Uncanny fairy tales

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Uncanny Fairy Tales Andrea Salvatori

a cura di | curated by Elena Magini

26 febbraio – 5 aprile 2013 | Feb. 26th – Apr. 5th 2013

F_AIR – Florence Artist in Residence

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Lucia Giardino

INTRO

Sin dai suoi esordi nel 2010, F_AIR aveva considerato una mostra di Andrea Salvatori come una delle proposte appropriate alla sua ragion d’essere. Questa sarebbe stata l’incontro conclusivo tra quelli avvenuti tra i nostri studenti e l’artista nei non neutri territori del suo studio (una mirabolante fiera delle vanità, in sé già esperienza formativa a tutto tondo, rafforzata dal viaggio verso Solarolo, tra le fabbriche di maioliche e l’aria densa di mosto di Lambrusco) e nei nostri spazi accademici. F_AIR è infatti, sì una galleria e una residenza d’artista, - questi sono gli elementi che più emergono all’esterno nella realtà fiorentina - ma è anche e soprattutto una scuola d’arte di cui la galleria e la residenza sono naturale estensione e dove, parallelamente alla libertà di mezzi espressivi e di pensiero, si veicolano le basi e le tecniche tradizionali dell’arte, non per applicarle pedissequamente ad un modello passato, ma per rinnovarle e renderle consone all’interpretazione di tematiche attuali e pressanti. Uno dei capisaldi della mission della School of Fine Arts di Florence University of the Arts e di F_AIR è di rivolgersi al contemporaneo, laddove questo sia conscio di essere conseguenza di culture, storie e abilità dei tempi; un contemporaneo cioè, che pur attuando un inesorabile parricidio, lo faccia per necessità di definizione del suo essere, non per vano capriccio. Ci sembra che il lavoro di Andrea Salvatori incarni tutto ciò; l’artista, dall’indiscutibile conoscenza di stili e tecniche dell’alta tradizione ceramica, arriva all’iconoclastia del grazioso, alla manipolazione dei segni e, portando all’esasperazione le possibilità tecniche del proprio mezzo, diventa ironico e graffiante interprete delle monomanie del presente. L’incarico della cura della mostra ad Elena Magini, una giovane toscana che da qualche anno fa surfing a muso duro tra le onde e le risacche dell’arte contemporanea fiorentina, conferma l’altra mission di F_AIR: il networking tra i fenomeni e gli agenti dell’arte in città, in Italia e all’estero. Con artist talk, studio visit, workshop, lavori di scrittura, F_AIR integra e movimenta il regolare svolgimento accademico della School of Fine Arts di FUA ed innesca un processo di dare e avere tra l’esterno e l’interno della nostra istituzione accademica. La lettura intelligente e non scontata di Uncanny Fairy Tales trasforma una mostra d’arte in un accadimento educativo, spunto di riflessioni per i nostri studenti e per tutti coloro che avranno il piacere di fruirla.

Ever since its conception in 2010, F_AIR has highly regarded an exhibition by Andrea Salvatori as an appropriate proposal to convey its raison d’être. This event would be the conclusive encounter of all previous meetings between our students and the artist. These meetings took place in the non-neutral waters of his studio (a complete formative experience within itself, further enhanced by the trip towards Solarolo that passes through the majolica factories and the dense, grape must-infused air of the Lambrusco territory) and our academic spaces. F_AIR in fact, is a gallery and an artist in residence program – the elements that are most evident to the Florentine community – but most importantly we are a school of fine arts whose gallery and residence are the school’s natural extensions. A place where, with the freedom of expressive means and thought, the bases and techniques of traditional art become the vehicle for renovating and interpreting the contemporary and pressing themes of today rather than applying rigid models belonging to the past. A cornerstone of the mission shared by FUA’s School of Fine Arts and F_AIR is to address the contemporary as the consequence of the cultures, histories, and abilities of time; that is, a concept of the contemporary that commits an inexorable patricide, inevitable by means of its definition and not a vain caprice. It seems that the work of Salvatori incarnates this idea; the artist, armed with an impeccable knowledge of styles and techniques of the highest tradition of ceramics, arrives at the iconoclasm of gracefulness and the manipulation of signs. By exasperating the technical possibilities of his medium, he becomes an ironic and biting interpreter of today’s monomanias. Uncanny Fairy Tales is curated by Elena Magini, a young Tuscan who has spent the last few years “surfing” courageously between the waves and undertows of Florentine contemporary art. Her designation as curator brings to surface another mission of F_AIR: the importance of networking between artists and art agents here in town, throughout Italy, and abroad. F_AIR integrates artist talks, studio visits, workshops, and writing projects to the regular academic programs of FUA’s School of Fine Arts, and in doing so sets off a fruitful process of giving and receiving between situations external and internal to our academic institution. An intelligent and unconventional reading of Uncanny Fairy Tales transforms an art exhibition into an educational experience; a starting point of reflection for our students and for all viewers who will have the pleasure of experiencing it.

