lavoro concettuale di Quinn si realizza attraverso scultura, pittura e installazioni. Il forte interesse dell’artista per la capacità di metamorfosi sia della natura che della vita umana lo guida verso un’attrazione per la spiritualità innata dell’uomo. Quinn mette in discussione i codici della natura attraverso l’utilizzo di materiali che non accettano compromessi, quali: ghiaccio, sangue, marmo, vetro e piombo. Attraverso l’utilizzo di tali materiali le opere di Quinn esplorano vita, morte, sessualità e religione in modo poetico e allo stesso tempo provocatorio. Quinn trasforma l’atto del semplice osservare, forzando lo spettatore a mettere in discussione quanto lo circonda, spingendolo verso l’ignoto, per favorire la riscoperta. In parallelo a Marc Quinn, Skira pubblica per l’occasione una pubblicazione importante, intitolata Marc Quinn Memory Box, a cura di Germano Celant. Il volume di 520 pagine in lingua inglese comprende una conversazione tra Quinn e Celant e delle interviste storiche di Quinn risalenti al 1994. Marc Quinn Memory Box sarà disponibile online e presso la Fondazione Giorgio Cini al prezzo di Euro 60,00. FONDAZIONE GIORGIO CINI Isola Di San Giorgio Maggiore (30100) Venezia +39 0415289900 , +39 0415238540 (fax) fondacini@cini.it www.cini.it




MATTA. Roberto Sebastian Matta, Gordon Matta, Clark e Pablo Echaurren Matta


MATTA. Roberto Sebastian Matta, Gordon Matta-Clark e Pablo Echaurren Matta Luogo: Fondazione Querini Stampalia Curatori: Danilo Eccher Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 28 Maggio 2013 Data fine: 18 Agosto 2013 Telefono per informazioni: +390412711411 In concomitanza con la 55. Biennale di Venezia, la mostra vuole indagare le idee e i pensieri che si sono tramandati – attraverso le generazioni, il tempo e la geografia – da Roberto Sebastian Matta ai suoi figli Gordon Matta-Clark e Pablo Echaurren Matta. Tre nomi, tre storie, tre paesi e un unico comun denominatore: l'arte. In concomitanza con la 55. Biennale di Arti Visive di Venezia e per la prima volta insieme, la mostra organizzata e prodotta dalla Galleria d'Arte Maggiore – G.A.M. di Bologna, riunisce negli spazi dell'area Scarpa della Fondazione Querini Stampalia, tre grandi protagonisti dell'arte internazionale. Gordon Matta-Clark e Pablo Echaurren Matta non hanno in comune solo il padre Roberto Sebastian Matta, figura storica che con le sue tele e le sue sculture ha preso parte al Surrealismo ed influenzato gli artisti americani dell'Espressionismo Astratto, ma con due stili espressivi differenti sono entrambi due personaggi di rilievo della scena artistica contemporanea. La mostra, curata da Danilo Eccher, prende origine dall'opera di Roberto Sebastian Matta ed attraverso le

opere dei suoi protagonisti percorre mezzo secolo di storia dell'arte, vissuta in tre paesi differenti: la Francia, gli Stati Uniti e l'Italia. Lo spaccato che ne deriva non è delimitato dalla loro storia familiare, per quanto eccezionale, ma amplia i propri confini all'ambiente culturale e politico in cui questi artisti sono stati profondamente coinvolti. Figli dello stesso padre, ma di madri differenti, sia Gordon che Pablo hanno avuto un rapporto conflittuale con la figura paterna ed attraverso l'arte entrambi hanno cercato un dialogo concettuale impossibile nella vita privata - con Matta attraverso le loro opere pur maturando entrambi, ed ognuno a suo modo, linguaggi singolari e differenti. Se l'affinità con Matta-Clark è riconducibile a un livello formale, estetico-architettonico, in Echaurren l'affinitudine è da ricercarsi nel carattere più propriamente concettuale. Il filo conduttore della loro opera a livello critico sarà svelato da Danilo Eccher solo pochi giorni prima dell'apertura al pubblico, ma ad una prima lettura emerge già come la socialità, la continua ricerca di un rapporto non solo di partecipazione del fruitore, ma di un suo coinvolgimento diretto o indiretto, fisico o mentale, culturale o sociale, interno o esterno all'opera sia presente nell'opera dei tre. Non è un caso infatti se alcuni definiscono le figure antropomorfe di Matta sia in pittura, sia in scultura, come "morfologie sociali", come una trasfromazione di passaggio tra i paesaggi interiori e il mondo esterno.


Per Gordon la socialità è un fattore ancora più evidente, essendo la sua effimera arte basata sulla performance, sui "building cuts", gli edifici tagliati, trasformazioni sculturali di architetture preesistenti dove lo spettatore è invitato ad entrare per muoversi fisicamente ed emozionalmente in quegli spazi. Nella sua opera MattaClark crea un rapporto diretto con il fruitore, spesso basato sulla fiducia che costui deve devolvere all'operato dell'artista che come in Matta ha fondamenti architettonici. Mentre per quanto riguarda Pablo tutta la sua vita artistica è immersa nella socialità, nella sua esistenza quotidiana. E se è vero che le sue tele riportano al mondo dei fumetti, della musica, della street art, alla cultura di massa, è attraversando la sua iconografia Pop fatta di contiminazioni di generi che dialogano ora con il Dadaismo, ora con lo stesso Surrealismo, che l'artista propone con ironia attraverso l'apparizione di una natura familiare ed allo stesso tempo inquietante una critica diretta alla società dei consumi. Proprio come sembrano suggerire le figure antropomorfe e primitive presenti nei dipinti del padre. Non a caso l'opera di Matta mira anche a una riflessione sull'impatto che la tecnologia ha sull'esistenza umana.




Maxim Kantor


Maxim Kantor a cura di Alexander Borovsky La galleria Barry Friedman Ltd di New York ha il piacere di presentare “Atlantis”, mostra personale dell'artista russo Maxim Kantor comprendente quadri, acqueforti su tela e litografie. La mostra è curata da Alexander Borovsky, responsabile della sezione Arte Contemporanea del Museo Russo di San Pietroburgo e dalla curatrice italiana Cristina Barbano. La mostra sarà aperta in contemporanea alla Biennale di Venezia a Palazzo Zenobio, Dorsoduro 2596. Maxim Kantor è uno degli artisti Russian-born della sua generazione più apprezzati dalla critica. La sua posizione nell'arte contemporanea è insolita. Infatti è riconosciuto dal mondo dell'arte non solo come pittore, ma anche come scrittore professionista, saggista e pubblicista dalla forma mentis apertamente filosofica. Come ha scritto il patriarca della critica moderna, Arthur Danto, «al giorno d’oggi gli artisti fanno ciò che in precedenza era pertinenza dei filosofi: costringono a riflettere su cosa significhino le loro opere». Al tempo stesso nell'arte post-postmodernista il messaggio filosofico appare raramente in forma palese, ma in genere si maschera in modo diversi e si cela dietro a mediazioni ironiche e parodistiche. Kantor non nasconde la connotazione filosofica della sua arte. È davvero un uomo di idee. La mostra proposta, Atlantis, è dedicata all'attuale, ed ennesima crisi della civiltà. L'autore collega la crisi di oggi all'immagine platonica di Atlantide che si inabissa, matrice da secoli di angosce ancestrali ricorrenti. Le meditazioni critiche sul destino della civiltà occidentale che generalmente accompagnano i momenti di vera e propria crisi della sua esistenza non sono contenute

soltanto in testi fondamentali che hanno ampiamente influenzato la vita sociale ( dal "Capitale" di K. Marx attraverso il "Tramonto dell'occidente" di O. Spengler almeno fino a "Lo scontro delle civiltà" di C. Huntington), ma anche nell'opera di Kantor. Le riflessioni di Kantor si manifestano nel volgersi dell'arte verso rappresentazioni visive, immaginarie o storicamente fondate, come Atlantide, la torre di Babele, la distruzione di Pompei, la torre di Tatlin, le Torri Gemelle, simboli della vanità dei progetti grandiosi, della finitezza degli sforzi umani, del ritmo ciclico dell'essere storia. In questo senso il progetto di Kantor è dedicato alla crisi delle "grandi utopie" (a differenza delle "piccole utopie" rappresentate dal curatore Germano Celant alla Fondazione Prada, "The small Utopia Ars Multiplicata"). Come scrive Kantor, l'Oceano del tempo ha inghiottito le ambizioni di molti imperi: sono andati a fondo Babilonia e l'Egitto, l'Impero Mongolo e l'Impero Ottomano e l'Unione Sovietica. L'artista ritiene che lo stato attuale della civiltà occidentale corrisponda alla fase della bassa marea storica alla quale inevitabilmente fa seguito un'alta marea potente e minacciosa. La metafora del mare, dominante nella mostra, trasmette il quadro del movimento del tempo, per l'autore il mare è l'immagine del tempo che vive con leggi proprie. Il mare che si allontana è l'immagine chiara della recessione della civiltà.


Le basse maree oceaniche denudano il rilievo del fondo e la gente si muove confusa con l'acqua fino al ginocchio, metafora evidente del senso di smarrimento dei nostri giorni. Alla bassa marea segue inevitabilmente l'alta marea, seguono le rivoluzioni, le guerre e le tempeste. L'oceano avanza e tutto avvinghia con il suo manto. Alternando le immagini di alte e basse maree l'artista ci fa sentire la dinamica dei cicli storici. L'immagine della Torre-Stato, come l'artista rappresenta Atlantis, una civiltà ambiziosissima, ma costruita su fragili fondamenta, è il concetto centrale della mostra. Questa costruzione ha in sé i tratti della Torre di Babele (come la ricordiamo nell'opera di Bruegel e nelle incisioni medievali), della cattedrale gotica (un tempio che si staglia nel cielo), del grattacielo americano (simbolo dello sforzo e della vittoria dell'attività imprenditoriale) e della torre di Tatlin (il progetto utopico di una società di uguali). Ciascuno di questi progetti è un simbolo della civiltà. L'autore ha unito tratti per noi riconoscibili in un'unica immagine: il tempio della civiltà. La sorte di questa strana costruzione al centro dell'oceano, appare all'artista prederterminata. Un altro spazio è destinato agli eroi della storia di Atlantis, ideologi e politici che suggeriscono le concezioni dello sviluppo della società. La nostra “Torre” noi l'abbiamo costruita con le loro istruzioni. In questo modo l'autore mostra il pantheon dei “Padri dei Tempi Nuovi”: uomini politici da Lenin a Roosevelt, da Churchill a Mussolini per arrivare fino a Sarkosy, a Putin e a Obama. Alcune di queste figure l'autore le mostra in primo piano: nel pantheon dei profeti atlantidei si distinguono Marx, Lenin e Savonarola. Il concetto è ulteriormente esplorato in

Vulcanus, il terzo portfolio di Maxim Kantor, che comprende 71 litografie con la cronica dell'ultimo secolo di storia. Alexander Borovsky Responsabile della sezione Arte Contemporanea del Museo Russo di San Pietroburgo osvaldo@barryfriedmanltd.com arbanoc@gmail.com Palazzo Zenobio Fondamenta del Soccorso, Dorsoduro 2596 - Venezia





Omar Galiani Il sogno della Principessa Lyu Ji


OMAR GALLIANI. Il sogno della Principessa Lyu Ji al Florian Dura un po’ più di una sola notte d’estate il Sogno della Principessa Lyu Ji al Florian di Venezia. Dal 30 maggio al 30 settembre gli storici arredi della Sala Cinese del più antico e famoso Caffè veneziano saranno arricchiti dalla sua meravigliosa presenza. Al posto delle esotiche e sensuali figure femminili dipinte dal Pascutti ci sarà solo Lei, evocata da una immagine doppia, anzi siamese. E tutto intorno, dal pavimento al soffitto, tavolini, divanetti e sedie comprese, una pioggia di simboli, il regno di una Principessa da sogno: fiori, libri, pergamene, strumenti musicali, carte di un regno di terra e di acque, insieme all’occorrente per rendere ancora più affascinate una bellezza che è già assoluta perfezione. A creare questa magia è Omar Galliani, artista scelto per l'esposizione “Temporanea – Le realtà possibili del Caffè Florian”, il raffinato appuntamento con un grande interprete dell’arte contemporanea internazionale che il Caffè Florian propone ad ogni cadenza di Biennale. Un legame, quello tra il Florian e la Biennale, davvero profondo dato che è proprio sui divanetti di questo Caffè che alla fine dell’800 Riccardo Selvatico e i suoi amici maturarono l’idea di organizzare a Venezia un’esposizione d’arte biennale come omaggio al Re Umberto e alla Regina Margherita. Idea che portò, nel 1895, alla prima Esposizione Internazionale d’Arte, divenuta poi famosa nel mondo come La Biennale di Venezia.

L’istallazione dedicata a Lyu Ji è un vero atto d’amore da parte dell’artista. Ecco come lo stesso Galliani descrive questo suo Omaggio alla meravigliosa Principessa d’’Oriente: ”nell'ultima notte delle nove rose bianche i tuoi capelli d'ebano si sono intrecciati alle mie cento matite che ho consumato sulle quattro pareti e un soffitto nella sala ad oriente dell' unica città d'acqua d'occidente. Il tuo volto si specchia tra cristalli e stucchi di un tempo che galleggia su stesso nell'attesa del the verde del pomeriggio o nell'ultimo calice di cristallo della notte. Nel riflesso dei tuoi occhi si specchiano gli oggetti di una geografia senza nome . alle latitudini si accendono e sovrappongono i riti dell' ospitalità tra il tuo soffitto dei sogni e la tua cosmesi nascosta. Su piccoli tavoli di marmo ho inciso il tuo nome dove i calici di mille cristalli hanno baciato le tue labbra di porpora pallida treccia d'oriente. La mia matita ha cercato nella notte dei tuoi sogni il contorno del tuo profilo. dimora d'eleganza e fragranza tra oriente e occidente il Florian custodirà il tuo respiro… muta bellezza senza nome”. In Lyu Ji Omar Galliani focalizza i suoi ricorrenti personaggi femminili e, insieme, la sua passione per l’Oriente. L’istallazione al Florian è un sublime, intenso omaggio alla femminilità, alla magia di uno sguardo dagli occhi color della notte, all’immagine reale e a quella evocata, potremmo dire all’aura, di ogni donna. Un atto d’amore sensualissimo, pregnante e insieme etereo di ogni uomo innamorato per la sua donna. E insieme un omaggio all’Oriente e alla Cina, territorio dove l’artista è da anni protagonista con mostre nei grandi musei dei diversi Paesi.