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NO TITLE ( COLLABORATION WITH FUA STUDENTS) 3

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2013 pottery, work in progress

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Elena Magini

ANDREA SALVATORI. UNCANNY FAIRY TALES

L’opera scultorea di Andrea Salvatori presenta molteplici livelli interpretativi e derive di senso possibili. Ad una prima osservazione è facile notare un’adesione ad un’estetica kitsch, la fascinazione per oggetti provenienti da un immaginario che varia dal quotidiano-pop al barocco, il tutto permeato da un’attitudine citazionistica nei confronti della tradizione storico artistica. Statuine di bassa manifattura, porcellane di Capodimonte, spesso acquistate in mercatini di seconda mano, vengono impiegate come accessori narrativi, tesi a costruire un impianto dialogico con gli elementi e le forme ulteriori della scultura. Alla base dell’operazione di Salvatori vi è una profonda conoscenza del mezzo linguistico – la ceramica – con cui l’artista si confronta con perizia e consapevolezza tecnica. I suoi oggetti sono caratterizzati da preziosità, da una estrema definizione di dettagli e da una resa naturalistica degli elementi: una rappresentazione apparentemente fedele della realtà attraverso un coinvolgimento totale con la materia, declinata mediante forme molteplici e avvertita nel suo fecondo potenziale espressivo. L’approccio all’oggetto per mezzo del suo prelievo e riposizionamento, il valore attribuito alla decontestualizzazione, presenta alcune affinità con la pratica surrealista dell’objet trouvé, con cui l’artista condivide il carattere di casualità e fortuità; lo scarto ulteriore operato da Salvatori si rintraccia però nell’impianto narrativo, nelle relazioni visive e concettuali che gli elementi instaurano tra loro e in una concezione particolare di “funzionalità”, secondo la quale la rielaborazione fantasiosa e singolare degli oggetti può condurre a lavori che mantengono un loro valore d’uso, collocandosi sul crinale – avvertito dall’artista affatto denigratorio - tra oggetto d’arte e design (su tutti ne è esempio la roccia-vaso No title del 2012, sorta di moderno naturalia, che presenta una effettiva possibilità di utilizzo come contenitore). Ulteriore caratteristica essenziale della scultura di Salvatori è il suo operare in senso anti-monumentale e anti-commemorativo, sia grazie alla stessa essenza fragile e caduca della ceramica, sia per la levità delle immagini e la dimensione familiare richiamata dagli oggetti. Tale “attitudine” al domestico e all’antimonumentalità è ben espressa dal monolite nero No Title (Pepitons) del 2013, dove la forma geometrica scevra da ogni connotazione descrittiva (se non quella parzialmente sarcastica del titolo), assume una difficile contestualizzazione, un aspetto indecifrabile, enigmatico e al contempo evocativo. La configurazione geometrica della scultura è però una precisa citazione del Monumento al partigiano Ivan Goran Kovacic Lukovdol (1960), dello scultore jugoslavo Vojin Bakić: Salvatori in questo caso ne decontestualizza la forma e conseguentemente ne annulla la funzione celebrativa, rendendo di fatto la scultura un feticcio privato di cui si può fruire integralmente nella dimensione intima della casa. L’innovazione della scultura di Salvatori, il carattere debordante, a volte eccessivo, del suo lavoro, non è situabile tuttavia soltanto nel potenziale linguistico del medium impiegato, quanto piuttosto nell’approccio all’oggetto come elemento narrativo, la cui alterazione da vita sempre ad un gioco intellettivo, a volte facilmente disvelato, altre celato nella citazione e nel conseguente gioco di traduzione. Quella di Salvatori è un’operazione di costruzione di senso tramite analogia e contrasto, che funziona principalmente mediante lo svilupparsi di uno slittamento di significato, un trabocchetto percettivo nell’esperienza dell’oggetto. L’artista appare interessato alla contraddizione, allo sgretolamento semantico che deriva dalla manipolazione della scultura, dall’accostamento di elementi non appartenenti a medesimi piani di realtà, dimostrando un gusto per l’inaspettato e l’inusuale che nasce però sempre dall’osservazione del quotidiano. In Uncanny Fairy Tales Salvatori da vita ad un percorso immaginifico e spiazzante, surreale e ironico, in cui sculture in ceramica costituiscono le trame di un discorso dove niente è ciò che sembra essere, dove forme e immagini vengono manipolate e riconfigurate a decretare l’esistenza di una realtà plurale e cangiante. Lo stesso titolo della mostra presenta due diverse direttrici di ricerca coesistenti nella pratica scultorea dell’artista: il racconto, la creazione di mondi immaginari e caleidoscopici, molto spesso dalle caratteristiche mitologiche e fiabesche, e la presenza di elementi stranianti, immagini disturbanti o semplicemente stravaganti. Il termine Uncanny del titolo trova qui un parziale riferimento al concetto freudiano di perturbante, che implica il sentimento di spaesamento e estraneità avvertito di fronte ad elementi familiari ma contemporaneamente disturbanti. Un procedimento di attrazione-repulsione, o semplicemente disorientamento, che è reso esplicito ad esempio da un lavoro come No Title (2011), in cui l’artista mette in relazione la statuina di una ballerina con una forma geometrica che richiama una stella. Le due immagini appartengono a piani di realtà disgiunti; ciò che propone Salvatori è una sorta di mise en scène dove la figura femminile viene trafitta dal corpo celeste: un’immagine grottesca e violenta, non priva di ironia, in cui evidente è il paradosso e il diversivo narrativo nella giustapposizione delle due immagini. Un sentimento analogo è presente anche in No Title (Square Moon) del 2013, dove il pun visivo è costituito dal contrasto tra la riconoscibilità della superficie lunare e la conformazione quadrata, irreale della scultura, e in The Mountain Goes To Maometto (2012), dove Salvatori gioca sull’assimilazione della forma/montagna alla forma/uomo, coadiuvato dall’esplicita funzione paratestuale del titolo. Qui la stessa colorazione rosa della