Niente meglio di Venezia e dell’unico Caffè che negli anni di Casanova e Goldoni ammetteva anche le donne, per dar conto di questo profondo innamoramento, del legame tra l’artista e il femminino, tra l’uomo e quel meraviglioso, eterno mistero che è la donna. Ogni donna, “muta bellezza senza nome”, al di là dell’anagrafe, archetipo di un sentimento assoluto. Per lo meno finché dura il sogno. La magica stanza " disegnata " avrà come destino il viaggio in quanto si sposterà poi negli altri Florian del mondo. Lyu Ji continuerà il suo viaggio quale ambasciatrice tra oriente e occidente. In posizione privilegiata sotto i portici delle Procuratie Nuove in Piazza San Marco a Venezia, il Caffè Florian fu aperto il 29 dicembre 1720 da Floriano Francesconi con il nome di “Alla Venezia Trionfante”, ma ben presto la clientela prese l’abitudine di chiamarlo “Florian”. Da allora il locale rappresenta un ritrovo per artisti, intellettuali, politici e personaggi illustri nonché punto di incontro di svariate realtà. Piazza San Marco - Venezia orario 10 – 24 tel. 041 5205641 fax 041 5224409 info@caffeflorian.com - www.caffeflorian.com La mostra è a cura di Stefano Stipitivich Comunicazione e Relazioni Esterne: Silvia Zanella szanella@caffeflorian.com In collaborazione con Artribu Contemporary Art Gallery Roma Ufficio Stampa: Ufficio stampa Caffè Florian

Studio Calliandro Comunicazione Tel: 041.5232237 – 349.4332873 Email: press@studiocalliandro.it Studio Esseci di Sergio Campagnolo Tel. 049.663499 Referente: Stefania Bertelli; gestione1@studioesseci.net www.studioesseci.net



Rudolf Stingel


Dal 7 aprile al 31 dicembre 2013 Palazzo Grassi – François Pinault Foundation presenta una esposizione personale di Rudolf Stingel. Curata dall’artista stesso, con il coordinamento di Elena Geuna, la mostra si svilupperà su tutta la superficie espositiva del palazzo, coinvolgendo atrio, primo e secondo piano. Sarà la prima volta che l’intero spazio del museo viene dedicato a un unico artista. Rudolf Stingel, nato nel 1956, vive e lavora tra New York e Merano, sua città natale. La sua opera è stata al centro di mostre personali in molte istituzioni internazionali, tra cui la Secession a Vienna (2012), la Neue Nationalgalerie a Berlino (2010), il Museum of Contemporary Art a Chicago, il Whitney Museum of American Art a New York (2007), il Museum für moderne Kunst di Francoforte (2004) e il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento (2001). Ha inoltre partecipato alla Biennale di Venezia nel 1993 e 2003. L’artista è anche stato presente nelle esposizioni “Where Are We Going?” (2006), “Sequence 1” (2007), “Mapping the Studio” (2009-10) e “Il mondo vi appartiene” (2011) a Palazzo Grassi. Il progetto si iscrive nel programma di monografie di grandi artisti contemporanei, inaugurato nell’aprile 2012 con Urs Fischer (“Madame Fisscher”), e presentato in alternanza e complementarietà alle esposizioni tematiche della collezione François Pinault Foundation. La mostra “Rudolf Stingel” rimarrà aperta a Palazzo Grassi fino al 31 dicembre 2013, nel corso di tutta la 55a Biennale di arte contemporanea

Luogo: Palazzo Grassi Curatori: Rudolf Stingel, Elena Geuna Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 07 Aprile 2013 Data fine: 31 Dicembre 2013 Telefono per informazioni: +39 02 87238004 www.palazzograssi.it






Prima Materia


Prima Materia. Opere dalla Collezione Pinault Adel Abdessemed, Robert Barry, Alighiero Boetti, James Lee Byars, Marlene Dumas, Ryan Fitch & Lizzie Trecartin, Lucio Fontana, Llyn Foulkes, Theaster Gates, Dominique Gonzalez Foerster, Loris Gréaud, Mark Grotjahn, David Hammons, Roni Horn, Kishio Suga, Koji Enokura, Lee Ufan, Sherrie Levine e al. A partire da giovedì 30 maggio, in occasione della 55. Biennale internazionale di Arti Visive di Venezia, Punta della Dogana aprirà al pubblico l’esposizione Prima Materia. François Pinault ha affidato la curatela della mostra a Caroline Bourgeois e Michael Govan. L’esposizione raccoglierà un insieme di circa 80 opere, dal 1960 a oggi, realizzate da artisti della Collezione Pinault. Prima Materia propone un dialogo tra importanti movimenti storici - come il Mono-Ha e l’Arte Povera – e monografici, con i lavori di Llyn Foulkes, Mark Grotjahn e Marlene Dumas. Prima Materia include anche una selezione di importanti installazioni di artisti come Diana Thater e Ryan Trecartin & Lizzie Fitch, reimmaginate per gli spazi di Punta della Dogana, sino a nuove opere commissionate appositamente per la sede espositiva, realizzate da Loris Gréaud, Philippe Parreno, Theaster Gates. Oltre la metà degli artisti e la quasi totalità delle opere esposte sono presentate per la prima volta nell’ambito di un’esposizione della Collezione Pinault. Tra gli artisti in mostra: Adel Abdessemed, Robert Barry, Alighiero Boetti, James Lee Byars, Marlene Dumas, Ryan Fitch & Lizzie Trecartin, Lucio Fontana,

Llyn Foulkes, Theaster Gates, Dominique Gonzalez Foerster, Loris Gréaud, Mark Grotjahn, David Hammons, Roni Horn, Kishio Suga, Koji Enokura, Lee Ufan, Sherrie Levine, Mario Merz, Bruce Nauman, Nobuo Sekine, Roman Opalka, Giulio Paolini, Philippe Parreno, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Bridget Riley, Thomas Schütte, Shusaku Arakawa, Susumu Koshimizu e Diana Thater. L’esposizione Prima Materia sarà accompagnata da un catalogo, edito da Electa, che raccoglierà contributi e conversazioni inedite con gli artisti in mostra, realizzati tra gli altri da Caroline Bourgeois, Germano Celant, Erich Franz, Madeleine Gins, Michael Govan, Jarrett Gregory, Fabrice Hergott, Philippe Alain Michaud, Hans-Ulrich Obrist, Adrian Searle, Franklin Sirmans, Ali Subotnick e Jochen Volz. Con Prima Materia, Punta della Dogana inaugura un nuovo ciclo di commissioni specifiche per il “Cubo”, spazio centrale dell’edificio, di cui è baricentro architettonico e cuore simbolico. Ogni anno, un artista sarà invitato a concepire un progetto specifico per questo luogo. Per la prima edizione del programma, Punta della Dogana accoglierà l’artista cinese Zeng Fanzhi.


Parallelamente all’esposizione, il Teatrino di Palazzo Grassi, il nuovo auditorium da 225 posti, interamente restaurato da Tadao Ando, presenterà un programma di film d’artista della Collezione Pinault, con opere di Philippe Parreno, Loris Gréaud e Anri Sala. Luogo: Fondazione Francois Pinault - Punta della Dogana Curatori: Caroline Bourgeois, Michael Govan Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 30 Maggio 2013 Data fine: 31 Dicembre 2014 Costo del biglietto: intero € 15, ridotto € 10 Telefono per informazioni: +390412401304





Qiu Zhijie. L’Unicorno e il Dragone


Qiu Zhijie. L’Unicorno e il Dragone Luogo: Fondazione Querini Stampalia Curatori: Chiara Bertola, Davide Quadrio Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 29 Maggio 2013 Data fine: 18 Agosto 2013 Telefono per informazioni: +39 041 2711411 L’artista cinese Qiu Zhijie, curatore dell’ultima Biennale di Shanghai, presenterà alla Fondazione Querini Stampalia una selezione di opere inedite in occasione della sua prima mostra personale in Italia durante la 55. edizione della Biennale d’Arte di Venezia. Attraverso un’articolata ed eterogenea scelta di lavori, l’artista esplorerà le dinamiche complesse che tracciano gli itinerari spaziali e temporali tra Occidente ed Oriente, tra passato e presente. Considerato nel panorama artistico cinese come un vero e proprio intellettuale - nel senso rinascimentale della parola - Qiu Zhijie è un pensatore, un attivista, un poeta, un cartografo e persino un archivista del sapere. Nessuno meglio di lui potrebbe esplorare queste storie intricate che si estendono parallelamente nel tempo e nello spazio. Come artista Qiu Zhijie definisce il suo modo di operare come “arte totale”, sostanzialmente una presa di coscienza che la creazione artistica non può essere sradicata e sottratta alla situazione storica e culturale che la circonda e che l’ha innestata. La mostra di Qiu Zhijie è la prima tappa di New Roads, un progetto triennale di collaborazione internazionale

tra Cina e Italia nato dalla volontà di creare una piattaforma di dialogo multiculturale attraverso l’arte contemporanea. L’opera dell’artista si vuole focalizzare quindi anche sul processo di trasformazione di quelle immagini che, pur strutturate già da antichi innesti di forme, vengono “contaminate” e trasformate dall’interazione e comunicazione tra culture. Queste commistioni di significati mistici e forme verranno rappresentati da Qiu Zhijie anche attraverso una serie di sculture in vetro di animali mitologici che racchiudono immagini provenienti da due depositi di memoria: le collezioni del Museo veneziano e del Museo Aurora di Shanghai.






Roy Lichtenstein Sculptor


Roy Lichtenstein Sculptor L'esposizione, a cura di Germano Celant, consiste di 45 opere tra disegni, collages, maquettes, modelli e sculture in bronzo, datati tra il 1965 e il 1997, che provengono dalla Fondazione Roy Lichtenstein di New York, nonché da musei e collezionisti privati. Tale imponente raccolta viene presentata per la prima volta in Europa per documentare la complessa e vasta produzione scultorea dell'artista. Seppure il suo interesse per la scultura nasca negli anni quaranta con esperimenti di rilievo su pietra o di stratificazioni in carta, le prime testimonianze capaci di riflettere un linguaggio maturo datano dal 1964, quando la sua pittura arriva a nutrirsi delle immagini tratte dai mass-media, in particolare dal fumetto. Da qui scaturiscono le figurazioni in ceramica che partendo da una fonte bidimensionale, cartacea, si articolano nella tridimensionalità a formare una testa o una pila di tazze o un'esplosione. Sono motivi trasferiti da una fonte iconica popolare, insignificanti e di carattere non estetico, a cui l'artista intende dare un valore artistico, come se fossero costanti di una cultura modernista che va da Brancusi a Calder. E' un percorso che si dipana sino al 1997, data della sua prematura scomparsa, attraverso decine e decine di sculture che vanno dalla figurazione all'astrazione, così da oscillare tra le definizioni plastiche e decorative dell’Art Decò, formato dalla combinazione di brass e vetro, ai profili di teste femminili o di sculture moderniste che riflettono il fare espressionista, neoplastico e surrealista . Costante di tale fare dal 1965 è tuttavia la messa in superficie della scultura, vale a dire un trattamento appiattente del volume che si trasforma in linea e colore compatto, seppur dotato

di spessore di un pollice, come se l'insieme dovesse risultare un collage di ritagli da giornale o da rivista. Simile procedere dà corpo, dal 1976 a sculture "di profilo" dove la profondità e le ombre dell'oggetto trattato, una lampada, uno specchio o una caffettiera, oppure un volto, una sirena o una casa, sono poste sullo stesso piano, come se fossero schiacciate e compresse su una stessa superficie. Una totale sintonia con i dipinti dove le differenze prospettiche sono annullate a favore di pieni e di vuoti, di trasparenze e di opacità che non lasciano intravedere alcuna profondità, se non la piattezza insignificante del messaggio tratto dal cartoon. Un percorso ricco di ironia e di raffinatezza visuali dove la rappresentazione popolare sfugge alla sua banalità per affermarsi come sublime trattato sull'appiattimento dei mass-media. Luogo: Magazzini del Sale Data inizio: 28 Maggio 2013 Data fine: 24 Novembre 2013 Telefono per informazioni: 0415226626





Tàpies. Lo sguardo dell'artista


Tàpies. Lo sguardo dell'artista Antoni Tàpies, Joan Miró, Pablo Picasso, Kazuo Shiraga, Franz Kline, Jackson Pollock, Jannis Kounellis Luogo: Palazzo Fortuny Curatori: Daniela Ferretti, Natasha Hébert, Toni Tàpies, Axel Vervoordt Città: Venezia Provincia: Venezia Data inizio: 01 Giugno 2013 Data fine: 24 Novembre 2013 Telefono per informazioni: 0415200995 Lo “sguardo” di Antoni Tàpies: ovvero il suo sentire le cose, il suo guardare attorno a sé senza limiti di tempo e di spazio alla ricerca di risposte sull’universo, la natura umana, l’arte, il mistero della vita. A un anno dalla scomparsa del geniale artista catalano (Barcellona 1923-2012), figura chiave dell’informale internazionale, la Fondazione Musei Civici di Venezia e la Vervoordt Foundation gli rendono omaggio con un’affascinante mostra, che mira a svelare l’essenza dell’arte di questo indiscussoprotagonista del Novecento, attraverso il “suo sguardo” e dunque quei riferimenti culturali, artistici, emozionali che egli scorgeva in una pluralità di espressioni o oggetti d’arte – tra i più vari – raccolti nella sua collezione privata. Uno sguardo al tempo stesso esteriore e interiore. Tàpies, che nella sua lunga vita ha ottenuto i massimi riconoscimenti, tra cui la medaglia d’oro per le Belle Arti dal Re Juan Carlos, la Laurea honoris causa dal Royal College of Art di Londra (1981) e il premio per la

pittura alla Biennale di Venezia del ’93, si è interrogato costantemente sui misteri dell’esistenza, cercando il tratto comune dell’umanità al di là dei generi, del tempo e del luogo; un senso intrinseco, un “potere universale” nelle cose da cui trarre stimoli e possibili strade. Arte antica, moderna o contemporanea di diversi generi e provenienze da Marcel Duchamp e Paul Klee a Lucio Fontana, da Wassily Kandinsky a Miró, Picasso, Goya, prodotti di culture lontane come l’arte asiatica e africana e ancora musica, poesia, filosofia e scienza per “fecondare” la contemporaneità. In mostra: opere chiave del grande artista insieme a un nucleo di oggetti, testimonianze e opere della sua collezione e ai lavori di alcuni tra i più noti artisti contemporanei, chiamati appositamente a confrontarsi sui temi e le istanze dell’arte di Tàpies.