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montagna richiama l’incarnato umano, un blob indefinito in cui la portata narrativa è tutta suggerita dal gioco visuale e ironico dell’umanizzazione della montagna e dall’inserimento del mazzolino di fiori, corredo anomalo e beffardo al celebre gioco di parole. Nelle sue opere più recenti Salvatori effettua un ulteriore scarto linguistico, attraverso un’adesione massiccia alla geometria, intesa non in senso minimale/ concettuale, ma nelle sua potenzialità di dar luogo, anche in questo caso, alla narrazione e allo spaesamento: assemblamenti di forme razionali e perfette –triangoli, cilindri, sfere- vanno a costituire nuove entità che mutano il senso originario dell’oggetto, dando luogo a immagini caratterizzate da uno statuto incerto e mutevole, semanticamente indefinito, in cui la ceramica sembra aggredita e inglobata, evidenziandone così l’aspetto provvisorio e ambivalente. In No Title (Cubistic Stone) del 2013, le forme geometriche vanno a ricoprire parzialmente l’elemento naturale – la roccia - come una sorta di concrezione o una nuvola, un agglomerato di materia germinante e indefinibile: elementi “altri” che modificano e intensificano la lettura originaria dell’immagine suggerendo suggestioni molteplici. La narrazione si fa in questo caso meno diretta, formalmente più minimale e per dei versi più sottile, ma medesimo è il gusto per il gioco di riconoscimento e l’assimilazione/contrasto di oggetti eterogenei. Quali siano gli stratagemmi formali e citazionistici impiegati da Salvatori, l’immaginario che di volta in volta viene messo in campo nelle sue sculture, la sua si mantiene sempre un’operazione lucidissima di approccio alle immagini e agli oggetti, consapevole dell’opportunità offerta dal suo lavoro di porsi come eventuale e possibile declinazione della realtà.