The immigrants. Experiment 2


The immigrants. Experiment 2 Poche altre hanno la potenza icastica e la densità semantica della parola immigrante. Il progetto artistico The Immigrants, ideato da Federico Luger, parte proprio da qui, da questo universo di senso che in poche lettere delimita un territorio - come una frontiera- e allo stesso tempo suggerisce un mondo altro, come un sogno. Il titolo The “Immigrants” contiene in poche parole l’invito al viaggio, all’immaginazione di un futuro, la promessa di una terra immaginata o immaginaria, l’occasione di lasciarsi alle spalle le frontiere sociopolitiche e forse l’invito a indossare un altro habitus mentale. ?Come tutti i viaggi, anche The Immigrants è un progetto in fieri mosso dalla determinazione e dall’astuzia di scovare e costruire un’ alternativa a spazi saturi o semplicemente l’invito alla proiezione verso un futuro ancora tutto da disegnare, senza muoversi dal proprio ambiente in un gioco di abbandono e riconquista, di fiducia e di sogno. In questo esperimento una collettiva di artisti appartenenti a diverse generazioni e nazionalità, si incontra sull’isola della Giudecca, un quartiere storico e popolare di Venezia, creando una sorta di terminal, di stazione di scambio in cui s’incrociano esperienze e visioni diverse, proprio come accadeva nei porti secoli or’ sono. L’intenzione di questo esperimento è, infatti, quella di rileggere i concetti di limite, di frontiera e di appartenenza. Non a caso, The Immigrants ha come cornice privilegiata l’isola della Giudecca e come alloggio un’ex distilleria in disuso, accanto alla storica officina di Mariano Fortuny. Lambita dalle acque della laguna, l’isola della Giudecca rappresenta un

osservatorio eccezionale per uno sguardo caleidoscopico sulla realtà del viaggio, allo stesso tempo distaccato, analitico e sognante. Alighiero Boetti (Torino 1940-Roma 1994) 12 forme a partire dal 10 giungo 1967 è il primo lavoro che Boetti dedica alla geografia politica, spinto dalle continue notizie di focolai di guerra riportati dai giornali: dalla “battaglia del Sinai” scoppiata nel 1967 tra Egitto e Israele alla separazione del Bangladesh dal Pakistan nel 1971. “Ho ripreso tale e quale la prima pagina de “La Stampa” che riproduceva questa carta, ma cancellando tutto il resto - tranne la data - e l’ho incisa su una lastra di rame. Avevo capito che ogni volta che si trova una forma sulla prima pagina di un giornale […] qualcosa di importante si era prodotto.” In alto è indicata la data di pubblicazione dell'articolo. Private di qualsiasi carattere didascalico o illustrativo, le sagome dei territori si trasformano in pure “forme”, nate non dall'immaginazione dell'artista ma da ma da attacchi d’artiglieria, raid aerei e negoziati diplomatici. Igor Eškinja (Rijeka 1975) Il lavoro di Eškinja conduce l’osservatore sulla soglia fra “realtà oggettiva” e illusione, sul punto limite in cui si pone un oggetto ridotto al minimo sospeso tra le due dimensioni. In mostra sono presenti due lavori paradigmatici della produzione dell'artista: Somewhere in East Europe (2010), che contrariamente al luogo comune per cui l'espressione artistica dell'est Europa sia pessimistica, si propone come un energico atto di positività attraverso l’immagine fotografica di un tavolo che proietta la frase luminosa sul pavimento.


The Day After (2011), della serie fotografica omonima, rappresenta con la stessa semplicità emotiva l’idea di vastità del mare, riprodotto fotografando della polvere, meticolosamente organizzata sul pavimento, raccolta nel posto stesso dell'installazione. I lavori di Eškinja, nascono da effimere e complesse situazioni site-specific, raccontano la forza e la vitalità dell’arte che sopravvive al tempo e resiste alla sfuggevole mutevolezza del contesto umano, sociale e politico. Franklin Evans (Reno 1967) Evans continua ed espande la sua ricerca sul tema del tempo e la sua ripetizione, tema già presente nei suoi più recenti progetti espositivi. L'installazione site-specific pensata per gli spazi della Giudecca è composta da dipinti e modulazioni architettoniche fatte di nastri colorati e, per la prima volta arricchite da una serie di fotografie. Il tempo, la memoria e il materiale visivo si fondono in un unico ambiente avvolgente, evidenziando il feedback costante e non lineare tra di essi. Nell’elaborazione di Evans, l’immagine-tenda diventa una struttura, un’esperienza architettonica che guida lo spettatore attraverso un luogo virtuale. Jacob Hashimoto (Greeeley Colorado 1973) Hashimoto usa materiali eterei per creare opere che, in diversi strati, compongono insieme elementi caratteristici sia della pittura che della scultura, combinando quindi bidimensionalità e tridimensionalità. Le sue opere sono colorate e astratte, pur rimandando a elementi figurativi come onde o nuvole. La dimensione estetica non è superficiale, ma è parte intrinseca del suo lavoro.La sovrapposizione di diverse

unità modulari, ripetute con grande virtuosismo, contribuiscono a creare l’opera in mostra come un tutto impattante e sottile allo stesso tempo. Rhadika Khimji (Muscat 1979) ha studiato alla Slade School of Fine Art e alla Royal Academy of Fine Art a Londra. Il lavoro di Khimji indaga i temi del post-colonialismo, delle gerarchie sociali e della violenza nei confronti delle donne. Il suo lavoro consiste in un laborioso processo creativo che la porta a realizzare principalmente installazioni e disegni. Le superfici delle sue opere fungono da piattaforme che le permettono di affrontare questioni legate sia alla politica che alla sfera privata, un terreno complesso talvolta autobiografico e talvolta astratto. Traspare una certa malinconia nei confronti di un luogo storico, la ricerca per un luogo futuro, dove gli spostamenti continui tra differenti piani temporali del disegno, della scultura e del ricamo creano vuoti e dislocamenti che manifestano la discontinuità tra luoghi e oggetti. Una tessitura di ricordi e identità. Gianni Pettena (Firenze 1940) Artista attivo negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta e Settanta nel contesto del movimento Land Art, è stato anche esponente del movimento italiano Architettura Radicale. In mostra sono presenti undici fotografie della serie Wandering Through-USA 1971-73. The Curious Mr. Pettena, intenzionalmente conservate dall’artista come un taccuino di appunti, come schizzi e non come opere finite. Sono sporche e vissute come appunti di un viaggio sofferto ma appagante, uno spaccato su una serie di fascinazioni documentate fotograficamente che hanno influenzato notevolmente le opere successive.


Pettena usa la fotografia da artista, le sue scelte dello strumento sono parte di una grammatica precisa. La serie prescelta è tratta da una selezione recentemente riscoperta in occasione della mostra personale presso gli spazi della galleria Federico Luger a Milano. Luca Pozzi (Milano 1983) Pozzi è ossessionato dalla coesione tra la grammatica artistica e quella scientifica. I suoi sforzi sono finalizzati alla costruzione di un sistema visivo autosufficiente in grado di accogliere le recenti scoperte nel campo della gravità quantistica. In mostra è presente “PI Wall String” un sistema pittorico a sette dimensioni (SU7) composto di 49 barre di alluminio mandorlato piegate a mano. Le polarità di ciascuna barra sono connesse a distanza attraverso l'attrazione magnetica di due palline da ping-pong colorate. Coerentemente con la ricerca di Pozzi sulla Loop Quantum Gravity il lavoro determina l’emersione di pattern cromatico sospeso nel vuoto un ipotetico campo gravitazionale ricreato con la simbologia di oggetti ludici di uso comune. Richard Prince (Panama Canal Zone 1949) L'appropriazione (o re-photography) in Richard Prince è parte fondamentale del suo lavoro fin dagli anni 80. Dai celebri cow boys della Marlboro country agli oggetti di desiderio come gli orologi o le automobili prese da riviste di moda, rappresentano uno status dell'American way of life di quegli anni. Presente in mostra, Untitled - Angie Dickinson (1985), fa parte di una serie di fotografie nelle quali Prince si appropriò di film stills di film di Brian De Palma. Giovanni Rizzoli (Venezia 1963)

ha indagato le possibilità dell’arte praticando il disegno, la scultura e la pittura nonché ha creato numerose installazioni. L’artista ha sviluppato una specifica maniera di dipingere che chiama “pittura con la flebo” che non permette la scelta oltre al momento dell’apertura e della chiusura dello switch del deflussore e del posizionamento dell’ago, detto farfalla, sul tessuto. I lavori presente in mostra appartengo unicamente a questa serie perché Rizzoli trova questa pratica, che ha iniziato più di vent’anni fa, antropologicamente attualissima: a differenza delle esperienze di vari artisti degli anni sessanta, è l’atto formale che unisce all’espressione di una condizione umana, quella del tempo della guarigione e della malattia, la nuova possibilità di fare una pittura che si rivela essere simbolica, erotica, ma allo stesso tempo incontrollabile e dunque pittura come responso, quasi pittura divinazione. Santiago Sierra (Madrid 1966) È uno degli artisti più conosciuti nel panorama artistico internazionale. Ha esposto in prestigiosi musei ed istituzioni come MoMA PS1, New York; Reykjavik Art Museum; ARTIUM, Vitoria-Gasteiz; Museo MADRE, Napoli; 50° Biennale di Venezia; Tate Modern, Londra. Le opere in mostra dell’artista spagnolo fanno parte della serie Maiali che divorano le penisole Ellenica, Italica e Iberica. Queste immagini sono il risultato di un ciclo de performances iniziato nel 2012 ad Amburgo, in cui i maiali hanno “divorato” la penisola Ellenica; dopo a Lucca, la penisola Italica e finalmente a Milano, la penisola Iberica. La metafora è evidente: Le entità finanziarie europee che si stanno letteralmente mangiando territori reali.


Traslochi Emotivi (casa di produzione indipendente fondata da Giulia Currà nel 2010) Il video presente in mostra, Kabul-Roma Roma -Kabul (2010) presenta il rapporto di amicizia e collaborazione artistica e professionale tra Salmon Alì e Alighiero Boetti. Alì racconta l'incontro con Boetti a Kabul nei primi anni settanta, e dal 75' in poi, invitato da Boetti, si concentra sul suo trasloco a Roma dove lavorerà accanto all'artista per tutta la vita, quasi come se Boetti fosse il suo alter ego. Il video Kabul-Roma Roma -Kabul è stato esposto a Spruth Magers London, Le Case d'Arte Milano e l'Auditorium Rai Torino. La mostra è stata realizzata con la collaborazione di: Ghostart, Le Case d’Arte, prometeogallery di Ida Pisani, Studio La Città, Federico Luger Gallery. SEDI VARIE vernissage: 30 maggio 2013. h 11 Giudecca 800/r 30133 Venezia. curatori: Federico Luger autori: Alighiero Boetti, Traslochi Emotivi, Franklin Evans, Igor Eškinja, Jacob Hashimoto, Rhadika Khimji, Gianni Pettena, Luca Pozzi, Richard Prince, Giovanni Rizzoli, Santiago Sierra note: Indirizzo: Giudecca 800/r - 30133 Venezia.






Il Palazzo di Everything + The Salon of Everything


Il Palazzo di Everything + The Salon of Everything Serra dei Giardini | Viale Giuseppe Garibaldi 1254 | Venezia The Museum of Everything svela un maestro Italiano finora nascosto Con oltre 500.000 persone che hanno visitato le sue mostre nel mondo dal 2009, The Museum of Everything è l’istituzione itinerante di fama mondiale per artisti non accademici, non conosciuti, non intenzionali e non classificabili. Il 29 Maggio 2013, The Museum of Everything inaugurerà Il Palazzo di Everything, Evento Collaterale della 55ma Biennale di Venezia, che includerà oltre dodici artisti autodidatti, da sempre rappresentati dal museo. Per celebrare la sua partecipazione, The Museum of Everything svelerà un’installazione di 50 dipinti di uno dei più importanti artisti autodidatti italiani del XX secolo: Carlo Zinelli (1916–1974), nato in provincia di Verona a 100km da Venezia. Durante la sua vita, l’autobiografia visiva di Zinelli è stata celebrata da Jean Dubuffet, André Breton, Dino Buzzati. Questi dipinti, che sono stati esposti raramente, sono stati creati nell’atelier dell’ospedale psichiatrico provinciale di San Giacomo alla Tomba di Verona dove l’artista ha vissuto dopo il suo ritorno dalla Guerra civile Spagnola essendo afflitto da psicosi paranoide. La retrospettiva di Zinelli presentata da The Museum of Everything non riguarda semplicemente la riscoperta di un artista postmoderno ma riguarda l’idea “dell’altro”

nella storia ell’Arte, cos’è l’Arte e chi può essere un artista. The Salon of Everything ha il piacere di invitarvi ad un forum aperto Possiamo chiamare qualcosa Arte anche quando colui che la produce non la definisce tale? C’è una differenza tra la produzione di arte pubblica e arte privata? Gli artisti/non artisti gli artisti autodidatti e non intenzionali sono l’anello mancante nell’Arte Contemporanea? The Museum of Everything invita tutti a partecipare alla rivoluzione autodidatta a The Salon of Everything: una libera e continua conversazione con artisti, curatori, scrittori e pensatori di spicco, che sarà documentata in collaborazione con la BBC – ogni pomeriggio presso Il Palazzo di Everything. Per ulteriori dettagli: www.musevery.com, o venite a trovarci presso la Serra dei Giardini tra i Giardini e l’Arsenale, dove potrete anche trovare The Café of Everything – l’unico happening bar e brasserie vicino ai Giardini. www.musevery.it dal 29 Maggio al 28 Luglio inglese: www.musevery.com dalle 10 alle 20 ufficio stampa: pr@musevery.com area stampa: silvia.macchetto@gmail.com The Salon of Everything Serra dei Giardini dal 28 Maggio al 10 Giugno Viale Giuseppe Garibaldi, 1254 dalle 12 alle 18 Castello 30122, Venezia





ARMIN LINKE E DONATO DOZZY /RABIH BEAINI

TIME LAPSE


ARMIN LINKE E DONATO DOZZY /RABIH BEAINI TIME LAPSE Negozio Olivetti Piazza San Marco, 101 (Procuratie Vecchie) Venezia dal 30/5/2013 al 24/11/2013 In occasione della 55. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia il Negozio Olivetti, gioiello del FAI - Fondo Ambiente Italiano in piazza San Marco, ospita il progetto inedito TIME LAPSE. Armin Linke e Donato Dozzy/Rabih Beaini al Negozio Olivetti, a cura di Bartolomeo Pietromarchi, curatore del Padiglione Italia per cui ha ideato la mostra vice versa e Direttore del MACRO di Roma. La mostra presenta un'installazione sonora di Donato Dozzy, realizzata in collaborazione con il Dj e produttore Rabih Beaini, che propone una sonorizzazione elettronica, concepita a partire dal ticchettio delle macchine da scrivere Olivetti, oggi in esposizione nello showroom veneziano. Accanto all'installazione dei primi due artisti sarĂ possibile ammirare una serie inedita di scatti fotografici del Negozio realizzati appositamente da Armin Linke. TIME LAPSE costituisce quindi una vera e propria rilettura dell'architettura di Carlo Scarpa attraverso il suono e la fotografia.