Andrea Salvatori’s sculptures present multiple levels, interpretations, and possible deviations of meaning. At first glance, it is easy to notice a kitsch aesthetic, the fascination for objects belonging to a scene varying from daily pop to the baroque, that the works are permeated by a tendency to cite from the tradition of art history. Small, low quality figurines, as well as fine porcelain from Capodimonte, often sold at secondhand flea markets, are employed as narrative accessories to construct a system of dialog for the elements and further forms of the sculptures. A profound knowledge of linguistic means lies at the base of Salvatori’s work – the artist confronts himself through ceramics with expertise and technical knowledge. His objects are characterized by a precious feel, an extreme definition of details, and a natural interpretation of the elements: an apparently faithful representation of reality through a total involvement in the material, which becomes inflected through the multiple forms and is felt in its fertile, expressive potential. The approach to the object by means of taking and repositioning it, the value attributed to de-contextualization presents kinships to the surrealist practice of objet trouvé with which the artist shares the qualities of chance and fortuitousness. An additional deviation practiced by Salvatori is found in the narrative system, in the visual/conceptual relationships that the elements establish between themselves and a particular concept of functionality, according to which the imaginative and singular re-elaboration of objects leads towards works that maintain a value of use. Without no sign of disdain from the artist, the re-elaboration positions the work between art and design (as best exemplified by the 2012 rock-vase No title, a sort of modern naturalia that proposes the possibility of use as a container. A further essential characteristic of Salvatori’s sculptures is his anti-monumental and anti-commemorative approach, a result of both the fragile and perishable nature of ceramics as well as the levity of the images and the familiar dimension evoked by the objects. This domestic and the anti-monumental “attitude” is well expressed by the black monolith No Title (Pepitons), 2013, where the geometric form secedes from every description connotation (if not from the partly sarcastic connotation of the title); it assumes a difficult contextualization, an indecipherable appearance that is enigmatic and at the same time evocative. The sculpture’s geometric configuration is however a specific citation of the Monument of Partisan Ivan Goran Kovacic Lukovdol (1960) by the Yugoslavian sculptor Vojin Bakić: in this case Salvatori de-contextualizes form and consequently annuls its celebratory function, turning the sculpture into a private fetish to be integrally enjoyed within the intimate dimensions of a home. The innovation of Salvatori’s sculptures, the overflowing and at times excessive character of his work are not placed simply within the potential linguistic potential of the utilized medium but also within the approach to the object as a narrative element whose alteration gives life to an intellective game that is in some instances unmasked, in others veiled by citation and consequent translation. Salvatori’s work is a construction of meaning through analogy and contrast, which functions principally by developing a shifting of significance, a trap door of perception in the experience of the object. The artist appears interested in contradiction, in the semantic undoing that derives from the manipulation of

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the sculpture and from the pairing of elements that do not belong to the same levels of reality. In doing so, he demonstrates a taste for the unexpected and the unusual that arises, however, from the observation of daily life. With Uncanny Fairy Tales, Salvatori opens up a journey that is imaginative and flooring, surreal and ironic, where ceramic sculptures constitute the stories of a plot in which nothing is what it seems and where shapes and images are manipulated and reconfigured to declare the existence of a pluralized, everchanging reality. The title itself of the exhibition presents two different directions of research that coexist in the artist’s sculptural practice: storytelling, that is the creation of imaginary and kaleidoscopic worlds often characterized by mythology and fables, and the presence of estranging elements such as disturbing or simply extravagant images. Here the title’s term Uncanny finds a partial reference to the eponymous Freudian concept of “the uncanny” that implies feeling dislocated and estranged in front of familiar yet disturbing elements. The process of attraction-repulsion, or simply disorientation, becomes explicit in the example of a work such as No Title (2011), where the artist places a relationship between a small figurine of a dancer and a geometric, star-like shape. The two images belong to disjointed realms of reality. What Salvatori proposes is a mise en scène in which the feminine figure is pierced by the celestial body: a grotesque and violent image that is not without a dose of irony, the paradox and diverted narrative of the juxtaposition are evident. An analog sentiment is seen also in the 2013 work No Title (Square Moon). The visual pun is created by the contrast between the immediately recognizable lunar surface and the unreal, squared-off form of the moon. In the case of The Mountain Goes To Maometto (2012), Salvatori plays with the idea of the assimilation of a mountain/ shape and a man/shape, assisted by the explicitly paratextual function of the title. In this work, the rose color of the mountain evokes the human flesh, an indefinite blob whose narrative power is suggested by the visual and ironic play upon the personification of the mountain as well as by the insertion of a small bouquet of flowers, which adds an anomalous and mocking presence to the wordplay of the famous saying*. In his more recent works, Salvatori further emphasizes his linguistic deviation by taking on a massive approach to geometry, not in a minimalist/conceptual sense, but for geometry’s potential to create a space for narration and disorientation: assemblages of rational and perfect forms – triangular, cylindrical, spherical – construct new entities that mutate the original meaning of an object; these assemblages generate uncertain and mutating images, semantically indefinite, where the ceramic seems to be swallowed up and wounded, revealing even more its temporary and ambivalent appearance. In 2013’s No Title (Cubistic Stone), geometric forms partially cover up the natural element of stone as a sort of hardening sedimentation or a cloud, an agglomerate of material that is germinating and indefinable: further elements that modify and intensify the original interpretation of the image in order to suggest multiple readings. The narration in this case is less direct, formally more minimalist, and in a certain sense subtler. However, what remains unchanged is the taste for games of recognition and the assimilation/contrast between heterogeneous objects. Whatever the formal and citation-driven strategies and the imaginary inserted from time to time in his sculptures may be, Salvatori always maintains an extremely lucid approach to images and objects, and is fully aware of the opportunity to proffer his work as a possible declination of reality.

*If the mountain will not come to Muhammed, then Muhammed must go to the mountain

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NO TITLE (PEPITONS) 7

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2013 pottery, 61x68x86 cm

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NO TITLE (SQUARE MOON) 2013 pottery and wooden feet, 61x61x64 cm

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THE MOUNTAIN GOES TO MAOMETTO 9

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2012 pottery and porcelain, 66x66x74 cm

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NO TITLE 2011 pottery and porcelain, 70x100x85 cm

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NO TITLE (CUBISTIC STONE) 2013 pottery, 48x35x42 cm

NO TITLE (LITTLE CUBISTIC STONE) 11

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2013 pottery, 24x22x23 cm

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NO TITLE 2011 pottery and succulent plants, 46x42x32 cm

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NO TITLE 2013 pottery, 60x45x46 cm.

NO TITLE 13

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2013 pottery, 60x45x46 cm

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NO TITLE (MOUNTAIN BOX) 2013 pottery, 70x80x80 cm

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NO TITLE (SOFT SOLID POLTRON) 15

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2013 pottery, 70x80x82 cm

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NO TITLE 2013 pottery, 46x38x33 cm

NO TITLE 2013 pottery, 46x35x39 cm

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SENZA TITOLO 17

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2011 pottery and porcelain, 46x42x45 cm

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Andrea Salvatori è nato a Faenza (Ravenna) nel 1975. Si è diplomato presso l’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza nel 1995 e in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2000. Vive e lavora a Solarolo (Ravenna). Principali mostre personali: Naiv/Vain, a cura di Chiara Cardinali, Museo di S. Domenico / Il Pomo Da Damo, Imola (2012); <1, a cura di Chiara Camoni e Alessanda Andrini, MAgra, Museo d’Arte Contemporanea di Granara, Granara, Valmozzola, PR, (2012); Five Solo Exhibitions, ThePoolNyc, Corte Malipiero, Venezia2003 - Collezione di Ceramiche, a cura di Alberto Zanchetta, Galleria Estro, Padova (2009); Gemine Muse, a cura di Elettra Stamboulis, Loggetta Lombardesca, Ravenna (2003). Principali mostre collettive: Amichevolmente, a cura di Betta Frigieri, Betta Frigieri Arte Contemporanea, Modena (2012); Tu Sei Un Nome Che Respira e Muove, a cura di Dacia Manto, Museo della Città, Rimini, RN (2012); 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia; Padiglione Italia; Regione Emilia Romagna a cura di Vittorio Sgarbi, Chiostri di S. Pietro, Reggio Emilia (2011); La Pierre De La Folie, Dolomiti Contemporanee, Sass Muss, Sospirolo (BL), a cura di Alberto Zanchetta (2011); Caprice, Galleria Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi (MI), a cura di Marco Tagliafierro e Davide Tomaiuolo (2011); Ahasvero, a cura di Alberto Zanchetta e Federico Lupo, Zelle Arte Contemporanea, Palermo (2007); BJCEM XII Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo, Castel S. Elmo, Napoli (2005); In Ralenti, a cura di Alberto Zanchetta, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2002). Premi: Primo premio al 56° Premio Faenza, competizione internazionale di ceramica, MIC, Museo Internazionale della Ceramica, Faenza, Ravenna (2008).