VEDOVA PLURIMO


VEDOVA PLURIMO Dal 18 maggio al 13 ottobre 2013 Museo Correr, Ca’ Rezzonico, Venezia Dal 31 maggio al 13 ottobre 2013 Ca’ Pesaro, Venezia Quest’anno Emilio Vedova parla a tutta la città di Venezia, le sue opere “abitano” alcuni tra i più prestigiosi spazi culturali cittadini. Tra questi non potevano mancare tre luoghi di “culto” della museografia lagunare come il Museo Correr, Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano e Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna, che, con le loro collezioni permanenti, si “aprono” a uno straordinario “confronto-incontro” con l’opera del grande maestro veneziano, attraverso un filo conduttore comune denominato “Vedova Plurimo”. È con questo titolo che prende vita il progetto promosso con la collaborazione della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova e curato da Germano Celant, e con il progetto espositivo di Daniela Ferretti, che sollecita a rileggere alcune magistrali opere del grande artista alla luce della storia artistica della città lagunare che, inevitabilmente, ha permeato anche la sua straordinaria personalità. Al Museo Correr, nella Sala delle Quattro Porte, uno dei pochi ambienti delle Procuratie Nuove che ha conservato sostanzialmente intatta la struttura originale, risalente tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, sarà installato il Disco Chi brucia un libro brucia

un uomo, del 1993, realizzato da Emilio Vedova dopo il devastante incendio e la distruzione della biblioteca di Sarajevo negli anni della guerra, esposto insieme al telero Oltre ’86 Museo Correr San Marco 52, 30124 Venezia info@fmcvenezia.it





Vito Acconci Franco Vaccari

Acconci studio intersection


Vito Acconci (1940) e Franco Vaccari, (1936) sono due artisti tra i maggiori esponenti delle avanguardie contemporanee che, senza mai ripetersi, senza mai inseguire mode, sono riusciti a rimanere coerenti nella sperimentazione, consolidando la personale pratica artistica senza trascurare si sorreggerla sempre con un’adeguata consapevolezza teorica. Per la prima volta vengono riuniti insieme in una grande esposizione che racchiude le tappe più significative del loro lavoro dagli esordi ai nostri giorni, mettendolo a confronto con le debite distanze, ma anche con gli elementi di comunanza di percorso e di ricerca. I due artisti pur non avendo avuto contatto diretto tra loro, hanno sviluppato un percorso artistico parallelo, se pur diversificato, che include la poesia visiva, le performances, la fotografia, la pellicola ed il video. Fin dalla metà degli Anni Sessanta entrambi lavorano nella sperimentazione della Poesia Visiva, allontanandosi dalle forme più comuni della rappresentazione poetica del loro tempo. Negli Anni Settanta l'interesse dei due artisti si concentra poi verso il coinvolgimento diretto del pubblico. Acconci lo fa attraverso le sue notissime performances legate alla dimensione del corpo usando quasi esclusivamente piccole stanze o celle, zone ridotte come spazio dove si possa rappresentare il proprio agire privato. Da allora l'opera di Acconci si caratterizza dal rischio e dalla sofferenza e a mano a mano si fa coinvolgere completamente dalle azioni comportamentali sconcertando il suo pubblico.A tal proposito è esplicativa la performance Seed-bed, che si svolge nel 1972 alla galleria Sonnanbed di New York in cui l’artista si masturba pubblicamente. Nello stesso anno Franco Vaccari presenta alla Biennale di Venezia

“Esposizione in tempo reale , Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio”: in una cabina Fotomatic installata in una stanza spoglia nel padiglione ‘I Giardini’ veneziani; sulle pareti solo scritte in quattro lingue diverse che invitavano il visitatore a diventare parte dell’opera, facendosi una fototessera per poi appenderla al muro. Verso la metà degli anni Settanta Acconci abbandona le performances e realizza delle installazioni spaziali, anche se la sua voce comunque è sempre presente per creare una sorta di partecipazione comunitaria. Negli Anni '80 il suo interesse dello spazio lo ha condotto a dar vita allo Studio Acconci, un gruppo di artisti e archiitetti che hanno proposto interventi di una natura ambientale ed architettonica, analizzando il concetto di casa e ambiente. Anche Vaccari realizza alcune opere che si possono ricondurre ad un interesse architettonico. Nella cittadina di Bregenz, Austria è stato costruito un museo d'arte moderna sul quale sovrasta la scritta: 'kunsthaus' che significa 'casa dell'arte' e nel 1998 Franco Vaccari vi è stato invitato in occasione della mostra 'Arte in città'.


Di fianco all'ingresso l'autore ha realizzato una costruzione che fosse l'opposto, per materiali, dimensioni, estetica e imponenza, rispetto a questo enorme edificio. Ha inoltre collocato un'insegna luminosa su questo piccolo edificio, in cui era scritto 'kunsthäuschen' che significa 'casetta dell'arte'. La mostra è realizzata con la diretta collaborazione degli artisti e costituisce un dialogo a distanza tra l’arte europea e statunitense, una verifica storica di consonanze teoriche e di operazioni artistiche ancora in attesa di una adeguata storicizzazione. L’esposizione è realizzata con la collaborazione della galleria Michela Rizzo di Venezia e della galleria P420 di Bologna. Palazzo Pesaro Papafava Cannaregio 3764





When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013


When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013 Dal primo giugno al 3 novembre. Ca’ Corner della Regina, Venezia. a cura di Germano Celant in dialogo con Thomas Demand e Rem Koolhaas è la mostra pensata da Fondazione Prada per la Biennale Arte del 2013 (Ecco una selezione delle opere). Il progetto ricostruisce, in un inedito e sorprendente rifacimento, “Live in Your Head. When Attitudes Become Form”, una mostra ideata e realizzata da Harald Szeemann alla Kunsthalle di Berna nel 1969 e passata alla storia per il radicale approccio del curatore alla pratica espositiva... Questa l’originalissima idea, riproporre oggi in modo letterale una mostra del 1969, mantenendo le originarie relazioni e connessioni visuali e formali tra le opere. L'esposizione, così, riunirà le opere presenti a Berna, quelle ritrovate e provenienti da importanti collezioni private e musei internazionali, nonché interventi sitespecific, “re-enacted” direttamente o in collaborazione con gli artisti oltre a una selezione di fotografie, video, libri, lettere e altri materiali originali relativi alla mostra del 1969. Orari di apertura : 10.00 - 18.00 (chiuso il martedì), la biglietteria chiude alle 17.30. Info: 0418109161.






Where should Othello go?