TUTTITAPPI 2013 n. 22 specimens, pottery and porcelain, h. from 10 to 52 cm

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Andrea Salvatori was born in Faenza (Ravenna) in 1975. He obtained his diploma from the Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza in 1995 and completed his sculpture studies at the Accademia di Belle Arti di Bologna in 2000. He lives and works in Solarolo (Ravenna), his curriculum features many exhibitions in Italy and abroad. Principal solo shows: Naiv/Vain, curated by Chiara Cardinali, Museo di S. Domenico / Il Pomo Da Damo, Imola (2012); <1, curated by Chiara Camoni and Alessanda Andrini, MAgra, Museo d’Arte Contemporanea di Granara, Granara, Valmozzola, PR, (2012); Five Solo Exhibitions, ThePoolNyc, Corte Malipiero, Venezia (2003) - Collezione di Ceramiche, curated by Alberto Zanchetta, Galleria Estro, Padova (2009). Principal collective shows: Amichevolmente, curated by Betta Frigieri, Betta Frigieri Arte Contemporanea, Modena (2012); Tu Sei Un Nome Che Respira e Muove, curated by Dacia Manto, Museo della Città, Rimini, RN (2012); 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia; Padiglione Italia; Regione Emilia Romagna curated by Vittorio Sgarbi, Chiostri di S. Pietro, Reggio Emilia (2011); La Pierre De La Folie, Dolomiti Contemporanee, Sass Muss, Sospirolo (BL), curated by Alberto Zanchetta (2011); Caprice, Galleria Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi (MI), curated by Marco Tagliafierro and Davide Tomaiuolo (2011); Ahasvero, curated by Alberto Zanchetta and Federico Lupo, Zelle Arte Contemporanea, Palermo (2007); In Ralenti, curated by Alberto Zanchetta, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2002). Awards: First place at the 56th Premio Faenza, an international ceramics competition, MIC, Museo Internazionale della Ceramica, Faenza, Ravenna (2008).

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Uncanny Fairy Tales. Andrea Salvatori a cura di curated by Elena Magini 26 febbraio – 5 aprile 2013 Feb. 26th - Apr. 5th 2013 F_AIR – Florence Artist in Residence CATALOGO CATALOG

Testi Texts Lucia Giardino, Elena Magini Traduzioni Translations Grace Joh Progetto grafico e impaginazione Graphic Design and Layout Federico Cagnucci, Chiara Spagli, Alberto Simoncioni Crediti fotografici Photo credits Andrea Salvaotori MOSTRA EXHIBITION Assistente organizzativo Logistic Assistant Annapaola Presta Assistenza Telematica e Video Telematic and Video Assistance Gianni Bandini, Marco Morandi Discorso di benvenuto Welcome Speaker Dreide Corda Documentazione fotografica e video Photo and video coverage Adelina Antal, Sebastian Hobbs, Silvia Mancini, Anna Saint Ange Supporto tecnico Technical support Giordano Giunta, Giuliano Salvatori, Maria Pia Salvatori Ufficio Stampa Palazzi Press Office Palazzi Susanna Bausi, Annapaola Presta UN GRAZIE PARTICOLARE SPECIAL THANKS TO Gabriella Ganugi – Presidente di Palazzi e di Florence University of the Arts President of Palazzi and Florence University of The Arts Classe di Class of Special Events Management e a and to Nora Takacs Yuri Ancarani e il Centre Pompidou per l’ispirazione grafica, Yuri Ancarani and the Pompidou Centre for the graphic inspiation Chiara Cardinali, Viola Romoli, Luigi Franchin ULTERIORI PARTNER E SUPPORTER FURTHER PARTNERS AND SUPPORTERS THE POOL NEW YORK CITY British Institute, Firenze Pietro Gaglianò Museo Nazionale Alinari della Fotografia, Firenze Throng Nguyen Sebastien Sanchez de Santamaria, Residency Unlimited, New York F_AIR – Florence Artist In Residence, via San Gallo 45/r, 50129 Firenze +39 055 0332950 fair.palazziflorence.com

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F UA - F LO R E N C E U N I V E R S I T Y O F T H E A RTS W W W. F U A . I T

F_A I R – F LO R E N C E A RT I S T I N R E S I D E N C E F A I R . PA L A Z Z I F L O R E N C E . C O M

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