Where should Othello go? Se nel 2012, in occasione della 13esima Mostra Internazionale di Architettura, Louis Vuitton ha presentato a Venezia la mostra Nicholas Hawksmoor: Methodical Imaginings, quest’anno la griffe francese torna in Laguna per dare il benvenuto a un nuovo spazio culturale: l’Espace Louis Vuitton Venezia. L’apertura al pubblico della 55esima Esposizione Internazionale d’Arte del 1° giugno 2013 ha fatto da cornice all’inaugurazione della prima esposizione allestita nelle sale del nuovo tempio dell’arte firmato LV, situato a due passi da Piazza San Marco, all’ultimo piano della Maison Louis Vuitton Venezia. Stiamo parlando della rassegna Where should Othello go?, visitabile dal 1° giugno al 24 novembre 2013, curata dallo storico dell’arte Adrien Goetz e dal commissario dell’esposizione Hervé Mikaleoff. La mostra ruota intorno a un’opera dell’artista veneto Pompeo Marino Molmenti (1819-1894), restaurata grazie al sostegno di Louis Vuitton, riportando in auge il capolavoro di una figura importante della storia dell’arte veneziana. Il tema del dipinto in questione – La Morte di Otello (1879) – fa riferimento infatti a un personaggio leggendario ed emblematico della Città dei Dogi. Di fronte al quadro di Pompeo Molmenti si erge poi un’installazione audiovisiva di Tony Oursler, classe 1957, intitolata Strawberry-Ecstasy-Green: associando video a forme scolpite di vetro in vari colori – ispirate al lavoro degli artigiani vetrai di Murano – l’artista

contemporaneo statunitense ha riattivato il simbolismo dei colori associati alla tragedia di Otello (il rosso dell’assassinio di Desdemona e del suicidio di Otello; il verde della gelosia; il nero della pelle e della malvagità dell’anima del “Moro di Venezia”). Il progetto Espace Louis Vuitton Venezia è stato reso possibile dalla partnership che il brand ha stretto con la Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE): Louis Vuitton si impegna a restaurare una serie di opere appartenenti alle collezioni della Fondazione MUVE, la quale darà in prestito temporaneamente allo spazio culturale Louis Vuitton di Venezia alcune opere restaurate.





Manet Ritorno a Venezia


Manet. Ritorno a Venezia

con l’Italia e la città lagunare.

Manet. Ritorno a Venezia è il titolo della mostra che la Fondazione Musei Civici di Venezia ospiterà dal 24 aprile al 18 agosto 2013 nelle monumentali sale di Palazzo Ducale: un’esposizione di un’ottantina circa tra dipinti, disegni e incisioni, progettata con la collaborazione speciale del Musée D’Orsay di Parigi, l’istituzione che conserva il maggior numero di capolavori di questo straordinario pittore.

Se Le Déjeuner sur l’herbe e l’Olympia (1863) sono chiaramente variazioni da Tiziano e due splendide testimonianze della relazione di Manet con l’arte italiana, ancora molti sono gli esempi della profonda conoscenza dell’eredità di Venezia, Firenze e Roma, da parte del grande pittore, che la mostra saprà svelare. L’itinerario dell’esposizione, che percorre, attraverso grandi capolavori come Le fifre (1866), La lecture (1865-73), Le balcon (1869), Portrait de Mallarmé (1876 ca.), tutta la sua vita artistica, si apre con una serie di libere interpretazioni di antichi dipinti, affreschi e sculture che Manet vide durante i suoi due primi viaggi in Italia, nel 1853 e nel 1857.

La mostra nasce dalla necessità di un approfondimento critico sui modelli culturali che ispirarono il giovane Manet negli anni del suo precoce avvio alla pittura. Questi modelli, fino ad oggi quasi esclusivamente riferiti all’influenza della pittura spagnola sulla sua arte, furono diversamente assai vicini alla pittura italiana del Rinascimento, come dimostrerà l’esposizione veneziana nella quale il pubblico potrà ammirare, accanto ai suoi capolavori, alcune eccezionali opere ispirate ai grandi tableaux della pittura veneziana cinquecentesca, da Tiziano a Tintoretto a Lotto in particolare. Come è ben noto, gli studi su Manet, il grande precursore dell’Impressionismo, si sono per lungo tempo concentrati sull’idea di una sua diretta discendenza dall’opera pittorica di Velázquez e di Goya, vedendo proprio nell’ispanismo non solo l’unica fonte della sua modernità, ma anche la ragione e lo stimolo per il suo rifuggire dai “ritorni” alla tradizione accademica. Un approccio per così dire progressista, che non tiene però conto della passione di Manet per l’arte italiana della Rinascenza, che fu una fascinazione e un legame davvero intenso, di cui darà piena dimostrazione l’esposizione veneziana, che metterà finalmente in luce il suo rapporto stringente

Immediata risplende l’influenza veneziana, inseparabile dall’audacia con la quale il pittore sonda le istanze contemporanee e si defila dalle convenzioni accademiche. L’Italia del resto non è assente neppure nei dipinti di Manet più legati alla Spagna: la sua pittura religiosa si nutre tanto di Tiziano e Andrea del Sarto quanto di El Greco e Velázquez.


Le sue silenti nature morte, dietro alla fedeltà alle formule olandesi, riservano molte sorprese che non solo rimandano alla tradizione nordica, ma sembrano anche ispirarsi a un vigore cromatico e costruttivo tutto italiano. Quando il pittore si avvicina definitivamente alla “moderna” Parigi, la sua pittura non tralascia la memoria italiana, ma ne resta intrisa di ricordi. Le tele di Lotto e di Carpaccio, pensiamo alle Due dame veneziane affiancate in mostra a Le Balcon, racconteranno di questi legami ai visitatori. Il 1874, anno della I° Esposizione dei Pittori Impressionisti, è anche quello del suo terzo viaggio in Italia, dove ritrova anche la città amata da Turner e Byron, che immortala in due piccole tele, raffiguranti il Canal Grande. È quasi un incrociarsi con l’atmosfera già modernissima dell’ultimo Guardi. In questi due piccoli ma magistrali dipinti, che fungeranno da modello per molta pittura veneziana allo scorcio del XIX secolo, l’aria è così trasparente da far cantare le tonalità dei blu e dei bianchi della sua tavolozza come non mai. E anche nel suo celebre Bal masqué à l’Opéra (ora a Washington), rifiutato quell’anno dai giurati del Salon parigino, risuonano le musiche degli amori mascherati e del gioco ambiguo dell’identità, che sicuramente ha conosciuto attraverso l’opera del veneziano Pietro Longhi. Il terzo momento italiano della sua carriera parla delle ultime esperienze di un artista, che la morte stronca a soli 51 anni (1883). L’ultimo Manet, diviso tra l’esaltazione dei parigini à la page e la svolta repubblicana del 1879, fa gioire la pittura e infiammerà il Salon. Curata da Stéphane Guégan, con la direzione scientifica di Guy Cogeval e Gabriella Belli, la mostra si

propone come un autentico evento: mai la pittura di Manet è stata presentata in maniera così significativa in Italia, e mai è stato affrontato sul piano critico un aspetto così peculiare della sua arte. Il progetto è reso possibile grazie non solo ai prestiti eccezionali del Musée d’Orsay ma anche di tante altre istituzioni internazionali, come il Metropolitan Museum di New York, la Bibliothèque Nationale de France, il Courtauld Institute di Londra, The Museum of Fine Arts di Boston, The National Gallery di Washington, l’Art Institute di Chicago, il Musée des Beaux-arts di Digione, il Musée di Grenoble, il Musée des Beaux-arts di Budapest, lo Städel Museum di Francoforte, che hanno aderito all’evento insieme a numerosi collezionisti privati. Palazzo Ducale Indirizzo: Piazza San Marco, 1 30124 Venezia Telefono: 041 271 5911






Li Wei


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